Sie sind auf Seite 1von 32

Capodanno 2008

Roma

© Daniele Gatti
(micio@email.it)
Credo fermamente che ogni giorno nel
quale non si abbia imparato qualcosa di
nuovo è un giorno buttato alle ortiche.
Non ha senso non interrogarsi
costantemente sul mondo, interno ed
esterno, e per far ciò non c’è che una sola
reale soluzione: muoversi. Uscire dai
confini definiti e partire per una meta
sconosciuta, in modo da tornare indietro
con qualcosa di più. L’ultimo anno è stato
all’insegna di ciò: teatro di una quantità
enorme di nuovi eventi, persone ed
esperienze. Il modo ideale per concludere
una tale annata è quella di tuffarsi in
un’altra piccola avventura.
Con una compagnia ormai collaudata,
la meta è presto decisa: questa volta tocca a
quella che probabilmente è la più famosa
ed affascinante città d’arte del mondo,
Roma. Descrivere in poche parole la storia
e la magnificenza che stanno dietro quella
che è ormai una metropoli, sarebbe
impresa ardua. Con quasi tre millenni di
storia alle spalle, ogni commento è

2
sprecato: deve semplicemente essere
scoperta. Nei miei ventun anni di vita,
stranamente, non mi è mai capitato di
mettervi piede, ma ora finalmente ho
questa possibilità in compagnia dei miei
fidati amici Davide ed Ottavio, che già
hanno visitato questa meraviglia tempo fa,
ma che non hanno rinunciato all’occasione
di tornarci nuovamente e viverla in
tutt’altra aria. Come al solito, poco prima
di iniziare il viaggio inizia a salire una certa
tensione mista ad eccitazione: come sarà
questa volta? Andrà ancora tutto bene e
passerò cinque giorni fantastici, o
succederà qualche imprevisto?
Il treno, un nuovissimo Eurostar
inaugurato da poco sulla linea dell’alta
velocità, arriva alla frequentatissima
stazione di Milano centrale, mentre noi
siamo già sulla banchina, muniti di borse e
zaini ad aspettare, ben coperti dato il clima
freddo del Nord Italia gli ultimi di
dicembre. Il treno è una sorpresa: pulito e
spazioso, trasuda modernità, anche se avrei

3
preferito che i fondi per costruire il treno e
la linea apposita fossero stati investiti
meglio nelle ferrovie tradizionali, che
versano in condizioni pietose e sono
utilizzate da molte più persone. Ma chiudo
un occhio, rilassandomi già con la musica
che anche stavolta mi sono portato a farmi
compagnia. Mentre il treno sfreccia a 250
chilometri all’ora nella Pianura Padana,
cascate di note distorte ed espressive mi
inondano i timpani, procurandomi le più
svariate sensazioni. Il treno passa senza
fermarsi per la stazione di Bologna, poi per
Firenze, e infine la meta ultima: Roma! La
stazione Termini è, come qualsiasi altra
stazione di una grande città, molto
affollata, ed adoro questa atmosfera di
confusione propria di una stazione di
passaggio. Paradossalmente, è come
sentirsi a casa, insieme a tante altre persone
che stanno viaggiando proprio come noi.
Le strade sono discretamente trafficate, e
non è raro sentire clacson suonare
ripetutamente e vedere macchine che
rischiano di investire dei temerari pedoni.
4
La guida sportiva dei romani non è difficile
a notarsi, così come si nota subito la
differenza di temperatura rispetto a
Milano: fa quasi caldo. Il nostro alloggio è
molto vicino e lo troviamo facilmente,
guidati come al solito dal nostro segugio
Davide. Lasciamo i bagagli nel deposito,
aspettando che arrivi l’orario di apertura
delle camere. Le sorprese non mancano:
l’ostello è gestito interamente da stranieri,
probabilmente croati, che parlano con uno
strano accento romanesco pesantemente
contaminato dallo slavo. Non sentiamo
nessuno parlare italiano tra i clienti, e nel
quartiere la situazione non cambia di
molto. Magrebini, albanesi e qualsiasi etnia
possa venire in mente, tanto da non
sembrare nemmeno di essere in Italia.
Come al solito, quando si viaggia all’estero
si sente solo parlare italiano, mentre
quando si sta in Italia si sente parlare tutto
men che l’italiano. Altre sorprese sono la
macchinetta per leggere le carte di credito
che non funziona e che ci costringe a
pagare in contanti, Internet gratis offerto
5
nelle camere che però sono a qualche
isolato di distanza, colazione e un piatto di
pasta alla sera compresi nel prezzo.
Normale amministrazione e vita d’ostello.
La sorpresa più divertente è scovare nella
bacheca i volantini di altri ostelli in altre
parti del mondo dove siamo stati: io e
Davide ci esaltiamo con quello di Oslo,
loro due con quello di Madrid, tutti e tre
con quello di Monaco. Viaggi ed
esperienze diverse che talora si intersecano
in un punto comune, altre volte rimangono
mondi paralleli eppur molto vicini.
La giornata sarà lunga e le attrazioni
di Roma sono innumerevoli. Da dove
cominciare? Sarà meglio organizzarsi
tracciando una linea precisa da percorrere,
dato che le linee della metropolitana
servono solo una porzione limitata del
centro storico. Nell’arco della giornata
abbiamo modo di vedere una quantità
impressionante di chiese, piazze, obelischi
e monumenti storici. Si parte dalla
diroccata basilica di Santa Maria degli

6
Angeli e dei Martiri, costruita con una
pietra rossastra ora erosa dai millenni e
circondata da isolati perfettamente
moderni e restaurati. Al termine di Viale 20
Settembre si trovano le quattro fontane di
San Carlo, una per ogni angolo di strada.
Lungo quella stessa via si trova anche il
Quirinale, residenza ufficiale del Presidente
della Repubblica italiana, situato sul colle
omonimo, uno dei sette storici colli di
Roma. Le guardie, ovviamente, presidiano
costantemente l’ingresso e il luogo non è
visitabile, ma siamo presto consolati dalla
visione della vicina e famosa Fontana di
Trevi, che Totò cercò di vendere ad un
ignaro turista in uno dei suoi film più
famosi, Tototruffa ’62. Logicamente
splendida, con le sue statue nelle pose più
disparate, e l’acqua che pare sgorgare
direttamente dall’edificio che domina la
fontana. La sosta alla sputa – acqua
coincide anche con il momento di un
fugace pranzo. Una pizzeria senza sedie è
tutto ciò che troviamo, ma è più che
sufficiente: ci pensano le battute della
7
simpatica commessa romana, che incita
Ottavio a mangiare dato il suo fisico, a
rendere l’atmosfera rilassata e accogliente
nonostante la ressa e il caos imperante nel
piccolo negozio.
Finita con qualche difficoltà
l’abbondante pizza, riprendiamo il
cammino verso un altro must: Palazzo
Montecitorio, sede dei ladri più ladri
d’Italia, vale a dire i parlamentari. Molto
vicino vi è anche Palazzo Chigi, sede del
governo, e la Piazza Colonna, che reca un
obelisco da noi scambiato erroneamente
per la Colonna Traiana. Una lunga fila
staziona fuori da Montecitorio,
probabilmente per una mostra gratuita che
dovrebbe essere organizzata proprio per
oggi. Tuttavia, dopo qualche
tentennamento decidiamo di non rimanere
lì ma di utilizzare il tempo per visitare il più
possibile la città. Non sappiamo quanto
potrebbe durare la coda. Non esce alcun
politico dal palazzo, eventualità che
aspettavamo con un certo desiderio, per

8
poter finalmente vedere in faccia da vicino
qualcuno di questi ladri di professione, ma
niente da fare. Chiusa la parentesi politica,
è il turno del tempio di Adriano. In mezzo
a caseggiati e palazzi normali si erge questo
singolo colonnato dagli artistici capitelli,
con un effetto di contrasto notevole.
Questa città è affascinante proprio per
questo: l’antico si interseca col nuovo in
modo mai stridente, mai fastidioso, ma
sempre armonico. In uno “stream of
consciousness” di monumenti, è subito il
turno del vicino Pantheon, il tempio
dedicato a tutti gli dei e che ospita la tomba
del venerato Raffaello. Particolare
spettacolare di questo tempio è l’occhio sul
suo soffitto a cupola: un cerchio di nove
metri di diametro completamente aperto,
con visione diretta sul cielo. Come a
simboleggiare una porta aperta verso il
paradiso, attraverso la quale comunicare
con gli dei. Splendido. Questa città non
finisce mai di stupire: c’è qualcosa di bello
da vedere praticamente ad ogni angolo di
strada. Non molto lontano v’è Palazzo
9
Madama, sede del Senato della Repubblica
nonché di altri ladri di professione, ma
passiamo oltre velocemente: la meta è
Piazza Navona, recente teatro di grandi
manifestazioni contro i tagli alla scuola
operati dal governo. Un mercato ormai
tradizionale ed in vivace attività copre
buona parte della piazza, ma senza
deturpare la vista della splendida Fontana
del Nettuno e dell’altrettanto meritevole
Fontana dei Fiumi, che rappresenta con le
statue i quattro grandi fiumi delle diverse
parti del mondo: Danubio, Nilo, Rio della
Plata e Gange. Un obelisco li sovrasta tutti,
ed è a sua volta superato in altezza dai
quattro palazzi ai lati della piazza. Mentre
contempliamo tutto ciò, veniamo
avvicinati da qualcuno degli onnipresenti
vu cumprà che ci invitano a provare le loro
diavolerie, tutti ovviamente ignorati dal
primo all’ultimo. Non abbiamo certo
voglia di farci fregare con qualche
congegno che si rompe dopo pochi
secondi dall’acquisto. Tutto sommato però
veniamo lasciati in pace: basta simulare
10
indifferenza ed estasi per i monumenti (che
in effetti è il nostro stato d’animo reale) e il
gioco è fatto. Un po’ più lontano si trova
l’Ara Pacis, l’altare della pace. Circondato
da una struttura in vetro costruitagli
attorno per proteggerlo dalle intemperie e
per farci pagare l’ingresso, è l’altare sul
quale venivano sacrificati animali e tenuti
discorsi nei periodi pacifici dell’impero
romano. Ottavio fa una delle sue storiche
figuracce alla coda per i biglietti,
commentando la mia foto della carta
d’identità con un provocatorio “Ma lo sai
che sei una bella ragazza?” e facendo girare
la ragazza che è effettivamente davanti a
noi in fila, la quale lo guarda molto storto.
Però non lo uccide. Evidentemente la
donzella è dotata di sufficiente senso
dell’umorismo.
Ultimo sforzo della giornata,
decisamente pesante per le nostre gambe, è
Piazza di Spagna, dominata dalla Trinità
dei Monti. Per raggiungerla passiamo dalla
notissima via Condotti, splendidamente

11
illuminata, la quale termina con la celebre
scalinata. Se fossimo in primavera
vedremmo questa scala ricoperta di fiori,
come da tradizione, ma è dicembre e
possiamo solo accontentarci della
grandiosa scenografia. Ormai stanchi
morti, ritorniamo all’alloggio per tentare di
riprenderci un minimo di forze, dato che
siamo svegli dalle cinque della mattina.
Nella camera la temperatura è terribile: il
climatizzatore segna 26 gradi. Una bottiglia
di vino fa la sua bella figura sulla nostra
scrivania, mentre il lavandino del bagno e
tutti i caloriferi della zona sono scollati
dalla parete e rischiano da un momento
all’altro di staccarsi. La doccia è
completamente aperta e posta tra l’entrata
della camera e il lavandino, facendo sì che
chiunque tenti di lavarsi là inondi il bagno.
Il quadro elettrico, poco fuori dalla porta, è
aperto e nascosto solo da un semplice
calendario piazzatoci sopra in qualche
modo. Per la cifra che spendiamo, ci si
poteva aspettare decisamente di più.

12
Quando ci stanchiamo di ascoltare
musica e fare i giocolieri con le palline di
stoffa che ci siamo portati da casa, ci
stravacchiamo sui letti per riposare un po’
prima della serata, che contiamo di passare
fuori a bere in qualche pub.
Navigando un po’ su Internet
scoviamo una birreria bavarese nella zona
di Piazza del Popolo, l’ideale per passare la
serata fuori a festeggiare Davide, che oggi
compie ventun anni. Presa ancora una
volta la metropolitana, ci perdiamo un po’
per gli isolati prima di scoprire la direzione
giusta, imprecando vistosamente quando
infine ci rendiamo conto che la nostra
piazza si trova a due passi dalla fermata. In
un viottolo secondario c’è questa simpatica
birreria, dai prezzi un po’ elevati ma dove
ci divertiamo un mondo. Accanto alle
nostre abituali discussioni di ambito
medico – ingegneristico, stanno dell’ottima
birra doppio malto e un buon numero di
amari Montenegro presi come contorno.
Ad ognuno di essi lo stato di ebbrezza

13
aumenta lievemente, tranne che in Ottavio,
il quale miracolosamente stasera regge
benissimo l’alcool. Riesce a berne
addirittura quattro, senza apprezzabili
effetti. La cameriera che deve
continuamente portarceli non ne può più
di vederci. Ogni volta spera che le
chiederemo il conto, ed invece la fermiamo
solo per ordinare ancora da bere. E’ però
molto simpatica e sorride alle nostre
richieste, diventando quasi complice della
nostra piccola notte brava. Insieme ad
Ottavio, accetto di ordinare anche una
ottima torta Sacher, talmente piena di
cioccolato e marmellata da renderla una
vera e propria bomba atomica per
l’intestino.
Tra discorsi di vario genere e risate
fragorose, intorno all’una e mezza i nostri
stomaci ci avvertono chiaramente che non
è il caso di spingersi oltre con il bere, dato
che l’indomani dovremo visitare tutta la
zona della Città del Vaticano. Siamo
leggermente malfermi sulle gambe, e si

14
presenta un altro problema: la
metropolitana non c’è più a quest’ora!
Dobbiamo prendere l’autobus, ma ne
saremo in grado? Io propongo addirittura
l’home run, cioè tornare in ostello a piedi.
Davide non sembra contrario, ma Ottavio
si oppone fermamente: o si prende
l’autobus o niente! Così saliamo sul mezzo,
scoprendo che non si possono comprare i
biglietti sul bus. Ma non siamo a Milano: il
simpatico autista accetta di farci salire
ugualmente, senza dirci nulla, anzi
chiacchierando con noi per un quarto
d’ora, fino all’arrivo in piazza Repubblica, a
due passi dai nostri letti. Davvero gentile!
Tornati finalmente in camera, litigando con
chiavi e serrature scassate, ci schiantiamo
nuovamente a letto in preda ad una
piacevole sensazione di tranquillità e
soddisfazione.
Quando ci svegliamo la mattina, la
truppa è stesa: abbiamo dormito poco, al
freddo e sotto l’effetto dell’etanolo, quindi
siamo particolarmente rimbecilliti e restii

15
ad alzarci. Ma dobbiamo muoverci, perché
San Pietro ci aspetta. Una veloce colazione
a base di cappuccino non zuccherato e
qualche fetta biscottata, e poi via. Oltre le
imponenti mura del Vaticano, tutto è
semplicemente splendido. Il colonnato del
Bernini fa da grandioso contorno alla
chiesa più grande del mondo, indescrivibile
nella sua magnificenza. Anche la coda per
entrare e salire fino alla cupola è
incredibilmente lunga, e ci tocca farcela
tutta da bravi cittadini. Grazie ai metal
detector, che rallentano notevolmente la
progressione della fila, stiamo in coda per
quasi due ore prima di poter finalmente
prendere l’ascensore e dunque salire i
gradini che si snodano all’interno
dell’enorme cupolone. Prima di iniziare a
salire a piedi, possiamo vedere l’interno
dorato della bellissima cupola proprio
sopra di noi. Un’opera mastodontica,
difficilissima da costruire, e che
rappresenta un vero orgoglio per la nostra
nazione. Superati i 320 gradini,
fiancheggiati da mura strettissime e spesso
16
inclinate, la visuale che si apre è splendida.
Da oltre cento metri di altezza vediamo
gran parte di Roma, i curatissimi ed artistici
Giardini Vaticani, e soprattutto la Piazza
dall’alto. L’avremo vista mille volte in
televisione o sui libri d’arte, ma esserci di
persona fa tutto un altro effetto. L’unica
nota negativa è la densità di popolazione
vaticana. Siamo veramente tantissimi. In
cima alla cupola non ci si può quasi
muovere, e addirittura veniamo
rimproverati da una signora che critica il
nostro inserimento in coda dal lato. Ma
cos’altro possiamo fare se è tutto bloccato
da pietre e persone e non c’è uno spiraglio
libero per uscire? Evitando di litigare,
scendiamo e ci separiamo dai rompiscatole,
per entrare nella basilica vera e propria. Di
nuovo, è impossibile esprimere la sua
maestosità e dimensione. Colonne
colossali, statue di finitura superiore,
variopinti quadri, affascinanti affreschi,
l’altare di legno intarsiato e che pullula di
disegni di api, la celeberrima Pietà di
Michelangelo. Cosa dire di più? Solo che è
17
qualcosa che almeno una volta nella vita
tutti dovrebbero vedere!
Terminata la visita all’immensa chiesa,
tocca ai Musei Vaticani. Per entrare si paga
ben quattordici euro, ma gli studenti
possessori di carta CTS possono pagarne
solo otto. Siamo tutti e tre studenti, ma
Davide e io abbiamo la carta, mentre
Ottavio l’ha lasciata a casa, pensando che
non servisse. Paga caro questa
dimenticanza, poiché i controllori vaticani
sono inflessibili e gli dicono senza mezzi
termini che o ha la carta o paga prezzo
pieno. Sarà l’effetto del cambiamento di
nazione a rendere così inflessibili le
persone, o è una pura coincidenza? Dopo
un veloce e salatissimo (nel senso di
costosissimo) pranzo alla mensa self –
service, iniziamo la visita con dei
lunghissimi corridoi dai soffitti riccamente
decorati, ai lati dei quali stanno delle
vecchie carte geografiche dell’impero
romano. In alcune di esse troviamo

18
addirittura i nomi dei paesi di Lomazzo e
Binago, dove abitiamo Ottavio ed io!
Le indicazioni per la famosissima
Cappella Sistina sono ad ogni angolo, ma la
suddetta cappella non arriva mai. C’è
sempre qualcosa da vedere prima, altre
stanze meravigliose, la Scuola di Atene
dipinta da Raffaello sul muro della Stanza
della Segnatura, finché dopo innumerevoli
deviazioni ed indicazioni arriviamo alla
meraviglia delle meraviglie. Ancora una
volta non trovo le parole per descriverla.
L’incontro tra Dio e Adamo, il gigantesco
e apocalittico Giudizio Universale, tutto il
soffitto dipinto di quadri, per non parlare
delle pareti. Non sono un grande
appassionato d’arte, ma di fronte ad uno
spettacolo simile è impossibile rimanere
indifferenti. Incredibile che Michelangelo
abbia prodotto tutto ciò in soli dodici anni.
Purtroppo c’è tantissima gente che
fotografa con il flash, che come si sa
provoca danni alle opere d’arte per
l’intensità luminosa con la quale le investe.

19
Ma gli inviti dei controllori a scattare le
foto senza il flash non sono ascoltati da
nessuno.
Con ciò terminano le visite della
giornata. Le indicazioni per la metrò in
zona sono a dir poco oscene. C’è l’insegna
dove non c’è assolutamente nulla che
assomigli all’entrata di una metrò, e dopo
non poche imprecazioni e con l’aiuto di
qualche passante riusciamo finalmente a
trovarla. Dopo la pizza e la birra,
gentilmente offerte “ad esaurimento
scorte” dall’ostello, ci dedichiamo alla
ricerca di un ristorante dove cenare a
capodanno senza spendere una fortuna.
Presto ci scoraggiamo: i prezzi oscillano
intorno ai cento euro a persona, cifra che
nessuno di noi si sogna lontanamente di
spendere. Con molta pazienza e
perseveranza riusciamo a racimolare un po’
di nomi e indirizzi di posti che potremmo
permetterci. L’indomani dovremo tentare,
un capodanno senza cenone che
capodanno è? Tuttavia, per ora ci

20
concentriamo su altre attività più
gratificanti, come ascoltare a volume
sostenuto i Pink Floyd e gli Iron Maiden.
L’indomani è il turno del Colosseo e
delle rovine romane. Dopo un’altra corsa
con la metropolitana sbuchiamo
direttamente dinanzi a questo
mastodontico anfiteatro, massimo simbolo
della città. Da quanto mi ricordavo di aver
visto sui libri di arte, credevo che fosse
quasi completamente crollato, ma l’anello
interno è ancora quasi tutto in piedi. Sia
l’esterno sia l’interno sono ovviamente uno
spettacolo impedibile. Si sono persi nel
tempo tutti i rivestimenti esterni, che erano
tenuti in piedi da dei paletti inseriti in
fessure nei muri, che ora sono visibili e
rendono il tutto un’enorme torta
bucherellata. I cunicoli sotterranei all’arena
sono in rovina, ma la gran parte
dell’architettura rimane visibile e si
comprende pienamente il genio degli
antichi Romani che facevano passare attori
e meccanismi sotto il piano dell’arena,

21
quando dai combattimenti di belve si
passava agli spettacoli teatrali. E pensare
che nel Medioevo tutta questa meraviglia è
stata trasformata in cava di pietra ed
enormemente saccheggiata di materiali.
Gli splendidi archi di Costantino e di
Tito, il Foro, il Circo Massimo e le
innumerevoli rovine rendono la
passeggiata indimenticabile, in mezzo a
ruderi che un tempo erano case lussuose.
Proseguendo tra filari di colonne e vecchi
capitelli sbriciolati, sbuchiamo in piazza del
Campidoglio, al centro della quale si staglia
fiera la statua equestre di Marco Aurelio. Si
tratta però di una copia, poiché nel 1979
un attentato danneggiò piuttosto
gravemente l’originale, costringendo
l’amministrazione cittadina a riporla in un
luogo sicuro. Si dice che quando ogni
residuo d’oro sarà sparito dalla statua,
avverrà la fine del mondo. C’è da crederci?
Il mondo è sopravvissuto a tante di quelle
apocalissi annunciate…

22
Sostiamo un po’ in questa piazza,
teatro della leggenda delle oche che con il
loro starnazzare permisero di respingere i
feroci attacchi gallici. Recuperate le forze,
tocca al monumentale Altare della Patria,
edificio dedicato a Vittorio Emanuele II.
La forma ricorda un po’ una macchina da
scrivere, e per questo ora è simpaticamente
conosciuto con questo nome dai romani.
Sotto il grande edificio principale retto dal
filare di colonne si trova la tomba del
milite ignoto, omaggiata ogni 4 novembre
dal nostro Presidente della Repubblica, in
memoria delle vittime della Prima Guerra
Mondiale e non solo. Purtroppo non
possiamo entrare in questo splendido
monumento, nonostante qualche ora
prima avessimo visto distintamente delle
persone sul suo tetto: è già tutto chiuso. Ci
accontentiamo di vedere la decoratissima
Colonna Traiana a lato delle rovine dei
Mercati Traianei, prima di incamminarci di
nuovo verso il Colosseo per riprendere la
metrò. Sorpresa: la stazione è chiusa per
motivi di sicurezza dato che questa notte
23
Gianna Nannini terrà un concerto in
Piazza del Colosseo. E’ già tutto pronto:
una massa di gente enorme staziona
davanti al palco coperto, allestito per
l’occasione su un lato dell’Anfiteatro
Flavio. Siamo così tanti che si fatica a
camminare, ma per fortuna un vicolo
secondario ci salva dalla ressa e sbuchiamo
vicino alla fermata di Cavour, da dove
potremo ritornare alla base. Incrociamo
velocemente la basilica di San Pietro in
Vincoli, con la statua di Mosè al suo
interno, e la facoltà di Ingegneria che rende
omaggio ai miei due compari iscritti a
questa facoltà al Politecnico di Milano. Di
nuovo, dopo un'altra lunga camminata, ci
stravacchiamo sulle brande in attesa
dell’epico cenone di capodanno che ci
attende.
Abbiamo per fortuna trovato un
posto facilmente raggiungibile con i mezzi
pubblici, in zona Testaccio sul Tevere, e
dal prezzo onesto. Si chiama, in modo
molto simpatico, lo “Scopettaro”. In una

24
taverna estremamente accogliente e
colorata, il tavolo è già pronto con ogni
genere di pietanze. Affettati misti, olive
nere nocciolate, melanzane, peperoni,
zuppetta di ceci, cestino del pane e una
bottiglia di vino che aspetta solo di essere
vuotata. Le porzioni sono apparentemente
piccole, ma abbiamo modo di accorgerci
presto di quanto siano abbondanti in
realtà. All’arrivo dei tris di primi (tre a
testa!) lo capiamo molto bene.
Amatriciana, carbonara, un altro tipo di
pasta sconosciuta. In uno di questi piatti
conto solo nove cannelloni, ma capisco
che faremo comunque una fatica immane a
finire questa cena. Già abbastanza pieni,
arrivano i cinque secondi di carne, questa
volta da dividersi tra tutti e tre: sottiletta,
polpetta al sugo, bollito, e chi più ne ha più
ne metta. I primi segni di cedimento si
sentono e il ritmo è rallentato, i discorsi si
spostano lentamente da argomenti etico –
legali e medici fino a frasi sconnesse come
“Non ce la faccio più” o “Sto per
scoppiare”, pronunciate con crescente
25
difficoltà. All’arrivo del dolce ci tocca
un’altra dura prova. Le fettine di torta sono
ottime, ma tutto quello zucchero adesso
rischia di farci rimettere tutto. Una tavolata
di giovani di Catania ci rallegra un po’ la
vita con alcune battute di spirito, ma non
può fare più di tanto. Finito con uno
sforzo immane anche il dolce,
sembrerebbe che l’opera sia andata a buon
fine, ma non è così. Mancano ancora il
cotechino e le lenticchie di mezzanotte!
Come faremo? Preferiremmo morire…ma
abbiamo pagato in anticipo e non
possiamo lasciarli lì.
In un batter d’occhio inizia il
sessantesimo minuto della ventiquattresima
ora della giornata, durante il quale ognuno
urla il conto alla rovescia per conto suo,
senza mai trovare un accordo con gli altri.
Ma infine una voce si impone sulle altre,
scandendo i numeri a voce sempre più alta.
Tre, due, uno…siamo nel 2009! Grandi
festeggiamenti e vino a fiumi condiscono
questo momento felice, nel quale ogni cosa

26
è al suo posto. Non riusciamo a terminare
cotechino e lenticchie, ma ne avanziamo
davvero poco. Possiamo ritenerci dei veri
eroi, dopo quest’impresa alimentare.
All’una e mezza finalmente usciamo per
goderci un po’ le prime ore piccole di
Roma nel 2009. I botti sono già finiti da un
pezzo, ma l’atmosfera è ancora
estremamente festaiola. Ottavio si sente
male e fatica a camminare, ma anche noi
non stiamo benissimo. Ma è il nostro
amico a stare peggio di tutti. Spesso
dobbiamo rallentare per fargli prendere
aria. Lentamente si riprende e possiamo
accelerare un po’ il passo. Raggiungiamo le
vie centrali, presidiate in ogni angolo da
carabinieri e polizia. La nostra destinazione
è piazza del Colosseo, dove si sta ora
svolgendo il concerto. Passiamo davanti
all’Altare della Patria illuminato: uno
spettacolo magnifico, mille volte più bello
che di giorno. Le strade non sono piene di
persone, poiché presumibilmente sono
tutti ammassati al concerto o in punti
nevralgici come Piazza di Spagna. Arrivati
27
infine nel viale del Colosseo, proseguire è
quasi impossibile, un po’ per la gente che è
ammassata sulla strada e non si muove, un
po’ per le bottiglie rotte ed i petardi
scoppiati che tappezzano completamente
la strada. Una cosa impressionante. Mi
chiedo quanti santi tireranno giù dal cielo
gli spazzini di domani per tirar su tutta
quella roba, per giunta rotta e pericolosa da
maneggiare. Del concerto, ormai in
conclusione, vediamo qualcosa solo grazie
ad un megaschermo, vicino al quale
sostano diverse ambulanze sicuramente
chiamate a recuperare qualche giovanotto
che ha esagerato un po’ con l’alcool. Ne
vediamo passare uno su una barella, in
evidente stato di trance. Chissà che ciniche
risate si faranno i medici a leggere il suo
tasso alcolemico questa notte in Pronto
Soccorso. Sbrogliata un po’ la massa di
gente, decidiamo di tornarcene a dormire.
Tra mezzora la metropolitana chiuderà, e
se non riusciremo a prenderla dovremo
tornare a piedi. Siamo lontani e con lo
stomaco non esattamente in ordine, meglio
28
evitare. Così camminiamo di nuovo per via
Cavour, dove numerose persone
camminano spedite per tentare come noi
di accaparrarsi le ultime corse della
metropolitana. Lo scorrimento è veloce e
teniamo un passo sostenuto, tranne
quando Davide viene infastidito da un
drogato che gli chiede se abbia un po’ di
coca. Il ragazzo cammina in modo
decisamente sbilenco e sembra in procinto
di morire, a meno che non trovi subito una
dose. Come ci si può ridurre per un po’ di
polverina bianca.
Mano a mano che la stazione della
metrò si avvicina, la densità umana
aumenta. All’interno i girellini sono stati
disattivati, la gente passa liberamente ed
ovviamente non c’è controllo dei biglietti.
Tuttavia, c’è la polizia a tenere l’ordine nel
caso di ressa problematica o ubriachi
vaganti. Mancano circa quattro o cinque
corse di metropolitana prima che chiuda e
siamo tranquillissimi, anche perché siamo
tra i più vicini ai binari. Sbagliamo di

29
grosso: il primo treno si ferma appena più
avanti di dove siamo noi. L’ultima carrozza
sarà a due metri in linea d’aria ma è
impossibile percorrerli, la calca è
spaventosa. Dopo essere stati respinti in
malo modo più volte dalla folla,
desistiamo. Prenderemo quello successivo.
Adesso che ci siamo spostati un po’ più in
centro alla banchina, il prossimo treno
dovrebbe fermarsi proprio davanti a noi.
Dopo altri dieci minuti di attesa, arriva un
altro treno e di nuovo si ferma ancora un
po’ più in là di noi. Stavolta si spinge e si
urla ancora di più, ed ovviamente
rimaniamo indietro. Appena dietro di noi,
un romano incavolato nero urla
inutilmente degli improperi all’autista,
facendo girare tutti. E siamo a piedi per la
seconda volta. Alla terza però dobbiamo
riuscire a salire! Potrebbe essere l’ultima. Il
terzo treno si ferma davanti a noi, ma la
folla preme in modo ancora più forte,
separandoci e spingendoci indietro. Ma
stavolta non dobbiamo rimanere a terra! In
fondo al treno c’è ancora qualche posto
30
libero, possiamo tentare di salire da lì, se
siamo veloci. Corriamo lungo i vagoni che
si riempiono a vista d’occhio, Ottavio è
davanti a noi e sale al volo su un vagone,
ma subito dopo le porte si chiudono! Ci
guardiamo con un’espressione tra l’ironico
e il rassegnato, e a gesti ci diamo già
appuntamento alla stazione successiva,
quando per miracolo le porte si riaprono e
riusciamo a salire anche noi.
In ostello nessuno ha sonno. Passiamo il
tempo ad ascoltare musica ed a giocare a
carte, facendoci domande assurde e
strampalate, finché alle quattro di mattina
siamo finalmente tutti stanchi a sufficienza
e scivoliamo nel sonno. Nessuno punta la
sveglia: ci alzeremo all’ora che parrà giusta
al nostro cervello. Nello specifico, quasi a
mezzogiorno. Per la colazione in ostello è
troppo tardi, perciò ripieghiamo su qualche
focaccia all’olio che mangiamo ai piedi
della cattedrale di San Paolo Fuori le Mura,
una delle quattro basiliche papali poste
sotto la sovranità territoriale della Città del

31
Vaticano e non della Repubblica Italiana. È
la seconda basilica più grande dopo San
Pietro. Lungo le pareti sono rappresentate
tutte le effigi dei papi, da San Pietro
all’attuale Benedetto XVI. Notoriamente
splendida, con le sue volte affrescate, le
finestre colorate di sottilissimo alabastro e
le imponenti colonne. Come al solito
rimaniamo in silenzio ad ammirare tutte
queste meraviglie frutto di secoli di sforzi e
di genio compositivo, fino a spostarci alla
basilica di San Giovanni Laterano, più
piccola e spoglia di fronzoli, e per finire a
Santa Maria Maggiore, che ospita uno
splendido rosone di vetro colorato. Il tutto
sotto una pioggia leggera che ha
cominciato a cadere per fortuna solo oggi.
La sera torniamo a dormire presto, in
attesa del momento in cui saliremo di
nuovo sul Freccia Rossa e torneremo a
casa, pienamente soddisfatti di questa
breve parentesi di libertà.

32

Das könnte Ihnen auch gefallen