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della Divina
Commedia
A mio padre e a mia madre
Marta Sambugar
Un particolare ringraziamento, da parte delle autrici, va a Daniela Francalanci per l’attenta opera di coordinamento, a Paola
Campinoti per il puntuale contributo di revisione e l’accurata redazione e a Filippo Doveri, che ha collaborato alla stesura
dei testi.
La parafrasi dei seguenti canti è tratta da La Divina Commedia a cura di Natalino Sapegno, La Nuova Italia, Firenze, 2004.
Inferno: canti VI, XV, XXII, XXXIV.
Purgatorio: canti II, XI, XXIII, XXIV, XXVI, XXVIII, XXX, XXXI.
Paradiso: canti III, VI, XV, XVI, XVII (vv. 1-12).
In copertina: Dante Gabriel Rossetti, La preghiera di Beatrice, Tate Gallery, Londra, ©Artothek, Archivio Fratelli Alinari, Firenze
La realizzazione di un libro presenta aspetti complessi e richiede particolare attenzione in tutte le fasi della lavorazione. Revisioni e rilettu-
re vengono effettuate più volte; ciò nonostante, sappiamo per esperienza che è molto difficile evitare completamente errori o imprecisioni.
Ringraziamo sin da ora chi vorrà segnalarli alla redazione.
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del
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ISBN 978-88-221-7272-3
Ristampe
2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Antologia
della Divina
Commedia
a cura di
Marta Sambugar
Gabriella Salà
Indice
La Divina Commedia
cANTO XX 131
Inferno 32
cANTO XXI 132
IV
InDICE
LA cRITIcA Anna Maria Chiavacci Leonardi, Il mondo fantastico di William Blake 205
«Fatti non foste a viver come bruti» 154 Le illustrazioni di Gustave Doré 205
LABORATORIO DI ScRITTuRA Il surrealismo di Salvador Dalí 206
Tipologia B, Articolo di giornale La visione attualizzante di Rauschenberg 207
Il mito del viaggio 155
3. Il mito dantesco 208
I temi del mito 208
cANTO XXVII (vv. 58-135) 162
L’esilio 208
LABORATORIO DI ScRITTuRA L’amore per Beatrice 208
Tipologia A, Analisi di un testo poetico 167 Dante 208
AnALISI D’OPERA
cANTO XXVIII 169
A. Bronzino, Ritratto allegorico di Dante 209
cANTO XXIX 170 D. Peterlin, Dante in esilio 210
D.G. Rossetti, Dantis amor 211
cANTO XXX 171
D.G. Rossetti, Beata Beatrix 212
cANTO XXXI 172 D.G. Rossetti, Il sogno di Dante al tempo della morte
di Beatrice 213
cANTO XXXII 173
H. Holiday, Dante e Beatrice 214
cANTO XXXIII (vv. 1-90) 174 L. Signorelli, Dante e Virgilio varcano la porta
LA cRITIcA Francesco De Sanctis, Raffaello Ramat, del Purgatorio 215
Il conte ugolino: un intreccio di passioni infernali 181 L. Giordano, L’inferno 216
cANTO XXXIV (integrale) 184 J.-A.-D. Ingres, Il bacio di Paolo e Francesca 217
PER IL RIPASSO • IN SINTESI Il Basso inferno 192 E. Delacroix, Filippo Argenti si aggrappa alla barca di
Dante 218
P. Veit, L’Empireo 219
una finestra sull’arte J.-B.-C. Corot, Dante e Virgilio 220
Dante e la Divina Commedia 193 A. Rodin, Paolo e Francesca 221
U. Boccioni, Il sogno o Paolo e Francesca 222
1. Qual era il volto di Dante? 194
P. Guiotto, Vestibolo dell’inferno 223
Dante secondo i contemporanei 194
PER LAVORARE SuLL’ARTE 224
Dante come “sommo poeta” 194
Verso la codificazione del suo volto 195
Dante secondo Raffaello 196
Ma Dante era realmente così? 197 Purgatorio 225
V
InDICE
LABORATORIO DI ScRITTuRA
cANTO V (vv. 58-136) 253
Tipologia A, Analisi di un testo poetico 311
LABORATORIO DI ScRITTuRA
Tipologia B, Articolo di giornale
cANTO XXVII 313
La figura di Pia de’ Tolomei 259
cANTO XXVIII (integrale) 314
VI
InDICE
VII
La Divina Commedia
Divina Commedia
La composizione
L’opera Nel suo Trattatello in laude di Dante, Boccaccio sostiene che Dante avrebbe composto i
di una vita primi sette canti dell’Inferno a Firenze, prima dell’esilio (avvenuto nel 1302), e che avreb-
be poi ripreso il poema intorno al 1307, dopo essere fortunosamente rientrato in possesso
delle sue carte.
La critica moderna tende a considerare fantasiosa questa ipotesi e sostiene invece che
l’inizio della stesura della Commedia risalirebbe al 1306-1307 circa, in coincidenza con
l’interruzione del Convivio. Proprio nel quarto trattato dell’opera, rimasto incompleto,
compaiono infatti una serie di temi che saranno sviluppati ampiamente nel poema, come
la riflessione sulla funzione provvidenziale dell’impero, la denuncia della cupidigia come
causa dei mali che affliggono la società, il concetto di homo viator (“uomo viaggiatore”),
che considera la vita umana come un cammino verso Dio.
Gli elementi di Sembra dunque plausibile che Dante abbia cominciato a lavorare all’Inferno nel 1306
datazione delle e che la prima cantica sia stata completata intorno al 1311, anche se la sua diffusione
cantiche pare essere successiva all’aprile del 1314, data della morte di papa Clemente V, a cui
Dante accenna nell’Inferno (XIX, 83-87; vedi p. 126). Già nel 1316, comunque, su alcuni
registri notarili di Bologna (i famosi Me-
moriali bolognesi) furono trascritti i
versi 94-96 del III canto dell’Inferno,
prima conferma della circolazione del
poema dantesco.
Il Purgatorio era probabilmente già con-
cluso nel 1315, se si accetta l’interpre-
tazione che vede nella profezia fatta da
Forese Donati (Purg. XXIII, 109-111;
vedi p. 295) un riferimento alla batta-
glia di Montecatini, combattuta il 29
agosto di quell’anno. Sappiamo comun-
que che in un volgarizzamento fiorenti-
no dell’Eneide datato 1316 (opera di An-
drea Lancia) vi è un preciso riferimento
al Purgatorio II, 81 (vedi p. 242); si tratta
dell’incontro tra Dante e Casella, che è,
a sua volta, una ripresa dell’incontro agli
inferi tra Enea e Anchise. Inoltre, anche
la circolazione del Purgatorio è docu-
mentata in un fascicolo del 1319 dei Me-
moriali bolognesi.
Al Paradiso, infine, Dante lavorò presu-
mibilmente fino agli ultimi mesi di vita
e non vi sono prove che la terza cantica
sia circolata prima della morte del suo
autore. Sappiamo soltanto che nella
prima Egloga, inviata a Giovanni del
Virgilio nel 1319, Dante contrappone
il Paradiso, ancora incompleto, alle
prime due cantiche, finite e ormai già
diffuse da anni. Jean Colombe, Purgatorio, 1480-1489, Chantilly, Musée Condé.
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Dante e il poema sacro
Perché Pare invece che l’aggettivo “divina”, entrato stabilmente nell’uso dopo l’edizione del poe-
“divina”? ma stampata a Venezia nel 1555 e curata da Ludovico Dolce, sia stato aggiunto da Giovanni
Boccaccio (forse per il contenuto dottrinale ed erudito dell’opera) quando, nel 1373, fu chia-
mato dal comune di Firenze a leggere e commentare pubblicamente la Commedia nella
Badia di Santo Stefano.
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Divina Commedia
I contenuti La Commedia è il racconto di un viaggio immaginario che Dante compie, nel corso di
una settimana (vedi p. 6), nei tre regni dell’oltretomba cristiano: inferno, purgatorio,
paradiso. Scopo di questo viaggio, permesso da Dio grazie all’intercessione di Beatrice, la
giovane amata da Dante e da lui cantata nella Vita Nova, è in primo luogo quello di salvare
l’anima del poeta, ormai prossima alla morte spirituale. Ma, oltre alla dimensione perso-
nale, il poema dantesco ha anche una dimensione universale (vedi p. 11), ovvero quella
di mostrare al mondo il percorso che l’uomo deve compiere per arrivare alla salvezza e le
punizioni che aspettano chi ha scelto di vivere nel peccato.
L’opera ha inizio con Dante che, smarritosi in una «selva oscura», tenta di salire su un
colle illuminato dal sole. Viene però ostacolato da tre belve feroci e, mentre è sul punto di
tornare indietro, gli appare l’anima del poeta latino Virgilio, che si offre di guidarlo nell’in-
ferno e nel purgatorio e gli racconta di essere stato chiamato in suo aiuto da Beatrice,
che lo accompagnerà nel paradiso. Insieme alla sua prima guida, Dante scende attraverso
tutti i gironi infernali, fino al punto più basso in cui è conficcato Lucifero, «lo ’mperador
del doloroso regno». I due poeti escono quindi dall’inferno e arrivano alla montagna del
purgatorio. Dopo aver compiuto un rito di purificazione necessario a “lavare” l’anima dalle
scorie infernali, Dante e Virgilio intraprendono la salita e visitano le sette cornici in cui è
suddiviso il purgatorio. Una volta giunti sulla cima della montagna, dove ha sede il Para-
diso terrestre, Virgilio scompare e davanti a Dante si manifesta Beatrice. Il poeta confessa
le sue colpe e, dopo un nuovo rito di purificazione, è finalmente pronto per ascendere al
cielo insieme a Beatrice. Giunge così nell’ultimo regno e, passando di cielo in cielo, arriva
fino alla Rosa dei beati, dove la donna lascia il posto a san Bernardo; questi rivolge una
preghiera alla vergine Maria, affinché sia consentito a Dante di contemplare Dio. Il poema
termina con la visione del mistero della trinità e dell’incarnazione.
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Dante e il poema sacro
5
Divina Commedia
La Terra Dante pensava che la Terra fosse in origine divisa in due emisferi: uno, il boreale, con a
immaginata nord Gerusalemme, formato solo di terra; l’altro, l’australe, completamente coperto dall’ac-
da Dante qua. Quando Lucifero si ribellò a Dio, precipitò dall’Empireo e cadde sulla Terra; una mas-
sa di questa, inorridita dal suo contatto, si inabissò ed emerse dalla parte opposta, dando
origine alla montagna del purgatorio; nella terra si creò così un grande vuoto, una voragine
a forma di imbuto, l’inferno, nel cui profondo rimase conficcato Lucifero (Inf. XXXIV, vedi
p. 184). Queste coordinate spaziali non erano affatto comuni ai tempi di Dante: sono una
delle più grandi invenzioni del poeta fiorentino. Basandosi su precisi richiami alla Bibbia
(la caduta di Lucifero dal cielo e il suo sprofondare sotto le acque) e sulla fisica aristotelica
(in particolare per quanto riguarda il centro di gravità posto al centro dell’universo), Dante
motiva la formazione del mondo sublunare, e in particolare dell’inferno, come effetto della
ribellione di Lucifero al suo creatore, facendo coincidere una spiegazione fisica con una
teologica.
Il viaggio Il viaggio immaginario di Dante nell’oltretomba dura una settimana: dal venerdì santo,
di Dante 8 aprile 1300, fino al giovedì dopo Pasqua, 14 aprile. Dante, che si era perso nella selva
durante la notte tra il giovedì e il venerdì santo, guidato da Virgilio (allegoria della ragio-
ne), inizia il suo viaggio al tramonto dell’8 aprile. La sera del 9 aprile arriva nelle profondi-
tà dell’inferno, dove risiede Lucifero. È l’alba della domenica di Pasqua: Dante e Virgilio,
usciti dall’inferno, giungono sulla spiaggia del purgatorio, una montagna che s’innalza
sull’oceano. La salita è faticosa e dura tre giorni e mezzo: infatti arrivano sulla cima, dove
si trova il Paradiso terrestre, a mezzogiorno del 13 aprile. Virgilio ha terminato il suo com-
pito e scompare. Accanto a Dante c’è ora Beatrice, che lo guiderà in paradiso; essa è alle-
goria della Grazia, senza la quale l’uomo non può ascendere al cielo. Dante, guidato da
Beatrice, sale di cielo in cielo fino alla visione beatificante di Dio. Questa fase del viaggio
inizia e termina il 14 aprile, giovedì dopo Pasqua.
Recenti studi hanno fatto ipotizzare che il viaggio sia stato collocato da Dante non nel
1300 ma nel 1301, anno del Giubileo secondo la cronologia seguita dal calendario fio-
rentino, in contrasto con quella del papa, Bonifacio VIII. L’ipotesi troverebbe riscon-
tro nell’analisi delle coordinate astronomiche e astrologiche (nel Medioevo astronomia e
astrologia erano un’unica disciplina) di cui Dante ha disseminato la Commedia; un “oro-
logio” naturale che permette di capire quando si sono svolti gli eventi, indipendentemente
dai diversi calendari.
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Dante e il poema sacro
I percorsi tematici
I tre percorsi All’interno della Commedia, opera in cui tro-
della vano posto tutti i principali elementi che carat-
Commedia terizzano il pensiero di Dante, si possono distin-
guere tre grandi percorsi tematici.
APPROFONDIMENTO
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Divina Commedia
cescano, che aveva invece rinunciato alla povertà evangelica voluta dal suo fondatore
(Paradiso XI e XII);
• l’ingresso nell’Empireo, sede di tutti i beati, che è preceduto da una violenta invetti-
va del primo pontefice, san Pietro, contro Bonifacio VIII («Quelli ch’usurpa in terra
il luogo mio», Paradiso XXVII, 22) e contro i papi corrotti, paragonati a «lupi rapaci»
sotto l’aspetto di pastori che dovrebbero occuparsi della salvezza delle anime dei fedeli
e hanno invece ridotto la Chiesa a una «cloaca».
lETTERATuRA E TRADIzIONE
Gustave Doré,
Dante e Virgilio incontrano
nel Limbo i grandi poeti e gli eroi
dell’antichità, 1861-1868,
incisione.
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Dante e il poema sacro
Il significato dell’opera
Dante Nella Commedia Dante appare nella triplice ve-
personaggio, ste di personaggio, narratore e autore, ma questi
narratore e tre ruoli non coincidono tra loro e non presuppon-
autore
gono i medesimi punti di vista: il punto di vista di
Dante personaggio (cioè l’uomo che, per volontà
di Dio, intraprende ancora vivo un viaggio nei re-
gni dell’oltretomba) è più limitato di quello di
Dante narratore (l’io narrante che “rivive il viag-
gio” nella sua memoria e che ne porta testimo-
nianza agli uomini attraverso il suo racconto).
Dante narratore è colui che, a distanza di tem-
po, è in grado di interpretare il significato
delle situazioni che hanno provocato lo
smarrimento di Dante personaggio e di
fare anche considerazioni di carattere
etico, storico e politico sulle visioni che
descrive e sui fatti che racconta (da qui
deriva il valore didascalico e morale
della Commedia). Tuttavia, il punto di vi-
sta di Dante narratore è più limitato di
quello di Dante autore: infatti, quando si
trova a riferire la rivelazione ricevuta nel Cristofano dell’Altissimo, Dante Alighieri, XVI
paradiso, Dante narratore non trova le secolo, Firenze, Galleria degli Uffizi.
parole adeguate per trasmettere al lettore
una simile esperienza e il suo significato e allora, al suo posto, interviene Dante Alighieri,
l’autore reale dell’opera. Questo triplice livello della narrazione appare chiaro fin dai pri-
tre, nel XXV canto dell’Inferno, presentando le comico-realistica corrispondente alla tenzone
metamorfosi dei ladri egli si dichiara superiore con Forese Donati (Purg. XXIII, p. 292 e vol. 1,
sia a Lucano sia a Ovidio, che nelle loro opere pp. 136-137);
avevano descritto scene simili ma di minore • la definizione della nuova poetica stilnovi-
difficoltà poetica; stica durante l’incontro con il poeta lucchese
• il superamento del codice cortese del romanzo Bonagiunta Orbicciani (Purg. XXIV, p. 299) e
cavalleresco, nel celebre epi sodio di Paolo e l’omaggio a Guido Guinizzelli, modello poetico di
Francesca (Inf. V, p. 67); riferimento per i poeti del «dolce stil novo» (Purg.
• il ricordo affettuoso dell’amico Guido Cavalcanti, XXVI, p. 307);
durante il colloquio con il padre di quest’ultimo • il confronto con la grande poesia provenzale, ricor-
(Inf. X, p. 90), il quale domanda come mai il figlio data attraverso le canzoni morali di Guiraut de
non accompagni Dante nel suo viaggio nell’oltre- Bornelh e il virtuosismo tecnico di Arnaut Daniel
tomba: il poeta fiorentino risponde che ciò è dovuto (per entrambi Purg. XXVI, p. 307), e con la lirica
al rifiuto di Guido di volgere la sua poesia filosofica d’amore di Folchetto di Marsiglia (Par. IX);
verso Dio, condannando di fatto le scelte del suo • la presa di coscienza del suo ruolo di nuova «glo-
«primo amico» della Vita Nova; ria de la lingua» dopo Guido Guinizzelli e Guido
• la ripresa dello sperimentalismo linguistico delle Cavalcanti (Purg. XI, 98, p. 277) e del suo valore
rime «petrose» soprattutto nei canti del Basso poetico destinato a durare immortale nei secoli
inferno (Inf. XXXII) e il superamento della fase (Par. XVII e XXV).
9
Divina Commedia
mi versi dell’opera: «Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva
oscura»:
• Dante personaggio è colui che all’età di trentacinque anni si è smarrito in una selva oscura;
• Dante narratore è quello che ci racconta l’episodio, ponendolo al passato («mi ritro-
vai»);
• Dante autore è quello che mette in versi l’accaduto e, per differenziarsi sia dal perso-
naggio sia dal narratore, inserisce il racconto all’interno di una dimensione universale
(«nostra vita»).
Vediamo questi tre livelli più in dettaglio nelle prime quattro terzine.
Un racconto Nella Commedia Dante percorre i tre regni dell’oltretomba (inferno, purgatorio e para-
esemplare diso), osservando la sorte ultraterrena di dannati, penitenti e beati. Attraverso la visione
di peccati, penitenze e beatitudini, le passioni umane vengono osservate dal duplice
punto di vista della religione cristiana e di Dante stesso. Il poeta si sente depositario di
una missione di salvezza: egli, attraverso il racconto polisemico (cioè con più livelli di
significato, vedi pp. 11-13) del viaggio nell’oltretomba, si propone di indicare agli uomini
la «diritta via» che l’umanità ha smarrito e di mostrare loro, con un racconto esemplare,
che il male commesso nel mondo si tramuta in pene eterne. A questo scopo Dante presen-
ta soprattutto personaggi famosi della sua epoca, che egli mostra puniti o premiati
dalla giustizia divina come modelli di comportamento per i contemporanei.
Il contrappasso Secondo la legge del contrappasso (“patire il contrario”, dal latino contra, “il contra-
rio” e pati, “patire”) che regna nell’inferno e nel purgatorio, la giustizia divina assegna
una pena fisica in rapporto al peccato commesso: per esempio, i golosi, che nel mondo
hanno gustato i profumi e le delizie di cibi appetitosi, nell’inferno giacciono nel fango
puzzolente e sono tormentati da una pioggia maleodorante e dai latrati di Cerbero, cane
infernale dalle tre bocche, che li squarta. Il contrappasso può consistere:
• nell’obbligo di un comportamento opposto a quello tenuto in vita dal dannato (con-
trappasso per contrapposizione), come accade, per esempio, agli indovini che, col-
pevoli di aver voluto predire il futuro, hanno la testa girata verso le spalle e sono co-
stretti a camminare all’indietro;
• nell’obbligo di un comportamento che ricalca quello tenuto in vita (contrappasso per
analogia), come avviene ai consiglieri fraudolenti, tenuti nascosti all’interno di una
fiamma che li ricopre interamente: come in vita agirono di nascosto, così ora il loro
aspetto è celato dalla fiamma.
10
Dante e il poema sacro
L’unica menzione del contrappasso presente nel poema è alla fine del XXVIII canto
dell’Inferno (dove sono puniti i seminatori di discordie), quando l’anima del poeta pro-
venzale Bertran de Born, che avanza con la testa in mano, dice: «Perch’io parti’ così
giunte persone [cioè feci entrare in guerra il padre contro il figlio] / partito [diviso] porto
il mio cerebro [la mia testa], lasso [infelice]! / dal suo principio ch’è in questo troncone. /
Così s’osserva in me lo contrappasso» (vv. 139-142).
La missione Il senso morale della missione di cui Dante si sente investito è chiaramente esplicitato
di Dante nel XVII canto del Paradiso, nell’incontro con il suo trisavolo Cacciaguida (vedi pp. 426
sgg.). Dopo aver chiesto all’antenato chiarimenti sulle numerose profezie udite durante il
suo viaggio, Dante apprende di essere destinato all’esilio e a una vita di privazioni, che lo
porterà a mendicare ospitalità e accoglienza presso molti signori. Egli domanda dunque
cosa dovrà fare una volta tornato nel mondo dei vivi: nei tre regni dell’oltretomba ha in-
fatti appreso molte cose che, se rivelate, potrebbero attirargli nuovi odi e rendere la sua
vita ancora più difficile. Ma Cacciaguida lo esorta a non avere paura: tutto quello che in
un primo momento sarà causa di polemiche e scandali, sarà invece benefico per le gene-
razioni future e gli assicurerà gloria immortale. Con queste parole Dante ha voluto chia-
rire il valore profetico della sua Commedia: le dure condanne e le invettive contro per-
sonaggi celebri della sua epoca non devono essere interpretate come una sorta di rivalsa
per le sofferenze patite, ma piuttosto come un monito agli uomini, affinché meditino sul
proprio operato e sappiano cosa li attende dopo la morte.
Tuttavia, diversamente da oltre opere profetiche molto note nel Duecento, che ammo-
nivano gli uomini sull’approssimarsi della fine del mondo (vista come punizione per il
traviamento morale della società), Dante non intende pronunciare una condanna senza
appello: nel poema è sempre presente la speranza nell’arrivo di un personaggio (poco
importa se un nuovo imperatore o un
riformatore religioso) che possa con-
durre il mondo verso una nuova età
dell’oro, ricacciando nell’inferno la
lupa (allegoria della cupidigia) e ope-
rando così una riforma in senso mo-
rale della Chiesa e dell’impero, le due
istituzioni che Dio ha dato agli uomini
per garantire la loro felicità spirituale
e terrena.
11
Divina Commedia
Questo modo di trattare, perché risulti più chiaro, si può osservare in questi versi: «Quando
Israele uscì dall’Egitto, e la casa di Giacobbe da un popolo straniero, la Giudea divenne il suo
santuario, Israele il suo possesso». Infatti, se guardiamo alla sola lettera, ci viene significata
l’uscita dei figli d’Israele dall’Egitto, al tempo di Mosè; se all’allegoria, ci è significata la nostra
redenzione compiuta da Cristo; se al senso morale, ci è significata la conversione dell’anima
dal lutto e dalla miseria del peccato allo stato di grazia; se al senso anagogico è significata
l’uscita dell’anima santa dalla servitù di questa corruzione alla libertà dell’eterna gloria.
E benché questi sensi mistici siano chiamati con nomi diversi, generalmente possono dirsi
tutti allegorici dal momento che sono diversi dal senso letterale o storico. Infatti si dice alle-
goria dal greco allon, in latino alienum, cioè “diverso”.
Viste queste cose, è chiaro che il soggetto, intorno a cui potranno correre significati alterni,
deve essere duplice. E pertanto bisogna prima considerare il soggetto di quest’opera per ciò
che riguarda la lettera, poi per ciò che riguarda l’allegoria. Il soggetto dunque dell’intera
opera, presa soltanto dal punto di vista letterale, è lo stato delle anime dopo la morte,
considerato in assoluto; infatti è su quello e intorno a quello che si svolge il corso di tutta
l’opera. Ma se si prende l’opera dal punto di vista allegorico, il soggetto è l’uomo secondo che
ben meritando o demeritando, essendo dotato di libero arbitrio, è soggetto alla Giustizia del
premio e del castigo».
La pluralità di significati a cui allude Dante è un elemento tipico della cultura medievale
e ha origine nell’interpretazione cristiana dei testi sacri. Gli episodi raccontati nella
Bibbia venivano infatti letti come prefiguranti eventi reali e positivi, cioè di salvezza per
il cristiano, accaduti in seguito nella storia della comunità cristiana. Nella sopra citata
Epistola XIII, Dante riduce il senso morale e quello anagogico alla categoria dell’allegoria,
diversamente da quanto scrive
nella prima lettera del secondo
trattato del Convivio, dove spie-
ga, in maniera esplicita, le diffe-
renze tra questi quattro livelli
di significato:
• il senso letterale è quello che
si ricava dalla prima lettura di
un testo;
• il senso allegorico è quel-
lo che “sta sotto” il senso
letterale e si cela dietro i
miti e le favole. In proposi-
to Dante cita il mito classico
di Orfeo, il quale con il suo
canto era capace di amman-
sire le belve e avvicinare a sé
gli alberi e le pietre. Questo
è il senso letterale del mito,
ciò che dice “alla lettera”;
il senso allegorico è che un
uomo saggio, con il suono
della sua voce, è capace di
infondere bontà anche negli
animi crudeli e insensibili;
• il senso morale è relativo
alla funzione di insegna- In questa incisione ottocentesca di Gustave Doré è rappresentato
mento; per spiegare questo il demone Gerione, un personaggio dantesto dal forte significato
significato Dante cita l’epi- allegorico.
12
Dante e il poema sacro
L’allegoria La Commedia è un’opera in cui è ricchissima la presenza di allegorie. Già le tre guide
di Dante hanno un significato allegorico: Virgilio rappresenta la ragione, Beatrice la Gra-
zia, san Bernardo lo stato di contemplazione mistica. Analogamente anche le tre fiere che
Dante incontra nel I canto dell’Inferno (p. 36) hanno un preciso significato allegorico: la
lonza corrisponde alla lussuria, il leone alla superbia, la lupa alla cupidigia. Lo stesso
accade per personaggi umani (per esempio Matelda, Purg. XXVIII, p. 314) o mitologici
che Dante incontra nel corso del suo viaggio: in alcuni casi il significato allegorico è stato
chiarito fin dai primi commentatori del poema, in altri è ancora oggi oscuro. Ma ciò che
è determinate nella Commedia – e che si ricollega al suo valore polisemico – è che, diver-
samente dalle molte opere allegorico-didascaliche della letteratura medievale, le allegorie
dantesche non si esauriscono in vuote e astratte rappresentazioni, ma hanno la forza di
personaggi vivi, che ancora oggi riescono a colpire i lettori.
Inoltre, in Dante, la rappresentazione allegorica può essere di due tipi: da un lato può
essere l’allegoria propria dei poeti (in cui il senso letterale è una “bella menzogna” sotto
cui si nasconde la verità), dall’altro può essere l’allegoria usata dai teologi (in cui anche
l’aspetto letterale è comunque realtà storica degna di attenzione). Questi due tipi di al-
legoria contraddistinguono tutta la Commedia, poiché il poema dantesco si presenta,
fin dalle sue prime battute, come un racconto storico, inserito all’interno di una precisa
cornice spazio-temporale necessaria per avvalorarne la veridicità, e dunque diverso dalle
visioni dei mistici; in molti casi, però, è lo stesso Dante ad avvertire i lettori che è neces-
sario andare oltre ciò che viene loro narrato, perché quello che può sembrare a prima
vista incredibile nasconde invece un preciso messaggio, come accade, per esempio, nel
IX canto dell’Inferno, quando, davanti all’apparizione delle Furie e di Medusa, Dante au-
tore scrive «O voi ch’avete li ’ntelletti sani / mirate la dottrina [la verità] che s’asconde [si
nasconde] / sotto ’l velame [velo] de li versi strani [enigmatici]» (vv. 61-63).
13
Divina Commedia
I modelli e lo stile
Le basi L’impianto teologico e morale della Commedia si fonda, oltre che ovviamente sulle Sacre
culturali della Scritture, sul pensiero del filosofo greco Aristotele (definito da Dante «maestro di color che
Commedia sanno»), sulla filosofia Scolastica e, soprattutto, sulle opere di Tommaso d’Aquino.
Fondamentale è anche il contributo della cultura classica, già evidente nella scelta di
Virgilio come prima guida di Dante. Nonostante la Commedia sia senza ombra di dubbio
un poema di ispirazione cristiana, in essa rivivono miti e concetti espressi dai grandi
poeti latini dell’antichità. Questo senso di continuità tra mondo classico e mondo me-
dievale è ben presente in Dante e viene esplicitato in uno dei momenti più importanti
del poema, l’arrivo nel Paradiso terrestre (Purg. XXVIII, p. 314). Tutto l’episodio è ricco
di riferimenti e citazioni classiche, ma è sul finire del canto che le parole pronunciate
da Matelda chiariscono definitivamente il rapporto che c’è tra la Commedia e la grande
poesia latina: la donna afferma infatti: «Quelli ch’anticamente poetaro / l’età de l’oro e
suo stato felice, / forse in Parnaso [il monte consacrato alle Muse; qui sta per il luogo da
cui giunge l’ispirazione poetica] esto loco sognaro» (vv. 139-141). Con questi versi Dante
vuole affermare che, anche se i poeti antichi non conobbero il vero Dio, forse le loro miti-
che raffigurazioni dell’età dell’oro, la prima età del mondo in cui l’umanità viveva felice e
non ancora corrotta dalla civiltà, anticiparono in qualche modo la beatitudine dell’Eden.
Le fonti La Commedia è un’opera dall’impianto medievale, per il suo gusto dottrinario e per
la sua eruzione teologica e filosofica. Il motivo del viaggio nell’aldilà deriva a Dante da
Virgilio che, nel VI libro dell’Eneide, narra la discesa di Enea agli Inferi. Dante ricorda il
viaggio nell’oltretomba dell’eroe troiano, fondatore della civiltà romana, proprio nel II
canto dell’Inferno (vv. 13 sgg., p. 46).
Un altro viaggio nell’aldilà, cui
Dante allude nello stesso canto,
è quello di san Paolo, predicato-
re della fede cristiana come si legge
nella Seconda epistola ai Corinzi. Ma
è difficile citare modelli specifici a
cui Dante si è ispirato in modo
più o meno diretto: nella sua
opera convivono tutta la poesia
latina nota a quel tempo (con
particolare attenzione alle Me-
tamorfosi di Ovidio e alle opere
di Lucano e di Stazio), la poesia
volgare francese, provenzale e
italiana.
Un’importante fonte della Commedia
è l’Apocalisse di san Giovanni, che è
alla base delle grandi visioni profe-
tiche che chiudono il Purgatorio e
di alcune visioni del Paradiso; ad
essa si devono accostare anche i
testi dei grandi filosofi scolasti-
ci (Tommaso d’Aquino, Alberto Ma-
gno), la tradizione patristica (soprat-
tutto Agostino e Isidoro di Siviglia)
Enea ferito, pittura parietale della seconda metà del sec. d.C.,
e, ovviamente, i libri dell’Antico e
Pompei, Casa di Sirico. del Nuovo Testamento.
14
Dante e il poema sacro
Dal punto di vista della metrica il poema è compo- Antico e Nuovo Testamento
L’aspetto
metrico e sto di terzine a rima incatenata (ABA-BCB). I versi
fonico sono endecasillabi con variazioni di accenti ritmici
(da tre a cinque). Le pause ritmiche coincidono spesso con quelle sintattiche di fine
terzina. Nella Commedia si riscontrano numerose variazioni foniche di accenti e vocali
aperte e chiuse.
La distruzione di Babilonia in una rappresentazione dell’Apocalisse, una delle fonti a cui si ispira la Commedia,
arazzo del XIV secolo, Castello di Angers.
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Divina Commedia
1 Ilfigura,
lA cRITIcA
significato della Commedia:
allegoria, visione
16
la critica 1. Il significato della Commedia:
figura, allegoria, visione
nell’ordine divino, quale sulla drammatica. Solo Dante può na. In ciò rientra anche l’unità
terra è figurato e nell’aldilà è sentire quell’ansietà nella Com- di tutto il poema che, riunendo
realizzato. media. I molti drammi compiu- in un unico cielo e in un’unica
Figura e compimento hanno ti si riuniscono tutti in un unico terra una quantità di materie e
ambedue, come dicemmo, es- grande dramma in cui si tratta di azioni, stabilisce una coeren-
senza di fenomeni e di avve- di lui stesso e dell’umanità, e za universale: «il poema sacro, /
nimenti storico-reali; il com- tutti sono soltanto “exempla”4 al quale ha posto mano e cielo
pimento la comporta in grado per l’acquisto o la perdita della e terra»5.
ancor più alto e intenso, perché beatitudine eterna. Ma le pas-
da E. Auerbach, Farinata e
di fronte alla figura è forma sioni, gli affanni e le gioie sono
Cavalcante, in Mimesis. Il realismo
perfectior2. Con ciò si spiega il rimaste e trovano espressione nella letteratura occidentale, Torino,
prepotente realismo dell’aldilà nella condizione, nei gesti e nel- Einaudi, 1964
dantesco. Dicendo «si spiega», le parole dei trapassati. Davanti
naturalmente non dimentichia- a Dante tutti quei drammi ven-
mo il genio del poeta, che fu ca- gono recitati ancora una volta Per comprendere
pace di darci tali creazioni [...], con straordinaria condensazio-
ma spieghiamo con la conce- ne, talora in poche righe come 1. In che cosa consiste la con-
zione figurale il modo speciale quello di Pia de’ Tolomei (Purg. cezione figurale che è alla
in cui prese forma il suo genio V, 130), e in essi si dispiega, ap- base dell’interpretazione
realistico: essa permette d’in- parentemente sparsa e spezza- biblica medievale?
tendere come l’aldilà sia eterno ta, e pur sempre dentro un pia- 2. Perché anche per i defunti
e nondimeno fenomeno3, sen- no, la storia fiorentina, l’italiana vale la concezione figurale?
za mutamento e senza tempo e l’universale. Ansietà e svolgi-
e nondimeno pieno di storia. mento, le due note fondamenta- 3. Quale personaggio del
Essa permette anche di chiarire li dell’accadere terreno, hanno Purgatorio viene citato da
come questo realismo dell’aldilà cessato di essere, e tuttavia le Auerbach come esempio
si distingua da ogni altro pura- onde della storia battono fino di concezione figurale nella
mente terreno. Nell’aldilà l’uo- nell’aldilà, in parte come ricor- Divina Commedia? Perché?
mo non è più irretito nelle azio- do del passato terreno, in parte
ni e nei traffici terreni, come in come partecipazione al terreno
Per approfondire
ogni semplice imitazione delle presente, in parte come ansia
vicende umane; è chiuso invece per il terreno futuro, ma ovun-
in una condizione eterna che è que come, in senso figurale, 4. P
erché l’interpretazione
la somma e la risultante di tutte temporalità contenuta nell’eter- figurale può servire per
le sue azioni, e che a lui nello nità senza tempo. Ogni trapas- spiegare il realismo dante-
stesso tempo palesa quello che sato sente la propria condizione sco nella rappresentazione
fu decisivo per la sua vita e per nell’aldilà come l’ultimo atto in dell’aldilà?
il suo carattere. Con ciò la sua corso ancora e per sempre del 5. Analizza un personaggio
memoria, anche se con dolore suo dramma terreno. [...] dantesco a te noto e verifi-
e senza frutto per il dannato Dopo tutto quello che abbiamo ca se avverte, come sostie-
dell’Inferno, viene condotta sul- detto a questo proposito nel cor- ne il critico, il rapporto tra
la strada che svela tutto quello so della nostra interpretazione, la sua vicenda ultraterrena
che fu decisivo nella sua vita. È non occorrono nuove spiega- e il suo passato terreno.
in tale condizione che i defunti zioni sul nome e sul perché la 6. Pensi che l’interpretazio-
si palesano a Dante ancor vi- rappresentazione in stile misto ne figurale proposta da
vente; è cessata l’ansietà per il di tutto l’accadere terreno, sen- Auerbach possa valere
futuro ancora celato, che è pro- za limitazioni estetiche nell’ar- per una lettura comples-
pria d’ogni condizione terrena e gomento o nell’espressione, sia, siva dell’opera di Dante?
d’ogni sua imitazione artistica, quale opera sublimemente figu- Motiva la tua risposta.
specialmente di quella seria e rale, di spirito e d’origine cristia-
17
Divina Commedia
la critica
1. senso morale... Scrittura: nell’Epistola a Cangrande della 3. «conversio... gratiae»: “la conversione dell’anima dalla
Scala, Dante illustra la pluralità di livelli di significato presenti tristezza e dalla miseria del peccato a uno stato di grazia”;
nella Commedia. Per spiegare il concetto, porta ad esempio così Dante definisce, nell’Epistola a Cangrande della Scala, il
l’episodio biblico dell’Esodo, che può essere inteso in diversi senso morale dell’Esodo biblico.
modi a seconda del senso in cui viene letto: letterale, allego- 4. «quid agas»: citazione dal distico attribuito ad Agostino di
rico, morale, anagogico (vedi p. 11). Dacia (XII sec. d.C.) «Littera gesta docet, quid credas allegoria,
2. itinerarium mentis: “itinerario della mente e del cuore”. / moralis quid agas, quo tendas anagogia», “la lettura letterale
In un passo successivo del saggio, Singleton spiega che insegna i fatti, l’allegoria fa vedere (con l’immaginazione)
«“mente” non traduce bene il termine latino mens. “Anima” che cosa credere / la morale indica che cosa fare, l’anagogia
va meglio, o anche “mente e cuore”, in quanto il cuore vi è verso dove tendere (cioè al cielo)”.
certamente implicato. Sant’Agostino avrebbe infatti insistito 5. determinazione dottrinale: determinazione specifica della
nell’affermare che in questo caso il cuore ha il primo posto, e teologia cristiana.
che un viaggio del genere è soprattutto un viaggio d’amore».
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la critica 1. Il significato della Commedia:
figura, allegoria, visione
dalla verità che esso deve con- allora potrà essere evocato nei tis ad Deum, in quanto evento
tenere e rivelare nella sua strut- modi dell’allegoria. reale che ha luogo nella vita di
tura, e tale verità non è frutto Senza dubbio, alcuni lettori qualcuno: una conversione dal
originale della mente del poeta. del poema diranno che i no- dolore e dalla miseria del pec-
Dante vede da poeta, e da poeta stri sforzi di restaurazione non cato allo stato di grazia, come
realizza, quello che è già con- valgono quello che costano. Ci avvenimento reale dell’anima
cettualmente elaborato e fissa- verranno a dire che, per quanto e, per questo poeta medievale,
to nella dottrina cristiana. ci si adoperi, non potremo tra- qualcosa che può prendere vita
Al suo tempo, ormai, secoli di sformarci in «lettori del tempo nello specchio dell’allegoria6.
meditazione avevano determi- di Dante». Il che è innegabil-
da C. Singleton, Viaggio a Beatrice,
nato quale avrebbe dovuto es- mente vero; senza dubbio, ci
Bologna, Il Mulino, 1958
sere nella sua essenza il percor- sarà sempre una considerevo-
so di un viaggio a Dio, che si le differenza tra possedere un
compia nell’anima e in questa certo grado di familiarità con Per comprendere
vita. Non è il poeta che formula un corpo di dottrine quasi per
tale concezione: egli vi aderi- retaggio naturale o, invece, in 1. In che cosa consiste l’argo-
sce, piuttosto, perché è qualco- virtù di uno sforzo deliberata- mento dell’allegoria prin-
sa di così saldamente fissato al mente compiuto per recupe- cipale della Commedia, se-
fondo della mente del suo let- rarlo e restaurarlo nella nostra condo Singleton?
tore, che, senza dubbio alcuno, mente. Tuttavia, concessa que- 2. Quando, secondo il critico,
egli – come poeta – potrà farvi sta scoraggiante differenza, che un significato può essere
appello; in tal modo, dallo svol- altro possiamo fare? Le verità definito «morale»?
gimento del viaggio letterale at- che il poeta costruiva entro il
3. Che cosa intende lo studioso
traverso la vita dell’oltretomba, suo poema gli sembravano ve-
quando afferma che Dante
può gradatamente emergere rità permanenti. Se la realtà si è
«non ha inventato la dottrina»?
la figura familiare del viaggio rivelata diversa, non è colpa del
dell’anima. L’allegoria di Dan- poeta, né del poema; anzi, non 4. Perché l’allegoria di Dante
te, quindi, si attua sempre nei è neppure il caso di parlare di è un’«evocazione»?
modi di un’evocazione: richia- colpa. Noi dobbiamo semplice-
ma alla mente ciò che è fami- mente prendere atto di ciò che
liare. Il lettore ha la sensazione è successo: il cuore inquieto del Per approfondire
di star riconoscendo qualcosa pellegrino cristiano si è acquie-
che gli era già noto, fintantoché tato, e il concetto stesso di un 5. Spiega in che modo, secon-
tutto uno schema di significato viaggio della mente e del cuore do Singleton, Dante nella
non abbia preso completamen- verso Dio in questa vita, richie- Commedia riprende l’al-
te forma. E ciò intende essere de ora uno sforzo di immagina- legoria morale delle Sacre
parte non piccola del piacere zione storica tale che avrebbe Scritture, in merito a tempo,
che può arrecare la poesia. costituito un vero scandalo per luogo e protagonista.
è chiaro che per noi la diffi- la mentalità medievale. 6. Condividi l’affermazione di
coltà consiste proprio in que- Potranno esserci altri lettori, Singleton relativa alla difficol-
sto. La figura dell’itinerarium tuttavia, che per leggere il poe- tà, per un lettore di oggi, di
mentis ad Deum, un tempo così ma nel modo in cui esso esige comprendere la figura dell’«iti-
familiare, ora lo è molto meno. d’esser letto, saranno disposti nerarium mentis ad Deum»?
Certamente, nessun poeta ai a compiere lo sforzo di rista- Motiva la tua risposta.
nostri giorni potrebbe valerse- bilire al fondo della loro mente
7. Alla fine del brano, lo stu-
ne, come Dante fece con tanta ciò che la mentalità medieva-
dioso americano individua
fiducia allora. Ora lo schema le accoglieva senza esitazioni:
due tipi possibili di lettori
va innanzi tutto ristabilito nel- l’ampio e indubitabile disegno
della Commedia; illustrali e
la mente del lettore, e reso rico- di una possibilità offerta all’uo-
indica a quale dei due tipi
noscibile come cosa pubblica mo ora, nel grande dramma
di lettori appartieni o vorre-
e chiaramente definita, come di salvazione che è la vita di
sti appartenere, motivando
verità di cui è partecipe la ge- quaggiù. Questa possibilità
la tua risposta.
neralità dei Cristiani. Soltanto consiste in un itinerarium men-
19
Divina Commedia
lA cRITIcA
1. fenomenologia: il complesso delle manifestazioni, delle settimo cerchio dell’inferno, dove sono puniti i violenti con-
espressioni. tro Dio, natura e arte; Francesca, assieme a Paolo, è messa
2. parabolica: composta come una parabola evangelica. tra i lussuriosi (Inf. V); Farinata, capo ghibellino, è posto da
3. sanzioni: dimostrazioni. Dante tra gli eretici (Inf. V).
4. Capaneo… Farinata: Capaneo si trova nel terzo girone del
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la critica 1. Il significato della Commedia:
figura, allegoria, visione
e nel purgatorio, come simbolo La stessa ambiguità caratte- mente al contesto o alla strut-
della ragione non illuminata rizza quella sorta di allegoria tura) ha nel poema dantesco
dalla fede, così come Beatrice secondaria che si sviluppa tal- un carattere episodico, varia-
si qualifica nel paradiso come la volta dal significato del simbo- mente occasionale, come il so-
conoscenza fondata sulla fede. lo, su un piano che è estraneo gno la visione e la profezia, ed
Può essere che, come nel caso alla concretezza del significan- è in sé più un fatto di poetica,
di Gerione5, si abbia una crea- te; cioè alla sua verità. Questo che di poesia. In conseguenza,
zione tutta nuova, che si esau- è, come si è già detto, il caso essa non ha alcun titolo per
risca in se stessa; ma in questo del veltro7, che appare sviato qualificare la Commedia; e an-
caso, a ben considerare, appare dal piano del simbolo su quel- cor meno può pretendere di
chiaro che la funzione del sim- lo dell’allegoria, nel momento condizionarne tutta l’esegesi9.
bolo risulta dagli elementi con- in cui gli si attribuisce la ca-
da A. Pagliaro, Ulisse, ricerche
notanti di cui si compone l’im- pacità di cibarsi né di terra né
semantiche sulla “Divina Commedia”,
magine e dal rapporto fra essi. di peltro, ma di amore, sapien- MessinaFirenze, D’Anna, 1966
In ultima analisi, il simbolo za e virtù e si addita come sua
partecipa nella sua costituzio- qualifica e forza la nascita fra
ne dei modi e delle condizioni ruvidi panni. Lo sviamento av- Per comprendere
che presiedono al costituirsi viene perché il discorso di Vir-
dell’“universale poetico” (Fran- gilio si è volto in profezia e alla
cesca, Farinata o Capaneo, vedi profezia si conviene il parlare 1. Come giudica Pagliaro l’al
sopra) e, in quanto tale, appar- coperto8. [...] legoria, la visione e la pro
tiene al linguaggio poetico nel- Raccogliendo le fila delle con- fezia rispetto al contesto
la sua basilare unità. siderazioni, alle quali ci ha dell’intera Commedia?
Nel caso dell’allegoria si han- condotto una esemplificazione 2. Come definisce Pagliaro il
no condizioni del tutto diverse. necessariamente sommaria e simbolo? Che ruolo assume
Essa non si può considerare, né parziale, possiamo concludere all’interno della Commedia?
un aspetto, né una continuazio- riaffermando il principio che 3. Che differenza intercorre,
ne del linguaggio poetico, poi- simbolo e allegoria sono due secondo il critico, tra simbo
ché manca il legame naturale fra fatti nettamente distinti. Il si- lo e allegoria e quale aspetto
il significato e il complesso delle gnificare simbolico rientra nel hanno, invece, in comune?
connotazioni reali del signifi- sensus poeticus, appartiene
cante6; e l’avvio non è di ordine cioè al senso letterale della poe-
metaforico come nel simbolo. sia, e si muove nel solco di crea-
Per approfondire
Né il legame viene conseguito tività espressiva, che va dalla
progressivamente, poiché il ca- metafora all’“universale poeti-
rattere dell’allegoria è quello di co”. La sua presenza, necessa- 4. In che modo il simbolo
esaurirsi nel cerchio ristretto riamente ampia e impegnativa partecipa alla costituzione
della sua rappresentazione. [...] in un componimento di epica dell’«universale poetico»?
Palesemente, l’allegoria com- spirituale, come è la Comme- Quali personaggi simbolici
porta l’imposizione di un signi- dia, non può costituirne la qua- Pagliaro porta ad esempio
ficato a una certa immagine lifica, poiché si tratta di una nella sua argomentazione?
o sequenza d’immagini, dal- condizione generale (anche se 5. Ricostruisci gli argomen
l’esterno, all’incirca così come non così generale come la me- ti con cui Pagliaro dimo
avviene nell’interpretazione dei tafora) del linguaggio poetico. stra che la Commedia è
sogni, delle visioni o nelle pro- L’allegoria, invece, come impo- «la testimonianza poetica
fezie. Essa non nasce come sizione di un soprasenso a va- di una grande conoscenza
qualcosa che per sé significhi, lori che per sé significano (ep- religiosa» che non si iden
bensì come un segno da inter- però, per solito, il soprasenso tifica con nessuna delle
pretare. Da qui la sua sostan- comporta che il significante si “tecniche” poetiche usate.
ziale ambiguità. adatti più o meno imperfetta-
5. Gerione: demone mostruoso, dal volto umano, corpo di presenta il concetto a cui rimanda l’espressione fonica.
serpente, zampe di leone e coda di scorpione, che conduce 7. veltro: è un cane da caccia; Dante lo cita nel canto I del
Dante nelle Malebolge dell’inferno. l’Inferno (vv. 100111).
6. significante: in linguistica indica la parola nel suo aspetto 8. si conviene... coperto: si attaglia un linguaggio non esplicito.
fonico che rimanda a un concetto, mentre il significato rap 9. esegesi: interpretazione critica.
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Divina Commedia
2 Lalingua,
forza espressiva della Commedia:
lA cRITIcA
rima e stile
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