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Ginevra Panzarino
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1. La robbia
della pianta (per Dioscoride i suoi steli sono quadrati, lunghi e ruvidi;
spinosi per Plinio; le foglie si dispongono a intervalli regolari, ciascun
giunto a forma di stella tutto intorno e Plinio ne conta cinque; il frutto ha
una colorazione mutevole nelle sue fasi di maturazione prima verde, poi
rosso, infine nero; la radice è sottile, lunga, rossa)4. Un realistico riscontro
figurativo della pianta è contenuto nel manoscritto medievale dell’ope-
ra di Dioscoride, conservato presso la Biblioteca Nazionale Austriaca di
Vienna5 (Fig. 1).
4
Plinio, Naturalis Historia: XIX, 47; Dioscoride, De materia medica: IV, 116.
5
Dioscoride, op. cit., Ms. Med. gr. I, folio 111v, 112r. Altre illustrazioni di notevole
qualità e precisione sono contenute nella principale traduzione italiana dell’opera, I
discorsi nelli sei libri di Pedacio Dioscoride della materia medicinale, pubblicata a Venezia nel
1568 a cura del medico senese Pietro Andrea Mattioli.
6
Pigmento rossastro, annoverato da Plinio tra i colori artificiali (Plinio, op. cit.,
XXXV, 12), ottenuto da una miscela in parti uguali di sandaraca e rubrica.
7
Eraclio, De coloribus et artibus romanorum: III, 33.
8
Teofilo, Diversarum artium schedula: XCIV.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 251
Fig. 1 - Dioscoride, De Materia Medica. Ms. Med. gr. I, folio 111v, 112r: rappre-
sentazione della rubia tinctorum.
252 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
9
N i c e ta C o n i ata , Χρονικὴ διήγησις: IV, 5,5 (=ReignMan1, pt3,
112,21); V, 6,8 (=ReignMan1, pt4, 141, 12); XI, 3,3 (= ReignAndron1, pt2, 326, 27).
10
Galeno, De remediis parabilibus: XIV, 392, 423-424.
11
Plinio, op. cit., XXIV, 94.
12
Avicenna, Canone della medicina: II, 17.
13
Ippocrate, De morbis mulierum: I-III, 91, 7; De sterilitate mulierum: 224 ; Peri diaites
oxeon nota: II, 250, 1.
14
A seguire da Ippocrate altre menzioni della pianta per scopo medicale si ritrovano
in: Bolus, Physica et mystica: II, 42. Dioscoride, op. cit., III, 143. Anonimi Medici De
morbis acutis et chroniis: 27, 3. Archigenes, Fragmenta: 13; 16. Galeno, De simplicium medi-
camentorum facultatibus: XI, 878; De succedaneis: XIX, 734. Zosimus, Excerptum de partibus
alchimiae: II, 220. Oribasius, Collectiones medicae: XI, ε, 18; XIV, 49, 3,4; XVI, 1:5, 33;
Eclogae medicamentorum: 30,1; 48, 12; 50, 3; 50, 4; 50, 11; Synopsis ad Eustathium filium:
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 253
2. L’area cimiteriale
II, 35, 1; Libri ad Eunapium: II, 16, 1. Aetius, Iatricorum: I, P; I, 148; III, 111; III, 136;
III, 150; III, 153; VI, 95; VIII, 12; XI, 5; XII, 1; XII, 67. Alexander, Therapeutica:
VIII, 395, 25; XII, 529, 31. Paulus, Epitomae medicae: III, 25, 7; III, 50, 2; IV, 57, 8;
VII, 3, 5; VII, 11, 37; VII, 11, 59; VII, 25, 11. Avicenna, op. cit., II, 17.
15
C. Clementi, W. Nowik, A. Romani, F. Cibin, G. Favaro, A spectrometric and
chromatographic approach to the study of ageing of madder (Rubia tinctorum L.) dyestuff on
wool, in «Analytica Chimica Acta», 596 (1), 2007, pp. 46-54; I. Karapanagiotis, Y.
Chryssoulakis, Investigation of red natural dyes used in historical objects by HPLC-DAD-MS,
in «Annali di Chimica», 96 (1-2), 2006, pp. 75-84; N. Cücer, N. Guler, H. Demir-
tas, N. Imamoğlu, Staining human lymphocytes and onion root cell nuclei with madder root, in
«Biotechnic & Histochemistry», 80 (1), 2005, pp. 15-20.
16
Per le proprietà terapeutiche in generale B. Verhille, Tinctorial plants, their
therapeutic applications in ancient times. The particular case of Isatis, in «History of Scien-
ce Technology & Medicine», 43 (4), 2009, pp. 357-367. Per le proprietà antibiotiche
I. Formanek, G. Rácz, The antibiotic effect of the madder root (Rubia tinctorium), in «Phar-
mazie», 30 (9), 1975, p. 617; F. Kalyoncu, B. Cetin, H. Saglam, Antimicrobial activity
of common madder (Rubia tinctorum L.), in «Phytotherapy Research», 20 (6), 2006, pp.
490-492. Per le proprietà diuretiche J. Keller, Madder root in the therapy of nephrolithia-
sis, in «Pharmazie», 6 (12), 1951, pp. 675-680; H. Barthelemy, Madder root for small
urinary calculi, in «International Urology and Nephrology», 67, 1961, pp. 538-539; D.
Lorenz, P.W. Lücker, G. Krumbiegel, W.H. Mennicke, N. Wetzelsberger, Pharma-
cokinetic studies of alizarin in man, in «Methods & Findings in Experimental & Clinical
Pharmacology», 7 (12), 1985, pp. 637-643; S.A. Norton, Useful plants of dermatology.
IV. Alizarin red and madder, in «Journal of the American Academy of Dermatology»,
39 (3), 1998, pp. 484-485.
17
I. Jäger, C. Hafner, C. Welsch, K. Schneider, H. Iznaguen, J. Westen-
dorf, The mutagenic potential of madder root in dyeing processes in the textile industry, in «Mu-
tation Research/Fundamental and Molecular Mechanisms of Mutagenesis», 16,
605(1-2), 2006, pp. 22-29; K. Inoue, M. Yoshida, M. Takahashi, H. Fujimoto, M.
Shibutani, M. Hirose, A. Nishikawa, Carcinogenic potential of alizarin and rubiadin, com-
ponents of madder color, in a rat medium-term multi-organ bioassay, in «Cancer Science», 100
(12), 2009, pp. 2261-2267.
254 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
no, decretato dal sovrano svevo Manfredi nel 126318, a ridosso del tratto
settentrionale delle mura urbiche, e quindi in un comparto periferico
della città, lo scavo ha messo in luce una serie di strutture attribuite a un
piccolo edificio di culto monoaulato, con probabile terminazione triab-
sidata (edificio XII, Fig. 2). Indizi cronologici sono forniti dagli elementi
decorativi ritrovati nello strato di crollo, che rinviano alla koinè culturale
della Puglia romanica, e dai rinvenimenti monetali19 (Fig. 3).
Intorno alla chiesetta e in contiguità con altri due edifici (VIII e X –
quest’ultimo un’abitazione –) si sviluppa un’ampia zona sepolcrale20, di
cui ancora minima è la parte scavata. Già la superficie regolare e com-
patta del deposito sottoumifero (550) mostra una diffusione di numerose
ossa e una concentrazione intenzionale di crani e ossa lunghe (551, 553,
554, 729, 731 e 767), come nel vicolo cieco tra gli edifici XII e X in cui,
tra l’altro, lo strato di terra mista a pietre e ciottoli di piccole dimensioni
è ricco di numerosi frammenti di anfore.
Si evidenziano 14 sepolture in connessione e in discreto stato di con-
servazione21, di cui alcune sono a stretto contatto con i perimetrali degli
18
P. Corsi, Siponto nel Medioevo: vicende di una città portuale, in C. Laganara, Siponto.
Archeologia di una città abbandonata nel Medioevo, Foggia 2011, pp. 22- 28.
19
C. Laganara, Siponto. Archeologia di una città abbandonata nel Medioevo, cit., pp. 52-
53 anche per bibliografia; C. Laganara C., P. Albrizio, G. Panzarino, Recenti scavi
a Siponto: un nuovo edificio religioso presso il tratto settentrionale delle mura, in Martiri, santi,
patroni: per una archeologia della devozione, in Atti X Congresso Nazionale di Archeologia
Cristiana (Università della Calabria, Aula Magna, 15-18 settembre 2010), a cura di
A. Coscarella, P. De Santis, Rossano Calabro 2012, pp. 743-751. Lo studio delle
monete è stato effettuato dal dott. Sarcinelli dell’Università del Salento.
20
I dati di 6 sepolture, scavate nelle campagne 2008 e 2009, sono stati pubblicati
in C. Laganara, G. Panzarino, G. Favia, Lo spazio funerario nella Siponto medievale: il
contributo archeologico, antropologico e paleopatologico in Atti del VIII Congresso Nazionale di
Archeologia Medievale della Società degli Archeologi Medievisti Italiani, a cura di F. Redi, A.
Forgione, Firenze 2012, pp. 540-543. In questa sede si aggiungono i risultati dello
studio delle sepolture rinvenute nella campagna 2011 (G. Panzarino, Paleobiologia di
un campione scheletrico bassomedievale da Siponto (Manfredonia, FG), Tesi di laurea magistra-
le in Archeologia Medievale, A.A. 2011-2012).
21
Lo stato di conservazione è legato alla deposizione in piena terra, alla diage-
nesi nel terreno argilloso e sabbioso (A. Canci, S. Minozzi, Archeologia dei resti umani:
dallo scavo al laboratorio, Roma 2005, p. 63), alle manomissioni intenzionali per la
pluristratificazione e accidentali per le attività postdeposizionali fino a tempi recenti,
documentate nel sito.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 255
Fig. 2 - Siponto (Manfredonia, FG, Sud Italia). L’edificio religioso (XII) e l’area
cimiteriale annessa: la gradazione del tono, dal più intenso a scalare, indica la
successione stratigrafica delle sepolture, dalle più superficiali alle più antiche.
256 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
22
Le semplici fosse scavate nel terreno sono la tipologia tombale più diffusa nel
Medioevo (S. Gelichi, Introduzione all’archeologia medievale: storia e ricerca in Italia, Roma
1997, p. 164).
23
Sepolture «con pareti di pietre oblunghe poste di taglio oppure a fossa terra-
gna, sempre senza corredo, con deposizioni sia monosome che polisome di adulti e
bambini» furono rinvenute negli scavi degli anni Sessanta (F. Tinè Bertocchi, Gli
scavi 1965-1966, in Siponto antica, a cura di M. Mazzei, Foggia 1999, pp. 353, 359).
24
L’uso di deporre il defunto abbigliato torna a farsi abbastanza comune nel
Tardo Medioevo e a partire dal XIII secolo sono sempre più frequenti le segnalazioni
di elementi dell’abbigliamento archeologicamente documentabili, come le fibbie da
cintura e da calzatura, bottoni, anelli e collane (S. Gelichi, Introduzione all’archeologia
medievale: storia e ricerca in Italia, cit., p. 168 e bibliografia).
25
G. Panzarino, Il profilo biologico degli inumati e il contributo paleopatologico, in C. La-
ganara, Case e cose nella Siponto medievale. Da una ricerca archeologica, cit., p. 143.
26
A. Busto, Le tracce del quotidiano: produrre, distribuire, consumare, divertirsi, in C. La-
ganara, Case e cose nella Siponto medievale. Da una ricerca archeologica, cit., p.112.
258 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
27
C. Citter, M. Belli, C. Cicali, M. Goracci, A. Magazzini, M. Pistolesi,
H. Salvadori, A. Sebastiani, E. Vaccaio, Castel di Pietra (Gavorrano-GR): relazione pre-
liminare della campagna 2001 e revisione dei dati precedenti, in «Archeologia Medievale»,
XXIX, 2002, p.153, tav. 14, tipo 1; F. Cantini, Il castello di Montarrenti: lo scavo archeo-
logico (1982-1987): per la storia della formazione del villaggio medievale in Toscana (secc. VII-
XV), Firenze 2003, pp. 174-176, tav. 41, n. 23.
28
A. Busto, Reperti in metallo e altri materiali e Catalogo, in C. Laganara, Case e cose
nella Siponto medievale. Da una ricerca archeologica, cit., p. 185, nn. 99-100. Il rinvenimento
di esemplari secenteschi, ancora inediti, nello scavo delle camere mortuarie della catte-
drale di Acquaviva (Bari) consente la ricostruzione del rivestimento con filo intrecciato
(cotone, lino o lana) del nucleo (comunicazione personale del dott. Austacio Busto).
29
L’alta densità delle inumazioni è un fenomeno tipico dei cimiteri bassomedievali:
i corpi precedenti venivano non di rado intercettati - spesso, rimossi (totalmente o par-
zialmente) - e gli stessi contenitori possono accogliere più corpi (S. Gelichi, Funeraria,
archeologia, s.v., in Dizionario di Archeologia, a cura di R. Francovich, D. Manacorda,
Bari 2000, pp. 152, 164, 167).
30
Dal punto di vista stratigrafico nelle sepolture vi è una sostanziale coincidenza
del bacino di origine (terra asportata) con quello di deposizione (terra di riempimento)
(T. Mannoni, E. Giannichedda, Archeologia della produzione, Torino 2003, p.118).
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 259
31
C. Laganara, G. Panzarino, G. Favia, Lo spazio funerario nella Siponto medievale: il
contributo archeologico, antropologico e paleopatologico, cit., p. 541 e fig. 4.
32
Ivi, p. 541 e fig. 3.
33
P. Albrizio, I reperti archeozoologici, in C. Laganara, Siponto. Archeologia di una città
abbandonata nel Medioevo, cit., pp. 211-216.
34
C. Laganara, G. Panzarino, G. Favia, Lo spazio funerario nella Siponto medievale: il
contributo archeologico, antropologico e paleopatologico, cit., p. 541 e fig. 5; G. Panzarino, Il profilo
biologico degli inumati e il contributo paleopatologico, cit., pp. 143-145 anche per bibliografia.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 261
35
Nelle tracce circolari non si legge l’interfaccia netta di un taglio: ciò induce ad
escludere l’interpretazione quali buchi di palo.
36
Le ossa degli infanti sono solitamente più fragili e più piccole di quelle degli
adulti e sono pertanto maggiormente sottoposte ad una naturale selezione.
37
A causa delle cattive condizioni di conservazione delle ossa (vedi nota preceden-
te) l’età è stata calcolata sulla base della lunghezza della diafisi delle sue ossa lunghe
(M. Stloukal, H. Hanakova, Die länge der längsknochen altslawisher bevölkerungen - Unter
besonderer berücksichtigung von wachstumsfragen, in «Homo», 29(1), 1978, pp. 53-69).
38
A. Canci, S. Minozzi, Archeologia dei resti umani: dallo scavo al laboratorio, cit., p. 87.
39
Duday, citando J. Leclerc e Tarrete (Leclerc, La notion de sépolture, in «Bulletins
et mémoirs de la Société d’anthropolgie de Paris», n.s., 2 (3-4), 1990, pp. 13-19; J.
Leclerc, J. Tarrete, Sépolture, s.v. in Dictionnaire de la Préhistoire, a cura di A. Leroi
Gourhan, Parigi 1988, pp. 963-964), afferma che «generalmente questo può essere
la testimonianza di un avvenimento catastrofico che ha coinvolto gli individui se-
polti» (H. Duday, Lezioni di archeotanatologia. Archeologia funeraria e antropologia sul campo,
Roma, 2006, p. 34). Tuttavia la simultaneità della deposizione non implica necessa-
riamente la contemporaneità della morte (A. Canci, S. Minozzi, Archeologia dei resti
umani: dallo scavo al laboratorio, cit., p. 85).
40
I resti scheletrici sono stati sottoposti ad indagine antropologica per verificare il
sesso (G. Açsàdi, J. Nemeskéri, History of human life span and mortality, Budapest 1970),
262 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
Fig. 5 – Siponto, area cimiteriale. Il giovane 694 e l’infante 695: foto da Sud Est
dopo l’asporto di 695 (a); grafico di 694 (in nero) e 695 (in grigio) (b).
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 263
l’età (D.R. Brothwell, Digging up bones, Oxford 1981; H.V. Vallois, Vital statistics in
prehistoric population as determined from archaeological data in The Application of Quantitative
Methods in Archaeology, a cura di Heizer R. F., Cook S. F, Chicago 1960, pp. 186-222;
D.H. Ubelaker, Human Skeletal Remains: excavation, analysis, interpretation, Washington
1999), la statura (M. Trotter, G.C. Gleser, Estimation of stature from long limb bones of
American White and Negroes, in «American Journal of Physical Anthropology», 10 (4),
1952, pp. 463-514; Trotter, Gleser, Corrigenda to “Estimation of stature from long bones
of American whites and negroes”, in «American Journal of Physical Anthropology», 47 (2),
1977, pp. 355-356), gli indicatori scheletrici di attività (R. Martin, K. Saller, Lehrbuch
der Anthropologie in systematischer Darstellung, Stuttgart 1956-59; S.M. Borgognini Tarli,
E. Repetto, Skeletal indicators of 121ubsistence patterns and activity regime in the Mesolithic
sample from Grotta dell’Uzzo (Trapani, Sicily): a case of study, in «Human Evolution», I,
1986, pp. 331-352; V. Mariotti, F. Facchini, M.G. Belcastro, Enthesopathies: proposal
of a standardised scoring method and applications, in «Collegium Antropologicum», 28 (1),
2004, pp. 145-159) e quelli dentari (S. Molnar, Human tooth wear, tooth function and cul-
tural variability, in «American Journal of Physical Anthropology», 34(2), 1971, pp. 175-
186; Smith B. H., Patterns of molar wear in Hunter-gatherers and Agriculturalist, in «America
Journal of Physical Anthropology», 63 (1), 1984, pp. 39-54; C.O. Lovejoy, Dental wear
in the Libben population: its functional pattern and role in the determination of adult skeletal age
at death, in «American Journal of Physical Anthropolgy», 68, 1985, pp. 47-56; A.H.
Goodman, J.C. Rose, Assessment of systemic physiological perturbations from dental enamel
hypoplasias and associated histological structures, in «Yearbook of Physical Anthropology»,
33, 1990, pp. 59-110; M. A. Kelley, C. S. Larsen, Advances in Dental Anthropology, New
York 1991) e infine le patologie (R. T. Steinbock, Paleopathological Diagnosis and Interpre-
tation: Bone Diseases in Ancient Human Populations, Springfield 1976; D. M. Stothers, J. F.
Metress, A system for the description and analysis of pathological changes in prehistoric skeletons,
in «Ossa», 2(1), 1975, pp. 3-9; D.J. Ortner, Identification of Pathological Conditions in
Human Skeletal Remains, New York 2003).
41
S. Jiménez-Brobeil, M. Roca-Rodríguez, I. Al Oumaoui, P. du Souich, Vertebral
pathologies and related activity patterns in two mediaeval populations from Spain, in «Collegium
Antropologicum», 36 (2), 2012, pp. 521-527.
264 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
2.3. La malattia
Una serie di indizi inducono ad ipotizzare che l’individuo sia affetto
da malattia tubercolare post-primaria diffusa, con interessamento osteo-
articolare multifocale (vertebre, omero, tibie, femore). Già a livello ma-
croscopico l’affezione sarebbe indicata dai segni di periostite con lesioni
iperplastiche e di riassorbimento, diffusi in maniera più grave sulle ossa
lunghe (scapola, omero, ulna, femore e tibia) e dalla degenerazione dei
corpi vertebrali (neoformazioni di tessuto osseo, porosità e bordi irregola-
ri, sporgenti e sopraelevati)42. È noto dalla letteratura che, in particolare,
il distretto della colonna vertebrale è quello maggiormente interessato
(40% dei casi) dalle alterazioni ossee da tubercolosi43, come dimostrato
nello studio di alcune serie scheletriche di età medievale44.
A livello radiografico emerge un quadro di osteomielite tubercolare45.
42
E.I. Radin, I.I. Paul, R.M. Rose, Role of mechanical factors in pathogenesis of primary
osteoarthritis, in «Lancet», 1(7749), 1972, pp. 519-522; C.A. Roberts, J.E. Buikstra,
The Bioarchaeology of Tuberculosis: A Global View on a Reemerging Disease, Florida 2003, p.
110; S. Sabbatani, S. Fiorino, Contribution of paleopathology to defining the pathocoenosis of
infectious diseases, in «Le Infezioni in Medicina», 16(4), 2008, pp. 236-250; A. C. Sto-
ne, A.K. Wilbur, J.E. Buikstra, C.A. Roberts, Tuberculosis and leprosy in perspective, in
«American Journal of Physical Anthropology», 140, 49, 2009, pp. 66-94.
43
A.C. Aufderheide, C. Rodriguez-Martin, The Cambridge Encyclopedia of Human
Paleopathology, Cambridge 1998, p. 121.
44
A. Marcsik, E. Molnár, L. Szathmáry, The antiquity of tuberculosis in Hungary: the
skeletal evidence, in «Memórias do Instituto Oswaldo Cruz», 5, 101 Suppl. 2, 2006, pp.
67-71; M.I. Hofmann, T. Böni, K.W. Alt, U. Woitek, F.J. Rühli, Paleopathologies of the
vertebral column in medieval skeletons, in «Anthropologischer Anzeiger», 66 (1), 2008, pp. 1-17.
45
C.J.P. Thijn, J.T. Steensma, Tuberculosis of the Skeleton: Focus on Radiology, New
York 1990.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 265
2.4. La terapia
L’analisi al microscopio confocale laser di una ground section dello smal-
to del secondo molare inferiore di destra (Fig. 7 dell’Appendice, tav. III)
mostra una serie di striature multiple fluorescenti nella banda del rosso
con morfologia assimilabile alla fluorescenza da alizarina (C14H8O4)49.
Questo composto organico si lega naturalmente con il Ca+, pertanto è
46
M. Martini , M.R. Hannachi, A. Boudjemaa , Tuberculosis of bone. Tuberculous
osteomyelitis, in «Acta Orthopaedica Belgica», 47 (1), 1981, pp. 95-103; M. Martini , A.
Adjrad, A. Boudjemaa, Tuberculous osteomyelitis. A review of 125 cases, in «Internatio-
nal Orthopaedics», 10 (3), 1986, pp. 201-207; M. Martini, A. Boudjemaa, Tuberculous
osteomyelitis in Tuberculosis of the Bones and Joints, a cura di M. Martini, New York 1988,
pp. 52-79.
47
G. Fornaciari, R. Ciranni, C.A. Busoni, S. Gamba, E. Benedetti, F. Malle-
gni, S. Nelli, F. Rollo F., Santa Zita di Lucca: malattie, ambiente e società dallo studio di
una mummia naturale del XIII secolo, in I Congresso Nazionale di Archeologia Medie-
vale (Pisa, 29-31 maggio 1997), a cura di S. Gelichi, Firenze 1997, pp. 280-285; L.
Ventura, C. Mercurio, C. Guidotti, G. Fornaciari, Tissue identification and histologic
findings in four specimens from Egyptian canopic jars, in «Journal of Biological Research»,
80, 2005, pp. 355-356; L. Ventura, C. Mercurio, F. Ciocca, M. Sarra, S. Di Ler-
nia, G. Manzi, G. Fornaciari, Paleoistologia dei resti mummificati del Tadrart Acacus, Libia
sud-occidentale (IV millennio a.C.), in «Pathologica», 99, 2007, p.188.
48
J.E. Aaron, J. Rogers, J.A. Kanis, Paleohistology of Paget’s disease in two medieval
skeletons, in «American Journal of Physical Anthropology», 89 (3), 1992, pp. 325-331.
49
Le medesime tracce del glicoside si notano anche su altri campioni di tessuto
osseo prelevati dal femore, in corso di studio. Sono state programmate, allargando il
confronto interdisciplinare, ulteriori indagini archeometriche a supporto della somi-
glianza morfologica finora riscontrata.
266 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
Fig. 6 – Siponto, individuo 694. Omero sinistro, estremità distale: lesione mista
osteolitica e fenestrazione: referto fotografico (a); referto RX (b).
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 267
utilizzato tuttora come marker nello studio fisiologico delle ossa50. L’aliza-
rina è la componente principale delle radici della robbia che, proprio in
virtù dei suoi effetti lenitivi contro le affezioni muscolo-scheletrico (vedi
supra) in cui credeva l’antica medicina, è stata assunta ripetutamente
dall’individuo.
3. Conclusioni
50
D. Richter, Vital staining of bones with madder, in «Biochemical Journal», 31(4),
1937, pp. 591-595; H. Puchtler, S. N. Meloan, M. S. Terry, On the History and
Mechanism of Alizarin Red S Stains for Calcium, in «The Journal of Histochemistry and
Cytochemistry», 17 (2), 1969, pp. 110-124.
51
Una sintesi in C.A. Roberts, J.E. Buikstra, op. cit., pp. 173-174.
52
S. Sublimi Saponetti, Relazione tra morte e aree sacre: paleopatologia di un campione
scheletrico dal sito tardoantico di San Pietro a Canosa, in Paesaggi e insediamenti urbani in Italia
meridionale fra Tardoantico e Altomedioevo. II Seminario sul Tardoantico Altomedioevo in Italia
meridionale (Foggia-Monte Sant’Angelo 27-28 maggio 2006), a cura di G. Volpe, R.
Giuliani, Bari 2006, pp. 167-174.
53
H.D. Donoghue, Human tuberculosis - an ancient disease, as elucidated by ancient
microbial biomolecules, in «Microbes and Infection», 11(14-15), 2009, pp. 1156-1162;
Id., Insights gained from palaeomicrobiology into ancient and modern tuberculosis, in «Clinical
Microbiology and Infection», 17 (6), 2011, pp. 821-829; T. Hajdu, H.D. Donoghue, Z.
Bernert, E. Fóthi, I. Kővári, A. Marcsik, A Case of Spinal Tuberculosis From the Middle
Ages in Transylvania (Romania), in «Spine (Phila Pa 1976)», 37(25), 2012, E1598-E1601.
268 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
assunto ciclicamente e per via orale la robbia per alleviare gli acuti dolori
articolari. È probabile supporre che raccogliesse la pianta selvatica sul
litorale sipontino, dove ancora oggi cresce spontanea, oppure che se la
procurasse in una di quelle tintorie, molto probabilmente esistenti nella
città portuale, nota proprio dalle fonti scritte54 e materiali55 per il com-
mercio del lino e della lana e per la lavorazione delle pelli. Tra l’altro
secondo la letteratura la tubercolosi si contrae sì per il consumo del lat-
te e dei suoi derivati56, ma anche in contesti lavorativi come concerie
e tintorie57. Anche sul piano prettamente metodologico, oltre al riscon-
tro positivo dell’interazione pluridisciplinare, innovativa è l’applicazione
dell’indagine istologica sul tessuto duro.
Ringraziamenti
Appendice
54
J. M. Martin, La città di Siponto nei secoli XI-XIII, in San Leonardo di Siponto. Cella
monastica, canonica, domus Theutonicorum, Atti del Convegno Internazionale (Manfredonia,
18-19 marzo 2005), a cura di H. Houben, Galatina 2006, pp. 15-32.
55
A. Busto, Reperti in metallo e altri materiali e Catalogo, cit., pp.161-188; ID., Le tracce
del quotidiano: produrre, distribuire, consumare, divertirsi, cit., pp. 93-114.
56
J. Rogers, T. Waldron, Infections in paleopathology: the basis of classification according
to most probable cause, in «Journal of Archaeological Science», 16, 1989, pp. 611-625;
I. Hershkovitz, A. Gopher, Is tuberculosis associated with early domestication of cattle?
Evidence from the Levant, in Tuberculosis: Past and present, a cura di G. Palfi, O. Dutour,
J. Deak, I. Hutas, Budapest/Szeged 1999, p. 447; C.A. Roberts, J.E. Buikstra, op.
cit., pp.119-120.
57
C.A. Roberts, J.E. Buikstra, op. cit., pp. 72-74.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 269
«Un trattamento dell’infertilità, fissato giorno per giorno, tra due cicli
mestruali. Foglie di marrubio [robbio], abbastanza da riempire per bene
la mano, mettere in un angio attico [in generale un vaso] e versare quattro
bicchieri attici di acqua potabile. Far macerare il tutto per nove giorni; la
donna berrà questa durante altri nove giorni di digiuno, dopo un bagno,
due ciazi della bevanda di marrubio tagliato con vino bianco in quantità
uguali. Quando è il terzo giorno di questa bevanda, la donna applica una
fumigazione con foglie di cicuta riscaldate sul fuoco, per nove giorni. Dopo
la fumigazione, ci vorrà un bagno e, in questo modo, berrà la sua bevanda.
E quando la donna ha preso le sue fumigazioni per tre giorni, pone nel
pessario anche il marrubio, ben lavorato, per tre giorni, o il mercuriale,
ben lavorato con del miele attico, durante il giorno. Far inoltre macerare in
un congio [un congio è 1/8 di anfora] di feccia [sedimento che si deposita
sul fondo dei recipienti di fermentazione e di primo stoccaggio] di vino,
radice di ippomaratro e di finocchio, rami di pino grassi il più possibile, un
quarto di robbia, semi di finocchio, e molte radici di verbena. Questa ma-
cerazione non deve essere inferiore a nove giorni. Poi, dopo aver ricevuto
le aspersioni sulla testa, si beve un giorno, durante il bagno, una tazza di
questa macerazione pura. Poi, sdraiatasi e riscaldatasi, la donna si metterà
il pessario. Così, di tre giorni in tre giorni, con la bevanda, il pessario di
bile durante il giorno e per sei giorni. Quando il cambiamento è riuscito,
lei deve andare con il marito, deve bollire le foglie e le radici di giusquia-
mo nell’acqua, e fomentatolo con questo decotto, più caldo possibile, deve
avere degli approcci nella notte per tre giorni. La donna si fa il bagno e va
con suo marito. Dopo questo impacco, deve somministrare in fumigazione
il pene di cervo; quando sarà secco, deve raschiare in un bicchiere di vino
bianco dell’acqua, che dovrà bere per tre giorni; si da nuovamente per i
dolori del parto; perché è un mezzo per affrettare il parto»59.
58
Ippocrate, De mulierum affectibus, III, 91.7.
59
Id., De sterilitate mulierum: 224.
270 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
«La radice […] si fa bere ai malati di itterizia con idromele, per curare
la sciatica e la paralisi. Cura l’orina eccessiva e densa, talora sanguino-
lenta. Però è necessario lavarsi ogni giorno per coloro che ne bevono il
decotto. Lo stelo delle foglie serve a chi è morso da un serpente. Il frutto,
bevuto con oxymele, diminuisce la milza. La radice, applicata, provoca
le mestruazioni e l’aborto, elimina le chiazze bianche della pelle se unte
con aceto»61.
60
Id., Peri diaites oxeon nota: II, 250, 1.
61
Dioscoride, op. cit., III, 143, 1.
62
Galeno, De compositione medicamentorum: XIII, 204.
63
Ibidem.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 271
64
Ivi, 214.
65
Ivi, 234-235.
272 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
66
Ivi, 240-241.
Un antico rimedio per i dolori articolari in un malato di tubercolosi medievale 273
con comino, semi di sedano, dare un cucchiaio con del vino. Ancora:
prendere una radice di panacea, una dracma di robbia, una di sedano,
una di pepe, una di aristolochia, un cucchiaio di genziana tritata per
bene, dare con del vino»67.
«Al malato di milza. Per questa bevanda dare da bere il decotto di ca-
medrio o di canepizio o di polio o di robbia, o da sola o con dell’oxymele,
non a coloro che hanno la febbre»68.
67
Id., De remediis parabilibus: XIV, 374- 375.
68
Ivi, 377.
69
Ivi, 420-421.
70
Alessandro, op. cit., VIII, 395, 25.
274 LAGANARA - PANZARINO - FAVIA
«Il rimedio di Agapeto per la gotta che è stimato e che ha già curato
qualcuno: 2 once è [1 oncia è circa 30 grammi] di nardo; 2 once di iris;
2 once di mirra; 2 once di anagallide [primulacea rinomata contro l’idro-
pisia e l’idrofobia] dai fiori azzurri; 2 once di radici di peonia; 1 oncia di
cassiae cannella; 1 oncia di zafferano; 1 oncia di meo atamantico; 1 oncia
di foglie di malabatro; 1 oncia di resina di lentisco; 1 oncia di radici di
asarabacca [una specie di ginger selvatico]; 1 oncia di robbia; 4 once di
alisma acquatica; 4 once di aristolochia cretica lunga; 4 once di aristolo-
chia pallida tonda; ½ oncia di chiodi di garofano; ½ oncia di valeriana;
3 once di aloe epatica. Le dosi ammontano a una dracma. Il malato deve
assumere la medicina per un anno intero»71.
«Si applica con aceto per curare la pitiriasi alba. Pulisce anche la pelle
e rimuove tutti i tipi di punti e macchie. Se assunto con idromele si rivela
utile per sciatica, paralisi con difetto della sensibilità tattile; quando 3,5
grammi di robbia tintori è presa con 7 grammi di rabarbaro dell’Hima-
laya, diventa utile nel trattamento di lesioni e caduta: a questo scopo,
si prende con una tazza di nabidh [un tipo di vino]. Il suo frutto viene
assunto insieme all’oxymele nelle infezioni della milza; purifica il fegato e
la milza e rimuove le ostruzioni; questa è la sua caratteristica principale.
É altamente diuretico e causa a volte ematuria; è necessario fare il bagno
giornalmente durante il suo utilizzo; il suo uso come pessario può causare
mestruazioni eccessive ed espelle il feto. L’uso dei suoi rami con foglie
contrasta gli effetti velenosi delle punture d’insetti»72.
71
Ivi, XII, 529.
72
Avicenna, op. cit., II, 17.