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Un primo enigma Dante lo presenta iniziando il suo viaggio in un giorno di cui indica la data
indirettamente, dando indicazioni astronomiche e indicazioni storiche o di fatti particolari, dalle
quali quella data potrebbe essere dedotta se non conducessero a conclusioni discordanti.
E' ben noto che, per la maggioranza dei commentatori, l'anno in cui il Poeta collocherebbe il suo
mistico viaggio è il 1300, tra la fine di marzo e i primi giorni d’aprile. A questa conclusione
porterebbero numerose indicazioni di carattere non astronomico che si trovano in passi diversi
del Poema:
- L'età di Dante (Inferno I);
- La profezia di Ciacco (Inferno VI, 67-68);
- La profezia di Farinata (Inferno X, 72-81);
- La morte di Guido Cavalcanti (Inferno X, 110-111);
- L'episodio di Casella (Purgatorio II, 98-99),
- L'età di Can Grande della Scala (Paradiso .XVII, 79-81);
- La profezia di Corrado Malaspina (Purgatorio VIII, 133-135).
Si potrebbero aggiungere altre indicazioni ricavandole da fatti di quei tempi, come il Priorato di
Dante, L'Anno Giubilare, ecc.
Si tratta di passi nei quali sono indicati avvenimenti di data più o meno incerta, o di passi di
incerta interpretazione, che sottoposti al vaglio di una critica rigorosa non consentirebbero,
considerati singolarmente, di giungere ad una conclusione sicura; se vengono, però, considerati
nel loro insieme possono rappresentare un convincente argomento a favore della tesi del 1300.
Ma Dante ci dà anche indicazioni astronomiche rigorose sulle posizioni del Sole, della luna, di
Venere, di Saturno, all'inizio e durante lo svolgersi del viaggio; posizioni che, confrontate con
quelle ricavate dai calcoli astronomici, dovrebbero indicare le date di quei giorni senza alcuna
possibilità di dubbio.
I calcoli astronomici ed il confronto con le posizioni indicate da Dante, sono stati eseguiti dal
Prof. Filippo Angelitti (Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Palermo ed illustre dantista),
che nel 1897 presentava all'Accademia Pontaniana di Napoli una sua memoria dal titolo "Sulla
data del viaggio dantesco desunta dai dati cronologici e confermata dalle osservazioni
astronomiche riportate nella Commedia".
Dallo studio del Prof. Angelitti (poco considerato nei commenti) emerge che esiste una data,
quella del 25 marzo 1301, che soddisfa rigorosamente a tutte le condizioni astronomiche che
Dante ha indicato nel Poema.
Tali condizioni sono:
• Il Sole in Ariete;
• La coincidenza dell'inizio del viaggio con un plenilunio;
• La posizione di Venere mattutina nei Pesci;
• La posizione di Saturno nel Leone.
Esaminiamole brevemente.
La posizione del Sole nel segno dell’Ariete (di poco successiva all'equinozio di Primavera) è
indicata nel canto I (38-40) dell’inferno, nel canto IV del "Purgatorio" (61-66) e nel Canto I
(43-45) del "Paradiso”. Nel canto I dell’inferno (38-40) infatti, si legge:
Temp’era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ‘n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
I versi indicano che siamo all’inizio della primavera, stagione in cui (secondo una credenza del
medioevo cristiano) ebbe luogo la creazione del mondo, ed il sole compie nel cielo il suo
percorso insieme alla costellazione dell’ariete.
E' un sogno premonitore, di quelli che appaiono verso l'alba; e Venere, secondo il calcolo,
sorgeva proprio verso le 3h del mattino, all'alba.
Ed infine, della posizione di Saturno il Poeta dice, nel canto XXI del "Paradiso" (13-15):
Noi sem levati al settimo splendore,
Che sotto il petto del Leone ardente
Raggia mo misto giù del suo valore.
L'indicazione "Sotto il petto" ben si addice alla posizione che il pianeta aveva, secondo i calcoli
nel marzo 1301, che si trovava a 143° di longitudine, vicinissima alla stella Regolo (costellazione
del leone).
Si potrebbero citare altre indicazioni astronomiche a sostegno della data del 1301 e in contrasto
con quella del 1300, ma la questione rimarrebbe ugualmente insoluta. Se si accetta la data del
25 marzo 1301, cadono tutte le interpretazioni favorevoli al 1300 offerte dai passi non astromici,
il che sembra una conclusione molto azzardata. Se invece si accolgono le indicazioni di carattere
non astronomico (secondo la consuetudine tradizionale) e quindi la data del 1300, allora
bisogna negare ogni valore scientifico alle indicazioni astronomiche di Dante, il che sembra
essere una conclusione non meno azzardata della prima, perché in contrasto con tutto il rigoroso
contenuto astronomico del Poema e con la profonda conoscenza che Dante aveva
dell’Astronomia.
Se vogliamo salvare il 1300 senza respingere del tutto l'astronomia dantesca, possiamo ripiegare
su una parola: enigma!
Enigma astronomico la fulgida Venere di quel meraviglioso mattino! E il Plenilunio che rischiarò
con la sua debole luce la "selva fonda" allo smarrito Poeta? Altro enigma, perché alle date del
1300 sostenute dai commentatori, non avvennero pleniluni, salvo un plenilunio del 5 aprile; data
che appare troppo in ritardo rispetto a quella dell'equinozio, che era il 12 marzo e vicino alla quale
Dante ha voluto collocare l'inizio del viaggio.
Tutta la questione della data della Visione dantesca deve essere considerata un enigma, uno dei
tanti che il Poeta ci ha lasciato e sul quale, forse, mai sarà detta l'ultima parola.
Un altro enigma, molto difficile a sciogliersi, ci si presenta nel Canto IX del "Purgatorio" (2-9) con
la famosissima "Concubina di Titone Antico":
Già s'imbiancava al balzo d'Oriente,
Fuor delle braccia del suo dolce amico:
Di gemme la sua fronte era lucente,
Poste in figura del freddo animale,
Che con la coda percuote la gente:
E la notte dei passi, con che sale, Fatti avea duo nel loco ov'eravamo,
E il terzo già chinava in giuso l'aIe;
Qui l'enigma è anche un pò mitologico perché, secondo qualche commentatore, quella luce
bianca, quell'aurora, che si annunziava ad oriente avrebbe imbiancato la massa delle acque
marine rappresentata da Teti, figlia di Nereo e Doride, che secondo alcuni passi di autori classici
sarebbe stata la concubina di "Titano", del Sole!
Per tutti gli altri commentatori, la "concubina" è, invece, l’'aurora solare. Ed a giustificare
l'appellativo di "concubina" dato a questa aurora v'è chi pensa che non potessero ritenersi
legittime le nozze di Aurora, immortale, con Titone, mortale; ma v'è anche chi pensa, che, invece,
quelle nozze fossero legittime, perché approvate da Giove e che quindi, l'appellativo di
"Concubina" non si addicesse all'aurora solare, legittima moglie, bensì ad un altra aurora, più
modesta, più umile, che rispetto alla sposa si trovasse in condizioni di inferiorità, di "concubina",
quale, appunto, poteva essere l'aurora lunare.
L'interpretazione favorevole all'aurora lunare prevale anche perché spiega meglio il significato dei
versi:
Di gemme la sua fronte era lucente,
Poste in figura del freddo animale,
Il "freddo animale" sarebbe lo Scorpione, la cui figura veniva ravvisata nella costellazione, molto
bella, in cui brilla Antares; stella vicino alla quale, in quel giorno, secondo il calcolo astronomico,
si sarebbe trovata la Luna; mentre il Sole, in Ariete, era lontanissimo dallo Scorpione.
Vi sarebbero tante altre cose da dire su questo passo, che pone altri problemi nei versi
successivi. Vengono assegnati diversi significati ai "passi" della notte, che secondo l'opinione più
diffusa sarebbero le ore notturne che precedono la mezzanotte; e con le parole "nel luogo ove
eravamo" il Poeta sembra voler distinguere il luogo nel quale immaginava di trovarsi, il
Purgatorio, da quello a cui si riferirebbe la precedente descrizione dell'aurora, che dovrebbe es-
sere l'Italia, forse Verona, ove effettivamente si trovava.
Altri dubbi, dunque, ed altre dispute sulla scelta dell'una o dell’altra aurora: la lunare o la solare; e
sul luogo ove quell'aurora appariva.
Un altro grande enigma Dante ce lo presenta nel canto I del “Paradiso” (37-44) a proposito dei
"quattro cerchi" e delle "tre croci",
Il Poeta chiama "foci" i diversi punti dell'orizzonte dai quali il Sole sorge nel corso dell’anno. E'
ben noto che il sole sorge tra il punto cardinale Est e il punto cardinale Nord in Primavera ed in
Estate; e che quando il Sole è all'equinozio di Primavera, sorge dal punto cardinale Est insieme
al primo punto dell’Ariete, o "punto γ ", nel quale l'equatore celeste incontra l'eclittica. Il punto
cardinale Est è dunque la "foce" del sorgere del Sole al principio della Primavera; quando l'astro,
sorgendo insieme al “punto γ” (la "migliore stella") diffonde sulla Terra, sulla "mondana cera", i
benefici influssi della bella stagione che comincia.
Il Poeta c’informa, negli ultimi versi citati, che in quel giorno l'equinozio era trascorso da poco,
perché il Sole era sorto, apportando il mattino, "quasi" dal punto Est; "quasi" da quella "foce" per
la quale passano quattro cerchi formanti tre croci.
E ci dà così una prova di più della sua rigorosità astronomica, dimostrandoci di non trascurare il
movimento diurno del Sole sull'eclittica anche per quei pochi giorni. Ma quali sono i "quattro
cerchi"? Quali le "tre croci"? L’interpretazione più comune è la seguente.
I quattro cerchi sono:
1) L'orizzonte astronomico,
2) L'equatore celeste,
3) L'eclittica,
4) Il coluro degli equinozi.
Le tre croci sono formate dalle intersezioni (secondo angoli sferici non retti) dell'orizzonte con
gli altri tre cerchi. Questa è l'interpretazione comune, nella quale appare evidente la
preoccupazione di scegliere quattro cerchi su uno dei quali (l'orizzonte) è situata la "foce" vale a
dire il punto Est; mentre all'incontro degli altri tre è situato il punto γ.
Con tale scelta, la condizione di formare quelle tre croci con quei quattro cerchi si verifica solo
limitatamente all'istante del sorgere del punto γ dal punto cardinale Est; istante che, secondo la
terminologia moderna, è quello in cui è uguale a 6h il tempo sidereo locale. Solo in quell'istante,
ogni giorno, i tre cerchi passanti per il punto γ formano le tre croci, tagliando l'orizzonte nel punto
cardinale Est. E solo all'equinozio di Primavera, insieme al punto γ, incrocio di quei tre cerchi,
per il punto Est sorge anche il Sole.
In luogo delle circonferenze massime (che si intersecano sulla superficie della sfera secondo
angoli sferici non retti) si potrebbero considerare i piani di quei circoli che si intersecano secondo
il diametro γ - Ω (punto γ - punto della bilancia), coincidente in un solo istante del giorno con il
diametro Est-West. Le "tre croci" potrebbero essere i tre angoli retti che quel diametro forma con:
l'asse dei poli, con l'asse dei solstizi, con l'asse dei mezzicieli.
Cosi si avrebbero tre vere "croci" formate da rette perpendicolari, limitatamente però all'istante
nel quale il punto γ viene a coincidere col punto Est, ossia una sola volta al giorno quando l'ora
siderea locale è uguale a 6h.
Questa l'interpretazione, tuttavia, non è del tutto soddisfacente perché limita troppo nel tempo il
formarsi delle tre croci da parte dei quattro cerchi. Un’altra possibile interpretazione delle parole
di Dante potrebbe essere la seguente.
Da quel punto dell'orizzonte (perché le "foci" sono punti dell'orizzonte) per il quale passano
sempre quattro cerchi formanti tre croci (la parola "giunge", congiunge, pare dia un senso di
continuità a quelle condizioni), sorge il Sole, nel giorno dell'equinozio di Primavera, insieme al
punto γ, alla migliore stella, ecc…
Se si trovassero quattro cerchi passanti sempre per il punto Est e formanti sempre le tre croci, la
condizione indicata da Dante diventerebbe permanente e cadrebbe la necessità di far passare
per quel punto (per quella "foce") l'eclittica ed il coluro che sempre non vi passano.
E quattro cerchi passanti sempre per il punto Est è facile trovarli:
1) L'equatore celeste;
2) L'orizzonte astronomico;
3) Il primo verticale (circolo verticale passante per i punti Est ed West, dal quale
anticamente si usava contare gli angoli azimutali);
4) Il primo circolo orario.
Il primo circolo orario è la circonferenza massima formante un angolo di 90° col meridiano del
luogo (quindi passante anch'esso per i punti Est ed West), rappresenta anche il meridiano celeste
dei paesi situati a 90° di differenza di longitudine dal meridiano locale; come nel sistema
geografico dantesco, nel quale il circolo meridiano centrale è quello passante per Gerusalemme
ed il Purgatorio mentre i meridiani estremi, passanti per il Gange ed il Marocco, sono a 90° E ed
a 90°W da quello centrale.
L'idea di un circolo orario passante per i punti Est ed West, ben presente nelle nozioni
geografiche e cosmografiche dantesche, poteva quindi aggiungersi a quelle, molto comuni, degli
altri cerchi nell'aiutare il Poeta a formare la figura di quelle intersezioni. Quei quattro cerchi, i
cui piani passano tutti per il diametro Est-West, il quale in tal modo li "giunge", sono a due a due
perpendicolari: l'orizzonte col primo verticale e l'equatore col primo orario; e già sulla superficie
della sfera le loro circonferenze, incontrandosi nel punto Est, formano due angoli sferici retti, due
"croci".
Peccato che Dante non abbia detto "due croci"! Avrebbe semplificato le cose! Invece, di "croci"
Egli, forse appunto per essere "velato", enigmatico, e per far studiare i suoi futuri commentatori,
ne ha cercato e ne ha visto tre!
Quale potrebbe essere la terza? Non esiste, finché ci si limita a considerare angoli sferici retti
formati da circonferenze massime della superficie della sfera. Se consideriamo croci formate tra
rette che si incrociano perpendicolarmente (come Dante stesso indica nel canto XIV 100-102
del "Paradiso") allora potrebbero essere quelle che il diametro Est-West, appartenente al piano
dell'orizzonte, forma rispettivamente con:
1) La retta Polo Nord-Polo Sud (asse dei poli celesti, appartenente al piano del
primo circolo orario);
2) La retta Zenit-Nadir o asse verticale (appartenente al piano del primo
verticale);
3) La retta congiungente i mezzicieli (appartente al piano dell'equatore celeste).
Così Dante potrebbe aver visto i quattro cerchi, o meglio i quattro piani di essi, congiungersi
lungo la retta Est-West, passante per quella "foce" (il punto Est) da cui il Sole sorge, alI '"inizio
della Primavera, insieme al punto γ (alla "migliore stella") e congiungersi sempre in quella "foce",
anche quando il Sole e il punto γ non vi sorgono, formando sempre quei tre angoli retti, quelle
"tre croci".
Interpretazioni, solo interpretazioni più o meno incerte! Perché Dante non ha voluto direi i
nomi di quei cerchi; ha voluto, ancora una volta, essere enigmatico, ermetico, quasi dando alle
sue parole il sapore di un indovinello.
Il contenuto astronomico della Divina Commedia è molto vasto e molto vario: si tratta di circa un
centinaio di passi, nei quali sono date molte indicazioni orarie mediante posizioni di astri; sono
usate immagini di astri per descrivere la luminosità e la bellezza di altre visioni. Si noti che
nell’Inferno la funzione di indicare le ore è affidata alla Luna, tetra immagine di Proserpina, non
addicendosi il Sole a quell'oscuro regno del Male; mentre nel "Paradiso", le stelle più brillanti
sono usate per formare Corone di Beati. E sono descritti altri fenomeni: il rosseggiare di Marte,
simile al "vasello" dell'Angelo Nocchiero, le stelle filanti (credute, seguendo le idee di Aristotele,
"vapori accesi"), l'alone, l'iride, le maree, il fulmine. Si trovano descrizioni di importanti fenomeni
astronomici: le macchie lunari che "fan di Cain favoleggiare altrui", l'obliquità dell'eclittica, l'errore
del calendario ("la centesima ch'è laggiù negletta" dice Beatrice, ossia la differenza di un
centesimo di giorno per l'esatta durata dell'anno tropico e quella dell'anno del calendario giuliano,
allora in vigore)
In questa materia, che potrebbe essere esposta in un volume, la dottrina dell'Uomo di Scienza si
unisce sempre alla grandezza del Poeta, dell'Artista, nel creare le immagini più belle del Sacro
Poema. E se in essa non mancano enigmi, se l'Uomo di Scienza del Medio Evo ha voluto
avvolgere le sue parole nei "velame", accogliamo con rispetto ed ammirazione anche questa
forma di arte e di scienza e non deprechiamo di non saperla e non poterla penetrare.
E’ bella anche così l’arte di Dante! Avvolta nel Mistero! Anzi proprio perché misteriosa è tanto
più bella e suggestiva!
Mentre la Scienza di oggi non conosce più limiti alle sue conquiste e, uno dopo l'altro, svela tanti
antichi misteri, beato chi può e sa trovare rifugio in Dante e nei suoi enigmi eterni, nella bella
Venere mattutina, nelle quattro stelle australi, nella "concubina di Titone antico", nei quattro
cerchi e nelle tre croci: sublimi misteri che nessuna scienza saprà svelare.