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Esame di Biologia.

Cap. 1) Presentazione della cellula:

Teoria cellulare: secondo la quale: 1) tutti i viventi sono formati da una o più cellule; 2) le cellule
costituiscono le unità fondamentali di ciascun organismo; 3) tutte le cellule derivano da altre
cellule. Organismi eucarioti sono provvisti di nucleo, quelli procarioti ne sono sprovvisti. Nel
nucleo le molecole di DNA diventano visibili al microscopio ottico come cromosomi quando
assumono una forma molto compatta, nel periodo i cui la cellula si prepara a dividersi in 2 cellule
figlie. Anche nelle cellule procariotiche il DNA è depositario dell’informazione genetica, però esso
non si trova confinato dentro una membrana nucleare, perciò non distinguibile. I mitocondri sono
presenti in quasi tutte le cellule eucariotiche, essi sono dotati di DNA proprio e si riproducono
dividendosi in 2. Essi imbrigliano l’energia derivante dall’ossidazione delle molecole alimentari,
per produrre ATP. Dato che funzionando il mitocondrio consuma ossigeno e libera anidride
carbonica, al processo nel suo insieme si dà il nome di respirazione cellulare.

Pochi eucarioti sono incapaci di vivere in ambienti contenenti ossigeno, e allora sono privi di
mitocondri e si dicono anaerobi.
Presenti solo nelle cellule delle piante e delle alghe, i cloroplasti sono grandi organelli verdi che
hanno una struttura ancora più complessa dei mitocondri,: oltre ad avere intorno 2 membrane ne
anche di interne disposte a strati e piene di clorofilla. I cloroplasti svolgono un compito ancora più
importante dei mitocondri, cioè la fotosintesi, nella quale catturano l’energia solare nelle molecole
di clorofilla, incanalandola nella produzione di molecole di zuccheri altamente energetiche. Nel
processo si forma ossigeno come prodotto di rifiuto. I cloroplasti generano sia le molecole
alimentari che l’ossigeno utilizzato dai mitocondri. Anche i cloroplasti, contengono il proprio DNA,
si riproducono dividendosi in 2 e pare che siano evoluti da batteri fotosintetici.
Un labirinto di spazi delimitati da membrana, detto reticolo endoplasmatico, è il sito in cui si
producono quasi tutti i componenti delle membrane cellulari. Molte serie di tasche membranose
disposte in pile costituiscono l’apparato di Golgi, che riceve e spesso modifica chimicamente le
molecole prodotte nel reticolo endoplasmatico. I lisosomi sono piccoli organelli di forma irregolare
in cui avviene la digestione intracellulare, le sostanze nutrienti vengono estratte dalle particelle
alimentari e le molecole indesiderabili demolite per essere riutilizzare o escrete. I perossisomi sono

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vescicolette rivestite di membrana dove vengono isolate reazioni in cui si produce e viene inattivata
una sostanza chimica pericolosamente reattiva, il perossido di idrogeno.
Nel citosol hanno sede molte reazioni chimiche fondamentali per l’esistenza della cellula, si
producono le proteine… I filamenti di actina sono perenti in tutte le cellule eucariotiche ma si
trovano particolarmente numerosi in quelle muscolari. I filamenti più spessi si chiamano
microtubuli, nelle cellule in divisione si riorganizzano in fasci e contribuiscono a trasportare i
cromosomi duplicati in direzioni opposte distribuendoli equamente tra le cellule figlie.

Cellula eucariota:

Cellula vegetale:

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In tutti gli esseri viventi le istruzioni genetiche, o geni, sono immagazzinate in molecole di DNA
scritte con lo stesso codice chimico. Le subunità che vengono unite a formare le proteine sono di 20
tipi differenti, ma questi stessi tipi differenti si ritrovano in tutti gli esseri viventi. Tuttavia, variando
la sequenza di queste subunità, le molecole proteiche manifestano proprietà chimiche differenti.

Cellula batterica:

Si possono distinguere 2 regni: gli eubatteri e i archebatteri. Le cellule eucariotiche, sono per
definizione quelle il cui DNA è contenuto in un comparto separato, il nucleo, circondato da una
membrana a doppio strato. Cellule diverse esprimo geni diversi a seconda delle indicazioni che esse
stesse o le loro progenitrici hanno ricevuto dall’ambiente circostante.

Cap.2) Componenti chimici delle cellule:

Si forma un legame ionico quando un atomo dona elettroni a un altro, e un legame covalente
quando 2 atomi mettono in comune una coppia di elettroni. Tutte le caratteristiche della cellula
dipendono dalle molecole che contiene. Una molecola è un aggregato di atomi tenuti assieme da
legami covalenti, in cui gli elettroni vengono condivisi tra gli atomi anziché trasferiti da un atomo
all’altro. La formazione e la rottura dei legami chimici nelle cellule viventi vengono regolati
accuratamente da appositi catalizzatori detti enzimi. A parte l’acqua, quasi tutte le molecole
cellulari si basano sul carbonio. Le cellule contengono 4 famiglie di molecole organiche piccole:
zuccheri, acidi grassi, gli amminoacidi e i nucleotidi. Gli zuccheri più semplici i monosaccaridi,
hanno formula (CH2O)n. Il glucosio è il monosaccaride cui spetta un ruolo centrale tra le fonti di
energia della cellula. Per immagazzinare energia a lungo termine le cellule si servono di
polisaccaridi contenenti solo glucosio, soprattutto glicogeno negli animali e amido nelle piante. La
molecola di un acido grasso presenta 2 regioni chimicamente distinte: una lunga catena
idrocarburica, idrofobica e chimicamente poco reattiva, e un gruppo carbossilico, che si comporta
come un acido, estremamente idrofilico e chimicamente reattivo. Nelle cellule gli acidi grassi
fungono da scorte di cibo concentrato, perché dalla loro demolizione si ricava 6 volte l’energia utile

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estraibile dal glucosio. Essi vengono accumulati nel citoplasma di molte cellule sotto forma di
goccioline di triacilgliceron. L’impiego più importante degli acidi grassi nella cellula è come
materiale per le membrane. Esse sono formate in gran parte da fosfolipidi.

L’importanza degli amminoacidi per la cellula deriva dal loro ruolo nella formazione delle proteine.
Nelle proteine si trovano 20 tipi di amminoacidi. Il nucleotide è una molecola formata da un
composto con anello azotato legato a uno zucchero a 5 carboni. Questo zucchero può essere il
ribosio o il deossiribosio a recare uno o più gruppi fosfato. Gli anelli azotati, vengono chiamati basi,
citosina, timina e l’uracile sono chiamate pirimidine. La guanina e la l’adenina sono purine. Il ruolo
più importante dei nucleotidi nella cellula consiste nell’immagazzinare e rendere disponibile
l’informazione biologica. I nucleotidi sono gli elementi costitutivi degli acidi nucleici. Si conoscono
2 tipi principali di acido nucleico, che differiscono per lo zucchero che compare nel loro scheletro
zucchero-fosfato. Se lo zucchero è il ribosio si hanno gli acidi ribonucleici, o RNA che contengono
le basi A,G,C e U. Se lo zucchero è il deossiribosio si hanno gli acidi deossiribonucleici, o DNA
che contengono le basi: A,G,C e T. L’RNA si presenta nella forma di una singola catena
polinucleotidica, mentre il DNA è praticamente sempre una molecola a doppio filamento.

Cap. 5) Struttura e funzione delle proteine:

Le proteine costituiscono la maggior parte del peso secco cellulare. Nella cellula viva il
ripiegamento è generalmente assistito da altre proteine dette secondatori, chaperon molecolari. Si
tratta di molecole che si legano alla catena già parzialmente conformata e l’aiutano a procedere
lungo il corso più favorito energicamente. Tuttavia la forma tridimensionale finale della proteina
specificata dalla sequenza: gli chaperon (i secondatori) non fanno altro che rendere più affidabile il
processo di ripiegamento. Due strutturazioni comuni delle proteine: elica alfa e piano beta, esse
derivano da legami idrogeno tra i gruppi N-H e C--O. La sequenza amminoacidica è la struttura
primaria della proteina. Tratti di catena polipeptidica che si dispongono a elica alfa e a piano beta

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costituiscono la struttura secondaria della proteina. La conformazione tridimensionale assunta, da
una catena polipeptidica viene indicata talvolta come struttura terziaria; se poi la molecola proteica
è un complesso di più catene polipeptidiche, dell’insieme completo si dice che ha una struttura
quaternaria.

Il dominio proteico, definibile come qualunque parte di catena polipeptidica che può ripiegarsi
indipendentemente in una struttura compatta e stabile. Un dominio contiene di solito 50 a 300
amminoacidi. Nella cellula, le stesse iterazioni deboli non covalenti, che fanno assumere alla catena
polipeptidica la sua specifica conformazione, permettono alle proteine di legarsi tra loro e formare
strutture più grandi. Ogni zona della superficie proteica che entra in rapporto con un’altra si chiama
sito di legame. Quando un sito di legame riconosce la superficie di una seconda proteina, l’unione
salda delle 2 catene polipeptidiche in quella zona può dare origine a una proteina più grande: ogni
catena polipeptidica che faccia parte di una proteina così costruita si chiama subunità proteica.
Molte strutture cospicue, come virus e i ribosomi, derivano dall’aggregazione di miscele tra
proteine di vari tipi e molecole di RNA o DNA. Gran parte delle proteine considerate finora sono
proteine globulari, in cui la catena polipeptidica si appallottola, volgendo all’esterno una superficie

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irregolare. Quasi tutti gli enzimi sono proteine globulari. Nel caso di altre proteine cellulari serve
invece che ogni molecola copra una lunga distanza, in tal caso le proteine assumono di solito una
forma tridimensionale allungata e vengono chiamate proteine fibrose. Le proteine fibrose
abbondano particolarmente fuori dalla cellula, dove costituiscono la matrice extracellulare
gelatinosa che fa aderire insiemi cellule in tessuti. I ponti disolfuro fungono da dispositivi di
fissaggio per irrobustire la disposizione spaziale più favorevole. Avendo diversa sequenza
amminoacidica, le proteine si presentano con una varietà enorme di conformazioni diverse da cui
deriva la loro specificità di funzione. Le proteine si attaccano proprio ad altre molecole, cioè le
legano, alla sostanza che si lega a una proteina si dà il nome di ligando.

La regione di proteina che aderisce la ligando, nota come sito legame, consiste in una cavità della
superficie formata da una disposizione particolare degli amminoacidi. Gli anticorpi sono proteine
prodotte dal sistema immunitario in risposta a molecole estranee (antigene).

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Gli enzimi accelerano le reazioni e agiscono quindi da catalizzatori, proprio la catalisi di una serie
organizzata di reazioni chimiche mantiene la cellula e ne crea nuove, rendendo possibile la vita.
Ogni enzima è strettamente specifico e catalizza un solo tipo di reazione.
Principali proprietà degli enzimi

CARATTERISTIC SIGNIFICAT
A O
Molecola costituita da Struttura tridimensionale composta da una o più subunità; negli enzimi coniugati, sono
una o più catene presenti anche altre molecole non proteiche (cofattori)
proteiche
Azione catalitica; potere Gli enzimi agiscono accelerando la velocità di una reazione chimica, che aumentano di
catalitico elevato almeno un milione di volte
Riduzione dell’energia di Gli enzimi riducono la quantità di energia necessaria all’innesco della reazione
attivazione
Elevata specificità Ogni enzima lega specificamente un determinato tipo di composto (substrato) e interviene in
modo specifico su un gruppo chimico e su un determinato tipo di legame
Sito attivo Il legame del substrato avviene esclusivamente in una particolare regione della struttura
tridimensionale dell’enzima, conformata in modo da adattarsi alla struttura tridimensionale
del substrato
Inibizione a opera di L’attività di un enzima può essere bloccata in modo reversibile o irreversibile da molecole
molecole specifiche (inibitori) che si legano al sito attivo al posto del substrato (inibizione competitiva) o in siti
diversi (inibizione non competitiva)

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Cap.6) DNA:

Le istruzioni dell’informazione ereditaria sono immagazzinate dentro la cellula vivente sotto forma
di geni. Sono le proteine le macromolecole che compiono la maggior parte delle funzioni cellulari:
fungono da elementi costruttivi, da enzimi, regolano l’espressione genica e fanno muovere e
comunicare le cellule tra loro. Già all’inizio del 20 secolo i biologi avevano capito che i geni erano

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veicolati sui cromosomi, allora noti come strutture filamentose del nucleo eucariotico che
apparivano quando la cellula cominciava a dividersi. Successivamente si trovò che i cromosomi
erano fatti di DNA e proteine. Per indicare la polarità del DNA, si chiama 3’ una delle estremità e
5’l’altra. I 2 filamenti polinucleotidici sono tenuti insieme nella doppia elica del DNA da legami
idrogeno tra le basi dei 2 filamenti opposti: tutte le basi sono rivolte verso l’interno dell’elica,
mentre l’ossatura zucchero-fosfato rimane all’esterno. A si accoppia sempre con T e G con C. I
membri di ogni coppia riescono a trovare sistemazione dentro la doppia elica solo se i 2filamenti
sono antiparalleli, cioè se la polarità di un filamento è opposta a quella dell’altro filamento. Ogni
catena di DNA contiene una sequenza nucleotidica esattamente complementare alla sequenza
nucleotidica della catena a cui si lega: ciò ha un importanza fondamentale per la copiatura del DNA.
I geni recano informazione biologica che deve essere copiata con precisione e trasmessa quando la
cellula si divide in 2 cellule figlie. Già qualche tempo prima di determinare la struttura del DNA si
era capito che i geni contenevano le istruzioni per fare le proteine. Dato che ogni filamento di DNA
contiene una sequenza nucleotidica esattamente complementare a quella del filamento opposto,
ognuno di essi può fare da stampo per la sintesi di un altro filamento complementare. Con la
replicazione del DNA si ottengono 2 doppie eliche complete dalla molecola originale, e quella
nuova ha una sequenza nucleotidica identica alla doppia elica parentale. Il processo replicativo del
DNA viene innescato da proteine iniziatrici che si legano al DNA e distanziano a forza le catene
rompendo i legami idrogeno tra le basi.

A ogni origine di replicazione si formano 2 forcelle replicative che scorrono in direzioni opposte
rispetto all’origine, aprendo man mano il DNA. Per questo motivo la replicazione batterica ed
eucariotica si definisce bidirezionale. Il cuore della macchina replicatrice è un enzima chiamato
DNA polimerasi, che sintetizza il nuovo DNA usando come stampo uno dei 2 filamenti originali.
Questo enzima catalizza l’aggiunta di nucleotidi all’estremità 3’ di una catena di DNA in
allungamento, formando legami fosfodiestere tra questa estremità e il gruppo fosfato al 5’ del
nucleotidi adatto. I nucleotidi entrano inizialmente come nucleotidi trifosfati ricchi d’energia,
apportando in questo modo l’energia necessaria per la reazione di polimerizzazione. La DNA
polimerasi non si dissocia dal DNA ogni volta che aggiunge un altro nucleotidi alla catena, ma vi
resta attaccata e vi scorre sopra, continuando a catalizzare la sintesi di un nuovo polimero. La
catastrofe viene evitata perché la polimerasi è capace di correggere gli errori che fa. Quindi la DNA
polimerasi possiede una attività polimerasica in direzione 5’ a 3’ e un’attività nucleasica in

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direzione 3’ a 5’. L’accuratezza della replicazione si deve alla DNA polimerasi che verifica
l’appaiamento corretto dell’ultima base prima di aggiungere un altro nucleotide.

Una polimerasi così non può dare inizio ad un filamento totalmente nuovo. Per questo è necessario
un altro enzima, che sia in grado di dare inizio a una catena polinucleotidica nuova semplicemente
unendo 2 nucleotidi e senza richiedere un terminale a doppio filamento. Questo enzima non
sintetizza DNA, ma brevi tratti di RNA, servendosi del DNA come stampo. Questi tratti di RNA,
sono appaiati al filamento stampo e presentano una estremità 3’ appaiata come punto di partenza
per la DNA polimerasi. Essi fanno da innesco per la sintesi del DNA e l’enzima che sintetizza
questi innesti a RNA si chiama primasi. Il filamento di RNA è simile a un filamento singolo di
DNA, da cui differisce solo per lo zucchero nucleotidica, il ribosio al posto del deossiribosio, e per
la base uracile al posto della timina. Siccome U si appaia con A, l’innesco a RNA viene sintetizzato
sul filamento di DNA per appaiamento di basi, esattamente come avviene per il DNA. Al filamento
guida l’innesco serve solo per cominciare la sintesi all’origine di replicazione, quando la forcella
replicativa si è stabilita, la DNA polimerasi si trova sempre di fronte una estremità 3’ appaiata man
mano che procede lungo il filamento stampo. Sul filamento lento, sono continuamente necessari
nuovi inneschi. Quando alla forcella replicativa si espone un nuovo tratto di basi libere, vengono
sintetizzati nuovi inneschi a RNA disseminati lungo il filamento lento, la DNA polimerasi aggiunge
un deossiribonucleotide all’estremità 3’ di questo innesco dando inizio a un filamento di DNA e
allungandolo finché no si imbatte nell’innesco a RNA successivo. Per trasformare in un filamento
di DNA continuo tutti i frammenti separati costruiti sul filamento lento intervengono altri 3 enzimi;
agiscono rapidamente per eliminare gli inneschi a RNA, sostituirli con DNA e unirli: una nucleasi
che degrada l’RNA, una polimerasi che sostituisce DNA all’RNA e la DNA ligasi, che unisce il
fosfato terminale al 5’ di un frammento con l’ossidrile 3’ del seguente. La primasi inizia catene
polinucleotidiche nuove e può farlo perché no autocorregge le sue sintesi, ma questo comporta che
gli inneschi contengano frequentemente errori. Tuttavia, siccome sono fatti di RNA e non di DNA,
sono riconoscibili come coppie sospette da eliminare e sostituire con DNA, a questo provvedono le
polimerasi di riparazione. La cellula possiede un sistema di riserva, detto correttore di appaiamento,
deputato all’eliminazione di errori. Il correttore di appaiamento, un insieme di proteine, individua le
coppie mal assortite, taglia uno dei 2 filamenti di DNA che entrano nell’accoppiamento e
risintetizza il pezzo mancante. Per correggere gli errori di duplicazione, il sistema di riparazione
deve tagliare la catena neoformata, perché intervenendo sull’altra non farebbe che consolidare
l’errore invece di eliminarlo.

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Cap. 7) Dal DNA alle proteine:
Trascrizione e traduzione sono i processi tramite i quali la cellula legge, le sue istruzioni genetiche,
i suoi geni. Dallo stesso gene si possono trarre molte copie identiche a RNA e ogni molecola di
RNA può dirigere la sintesi di molte molecole proteiche identiche. Per la cellula il primo passo
consiste nel copiare una parte opportuna della sequenza nucleotidica del DNA in un ‘altra sequenza
nucleotidica di RNA. Tale processo si chiama trascrizione perché, pur cambiando la forma chimica,
l’informazione rimane scritta nello stesso linguaggio, quello dei nucleotidi. Tutto l’RNA cellulare
deriva da trascrizione, comincia con l’apertura e la despiralizzazione di un breve tratto della doppia
elica del DNA in cui vengono esposte le basi presenti su ciascun filamento, uno dei quali poi fa da
stampo per la sintesi dell’RNA. Come nella duplicazione del DNA, la sequenza nucleotidica della
nuova catena di RNA viene determinata per appaiamento complementare tra le basi dei
ribonucleotidi in arrivo e lo stampo di DNA. Quando l’appaiamento è soddisfacente il
ribonucleotidi viene unito covalentemente alla catena in crescita tramite una reazione chimica
catalizzata. La catena di RNA prodotta per trascrizione si allunga quindi di un nucleotide alla volta
e la sua sequenza è esattamente complementare a quella del filamento di DNA utilizzato come
stampo. La trascrizione differisce dalla duplicazione: diversamente dal nuovo filamento di DNA
che rimane appaiato al DNA stampo, quello di RNA se ne distacca, spostato dall’elica del DNA che
va ricostituendosi subito alle spalle della zona in cui i ribonucleotidi vengono aggiunti. Gli enzimi
della trascrizione sono chiamati RNA polimerasi. Anche se la RNA polimerasi catalizza la stessa
reazione della DNA polimerasi, i 2 enzimi differiscono per alcuni aspetti: la RNA polimerasi
catalizza la formazione di un legame tra ribonucleotidi e non deossiribonucleotidi, poi mancano
dell’attività nucleasica di autocorrezione. La grande maggioranza dei geni situati sul DNA cellulare
specifica la sequenza amminoacidica delle proteine, e le molecole di RNA ricopiate da questi geni
vengono indicate nel loro insieme come RNA messaggero. L’RNA ribosomico forma il centro
vitale dei ribosomi, sui quali l’RNA messaggero viene tradotto in proteine, e l’RNA transfer forma
gli adattatori selettivi che captano gli aminoacidi e li collocano in posizione opportuna. Per
cominciare a trascrivere la RNA polimerasi deve riuscire a riconoscere l’inizio (promotore) di un
gene e a legarsi saldamente al DNA in quella posizione. Il fattore sigma svolge il compito di
riconoscere la sequenza promotrice sul DNA, una volta che la polimerasi si è ingranata il fattore
sigma viene liberato e la polimerasi lasciata libera di proseguire. Quando si stacca incontrando il
terminatore, la polimerasi si riassocia a un fattore sigma e cerca un promotore, per riprendere il
processo di trascrizione. Il DNA batterico si trova esposto al citoplasma, che contiene i ribosomi, gli
organelli che operano la sintesi proteica; man mano che si forma la molecola di RNA trascritto, i
ribosomi si attaccano alla sua estremità 5’ e danno inizio alla sintesi proteica. Invece nelle cellule
eucariotiche il DNA sta confinato nel nucleo, dove avviene la trascrizione, mentre la sintesi proteica
si svolge sui ribosomi nel citoplasma. Quindi l’mRNA eucariotico va trasportato fuori dal nucleo,
prima della traduzione, attraversando i pori della membrana nucleare. Nella maggior parte dei geni
eucariotici la sequenza codificante è interrotta da sequenze non codificanti, dette introni. I pezzi
sparsi della sequenza codificante, detti esoni, sono più corti. Per produrre l’RNA messaggero viene
trascritto il gene in tutta la sua estensione, e si forma il trascritto primario. L’RNA viene poi
provvisto di cappuccio e coda poliadenilica, e prima di lasciare il nucleo, si spoglia di tutte le
sequenze introniche in modo che gli esoni si uniscano tra loro. Una volta completata questa fase,
detta taglio, si ha una molecola di RNA messaggero funzionante che può lasciare il nucleo e venire
tradotta in proteine. A rimuovere gli introni dall’RNA provvedono enzimi che hanno una
composizione mista RNA-proteine. Le regole per tradurre la sequenza nucleotidica del gene, tramite
la mediazione dell’RNA messaggero, in sequenza amminoacidica di una proteina amminoacidica di
una proteina sono note come codice genetico. Ogni gruppo di 3 nucleotidi consecutivi nell’RNA si
chiama codone e ciascuno specifica per un amminoacido. La traduzione dell’mRNA in proteina
dipende da molecole adattatrici che riconoscono e legano sia il codone, sia l’amminoacido, però ad

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un altro sito. Questi adattatori sono rappresentati da una serie di piccole molecole di RNA note
come RNA transfer.

Alcuni amminoacidi hanno più di un tRNA e alcuni tRNA hanno una struttura tale da richiedere un
appaiamento accurato solo nelle prime 2 posizioni del codone e da tollerare un appaiamento
scorretto in 3 posizione. Le cellule quindi fabbricano molti RNA diversi per leggere il codice
genetico del DNA. Il riconoscimento e l’attacco è compito di enzimi chiamati amminoacil-tRNA
sintetasi, che accoppiano l’amminoacido giusto alla serie sei suoi tRNA. Per ogni amminoacido c’è
una amminoacil sintetasi diversa (in tutto 20). Il ribosoma scorre lungo l’mRNA traducendo la
sequenza nucleotidica in sequenza amminoacidica, un codone per volta, servendosi dei tRNA come
adattatori per inserire a ogni sito l’amminoacido corretto all’estremità della catena in allungamento.
Quando la sintesi è terminata le 2 subunità si separano. La reazione peptidil transferasica è
accompagnata da uno slittamento della subunità minore, che rimane aderente all’mRNA, rispetto
alla subunità maggiore. La traduzione di un mRNA comincia con il codone AUG e richiede un
tRNA particolare corrispondente. Questo tRNA iniziatore reca sempre l’amminoacido metionina,
per cui tutte le proteine appena sintetizzate hanno una metionina all’estremità amminoterminale. In

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seguito la metionina sarà eliminata. Quando viene trovato il primo AUG da parte della subunità
ribosomica minore, parecchi fattori di inizio si staccano per far posto alla subunità maggiore. La
presenza di uno dei codoni di terminazione (UAA,UAG,UGA) segnala la fine del messaggio.
L’RNA possiede tutte le proprietà attese da una molecole capace di catalizzare la propria sintesi, per
cui si ritiene che alla base della formazione delle prime cellule vi sia stato questo tipo di molecole.

Cap. 8) Cromosomi e regolazione genica:

Centinaia di tipi cellulari differenti svolgono tutta una gamma di funzioni specializzate che
dipendono dai geni e che vengono attivate solo in un tipo di cellula ( linfociti < anticorpi, eritrociti
< emoglobina…). Nelle cellule eucariotiche molecole a doppio filamento e di lunghezza enorme
vengono imballate, associandole con apposite proteine, nei cromosomi, che il nucleo accomoda
facilmente e che si possono distribuire esattamente tra le 2 cellule figlie alla divisione.
L’imballaggio deve avvenire ordinatamente in maniera che i geni presenti sulla molecola di DNA
siano disponibili per la trascrizione o la replicazione.

Il nucleo di una cellula umana tipica misura circa 5-8 nanometri di diametro e contiene circa 2 metri
di DNA. Negli eucarioti il DNA del nucleo si distribuisce in una serie di cromosomi diversi. Ogni
cromosoma consiste in una molecola unica e lineare di DNA, associata a proteine su cui il sottile
filamento si può avvolgere e assumere una struttura più solida. Il complesso DNA-proteine prende
il nome di cromatina. Generalmente i geni dei batteri sono tutti disposti su una molecola di DNA
circolare, anch’essa associata a proteine che la condensano e chiamata spesso cromosoma batterico.
Le cellule umane, con l’eccezione delle cellule germinali, contengono ciascuna 2 coppie di ciascun
cromosoma, un ereditata dalla madre e una dal padre: i cromosomi materno e paterno di ogni coppia
si chiamano cromosomi omologhi. Esiste solo una coppia di cromosomi non omologhi, quella dei
cromosomi sessuali nel maschio dove il cromosoma Y deriva dal padre e il cromosoma X dalla
madre.
Durante l’interfase la cellula trascrive i suoi geni e sintetizza proteine. Il DNA si replica e i
cromosomi si duplicano quando la cellula è ancora in interfase e prima della divisione. Quando il

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DNA ha finito di replicarsi, la cellula può entrare in fase M, in cui avviene la mitosi. In questo
stadio i cromosomi si condensano, la membrana nucleare si frammenta e si forma il fuso costituito
da microtubuli e altre proteine.

Il fuso mitotico cattura i cromosomi condensati e ne trasporta una serie completa a ciascun polo
della cellula. Intorno a ogni corredo cromosomico si riforma la membrana nucleare e nella
citochinesi, ultima tappa della fase M, la cellula si divide in 2 cellule figlie. Lo stato di
condensazione dei cromosomi varia a seconda del ciclo di crescita della cellula. I cromosomi
fortemente condensati di una cellula in divisione sono noti come cromosomi mitotici, mentre ci si
riferisce ai cromosomi distesi col termine di cromosomi interfasici. Ogni cromosoma opera come
unità strutturale distinta, ognuno, deve essere capace di duplicarsi, separare le 2 coppie appena
duplicate e distribuirle correttamente nelle 2 cellule figlie. Queste funzioni sono controllate da 3 tipi
di sequenze specializzate del DNA. Un tipo di sequenza funziona da origine di replicazione, dove
comincia la duplicazione del DNA. Una seconda sequenza specializzata , detta centromero, fa si che
alla divisione si porti in ogni cellula figlia una coppia del cromosoma duplicato. Durante la mitosi,
in corrispondenza del centromero si forma un complesso proteico detto cinetocoro: esso attacca i
cromosomi al fuso, che li separa tirandoli. La terza sequenza specializzata del DNA, detta telomero,
si trova alle due estremità cromosomiche. Esse sono necessarie perché: dato che il DNA polimerasi
sintetizza il DNA solo in direzione 5’- 3’ e sul filamento lento può costruire solo frammenti
discontinui, partendo da inneschi a RNA forniti da un altro enzima. Alla punta estrema di una
molecola lineare di DNA non ci sarebbe posto per formare l’innesco a RNA e dare cosi inizio alla
sintesi del doppio filamento, per cui parte del DNA potrebbe facilmente andare perduto a ogni
replicazione. Gli eucarioti risolvono il problema della replicazione degli estremi con speciali
sequenze nucleotidiche terminali che attraggono un enzima, detto telomerasi, capace di aggiungere
copie multiple della stessa sequenza in coda al cromosoma e di fare uno stampo che consente di
replicare il filamento lento fino in fondo. I telomeri svolgono anche un’altra funzione: le sequenze
ripetitive telomeriche e le regioni ad esse adiacenti formano strutture che proteggono il DNA
dall’attacco di enzimi degradatori, detti nucleasi, che nella cellula digeriscono i nucleotidi partendo
preferenzialmente dall’estremità delle molecole. Il complesso DNA-proteine che forma un
cromosoma si chiama cromatina e si trova in stati diversi nelle varie fasi del ciclo di vita cellulare.

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Quando le cellule figlie si separano definitivamente dopo la mitosi, la membrana nucleare si riforma
e i cromosomi mitotici di decondensano. Nei mammiferi, uno dei cromosomi x femminili viene
inattivato permanentemente, forse perché una doppia dose di certi prodotti genetici potrebbe essere
letale: uno o l’altro a caso, si addensa fortemente e diventa eterocromatico in una fase precoce dello
sviluppo embrionale. Alcune prove del fatto che il cromosoma interfasico alterna zone di cromatina
molto addensata e zone di cromatina più distesa vengono da esperimenti in cui si alterna
l’espressione di un gene spostandolo di posto sul cromosoma. Le differenze di espressione
condizionate dalla collocazione di un gene nel menoma si chiamano effetti di posizione.
Il nucleo è delimitato da un involucro nucleare, esso è corredato di 2 reti di filamenti proteici, una
detta lamina nucleare, mentre l’altra circonda la membrana nucleare esterna. Le 2 membrane sono
forate qua e la dai pori nucleari, che trasportano attivamente molecole ben precise nel citosol e dal
citosol. Le cellule di un organismo non differiscono perché contengono geni diversi, ma perché li
esprimono diversamente. La cellula può controllare quali proteine produrre in vari modi:
controllando quando e con quale frequenza viene trascritto un gene, controllando come avviene il
processo di maturazione del trascritto primario a RNA, a livello di taglio e saldatura, scegliendo
quali mRNA far tradurre ai ribosomi, attivando o inattivando selettivamente proteine già prodotte. Il
controllo della trascrizione si esercita generalmente nella fase di inizio della trascrizione. La regione
promotrice di un gene attrae l’enzima RNA polimerasi e lo orienta correttamente, cosi può fare una
copia a RNA del gene. I promotori genetici sia dei batteri sia degli eucarioti comprendono un sito di
inizio, e una sequenza di circa 50 nucleotidi che si estende a monte dal sito di inizio. Questa regione
contiene siti necessari alla RNA polimerasi per legarsi al promotore. Quasi tutti i geni sia batterici
che eucaristici hanno, oltre al promotore, sequenze regolatrici del DNA che servono ad attivare e
disattivare un gene. Le sequenze regolatrici non lavorano in modo autonomo: per funzionare
devono essere riconosciute da proteine dette proteine regolatrici dei geni che si legano al DNA. Gli
operoni sono comuni nei batteri ma assenti negli eucarioti, dove i geni regolazione svolgono la loro
funzione. All’interno del promotore si trova una breve sequenza di DNA che viene riconosciuta da
una proteina regolatrice. Quando la proteina si lega a questa sequenza nucleotidica, detta operone,
blocca l’accesso della RNA polimerasi al promotore, il che impedisce la trascrizione degli enzimi
nocivi (triptofano sintetici). La proteina regolatrice del gene è nota come repressore del triptofano,
può legarsi al DNA solo se ha prima legato varie molecole di triptofano. Il repressore è
semplicemente un dispositivo che attiva o disattiva la produzione di una serie di enzimi biosintetici
a seconda della disponibilità del prodotto finale della via metabolica catalizzata da quegli enzimi.
L’inizio della trascrizione eucariotica differisce da quella batterica in: 1) i batteri contengono un
solo tipo di RNA polimerasi, le cellule eucariotiche ne hanno 3. 2) Le RNA polimerasi eucariotiche
non sono capaci di iniziare la trascrizione senza l’aiuto di proteine aggiuntive. Esse richiedono
l’intervento di un ampio gruppo di proteine dette fattori generici di trascrizione, che si devono
associare con la polimerasi al sito promotore, perché l’enzima possa partire a trascrivere. 3) Le
proteine regolatrici possono influenzare l’inizio della trascrizione posizionandosi molto distanti.
Questo fa si che un solo promotore possa essere controllato da un numero quasi illimitato di
sequenze regolatrici sparse lungo il DNA. Invece nei batteri i geni sono controllati spesso da una
sola sequenza regolatrice. 4) L’inizio della trascrizione eucariotica deve tener conto di un DNA
organizzato in nucleosomi ed eventualmente addensato in strutture cromatidiche più compatte. I
batteri utilizzano proteine regolatrici di geni per controllare l’espressione dei loro geni. Quasi tutti i
promotori eucariotici richiedono anche proteine attivatore che facilitano l’associazione tra RNA
polimerasi e fattori generici di trascrizione. Nella cellula eucariotica l’inizio della trascrizione deve
tener conto anche del fattore che il DNA è organizzato in cromatina. I nucleosomi è probabile che
siano presenti nelle regioni promotore, quando viene attivata la trascrizione del gene, questi
nucleosomi vengono spostati. La facoltà di accendere e spegnere molti geni con una sola proteina
non serve solo nella regolazione della funzione cellulare: è pure uno dei mezzi attraverso cui le
cellule eucariotiche si differenziano in vari tipi nel corso dello sviluppo embrionale. Il ciclo e
retroazione positiva genera memoria cellulare.

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9) Variazione genetica:

Alla radice di tutta la variazione genetica stanno dei cambiamenti del DNA (mutazioni) che
modificano la sua sequenza nucleotidica e quindi il suo contenuto di informazioni. Ogni grande
popolazione batterica contiene, oltre al tipo genetico predominante, un repertorio di mutanti che
rappresenta una nutrita scorta di varianti genetiche. I geni possono trasferirsi da un batterio ad un
altro in vari modi. Uno è la coniugazione batterica, il trasferimento diretto da cellula a cellula. Si
tratta di una capacità conferita dai geni presenti nei plasmidi batterici, piccole molecole di DNA
circolare a doppia elica, separate dal cromosoma batterico più grande. I plasmidi contengono un
origine propria che consente loro di replicarsi indipendentemente dal cromosoma. La coniugazione
può avvenire solo tra un batterio che contiene un plasmide F e un o che non ce l’ha. Il trasferimento
genico incrementa la variabilità genetica e quindi l’adattabilità dei batteri. La ricombinazione
omologa si verifica in tutti gli organismi e può avvenire tra 2 molecole qualsiasi di DNA a doppia
elica che presentino regioni similari per sequenza nucleotidica. La ricombinazione omologa inizia
con una interruzione in uno dei filamenti di DNA appartenenti a una delle due doppie eliche
allineate. Il filamento interrotto si svolge e invade l’altra molecola di DNA che a sua volta si
despiralizza localmente in modo che il filamento in arrivo si possa appaiare con il suo
complementare (crossing over). A questo punto il filamento di DNA spostato si rompe e si incrocia
con l’altro per appaiarsi con il filamento suo complementare appartenente all’altra molecola di
DNA. Esiste una terza via per il trasferimento genico tra batteri:i virus. Molti genomi batterici
contengono tratti di DNA chiamati elementi trasponibili (o trasposoni), che si spostano da un punto
all’altro del cromosoma per trasposizione e costituiscono una fonte importante di diversità genetica.
I trasposoni si muovono nel DNA ospite per mezzo di particolari enzimi ricombinatori (le
trasposasi), e si possono considerare come minuscoli parassiti nascosti nei cromosomi delle cellule.
Alcuni trasposoni contengono geni per la resistenza ai farmaci. I trasposoni sono capaci di passare
dal genoma batterico ai plasmidi, che in un secondo tempo possono trasferirsi ad altri batteri per
coniugazione. La duplicazione del DNA ha portato anche a evolvere geni nuovi reiterando brevi
sequenze che codificano singoli domini proteici. Negli eucarioti molte proteine sono composte da
una serie si unità strutturali , simili e ripetitive, dette domini proteici. Molti trasposoni eucariotici si
trasferiscono mediante un intermedio a RNA anziché a DNA. Questi vengono chiamati
retrotrasposoni e popolano solo i genomi eucariotici. I trasposoni si rivelano essere una fonte non
trascurabile di mutazioni, e la loro presenza rende il DNA cromosomico assai meno stabile. Benché
i virus batterici e quelli eucariotici si rassomiglino molto, un tipo molto importante si trova solo
nelle cellule eucariotiche : sono i retrovirus. I retrovirus presentano molte analogie con i
retrotrasposoni : la caratteristica più interessante che accomuna questi elementi genetici è la
capacità di sintetizzare il DNA utilizzando come stampo l’RNA. L’enzima responsabile è appunto
la trascriptasi inversa, codificata dal genoma virale e di cui qualche molecola pronta si trova già
incapsulata in ogni singolo virus.

11) Struttura della membrana:

La membrana cellulare non solo si comporta da barriera per impedire al contenuto cellulare di
sfuggire a disperdersi nell’ambiente circostante, la membrana è anche attraversata da canali e
pompe ad alta selettività, formati da molecole proteiche che consentono l’importazione e

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l’esportazione di altre. Tutte le membrane sono composte di lipidi e proteine e hanno una struttura
generalmente comune. La componente lipidica consiste in molti milioni di molecole lipidiche
disposte in 2 strati vicini e giustapposti, il doppio strato lipidico che fornisce la struttura di base e si
comporta da barriera impermeabile.
I lipidi hanno una testa idrofilica e 2 code idrocarburiche idrofobiche. I lipidi di membrana più
abbondanti sono i fosfolipidi, in cui la testa idrofilica è legata al resto della molecola da un gruppo
fosfato. Molecole con proprietà sia idrofiliche sia idrofobiche si dicono antipatiche. Quindi le
molecole antipatiche, come i fosfolipidi, risentono di 2 forze opposte: la testa idrofilica viene
attratta verso l’acqua, mentre la coda idrofobia se ne ritrae. Questo conflitto si risolve con la
costituzione di un doppio strato ed è molto favorita energicamente. La membrana si comporta come
un fluido bidimensionale (cioè le molecole si spostano). Nelle cellule animali la fluidità della
membrana è regolata dalla presenza del colesterolo, uno sterolo assente nelle piante, nel lievito e nei
batteri. Le membrane cellulari sono generalmente assimetriche, perché presentano verso l’interno
della cellula o dell’organello una faccia molto diversa rispetto all’esterno. Nelle cellule eucariotiche
quasi la totalità della sintesi di membrana avviene in un comparto intracellulare, il reticolo
endoplasmatico. Se la cellula deve assumere sostanze nutritive ed eliminare rifiuti, bisogna che la
membrana faccia passare anche ioni, zuccheri, amminoacidi e svariati metabolici, tutte molecole
che attraversano i doppi strati lipidici troppo lentamente per diffusione semplice, e quindi sono
necessarie proteine trasporto specializzate che facciano superare loro la barriera con efficienza
(proteine di membrana). Quasi tutte le membrane cellulari sono rinforzate e sostenute da una
impalcatura proteica, attaccata per mezzo di proteine transmembrana. In particolare esse si
organizzano in una trama di proteine fibrose, lo strato corticale (cortex) cellulare aderente alla
faccia citosolica, che determina la forma cellulare e le proprietà meccaniche della membrana
plasmatica.

12) Trasporto di membrana:

Le proteine di trasporto si possono distinguere in 2 classi: le proteine vettrici, legano un soluto da


una parte della membrana e lo trasferiscono dall’altra tramite un cambiamento della propria
conformazione. Invece le proteine di canale formano minuscoli pori idrofilici nello spessore del
doppio strato, attraverso i quali i soluti passano per diffusione. Un esempio semplice di proteina di
trasporto è il vettore del glucosio, presente nella membrana plasmatica degli epatociti. Due forze si
compongono nel determinare gli spostamenti di un soluto carico attraverso la membrana, una
dovuta al dislivello di concentrazione e l’altra alla differenza di potenziale elettronico. Le cellule
non possono far conto soltanto sul trasporto passivo. Il trasporto attivo dei soluti contro il loro
gradiente elettrochimico ha una importanza estrema per mantenere la composizione ionica
intracellulare e per importare soluti più concentrati dentro la cellula rispetto all’esterno. Il trasporto
attivo avviene in 3 modi:
1) I trasportatori accoppiano il trasporto di un soluto contro gradiente al trasporto di un altro
soluto secondo gradiente
2) Le pompe ad ATP accoppiano il trasporto contro gradiente all’idrolisi di ATP.
3) Le pompe fotoalimentate accoppiano il trasporto contro gradiente all’assorbimento di
energia luminosa (batteri).

Le piante, i funghi e molti altri batteri, accumulano il gradiente protonico per mezzo di ATPasi di
membrana che idrolizzano ATP per pompare H+ fuori dalla cellula, e somigliano alle pope Na+ -
K+ e Ca2+ dei mammiferi.

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Osmosi
Nel processo di osmosi, il solvente (in genere acqua) attraversa una membrana semipermeabile fluendo dalla zona
della soluzione a concentrazione minore, a quella a concentrazione maggiore. Il processo si arresta quando le due
soluzioni raggiungono la medesima concentrazione. Nell'esempio, le molecole d'acqua, sufficientemente piccole da
riuscire a filtrare attraverso la membrana, fluiscono nella soluzione satura di zucchero, mentre le molecole di zucchero,
troppo grandi per attraversare la membrana, restano nella soluzione ad alta concentrazione.
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Trasporti attraverso le membrane biologiche
I meccanismi di trasporto attraverso le membrane biologiche fanno sì che le diverse sostanze raggiungano la zona
della cellula o dell'organismo in cui devono essere utilizzate o accumulate. Lo spostamento può avvenire senza o con
dispendio di energia e, a seconda delle dimensioni molecolari e della natura chimica dei composti che devono essere
veicolati, può verificarsi attraverso il doppio strato fosfolipidico che compone le membrane oppure richiedere la
presenza di proteine di trasporto (carriers) o di strutture proteiche più complesse (come le pompe ioniche). Ma il più
profondo significato dei fenomeni di trasporto biologico sta nel fatto che permettono il mantenimento della diversità tra
l'ambiente interno della cellula, o dell'organismo, e l'ambiente esterno e, dunque, l'identificazione delle caratteristiche
proprie di ciascuna entità vivente.
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13) Mitocondri e cloroplasti come generatori di energia

Nella cellula la moneta energetica principale è l’ATP. Nelle cellule eucariotiche si generano
modeste quantità di ATP nel citosol durante la glicolisi, mentre la maggior parte viene prodotta nei
mitocondri (cloroplasti). Processo per la produzione dell’ATP: 1) elettroni derivati da ossidazione
vengono trasferiti attraverso una serie di vettori appositi, detta catena per il trasporto di elettroni. 2)
accoppiamento chemiosmotico. Nei mitocondri viene prodotta la maggior parte dell’ATP.

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Respirazione cellulare: fosforilazione ossidativa
Sulla membrana interna del mitocondrio si trovano particolari molecole, capaci di accettare e donare elettroni e perciò
dette trasportatori (citocromi, flavoproteine e coenzima Q). A queste il NADH e il FADH2, derivanti dal ciclo di Krebs,
cedono i propri elettroni, convertendosi nella forma ossidata e potendo quindi essere riutilizzati in un nuovo ciclo. Il
trasferimento di elettroni che si attiva lungo i trasportatori è un processo che libera energia, ed è responsabile della
trasformazione dell’ossigeno (proveniente dalla respirazione) ad acqua, e della alta resa energetica della respirazione
cellulare, in termini di sintesi di molecole di ATP. Questa energia, infatti consente il pompaggio di ioni idrogeno H+ dalla
matrice verso lo spazio inter-membrana, e l’aumento della loro concentrazione in questa sede. Per il fenomeno della
chemiosmosi, questi ritornano verso la matrice passando attraverso speciali canali proteici; tale flusso di ioni mette a
disposizione energia per la sintesi di ATP.
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I mitocondri contengono il loro DNA ed RNA e un sistema completo di trascrizione e traduzione,


ribosomi compresi, possono sintetizzare alcune delle loro proteine da soli. La catena per il trasporto
di elettroni responsabile della fosforilazione ossidativa è presente in molte copie nella membrana
mitocondriale interna. Nota anche come catena respiratoria, contiene 40 proteine di cui 15 sono
implicate nel trasporto degli elettroni. Quasi tutte sono immerse nel doppio strato lipidico e
funzionano solo se la membrana è intatta. 3 complessi enzimatici: complesso della NADH
deidrogenasi – il complesso del citocromo – il complesso della citocromo ossidasi. (= proteine che
compongono la catena respiratoria). I complessi respiratori sono sede delle pompe protoniche e
ciascuno di essi può essere immaginato come un macchinario proteico che trasferisce protoni oltre
la membrana man mano che capta gli elettroni al loro passaggio. Le proteine della catena
respiratoria guidano gli elettroni in modo che passino da un complesso enzimatico all’altro.

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Ciclo di Krebs
Negli organismi che vivono in presenza di ossigeno, l’energia viene ottenuta attraverso il processo di respirazione
cellulare, del quale il ciclo di Krebs rappresenta la fase intermedia. Durante il ciclo avviene la completa ossidazione a
CO2 dell’acido piruvico, composto derivante dalla glicolisi e che, a sua volta, costituisce una forma solo parzialmente
ossidata del glucosio. Nel ciclo di Krebs avviene la sintesi di una sola molecola di ATP per molecola di acido piruvico; la
sua funzione è di produrre molecole in forma ridotta (gli “accettori di elettroni”) che, nella successiva fosforilazione
ossidativa, saranno coinvolte in un processo ad alta resa energetica.
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Nelle cellule eucariotiche il gradiente protonico viene utilizzato per sintetizzare ATP e per
traghettare certi metabolici oltre la membrana mitocondriale.

14) Compartimenti intracellulare e trasporto:

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Una strategia utilizzata sia dalle cellule procariotiche che eucariotiche consiste nell’aggregare i vari
enzimi necessari per catalizzare una certa sequenza di reazioni in un solo grande complesso
proteico. Una seconda strategia sta nel confinare processi metabolici differenti, e le proteine che vi
partecipano, in compartimenti diversi, delimitandoli con membrane. Le membrane cellulari,
fungono da barriere a permeabilità selettiva per controllare il passaggio di quasi tutte le molecole. I
ribosomi sintetizzano proteine destinate alla membrana RE o elle altre sue cavità. L’apparato di
Golgi riceve proteine e lipidi dall’RE, li modifica e li smista verso altre destinazioni cellulari. I
lisosomi degradano gli organelli troppo consumati . I perossisomi sono organelli delimitati da una
membrana singola: contengono enzimi attivi in tutta una serie di reazioni ossidative che
demoliscono i lipidi. I mitocondri e i cloroplasti sono invece circondati da una membrana doppia:
ospitano la fosforilazione ossidativa e la fotosintesi e contengono entrambi membrane altamente
specializzate nella produzione di ATP. La somiglianza del loro genoma, e più ancora di alcune delle
loro proteine, con le corrispondenti molecole batteriche indica fortemente che i mitocondri e i
cloroplasti devono derivare da batteri, fagocitati da cellule eucariotiche primitive con cui in un
primo tempo si stabilì un rapporto simbiotico. Questo spiegherebbe anche perché questi organelli
hanno 2 membrane. Prima di completare la sua riproduzione dividendosi in 2, la cellula eucariotica
deve duplicare i suoi organelli delimitati da membrana. La cellula non può fabbricarli da materiale
eterogeneo: le serve l’informazione presente nell’organello stesso. Quindi per lo più gli organelli si
formano da quelli preesistenti, che crescono e si dividono. Le proteine sintetizzate nel citosol
vengono spedite alle varie destinazioni cellulari in base all’indirizzo specifico indicato nella loro
sequenza amminoacidica: giunta all’indirizzo (segnale di smistamento) appropriato, la proteina
entra nell’organello. La sintesi di quasi tutte le proteine comincia sui ribosomi del citosol. Oltre ai
pori nucleari un’altra via di passaggio per le proteine sono i traslocatori proteici situati nella
membrana (la proteina deve svolgersi per penetrare a filo nella membrana). Le proteine che vanno
oltre l’RE viaggiano a bordo di vescicole di trasporto. Sulle proteine il segnale di smistamento
consiste in un tratto continuo di amminoacidi. La membrana nucleare interna contiene proteine che
agiscono da siti di legame per i cromosomi e per la lamina nucleare. I pori nucleari trasportano
proteine ripiegate nella loro conformazione nativa e trasferiscono componenti ribosomici come
particelle già montate, e in questo si distinguono dai sistemi di trasporto attivi in altri organelli. Per
crescere e mantenersi i mitocondri e i cloroplasti hanno bisogno di apportare alle loro membrane
non solamente proteine nuove ma anche lipidi nuovi. Si ritiene che i fosfolipidi vengano importati
dall’RE. Il Re serve da punto di entrata per proteine destinate ad altri organelli, oltre che a se stesso.
Due sono i tipi di proteine che traslocano dal citosol all’RE: le proteine idrosubili e le proteine
destinate a una collocazione transmembrana che attraversano solo parzialmente la membrana. In
alcune proteine transmembrana la sequenza segnale per l’inizio del trasferimento si trova all’interno
anziché all’amminoterminale e non viene rimossa. In pratica le proteine di membrana pluripassanti
vengono inserite nel doppio strato lipidico durante la sintesi con un meccanismo che somiglia a
quello di una macchina da cucire. Il trasporto dall’RE all’apparato di Golgi e dall’apparato di Golgi
ad altri comparti del sistema di membrane intracellulare si svolge per gemmazione e fusione
continua di vescicole di trasporto. Nella via secretoria, diretta all’esterno , le molecole proteiche
vengono trasportate dall’RE , attraverso l’apparato di Golgi , alla membrana plasmatica o ai
lisosomi. Nella via endocitica, diretta verso l’interno, le molecole extracellulari vengono inglobate
in vescicole derivate dalla membrana plasmatica, recapitate agli endosomi precoci e infine ai
lisosomi. I recettori del carico, vengono catturati dalle adaptine che ancorano pure le molecole di
clatrina alla faccia citosolica della vescicola in gemmazione. Le molecole di dinamina formano un
complesso intorno alla radice della vescicola in gemmazione. Una volta associate fanno staccare la
vescicola. Il traffico vescicolare non rimane confinato dentro la cellula: si estende in entrambi i
sensi fino alla membrana plasmatica. Alla superficie cellulare arrivano proteine , lipidi e carboidrati
di nuova sintesi, provenienti dall’RE, via apparato di Golgi, veicolati da vescicole di trasporto che si
fondono con la membrana plasmatica in un processo chiamato esocitosi. Molte proteine che entrano
nel lume dell’Re o nella sua membrana si convertono in glicoproteine per lo stabilirsi di legami

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covalenti con catene lateali oligosaccaridiche. Sono gli enzimi glicosilanti, presenti nell’RE e non
nel citosol a catalizzare tale processo , detto anche glicosilazione. Le proteine mal conformate si
legano alle proteine secondatrici (chaperon) nella cavità dell’RE, per cui vi si trattengono, mentre le
proteine normoconformate, passano all’apparato di Golgi via vescicole di trasporto. Se le proteine
mal conformate non riescono ad assumere la struttura tridimensionale giusta vengono trasportate nel
citosol e demolite.

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Regolazione della sintesi delle proteine enzimatiche
La sintesi e l'attività delle proteine enzimatiche è sottoposta a delicati sistemi di regolazione, che intervengono in tal
modo nel controllo delle reazioni metaboliche della cellula. In particolare, il controllo della sintesi può essere spiegato
attraverso il modello dell'operone, introdotto dai francesi Jacques Monod e Francois Jacob nel 1961 e considerato una
tappa fondamentale della biologia molecolare.
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In tutte le cellule eucariotiche esiste una corrente continua di vescicole che gemmano dal reticolo di
Golgi trans e si diffondono con la membrana plasmatica. Questa via di esocitosi costitutiva rimane
sempre in funzione e fornisce lipidi e proteine di nuova sintesi alla membrana plasmatica: per
questa via la membrana viene rifornita quando deve crescere di dimensioni per poi dividersi. Per
questa stessa via vengono trasportate alla superficie cellulare proteine che si devono riversare
all’esterno, nel processo della secrezione. Le cellule secretici specializzate producono grandi
quantità di particolari prodotti, come ormoni, che vengono immagazzinati in vescicole secretorie.
Queste vescicole gemmano dal reticolo di Golgi trans e si accumulano in prossimità della
membrana plasmatica, ma si fondono con essa solo quando la cellula viene stimolata da un segnale
extracellulare, riversando il loro contenuto fuori. Le cellule eucariotiche si riforniscono
continuamente di fluidi e anche di molecole grandi e piccole con il processo dell’endocitosi. Il
materiale da ingerire viene progressivamente abbracciato da un tratto di membrana plasmatica, che
comincia col gemmare verso l’interno e poi si distacca formando una vescicola endocitica
intracellulare. Il materiale ingerito viene infine consegnato ai lisosomi, che lo digeriscono: i
metabolici derivati dalla digestione si trasferiscono direttamente fuori dal lisosoma nel citosol,
dove la cellula li utilizza. Molte particelle e molecole extracellulari ingerite dalla cellula finiscono
nei lisosomi, che sono sacchi membranosi di enzimi idrolitici che provvedono alla digestione
intracellulare controllata del materiale di provenienza esterna come anche gli organelli consumati
dall’uso.

16) Il Citoscheletro:

Al suo interno la cellula si muove continuamente, e allora è il citoscheletro che provvede gli
apparati necessari per i movimenti intracellulare, come il trasporto degli organelli da una regione ad
un’altra, la distribuzione dei cromosomi alle due cellule figlie nella mitosi e la strozzatura che ne
completa il distacco nella divisione cellulare degli animali. Nei procarioti il citoscheletro non esiste.
Il citoscheletro si fonda su un’intelaiatura di filamenti proteici di tre tipi: filamenti intermedi,
microtubuli e i filamenti actinici. I filamenti intermedi rendono la cellula più resistente ai danni
meccanici. I microtubuli hanno il compito di posizionare gli organelli delimitati da membrana e di
pilotare i loro spostamenti nell’ambito della cellula. Quando la cellula entra in mitosi, i microtubuli
citoplasmatici di dissociano nei loro elementi, per poi riassociarsi in quella complicata struttura che
è il fuso mitotico. I microtubuli sono fatti di subunità (molecole di tubulina), le subunità ti tubulina
si impilano a formare le pareti della cavità del microtubuli. Le cellule possono limitare
selettivamente l’instabilità dinamica dei loro microtubuli. I microtubuli influenzano anche la
disposizione delle membrane cellulari eucariotiche, specie grazie alle proteine motrici che si
spostano seguendone il corso. Le proteine motrici (chinesine e dineine) si legano ai filamenti di
actina o ai microtubuli e utilizzano l’energia ottenuta da cicli ripetuti di idrolisi dell’ATP. Le cellule
utilizzano i microtubuli stabilizzati come supporti rigidi per costruire tutta una serie di strutture
dotate di polarità, tra cui cilia e flagelli. I filamenti actinici si trovano in tutte le cellule eucariotiche
e sono essenziali per molti dei loro movimenti, specialmente quelli relativi alla superficie cellulare.
In una cellula animale tipica l’actina è circa il 5% della proteina totale: circa la metà si trova
montata in filamenti actinici, mentre l’altra metà si trova libera nel citosol in forma monomerica.
Pur essendo presente dovunque nel citoplasma della cellula eucariotica, l’actina si trova concentrata
in un o strato sotto la membrana plasmatica, cortex cellulare. I microtubuli e i filamenti actinici si
differenziano per una caratteristica fondamentale: per questi ultimi il nucleo proteico organizzatore
si trova all’estremità più, e i monomeri si aggiungono a questa stessa estremità per allungare. Tutte
le proteine motrici actino-dipendenti appartengono alla famiglia delle miosine. Esse legano e
idrolizzano ATP, procurandosi cosi l’energia per muoversi lungo i filamenti di actina dall’estremità
meno verso quella più.

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17) La divisione cellulare:

Il ciclo della cellula eucariotica si divide in 4 fasi: mitosi, citochinesi = fase M. Poi abbiamo
l’interfase e la fase S di sintesi dove la cellula replica il suo DNA nucleare. Per tutta l’interfase la
cellula continua a trascrivere geni, sintetizzare proteine e crescere come massa. Le fasi G1 e G2 nel
loro insieme danno altro tempo alla cellula per crescere e duplicare i suoi organelli citoplasmatici. Il
primo segno visibile che una cellula sta per entrare in fase M è la condensazione progressiva dei
suoi cromosomi, la condensazione cromosomica segna la fine della fase G2. La produzione di 2
cellule figlie avviene durante la mitosi e se ne occupa il fuso mitotico, composto principalmente di
microtubuli, che comincia ad associarsi alla fine della fase G2. Prima che inizi la mitosi ogni
cromosoma è duplicato, e consiste di 2 cromatidi identici, uniti nel senso della lunghezza da
interazioni tra proteine cromatidiche di superficie. Durante la mitosi queste proteine vengono
degradate, i cromatidi fratelli si separano e diventano cromosomi figli indipendenti, e il fuso
mitotico li tira ai poli opposti della cellula. La mitosi si divide in 5 stadi: profase dove i cromosomi
duplicati si condensano, prometafase l’involucro nucleare si frammenta facendo entrare in contatto i
cromosomi, metafase il fuso mitotico raccoglie tutti i cromosomi al centro del fuso, anafase i 2
cromatidi fratelli di ogni cromosoma duplicato si allontana e il fuso li porta verso poli opposti.
Durante la telofase si riassocia l’involucro nucleare intorno a ciascuno dei 2 corredi cromosomici
suddivisi e si formano i 2 nuclei.
Meiosi: Processo caratteristico delle cellule eucarioti, durante il quale da una cellula si formano
quattro cellule figlie, aventi la metà del patrimonio genetico di quella originaria. In altri termini, la
meiosi determina la ripartizione di ciascuna coppia di cromosomi omologhi (cromosomi su cui si
trovano geni corrispondenti) presenti nelle cellule diploidi. La meiosi si differenzia da un altro

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processo di divisione cellulare, la mitosi, nella quale si formano cellule figlie aventi lo stesso
patrimonio genetico della cellula madre.

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