Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
Democratica > Libri > “La tirannia della valutazione”, come siamo arrivati allo smottamento
antropologico
La filosofa francese Angelique Del Rey racconta come il lavoro sia diventato
sempre più astratto, controllato e basato su indici quantitativi e non qualitativi
Forse gli ultimi lembi di una vera meritocrazia aderirono alla carta su cui vennero vergati i
proclami costituzionali dello Stato rivoluzionario francese nel 1791, laddove si legge che “tutti i
cittadini hanno accesso ai posti di lavoro e alle cariche, senza distinzione alcuna se non per
talenti e virtù”, o che “è libertà di ciascuno fare il commercio o esercitare la professione, l’arte e
il mestiere che ritiene”, in ossequio a quei nuovi audacissimi principi di emancipazione dalle
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 1/7
18/01/2019 "La tirannia della valutazione", come siamo arrivati allo smottamento antropologico
servitù medievali e dall’ortodossia delle corporazioni perseguiti dagli eroi della Bastiglia. Che
cosa sia successo dopo ce lo spiega benissimo il testo, perfetto da un punto di vista filologico e
teoretico, della filosofa francese Angelique Del Rey, “La tirannia della valutazione”
(elèuthera, pagg. 189, euro 15).
Succede che la rivoluzione industriale incombe, i mercati si espandono, le leggi del profitto
irrorano le classi sociali del loro venefico liquido, e così il lavoro diventa sempre più astratto
e controllato, secondo indici quantitativi e non qualitativi, secondo la rotta del tempo
impiegato e dei giorni di presenza in fabbrica, sottoposto a un’autorità pubblica che stabilisce
in una neonata “società salariale” i titoli scolastici e i requisiti che, a monte, bisogna avere per
accedere a un’attività occupazionale qualsivoglia, e dunque a una retribuzione. E tutto questo
fino all’apogeo, attualissimo, di una globalizzazione stringente e sovrumana, di una
economia-mondo che stabilisce una furibonda competitività, il solo astro della redditività e
l’annientamento dei concorrenti. A questo punto si compie il massimo abbattimento della
singolarità del lavoratore, sempre più trascurato nel suo pensiero, nelle sue virtù, nelle sue
esperienze, nel suo saper-fare, e sempre più compresso e braccato nei suoi skill, nelle sue
condotte, nelle sue fasi cognitive, nelle sue adattabilità al sistema che da lui pretende tutto e di
più, ma sempre nell’ordine di una spietata logica imprenditoriale che lo trasforma in
“risorsa umana” e in dinamiche da gestire le sue relazioni industriali, forgiandolo nel suo
saper-essere.
Ecco allora i ricercatori universitari in pectore valutati in nome di una bibliometria asettica (i
libri scritti, gli articoli pubblicati solo su certe riviste etc.), gli studenti valutati in base a test e
non capiti in altre flessioni della loro anima e origine, i quadri oppressi dalle curve statistiche
e di produttività (l’epidemia dei suicidi in Francia), i servizi pubblici erosi o trinciati dalle
amministrazioni perché non portano incassi e servono solo ristrette fasce della popolazione, le
psicoterapie che esprimono solo un immediato ri-efficientamento chimico o auto-costrittivo,
ma senza sviluppi umani e ambientali considerevoli, gli ospedali che dimettono subito per
abbattere i costi o non prendono in carico alcuni malati gravi per non subire sondaggi di
categoria che renderebbero asimmetrici i dati sulle loro tecniche di intervento.
La Del Rey è bravissima e inattaccabile nel dispiegare gli snodi cruciali, i dispositivi biopolitici
che hanno portato a un vero e proprio smottamento antropologico: l’artefattualizzazione
della vita, la de-sostanzializzazione degli individui visti solo come mobili differenze in un
universo sempre più schiacciato sulla intrascendibilità degli interessi economici e del
piazzamento di oggetti da vendere e sicurezze sociali da decurtare, l’ideologia post-disciplinare
che non ha rinunciato a soggetti “docili e utili” – per seguire la lettera di Foucault – ma che,
addirittura, mette tutto nella piena luce dello smantellamento della privacy, della
spettacolarizzazione, della imputazione diretta di ciò che si fa, della codificazione e
profilazione delle informazioni che circolano, quelle personali e quelle delle news che
dovrebbero aiutarci a capire – e superare dialetticamente – il mondo in cui viviamo. Siamo
quello che vogliamo essere, non ci sono più paesaggi mentali e collettivi, familiari e politici da
indagare, tutto è riportato ad un concetto di “responsabilità personale” diventato obeso e
omicida.
Lavori e guadagni se sei capace, se sai fare questo e quell’altro, se non ti consumi in vane
riflessioni di trasformazione dell’esistente, ma diventi macchina acchiappa-soldi, acchiappa-
share, acchiappa-consensi, se compri, se ti arrampichi, se sei in formazione permanente, e
tutto questo secondo i dettami di una standardizzazione e di una normalizzazione dei
comportamenti che abdica alla filosofia per cedere al ricatto di velocizzazioni acritiche e
prestazionali, dove l’irripetibilità (e la bellezza) del proprio io e della propria storia viene
destabilizzata, se non distrutta.
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 2/7
18/01/2019 "La tirannia della valutazione", come siamo arrivati allo smottamento antropologico
“In nome della performance – dice la Del Rey – è stata creata una misura scollegata dalla realtà,
che non ‘misura’ altro se non la capacità del reale di conformarsi alla misura”. Circolo vizioso
perfetto, nastro di Moebius, inizio e fine senza stadi intermedi. La profezia si avvera: “secondo
l’ideologia neoliberista, spetta all’individuo, in concorrenza con gli altri, adattarsi a una società
presentata come un orizzonte insuperabile”. Orizzonte di cui nemmeno si vedono linee e
disegni, ma che si auto-perpetua come un numen tutto matematico e monetario cui sarà
necessario far seguire di nuovo l’”universale concreto”, la territorialità dei giudizi e dei
contatti, la vecchia, eppur nuovissima, luce del Comune e della partecipazione democratica,
pena lo stritolamento in queste griglie costi/benefici delle nostre vite sempre più “arrotondate”
economicisticamente e digitalmente come una foto creata al pc.
Ricevi le notizie di Democratica una volta al giorno direttamente nella tua email.
Vedi anche
Libri
Mario Lavia
Il male oscuro di Houellebecq. Su “Serotonina”
Libri
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 3/7
18/01/2019 "La tirannia della valutazione", come siamo arrivati allo smottamento antropologico
Paolo Gentiloni
“La rivoluzione tecnologica non è nemica”
Libri
Carmine Castoro
La medicina “cura” ma non ascolta, e il malato è lasciato senza destino
Altri articoli
Politica
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 4/7
18/01/2019 "La tirannia della valutazione", come siamo arrivati allo smottamento antropologico
Sport
Cinzia Ficco
Governo
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 5/7
18/01/2019 "La tirannia della valutazione", come siamo arrivati allo smottamento antropologico
Stefano Minnucci
DEMOCRATICA SRL
Via Sant'Andrea della Fratte, 16
00187 Roma
C.F. – P.Iva n. 13107941000
democratica@partitodemocratico.it
https://www.democratica.com/
https://www.partitodemocratico.it/
Note legali
Informativa sull'uso dei cookies
FOCUS IN EVIDENZA:
Centrodestra
Centrosinistra
Europa
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 6/7
18/01/2019 "La tirannia della valutazione", come siamo arrivati allo smottamento antropologico
Governo
Mondo
Pd
https://www.democratica.com/focus/tirannia-valutazione-angelique-delrey/ 7/7