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CELESTIALE?
UNA POSSIBILE ANALISI SIMBOLICA
Roberta Astori - Saggista, Cultore della materia presso Linguistica Romanza
all'Università di Trieste
δ∋ η υ π ο κ υ σ α µ ε ν Ηε κ α τ ν τεκ ε,
τν π ε ρ ι π α ν τ ν
Ζευ σ Κ ρ ο ν ι δ σ τ ι µ σ ε : π ο ρ ε ν δ ε
ηο ι α γ λ α α δ ρ α,
µο ι ρ α ν ε χ η ε ι ν γ α ι σ τ ε κ α ι α τ ρ
υγ ε τ ο ι ο τ η α λ α σ σ σ (1).
1. Il cane
2. Il cavallo
3. Il Leone, Il Serpente
1. Il ramoscello d’ulivo
4. La luna
5. La notte
6. Il nero
8. La porta
9. Il crocicchio
NOTE
(1) Trad: Ed ella (leggi: Asteria) concepì e generò Ecate, a cui Zeus figlio di
Crono rese onore sopra ogni cosa. Le diede doni stupendi, per governare insieme la
terra e l’ostile mare. Ella ricevette il domino anche del cielo stellato.
(2) Ctonio: Il termine deriva dal greco chtón, “terra”, e designa quell’ambito
simbolico legato al mondo sotterraneo e infero e, quindi, alla dimensione caotica e
uroborica che prelude alla creazione. Dal punto di vista mitologico, la dimensione
ctonia è associata all’idea della generazione e quindi alla figura della Grande
Madre, ossia quello a stadio mitico dominato dalla Divinità oscura e femminile
della onnipotente e terribile generatrice, che, in quanto tale po’ diventare anche
assassina, perché in grado di dare togliere la vita. Come divinità ctonia Ecate
appare in un sortilegio appartenente ai Papyri magici greci, e precisamente all’
“Incantesimo (praxis) del gatto” (PGM III, 1-164, nell’ediz. A cura di Preisendanz,
Leipzig, 1928). In questo sortilegio, utilizzabile per vari fini – in prevalenza di
magia amatoria – l’officiante affoga ritualmente un gatto nell’acqua e nel
contempo recita alcune formula di scongiuro invocando misteriose entità, tra cui
Semea (divinità siria), il persiano Mithra, il Giudeo Iahweh, il greco Errmes ed
Ecate, la quale viene nominata come “signora dei morti”. La divinità femminile ha
qui la funzione di incatenare simbolicamente l’oggetto dell’incantesimo. Essa è
quindi “incatenatrice” e “violentatrice”, ma allo stesso tempo vivificatrice delle sua
“membra” e del suo “membro”. Una figura in grado di dare e togliere la vita, dalle
spiccate valenze sessuali e dall’enorme potenza. A tal proposito, cfr. GIOVANNI
CASADIO, Sincretismo magico ellenistico o nuova religione? A proposito di un
recente studio sui testi magici greci, in “Orpheus”, Rivista di umanità classica e
cristiana del Centro Studi sull’antico Cristianesimo dell’Università di Catania,
N.S.– Anno XI – 1990 - Fasc. 1.
(3) T. KRAUS, Hekate, Heidelberg, 1960, p. 13. Su Ecate e la Teogonia, cfr.
anche D. BOEDEKER, Hecate: a Transfunctional Goddess in the Theogony, in
“Transactions of the American Philological Association”, 113: 79-93, 1983; J.S.
CLAY, The Hekate of the Theogony, in “Greek, Roman, and Byzantine Studies”,
25: 27-38, 1984; M.L.WEST, Hesiod: Theogony, Oxford, 1966; F. PFISTER, Die
Hekate-Episode in Hesiods Theogonie, in “Philologus”, 84: 1-9, 1928; P.J.
JOUVE, Ecate, Milano, Ricci, 1964; Altre monografie sulla dea: W. BERG,
Hekate: Greek or Anatolian?, in “Numen” 21: 128-40, 1974; W. BURKERT,
Greek Religion, Cambridge, 1985; L.R. FARNELL, The Cults of the Greek
Statues, 5 voll., Oxford, 1896-1909; M.D. FULLERTON, Hekate Epipyrgidia, in
“Archaologischer Anzeiger”, 669-75, 1986; Hekate-Henoch, in “Reallexikon fur
Antike und Christentum: Sachworterbuch zur Auseinandersetzung des
Christentums mit der antiken Welt”, in Verbindung mit Franz Joseph Dolger und
Hans Lietzmann und unter besonderer Mitwirkung von Jan Hendrik Wasznik und
Leopold Wenger; herausgegeben von Theodor Klauser; [poi] Ernst Dassman,
Stuttgart, A. Hiersemann, 1987, 14: 10; S. I. JOHNSTON, Hekate Soteira: a study
of Hekates roles in the Chaldean oracles and related literature, Atlanta, 1990;
Kentauroi et Kentaurides-Oiax et addenda Hekate, Hekate (in Thracia), Heros
Equitans, Kakasbos, Kekrops, in “Lexicon iconographicum mythologiae classicae:
LIMC”, publiée par la Fondation pour le Lexicon Iconographicum mithologiae
classicae (LIMC)], Zurich, Artemis; Munchen, c1992, 6.1; T. KRAUS, Hekate:
Studien zu Wesen und Bild der Gottin in Kleinasien und Griechenland, Heidelberg,
C. Winter, 1960; P.A. MARQUARDT, A Portrait of Hecate, in “American Journal
of Philology”, 102: 243-60, 1981; M. NILSSON, Geschichte der griechischen
Religion, 2 ed., 2 voll., Munich, 1967.E.PETERSEN, Die Dreigestaltige Hekate, 2
voll., AEM: 4, 1880; AEM: 5, 1881; W. H. ROSCHER, Hekate, in “Lexicon”, II.1,
1885-1910; E. WALLINGER, Hekates Tochter: Hexen in der romischen Antike,
Wien, Wiener Frauenverl., 1994.
(4) Per un’analisi approfondita della figura della Grande Madre, cfr. H. Neumann,
La grande Madre, Astrolabio, Roma, e dello stesso autore, Storia delle origine
della coscienza, cap. I e II, Astrolabio, Roma, 1978.
(5) Cfr.: Esiodo, Teogonia, 411 – 413: Trad: Ed ella (leggi: Asteria) concepì e
generò Ecate, a cui Zeus figlio di Crono rese onore sopra ogni cosa. Le diede doni
stupendi, per governare insieme la terra e lo sterile mare. Ella ricevette il domino
anche del cielo stellato.
(6) J.S. CLAY, The Ekate of the Theogony, GRBS, 1984, pp. 27-30.
(7) Lo stesso appellativo viene applicato anche ad altre divinità come Artemide –
spesso identificata con Ecate stessa –, Selene - altra figura spesso associata a Ecate
nel sua aspetto lunare -, Persephone – la cui connessione con Ecate è già stata
accennata -, Brimo e Bendis. Inoltre, si ha notizia di un’altra divinità adorata in
Tessaglia col nome di Enodia: a suo riguardo i dati sono piuttosto scarsi, si sa solo
che doveva essere un’esperta di filtri e pozioni, una maga, insomma. La sua terra
d’origine ci riporta immediatamente alla memoria Medea, altra figura
tradizionalmente associata ad Ecate nel suo aspetto di patrona delle arti magiche.
(10) “Salve, o madre degli dei, dai molti nomi, dalla bella prole;/salve, o Ecate,
custode delle porte, di gran potenza;/ma anche a te salve, o Giano, progenitore,
/Zeus imperituro; salve, Zeus supremo;/rendete luminoso il cammino della mia
vita,/colmo di beni, stornate i funesti morbi/dalle mie membra, e l’anima, che sulla
terra delira, traete in alto, purificata dalle iniziazioni che risvegliano la mente./Vi
supplico, tendetemi la mano, e le divine vie. Mostratemi, ché le desidero; la luce
preziosissima io voglio mirare,/onde m’è dato fuggire la turpitudine della fosca
generazione./Vi supplico, porgetemi la mano, e con i vostri soffi/Me travagliata
sospingete nel porto della pietà./Salve o madre degli dei, dai molti nomi, dalla
bella prole;/salve, o Ecate, custode delle porte, di gran potenza;/ma anche a te
salve, o Giano, progenitore, /Zeus imperituro; salve, Zeus supremo.”/
(22) A Roma si celebravano dei rituali in onore degli eroi caduti per la difesa della
città, in memoria dei quali il re Servio Tullio decretò che venissero eretti dei
tempietti sui crocicchi. Su questi altari venivano offerti dei sacrifici ai Lares
Compitales, divinità dei crocicchi come suggerisce l’etimo latino compita
(crocicchio). Successivamente questi divennero le loro divinità tutelari, che furono
cristianizzate nei secoli successivi. Le edicole erette ai crocicchi si trasformarono
in seguito da luoghi di culto delle entità tutelati del territorio a piccoli templi in cui
si venerava la memoria dei defunti. Le cerimonie rituali che accompagnavano il
culto di queste edicole avevano luogo ogni anno, in gennaio, in coincidenza quindi
con un ben preciso momento astrologico – il solstizio invernale – che segnava
l’ingresso nel nuovo anno e rappresentava un momento liminale caricato di una
forte valenza simbolica. Le cerimonie prevedevano un’inversione rituale delle
regole sociali, venendo presiedute da un collegio sacerdotale composto da schiavi e
liberti. Questo momento rituale si consumava nella più libera sfrenatezza, tra
offerte e libagioni, tanto da far coniare ad hoc un termine che tuttora permane nella
sua connotazione negativa: triviale deriva infatti da trivium, il “crocicchio”, da cui
– come si accennava in precedenza – “Trivia”, la nostra Ecate triforme. Inoltre,
essendo al di fuori del controllo e di ogni possibile categorizzazione, le zone
liminali divengono il regno dei fantasmi e delle cosiddette “anime in pena”.
(23) Gli Oracoli Caldaici sono una raccolta incompleta e frammentaria che la
tradizione attribuisce a un autore di nome Giuliano, del quale non si conosce
l’identità precisa (potrebbe trattarsi di Giuliano il caldeo o di suo figlio Giuliano il
teurgo, vissuti verso la fine del II sec. d. C.). Marsilio Ficino, a conferma
dell’enorme popolarità di cui questa letteratura godette nel periodo rinascimentale,
quando tornarono in voga le teorie neoplatoniche, sostiene che la paternità degli
Oracula si deve addirittura al profeta iranico Zoroastro. Questi componimenti si
inseriscono a pieno titolo nella letteratura tipica del sincretismo tardo-ellenistico in
cui confluiscono elementi platonici, aristotelici, e stoici, assieme a suggestioni
orfiche, gnostiche e misteriosofiche orientali. L’orfismo si pone tra la comune
religione olimpica e una nuova concezione di tipo mistico, nutrita di spiriti
iniziatici, di interessi soteriologici, e pratiche di tipo misterico. Essa scaturisce
dalla sintesi di posizioni dualistiche mediate dal platonismo, e di un monismo che
si richiama alla frammentazione di un’Unità originaria. In ogni caso, il
denominatore comune di queste dottrine è la credenza in una Divinità attingibile
solo attraverso un’intuizione che avviene nell’ambito di una conoscenza rivelata e
che – parallelamente - è concepita anche come entità creatrice, conoscibile
attraverso il creato. Da questa duplice concezione derivano due etiche di segno
diverso: una di disprezzo per il mondo, frutto di un dio malvagio, e l’altra di amore
per il creato, creatura generata da un dio buono. In ogni caso, in questo periodo
comincia a farsi sempre più forte l’esigenza esoterica di una mediazione tra la
divinità e l’uomo: Ecate stessa è specchio di questa tendenza e di questo bisogno
culturale. Cfr.: E. DES PLACES ed., Oracula chaldaica, Les Belles Lettres, Paris,
1971; H. LEWY, Chaldean oracles and Theurgy: mysticism, magic and Platonism
in the later Roman Empire, Institute d’Archeologie Orientale, Le Caire, 1956.
(24) Questo carattere generativo fece sì che nel II sec. d.C. fosse accomunata a
Rhea, in riferimento anche alla Teogonia di Esiodo.
(25) Cfr.: Met., VII.234.
(26) Cfr.: II. 568 segg..
(27) Cfr.: Meta., XI.2.
(28) Cfr.: Philosops., 15.
(29) Cfr.: Aen., VI.258.
(30) Cfr.: VI.646 segg. (testo?)
(31) Cfr.: Saturae, I, VIII, 33.
(32) Cfr.: Aen., VI. 257; IV.209.
(33) Cfr.: III. 121 segg.
(34) Cfr.: 1. 1175 segg.
(35) Cfr.: PG 122, 1133 a.
(36) Cfr. M.E. HARDING, I misteri della donna, Astrolabio, Roma, 1973, p. 221.
(46) Cfr.: C.M. EDWARDS, The Running Maiden from Eleusis and the early
Classical Image of Hekate, in “American Journal of Archaeology”, 90: 307-18,
1986
(48) Si noti che uno degli epiteti con cui la dea veniva nominata era Phosphoros,
"portatore di luce", appellativo che, significativamente, veniva attribuito anche a
Venus, la stella mattutina.