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Per conciliare il carattere amministrativo della Quarta Sezione con quello
giurisdizionale della sua funzione, si parlò di controllo giurisdizionale dentro la
stessa PA contro l’abuso dei suoi organi (così definito dalle
Sezioni Unite della Cassazione romana).Si aprì però a questo punto un dibattito
dottrinale sulla possibilità di assicurare ai diritti soggettivi sia la
tutela risarcitoria già accordata al giudice ordinario, che quella di annullamento
affidata al giudice amministrativo, auspicando così di arrivare alla tanto
desiderata doppia tutela.
4. La legge e il regolamento del 1907
Tale giurisdizione doveva dunque avere carattere oggettivo, in quanto sol
o così poteva superarsi il binomio diritto soggettivo tutela giurisdizionale.
Veniva così alla luce l’esigenza di individuare una forma di interesse, che non
fosse mero interesse semplice (privo di rilievo giuridico), ma che non fosse
nemmeno diritto soggettivo: si iniziò a parlare dunque di interesse legittimo, in
rapporto occasionale con un diritto obiettivo.
La Quarta Sezione si spostò sempre più verso un modello di processo di diritto
oggettivo, e la dottrina iniziò ad approfondire il concetto di interesse legittimo: si
enfatizzò in questo modo il carattere davvero giurisdizionale della Quarta
Sezione, e il carattere soggettivo del processo che si svolgeva dinanzi al essa.
5. L’introduzione della giurisdizione esclusiva e altre riforme prima della Cost
ituzione
Tuttavia la nuova impostazione non si dimostrò esauriente: molti problemi ancora
non erano risolti, come quello relativo al criterio di riparto, o dell’estrema difficoltà
di ottenere tutela nel caso di inerzia della PA.
Nel 1923 si rese promiscua la competenza della Quarta e della Quinta Sezione,
si consentì al Consiglio di Stato di decidere in via incidentale anche questioni
concernenti diritti soggettivi (tranne stato e capacità), e si
creò la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.Si individuarono cioè
delle materie attribuite all’esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (come il rapporto di pubblico impiego). Si creò inoltre un secondo
criterio di riparto delle giurisdizioni, speciale, fondato sulle mat
erie, rispetto al criterio generale fondato sulle situazioni giuridiche
soggettive: con tale criterio si rinunciava al principio del 1865, secondo il quale
per la tutela dei diritti soggettivi provvedeva solo il giudice ordinario.
CAPITOLO 2
L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA
La ricerca dei mezzi di tutela dei cittadini nei confronti della p.a. è stato un
problema politico centrale fino alle leggi di Crispi. Da allora il problema è diventato
teorico-giuridico, e si è tentato di risolvere pesantezze o
lacune del sistema. L'evoluzione del sistema è dovuta quasi interamente all'opera
della giurisprudenza e della dottrina, mentre l'interesse politico per l'argomento si
è risvegliato solo in seguito all'approvazione del testo
costituzionale (che tralaltro poco affronta il problema). Nei decenni successivi il
legislatore è intervenuto con l'istituzione dei TAR e successive modifiche, fino a
giungere oggi all'approvazione del codice del processo
amministrativo.
Sezione prima: L’impatto costituzionale
1. La “costituzionalizzazione” del sistema
Con D.L. del 1948 venne istituita la VI sezione e poco dopo, con l’entrata in vigore
della Costituzione:
-Fu affermato il sistema dualistico
-Venne affermato il divieto di istituzione dei giudici speciali
-Si richiese
l’istituzione dei TAR (attuata poi negli anni ’70)
2. Le “aperture” costituzionali
Art.24: fu riconosciuta a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri
interessi legittimi e dei
diritti soggettivi.
Diritto alla difesa in ogni statoe grado del giudizio.
lOMoAR cPSD| 684111
4La tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di
impugnazione o per determinate categorie di atti (art.113).
Il testo costituzionale afferma la generalità della tutela nei confronti della p.a., e
la pienezza della tutela giurisdizionale: la costituzione del 1948, dunque, contiene
tutto il necessario affinché il sistema della giustizia amministrativa possa
raggiungere un soddisfacente grado di effettività.
3. L’opera della Corte costituzionale
Nell’ultimo periodo il panorama si era arricchito di molti giudici speciali, che però
vennero aboliti a causa della loro inadeguata composizione. Esempio tipico è
quello del contenzioso elettorale amministrativo: i ricorsi elettorali erano decisi
dai consigli comunali e provinciali. La Corte costituzionale dichiarò però
illegittime le norme che disciplinavano tale contenzioso senza che fossero
garantite l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo giudicante. Per questo il
legislatore risolse il problema, istituendo le Sezioni del
contenzioso elettorale presso i TAR (come sezioni specializzate).
Al contrario, la Corte ha invece creato i giudici parlamentari, e si è occupata della
nomina governativa di alcuni magistrati del Consiglio di Stato, nonché della
disciplinadel processo amministrativo.
4. L'istituzione dei Tribunali amministrativi regionali
L'articolo 125 Cost. venne attuato tardivamente con legge 6 dicembre 1971, n.
1034, che istituì i TAR quali organi di giustizia amministrativa di primo grado, con
circoscrizione regionale. L'istituzione di organi di
primo grado era stata resa urgente dalla dichiarazione di incostituzionalità delle
giunte provinciali amministrative, che fungevano da organi di giustizia
amministrativa di primo grado con giurisdizione limitata. I nuovi tribunali hanno
invece giurisdizione corrispondente a quella del Consiglio di Stato, ormai
diventato giudice d'appello. L'unico caso di giurisdizione in un unico grado del
Consiglio di Stato riguarda il ricorso per ottemperanza alle decisioni d
ello stesso Consiglio di Stato e alle sentenze del giudice ordinario
quando l'autorità amministrativa chiamata a conformarsi sia un ente la cui attività
non sia ristretta esclusivamente nei limiti della circoscrizione del TAR.
Inizialmente venne riservata la presidenza dei TAR ai consiglieri di Stato, e venne
creato il ruolo dei magistrati amministrativi regionali separato; successivamente
la presidenza dei tribunali è stata estesa a magistrati amministrativi regionali,
inseriti in un unico grado insieme a quelli del Consiglio di Stato. Nel 1982 è stato
istituito il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, con le medesime
funzioni che il consiglio superiore della magistratura svolge per i magistrati
ordinari. Il presidente è nominato con decreto del presidente della repubblica, su
proposta del presidente del Consiglio dei Ministri; il consiglio di presidenza ha
solo la possibilità di fornire un parere non vincolante. La legge del 1971 sui TAR,
quando possibile, ha ripetuto letteralmente le formule del testo unico sul Consiglio
di Stato, per non far percorrere agli appena istituiti TAR vie giurisprudenziali
diverse da quelle del Consiglio di Stato. Nonostante questo però i TAR hanno
fornito un contributo di innovazione rispetto alla tradizionale giurisprudenza
amministrativa.
5. Le novità della legge del 1971 e la riforma dei ricorsi amministrativi
La legge del 1971 ha provato a dettare una disciplina processuale che potesse
fornire una guida per i nuovi organi giudicanti, apportando innovazioni
effettive soprattutto sulla giurisdizione. sono state attribuite ai
giudici amministrativi le controversie in materia di operazioni elettorali relative alle
elezioni amministrative, ed è stata estesa la giurisdizione esclusiva ai ricorsi
relativi ai rapporti di concessione di beni e di servizi
pubblici. Relativamente alla giurisdizione esclusiva, nella materia relativa ai diritti,
il giudice amministrativo può condannare l'amministrazione al pagamento di
somme di cui risulta di debitrice. Altra innovazione
riguarda l'appello, in coerenza con il principio del doppio grado, l'appello è stato
disegnato secondo lo schema del gravame e non secondo quello di
impugnazione in senso stretto. Il giudice d'appello ha la stessa
cognizione del primo giudice: il gravame infatti impugnazione illimitata con effetto
devolutivo. altra grande innovazione riguarda l'impugnabilità dei provvedimenti
non definitivi, consentendo l'esercizio dell'azione
giurisdizionale a prescindere dalla previa impugnazione dei provvedimenti con ric
orso amministrativo. Nonostante le grandi innovazioni però la legge del 1971 non
ha dato luogo ad una riconsiderazione globale e sistematica dei mezzi di tutela,
né ha introdotto una disciplina processuale esauriente.
Sezione seconda: Verso il sistema attuale
1. L’opera della giurisprudenza
Il Consiglio di Stato, nel periodo in cui è stato giudice unico, ha esercitato la sua
giurisprudenza per chiarire ed integrare la lacunosa disciplina processuale.
L’entrata in scena dei TAR ha sollecitato una grande ripresa
di tale giurisprudenza, essendo il Consiglio di Stato unico giudice con funzione di
nomofilachia. Si è dunque è allargata la legittimazione ad agire e il
riconoscimento dell’impugnabilità di taluni atti, inizialmente ritenuti
non impugnabili, ed è stato ritenuto che il giudice amministrativo possa
disapplicare i regolamenti. grande evoluzione si è avuta in tema di processo
cautelare, dove si è affermato il carattere decisionale delle ordinanze sospensive
e si è consentito l'appello, nonché un metodo per garantire che tali ordinanze
fossero effettivamente eseguite dall'amministrazione; è stata estesa la tutela
cautelare contro i provvedimenti negativi
ed è stato affermato che i diritti soggettivi, anche se relativi e di natura
patrimoniale, possono ottenere piena
ed effettiva tutela giurisdizionale, anche d'urgenza, da parte dei giudici
amministrativi. È stata inoltre riscritta la disciplina del processo di ottemperanza,
sottolineando il suo carattere giurisdizionale, la struttura contenziosa, la natura
cognitoria e la funzione non semplicemente esecutiva. prima è stata negata, poi
affermata, la necessità che la sentenza da ottemperare fosse passata in
giudicato, e dopo primo atteggiamento negativo è stata riconosciuta l'appellabilità
delle sentenze di ottemperanza. Per il silenzio invece la
giurisprudenza ha continuato ad oscillare tra la sua individuazione come oggetto
del giudizio e la sua considerazione come semplice presupposto processuale.
L'azione risarcitoria invece, introdotta con una sentenza delle sezioni unite della
cassazione nel 1999, è stata poi espressamente prevista per legge, ritenendo
che fosse ammissibile solo se tempestivamente impugnato il provvedimento
illegittimo e lesivo. È stato poi chiarito che in appello è ammissibile l'integraz
ione del contraddittorio, che la rinuncia ricorso estingue
processo solo a seguito della presa d'atto da parte del giudice e che l'eccezione
di prescrizione di crediti nei confronti dell'amministrazione può essere sollevata
solo nel primo grado di giudizio
.
La giurisprudenza non ha fatto altro cioè che precisare da disciplina processuale,
puntando verso l'obiettivo dell'effettività della tutela giurisdizionale.
2. Le novità dell'ultimo trentennio del secolo ventesimo
Sul piano legislativo dal 1971 alla fine degli anni 90 si sono avuti solo interventi
episodici, anche se la dottrina ha più volte richiesto una riforma complessiva. Gli
interventi legislativi hanno aumentato le materie devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo e hanno ricercato, per le controversie
delicate, forme processuali semplificate o riti accelerati. l'allargamento della
giurisdizione esclusiva è proseguito in materia edilizia, per gli accordi
amministrativi, per la concorrenza, per i provvedimenti dell'autorità di
regolazione dei servizi di pubblica utilità e dell'autorità per le garanzie nelle
comunicazioni: in tal modo si è ampliato il riparto della giurisdizione e di
conseguenza il criterio fondato sulle materie anziché sulle situazioni giuridiche
soggettive. Nel1998 sono state devolute al giudice ordinario tutte le
controversie relative al rapporto di lavoro con gli enti pubblici, mentre le materie
dei servizi pubblici, edilizia ed urbanistica sono state devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. Nel 2000 sono state devolute alla
giurisdizione esclusiva anche le controversie relative alle procedure di
affidamento di lavori, e di servizio di forniture. Il legislatore si è anche preoccupato
di stringere i tempi processuali, ampliando il campodi azione dei riti accelerati.
Forme speciali o termini abbreviati sono stati poi applicati per il contenzioso
elettorale, per le controversie in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali,
per i provvedimenti di espulsione degli stranieri, per i
l diritto di accesso agli atti amministrativi, in tema di parità
di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali, nei confronti
del silenzio dell'amministrazione.
3. La legge n. 205/2000
L’intervento legislativo più recente e più importante è dato con legge 21 luglio
2000, n. 205, risultato di un'elaborazione parlamentare incompleta a causa della
fretta determinata dalla sentenza della corte costituzionale 17 luglio 2000, n. 292,
che ha dichiarato illegittimo per eccesso di delega l'articolo 33 del
decreto legislativo n. 80/1998. La fretta si evince dal disordine delle disposizioni,
dalle inutili ripetizioni e dalla frequente non coordinazione. Per il processo sono
state dettate delle norme di razionalizzazione, come quella che pres
crive di raccogliere insieme i motivi aggiunti. È stato introdotto un rapido processo
avverso il silenzio, per quanto riguarda i riti speciali, e sono state introdotte più
discipline processuali speciali, caratterizzate dalla riduzione della durata del pro
cesso. Per quanto riguarda la giurisdizione esclusiva sono
state allargati i poteri istruttori e decisori del giudice e si è reso uniforme un
modello processuale prima assai variegato. Sono stati integrati anche i poteri del
giudice amministrativo, che ora in sede di legittimità e in sede di giurisdizione
esclusiva, può conoscere anche dell'azione risarcitoria.
sicuramente però, nonostante le critiche, con la L.25/2000 il processo
amministrativo è stato molto velocizzato e reso efficace.
4. Il processo amministrativo prima del Codice
Se si rivaluta complessivamente l'evoluzione, si nota che i vizi presenti all'origine
nel sistema non sono stati risolti: le leggi fondamentali in tale ambito sono tra loro
diverse e non riescono ad armonizzarsi. Il legislatore
non ha avuto la volontà di intervenire sulla disciplina in modo organico e
sistematico, o di colmare le numerose gravi lacune. la dottrina ha sempre
auspicato l'adozione di un testo completo ed esauriente, in linea
con le disposizioni costituzionali, ancora non del tutto attuate. Sono stati effettuati
dei tentativi per porre rimedio a tale situazione, ma nessuna di queste è andata
a buon fine. La disciplina è rimasta quindi non organica e incompleta.
5. Il dibattito teorico sulla giurisdizione amministrativa
Negli ultimi tempi, anche a seguito dei lavori della commissione bicamerale, è
stato riavviato il dibattito sul principio della unitarietà della giurisdizione e
sull'architettura stessa della magistratura, ancora non chiara e soddisfacente.
Secondo l'interpretazione più comune della Costituzione, la magistratura si
articola in ordine giudiziario ed in altri corpi che svolgono anch'essi funzioni
giurisdizionali: i giudici speciali. In dottrina spesso ritorna l'aspirazione alla
ricomposizione unitaria delsistema giudiziale, fortemente sostenuto in
assemblea costituente dal Calamandrei. Comunque interpretato, il
sistemaappare però difettoso: il controllo sulla giurisdizione dei singoli giudici è
affidato ad uno di essi, e manca un organo giudiziario con funzione generale di
nomofilachia. L'architettura difettosa è emersa anche ultimamente con le
dichiarazioni di incostituzionalità della composizione dei tribunali regionali delle
acque. Il dibattito attuale verte anche sul riparto della giurisdizione tra gi
udice ordinario e giudice amministrativo. Il criterio originario fondato sulle
situazioni soggettive è stato pian piano soppiantato da altri criteri, primo tra tutti
quello per materia. Altro tema di forte attualità attiene alla misura della
sindacabilità delle scelte di discrezionalità tecnica effettuate
dall'amministrazione: c'è chi ritiene che nel processo amministrativo possa
essere sindacata ogni scelta tecnica, e c'è chi punta verso un sindacato più
limitato. Il problema di fondo rimane comunque legat
o alla mancanza di una disciplina dei processi nei confronti dell'amministrazione.
L'iniziativa legislativa è ripresa nel 2009, con l'introduzione di una speciale azione
per reagire contro le p.a. e i concessionari di servizi pubblici che si discostino dag
li standards qualitativi ed economici prefissati (ricorso
per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici). Non
sembra però che tale azione sia di grande rilievo, in quanto sfocia in una
sentenza che ordina alla p.a. o al concessionario di porre
un rimedio entro breve termine, nei limiti delle sue risorse.
6. Il nuovo codice del processo amministrativo
con l'art.44 della legge 18 giugno 2009, num.69 è stata conferita delega al
Governo per il riassetto della disciplina del pro
cesso amministrativo. Tra i principi e i criteri fondamentali:riordinare le norme
vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo
riordinare i casi di giurisdizione estesa al merito
disciplinare i termini di decadenza e prescrizione e la tipología
dei provvedimenti del giudice prevedere le pronunce dichiarative, costitutive e di
condanna idonee a soddisfare la parte vittoriosa (e ciò consente di raggiungere
la pienezza della tutela nei confronti della p.a.).Il Governo per l'attuazione della
delega si è avvalso del consiglio di stato, ed il testo elaborato è stato poi
rivisto in sede governativa (e sono stati purtroppo eliminati i tratti più innovativi
della riforma). La delega è stata attuata con d.lgs 2 giugno 2010, num.104
(Codice del processo amministrativo). Dopo 120 anni si creaun'opera organica
del processo amministrativo, anche se la disciplina non è comunque totalmente
soddisfacente; nel complesso tuttavia il giudizio è positivo. Sono attuati i principi
del giusto processo, è chiarito il riparto di giurisdizione, è ampliato il ventaglio
delle azioni proponibili (introdotta l'atipicità delle
azioni!), è rielaborata la disciplina dell'istruttoria, sono riordinate le impugnazioni,
è rivisto il processo di ottemperanza.I difetti del Codice potranno essere corretti
nei prossimi 2 anni, secondo espressa previsione della legge delega
CAPITOLO 3
L’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
1.Il riparto di giurisdizione
Con la riforma si era presentato il problema di fissare il criterio di
riparto.Si deve considerare il petitum (che si fonda sulla pronuncia r
ichiesta, possibile il doppio grado di tutela) o la
causa petendi (che si fonda sulla natura della posizione giuridica lesa,
senza doppia tutela)?Dal 1930 venne adottato il criterio della causa
petendi, ma furono comunque necessari ulteriori criteri per individuare
il riparto:
a) Teoria della degradazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi:
I diritti soggettivi, se colpiti da un potere amministrativo, degradano in
interessi legittimi, sotto la giurisdizione del giudice amministrativo. Ma
come può un diritto soggettivo, se limitato o estinto,
“trasformarsi” in interesse? E quando si è comunque in presenza di
poteri amministrativi, ma il diritto soggettivo non è degradabile (es.
perché protetto in Cost.)?
b) Teoria basata sulla distinzione tra cattivo uso del potere e carenza
di potereCattivo uso del potere:
Si tratta di interesse legittimo, di competenza del giudice
amministrativo. Esistendo una norma di legge che
da alla PA il potere di emanare un atto, ci sarò solo un interesse
affinché tale atto sia emanato in modo corretto.
Carenza del potere:
Si tratta di diritto soggettivo, tutelato dal giudice ordinario. Non c’è una
norma che da alla PA il potere di emanare l’atto. Non si tratta solo di
carenza in astratto (es. perché non vi è la norma), ma anche in
concreto (es. per forma, procedimento, termine perentorio,
presupposti).
c) Teoria che si fonda sulla distinzione tra norme di azione e norme di
relazione
Le norme di azione regolano l’esercizio dei poteri della PA, e si
riferiscono all’interesse legittimo. Quelle di relazione regolano invece i
rapporti tra i cittadini e la PA (e attengono dunque ai diritti soggettivi).
Ma dopo aver chiarito a che tipo di norme appartengono diritto
soggettivi e interessi legittimi, come si stabilisce quando una nor
ma è di azione, e quando invece di relazione?
d) Teoria si basa sulla differenza tra attività discrezionale e vincolata
La prima, comprendente interessi legittimi di cognizione del giudice
amministrativo, la seconda diritti soggettivi da tutelarsi tramite
giudice ordinario.
2. Le situazioni giuridiche soggettive del privato
Le situazioni giuridiche soggettive sono il diritto soggettivo e l'interesse
legittimo, come ricavato dagli artt. 113,24 e 103 della costituzione,
nonché da fonti di livello legislativo anteriori alla stessa come la legge
abolitiva del contenzioso amministrativo e la legge istitutiva della IV
sezione del Consiglio di Stato.il primo dei due articoli stabilisce che
sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per
contravvenzione e tutte le cause nelle quali si faccia questione di un
diritto civile o politico comunque vi possa essere interessata la
pubblica amministrazione (dove per diritto politico civile è da intendersi
qualsiasi diritto soggettivo). Il secondo stabilisce che spetta al
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decidere sui ricorsi per
incompetenza, eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e
provvedimenti di un'autorità amministrativa, che abbiano per oggetto
un interesse di individui o di enti morali e giuridici (interesse che verrà
poi definito interesse legittimo).si è posta dunque la questione di
definire le caratteristiche dell'interesse legittimo, di individuarne
l'oggetto e le forme e modi di protezione. Si è posta inoltre la questione
di capire quando il privato possa vantare nei confronti della pubblica
amministrazione un diritto soggettivo o un interesse legittimo, e definire
il criterio in base al quale individuare il giudice competente. Soprattutto
nella dottrina meno recente si è talvolta negata all'interesse legittimo
natura di situazione giuridica soggettiva, soprattutto perché alla fine
dell'800 l'unica situazione giuridica soggettiva ammissibile era il diritto
soggettivo, e ciò comportava che l'interesse legittimo venisse
considerato un mero potere di reazione nei confronti del
provvedimento illegittimo idoneo a legittimare la proposizione del
ricorso giurisdizionale da parte del privato. Tale impostazione non è
però seguita dalla dottrina più recente, soprattutto perché la costituz
ione colloca l'interesse legittimo a fianco del diritto soggettivo.
3. L’interesse legittimo quale situazione correlata alla potestà
Esistono in dottrina vari orientamenti circa la definizione di interesse
legittimo:
1) Situazione giuridica soggettiva utilizzabile a fini di tutela nei confronti
dell’esercizio delle potestà della PA. La potestà della PA può portare a
2 effetti, limitativi o ampliativi. Gli interessi legittimi possono essere
sacrificati, invece se ci sono diritti soggettivi questi non posson
o essere potestà della PA.
2) Può essere oppositivo (la potestà della PA è sacrificativa) o
pretensivo (la potestà è ampliativa).In questo caso è una situazione
giuridica soggettiva attiva che fronteggia un’altra situazione soggettiva
attiva costituita dalla potestà amministrativa
3) Come pretesa alla legittimità del provvedimento amministrativo.
L’interesse è una situazione soggettiva di vantaggio riconosciuta al
privato avente carattere strumentale (perché comporta l’eventuale ed
indiretta tutela dell’interesse finale)
4) La legittimità dell’azione amministrativa rappresenta il limite della
protezione che l’ordinamento giuridico riconosce all’interesse legittimo
(ma il limite alla protezione non può trasformarsi nell’oggetto della
protezione.)
5) Posizione di vantaggio data ad un soggetto dell’ordinamento in
ordine ad un interesse ad un bene della vita oggetto di potere
amministrativo. La differenza tra diritti soggettivi ed interessi legittimi
starebbe solo nel grado della tutela.
6) Interesse consistentnella possibilità di conservare o di acquisire un
bene della vita. Il bene della vita è diverso dall’interesse finale, è infatti
una semplice chance.
4. L’interesse legittimo ed il suo oggetto: orientamenti recenti
Se lo spazio entro cui si colloca l'interesse legittimo è quello
rappresentato dai limiti posti normativamente all'esercizio delle potestà
amministrative, se i limiti non sono violati tali potestà sono esercitate in
modo legittimo, e legittimo è l'eventuale sacrificio degli interessi finali
del privato; se però tali limiti risultano violati, le potestà amministrative
risultano esercitati in modo illegittimo e dunque non era tollerabile
l'eventuale sacrificio.L'interesse legittimo è dunque la pretesa alla
legittimità del provvedimento amministrativo, dunque una
situazione giuridica soggettiva di vantaggio riconosciuta al privato che
ha carattere strumentale in quanto comporta l'eventuale ed indiretta
tutela dell'interesse finale.
5. Considerazioni sugli orientamenti esaminati
Non vi è ancora oggi accordo in dottrina sulla definizione dell'interesse
legittimo, e soprattutto sull'oggetto e sull'interesse tutelato: in ogni caso
deve esistere un rapporto di reciproca corrispondenza tra lesione
dell'oggetto e bisogno di tutela: nella teoria che identi
fica l'oggetto dell'interesse legittimo con la pretesa al
corretto esercizio del potere amministrativo, tale rapporto non è poi di
piena corrispondenza. Se in dottrina vi sono divergenze sulla
definizione dell'interesse legittimo, vi è invece consenso per
i poteri che sono propri di tale situazione giuridica soggettiva, e che
possono essere esercitati dal titolare a fini di tutela: poteri di
partecipazione al procedimento amministrativo, potere di esperire i
ricorsi amministrativi, potere di proporre ricorso in sede giurisdizionale.
è invece dibattuto il problema del modo di individuazione dell'interesse
legittimo, ossia di capire quali tra i tanti interessi che l'esercizio delle
potestà amministrative può toccare, assuma tale qualità: innanzitutto si
può individuare un interesse legittimo quando vi è una base normativa,
ma tale operazione non è sempre agevole.
6. Il problema della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione
dell’interesse legittimo sino alla sentenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione n.500/1999 Per lungo tempo i danni derivanti
dalla lesione di interessi legittimi non erano considerati risarcibili.
Cassazione sent.500/1999: pronuncia in sede di regolamento di
giurisdizione. La Corte recepisce l’orientamento della dottrina ci
rca l’art.2043 c.c. E’ data una diversa lettura di “danno ingiusto”, ora
pregiudizio non giustificato recato ad un interesse giuridicamente
rilevante (indipendentemente da quale, mentre prima si riteneva
rilevante solo quello derivante da diritto soggettivo). Un ulteriore
problema era dato dall'impossibilità di trovare un giudice competente a
risolvere la controversia relativa ai danni, in quanto non poteva
conoscervi né il giudice ordinario (perché giudice dei diritto
soggettivi lesi dalla p.a.) né il giudice amministrativo, perché allora
privo dei poteri di pronunciare nei confronti della p.a. una sentenza di
condanna al pagamento di una somma di denaro (era consentita solo
l'adozione di sentenze di annullamento del provvedimento illegittimo).
Tali ragioniprovocavano una sorta di immunità della p.a. nei confronti
dei danni arrecati al privato nello svolgimento illegittimo della propria
funzione. L'esistenza di una così vasta area nella quale la p.a. veniva
garantita di una sostanziale irresponsabilità nei confronti dei danni
arrecati, non era tollerabile, in quanto non garantita da alcuna norma
costituzionale (che anzi fornisce indicazioni di
segno opposto). Si deve inoltre ricordare come già a partire dagli anni
60 la cassazione avesse iniziato a risarcire danni derivanti dalla
lesione di interessi non qualificabili come veri e propri diritti soggettivi
(es. lesione di legittime aspettative di natura patrimoniale nei rapporti
familiari anche di fatto, o in tema di risarcimento per la perdita di
chance). La cassazione aveva già dunque cambiato la propria
interpretazione dell'art.2043 c.c., considerando l'illecito non più tipico
bensì atipico (e dunque danno ingiusto non è più solo
quello derivante dalla lesione di un diritto soggettivo, ma dalla lesione
di unqualunque interesse meritevole di considerazione e tutela). Da ciò
però una conseguenza paradossale: mentre nei rapporti tra privati
vengono risarciti illeciti tipici e atipici, nei rapporti tra privati e p.a. i
danni derivanti dalla lesione di un interesse legittimo non erano tali da
integrare il requisito dell'ingiustizia. Fattore che ha messo in crisi tale
impostazione è stato sicuramente l'ordinamento comunitario, per il
quale vige il principio in base al quale la Comunità deve risarcire i
danni arrecati dalle sue istituzioni nell'esercizio delle sue funzioni. Altro
fattore di crisi del tradizionale sistema è stato inoltre il d.lgs 80/1998
che ha ampliato le materie di giurisdizione esclusiva e ha previsto la
possibilità per il giudice amministrativo di
condannare in sede di giurisdizione esclusiva l'amministrazione, anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica, al risarcimento del
danno ingiusto. La sent.500 ha offerto soluzioni alle questioni sia di
ordine processuale che sostanziale. Per quanto riguarda quelle
processuali, il giudice competente per risolvere le controversie in tema
di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dell'interesse legittimo
era il giudice ordinario (tranne per le controversie rientranti nella
giurisdizione esclusiva), e il rapporto tra azione di annullamento del
provvedimento illegittimo e azione risarcitoria era risolto nel senso di
escludere che quest'ultima fosse subordinata alla prima. Per le
questioni sostanziali, invece, la cassazione riconosce che non vi è
alcun argomento ex art.2043 che lasci desumere l'applicabilità della
disciplina solo ai danni da lesione di diritti soggettivi, e inoltre la
locuzione "danno ingiusto" non va correlata a una situazione tipizzata,
ma deve essere interpretata come clausola generale che offre
protezione a tutti i tipi di interessi meritevoli di tutela. L'illecito ex
art.2043 non è dunque tipico, ma atipico in quanto offre protezione non
solo nei confronti di danni derivanti dalla lesione di diritti soggettivi, ma
anche di interessi non aventi consistenza di diritto soggettivo, purchè
degni di protezione. L'art.2043 non è dunque norma secondaria (che
protegge situazioni giuridiche soggettive) ma è essa stessa norma
primaria, in quanto tutela anche interessi non tipizzati in alt
re norme. La cassazione inoltre da una propria teoria dell'interesse
legittimo, considerandone l'oggetto nell'interesse al bene della vita;
questo, sia pure fatto oggetto di esercizio del potere amministrativo,
proprio perché bene della vita, può configurare un danno risarcibile
purchè si dimostri l'effettiva spettanza in capo al privato dell'interesse
al bene medesimo. Tale circostanza è acclarata ed automatica in caso
di illegittimità del provvedimento in caso di interessi legittimi oppositivi
(in quanto si oppongono a una potestà amministrativa che pretende di
limitare l'interesse al bene della vita), mentre non può dirsi altrettanto
di quelli pretensivi, poiché l'illegittimità del provvedimento di diniego
all'adozione di un provvedimento non equivale adaccertarne la
spettanza. Per quanto riguarda l'elemento soggettivo ex art.2043 c.c.,
la cassazione ha affermato che non è sufficiente l'illegittimità dell'atto,
ma è necessario anche l'elemento della colpa (non del funzionario
agente, ma della p.a. come apparato, ossia quando essa abbia violato
le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione).Le
Sezioni Unite della Cassazione, con la sent. 500, lasciavano però
aperti molti dubbi, la cui soluzione è affidata a legislatore e
giurisprudenza.
7. La risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse
legittimo nell’attuale quadro normativo e giurisprudenzialela cognizione
delle questioni risarcitorie è oggi attribuita espressamente al giudice
amministrativo dal
Codice, ex art.7 comma 4, che stabilisce che sono attribuite alla
giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le
controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni della p.a.,
comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di
interessi legittimi e altri diritti patrimoniali conseguenziali.
lOMoAR cPSD| 684111