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1) Porosità da ritiro:
Nel caso del metallo puro, come esemplificato nella Figura sottostante, l'intervallo di
solidificazione è nullo (Tsolidus=Tliquidus) e non vi sono dendriti. Di conseguenza il fronte di
solidificazione è piano e segue semplicemente il gradiente termico. Il gradiente localizzerà
la zona di fine solidificazione, e lì avverrà il ritiro volumetrico. Il posizionamento coerente
della materozza farà sì che quest'ultima rifornisca la zona critica del getto del liquido
necessario e concentri dentro di sè la porosità.
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Nel caso delle leghe l'intervallo di solidificazione T liquidus -Tsolidus non è nullo e inoltre vi sono
le dendriti. Nella grande maggioranza delle leghe la solidificazione termina ad un punto
eutettico. Quindi, semplificando, si avranno dendriti di fase primaria Al o Mg, circondate
da liquido eutettico. A questo punto entra in gioco l'intervallo di solidificazione, che
determina la tendenza della lega a dare porosità con diverse distribuzioni.
Porosità interdendritica (in corrispondenza del costituente eutettico in grigio nella figura di
sinistra) in una lega Al-Si. A sinistra si vede una sezione metallografica, a destra
l'immagine è quella di una foto scattata al SEM (Microscopio Elettronico a Scansione),
dove le punte delle dendritidi di fase primaria non sono ricoperte dal solido eutettico e
quindi appaiono nella loro tridimensionalità.
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zona di fine solidificazione non è molto circoscritta, perchè esiste una zona pastosa
(mushy zone) di dimensioni non trascurabili, dove dendriti equiassiche isolate sono
totalmente circondate da liquido eutettico. Ora anche se il contenitore dove si cola il liquido
è ben congegnato, la zona pastosa (mushy zone) non è molto circoscritta e quindi,
comunque si piazzino le materozze per fornire il liquido che serve per compensare il ritiro
a fine solidificazione, sarà impossibile rifornire adeguatamente tutte le regioni interessate
dal fenomeno. Annullare completamente il ritiro è quindi impossibile, così qualche
moderata porosità, e non concentrata in una zona ristretta, è inevitabile. Naturalmente la
porosità residua ha carattere interdendritico, come esemplificato nelle Figure soprastanti.
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2) Porosità da idrogeno
1. L'idrogeno è un gas solubile in tutti i metalli liquidi; un po' anche nell'Al e Mg, in cui
è il solo gas capace di sciogliersi. La sua solubilità nel solido è invece praticamente
nulla. Non è così per tutti i metalli, per esempio nel Fe un poco di solubilità allo
stato solido c'è. Durante la solidificazione dell'Al e del Mg, l'H viene rigettato fuori
dal solido sotto forma molecolare e provoca la formazione di porosità, che appaiono
come vuoti nei getti.
2. La sorgente dell'H è principalmente l'umidità di provenienza atmosferica:
a. l'ossido superficiale che ricopre il liquido rallenta l'assorbimento, ma se si
verificano disturbi che ne rompono l'integrità (come turbolenza fluida durante
travasi e colata), la protezione diminuisce e l'acqua presente nell'umidità
dell'aria reagisce con l'Al:
3H2O+2AlAl2O3(ossido superficiale)+6H(disciolto nel liquido)
b. vi può essere anche contaminazione dal riciclo di boccame umido o
dall'utilizzo di scorie protettive (flux) umide derivanti da sali igroscopici
c. nel caso di colate in sabbia le forme stesse possono essere umide.
3. La porosità da H si manifesta in due forme:
a. quanto vi è poco H si formano bolle sferiche nell'ultimo liquido che solidifica
b. si formano vuoti interdendritici dispersi quanto vi è abbondanza di H
4. Lo sviluppo di H può essere ostacolato da solidificazione rapida come in conchiglia
o ancora di più in pressocolata, perchè rimane in soluzione solida sovrassatura.
5. Si rimuove l'H dal bagno liquido facendo il flussaggio con gas inerti (nei confronti
del metallo, non è detto in assoluto), cioè facendo gorgogliare gas secchi puri come
N, Ar o Cl, il più efficace.
3) Gas intrappolati
a) Fra i gas intrappolati nei pezzi si annoverano soprattutto soprattutto aria e poi, in
secondo ordine, vapore e gas da combustione di lubrificanti. L'aria intrappolata è un
problema soprattutto nella colata a pressione. E' un aspetto spesso trascurato, ma
invece è importante, ed influenza profondamente la qualità e le caratteristiche
meccaniche del getto. Se il liquido arriva in velocità, come nella pressocolata,
sposta e comprime il gas che prima riempiva la cavità oppure lo assorbe come bolle
compresse, che danno poi delle porosità centrali di grande entità, come
esemplificato nella Figura sottostante.
b) Di qui l'opinione, spesso giustificata, che i pezzi che hanno sacche di gas
intrappolati non siano trattabili termicamente, per non dare origine al blistering.
Invece, se si rimuove l'aria dalla forma prima della colata, non ci sarà gas
intrappolato e i pezzi saranno trattabili termicamente.
1) il metodo più semplice di evacuazione del gas è quello di mettere dei piccoli
canali di sfiato nel contenitore. Questo richiede grande esperienza e spesso si
fa per tentativi ed errori.
2) Un metodo più costoso, ma ben più efficace, è quello di mettere sottovuoto (in
realtà bassa pressione) l'interno della forma, risucchiando l'aria in un
accumulatore prima della colata.
3) Altro metodo è quello di lavare l'atmosfera dentro lo stampo con soffiaggio di
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ossigeno, che rimane il solo gas all'interno. Il metallo liquido reagirà poi con il
gas eliminandolo come strato di ossido superficiale. Il metodo non porta a
risultati apprezzabili se la velocità d'ingresso del liquido è grande.
4) Infine, si può applicare alla forma una camera di sfogo dove si raccoglie l'ultimo
liquido con una parte del gas non ancora intrappolato. La forma deve essere
fatta apposta per consentire il semplice spostamento del gas durante la colata.
La camera di sfogo, per essere efficace, deve essere grande. Il metallo che la
occupa va poi eliminato dopo la sformatura e questo implica uno scarto che ha
un costo.
4) Inclusioni:
endogene:
1. fasi non metalliche: sono per lo più solfuri, nitrati e ossidi che derivano dalla
reazione del metallo fuso con l'ambiente locale; sono microscopiche e sono
distribuite in tutto il solido
2. fasi metalliche
a) intermetallici con Fe nell'Al
b) eccessive quantità di affinante del grano come boruri di Ti e V nell'Al
esogene (schematizzate nella Figura sottostante): si tratta di particelle di scoria o
ceramiche provenienti dalle forme in sabbia o dai refrattari di forni e crogioli;
tendono a sedimentare o a precipitare per ascensum, finendo nella scoria liquida
protettiva superficiale, a seconda della densità rispetto al bagno metallico; spesso
hanno dimensioni così grandi che si possono vedere ad occhio nudo nelle sezioni o
sottopelle.
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E' opportuno rimuovere i solidi estranei, anche gli ossidi:
eseguendo flussaggio con Cl, F, cloruri o fluoruri decomponibili, il gas trascina nella
scoria superficiale le particelle estranee per flottazione
molto efficienti sono i filtri in ceramica, di solito fatti da schiume ceramiche a cella
aperta, che sono usate nelle fasi di attesa, o di trasferimento, o di colata del liquido
5) Film di ossido
L'Al e il Mg reagiscono facilmente con l'O sia quando si trovano allo stato solido, sia allo
stato liquido, dove la formazione superficiale dello strato di ossido ha la seguente funzione
e i seguenti svantaggi:
1. protegge dall'umidità dell'aria
2. occorre evitare turbolenza e disturbi superficiali altrimenti s'intrappolano nel liquido
pelli di ossido (come quella schematizzata nella Figura sottostante) che non si
possono rimuovere per gravità perchè non sedimentano, avendo una densità vicina
a quella dell'Al liquido; questo vale anche per il Mg, ma di meno, vista la più bassa
densità del metallo
3. si forma ossido anche per reazione con l'umidità dell'aria
4. le leghe di Al contenenti Mg si ossidano molto più rapidamente
5. è opportuno rallentare l'ossidazione proteggendo il liquido con delle scorie
protettive, di solito miscele di sali e ceramiche che danno luogo a solidi
bassofondenti che, fondendo, ricoprono e proteggono la superficie del metallo
liquido.
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6) Strappi a caldo “hot tears”
Il grosso della contrazione avviene durante la solidificazione. Gli strappi a caldo (hot tears)
avvengono quando lo stress, durante le ultime fasi di solidificazione, supera la resistenza
a trazione del metallo pastoso. In questa fase vi è la concomitanza dei più grandi ritiri
volumetrici e non si è ancora raggiunta la resistenza necessaria per resistere alle tensioni
imposte dai vincoli geometrici della forma. Le fratture sono sempre intergranulari. La
tendenza o meno alle cricche dipende molto dal tipo di lega.
gocce fredde, che si creano se la turbolenza del liquido genera schizzi; le gocce
che si separano solidificano prima che il fronte generale del liquido le raggiunga e,
una volta inglobate, saranno separate fisicamente dal resto del solido con
un'interfaccia di ossido; le gocce fredde funzionano un poco come macroinclusioni
giunzioni fredde ("cold shuts"), che si generano quando due flussi di liquido separati
s'incontrano senza mescolarsi, creando un'interfaccia parzialmente ossidata fra i
due flussi, come schematizzato nella Figura sottostante; il problema viene dal fatto
che la solidificazione è troppo rapida durante la colata e quindi il liquido è già troppo
freddo prima di fine colata e perde fluidità; è un problema che si manifesta per lo
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più nella colata a pressione, e si previene curando meglio i canali di alimentazione
e controllando la temperatura delle pareti, che non deve essere troppo fredda
Rappresentazione schematica delle giunzioni fredde di due diversi flussi di liquido che
s'incontrano e fanno fatica a saldarsi.
reticolo di bave ("heat check fins"), visibili nella Figura sottostante; sono una replica
del reticolo di cricche che si forma sulla superficie dello stampo per fatica termica, e
dentro le quali s'infiltra il metallo liquido. Questo solidifica dentro quelle cricche
superficiali e poi viene estratto assieme al resto del getto, al quale rimane
appiccicato, creando così un reticolo di piccole creste superficiali; affligge
soprattutto i pezzi colati a pressione.
Reticolo di piccole bave ("heat check fins") sulla superficie di un componente ottenuto per
pressocolata.