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1. Vita
2. Gli scritti
3. Le eresie cristologiche
A) I manoscritti
La tradizione diretta del Quod unus sit Christus
è contenuta in tre manoscritti·.
1) Il Monacensis graecus 398 (sec. X -XI), perga
menaceo, ff. 254r-298r, tradotto dall'umanista Bona
ventura Vulcatius (1538-1614), e copiato, con qual
che lacuna, a causa della cattiva conservazione del
manoscritto, dal bibliotecario M. Ehinger.
2) Il Vaticanus graecus 596 (sec. X IV ), cartaceo,
ff. 349v - 413 r.
3) Il Vatopedinus 390 del Monte Athos (sec. X IV ),
pergamenaceo, ff. 205r-249v.
Il numero ristretto dei m anoscritti9 potrebbe far
pensare ad una scarsa diffusione del Quod unus sit
Christus, ma cosi non è se osserviamo sia la tradizio
ne indiretta, che attesta frequenti richiami al nostro
testo, sia le versioni in siriaco ed armeno che evi
denziano la popolarità dello scritto, almeno in alcuni
ambienti.
B) Versioni
La versione sirìaca è contenuta in quattro mano
scritti del British Museum, dei quali due (Add. syr.
14.531, sec. VII-VIII, fi. lv -6 0 r e Add. syr. 14.557,
sec. VII, fi. 50v - 95v) danno il testo completo; il terzo
(Add. syr. 17.149, sec. VI, fi. 39r-64r) presenta una
grossa lacuna, per colmare la quale è stata eseguita,
nel V II-V III secolo, un'altra traduzione contenuta at
tualmente in Add. syr. 17.150, sec. VII-VIII, fi. lr-1 7 r,
quarto manoscritto.
La versione siriaca è generalmente attendibile;
tuttavia, sebbene il traduttore non abbia fatto rile
vanti emendamenti, limitandosi talvolta ad eliminare
piccoli particolari come particelle, endiadi, epiteti, la
sua tendenza però alla perifrasi non dà alla traduzione
sufficienti garanzie10.
La versione armena si trova in quattro mano
scritti usati da F.C. Conybeare ("The Armenian Ver-
sion of Revelation and of Cyril of Alexandria's Scholia
on thè Incarnation, London 1907, pp. 165 ss.) per
l'edizione degli Scholia de incarnatione Unigeniti. Dai
colofoni di due di questi manoscritti (Arm. e 20, f.
172r; Arm. e 36, f. 195v) si ricavano la data e l'autore
di questa versione: « il secondo anno del regno di
Anastasio (II) », ossia fra il 714 e il 715, autori Ste
fano, più tardi vescovo di Siunik, e Davide creden
ziere imperiale.
La versione armena è estremamente letterale: ciò,
se da una parte è spesso a danno dell'eleganza, costi
tuisce però un motivo di credito valido per la rico
struzione del testo u.
C) La tradizione indiretta
La tradizione indiretta del Quod unus sit Christus,
per quanto riguarda i testimoni greci, si limita a
qualche breve frammento contenuto nel codex Vati
canus 1431, interessante florilegio della fine del V se
colo, e a due lunghi passi contenuti nella Panoplia
Dommatica di Eutim io Zigabeno (sec. X I).
Più frequenti invece i richiami al Quod unus sit
Christus nella traduzione siriaca delle opere di Severo
di Antiochia la quale, riportando un testo vicino a
Cirillo, ed essendo stata anch'essa eseguita in epoca
molto antica, potrebbe essere di grande aiuto per la
ricostruzione del testo: purtroppo però la traduzione
non è sempre fedele a.
Migliore è invece, sotto quest’aspetto, la tradu
zione armena di un'opera di Timoteo Eluro, intitolata
Confutazione della dottrina definita nel concilio di
Calcedonia, e risalente al V I secolo. I fram menti ri
portati in quest’opera sono tuttavia molto brevi13.
D) Edizioni e traduzioni
Il testo del Quod unus sit Christus fu pubblicato,
per la prima volta, e solo in traduzione latina, nel
1605 da Bonaventura Vulcatius a Leida. In seguito,
nel 1638, Jean Aubert pubblicò anche il testo greco
nell'edizione completa delle opere di san Cirillo (S.
Cyrilli Alexandrini opera omnia graece et latine, Pa
risiis 1638, 6 voli.). Questa edizione però lascia molto
a desiderare perché si basa sulla copia, talvolta lacu
nosa, eseguita da Ehinger del Monaoensis graecus 398,
e inoltre accusa vari errori di stampa. A questi, ma
non alle lacune, riparò l’edizione del Migne, nel 1863,
in Patrologia graeca, LXXV, 1253-1362, che riportò il
E) Lo stile
La forma letteraria di Cirillo riflette il tormento
della materia che tratta. Egli non si stanca mai di
ripetere, di martellare lo stesso concetto. Cirillo dimo
stra sempre uno sforzo cosciente di voler far capire le
cose e perciò sono lontane da lui velleità di artifizi e
i‘ Ab. 2, 6.
« 1 Gv. 2, 19.
« Prov. 9, 18.
« Bar. 3, 38.
26 Cirillo di Alessandria
» Sai. 89, 1.
» Fil. 2, 5-8.
25 Ebr. 1, 3.
30 Cirillo di Alessandria
26 Ebr. 12, 2.
27 Apollinare, per salvare l’intima unione fra la divinità
e l’umanità nel Cristo e impedire d'interpretare le due nature
nel senso di una doppia personalità, insegnò che in Cristo si
trovavano il corpo umano e l’anima irrazionale, mentre l’anima
razionale era sostituita dal Verbo divino. Il Cristo perciò,
secondo Apollinare, possedeva una divinità perfetta, ma una
umanità incompleta. Apollinare fu condannato nel concilio
di Costantinopoli nel 381.
Perché Cristo è uno 31
μ 2 Cor. 5, 21.
» Gal. 3, 13.
30 Gv. 1, 14. Secondo gli eretici c’è equivalenza fra le frasi
« divenne peccato », « divenne maledizione » e « divenne carne ».
31 II testo non è chiaro: pare che Cirillo voglia dire che
l'idea dell'Incarnazione ha una priorità necessaria su altre
affermazioni che riguardano Cristo. Cioè Cristo in tanto è
divenuto maledizione e peccato in quanto prima è divenuto
carne. In realtà, il Padre ha ridotto il Figlio peccato, ossia
lo ha identificato in qualche modo col peccato, facendolo par
tecipe della natura umana caduta nel peccato e addossandogli
i peccati di tutti gli uomini perché li espiasse. Inoltre lo ha
32 Cirillo di Alessandria
34 Ebr. 2, 14-17.
« Gv. 1, 2.
Perché Cristo è uno 35
3® 2 Cor. 8, 9.
Perché Cristo è uno 37
« 1 Gv. 1, 7.
« Gal. 4, 4.
41 Rom. 8, 3.
« 1 Cor. 15, 49.
38 Cirillo di Alessandria
« Gv. 3, 31.
44 Atti, 13, 41 (cf. Ab. 1, 5).
« Mt. 19, 4.
« Ebr. 13, 4.
Perché Cristo è uno 39
59 Ab. 3, 13.
44 Cirillo di Alessandria
« Ebr. 2, 11-12.
« Sai. 44, 7-8.
Perché Cristo è uno 45
“ Gv. 1, 14.
« Gv. 1, 16.
** Gal. 4, 4-5.
46 Cirillo di Alessandria
65 E f. 1, 21.
Perché Cristo è uno 47
« 2 Cor. 5, 21.
« Rom. 8, 32.
« Gv. 1, 14.
48 Cirillo di Alessandria
“ Sof. 2, 1-2.
Perché Cristo è uno 53
« Am. 7, 14-15.
» Fil. 2, 7.
54 Cirillo di Alessandria
B - Come dici?
A - Si può forse, dimmi, affermare, senza cadere
nell’assurdo, che ha preso forma di schiavo chi è schia
vo per natura, oppure solamente chi è libero veramente
e si trova essenzialmente al di fuori dei limiti della
schiavitù?
B - Chi è libero, penso; giacché chi era tale già
per natura, in che modo potrebbe diventarlo ancora
una volta?
A - Ebbene, osserva, il Verbo Figlio unico di Dio,
sebbene sia divenuto simile a noi, e si sia sottomesso,
in ragione della sua umanità, ai limiti della servitù, ha
reso testimonianza della libertà che gli derivava dalla
sua natura dicendo al momento di pagare i didram
mi: « Dunque i figli ne sono esenti » ®4. Egli dunque
riceve la forma di schiavo addossandosi le conseguenze
dellannientam ento e non sdegnando la somiglianza
con noi. Non era infatti possibile onorare chi era
schiavo se non facendo propri i caratteri dello schiavo
per far risplendere su di lui la sua gloria. Infatti pre
vale sempre ciò che è superiore, e cosi la vergogna della
servitù è stata allontanata da noi. Infatti colui che era
al di sopra di noi è divenuto come noi, e chi per na
tura è libero si è collocato nei limiti della servitù. Per
questo l'onore è venuto incontro anche a noi: siamo
chiamati infatti anche noi figli di Dio, e rivendichiamo
per Padre colui che propriamente è il suo. Giacché
tutto quello che è proprio dell’uomo è divenuto ugual
mente suo. Perciò, quando diciamo che egli ha preso
forma di schiavo vogliamo esprimere con ciò tutto il
mistero dell'economia nella carne. Se dunque, profes
sando un solo Figlio e Signore, il Verbo di Dio Padre,
affermano che è congiunto a lui come partecipe della
filiazione ed anche della sua gloria un semplice uomo
discendente dal seme di Davide, è tempo di dire, rat
«5 Ger. 8, 23.
“ Cf. Rom. 1, 28.
«7 2 Pt. 2, 1.
*» Is. 42, 8.
56 Cirillo di Alessandria
L ’unione indissolubile
» C f. Gv. 1, 14.
Perché Cristo è uno 57
s» 2 Cor. 4, 16.
« Gioe. 3, 1.
« Deut. 10, 22.
58 Cirillo di Alessandria
« E f . 3, 14-17.
” Rom . 8, 15.
60 Cirillo di Alessandria
98 Gv. 1, 11-12.
Perché Cristo è uno 61
Cf. Rom . 9, 5.
Perché Cristo è uno 65
B - Quale?
A - Che il Verbo di Dio, sussistendo nella forma
di Dio Padre, impronta della sua sostanza110, eguale
in tutto a colui che l'ha generato, ha annientato se
stesso. E in che cosa consiste l’annientamento? Nel-
l’aver assunto la carne e nell'aver preso la forma di
schiavo, nell’essersi assimilato a noi colui che per sua
natura non è affatto simile a noi, m a superiore a
tu tta la creazione. Cosi ha umiliato se stesso, sotto
mettendosi, in vista dell'economia, ai limiti dell'uma
nità. Ma anche cosi egli era Dio, poiché non ha ricevuto
in dono ciò che gli appartiene per natura. Perciò do
mandò a Dio Padre che è nei cieli: « Padre, glorificami
presso di te con la gloria che avevo prim a che il mon
do fosse » U1. Non credo che essi vogliano dire che
il discendente di Davide, generato negli ultimi tempi
del mondo, abbia rivendicato come propria ima glo
ria anteriore al mondo, se è vero che egli è, per suo
conto, un altro figlio distinto dal vero Figlio per na
tura: queste parole si adattano piuttosto a un Dio.
Doveva infatti, doveva adattarsi ai limiti deU’uma-
nità e conservare in modo autentico l'eccellenza della
dignità divina che gli apparteneva per essenza preci
samente come appartiene al Padre. Giacché in che
modo potrebbero avverarsi le parole: « Non ci sarà in
te Dio forestiero » m, se un uomo è divinizzato, come
essi dicono, per la sua congiunzione con il Verbo ed
è dichiarato assiso insieme sul trono del Padre e com
partecipe della sua dignità?
B - Dici bene.
A - E come potrebbe comprendersi giustamente
ciò che è stato saggiamente detto dalla voce di Paolo:
« Infatti sebbene vi siano molti dèi e molti signori sia
“o Ebr. 1, 3.
m Gv. 17, 5.
»2 Sai. 80, 10.
Perché Cristo è uno 67
nel cielo che sulla terra, tuttavia per noi uno solo è
Dio, il Padre, dal quale ha origine tutto e dal quale
veniamo anche noi, e uno solo è il Signore Gesù Cristo,
mediante il quale tutto esiste e per mezzo del quale
noi pure siamo » 113? Se dunque vi è un solo Signore
Gesù Cristo, e tutto è stato portato all'esistenza per
mezzo di lui, come è detto molto bene, che cosa fare
mo, brava gente, se voi separate l'uomo assunto, come
voi dite, dal Verbo generato dal Padre? Chi diremo
che sia l’autore di tutte le cose?
B - Il Figlio naturale di Dio Padre, cioè l'Unige
nito.
na 1 Cor. 8, 5-6.
im Le. 1, 30-31; Mt. 1, 21.
68 Cirillo di Alessandria
“ E b r. 13, 8.
“ E b r. 13, 8.
74 Cirillo di Alessandria
« Mt.
1 14, 33.
Mt. 16, 27.
Mt. 13, 41.
Gv. 10, 38.
Gv. 10, 37-38.
Perché Cristo è uno 77
1« Gioe. 1, 5.
«so 1 Cor. 3, 16.
«i Gv. 14, 23.
Perché Cristo è uno 79
Le. 1, 15.
Gv. 3, 31.
is? Ib id.
Perché Cristo è uno 81
™ 1 Pt. 2, 20-21.
86 Cirillo di Alessandria
Triste da morire
A - Ma questo fa pensare a quel passo che cita
vamo poco fa: « Egli, nei giorni della sua vita nella
»» Rom. 5, 14.
iM Rom. 5, 15.
185 1 Cor. 15, 22.
90 Cirillo di Alessandria
2 Cor. 4, 6.
i» Rom. 15, 15-16.
Le. 1, 76.
a» Gv. 1, 29-30.
Perché Cristo è uno 93
gibile per Dio Verbo nato dal Padre far crescere, fin
dalla prim a infanzia, il corpo che si era unito, e di
portarlo su fino all'età della m aturità. Fare apparire
in un bambino di tenera età una sapienza straordina
ria sarebbe stato per lui, io penso, facile ed agevole.
Ma la cosa avrebbe presentato un aspetto quasi mo
struoso e in disaccordo con il disegno dell'economia.
Il mistero infatti si è compiuto senza chiasso. In virtù
di questo disegno egli volle che le leggi della natura
valessero su di lui. In effetti, si m etterà anche questo
nel numero delle sue somiglianze con noi che cresciamo
a poco a poco da piccoli a grandi, man mano che il
tempo ci fa crescere in età e, proporzionalmente, in
apprendimento. Dunque il Verbo generato dal Padre è
perfetto e non ha bisogno assolutamente di nulla,
poiché è Dio. Ma egli fa proprio ciò che è nostro,
poiché è divenuto simile a noi: e anche in questo stato,
lo sappiamo, è al di sopra di noi, in quanto è Dio.
Perciò Paolo, pur sapendo che egli si è fatto carne,
giunge a dire, in qualche luogo, contemplando la tra
scendenza divina, che egli non è uomo. Difatti egli
scrive ai Calati: « Paolo apostolo non per volere uma
no, né per tram ite d ’uomo, ma per opera di Gesù
Cristo » 20S. E altrove: « Io vi dichiaro che l'Evangelo
da me annunciato non è d'indole umana; poiché io non
l'ho ricevuto né l'ho appreso da uomo, ma l’ebbi per
rivelazione di Gesù Cristo » 206.
B - Dunque bisogna attribuirgli anche quel che
si dice del progredire in sapienza, in età e grazia come,
del resto, anche la fame, la fatica e altre cose simili?
E probabilmente, se si dicesse che egli ha sofferto ed
ha avuto la vita dal Padre, anche queste cose gliele
attribuiremo?
A - In effetti diciamo che, in virtù dell'economia,
205 Gal. 1, 1.
2» Gal. 1, 11-12.
Perché Cristo è uno 95
2“ Ebr. 2, 10.
a? Ebr. 9, 23-26.
98 Cirillo di Alessandria
2* 2 Cor. 5, 21.
225 Ib id .
226 Rom. 6, 5.
22? Ib id .
22» 1 Cor. 15, 22.
Perché Cristo è uno 101
2» Col. 1, 15-18.
230 Cristo cioè è il primo nella serie dei morti che risor
gono.
»! Ebr. 12, 2.
»2 1 Cor. 2, 8.
“ Cf. 1 Pt. 4, 1.
102 Cirillo di Alessandria
“9 Rom. 1, 16.
240 1 Cor. 1, 18.24.
2« Gv. 13, 31-32.
2« 2 Cor. 13, 3-4.
Perché Cristo è uno 105
2« Ef. 1, 19-21.
Gv. 5, 21.
2« Gv. 2, 19.
2« Ef. 1, 20-21.
106 Cirillo di Alessandria
2« FU. 2, 7.
Perché Cristo è uno 107
2» Gv. 17, 5.
257 Gv. 1, 1.
25* Mt. 4, 10 (cf. Deut. 6, 13).
Perché Cristo è uno 111
a? B a r. 3, 38.
122 Cirillo di Alessandria
™ 1 Cor. 3, 11.
2» 1 Cor. 3, 10.
3°» Fil. 2, 10-11.
BIBLIOGRAFIA
1) Edizioni
2) Traduzioni
3) Studi
Adozianismo
Con questo term ine si designano varie correnti teolo
giche cristian e le quali, p er afferm are il m onoteism o inte
grale, considerano Gesù Cristo solo un uom o che possiede,
in m odo particolare, lo Spirito d i Dio, e ch e da D io è stato
« adottato » com e Figlio. La tendenza ad accentuare l’um a
nità di C risto, e a ritenere la sua d ivin ità una specie di
divinizzazione si adattava sia alla m entalità ellenistica, che
am m etteva l'apoteosi, ch e a quella giudaizzante che rite
neva Gesù un uom o infinitam ente superiore. Q uesta d o t
trina appare già nel corso del II secolo, m a prende form a
più robusta con Teodoto di B isanzio, soprannom inato il
Conciapelli, condannato da papa V ittore verso il 190, e
soprattutto in O riente con Paolo di Sam osata e con la
« scuola antiochena » (Diodoro di Tarso, Teodoro di Mopsue-
stia e N estorio).
Ario e VArianesimo
Diodoro di Tarso
Nato ad Antiochia verso il 330 fu famoso teologo e
scrittore cristiano. Nel 360 fondò ad Antiochia una comu
nità monastica che ebbe tra gli adepti san Giovanni Cri
sostomo e Teodoro di Mopsuestia. Stimato da Giuliano
l'Apostata come scrittore, non fu risparmiato da lui come
strenuo difensore della divinità di Cristo. Esiliato nel 372
da Valente, successore di Giuliano, andò in Armenia dove
ebbe modo di comunicare con Basilio il Grande. Tornato
ad Antiochia dopo la morte dell'imperatore, nel 378 diven
ne vescovo di Tarso, e a questo titolo partecipò al concilio
di Costantinopoli nel 381. Teodosio, confermando i decreti
del concilio, lo proclamò modello dell’ortodossia. Mori pro
babilmente nel 392. Ma dopo la sua morte, i suoi scritti,
ritenuti responsabili dell’eresia nestoriana, furono ripetuta-
mente condannati per un dualismo cristologico che noi
purtroppo non possiamo ricavare se non da pochi fram
menti rimastici, giacché i nemici di Diodoro massacrarono
le sue opere fino a farle sparire.
Docetismo
È detta cosi una concezione cristologica di quanti, so
prattutto nel primo cristianesimo, affermavano che Cristo
non avrebbe avuto un corpo realmente carnale ed umano
ma solamente apparente, oppure celeste: di conseguenza
la sua passione e la sua morte sarebbero state meramente
fittizie. I seguaci di questa dottrina, detti Doceti, non costi
tuirono mai una setta, ma si diffusero fra i gruppi più
diversi fin dal tempo apostolico e soprattutto fra gli gno
stici. Sotto l'aspetto teologico la sconfitta definitiva del
Docetismo fu segnata nel concilio di Calcedonia nel 451.
132 Dizionario
Eutiche e il Monofisismo
Il Monofisismo è un'eresia dei secoli V e VI che ebbe
molto peso soprattutto sulla vita della Chiesa d’Oriente.
In seno al Monofisismo si ebbero varie correnti che si di
stinguevano essenzialmente per il significato teologico dato
alla parola physis (natura): alcuni seguaci davano a questa
parola il significato di « essenza » e insegnavano che dal
l’unione sostanziale del Verbo con la realtà umana era
sorta un’unica physis e sostenevano che l’umanità di Cristo
era stata assorbita dalla sua divinità, disciolta come una
goccia di miele nel mare; altri, vicini ad Apollinare, inse
gnavano che umanità e divinità in Cristo si erano inte
grate in maniera complementare formando una sola per
sona e una sola natura; altri ancora, forse più vicini ad
Eutiche, teologo e monaco (nato forse a Costantinopoli
nel 378 e morto dopo il 454) consideravano la natura del
Cristo come un composto teandrico, risultato dall’unione
di umanità e divinità, che non era più uomo e non era
più Dio, unico nella sua realtà. I Monofisiti dunque non
solo non accettavano il progresso terminologico che si era
compiuto tra il concilio di Efeso e quello di Calcedonia
ma, per paura del Nestorianesimo, negavano che la natura
umana continuasse a sussistere nell’unica persona del Ver
bo « non mescolata » accanto alla natura divina.
Il Monofisismo rimane ancora la dottrina di alcune
Chiese d’Oriente (in Siria, Armenia e specialmente nella
Chiesa copta abissina).
Giovanni di Antiochia
Eletto nel 428 patriarca di Antiochia, fu amico di Ne
storio. Arrivò in ritardo al concilio di Efeso (431) insieme
ai vescovi d'Asia, quando già san Cirillo aveva fatto con
dannare Nestorio. Allora Giovanni di Antiochia riunì in
un sinodo i vescovi del suo partito e scomunicò Cirillo.
Dopo lunghe discussioni si giunse finalmente all’accordo
del 433 in cui Giovanni abbandonò Nestorio, e Cirillo firmò
una professione di fede che lasciò peraltro molto mal
contento.
Dizionario 133
N ovazian esim o
Subordinazìanismo
Concezione, presente nella dottrina trinitaria, che in
troduce un rapporto di subordinazione fra le tre persone.
Si tratta di una dottrina ambigua, oscura e imprecisa, le
gata ai secoli II e III, quando la formulazione trinitaria
non aveva avuto ancora l'apporto dottrinale delle discus
sioni e delle decisioni dei concili futuri.
Secondo tale teoria il Verbo e lo Spirito Santo rice
verebbero dal Padre il proprio essere, e sarebbero perciò
in certo modo « subodinati » a lui: sarebbero semplici for
ze mediante le quali il Padre avrebbe strutturato l’econo
mia del mondo e della salvezza. Secondo alcuni Gesù Cristo
sarebbe un « modo » di essere del Padre (Modalisti), se
condo altri il Figlio, pur partecipando, nell’unità della so
stanza, della natura divina del Padre, sarebbe distinto da
lui e, in certo qual modo, gli sarebbe subordinato.
Teodoreto di Ciro
Teodoreto è uno scrittore brillante della Chiesa orien
tale: scrisse moltissimo, nonostante che ci sia pervenuto
molto poco, sufficiente tuttavia a darci ima prova della sua
cultura. Nato ad Antiochia nel 393, e formatosi alla scuola
antiochena, fu eletto nel 423 vescovo di Ciro presso Antio
chia. Partecipò alla controversia cristologica fra Cirillo e
Nestorio di cui abbracciò la causa. Ai dodici anatematismi
di Cirillo oppose dodici antianatematismi (perduti). Si
rivelò però mediatore fra le due parti: infatti, pur accet
tando il dualismo nestoriano, non condannò mai l’appella
tivo di Theotokos (Madre di Dio). Del resto, non abban
donò le sue idee neppure dopo la condanna di Nestorio, e
rifiutò l’accordo tra Cirillo e i vescovi capeggiati da Gio
vanni di Antiochia, anche se la professione di fede firmata
da Cirillo nel 433 fu stesa probabilmente da lui. Partecipò
al concilio di Calcedonia del 451, ma solo dopo aver pro
nunciato l’anatema contro Nestorio e contro quelli che
negavano la maternità divina di Maria. Cosi fu reintegrato
tra i dottori ortodossi, governò ancora per sette anni la
Chiesa di Ciro, e mori nel 458.
Dizionario 135
Teodoro d i M opsuestia
Introduzione. . . . . . pag. 5
1. V i t a ......................................... . » 5
2. Gli s c ritti......................................................» 7
3. Le eresie cristologiche . . . » 8
4. Perché Cristo è uno . . . . » 14
5. Il testo del « Perché Cristo è uno » . » 16
A) I m a n o sc ritti........................................ » 16
B) V e r s io n i...............................................» 17
C) La tradizione indiretta . . . » 18
D) Edizioni e traduzioni . . . » 18
E) Lo s t i l e ...............................................» 19
La Parola di Dio nutrim ento dello spirito . » 23
Il dragone di recente apparso . . . . » 26
Il Verbo si è fatto c a r n e ..........................» 28
Parlare nell’accordo delle Sacre Scritture . » 31
Adamo anima vivente: Cristo spirito vivi
ficante .............................................................» 33
Il Verbo di Dio nato da donna secondo la
c a r n e ......................................................» 37
La carne del Verbo carne di un corpo d'uomo » 40
Cristo per l’u n z io n e.......................................... » 42
Il m istero dell'economia nella carne » 47
Adorazione di tutto il creato . . . . » 50
148 Indice generale