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Jolanda Guardi
QUANDO L’ORIENTALISMO È
VITTIMA DI SE STESSO:
IL CASO ELISSA RHAÏS
Lo “scandalo”
Nel 1982 esce per i tipi di Grasset un testo dal titolo Elissa Rhaïs, a
firma di Paul Tabet (Tabet 1982). In esso l’autore afferma che la
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stesso: il caso di Elissa Rhaïs
scrittrice del periodo coloniale nota come Elissa Rhaïs, che tanto
successo aveva avuto, e che si era presentata al pubblico francese
come un’arabo musulmana, in realtà altri non era che Leila Bou
Mendil, originaria della città algerina di Blida, di religione ebraica.
Come se non bastasse, Tabet sostiene che Elissa/Leila fosse analfabeta
e che in realtà l’autore dei romanzi di Rhaïs sia suo padre, cugino di
Rhaïs, che la donna avrebbe psicologicamente soggiogato e costretto a
rimanere sempre nell’ombra. La relazione ambigua fra Rhaïs e Tabet
sarebbe stata una sorta di reazione al fatto di esser stata a sua volta
confinata in un harem per quindici anni senza mai poter uscire di casa
da un marito morto prematuramente e sposato contro la sua volontà
(Ibi: 29-30). La truffa letteraria, per così dire, sarebbe stata scoperta
nel 1940, quando vennero avviate le pratiche per conferire alla
scrittrice la Legion d’onore e, in tale occasione, si scoprì che era
analfabeta (Ibi: 174-182). Scoperta, Elissa/Leila cade in coma e –
sempre secondo Paul Tabet - muore il 18 agosto 1940 senza aver mai
ripreso conoscenza.
Elissa Rhaïs esce nella prima edizione, che ho consultato,
semplicemente con l’indicazione del titolo, senza ulteriore specifica.
La copertina raffigura una donna velata che dovrebbe rappresentare
una foggia tipica degli anni 20-30 in Algeria e che svolge la funzione
di attrarre il potenziale lettore con la promessa di un Oriente a sua
propria immagine, promessa evidentemente ancora allettante in
Francia negli anni ‘80. La quarta di copertina riporta, dopo un breve
riassunto del contenuto, la seguente frase: “Un récit authentique, aussi
passionant qu’insolite” (Tabet 1982). L’autore, poco dopo l’uscita del
volume, viene invitato alla nota trasmissione televisiva Apostrophes,
condotta da Bernard Pivot, in seguito alla quale una feroce polemica si
accende sulla stampa specializzata: la rivista Les Nouvelles littéraires
pubblica un articolo intitolato “Bernard Pivot victime d’une
supercherie?”, accusando il conduttore di essere stato vittima di una
truffa (Apter 1995: 304). Il nipote di Rhaïs, infatti, interviene nella
polemica, attribuendo con forza la sola ‘maternità’ delle opere a
Elissa.
Un paio di anni dopo, nel 1984, Jean Déjèux, noto studioso di
letteratura algerina francofona, pubblica un corposo studio dal titolo
“Elissa Rhaïs, conteuse algérienne (1876-1940)” sulla Revue de
l’Occident musulman et de la Méditerranée (Déjèux 1984), nel quale
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stesso: il caso di Elissa Rhaïs
Il mimetismo
La storia sopra delineata e che ho cercato di riportare nel modo più
chiaro possibile, a costo di tralasciare diversi particolari, evidenza a
mio parere la forza d’attrazione del personaggio presunto o reale.
Rhaïs è oggetto di interesse orientalista ancor prima che vengano letti
i suoi romanzi, con una forza che perdura nel tempo. Ella, infatti, si
propone al pubblico francese della sua epoca come “petite orientale”
che incarna tutto quanto l’immaginario orientalista ha prodotto e
produce, visto l’interesse per il personaggio fino ai giorni nostri. È
Rhaïs stessa a definirsi in tal modo:
Cher maître,
c’est à vous que je veux dédier ce livre de récits d’Afrique qui
ont paru dans la Revue des Deux Mondes. Je garderai,
ineffaçable, le souvenir de l’accueil que je reçus dans cette
maison, alors que, pauvre petite Orientale, le cœur étreint
d’angoisse, je me trouvais lancée à travers le Paris actuel, après
que j’avais vécu jusqu’à mon âge parmi le calme des coteaux
d’Alger la Blanche, le chant lointain de la mer, le souffle
parfumé des brises dans les éventails des strelitzias (Rhaïs 1928:
7; corsivo mio)
Una parte importante in quanto narrato è stata svolta dall’ibridità di
Elissa Rhaïs; in una delle poche foto che di lei rimangono la si vede
seduta al tavolo di un caffé durante il suo soggiorno in Francia fra
uomini europei (e una donna, la cui presenza tuttavia si intuisce solo
dal lembo di una gonna dal quale fuoriesce un piede calzato). Elissa è
vestita invece all’orientale. La “petite orientale”, così com’è stata
chiamata (Déjèux 1984), propone in tal modo un feticcio razziale (Mc
Clintock 1995: 65), poiché esibisce una certa ambiguità, non sessuale
in questo caso, ma di appartenenza culturale (porta un velo che lascia
il volto e i capelli scoperti ma che richiama comunque la sua origine
orientale; araba – nella finzione, sì, ma “evoluta”, poiché siede
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delle sue opere poi (Boumendil 2008), resta il fatto che Rhaïs si sia
prestata molto bene al gioco. In tale veste, e patrocinata da nomi
illustri, si introduce nel campo letterario in Francia. La
consapevolezza di Rhaïs è ben evidente nelle dediche dei suoi
romanzi, dove si evidenzia un legame fra autore e lettore nel momento
in cui ella individua il suo pubblico in coloro che sono alla ricerca di
esotismo e di Oriente:
A Monsieur le Conte de Blois
En hommage d’amitié
A mon brillant confrère
Qui porte dans le regard, me semble-t-il, la nostalgie désespérée
des terres d’Orient dont il chanta la splendeur en des pages
inoubliables pleines de lumière et d’harmonie.
Son amie de là-bas (Rhaïs 1927: 1)
Negli anni 2002-2003 le opere di Elissa sono state ripubblicate dalla
casa editrice Bouchène. Nella prefazione a Le café chantant (2003),
Denise Brahimi lamenta che lo scandalo ha avuto il sopravvento su
una lettura serena dei romanzi di Rhaïs:
On pourrait s’étonner que la critique, qui s’est jetée si
fébrilement sur le ‘scandale’ Elissa Rhaïs à la suite de Paul
Tabet, ne juge pas utile, voire indispensable, de relire ou de lire
les œuvres de l’auteur en question quel qu’il soit (Brahimi 2003:
7).
Ma, come afferma Rosello, “I would argue that it is possible to read
the work and the scandal as part of the same corpus” (Rosello 2006:
8); aggiungo che, anzi, una lettura critica dell’opera di Rhaïs
presuppone una lettura dello scandalo. Ciò implica che, qualunque
scelta si faccia nell’attribuire l’opera di Rhaïs a un’identità o a
un’altra, si corre il rischio di raccontare una narrazione e condurre
un’analisi che siano esse stesse un’impostura. Come afferma Rosello,
inoltre, v’è la possibilità di cadere nella tesi di Cratilo (Ibi: 9), ossia di
presupporre un’identità tra nome – nel nostro caso quello dell’autore
quindi femminile – e cosa – nel nostro caso l’opera – e considerarla
come scritta da donna. In tal modo inserendola in un contesto di
letteratura al femminile, analisi peraltro già proposta da alcune
studiose, e di leggere i romanzi di Rhaïs come principalmente rivolti a
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Opere citate
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L'Autore
Jolanda Guardi, arabista, attualmente svolge attività di ricerca
presso l’Universitat Rovira i Virgili di Tarragona (Spagna) con un
progetto sulla letteratura algerina di lingua araba e presso
l’Università degli Studi di Milano, dove coordina la sezione araba
del progetto VocA per la creazione di un database terminologico
sulle tematiche dell’EXPO 2015.
Ha insegnato Lingua e letteratura araba e Traduzione per molti
anni presso l’Università degli Studi di Milano e l’Università degli
Studi di Pavia.
I suoi principali interessi di ricerca sono il rapporto tra
intellettuali e potere, declinato anche nella variante di genere e la
Critical Discourse Analysis (CDA-F) applicata a testi in lingua
araba.
E’ membro del comitato scientifico del SIMREF, Seminario
Interdisciplinar de Metodologia de Recerca Feminista
dell’Università di Tarragona per il quale conduce moduli di
epistemologia della ricerca sul mondo arabo musulmano; e del
comitato scientifico internazionale della rivista Komunikatjia i
Kultura dell’Università di Belgrado; collabora con diverse riviste
specialistiche internazionali. E’ autrice di numerose pubblicazioni
monografiche e articoli, anche in lingua araba.
Nel 2008 è stata insignita del Premio Internazionale Benhadūga
per la traduzione dall’arabo; nel 2010 del Custodian of the Two
Holy Mosques King Abdullah International Prize for Translation e
nel 2011 del titolo di Teologa Honoris Causa dal CTI,
Coordinamento Teologhe Italiane.
Ha un blog che si occupa di quanto pubblicato sul mondo arabo
musulmano: www.letturearabe.altervista.org.
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