Sie sind auf Seite 1von 127

SOMMARIO PERIODICO

3 E ditoriale TRIMESTRALE
ANNO XXVII
6 Som m ari / A b stracts N. 1 - GENNAIO 2014
IO Indem oniati ed eso rcism i: a lcu n i chiarim enti dal
punto di v ista term inologico DIREZIONE E REDAZIONE
di Davide Salvatori S.E.R. Card. F. Coccopalmerio,
S.E.R. M ons. C. Redaelli, C. Azzimonti,
2 3 Il m inistro d ell’eso rcism o
P. Bianchi, E. Bolchi, G. Brugnotto,
di Fabio Franchetto M. Calvi, R. Coronelli, F. Franchetto,
5 6 La liturgia d ell’eso rcism o A. Giraudo, F. Grazian, G. M archetti,
di Fabio M arini F. Marini, A. Migliavacca,
M. M ingardi, E. Miragoli,
6 9 Commento a un canone
G.P Montini, M. Mosconi,
N e ssu n o pu ò e s s e r e obbligato a ricon oscere P. Pavanello, A. Perlasca, A. Rava,
la propria colpa: il can . 1 7 2 8 § 2 S. Recchi, M. Rivella, D. Salvatori,
di Marino Mosconi G. Sarzi Sartori, G. T revisan, B. Uggè,
Corso resid en zia le d i diritto can on ico applicato. T. Vanzetto, M. Visioli, A. Zambon,
C ause m atrim oniali: VII anno E. Zanetti

9 0 Fatti circostan ziati e qualità p erso n a li in relazione


all’errore doloso: riscon tri giu risp ru d en ziali SEGRETERIA DI REDAZIONE
M assim o M ingardi
di Fabio Franchetto
Via Riva di Reno, 57
40122 Bologna
E-mail: m s.ming@ libero.it

PROPRIETÀ
Ancora S.r.l.
Via G.B. Niccolini, 8 - 20154 Milano

AMMINISTRAZIONE
Ancora Editrice
Via G.B. Niccolini, 8 - 20154 Milano
Tel. 02.345608.1 - Fax 02.345608.66
E-mail: editrice@ ancoralibri.it

STAMPA
Ancora Arti Grafiche
Via B. Crespi, 30 - 20159 Milano

DIRETTORE RESPONSABILE
G. Zini
Autorizzazione del Tribunale di
Milano n. 752 del 13.11.1987
Poste Italiane Spa - Spedizione in
Abbonam ento Postale D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46), art. 1,
com m a 1, DCB Milano
Periodico associato all’USPI
Imprim atur: Milano, 3-12-2013, Angelo Mascheroni, ordinario diocesano ISSN 1124-1179
QUADERNI
Di DIRITTO
ECCLESIALE

ANNO 2014

ANCORA
Quaderni
dì diritto ecclesiale
27 (2014) 3-5

Editoriale

L’accenno all’esistenza del demonio e alla sua azione avversa,


nella predicazione di Papa Francesco, è presente con una certa ca­
denza fin dalla sua prima omelia. Egli, pertanto, non cessa, come san
Pietro, di ammonire i cristiani a «rimanere saldi nella fede» (1 Pt 5,9).
Questo tema, però, non è più di attualità nella predicazione, anzi
talvolta qualcuno tende anche a esorcizzarlo, con sorriso velato, fa­
cendo intendere che è un argomento démodé o addirittura frutto della
creduloneria del Medioevo.
\

E significativo, d’altro canto, che nella nostra società occidenta­


le, così razionalistica, laica e secolarizzata, s’assista, complice anche
la superficiale indifferenza generale, al pullulare in maniera sfacciata
del mondo della superstizione, della magia e dell’occulto. E forse
questo espressione del bisogno di chi cerca d’esorcizzare la propria
angoscia, inconscia, del vivere lontano da Dio, oppure è anche frutto
dell’azione diretta di chi, per antonomasia, è il divisore, colui che
mette l’inciampo per far deviare l’uomo dalla retta fede?
La Chiesa, madre e maestra, non ha ricusato, fin dall’epoca
apostolica, di mettere in guardia i primi cristiani circa la subdola e
nascosta azione del nemico dell’uomo, esortando i cristiani a non per­
dersi d’animo nella lotta ascetica: «Rivestitevi dell’armatura di Dio,
per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia, infatti,
non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati
e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro
gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» (Ef 6, 11-12).
La Chiesa è sempre venuta in soccorso dei propri figli, sostenendoli
nell’aiutarli sia a respingere l’azione ordinaria del demonio (tentazio­
ni e vessazioni) e sia a neutralizzare la sua straordinaria azione (la
possessione diabolica). Col passare del tempo questo tipo di aiuto
s’è istituzionalizzato, sotto il profilo canonico-liturgico, mediante la
nascita dell’ordine degli esorcisti e mediante la redazione dei rituali
d’esorcismo, concernenti sia il cammino catecumenale (esorcismi
minori) sia la vita cristiana (esorcismo maggiore).
4 Editoriale

Nel giugno 2014 ricorrono i quattrocento anni della pubblicazio­


ne del Rituale del 1614 - ancora in uso nella Chiesa latina e concernen­
te l’esorcismo maggiore - e i dieci anni della pubblicazione deìYeditio
typica emendata del nuovo Rituale De exorcismis, che ha rinnovato il
Rituale del 1614 secondo le istanze del concilio Vaticano II.
Queste date offrono l’occasione per richiamare l’attenzione su
un argomento non molto approfondito e studiato dalla scienza cano­
nistica. I numerosi interventi della gerarchia, antichi e recenti, fanno
poi prendere atto come pastori e laici, talvolta, abbiano trattato queste
tematiche in maniera non sempre equilibrata. Questi dati spingono a
una seria riflessione. Conoscere, pertanto, la norma e la sua intrinse­
ca ratio non vuol dire invischiarsi inutilmente nel rubricismo e giuri-
dismo, ma diviene fondamentale strumento per poter realizzare una
sana e uniforme orto-prassi ecclesiale concernente questo peculiare
e delicato argomento.
La parte monografica di questo fascicolo si pone lo scopo e
l’auspicio, secondo queste premesse, di poter riuscire utile a tutti
gli operatori pastorali, in modo particolare agli esorcisti e ai loro
collaboratori.
Il primo articolo del fascicolo, di Davide Salvatori, introduce il
lettore con l’analisi, dal punto di vista giuridico-canonico, di alcuni
termini fondamentali: esorcista, posseduto ed esorcismo. L’esame,
condotto anche sulle norme del diritto liturgico, permette sia di
avere uno spaccato generale e sintetico, anche delle problematiche
soggiacenti, e sia di poter comprendere anche la ratio della normativa
analizzata dai due articoli successivi.
L’articolo di Fabio Franchetto tratta dell’argomento sotto la pro­
spettiva del ministro. Valendosi anche del supporto di autori antichi,
l’autore studia e analizza le qualità richieste per essere esorcista,
soffermandosi in particolare sulla dimensione del sacerdozio e degli
aspetti concernenti il mandato dell’ordinario del luogo. Affrontando
alcune questioni, anche di taglio pratico, il presente contributo può
offrire un solido orientamento anche a vescovi ed esorcisti.
L’articolo affidato a Fabio Marini, dal titolo «La liturgia dell’esor­
cismo», si pone lo scopo, tenendo presente alcuni degli elementi degli
articoli precedenti, di introdurre il lettore alla ratio dell’applicazione
del rito stesso. L’autore, tenendo conto di alcune prassi diffuse, offre
talvolta giudizi critici sulla base della normativa vigente.
Nella parte non monografica del fascicolo prosegue la serie di
contributi di «commenti a un canone» riguardanti la tematica del
Editoriale 5

giuramento, con l’analisi del can. 1728 § 2 relativa al giuramento


dell’accusato nel procedimento penale {Mosconi)', e si conclude la
pubblicazione delle relazioni tenute nel VII anno del corso di diritto
canonico applicato relativo alle cause matrimoniali, con un testo che
esamina sotto il profilo giurisprudenziale alcuni punti qualificanti
della fattispecie di errore doloso {Franchetto).
QUADERNI
1)1 DIRITTO !
ECCLESIALE/ f

ANNO x x v :i .
N. 1 - GENNAIO 2014

Sommari / Abstracts

D. S a l v a t o r i , Indemoniati ed esorcismi: alcuni chiarimenti


dal punto di vista terminologico, pp. 10-22
L'autore studia i significati delle parole esorcista, indemoniato ed esorcismo
attingendo alla consolidata tradizione canonistica. Istituendo poi u n
confronto con la term inologia dei Rituali degli esorcism i del 1614 e del
2004, dei C odici di diritto canonico del 1917 e 1983 e del C atechism o
della C hiesa cattolica è in grado di offrire al lettore una visione com pleta
della norm ativa liturgico-disciplinare per aiutare il lettore nella retta
applicazione delle norm e. Peculiare attenzione viene data alla qualifica­
zione liturgico-can onica dell'esorcism o di L eone XIII.

The author studies thè meanings ofthe words exorcist, obsessed and exorcism,
drawing his conclusions from Consolidated authors o f thè canonistic tradition.
Through a comparison ofthe terminology used in thè Rituals o f Exorcism o fl6 1 4
and 2004, ofthe Codes o f Canon Law o fl9 1 7 and 1983, and ofthe Catechism o f
thè Catholic Church, thè author offers a complete perspective o fth e liturgical and
disciplinary norms so as to help and guide thè reader in a correct application ofthe
norms. Particular attention is given to thè liturgical-canonical qualification ofthe
exorcism ofLeo XIII.

F. F r a n c h e t t o , Il ministro dell'esorcismo, pp. 23-55


Il C odice di diritto canonico dedica un solo canone al m inistero dell'e­
sorcista, prescrivendo la necessità della licenza dell'ordinario del luogo
per il suo esercizio e restringendo la con cession e di questa solo al sacer­
dote che sia ornato di pietà, di scienza, di prudenza e d'integrità di vita
(can. 1172). Il presente studio prende in considerazione le prescrizioni
della norm a codiciale, integrata poi da quella liturgica e da altre d isp o­
sizioni in materia, per delineare la figura del m inistro dell'esorcism o,
in particolare nella sua relazione con il vescovo diocesano. La nascita e
Sommari / Abstracts 7

lo sviluppo storico della norm ativa ecclesiale aiutano a com prendere i


m otivi che soggiacciono alla necessità della licenza e alla riserva al solo
sacerdote, e per giunta ornato di specifiche qualità. Si tratta infatti di
disciplinare un am bito m inisteriale assai delicato, che tocca la fede della
C hiesa in u n suo contenuto significativo. Il m inistero dell'esorcista è un
m inistero pastorale ed ecclesiale: egli agisce in nom e di Cristo e in nom e
della Chiesa.

The Code o f Canon Law dedicatesjust one canon to thè ministry ofexorcism, pre-
scribing thè requirement o f a licence given by thè locai ordinary so that it may be
exercised and limiting its concession only to thè priest, who has to be endowed by
piety, knowledge, pruderne and integrity oflife (con. 1172). This study takes into
consideration thè codicial prescription, which is then supplemented by liturgical
norms and by other dispositions on thè matter, to outline thè figure ofthe minister
ofexorcism, particularly as concerns his relationship with thè diocesan bishop. The
origin and historical development ofthe ecclesiastical norms aid thè comprehension
o f thè reasons underlying thè need fo r such a licence and its limitation solely to
thè priest, who, moreover, has to be adorned with particular qualities. The issue
revolves around disciplining a pastoral remit that is very delicate, that touches on
thè faith ofthe Church in one significant aspect ofit. The ministry ofthe exorcist
is a pastoral and ecclesial ministry: he acts in thè name ofC hrist and in thè name
ofthe Church.

F. M a r i n i , La liturgia deiresorcismo, pp. 56-68


La riforma del concilio Vaticano II ha richiesto che il Rituale degli esor­
cism i assum esse una veste celebrativo-liturgica. O ccorre che il diritto
della Chiesa sappia leggere tale novità coniugandola con la tradizione che
ha centrato nella form ula imperativa l'esorcism o. Pur rim anendo entro i
lim iti indicati dal can. 1172 e dalle norm e liturgiche del rito, il confronto
tra il nuovo De Exorcismis et supplicationibus quibusdam e il vecchio Ritus
exorcizandos obsessos a daemonio offre una gam m a di possibilità celebrative.

The Vatican Council II Reform has requested that thè Ritual o f exorcism would
assume a celebrative and liturgical guise. It is therefore necessary that ecclesial law
reads this novelty, and conjugates it to thè tradition which underpins thè exorcism
at thè centre o fth e imperative formula. While remaining within thè parameters
indicated in can. 1172 and thè liturgical norms ofthe rite, thè contrast between thè
new D e Exorcism is et supplicationibus quibusdam and thè old Ritus exor­
cizandos obsessos a daem onio offers a whole range o f celebrative possibilities.
8 Sommari / Abstracts

M . M o s c o n i , Nessuno può essere obbligato a riconoscere la


propria colpa: il can. 1728 § 2, pp. 69-89
Il contributo analizza in m odo distinto quanto stabilito dal can. 1728 §
2 del C odice per l'accusato in u n processo penale: l'assenza dell'obbligo
di confessare il proprio delitto e il n on essere costretto al giuram ento.
La duplice norm a è analizzata sul piano storico ed esegetico, cercando di
m ostrare la peculiarità di tali disposizioni (com uni a diversi ordinam enti)
nell'ambito del diritto canonico, sotto u n duplice versante: quello del
rapporto del fedele con il dovere di servire la verità e quello del fine su ­
prem o della C hiesa che è il condurre gli u om in i a salvezza, sospingendoli
al riconoscim ento e quindi al pentim ento per i propri peccati. U na parte
conclusiva del contributo cerca di ipotizzare la declinazione della norm a
nei diversi passaggi del procedim ento penale canonico, individuando an­
cora una volta sim ilitu din i e diversità dell'ordinam ento canonico rispetto
agli ordinam enti civili.

This contribution analyzes in a distinct way w hat is established in can. 1728 §


2 o f thè Code concerning thè accused in a penai process: thè lack o f obligation to
confess one’s own crime and not being compelled to swear under oath. This doublé
norm is analysed on both historical and exegetical plains, in an attempt to show thè
peculiarities ofsuch dispositions (common in various legai setups) in Canon Law,
from a doublé standpoint: thè relationship o f thè faithful between thè duty to serve
truth and that which is thè ultimate scope ofthe Church, who conducts humankind
to salvation, urgingfor thè recognition and therefore thè repentance over one’s own
sins. A concluding section o f this contribution considers how this norm could be
manifested in thè various steps o f thè canonical penai process, individuating once
more similarities and differences in Canon Law with respect to Civil Law.

F. F r a n c h e t t o , Fatti circostanziati e qualità personali in rela­


zione airerrore doloso: riscontri giurisprudenziali, pp. 90-127
Il presente contributo,-in una prima parte, presenta il concetto di qualitas,
presente nel can. 1098, così com e è stato approfondito dalla giurispru­
denza; ci si chiede se la qualitas debba essere essa una m odalità chiara
dell'essere, quasi reificabile in u n fatto o un dato ben preciso, oppure
possa essere dedotta da una serie di fatti e di com portam enti che deter­
m inan o u n habitus del soggetto, oppure se possa trattarsi anche di un
solo fatto tale però da rendere insopportabile il proseguim ento della vita
coniugale. In una seconda parte, in base allo schem a probatorio elabora­
Sommari / Abstracts 9

to dalla giurisprudenza rotale per l'errore doloso, si affronta la questione


di quali siano i fatti e le circostanze che si devono fare em ergere nella
prova del dolo, e si offre una rassegna di sentenze rotali per evidenziare
com e nei singoli casi la giurisprudenza rotale ha valutato la forza proba­
toria di alcuni fatti.

This contribution, in thè firstpartpresents thè concept o f quality (qualitasj, pres-


ent in can. 1098, as it has heen developed in jurisprudence; it is asked whether
qualitas should be itself a clear way o f being, almost concretized in a fa ct or a
precise given element, whether it could be gatheredfrom a series offacts and be-
haviour which determine a habit ("habitus,) ofthe person, or whether it could have
to do only with a single fa ct that exists to such an extent that it renders unbearable
thè progress ofconjugal life. In thè second part, on thè basis ofthe scheme ofproofs
elaborated by Rotai jurisprudence formalicious error, discussion enfolds on thefacts
and circumstances that need to be evidenced in order to proofmalice, while a series
o f Rotai judgements is enlisted so as to highlight how in each case specificfacts have
been valued by Rotai jurisprudence in terms oftheir evidential strength.
di diritto ecclesiale
27 (2014) 10-22

Indemoniati ed esorcismi:
alcuni chiarimenti dal punto di vista
terminologico
di Davide Salvatori

Non sono molti gli autori consultati, che dedicano un certo spa­
zio alla trattazione degli esorcismi1; d’altro canto è oltremodo noto
che l’interesse della scienza canonica s’è maggiormente dedicata,
in questi anni, alla riflessione su altri temi. Di per sé, però, non può
essere misconosciuto che possedere in maniera chiara i termini fon­
damentali di una questione, aiuterà non poco, chi la deve affrontare, a
impostare non solo in maniera corretta il giusto approccio, ma anche
a cercare le soluzioni più adatte. Avere pertanto chiari i termini e gli
elementi essenziali dei principali argomenti afferenti il presente te­
ma, nonché i loro concatenamenti deontologico-giuridici, aiuterà non
poco gli operatori, che s’occupano di questo tipo di pastorale, a non
perdere il giusto orientamento quando si troveranno a dover trattare
con il padre dell’inganno e della menzogna.

1F.L. F erraris , Exorcizare, Exorcista, in I d., Bibliotheca canonica iuridica moralis theologica, III, Roma
1886, pp. 491-493; M. A ndré - A. C ondin - J. Wagner, Exorcisme, in D ictionnaire de D roit Canonique
et de sciences en connexion avec le droit canon, II, P aris 1894, pp. 176-178; F.X. W e rn Z , J u s decretalium,
Romae 1908, III, pp. 488-490; F.A. B lat, Com m entarium textus Codicisluris Canonici, Romae 1924, pp.
712-714; A. Vermeersch - J. C reusen , Epitom e Juris Canonici, II, Rom ae 1927, pp. 285-286; M. C onte
a C oronata , Institutiones Iuris Canonici. De Sacram entis, III, Rom ae 1946, pp. 1029-1041; F.M. C ap ­
pello , Tractatus canonico-moralis De Sacram entis, I, Rom ae 19536, pp. 82-84; C. B ouuaert , Exorcisme,
in D ictionnaire de D roit Canonique, a c u ra di R. Naz, V, P a ris 1953, col. 668-671; I d . Exorciste, ibid.,
col. 671-678; M. M aria del M ar , Can. 1172, in Comentario exegético al Código de Derecho Canònico, a
cu ra di A. M arzoa - J. M iras - R. R odriguez-O cana, III/2 , Pam plona 19972, pp. 1666-1669; J.M . H ules ,
Can. 1172, in New Com m entary on thè Code o f Canon Law, a c u ra di J.P. B eai-J.A . C oriden -T.J. G reen,
New York 2000, pp. 1405-1406; A. M ontan , Il m inistro: carism a o istituzione?, in «Rivista liturgica»
87 (2000) 955-965; G. O rlandi , Can. 1172, in Commento al Codice di D iritto Canonico, a c u ra di P.V.
Pinto, C ittà del Vaticano 2001z, p. 691; R. S erres L opez de G uerenu , E l nuevo R itual de exorcismos:
anotaciones canónicas, in «E studios E cclesiàsticos» 78 (2003) 743-764; B.F. PlGHIN, D iritto sacram en­
tale, Venezia 2006, pp. 376-378; M. Calvi, Can. 1172, in Codice di D iritto Canonico commentato, a cura
della Redazione di Q uaderni di D iritto E cclesiale, M ilano 20093, pp. 941-942; R.E. J enkins , Exorcismo,
in Diccionario General de Derecho Canònico, a c u ra di J. O taduy - A. V iana - J. Sedano, III, Pam plona
2012, pp. 856-860.
Indem oniati ed esorcismi: alcuni chiarimenti dal punto di vista terminologico 11

Cercheremo, pertanto, di studiare i termini esorcista, posseduto


ed esorcismo analizzando la terminologia dei Riti degli esorcismi del
16142 e del 20 043, confrontandola con quella dei Codici del 1917, del
1983 e con il Catechismo della Chiesa Cattolica. Particolare attenzio­
ne verrà data alla configurazione liturgico-canonica del cosiddetto
Esorcismo di Leone XIII, dal momento che pare essere diffusa una
sua applicazione pastorale non corretta4.

La terminologia della consolidata dottrina liturgico-canonica:


esorcista, posseduto ed esorcismo maggiore e altri esorcismi
Per quanto attiene al ministro degli esorcismi, gli autori sono
concordi neH’identificare la figura dell’esorcista solamente con colui
che ha il mandato dell’autorità competente per proferire l’esorcismo
maggiore o solenne, quello, cioè, contenuto nel Rituale degli esorcismi
e volto direttamente a scacciare i demoni. La Chiesa, però, conosce
anche altri tipi di esorcismi detti minori o semplici, quelli contenuti
nel Rito del battesimo o, nel Rituale Romanum della liturgia in forma
straordinaria5, quelli concernenti alcune consacrazioni e benedizioni6.
Il ministro di questi esorcismi non è mai identificato né denominato
esorcista, ma sacerdote7.

2 Si ten g a p re sen te che il Rito degli esorcismi (PAOLO V, Rituale Rom anum . De exorcizandis obsessis a
daemonio, 17 giugno 1614) h a subito alcune re ce n ti m utazioni, nel 1925 e nel 1952. Q uando ci si riferi­
sce, p ertan to , al Rito del 1614, s'in ten d e quello em endato secondo la prom ulgazione del 1952 - com e
com unem ente viene citato (p er esem pio C ongregatio prò D octrina F id ei , L ettera Inde ab aliquot
annis, 29 s e tte m b re 1985, in A A S 7 7 [1985] 1169) - seb b en e il 21 novem bre 1953 siano sta te a pportate
altre m odifiche, che però non concernono il Rito in parola (A. B ugnini, E ditio p rim a post typicam [a.
1953] R itualis R om ani, in «E phem erides L iturgicae» 68 [1954] 63-68). P e r u n 'introduzione a bbastan­
za com pleta vedasi P. D ondelinger -M andy, L e R itu e ld e s exorcisme dans le R ituale R om anum de 1614,
in «La M aison-Dieu» n. 183-184 (1990) 99-121.
3A ll’in tern o dell’auspicata riform a litu rg ica del concilio V aticano II (Sacrosanctum Concilium, n. 79)
è stato p o rtato a term in e anche il rinnovam ento del p re ce d en te R itus exorcizandi obsessos a daemonio,
quando il 22 novem bre 1998 è sta to pubblicato il nuovo Rituale R om anum . De exorcismis et supplica­
tionibus quibusdam (cf «Notitiae» 35 [1999] 137), su ccessivam ente em endato con la prom ulgazione
delYeditio typica del 2004. P e r u n ’introduzione g e n era le cf N. G iampietro , Il R innovam ento del Rito
degli esorcismi, ibid., pp. 164-176; G. F erraro , Il nuovo Rituale degli esorcismi: strum ento della signo­
ria di Cristo, ibid., pp. 177-222; G. Cavagnoli, I «Praenotanda» del «De exorcism is», in Tra maleficio,
patologie e possessione dem oniaca, a c u ra di M. Sodi, Padova 2003, pp. 177-201.
* Cf C ongregatio prò D octrina F id ei , L ettera Inde ab aliquot annis, cit., p. 1169.
5La distinzione tra liturgia in form a ordinaria e stra o rd in a ria la m utuiam o da B enedetto XVI, L ettera
apostolica Sum m orum Pontificum , 7 luglio 2007, in AAS 99 (2007) 777-781; cf p u re B enedetto XVI,
Lettera a i Vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera Apostolica m otu proprio d ata Sum m o­
ru m Pontificum , in «L’O sserv ato re Romano», 8 luglio 2007, pp. 1 e 5.
6 L’im postazione teologica del R ituale del 1614 si basava sul principio secondo il quale «tutto ciò che
non è stato esplicitam ente santificato è im plicitam ente possed u to dal diavolo» (P. D ondelinger -
M andy, Le R ituel des exorcisme dans le Rituale Rom anum de 1614, cit., p. 103).
7Di p e r sé nell’Ordo baptism i della litu rg ia in form a stra o rd in a ria si d istin g u e tra m inistro o rdinario (il
sacerdote) e m inistro stra o rd in a rio del B attesim o (il diacono). In tal senso anche il diacono è m inistro
12 D avide Salvatori

Per quanto concerne l’individuazione della persona che beneficia


degli esorcismi, il Rituale del 1614 e quello dell’editio typica del 2004
non utilizzano mai la parola indemoniato, ma preferiscono rispettiva­
mente l’impiego del termine posseduto e vessato. La dottrina teologica
e canonica, lungo i secoli, ha elaborato alcuni principi di discerni­
mento, per accertare quando ci si trova di fronte a una persona sulla
quale è lecito e necessario, col suo consenso, proferire l’esorcismo
maggiore8. Il Rituale del 1614 individuava i seguenti criteri:
«Prima di tutto [l’esorcista] non creda facilmente che qualcuno sia possedu­
to dal demonio, ma abbia noti quei segni dai quali si riconosce che qualcuno
è un posseduto, rispetto a quegli altri che manifestano una malattia, soprat­
tutto psichica. I segni della possessione demoniaca possono essere: parlare
lingue ignote con molte parole oppure intendere chi le parla; rivelare cose
distanti e nascoste; mostrare forza non proporzionata alla natura dell’età o
della condizione [fisica] e altri segni di questo genere, che più concorrono,
più confermano gli indizi»9.

Il Rituale del 1998 e successivamente la seconda editio typica


del 2004 presentano quasi gli stessi parametri che, in continuità col
Rituale del 161410, sono stati ripresi e precisati:

di questi esorcism i, m a con alcune restrizioni: il sacerdote può eso rcizzare il sale e il battezzando,
m en tre il diacono può solo e so rcizzare il battezzando.
8Si noti che la n o rm a canonica, nella su a sapienza, h a sem pre vietato l’uso d ell’esorcism o m aggiore in
form a diagnostica: «Nell’eso rcizzare gli energ u m en i è di capitale im p o rtan za sa p ere prim a di tu tto se
sia veram ente possed u to dal dem onio chi afferm a di e sse re tale; dove poi ciò sia constatato, sia scelto
un sacerd o te di se g n a la ta pietà, in te g rità di vita e p rudenza; questi, poi, p e r scacciare il dem onio non
si serva di una m ano dipinta o di legno o di altre inutili stupidaggini del genere, m a osserv i rig o ro ­
sam en te le regole p re sc ritte nel R ituale Romano» (B enedetto XIV, L ettera Sollicitudini, 1° ottobre
1745, in Codicis Iuris Canonici Fontes, a c u ra di P. G asparri - P. Seredi, 1, C ittà del Vaticano 1923, n. 362,
p. 938, § 43). La p rescrizione è e n tra ta nel C odice del 1917: « [L’esorcista] non p roceda agli esorcism i,
se non dopo aver a cc erta to con d iligente e p ru d en te investigazione che l’esorcizzando sia veram ente
posseduto dal dem onio» (can. 1151 § 2) ed e n tra ta nel d iritto liturgico: «L’e so rcista non proceda alla
celebrazione d ell’esorcism o se non c o n staterà , con c ertez z a m orale, che la p e rso n a da eso rcizzare è
v eram ente p o ssed u ta dal dem onio e, p e r quanto è possibile, consenziente» (De exorcismis etsupplica-
tionibus quibusdam, praenotanda, n. Ì6).
9Rituale R om anum , Tit. X II, De exorcizandis obsessis a daemonio, Cap. I, n. 3. P a re che la form ulazio­
ne di questi c riteri sia isp irata all’insegnam ento di sa n Filippo N eri (cf P. D ondelinger -M andy, Le
R ituel des exorcisme dans le R ituale Rom anum de 1614, cit., p. 107; p e r altri approfondim enti cf ìbìd.,
pp. 107-112) e su ccessiv am en te com pletata alla luce di u n a N ota del S a n t’Uffizio del 1 aprile 1947 (cf
H. S chmidt , E ditio typica 1952 R itualis R om ani, in «Periodica de re m orali, canonica e t liturgica» 41
[1952] 174; «E phem erides L iturgicae» 66 [1952] 223).
10Di p e r sé il Rituale del 1614 non fu m ai form alm ente abrogato. Infatti la C ongregazione p e r il culto
divino e la disciplina dei sacram enti, fin dall’inizio, d ette il p e rm e sso di c ontinuare ad u sa re il R ituale
p re ce d en te in con tem p o ran ea col nuovo. Si legge, infatti, in una N ota del 27 gennaio 1999: «Poiché
al Vescovo diocesano, nella diocesi a lui affidata, com pete la m oderazione della S acra L iturgia e
l’esercizio del m unus p astorale, egli stesso , dopo aver ponderato in m aniera m atu ra la cosa, al fine
di sollevare con m iserico rd ia i fedeli nella lotta contro il p o tere del diavolo, p o trà ch ied ere alla Sede
A postolica che il sacerd o te, al q uale sa rà affidato l’incarico di e so rcista, p o ssa u tilizzare il rito fino ad
o ra in uso secondo il titolo XII del R ituale Rom ano (ed. 1952) » («Notitiae» 35 [1999] 156). N onostante
Indem oniati ed esorcismi: alcuni chiarim enti dal punto di vista terminologico 13

«Secondo una prassi consolidata, vanno ritenuti segni di possessione diabo­


lica: parlare correntemente lingue sconosciute o capire chi le parla; rivelare
cose occulte e lontane; manifestare forze superiori all’età o alla condizione
fisica. Si tratta però di segni che possono costituire dei semplici indizi e,
quindi, non vanno necessariamente considerati come provenienti dal demo­
nio. Occorre perciò fare attenzione anche ad altri segni, soprattutto di ordine
morale e spirituale, che rivelano, sotto forma diversa, l’intervento diabolico.
Possono essere: una forte avversione a Dio, alla Santissima Persona di Gesù,
alla Beata Vergine Maria, ai Santi, alla Chiesa, alla Parola di Dio, alle realtà
sacre, soprattutto ai sacramenti, alle immagini sacre. Occorre fare attenzio­
ne al rapporto tra tutti questi segni con la fede e l’impegno spirituale nella
vita cristiana; il Maligno, infatti, è soprattutto nemico di Dio e di quanto
mette in contatto i fedeli con l’agire salvifico divino»11.

A completamento di quanto rilevato va considerato che la dot­


trina canonica, attingendo dalla consolidata riflessione teologica, è
solita distinguere tre gradi di possessione diabolica:
«Circumsessio (assedio), che si ha quando il diavolo, agendo e influendo dal
di fuori del corpo, impedisce le azioni umane; obsessio (invasione), che si
verifica quando il demonio, risiedendo nel corpo dell’uomo e usando le forze
fisiche come le sue, crea un grave dissidio tra la volontà umana e il dominio
dello stesso demonio; possessio (possessione) che si realizza quando il de­
monio è così profondamente padrone del corpo dell’uomo che sembra quasi
cessare del tutto l’azione umana, sebbene come demonio non possa ottenere
il comando diretto sulla volontà umana»12.

Per quanto attiene poi dXYesorcismo, va osservato che dagli autori


viene formalmente classificato e diviso secondo le seguenti categorie:
in ragione dell’autorità in base alla quale l’esorcismo viene proferito
è detto pubblico o privato. E pubblico quell’esorcismo praticato «da
persone ecclesiastiche a nome e per autorità della Chiesa», mentre è
definito privato se proferito «a nome proprio dell’esorcizzante»13; l’e­
sorcismo pubblico, poi, in ragione della solennità e del fine, è definito
solenne o semplice :

la prom ulgazione del m.p. Su m m o ru m Pontificum pare che la facoltà di celeb ra re la litu rg ia in form a
stra o rd in a ria non com prenda anche il R ituale degli esorcism i del 1614, p e r cui è ancora necessario
o tte n e re il p e rm e sso della S anta S ede p e r il suo u so legittim o (cf R.E. J enkins , Exorcismo, cit., p. 858).
" De exorcismis et supplicationibus quibusdam, praenotanda, n. 16. La traduzione italiana qui e altrove
è p re sa dall’edizione CEI del 2001 (C onferenza E piscopale Italiana , R ito degli esorcismi e preghiere
per circostanze particolari, C ittà del V aticano 2001), da noi riveduta, dove ne ce ssa rio , tenendo conto
delle em endazioni deW’editio typica latina del 2004.
12 M. C onte a C oronata, Institutiones Iuris Canonici. De Sacram entis, cit., p. 1030.
13 F.M. Cappello , Tractatus canonico-moralis De Sacram entis, cit., p. 83.
14 D avide Salvatori

«Si dice solenne quell’esorcismo che viene fatto in forma solenne, come
descritto nel Rituale romano sotto la rubrica Ritus exorcizandi obsessos a
daemonio e presuppone che si tratti di una persona veramente assediata,
invasa o posseduta dal demonio. L’esorcismo semplice è quello che si fa per
contenere o frenare il demonio affinché non nuoccia agli uomini, usando la
formula del medesimo Rituale romano descritta nella rubrica Exorcismus in
Satanam et angelos apostaticos [comunemente appellato come esorcismo di
Leone XIII]»14.

L’esorcismo pubblico-solenne è chiamato anche esorcismo mag­


giore15 o grande esorcismo16, oppure anche esorcismo propriamente
detto11; mentre gli altri esorcismi pubblici sono chiamati esorcismi
semplici o esorcismi minori, ai quali appartengono gli esorcismi del
battesimo e, nel Rituale della Liturgia in forma straordinaria - co­
me già rilevato -, anche quelli concernenti alcune consacrazioni e
benedizioni18.
Ministro dell 'esorcismo maggiore (o pubblico-solenne) è solo l’e­
sorcista, debitamente preparato e approvato dall’autorità competente;
ministro àe\Vesorcismo minore (o pubblico-semplice o semplice) è il
ministro designato dal Rituale, nel cui caso si ha un mandato ex iure.
L’esorcismo privato «può essere fatto da qualsiasi fedele», perché
«ciascuno, infatti, per respingere le tentazioni o le vessazioni del de­
monio, può comandare al diavolo, per mezzo di Dio o di Gesù Cristo,
di non nuocere né a sé né agli altri»19. Ciò è giustificato in base al fatto
che «l’effetto di tale esorcismo non deriva dall’autorità e dalle pre-

u M. C o n t e a C o r o n a t a , Institutiones Iuris Canonici. De Sacram entis, cit., pp. 1031-1032; cf p ure F.X.
W e r n z - P. V id a l , Ius Canonicum . De Rebus, IV /1, Rom ae 1934, p. 408.
15Cosi, infatti, viene denom inato nel De exorcismis et supplicationibus quibusdam, sia nei suoi praeno-
tanda che nelle ru b rich e e nell’eucologia.
16E anche denom inato «esorcism o solenne» o «grande esorcism o» (Catechismo della Chiesa Cattolica,
C ittà del Vaticano 199 92, n. 1673; Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio, C ittà del Vaticano
2005, n. 352).
17 Nella citata L ettera della C ongregazione p e r la d o ttrin a della fede del 29 se tte m b re 1985 si parla
in obliquo dell’esorcism o m aggiore, denom inato exorcismus proprie dictus, che si può tra d u rre con
l’e sp ressio n e «esorcism o p ropriam ente detto» o «esorcism o vero e proprio» (C o n g r e g a t io p r ò D o c -
TRINA F i d e i , L e tte ra Inde ab aliquot annis, cit., pp. 1169-1170).
18 M. C o n t e a C o r o n a t a , Institutiones Iuris Canonici. D/e Sacram entis, cit., p. 1030; F.M. C a p p e l l o ,
Tractatus canonico-moralis De Sacram entis, cit., p. 83. Di p e r sé nei libri liturgici della liturgia in form a
strao rd in aria questi tipi di esorcism o sono denom inati exorcismi, senza altre qualificazioni. N ella litu r­
gia, invece, in form a o rd in aria questi tipi di esorcism i vengono denom inati esorcismi in form a semplice
o esorcismi m inori {De exorcismis et supplicationibus quibusdam , praenotanda, n. 8), oppure esorcismi
in fo rm a semplice (Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., n. 1673) o esorcismi in fo rm a ordinaria (Ca­
techismo della Chiesa Cattolica Compendio, cit., n. 352) o sem plicem ente esorcismo o esorcismo minore
(Rituale R om anum . Ordo Initiationis Christianae A dultorum , n. 101 e n. 113).
18F.M. C a p p e l l o , Tractatus canonico-moralis De Sacram entis, I, cit., p. 84.
Indem oniati ed esorcismi: alcuni chiarimenti dal punto di vista terminologico 15

ghiere della Chiesa, poiché non è fatto a nome di Essa, ma perché gli
effetti sono ottenuti solo in virtù del nome di Dio e di Gesù Cristo»20.
\

E degno di nota evidenziare che le questioni attinenti all’esor­


cismo privato, che prima erano affrontate solamente in dottrina,
vengono ora trattate esplicitamente nel nuovo Rituale De exorcismis
et supplicationibus quibusdam:
«[L’esorcista] sappia distinguere bene i casi di aggressione diabolica da
quelli derivanti da un falso giudizio, che spinge alcuni, anche tra i fedeli, a
ritenersi oggetto di malefici, sortilegi o maledizioni fatte ricadere da altri su
di loro o sui loro parenti o sui loro beni. Non neghi loro l’aiuto spirituale, ma
non faccia uso dell’esorcismo; può fare, con loro e per loro, alcune preghiere
adatte, in modo che ritrovino la pace di Dio. L’aiuto spirituale non si deve
negare neppure ai fedeli che, pur non toccati dal Maligno (cf 1 Gv 5,18), sof­
frono tuttavia per le sue tentazioni, decisi a restare fedeli al Signore Gesù e al
Vangelo. Ciò può essere fatto anche da un sacerdote non esorcista, o anche
da un diacono, utilizzando preghiere e suppliche appropriate»21.

Come si nota, qualsiasi sacerdote - ma anche un diacono - può


offrire l’aiuto spirituale necessario, proferendo «preghiere adatte», tra
cui includere certamente quelle dell’Appendice II dello stesso Rituale
(Preghiere ad uso privato dei fedeli che si trovano a dover lottare con­
tro il potere delle tenebre). I praenotanda, infatti, dell’edizione tipica
italiana precisano:
«Di fronte a disturbi psichici o fisici di difficile interpretazione il sacerdote
non procederà al Rito dell’esorcismo maggiore, ma accoglierà ugualmente
le persone sofferenti con carità, le raccomanderà al Signore e le inviterà a
servirsi delle preghiere previste dal «Rito degli esorcismi» per l’uso privato
(cf Appendice II, Preghiere ad uso privato dei fedeli) »2Z.

Nulla vieta, di per sé, secondo lo spirito dei praenotanda, che le


preghiere dell’Appendice II possano essere usate non solo personal­
mente, ma anche proferite dal sacerdote o diacono nei confronti di chi
ne abbia, a prudente giudizio, oggettivamente bisogno. Non sembra
però che si possa sostenere la medesima posizione anche nei confron­
ti delle preghiere riportate nell’Appendice I (Preghiera ed esorcismo
per circostanze particolari), sebbene i summenzionati praenotanda
dell’edizione italiana sembrano, invece, asserire il contrario:

20L. cit.
21De exorcismis et supplicationibus quibusdam , praenotanda, n. 15.
22 C onferenza E piscopale Italiana , Rito degli esorcismi e preghiere per circostanze particolari, cit.,
praenotanda, n. 12.
16 D avide Salvatori

«Il “Rito degli esorcismi” propone nell’Appendice I (nn. 1-12) una serie di
celebrazioni e preghiere, diverse da quelle dell’esorcismo vero e proprio,
che possono essere usate dai fedeli, sia personalmente sia comunitariamen­
te sotto la guida di un sacerdote. E doveroso che i fratelli sofferenti siano
accompagnati dall’aiuto orante della comunità cristiana, ma in tali incontri
di preghiera deve essere accuratamente evitato ogni abuso e ambiguità. Per
questo è importante fare riferimento alle direttive della Congregazione per
la Dottrina della Fede neli’Istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la
guarigione»™.

La precisazione che i «fedeli, sia personalmente sia comunitaria­


mente sotto la guida di un sacerdote» possano fare uso dell’Appendice
I pare ambigua. Con fedele s’intende il chierico, il laico e il religioso
(cf can. 207); ciò che potrebbe sollevare qualche difficoltà è l’utilizzo
personale da parte di un laico (o diacono o religioso non chierico)
dell’Appendice I, dal momento che contiene il testo del cosiddetto
Esorcismo di Leone XIII, nei confronti del quale la Congregazione
per la dottrina della fede ha ammonito:
«Da queste precisazioni consegue che ai fedeli non è neppure lecito usare
la formula dell’esorcismo contro satana e gli angeli ribelli, estratta da quella
pubblicata per ordine del Sommo Pontefice Leone XIII, e tanto meno è lecito
usare il testo integrale di questo esorcismo»24.

D’altro canto, poi, pare che neanche le rubriche permettano al


laico - e più in generale a chi non è sacerdote - di usare personal­
mente dell’Appendice I, dal momento che si precisa che si tratta di
una peculiare forma di preghiera comunitaria da convocarsi se «il
Vescovo della diocesi lo ritiene opportuno», da affidarsi «alla guida
del sacerdote».
Per quanto concerne, infine, le formule da usarsi nell 'esorcismo
privato - comunemente chiamato anche preghiera di liberazione - va
precisato che nella accezione di «preghiere adatte», di cui sopra, non
possono rientrare né le formule dell’esorcismo maggiore né quelle
degli esorcismi minori. La questione non solo è palese di per sé, ma
può essere pure dedotta sia dalla mens che soggiace alla struttura e
alle distinzioni - anche lessicali - del nuovo Rituale degli esorcismi,
e sia dall’esplicita interpretazione che il suddetto Rito compie nei
confronti dell’esorcismo di Leone XIII, essendo chiaro che si tratta di

a Ibid., n. 15.
2t C o n g re g a tio PRO D o c tr in a Fidei, L ettera Inde ab aliquot annis, cit., p. 1169.
Indem oniati ed esorcismi: alcuni chiarim enti dal punto di vista terminologico 17

esorcismo pubblico semplice25; in tal senso paiono meglio precisate le


restrizioni della Lettera della Congregazione per la dottrina della fede
del 1985, di cui abbiamo sopra parlato26.

Esorcista, posseduto ed esorcismo: la terminologia dei Riti


degli esorcismi del 1614 e del 2 0 0 4 a confronto
I praenotanda del Rito degli esorcismi del 1614 utilizzano
terminologia univoca per qualificare il ministro degli esorcismi, deno­
minandolo sacerdote (1 volta) e negli altri casi esorcista (6 volte); nelle
rubriche, invece, si fa uso unicamente della parola sacerdote (1 volta).
Conformemente alle prescrizioni del diritto canonico il ministro ap­
provato è solamente il sacerdote debitamente delegato27.
Per quanto attiene alla determinazione dell’esorcizzando i pra­
enotanda non usano una terminologia univoca, ma preferiscono l’u­
tilizzo della parola obsessus (assediato/posseduto, 11 volte) ad al­
tri sinonimi: vexatus (vessato, 1 volta), infirmus (infermo, 3 volte),
energumenus (energumeno, 1 volta); viene poi usata l’espressione
exagitatus a daemone, quando l’esorcizzando è scosso dal demonio

25 Q u esta è l’interp retazio n e di M. C o n t e a C o r o n a t a , Institutiones lu ris Canonici. De Sacramentis,


cit., pp. 1031-1032. Si può g iu n g ere alle ste sse conclusioni se si tengono p resen ti i passag g i che h a n ­
no p o rtato l’in serim ento dell’esorcism o di L eone XIII nel Rituale R om anum . Il testo dell’esorcism o
è stato pubblicato il 18 m aggio 1890 dal Prefetto della C ongregazione di Propaganda Fide (A SS 22
[1890] 743-746) dichiarando che Papa L eone XIII concedeva a tu tti i vescovi la facoltà di recitarlo e che
tale facoltà veniva e ste sa anche ai sacerdoti che avessero legittim am ente o ttenuto tale p e rm e sso dai
propri O rdinari, concedendo a ltresì o l’indulgenza parziale, a chi lo recitava quotidianam ente, oppure
l’indulgenza p lenaria a tu tti coloro che l’avessero recitato p e r un m ese (cf ibid., p. 747). Q uesto e so r­
cism o, rim asto m aterialm en te collocato in appendice e al di fuori del R ituale R om anum e recensito
a ssiem e alle altre benedizioni rise rv ate ai Vescovi (cf «E phem erides L iturgicae» 37 [1923] 391), venne
definitivam ente inglobato nel R ituale R om anum , com e cap. I li dell’allora T it. XI, solam ente nella
rifo rm a del 1925 (ci De nova editione typica ritualis rom ani, in «Periodica de re m orali, canonica e t li­
turgica» 14 [1925] 86; «E phem erides L iturgicae» 39 [1925] 345). Q uesto capitolo fu distinto dai prim i
due (De exorcizandi obsessis a daemonio, cap. I; R itus exorcizandi obsessos a daemonio, cap. II) e non
fu in te rp reta to com e esorcism o m aggiore («E phem erides L iturgicae» 39 [1925] 385), anzi m antenne
le p roprie rubriche, conform i alle disposizioni di L eone XIII co ncernenti il m inistro. P are p regnante,
p ertan to , che solo le ru b rich e concern en ti i capp. I-II siano sta te re se conform i all’allora vigente can.
1151 - identificando infatti il m in istro di su d d e tte p re g h ie re nella sola p e rso n a del sacerd o te eso rcista
d ebitam ente delegato - , a d ifferenza del m inistro dell’esorcism o di L eone XIII. La successiva riform a
del 1952 non ha com portato variazioni (H. SCHMIDT, E ditio typica 1952 R itualis R om ani, in «Periodica
de re m orali, canonica e t liturgica» 41 [1952] 174; «E phem erides L iturgicae» 66 [1952] 223).
26 II ten o re del testo ( C o n g r e g a t o p r ò D o c t r in a F i d e i , L ettera Inde ab aliquot annis, 29 se tte m b re
1985, cit., p. 1169), infatti, induce l’im pressione che l’esorcism o di L eone X III sia da in te rp reta rsi
com e esorcism o m aggiore, ciò che invece è co n trario non solo alla ratio che portò alla sua prom ul­
gazione e diffusione, m a confligge con le ru b rich e ste sse ; il term in e fedele, inoltre, risu lta oltrem odo
ampio, com prendendo an ch e vescovi e sacerdoti e rischia, se non si pongono le dovute distinzioni, di
g e n e ra re am biguità nell’interp retazio n e. P are p e rta n to che il nuovo Rituale p o sseg g a anche il pregio
di fu g a re ogni in certezza e rm e n eu tica in m erito.
27 «Sacerdos ab O rdinario d elegatus, rite confessus, aut saltem corde p e ccata sua d e te stan s...» (Ri­
tuale R om anum , Tit. X II, De exorcizandis obsessis a daemonio, Cap. II, ru b rich e iniziali).
18 D avide Salvatori

durante gli esorcismi28. Il Rito e le rubriche, invece e diversamente dai


praenotanda, fanno uso di una terminologia univoca e sempre coeren­
te: nelle rubriche s’impiega costantemente il termine obsessus - una
volta sola, in verità, daemoniacus (indemoniato)29-, mentre nei testi
eucologici s’utilizza quasi sempre la parola famulus (servo) e talvolta
plasma (creatura).
I praenotanda e le rubriche usano in maniera univoca la pa
exorcismus per indicare tanto le preghiere di esorcismo del Ritus
exorcizandi obsessos a daemonio (l’esorcismo maggiore) quanto quelle
dell’Exorcismus in satanam et angelos apostaticos (l’esorcismo mino­
re), testo che comunemente viene chiamato Esorcismo di Leone XIII.
L’editio typica del Rito degli esorcismi del 2004 non utilizza mai la
parola indemoniato, ma preferisce il termine vexatus (vessato) a obses­
sus (assediato o posseduto) e in ciò si osserva l’inversione dell’uso
della terminologia rispetto al Rituale del 1614. Si noti che la parola os­
sesso viene usata solamente nei praenotanda, mentre il termine vessato
viene impiegato sia nei praenotanda e sia nel Rito; anzi nell’eucologia
si utilizzano anche altre espressioni come famulus (servo, per 8 volte),
servus (servo, per 1 volta), frater/soror (fratello/sorella, per 4 volte),
filius/filia (figlio/figlia, 2 volte) e plasma (creatura, 1 volta). I praeno­
tanda precisano che con la parola esorcista si deve intendere sempre
e ovunque nel Rito il sacerdote esorcista30. Nel Rito stesso il termine
sacerdote esorcista è usato una volta sola, a differenza di esorcista che
viene impiegato 29 volte. Il Rito infine non utilizza altre espressioni
per qualificare il ministro approvato.
Con la parola esorcismo o esorcismi s’intende sia gli esorcismi
in forma semplice o minori e sia l’esorcismo solenne o maggiore.
Va precisato che nel Rituale si utilizzano anche come sinonimi Rito
degli esorcismi, esorcismo maggiore ed esorcismo. Di peculiare
interesse risulta il fatto che si qualifichi espressamente l'esorcismo
maggiore come azione liturgica31. Di per sé la Sacrosanctum Concilium
aveva affermato che «le azioni liturgiche non sono azioni private ma
celebrazioni della Chiesa» (n. 26), per cui il richiamo del Rituale alla
dimensione liturgica precisa meglio la qualificazione giuridica di

28 «M ulierem exorcizans, se m p e r secu m h a b e a t h o n e stas p erso n as, quae o b sessam ten ean t, dum
e x ag itatu r a daem onio» (ibid., cap. I, n. 19).
29Nella orazione dopo il prim o esorcism o: «Tres c ru ce s se q u e n te s fiant in p e cto re daem oniaci» (ibid.,
cap. II, n. 4).
30 Cf De exorcismis et supplicationibus quibusdam , praenotanda, n. 13.
31 «Tra questi aiuti si d istin g u e l’esorcism o solenne, che è una celebrazione liturgica, d etto anche
“g ra n d e e so rcism o ”» (ibid., n. 11).
Indem oniati ed esorcismi: alcuni chiarimenti dal punto di vista terminologico 19

azione pubblica dell’esorcismo maggiore. Pare di poter dire che anche


gli esorcismi minori, sia per il loro carattere pubblico e sia perché
sono inseriti nei libri liturgici, possano essere qualificati come azioni
liturgiche. In tal senso la caratterizzazione diviene assai pregnante,
soprattutto se si tiene conto che il testo conciliare sopra riportato è
entrato direttamente nel dettame normativo del vigente can. 837 § 1.
Il nuovo Rituale, pertanto, fedele al magistero del Concilio, contiene
in sé anche il pregio di saper coniugare ed esprimere in maniera equi­
librata la dimensione liturgica e giuridica dell’esorcismo maggiore e
di quello di Leone XIII.

Confronto tra la terminologia del Rituale del 1614 e quella


del Codice del 1917 e del 1983
Nel Codice piano-benedettino col termine esorcista s’intende co­
lui che ha ricevuto l’ordine minore dell’esorcistato (cf can. 949) e che,
sacerdote legittimamente approvato dall’Ordinario, ha poi ottenuto
«peculiare ed espressa licenza» (cf can. 1151). La normativa da una
parte riprende quanto la Chiesa di Roma, per antica consuetudine,
aveva stabilito32e dall’altra si ripropongono le statuizioni dei Pontefici
e la prassi delle Congregazioni romane33. Il Codice di per sé non pone
esplicita distinzione tra la figura dell’esorcista, propriamente detta, e
il ministro degli altri esorcismi, ciò però è evidente per sua natura.
Il Codice piano-benedettino, per indicare il soggetto che riceve
gli esorcismi, utilizza univocamente U termine obsessus (posseduto),
in conformità col Rituale romanum. E fuori dubbio che nell’accezione
vadano comprese anche le tre categorie sopra riportate: circumsessio,
obsessio e possessio34.
Nel Codice del 1917 il termine esorcismo viene inteso nell’ac­
cezione generale, designando sia l’esorcismo maggiore (ciò risulta

32 «R iguardo a coloro che sono battezzati e che, a causa di un vizio o di un peccato, vengono in seguito
posseduti dal dem onio, la tu a sollecitudine ti po rta a ch ied ere se possano o debbano e sse re segnati
dal presb itero o dal diacono. R iguardo a ciò non è lecito procedere, a m eno che non l’abbia ordinato
il vescovo. Infatti non si deve im p o rre la m ano su costoro a m eno che il vescovo non abbia conferito
loro l’autorità di farlo. A ffinché poi ciò avvenga, è prerogativa del vescovo o rd in are che il p resbitero
o gli altri chierici im pongano la m ano su di loro» ( I n n o c e n z o I, Epistula XXV, in PL XX, col. 558).
33 C f B e n e d e t t o XIV, L e tte ra Sollicitudini, cit., p. 938, § 43; Id., L e tte ra enciclica Magno cum anim i,
2 giugno 1751, in Codicis Iuris Canonici Fontes, cit., II, n. 413, p. 331, § 34; S a c r a C o n g r e g a t io d e
P r o p a g a n d a F id e , Istru z io n e ad Episcopum Scodren., 11 se tte m b re 1779, ibid., V II, n. 4581, p. 121.
34 C f M. C o n t e a C o r o n a t a , Institutiones Iuris Canonici. De Sacram entis, cit., p. 1030.
20 D avide Salvatori

chiaro dall’utilizzo dell’espressione ossesso/posseduto del can. 115135)


e sia gli altri esorcismi. Ciò è evidente dalla lettura unitaria dei cano­
ni: «Gli esorcismi possono essere fatti dai legittimi ministri non solo
nei riguardi dei fedeli e dei catecumeni, ma anche nei confronti degli
acattolici e degli scomunicati» (can. 1152); «i ministri degli esorcismi
che s’incontrano nel battesimo e nelle consacrazioni o benedizioni,
sono gli stessi ministri legittimi dei sacri riti» (can. 1153).
Il vigente Codice presenta una legislazione apparentemente dif­
ferente, ma congruente nella sostanza con quella precedente. Poiché
col m.p. Ministeria quaedam di Paolo VI è stato abolito l’ordine minore
dell’Esorcistato36, l’attuale can. 1172 § 1 - che riprende ad litteram il
precedente can. 1151 - non riporta più l’inciso che il ministro sia già
«provvisto della potestà di esorcizzare». Sebbene, inoltre, la legisla­
zione precedente, contenuta segnatamente nei cann. 1152-1153, non
sia stata riportata ex integro, si può ugualmente asserire che essa
venga ripresa nelle disposizioni del diritto liturgico. Si può pertanto
concludere affermando che la terminologia del vigente Codice si
riferisce esclusivamente all’esorcismo maggiore; per quanto attiene,
invece, agli altri esorcismi, la materia è segnatamente disciplinata dal
diritto liturgico37.

La peculiarità della terminologia del Catechismo della Chiesa


Cattolica
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dà la seguente definizione
di esorcismo: «Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con
autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia
protetto contro l’influenza del maligno e sottratto al suo dominio, si
parla di esorcismo»38. La definizione, sintetica e chiara, sottolinea
principalmente e unicamente la dimensione pubblica dell’esorcismo,
non menzionando o alludendo, neanche implicitamente, all’esorcismo
privato.
Riguardo all’esorcismo pubblico il Catechismo distingue tra
esorcismo «in forma semplice» - quello «praticato durante la cele­

35«N essuno, provvisto della p o te stà di e sorcizzare, può p roferire legittim am en te e sorcism i sui p o sse ­
duti, se non abbia ottenuto dall’O rdinario p ecu liare ed e sp re ssa licenza».
56 Cf AAS 64 (1972) 529-534.
31 P e r un inquadram ento globale vedasi M. R i v e l l a , Rapporto fra Codice di diritto canonico e diritto
liturgico, in QDE 8 (1995) 193-200.
J* Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., p. 468, n. 1673.
Indem oniati ed esorcismi: alcuni chiarimenti dal punto di vista terminologico 21

brazione del Battesimo» - ed «esorcismo solenne», chiamato anche


«grande esorcismo», che, conformemente al diritto vigente, «può es­
sere praticato solo da un presbitero e con il permesso del Vescovo»39.
Il Catechismo, infine, non scende a determinare la nomenclatura del
beneficiario dell’esorcismo maggiore, ma si limita a dichiarare che,
prima di «celebrare l’esorcismo» ci si deve accertare che «si tratti di
una presenza del maligno e non di una malattia»40. Come si nota il
Catechismo si limita a delineare gli elementi essenziali concernenti
la materia, introducendo però una terminologia differente circa l’esor­
cismo maggiore, definendolo grande esorcismo.

A mo’ di conclusione
Come s’è visto dall’analisi condotta, esiste un’uniformità di ter­
minologia e d’interpretazione riguardo alla figura dell’esorcista e alla
persona dell’indemoniato, diversamente dall’accezione di esorcismo,
il cui significato può essere considerato anche in senso oltremodo
lato, comprendendo l’esorcismo pubblico-solenne, pubblico-semplice
e privato. Il nuovo Rito degli esorcismi, come abbiamo visto, ha per­
messo d’avere una comprensione migliore e più sistematica di tutti
gli esorcismi, anche quello di Leone XIII. Anzi il nuovo Rituale, inse­
rendo apertamente l’esorcismo maggiore e minore nel contesto della
preghiera liturgica, ne ha direttamente ed esplicitamente sottolineato
11 carattere pubblico, esprimendo, quindi, meglio la sua natura di
sacramentale, in cui agisce l’ex opere operantis Ecclesiae, come inse­
gnato nell’enciclica Mediator Dei41e ribadito dal concilio Vaticano II42.
Questione diversa è quella che concerne l’esorcismo privato,
che non può essere considerato un’azione liturgica in senso stretto.
Pur essendo esso un sacramentale in cui agisce l’ex opere operantis
Ecclesiae, il ministro, però, non agisce nomine Ecclesiae.

” Ibid., pp. 468-469.


w Ibid„ p. 469.
41 «Q uesta efficacia se si tra tta del Sacrificio E ucaristico e dei Sacram enti, proviene p rim a di tutto
dal valore dell’azione in se ste ssa (ex opere operato) ; se poi si considera anche l’attività propria della
im m acolata Sposa di G esù C risto con la quale e ssa o rna di p re g h ie re e di sacre cerim onie il Sacrifi­
cio E ucaristico ed i Sacram enti, o, se si tra tta dei S acram entali e di altri riti istituiti dalla G erarchia
ecclesiastica, allora l’efficacia deriva p iuttosto dall’azione della C hiesa (ex opere operantis Ecclesice)
in quanto e ssa è sa n ta ed o pera sem pre in intim a unione con il suo Capo» (Pio XII, L ettera enciclica
M ediator Dei, 20 novem bre 1947, in AAS 39 [1947] 532).
12«La san ta m adre C hiesa h a inoltre istituito i sacram entali. Q uesti sono seg n i sacri p e r m ezzo dei qua­
li, ad im itazione dei sacram enti, sono significati, e vengono ottenuti p e r in tercessio n e della C hiesa ef­
fetti so p ra ttu tto spirituali. P e r m ezzo di e ssi gli uom ini vengono d isposti a ricevere l’effetto principale
dei sacram en ti e vengono santificate le varie c irco stan ze della vita» (Sacrosanctum Concilium, n. 60).
22 D avide Salvatori

Per rendere più agevole e immediato quanto appena rilevato,


pare utile offrire una lettura schematico-sintetica delle tipologie di
esorcismo dei libri liturgici.

Libro liturgico Esorcismo pubbli- Esorcismo pubbli- Esorcismo privato


co-solenne o esorci­ co-semplice o esor­
smo maggiore cismo minore

RITUALE DEL 1614 Tit. XII, Cap. II: Rito Tit. XII, Cap. Ili:
(edizione del 1952) per esorcizzare i pos­ Esorcismo contro
seduti dal demonio satana e gli angeli
apostati

RITUALE DEL 2004 Cap. I: Rito dell’e­ Appendice I: Pre­ Appendice II: Pre­
sorcismo maggiore ghiere ed esorcismi ghiere ad uso priva­
Cap. II: Testi a scelta per circostanze par­ to dei fedeli
ticolari

Rito del battesimo Esorcismi del batte­


in forma straordi­ simo
naria

Rito del battesimo Esorcismi del cate­


in forma ordinaria cumenato e degli
scrutini

Rituale delle be­ Esorcismi nelle pre­


nedizioni in forma ghiere di benedizio­
straordinaria ne e consacrazione

D a v id e S alv a to r i
Piazzale G. Bacchetti, 4
40136 Bologna
di diritto ecclesiale
27 (2014) 23-55

Il ministro deiresorcismo
di Fabio Franchetto

Nella vita della Chiesa, l’invocazione contenuta nella preghiera


del Padre Nostro «Liberaci dal male» (cf Mt 6, 13) ha trovato una
attuazione particolare nella prassi degli esorcismi.
L’esorcismo si distingue in «semplice» quando è compiuto all’in­
terno dei Riti dell’iniziazione cristiana; o «solenne», quando mira a
liberare una persona posseduta dal Maligno (cf CCC 1673).
Il presente contributo prenderà in considerazione solo quest’ulti-
ma fattispecie, cercando di approfondire - a partire dai testi normativi
- l’identità, le qualità e i compiti del ministro abilitato a celebrare tale
sacramentale della Chiesa.

La lotta di Gesù contro il male


La lettura dei primi numeri dei Praenotanda del Rituale Romano
De exorcismis et supplicationibus quibusdam [= DESQ]1pone la prassi
esoreistica della Chiesa all’interno di un orizzonte cristologico, dove
centrale risulta anzitutto la salvezza operata da Cristo e l’annuncio di
essa da parte della Chiesa stessa. Anche i numeri che descrivono lo
sviluppo del Rito richiamano in continuazione il significato di ogni
gesto come manifestazione di Cristo, della sua presenza e azione.
La cornice cristologica, pertanto, diventa fondamentale per co­
gliere il significato dell’esorcismo come azione compiuta dalla Chiesa,
ma in nome di Gesù, con l’autorità ricevuta da lui, e quindi anche del
ministero dell’esorcista, il quale agisce in nome di Gesù.
Una semplice lettura dei vangeli fa emergere come centrale nel
ministero di Gesù sia la sua lotta contro Satana; tralasciando quella
lotta personale che Egli ha sostenuto nel deserto nell’episodio delle

1Rituale Rom anum . De exorcismis et supplicationibus quibusdam. E ditio typica em endata 2004, C ittà
del Vaticano 2013. C iterem o i Praenotanda del DESQ n ella versione italiana (C onferenza E piscopale
Italiana , Rito degli esorcismi e preghiere per circostanze particolari, C ittà del Vaticano 2001).
24 Fabio Franchetto

tentazioni, non si può non osservare come nel tempo che vede Gesù
di Nazareth annunciare il regno di Dio, una sua tipica attività sia pro­
prio quella dell’esorcista, per cui la gente grida ammirata: «Comanda
persino agli spiriti immondi e gli obbediscono» (Me 1, 27)2.
Pietro sintetizza il ministero di Gesù con queste parole: «Passò
beneficando e risanando tutti coloro che erano sotto il potere del
diavolo» (At 10, 38).
Gesù stesso presenta la cacciata di Satana dalla vita dell’uomo e
la sua sconfitta come uno dei segni della presenza del Regno di Dio:
«Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto
fra voi il Regno di Dio» (Mt 12, 28; cf CCC 550).
In tal senso, paiono ormai superate quelle riserve di origine
bultmanniana che vedevano negli episodi evangelici, in cui compare
Satana, l’espressione di categorie della cultura antica, che attribuiva
a cause soprannaturali fenomeni che oggi possono essere tranquilla­
mente spiegati con le categorie scientifiche:
«Benché all’interno di una visione equilibrata e matura della fede la demono­
logia non occupi certo il primo posto, è comunque sensato chiedersi se una
radicale demitizzazione (in senso bultamanniano) della figura del Demonio
non rischi di compromettere l’effettiva portata del messaggio evangelico e
dell’azione salvifica di Cristo»3.

Si può traslare tale osservazione anche alla prassi ecclesiale e al­


la missione della Chiesa, tenendo conto che, sebbene la demonologia
non occupi - e non debba occupare - il primo posto, tuttavia non può
essere superficialmente “sfrattata” dalla vita ecclesiale, pena il venir
meno della Chiesa alla missione ricevuta da Cristo stesso.
Agli apostoli, infatti, chiamati perché stessero con lui e per in­
viarli (cf Me 3,14), Gesù conferisce il potere di scacciare i demoni. A
tal riguardo ci si deve chiedere:
«Perché vengono inviati [...]? Per annunciare e per avere il potere di scaccia­
re i demoni (Me 3,14). Matteo illustra il contenuto della missione con qual­
che particolare in più: “Diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e
di guarire ogni sorta di malattie e di infermità” (Mt 10,1). [.. \ L’annuncio del
regno di Dio non è mai solo parola, mai solo insegnamento. E avvenimento,
così come Gesù stesso è avvenimento, parola di Dio in persona. Annun­
ciandolo, conducono all’incontro con Lui. Poiché il mondo è dominato dalle

2Cf G io v a n n i P a o l o II, U dienza g en erale, 3 giugno 1998, in Insegnam enti di G iovanni Paolo II, X X I/1,
C ittà del Vaticano 2000, p. 1273, n. 3.
3M a liberaci dal Maligno. E ditoriale, in «La Scuola Cattolica» 135 (2007) 205.
Il ministro dell’esorcismo 25

potenze del male questo annuncio è allo stesso tempo una lotta contro queste
potenze. I messaggeri di Gesù mirano, al suo seguito, ad una esorcizzazione
del mondo, alla fondazione di una nuova forma di vita nello Spirito Santo, che
liberi dall’ossessione diabolica»4.

La Chiesa quindi, nel continuare l’opera di Gesù, continua anche


la di lui battaglia contro il Maligno, come si osserva nei Praenotanda
del DESQ:
«Fin dai tempi degli Apostoli, la Chiesa ha esercitato il potere ricevuto da
Cristo di scacciare i demoni e di respingere il loro influsso (cf At 5,16; 8, 7;
16,18; 19,12). Perciò essa prega con fiducia e perseveranza “in nome di Ge­
sù” di essere liberata dal Maligno (cf Mt 6,13) e in quello stesso nome, per
la forza dello Spirito Santo, comanda in vari modi ai demoni di non ostacolare
l’opera di evangelizzazione (cf 1 Ts 2,18) e di restituire “al più forte” (cf Le
11, 21-22) il dominio sul creato e su ogni uomo. Quando la Chiesa comanda
pubblicamente e con autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un
oggetto sia protetto contro l’influenza del Maligno e sottratto al suo dominio,
si parla di esorcismo» (n. 7).

In tal senso il magistero sottolinea: «Alla vittoria di Cristo sul


diavolo partecipa la Chiesa: Cristo, infatti, ha dato ai suoi discepoli il
potere di cacciare i demoni (cf. Mt 10,1 e par. Me 16,17). La Chiesa
esercita tale potere vittorioso mediante la fede in Cristo e la preghiera
(cf. Me 9,29; Mt 17,19-20), che in casi specifici può assumere la forma
dell’esorcismo»5.
Venendo al Nuovo Testamento, si può osservare, per esempio,
come negli Atti degli Apostoli l’apostolo Paolo compia un esorcismo
(cf At 16, 8), esercitando così lo stesso potere sui demoni esercitato
da Gesù; lo esercita nel nome di Gesù6.

*J. RATZINGER, Gesù di N azaret, C ittà del Vaticano - M ilano 2007, pp. 207-208.
5 G io v a n n i P a o l o II, U dienza generale, 20 agosto 1986, in Insegnam enti di G iovanni Paolo II, IX /2,
C ittà del Vaticano 1987, p. 397, n. 2.
6 Così scrive il biblista M aggioni circa gli e sorcism i da p a rte di G esù nel Vangelo di M arco: «G esù -
con la sua obbedienza e la su a cro ce - h a vinto S atana alla radice e definitivam ente, tu ttav ia Satana
continua ad e sse re il ten ta to re , che toglie la Parola al cuore dell’uom o (4,15) e im pedisce al discepolo
di c o m p ren d ere (8,33). Vale p e r l’intero Nuovo T estam ento: in tu tti i p assi in cui si p arla della caduta
di S atana al “g ià ” si colloca un “non an co ra”. Nulla è ancora definitivam ente so ttra tto alla m inaccia di
S atana: né il cuore dell’uom o (5,15), né il m ondo pagano divenuto cam po della m issione c ristian a e
testim o n e delle m eraviglie di Dio (5,17), né gli ste ssi discepoli (8,33). S atana continua a ra llen ta re il
cam m ino della P arola che lo sconfigge [...]. In u n a parola, il dem onio c erc a di o tte n e re dal discepolo
ciò che non è riuscito ad o tte n e re da G esù. [...] C om unque, nel tem po della C h iesa la possibilità della
vittoria su S atana re sta possibile: G esù invia i suoi discepoli ad an n u n ciare il R egno e a lib erare gli
uom ini dagli spiriti m aligni (3,15; 6,7.13; 16,17)» (B. M a g g io n i , Era veram ente uomo, M ilano 2001,
pp. 139-140).
26 Fabio Franchetto

Non c’è dubbio, quindi, che sia stata la memoria dei gesti di Ge­
sù, come pure la prassi apostolica, ad ispirare la prassi della Chiesa
antica per quanto riguarda gli esorcismi7.

Il ministro dell’esorcismo
L’attuale normativa canonica - come pure quella risalente al
Codice del 1917 - colloca gli esorcismi all’interno del Libro IV, nel
titolo che riguarda i sacramentali8. Si tratta quindi di un segno sacro
attraverso il quale «la Chiesa adempie la funzione di santificare» (can.
843 § 1) ed esercita la funzione sacerdotale di Gesù Cristo (cf can.
834 §1).
Attraverso la celebrazione dei sacramentali - e quindi anche
dell’esorcismo - «vengono significati e ottenuti per l’impetrazione
della Chiesa effetti soprattutto spirituali» (can. 1166) per la santifica­
zione degli uomini (cf can. 834 § 1).
L’esorcismo e il ministero dell’esorcista trovano esplicita trat­
tazione nel Codice solo al can. 1172, in riferimento agli esorcismi
sugli ossessi; anzi, il contenuto del canone ha la preoccupazione di
definire - in negativo e in positivo - chi sia il ministro dell’esorcismo
e ad esso si limita, senza affrontare l’argomento della natura di questo
sacramentale. Alla normativa contenuta nel can. 1172, però, si devono
aggiungere le norme liturgiche contenute nei Praenotanda del DESQ,
secondo quanto previsto dal can. 2.
La norma codiciale come pure quelle liturgiche sono chiare nel
riservare tale sacramentale al ministro ordinato, munito di debita li­
cenza. Diversa invece è la terminologia adottata; il can. 1172 parla di
«presbitero», mentre suona chiaro quanto viene scritto nei Praenotan­
da'. «In questo libro, il termine “esorcista” significa sempre “sacerdote
esorcista”» (Praenotanda DESQ n. 13).
La formulazione del primo paragrafo del can. 1172 con la pro­
posizione «Nemo exorcismos in obsessos proferre legitime potest», po­
trebbe lasciare intendere che chiunque - sacerdote, diacono o laico
- possa proferire esorcismi9; unico requisito richiesto è la licenza

7 C f F. C l a e y s B o u u a e r t , Exorciste, in D ictionnaire de Droit Canonique, a c u ra di R. Naz, V, P aris


1953, col. 671.
8 P e r quanto rig u a rd a la trattaz io n e degli esorcism i all’interno dei sacram entali, oltre a rinviare ai
contributi p resen ti in questo fascicolo, ci si può riferire a G. B r u g n o t t o , I l ministero del sacerdote
esorcista (can. 1172), in QDE 23 (2010) 88-94. Nelle p resen ti riflessioni si riprendono e si approfon­
discono alcuni a sp e tti g ià tra tta ti in tale studio.
9 Cf G. B r u g n o t t o , Il m inistero del sacerdote esorcista..., cit., p. 90.
Il ministro dell’esorcismo 27

- peculiare ed espressa - dell’ordinario del luogo. E nel successivo


paragrafo, però, che viene esplicitato come tale licenza debba essere
concessa da parte dell’ordinario del luogo solamente ad un presbitero
(«tantummodo presbytero»).

Sacerdos
I testi più antichi si limitano a menzionare la presenza e l’ese
zio del ministero dell’esorcismo esercitato dalla Chiesa, in continuità
con l’operato di Gesù e la prassi apostolica; lasciano poi intendere
come esso potesse essere esercitato anche da laici10. Resta comunque
aperta la questione sulla natura di tali atti11.
La presenza di esorcisti come funzione ministeriale parrebbe
attestata nella Chiesa di Roma già nel 250, anche se appare prematuro
parlare di un ordine12.
In ogni caso, un po’ alla volta, si arrivò a istituzionalizzare tale
funzione, fino a stabilire l’ordine dell’esorcistato (IV sec.). L’istituzio­
nalizzazione dell’ordine degli esorcisti non impedì comunque, in un
primo tempo, che altri - chierici o laici - continuassero a praticare
esorcismi13. L’esorcistato, poi, arrivò a configurarsi ben presto come
un passaggio e una preparazione a ricevere gli ordini maggiori e solo
in casi molto rari l’esercizio di tale funzione era demandato ai chierici
che avevano ricevuto solo tale ordine minore14.
In effetti, già nella lettera di Innocenzo I a Decenzio di Gubbio
(410) si suppone che l’esorcismo sia operato per lo più da presbiteri
o da diaconi, ma non si escludono altri ministri; in tale lettera, inol­
tre, emerge come i medesimi abbisognino deH’autorizzazione del
vescovo15.

10 C f F. C l a e y s B o u u a e r t , Exorciste, cit., p. 671; A a .Vv ., I m inisteri nella Chiesa antica, a c u ra di E.


C attaneo, M ilano 1997, pp. 175-178.
11 C f F. C l a e y s B o u u a e r t , Exorciste, cit., p. 672.
12Cf l. cit. ; in O riente, invece, gli eso rcisti non costituivano u n o rdine, m a la loro funzione e ra ritenuta
di origine c arism atica (ibid., p. 673).
13 Cf J. F o r g e t , Exorciste, in D ictionnaire de Theologie Catholique, a c u ra di A. V acant- E. M angenot,
V, P a ris 1913, pp. 1780-1786,1781; F. C l a e y s B o u u a e r t , Exorciste, cit., p. 673. Il testo più antico in cui
si fa riferim ento ad un ordine di eso rcisti è costituito dagli S tatuta Ecclesiae antiqua, raccolta cano­
nica collocabile in G allia intorno al 500; G raziano (cf dist. XXIII, c. 17) lo rip ren d e attribuendolo al
IV concilio di C artag in e (398); «E xorcista cum ordinatur, accipiat de m anu episcopi libellum in quo
scripti su n t exorcism i, dicente sibi episcopo; A ccipe e t com m enda m em oriae, e t h abeto potestatem
im ponendi m anus su p e r e n erg u m en o s, sive baptizatum , sive cathecum enum » (cf F. C l a e y s B o u u a ­
e r t , Exorciste, cit., p. 673).
H Cf ibid., p. 674.
15 «De h is vero baptizatis, qui p o stea a daem onio, vitio aliquo aut peccato interveniente, arripiuntur,
e s t sollicita dilectio tua, si a p re sb y tero vel diacono po ssin t aut d e b ea n t desig n ari. Q uod hoc, nisi epi-
28 Fabio Franchetto

Tale prescrizione viene ripresa da successivi interventi discipli­


nari. La possibilità che l’esorcismo possa essere attuato dal chierico
(secondo l’accezione del CIC/17), che ha semplicemente ricevu­
to l’esorcistato, non viene mai espressa in maniera esplicita, ma vi
si allude nelle espressioni che sono usate per definire il ministro
dell’esorcismo.
Così nel Rituale Romano del 1614 di Paolo V si parla di «sacerdos
seu alius legitimus Ecclesiae minister» (c. 1, n. 1) o successivamente
di «sacerdos sive alius exorcista» (c. 1, n. 21)16.
Sembrerebbe, quindi, rimanere aperta la questione se, oltre al
sacerdote, potesse compiere l’esorcismo «alius legitimus minister»,
ossia qualsiasi altro ministro che abbia ricevuto l’ordine dell’esorcista-
to. In effetti, così si esprimono alcuni commentatori dell’epoca, come,
per esempio, Antonio Santori, nel suo Rituale sacramentorum roma­
num-. «Ecclesiasticus [...], saltem in ordine Exorcistatus, vel etiam
in aliis minoribus vel maioribus Ordinibus constitutus, aut etiam
Diaconus, aut etiam Sacerdos»17; oppure Barrufaldo nel suo commen­
to al Rituale Romano: «Quamvis ministerium exorcizandi, quilibet
exorcista rite ordinatus exercere possit [...] tamen ex communi
Ecclesiae praxi, ad Sacerdotes proprie, ac principaliter pertinet»; e
poi commenta: «Neque per hoc, quod rubrica dicit: seu quilibet alius
legitimus ecclesiae minister, intelligi debet de Sacerdote in genere
loquendo, sed respective; nempe si daretur casus, in quo sacerdos
peritus non adesset, et e converso, Clericus reperiretur bene instruc-
tus, tunc Clerici exorcistae munus esset hoc officium praestare»18, e
tuttavia, secondo tale autore, se fosse presente un sacerdote, spetta
a quest’ultimo proferire l’esorcismo19. Il Clericato si pone addirittura
la questione se anche i laici possano proferire esorcismi, e risponde
che ciò è possibile solo privatamente20.

scopus praeceperit, non licet. Nam eis m anus im ponenda om nino non est, nisi episcopus auctoritatem
d e d erit id efficiendi. U t autem fiat, episcopi e st im perare, ut m anus eis vel a p resb y tero vel a c aeteris
clericis im ponatur» ( I n n o c e n z o I, Epistula 25, Si in stitu ta ecclesiastica, cap. V I, in PLX X , col. 558).
16P a o l o V, R ituale R om anum . De exorcizandis obsessis a daemonio (17 giugno 1614), V enetiis 1749. Tali
espressioni rim angono invariate nelle successive riedizioni operate da B enedetto XIV, com e p u re in
quelle di L eone X III e Pio XII.
17A. S a n t o r i , R ituale sacram entorum rom anum , p. 677, citato in P. D o n d e n l in g e r -M a n d y , Le rituel des
exorcismes dans le R ituale R om anum de 1614, in «La M aison Dieu» n. 183-185 (1990) 103.
18H. BARRUFALDO, A d R ituale R om anum Comm entaria, Venetiis 1763, p. 226, nn. 8-9.
19«In casu vero, quod C lericus exorcista m unus istud exerceret, se ab ilio a b stin ere deb eret, si a d esset
p ra ese n s aliquis in suprem o O rdine constitutus, qui solus, hac n o stra aetate, officium pellendi Dae-
m ones praestaret» (ibid., p. 226, n. 12).
20 «Prim um dubium est: an qui non su n t hoc exorcistatus ordine initiati, p o ssu n t en erg u m en o s exor-
cizare? N egat P h ilib e rtu s [...] a sse ren s, n ecp u b lice, nec secreto, nec in dom ibus, aut E cclesia posse
Il ministro dell’esorcismo 29

La preferenza per il sacerdote rispetto a qualsiasi altro ministro,


pur legittimo, viene motivata sia con la superiore dignità sacerdotale
sia con la possibilità di “perfezionare” l’esorcismo con quelle benedi­
zioni che solo il sacerdote può dare21.
Con la promulgazione del Codice nel 1917, vengono impiegate
entrambe le espressioni. Da una parte il can. 115122, esigendo la licen­
za dell’ordinario per proferire gli esorcismi, usa nel primo paragrafo
l’espressione «Nemo, potestate exorcizandi praeditus»; dall’altra al
secondo paragrafo prescrive che tale licenza venga conferita solo al
sacerdote23.
Il successivo can. 1152 CIC/17 usa l’espressione «legitimi mi­
nistri» presente nel rituale; essa però non appare in alternativa al
«sacerdos», come nelle Premesse al Rituale Romano di Paolo V; in
questo caso non vi è alcun dubbio che ci si riferisca a quei sacerdoti
che hanno ricevuto la licenza dall’ordinario.
Il Codice del 1917, quindi, fa una distinzione tra potestas exorci­
zandi e licentia: la prima è conferita con la recezione dell’esorcistato;
la seconda invece è un atto dell’autorità che consente l’esercizio della
potestà ricevuta. Commenta il Cappello: «Quamvis clerico per ordi-
nem exorcistatus potestas exorcizandi conferatur, tamen ex disciplina
iamdium in ecclesia recepta solus presbyter potest de Ordinari licen­
tia eiusmodi potestatem exercere»24.

non ex o rcistas exorcism is a co rp o rib is hu m an is daem ones p ellere [...]. A ffirm ant S uarez [...] et
S anchez [...] d icentes, quod si exorcism i sin t ab E cclesia probati p o ssu n t a quolibet fideli exerceri:
om nes enim fideles p o testa tem h a b e n t a C hristo pellendi daem ones, iu x ta eius prom issionem [...].
U tram que opinionem re fe ru n t S alm aticenses [...] e t v id etu r a d h ere re affirm ative, dum m odo non ex
professo, aut pubblice, e t p assim non ordinati id faciant; se d in aliquo p a rticu la ri casu, ex Dei in te ­
riori instinctu, u t in vitis S a nctorum , de servis Dei Laicis, aut S anctis m ulieribus legitur: siquidem
solem niter, e t ex officio hoc m in isteriu m ad E xorcistas o rdinatos tan tu m spectat» (J. C l e r ic a t u s , De
Ordine Sacram ento Decisiones, V enetiis 1738, dee. XIX, n. 41, pp. 157-158).
21 «Ob dignitatem adeo em inentem , p e r quam su p er A ngelos, e t D aem ones evehuntur. Ratio notissim a
est, quia, cum p ra e te r exorcism os, perfici quoque d e b ea n t m ultae b e nedictiones, cum haec om nia
explere n eq u eat sim plex exorcista, convenientius fiunt p e r Sacerdotem » (H. B a r r u f a l d o , A d R ituale
R om anum C om m entario, cit., p. 226, nn. 9-10).
22 «Nemo, p o testa te exorcizandi p raed itu s, exorcism os in ob se sso s pro ferre legitim e potest, nisi ab
O rdinario pecu liarem e t e x p ressam licentiam obtinuerit» (can. 1151 § 1 CIC /17).
23 «Haec licentia ab O rdinario c o n ce d atu r tantum m odo sacerdoti pietate, prudentia ac vitae in tegritate
praedito; qui ad exorcism os ne p rocedat, nisi postquam diligenti p ru d e n tiq u e investigatione com pe-
re rit exorcizandum e sse rev era a d aem one obsessum » (can. 1151 § 2 C IC /17).
21 F.M. Cappello , Tractatus canonicus-m oralis De Sacram entis, I. D e S acram entis in g enere, de Bapti-
sm o, de C onfirm atione, de E ucharistia, Torino 19536, p. 83; così anche R. L esage: «L’ex o rcistat n ’est
n u llem ent depouillé d e s préro g ativ es que lui re co n n a it le pontificai. Le clerc qui en e st revetu obtient
rad icalem en t e t a u th e n tiq u e m e n t le pouvoir de c h a s se r les dém ons, en im posant les m ains aux éner-
g u m èn es, q u ’ils soient b a p tisé s ou sim ples catéchum énes. M ais, d a n s l’actuelle discipline, ce pouvoir
e s t lié. Le titu laire de l'ordre ne p e u t en u se r avant d ’avoir r e fu le sacerdoce» (R. L esage , Exorcistat,
in A a .Vv., Catholicisme, a c u ra di G. Jacquem et, IV, P aris 1956, p. 946). F orget parlava a d d irittu ra
di un im perium che e ra conferito al chierico con l’o rdine dell’eso rcistato a p a rtire dall’espressione
30 Fabio Franchetto

Invece, il Rituale Romano, rieditato da Pio XI nel 1926, sembra


voglia tirare le conseguenze della norma codiciale; ragion per cui in
esso si parla solo di «sacerdos, de peculiari et expressa licentia Or­
dinarli»: viene, così, tolto qualsiasi riferimento ad un altro possibile
ministro.
Le successive riforme toglieranno definitivamente ogni allusio­
ne ad una diversa possibilità in proposito.
Con il motu proprio di Paolo VI Ministeria quaedam del 1972 ven­
gono riformati gli ordini minori e maggiori e l’esorcistato scompare
dalla Chiesa latina come ordine minore25.
La riformulazione del can. 1150 CIC/17 nell’attuale can. 1172 ter­
rà conto di questa riforma e vede scomparire del tutto il riferimento
ad un altro possibile ministro.
Guardando, infatti, alla storia redazionale di questo canone si
può osservare come in un primo tempo rimanesse ancora presente
l’espressione «potestate exorcizandi praeditus»; questa viene tolta in
seguito ad una osservazione della Congregazione per la disciplina dei
sacramenti e del culto divino, che chiedeva di togliere tale implicito
riferimento all’esorcistato che era stato abolito26.
L’attuale normativa codiciale, pertanto, senza entrare nel meri­
to della potestas exorcizandi, opera un ulteriore restringimento non
alludendo più alla possibilità che altri ministri possano compiere
esorcismi. Da una parte prende atto della riforma operata da Paolo VI

spiritualis im perator c h e il Pontificale Rom ano riferiva all’eso rcista , p e r l’au to rità che esercitav a
sugli spiriti infernali (cf J. F o r g e t , Exorciste, cit., p. 1783). Significativo anche l’am m onim ento fatto
in W ernz - Vidal: «Clerici m inorum ordinum p ra e te r iura clericorum ton su rato ru m p o testate ordinis
su n t in stru cti, quae verbis ritu s ordinationis sa tis exprim itur. P ra e sertim exorcistae cavere debent,
ne lim ites suae p o testa tis ex vigenti E cclesiae disciplina statu to s tran sg red ian tu r, cum exercitium
p o testa te exorcizandi sit re serv a tu m sacerdoti pecu liari e t e x p ressa licentia m unito» (F .X . W e r n z -
P. V id a l , Ius canonicum , II. D e P ersonis, Roma 1928, p. 81).
25 Cf P a o l o VI, m .p. M inisteria quaedam , 15 a g o sto 1972, in AAS 64 (1972) 529-534; EV 4, nn.
1749-1770.
26 II canone risultava p re sso c h é invariato: «Can. 368. § 1 Nem o, p o testate exorcizandi p raeditus,
exorcism os in o b sesso s pro ferre legitim e potest, nisi ab O rdinario peculiarem e t expressam licentiam
obtinuerit. § 2 H aec licentia ab O rdinario c o n ce d atu r tantum m odo sacerdoti pietate, p ru d e n tia ac
vitae in te g rita te praedito» ( P o n t i f i c i a C o m m is s io C o d ic i I u r i s C a n o n i c i r e c o g n o s c e n d o , C onventus
dd. 9-12 octobris 1978, A ppendix, T itu lu s V II D e Sacram entalibus, in «Com m unicationes» 13 [1981]
443); «Sacra C ongregatio prò S acram en tis e t C ultu Divino h a s fecit anim adversiones: [...] Can.
3 6 9 : La norm ativa qui rip o rta ta sugli esorcism i dovrebbe poggiare su un chiaro richiam o al senso
teologico dell’esorcism o stesso , in m odo che sia posto in risalto, accanto all’imprecatio diaboli, anche
Yinvocatio Spiritus Sancti. Si pensa, inoltre, di togliere potestate exorcizandi praeditus che se m b ra rife­
rirsi al vecchio O rdine m inore dell’E sorcistato. N B . S em bra opportuno ag giungere un Can. 370 che
rip ren d a il Can. 1153, p erch é si tra tta di altro tipo di esorcism o» (ibid., n ota 1) ; «De can. 7. S uggestum
e s t u t e x p u n g an tu r ex § 1 h a ec verba “p o testa te exorcizandi p ra ed itu s”. S uggestio om nibus placet»
( C o e t u s s t u d i o r u m «De l o c i s e t d e t e m p o r i b u s s a c r i s d e q u e c u l t u d iv in o » , adunatio diei 2 februarii
1980, in «Com m unicationes» 12 [1980] 387).
Il ministro dell’esorcismo 31

e, quindi, della scomparsa dell’esorcistato; dall’altra sottrae anche la


possibilità che tale ministero possa essere esercitato da un diacono,
senza entrare nel merito della potestas, ma preoccupandosi di disci­
plinarne l’esercizio27.
Alla lettura del can. 1172 § 2 balza agli occhi il cambiamento dal
termine «sacerdos» del can. 1153 CIC/17 sostituito con «presbyter».
Lo stesso termine, inoltre, è usato anche nel Catechismo della Chiesa
cattolica28. Invece, come abbiamo già osservato, le Premesse al Ri­
tuale, sia del 1998 sia del 2004, parlano esplicitamente di «sacerdos»,
specificando che quando il rituale usa il termine esorcista si intende
sempre e solo il sacerdote esorcista (ci Praenotanda DESQ n. 13).
Il termine sacerdos è comprensivo sia del presbitero sia del ve­
scovo, mentre esclude colui che ha ricevuto solo il diaconato; mentre
il termine presbyter è univoco ed esclude il diaconato e l’episcopato.
Dalla storia redazionale non si desume il motivo per cui il Codice
presenti tale cambiamento. Il termine sacerdos rimane presente nella
redazione del canone nello schema del 1980 (can. 1126)29 così come
in quello del 1982 (can. 1172)30.
Riteniamo che la differente terminologia sia comprensibile se si
tiene presente la natura e lo scopo della norma canonica che regola
le azioni liturgiche. Mentre la norma liturgica, infatti, ha il fine di
regolare il culto divino, quella canonica, invece, è maggiormente in­

27A rig o r di logica si p o treb b e cogliere u n residuato della possibilità in quel m em o» p re sen te nel can.
1172 § 1, e sp ressio n e che non fa alcuna d istinzione tra chi è sacerd o te e chi non lo è: «Il can. 1172 § 1
afferm a che p e r p roferire leg ittim am en te gli e sorcism i b isogna o tte n e re la e sp re s sa licenza dell’ordi­
nario del luogo. M a p o treb b e o tte n e re tale licenza qualsiasi chierico in quanto il testo non distingue
e si p o treb b e a d d irittu ra p re su m ere che p o ssa o tte n e re la licenza anche u n laico» (G. B r u g n o t t o , Il
ministero del sacerdote esorcista..., cit., p. 90). Infine si può n o tare com e l’esorcism o, sia nel C odice sia
nel C atechism o della C hiesa cattolica, sia annoverato fra i sacram entali; il C atechism o così si e sp ri­
m e sui sacram en tali in sen so generale: «Essi derivano dal sacerdozio battesim ale: ogni battezzato è
chiam ato ad e sse re u n a b enedizione e a b en ed ire. P e r questo anche i laici possono p resied ere alcune
benedizioni; più u n a b enedizione rig u a rd a la v ita ecclesiale e sacram en tale, più la sua p resid en za è
rise rv a ta al m inistro ordinato (vescovo, p resb iteri o diaconi)» (CCC 1669).
28 «L’esorcism o solenne, chiam ato “g ra n d e eso rcism o ”, può e sse re praticato solo da un presb itero e
con il p e rm e sso del Vescovo» (CCC 1673).
29 Cf P o n t if i c i a C o m m is s io C o d ic i I u r is C a n o n ic i r e c o g n o s c e n d o , Codex iuris canonici. S chem a
C odicis Iuris C anonici iuxta an im adversiones S.R.E. C ardinalium , E piscoporum C onferentiarum ,
D icasteriorum C uriae R om anae, U niversitatum Facultatum que ecclesiasticaru m necnon S uperiorum
in stitu to ru n vitae co n se cra ta e recognitum : P atrib u s C om m issionis re serv a tu m , C ittà del Vaticano
1980, p. 255.
30 Cf P o n t if i c i a C o m m is s io C o d ic i I u r is C a n o n ic i r e c o g n o s c e n d o , Codex iuris canonici. S chem a
novissim um p o st consultationem S.R.E. C ardinalium , E piscoporum C o nferentiarum , D icasteriorum
C uriae R om anae, U niversitatum F a cultatum que e cclesiasticaru m necnon S uperiorum in stitutorun
vitae co n se cra ta e reco g n itu m , iu x ta P a tru m C om m issionis deinde em en d atu m q u e atque Sum m o
Pontifici p raesen tatu m , C ittà del V aticano 1982, p. 207.
32 Fabio Franchetto

dirizzata a preservare e promuovere l’ordine pubblico della Chiesa31;


proprio per tale motivo, si può pensare che la norma canonica circa
gli esorcismi - che non intende regolare il tutto in materia - abbia di
mira la concessione della licenza da parte dell’ordinario del luogo, atto
che di solito avviene nei confronti di un presbitero32.
Sulla linea di un intervento disciplinare si pone anche la lettera
Inde ab aliquot annis della Congregazione per la dottrina della fede
del 29 settembre 198533; in essa è ribadita la disciplina ecclesiale se­
condo cui ministro dell’esorcismo è il presbitero munito di licenza da
parte dell’ordinario, rinviando semplicemente al can. 1172.
La lettera prende in considerazione il fenomeno delle «riunioni
per fare suppliche allo scopo preciso di ottenere la liberazione dall’in­
flusso dei demoni, anche se non si tratta di esorcismi veri e propri»; si
constatava che «tali riunioni si svolgono sotto la guida di laici, anche
quando è presente un sacerdote»34.
Di fronte, quindi, a riti di esorcismo operati dai laici, la Congre­
gazione ribadisce la disciplina ecclesiale, affermando l’illegittimità
dell’operato in tale campo da parte di chi non ha ricevuto alcuna li­
cenza da parte dell’ordinario35e, riferendosi alla norma del can. 1172,
riafferma che essa può essere concessa solo ai sacerdoti36.
Un ultimo intervento, in cui viene ribadita la norma canonica
- su cui diremo sotto —è costituito dalla Istruzione circa le Preghiere
per ottenere da Dio la guarigione della Congregazione per la dottrina

31 Cf G. B r u g n o t t o , Commento a i cann. 1-95, in Codice di D iritto Canonico commentato, a c u ra della


R edazione di Q uaderni di D iritto E cclesiale, M ilano 20093, p. 98.
32 Sim ile in te rp reta zio n e viene offerta da Grob, il quale ritien e che dietro ci fosse anche l’idea che
il vescovo in forza dell’episcopato ricevuto non avesse bisogno di alcuna licenza: «Perhaps th è reai
intention was th a t bishop should be able to perform th is m in istry in v irtu e of th è episcopal ord er wi-
th o u t having to re q u ire p erm issio n of th è locai ordinary» (J. G r o b , The canon law on thè rite o f m ajor
exorcism, in «Studia Canonica» 44 [2010] 162).
33 C o n g r e g a t i o PRO DoCTRINA FlD EI, E pistula Inde ab aliquot annis O rd in ariis locorum m issa: in
m entem n orm ae v igentes de exorcism is revocantur, 29 se tte m b re 1985, in AAS 77 (1985) 1169-1170;
traduzione italiana in EV 9, nn. 1663-1667.
3<Ibid., p. 1169.
35Di p e r sé, il testo latino della L ettera, nel sollecitare la vigilanza dei vescovi sulla legittim ità dell’ope­
rato di coloro che guidano tali adunanze, usa l’esp ressio n e «ii qui debita potestate carent»; la traduzio­
ne italiana p re sen te sul sito della S anta S ede (h ttp ://w w w .v a tic a n .v a /ro m a n _ c u ria /c o n g re g a tio n s/
cfaith /d o cu m en ts/rc_ c o n _ cfa ith _ d o c _ 1 9 8 5 0 9 2 4 _ ex o rc ism _ it.h tm l [accesso il 01.10.2013]) u sa il
term in e «facoltà». E da ten e re p re sen te che il docum ento h a un c a ra tte re disciplinare e non dottrinale.
36D a aggiungere, poi, che la L ettera proibisce l’uso di p re g h ie re non previste dal Rituale : «ai fedeli non
è n eppure lecito u sa re la form ula dell’esorcism o contro sa tan a e gli angeli ribelli, e stra tta da quella
pubblicata p e r o rdine del Som m o Pontefice L eone XIII, e m olto m eno è lecito u sa re il testo integ rale
di questo esorcism o» (ibid., p. 1170, n. 3). In questo caso, la proibizione va riferita sia ai sacerdoti che
ai laici, visto che si usa il term in e «fedeli» (christifideles).
Il m inistro dell'esorcismo 33

della fede37, dove - per quanto riguarda gli esorcismi - si rinvia alla
normativa del can. 1172 e alla succitata Lettera Inde ab aliquot annis.

La licenza
Necessità della licenza
La formulazione del can. 1172 è perentoria: «nemo [...] nisi ab
Ordinario loci peculiarem et expressam licentiam obtinuerit».
Già nella menzionata lettera a Decenzio di Gubbio del 410, il papa
Innocenzo I affermava che solo al vescovo era lecito imporre le mani
sugli ossessi; i presbiteri e i diaconi lo potevano fare solo se avevano
ricevuto l’autorità dal vescovo e ciò poteva accadere quando risultava
faticoso condurre l’ossesso dal vescovo38. E tuttavia la prassi doveva
essere alquanto disattesa, se l’autorità doveva intervenire contro gli
abusi.
Come abbiamo osservato, il rituale di Paolo V riservava la cele­
brazione degli esorcismi al sacerdote o ad altro ministro legittimo.
Barrufaldo commenta l’espressione «alius legitimus Ecclesiae
minister» come riferentesi non tanto al sacerdote in senso generico,
quanto al chierico esorcista; egli può compiere esorcismi, qualora si
verificasse l’impossibilità di reperire un sacerdote esperto, purché
sia ben istruito e abbia ricevuto la potestà dall’ordinario39. E dunque
il chierico esorcista che avrebbe bisogno della licenza; e tuttavia do­
vrebbe astenersi dall’esercitare la sua funzione se fosse presente un
sacerdote40.
Il Clericato, invece, afferma chiaramente che la licenza sia ne­
cessaria per tutti coloro che hanno ricevuto l’esorcistato, senza di­
stinguere tra chi ha ricevuto solo l’esorcistato e chi invece è già
sacerdote, tra chierici diocesani o religiosi; la necessità è motivata
per la delicatezza del ministero che richiede prudenza e santità di

37 C ongregatio PRO DoCTRINA FlDEI, In stru c tio de orationibus ad obtinendam a D eo sanationem Ar-
dens felicitatis, 14 se tte m b re 2000, in E V 19, n. 1291.
38 Cf supra nota 15.
39 «N eque p e r hoc quod ru b rica dicit: seu quilibet alius legitim us E cclesiae m inister, intelligi d e b et de
S acerdote in g e n ere loquendo, se d respective; nem pe si d a re tu r casus, in quo S acerdos p e ritu s non
a d esset, e t e converso, C lericus re p e rire tu r b e n e in stru ctu s, tunc clerici ex orcistae m unus e ss e t hoc
officium p ra esta re. Ubi nota, quod p e r legitim us, venit ille tan tu m qui po testatem h a b e t delegatam ,
seu facultativam ab O rdinario: c a e te ri p o ssu n t e sse M inistri, sed non legitim i, quia ab O rdinario non
approbati» (H. BARRUFALDO, A d R ituale R om anum Com m entaria, cit., p. 226, nn. 10-11).
40 «In casu vero, quod C lericus exorcista m unus istud ex erceret, se ab ilio ab stin e re d eb eret, si adesse
p ra ese n s aliquis in suprem o O rdine c o n stitu tu s, qui solus, hac n o stra e aetate, officium pellendi Dae-
m ones p ra esta ret» (ibid., p. 226, n. 12).
34 Fabio Franchetto

vita nel ministro; e proprio la mancanza di tali qualità ha facilitato


l’insorgenza di scandali. La licenza, quindi, diventa un’attestazione
dell’idoneità del ministro da parte dell’ordinario, cui spetta vigilare e
impedire che avvengano scandali, rendendola obbligatoria per l’eser­
cizio del ministero41.
L’affermazione chiara della necessità della licenza viene espli­
citata con forza per problemi derivanti dal comportamento di alcuni
esorcisti42.
L’opinione del Clericato viene citata anche da Benedetto XIV in
una lettera ai vescovi della Polonia, i quali avevano lamentato al Pon­
tefice che alcuni religiosi compivano esorcismi senza il permesso dei
vescovi; il Pontefice, tuttavia, afferma che la necessità di una licenza
ad hoc deve essere contemplata nella legislazione particolare43.

11 «Secundum dubium est: an o m nes initiati E xorcistatus ordine p o ssin t statim , absque alia Superioris
licentia ex ercere hoc m in isteriu m , e t e n erg u m en o s adiurare? R espondetur negative, quia ex Consti-
tutionibus Synodalibus fere om nium dioceseon, e t ex Conciliis Provincialibus uniu scu iu sq u e bene
directae provinciae, re q u ire n d a e st licentia in sc rip tis ab O rdinario [...]. Scio, P. C andidus Brognolum
O rdinis m inoris refo rm ato ru m , seu strictio ris O bservantiae S. F rancisci, exim ium non m inus exor-
cistam , quam theologum , conqueri de huiusm odi episcopalibus prohibitionibus [...]. Sed non iure,
quia cum in hoc m in isterio opus sit sa n ctitate, e t prudentia; ac ob defectum alteriu sq u e scandala
E xorcistae freq u e n ter excitaverint, s p e c ta t ad O rdinarios locorum ea im pedire, e t obligare exorcistas
u t prius episcopalem o b tin ean tlicen tiam » (J. C l e r ic a t u s , De Ordine Sacram ento Decisiones, cit., dee.
XIX, n. 42, p. 158).
42 C hiara e d e te rm in a ta a questo proposito è u n a lettera del Card. M a resco tti del S a n t’Uffizio agli
arcivescovi e a tu tti gli o rdinari dell’Italia, del 5 luglio 1710: «E ssendo stati ra p p re se n tati alla S antità
di N ostro Signore i gravi disordini, che seguono dalla m oltiplicità delli esorcism i, che quasi univer­
salm ente s ’inventano e si p raticano dalle p erso n e destinate ad esorcizzare, e volendo la m edesim a
colla sua P astorale sollecitudine d a re a tali inconvenienti il n ece ssa rio provvedim ento, uditi prim a
li p a reri di questi m iei E m inentiss. C olleghi Signori C ardinali, G enerali, Inquisitori, h a stabilito che
p e r m ezzo di q u e sta S acra C ongreg. s’ordini a tu tti gli Arcivescovi, V escovi, ed altri O rdinari d ’Italia
e dell’Isole adiacenti, siccom e colla p re sen te s ’o rdina a V.S. che in avvenire non p e rm e tta , che alcuno
S acerdote tanto Secolare quanto regolare, sia am m esso all’esercizio di E sorcista, sen za che prim a
le consti della di lui pietà, in te g rità di vita e p ru d en za, e senza che abbia tu tte le qualità rice rca te p e r
tale am m inistrazione dal R ituale Rom ano. Vuole inoltre sua B eatitudine, che Ella in sista con tu tta la
sua attenzione e vigilanza, acciocché, le p ersone, che da lei sa ran n o stim ate capaci di tal m inistero, si
vagliano della direzione del sopradetto Rituale Rom ano, e che non p re te risca n le regole che in quello
si prescrivono. T anto S.V. dovrà e se g u ire p e r ubbidire e sa ttam e n te alli santi e suprem i ordini di sua
B eatitudine, e Dio la prosperi» (Lettera Circolare della Sacra Congregazione del S. Officio, circa l ’ob­
bligo e la qualità dei Sacerdoti da am m ettersi all’esercizio dell’Esorcista, in F .L . F e r r a r is , Bibliotheca
Canonica Iuridica M oralis Theologica, II, Rom ae 1886, pp. 491-492).
43 «Nel ricorso a noi inoltrato, si fa anche m enzione di un altro inconveniente, che, cioè, i regolari
esorcizzano sen za il v ostro p erm esso . M a non si dice se da voi o nei v ostri sinodi o nei v ostri editti è
stato stabilito che n e ssu n sacerd o te, né secolare, né regolare, osi eso rcizzare sia nella propria diocesi
sia in quella di altri, sia d entro che fuori del convento, se prim a non sia stato da voi approvato e senza
aver prim a otten u to da voi il perm esso. Q uesto è quanto deve e sse re adem piuto e che dai vescovi
suole e sse re garan tito , com e si può v ed ere p resso il C lericato, De sacram ento Ordinis, dee. 19, num .
42, dove cita i sinodi episcopali. Se nondim eno, dopo che voi avrete preso opportuni provvedim enti,
p e r quanto dipende d a voi, su quella m ateria e su quella degli oratori privati, i vostri ordini saranno
violati e tra s c u ra te le pene da voi im poste e inflitte, senza dubbio Noi non m ancherem o al nostro uf­
ficio, deponendo a vostro favore tu tta la N o stra autorità. P erché quello che più ci p rem e è che i diritti
dei vescovi, che sono n o stri fratelli, siano garan titi e tutelati» (B e n e d e t t o XIV, lett. enc. Magno cum
anim i, 2 giugno 1751, in CIC Fontes, a c u ra di P. G asparri, II, Rom ae 1935, p. 331, n. 34). La neces-
Il ministro dell’esorcismo 35

Con il Codice piano-benedettino la necessità della licenza diven­


ta norma universale e ogni sacerdote ha bisogno della peculiare ed
espressa licenza dell’ordinario44; disposizione che è rimasta invariata
nell’attuale can. 1172, cambiando però l’autorità che la può concedere:
non più l’ordinario, ma l’ordinario del luogo.
La necessità della licenza viene ancora ribadita nella già citata
lettera della Congregazione per la dottrina della fede Inde ab aliquot
annis: «I Vescovi sono invitati a vigilare affinché - anche nei casi in
cui è da escludere una vera possessione diabolica - coloro che sono
privi della debita facoltà non abbiano a guidare riunioni durante le
quali vengono usate, per ottenere la liberazione, preghiere nel cui de­
corso i demoni sono direttamente interrogati e si cerca di conoscerne
l’identità»45. Come già osservato, riferendosi alla norma del can. 1172,
la lettera ribadisce che tale licenza può essere concessa solo ai sacer­
doti46; pertanto, «né i diaconi né i laici possono ottenere la licenza di
fare esorcismi sulle persone»47.
Un’ulteriore norma che regola l’esorcismo è rinvenibile nella
Istruzione circa le Preghiere per ottenere da Dio la guarigione della
Congregazione per la dottrina della fede, che si conclude con alcune
norme disciplinari; in particolare si richiama ancora una volta che «il
ministero deH’esorcismo deve essere esercitato in stretta dipendenza
con il Vescovo diocesano, a norma del can. 1172, della Lettera della
Congregazione per la Dottrina della Fede del 29 settembre 1985 e del
Rituale Romanum»48.

sità della licenza è afferm ata an ch e in una le tte ra della C ongregazione de Propaganda Fide (S.C. d e
P r o p a g a n d a F id e , istruz. [ad Ep. S codren.], 11 se tte m b re 1779, in CICFontes, cit., VII, p. 124, n. 1).
" Q uindi appare chiaro com e aver ricevuto l’o rdine m inore dell’e sorcistato non significa go d ere della
licenza di poter proferire e sorcism i (cosa che a volte viene afferm ata da taluni sacerdoti) : ciò non era
possibile nem m eno sotto la vigenza del CIC 1917. Cf anche R. S e r r e s L o p e z d e G u e r e n u , E l nuevo
ritual de exorcismos: anotaciones canónicas, in «E studios E cclesiasticos» 78 (2003) 755.
i5 C o n g r e g a t o p r ò D o c t r i n a F id e i, E pistula Inde ab aliquot annis, cit., pp. 1169-1170, n. 3.
46 D a a g giungere, poi, che la L e tte ra proibisce l’uso di p re g h ie re non previste dal Rituale: «Ai fedeli
non è nep p u re lecito u sa re la form ula dell’esorcism o contro satan a e gli angeli ribelli, e stra tta da quel­
la pubblicata p e r ordine del Som m o Pontefice L eone XIII, e m olto m eno è lecito u sa re il testo integrale
di questo esorcism o» (ibid., p. 1169, n. 2). In q uesto caso, la proibizione va riferita sia ai sacerdoti che
ai laici (visto che si u sa il term in e «fedeli», christifideles).
a G . B r u g n o t t o , Il m inistero del sacerdote esorcista..., cit., p. 91. Non sem b ra possibile che il vescovo
diocesano dispensi dal p re sc ritto del can. 1172 a n o rm a dei cann. 86-87, e com unque - anche qualora
la disp en sa fosse teo ricam en te possibile - non è p ru d e n te che e ssa venga concessa.
*" A rt. 8 § 1 (C o n g r e g a t o pr ò D o c t r in a F i d e i , In stru c tio de orationibus ad obtinendam a D eo sana-
tìonem A rdens felìcitatìs, cit., in E V 19, n. 1291). «§ 2. Le p re g h ie re di e sorcism o, co ntenute nel Rituale
R om anum , devono re sta re distinte dalle celebrazioni di g uarigione, litu rg ich e e non liturgiche. § 3. E
assolutam ente vietato in se rire tali p re g h ie re di esorcism o nella celebrazione della S anta M essa, dei
Sacram enti e della L iturgia delle Ore» (/. cit.).
36 Fabio Franchetto

L’espressione «stretta dipendenza» («sub stricta dependentia


Episcopi Dioecesani») sembra rafforzare ancora di più, anche dal
punto di vista morale, l’idea che l’esercizio di tale ministero deve es­
sere svolto sempre e solo secondo le direttive del vescovo e il suo ma­
gistero pastorale. Quindi, anche chi ha ottenuto la licenza, è chiamato
ad esercitare tale ministero evitando eventuali arbitrii o abusi, quali
eventualmente si potrebbero verificare se l’esorcismo viene attuato in
contesti non ritenuti opportuni.

Natura della licenza


La licenza è un permesso o una autorizzazione che spesso è ri­
chiesta dalla legge e che l’autorità concede a determinate condizioni
affinché il richiedente possa agire lecitamente e talvolta validamente,
in forza della sua subordinazione ad un superiore ecclesiastico49.
La licenza deve essere peculiare ed espressa. «“Peculiare” si
oppone a “generale”. Cioè la licenza deve riguardare la possibilità
di proferire un esorcismo sulle persone e non può dire in maniera
generica che si possono fare delle preghiere di guarigione e neppure
degli esorcismi senza distinguere se si tratta di esorcismi su persone
o su cose»50.
La licenza deve essere data per iscritto, in analogia a quanto
previsto per i rescritti (cf can. 59). Se data oralmente rimane valida,
ma si creerebbe il problema di provarla in foro esterno (cf can. 37),
come può avvenire per esempio neH’avvicendamento del vescovo
diocesano.
Con il termine «espressa» si vuole dire che «nell’atto con cui
si dà la licenza per iscritto ci sarà l’esplicita menzione dell’attività di

49 Cf F.J. U rrutia , Les Norm es générales. C om m entaire des canons 1-203, P aris 1994, p. 135; G. B ru-
gnotto , Commento ai cann. 1-95, cit., p. 132. Si può fare u n ’osservazione circa la term inologia usata.
La norm a parla sem pre di «licenza» e non di «facoltà» di esorcizzare; si o sserv a anzitutto che il Codice
non usa sem pre u n a term inologia co eren te e tale da p o ter d istin g u e re ciò che rich ied e la licenza e
ciò che rich ied e la facoltà (cf F.J. U rrutia , Les Norm es générales, cit., p. 135; J. G onzalez Ayesta ,
Facultad, in Diccionario General de Derecho Canònico, a c u ra di J. O taduy - A. V iana - J. Sedano, III,
Pam plona 2012, p. 890). Una distinzione dei due term ini può e sse re o perata su q uesto piano: la licenza
è l’autorizzazione della co m petente autorità a e se rc ita re un potere, una facoltà o u n ’altra situazione
giuridica di cui l’in te ressa to è titolare, m a che non può ese rc ita rla (validam ente o lecitam ente) senza
l’intervento dell’au to rità p e r ragioni di o rdine pubblico; la facoltà invece è la possibilità giuridica di
o p e rare che non è fondata su di un diritto proprio, m a ricevuta dal su p erio re con u n a speciale con­
cessione; e ssa dà al beneficiario il p o tere di fare; la licenza invece è un requisito esterno, sebbene
lo si p o ssa rich ied e re anche p e r la validità (cf J. M iras , Licencia, in Diccionario General de Derecho
Canònico, V, Pam plona 2012, p. 180).
50 G. B rugnotto , Il m inistero del sacerdote esorcista..., cit., p. 92.
Il ministro dell’esorcismo 37

esorcista», e in questo caso si tratterà di una concessione esplicita;


invece, potrà essere implicita, (ma sempre espressa) se «l’attività di
esorcista è annessa, a norma del diritto diocesano, a qualche altro
ufficio (come per esempio l’ufficio di penitenziere della Cattedrale)»,
ragion per cui «con la nomina del titolare implicitamente viene data
la licenza a proferire esorcismi»51.
Proprio perché si prescrive che la licenza sia espressa, non potrà
essere né accordata tacitamente, né ritenuta presunta52.
Inoltre, essa può essere data in maniera stabile, e in questo caso
potrà anche coincidere con il conferimento di un ufficio (cf can. 145);
oppure può essere data ad actum, cioè per un singolo caso (cf Prae­
notanda DESQ n. 13)53e in tale eventualità cesserà con il termine del
caso per il quale è stata concessa. Se ad tempus cessa con il trascor­
rere del tempo fissato54.
La licenza trova il suo significato anzitutto nella considerazione
che l’esorcismo è un atto che comunque realizza «il culto di Dio pub­
blico e integrale» (can. 834 § 1) e come tale «viene offerto in nome
della Chiesa da persone legittimamente incaricate e mediante atti
approvati dall’autorità della Chiesa» (can. 834 § 2). Come affermano
le Premesse, si deve garantire che «l’esorcismo si svolga in modo che
manifesti la fede della Chiesa e impedisca di essere interpretato come
un atto di magia o di superstizione» (Praenotanda DESQ n. 19).
Esso è un’azione liturgica e in quanto tale non è mai azione priva­
ta, ma celebrazione della Chiesa stessa; anch’esso pertanto «è opera
che procede dalla fede e in essa si fonda» (can. 836). Per tale ragione
è materia che rientra nella vigilanza del vescovo, di cui la concessione
della licenza è espressione; essa manifesta anche il dovere di vigilan­
za che urge al vescovo diocesano nell’amministrazione dei sacramenti
e di tutti gli atti di culto per la Chiesa che gli è affidata.
In particolare, per i presbiteri, manifesta la «loro qualità di co­
operatori dei vescovi» (PO 4) e la comunione che li lega al vescovo
nell’esercizio della funzione di santificare, «partecipi essi stessi del

51L. cit.
52L. cit.
53 «Capita spesso, a seconda delle regioni, che una D iocesi non abbia an co ra nom inato un sacerdote
esorcista. N ell’a tte sa che ciò venga fatto, alm eno ad actum il sacerd o te può con tin u are nella c u ra del
fedele vessato con p re g h ie re di in tercessio n e [...]. Di q u e sta evenienza, è n ece ssa rio che venga, però,
inform ato l’O rdinario del luogo (Vescovo diocesano)» (G. N a n n i , A spetti liturgici dell’esorcismo, in
Aa.Vv., Esorcismo e preghiera di liberazione, a c u ra dell’istitu to S acerdos dell’A teneo R egina Aposto-
lorum , Roma 2005, pp. 153-154).
54 Cf R. S e r r e s L o p e z d e G u e r e n u , E l nuevo ritual de exorcismos..., cit., p. 755.
38 Fabio Franchetto

sacerdozio di Cristo, come suoi ministri sotto l’autorità del Vescovo»


(can. 835 § 2).
Come si osserva nella Presentazione del Rituale della CEI: «No­
nostante la riservatezza con cui è normalmente celebrato, il Rito
dell’esorcismo non è un fatto privato, ma un evento che riguarda tutta
la comunità. L’esorcista infatti è un membro della comunità, agisce
in nome di Cristo e, in nome della Chiesa, esercita un ministero
specifico»55; egli non deve mai dimenticare che nell’esercizio del suo
ministero «nella sua persona [...] è presente la Chiesa» (Praenotanda
n. 34b).

La mancanza della licenza


Proferire esorcismi senza la debita licenza costituisce esercizio
illegittimo della funzione sacerdotale e come tale - secondo il di­
sposto del can. 138456- può essere punito con giusta pena (cf cann.
1341-1353).
La mancanza della licenza non impedisce al sacerdote - come
pure ad un diacono - di svolgere altre funzioni di aiuto spirituale,
come evidenziano le Premesse del Rituale: «L’aiuto spirituale non si
deve negare neppure ai fedeli che, pur non toccati dal Maligno (cf
1 Gv 5, 18), soffrono tuttavia per le sue tentazioni, decisi a restare
fedeli al Signore Gesù e al Vangelo. Ciò può essere fatto anche da un
sacerdote non esorcista, o anche da un diacono, utilizzando preghiere
e suppliche appropriate» (.Praenotanda DESQ n. 15).
Il sacerdote non munito di licenza può comunque far p
dell’assemblea di fedeli che partecipa al rito o rientrare tra quelle
persone qualificate che vi sono ammesse e invitate a pregare inten­
samente {ci Praenotanda DESQ nn. 34b-35).
Opera illegittimamente anche l’esorcista che - pur munito di
debita licenza - può essere incorso nella pena canonica di scomunica,
dato che allo scomunicato è fatto divieto «di celebrare sacramenti o
sacramentali» (can. 1331, § 1, 2°); o nella sospensione, che vieta al
chierico l’esercizio di alcuni o tutti gli atti relativi alla potestà di ordi­

55 C o n f e r e n z a E p i s c o p a l e I t a l i a n a , Presentazione, in Rito degli esorcismi e preghiere per circostanze


particolari, C ittà del Vaticano 2001, n. 16.
5G«Chi, oltre i casi di cui ai cann. 1378-1383, e se rc ita illegittim am ente una funzione sacerdotale o altro
sacro m inistero, può e s s e re punito con g iu sta pena».
Il ministro dell’esorcismo 39

ne e di governo (cf can. 1333 § 1, 2°); fermo restando il disposto del


can 133557.

Ambito della licenza: su chi proferire l’esorcismo?


Poiché la concessione della licenza è riservata all’ordinario del
luogo, il ministro non potrà proferire esorcismi al di fuori del territo­
rio di giurisdizione di colui dal quale ha ricevuto la licenza58.
Nulla vieta, invece, che persone di altri territori possano richie­
dere il suo ministero (cf cann. 100, 383 § 1). Analogo discorso si può
fare per fedeli cattolici appartenenti ad un rito orientale (cf can. 383
§ 2), fermo restando il loro diritto a rivolgersi ad un ministro proprio.
Se il fedele da esorcizzare appartiene ad un istituto di vita consa­
crata o società di vita apostolica, occorrerà tenere presente l’autorità
del superiore competente (cf cann. 586, 596, 591)59.
Anche il fedele che è incorso in una censura può richiederne il
ministero (cf cann. 1331 § 1,2°; 1352 § l) 60. Così pure si possono pro­
ferire esorcismi su acattolici, siano essi battezzati o meno (nel qual
caso si deve sentire il vescovo diocesano)61; in questo caso, ci si può
riferire - per analogia - alle disposizioni che regolano l’amministra­
zione dei sacramenti agli acattolici, cosa possibile solo se questi ultimi
la chiedono liberamente e sono ben disposti (cf can. 844 § 3), come
pure avere la massima attenzione di rispettarne la libertà religiosa
(cf can. 748 § 2).
Eventuali limitazioni circa le modalità di esercizio del ministero
possono essere previste nella concessione della licenza.

57 «Se la c en su ra v ieta la celebrazione dei sacram en ti o dei sacram en tali o di p o rre atti di governo, il
divieto è sospeso ogniqualvolta ciò sia n ece ssa rio p e r provvedere a fedeli che si trovano in pericolo
di m orte; che se la c e n su ra latae sententiae non sia sta ta dichiarata, il divieto è inoltre sospeso tu tte
le volte che un fedele chieda u n sacram ento, un sa cram en tale o u n atto di governo; tale rich iesta poi
è lecita p e r una g iu sta cau sa qualsiasi».
58 E ventualm ente p o treb b e so rg e re il dubbio circa questo elem ento se si dovesse com piere un esorci­
sm o su un fedele che ap p artie n e alla g iurisdizione d ell’ordinario del luogo che h a con cesso la licenza,
m a com piendolo fuori dal territo rio di g iurisdizione (cf can. 136); se si considera che la licenza del
vescovo diocesano va ric h ie sta anche p e r le celebrazioni litu rg ich e di g u a rig io n e (senza op erare
alcuna distinzione c irca l’ap p arten e n z a dei fedeli che vi partecip an o ), se m b ra p ru d e n te sostenere
che l’e so rcista non p o ssa ag ire al di fuori del territo rio di com petenza di colui che gli h a concesso la
licenza, anche se il fedele ap p artie n e alla sua giurisdizione. Ciò ci p a re in sintonia anche con la norm a
can o n ica che vuole v igilare sulla cu sto d ia dell’ordine pubblico ecclesiale.
53 Q u e sta eventualità e ra c ontem plata in diverse disposizioni della C ongregazione dei vescovi e dei
regolari, rip o rta te in F .L . F e r r a r is , Bibliotheca Canonica Iuridica M oralis Theologica, II, cit., p. 492.
Si richiedeva la licenza d ella C ongregazione p e r eso rcizzare u n a m onaca.
“ Q uesto caso e ra contem plato ep licitam ente nel can. 1152 CIC/17.
61 C f Praenotanda DESQ n. 18; can. 1152 CIC/17; S.C. d e P r o p a g a n d a F id e , Istru z. [ad Ep. Scodren.],
cit., pp. 121-123.
40 Fabio Franchetto

Chi può concedere la licenza


L’ordinario del luogo
Il Codice attribuisce la concessione della licenza all’ordinario
luogo (cf can. 134); con tale nome si intendono il Romano Pontefice,
il vescovo diocesano e quanti sono a lui equiparati a norma del can.
381 § 2, nonché i vicari generali ed episcopali.
Le Premesse al DESQ, invece, tenderebbero a restringere le
possibilità, riservandola al vescovo diocesano; tuttavia l’espressione
«di norma» non esclude la competenza di altre figure e quindi la le­
gittimità della licenza non è vincolata al solo vescovo diocesano: «E
legittima anche una licenza data dal vicario generale o episcopale»62.
Non sono invece competenti per la concessione della licenza al­
tri ordinari quali i superiori maggiori degli istituti religiosi di diritto
pontificio clericali e delle società di vita apostolica di diritto pontificio
clericali (cf can. 134 § 2).
Ciò significa che la concessione della licenza ad un presbitero ap­
partenente a tali istituti o società di vita apostolica dovrà essere fatta
sempre dall’ordinario del luogo in accordo con il superiore competen­
te, secondo quanto previsto da can. 682 § l 63, anche qualora il soggetto
da esorcizzare fosse un membro di un istituto di vita consacrata o di
una società di vita apostolica64.

Il vescovo diocesano
Il reiterato richiamo avivere il ministero di esorcista sotto la
da del vescovo diocesano, a fare riferimento a lui nei casi particolari
come proferire esorcismi su non cattolici (cf Praenotanda DESQ n.
18), esprime la preferenza (non vincolante, come osservato) perché
sia il vescovo diocesano a concedere la licenza.
Non solo: implicitamente si afferma anche il dovere del vescovo
diocesano sia di regolare l’esercizio di tale ministero sia di vigilarvi.
L’esortazione apostolica Pastores gregis lo recensisce tra i compiti del
vescovo diocesano: «Giova, inoltre, ricordare che appartiene altresì al
Vescovo il compito di regolare, in modo conveniente e con un’oculata
scelta dei ministri adatti, la disciplina che presiede all’esercizio degli

“ G. B rugnotto , II m inistero del sacerdote esorcista..., cit., p. 91.


“3 «Se si tra tta di conferire un ufficio ecclesiastico in diocesi a un religioso, la nom ina viene fatta dal
Vescovo diocesano su p resen tazio n e, o alm eno con il consenso, del S uperiore com petente».
5< R. S erres L opez DE G uerenu , E l nuevo ritual de exorcismos..., cit., p. 754.
Il ministro dell’esorcismo 41

esorcismi ed alle celebrazioni di preghiera per ottenere le guarigioni,


nel rispetto dei recenti documenti della Santa Sede» (Pastores gregis
39)65.
In tal campo, il ruolo del vescovo va letto alla luce del munus
sanctificandi che gli è proprio: «Esercitano la funzione di santificare
innanzitutto i Vescovi, che sono i grandi sacerdoti, i principali dispen­
satori dei misteri di Dio e i moderatori, i promotori e i custodi di tutta
la vita liturgica nella Chiesa loro affidata» (can. 835 § 1).
Quello del vescovo diocesano è certamente, dunque, un compito
di vigilanza, secondo quanto disposto dal can. 392 § 2: «Vigili che non
si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel mini­
stero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramen­
tali, nel culto di Dio e dei Santi e nell’amministrazione dei beni» (cf
anche can. 837 § 4); come pure - di conseguenza - quello di esigere
l’osservanza delle norme liturgiche e canoniche66.
E tuttavia tale ruolo va letto alla luce della normativa canonica
che lo inserisce all’interno di quella sollecitudine pastorale che egli è
tenuto ad avere verso «tutti i fedeli che sono affidati alla sua cura, di
qualsiasi età, condizione o nazione, sia di coloro che abitano nel ter­
ritorio sia di coloro che vi si trovano temporaneamente» (can. 383 §
1), del suo ruolo di «principale dispensatore dei misteri di Dio» con il
relativo impegno a «promuovere con ogni mezzo la santità dei fedeli»,
perché «i fedeli affidati alle sue cure crescano in grazia mediante la
celebrazione dei sacramenti e perché conoscano e vivano il mistero
pasquale» (can. 387).
Tale dovere del vescovo è complementare al diritto dei fedeli «di
ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della
Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti» (can. 213).
In tal senso, dunque, rientra tra i doveri del vescovo diocesano
provvedere che i fedeli che ne necessitano non siano privi di tale
«servizio di carità» {Praenotanda DESQ n. 13) quale è il ministero di
esorcista. Se ciò non può essere fatto conferendo ad un presbitero la
licenza in maniera stabile, potrà essere fatto ad actum.

65 C f G io v a n n i P a o l o II, e s . a p . p o s t s i n o d a l e Pastores gregis, in AAS 96 (2004) 877. I n v e c e , s u q u e s to


p u n to , il Direttorio per il m inistero pastorale dei vescovi s i l im i t a a d u n s e m p l ic e a c c e n n o in u n a n o ta d e l
t e s t o c h e r i c h i a m a i s a c r a m e n t a l i e il d o v e r e d i v i g ila n z a d e l v e s c o v o p e r c h é s ia n o c e l e b r a t i s e c o n d o
i r it i p r o p r i, c o n u n r i f e r i m e n t o a l c a n . 1172 e a lla l e t t e r a Inde ab aliquot annis (c f C o n g r e g a z io n e p e r
i V e s c o v i , Direttorio per il m inistero pastorale dei vescovi, C ittà d e l V a tic a n o 2004, p . 162, n o ta 456).
“ C f C o n g r e g a t io p r ò D o c t r in a F i d e i , l e t t e r a Inde ab aliquot annis, c it., p . 1169, n . 1.
42 Fabio Franchetto

A chi può e/o deve essere data la licenza?


La licenza può essere data solo a chi è sacerdote; quindi - come
già osservato - non può essere data né a laici, né a diaconi.
Inoltre, sia la normativa canonica sia le Premesse al DESQ pre­
scrivono che tale licenza sia data solo a chi dispone di alcune deter­
minate qualità (su cui si dirà dopo).
E possibile che il vescovo diocesano conceda tale licenza, sia
stabilmente sia ad actum - limitatamente al territorio della sua giu­
risdizione - al presbitero di un’altra diocesi, preferibilmente che già
goda della licenza del suo ordinario del luogo67.
La licenza - come già osservato - può essere data anche ad un
presbitero religioso, su presentazione o con il consenso del suo supe­
riore (cf can. 682 § 1).
Se appare chiaro che il presbitero necessita della licenza, resta
aperta, tuttavia, una questione: anche un vescovo al di fuori della sua
giurisdizione (al di fuori cioè della sua diocesi, oppure un vescovo
emerito o, ancora, un vescovo a servizio della Santa Sede) ha bisogno
della licenza dell’ordinario del luogo per compiere tale atto? Sembre­
rebbe che il Codice lo escluda e che il rituale - usando l’espressione
«sacerdos» - invece lo preveda68.
E da dire, comunque, che mentre la prescrizione del secondo
paragrafo del can. 1172 è diretta all’ordinario del luogo e ai criteri che
lo devono ispirare nella concessione della licenza, il primo paragrafo
del medesimo canone si rivolge a colui che può proferire esorcismi e
ha come soggetto «nemo»; la formulazione, quindi, fatta senza alcuna
distinzione, appare esplicita e quindi anche un vescovo necessitereb­
be della licenza.
In questa linea va anche l’istruzione Ardens felicitatis della Con­
gregazione per la dottrina della fede del 2000, laddove, in riferimento
alle celebrazioni liturgiche di guarigione, è scritto: «Il permesso per
tenere tali celebrazioni deve essere esplicito, anche se le organizzano
o vi partecipano Vescovi o Cardinali. Stante una giusta e proporzio­

67 Si può prevedere - se opportuno - anche in questo am bito una form a di collaborazione tra C hiese
p articolari della m edesim a provincia o regione ecclesiastica, con la creazione di un collegio di e so r­
cisti il cui m inistero si e ste n d a nell’am bito provinciale o regionale; in ogni caso, è n ece ssa rio che la
licenza sia data dall’ordinario del luogo di cia sc u n a circoscrizione.
68 G. B rugnotto , II m inistero del sacerdote esorcista..., cit., p. 92.
Il m in istro d ell’esorcism o 43

nata causa, il Vescovo diocesano ha il diritto di porre il divieto ad un


altro Vescovo» (art. 4 § 3)69.

Qualità e doveri del sacerdote esorcista


Le qualità
Sia la norma codiciale come pure il Rituale elencano alcune qua­
lità che deve avere colui che svolge il ministero di esorcista; la licenza,
infatti, può essere concessa «tantummodo presbytero pietate, scien-
tia, prudentia ac vitae integritate praedito» (can. 1172 § 2; cf Prae­
notanda DESQ n. 13). Tali, sostanzialmente, erano anche le qualità
dell’esorcista presenti sia nel Rituale Romanum di Paolo V, come pure
nel can. 1151 del CIC/17; tuttavia, la scientia fu aggiunta nell’elenco
solo con la revisione del Codice nella riunione del 2 febbraio 198070;
mentre le Premesse al DESQ aggiungono anche la preparazione spe­
cifica a questo ministero {ci Praenotanda DESQ n. 13).
In effetti, la concessione della licenza da parte dell’autorità com­
petente risponde anche all’esigenza di affidare tale ministero ad un
presbitero idoneo, e di conseguenza richiede implicitamente un giudi­
zio sulla presenza di tali qualità nella persona del ministro stesso, un
discernimento che l’autorità deve compiere71, e sarebbe imprudente
concedere o lasciare la licenza a chi non rispondesse ai requisiti
canonici.
Le distinzioni delle varie qualità, tuttavia, non devono far perde­
re di vista che anche l’esorcista trova l’unificazione del suo ministero
nella virtù della carità pastorale che Giovanni Paolo II, nell’esortazio­

09 C ongregatio PRO D octrina F id ei , In stru c tio de orationibus ad obtinendam a Deo sanationem Ar-
densfelicitatis, cit., in E V 19, n. 1287. Cf anche G. N a nn i , .Assetò liturgici dell’esorcismo, cit., p. 155. Lo
ste sso autore ritiene che «per analogia, con u n a g iu sta e p roporzionata causa, u n vescovo diocesano
potrebbe v ietare ad un altro vescovo di fare e sorcism i nel proprio territorio» (ibid.). L’istruzione, in­
vece, non prevede che tale divieto p ossa e sse re rivolto ad un cardinale; da u n a p a rte , è d a evidenziare
com e tra le facoltà e privilegi concessi ai cardinali non sono re ce n site né la possibilità di proferire
esorcism i né che q u e sta p ossa e s s e re lim itata da un divieto e sp resso del vescovo diocesano (cf S egre ­
teria di Stato , Elenco di privilegi e facoltà in m ateria liturgica e canonica, in «C om m unicationes» 31
[1999] 11-13); m a poiché «i C ardinali che si trovano fuori dell’U rbe e fuori della p ropria diocesi sono
esenti dalla p o testà di governo del vescovo della diocesi in cui dim orano in tu tto ciò che rig u ard a la
loro persona» (can. 357 § 2), riteniam o che il card in ale necessiti della licenza, in quanto la facoltà in
parola non concerne la p erso n a del cardinale.
70 «In §2 addi debet: “...p ietate, scientia, p ru d e n tia ...” ita d e ce rn u n t om nes C onsultores» (C oetus
studiorum «De locis e t de temporibus sacris deque cultu divino », adunatio diei 2 feb ru arii 1980, in
«Com m unicationes» 12 [1980] 386).
71 Nei lavori di revisione non fu accolta la p ro p o sta di elim inare il riferim ento alle qualità: «Res arbi­
trio e t p ru d en tiae O rdinarii loci relinquatur, nullis indicatis q u alitatibus req u isitis (quidam Pater).
R. Q u alitates c riteriu m utile p raeb en t, uti exp erien tia docet» («C om m unicationes» 15 [1983] 244).
44 F abio F ranchetto

ne apostolica Pastores dabo vobis [= PDV]72, ha definito «la virtù che


anima e guida la vita spirituale del presbitero in quanto configurato
a Cristo Capo e Pastore [...], partecipazione della stessa carità pasto­
rale di Gesù Cristo» (PDV 23), e che «spinge e stimola il sacerdote a
conoscere sempre meglio la condizione reale degli uomini ai quali è
mandato, a discernere nelle circostanze storiche nelle quali è inserito
gli appelli dello Spirito, a ricercare i metodi più adatti e le forme più
utili per esercitare oggi il suo ministero» (PDV 73).
L’iniziale triade «pietà, prudenza e integrità» era presente già
nelle Premesse al Rituale Romanum,', Barrufaldo le motiva in questi
termini: «Pietate, prudentia, integritate. Tria haec potissimum neces­
saria sunt in perito exorcista: pietas, ut fidem alteri instillare valeat;
prudentia, ut nonnisi quae fieri possunt, tentet; vitae integritas, ut
Daemon redarguere non valeat evangelico sarcasmo: Medice, cura
te ipsum»73.
Il contenuto di tali virtù può trovare comunque una esplicita
ne anche nelle norme contenute nel Rituale. Cercheremo di offrirne
sommariamente una loro declinazione.

La pietà
La pietà rientra nella virtù della giustizia e consiste nell’adempi­
mento dei propri doveri verso Dio e verso il prossimo; potremo dire
che essa richiama la cura per la propria vita spirituale: «Cardo et fun-
damentum vitae spiritualis sunt exercitia pietatis»74. Essa è declinata
nel Codice con l’invito a condurre una vita santa, ad alimentare la vita
spirituale con la Parola e l’Eucaristia, la celebrazione della Liturgia
delle ore, la partecipazione agli esercizi spirituali e la meditazione
personale, la frequenza al sacramento della penitenza e la devozione
alla Vergine Maria (cf can. 276).
Ragion per cui lo stesso rituale, ricordando che «il demonio non
può essere cacciato se non per mezzo della preghiera e del digiuno»,
invita il ministro a «ricorrere a questi due mezzi per ottenere l’aiuto
di Dio, sia personalmente sia da parte di altri» (Praenotanda DESQ
n. 31).

72 Cf G iovanni Paolo II, es. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, in AAS 84 (1992) 657-804.
73 H. Barrufaldo , A d R ituale R om anum Com m entario, cit., p. 226, n. 13.
71 F.M. C appello , S u m m a Iuris Canonici, I, Rom a 1951, p. 201, n. 218.
Il m in istro d e ll’esorcism o 45

Proprio la cura della vita spirituale renderà il ministro capace


di confidare non nelle sue qualità, ma nella potenza divina75e a com­
pierlo come un vero atto della Chiesa: «L’esorcismo si svolga in modo
che manifesti la fede della Chiesa e impedisca di essere interpretato
come un atto di magia o di superstizione» ed evitando che «diventi
uno spettacolo per i presenti» (.Praenotanda DESQ n. 19).

La prudenza
La prudenza «è la virtù che dispone la ragione pratica a discerne­
re in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adegua­
ti per compierlo» (CCC 1806)76; essa si concretizza in una attenzione e
cautela di giudizio per arrivare a «distinguere bene i casi di aggressio­
ne diabolica da quelli derivanti da una certa credulità» (Praenotanda
DESQ n. 15) e valutare «con la dovuta attenzione se colui che si ritie­
ne tormentato dal demonio lo sia realmente» (Praenotanda DESQ n.
14); la prudenza dell’esorcista pertanto verte su due fronti; il primo,
nell’attenzione a non “vedere e far vedere” il diavolo laddove non c’è:
«Non creda subito di trovarsi di fronte a una persona posseduta dal
demonio, perché potrebbe trattarsi di un caso di malattia soprattut­
to di natura psichica. Allo stesso modo non creda subito di essere
in presenza di una possessione diabolica quando il soggetto dice
di essere in modo speciale tentato o depresso o anche tormentato,
potendosi trattare di frutto di immaginazione» (.Praenotanda DESQ
n. 14); il secondo fronte, invece, diventa attenzione a cogliere la pre­
senza del maligno laddove si pensa che non ci sia: «Faccia attenzione
anche ai mezzi e all’astuzia che usa il diavolo per ingannare l’uomo,
persuadendo il fedele tormentato dal Maligno di non aver bisogno
dell’esorcismo e facendogli credere che la sua infermità è un fatto
naturale, curabile con la medicina. In ogni caso l’esorcista valuti con

75 « D ivinafretus v irtute: exorcista, non de sua, se de D om ini p ra esu m e re deb et v irtu te [...]. C hristus
enim , qui exorcism os instituit, atque adhibuit, v irtu te m illis trad id it su p e rn atu ra le m [...] nam satis
riduculum e s t pu tare, re s p o sse effingi na tu ra le s, quae n a tu ra liter operando D aem onen cogant, qui
factu s e st u t nihil tim eat» (H. B arrufaldo , A d R ituale R om anum Com m entaria, cit., p. 226, n. 14).
76 C ontinua il C atechism o : «La p ru d e n za è la “re tta norm a d ell’azione”, scrive san Tom m aso sulla scia
di A ristotele. E ssa non si confonde con la tim idezza o la paura, né con la doppiezza o la dissim ulazione.
E d e tta “auriga v irtu tu m ” - co cch iere delle virtù: e ssa dirige le altre v irtù indicando loro regola e
m isura. E la p ru d en za che g u id a im m ediatam ente il giudizio di coscienza. L’uom o p ru d e n te decide
e o rdina la p ropria con d o tta seg u en d o questo giudizio. G razie alla v irtù della p ru d en za applichiam o
i principi m orali ai casi p artico lari senza sbagliare e superiam o i dubbi sul bene da com piere e sul
m ale da evitare» (CCC 1806).
46 Fabio F ranchetto

la dovuta attenzione se colui che si ritiene tormentato dal demonio lo


sia realmente» (Praenotanda DESQ n. 14).
Tale virtù, pertanto, è strettamente collegata con il dovere dell’e­
sorcista di agire solo dopo aver conseguito la certezza morale circa la
presenza del Maligno.

L’integrità di vita
Secondo Schmalzgrueber, l’integrità di vita consiste essenzial­
mente in tre aspetti, ossia nella custodia della castità77, della sobrietà78
e nel fuggire l’avarizia79. Nel suo commento, Barrufaldo insiste che
sia richiamato - nella concessione della licenza - il dovere di non mo­
strare alcun interesse verso il denaro nell’esercizio di tale ministero.
Senza fare ulteriori specificazioni, è sufficiente richiamare co­
me l’attuale norma canonica cerchi di declinare nella concretezza
l’esercizio di tali virtù nell’invito a custodire il celibato, a vivere una
vita semplice che non abbia il sapore della vanità, facendo attenzione
all’uso dei beni (cf cann. 277; 282; 285; 286)80.

77 « Q ueritur in quo co n sistat m orum , ac vitae in te g rita s ju x ta SS. C anones in clericis requisita? Resp.
H aec m axim e in trib u s consistit, 1. U tp ra e se rtim si in sacris constituti, non solum continenter, e t ca­
ste vivant, sed etiam caute, u t e x tra om nem suspicionem incontinentiae, e t in te m p era n tis anim i sint»
(F. S c h m a lz g ru e b e r, J us Ecclesiasticum universum , III, p a rs I, Rom ae 1844, tit. I, n. 20, pp. 13-14).
78 «2. F ugienda e st clericis crapula, e t eb rie ta s, quae om nium vitiorum fom es, e t n u trix e st [...] et
m entis aciem h e b etat, eius exilium inducit, et libidinis e s t incentivum [...]. Ut a vero periculo se
inebriandi sin t rem otiores» (ibid,., n. 21, p. l4).
™«3. C lerici ab om ni avaritia m axim e alieni sint, oportet» (ibid., n. 20, pp. 13-14). Nel suo com m ento
al R ituale, B arrufaldo insiste che sia richiam ato - nella concessione della licenza - il dovere di non
m o strare alcun in te resse verso il d enaro nell’esercizio di tale m inistero: «C upiditate alienus. Ad hunc
locum sp e c ta n t quae d ixim us in titulo prim o generali: D e his quae in sa cram en to ru m adm inistratione
ge n era liter serv an d a sunt. [...] Et quam vis exorcism i non su n t sacram en ta, sed sacram en talia, atta-
m en h a ec quoque ab om ni avaritiae e t cupiditatis labe im m unia e sse debent, quia san cta sunt, e t san-
cte tractan d a, u t alibi dixim us. Q uapropter in form ula licentiae exorcizandi, hoc m axim e inculcatur,
u t hoc pacto arg u m e n tu m om nim odae avaritiae auferatur; e t ita ha ere tic i re d arg u e re n eq u ean t opus
tam pium , tam quam ad em ungendas p e cu n ias institutum » (H. Barrufaldo , A d Rituale R om anum
Comm entario, cit., pp. 226, nn. 15-16).
80La preoccupazione che gli esorcisti fossero m inistri m oralm ente in teg ri si collega nella storia anche
a quegli episodi di abuso che potevano so rg e re nel proferire esorcism i sulle donne. Il R ituale Rom ano
del 1614 (cf n. 19) prescriveva, in tal caso, la p re sen z a di p erso n e oneste, possibilm ente fam iliari e
invitava l’eso rcista a non com piere nulla che p e r sé o p e r gli altri fosse occasione di pravae cogitationes
(cf P. D ondenlinger -M andy, Le rituel des exorcismes..., cit., pp. 106-107; G. N a nn i , L’esorcismo. Fonti
e legislazioni del CIC 1983, can. 1172, Rom a 2003, pp. 156.190).
Il m in istro d e ll’esorcism o 47

La scienza
La scientia richiama la cura per la propria formazione intellet­
tuale e culturale. Essa riguarda certamente l’ambito delle discipline
sacre (cf can. 279 §§ 1-2), ma anche la conoscenza delle discipline
umane81.
Già nel suo commento al Rituale Romanum, Barrufaldo scriveva
che, per non cadere in errori di giudizio, l’esorcista deve conoscere
bene la filosofia naturale e la teologia82.
Il can. 279 § 3 invita i chierici a coltivare lo studio di quelle
scienze che hanno un rapporto con le scienze sacre, soprattutto se
utili nell’esercizio del ministero pastorale. In tal senso, allora, può
rientrare nel contenuto di tale virtù anche la conoscenza di alcune
nozioni della scienza psichiatrica, perché ciò potrà essere di aiuto
all’esorcista nel compiere il dovuto discernimento della presenza o
meno del Maligno.
Ciò ha trovato esplicitazione nelle Premesse al Rituale laddove
si invita l’esorcista - nell’affrontare i casi che gli si presentano - a
valutare la possibilità che si tratti di un caso di malattia soprattutto di
natura psichica {ci Praenotanda DESQ n. 14).

«ad hoc munus specifice praeparatus»


La Premesse al DESQ aggiungono la necessità di una prepara­
zione e formazione specifica da parte dell’esorcista; da una parte, tale
espressione richiama ancora la virtù della scienza; dall’altra, possia­
mo cogliere in questa specificazione quanto prevedeva il Rituale del

81 Cf F.M. Cappello , S u m m a Iuris Canonici, I, cit., pp. 204-205, n. 220. Giova rico rd a re quanto afferm a
il concilio V aticano II: «Nel sacro rito dell’ordinazione il Vescovo rico rd a ai p re sb ite ri che devono e s­
se re “m atu ri nella sc ien za” e ch e la loro d o ttrin a dovrà risu lta re com e “u n a spirituale m edicina p e r il
popolo di D io”. O ra, b iso g n a che la scienza del m inistro sacro sia an ch ’e ssa sacra, in quanto derivata
da una fonte sa c ra e d ire tta a u n fine a ltrettan to sacro. E ssa va p e rta n to tra tta in prim o luogo dalla
le ttu ra e d alla m editazione della sa c ra S c rittu ra m a suo fru ttu o so alim ento è an ch e lo studio dei santi
P ad ri e d ottori e degli altri docum enti della tradizione. In secondo luogo, p e r p o ter d are una risposta
e sa u rie n te ai problem i sollevati dagli uom ini d ’oggi, è n e ce ssa rio che i p re sb ite ri conoscano a fondo
i docum enti del m ag istero - specie quelli dei Concili e dei Rom ani Pontefici - e che consultino le
opere dei m igliori teologi, la cui scienza è riconosciuta. M a ai no stri giorni la c u ltu ra u m an a e anche
le scienze sacre avanzano a un ritm o p rim a sconosciuto; è b ene q uindi che i p re sb ite ri si preoccupino
di perfezionare sem pre ad eg u a ta m en te la propria scienza teologica e la p ropria c u ltu ra, in m odo da
e sse re in condizione di so ste n e re con buoni risu lta ti il dialogo con gli uom ini del loro tem po» (PO 19).
82 «Ne exorcista in varios incidat e rro re s, atque ne in iudicando de m aleficiis c aecutiat, ac se ipsum , et
a eg ro s in foveam p raecip ere, p ra e te r m orales v irtu te s, quibus im butus e sse debet, n e ce sse e st quo­
que, u t a rte m h anc e libris edificat, e t prae om nibus, philosophiam n aturalem , e t theologiam calleat,
u t re c te d ig n o sc at rem ed ia q uae in casib u s occu ren tib u s a d hibenda sint» (H. B arrufaldo , A d Rituale
R om anum C om m entaria, cit., p. 226, n. 22).
48 Fabio Franchetto

1614, ossia l’invito a coltivare la letteratura in materia e la conoscenza


degli autori esperti83; accanto a tale preparazione teorica, vi è anche
una preparazione pratica (et ex usu noscere studeat), con l’assistenza
ad esorcismi84.

Altre qualità
Se le qualità recensite al can. 1172 § 2 costituiscono un criterio di
discernimento per l’ordinario del luogo per la scelta del presbitero, ci
sono altre qualità, o meglio atteggiamenti, che l’esorcista è chiamato
a vivere nell’esercizio del suo ministero.
Le Premesse al Rituale di Paolo V riportavano altre doti che
doveva avere l’esorcista: «Tarn pium opus ex charitate constanter, et
humiliter exequatur. Hunc praeterea maturae aetatis esse decet, et
non solum officio, sed etiam morum gravitate reverendum»85.
Le attuali premesse invece parlano di un servizio da compiere
con fiducia e umiltà (confidenter humiliterque).
Tali atteggiamenti richiamano virtù da vivere: la costanza, la
fiducia, l’umiltà.
Barrufaldo motivava la costanza richiamando come il diavolo
tentasse ogni astuzia per stancare l’esorcista, il quale non doveva
lasciarsi sopraffare dallo scoraggiamento86. L’umiltà è la virtù oppo­
sta alla natura del diavolo, padre della superbia87. La fiducia, invece,

83 «Ut ig itu r suo m unere re c te fungatur, cum alia m ulta sibi utilia d o cum enta, quae brevitatis gratia
hoc loco p ra eterm ittu n tu r, ex p robatis auctoribus, e t ex u su n o scere studeat; tu m haec pauca m agis
n e ce ssa ria dilig en ter observabit» (P aolo V, R ituale R om anum . De exorcizandis obsessis a daemonio,
n. 2). Molto probabilm ente gli utilia docum enta sono le Vite dei Santi e i m anuali d ’esorcism o dell’e ­
poca (cf P. D ondenlinger -M andy, Le rituel des exorcismes..., cit., p. 107; G. N a nn i , L’E sorcismo, cit.,
p. 157).
“ Cf Paolo V, R ituale R om anum . De exorcizandis obsessis a daemonio, n. 11; G. N anni , L’Esorcismo,
cit., p. 157.
85 C. 1, n. 1. T ralasciam o altre considerazioni del com m entatore circa l’asp etto fisico e il m odo di porsi:
«C erte n e ce sse e st, ut etiam in e x te rio ri aspectu, exorcista v e nerabundus sit, nec nim is H om inum
fam iliaris, quo fit, u t ab a sp ectu eius quandoque d e te rre a n tu r D aem ones» (H. Barrufaldo, A d R ituale
R om anum Com m entario, cit., p. 226, nn. 20-21).
88«C onstanter e t hu m iliter exequatur. Cum m axim a versutia diabolus p ra ed itu s sit, o m nes vias ten ta t,
u t exorcista taedio afficiat, longa, e t d iu tu rn a pertin acia perm anendo in c orpore obsessi: q u a re qui
con stantis, e t intrepidi anim i v irtu te m h a b ere desperat, non vincit, sed v in citu r a Diabolo pertinaci»
(ibid., n. 17).
87 «H um ilitas porro e s t v irtu s ex d iam etro opposita Diabolo, qui P ater e st superbiae, e t p ro p tere a con-
tr a eundem m agnam v irtu te m habet, e t a S. B e rnardo v o catu r flagellum Diaboli: sicut in h u m ilitate
salus custoditur, e t eadem v in citu r superbia» (ibid., nn. 17-19).
Il m in istro d e ll’esorcism o 49

collegata con la pietà, gli ricorda che deve agire confidando nella
potenza divina88.
Il Rituale di Paolo V aggiungeva anche l’età, connessa alla matu­
rità della persona e alla prudenza89.

I doveri specifici
Una lettura corsiva delle Premesse al Rituale ci permette di fare
un elenco sommario su alcuni doveri specifici cui è tenuto l’esorcista
(al di là di quelli richiamati come concretizzazione delle virtù che
deve avere). Li possiamo distinguere in tre tipi, ben sapendo che al
di là di ogni tentativo di classificazione vi è un richiamo reciproco: in
rapporto all’esorcismo, in rapporto al fedele, in rapporto al vescovo
diocesano.

a) In rapporto all’esorcismo
- Discernimento
Di fronte ad un probabile caso di possessione, l’esorcista è chia­
mato ad usare «in primo luogo la necessaria e massima cautela e
prudenza» (Praenotanda DESQ n. 14). Egli deve guardarsi da due
estremi: credere subito che si tratti di una possessione diabolica (per
due volte vi è l’imperativo «non creda...»); oppure cadere nell’errore
che si tratti di una infermità naturale. Per questo il primo compito
dell’esorcista è «distinguere bene i casi di aggressione diabolica da
quelli derivanti da una certa credulità, che spinge alcuni, anche tra
i fedeli, a ritenersi oggetto di malefici, sortilegi o maledizioni fatte
ricadere da altri su di loro o sui loro parenti o sui loro beni» (Praeno­
tanda DESQ n. 15).

- Certezza morale
«L’esorcista non proceda alla celebrazione dell’esorcismo nella
forma imperativa se non è moralmente certo che la persona da esor­

8SAbbiam o g ià osservato che «exorcista, non de sua, se de D om ini p ra esu m e re deb et virtute» (ibid.,
n. 14).
89 «M aturae aetatis. A etas in sucipiendo ordine e x o rcistatu s sufficit, u t ad decim um tertiu m annum
ord in an d u s p erv en erit [...] sed cum hae aetas non sit praefixa a Concilio trid en tin a, atten d en d a est
quae a C anone p ra esc rib itu r [...]. Quo vero ad exercitium huius O rdin is p e r delegationem , m atura
aetas req u iritu r, quae an n o ru m num ero non c om m ensuratur, se d p ru d en tiae dono, e t gravitate, seu
m atu rita te m orum » (ibid., nn. 20-21).
50 Fabio F ranchetto

cizzare è veramente posseduta dal demonio» (.Praenotanda DESQ


n. 16).
La certezza morale è strettamente collegata alla virtù della pru­
denza; essa è da intendersi alla luce del can. 1608 § 1 (cf anche art.
247 § 1 DC). «Essa, nel lato positivo, è caratterizzata da ciò, che
esclude ogni fondato o ragionevole dubbio e, così considerata, si di­
stingue essenzialmente dalla menzionata quasi-certezza; dal lato poi
negativo, lascia sussistere la possibilità assoluta del contrario, e con
ciò si differenzia dall’assoluta certezza»90.
Va intesa come certezza oggettiva, cioè basata su motivi ogget­
tivi91; per questo essa è il frutto di un’azione pre-giudiziale che l’esor­
cista svolge sulla persona, riferendosi ai criteri che le Premesse al
DESQ riportano (ci Praenotanda DESQ n. 17), al fine di arrivare ad
un giudizio circa la presenza o meno del maligno.
Solo il conseguimento della certezza morale autorizza l’esorcista
a passare dalla formula invocativa a quella imperativa.

- Consultazione
L’esorcista è chiamato a vivere il suo ministero nella collabo-
razione e nella comunione con quanti svolgono lo stesso servizio, e
quindi ad «avvalersi del confronto con sacerdoti esorcisti di consoli­
data esperienza»92.
In alcune situazioni potrà ricorrere anche alla consulenza di
«persone esperte di medicina e psichiatria che siano competenti an­
che nelle realtà spirituali» e anche a «persone esperte in questioni di
vita spirituale» (Preanotanda DESQ n. 17).
Tale consultazione è un elemento che aiuta il discernimento e il
conseguimento della certezza morale.

- Riservatezza
L’esorcismo non è un fatto privato e l’esorcista deve ricordarsi
che agisce a nome della Chiesa; e tuttavia, proprio perché è azione
della Chiesa che esprime la cura di quest’ultima verso chi vive una
particolare sofferenza, si deve evitare che l’esorcismo «diventi uno
spettacolo per i presenti». Inoltre «durante lo svolgimento dell’esor­
cismo non si ammettano mezzi di comunicazione sociale e, sia prima

90 Pio XII, A llocuzione alla R ota Rom ana, 1° otto b re 1942, in AAS 34 (1942) 339, n. 1.
91 Ibid., p. 340, n. 3.
92 C onferenza E piscopale Italiana , Presentazione, cit., n. 12.
Il m in istro d ell’esorcism o 51

che dopo la celebrazione del rito, tanto l’esorcista che i presenti eviti­
no di divulgarne la notizia, mantenendo un giusto riserbo» (Praeno­
tanda DESQ n. 19). E rispetto del fedele, del suo diritto alla buona
fama e a non essere leso nella sua intimità (cf can. 220).
Da ciò consegue anche la normativa sul luogo in cui svolgere la
celebrazione esoreistica: «L’esorcismo si compia, per quanto è possi­
bile, in un oratorio o in altro luogo opportuno, evitando la presenza di
molte persone» (Praenotanda DESQ n. 33).
Collegato a tale prescrizione si può vedere anche l’invito con­
tenuto nella Presentazione della CEI al Rituale, che esorta i pastori
d’anime a «mettere in guardia i fedeli nei confronti di libri, programmi
televisivi, informazioni dei mezzi di comunicazione che a scopo di
lucro sfruttano il diffuso interesse per fenomeni insoliti o malsani»93.
In tal senso, il sacerdote esorcista deve valutare con prudenza la
sua partecipazione a trasmissioni televisive che trattano tale materia,
come la pubblicazione di libri, e deve sempre ottenere l’approvazione
dell’ordinario (cf can 831 § l) 94.

- Osservanza delle norme liturgiche


Come per i sacramenti (cf can. 846 § 1), così anche per i sacra­
mentali, il ministro è tenuto ad osservare accuratamente i riti e le
formule approvate dall’autorità della Chiesa (cf can. 1167 § 2); ciò vale
dunque anche per il rito dell’esorcismo.
Gli sono possibili adattamenti a seconda della situazione che ha
davanti: «Nella celebrazione, quindi, conservi la struttura generale,
ma scelga e disponga formule e orazioni secondo le necessità, adat­
tandole alla situazione delle persone (Praenotanda DESQ n. 34)

Ibid., n. 8.
s< «E n ece ssa rio che i chierici e i m em bri di istituti religiosi che partecip an o a trasm issioni radiofo­
niche o televisive che tra ttin o questioni attin en ti la d o ttrin a cattolica o la m orale dispongano della
licenza, alm eno p re su n ta, del proprio O rdinario. Si astengano, com unque, dall’intervenire in pro­
gram m i di m ero in tra tte n im e n to e quando la loro p re sen z a può su scitare tu rb am en to o scandalo nei
fedeli. Chi in terviene ab itualm ente sulla stam p a o p artecip a in m an iera continuativa a trasm issioni
radiofoniche o televisive che illustrano la d o ttrin a c ristia n a rich ied a la licenza d ell’O rdinario proprio
o dell’O rdinario del luogo. Tali c riteri norm ativi si applicano p e r analogia a tu tti i m edia e alle nuove
form e di com unicazione. E, com unque, opportuno che quanti intervengono a ttrav e rso i m edia consul­
tino p reviam ente, a seconda dell’am bito, l’ufficio p e r le com unicazioni sociali, nazionale o diocesano,
che in base alle situazioni p o trà offrire u lteriori elem enti p e r u n a valutazione pon d erata e saggia.
Sono, in ogni caso, da e v itare in terventi e pre sen z e che, p e r la loro collocazione e p e r le m odalità
espressive, p ossano e sse re tacciati di su perficialità o di futilità» (C onferenza E piscopale Italiana ,
Comunicazione e M issione. D irettorio sulle Com unicazioni sociali nella m issione della C hiesa, C ittà
del V aticano 2004, pp. 111-112, n. 151).
52 Fabio Franchetto

Tuttavia, circa l’uso della formula, si dispone che «non si usi la


formula imperativa senza farla precedere da quella invocativa. Si può
invece usare la formula invocativa senza quella imperativa» (Praeno­
tanda DESQ n. 28).
Inoltre è da richiamare quanto afferma la nota della Congrega­
zione della dottrina della fede: «Ai fedeli non è neppure lecito usare
la formula dell’esorcismo contro satana e gli angeli ribelli, estratta
da quella pubblicata per ordine del Sommo Pontefice Leone XIII, e
molto meno è lecito usare il testo integrale di questo esorcismo»95. La
proibizione vale anche per i sacerdoti, essendo rivolta a tutti i fedeli.
Non è applicabile al rito dell’esorcismo il motu proprio Summo-
rum Pontificum96, dato che quest’ultimo ha come oggetto la celebra­
zione della Messa e permette la celebrazione del Battesimo, della
Penitenza, della Confermazione, del Matrimonio, dell’Unzione degli
infermi (cf art. 9) e delle esequie (art. 5 § 3) e l’uso del Breviario Ro­
mano per i chierici (art. 9 § 3).
Ciò nonostante, non va tuttavia dimenticato che la Congregazio­
ne per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, con una notifica­
zione, concede volta per volta, su richiesta del vescovo diocesano, che
il sacerdote esorcista possa fare uso del Rituale Romano di Paolo V
secondo l’edizione del 195297.

b) In rapporto al fedele o alla persona che richiede il suo ministero


- Aiuto spirituale
Il ministero dell’esorcista non è solo per la liberazione, ma an­
che per la consolazione. Pertanto egli è invitato a non negare l’aiuto
spirituale a quei fedeli che tendono «a ritenersi oggetto di malefici,
sortilegi o maledizioni fatte ricadere da altri su di loro o sui loro
parenti o sui loro beni» (.Praenotanda DESQ n. 15) e tuttavia non
lo sono. «L’aiuto spirituale non si deve negare neppure ai fedeli che,
pur non toccati dal Maligno (cf 1 Gv 5, 18), soffrono tuttavia per le
sue tentazioni, decisi a restare fedeli al Signore Gesù e al Vangelo»
(Praenotanda DESQ n. 15).

95 C ongregatio PRO D octrina FlDEI, E pistula Inde ab aliquot annis, cit., p. 1169, n. 2.
96 B enedetto XVI, m .p. Sum m orum P ontificum , 7 luglio 2007, in AAS 99 (2007) 777-781.
97 C ongregatio de C ulto D ivino et D isciplina S acramentorum , Notificatio de R itu exorcismi, in
«Notitiae» 35 (1999) 156.
Il m in istro d e ll’esorcism o 53

Non va ritenuto un aiuto spirituale la concessione deH’esorcismo


a seguito delle insistenze del fedele; laddove egli ravvisi di non trovar­
si in presenza di una possessione, «eviti assolutamente di ricorrere
all’esorcismo» (Praenotanda DESQ n. 16). La decisione di non esor­
cizzare o addirittura di negare l’esorcismo va vista come una educa­
zione alla fede, ossia un aiuto al fedele a fare verità e a non ritenere
per vere opinioni erronee sulla propria situazione.
Anche se le Premesse al DESQ non lo prescrivono come dovere
dell’esorcista, appare congruo con il suo ministero invitare il fedele
esorcizzato, anche quello liberato, a farsi accompagnare nella vita
spirituale (cf Praenotanda DESQ n. 36); ciò potrà essere fatto diret­
tamente da lui o da altri sacerdoti idonei.

- Ottenere per quanto possibile il consenso del fedele


Per procedere all’esorcismo, è necessario che l’esorcista, per
quanto possibile, abbia il consenso del fedele (,Praenotanda DESQ
n. 16). L’espressione «per quanto possibile» lascia intendere che si
possa dare la possibilità di trovarsi in situazioni per cui il fedele non
goda di quella libertà tale da poter dare il suo consenso. In alcuni casi,
tuttavia, si può ravvisare un consenso presunto, anche dal semplice
essere venuto a contatto con il ministro e averne chiesto l’aiuto98.

c) In rapporto al vescovo
Ogni ufficio ecclesiastico va vissuto in comunione con la Chiesa
(cf can. 149), in particolare il presbitero è chiamato a viverlo nell’obbe­
dienza al proprio ordinario (cf can. 273). La prescrizione della licenza
per l’esercizio di tale ministero indica già implicitamente la necessità
che esso sia svolto nella comunione con il vescovo che l’ha concessa
e secondo le sue direttive pastorali.
Tale necessità viene ribadita invitando l’esorcista a compiere il
suo ministero «sub moderatione Ordinarli», espressione che nella
traduzione italiana delle Premesse è stata tradotta con «sotto la gui­
da del Vescovo della diocesi» (Praenotanda DESQ n. 16); l’istruzione

“ O sserv a G. N anni che «il c o n sen so è fondam entale, m a non n ecessario : a volte non è possibile rim et­
te rsi al consenso dell’esorcizzando, p e rch é lo stato di p o ssessio n e può c au sare u n a totale incapacità
ad esprim erlo (stato di tran c e) o u n a repulsione tale al sacro (Sacram enti, sa cram en tali ed anche
sacerdote) da re n d e re la p e rso n a non libera in te rio rm e n te al punto da non riu sc ire o volere chiedere
l’esorcism o» (G. N ann i , A spetti liturgici dell'esorcismo, cit., p. 135).
54 Fabio Franchetto

Ardens felicitatis parla di un ministero da esercitarsi «sub stricta de-


pendentia Episcopi Dioecesani» (cf art. 8 § 1)".
Tale dovere dell’esorcista si concretizza poi nella prescrizione di
ricorrere al vescovo della diocesi «in casi che riguardano non catto­
lici e in altri casi particolarmente difficili [...] il quale, per prudenza,
potrà richiedere il parere di alcuni esperti prima di decidere se fare
l’esorcismo» (Praenotanda DESQ n. 18).
Tale dipendenza dal vescovo e la coscienza di essere suoi co­
operatori trova una sua manifestazione nella convenienza «che gli
esorcisti della stessa diocesi si incontrino qualche volta tra loro e con
il Vescovo, per condividere le loro esperienze e riflettere insieme»100.

Conclusioni
La storia delle disposizioni date in materia di esorcismo ha visto
restringere sempre più i soggetti che potevano amministrare tale
sacramentale, arrivando a riservarlo dapprima solo al sacerdote e
poi - più chiaramente - solo al sacerdote munito di debita licenza, che
presenti in sé le qualità idonee. Contemporaneamente, abbiamo visto
come la normativa faccia rientrare in maniera speciale tale sacramen­
tale all’interno della sollecitudine pastorale del vescovo diocesano: è
lui l’autorità che di norma concede la licenza, come pure è invitato ad
una continua vigilanza su tale ambito.
Si tratta infatti di disciplinare un ambito ministeriale assai deli­
cato, che tocca la fede della Chiesa in un suo contenuto significativo,
e di preservare l’esercizio di tale ministero da abusi e la comunità dei
fedeli da eventuali scandali, nonché da deviazioni nelle manifestazioni
della retta fede101.
Per questo, il ministero dell’esorcista è un ministero pastorale
ed ecclesiale: egli agisce in nome di Cristo e in nome della Chiesa;
esprime la cura della Chiesa verso «uno di quei membri che la comu­
nità deve amare di un amore preferenziale: quando è in potere del
Maligno, infatti, egli è il più povero dei poveri, bisognoso di aiuto, di
comprensione e di consolazione»102.

99 C ongregatio PRO D octrina F id ei , In stru c tio de o rationibus ad o btinendam a D eo sanationem


A rdens felicitatis, cit., in E V 19, n. 1291.
100C onferenza E piscopale Italiana , Presentazione, cit., n. 14.
101 Su questo tem a si veda anche C ommissione teologica internazionale , Les form es multiples de la
superstition, in EV 5, nn. 1347-1393.
102 C onferenza E piscopale Italiana , Presentazione, cit., n. 16.
Il m in istro d ell’esorcism o 55

La normativa canonica vuole custodire tale qualità del ministero


perché esso sia sempre esercitato in essa e il suo esercizio diventi
annuncio e celebrazione della fede della Chiesa, che, se da una parte
insegna che «la realtà del male è un essere vivo, spirituale, pervertito
e pervertitore», dall’altra «sa anche darci fiducia, facendoci sapere
che la potenza di Satana non può varcare le frontiere impostegli da
Dio»103.
F a b io F r a n c h e t t o
Piazzetta Benedetto XI, 2
31100 Treviso

103 C ommissione teologica in ternazionale , Les form es m ultiples de la superstition, cit., in EV 5,


n. 1392. C ontinua il docum ento: «[la fede] ci assic u ra e g u alm en te che se il diavolo è in grado di
te n ta re , non può stra p p are il n o stro co n sen so . S o p ra ttu tto la fede apre il cuore alla p re g h ie ra nella
quale trova la sua v itto ria e il suo co ro n am en to o ttenendoci di trio n fare sul m ale g razie alla potenza
di Dio» (ibid.).
Quaderni
di diritto ecclesiale
27 (2014) 56-68

La liturgia deH’esorcismo
di Fabio Marini

Prem essa
Il concilio Vaticano II ha richiesto per i sacramentali (SC 79),
tra i quali il Codice colloca l’esorcismo, una revisione che tenesse in
considerazione l’attiva e cosciente partecipazione dei fedeli e, meglio
corrispondendo alle mutate esigenze pastorali, rispondesse alle nuo­
ve necessità richieste dai tempi moderni. Pare che proprio questo
principio abbia orientato alla nuova formulazione del De Exorcismis et
supplicationibus quibusdam [= DESQ] del 1999-2004; tuttavia, l’opera
conciliare di revisione della Liturgia ha visto la Santa Sede e le Confe­
renze episcopali alquanto attive nella riforma in generale e meno per
quanto riguarda il rituale degli esorcismi. Questo fatto ha senz’altro
tra le sue motivazioni la constatazione che l’uso di questo rituale non
richiede una significativa e tantomeno costante presenza assem­
bleare di fedeli. Pare, tuttavia, che il motivo del tardivo impegno di
revisione del rito dell’esorcismo debba essere cercato principalmente
in ragioni teologiche e culturali che hanno a che fare col ricorso a
tale sacramentale. Ora il clima culturale è molto cambiato dai tempi
immediatamente successivi al Concilio che subivano l’influsso della
demitizzazione del demonio, eppure, anche oggi, tutto ciò che ha una
certa implicanza col maligno (come satanismo, magia, stregoneria,
divinazione o quant’altro) suscita reazioni alquanto diverse: da un lato
crea un certo timore, dall’altro, gode di un ampio pubblico1.
Non si è ancora giunti ad un punto fermo nella riforma del pre­
sente rito che pare sia ancora da perfezionare; lo rileva la nota della
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti che il

1 II dom enicano F.-M. D erm in e p arla di dodici m ilioni di italiani che si rivolgono ogni anno ai m aghi
(F.-M. D e r m i n e , Presentazione, in G. N a n n i , Il Dito di Dio e il potere di Satana, C ittà del Vaticano
2004, p. 12).
L a litu rg ia d ell’esorcism o 57

giorno dopo la promulgazione del DESQ si mostrava disponibile nel


concedere ai vescovi l’uso del vecchio Rituale romano del 1952 che nel
cap. XII titolava: Ritus exorcizandos obsessos a daemonio [= REOD]2.
Nonostante ciò, il testo preso in questione si è in brevissimo
tempo diffuso poiché, dopo la prima editio typica (1999), se ne è avuta
una seconda emendata (2004)3seguita da altre due riedizioni (2005 e
2013). Anche il testo edito in italiano (2001) è da subito andato esau­
rito, sicché oggi risulta pressoché introvabile4.
Il Rito degli esorcismi nel rispetto della sua formulazione litur­
gica offre l’opportunità di chiarire quale azione opporre alle forze del
male. In questo contesto si colloca la Chiesa che non ha mai smesso
la sua opera evangelizzatrice e con essa la lotta contro il male; pertan­
to, l’esorcismo, come sua reazione al potere diabolico, è più che mai
necessario oggi come in passato.
Occorre, tuttavia, che esso sia efficace e ciò è garantito dal ri­
spetto delle norme liturgiche, senza trascurare la viva esperienza di
tanti esorcisti5.
In questo senso si colloca il presente contributo; esso non in­
tende soltanto offrire una lettura del rituale ma proporre anche delle
piste di riflessione per una sua corretta applicazione, affinché possa
pure essere pienamente efficace6.

2 Cf EV 18, n. 204. Q uanto si afferm a nella p resentazione di u n a re ce n te pubblicazione del rito previ­
gen te non intende c o rre tta m e n te il sen so della n e ce ssa ria concessione, sostenendo: «La C ongrega­
zione p e r il Culto divino e la disciplina dei sacram enti concede ai vescovi la possibilità di far u sa re
ai sacerdoti il vecchio rito» (D. K a r a s , M anuale di esorcismo. De exorcizandis obsessis a Daemonio,
Genova 2012, p. 11). Non solo il volum e in q uestione non h a alcuna form a di im p rim a tu r m a nem m eno
cita i d iritti editoriali della LEV sui testi liturgici. P u r senza d u bitare d ell’esa ttez z a del testo originale
latino, si deve rilevare la non se m p re fluida traduzione italiana, e si deve riconoscere la inopportunità
di un uso liturgico dello stesso.
3 Un atten to confronto tra le due edizioni si rin tra cc ia in M. B a rb a , «De exorcismis»: variazioni nel-
l ’«editio typica em endata», in «Rivista L iturgica» 91 (2004) 901-909.
4 Q uanto a traduzioni in a ltre lingue, sono sta te rinvenute: quella fra n c e se approvata p e r Belgio, F ra n ­
cia e paesi del N ord A frica; quella p o rto g h ese p e r Portogallo, A ngola, Sào Tom é, M ozam bico, Capo
V erde e B issau; a ciò si ag g iu n g a u n a traduzione spagnola non autorizzata in sito web ; m en tre sono in
corso di realizzazione quelle ted e sc a e inglese.
5 « Il sacerd o te eso rcista p ro c ed e rà alla celebrazione dell’esorcism o nella form a im perativa solo dopo
aver rag g iu n to la certezza m orale sulla reale p ossessione diabolica del soggetto. Nel d iscernim ento
si se rv irà innanzitutto di c riteri tradizionalm ente seg u iti p e r individuare i casi di p ossessione diabo­
lica (cf Premesse generali, n. 16) e p o trà avvalersi del confronto con sacerdoti eso rcisti di consolidata
esp e rie n za e, in alcuni casi, della consulenza di p erso n e e sp e rte di m edicina e di psichiatria» ( C o n f e ­
r e n z a E p i s c o p a l e I t a l i a n a , Presentazione, n. 12, in Id ., R ito degli esorcismi e preghiere per circostanze
particolari, C ittà del Vaticano 2001, pp. 12-13). Cf G. A m o r t h , Il segno dell’esorcista. Le m ie ultim e
battaglie, M ilano 2013, p. 132.
15«La validità sia dei sacram en ti che degli esorcism i strictu sensu, dipende dalla volontà della C hiesa
che ne d e te rm in a ogni m odalità esecutivo-celebrativa» (A .M . T r ia c c a , Esorcismo, in A a .Vv ., Liturgia,
Cinisello Balsam o 2001, p. 735).
58 F abio M a rin i

La collocazione dell’esorcismo tra i sacramentali non è pie­


namente espressiva della sua natura. Se il sacramento è «segno e
strumento mediante [il quale] lo Spirito Santo diffonde la grazia di
Cristo»7, quest’ultima, la grazia, si rende presente per il solo fatto che
il sacramento è celebrato, poiché è Cristo stesso che agisce; il sacra­
mento è fatto in nome suo (cf CCC 1127-1128)e.
Nei sacramentali, invece, l’azione nasce dalla Chiesa ed è
quest’ultima che si rende presente nel disporsi ad accogliere la grazia
sacramentale (cf CCC 1668 e 1670). Nell’esorcismo siamo davanti ad
un’azione compiuta «in nome di Cristo» e da lui specificamente affi­
data alla missione dei suoi discepoli (Me 3,15; 6, 7; 16,17); dunque,
azione di istituzione divina e non ecclesiale. Tuttavia, a differenza dei
sacramenti, l’efficacia di questo rito non dipende dall’azione sacra ce­
lebrata ma è efficace esclusivamente nella misura in cui rende presen­
te il mistero pasquale di Cristo che ha vinto il potere del demonio sulla
Croce. Siamo sì davanti ad un’azione mediata ma efficace nella misura
che la fede (personale del ministro e, nell’attuale rituale, pure della
comunità che lo accompagna) rende operante la vittoria del Salvatore.
Pur non volendo ridefinire il settenario sacramentale, tuttavia
non pochi autori collocano l’esorcismo vicino ai sacramenti di gua­
rigione, quando non addirittura in continuità con questi9. La stessa
origine dell’esorcismo dalla prassi prebattesimale colloca tale rito
nell’opera di allontanamento dagli influssi malefici e dai costumi da
questi suggeriti10.
Si deve notare che le premesse al DESQ veicolano non solo l’a­
spetto normativo liturgico ma i criteri per la stessa fruttuosità (e nello

7 Catechismo della Chiesa Cattolica [= CCC], n. 774.


8 «L’eso rcista infatti è m em bro della com unità, agisce in nom e di C risto e, in nom e della C hiesa, e se r­
cita un m inistero specifico» (C o n f e r e n z a E p is c o p a l e I t a l ia n a , Presentazione, cit., n. 16, pp. 13-14).
9 «In questo contesto si pone l’interrogativo p erch é q uesto capitolo liturgico non venga inserito, com e
suo alveo n atu rale, nell’am bito sacram en tale, ed e sa ttam e n te nel R ituale d ell’unzione e della c ura pa­
storale dei m alati. Un raffronto tra i Prcenotanda di e ntram bi i R ituali evidenzia identiche peculiarità.
Non solo il g esto sa c ra m en ta le è il m edesim o, e cioè l’im posizione delle m ani p e r invocare lo Spirito,
m a l’intero orizzonte celebrativo si equivale» (G . C a v a g n o li , 1 Praenotanda del «De Exorcismis», in
A a .Vv., Tra maleficio, patologie e possessione demoniaca. Teologia e pastorale dell’esorcismo, a c u ra di M.
Sodi, Padova 2003, p. 199). A nche G . G ram olazzo rileva com e il confine tra esorcism o e confessione
è labile p erch é il peccato è p o ssessio n e del cuore anche se non del corpo m a tiene allo ste sso m odo
tu tto l’e sse re prigioniero; ecco p erch é l’e so rcista deve e sse re un sacerdote; sp esso la m igliore p ratica
esoreistica, dove ci sono solo i sintom i della possessione, è proprio u na confessione sincera (cf G . G ra ­
m o l a z z o , Esperienza di un esorcista, in A a .Vv ., Esorcismo e preghiera di liberazione, Roma 2005, p. 249).
10 «Nella m ed esim a p ro sp ettiv a di q uanto avviene nell’iniziazione c ristia n a, l’esorcism o p o treb b e
e sse re in te rp reta to com e un nuovo battesim o ovvero com e l’inizio di un cam m ino di vita rinnovata
p erch é lib erata dal d isordine dem oniaco [... e così] re c u p e ra re il contesto iniziatico cristiano in quan­
to luogo o riginario dell’esorcism o ecclesiale» (O. V e z z o l i , L’esorcismo un nuovo battesimo? S p u n ti per
un indagine liturgica, in Aa.Vv., Il diavolo, B rescia 2013, p. 203).
L a litu rg ia d ell’esorcism o 59

specifico anche l’efficacia) dell’esorcismo. Ci limitiamo nel presente


contributo a delineare alcuni risvolti giuridici che queste premesse
offrono al sacerdote esorcista valutandole in continuità con la tradi­
zione, nella linea di quanto indicato dal can. 6 § 2.

L’esorcism o è azione liturgica11


Occorre da principio annotare che l’esorcismo è ora riconosciuto
come vera azione liturgica, cioè celebrazione pubblica della Chiesa
che, nella fattispecie, invoca da Dio la liberazione dal demonio di un
fedele (n. 11)12. Siamo davanti ad un’azione sacra che appare più am­
pia del termine celebrazione13, dove la Chiesa è partecipe e nella quale
questa si rende presente sia che vi sia il solo ministro con il posseduto,
sia che vi sia una piccola assemblea che sostiene, soprattutto con la
preghiera, l’opera del sacerdote esorcista (n. 34 b).
Lo schema del REOD non prevedeva una celebrazione liturgica
ma solo una serie di preghiere senza questa cornice. Il DESQ, inve­
ce, in più punti, propone una forma assembleare. Quest’ultimo rito
parla spesso di presenti al plurale (nn. 19,40,44,45,46,49, 54, 55,57,
65) o di fedeli (nn. 32, 34b, 40)14con la sola attenzione di evitare «la
presenza di molte persone» (n. 33). e ciò perché non ci sia nessuna
forma di inopportuna plateizzazione dell’esorcismo (n. 35). La pre­
ferenza per la forma liturgica si colloca nella prospettiva «conciliare

11 Non tu tti gli autori sono concordi nel valutare l’o p p o rtu n ità di q u e sta scelta. A lcuni litu rg isti la
difendono, rilevando, da u n a p a rte , lo stre tto legam e con il battesim o da cui l’esorcism o h a o rigine e,
dall’altra, si evidenzia com e lo ste sso vangelo attrib u isca all’opera dello Spirito Santo la liberazione dal
m aligno (cf A .M .T ria c c a , Esorcismo, cit., p. 719). Gli esorcisti, invece, rilevano com e anche nel van­
gelo l’esorcism o indichi l’opera dello scongiurare o scacciare. Il DESQ non solo h a posto in subordine la
p re g h ie ra im perativa m a non se m b ra più p o rre attenzione, com e invece faceva il REOD, agli strum enti
evangelici p e r co n o scere le insidie diaboliche (in terrogatori) o p e r sn id a re le insinuazioni e falsità del
m aligno (inganni p e r l’e so rc is ta ). Il DESQ «sem bra più preoccupato di p o rre lim iti e divieti, p e r non
confondere m alattia e possessione» (G. N anni, A spetti liturgici dell’esorcismo, in Aa.Vv., Esorcismo
e preghiera di liberazione, cit., p. 128). A ltri litu rg isti rilevano le difficoltà di co esiste n za del doppio
rito; si pensi al solo fatto che il libenter con cui la C ongregazione p e r il culto divino h a fatto rivivere
11vecchio rito dà la n e tta im pressione di non rico n o scere la piena efficacia del D ESQ m en tre il prim o
m antiene un c a ra tte re «“agonico” tipico». P a re intenzione del legislatore lasciare all’esp e rie n za degli
ste ssi eso rcisti il d e te rm in a rn e la validità dell’uno o dell’altro rito (cf N. Va l l i , Il rito degli esorcismi,
in «La Scuola Cattolica» 135 [2007] 358, 380, 383).
12 Nel p re se n te lavoro là dove si cita solo il num ero tra p aren tesi si fa riferim ento al DESQ nell’editio
typica emendata del 2004. Cf P. SORCI, Gesti e atteggiam enti nel rito degli esorcismi, in Aa.Vv., Tra
maleficio, patologie e possessione dem oniaca..., cit., p. 272.
13 M. B a rb a , «De exorcismis», cit., pp. 901-902.
" Il REOD al n. 19 prevedeva solo la p re sen z a di a ltri fedeli, in specifico donne di o nesti costum i, solo
nel caso ci fosse u n a fem m ina d a esorcizzare. Tale no rm a p ru d e n te offre l’occasione p e r fare dell’eso r­
cism o una celebrazione. D iverso caso è quello che rig u a rd a le donne in gravidanza; si raccom anda di
non fare esorcism i p e r non risc h ia re di provocare un aborto (cf H. B a r r u f a l d o , A d Rituale R om anum
com m entario, V enetiis 1763, p. 231).
60 Fabio M a rin i

della riforma liturgica: la celebrazione dell’esorcismo è preghiera


della Chiesa caratterizzata dalla partecipazione dei fedeli, superando
l’ambiguità di una preghiera privata con sospetto di formula magica
o superstiziosa»15.
Da ciò derivano anche alcune indicazioni soggettive per la frut­
tuosa celebrazione (n. 13): anzitutto il clima di fede che àncora l’azio­
ne nel mistero pasquale, poiché è Cristo il vincitore del male con l’of­
ferta della sua vita per i peccatori (n. 5) ; occorre poi un decisa fiducia
nella Provvidenza, perché nella grazia dello Spirito Santo è solo Dio
che può operare una guarigione. Questi atteggiamenti devono essere
sempre presenti e operanti nel ministro ogniqualvolta si trovi di fronte
ad un ossesso per liberarlo. La perdita di questa duplice coscienza
rende inefficace l’azione contro lo spirito del male16. In tal senso si
orienta pure la Presentazione della versione italiana al DESQ: il clima
culturale attuale, in modo schizofrenico, o rifiuta razionalisticamente
ogni riferimento al demoniaco o si dà integralmente alla venerazione
dell’occulto. Il presente rito, anche per il suo proporsi come liturgico,
può contrastare ogni forma di falsa percezione del mistero del male
sia da parte di chi ha uno spiccato orientamento superstizioso, sia da
parte di chi, fiducioso del solo sapere tecnico-scientifico, ne opera un
rifiuto aprioristico17.
La celebrazione rituale richiede che tutti i presenti devono ben
disporsi ad essa, e ove possibile è opportuno pure il coinvolgimento
personale dell’ossesso poiché la conversione fa da analogatum prin-
ceps dello stesso esorcismo. Del resto, come si sa, il fine dell’azione
diabolica è sempre quello di indurre l’uomo al peccato deliberato per­
ché raggiunga la «seconda morte», mentre ogni forma di possessione
non ha «la gravità del peccato»18.
Il contributo volitivo e libero da parte dell’ossesso di ritornare a
Dio sarà invece condizione necessaria nel caso in cui si tratti di una
schiavitù del maligno, procurata con atti di libera determinazione (nel
caso, per fare un esempio, di consacrazione al demonio). In tal senso,

15 O. VezzOLI, L ’esorcismo un nuovo battesimo?, cit., p. 227.


16U na ricerca p arallela è quella svolta da R. Tavelli che h a m esso in luce com e la teologia p o ssa ancor
oggi d are una visione valida anche nei fenom eni p aranorm ali d ell’anim a dell’uomo, non sostituendosi
alla scienza m a nem m eno delegando tu tto alla com prensione razionale delle scienze della n a tu ra . La
fede, di cui la riflessione teologica è l’approfondim ento, è sem pre da c om prendersi e com porsi anche
con il sap e re scientifico e con le scienze um ane: l’esorcism o ne è un caso em blem atico (cf R. T avelli,
L’a nim a e il suo cuore. Fenomenologia paranorm ale ed esperienza del sacro. Sensitivi, Carismatici,
M edium , Siena 2012).
17Cf C onferenza E piscopale Italiana , Presentazione, cit., pp. 13-14, nn. 2 e 3.
'eIb id.,p . 11, n. 7.
L a litu rg ia d ell’esorcism o 61

come è stata coinvolta la libera volontà per accedere al potere diabo­


lico, così, allo stesso modo, deve esserci una deliberazione personale
da parte dello stesso soggetto di ritornare in piena libertà19.
Nella celebrazione deiresorcismo anche il ministro deve porre
attenzione alla tentazione alla quale è personalmente sottoposto. In
specifico, egli deve sempre essere vigilante per non peccare di pre­
sunzione di sé, così da rendere inefficace l’azione di Cristo che solo è
più forte del maligno20.
Sempre per garantire la piena efficacia, non va trascurata anche
l’importanza che la celebrazione dell’esorcismo sia anche lecita, nel
rispetto del can. 1172, cioè in primo luogo che il ministro ne abbia la
facoltà, come approfondito nel precedente articolo, e in secondo luogo
che il ministro, per procedere all’esorcismo - come lascia intendere il
tono del DESQ, in continuità con la norma del Codice del 1917 (can.
1151 § 2) -, abbia raggiunto la certezza morale di essere di fronte a un
caso di possessione. Tale norma ora si rintraccia nei nn. 14,15,17 e
18. Per fare ciò il rito offre l’indicazione dei segni di possessione: nel
n. 16 dapprima si riprendono i tre segni presenti anche nel CIC/17:
«Parlare correntemente lingue sconosciute o capire chi le parla; rive­
lare cose occulte e lontane; manifestare forze superiori all’età o alla
condizione fisica».
Il rito vigente aggiunge un altro segno di rilievo: l’avversione
al sacro e a tutti i segni ed espressioni verbali che lo rappresentano.
Partendo da questo segno di possessione la testimonianza di non
pochi esorcisti va nella direzione di porre in essere una verifica - se
procedere o meno all’esorcismo - mettendo in atto dapprima un uso
diagnostico di preghiere o scongiuri; la reazione dell’ossesso all’inti­
mazione fatta al diavolo di lasciare il corpo del posseduto, in relazione
a quest’ultimo segno, sarebbe, a loro detta, un chiaro indizio di pos­

19Cf G. A m o r t h , Il segno dell’esorcista, cit., pp. 136-7 e 171.


20 Cf n. 13. Un esem pio può valere p e r tu tti: le m ani del sacerd o te sono sac re p e rch é u nte dall’olio cri­
sm ale a ll’ordinazione. La m ano del sacerd o te è u n ta p e r co n sacrare, assolvere, e b en ed ire: il demonio
ovviam ente sen te nella su a avversione al sacro la rip u g n an za p e r il sacerd o te in quanto tale e il suo
g esto nel Rito co n trib u isce a re n d e re efficace il segno sacram entale. T uttavia le reazioni del dem onio
al g esto o al tocco della m ano sul capo dell’o ssesso , possono lasciar p e n sa re all’e so rcista che sia la
m ano s te ssa a p o ssed e re una v irtù esoreistica e il dem onio fa di tu tto p e r lasciarglielo credere. In
q uesto m odo il nem ico a piccoli tra tti insinua nel sacerd o te un peccato di orgoglio che lo fa credere
capace di com piere e sorcism i anziché riferire nella su a povertà di c re a tu ra tu tto il m erito e la potenza
a C risto. E utile a tale scopo rico rd a re che ai discepoli che tornavano e su lta n ti p erch é an ch e i dem oni
si so ttom ettevano a loro, G esù disse: «R allegratevi p iuttosto p erch é i vo stri nom i sono sc ritti nel
R egno dei Cieli». O ssia l’e so rcista è un salvato e deve rico rd a rsi che è d ebitore in tu tto al Salvatore.
62 Fabio M a rin i

sessione21. Tale prassi è di per sé riprovata dal rituale stesso e anche


dalla normativa codiciale previgente; tuttavia, sempre a fine diagno­
stico, è ammessa qualsiasi preghiera privata in forma deprecativa o
imperativa.
A quanto detto si aggiunga pure un’ulteriore osservazione: il
rituale si distacca da un’assolutizzazione dell’origine catecumenale
dell’esorcismo con la modifica apportata dXYeditio typica emendata del
2004 che ha mutato l’espressione ab illa credulitate con a falsa opinio­
ne22. Nella prima versione sembrava che ogni sortilegio o maleficio
non fosse reale ma frutto di pura illusione. La modifica introdotta po­
ne l’esorcista nella possibilità di verificare se ci si trovi davanti ad un
errore di valutazione del fatto personale o non piuttosto ad una reale
condizione esistenziale.

Dove celebrare
Il rituale non prevede uno specifico luogo dove celebrare l’esor­
cismo. Si dice semplicemente che «si compia, per quanto possibile, in
un oratorio o in altro luogo opportuno» (n. 33) mentre la norma prece­
dente poneva come luogo privilegiato la chiesa (REOD n. 11). L’unica
necessità richiesta è che là dove si celebra il rito vi siano delle figura­
zioni sacre tra cui la croce e un’immagine mariana. Il luogo, tuttavia,
non può essere con libero accesso dei fedeli poiché non ci deve essere
nessuna forma di spettacolarizzazione (n. 19). Si parla di riserbo', si è
dunque davanti ad un’azione pubblica ma guidata dal rispetto per la
persona, poiché se diventasse di dominio collettivo, lederebbe la sua
dignità personale. Risulta inoltre che il riserbo, espressamente ri­
chiesto dal rituale, sia pure una condizione per scongiurare qualsiasi
forma di esibizionismo, quindi una feconda opportunità per la crescita
della fede in piena coerenza con il fine della vigente riforma. Da qui si
comprende perché la Chiesa non consenta la presenza di mass media
che darebbero una non opportuna divulgazione dell’atto di culto per
liberare il fedele (n. 19).

21 Cf A. G e m m a , Confidenze di un esorcista, Villa di S erio (B G ) 2009, pp. 30 e 41. A nche se m olti sa c er­
doti usano esorcism i p e r sc o p rire se c’è possessione, da q u e sta posizione d isse n te p adre D erm ine
(cf F.-M. D e r m i n e , Il discernim ento degli spiriti, in Aa.Vv., Esorcismo e preghiera di liberazione, cit.,
pp. 91-92).
22 M. B arba, «De exorcismis», cit., p. 904.
L a litu rg ia d e ll’esorcism o 63

Come celebrare
Per la particolarità dell’esorcismo che, nella norma, deve essere
ripetuto più volte, si evince come il rituale offra al sacerdote esorci­
sta un’ampia gamma di scelta della modalità celebrativa. Questi può
togliere o aggiungere preghiere pur mantenendo lo schema liturgico
del rito rinnovato. La prassi, come testimoniano gli esorcisti, è che la
liberazione - non avvenendo con un solo rito ma dopo una lotta lunga
estenuante e a volte anche senza apparente esito23 - comporta una
serie prolungata di celebrazioni.
L’esorcismo può essere fatto anche senza alcuna espressione
verbale visto che le forze soprannaturali percepiscono anche quanto
si formula solo nella mente in silenzio24; infatti sia il can. 1172 - usando
l’espressione proferre - sia il rituale - che per la formula esoreistica
preferisce pronuntiat a dicit - ci indicano come per la struttura ce­
lebrativa del nuovo rito sempre sia necessaria la pronuncia verbale
anche con un particolare tenore e solennità pur se non si esclude
che previamente o anche contestualmente si possano fare esorcismi
privati senza proferire alcuna espressione verbale25.
Relativamente alla questione degli interrogatori da farsi all’inde­
moniato non paiono di poco rilievo le parole di Gabriele Nanni:
«Il comando negli esorcismi ha avuto in passato una funzione importante
non solo per la sua caratterizzazione, ma anche per l’efficacia dello svolgi­
mento dell’esorcismo stesso, ciò riguarda le notizie utili alla liberazione:
l’indagine delle cause della possessione, l’esistenza di malefici, o di oggetti
maleficiati, la certezza della liberazione definitiva. L’inizio del precedente
Rituale imponeva al demonio il comando di obbedire in tutto all’esorcista.
Questa sottomissione, comandata in nome di Cristo, metteva il sacerdote
in una posizione di potere e il demonio di soggezione. L’esorcista poteva in
ogni momento ricorrere a questo potere per impedire allo spirito malvagio
di scuotere o torcere la persona, di farla soffrire durante l’esorcismo, di par­
lare per distogliere la concentrazione nella preghiera o per gettare sospetti
o discredito su persone presenti o assenti, oppure l’esorcista poteva imporre
di dire o fare cose sempre a vantaggio della liberazione.
Il DESQ, come abbiamo visto, non ha rinunciato al comando, ma ha preferito
tacere su queste norme e ha tolto il comando di obbedienza in tutto all’esor­

23 Q uesto, com e am m esso dallo ste sso DESQ, è n e ce ssa rio p e rch é il dem onio, da e sp e rto falsario, fa
di tu tto p e r celare la su a p re se n z a non sm ettendo di in g an n are; cf G . A m o r t h , Il segno dell’esorcista,
cit., pp. 35,149 e 201 e A . G e m m a , Confidenze di un esorcista, cit., pp. 30 e 49.
21 Cf G. N a n n i , Il Dito di Dio, cit., p. 289 e nota 119.
25 «In privato ogni battezzato, com e detto, può im porre al D em onio di lasciare in p ace e se ste sso e un
fratello» m a un laico non può m ai p ro ferire ciò in pubblico, né com piere g esti tipicam ente sacerdotali
né u sa re form ule im perative. Si noti che lo ste sso autore testim onia che l’esorcism o può avvenire
anche p e r telefono» (A. G e m m a , Confidenze di un esorcista, cit., pp. 23, 63 e 183-185).
64 Fabio M a rin i

cista. Ci sembra che tutto sia stato reso implicito. Perciò il rimando è fatto
all’esperienza degli esorcisti, ma sarebbe bene che entrasse come materia
per un futuro Direttorio»26.

Non pare, poi, che il nuovo rito vieti al sacerdote esorcista, se lo


ritenga opportuno, l’utilizzo di alcune vecchie modalità celebrative
come quella di chiedere al demonio o ai demoni il loro nome, quanti
sono e quando sono entrati (i nn. 14-15, infatti, chiedono che l’esor­
cista valuti e distingua), così come se si è in presenza di malefici (n.
20); tali interrogatori, secondo la testimonianza di esperti esorcisti,
contribuiscono a indebolire la presenza della possessione27.
Si richiede, inoltre, che durante la celebrazione, oltre all’assem­
blea orante, ci siano pure persone competenti, quali possono essere
dei medici attenti al valore del sacro (n. 17), così come è opportuno
l’aiuto di alcuni erculei che tengano stretto l’ossesso per non procura­
re danni né all’ossesso, né al ministro, o ad altri fedeli o a cose.
Tale lotta rende necessario che gli altri fedeli presenti invochino
l’intercessione divina con la loro preghiera personale (e se si fa una
recita individuale, sarà silenziosa), cosa che il rituale raccomanda
(n. 35). Può essere opportuno che, là dove non è stato possibile un
intervento medico previo, questi sia presente allo stesso esorcismo.
La lingua preferita rimane il latino, visto che ormai è una «lingua
sconosciuta» ai più28.
Occorre inoltre che nella celebrazione si tenga distante ogni
forma di magia o di superstizione; pertanto è rilevante che in essa si
manifesti sempre la fede della Chiesa e si tenga lontana ogni forma
di spettacolarizzazione, il che si esprime tra l’altro con la proibizione
dell’uso di mezzi di comunicazione sociale. Tutti coloro, poi, che par­
tecipano non devono in alcun modo divulgare la notizia di quanto è
avvenuto (nn. 19 e 33).

26 G. N a n n i , Il Dito di D io, cit., pp. 294-295. A nche p a d re A m orth conferm a che l’uso delle dom ande
aiuta a lib erare più celerm en te l’indem oniato nella certezza che il dem onio, quando si com anda in
nom e di Cristo, non può m en tire (cf G. A m o r t h , Il segno dell’esorcista, cit., pp. 89-90). In m erito alla
questione dei D iretto ri notiam o una vistosa lacuna da p a rte non solo delle C onferenze episcopali m a
anche dei singoli vescovi.
27 Cf G. N a n n i , Il Dito d i Dio, cit., p. 188.
28 P ad re F ran cesco B am onte, discepolo di p a d re G. A m orth, afferm a che in Roma si possono u sare
sia il DESQ che il REOD, m a egli p referisce q u e st’ultim o p e r il freq u en te uso di form ule im perative,
nonché p e r la lingua latina che - a suo d ire - favorisce m eglio il d iscernim ento (cf F. B am o n te, L a m ia
esperienza di esorcista, in Aa.Vv. Esorcismo e preghiera di liberazione, c it.,p . 227; A. Gemma, Confidenze
di un esorcista, cit., pp. 30 e 47).
L a litu rg ia d ell’esorcism o 65

È opportuno considerare anche l’analogia con le preghiere di


guarigione. L’istruzione della Congregazione per la dottrina della
fede del 2000 mette in guardia dal valutare acriticamente ogni dono
carismatico soprattutto di laici che si reputano detentori di poteri so­
vrumani. In questo senso si danno due indicazioni: che non si confon­
dano tali preghiere sia liturgiche che non liturgiche con gli esorcismi
(art. 8 § 2); è anche «assolutamente vietato inserire tali preghiere di
esorcismo nella celebrazione della santa messa, dei sacramenti e del­
la liturgia delle ore» (art. 8 § 3)29. Anche qui, come sopra detto, non è
bene che il laico presieda un’assemblea liturgica30.
Non va trascurata la presenza nel rito di un segno che si è vera­
mente operata una liberazione; per questo la celebrazione si conclude
sia con il rendere grazie a Dio per la liberazione avvenuta oltre che
con l’impegno di perseverare nella vita cristiana (n. 36).

Che formule usare


Un’altra novità del rito in esame è l’uso abbondante di formule
deprecatorie o invocative; la preghiera imperativa, invece, benché
tradizionale e di ispirazione evangelica - Gesù, come ci trasmettono i
Vangeli, comanda a Satana di allontanarsi (n. 4) -, è facoltativa31.
La formulazione di dette prime invocazioni ha origine battesima­
le e pertanto è di rilevante valore storico e liturgico32. La tradizione
degli esorcismi imperativi rimane in vigore pur non essendo così
centrale come nel REOD.
Pare che detta innovazione, come detto dai Prcenotanda anche
della Conferenza episcopale italiana, si sia resa oggi necessaria per
la presenza di un diffuso clima di superstizione che si accompagna

29 E V 19, n. 1291.
30 EV 19, n. 1284.
31La pro p o sta di le ttu ra liturgica, se p e r un verso ren d e m eglio ragione d ell’azione della C hiesa e della
sua intercessione, com e si evince b ene dalla m odalità celebrativa del DESQ (nn. 11-12), dall’altro
m o stra com e le orazioni dello s te sso ritu ale siano più legate all’origine battesim ale d ell’esorcism o che
è invocazione dello Spirito Santo privilegiando la form ulazione invocativa; ciò trova ragione anche
nel fatto che in Le 11, 20 è lo S pirito Santo che scaccia il dem onio (cf A.M . T r ia c c a , Esorcismo, cit.,
p. 719). Di q u e sta linea non è c erto il Valli che an n o ta com e l’autore so p ra citato sm in u isca del tutto
la p resen za nella tradizione della form ula im perativa, che invece nel D ESQ p a ssa «in secondo piano»
(N . Va l l i , Il rito degli esorcismi, cit., p. 371); lo ste sso poi rileva com e la p recettiv ità dell’uso della
form ula d eprecatoria, m en tre quella im perativa rim a n e facoltativa, non h a precedenti m a «appare più
rispondere a legittim e ragioni di tipo pedagogico che rad icate nella tradizione» (ibid., p. 367). A ltro
giudizio è quello di G abriele N anni che rileva com e il «DESQ se m b ra p a g are il trib u to al De Benedic-
tionibus ed al Rito del battesim o degli adulti, nei quali gli e sorcism i sono scom parsi o rim angono solo
in form a d eprecatoria» (G. N a n n i , Il D ito di Dio, cit., p. 294).
32A. T riacca, Esorcismo, cit., p. 733.
66 Fabio M a rin i

ad un’ignoranza catechetica di non poco rilievo. Parrebbe opportu­


no cogliere l’occasione della pratica di un esorcismo per offrire una
necessaria catechesi e non dare credito troppo facilmente alla sprov­
vedutezza di chi vede il demoniaco in ogni luogo o persona33. Ciò va
composto con le formule imprecative che comunque sono d’origine
evangelica, ipsissima verba Jesu (Me 1, 25).
Dalla testimonianza di alcuni esorcisti si coglie come al rito si
possano aggiungere formule anche imperative che spontaneamente
e improvvisamente nascono dal cuore; così era previsto nel n. 20 del
REOD che dava la preferenza a quelle bibliche ma non escludeva
quelle spontanee34. Il rito vigente sembrerebbe restringere tale facoltà
(n. 34), se richiede che «l’esorcista faccia uso liberamente di tutte le
possibilità che il rito gli concede. Nella celebrazione, quindi, conservi
la struttura generale, ma scelga e disponga formule e orazioni secon­
do le necessità, adattandole alla situazione delle persone». Si noti,
tuttavia, che anche qui il riferimento è solo al contesto liturgico.

Uso del REOD di Pio XII


La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacra­
menti con Notificazione del 27 gennaio 1999, il giorno seguente la
pubblicazione del DESQ, ha dichiarato che «petitionibus subveniens
ordinariorum, qui suae dicionis realitatem pastoralem piane noscunt,
petitam facultatem libenter concedati di poter utilizzare il vecchio
rito del 1952. Certamente là dove concesso è possibile l’uso dell’uno
o dell’altro rito, anche alternativamente, come nel caso di un esorci­
smo che si protrae in giorni successivi; l’esorcista potrebbe usare, ma
non simultaneamente, l’uno o l’altro rito. Il n. 34 richiede che si tenga
«conto delle condizioni del fedele tormentato dal maligno e delle
circostanze». La suddetta concessione si colloca chiaramente in una
prospettiva strettamente rituale, tuttavia la finalità della centralità
della persona da liberare dal maligno implica che si possano usare
tutti i mezzi leciti, come sopra accennato.

33 C o n f e r e n z a E p i s c o p a l e I t a l i a n a , Presentazione, cit., p. 12, nota 11.


3i «A volte le parole d ’esorcism o escono dalla m ia bocca d a sole, se n z a c h ’io se g u a d irettam en te le p a­
gine del m anuale. B eninteso, il m anuale degli esorcisti non va m ai a m io avviso d isatteso, m a m entre
lo si re cita si può “d iv ag a re ” intim ando ordini ai posseduti o anche invocando l’intervento dei santi»
(G. A m o rth , Il segno dell’esorcista, cit., p. 132).
35 E V 18, n. 204.
L a litu rg ia d ell’esorcism o 67

La concessione dell’uso del rituale di Pio XII pare abbia addirit­


tura anticipato il m.p. Summorum Pontificum36.

Le Appendici del DESQ


Il DESQ, se ha completamente rinnovato il rito dell’esorcismo
rispetto al precedente REOD, non così ha fatto per le preghiere che
si rintracciano nel{Appendice I che invece rimandano, con piccole
modifiche di composizione più che di formulazione, all’esorcismo di
Leone XIII37.
Detto esorcismo propriamente non si rivolge ad un fedele posse­
duto ma piuttosto è diretto contro la presenza demoniaca negli oggetti
(fatture o malocchi) o è dettato dal seguire alcune suggestioni per­
verse del mondo moderno (forme massoniche o persuasioni occulte,
ecc.).
Le norme, come previsto nel n. 15 della Presentazione della CEI,
in relazione a quanto si dice per le preghiere di liberazione, chiedo­
no che un sacerdote (Appendice I, n. 10) proferisca tale esorcismo
comunitariamente ma, non parlando propriamente di un sacerdote
esorcista secondo la lettera del can. 1172, basterebbe che questi
avesse ricevuto dal vescovo diocesano un incarico generico di indire
preghiere per allontanare il potere del male (Appendice I, n. 1). Il man­
dato generale permette così al sacerdote un uso libero della formula
che, si noti, è imperativa. Unica variante significativa del DESQ è che
tale esorcismo è inserito in una celebrazione della liturgia della parola
con omelia (Appendice I, n. 4).
Diversa è la questione deììAppendice II che invece presenta
tutta una serie di preghiere che possono essere usate da tutti i fedeli
liberamente ma solo a livello personale e mai in assemblea, anche
se ristretta; ne è segno evidente l’uso costante della prima persona
singolare nella formulazione delle suppliche.

36 P roprio in rilievo a d etto m .p. si potreb b e su p p o rre che la concessione che u n vescovo deve ch ied e­
re p e r l’uso del REOD sia ora c o n ce ssa ad ogni ordinario, anzi ad ogni fedele, e p e rta n to la si debba
intendere com e non più in vigore (cf A .M o n t a n , L’istruzione U niversae E cclesiae nella prospettiva
del m otu proprio S um m orum Pontificum . Im plicazioni giuridiche, in D iritto e Liturgia, M ilano 2012,
p. 153 nota 2).
37 D e tta prim a appendice fa rito rn a re sia nel tenore espressivo che p e r la form ulazione dello stesso
al REOD, facendo quasi p e rce p ire ch e è m u tata l’azione sugli o ss e s si/p e rso n e m a non quella sulla
p re sen z a diabolica nella società (cf N . V a l l i , Il rito degli esorcismi, cit., p. 378).
68 Fabio M a rin i

Conclusione
>

E certo che il nuovo rito risente molto del mutato contesto so­
ciale contemporaneo. La specificità dell’esorcismo dovrebbe anche
comportare una più attenta corrispondenza alle distinte culture che
presentano una diversa accoglienza e presenza dell’influsso diabolico.
Non tutte le Conferenze episcopali hanno tradotto il testo latino, men­
tre sono in commercio traduzioni non riconosciute. Solo alcuni gruppi
linguistici hanno ottenuto il riconoscimento vaticano mentre manca­
no le lingue più popolari o minori, forse più di ogni altra cultura legate
a situazioni ancestrali di vita e facilmente portate alla deriva magica.
La nostra società italiana va percependo sempre di più la presen­
za del satanico ma, se alcuni la colgono come spettacolarizzazione
o fonte di guadagno, altri, forse la maggioranza, temono il demonio
e cercano, per difendersi, modalità che poco hanno a che fare con la
fede38.
Sarebbe davvero opportuno, anche secondo il rito che considera
la preghiera del Signore come il centro dell’esorcismo (n. 57), che
quell’espressione che conclude il Padre nostro non sia più il semplice
riferimento al male ma a colui che lo insinua: il maligno. Il recitare
«liberaci dal maligno» è conforme a quanto sia il CCC che il relativo
Compendio39 insegnano e meglio pone il parallelismo tra gli ultimi
due versi della preghiera del Signore visto che chi «induce in tentazio­
ne» - o colui al quale chiediamo di «non essere abbandonati», secondo
la nuova traduzione CEI - è proprio satana.
Il rito dell’esorcismo e la possessione che ne richiede l’attuazio­
ne, secondo la testimonianza di molti esorcisti, è stato occasione di
una sincera crescita di fede non solo dei singoli posseduti ma anche
dei vicini e della comunità: anche da qui il valore del rito rinnovato.
Auspico che un giorno potremo pregare insieme anche in assem­
blea, «liberaci dal maligno»40.
F a b io M a r in i
Piazza don B. Melchiori, 6
25018 Novagli di Montichiari (BS)

” Cf C o n g r e g a z io n e p e r l a d o t t r in a d e l l a f e d e , lettera Inde ab aliquot annis, in EV 9, nn. 1663-1667.


39 In alcune traduzioni o autorevoli testi com e il CCC (nn. 2850-2854) e relativo Com pendio (n. 597),
ripresi dalla P re m essa CEI al n. 7, si cita il testo sc rittu ristic o di M t 6 ,1 3 in cui il term in e m ale viene
rip o rtato in m aiuscolo a so ttin te n d ere la sua personalizzazione. Ciò è conform e a quanto afferm a il
CCC al n. 2851: «Il M ale non è u n ’astrazione; indica invece una p ersona: Satana, il M aligno...».
“ Cf A. G e m m a , Confidenze di un esorcista, cit., pp. 124-125 e DESQ n. 26.
Quaderni
di diritto ecclesiale
27 (2014) 69-89
Commento a un canone
Nessuno può essere obbligato a riconoscere
la propria colpa: il can. 1728 § 2
di Marino Mosconi

Persino le persone meno avvezze in materie giuridiche hanno in


memoria espressioni che richiamano la tutela dell’accusato nei proce­
dimenti penali, anche quando fosse realmente colpevole, a partire dal
«diritto a rimanere in silenzio», quando accusato del suo crimine. Se
da un lato questo aspetto dell’esercizio della potestà giudiziaria è rico­
nosciuto come un criterio irrinunciabile per identificare un sistema di
governo che possa essere considerato coerente con le esigenze di una
vera civiltà giuridica, dall’altro le circostanze straordinarie di tutela
dell’ordine pubblico che continuano ad affacciarsi (in primo luogo la
lotta al terrorismo) e il senso di impotenza che sembra emergere dalle
concrete modalità di attuazione dei procedimenti penali (che spesso
finiscono in un nulla di fatto, impigliandosi in un ginepraio di regole
di garanzia) suggeriscono l’adozione di misure straordinarie (leggi
speciali e addirittura tribunali speciali) che si pongono in conflitto
con i diritti dell’accusato e in particolare proprio con il diritto, di chi
pure sembrerebbe evidentemente colpevole, di affermare comunque
(e di conseguenza difendere) la propria innocenza.
Desta forse un certo stupore che una simile problematica possa
interessare anche l’ambito del diritto della Chiesa, il cui ordinamento
penale gode evidentemente di una certa originalità rispetto al diritto
degli Stati, ma il canone oggetto del presente studio, ovverosia il §
2 del can. 1728, affronta proprio la tematica della tutela dei diritti
dell’accusato sotto il profilo del diritto a non riconoscere la propria
colpevolezza, neanche quando interrogato in merito. Per approfondire
il senso di tale norma il presente studio si propone in primo luogo di
ricostruire la configurazione storica del problema, per delineare poi il
percorso redazionale del canone vigente e quindi analizzarne distinta-
mente i due contenuti principali: circa il non obbligo da parte dell’ac­
70 M arin o M osconi

cusato di riconoscere la propria colpevolezza e circa il non obbligo


da parte dello stesso di prestare giuramento. A modo di conclusione
verranno semplicemente delineate alcune problematiche concernenti
l’applicazione concreta del canone alle diverse tappe della procedura
penale canonica.

L’insorgere dell’obbligo dell’accusato a prestare giuramento e


il suo superamento
La storia del rapporto tra la persona accusata e il dovere di rico­
noscere in giudizio il suo delitto si connette strettamente alla tematica
del giuramento. Il giuramento, invocando il nome divino a testimone
della verità e implicando il grave delitto dello spergiuro in caso di
inosservanza, vincola infatti chi lo presta ad essere in tutto veritiero
e quindi, se si tratta dell’accusato colpevole, a riconoscere il proprio
crimine se interpellato rispetto ad esso.
La prima forma1assunta dal ricorso al giuramento in ambito pe­
nale canonico è connessa al sistema accusatorio (previsto nel diritto
romano ma anche nel diritto germanico), in cui una parte, l’accusato­
re (eventualmente col contributo di alcune persone), sostiene l’ipotesi
di colpevolezza di un’altra parte, l’accusato. L’accusato, per dimostra­
re la sua innocenza, doveva agire nel seguente modo: se si trattava di
un uomo libero, ricorreva al giuramento (purgatio canonica), con cui
egli stesso professava la propria innocenza oppure, se si trattava di un
uomo in condizione servile, ricorreva all’ordalia (purgatio volgare),
con cui l’accusato si sottoponeva a una prova materiale (come il ferro
rovente, l’acqua bollente o l’acqua fredda, il duello), facendo appello al
giudizio divino. Abolita l’ordalia nel concilio Lateranense IV, perché
ritenuta incompatibile con la fede cristiana, resta in vigore l’unica
prassi del giuramento, che doveva essere prestato solennemente
dall’accusato toccando i santi Vangeli e con il conforto di diversi altri
soggetti disponibili a giurare in suo favore in quanto, conoscendone
la vita, possono affermare che il suo giustificarsi è secondo verità.
Si noti che questa prima forma di ricorso al giuramento in ambito
penale, essendo facoltativa, non costringeva nessuno ad ammettere il
proprio delitto; tuttavia il fatto che il rifiuto di prestare il giuramento

1 P e r q u esta rico stru zio n e sto rica cf R. Naz , Serm ent judiciaire, in Dictionnaire de droit canonique,
VII, P arigi 1958, coll. 980-986.
N essuno può essere obbligato a riconoscere la pro p ria colpa: il can. 1728 § 2 71

scusante implicasse la condanna, poneva il colpevole nella tentazione


di spergiurare, pur di salvare se stesso.
Le difficoltà maggiori si pongono tuttavia in seguito quando,
a partire dalla fine del XII secolo, inizia ad emergere e finisce con
l’imporsi il modello del giudizio inquisitorio, secondo il quale non è
un accusatore ma la Chiesa stessa, mediante i titolari di uffici speci­
fici, a perseguire d’ufficio un soggetto sospettato di avere commesso
un delitto (la conoscenza del delitto e del suo possibile autore può
venire da una denuncia, dalla fama generalizzata dell’accusato o da
altre fonti). In questo caso, una volta chiariti i capi d’imputazione, si
provvedeva a sottoporre l’accusato a giuramento e lo si interrogava
su ciascuno di essi (capitoli di accusa). L’ottenimento della risposta
poteva essere favorito mediante il ricorso a metodi coercitivi, quali la
tortura2 (soprattutto per i casi di eresia) ed evidentemente l’accusato
era tenuto a dire la verità anche contro se stesso. Una modalità di giu­
ramento simile a quella del giuramento scusante continuava a essere
prevista per il caso in cui una forte presunzione di colpevolezza non
veniva supportata da prove adeguate: il giuramento scusante (sempre
suffragato da altre testimonianze giurate) aveva l’effetto di scagiona­
re da una simile accusa.
Con il trascorrere dei secoli, la prassi dell’imposizione del giura­
mento all’accusato viene messa sempre più in discussione fino a che
Benedetto XIII, nel sinodo provinciale romano3 (o concilio romano o
concilio lateranense), svoltosi tra il 15 aprile e il 19 maggio del 1725,
esclude che si debba richiedere il giuramento all’imputato, sia perché
questo non appare di utilità (era già considerata opinione comune il
fatto che, anche sotto giuramento, ci si potesse sottrarre al dovere di
confessare il proprio crimine), sia perché si riconosce che dal reo non
si può esigere un simile impegno.
La proibizione, stabilita per la sola Curia Romana, viene di fatto
accolta nella prassi di tutte le curie, sebbene persistano delle ecce­
zioni. Si può ricordare a tale proposito quanto stabilito dall’istruzione
Quo Supremus Ponti/ex del 20 febbraio 1866 che, prevedendo una
procedura speciale per sanzionare il delitto di sollecitazione alle cose
turpi da parte dei chierici (oggi can. 1387), stabilisce la deposizione
dell’accusato davanti al giudice, alla presenza di un chierico notaio e

2 P e r q u esta annotazione si vedano: D.M . P r u m m e r , M anuale iuris canonici, F rib u rg o 1927, p. 586 e
F.X. W e r n z , I u s canonicum , VI, Roma 1927, p. 38.
3II sinodo, o ltre alla provincia ecclesiastica di Roma, com prendeva quasi tu tte le diocesi del Sud Italia.
72 M arin o M osconi

rispondendo ai singoli punti proposti, dopo avere obbligatoriamente


prestato il giuramento di dire la verità4.
Con l’avvento del XX secolo tuttavia appare sempre più eviden­
te il bisogno di abbandonare del tutto la richiesta del giuramento
dell’accusato nel corso di una causa penale e infatti così stabilisce il
§ 109, n. 1 delle Regulae servandae in iudiciis apud Sacrae Romanae
Rotae Tribunal, approbatae et confirmatae a Pio Papa X, del 4 agosto
1910: «personis accusatis aut inquisitis ob crimina, interrogatoria
proponuntur, non delato iuramento»5. Il principio verrà poi assunto nel
Codice del 1917 al can. 1744, mentre nel can. 1743 § 1 si stabilisce che
l’accusato in un procedimento penale non è tenuto a rispondere alle
domande e a riferire la verità6. Anche la norma propria per il delitto di
sollecitazione alle cose turpi verrà modificata con l’istruzione Crimen
sollicitationis dell’8-9 giugno 1922, che prevede che l’accusato non
debba mai essere interrogato sotto giuramento: «omnino vero memi-
nerit iudex reum iuramento veritatis dicendae adstringere numquam
fas esse (cf can. 1744) »7.

La codificazione della norma: dal Codice del 1917 al Codice


del 1983
Se si cerca il canone del Codice del 1917 da cui deriva il can. 1728
§ 2 del Codice del 1983, ci si imbatte subito in una difficoltà: il testo
del Codice con annotazione delle fonti8 non indica alcun canone in
riferimento al can. 1728 se non il can. 1959, da cui deriva però il solo
§ 1, essendo relativo al rinvio alle norme del processo contenzioso
per lo svolgimento del processo penale. La difficoltà si supera se si
prende direttamente in considerazione il testo del Codice del 1917;
in esso infatti si possono facilmente individuare ben due canoni che,

4 Così stabilisce Quo Suprem us Pontifex\ «hisce p e rac tis diligentiis, re u s in iudicium adducitur, et
coram iudice cum in terv en tu ecclesiastici viri, qui n o tarii p a rte s ag at su p e r sin g u lis cuiusque denun-
ciationis e t exam inis adiunctis, iu ram ento dicendae v eritatis o b strictu s re sp o n d ere debet». T esto in
ASS 3 (1867) 503.
5T esto in AAS 2 (1910) 819.
6 La norm a del § 109, n. 1 delle Regulae servandae è indicata tra le fonti del can. 1744 CIC/17. Il can.
1743 § 1 CIC/17, non prevede invece tra le su e fonti (sono indicate le ste sse Regulae servandae al §
139) alcun riferim ento all’eccezione che il canone stabilisce p e r le cause penali. Cf Pio X, Codex iuris
canonici (praefatione, fo n tiu m annotatione et indice analytico-alphabetico ab E m inentissim o Petro
Card. Gasparri auctus), R om ae 1917, pp. 495-496.
7CfP. B e a l, The 1 9 6 2 Instruction C rim en sollicitationis: Caught Red-Handed or H anded a Red Herring,
in «Studia Canonica» 41 (2007) 218.
8 P o n t i f i c i a C o m m is s io C o d ic i I u r i s C a n o n i c i a u t h e n t i c e i n t e r p r e t a n d o , Codex Iuris Canonici.
F ontium annotatione et indice analytico-alphabetico auctus, Roma 1989, p. 470.
N essuno pu ò essere obbligato a riconoscere la pro p ria colpa: il can. 1 7 2 8 § 2 73

ancorché non rientranti nel titolo sul giudizio criminale ma in quello


sull’interrogazione delle parti, prevedono espressamente le due ec­
cezioni da applicare quando si tratta di un processo penale, che sono
oggi riproposte nel can. 1728 § 2.
Si tratta in primo luogo del can. 1743 § 1 CIC/17, che indica a
livello generale per le parti il dovere di rispondere e di dire la verità
in giudizio, mentre nei paragrafi successivi sanziona l’inosservanza
di quanto stabilito (il § 2 indica come valutare il rifiuto di rispondere
e il § 3 sanziona sia un tale comportamento, sia il rispondere il falso
o il non rispettare il giuramento), ferma restando la non applicazione
del disposto alle cause penali. Questo il testo del canone: «iudici legi-
time interroganti partes respondere tenentur et fateri veritatem, nisi
agatur de delieto ab ipsis commisso».
Il secondo testo è il can. 1744 CIC/17 che riguarda tutte le
circostanze in cui si pone la questione del giuramento delle parti e
si stabilisce l’eccezione del procedimento penale: «iusiurandum de
veritate dicenda in causis criminalibus nequit iudex accusato deferre;
in contentiosis, quoties bonum publicum in causa est, debet illud a
partibus exigere; in aliis, potest prò sua prudentia».
Degno di rilievo è che le corrispettive norme del diritto proces­
suale orientale, stabilite in Sollicitudinem nostrani* (Pio XII, Sollicitu-
dinem nostram, 6 gennaio 1950), riprendono le medesime indicazioni
normative con la differenza che, mentre la norma sull’obbligo di
rispondere e di dire la verità è proposta anche in questo caso tra i
canoni sull’interrogatorio delle parti e con lo stesso testo (can. 265
§ 1: «iudici legitime interroganti partes respondere debent et fateri
veritatem, nisi agatur de delieto ab ipsis commisso»10), la norma sul
giuramento è proposta tra i canoni sul processo penale e comprende
anche il possibile giuramento «de veritate dictorum» (can. 559 § 1:
«iusiurandum de veritate dicenda aut de veritate dictorum nequit
accusato deferri»).
L’impostazione del diritto orientale viene valutata positivamente
durante i lavori per la predisposizione del Codice del 1983, infatti nella
VI adunanza della Commissione per la revisione del Codice, tenutasi
il 27 ottobre 1967, facendo espressamente riferimento al canone per

91 cann. 265 § 1,54 2 ,5 5 8 e 559 § 1 sono indicati tra le fonti del can. 1471 § 2 del C C E O (che corrisponde
al can. 1728 § 2 del CIC), u n itam en te al Sinodo N eo cesarien se (314-319), can. 9 e a S. Basilio M agno,
can. 70 (M igne, P G 31): cf P o n t if ic i u m C o n s il iu m d e l e g u m t e x t ib u s in t e r p r e t a n d is , Codex Cano-
num Ecclesiarum orientalium . F ontium annotatione auctus, Rom a 1995, p. 486.
10AAS 42 (1950) 60.
74 M arin o M osconi

le Chiese orientali, si decide di togliere dal titolo sull’esame delle parti


il riferimento all’impossibilità di chiedere il giuramento all’accusato,
per collocarlo nei canoni sul processo penale.
Resta invece nel titolo relativo all’interrogatorio delle parti, anco­
ra una volta in conformità alla scelta del diritto orientale, la previsione
dell’eccezione delle cause penali rispetto al dovere di rispondere e di
dire la verità.
Nello schema complessivo dei canoni sui processi del 197611i te­
mi affrontati dai cann. 1743 § 1 e 1744 CIC/17 vengono quindi proposti
in due titoli differenti: nel titolo sull’interrogatorio delle parti, nel can.
172 § 1, è stabilita l’eccezione dei processi penali circa il dovere di
rispondere e di dire la verità (can. 172 § 1: «pars legitime interrogata
debet respondere et veritatem integre fateri, nisi agatur de delieto ab
ipsa commisso») e nel titolo sul processo penale, nel can. 396 § 2, è
stabilito il divieto di richiedere il giuramento nelle cause penali (can.
396 § 2: «accusato nullum iusiurandum deferri potest»); nel § 1 del
medesimo canone è riproposto il rinvio generale alle norme del pro­
cesso contenzioso che nel Codice del 1917 era nel can. 1959.
Nel dibattito della commissione codificatrice del 25 novembre
1978 sul can. 172 § l 12un consultore rileva che la soluzione adottata
non appare convincente, perché sarebbe meglio unificare le clausole
relative al processo penale nella parte relativa a questo tipo di pro­
cesso e, benché un altro consultore obietti che sarebbe meglio man­
tenere la collocazione già adottata, perché rende evidente che anche
nel processo contenzioso nessuno è tenuto a riconoscere un delitto,
la decisione assunta è proprio quella di trasferire la norma nei canoni
dedicati al processo penale.
Viene così proposto un testo che unificasse il diritto della parte
a non auto-accusarsi al dovere del giudice di non imporre giuramenti
all’accusato e nasce in tal modo il can. 1728 § 2, la cui formulazione
definitiva (ma differisce da quanto stabilito nella succitata riunione
solo per l’inserimento della virgola) è stabilita nella riunione della
commissione codificatrice del 26 febbraio 1980: «accusatus ad confi-
tendum delictum non tenetur, nec ipsi iusiurandum deferri potest»13.
Quando anche il diritto orientale viene rinnovato alla luce del
Vaticano II, con la promulgazione del Codice dei canoni delle Chiese

11 P o n t i f i c i a C o m m is s io C o d ic i I u r i s C a n o n i c i R e c o g n o s c e n d o , Schem a c anonum de modo procedendi


prò tutela iurium seu de processibus, R o m a 1976.
12 Cf «C om m unicationes» 11 (1979) 101.
13 Cf «C om m unicationes» 12 (1980) 199.
N essuno pu ò essere obbligato a riconoscere la pro p ria colpa: il can. 1728 § 2 75

Orientali, si assume la stessa scelta del diritto latino inserendo nel


titolo sul processo penale il can. 1471 § 2, che propone lo stesso testo
del can. 1728 § 2 del CIC.

Il diritto a non auto-accusarsi


Venendo al merito delle due disposizioni in cui si articola il can.
1728 § 2, il primo aspetto che deve essere messo in luce, visto anche
che il successivo in qualche modo dipende da questo, è il diritto a non
auto-accusarsi, che era già espresso nel brocardo «nemo se detegere
tenetur». Il principio vuole contemperare il diritto e dovere della Chie­
sa di sanzionare i comportamenti delittuosi con il rispetto della libertà
e dell’onore della persona, che posta davanti all’obbligo di accusare se
stessa si troverebbe sottoposta a quella che alcuni autori definiscono
una vera «tortura moralis seu spiritualis»14. La tensione tra il perse­
guimento del delitto e la difesa dei diritti dell’accusato viene pertanto
risolta a favore di questi ultimi, nella consapevolezza che i fini perse­
guiti dall’applicazione della sanzione (cf can. 1341: la riparazione dello
scandalo, il ristabilimento della giustizia e l’emendamento del reo)
non possono giustificare una prevaricazione sul singolo che ne leda il
diritto primordiale a essere solidale con la propria causa, in altri ter­
mini a non essere costretto a tradirsi (secondo un’altra formulazione
del principio già citato: «nemo tenetur prodere seipsum»).
Nella particolarità del procedimento penale canonico, il principio
deve essere tuttavia declinato con una certa cautela, infatti l’accusato,
in ragione del carattere puramente ecclesiastico delle leggi penali, è
un battezzato cattolico (cf can. 11), tenuto a un particolare onore alla
verità sino a sacrificarsi per essa, ma, dato che il comportamento di
chi accusa se stesso di un delitto deve essere valutato come in qual­
che modo eroico, non può essere considerato moralmente esigibile
neanche in un ordinamento sorretto da particolari valori trascenden-
ti-religiosi come quello canonico15.
La concreta formulazione del diritto a non auto-accusarsi assu­
me del resto nel testo del can. 1728 § 2 una formulazione estrema-
mente essenziale: «l’accusato non è tenuto a confessare il delitto»
(«accusatus ad confitendum delictum non tenetur»). Rispetto al can.

H Cf M. L e g a , C om m entarius in iudicia ecclesiastica, II, Roma 1950, p. 611.


15 P e r q u e sta osservazione cf R. C o p p o l a , Can. 1728, in Aa.Vv., Contentano exegético al Código de
Derecho Canònico, IV /2, Pam plona 19972, p. 2102.
76 M arin o M osconi

1743 § 1 CIC/17, in cui il principio era espresso in forma negativa


(«nisi agatur de delieto ab ipsis commisso»), come eccezione al do­
vere di rispondere alle domande («respondere tenentur») e di dire la
verità («fateri veritatem»), la nuova formulazione si distingue per due
aspetti principali: da un lato, venendo proposta in modo positivo e
non come eccezione alla norma, si rivela più ampia perché abbraccia
tutti i momenti del procedimento penale in cui un accusato si trova
nella possibilità di confessare il proprio delitto (e quindi non solo
l’interrogatorio giudiziale, sebbene questa sia la modalità consueta
con cui esigere una confessione) e dall’altro, siccome il diritto che
viene stabilito è precisato nei termini dell’assenza del dovere di con­
fessare il proprio delitto («non tenetur»), è evidenziato il fatto che la
norma non esclude la possibilità che l’accusato confessi liberamente
il proprio delitto: non è tenuto a farlo e pertanto può liberamente farlo
(la cosa valeva anche per la normativa del Codice del 1917, sebbene
la formulazione del can. 1743 § 1, a modo di semplice eccezione alla
norma, non includeva con altrettanto chiarezza tale possibilità). Per
quanto riguarda invece il fatto che la nuova formulazione della norma
non afferma espressamente, come avveniva nel can. 1743 § 1 CIC/17,
che il delitto che l’accusato non è tenuto a confessare sia quello che gli
è proprio, è da considerarsi del tutto evidente che si tratta di un’omis­
sione dovuta al carattere semplicemente superfluo di tale precisazio­
ne, atteso il fatto che la confessione concerne soltanto le affermazioni
contro se stessi (can. 1535) : rispetto al delitto commesso da una terza
persona la cui conoscenza dovesse eventualmente emergere duran­
te il processo, ancorché si tratti di una persona che l’accusato ha la
volontà o l’interesse di difendere, l’accusato stesso non è pertanto in
alcun modo scusato dal dovere di rispondere e secondo verità alle
domande che dovessero essergli poste in merito.
Cercando ora di specificare ulteriormente il diritto dell’accu­
sato a non essere tenuto a confessare il proprio delitto, questo può
essere declinato nel fatto che l’accusato non può essere vincolato in
alcun modo a effettuare per iscritto o oralmente delle asserzioni che
comportino il riconoscimento della propria colpevolezza. Applicando
tale affermazione generale al caso dell’interrogatorio, si possono
distinguere due situazioni: il non rispondere a una domanda posta o
il non rispondere secondo verità, quando la domanda implichi il rico­
noscimento del proprio delitto.
La prima situazione si oppone al dovere della parte di rispondere
alle domande poste dal giudice (can. 1531 § 1: «pars legitime interro­
N essuno pu ò essere obbligato a riconoscere la pro p ria colpa: il can. 1728 § 2 77

gata respondere debet») e si appoggia sul fatto che, nel caso, la rispo­
sta data risulterebbe essere nociva all’interessato in quanto comporta
il riconoscimento del delitto commesso (secondo il principio «expres­
sa nocent, non expressa non nocent»). Si tratta del diritto a rimanere
in silenzio, che può essere esercitato anche in modo discontinuo:
decidendo di rispondere ad alcune domande e non alle successive o
a un interrogatorio e non ad altri. La valutazione del significato del
silenzio opposto dall’accusato alle domande poste spetterà al giudice,
come stabilisce il can. 1531 § 2, sebbene si debba tenere conto del
fatto che in questo caso non si tratta del rifiuto illegittimo a rispon­
dere. Si noti tuttavia al tempo stesso che la situazione della parte che
legittimamente non risponde alle domande (in forza del can. 1534 la
parte può legittimamente non rispondere anche quando si verificano
le circostanze di cui al can. 1548 § 2) è resa nel diritto vigente meno
distante dalla situazione della parte che illegittimamente si rifiuta
di rispondere, per il fatto che la sanzione prevista dal can. 1743 § 3
CIC/17 («pars, quae respondere debet, si illegitime respondere recu-
saverit,... puniatur») è stata abolita per la ragione che, nella effettiva
prassi dei tribunali, tale comportamento non era comunque mai sog­
getto a sanzioni effettive16.
La seconda situazione è quella che si oppone al dovere della par­
te di dire la verità, che secondo la norma del can. 1531 § 1 deve essere
invece sempre integralmente esposta (la precisazione sul carattere
integrale della verità non era presente nel can. 1743 § 1 CIC/17) : «pars
legitime interrogata respondere debet et veritatem integre fateri».
Non si tratta propriamente del diritto di mentire, ma del non obbligo
di dire la verità, o di dire integralmente la verità, ovviamente limita­
tamente al modo in cui l’accusato conosce la verità stessa (l’accusato
potrebbe voler celare un fatto volto a condannarlo, che è stato a lui
riferito e che in realtà non è vero: è vero tuttavia per l’accusato che
così lo reputa). Questa seconda situazione si differenzia dalla prece­
dente, in cui è sufficiente non rispondere alle domande del giudice per
sottrarsi al riconoscimento del delitto, perché, per sottrarsi all’obbligo
di confessare il proprio delitto, l’accusato deve in questo caso rispon­
dere, senza tuttavia essere integralmente veritiero.

16Cf sessione del 25 novem bre 1978 in «C om m unicationes» 11 (1979) 101.


78 M arin o M osconi

Sebbene il Codice del 1983 non preveda alcuna sanzione penale


per il semplice mendace (senza darne spiegazione17, la commissione
per la codificazione decide di abbandonare il disposto del can. 1743 §
3: «pars, quae respondere debet, [...] si postquam responderit men-
dax reperta fuerit, puniatur»), resta da considerare il valore morale
per un cristiano dell’obbligo di dire la verità e di fuggire la menzogna
e pertanto il disposto del can. 1728 § 2, anche se non inteso propria­
mente come legittimazione del falso, appare per certi versi problema­
tico. Come stabilisce infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica al n.
2476, «un’affermazione contraria alla verità, quando è fatta pubblica­
mente, riveste una gravità particolare» e «fatta davanti ad un tribuna­
le, diventa una falsa testimonianza», che può comportare sia la «con­
danna di un innocente», sia la «assoluzione di un colpevole» e in ogni
caso compromette gravemente «l’esercizio della giustizia e l’equità
della sentenza pronunciata dai giudici». La non sincerità in tribunale,
che per sé già si verifica in qualche modo nel sottrarsi al dovere di
rispondere (è un sottrarsi alla legittima ricerca della verità), diventa
ancora più manifesta nel caso in cui si dia una risposta che non sia
integralmente secondo verità (il tacere aspetti importanti della verità
mentre si offre la propria risposta si avvicina infatti all’andare contro
la verità, severamente condannato dal Catechismo18) e costituisce
pertanto una situazione difficile da giustificare per un credente, pur
considerando le osservazioni già proposte circa l’assenza del dovere
di comportamenti eroici.
La dottrina morale19prevede in realtà dei casi in cui il fedele non
sia tenuto a dire la verità: si tratta della possibilità della restrizione
mentale o anfibolia, ovverosia la comunicazione di un messaggio che
è inteso in senso esatto e perciò ristretto da chi lo pronuncia e in un
altro senso da chi lo intende (purché la restrizione mentale non sia
puramente interna a chi la applica) oppure di quella del falsiloquio,

17Nella sessione di lavoro d ella com m issione del 27 o ttobre 1967 m attina la previsione di u na sanzione
p e r il m endace e ra ancora stabilita, anzi un consultore propose (senza che la proposta venisse accolta)
di farne la sintesi dei p reced en ti § § 2 e 3 del can. 1743, secondo il testo: «pars, si m endax re p e rta fuit,
puniatur» (cf «C om m unicationes» 38 [2006] 144). F u nella già citata sessio n e del 25 novem bre 1978
che si decise la soppressione della sanzione p e r i m endaci, dando tu ttav ia com e sola m otivazione la
p ra ssi dei tribunali di non p u n ire quanti più sem plicem ente si rifiutano di rispondere (cf «C om m uni­
cationes» 11 [1979] 101).
18P e r esem pio se, al fine di individuare chi p o ssa avere profanato le Sacre specie entran d o in c h iesa di
n otte e senza effrazione, l’accusato viene rich iesto di e lencare com piutam ente le chiavi in suo p o ss e s­
so e offre un elenco, m a om ette di in d icare la chiave della c h iesa (che in re a ltà era invece p re sen te nel
m azzo affidatogli) è com e se a ffe rm asse e sp re ssa m e n te e falsam ente di non avere avuto d e tta chiave.
P er q ueste note si veda: M. Cozzo li, B ugia, in Nuovo dizionario di teologia morale, Cinisello B alsam o
1990, pp. 105-112.
N essuno pu ò essere obbligato a riconoscere la pro p ria colpa: il can. 1728 § 2 79

ovverosia il proporre un’affermazione non vera in ragione di un fine


prevalente su quello della verità e in assenza di un diritto alla verità
da parte del soggetto a cui ci si rivolge20. Entrambe le possibilità
presentano tuttavia aspetti discutibili, la prima perché rischia di ap­
parire un sotterfugio e la seconda perché rischia di dare un’eccessiva
prevalenza al fine inteso dal soggetto rispetto al bene costituito dalla
verità stessa, e ancora più problematico è applicare tali fattispecie al
caso in esame dove, per esempio, è difficile affermare che il giudice
ecclesiastico che agisce legittimamente non disponga di un diritto a
conoscere la verità.
Il criterio ultimo di giudizio sulla verità dovrebbe del resto pro­
venire al credente dal rapporto della verità stessa con la legge cristia­
na suprema della carità, come afferma il Catechismo della Chiesa
Cattolica al n. 2488: «il diritto alla comunicazione della verità non è
incondizionato» ma quello che deve guidare il difficile discernimento
di volta in volta necessario è che «ognuno deve conformare la pro­
pria vita al precetto evangelico dell’amore fraterno», così che «nelle
situazioni concrete si vagli se sia opportuno o no rivelare la verità a
chi la domanda». Questo principio, se apre la strada a diverse ecce­
zioni all’osservanza intangibile del criterio veritativo (per esempio è
possibile mentire per salvare la vita di un innocente), è riferibile alla
norma in esame solo se inteso come benevolenza caritatevole verso
la pochezza dell’uomo, che si troverebbe costretto a qualcosa di in­
sopportabile se strettamente tenuto a confessare la sua colpevolezza
nell’ambito di un processo penale.
In questo senso sembra corretto leggere l’eccezione del can.
1728 § 2 come una possibilità con cui la norma canonica, in ottem­
peranza a un condiviso principio di civiltà giuridica, tiene conto
della dignità dell’accusato e del rispetto dovuto anche ai suoi limiti
e alla sua fragilità. La diversa prassi seguita prima dell’introduzione
del diritto a non auto-accusarsi, in connessione con l’affermarsi del
processo inquisitoriale, non ha del resto offerto della Chiesa un’im­
magine accettabilmente conforme al proprio modello evangelico e in
questo senso il già citato principio supremo della carità può essere qui
evocato in riferimento proprio al modo in cui il giudice ecclesiastico,
agendo a nome dei pastori della Chiesa, pur perseguendo i delitti a
favore della Chiesa stessa e a tutela delle vittime dei comportamenti

20Su q u e st’ultim a circo stan za si veda anche il C atechism o della C hiesa C attolica al n. 2489: «nessuno
è tenuto a p alesare la verità a chi non h a il d iritto di conoscerla».
80 M arin o M osconi

delittuosi, mantiene sempre un atteggiamento di misericordia anche


nei confronti dello stesso accusato.
Si potrebbe in tal senso evocare, a illustrare il senso dell’ecce­
zione posta dalla norma canonica rispetto al dovere di dire la verità,
il principio richiamato dalla Congregazione per la dottrina della fede
in un documento del 1971 (sebbene l’oggetto del documento fosse il
tema della contraccezione): «le particolari circostanze che interven­
gono in un atto umano oggettivamente cattivo, mentre non possono
trasformarlo in oggettivamente virtuoso, possono renderlo incolpevo­
le o meno colpevole o soggettivamente difendibile»21.
In questo senso si deve comunque riconoscere che il non ri­
spondere alle domande poste e a maggior ragione il non rispondere
secondo la verità intera costituisce un atteggiamento da parte del
fedele accusato che resta in parte problematico, sebbene giuridica­
mente ammissibile. Da questo deriva che, ancorché il fedele accusato
possa essere considerato scusabile nella sua volontà di sottrarsi alle
accuse mossegli, sarà comunque suo dovere valutare attentamente
la possibilità di ammettere liberamente il male commesso, rifiutando
di avvalersi della possibilità offertagli dalla norma canonica e questo
sarà maggiormente importante quanto più il delitto viene a ledere
il bene della Chiesa e quello delle vittime, soprattutto se si tratta di
vittime particolarmente ferite dal delitto. Nel caso dell’ordinamento
canonico una tale possibilità, presente negli ordinamenti civili nella
forma dell’accordo di convenienza offerto all’imputato, che riconosce
il delitto a fronte di uno sconto di pena (il reo confesso o persino col-
laborante con l’autorità giudiziaria non è necessariamente il reo pen­
tito), assume la forma del riconoscimento della propria colpevolezza
in vista di quell’emendamento (il reo è confesso perché pentito) che
è proprio uno dei fini della pena canonica stessa; la norma canonica
non prevede del resto sconti di pena in ragione dell’auto-accusa, ma
dell’emendamento, come prevede il can. 1344,2°: «a poena irroganda
abstinere vel poenam mitiorem irrogare aut paenitentiam adhibere, si
reus emendatus sit et scandalum reparaverit». Si consideri a questo
proposito quanto richiesto dalla Lettera per la predisposizione delle
linee guida in materia di abusi sessuali da parte delle conferenze epi­
scopali, che richiede di rendere consapevoli i chierici della gravità del

21 S acra C ongregazione per la dottrina della fed e , Washington Case, 26 aprile 1971, II, 4.
N essuno pu ò essere obbligato a riconoscere la pro p ria colpa: il can. 1728 § 2 81

loro comportamento e della loro responsabilità22, e quanto previsto


dalla Guida alla comprensione delle procedure, relativa al medesimo
argomento, in cui si prevede espressamente la possibilità deU’ammis-
sione del delitto da parte del chierico colpevole, unito all’impegno ad
una vita di preghiera e penitenza23.
Si deve in ogni caso ricordare che anche la libera scelta della
parte di auto-accusarsi non assume, nelle cause penali che riguar­
dano sempre il bene pubblico, il valore di prova piena, se non in con­
nessione con altri elementi atti ad avvalorarla (can. 1536 § 2). Il bene
pubblico che è in gioco nelle cause penali richiede infatti di essere
perseguito con la massima cura e pertanto il valore delle dichiarazio­
ni rese dalla parte non potrà mai avere un esito conclusivo rispetto
alla ricerca della verità, se non in concordanza con altri elementi di
riscontro.

Il giuramento non richiesto


Negli ordinamenti civili la problematica del giuramento assume,
ai nostri tempi, un rilievo sempre minore, in quanto il carattere plura­
lista della società rende inopportuno il ricorso a un atto proprio della
visione religiosa della vita, peraltro rifiutato da alcune persone per
motivi di coscienza (talvolta proprio di natura religiosa)24. Non così
nell’ordinamento canonico che, ancorché consapevole del fatto che la
legge evangelica pone l’esigenza della verità come un requisito che si
impone a prescindere dal ricorso al giuramento25, recepisce ancora og­
gi, nel diritto vigente (dopo aver superato qualche incertezza durante

22C tE pistula circularis, litteris Cardinalis Villeimi Levada annexa, quae continet suggestiones ad lineas
directorias ad Episcoporum conferentiarum apparandas in pertractandis casibus abusus sexualis in mi-
nores ab ecclesiasticis commissi, in «C om m unicationes» 43 (2011) 84 al n. I le tte ra d): «siano edotti i
sacerdoti sul d anno re ca to da u n chierico alla v ittim a di abuso se ssu ale e sulla propria responsabilità
di fronte alla norm ativa canonica e civile».
23 Cf G uida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la dottrina della fede ri­
guardo alle accuse di abusi sessuali, le tte ra B 3, in «L’O sserv ato re Rom ano» 12-13 aprile 2010, p. 8: «in
quei casi in cui il sacerd o te accusato abbia am m esso i propri crim ini e abbia accettato di vivere una
vita di p re g h ie ra e di p enitenza, la C ongregazione p e r la d o ttrin a della fede autorizza il vescovo locale
a e m e tte re u n d e cre to che proibisce o lim ita il m inistero pubblico di tale sacerdote».
24 II C odice di p ro c ed u ra penale italiano all’a rt. 497, com m a 2 prevede u n sem plice im pegno da pro­
p o rre al teste, con la se g u e n te form ulazione: «consapevole della resp o n sab ilità m orale e giuridica che
assum o con la m ia deposizione, m i im pegno a d ire tu tta la v erità e a non n a sco n d ere nulla di quanto
è a m ia conoscenza».
25 P e r u n approfondim ento di q u esto asp etto cf G. B r u g n o t t o , Il giuram ento (can. 1199), in Q D E 25
(2012) 67.
82 M a rin o M osconi

i lavori per la codificazione26), la posizione consolidata nella tradizione


cristiana che riconosce il valore particolare del giuramento con cui
il fedele, chiamando in causa il suo rapporto con Dio, si impegna al
più alto grado umanamente possibile sulla verità di ciò che asserisce
o promette. Nel caso di un procedimento giudiziale il giuramento è
di carattere invocatorio o contestatorio, ovverosia chiama in causa
Dio come testimone della verità (non come giudice o vendicatore,
come prevede il giuramento imprecatorio o esecratorio) ed è volto a
concorrere alla ricerca della verità, si esprime formalmente di norma
in modo orale (con attestazione sul verbale della sua effettuazione) e
può essere accompagnato o meno da dei segni (il can. 1622 § 1 CIC/17
prevedeva il giuramento sui Vangeli, o tacto pectore per i chierici); il
suo oggetto può essere la promessa di dire la verità o l’affermazione
di averla detta. Si tratta di un requisito richiesto quando si tratta della
deposizione di una parte e sia in causa il bene pubblico (can. 1532)
e il fatto che sia proferito in un procedimento giudiziario garantisce
che ci siano i requisiti della prudenza e della giustizia richiesti dalla
normativa (can. 1199). Sta a chi lo emette garantire il terzo requisito,
ovverosia la verità del giuramento, a cui non potranno darsi di norma
eccezioni, posto che le possibilità riconosciute dalla tradizione di non
ottemperare il giuramento27riguardano circostanze che non sembra­
no potersi verificare in un procedimento giudiziario canonico.
Proprio il fatto che la parte che ha emesso giuramento non può
poi sottrarsi dal dire la verità nelle risposte date durante l’interroga­
torio determina, dato il già esposto diritto a non auto-accusarsi, che
nelle cause penali non si debba chiedere all’accusato di prestare giu­
ramento, ancorché si tratti di procedimenti in cui è in causa il bene
pubblico. Il motivo dell’eccezione deriva dal fatto che l’accusato non
deve essere posto nella possibilità di offendere la sua coscienza con
il grave atto dello spergiuro che, come afferma il n. 1756 del Catechi­
smo della Chiesa Cattolica, rientra nel novero degli «atti che per se
stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle in­

26 N ella riunione della com m issione codificatrice del 25 novem bre del 1978 si e ra p roposto di soppri­
m ere la rich iesta di giu ram en to , sostituendola con la rich iesta di d ire la verità, p e r non u rg e re tale
adem pim ento in contesti che possono risu lta re non adeguati, m a si decise di m an ten ere il disposto
evidenziando che è da c o n sid era rsi c om unque ovviabile in p re sen z a di u n a grave cau sa (cf «Com m u­
nicationes» 11 [1979] 101-102).
27 P e r le circo stan ze in cui il g iu ram en to è da rite n e rsi non vincolante, cf cann. 1200-1202 e B. O j e t t i ,
Synopsis rerum m oralium et iuris pontifica, Roma 1899, pp. 284-286. Com e evidenziato nel p erco rso
storico, prim a dell’introduzione della clausola che esclude il g iu ram en to nei p rocedim enti penali
erano com unque m olte le m otivazioni addotte p e r considerarsi e se n ta ti dall’obbligo di dire la verità
quando si tra tta di co n fessare il proprio crim ine.
N essuno pu ò essere obbligato a riconoscere la p ro p ria colpa: il can. 1 7 2 8 § 2 83

tenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto».


Si aggiunga il fatto che lo spergiuro, a differenza di quanto stabilito
dal diritto vigente per l’omissione della risposta o per l’affermazione
del falso in giudizio, continua ad essere sanzionato penalmente dal
can. 1368 che prevede una giusta pena e colloca tale delitto nel titolo
relativo ai delitti contro la religione e l’unità della Chiesa (il can. 1743
§ 3 del CIC/17 prevedeva l’interdetto per il laico e la sospensione per
il chierico).
Il contenuto proprio della norma del can. 1728 § 2 è quell
stabilire che nelle cause penali il giuramento non può essere imposto
all’accusato: «nec ipsi [accusatus] iusiurandum deferri potest». Il
verbo «deferre», già proposto dal can. 1744 del CIC/17, è da intendersi
infatti nel senso di «expostulare»28, ovverosia richiedere, imporre. Il
can. 1728 § 2 non precisa chi sia il soggetto che non debba ricorrere
a tale imposizione, ma questo non lascia dubbi sul fatto che qui si
intenda fare riferimento al giudice o all’uditore (il can. 1744 CIC/17
indicava espressamente il giudice), mentre per quanto riguarda il
contenuto del giuramento che non può essere imposto è altrettanto
evidente, visto il can. 1532, che si tratti del giuramento «de veritate
dicenda» o del giuramento «de veritate dictorum». La norma non in­
tende quindi vietare ogni tipo di giuramento dell’accusato nel corso
del procedimento penale29: non è vietato infatti all’accusato giurare
circa la segretezza del contenuto della deposizione (can. 1455 § 3),
né giurare nella materia relativa alla valutazione della causa di ripara­
zione dei danni che fosse eventualmente perseguita unitamente alla
causa penale (can. 1729).
Come già osservato in riferimento al diritto della parte a non
auto-accusarsi è inoltre possibile che l’accusato, benché non tenuto
al giuramento, chieda spontaneamente di sottoporsi a un tale vinco­
lo30 per avvalorare le sue affermazioni, assumendosi in questo caso
espressamente la responsabilità di un eventuale spergiuro, con le
conseguenze già evidenziate.
Come il diritto a non auto-accusarsi non si traduce in un sempli­
ce diritto alla menzogna, in quanto la parte è esentata dal rispondere

29 P e r q u esta interp retazio n e cf A. B l a t , C om m entarium textus Codicis lu ris Canonici, Rom a 1927, p.
263.
29 P e r q u e sta osservazione cf anche R. N a z , S erm ent des parties, in D ictionnaire de droit canonique,
VII, col. 990.
30 C f L. C h i a p p e t t a , Il Codice di diritto canonico. Com m ento giuridico-pastorale, III, B ologna 20113,
p. 286.
84 M arin o M osconi

alle domande e dal riferire la verità integrale solo limitatamente a


quanto concerne il fatto di evitare di accusare se stessa, così la man­
canza di giuramento, e quindi la sottrazione al rischio di spergiuro,
non deve in alcun modo favorire il fatto che la parte si senta legittima­
ta a non essere sincera. Le affermazioni dell’accusato, anche se non
vincolate da un giuramento prestato, non dovranno mai comportare
inutilmente danni al procedimento o a terzi. Se la parte, accusata di
un delitto, è interrogata nel contempo come teste a carico di altri, do­
vrà pertanto rispondere secondo verità, sempre che questo non com­
porti la propria auto-accusa e non sarà mai ammissibile che presenti
affermazioni menzognere al solo fine di depistare il procedimento.
In particolare, se la parte profittasse del fatto di non essere tenuta al
giuramento per calunniare degli innocenti ricorrendo alla menzogna,
il suo comportamento sarebbe perseguibile in base al can. 1390 §§
2-3, infatti nessun comportamento volto positivamente ad accusare
un innocente può essere considerato compatibile con l’ordinamento
canonico31. L’unica possibilità che il ricorso al diritto di auto-difesa
comporti la condanna di un innocente è che il sottrarsi del colpevole
alla giusta condanna lasci spazio alla possibilità di ritenere colpevole
un altro accusato e questo fatto, pur non comprimendo il diritto di cui
al can. 1728 § 2, dovrebbe essere valutato in coscienza dal colpevole
stesso, che potrà sempre confessare il proprio delitto, riconoscendolo
anche sotto giuramento (circa la valutazione della confessione, anche
se prestata sotto giuramento, vigono sempre i limiti già evidenziati
del can. 1536 § 2).

L’applicazione del can. 1728 § 2 nel corso del procedimento


canonico penale
La concreta applicazione del can. 1728 § 2 nel contesto di un
procedimento penale, con il diritto a non auto-accusarsi e l’esclusione
dell’obbligo del giuramento, pone una serie di interrogativi, che me­
ritano di essere almeno accennati. Si tratta di un aspetto fortemente
evidenziato negli ordinamenti civili, in cui il diritto a non auto-accu-
sarsi (come già esposto, meno rilevante è la questione del giuramen­

31 L’ordinam ento giuridico italiano prevede la possibilità di fare dichiarazioni calunniose se non e so r­
bitanti dall’econom ia difensiva, ovverosia se si tratti dell’unico e n ecessario m ezzo p e r la confutazione
d ell’im putazione; si veda la S en ten za della C orte di C assazione 5789/1995 che sc rim in a in q u esta
fattispecie il reato di calunnia (cf G. B a r b u to - S. L u e r ti - V. P i l l a - R. Spina, Compendio di diritto
processuale penale, S an tarcan g elo di Rom agna 2011, p. 80).
Nessuno può essere obbligato a riconoscere la propria colpa: il can. 1728 § 2 85

to) è estremamente ramificato nelle sue conseguenze processuali,


che nel corso del tempo sono state sempre più precisate. Si consideri
a titolo di esempio come la self-incrimination clause, già contenuta nel
quinto emendamento della costituzione degli Stati Uniti d’A merica
(«no person can be forced to testify [speak] against himself»), abbia
comportato, a seguito della decisione della Corte Suprema nel caso
Miranda versus Arizona del 1966, l’introduzione di severi limiti circa
l’ammissibilità delle confessioni ottenute negli interrogatori di polizia
e in particolare la loro non ammissibilità processuale se al momento
dell’arresto o comunque prima dell’interrogatorio non è stata data
lettura dei diritti dell’accusato, che comprendono il diritto di rimanere
in silenzio32. In concreto, si può riassumere l’articolazione del diritto
dell’imputato a non auto-accusarsi negli ordinamenti civili in tre
aspetti principali: l’estensione del diritto alle diverse fasi del procedi­
mento, a partire dagli interrogatori di polizia; l’obbligo di comunicare
alla parte l’esistenza di tale diritto; in alcuni casi, la sanzione dell’inu-
tilizzabilità delle dichiarazioni rese in assenza di dette cautele33.
Nell’ambito del diritto canonico i principi del diritto a non auto­
accusarsi e del non essere obbligati al giuramento, al contrario, non
vengono dettagliati nelle loro conseguenze processuali nelle diver­
se fasi del procedimento penale, ma è comunque possibile offrire
qualche riflessione in merito. Il primo aspetto da evidenziare a tale
proposito, e che è condiviso tra gli autori34, è la considerazione che la
norma del can. 1728 § 2, che sotto il profilo sistematico rientra nella
«pars IV, de processu poenali - caput II de processu evolutione», deve
essere applicata al processo giudiziale penale ma anche al processo
amministrativo penale di cui al can. 1720 e persino all’indagine previa
di cui al can. 1717.
Per quanto riguarda il processo penale, giudiziale o amministra­
tivo, la situazione che si configura è quella in cui la parte, informata
del delitto di cui è accusata (ha avuto luogo la citazione, can. 1507 §
1; per il processo amministrativo le accuse sono state rese note, can.
1720, 1°) ed assistita da un avvocato (obbligatorio per il processo
giudiziale, can. 1723; è possibile anche per il processo amministrativo

32 P e r q u e ste annotazioni cf L . S t r o p p ia n a , S ta ti Uniti. S i governano così, B ologna 2006, pp. 143-145.


33 P e r l’applicazione di tali principi all’ordinam ento italiano, si vedano: la voce Interrogatorio, in E nci­
clopedia del diritto, N ovara 1991, pp. 750-751 e il volum e G. B a r b u t o - S. L u e r t i - V. P il l a - R. S p in a ,
Compendio di diritto processuale penale, cit., pp. 78-80.
3,1C om e esem pio degli autori che sostengono tale interp retazio n e cf J. G re en , can. 1728, in N ew com­
mentarci on thè Code o f Canon Law, a c u ra d iJ .P . B eal-J.A . C o rid en -J. G reen, New York 2000, p. 1815.
86 M arino Mosconi

ricorrere ad un patrono o averne assegnato uno d’ufficio), viene chia­


mata a deporre dal giudice o dall’ordinario (o dal suo delegato) per
esprimere la sua posizione rispetto agli addebiti mossi (dichiarando la
propria innocenza o riconoscendo la propria colpevolezza) e per offri­
re gli opportuni riscontri di fatti e circostanze: in forza del can. 1728
§ 2 non si potrà esigere l’ammissione di colpevolezza, né potrà essere
imposto il giuramento, sia che riguardi l’impegno a dire la verità sia
che riguardi il fatto di avere detto la verità35 (sono invece possibili,
come già evidenziato, altri giuramenti).
Per quanto riguarda invece l’indagine previa, essa potrà essere
utilizzata per un primo interrogatorio dell’indiziato, sebbene questa
non sia la fase in cui ordinariamente procedere a un tale adempimento
(per non ledere la buona fama dell’accusato e non compromettere la
fase successiva, cf can. 1717 §§ 2-3)3e, quando necessario per chia­
rire la causa o per eliminare il sospetto. In ragione del can. 1728 §
2, anche in questo primo interrogatorio non dovrà essere imposto il
giuramento e non si dovrà pretendere l’ammissione di colpevolezza
da parte dell’indiziato.
Per quanto riguarda il fatto che l’indiziato o l’accusato debba
conoscere il diritto di non auto-accusarsi prima di deporre (per quan­
to riguarda il giuramento, la sua non imposizione sarà già evidente
comunicazione del diritto esistente in merito), questo non è posi­
tivamente stabilito dalle norme ma è desumibile dalla necessità di
applicare con efficacia il can. 1728 § 2. Nel caso in cui fosse presente
l’avvocato o il patrono potrebbe essere sua cura il comunicare alla
parte tale diritto, ma in ogni caso il giudice o l’ordinario (o il suo de­
legato) o l’investigatore hanno tra i loro compiti quello di sincerarsi
del fatto che la parte possa difendere con efficacia i suoi diritti, che
comprendono anche quanto sancito dal can. 1728 § 2.
Se il disposto del can. 1728 § 2 non fosse osservato (imponendo il
giuramento o intimando alla parte di confessare il proprio delitto), in
qualsiasi fase del procedimento, non sono previste sanzioni specifiche

35 Su questo si vedano an ch e le Indicazioni per il procedimento ex can. 1720 date dalla C ongregazione
p e r la d o ttrin a della fede p e r i p ro ced im en ti c ontro i delieta graviora, dove al n. 10 si prevede che: «se
non è stato fatto d u ra n te Yinvestigatio praevia, ovvero lo si rite n g a nuovam ente o pportuno, l’im putato
sia chiam ato a d e p o rre p e r gli o p p o rtu n i risc o n tri di fatti e circostanze. Nel c o n te stare gli addebiti
si chieda p e r ciascuno di e ssi la d ichiarazione di in nocenza ovvero di colpevolezza. Non può e sse re
rich iesta l’am m issione di colpevolezza, né im posto il g iu ram en to (cf. can. 1728, § 2)». Si aggiunge
inoltre al n. 12: «sia rich iesto il g iu ram en to di d ire la verità e di aver d etto la verità a tutti, escluso
l’im putato».
36 P e r q u esta opinione cf A .G . MlziròSKI, L’indagine previa (cc. 1717-1719), in A a .Vv., Il processo penale
canonico, Rom a 2003, pp. 193-194.
Nessuno può essere obbligato a riconoscere la propria colpa: il can. 1728 § 2 87

e in particolare non è stabilita l’inutilizzabilità delle dichiarazioni ac­


quisite, ma si dovrà valutare la ricaduta di un simile comportamento
sulla legittimità del processo e in particolare dovrà essere considerata
la possibilità che una sentenza che poggiasse su un simile compor­
tamento processuale sia da considerarsi insanabilmente nulla per
negazione del diritto di difesa (can. 1620, 7°) o sanabilmente nulla,
perché poggia su un atto giudiziale (l’interrogatorio) nullo (can. 1622,
5° e c an .1619).
Si potrebbe porre un interrogativo sulla possibilità di applicare
il can. 1728 § 2 anche agli atti che precedono l’avvio formale dell’inda­
gine previa, ovverosia alla fase dell’acquisizione e della prima verifica
della notitia criminis. Si tratta tuttavia di una fase non strutturata giu­
ridicamente, condotta normalmente da soggetti privi di particolare
competenza giuridica e che per sua natura non dovrebbe prevedere
il ricorso al giuramento, pertanto non risultano esserci i presupposti
per evocare le precise disposizioni della norma in oggetto. Quello
che in ogni caso deve essere osservato anche in questa fase, perché
poggia sull’irrinunciabile rispetto della dignità del soggetto, mas­
simamente onorata nel diritto canonico, è che si deve rifuggire da
ogni comportamento volto ad intimidire la persona o a mettere in
qualche modo in discussione la difesa della sua intimità, che costitu­
isce in ogni caso un diritto inviolabile (can. 220: «nemini licet... ius
cuiusque personae ad propriam intimitatem violare»). Posto che tali
comportamenti non dovrebbero trovare posto nelle modalità con cui
si esercita il potere nella Chiesa e considerato il fatto che la società
ecclesiale non dispone degli strumenti coercitivi propri dell’autorità
secolare (per esempio il potere di arresto), l’ordinamento canonico
non pone particolari indicazioni di tutela, sebbene non si possa esclu­
dere che si verifichino situazioni di abuso37.
Un caso particolare è quello in cui la parte venga interrogata sui
suoi comportamenti nel corso di un procedimento giudiziario non
penale in cui sia implicato il bene pubblico e durante una deposizione
posta sotto giuramento emerga la notizia di un crimine commesso
dalla stessa38. La collocazione del can. 1728 § 2 nell’ambito della IV

37 Si pensi al su p erio re o al d ire tto re sp iritu ale che profitti della p ropria autorità sulla coscienza del
fedele, non solo p e r appellare leg ittim am en te al sincero riconoscim ento dei p ropri e rro ri, m a p e r co­
strin g e re il colpevole a c o n fessare il delitto, prevaricando sulla sua p erso n a. O vviam ente l’ordinario
o il g iudice p o tranno v alu tare u n a confessione e sto rta in tal m odo com e illegittim a, m a si tra tte re b b e
com unque di una valutazione discrezionale.
38P e r esem pio in u n a causa m atrim oniale u n a p a rte riferisce di avere gettato, al m om ento della com u­
nione, l’ostia co n sa cra ta d u ra n te la m e ssa nuziale.
88 M arino Mosconi

parte del libro VII, voluta nel processo di codificazione nonostante


l’osservazione critica emersa proprio relativamente alla sua non uti­
lizzabilità nel processo contenzioso39, sembrerebbe suggerire che il
canone non si applica se non al processo penale. In realtà, proprio il
carattere speciale del procedimento penale suggerisce che, non ap­
pena emerge una notitia criminis, questa non venga approfondita nel
processo contenzioso ma sia trasmessa all’ordinario perché valuti il
da farsi (can. 1717) e, se decide di perseguire il crimine, lo faccia con
le regole proprie stabilite per tale finalità. Nel corso della deposizio­
ne contenziosa il giudice (o l’uditore), che è sempre competente in
diritto canonico (can. 1421 § 3 e can. 1428 § 2), deve pertanto reagire
all’eventuale emergere della notizia del crimine informando l’accusa­
to di non procedere oltre nella sua deposizione, sia perché resa sotto
giuramento (e si deve evitare in ogni modo il rischio di spergiuro), sia
perché si tratta di una prova acquisita in assenza delle cautele previste
per il procedimento penale.
Sarà la successiva eventuale indagine, condotta nel rispetto dei
principi del processo penale, a chiarire i fatti (e la stessa esistenza o
imputabilità del delitto), mentre la notitia criminis comunque emersa
nel corso del procedimento non penale sarà utilizzabile per concor­
rere alla valutazione della verosimiglianza della notizia di cui al can.
1717 § 1 e potrà essere eventualmente acquisita in seguito, nel corso
del processo.
Le stesse cautele valgono nel caso in cui il processo sia già pena­
le ma colui che sta per essere escusso è semplicemente un teste, che
tuttavia nella sua deposizione lascia emergere delle circostanze che
possono suggerirne l’incriminazione (magari senza che questi se ne
avveda, non conoscendo il rilievo penale dei fatti descritti)40. In questo
caso il giudice che sta effettuando l’interrogatorio e che ha già richie­
sto il giuramento, dovrà evitare di esigere la confessione del delitto da
parte del teste significando allo stesso, che in quel momento compare
semplicemente per dare la propria testimonianza, la possibilità che
acquisisca la nuova qualifica di accusato (anche se nell’ordinamento
canonico questo non è mai automatico), con le conseguenze che ne
derivano. Resta ovviamente intatta la libertà del teste di proseguire la

3S Cf «C om m unicationes» 11 (1979) 101.


<0Secondo il C odice di p ro c ed u ra penale italiano, all’art. 198, com m a 2, il te s te non può e sse re obbli­
gato a d ep o rre su fatti da cui p ossa em e rg ere una sua responsabilità penale.
Nessuno può essere obbligato a riconoscere la propria colpa: il can. 1728 § 2 89

propria deposizione sotto giuramento, riconoscendo spontaneamente


la propria colpa.
In conclusione, è possibile osservare come i diritti dell’accusato
tutelati nel can. 1728 § 2 rappresentano una garanzia per un eserci­
zio dell’autorità giudiziaria penale che sia rispettosa della persona e
allinea l’ordinamento canonico ai principi giuridici oggi condivisi dai
principali ordinamenti giuridici. Le particolarità del sistema penale
canonico, con le finalità peculiari della pena canonica e gli strumenti
specifici di cui dispone l’autorità ecclesiastica, suggeriscono tuttavia
un’applicazione di tali principi che sia in parte originale. In particola­
re, la tensione tra il dovere di perseguire adeguatamente i crimini e
la tutela dei diritti della persona, ancorché colpevole, trova soluzione
nell’ambito del diritto canonico nell’appello della persona alla con­
versione e al pentimento, che rappresenta un fine irrinunciabile per
ogni fedele, essendo condizione per il suo vero bene, ovverosia per la
salvezza. Il riconoscimento della colpa si impone in questo senso non
come effetto di un’ingiunzione che abbia a prevaricare sulla persona
ma come un cammino a cui condurre l’errante per il conseguimento
a un tempo del suo bene e del bene della Chiesa che egli ha ferito.
Dalla breve indagine condotta emerge anche un limite, quello
di una normativa molto succinta che, non declinando con adeguata
precisione le indicazioni generali del can. 1728 § 2 nelle varie fasi
del processo, non ne favorisce un’applicazione rigorosa ed efficace.
Si deve tuttavia osservare che questo carattere di accentuata e forse
eccessiva sobrietà caratterizza la normativa penale processuale nel
suo complesso e non solo nell’aspetto ora considerato.
M a r in o M o s c o n i
Via Caboto, 2
20122 Milano
Q uaderni di diritto ecclesiale
27 (2014) 90-127

Fatti circostanziati e qualità personali


in relazione all'errore doloso: riscontri
giurisprudenziali

C om e si può desum ere dal titolo, u n prim o am bito di approfondi­


m ento del presente contributo riguarderà anzitutto il tem a della qualitas
secon d o il can. 1098; in u n secon d o m om ento, fisserem o, invece, la
nostra attenzione sui "fatti circostanziati" su cui deve vertere la ricerca
processuale.
Ciò significa che non rientrano, pertanto, nell'oggetto del m io inter­
vento il concetto di errore doloso, la finalità del dolo perpetrato, né tanto
m eno la dibattuta questione della retroattività o m eno del dolo. L'ambito,
poi, della ricerca si è lim itato alla giurisprudenza rotale pubblicata negli
ultim i dieci anni.
Il tem a in questione pone un duplice interrogativo. Il primo riguarda
più specificatam ente il concetto di qualità, applicato ad alcune situazioni
o condizioni che vive l'altro contraente, n on necessariam ente identifica­
bile con il deceptor che potrebbe essere u n terzo rispetto ai due contraenti.
In altre parole: cosa si intende per qualitas? D eve essere essa una m oda­
lità chiara dell'essere, ben delineabile in se stessa, quasi reificabile in un
fatto o u n dato ben preciso; oppure può essere dedotta da u n giudizio
sul soggetto che si fonda su di una serie di fatti e di com portam enti del
soggetto che determ inano u n habitus dello stesso; oppure può trattarsi
anche di u n solo fatto, la cui scoperta però potrebbe rendere insoppor­
tabile il proseguim ento della vita coniugale? N el prim o caso, la qualitas
sarebbe la diretta con segu en za di u n fatto insindacabile (es. m atrim onio
civile, gravidanza prenuziale, precedenti penali); nel secon do caso, la re­
altà della qualitas sarebbe anche frutto di una interpretazione che si può
dare di determ inati com portam enti del soggetto; nel terzo ci troveremo
di fronte ad u n fatto o circostanza circoscritti della storia del soggetto,
sulla cui valutazione com e qualitas si dovrebbe porre la questione.
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all’errore doloso: riscontri giurisprudenziali 91

Riportiam o in proposito quanto scriveva Bianchi valutando alcune


cause trattate per dolo nel Tribunale Lombardo:

«Sono state in tese situ a zio n i per sé riconducibili a u n fatto puntuale (che
potrebbero q uin di forse co n cettu a lm en te ascriversi al co n cetto di "cir­
costanza" p iu ttosto ch e a quello di "qualità"), m a che tuttavia segn an o
profondam ente, da u n lato, la p ersona m ed esim a dal p u n to di vista della
sua im m agine sociale; e, dall'altro, dim ostran o di avere u n sicuro rifles­
so su llo sp ecifico co n so rzio di vita m atrim oniale: co sì l'essere gravida o
l'essere già stata m adre da u n altro; ovvero il m illantato esercizio di una
professione ad alto apprezzam ento sociale e che scolpisce per così dire la
personalità globale del soggetto, quale quella del m edico o del fu nzionario
delle forze dell'ordine»1.

La questione è stata posta anche recentem ente in una sentenza della


Corte di C assazione2 che ha ritenuto n on delibabile una sentenza eccle­
siastica, in cui era stata riconosciuta la nullità per dolo subito daH'uomo,
perché la donna aveva negato una relazione con u n altro uom o, prima del
m atrim onio. La sentenza scrive che la decisione ecclesiastica n on poteva
essere riconosciuta neirordinam ento italiano «perché aveva provocato
u n errore n on incidente su una qualità oggettiva dell'altro nubendo»3.

1 P. B ia n c h i , Esempi di applicazione giurisprudenziale del can. 1098 (dolo): casistica e problemi


probatori, in Q D E 9 (1996) 371. C o n tin u a p o i l'a u to re : « N o n s o n o s ta te in v ece c o n s id e ra te
m e rite v o li d i e sse re s u s s u n te n e l c o n c e tto d i qualitas c o sì c o m e in te s o d a l c a n . 1098 s itu a z io n i
a ssa i p iù flu id e e sfu m a te , sia d a l p u n t o d i v ista c o n c e ttu a le sia d a l p u n to d i v is ta fa ttu a le e
p ro b a to rio : q u a li q u e lla d i a p p a rire e n o n e s s e re u n "b ra v o rag azzo ", s o p r a t tu t t o in d ife tto di
p ro v a d i fa tti g ra v i im p u ta b ili al s o g g e tto ; o v v e ro q u e lla d e l n u tr ir e v e ri e in te n s i (c o m e m i­
su ra b ili? ) s e n tim e n ti a m o ro s i n e i c o n f ro n ti d e l c o n iu g e (so n o p o i u n a q u a lità o n o n p iu tto s to
u n a c irc o s ta n z a c h e p e r d e fin iz io n e - si p a rla d i u n s e n tim e n to ! - p u ò s v a n ire ? ). A g iu d iz io
d e l s o tto s c r itto - n o n o s ta n te u n p a io d i d e c isio n i in s e n s o c o n tr a r io s u l p u n t o - a n c h e u n
a tto p o sitiv o d i v o lo n tà c o n tr a r io a q u a lc h e p ro p rie tà o e le m e n to e s s e n z ia le d e l m a tr im o n io
(p e r e se m p io la e s c lu s io n e d e lla p ro le o d e lla fe d eltà ) n o n p o tre b b e e s s e re s u s s u n to s o tto
il c o n c e tto di q u a lità , d o v e n d o s i rif e r ire a u n a tto p u n tu a le e v o lo n ta rio d el so g g e tto , p e r
d e fin iz io n e m o d ific a b ile v o lo n ta ria m e n te . T a le fa ttis p e c ie si rife rire b b e in a ltro m o d o alla
r e s p o n s a b ilità d el s o g g e tto a g e n te e d o v re b b e tro v a re a ltr a q u a lific a z io n e n e ll'o r d in a m e n to
m a trim o n ia le c a n o n ic o » (/. cit.).
2 C f C o r t e d i C a s s a z io n e - S ez. U n . - 18 lu g lio 2 0 0 8 , n. 19809, in «Il D ir itto E cc le sia stic o »
119 (2 0 0 8 ) II, 3 2 9 -3 4 5 .
3 Ibid., p. 3 3 0 ; sp ie g a la s e n te n z a : «L a d e s c ritta fa lsa ra p p re s e n ta z io n e d e lla r e a ltà n o n e ra u n
e rro r e e sse n z ia le n e l s e n s o d i c u i a ll'a rt. 122 c.c., c h e e le n c a i c asi o g g e ttiv i e ta s s a tiv i in c u i
ta le v izio d e l c o n s e n s o rile v a n e ll'o r d in a m e n to in te r n o p e r l’a n n u lla m e n to d e l m a trim o n io ,
c asi ai q u a li n o n p u ò a s s im ila rs i la fa ttis p e c ie in c o n c re to r ic o s tr u ita d a i g iu d ic i e c c le sia ­
stici. N e lla v ic e n d a si è a v u ta , p e r la C o r te tr ie s tin a , u n a c o n d o tta a n te r io r e al m a trim o n io
d i u n o d e i n u b e n d i e s p r e s s io n e d e lla lib e rtà n e i r a p p o rti in te r p e r s o n a li, e l'e rro re in d o tto
d a lla m e n z o g n a d e lla f u t u r a s p o s a n o n p u ò e s s e re d e fin ito "e sse n z ia le ", m a n c a n d o d e lla
92 Fabio Franchetto

Risulta interessante per il nostro tem a l'osservazione espressa dai


giudici civili italiani, secon do cui, attesa la tassatività e oggettività dei
casi vizi del co n sen so rilevanti ndl'ordinam ento italiano, «non ogn i falsa
rappresentazione della realtà di u n o degli sposi può assurgere a vizio del
con sen so m atrim oniale, ma solo quella che ha riguardo a fatti oggettivi,
incidenti su qualità o connotati stabili e perm anenti della persona dell'al­
tro coniuge e n on a m eri com portam enti di questo, n on rapportabili ai
suoi caratteri qualificanti o essenziali»4. Pertanto, l'errore sulla fedeltà
della fidanzata che la bugia di questa ha, nel caso in esam e, determ inato,
non ha com e oggetto - per l'ordinam ento italiano - un fatto oggettivo che
incide su connotati stabili che qualificano la persona dell'altro nubente5.
U n secon d o interrogativo, invece, em erge dall'ottica probatoria:
quali fatti si devono fare em ergere nella prova del dolo? C om e poi la giu­
risprudenza rotale ha valutato alcuni fatti - nelle singole fattispecie - in
relazione alla tesi di u n m atrim onio nullo per errore doloso?
Sui “fatti circostanziati" da ricercare a livello probatorio la ricerca
dottrinale e giurisprudenziale sostanzialm ente coincidono. Proprio per
questo, nella seconda parte della presente relazione ci si sofferm erà a
esam inare singolarm ente le singole sentenze per capire - in relazione
alla fattispecie concreta - quali fatti siano stati ricercati e com e siano stati
valutati in vista della prova del dolo.
La prima parte si articolerà seguendo i punti espressi dalla norm a­
tiva del can. 1098 in riferim ento alla qualitas: 1) la qualità, 2) la qualità
che per sua natura può turbare gravem ente il consorzio coniugale, 3) le
singole fattispecie.

o g g e ttiv ità in d is p e n s a b ile a q u a lific a rlo r ile v a n te n e l s is te m a in te r n o p e r l'a n n u lla m e n to del


m a trim o n io » (ibid., pp. 3 3 0 -3 3 1 ).
4 Ibid., p. 331. P re c is a la s e n te n z a : « L 'e rro re è c a u s a di a n n u lla m e n to d e l m a trim o n io se ric a d e
s u ll'id e n tità o su q u a lità sig n ific a tiv e d e lla p e r s o n a d e ll'a ltro n u b e n d o , d a in te n d e rs i c o m e
c o n n o ta ti s ta b ili e p e r m a n e n ti d i q u e s to , in a n a lo g ia a q u a n to s a n c ito d a ll'a rt. 1429 c.c., e
s e m p re c h e a b b ia r ig u a r d o alle c irc o s ta n z e o g g e ttiv e o tip ic h e , c h e se g u o n o , e le n c a te n e ll'a rt.
122 c.c.: m a la ttia fisica o p s ic h ic a o a n o m a lia o d e v ia z io n e se s s u a le c h e im p e d is c a lo svolgi­
m e n to d e lla v ita c o n iu g a le , c o n d a n n a p e r d e litto n o n c o lp o s o alla re c lu s io n e n o n in fe rio re
a c in q u e a n n i p rim a d el m a tr im o n io , d ic h ia ra z io n e d i d e lin q u e n z a a b itu a le o p ro fe s sio n a le ,
c o n d a n n a p e r d e litti c o n c e r n e n ti la p ro s titu z io n e , s ta to d i g ra v id a n z a p r o c u ra ta d a so g g e tto
d iv e rs o d a q u e llo c a d u to in e r ro r e (c o m m a 3, n n . 1-5). S o n o q u in d i ric o n o s c ib ili in Ita lia le
s e n te n z e e c c le s ia s tic h e d i n u llità m a trim o n ia le , fo n d a te su e r ro r i r ig u a r d a n ti f a tti o g g e ttiv i,
a n c h e d iv ersi d a q u e lli d i c u i a ll'a rt. 122 c.c., p u r c h é in c id e n ti su c o n n o ta ti o "q u a lità " rite ­
n u te sig n ific a tiv e in b a se ai v a lo ri u s u a li e se c o n d o la c o s c ie n z a so c ia le c o m u n e , c h e a b b ia n o
d e te r m in a to al m a tr im o n io c h i è c a d u to in e rro re » (ibid., p. 3 4 3 ).
5 C f ibid., pp. 3 4 4 -3 4 5 .
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 93

La «qualitas»
La giurisprudenza rotale - neH'affrontare il dolo - n on si sofferm a
m olto sulla trattazione specifica del concetto di qualità, né si trova svi­
luppata la questione di com e alcuni fatti gravi inerenti l'altra parte o da
essa com m essi, p ossan o arrivare a qualificare l'altro contraente. Si trova
solo qualche afferm azione in qualche sentenza, ma senza particolari ap­
profondim enti. C osì scriveva Stankiew icz in una sua sentenza nel 1994:

«L'inganno deve vertere su un a qualità attuale della com parte, ch e o n to ­


logicam ente riguarda u n m od o della sostan za o una certa determ inazione
secon d o una certa m isura [...] per la quale le persone so n o tra loro diffe­
renti sotto l'aspetto fisico, m orale, religioso, sociale, giuridico, e così via,
e n on invece in u n fatto co m m esso dall'altra parte o in u n a circostanza di
grande p eso o nel m otivo delle n ozze»6.

Il concetto di qualità pertanto richiede che essa n on vada confusa


con qualche fatto com m esso dall'altra parte o con qualche grave circo­
stanza o, tanto m eno, con il m otivo delle nozze. Successivam ente, però,
sembra venir m eno questa distinzion e tra qualità e circostanza, alm eno
in qualche afferm azione indiretta. In una coram Faltin, 20 giugno 1995,
troviam o scritto: «Secondo la giurisprudenza del N ostro Foro si richiede
che il dolo sia com piuto proprio per ottenere il co n sen so dell'altra parte,
con u n inganno e con altre tram e o m ezzi adatti, e che l'errore riguardi
n on qualsiasi qualità e qualsivoglia fatto, ma solo quella che per sua na­
tura può turbare gravem ente la vita coniugale, e perciò la vita familiare»7.
U na sentenza che lascia intravedere ancora il tem a del rapporto tra
fatti e qualità è la coram M onier del 22 m arzo 1996. La questione riguar­
dava la prom essa di trasferim ento n on m antenuta. Afferm a il ponente:

6 « D e c e p tio a u te m se v e rte re d e b e t in a c tu a le m q u a lita te m p e r s o n a e c o m p a rtis , q u a e o n to -


lo g ic e im p o r ta t q u e m d a m m o d u m s u b s ta n tia e se u q u a m d a m d e te r m in a tio n e m s e c u n d u m
a liq u a m mensuram (S. T h o m a s , Sum m a theol., I-1I, q. 49, in c.), o b q u a m p e r s o n a e in te r se
d if f e r u n t s u b a d s p e c tu p h y sic o , m o ra li, re lig io so , so c ia li, iu rid ic o , e t ita p o rr o , n o n v e ro in
a liq u o d fa c tu m a c o m p a r te c o m m is s u m vel in a liq u a m c ir c u m s ta n tia m g ra v is m o m e n ti a u t
in m o tiv u m c o n tr a h e n d i (« C o m m u n ic a tio n e s » 9 [1977], p. 3 7 3 )» (coram S t a n k ie w ic z , 27
g e n n a io 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 68, n . 24).
7 « N o rm a h a e c i n tr o d u c ta e st in n o v o C IC e t in C C E O . [...] iu x ta N .F . i u r is p r u d e n tia m , re -
q u i r it u r u t d o lu s p a tr e tu r p re c is e ad o b t in e n d u m c o n s e n s u m a lte riu s p a rtis , c ir c u m v e n tio n e
a liis q u e m a c h in a tio n ib u s a u t a p tis m e d iis, u tq u e e r r o r re sp ic ia t non quaelibet qualitatem vel
quodlibetfactum , se d d u m ta x a t illa m q u a e s u a p te n a tu r a c o n s o r tiu m v ita e c o n iu g a lis , id e o q u e
fa m ilia ris c o n s o rtii, g ra v ite r p e r tu r b a r e q u e a t» (coram F a l t in , 20 g iu g n o 1995, in RRDec.
L X X X V II, p. 394, n. 10; s im ile la coram R a g n i , 19 d ic e m b re 1995, in RRDec. L X X X V II, p.
717, n. 4 ). Il c o rsiv o è n o s tro .
94 Fabio Franchetto

«Circa la questione del trasferim ento in un'altra città, bisogna fare le


seguenti osservazioni. Il dolo circa il modus vivendi dei fidanzati, cioè il
dom icilio e il trasferim ento in altra città, può turbare gravem ente la vita
coniugale. M a questo n on riguarda la qualità della persona»8.
Lo stesso m atrim onio era stato accusato per dolo sulla durata di un
precedente m atrim onio, sciolto per incon su m azion e, della convenuta.
Scrive il ponente:

«Prendiam o in considerazione solo il prim o m atrim onio della donna sciol­


to co n la d ispen sa per in con su m azion e. N o n ha im portanza se la vita m a­
trim oniale sia durata 15 giorn i o sei m esi. Poiché si tratta solo di una cir­
costanza, e n o n di una qualità essenziale. La sincerità della d on n a circa il
suo precedente stato coniugale è conferm ata persino dai testi dell'Attore»9.

A n ch e una coram G iann ecchini del 2 4 gennaio 1992 affermava, ad


esem pio, che avere o n on avere lavoro n on è una qualità della persona;
lo sarebbe invece la pigrizia10.

«... quae suapte natura consortium coniugale perturbare potest»


U n prim o problem a che si pone la giurisprudenza rotale è il criterio
di individuazione della qualità in base alla qualificazione che di essa fa
la norm a canonica. D i per sé, si fa notare che la dizione codiciale rinvia
ad una valutazione oggettiva della qualità. La determ inazione oggettiva
delle qualità vien e individuata nel riferim ento all'essenza e alle proprietà
del m atrim onio. La sentenza coram Ragni, 27 aprile 1993, si esprim e così:

8 « D e q u a e s tio n e t r a n s la tio n is in a lia m u r b e m , o p o r te t h o c a n im a d v e rta tu r . D o lu s c irc a


m o d u m v iv en d i s p o n s o r u m , n a m d o m ic iliu m e t tr a n s la tio n e m in a lia m u rb e m , v ita m c o -
n iu g a le m g ra v ite r p e r tu r b a r e p o te s t. S e d h a e c p e r tu r b a tio q u a lita te m p e r s o n a e n o n a ttin g it»
(coram M o n ie r , 22 m a r z o 1996, in RRDec. L X X X V III, p. 3 0 2 , n . 11).
9 « M u lie ris p r im u m m a tr im o n iu m d is p e n s a tio n e s o lu tu m s o lu m in te re s t. M a g n i m o m e n ti
n o n e s t si v ita m a tr im o n ia lis p e rd u ra v it 15 d ie s vel 6 m e n s e s . Q u ia t a n t u m d e c ir c u m s ta n tia
a g itu r, e t n o n d e e s s e n tia li q u a lita te . M u lie ris s in c e rita s c irc a p ra e c e d e n te m s ta tu m c o n iu -
g a le m a b A c to ris q u o q u e te s tib u s c o n f ir m a tu r » (ibid.., p. 307, n. 22).
10 « U n d e v iri la b o r e t n a tu r a la b o ris , n isi a liu d p r o b e tu r , u tp o te a m u lie re n o ta a d m itte n d a
s u n t [...]. N a tu r a e t in d o le s ig n av a, d e sid io s a vel p ig ra e sse p o s s e t q u a lita s c o n v e n ti, c irc a q u a
a c trix e rra v is s e t, se d d e illis n e c ip sa n e c u llu s te s tis v e rb u m h a b e n t» (coram G ia n n e c c h in i ,
2 4 g e n n a io 1992, in A s s o c ia z io n e C a n o n is t ic a It a l ia n a , Il consenso matrimoniale condizionato.
D ottrina e giurisprudenza rotale recente, C ittà d e l V a tic a n o 1993, p. 142, n . 14). L 'a ffe rm a z io n e ,
p e rò , va c o m p re s a a ll'in te r n o d e lla tr a tta z io n e d e ll’error redundans: « n a tu ra la b o ris in c e p ti vel
in c ip ie n ti q u o a d in te n s ita te m e t s ta b ilita te m , si e t q u a te n u s d e te r m in a r i p o s s e t, n u llo m o d o
h a b e ri p o te s t u t q u a lita s p e rs o n a e , q u a e h u iu s id e n tita te m d e te r m in e t» (ibid.).
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all’errore doloso: riscontri giurisprudenziali 95

«N el canone precitato, circa il dolo espressam en te si esige una qualità


obiettivam ente grave, che per sua natura p ossa perturbare la vita coniuga­
le tanto che la vita con iu gale sia la ragione che determ ini tale gravità, cioè
in riferim ento alle qualità c o n n e sse co n l'essenza, le proprietà e i fini del
m atrim onio. R agion per cui, in caso di dolo, di n e ssu n p eso so n o quelle
qualità soggettive, arbitrarie, ch e n o n h a n n o una relazione diretta con il
perturbam ento della vita coniugale»11.

N o n si esclude, tuttavia, anche una rilevanza soggettiva; così la


corarn Bruno, 19 novem bre 1993:

«La qualità, ossia l'oggetto del dolo, che deve essere presente al m om en to
del m atrim onio, per sua stessa natura deve essere in grado di turbare gra­
vem ente l'u nione coniu gale, an che se con cretam en te dopo il m atrim onio
n o n si verifica il perturbam ento. La legge n on stabilisce u n elen co tassa­
tivo, m a sen za dubbio si tratta di tu tte le qualità la cu i assenza im pedisce
o può im pedire il p acifico e p roficuo sviluppo del m atrim onio, dato che
riguardano sia l'essen za sia le proprietà o l'ordinazione naturale dello
stesso istituto m atrim on iale (cf can n. 1055-1056). Per stabilire la gravità
del perturbam ento, si deve valutare n o n so lo la gravità in sen so oggettivo,
che sen za dubbio è prevalente, m a anch e quella soggettiva, cioè il peso
che la parte ingannata diede alla qualità. Infatti, una qualità, che per l'u­
n o può essere di n essu n a o poca im portanza, per l'altro, considerando la
m entalità, la cultura e i c o stu m i in cu i vive, pu ò avere grande valore»12.

11 «In p ra e c ita to c a n o n e c irc a d o lu m expresse exigitur qualitas obiective gravis, q u a e ex n a tu r a


s u a c o n s o r tiu m c o n iu g a le p e r tu r b a r e p o s s it a d e o u t c o n s o r tiu m v ita e c o n iu g a lis sit ra tio
d e te r m in a n s ta lis g ra v ita tis, in o r d in e m n e m p e ad qualitates connexas cum essentia, proprietatibus
e tfin ib u s m atrim onii. U n d e in c a s u d o li n u lliu s p o n d e r is s u n t illa e q u a lita te s su b ie c tiv a e , a rb i­
t r a r n e , q u a e re la tio n e m d ir e c ta m n o n h a b e n t a d p e r tu r b a tio n e m c o n s o r tii v ita e c o n iu g a lis »
(coram R a g n i, 27 a p rile 1993, in RRDec. L X X X V , p. 291, n. 5). Il c o rsiv o è n o s tro .
12 « Q u a lita s , s e u o b ie c tu m d o li, q u a e m o m e n to c o n iu g ii a d s it o p o r te t, natura sua graviter
perturbandi consortium vitae coniugalis capax esse debet, etsi in concreto post m atrim onium perturbano
non verificetur. L e x e le n c h u m ta x a tiv u m n o n s a n c it, se d in d u b ita n te r d e o m n ib u s q u a lita tib u s
a g itu r, q u a r u m a b s e n tia p a c ific a m ac p ro fic u a m e v o lu tio n e m c o n iu g ii im p e d it vel im p e d ire
p o te s t, c u m vel e s s e n tia m vel p r o p r ie ta te s vel n a tu r a le m o rd in a tio n e m ip siu s i n s titu ti m a tri-
m o n ia lis a ttin g a t (cf. c a n n . 1 0 5 5 -1 0 5 6 ). A d g ra v ita te m p e r tu r b a tio n is c o n iu g ii s ta tu e n d a m ,
n o n s o lu m g ra v ita s o b ie c tiv a , q u a e in d u b ie p ra e v a le n s e st sed etiam gravitas subiectiva, i. e.
m om entum quod pars decepta tributi qualitati, p e r p e n d e n d a e st. N a m qualitati, quam alter nullius vel
p a rv i mom enti habet, alter, attentis peculiari mente, cultura et moribus societatis in qua degù, m agnum
pondus afferre potest» (coram B r u n o , 19 n o v e m b re 1993, in RRDec. L X X X V , p. 675, n . 4). Il
p o n e n te c o n tin u a c o n u n a c ita z io n e d i L. C h ia p p e tta in p ro p o s ito : « C o n g r u e n te r a n im a d -
v e rtit C l.m u s A lo isiu s C h ia p p e tta : " S p e tta al g iu d ic e la v a lu ta z io n e c o n c r e ta d e lla g ra v ità ,
se n z a p e r a ltro a tte n e r s i e s c lu s iv a m e n te ai c rite ri o g g e ttiv i e te n e n d o c o n to d e lle c irc o s ta n z e
d i a m b ie n te e di c u ltu r a e d el s e n tir e c o m u n e , c h e riv e s to n o a n c h 'e s s i u n c a ra tte r e d i o g g e t­
tiv ità re la tiv a . U n a c e r ta so g g e ttiv ità n o n si p u ò e s c lu d e re p s ic o lo g ic a m e n te ; n o n la e sc lu s e
96 Fabio Franchetto

Troviam o in Stankiew icz una analoga riflessione, nella quale si


articola il rapporto tra il criterio oggettivo e quello soggettivo nella indi­
viduazione della qualità:

«A nche se il dolo per sua natura turba m olto più pesantem ente l'unione
coniugale ch e n o n il sem plice errore, tuttavia la legge richiede che oggetto
della decezion e dolosa sia soltan to quella qualità che per sua natura sia
capace di turbare gravem ente il con so rzio m atrim oniale. Perciò, le paro­
le della norm a risu ltan o preferire il criterio oggettivo nella valutazione
dell'attitudine naturale della qualità a perturbare gravem ente l'unione c o ­
niugale, risp etto ad u n criterio di valutazione m eram ente soggettivo, c o n ­
siderato soprattutto che l'unico esem p io riportato dalla legge di una qua­
lità di tal genere, che è dato dalla sterilità (can. 1084, § 3) è radicato nella
stessa sostan za del patto coniugale (cf. can. 1055, § 1). Perciò "riguardo
alla qualità, è n ecessario che essa, seco n d o il criterio oggettivo (che non
può essere altro ch e la co m u n e stim a, conferm ata dalla giurisprudenza),
sia in se stessa significativa e capace, se si attua u n dolo su di essa, di tur­
bare gravem ente la vita coniugale: ad esem pio, un a m alattia m olto conta­
giosa, la gravidanza causata da un'altra persona, la propria con d izion e di
m em bro della C hiesa C attolica” (coram Burke, 25 ottobre 1990 [in RRDec.
L X X X II, p. 725, n. 12; N .d.R .]. Infatti, "affinché il turbam ento abbia rilie­
vo a norm a del can. 1098, b isogna ch e riguardi sostan zialm en te l'unione
m atrim oniale, in riferim ento alla sua essen za, proprietà e fin i” (ibid., 726,
n. 16). Anche se, al tempo della codificazione del diritto matrimoniale non furono
escluse "le qualità di minore importanza", ossia "quelle che soggettivamente sono
considerate di grande peso" (Communicationes 9 [1977] 3 7 2), ora si può dire che
c'è una prevalenza del criterio oggettivo su quello soggettivo. Tuttavia l'im portan­
za stessa che la parte ingannata attribuisce soggettivam ente alla qualità,
tenuto con to della sua m entalità, dei co stu m i della società in cui si trova,
n on può essere separata dall'indole della qualità che per sua natura ha in
sé la forza di turbare gravem ente l'u nion e coniugale»13.

n e p p u re u n C o n s u lto re , il q u a le e b b e a rile v a re (e n e s s u n o lo c o n tra d d is s e ) , n e lla s e d u ta del


18 m a g g io 1977: 'L o c u tio a d h ib ita in c a n o n e [...] n o n ta lis e s t u t e x c lu d a t o m n in o q u a lita te m
m in o r is m o m e n ti, q u a e ta m e n su b ie c tiv e c o n s id e r a tu r m a x im i m o m e n ti' (Communicationes,
1977, p. 3 7 2 , c a n . 2 9 9 )" (Il M atrim onio nella nuova legislazione Canonica e Concordataria, 221, n.
636)» (ibid., pp. 675-676, n. 4). Il c o rsiv o è n o s tro .
13 «E tsi d o lu s n a tu r a su a "m u lto g ra v iu s p e r tu r b a t c o n s o r tiu m c o n iu g a le q u a m sim p le x e rro r"
(Communicationes 15 [1983], 2 3 2 ), lex ta m e n in s u p e r re q u ir it u t o b ie c tu m d e c e p tio n is d o lo sa e
sit h a e c ta n t u m q u a lita s , q u a e n a tu r a s u a c a p a x sit g ra v ite r p e r tu r b a n d i c o n s o r tiu m v itae
m a trim o n ia lis . Ia m v e ro v erba legis p r a e o p ta r e v id e n tu r c r ite riu m o b ie c tiv u m in a e s tim a n d a
n a tu r a li a p titu d in e q u a lita tis, a d g ra v e m p e r tu r b a tio n e m c o n s o r tii c o n iu g a lis in d u c e n d a m ,
c rite rio m ere su b ie c tiv o a e s tim a tio n is , a tte n to p ra e s e r tim u n ic o e x e m p la ri legali q u a lita tis
h u iu s c e m o d i, q u a m ste rilita s c o n s titu it (c an . 1084, § 3), in ip sa fo e d e ris c o n iu g a lis s u b s ta n tia
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 97

U na coram M onier, 22 m arzo 1996, ribadisce la com plem entarietà


fra criterio oggettivo e soggettivo. Dapprim a afferma che la qualità de­
ve riguardare gli aspetti essenziali dell'autodonazione coniugale14; poi
continua: «si tratta di una qualità oggettivam ente (ed evidentem ente
soggettivam ente) idonea a perturbare l'unione coniugale, com e si evince
dai lavori preparatorii del Codice»ls.
La stessa questione del rapporto tra i due criteri viene affrontata
in una coram Faltin, secon do la quale n o n può esistere u n «criterio u n i­
versale/oggettivo che possa indicare tassativam ente quando e com e una
qualità può gravem ente turbare il consortium coniugalis vitae», per cui si

ra d ic a ta (cf. c a n . 1055, § 1). Q u a r e "de q u a lita te a g a tu r o p o r te t q u a e , iu x ta c rite riu m o b ie -


c tiv u m (q u o d a liu d e sse n o n p o te s t q u a m c o m m u n is a e s tim a tio , a i u r is p r u d e n tia c o n f ir m a ­
ta ), sit in se sig n ific a n s e t c a p a x , si d o lu s c irc a e a m p a tr a r e tu r , c o n iu g a le m v ita m g ra v ite r
p e r tu r b a n d i: e x e m p li g r a d a , m o rb u s v ald e q u id e m c o n ta g io s u s , s ta tu s p r a e g n a tio n is ab alia
p a r te in d u c tu s , p ro p ria c o n d ic io m e m b ri E cc le sia e c a th o lic a e " (coram B u r k e , d e c isio diei
25 o c to b ris 1990, R.R.D ec., voi. L X X X II, p .7 2 5 , n. 12). N a m " u t p e r tu r b a tio re le v a n s sit ad
n o r m a m c a n . 1098, o p o r t e t u t m a r ita le c o n s o r tiu m s u b s ta n tia lite r ta n g a t, q u o a d sc ilic e t eiu s
e s s e n tia m , p r o p rie ta te s vel fin e s " [ibid., 7 2 6 , n. 16). Cum vero tempore codificationis iuris m atrim o-
nialis omnino exclusae n o n fu e rin t "qualitates m inoris m omenti", videlicet "quae subiective considerantur
m axim i m om enti" (Communicationes 9 [1977], p. 3 7 2 ), nunc dici potest de praevalentia criterii obiectivi
super criterio subiectivo. A tta m e n m o m e n tu m ip s u m q u o d p a rs d e c e p ta su b ie c tiv e tr ib u it q u a -
lita ti, a tte n tis p e c u lia ri m e n te vel m o rib u s so c ie ta tis in q u a d e g it, d is c e d i n e q u it a b in d o le
q u a lita tis , q u a e ex n a tu r a s u a g e s ta re d e b e t p o te n tia m g ra v ite r p e r tu r b a n d i c o n s o r tiu m v itae
c o n iu g a lis » (coram S t a n k ie w i c z , 27 g e n n a io 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 69, n. 25; il c orsivo
è n o s tro ). U lte rio re e p iù re c e n te rifle s s io n e a n c h e n e lla coram C a b e rle tti, 18 m a g g io 2001:
« C rite riu m o b ie c tiv u m ac c r ite r iu m s u b ie c tiv u m n u lla te n u s m u tu e o p p o n e n d a s u n t, sed
p o tiu s u n a s im u l e n o d a r e d e b e n t v o lu n ta te m n u p tu r ie n tis : " R ite n ia m o [...] c h e n o n p o ss a
c o n f ig u r a r s i u n c o n f litto d i o p in io n i r ig u a r d a n ti la sc e lta d i u n c rite rio o g g e ttiv o , o v v e ro di
u n o so g g e ttiv o e c h e in d e fin itiv a , il c o m p le ssiv o p ro b le m a , n o n p o s s a riso lv e rsi m e d ia n te
u n a s o lu z io n e c h e p riv ile g i l'u n o su ll'a ltro , m a c h e d e b b a tro v a re p ie n a d e fin iz io n e a ttra v e rs o
u n lo ro c o n c o rs o . U n a v o lta s ta b ilito c h e la qualitas o g g e tto d i d o lo p e r tu r b a o g g e ttiv a m e n te
u n n o rm a le m a tr im o n io , s a rà n e c e s s a rio q u in d i v e rific a re se la s te s s a a b b ia e se rc ita to o p o ss a
e s e rc ita re i m e d e s im i e ffe tti su q u e l c o n c re to m a tr im o n io c h e il deceptus aveva im p u g n a to ”
(M . B ard i, Il dolo, cit., p. 229); "è p u r v e ro c h e il c rite rio d i c a r a tte re o g g e ttiv o p o tr à se rv ire
p e r u n p rim o livello d i v a lu ta z io n e , s u l q u a le d o v rà p o i in n e s ta r s i u n 'a tt e n ta v e rific a c o n d o t­
ta alla lu ce d e lla m e n ta lità , d e lle c o n c e z io n i, d el m o d o d i vivere p r o p r io d e l s o g g e tto c h e è
s ta to tr a t t o in e rro re " (P. P e lle g rin o , Il consenso m atrimoniale nel Codice di diritto canonico latino,
G ia p p ic h e lli, T o rin o 1998, p. 181)» (coram C a b e r l e t t i , 18 m a g g io 2 0 0 1 , in RRDec. X C III, pp.
3 3 4 -3 3 5 , n. 5).
14 « D o lu s p ro fe rr i d e b e t c irc a a liq u a m a lte riu s p a r tis q u a lita te m . U t v id e tu r in u n a coram
B u rk e , n o n a g itu r d e q u a lib e t c e la ta q u a lita te "sed illiu s t a n t u m q u a e a u to d o n a tio n i c o n iu ­
g a li e s s e n tia lis sit illiu s 'se tra d e r e ', m a r ita li c o n s e n s u i p r o p r iu m , n o n e x ig it (im m o ex ig e re
n o n p o te s t) u t q u is a lte ri d o n e t o m n e s ac s in g u lo s a s p e c tu s su a e v itae ac p e r s o n a e ; id q u o d
e s s e n tia lite r e x ig it e s t a s p e c tu u m c o n iu g a b iliu m d o n a tio [...]" (d e cisio d ie i 25 o c to b ris 1990,
[...])» (coram M o n i e r , 22 m a r z o 1996, in RRDec. L X X X V III, p. 301, n. 10).
15 « A g itu r d e q u a lita te o b iec tiv e (et e v id e n te r su b ie ctiv e) id o n e a ad p e r tu r b a n d u m c o n s o r tiu m
v ita e c o n iu g a lis , u ti e r u it u r e la b o r ib u s C o d ic is p ra e p a ra to riis » (ibid., pp. 3 0 1 -3 0 2 , n. 10).
98 Fabio Franchetto

richiede che «oltre la serietà oggettiva della qualità deve essere presa
in considerazione anche la valutazione soggettiva del coniuge tratto in
errore»16. Ragion per cui bisogna valutare personalità, indole, carattere,
educazione, abitudini dell'errante e altre circostanze.
U n lim ite però al criterio soggettivo viene posto dalla sentenza coram
Erlebach, 31 gennaio 2002, nella quale si invita a n on confondere l'im ­
portanza della qualità con la reazione soggettiva del nubente, invitando
così ad una attenta valutazione dello stesso criterium reactionis, che di s o ­
lito attesta indirettam ente il p eso che il contraente dava alla qualità. La
reazione infatti può attestare più che l'im portanza della qualità, anche la
delusione per una fiducia tradita. I due aspetti n on vanno confusi.
Evidenziam o, infine, alcune sottolineature che em ergono dalla let­
tura della giurisprudenza rotale in materia di dolo. La prima è il richiam o
a n on confondere la delusione di attese verso la com parte con la qualità
prevista dalla norm a canonica; deve trattarsi di una qualità reale, pre­
sente o m eno al m om ento delle nozze, e n on frutto di attese o desideri,
che caratterizzano ogn i rapporto coniugale17.
La seconda ricorda la differenza tra la fattispecie dolosa e quella
prevista dal can. 1097 § 2: «Il dolo deve riguardare una qualità della per­
sona che si intende sposare, ma n o n si richiede che la qualità sia diret­
tam ente e principalm ente intesa, com e si prescrive nel can. 1097, § 2»18.
U na terza sottolineatura riguarda la gravità: essa non va confusa
con le com uni, anche se gravi, difficoltà della vita coniugale, che non
provengono dal dolo, ma p osson o essere originate da m otivi di carattere
econom ico, sociale o culturale19.

16 Coram Fa l t in , 3 0 o tto b r e 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 675, n. 12b.


17 « N o n o b liv is c a tu r q u o d h a e c q u a lita s in te m p o re n u p tia r u m sit re a lis o p o rte t, e t n o n a g a tu r
d e q u a lita tib u s q u a e se se r e f e r u n t a d p re v is io n e s s e u e x p e c ta tio n e s . " Q u a lita te s g e n e ric a e
e n im , q u a e a b o m n ib u s n u b e n tib u s in f u t u r o c o n iu g e in v e n iri o p ta n tu r , n a tu r a s u a g ra v i-
te r in f lu e re n e q u e u n t in p a c ific u m d e c u r s u m v ita e m a tr im o n ia lis , c u m , b o n a v o lu n ta te et
o p p o r tu n is a d h ib itis a u x iliis , d iffic u lta te s , e x le v ib u s v itio s ita tib u s ac c a re n tiis in o m n ib u s
fe re c o n n u b iis e x u rg e n te s , facile s u p e r e n t u r " (coram B r u n o , 19 n o v e m b ris 1993 [...])» (coram
M o n ie r , 22 m a rz o 1996, in RRDec. L X X X V III, p. 3 0 2 , n. 10).
18 « D o lu s v e rte re d e b e t c irc a q u a lita te m p e rs o n a e q u a m q u is d u c e re in te n d it, a t n o n r e q u ir i-
t u r q u o d q u a lita s d ire c te e t p r in c ip a lite r in te n ta fu e rit, s ic u t in c a n . 1097, § 2 q u o a d e rro r e m
in q u a lita te p e rs o n a e s ta tu itu r » (coram B r u n o , 19 n o v e m b re 1993, in RRDec. L X X X V , p. 675,
n . 4).
19 « E o d e m m o d o d e p e r tu r b a ti o n i s g ra v ita te in to tiu s v ita e c o n s o r tio a n im a d v e r tit u n a
C a lic u te n .: " Q u a e g ra v ita s c o n f u n d e n d a n o n e s t c u m c o m m u n ib u s , lic e t g ra v ib u s , d iffi-
c u lta tib u s , q u ip p e q u a e d iffic u lta te s n o n p r o m a n a n t ex d o lo p a tra to , se d e x a liis ra tio n ib u s
n a tu r a e so c ia lis, c u ltu r a lis , o e c o n o m ic a e , e t ita p o rro "» (Coram M o n ie r , 27 a p rile 2 0 0 1 , in
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 99

«... alterius partis»


La coram Bruno, 19 novem bre 1993, esprim eva una posizion e di
apertura sulla possibilità che ci fossero qualità n o n appartenenti stretta-
m ente all'altra parte, m a che potessero com prom ettere com u nque la vita
coniugale. È il caso di m alattie ereditarie che di per sé n o n affliggono il
contraente, ma p osson o trasm ettersi poi ai figli:

«La qualità, strettam en te parlando, deve riguardare l'altra parte; e perciò


si esclu d on o tu tte le altre p ersone anche se in tim am en te con giu n te con
l'altra parte. D etta esclu sio n e, invece, n o n sem bra valere se la qualità, al­
m eno indirettam ente, m a essenzialm ente, to cch i anche la com parte, com e
ad esem pio nel caso in cu i i genitori sian o affetti da u n m orbo ereditario,
e la grave m alattia si m anifesterà prim a o poi nel figlio o nella figlia»20.

M a poco dopo la coram Stankiew icz, 27 gennaio 1994, esprim eva


u n parere contrario, anzi la sconfessava apertam ente, in base alla lettera
del canone e affermava che deve trattarsi di una qualità reale e presente
e n on probabile in una previsione futura:

«In base al chiaro prescritto della legge, n on ha forza di invalidità la de­


cezion e d olosa circa u n a qualità di una persona, anche se intim am ente
con giu n ta co n l'altra parte, com e ad esem p io la suocera con il figlio o la
figlia. Ci so n o a lcu n i ch e p en sa n o ch e sia essen zia le il tipo di qualità, non
che riguardi la com parte o un'altra persona. [...]. M a secon d o il sign ifica­
to delle parole della legge, esp ressam en te si parla di una qualità dell'altra
parte, e perciò so n o esclu se tutte le altre p ersone, anche se intim am ente
co n giu n te c o n esse. Perciò n o n sem bra doversi accettare l'afferm azione
secon d o cu i detta esclu sio n e della qualità di u n a terza p ersona n o n var­
rebbe alm en o nel caso in cu i la qualità alm en o in direttam ente, m a essen ­
zialm ente, to c c h i anch e la com parte, com e ad esem p io nel caso in cui i
genitori sian o affetti da u n m orbo ereditario, e la grave m alattia potrebbe
m anifestarsi prim a o p oi nel figlio o nella figlia»21.

RRDec. X C III, p. 3 0 0 , n . 14; la c ita z io n e è d e lla coram P o m p e d d a , 6 fe b b ra io 1992, in RRDec.


L X X X IV , p. 58, n . 3).
20 « Q u a lita s s tr ic te lo q u e n d o a d c o m p a rte m p e r tin e r e d e b e t; id e o q u e e x c lu d u n tu r o m n e s
a lia e p e r s o n a e e ts i s in t c u m e a d e m in tim e c o n iu n c ta e . P ra e fa ta e x c lu sio a u te m v a le re n o n
v id e tu r si q u a lita s s a lte m in d ir e c te , a t e sse n tia lite r, p e r s o n a m q u o q u e c o m p a r tis a ttin g a t, u ti,
v. gr., in c a s u q u o p a r e n te s g ra v i m o rb o h a e re d ita rio la b o r e n t, e t m o r b u s s e riu s o c iu s e tia m
in filio vel filia d e f la g r a tu r u s e rit» (coram B r u n o , 19 n o v e m b re 1993, in RRDec. L X X X V , p.
675, n. 4).
21 « E a p ro p te r e x c la ro leg is p ra e s c r ip to v im in v a lid a n te m c o n s e n s u m m in im e h a b e t d e c e p tio
d o lo s a c irc a a liq u a m q u a lita te m p e r s o n a e te rtia e , e tia m s i h a e c in tim e c o n iu n c ta sit c u m
100 Fabio Franchetto

Le singole fattispecie
Elenchi
Per quanto riguarda l'individuazione delle possibili qualità in con­
creto, alcune sentenze forniscono una elencazione esemplificativa: la ste­
rilità, la gravidanza da u n altro, gravi m alattie, soprattutto se contagiose e
insanabili, gravi disordini che im pediscono il bene spirituale, psichico e
sociale delle parti, gravi precedenti penali, una vita dissoluta e im m orale,
l'appartenenza o m en o alla C hiesa cattolica, prostituzioni, condann e in
carcere per gravi crim in i22.
Si parla anche della possibilità di u n com plesso di qualità che desi­
gna la condizione sociale o m orale della persona23.

a lte ra p a r te , s ic u t v e rb i g ra tia s o c r u s c u m filia vel filio. S u n t t a m e n q u i p u te n t h a c in re


e s s e n tia le m e sse in d o le m q u a lita tis , n o n v e ro e iu s p e r tin e n tia m a d c o m p a r te m vel a d a lia m
p e r s o n a m (cf. J.F. C a s ta n o , Il sacramento del matrimonio, p. 37 3 ). A t v e rb a leg is, a tte n ta e o r u m
p ro p ria s ig n ific a tio n e (cf. c a n . 17), e x p re s s e lo q u u n tu r d e q u a lita te alterius partis, id e o q u e
o m n e s a lia e p e rs o n a e e x c lu d u n tu r, e tia m s i s in t c u m ea in tim e c o n iu n c ta e . H a c d e c a u s a n e c
a d m itte n d a v id e tu r a f firm a tio q u a m p e n e s p re fa ta e x c lu sio q u a lita tis a d te r tia m p e rs o n a m
p e r tin e n tis n o n v a le re t s a lte m in c a s u , "si q u a lita s s a lte m in d ire c te , at e sse n tia lite r, p e rs o n a m
q u o q u e c o m p a rtis a ttin g a t, u ti, v. gr., in c a s u q u o p a re n te s g ra v i m o rb o h e r e d ita r io la b o re n t,
et m o rb u s s e riu s o c iu s e tia m in filio vel filia d e fla g a tu r u s e rit" (c o ra m B r u n o , d e c isio diei
19 n o v e m b ris 1993 [...])» (coram S t a n k i e w i c z , 27 g e n n a io 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 68,
n . 24).
22 C f coram B r u n o , 19 n o v e m b re 1993, in R R D L X X X V , p. 676, n . 4 ; coram M o n i e r , 22 m a rz o
1996, in RRDec. L X X X V , p. 3 0 2 , n . 11. «N elle c a u s e ro ta li si tro v a d e d o tta , c o m e o g g e tto di
e r ro re d o lo so , a se c o n d a d e i s in g o li casi, u n a n o te v o le v a rie tà d i q u a lità p e rs o n a li. B e n in te so ,
n o n t u tt e s o n o q u a lità , n é t u tt e a p p a io n o c h ia r a m e n te in d iv id u a te . L 'e le n c a z io n e s e q u e n te è
fo rm u la ta s u lla b a se d e lla lo ro a lle g a z io n e , in d ip e n d e n te m e n te d a lla v a lu ta z io n e c h e il T u r n o
e s p r im e rà in re la z io n e ad e sse e p e r c o m o d ità e sp o sitiv e v ie n e su d d iv is a in q u a lità "fisic h e "
e q u a lità "m o ra li". N e l p r im o g r u p p o si in d iv id u a la c a p a c ità d i g e n e ra r e (o ssia la fe rtilità
d e l so g g e tto ), l'e tà a n a g ra fic a , la v e rg in ità , lo s ta to d i sa lu te , la fa lsa g ra v id a n z a , la p a te r n ità
d e l n a s c itu r o fa ls a m e n te a ttr ib u ita a l n u b e n d o . N e l se c o n d o g r u p p o si p u ò ric o m p re n d e re
la s in c e ra re lig io sità e l'o n e s tà , la d is p o n ib ilità al lav o ro e l'in d o le ig n av a , il v a lid o b a tte s im o ,
l'a m o re e la s in c e rità d i s e n tim e n ti v e rso la c o m p a rte , la re la z io n e s e s s u a le c o n u n s a c e rd o te
e u n a b o r to c o m m e s s o n e l c o rs o d i e ssa , il c attiv o c a ra tte re , il c a m b ia m e n to d i c a r a tte re , la
v o lo n tà d i a d a tta r s i a d u n a c u lt u r a d iv e rsa d a q u e lla d e l p ro p rio p a e s e d 'o rig in e , la p e r s o n a ­
lità m o ra le e so c ia le , la m a n c a n z a d i fe d e ltà , l’a g ia te z z a e c o n o m ic a , la s u p e rs tiz io n e , l’aver
n a s c o s to d i av ere g ià figli, il v izio d el g io co , la s c a rs a m o ra lità e la le g g e re z z a d e i c o stu m i»
(R. W i t z e l , La nullità del m atrim onio ob dolum [can. 1098] nella giurisprudenza della rota romana.
A sp etti probatori, in « Q u a d e r n i d e llo S tu d io R o tale » 19 [2009] pp. 114-115).
23 C f coram M o n i e r , 2 6 m a r z o 1999, in RRDec. X C I, p. 217, n . 7.
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 101

Le singole qualità
D iam o uno sguardo alla valutazione delle sin gole qualità che tro­
viam o espresse nelle sentenze esam inate.
U na prima osservazione riguarda l'inin fluenza dell'assenza di quel­
le qualità generiche e com u n i che tutti vorrebbero presenti nella loro vita
m atrim oniale24. U na sentenza coram Burke del 25 ottobre 1990 scriveva:
«Q ualità di carattere ordinario e universali, com e la vanità o l'egoism o,
n on ch é im perfezioni lievi e relative, com e la pigrizia o la m ancanza di
sen so deH'umorismo, in base al canone, n o n p o sso n o prestarsi per un
fondam ento della nullità»25.
La sentenza coram Bruno, 19 novem bre 1993, riferisce le qualità
desiderate da u n contraente:

«L'attore afferm a di essere stato in gann ato per estorcere il su o c o n sen so


circa le qualità della futura con sorte. L e qualità da lui richieste erano:
am ore, on està e sincerità; lui, durante l'intero arco del fidanzam ento, era
co sì ferm am ente con vin to ch e qu este fo ssero p resenti nella convenuta
che la riteneva u n a m oglie ideale. D ice cio è ch e i "requisiti essen ziali di
una futura m oglie erano per me: la sincerità, la lealtà e l'amore". "C o­
n oscen d o la e frequentandola, io m i feci la c o n v in zio n e che Silvana fosse
u n a p erson a b uona, generosa e disponibile"; "aveva tutti i requisiti che io
cercavo in u n a futura m oglie; era, quindi, per m e la d o n n a ideale". D o p o
il m atrim onio, invece, la d o n n a si m a n ifestò a ssolu tam en te diversa, ossia
falsa, m alefica, gelosa, op portun ista, p sico lo g ica m en te instabile, visto che
nella sua fam iglia n o n erano m ancati problem i psichici. L'uomo indica
i m otivi per cu i la d on n a voleva estorcere il su o c o n se n so nuziale nelle
com odità e co n o m ich e e sociali»26.

24 D a t e n e r e p r e s e n te - s u q u e s to a s p e tto - c h e d iv e rs e s e n te n z e , t r a t t a n d o m a tr im o n i
c o n tr a tti p r im a d e lla p r o m u la g a z io n e d e l C IC 1983, t r a t t a n o la fa ttis p e c ie d o lo sa c e rc a n d o
d i in q u a d r a r la n e ll’error redundans, ric o n d u c ib ile p o i a ll'e rr o r e d e lla q u a lità d ir e tta m e n te e
p r in c ip a lm e n te in te sa .
25 « P ro in d e q u a lita te s o rd in a r ia e ac u n iv e rs a le s , u ti v a n ita s vel e g o is m u s , n e c n o n im p e rfe c -
tio n e s leves ac re la tiv a e , s ic u t p ig ritia vel d e fe c tu s s e n s u s io c a tio n is (" s e n s e o f h u m o u r " ) ,
f u n d a m e n tu m p rò n u llita te , a d n o r m a m c a n o n is , p ra e b e re n o n v a le n t» (coram B u r k e , 25
o tto b r e 1990, in RRDec. L X X X II, p. 7 2 6 , n. 14).
26 « C irc a f u tu r a e c o n s o r tis q u a lita te s d e c e p tu m fu is s e a d m a tr im o n ia le m c o n s e n s u m e x to r-
q u e n d u m a f firm a t a c to r. Q u a lita te s ab e o re q u is ita e e ra n t: a m o r, h o n e s ta s e t sin c e rita s ; h a s,
p e r d u r a n t e to to te m p o r e lo n g a e re la tio n is sp o n s a lic ia e , ta m f ir m ite r sib i p e r s u a s u m h a b u it
a d e s s e in c o n v e n ta m , u t e a m u x o r e m id e a le m p u ta r e t. A it n e m p e : " re q u is iti e ss e n z ia li d i u n a
f u t u r a m o g lie e r a n o p e r m e: la sin c e rità , la le a ltà e l'a m o re " . " C o n o s c e n d o la e fre q u e n ta n d o la ,
io m i feci la c o n v in z io n e c h e S ilv a n a fo sse u n a p e r s o n a b u o n a , g e n e ro s a e d isp o n ib ile " ; "ave­
va t u t t i i re q u is iti c h e io c erc a v o in u n a f u t u r a m o g lie ; e ra , q u in d i, p e r m e la d o n n a ideale".
P o s t m a tr im o n iu m v e ro m u lie r o m n in o d iv e rs a m se m a n if e s ta v is s e t, sc ilic e t m e n d a c e m ,
102 Fabio Franchetto

Il ponente, tuttavia, esprim e una valutazione di genericità di tali


qualità, che n on son o altro che quelle che ogn i sp oso desidera ritrovare
nell'altra parte; n o n solo: esse non han n o neanche la caratteristica in se
stesse di turbare gravem ente la vita m atrim oniale, perché la loro assenza
o presenza è legata ad una questione di buona volontà:

«Da quanto detto finora, appare chiaro che le qualità richieste dall'uom o
fossero assai generiche, e, consid eran do gli atti nel loro com p lesso, non
è provato ch e e sse m an cassero nella convenuta prim a delle nozze. E non
pare che l'uom o abbia voluto o rich iesto u n a particolare qualità nella fi­
danzata. Q u elle ch e ora riferisce, so n o qualità co m u n i che o g n i nubente
desidera trovare nella futura m oglie, e ch e per natura loro n o n p o sson o
turbare l'un ion e coniu gale, perché si p o sso n o facilm ente affrontare con
u n po' di b u ona volontà, pazienza e gli op p o rtu n i aiuti»27.

D iverse poi son o le qualità che em ergono esam inando la giurispru­


denza rotale.
Sulla presenza di malattie ereditarie, si rinviene una riflessione di
Stankiew icz in proposito in punto di diritto:

«"Parlando di eredità gen etica l'opin ion e prevalente è che n on si tratti di


una qualità ereditaria, cioè n o n si eredita la m alattia m a probabilm ente una
com plessa d isp o sizio n e alla malattia: questa si attiva se trova determ inate
(e in parte im precisate) co n d izio n i socioam bien tali, p sicosociali, ovvero di
natura infettiva e tossica, ecc." (D. D e C a ro , Trattato di psichiatria, T orino
1979, p. 53). Q u alu n q u e cosa si p ossa dire della m alattia dal p unto di vista
m edico, in q uesto caso si tratterebbe di una d ecezion e circa u n a qualità
dell'altra parte probabile e futura, e n on invece di una qualità certa e pre­
sente in essa al tem p o della celebrazione delle nozze»28.

m a le fic a m , z e lo ty p ia a ffe c ta m , o m n ia a d u tilita te m re fe re n te m n e c n o n p sy c h o lo g ic e q u o q u e


d e o rd in a ta m , c u m in e iu s fa m ilia tu r b a e p sy c h ic a e n o n d e fu is s e n t. M o tiv a q u a e in d u x e r a n t
c o n v e n ta m a d e x to r q u e n d u m n u p tia le m c o n s e n s u m v ir in d ic a t in c o m m o d is o e c o n o m ic is et
s o c ia lib u s» (coram B r u n o , 19 n o v e m b re 1993, in RRDec. L X X X V , p. 677, n. 7).
27 «Ex h u c u s q u e r e la tis d a r e p a te t q u a lita te s , q u a e a v iro in m u lie re e x ig itae d ic u n tu r , valde
g e n e ric a s f u is s e , e t e x a c tis, in e o r u m c o m p le x u c o n s id e ra tis , c o m p ro b a tu m n o n e s t illas a n te
n u p tia s in c o n v e n ta d e fu is s e . N e c a c to r v id e tu r p e c u lia re m q u a lita te m in s p o n s a e x eg isse
vel p o s tu la s s e . Q u a s n u n c r e c la m a t, c o m m u n e s q u a lita te s s u n t ab o m n ib u s n u p tu r ie n tib u s
in f u t u r a u x o re e x o p ta ta e , q u a e q u e n a tu r a s u a c o n s o r tiu m v ita e c o n iu g a lis g ra v ite r p e r tu r ­
b a re n e q u e u n t, q u ia c a re n tia e b o n a v o lu n ta te , p a tie n tia e t o p p o r t u n is a u x iliis facile m e d e ri
p o te s t» (ibid., p. 678, n . 10).
28 Coram S t a n k i e w i c z , 2 7 g e n n a io 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 68, n. 24.
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all’errore doloso: riscontri giurisprudenziali 103

Secondo il ponente, quindi, il problem a della m alattia ereditaria


n on ancora in atto prima delle nozze è che si tratti di una qualità proba­
bile, ipotetica, n on attuale.
M entre circa la sanità psichica, lo stato di salute psicologico, a prescindere
dalla trattazione ai sensi del can. 1095, si afferm a che n on vi è dubbio che
essa rientri tra le qualità che com prom ettono gravem ente la vita coniu­
gale, anche se n on si precisa il grado della sua gravità29.
A n ch e se in fatto la questione n on si propone, vi è una sentenza che
lascia aperta la possibilità che u n amore simulato possa configurare una
fattispecie dolosa30.
Troviam o anche la fattispecie di una promessa di trasferimento non
mantenuta (capacità di adattarsi altrove31), anche se si afferma che que­
sta è più una circostanza della vita m atrim oniale, che n on una qualità
dell'altra parte32.
A n ch e il caso della durata del precedente matrimonio pone la dom anda
se si tratti di una circostanza o di una qualità33.
Circa l'omosessualità, troviam o scritto in una coram Burke:

«L'om osessualità vien e trattata, com e p ossib ile capo di nullità m atrim o­
niale, quasi esclusivam en te nell'am bito del can. 1095. N o n si deve tra­
lasciare di esam in are la sua p ossib ile rilevanza anche so tto il can. 1098.

29 « I n fitia n d u m n o n e s t q u in q u a lita s s a n ita tis p sy c h ic a e c o m p a r tis m a x im i m o m e n ti sit p rò


c o n s o r tio v ita e c o n iu g a lis e iu s q u e d e fe c tu s , p r a e te r m is s a ia m q u a e s tio n e in f lu x u s m o rb i
p sy c h ic i in g ra v e m d e f e c tu m d is c r e tio n is iu d ic ii (c an . 1095, n . 2) vel in d e f e c tu m c a p a c ita tis
a s s u m e n d i e s s e n tia le s m a tr im o n ii o b lig a tio n e s (c a n . 1095, n . 3 ), n a tu r a s u a c o n s o r tiu m
c o n iu g a le g ra v ite r q u o q u e p e r tu r b a r e v a le t, id e o q u e a c o n tr a h e n te d ire c te e t p rin c ip a lite r
in te n d i p o te s t» (coram S t a n k i e w i c z , 2 7 g e n n a io 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 74, n . 37).
30 « C a p u t do li [...] n o n p ro p o n i. E te n im , q u a m v is n o n d e s in t in a c tis q u a e d a m in d ic ia e t a d -
m in ic u la , q u a e in d ic a re v id e r e n tu r v ir u m s u u m a m o r e m e rg a m u lie r e m d o lo se sim u la v isse
a d o b tin e n d u m e iu s c o n s e n s u m , a tta m e n ex h u c u s q u e a c tis e t p r o b a tis a d re m n ih il o m n in o
c e r ti e r u i p o te s » (coram F a l t i n , 2 0 g iu g n o 1995, in RRD ec. L X X X V II, p. 4 0 1 , n . 21).
31 C f L. G h i s o n i , La decezione dolosa (can. 1098) secondo la giurisprudenza della Rota Romana: rilievi
sistematici, in « Q u a d e r n i d e llo S tu d io R o tale » 14 (2 0 0 4 ) 75.
32 Coram M o n i e r , 22 m a rz o 1995, in RRDec. L X X X V I, p. 3 0 6 , n. 20.
33 « S e d m u lie r is p r i m u m m a t r i m o n i u m d i s p e n s a ti o n e s o l u t u m s o lu m i n te r e s t . M a g n i
m o m e n ti n o n e st si v ita m a tr im o n ia lis p e r d u ra v it 15 d ie s v el 6 m e n s e s . Q u ia t a n t u m de
c ir c u m s ta n tia a g itu r, e t n o n d e e s s e n tia li q u a lita te . M u lie r is s in c e rita s c irc a p ra e c e d e n te m
s ta tu m c o n iu g a le m a b A c to ris q u o q u e te s tib u s c o n f ir m a tu r . P r im u m m a tr im o n iu m n o n fu it
c o n s u m m a tu m e t ip se A c to r a f fir m a t m u lie re m v irg in e m in v e n iss e : "A g g iu n g o c h e d o p o i
p rim i i n c o n tr i s ia m o a rriv a ti a i r a p p o rti s e s s u a li e d io e b b i m o d o d i c o n s ta ta r e c h e lei e ra
a n c o ra v e rg in e ; io c h ie si c o n fe rm a d e l fa tto e C e c ilia m e lo c o n f e r m ò ”. N o n h a b e m u s n o titia s
d e p ra e c e d e n tis m a tr im o n ii d iffic u lta tib u s e t d e c o n s u m m a tio n is im p o s sib ilita te . C e r tu m e st
q u o d m u lie r n o n m e n d a x f u it in v iru m n e c c elav it s u u m s ta tu m » (coram M o n i e r , 22 m a rz o
1996, in RRDec. L X X X V I, p. 307, n . 22).
104 Fabio Franchetto

Se q ualcu n o, per ottenere il co n se n so m atrim oniale, n ascon d e all'altra


parte la sua radicata ten denza o m o sessu a le, già - ad u n prim o sguardo -
vi è l'argom ento per dichiarare n u llo il m atrim onio per dolo, p oich é tale
con d izio n e certam en te suapte natura consortium vitae coniugalis graviter per­
turbare potest. Se, poi, è stata n ascosta n on so lo la tendenza om osessu ale,
ma anche u n a precedente pratica o m o sessu a le, allora questa possibilità si
rafforza. T rattandosi dell'om osessualità, l'appello al can. 1098, se conve­
niente, potrà essere un m ezzo per evitare dubbiosi ricorsi al can. 1095, o,
anzi, troppo am pie sue interpretazioni»34.

La presenza di fig li avuti da un precedente matrimonio, se n o n detta


all'altra parte, n on necessariam ente genera la nullità; infatti diverso è
che si tratti di figli m inorenni, verso cui si è legati ancora da obblighi
genitoriali35, diverso invece se i figli son o m aggiorenni, inseriti in una
nuova famiglia. In quest'ultim o caso infatti, la paternità di questi figli
n on avrebbe la forza di turbare l'unione coniugale36.

34 « D e h o m o s e x u a lita te , s ic u t p o ss ib ile c a n o n ic u m c a p u t n u llita tis m a trim o n ii, in tr a a m b i-


t u m c an . 1095 fe re ex clu siv e a g itu r. C u r a n d u m e st n e e x in d e o m it t a t u r e x a m in a re p o ss ib ile m
e iu s re le v a n tia m s u b te r m in is c a n . 1098. Si q u is , a d c o n s e n s u m m a tr im o n ia le m o b tin e n d u m ,
ra d ic a ta m t e n d e n tia m h o m o s e x u a le m a lte ri p a r ti c e la t, ia m " p rim a fa c ie " a r g u m e n tu m
a d e s t p rò d e c la ra tio n e n u llita tis o b d o lu m , q u ia ta lis c o n d itio c e rto c e r tiu s " s u a p te n a tu r a
c o n s o r tiu m v ita e c o n iu g a lis g ra v ite r p e r tu r b a r e p o te s t" . Si n o n t a n t u m q u a e d a m te n d e n tia
h o m o s e x u a lis , se d a c tiv ita s h o m o s e x u a lis p ra e v ia c e la ta sit, m a g is a d h u c c a s u s r o b o r a tu r.
C u m d e h o m o s e x u a lita te a g itu r, in v o c a tio c a n . 1098, q u a n d o c o n v e n ie n s sit, m e d iu m e sse
p o te r it u t d u b io si r e c u r s u s a d c a n . 1095 vel im m o e t in te r p r e ta tio n e s e iu s d e m c a n o n is n im is
a m p lia e q u o q u e e v ite n tu r» ( coram B u r k e , 9 lu g lio 1998, in RRDec. X C , p. 529, n . 34).
35 C f coram A l w a n , 23 n o v e m b re 1999, in RRDec. X C I, pp. 6 9 6-697, n n . 19-21.
36 «S ed e tia m in h y p o th e s i d o li se v e ra a C o n v e n to p a tr a ti c irc a s u a m p a te r n ita te m a n te n u p -
tia le m d u o r u m f ilio r u m c u m a lia m u lie re , a lia e t q u id e m g ra v is s c a te t d iffic u lta s , n e m p e
q u a e s tio u t r u m re v e ra a g a tu r d e q u a lita te a g n o s c e n d a ad n o r m a m c a n . 1098, a n n o n . A g itu r
e n im d e d u o b u s filiis m a io ris s u b s ta n tia lite r a e ta tis te m p o re n u p t ia r u m p a r tiu m in c a u s a ,
c u m p r io r n a ta e s t a n n o 1965 e t a lte r a n n o 1967, e t e rg a q u o s C o n v e n tu s n u lla te n e b a tu r iu -
rid ic a o b lig a tio n e , sp e c ia tim s u b fo rm a a lim e n to ru m . Im m o , u ti C o n v e n tu s lu d ic i e x p la n a v it,
m a te r illo ru m f ilio r u m c u m a lio v iro m a tr im o n iu m c o n tra x it, [...]. A c trix s u a ex p a r te n o n
la m e n ta tu r c irc a o b lig a tio n e s m a te ria le s s e u p e c u n ia r ia s ex h o c fa c to f o rs a n o rta s , q u ib u s
C o n v e n tu s te n e r e tu r , se d p o tiu s d e n u n tia t m a g is a m p la m e t m in u s d e fin ita m re s p o n s a b ili-
ta te m v iri e rg a s u o s filio s: [...]. Q u id q u id ta m e n e st d e o b lig a tio n ib u s o r d in is m o ra lis vel e t
s p iritu a lis e rg a p ro p r io s filio s, a g itu r d e r e r u m s ta tu in q u o m a te r illo ru m f ilio r u m sib i e ffo r-
m a v it p ro p ria m fa m ilia m e t filii ex C o n v e n to n a ti in h a c n o v a v iv u n t fa m ilia s in e c o n s e c ta riis
o rd in is m a te ria lis p rò C o n v e n to . C u m in s u p e r h i filii ia m m a io re m o b t in u e r u n t a e ta te m te m ­
p o r e c e le b ra tio n is m a tr im o n ii, d e q u o h e ic a g itu r, d iffic illim e ta lis p a te r n ita s a d m itti p o s s it
u ti q u a lita s a p ta , s u a p te n a tu r a , a d c o n s o r tiu m v ita e c o n iu g a lis g ra v ite r p e r tu r b a n d u m . H is
v e rb is m in im e iu s tif ic a tu r p o ss ib ile s ile n tiu m C o n v e n ti h a c in re , si re v e ra lo c u m h a b u is s e t
e t h a c ex c a u s a A c trix d e c e p ta f u is s e t, se d I n f ra s c r ip ti s o lu m m o d o a f fir m a n t ta le m q u a lita ­
te m valde d u b ii e sse , in c a s u , v a lo ris a d m e n te m c a n . 1098. Q u a re in d u b io s ta n d u m e s t p rò
v a lo re a c tu s . N av a A c tric is P a tr o n a c o n a ta e s t s u s tin e r e q u o d h a e c p a te rn ita s "o b iec tiv e g ra -
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 105

L'appartenenza alla C hiesa cattolica viene ritenuta una qualità di


grande im portanza per il bene spirituale dei coniugi e per la educazione
della prole e tenendo conto anche della normativa della C hiesa sui m a­
trim oni m isti37.
Si richiam a il can. 1084, accennando alla sterilità com e u nico esem ­
pio di una qualità espressa già dal Legislatore38.
Altre qualità son o la gravidanza dichiarata falsam ente, la paternità
del nascituro, la verginità, la professione di m edico, le m alattie fisiche,
u n precedente m atrim onio civile, la dipendenza da droga, dei precedenti
penali, la m ancanza di fedeltà, il vizio del g io co 39.

v issim a e st, q u ia ex n a tu r a re i c o n s o r tiu m v ita e c o n iu g a lis e o m o d o p e r tu r b a t q u o d m a r itu s


c u m d u a b u s m u lie rib u s fa m ilia rite r tr a c ta r e d e b e t e t lege n a tu r a li o b lig a tu s e s t filio s illeg i-
tim o s s u s tin e r e a tq u e e d u c a re " . A rg u m e n ta tio fit ta m e n e x tra m o d u m , q u ia - u ti ia m s u p ra
d ix im u s e t c u i n e m o in c a u s a c o n tra d ic it - is tiu s m o d i o b lig a tio n e s r e s u m p ta e s u n t in nova
fa m ilia m a tris filio ru m n a tu r a li u m C o n v e n ti. C u m re a lita te m a tr im o n ii C o n v e n ti c u m Ac-
tric e p u g n a t n o n ta m m o m e n tu m o b ie c tiv u m s u p e r iu s d ic ta e p a te rn ita tis , q u a m p o tiu s ipse
d e fe c tu s in f o rm a tio n is c irc a ta le m s ta tu m , si re v e ra a g e b a tu r d e o m is s io n e ex p a r te viri. H o c
ta m e n p e r ti n e t a d in te g r ita te m c o n s e n s u s , n o n a d e iu s v a lid ita te m s u b a s p e c tu c a n . 1098. Si
ita re s se h a b e a n t, o m n in o in u tile e st in q u ir e r e d e a liis e le m e n tis c o n s titu tiv is fig u ra e do li
re la te a d h a n c q u a lita te m » (coram E r l e b a c h , 31 g e n n a io 2 0 0 2 , in RRDec. X C IV , p. 53, n . 14).
37 « Q u a e q u a lita s , u ti s u p r a a n im a d v e rtim u s , "o b ie c tiv e " m a g n i m o m e n ti e st, q u ia c o m m u ­
n io in r e b u s re lig io sis m a x im i p o n d u s e st p rò s e re n o p r o c e s s u c o n s o r tii v ita e c o n iu g a lis ,
sive q u o d a ttin e t a d b o n u m s p irita le c o n iu g u m , sive q u o d a ttin e t a d re c ta m e ffic a c e m q u e
e d u c a tio n e m p ro lis. C e te r u m ip se S u p re m u s E cc le sia e L e g isla to r, q u a m v is fo v eat " m o tu m
o e c u m e n ic u m a p u d c a th o lic o s", s u m m a m d ilig e n tia m p ra e c ip it d e h a c re (can . 755); im m o
q u o d a ttin e t p ro p rie a d m a tr im o n ia c a th o lic o r u m c u m iis q u i a d s c rip ti s u n t " c o m m u n ita ti
e c c le sia li p le n a m c o m m u n io n e m c u m E c c le sia C a th o lic a n o n h a b e n ti" , m e n te m h a u d fa-
v o ra b ile m p ro m it, n o r m a s f id e lite r s e rv a n d a s d e te r m in a n s p rò h is c a s ib u s , a d re m o v e n d a
p r a e s e rtim p e ric u la a fid e d e fic ie n d i, q u o d u tiq u e m a x im u m d e tr im e n tu m e sse t, e t ad p ro le m
b a p tiz a n d a m e t e d u c a n d a m in E c c le sia C a th o lic a (cf. c a n . 1071, § 1, 4°; § 2; c a n n . 1124ss;
M .P. M a trim o n ia M ix ta )» (coram D e f i l i p p i , 4 d ic e m b re 1997, in RRDec. L X X IX , p. 860, n.
10). C f s o tto u n a ltro p u n to d i v ista la s e n te n z a coram E r l e b a c h , 31 g e n n a io 2 0 0 2 , in RRDec.
X CIV , p. 53, n. 15.
38 « M a tr im o n iu m " in d o le s u a n a tu r a li ... a d p ro lis g e n e ra tio n e m " o r d i n a t u r (c a n . 1055);
a tq u e p e r g ra n d is m a io r ita s h o m in u m a d m a tr im o n iu m a c c e d u n t c u m sp e p ro le m g e n e ra n d i.
P ro in d e , a lia m p e r s o n a m d o lo c a p ta re c irc a f a c tu m s te rilita tis e a m d e c ip e re s ig n ific a t q u o a d
q u a lita te m in ip sa f o e d e ris m a tr im o n ia lis e s s e n tia ra d ic a ta m » (coram B u r k e , 25 o tto b r e 1990,
in RRDec. L X X X II, p. 7 2 6 , n . 15; c f coram R a g n i , 27 a p rile 1993, in RRDec. L X X X V , p. 295,
n. 9).
39 C f L . G h i s o n i , La decezione dolosa..., cit., p. 75; R . W i t z e l , La nullità del matrim onio o b d o -
lu m ..., cit., p. 115.
106 Fabio Franchetto

I fatti circostanziati da ricercare a livello probatorio


C om e già osservato, dottrina e giurisprudenza sostan zialm en te
coin cidono circa il percorso probatorio in tem a di dolo.
Si riferisce, a titolo esem plificativo, quanto scritto in una coram
Civili circa i fatti e le circostanze che devono essere indagate e provate
per dim ostrare la nullità ob dolum-, il ponente afferma che la prova del
dolo deve riguardare tre realtà che devono constare con certezza morale:
l'intenzione di colui che attuò l'inganno; la qualità perturbativa; l'errore
determ inante40.
D istin ti dal triplice oggetto da provare sono i m ezzi di prova. L'in­
ten zion e del deceptor si prova attraverso le dichiarazioni giudiziali ed
extragiudiziali del m edesim o o attraverso le deposizioni di testi credibili.
La presenza o assenza della qualitas può essere provata attraverso d ocu ­
m entazione clinica se riguarda lo stato di salute; o se si tratta di aspetti
inerenti la personalità m orale, attraverso le testim onianze. Circa invece
l'errore da parte del deceptus, è fondam entale il ricorso sia al criterio
estim ativo sia a quello reattivo. N el prim o si richiede di indagare quanta
im portanza dava il nubente alla qualità, nel secon do bisogna valutare il
com portam ento tenuto dopo la scoperta dell'inganno41.

40 C f coram C i v i l i , 8 n o v e m b re 2 0 0 0 , in RRDec. X C I I , p. 607, n. 8.


41 «Ad v e rita te m d e te g e n d a m , v a ld e iu v at c r ite riu m re a c tio n is : si a s s e r tu s d e c e p tu s , d e te c ta
v e rita te , s ta tim c o n v ic tu m iu g a le m in te r r u p e r it, p a r te m d e re lin q u e n d o illa m q u e d e a c tio -
n e d o lo sa a c c u s a n d o , p r a e s u m p tio s ta t p rò in d u c tio n e in e r ro r e m d o lo s u m . E c o n tra , si
a s s e r tu s d e c e p tu s c o n s u e tu d in e m v ita e c o n tin u a v e r it e t p ro le m p ro c re a v e rit, ip se n u lla m
d e c e p tio n e m ad o b tin e n d u m c o n s e n s u m p a s s u s p r a e s u m itu r» (L. cit.). O p p u re : «A d p ro -
b a tio n e m n u llita tis e x c a p ite d o li, in te r c rite ria a i u r is p r u d e n tia re c e p ta , m e m o ra re o p o rte t:
a) q u a n ti n u p t u r ie n s fe c e rit q u a lita te m ; b) q u a e n a m p e rs e v e ra n tia a b e o d e m a d h ib ita fu e rit
in u rg e n d a m p ra e te n s a m q u a lita te m u s q u e a d n u p tia s n e c n o n p o s te a ; c) m o d u s se g e re n d i
p e c u lia r ite r c u m a lte ra p a r te " q u a d o li s e u d e c e p tio n is a u c tric e ", q u a n d o p rim u m se in v e n it
ip se d e c e p tu s ilio b o n o s e u q u a lita te a b s o lu te in te n ta d e fin itiv e o r b a tu m e x stitisse [...]. M e n s
vel in d o le s p a r tis d e c e p ta e n e c n o n c ir c u m s ta n tia e p ra e e t p o s t n u p tia le s h a u d n e g lig e n d a e
s u n t e t m a g n i m o m e n ti e v a d u n t a d c o m p r o b a n d u m a s s e r tu m d o lu m » (coram M o n i e r , 27
a p rile 200 1 , in RRDec. X C III, p. 3 0 0 , n . 15). I n u n a coram R a g n i si a ffe rm a : « Iu x ta h a n c a d n o -
ta tio n e m , e n im , a d a p tio r e m n o v is s im i c a p itis n u llita lis "doli" a n a ly s im d u c e n d a m v id e n tu r
(sic u ti in c a p ite vis e t m e tu s d u o a t t e n d u n tu r f u n d a m e n ta , i. e. " c o a c tio " ex p a r te e iu s q u i
ip s a m in c u tit e t "a v ersio " ex p a r te n u p t u r ie n t is q u i e a n d e m p a titu r) duo praesertim elementa
acclaranda e sse , i. e.: a) “circumventio" (m a c h in a tio ) a b e o q u i e a m p a tr a t e t b) “deceptio" in ilio
n u p tia s c o n tr a h e n te q u i c ir c u m d u c tio n e m p a ti t u r q u iq u e s u s tin e t c o ra m iu d ic e to to iu re
se, "q u a d e c e p tu m ” in c o n s e n s u m m a trim o n ia le m e lic ie n d u m , in e r ro re m d u c tu m fu isse
r e la te a d " c o n d itio n e m p o sita m " » (coram R a g n i , 27 a p rile 1993, in RRDec. L X X X V , p. 289,
n . 3); « A tta m e n e x s u p r a a lla tis, q u a e d a m e s s e n tia lia a tte n d e n d a s u n t: " u t r u m a c tu s d o lo s u s
(c o m m is s u s a u t o m is s u s ) a s s e rtu s , re a p s e in f e c tu s m a la s e u d o lo sa v o lu n ta te fu e rit, a n n o n "
(vel " u t r u m a c tu s d o lo s u s a s s e r tu s , v e ro o r b a tu s fu e rit d o lo sita te , c u m c o n s tite rit n o n ex
n u p tu r ie n te a u c to re d o li fu is s e n e g lig e n tia m a d h ib ita m in n o titia m tra n s m itte n d a m a c to ri,
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 107

Sugli elem enti che com p on gon o la prova, nel suo studio, R. W itzel
individua sia u n o schem a di tripartizione: «1) chi contrae m atrim onio sia
ingannato da dolo co m m esso al fin e di ottenere il suo con senso; 2) l'in­
ganno verta su una qualità dell'altra parte contraente, 3) tale qualità deve
per sua propria natura poter perturbare il consorzio di vita coniugale»42;
sia di quadripartizione: «1) che talun o contragga m atrim onio ingannato
con dolo; 2) che il dolo sia volto ad ottenere il co n sen so m atrim oniale; 3)
che oggetto del dolo sia una qualità della comparte; 4) che la m ancanza
di qualità nell'altro contraente valga per sua stessa natura a gravem ente
perturbare il consorzio di vita o, m eglio, la com u n ion e di tutta la vita
coniugale»43.
A l di là degli sch em i usati, ciò che conta è l'individuazione degli
elem enti da accertare per svolgere una com pleta indagine processuale.
Per cui:

«Q ualunque sia la ripartizione esp o sta in iure, sta di fatto che, per ritenere
integrata la fattisp ecie prevista dal can. 1098, i T urni verificano che nel
caso con creto ricorrano tu tti i requisiti della norm a: la deceptio (vale a dire
l'inganno o l'errore in cu i è caduto il n ubente), il dolus (da parte di persona
diversa del n u ben te ingan n ato), il n esso causale tra il dolus e l'errore, il fine
dell'autore del dolo (ad obtinendum consensum), le co n seg u en ze della deceptio
(l'em issione del co n se n so ; altrim enti n o n prestato), l'oggetto del dolo e
del corrispon dente errore (alterius partis qualitatem) e la co n sisten za di tale
qualità (suapte natura consortium vitae coniugalis graviter perturbare potest) »44.

N ella valutazione di quali fatti ricercare o di com e valutare i fatti


em ersi, ritengo a questo p un to che sia più utile affrontare le sentenze
nelle loro singole fattispecie e nella valutazione del peso probatorio che
singoli fatti p osson o avere a secon da delle circostanze in cui si collocano,
cercando di capire (pur nei lim iti della sintesi e di una esp osizion e som ­
maria) il ragionam ento che ha portato a ritenere provata o m eno l'accusa

se d e x p e r s o n a p r a e p o s ita c irc a m u lie r is c e r ta m s te rilita tis c o n d ic io n e m , a n n o n " ) e t “q u i-


b u s e le m e n tis in c o n c r e to p ro b a tiv is sic d ic tu s 'n e x u s c a u s a lis ' s u f f u ltu s e x s te t”, c u m n o n
s u ffic ia t m e ra su b ie c tiv a s u p p o s itio a p a r te a c tric e a lia ta s ic u ti v e rb is t a n t u m n o n su ffic it se
d ic i “d e c e p tu m " , q u ia sive n e x u s c a u s a lis (q u i s u p e r a c tu d o lo so e t s u p e r e v e n tu ia m o b te n to
fu n d a tu r ) sive d e c e p tio (q u a m u n u s n u p t u r ie n s p a s s u s est) m a n if e s ta tio n e s e x te rn a s se u
e x te rio re s (n o n t a n t u m m o d o i n te r n a s id e a s a u t o p in io n e s vel c o rd is s e n s u s ) in u n a vel a l­
te ra p a r te h a b e r e d e b e n t; d u m , in s im ilib u s o n u s a c to r i in c u m b it a p ta s ac v a lid a s, n o n vero
d u b io s a s vel p e ric lita n te s , a ffe rre p ro b a tio n e s » (ibid., p. 293, n . 6).
42 R. W i t z e l , La nullità del matrim onio o b d o lu m ..., cit., p. 101.
43 Ibid.
44 Ibid., pp. 101-102.
108 Fabio Franchetto

di dolo. C om e vedrem o, l'assenza di u n o solo degli elem enti succitati


im pedisce la pronuncia affermativa di nullità ob dolum.

La coram Ragni del 2 7 aprile 1993


La qualità oggetto di dolo è la sterilità e la decisione è negativa non
solo per le divergenti deposizioni dell'attore e della convenuta o dei testi
di entram be le parti, ma anche e soprattutto per la divergenza che si
coglie nelle diverse deposizioni dell'uom o, e per le circostanze che carat­
terizzano la storia m atrim oniale45.
La convenuta sosteneva che il m arito era a conoscen za della sua ste­
rilità, fin da prima delle nozze, dato che l'aveva accom pagnata a sottopor­
si ad alcuni esam i medici: «Sotto giuram ento afferm o che M ario, all'atto
delle m ie d im issioni dall'ospedale, conobbe im m ediatam ente la diagnosi
fattam i colà, cioè sterilità. Infatti, essend o egli venuto a prelevarmi con
la propria Fiat 127, gli con segn ai la relativa cartella clinica datam i quella
stessa m attina ed egli la lesse seduta sta n te... In quella circostanza non
parlam m o con il prof. M ., perché non era presente. In definitiva M ario
conobbe la diagnosi nel m odo detto»46.
O vviam ente l'uom o negava; ma viene ritenuto poco credibile per
diversi motivi. A n zitutto per le versioni leggerm ente differenti che offre
circa le m odalità con cui venne a con oscen za della sterilità della donna47.
V i è poi un'ombra di sosp etto data dagli interessi econom ici dell'uom o48.

45 « N o n s o lu m ex d iv e rg e n tib u s v a d im o n iis (in te r se ip sa a b a c to re a lia ta p r a e s e r tim a tq u e


d e in in te r illa a c to ris e t c o n v e n ta e ) n e c n o n te s tiu m u tr iu s q u e p a rtis d e p o s itio n ib u s , se d e tia m
ex c ir c u m s ta n tiis q u a e to ta m h is to r ia m h u iu s m a tr im o n ii q u a lif ic a ru n t» (coram R a g n i , 27
a p rile 1993, in RRDec. L X X X V , p. 2 96, n. 11).
“ Ibid., p. 298, n. 12.
47 « S e q u e n te s lo c u tio n e s v iri a rtific io s a e a p p a r e n t c irc a d e te c tio n e m d o c u m e n ti n o s o c o m ii
p e d e m o n ta n i: - in lib e llo , e n im : " s c o p rii, a r ta ta m e n te o c c u lta ta , u n a c a rte lla " ; - in p rio re
d e p o s itio n e : " m e n tre sta v o c o n tr o lla n d o a lc u n i p a g a m e n ti a ll'in te r n o d i u n a rm a d io , m i
c a d d e u n a c a ta s ta d i c o p e r te , d a lle q u a li u s c i a n c h e u n a b u s ta ro ss a ; p e r c u rio s ità a p rii la
b u s ta se n z a s o s p e tta r e c o sa c o n te n e s s e " ; - in a lte ra d e p o s itio n e v e ro p ro fe rt: " r in v e n n i in
u n a sc a to la d i c a r to n e p e r s c a rp e , p o s ta s o tto a lc u n e c o p e rte a ll'in te r n o d i u n m o b ile , u n a
b u s ta ro s s a c h e c o n te n e v a la c a r te lla c lin ic a ... ed a lc u n i c e rtific a ti d i d e p o s ito d i B ot in te s ta ti
a S a n d r a e, a ltr i..." . Ita, v e rb a " a r ta ta m e n te o c c u lta ta ... in u n a rm a d io " d o m u s c o n iu g a lis ...
in m e d io sic v o c a ta e " c a ta s ta d i c o p e rte " , d e in "in u n a sc a to la d i c a r to n e p e r s c a rp e ... u n a
b u s ta ro s s a ” m ix ta p lu r ib u s d iv e rsis a liis fo liis, n o n p a r u m in d is c rim e n c o m p e llu n t fa c ti
v e rita te m , c ir c u m s ta n tia e a tte n d ib ilita te m n e c n o n v iri c r e d ib ilita te m , q u a s a d h u c m a g is
d e p a u p e ra t e x a c ta u x o ris e n o d a tio » (ibid, p. 299, n . 13).
48 « P ra e te re a , m u lie r in u ltim o in te rr o g a to rio m a n ife s ta t q u o d "n e l c o rs o d e ll'a n n o a n te ­
c e d e n te l'effe ttiv a r o t tu r a d e l m a tr im o n io " (i. e. a n n o 1986) e t " c o n m a g g io re in s is te n z a ,
in to r n o al N a ta le 1988”, s e u a n n o s u b s e q u e n ti s e p a ra tio n i d e fin itiv a e n e c n o n h u ic in ito p rò -
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 109

E, infine, risulta im probabile che l'uom o ignorasse la sterilità della don­


na: anzitutto perché prima delle nozze entram bi i coniugi si sottoposero
agli esam i m edici (con le spese sostenute dall'uom o stesso); poi per il
fatto che la donna subì u n intervento chirurgico con asportazione dell'u­
tero durante il m atrim onio: la qualcosa contrasta con l'affermazione che
l'uom o n on sapesse nulla fin o al rinvenim ento fortuito di alcune cartelle
clinich e49.
In questo caso, allora, l'attore viene a perdere la sua credibilità sia
a causa delle contraddizioni in cui cade, sia dalle circostanze di causa
sopra riferite che portano a ritenere poco credibile la narrazione di com e
lui abbia appreso della sterilità della donna.

La coram Bruno del 19 novembre 1993


L'uomo voleva una donna i cui «requisiti essenziali di una futura
m oglie erano per me: la sincerità, la lealtà e l'amore»50 e - afferma l'attore
- «conoscendola e frequentandola, io m i feci la convinzione che Silvana
fosse una persona buona, generosa e disponibile»51.
L'accusa rivolta è che il m atrim onio era ricercato per conseguire
vantaggi econom ici e per questo la donna avrebbe sim ulato una diversa
personalità: «La differenza sociale, econom ica e culturale fra le fam iglie
di Silvana e la m ia era talm ente elevata che il m atrim onio costituiva
per lei u n cam biam ento n on solo civile, ma anche sociale, econom ico e
culturale»; e poi: «Lo scopo che Silvana si prefiggeva col suo com porta­
m ento postnuziale era quello di isolare m e dalla fam iglia e di subentrare
con una m aggiore quota nella E.»52.

c e s s u i c a n o n ic o , ac ia m in c h o a ta c a u s a civilis s e p a ra tio n is : “ M a rio r ip e tu ta m e n te le p ro p o s e ,


a d d u c e n d o ra g io n i d i o p p o r tu n ità c o m m e rc ia le , il re g im e d i se p a ra z io n e d e i b e n i, d a lla s te ssa
s e m p re rifiu ta ta " . A b s q u e d u b io , ig itu r, a d s p e c tu s o e c o n o m ic i e x s is te n te s in te r p a rte s n e -
g a tiv u m in f lu x u m e x e r c u e r u n t a c p r o s e q u u n t u r a d h u c h o d ie e x erc e re » (ibid., p. 3 0 0 , n. 13).
49 « C irc a p ra e c ip u u m a r g u m e n tu m , i. e. v iri ig n o ra n tia m s te rilita tis m u lie ris , a d s u n t in a c tis
d o c u m e n ta q u a e a p e r tis v e rb is d ia g n o s im s te r ilita tis m u lie ris ip siu s p r a e d ic a n t te m p o re
e x a m in u m a m b o r u m iu v e n u m in n o s o c o m io q u a e q u e m u lie re m i n te r v e n tu m c h ir u r g ic u m
p a s s a m e sse d ie 21 ia n u a r ii 1985 in u te ro , p a la m d e c la ra n t. A d v e rsu s t a n t a d o c u m e n ta p o -
n itu r, s e u n u n c s ta t, a c to ris a ffir m a tio q u a a c ri p e r tin a c ia ip se M a r iu s c o n c la m a t se o m n in o
ig n o ra s s e s te rilita te m A le x a n d r a e sive a n te n u p tia s sive p o s te a u s q u e a d d ie m s e p a ra tio n is
d e fin itiv a e c o n iu g a lis im m e d ia te p o s t d e te c tu m , in te r fa m ilia e c a r th u la s , d o c u m e n tu m n o -
s o c o m ii p e d e m o n ta n i, c u iu s e x e m p la r e x h ib u it s u b s e q u e n te r T r ib u n a li E c c le sia stic o » (ibid.,
p. 3 0 0 , n. 14).
50 Coram B r u n o , 19 n o v e m b re 1993, in RRDec. L X X X V , 677, n. 8.
51 L. cit.
52 C f /. cit.
110 Fabio Franchetto

La tesi attorea, però, viene ritenuta priva di fondam ento per una
serie di circostanze, n o n esclusa la genericità delle qualità in q u estio­
n e53. Paradossalm ente, poi, le accuse che l'uom o e i suoi testi rivolgono
alla donna circa alcuni piccoli episodi prenuziali, fanno em ergere com e
l'uom o fosse a con oscen za dei "difetti" della donna, in u n fidanzam ento
durato quattro an n i54. Ciò quindi rende poco probabile l'errore da parte
dell'uom o.
Inoltre, dagli atti n on consta che la donna volesse ingannare l'uom o
per estorcergli il co n sen so m atrim oniale. A nzitutto fu l'uom o a proporre
le nozze, anticipatam ente, a causa della m alattia del padre, n onostante la
donn a preferisse attendere55.
Per ragioni fiscali alla donn a era stata intestata una quota della
società della fam iglia dell'attore. Il fatto poi che la donna abbia restituito
tale quota della società e altri beni, è una circostanza post-m atrim oniale
che n on depone a favore dell'intenzione dolosa56.
Si osserva poi che il cam biam ento di atteggiam ento della donna
avviene dopo diverso tem po rispetto al m atrim onio - dato che inizial­
m ente la vita coniugale era serena e allietata dalla nascita di u n figlio - ed
è dovuto a incom prensioni con i fam iliari dell'uom o, che poi son o state
am plificate per sostenere la tesi attorea57. Il naufragio delle nozze fu d o ­
vuto a questioni patrim oniali nella fam iglia dell'attore e a interferenze da
parte della fam iglia nella vita m atrim oniale dei due58.

33 C f ibid., p. 678, n . 10; p. 680, n . 13.


54 C f ibid., p. 679, n. 10.
55 «Ex p ra e n u p tia lib u s q u o q u e a d iu n c tis f r u s t r a a c tio n e m d o lo s a m d e te g e re q u a e r im u s . M a -
tr im o n iu m e n im n o n f u it a c o n v e n ta e x q u is itu m , se d a v iro o b la tu m ; im m o m u lie r e iu s d e m
fe s tin a ta e c e le b ra tio n i c o r a m p a tre a c to ris , g ra v ite r a e g ro ta n te , fo r tite r o b stitit» (ibid., p. 680,
n . 12).
56 « C irc u m s ta n tia e p o s tm a tr im o n ia le s c u m d o lo m in im e c o n g r u u n t, illu m p o tiu s e x c lu d e re
v id e n tu r. M u lie r o m n ia q u a e a fa m ilia a c to ris h a b u it a d a sse m re s titu it. "Io h o p ro v a to il m io
d is in te re s s e - m e m o ra t c o n v e n ta - r e s titu e n d o t u tt o c o n a tti n o ta r ili d e l n o v e m b re 1985",
q u o d lib e n te r c o n c e d it a c to r: "È v e ro c h e n e l n o v e m b re 1985 S ilv an a c e d e tte la q u o ta d e ll'E .
e r in u n c iò a lla c o m p ro p rie tà d i u n a p p a r ta m e n to in M o rb e g n o ; a c c e d e tte a n c h e a lla s e p a ra ­
z io n e d ei b e n i"» (ibid., p. 681, n. 14).
57 « P a rite r c o m p ro b a tu m n o n e s t c o n v e n ta m c a lu m n ia s c o n tra fr a tr e m a c to ris V ic to riu m e t
e iu s fa m ilia re s ia c ta ss e . M u ta tio n e s m u lie ris n o n d o lo se d a liis c a u s is , p o s t n u p tia s e x o rtis,
a d s c rib e n d a e s u n t; ite m q u e iu rg ia e t d is s e n s io n e s in te r c o n v e n ta m e t fa m ilia re s v iri a m p lifi-
c a ta e e t d is to r ta e s u n t a d e o r u m c o m m o d a o b tin e n d a e t ad th e s im a c to re a m c o rro b o ra n d a m »
(ibid., p. 6 82, n. 14).
58 « C o n v e n ta e t n o n n u lli te s te s c a u s a m n a u fra g ii c o n iu g ii t r ib u u n t d isc id iis e x o rtis o b q u a -
e s tio n e s p a trim o n ia le s , in fa m ilia a c to ris a tq u e e iu s d e m in d e b itis in te r p o s itio n ib u s in iug ali
c o n v ic tu m u lie ris » (ibid., p. 681, n . 13).
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 111

Si aggiunge poi che la credibilità della convenuta e dei suoi familiari


viene pienam ente attestata dal parroco59.
In questo caso, i fatti sm entiscono l'intenzione dolosa della donna e
pongon o in luce anche com e l'accusa circa l'assenza della qualità oggetto
di dolo sia frutto di am plificazioni successive. I veri m otivi della rottura
m atrim oniale son o u n indizio contrario alla tesi attorea.

La coram Stankiewicz del 2 7 gennaio 1994


Si tratta di u n m atrim onio organizzato dai fam iliari; i fidanzati
avevano avuto solo u n incontro sei m esi prima delle nozze e si erano
tenuti in contatto solam ente epistolare. La donna poi si rivelò affetta da
m alattia psichica.
Appare chiaro com e fatto lo stato di salute psichicam ente com pro­
m esso della donna, con tanto di ricovero precedente alle nozze, anche
se rim ane incerta la qualificazione nosografica della sua malattia. A ciò,
com unque, va aggiunto il fatto che - dopo soli tre m esi dalle nozze - la
donn a dovette subire u n ulteriore ricovero in u n ospedale psichiatrico60.
M entre è chiaro che si può parlare di u n errore di qualità diretta-
m ente e principalm ente intesa, n on altrettanto può dirsi del dolo: dagli
atti, infatti, n on si può dedurre alcuna volontà ingannatoria da parte dei
fam iliari della donna, perché essi stessi avevano sottovalutato la sua fra­
gilità psicologica e di fatto in questi term ini ne avevano parlato all'attore,
senza nascondere nulla61.
Il com portam ento dell'attore che interruppe subito la convivenza
n on appena seppe delle cure psichiatriche precedenti alle nozze cui la
donna fu sottoposta, indica (in base al criterio di reazione) la grande
im portanza che lui aveva attribuito a quella qualità.

La coram Faltin del 2 0 giugno 1995


D op o il m atrim onio, l'uom o aveva assunto u n com portam ento lesi­
vo della dignità della donna. La sentenza afferma che n on m ancano agli
atti indizi a favore del fatto che l'uom o abbia finto am ore verso la donna
per estorcere il suo con sen so. Ciò che fa problem a è il n esso di causalità
tra inganno dell'uom o e co n sen so della donna. N o n si coglie da parte

59 C f ibid., pp. 676-677, n . 6.


60 C f coram S t a n k i e w i c z , 2 7 g e n n a io 1994, in RRDec. L X X X V I, p. 72, n. 31.
61 C f ibid., p. 75, n. 39.
112 Fabio Franchetto

dell'uom o quella astuzia e quella furbizia tali da configurare una azio­


ne dolosa. Inoltre fa problem a che fu la donna ad insistere di celebrare
quanto prima il m atrim onio62. Infatti, lei stessa confessa che voleva uscire
quanto prima da casa sua per sottrarsi alle m olestie del padre63.
Il co n sen so della donna, quindi, non fu diretta con seguenza dell'in­
ganno dell'uom o, in quanto altri erano i m otivi che la spinsero a volere
il m atrim onio. N o n si può quindi parlare di u n co n sen so estorto con
l'inganno perpetrato dall'uom o.

La coram Ragni del 19 dicembre 1995


La qualità in questione è la verginità e si tratta di valutare i fatti che
attestano l'im portanza che ad essa diede l'attore. A lcu n i fatti attestano
che l'attore n on dava alla qualità l'im portanza che asseriva: dopo la cele­
brazione delle nozze (avvenuta nel 1982) l'attore visse ancora sei anni con
la m oglie e da essa generò u n figlio (cosa che n on avrebbe fatto se il suo
con sen so dipendeva dalla qualità); inoltre, dopo u n anno dal divorzio, le
parti tentarono di riconciliarsi e si fecero aiutare da u n o psicologo.
U n ico testim on e nel processo, poi, è la m adre dell'attore che affer­
ma: «ella, la convenuta - dopo le nozze - le disse che non era vergine al
m om ento del m atrim onio e che aveva avuto anche u n aborto»; osserva la
sentenza invece che l'afferm azione appare esagerata se si tiene conto che
l'attore al m om ento della consu m azion e del m atrim onio, avrebbe dovuto
accorgersi che tale qualità mancava, dato che egli aveva una età (22 anni)
tale da ritenersi sufficientem ente capace di capire la cosa64.

62 «Ex h u c u s q u e a ctis e t p ro b a tis a d re m n i h il o m n in o c e rti e r u i p o te s t. R e a p se , re a tte n te


p e r p e n s a ac m a tu r e c o n s id e ra ta , in c a s u , d e q u o h in c a g itu r, d e fic it s tr ic tis s im u s n e x u s
c a u s a lita tis a c tio n is d o lo sa e ex p a r te v iri e t p ra e s ta tio n e m c o n s e n s u s ex p a r te m u lie ris , e tsi
P a tr o n u s p e r fas e t n e fa s e a m p ro b a re c o n a tu s e st. S e d f r u s tr a . R e v era, n o n v id e tu r a d fu is s e
ex p a r te v iri t a n t a a s tu tia , c a llid ita s, fa lla c ia vel m a c h in a tio , u t d ic i p o s s it e u m d e m d o lo se
in s titis s e ad e x to r q u e n d u m c o n s e n s u m M a ria e a d n u p tia s c e le rrim e in e u n d a s , eo vel m ag is,
q u ia n o n ta m v ir q u a m p o tiu s ip sa ite r u m ac ite ru m in s titit» (coram F a l t in , 20 g iu g n o 1995,
in RRDec. L X X X V II, p. 4 01, n. 21).
63 «Se v ald e e x o p ta v isse e p a te r n a d o m o e x ire , u b i p ro b ro s is m o le s tiis in c e s tu o s is p ro p rii
p a tris , in d e ia m ab a ce rb a a e ta te , s u b m is s a fu it, id e o q u e u t n u p tia e q u a m p r im u m c e le b re n tu r
o m n ia c o n f ir m a n tu r a v iro , q u i fa s s u s e s t M a r ia m p lu rie s m a n if e s ta s s e f ir m u m d e s id e riu m
m a tr im o n ii q u a m p r im u m c o n tr a h e n d i, u t a p o te s ta te p ro p rii p a tris se s u b tr a h e r e p o s s it [...].
Item , v iri m a te r r e tu lit, s p o n s a lia d u ra v is s e " c e rc a d e u n a s e m a n a '', a d d e n s q u o q u e , q u o d
M a ria p ra e s s io n e s e x e rc u it in v ir u m , u t q u a m c itiu s m a tr im o n iu m c e le b re tu r, s e c u s su ic i-
d iu m p a tra n d i p a ra ta fu isse t» (/. cit.).
64 « A c to r m o m e n to p o s tn u p tia li m a tr im o n ii c o n s u m m a tio n is , u x o re n o n a d h u c p re g n a n te
fa c ta , tu n c d e b u it v e rita te m d e re c o g n o s c e re d e te r m in a te q u a v ir ia m v ig in ti d u o r u m a n n o -
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 113

La coram M onier del 22 marzo 1996


L'oggetto del dolo, di cui l'uom o accusa la convenuta è triplice: 1)
aver falsam ente prom esso che si sarebbe trasferita in Veneto ove lui aveva
l'attività notarile65; 2) la durata del precedente m atrim onio e le circostan­
ze della sua in con su m azion e66; 3) averlo sposato per concepire u n figlio
con una terza persona in m odo tale che il figlio nato fosse considerato
figlio dell'attore.
Sulle prim e due si afferma che si tratta di circostanze e n on di qua­
lità richieste dal can. 1098. Inoltre risulta che la donna n on avesse m ai
fatto una prom essa del genere, e le circostanze che depongon o a favore
di lei son o il fatto che lei prima delle nozze vin se u n concorso in un'altra
città, e accettò il trasferim ento senza che il fidanzato si op p on esse67. A
fatica, quindi, si può sostenere che l'uom o, sapendo tali fatti, prevedesse
u n ulteriore trasferim ento della donna.
Circa la terza qualità, a renderla incerta è il fatto che la causa di
d iscon oscim en to di paternità è ancora aperta nel foro civile; e com unque
l'accusa di adulterio, che l'uom o rivolge alla donna, n on prova che il figlio
n on possa essere anche suo, dato che risulta che le parti si siano incon­
trate anche dopo la rottura ufficiale68. In ogn i caso adulterio e nascita del
figlio son o fatti che riguardano il tem po successivo alle nozze.
V iste tali prem esse, gli altri elem enti di prova n on vengono indagati.

La coram Burke del 18 luglio 1996


La donna accusa l'uom o di un cam bio di personalità, di aver si­
m ulato alcune qualità positive. M a la tesi del dolo sem bra essere una
rielaborazione successiva. Infatti la donna, dopo la separazione, afferma
di essersi recata dallo psicologo per capire in che cosa lei avesse sbagliato
nella relazione con il m arito e dallo psicologo invece viene conferm ata sul

r u m a e ta tis e t s a tis e v o lu tu s e t e d o c tu s v itae e x p e rie n tia : t o tu m q u o d in d u b io p o n e re v id e tu r


p rim o ic tu o c u li ip s a m a s s e r ta m d e c e p tio n e m , q u a e e s t lap is f u n d a m e n ta lis h u iu s cau sae »
(coram R a g n i, 19 d ic e m b re 1995, in RRDec. L X X X V II, p. 723, n . 13, c).
65 C f coram M o n i e r , 22 m a rz o 1996, in RRDec. L X X X V III, p. 307, n . 21.
66 C f ibid., n . 22.
67 « M u lie r tr a n s la tio n i re n u n tia v is s e t, p o s te a m a g is lib e ra f u is s e t p a r tic ip a n d i ad c o n c u r s u m
n o ta rile m in re g io n e V e n e ta . E t re v era , o b te n ta tr a n s la tio n e a d se d e m B., d iffic iliu s p rò ea
e r a t n o v a m tr a n s la tio n e m in re g io n e m V e n e ta m o b tin e r e , q u ia d u a e c o n d ic io n e s v e rific a ri
d e b u is s e n t, sc ilic et: - u t se d e s n o ta rile s in V e n e ta re g io n e m it t e r e n tu r a d c o n c u r s u m ; - u t
c o n c u r s u s d e s e r tu s e v ad e re t» (ibid., p. 3 05, n . 16).
68 C f ibid., p. 308, n. 23.
114 Fabio Franchetto

fatto che lei non aveva nulla da rimproverarsi69. Q uesta è una circostanza
che fa capire com e la donna n on si sentisse oggetto di u n inganno.
C ontrariam ente a quanto afferma il patrono, la personalità della
donn a n on appare così sprovveduta, tale da n on accorgersi di alcuni
aspetti della personalità dell'uom o.
Inoltre sem brerebbe che da parte dell'uom o n on ci fosse alcuna
intenzione dolosa riconducibile ad uno sforzo per nascondere la sua vera
personalità70.

La coram Faltin del 3 0 ottobre 1996


La donn a aveva dichiarato falsam ente di essere incinta e che b iso­
gnava sposarsi. L'uomo, credendole sulla parola, accettò le nozze. D u e
settim ane prima, la madre della donn a rivelò che c'era stato u n aborto.
Sia per l'afferm azione di gravidanza, sia per quella dell'aborto, n on fu
presentato alcun docu m en to m edico.
D i fatto l'uom o n on visse responsabilm ente la vita fam iliare, ma
questa fu rotta quando a seguito di u n aborto (vero), la donna gli con fes­
sò di n on essere m ai stata incinta prima delle nozze e che n on c'era m ai
stato alcun aborto (prima delle nozze).
Il fatto che la m adre della donna avesse detto che c'era stato un
aborto (e quindi di per sé la gravidanza n on c'era più e n on poteva fu nge­
re da motivo delle nozze), com plica le cose. In ogn i caso ci si trova davanti
ad u n errore da parte dell'uom o causato dalla donna.
D u e circostanze depongono a favore della tesi attorea: la relazione
era iniziata senza im pegno, per la sola attrazione fisica; e il fatto che
l'uom o abbia trascurato fin da subito la vita fam iliare. La confessione di
questi aspetti che l'uom o fa contro se stesso ne sostien e la credibilità71.
Inoltre il fidanzam ento durò solo quattro m esi durante i quali i
giovani si separarono per tre volte. La donna conferm ò (tramite scritto)
che l'uom o aveva una personalità "manovrabile" e che com unque non
voleva perderlo, e per questo poi inventò la gravidanza. D a ciò si evince
il n esso di causalità72.

69 C f coram B u r k e , 18 lu g lio 1996, in RRDec. L X X X V III, p. 5 4 2 , n . 28.


70 C f ibid., p. 5 4 3 , n. 29.
71 C f coram F a l t i n , 3 0 o tto b r e 1996, in RRDec. L X X X V III, p. 676, n . 15.
72 « E te n im , ip s a m e t m u lie r c o n v e n ta in sc rip tis d e c la ra v it: "È v e ro c h e n e l p e rio d o d i te m p o ,
in c u i io avevo c o m u n ic a to a d A g o s tin o di tr o v a r m i in s ta to in te re s s a n te , n o i n o n c ’in c o n ­
tra v a m o più . Io gli volevo a llo ra b e n e e p e rc h é n o n volevo p e rd e rlo , gli h o d e tto d i tro v a rm i
in s ta to in te re s s a n te , a n c h e se n o n avevo a lc u n a c o n fe rm a m e d ic a , m a s o lta n to m e lo s o n o
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 115

N o n appaiono altri m otivi per cui l'uom o cedette alle nozze. Il fat­
to che poi abbia saputo che non c'era più la gravidanza (due settim ane
prima) n on toglie nulla all'inganno perpetrato né al fatto che lui aveva
accettato le nozze solo per la gravidanza73.
V i è poi il criterio di reazione per la rottura im m ediata dopo aver
appreso della gravidanza sim ulata74.

La coram Defilippi del 4 dicembre 1997


La donna accusa l'uom o di averla ingannata circa la sua adesione
alla fede cattolica. Infatti dopo alcuni m esi iniziò a frequentare un'altra
co n fessio n e cristiana nella quale voleva coinvolgere anche la donna;
quest'ultim a ruppe subito la vita coniugale.
A n zitutto è forte il criterium aestimationis: la donn a ci teneva m olto
a tale qualità dell'uom o. Lo si deduce anche dalla sua educazione fam i­
liare e dai chiari discorsi che faceva con l'uom o e con altri; la sua ferma
adesione alla C hiesa cattolica continua ancor oggi. A ltrettanto forte è il
criterio di reazione: n on appena l'uom o tentò di coinvolgerla in un'altra
confessione, lei lo lasciò75.
Resta la questione se l'uom o abbia ingannato la donna; l'uom o in­
fatti afferma di aver abbandonato la fede cattolica dopo le nozze.
A lcu n e circostanze m ilitano a favore della tesi del dolo: l'uom o si
presenta incostante dal punto di vista religioso (ha aderito a più con ­
fessio n i n el tem po); aveva scritto u n a lettera alla d on n a nella quale
affermava che l'abbandono della fede cattolica per lui fu u n cam m ino
che durò più anni (e questo avvenne p ochi m esi dopo le nozze: quindi,

in v e n ta ta d i s a n a p ia n ta " , p r o u ti ip s a m e t d e c la ra v it e tia m c o r a m F o ro civili e t p o s t m a tr i­


m o n iu m c o n firm a v it. E x in d e d e d u c i p o te s t, q u o d , in c a s u , lo q u i n e q u it d e ig n o r a n tia viri,
se d d e e r ro r e in q u a lita te p e r s o n a e e x p a r te v iri a c to ris o b d o lu m , a m u lie re c o n v e n ta ad
o b tin e n d u m c o n s e n s u m c o n s u lto p a tra tu m » (ibid., p. 677, n . 17).
73 « T an d e m , c e r tu m e sse v id e tu r, q u o d fa lsa m a tris m u lie ris c o n v e n ta e a d s e rtio , n e m p e fi-
lia m a b o r tu m p a s s a m e sse , th e s im a c to r e a m in fic ia re n e q u it. A d re m r e tu lit A c to r: "C iò n o n
o s ta n te n o n h o d e s is tito d a lla c e le b ra z io n e d e lle n o z ze sia p e rc h é t u t t o o r m a i e ra p re p a ra to ,
sia a n c h e p e rc h é sp e ra v o n e ll'a p p ia n a m e n to d e lle n o s tr e d iv e rg e n z e p re n u z ia li" . U tc u m q u e
vir, r a tu s m u lie re m p r a e g n a n te m e s s e t a p r o p o s ito n u p tia s in e u n d i a m p liu s r e c e d e re n o n
p o tu it» (ibid., p. 678, n . 20).
74 V e n g o n o rim p ro v e ra ti i g iu d ic i d i a p p e llo c h e av ev a n o p a rla to d i u n a c o n v a lid a d el m a tr i­
m o n io , p e rc h é l'u o m o - d o p o la riv e la z io n e d e lla f u t u r a s u o c e ra - si s p o s ò lo ste sso . M a ta le
ra g io n a m e n to n o n è c o r re tto in q u a n to l'u o m o n o n sa p e v a c h e la g ra v id a n z a e ra in e s is te n te
(cf ibid., pp. 6 7 8-679, n . 21).
75 C f coram D e fil ippi , 4 d ic e m b re 1997, in RRDec. L X X X IX , p. 860, n. 11. Il p o n e n te scriv e c h e
si p o te v a c o n s id e ra r e la fa ttis p e c ie a n c h e s o tto la p r o s p e ttiv a d e l c a n . 1097 § 2.
116 Fabio Franchetto

al m om ento delle nozze, la sua adesione n on era ferm a com e voleva la


donna)76. U n a teste afferma che l'uom o le aveva detto che frequentava
la C hiesa cattolica per sposare la donn a e sperava di convertirla alla fede
evangelica dopo le nozze. U n altro teste lo aveva sentito difendere la fede
protestante della madre.

La coram Faltin del 3 giugno 1998


La donn a aveva tenuto nascosta la sua sterilità. La sua m ancata
deposizione in prim o e secondo grado aveva reso il caso più difficile da
risolvere. La sentenza valuta positivam ente la credibilità dell'attore (per­
sonalità sem plice, coerenza costante nelle dichiarazioni, attestato del
parroco), m entre esprim e u n giudizio negativo su quella della donna:
anzitutto perché le giustificazioni che adduce per n o n essersi presentata
al tribunale nei precedenti gradi di giudizio son o afferm azioni gratuite
n on comprovate da alcun d ocum ento (affermava di trovarsi in Italia per
assistenza ad anziani, m a n on viene presentato alcun d ocum ento com e
ad es. il perm esso di soggiorno); e poi perché rivolge all'uom o accuse pri­
ve di fondam ento; e in fin e per delle contraddizioni nella sua deposizione.
D i fatto, la deposizione della convenuta risulta inficiata dalla sua ostilità
nei confronti dell'attore e quindi, pur nella sua posizione contraria, rende
ancor più facile la trattazione della causa77.
U n aspetto che fa problema, però, è l'applicazione del criterio di
reazione, che n on ci fu im m ediatam ente una volta scoperto l'errore. Tale
criterio, tuttavia, va sem pre applicato nel contesto della personalità del
deceptus, che in questo caso si presenta com e una persona sem plice, b u o ­
na e um ile: ciò rende ragione anche del fatto che fu la donn a a lasciare
lui e non viceversa, com e ci si sarebbe aspettato. D i fatto, però, lui non
fece nulla per salvare la relazione coniugale78.

76 «M utatici re lig io n is fit p e r p r o t r a c tu m e t la b o rio s u m p ro c e s s u m : si p a u c is m e n s ib u s p o s t


m a tr im o n ii c e le b ra tio n e m C o n v e n tu s , re lie ta fid e c a th o lic a , p u b lic a e a d h a e s it c u id a m C o m ­
m u n ita ti p ro te s ta n tic a e , n e c e s s a rie a s s e r e n d u m e st ip s u m ia m te m p o r e p r a e n u p tia li la b o ra -
visse p ro c e s s u r e tr a c ta tio n is re lig io n is c a th o lic a e : se d n u llo m o d o c e rtio r e m fe c it A c tric e m
d e h a c s u a re lig io sa c o n d ic io n e , q u a e , s u a p te n a tu r a e t a tte n ta m u lie ris m e n te p r o f u n d e c a ­
th o lic a , g ra v ite r p e r tu r b a tu r a e ra t c o n s o r tiu m v itae c o n iu g a lis . Im m o , s ic u t a n im a d v e r tim u s ,
ip se C o n v e n tu s d e h o c s u o p e rlo n g o p ro c e s s u r e tr a c ta tio n is su a e fid e i re lig io sa e c o n fe s s u s
e ra t A c tric i in q u a d a m d e c la ra tio n e s c rip to p ro la ta te m p o r e q u o L a u r e n tia d e a b r u m p e n d o
c o n v ic tu c o n iu g a li a g eb a t» (ibid.., p. 8 6 4 , n . 19).
77 C f coram Fa l t in , 3 g iu g n o 1998, in RRDec. X C , p. 441, n . 16.
78 « C e rto c e rtiu s , si q u is, d e te c to e rro r e , s ta tim c o m p a rte m d e s e rit, ex h o c n o ta b ilis m o ­
m e n ti in d ic iu m h a b e tu r. A tta m e n , fie ri p o te s t, u t q u is, n u llita tis s u i m a tr im o n ii ig n a ru s , in
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 117

Il m atrim onio vien e dichiarato nullo in base al can. 1083 § 2 perché


celebrato prima del 1983.

La coram M onier del 6 novembre 1998


La donna pensava che l'uom o fosse m edico. La sentenza afferma
che «senza dubbio l'uom o, convenuto in causa, si presentò com e m e­
dico e ricercatore e n on fece nulla per evitare l'errore in cui caddero la
donna, i suoi genitori e fam iliari. Tuttavia questo fatto n on è sufficiente
a sostenere la tesi del dolo. Infatti, il dolo richiede che si sia sposato per
estorcere il con senso»79.
Infatti, vi è u n elem ento che va nel sen so contrario, ossia il fatto che
la decisione delle nozze fu presa dalla donna, dopo che si era sistem ata
professionalm ente; inoltre, l'uom o n on voleva il m atrim onio80. Il matri­
m onio viene dichiarato n u llo in base al can. 1097 § 2.

c o n iu g io p e rse v e re t. Q u a , a u te m in c a s u , e r ra n tis c o n n o ta tio n e s c h a r a c te ris , in d o lis e iu s q u e


p e r s o n a lita tis p e r p e n d e n d a e s u n t u n a c u m e iu s c o n d ic io n e s o c io - c u ltu ra li a tq u e lo c o r u m ac
g e n tis m o re s , u b i fa c ta c e rta e v e n e r u n t, e t ita p o rro . [...]. V e ru m q u id e m e st, q u o d , d e te c to
e rro r e , c o n tr a s p e m s p e r a n s n o n A c to r illico a m u lie re d isc e s sit, se d p o tiu s ip sa e u m d e re li-
q u it a tq u e d iv o rtiu m civile p e tiit o b tin u itq u e . Im m o , e ts i A c to r d ic a t, se fu is s e " d a n n e g g ia to
e s s e n d o s ta to la s c ia to d a lla m ia ex m o g lie", n ih ilo m in u s , u ti v id e tu r, a n im o s c o n c ilia re s tu -
d u it. H o c fa c tu m , r e tin e n t P a tre s , m in im e in fic ia re p o te s t th e s im A c to ris , si a tt e n d a t u r e u m
e sse n e d u m p e r s o n a m v a ld e s im p lic e m e t h u m ilis c o n d ic io n is s o c io - c u ltu ra lis , p r o u ti ia m
s u p r a d ix im u s , se d fe re a b o m n ib u s h a b e t u tp o te “in g e n u o e si fid a su b ito " a tq u e "m o lto la ­
b o rio so ", ite m q u e “b u o n o , tr a n q u illo , m o lto tim id o , h a d e i p ro b le m i c o n l'u d ito , s e n te p o c o "
e t ita p o rro . H u iu s c e m o d i A c to ris c o n n o ta tio n e s in d o lis ac p e r s o n a lita tis in p e r p e n d e n d is
e iu s d e p o s itio n ib u s c e rto c e r tiu s p ra e o c u lis h a b e n d a e s u n t» (ibid., pp. 4 4 1 -4 4 2 , n . 17).
79 Coram M o n i e r , 6 n o v e m b re 1998, in RRDec. X C , p. 719, n . 22.
80 « D e cisio n u b e n d i a m u lie re c a p ta f u it se d n o n a v iro . M u lie r a f fir m a t in lib e llo : "E ro
o rm a i d e fin itiv a m e n te s is te m a ta p ro fe s s io n a lm e n te e d e cisi d i c o n tr a r r e m a trim o n io " . Id
q u o d c o n f ir m a tu r a m u lie ris p a tre : " D o p o av er v in to il c o n c o r s o ... si p e n s ò a p r o g r a m m a r e
le n o z ze . L u i c o n d iv ise la p ro p o s ta " . U ti p a te t ex te s tiu m d e p o s itio n ib u s , v ir n ih il fe c it ad
e x to r q u e n d u m c o n s e n s u m . Q u in im m o C o n v e n tu s m a tr im o n iu m c u m m u lie re n o le b a t. Ip sa
A c trix c o r a m T r ib u n a li, in s e c u n d a d e p o s itio n e , d a r e a d m ittit: " N e l 1981-82 m i a c c o rsi di
e s s e re in c in ta e fu a llo ra c h e lo c o m u n ic a i a d A n g e lo e c h ie si d i re g o la re c o n il m a tr im o n io
la g r a v id a n z a ... L u i si o p p o s e a l m a trim o n io , s o s te n e n d o c h e n o n e ra il m o m e n to a c a u s a d ei
s u o i im p e g n i d i lav o ro d o v e n d o re c a rs i n e g li U S A p e r m o tiv i d i ric e rc a ... P e rc iò fu lu i a n o n
v o lere n é il m a trim o n io , n é il figlio". D e n u o in s u a d e p o s itio n e a p u d N o s tr u m F o r u m m u lie r
c o n f ir m a t h o c f a c tu m p o s t g ra v id a n tia e d e te c tio n e m : " Q u a n d o c o m u n ic a i la c o sa al m io ex
m a r ito c h ie d e n d o g li d i s p o s a rm i, lu i m i d isse c h e i s u o i im p e g n i lav o ra tiv i e i s u o i f r e q u e n ti
s p o s ta m e n ti e ra n o in c o m p a tib ili c o n u n a fa m ig lia e c h e u n a fa m ig lia a v re b b e c o m p o r ta to la
fin e d e lla s u a a ttiv ità d i R ic e rc a to re ". R e v era b e n e c o n c lu d it P a tr o n u s p a r tis c o n v e n ta e : " V ir
id eo , n o n s o lu m m u lie re m n o n d e c e p it a d e x to r q u e n d u m c o n s e n s u m , v e ro m a tr im o n iu m
n o le b a t". Q u a p ro p te r, ex ip sa m u lie ris a d m is s io n e , d o li th e s is f u n d a m e n to c a re t» (ibid., n n .
2 2 -2 3 ).
118 Fabio Franchetto

La coram M onier del 2 6 marzo 1999


N el caso, la qualità riguarda una propensione della donna a col­
tivare relazioni (di carattere affettivo e sessuale) con altri. Si m ette in
evidenza com e l'uom o fosse a con oscen za della fragilità della donna e di
consegu en za n on poteva esserci errore in proposito81.

La coram Lopez-Illana del 14 aprile 1999


La donna aveva ingannato l'uom o sulla reale paternità del nasci­
turo. N o n appena l'uom o ebbe i dubbi e poi la certezza che il bam bino
concepito n on era suo, dopo due m esi lasciò la m oglie. Il m atrim onio,
però, era stato celebrato prima della prom ulgazione del CIC 1983, e la
sentenza è affermativa per 1’error qualitatis.
In ogn i caso, si riconosce la sussistenza di tutti gli elem enti del dolo,
nonostante la donn a n on si sia presentata a deporre.
N el caso, la sentenza dà m olta im portanza ai fatti concreti, dato che
le afferm azioni dell'attore so n o lim itate da una istruttoria assai carente
del grado precedente82, e rileva che il m odo di com portarsi dell'uom o e le
circostanze antecedenti e su ssegu en ti il m atrim onio ben si com pongono
con la tesi atto rea83. U na prima circostanza è che l'incontro tra i due
avvenne nell'agosto del 1971 e il febbraio successivo erano già sposati:

81 «V ir a c to r a u te m s u s ti n e t q u o d in c a s u a g itu r d e d o lo a d o b tin e n d u m c o n s e n s u m p a tra to .


R e v era A c to r a ffirm a t: " C u a n d o d e c id im o s c a s a rn o s , yo p e n s a b a q u e ella n o m e h a b ia v u e lto
a e n g a n a r, p e ro s u c e d io lo c o n tra r io , v a ria s v eces la fu e a b u s c a r e sa o tr a p e rs o n a " ; c o n te n -
d it q u o q u e : "E1 p a d r e , d e s p u é s d e c a s a d o s m e d ijo d ir e c ta m e n te q u e m e e s ta b a n u s a n d o ”.
Tamen p atet in actis quod Actor, ante nuptias, non ignoravit propensionem sponsae ad relationem cum
aliis iuvenibus fovendas et m odum Conventae sese gerendi generavit separationem. Q u i n im m o v ir
e d o c tu s f u it a m u lie ris s o ro re e t a b a liis p ro p in q u is "q u e ella n o m e q u e ria , q u e e s ta b a u s a n d o
c o rn o u n a e x c u s a p a r a te n e r a d e m a s o tr a s re la c io n e s"; "M e lo d ijo d u r a n te el n o v iaz g o , u n a
e n c a rg a d a d e s u tra b a jo , y fa m ilia re s d e la e n c a rg a d a " . E o d e m m o d o te s tis W . d e m u lie ris
in fid e lita te v ir u m a n im a d v e tit: "E l s u fria m u c h o p o r e sto , él n u n c a q u is o a b rir lo s o jo s p a ra
v e r la r e a lid a d , yo q u e ria a d v e rtirlo p e ro él n o se d a b a c u e n ta ”. Procul dubio ambigendum non est
quod A ctor tempore praenuptiali de sponsae infidelitate satis edoctus fuisset, u ti iam vidimus, tamen nihil
fecit in separationis tempore ad veritatem detegendam. Ip se A c to r f a s s u s e st: "E lla m e d e c ia q u e n o
sa b ia p o r q u é h a b r ia o b ra d o a si, p e ro q u e p re fe ria a la o tr a p e rs o n a . Yo m e c o n v e n c i q u e ella
c a m b ia ria d e a c titu d " . Ia m in lib e llo i n tr o d u c to r io v ir n o n e x c lu d it p o s s ib ilita te m d iffic u lta tis
in f u tu r o : " F u e e n to n c e s q u e re a lic é u n b a la n c e e n tr e to d o lo q u e h a b ia o c u r r id o y lle g u é a
la c o n c lu s ió n , q u e si h a b ia a lg u n o tr o o b s ta c u lo e n n u e s tr a re la c ió n se p o d r ia s o lu c io n a r ”.
Q u a p r o p te r P a tre s d e t u r n o a e s tim a n t c a p u t n u llita tis d e d o lo p a tr a to a d c o n s e n s u m o b ti­
n e n d u m f u n d a m e n to c a re t» (coram M o n i e r , 26 m a r z o 1999, in RRDec. X C I, pp. 2 2 0 -2 2 1 , n n .
16-17). Il c o rsiv o è n o s tr o .
82 C f Coram L o p e z - I l l a n a , 14 a p rile 1999, in RRDec. X C I, p. 258, n. 25.
83 C f ibid., p. 261, n. 3 0 ; p. 2 6 5 , n. 33.
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 119

questa su ccession e di date conferm a l'afferm azione dell'attore che non si


trattò di vero am ore, m a di una avventura occasionale, m entre lui faceva
il servizio m ilitare; va considerato che fu la donna a proporre le nozze.
Il tribunale civile, poi, effettivam ente riconobbe che l'attore n on era il
padre della bam bina.
L'attore, accorgendosi che la donna n on era vergine, in u n primo
m om ento credette alle scu se della donna, la quale solo la prima notte
di nozze con fessò di aver avuto una relazione con u n altro84. La donna
gli teneva nascosti i tem pi della maternità; diceva di andare a lavorare,
m entre di fatto era già a casa dal lavoro per la m aternità; diceva di essere
al quinto m ese, m entre di fatto era al settim o85. Infine, l'uom o iniziò il
processo per il d iscon oscim en to di paternità86.

La coram Pompedda del 14 maggio 1999


La donn a accusò i genitori del m arito di aver nascosto i problemi
psichici del figlio; afferma infatti che solo dopo le nozze fu inform ata «dai
genitori suoi - separatam ente da ciascu n o di loro - che G iuseppe ancora
da bam bino e da adolescente si era m anifestato pieno di contraddizioni
(contrasti, con flitti interiori)» e, inoltre, aveva saputo dalla m adre di lui
«che lei gli aveva consigliato più volte di n o n sposarsi»87.
Tuttavia, la don n a afferma che «per quanto riguarda il problema del
sottacere lo stato psichico, che ha gravi con segu en ze su ll'unione coniu­
gale, io p en so che il m arito n on sia stato in grado di valutare se stesso
su questo punto, perciò n on si può parlare di u n silenzio intenzionale da
parte sua»88 e q uindi nell'uom o stesso n o n si può ravvedere una inten­
zion e dolosa.
Inoltre - afferm a il p onente - trattandosi n o n di una m alattia, ma
di problem i di personalità che p osson o essere colti attraverso il com por­
tam ento, difficilm ente si può dire che la donna n o n abbia notato nulla,
data la lunga frequentazione prenuziale. Infine n o n si ravvisa alcuna
intenzione dolosa n on solo nell'uom o, m a neanche nei suoi genitori89.

84 C f ibid., p. 2 6 0 , n. 28.
85 C f ibid., p. 2 62, n . 30.
86 C f ibid., p. 2 65, n. 33.
87 Coram P o m p e d d a , 14 m a g g io 1999, in RRDec. X C I, p. 379, n. 18.
88 L. cit.
89 « R eb u s sic s ta n tib u s , c u m n e m p e ex a c tis e t p ro b a tis e x c lu d e n d u m e sse v id e a tu r, v iru m
s ilu is s e a d o b tin e n d u m m a tr im o n iu m , c u m q u e , d e c e te ro , a g a tu r d e in d o le e t p e r s o n a lita te
v iri, n o n d e ip siu s m o rb is , d iff ic u lte r q u is a d m itte r e p o s s e t re m n o n p o tu is s e c o n sp ic i e t
120 Fabio Franchetto

La coram Alw an del 2 3 novembre 1999


Si tratta di un errore sullo stato civile: l'uom o aveva rivelato che
aveva avuto una precedente relazione dalla quale era nato un figlio e che
l'attuale m arito di tale donna aveva riconosciuto il figlio. Senonché, la
donna scoprì che in realtà l'uom o era stato sposato civilm ente due anni
e che il figlio, invece, era stato riconosciuto da lui90. Poiché il m atrim onio
fu celebrato prima dell'83, la causa viene trattata per il capo dell'errore.
L'uomo afferma che la donn a sapeva tutto. Q uali fatti invece d im o ­
strano che la donna è stata ingannata?
A nzitutto nel prim o grado di giudizio l'uom o era rim asto assente;
ora vi partecipa perché ha sentito dire che era stato definito fedifrago. A
sostegn o però della sua tesi n on porta alcuna prova concreta, né testim o­
nianze, ma solo d ocum enti che attestano la sua onestà professionale, ma
che nulla han n o a vedere con l'accusa nel processo canonico.
Ciò che conta capire è se l'attrice ha conosciuto prima delle nozze lo
stato civile dell'uom o. A questa valutazione la sentenza giunge attraverso
alcune presunzioni:
a) se l'uom o avesse veram ente confidato la sua reale situazione,
n on sarebbe logico che la donna n on avesse chiesto alcun docum ento di
divorzio, né del riconoscim ento del figlio. D a notare che lo stesso d ocu ­
m ento di divorzio n on viene presentato nel processo in corso;
b) non sarebbe logico che la donna, sapendo del divorzio, n on ne
avesse parlato ai familiari; è più logico che n on abbia parlato della relazio­
ne precedente com e dice la donna; la donna era figlia unica e i genitori ci

c o m p e r iri ex a g e n d i r a tio n e ip siu s s p o n s i n e c n o n ex d i u tu r n a c o n v e rs a tio n e sp o n s a lic ia


in te r p a rte s . In s u p e r, si m u lie r a d r e m a n im u m s u u m h a u d v e rtit, u ti p a te t ex e iu s c o n fe s ­
sio n e , c e rto c e rtiu s a c tu m n o n e s t d e q u a lita te s u p e r q u a in v e s tig a re d e b u e rit e t illi ta c e re .
U tc u m q u e , si e t q u a te n u s , m a litia o m n in o a b fu it in s p o n s o vel in e iu s g e n ito rib u s , a d re m .
Id e o q u e , q u o a d d o lu m , n e g a tiv e r e s p o n d e n d u m est» (l. cit.).
90 « A c trix , a u te m , r e fe rt, p o s te a , p e r d u r a n te m a tr im o n io se se in v e n iss e q u o d m a r itu s in m a ­
tr im o n iu m illa m m u lie re m d u x e ra t ac filiu m s u u m A e n e a m a g n o v e ra t c iv ilite r iu x ta s u u m
c o g n o m e n : "A p o c o a p o c o v e n g o a sa p e re : c h e fra la G . e m io m a rito c 'e ra s ta to u n m a tr i­
m o n io , c h e la c o n v iv e n z a fra i d u e e ra d u r a ta a lm e n o d u e a n n i, c h e il figlio p o r ta il c o g n o m e
d i G iu s e p p e e n o n d e l n u o v o m a rito , c h e la G . h a n e l fra tte m p o , s p o s a to ”. H a r u m c e r ta r u m
r e r u m in v e n tio d u x it A c tric e m a d fra u d e m , in e rro r e m d o lo s u m a c c u s a n d a m p a tr a ta m a
C o n v e n to ad m a tr im o n iu m o b tin e n d u m . N o v a re v elatio s ta tu s p e rs o n a lis m a riti s ic u t c o ­
n iu g a ti ac d iv o rtia ti a tq u e s ic u t p a tr is filii p u b lic e le g a lite rq u e a g n iti, d iv e rs a m p e r s o n a m p rò
m u lie re illu m m a r itu m re d d it: "si d e d u c e c h e o b ie ttiv a m e n te m i in g a n n ò p e r p o te r m i s p o s a re
s u l fa tto d i n o n e s s e re s p o s a to e d i av er a v u to u n fig lio c h e p o r ta il s u o s te s s o c o g n o m e [...]
o v v ia m e n te t u t t i q u e s ti p a r tic o la r i f a n n o e m e rg e re c h e G iu s e p p e e ra u n a p e r s o n a d iv ersa da
q u e lla c h e io e ro c o n v in ta d i sp o s a re " » (coram A l w a n , 23 n o v e m b re 1999, in RRDec. X C I, p.
692, n. 14).
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 121

tenevano particolarm ente a non lasciarla sola in questa scelta, essend oci
tra loro e la figlia u n bu on rapporto;
c) non sarebbe logico che la donna sappia di u n m atrim onio civile
durato solo due anni, con u n figlio che l'uom o lascia, senza che essa si
interroghi in proposito; le circostanze attestano che la donn a accettò
tranquillam ente il m atrim onio senza dubbi, senza volerlo procrastinare
per conoscere m eglio l'uom o;
d) non è logico che la donna n on abbia voluto sapere cosa fosse
successo nella precedente unione. Inoltre - afferma la donna - «non m i
trovavo all'ultima spiaggia, costretta ad accettare il suo corteggiam ento.
... G iuseppe, n on era certam ente né il primo né l'unico uom o che m i ave­
va corteggiata, e nella m ia situazione non avevo b isogno di acconsentire
ad o gn i costo alle sue proposte»91.
Infine, il fatto che il convenuto abbia voluto celebrare il m atrim onio
entro un anno, questo rivela che aveva paura di perderla; anche perché
a lui conveniva avere una m oglie per il suo lavoro e per nascondere il
precedente divorzio.
Ci sono poi altri m otivi che fanno propendere a negare la credibilità
all'uom o: il fatto che il suo m atrim onio civile n on sia stato trascritto in
Italia, perché la sua prima m oglie era stata sposata con u n italiano92.
Inoltre alla dom anda del parroco sul suo stato libero aveva risposto
di n on essere m ai stato legato da alcun vincolo civile in precedenza; la
sua giustificazione è che lui aveva inteso dare la risposta sullo stato libero
al m om ento delle nozze con l'attrice. Pare strano però che l'uom o non
abbia inteso la dom anda, visto che c'è una lettera del parroco che attesta
i dubbi sullo stato libero.
Circa il criterio di reazione, è da tenere presente che la donna ha
saputo la verità u n po' alla volta; poi - siam o negli anni 1950-60 - l'am­
biente tradizionale e il rispetto verso i genitori la bloccarono dal lasciare
subito l'uom o. L'uom o poi aveva in sistito per restare assiem e perché
tem eva u n o scandalo nel suo am biente di lavoro.
In ogn i caso, la donna, dopo aver saputo la verità, si sottrasse ai
rapporti sessuali col marito, e ciò attesta che lei n on lo sentiva più c o ­
m e marito. La richiesta di separazione fu sem pre negata dal marito. La

91 L. cit.
92 « C o n v e n tu s , e te n im , n o v e ra t q u o d civile m a tr im o n iu m in Ita lia c e le b ra ri n e q u ib a t, e o q u o d
d .n a G . lig a ta ia m f u e r a t c u m L .; q u a m o b re m , U S A p e tie ra t u t illic fo rte , c e le b ra re t civile
m a tr im o n iu m , in f r a u d e n s sive legis ita la e sive a m e ric a n a e . E x in d e , g ra v e m a n e t d u b iu m de
e x s is te n tia vel m in u s m a tr im o n ii c u m d .n a G ., in U S A , o b c a r e n tia m d o c u m e n to r u m a u t
p ro b a tio n u m in rem » (ibid., p. 694, n . 17).
122 Fabio Franchetto

donn a aveva confidato l'inganno del m arito a genitori e am ici in tem pi


n on sospetti.

La coram Civili dell'8 novembre 2 0 0 0


L'uomo accusa la don n a di avergli celato il suo stato di salute con le
con segu en ze della sterilità. M a l'accusa n on è così sicura: l'uom o infatti
si esprim e in term ini incerti e a riprova delle sue accuse n on porta alcun
docum ento m edico93.
Inoltre le difficoltà del m atrim onio son o sorte per altri m otivi, n on
per la sterilità, m a per l'abitazione. Tra l'altro la donn a ebbe u n aborto
spontaneo e ciò dim ostra la sua n on sterilità. La m alattia in questione
riguardava problem i alle vie respiratorie, che di per se stessa n on im pe­
diva il m atrim onio.
Inoltre entram bi i coniugi desideravano la riconciliazione: «Se Edvi­
ge fosse disposta ad abitare con m e là, dove io adesso ho il posto di lavo­
ro, ancora più conveniente e vantaggioso, per quanto al lavoro, io sarei
disposto ad allacciare di nuovo la convivenza con lei».
D a ciò - scrive la sentenza - si deduce che l'uom o n on si sp osò per
l'inganno perpetrato; infatti è disposto a continuare la vita m atrim oniale,
anche dopo la scoperta del dolo94.

La coram M onier del 2 7 aprile 2001


L'uom o voleva u n a d on n a che facesse da m adre alla figlia, ma
poi l'accusò di essere una persona diversa, addirittura dedita alle arti
m agiche95.

93 « M a trim o n iu m in ir e se se v o lu is se c u m m u lie re s a n a f a te tu r e t C o n v e n ta m in c o m m o d a m
v a le tu d in e m ei r e tic u is s e c o n te n d it; ip se v e ro m o r b u m sa t a m b ig u is lo c u tio n ib u s e t d u b iis
v e rb is d e sc rib it: "lo p e n s o , c h e E d v ig e a b b ia d e lib e ra ta m e n te ta c iu to d a v a n ti a m e il s u o s ta to
d i sa lu te . T u tto s e m b ra c o sì, c o m e se lei a v esse c elato il s u o s ta to d i sa lu te , p e r c h é a ltr im e n ti
n o n a v re b b e a v u to s p e ra n z a d i m a rita rs i" . E t a d h u c : “P e n s o c h e lei sia s ta ta ta lm e n te m a la ta
d a n o n d o v e r c o n tr a r r e il m a trim o n io " . A c to r d e "ovaie ra ffre d d a te " e t d e " in fia m m a z io n e
d elle o vaie" q u o q u e d e te g it, q u in m e d ic u m te s tim o n iu m , ex q u o a liq u a c e rta d e p ro m i p o s -
sin t, e x h ib e a t; n u m q u a m v e ro A c to r q u a lita te m a m u lie re d o lo se re tic ita m p la u s ib ilib u s
v e rb is o s te n d it. A c to r s a n e d e d if fic u lta tib u s lo q u itu r» (coram. C i v i l i , 8 n o v e m b re 2 0 0 0 , in
RRDec. X C I I , p. 6 0 6 , n . 10).
94 C i ibid., p. 6 08, n. 14.
95 « A n th im u s , v id u u s a p r im a u x o re a n n o 1987, n o v u m m a tr im o n iu m in ire c u p ie b a t. I n e u n te
m e n s e n o v e m b ri a n n i 1989 v ir in a liq u a e p h e m e rid e leg it n u n t iu m s c r ip tu m ab A n d re illa , vel
p ro b a b iliu s ab e iu s c o g n a to : "B e lla p r e s e n z a b r u n a 4 4 e n n e c o n o s c e re b b e 4 4 - 5 5 e n n e se rio
la b o rio s o e sc lu s o d iv o rz ia to sc o p o fid a n z a m e n to e v e n tu a le m a trim o n io " . D ie 2 n o v e m b ris
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 123

A nzitutto n on è provato che la don n a abbia tenuto n ascosto qual­


cosa per estorcere il con sen so.
M a soprattutto n on è provata la m ancanza delle qualità desiderate:
a) circa la capacità di fare da madre alla figlia m inore, si osserva che già
il padre aveva difficoltà di rapporto con la figlia, che era stata affidata
alla sorella m aggiore. C om e poteva pretendere dalla donn a ciò che lui
n on era capace di fare? b) circa la religiosità, n on si nega che la donna
possa essere ricorsa ad u n m ago96 (cosa che lei nega); però di fronte alla
presunta m ancanza di tale qualità l'uom o decide di continuare il m a­
trim onio seguendo il consiglio di u n am ico avvocato che gli disse che
aveva pur bisogno di una donna in casa. Perché continuare a stare con
lei, se m ancavano le qualità desiderate? Perché dare questo consiglio, se
la donna non era affidabile?
In realtà, l'uom o attuò la separazione per questioni econ om ich e97.

La coram Caberletti del 18 maggio 2001


La donna, casualm ente, u n m ese dopo le nozze, aveva trovato un
certificato m edico che attestava che il marito aveva la spina dorsale bifida.

1989 p a r te s se se c o g n o v e r u n t e t p a u lo p o s t d e c id e r u n t n u p tia s c o n tra h e r e . M a tr im o n iu m


c e le b ra tu m e st d ie 16 m a ii 1990 in e c c le sia p a ro e c ia li in tr a fin e s d io e c e s is P u te o la n a e . C o n -
v iv en tia in fe lix e v asit q u ia , c o n te n d it A c to r, ip se in tr a a n n u m 1992 d e te x it m u lie re m o m n in o
d iv e rs a m e sse , i. e. m in im e re lig io sa m , n e q u e m o ra le m , n e q u e d e d ita m a d c u r a m f ilia ru m ,
se d a d h a e re n te m a d a r te s m a g ic a s. H o c h a u d o b s ta n te , e x c o n s ilio a m ic o ru m , illa m n o n
d e re liq u it, q u a p r o p te r c o n v iv e n tia p e r d u o s a n n o s a d h u c p r o tr a c ta e st e t f in e m h a b u it, u ti
A n th im u s ip se a d m ittit, o b q u a e s tio n e s e t c o n f lic tu s n a tu r a e m e re o e c o n o m ic a e » (coram
M o n i e r , 2 7 a p rile 200 1 , in RRDec. X C III, p. 294, n . 1).
96 L a te s tim o n ia n z a d e l m a g o v ie n e rite n u ta p o c o c re d ib ile : « C o n v e n ta r a d ic a lite r n e g a t m a -
leficia e t a ffirm a t n u m q u a m m a g u m S. c o g n o v isse . Ip se m a g u s c o ra m T r ib u n a li v a d im o n iu m
ita re d d id it: "M i d o v e te a iu ta re a d id e n tific a re di c h i si tr a t t a p o ic h é a ttra v e rs o il m io s tu d io
s o n o p a ssa te ta n te p e rs o n e e n o n p o s s o ric o rd a r e t u t t o e tu tti" . Q u a n d o Iu d e x ei o s te n d it
im a g in e m lu ce im p r e s s a m C o n v e n ta e , in te r c e n tu m e t c e n tu m m u lie re s d e C o n v e n ta m e -
m o r ia m h a b e t: " P a re c h e si fo ss e sp o s a ta a b b a s ta n z a a v a n ti n e g li a n n i e te m e v a la p re s e n z a
d i a ltre p e rs o n e in fa m ig lia c h e p o te s s e r o s o ttr a r le la p e r s o n a d e l m a rito . R ic o rd o c h e la si­
g n o ra a v re b b e d e s id e ra to u n q u a lc h e in te r v e n to 'p a r tic o la r e ' p e r a s s ic u ra rs i la re a liz z a z io n e
d i q u a n to voleva, m a n o n p o te i a c c o n te n ta r la p e rc h é m i o c c u p o s o la m e n te d i c a rto m a n z ia " .
Id q u o d sa tis in s o litu m v id e tu r» (ibid., p. 3 0 4 , n. 24).
97 « Iu x ta c rite riu m re a c tio n is , e r ro ri p r o p r iu m , A c to r m u lie re m c o n v e n ta m e d o m o c o n iu g a li
d im is it n o n p ro p te r d e fe c tu m q u a lita tu m r e q u is ita ru m , vel o b e iu s a b e rra tio n e s se x u a le s a u t
o b e iu s m ale fic ia , se d o b re c u s a tio n e m e iu s d e m C o n v e n ta e "di c o n s e g n a rg li 15 m ilio n i" , se u
p e c u n ia m re c e p ta m p r ò lo c a tio n ib u s , s ic u t s e n te n tia s e p a ra tio n is civ ilis d e clara v it» (ibid., p.
3 0 5 , n . 25).
124 Fabio Franchetto

Essa ci teneva particolarm ente che il marito fosse idoneo ai lavori agrico­
li: cosa che lo stato di salute dell'uom o avrebbe im pedito98.
Sullo stato di salute dell'uom o n on vi è alcun dubbio; il problema,
piuttosto, riguarda la relazione tra lo stato di salute dell'uom o e la sua
possibilità di effettuare lavori agricoli99. Il certificato m edico scoperto
dalla donna riportava che l'uom o n on poteva svolgere lavori pesanti.
Tale qualità (m ancanza di vigore fisico per il lavoro agricolo) viene
definita soggettivam ente grave. Altri elem enti che attestano la valuta­
zion e che la donn a aveva di tale qualità son o desunti sia dalla reazione
im m ediata dato che essa afferm ò fin dalla scoperta del certificato - pri­
ma ancora di contattare il patrono - di essersi sentita ingannata e perciò
attuò la separazione100; e poi dalla sua appartenenza al m ondo rurale; sia
dal fatto che il m atrim onio era stato organizzato attraverso u n interm e­
diario proprio per cercare la persona adatta101.
L'uomo nega la gravità della malattia; afferma che i problem i che
hann o portato alla rottura erano di altro genere; tuttavia cade in con ­
traddizione quando afferma che, prima della scoperta del certificato, si
era parlato di prole, lasciando così intravedere che in realtà n on vi erano
seri problem i102.
Circa l'intenzione dolosa, essa sembra venir m eno quando l'uom o
afferma che n o n riteneva im portante il suo difetto fisico. Tuttavia il fatto
che - ben sapendo che la donna cercava un uom o capace di sostenere i
lavori pesanti dei cam pi - lui abbia com unque taciuto, vien ritenuto un
indizio sufficiente per provare la sua volontà ingannevole103.

La coram Ferreira Pena del 17 luglio 2001


La donn a aveva m entito sulla paternità della bam bina, attribuen­
dola al fidanzato/m arito, e gli confessa la verità dopo otto anni di matri­
m onio, durante una lite104.
Tuttavia la questione della reale paternità non è chiara; n on è pro­
vato che la donna abbia tenuto nascosto per estorcere il con sen so e non

98 C f coram C a b e r l e t t i , 18 m a g g io 200 1 , in RRDec. X C I I I , p. 3 2 6 , n . 1.


C f ibid., p. 3 3 6 , n . 8.
100 C f ibid., p. 339, n . 8.
101 C f ibid., p. 337, n . 8.
102 C f ibid., p. 3 4 0 , n . 10.
103 C f ibid., p. 341, n. 10.
104 C f coram F e r r e i r a P e n a , 17 m a g g io 200 1 , in RRDec. X C III, p. 4 9 6 , n . 1.
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 125

pare che l'uom o abbia dato a tale questione u n peso decisivo105. Infatti,
dopo aver scoperto la verità, rim ase ancora tre anni con la donna; la
separazione avvenne per altre questioni e si tentò pure la riconciliazio­
ne. Inoltre, l'uom o con tin u ò a voler bene al figlio. Il m atrim onio n on fu
dovuto alla gravidanza, m a perché i due si volevano bene106.

La coram Erlebach del 31 gennaio 2002


La donna accusa l'uom o di averla ingannata su due aspetti: la qua­
lità di uscita form ale dalla C hiesa cattolica e quella della sua paternità di
due figli (orm ai adulti) tenuta nascosta.
A nzitutto, n on è provata l'azione dolosa: non si capisce chi dica la
verità, dato che l'uom o afferma che la donna sapeva b enissim o dei suoi
due figli. L'uomo (polacco) aveva sottoscritto u n docum ento in lingua te­
desca, nella quale confessava il fatto; ma poiché n on aveva ben com preso
il contenuto del docum ento, lo ritrattò. La figlia della donna afferma che
la madre non sapeva nulla, ma all'epoca dei fatti aveva solo otto anni.
I giudici poi m ettono in dubbio la stessa gravità della qualità
presenza di due figli m aggiorenni che si erano inseriti nella nuova fa­
m iglia non viene ritenuta capace di turbare l'unione coniugale, tenendo
conto che l'uom o n on aveva alcun obbligo di carattere econ om ico verso
di essi. A n ch e se l'attrice parla di obblighi morali dell'uom o verso i figli,
nella realtà dei fatti ciò n o n com prom ette la vita coniugale dei due107.
Circa l'uscita con atto form ale dalla C hiesa cattolica, essa appare
sim ulata per n on pagare le tasse; infatti, la donna stessa parla di u n im ­
p egno dell'uom o nel preparare la celebrazione religiosa delle nozze. In
ogn i caso, tale atto (com e atto in se stesso) non sem bra tale da turbare
l'unione coniugale.
N o n son o chiare le circostanze del fallim ento dell'unione coniu­
gale; il m arito lo attribuisce ad u n adulterio della donna e a problemi
econom ici. La reazione della donna, com unque, sembra andare nel senso
di u n sentirsi/scoprirsi ingannata; ma la sua reazione n on è sufficiente.
C ertam ente essa attesta una grande valutazione della qualità da parte di
essa, ma rim ane pur sem pre una valutazione soggettiva; la gravità della
qualità (che deve avere sem pre u n aspetto di oggettività) n on può essere

105 C f ibid., p. 5 0 2, n. 14.


106 C i ibid., p. 5 0 3, n . 16.
107 C f coram E r l e b a c h , 31 g e n n a io 2 0 0 2 , in RRDec. X C III, p. 53, n. 14.
126 Fabio Franchetto

confusa con le con segu en ze e le reazioni a livello soggettivo dello sc o ­


prirsi ingannati108.
C om m enta a questo proposito Franceschi: «La sentenza m ette dei
lim iti all'interpretazione soggettiva della qualità, evitando u n allarga­
m ento tale di essa che alla fine l'elem ento determ inante n on sarebbe
la qualità in se stessa considerata, e neanche la consid erazione della
gravità della qualità nel concreto progetto m atrim oniale, m a sem plice-
m ente il m odo in cui il contraente ha reagito per il solo fatto di sentirsi
ingannato»109.

Conclusioni
Dalla rassegna delle sen tenze rotali si rileva anzitutto la necessità
che sussistano tutti gli elem enti che com p ongono la figura del dolo a
norm a del can. 1098: com e già osservato, l'assenza di u n solo elem ento,
im pedisce la dichiarazione di nullità. Ciò significa che n on è sufficiente
l'esistenza del dolo, m a ci deve essere anche l'errore110; non, però, un
qualsiasi tipo di errore, n on errore concom itante ("anche se l'avessi sa­
puto, m i sarei sposato lo stesso"), ma u n errore m otivo (causam dans) ("se
l'avessi saputo n o n m i sarei sposato")111.

108 «Illa in d ic a t, u tiq u e , o b ie c tu m d e c e p tio n is d o lo sa e , u ti ia m s u p r a o s te n d im u s , se d v id e tu r


q u o d p rò ea m u lto m a g is q u a m o b ie c tu m d e c e p tio n is , s e u in v ita e q u a lita te s v iri, v a le t ip sa
d e c e p tio e t q u id e m in c o n te x tu p r o p r ia e e x p e rie n tia e v ita e , q u o d a ttin e t a d filio s, vel u ti
v u ln u s in fid u c ia e rg a m a r itu m [...]. A c tric is , e iu s o ffe n s io a n im i vel, m ag is g e n e ric e , e iu s
re a c tio su b ie c tiv a n e g a tiv a f u it m a x im u m p ro b le m a , h o c in c a s u n o n s o lu tu m [...]. Q u is d i­
c e re p o s s e t, e t q u id e m re c te , h o c e sse s ig n u m v e rae d e c e p tio n is d o lo sa e (criterium reactionis).
A tta m e n e tia m in te n s e p e r c e p ta d e c e p tio , c u m a liq u a n d o n e fa s to fin e c o n v ic tu s iu g alis, n o n
e x h a u s it o m n ia e le m e n ta n e c e s s a ria u t s c a te r e t s a n c tio n u llita tis in c a n . 1098 s ta tu ta . P e c u ­
lia ri m o d o , si a d m i t te r e t u r e tia m a p p lic a b ilita s a e s tim a tio n is su b ie c tiv a e q u a lita tis , o b ie c ti
d o li e t e rro ris , a g e r e tu r s e m p e r d e a e s tim a tio n e c u iu s d a m q u a lita tis a lte riu s c o n tr a h e n tis
(id e st re a lita tis o b ie c tiv a e ), q u a e a e s tim a tio a e q u iv o c a ri n o n p o te s t c u m su b ie c tiv o e ffe c tu
d e te c ta e d e c e p tio n is , si r a tio n e s ta lis re a c tio n is p e n d e n t p o tiu s a re a lita te p e r s o n a li su b ie c ti
q u a m a q u a lita te o b ie c tiv a a lte riu s » (ibid,., n. 16).
109 H . F r a n c e s c h i , Il fondam ento giuridico del dolo come causa di nullità del m atrim onio e la questione
della retroattività o meno del canone 1098, in «Ius E cclesiae» 19 (2 0 0 7 ) 135.
110 Si p o tre b b e a f fr o n ta r e a n c h e la q u e s tio n e d e lla ig n o r a n z a d o lo sa : c f L. G h i s o n i , La dece-
zione dolosa..., c it., p. 70. « E rro r e s t q u id e m f u n d a m e n tu m h u iu s m o d i vitii c o n s e n s u s ; n a m
si d e fe c tu s q u a lita tis o p ta ta e a g n o s c itu r, a n te q u a m c o n s e n s u s c o n iu g a lis e lic ia tu r, d e e r ro re
m in im e a g itu r. N e c ig n o r a n tia sa tis e s t a d d o lu m g ig n e n d u m ; n a m q u i ig n o ra t n e s c it ac
p r o in d e f a ls u m iu d ic iu m n e q u a q u a m e d e re p o te s t» (coram C a b e r l e t t i , 18 m à g g io 2 0 0 1 , in
RRDec. X C III, p. 3 3 2 , n . 5).
111 C f M .T . R o m a n o , Il dolo (can. 1098), in A r c i s o d a l i z i o d e l l a R o t a R o m a n a (ed.), La g iu­
risprudenza della Rota R om ana sul consenso m atrimoniale (1 9 0 8 -2 0 0 8 ), C ittà d e l V a tic a n o 200 9 ,
p. 102. «Se è v e ro c h e la d o m a n d a p o s ta a p o s te rio ri: "L 'av re b b e s p o s a to se avesse s a p u to ? "
Fatti circostanziati e qualità personali in relazione all'errore doloso: riscontri giurisprudenziali 127

Inoltre n on di qualsiasi tipo di dolo deve trattarsi, ma di quel dolo


che ha per oggetto una qualitas perturbativa suapte natura e che è finalizza­
to all'estorsione del con sen so. Circa quest'ultim o elem ento, si deve dire
che - in generale e in via presuntiva - la presenza dell'intenzione dolosa
è ritenuta indizio che attesta pure la presenza di suddetta finalità, anche
se - nel caso di u n dolo om issivo - bisogna valutare bene la reticenza.
Possiam o dire poi che risulta im portante anzitutto valutare attenta­
m ente la credibilità intrinseca ed estrinseca delle parti, soprattutto quan­
do il presunto deceptor nega di aver ingannato l'altra parte o quando ci
troviam o di fronte ad u n dolo om issivo. Le circostanze che com pongono
la genesi del m atrim onio (chi propose le nozze, quali m otivi portarono
alla decisione nuziale) risultano essere indizi illum inanti per discernere
la presenza o m eno sia della volontà ingannevole da parte del deceptor, sia
dell'errore subito da parte del deceptus e in particolare il nesso di causalità
tra dolo perpetrato e co n sen so dato.
Riguardo alla presenza o m eno di u n errore da parte del deceptus,
la giurisprudenza attribuisce m olta im portanza ai criteri estim ativo e
reattivo. Ciò richiede una com prensione dell'im portanza che il sogget­
to, prima delle nozze, attribuiva alla qualità (dichiarazioni, educazione
ricevuta, m entalità, am biente sociale); ma anche della sua reazione, del
suo m odo di com portarsi quando si scoprì ingannato. Pure su questo
punto, però, la reazione va ben valutata anche in riferim ento alla perso­
nalità e all'ambiente culturale del deceptus, che p osson o giustificare una
n on im m ediata reazione di rottura. In generale, però, continuare la vita
coniugale dopo aver scoperto l'inganno, è u n indizio che n on depone a
favore della nullità ob dolum.

F a b io F ra n ch etto

r ie n tr a su l p ia n o d e lla v o lo n tà ip o te tic a , q u a lo ra tu tta v ia la f e rm a ris p o s ta d e lla d o n n a sia ac­


c o m p a g n a ta d a a ltri in d iz i di p ro v a (ad e se m p io u n a reactio n o n a d e g u a ta , c h e p u ò e sse re d a ta
d a l te n ta tiv o d e ll'in s e m in a z io n e a rtific ia le o d a lla v o lo n tà d i a d o z io n e u n a v o lta s c o p e rta la
in fe rtilità d e l c o n iu g e ), r is u lte r à a n c o r p iù p a le se c o m e , n o n o s ta n te la su g g e stiv ità di u n ta le
c aso , n o n si sia in p re s e n z a di d e c e z io n e d o lo sa , in q u a n to m a n c a u n e le m e n to fo n d a m e n ta le ,
o ss ia l ’error antecedens o causam dans. N o n è c e rto p e r a m o re d i c o s tr u z io n i c o m p lic a te c h e si è
p o r ta to q u e s to e se m p io . P iu tto s to lo si è fa tto p e rc h é ta le fa ttis p e c ie si p r e s ta a d illu s tr a re la
q u e s tio n e r ig u a r d a n te il tip o d i e r ro r e c h e deve d a rs i n e l deceptus p e r c h é egli p o ss a d e fin irs i
tale » (L. G h i s o n i , La decezione dolosa..., cit., p. 69 n o ta 28).

Das könnte Ihnen auch gefallen