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Maurizio Blondet
16/02/2008
Giuliano Ferrara
Su tutte le radio, proprio tutte, la RAI in prima linea, sento esplodere frasi, rabbie e i luoghi
comuni più vieti del femminismo fossile: «I diritti delle donne», «le conquiste femministe»,
«attacco alla 194», «il Vaticano scatenato in prima persona», «Ratzinger e Ferrara, maschi che
decidono sul corpo delle donne», «bisogna prevenire l’aborto con la RU486».
Ferrara ha ridato fiato, vita e odio attivo ad un fronte maggioritario in Italia, prima disanimato e
diviso, sconfitto dal referendum in cui il cardinale Ruini consigliò (contro Ferrara) di non andare a
votare, di non far raggiungere il quorum.
Esiste da noi un potenziale Partito Radicale di massa; dobbiamo ringraziare Pannella, che coi suoi
sproloqui frenetici da santone del nulla spaventa i più, se non si raggruma in una maggioranza
politica reale.
Non vi starò a raccontare per l’ennesima volta che questa - fare dei credenti dei crociati anti-
Islam - è una strategia decisa in USA dagli allievi di Leo Strauss.
E’ D’Annunzio.
E’ questo che in fondo lo rende più simpatico dei neocon israelo-americani: dannunziano, la
bella morte, pugnal fra i denti, il cuore oltre l’ostacolo… poi tutti a cena al ristorante a inforcare
fettuccine.
Per questo i cattolici dovrebbero, con simpatia, stare alla larga da lui.
Ricordate quando D’Alema candidò Di Pietro (l’uomo della destra più estrema oggi disponibile)
nel seggio sicuro del Mugello, sicuro perché là i votanti sono ancora i trinariciuti di Guareschi, e
se glielo ordina il Partito sono capaci di votare persino Goebbels.
Di Pietro si fece così neutralizzare ed omogeneizzare, perse per sempre il tram della reale vittoria
politica (il suo posto è a destra, e non seppe prenderne la guida): la sola cosa da fare, allora, era
che si facesse votare dai trinariciuti, e metterlo alla berlina per i trent’anni seguenti.
Al Mugello, dove la sua faccia e panza di trasfuga del PCI, di agente della CIA e di amerikano
bastano a produrre conati omicidi.
L’effetto politico finale fu questo: di regalare a Di Pietro una figura di avversario e di competitore.
«Beau Geste».
L’atto gratuito.
Dividerà il berlusconismo con cui dice di federarsi, e coalizzerà le sparse forze del partito radicale
di massa ora disperse e indebolite.
Il risultato sarà l’espulsione della Binetti, la sola efficace anti-abortista, dalla «sinistra».
Già questo blocco reclama la revisione del concordato, rivanga l’8 per mille, urla che il Papa -
maschio e tedesco, per giunta - deve tacere.
Già il Salame è nei guai più di quanto sembra, preso al laccio dai suoi trucchi da Salame: la legge
elettorale Calderoli, o Porcellum, che lui volle perché credeva giocasse a suo favore, gli farà
mancare - anche se vince nelle urne - la maggioranza al Senato.
Si troverà peggio di Prodi, perché i sei senatori a vita non voteranno certo per lui.
In più, la secessione di Casini e la fusione servile del Nulla Fini in Mediaset, trasforma il Polo -
questo agglomerato post-democristiano - in una «destra» senza «centro».
Moderatissimo nel Nulla, centrista per mancanza di fegato, l’asse Fini-Salame si farà pure
etichettare di «destra», come Dick Cheney.
Forse non s’è capito bene che, nella sua posizione, Veltroni si è dato le carte per vincere in ogni
caso.
Se si fosse presentato come Ulivo, avrebbe perso: il recente ricordo del «governo» Prodi, Visco,
Diliberto e Pecoraro rivolta gli elettorati anche di sinistra.
Se raccoglie un bel po’ di voti, la «cosa» di Veltroni farà il governo con la «cosa» di Bertinotti,
Se invece perde, poco male: farà il governo delle larghe intese col Salame, «per le riforme».
Bel colpo.
Il Salame è battuto in ogni caso, sarà sempre il Cavaliere Nero, lo Squalo, la «destra».
Solo che queste masse, come sanno bene Ruini e il Vaticano, non esistono.
La massa cattolica progressista è più grossa, ed ha il suo pontefice nell’orrendo falso monaco
Enzo Bianchi.
«Beau Geste», l’avamposto degli uomini perduti, l’ultima raffica di Lepanto… e poi in trattoria:
le fettuccine attendono.
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