k ronstadt 56
periodico mensile
Bene di lusso
La Stampella
Riflessioni su un'editoria che zoppica
di Simone Mattoli
1- C'è crisi, signori
L avorare nell’editoria è il
sogno di ogni bambino.
Il sogno di un mestiere
creativo, invidiabile, sensibile,
colto, “fighetto”, poesia e prosa.
Un business umanizzante e
umanistico, umano e troppo
umano, spesso sporco, truffaldi-
no, più prosa che poesia.
L’editoria è un business deca-
dente in cui si vendono illusio-
ni, e la parola d’ordine
dev’essere chiara fin da subito:
è il mercato, bellezza.
Negli ultimi dieci anni l'edito-
ria si è trovata sottoposta alla
trazione di tre devastanti forze:
l'avvento del digitale, l'entrata
in scena dell'uso di internet su
scala globale, la crisi economi-
ca globale ufficialmente esplo-
sa nella seconda metà del 2009.
Quest'ultima ha prodotto sul-
l'editoria una serie di effetti ne-
gativi: il crollo delle vendite
della pubblicità, su cui si basa-
va e si basa tutt'ora una larghis-
sima parte dei profitti dei pro-
dotti editoriali; un drastico ta-
glio, con la Finanziaria 2010,
dei contributi statali, distribuiti
un po' ovunque e che tenevano
in piedi i media nei momenti
duri e poi la diminuzione gene-
rale del potere d'acquisto della
popolazione, che è portata a
spendere meno per beni non
di primissima necessità.
La rivoluzione digitale, consoli-
datasi molto prima della crisi,
è stata in un certo senso anche
peggio. Anni fa le redazioni dei
giornali, prive di computer, era-
no grandi uffici gremiti di
gente, ognuno specializzato in
un campo specifico per cui era
stato a lungo preparato, con un
andirivieni di rullini, fattorini,
inviati e tipografi, un esercito
di persone in una baraonda di
schiamazzi e di macchine da
scrivere. Le magnifiche e pro-
gressive sorti hanno reso tutto
più facile, appunto troppo faci-
le. Oggi per fare un giornale o
una rivista non occorre più
tanta gente, e così altamente
specializzata. Per fare delle fo-
to, ad esempio, con le macchi-
ne digitali di oggi non serve
più la professionalità di quan-
do le macchine fotografiche
erano solo meccaniche; di con-
seguenza i giornali possono ri-
sparmiare sui costi del fotogra-
fo e obbligare il cronista che
scriverà il pezzo a improvvi-
sarsi lui stesso fotografo; oppu-
re incaricare per pochi spic-
cioli un ragazzo con l'hobby
delle foto, chiamato quando c'è
bisogno, come fanno diversi
quotidiani locali.
continua a pagina sei
"I desideri mitici di prostitute libiche"
Osservo Tripoli, con Battiato nelle cuffie
di Emme
"Nessuna rappresentanza al posto
del popolo, la rappresentanza è
un’impostura".
Muhammar al Gheddafi, Il libro
verde
H o diversi ricordi legati
alla Libia. La mia
vicina di banco al
liceo, ad esempio, libica e coi
tappetini del bagno firmati
Giorgio Armani, era convinta
che lo standard degli abitanti
del proprio Paese fosse avere la
macchina grossa e magari la
villa con il campo da tennis.
Ricordo anche di una volta in
cui, sempre a scuola, il nostro
professore di Materie Sociali
Libiche – tripolino, ovviamente
– interrogando un mio compa-
gno, gli ha chiesto che forma di
governo ci fosse in Libia. «C’è la
dittatura» ha risposto lui,
candidamente. «No! No!» ha
tuonato l’insegnante «REPUBBLI-
CA–POPOLARE– SOCIALISTA!» e per
poco non gli ha lanciato una
sedia.
In libico, se si vuole essere
precisi, non si parla di Jamahi-
ria, come siamo abituati, ma di
Jumuhuria: nel primo caso si
tradurrebbe soltanto con
“repubblica”, quella fatta di
rappresentanti, mentre in Libia
la rappresentanza non c’è, e
bisogna sottolinearlo. Al fondo
delle decisioni governative ci
sono infatti i Congressi Popolari
di Base, in tutto più di 500: in
parole povere, gli abitanti di
una zona si riuniscono,
esaminano e discutono pro-
blemi che possono andare dalla
buca nella strada sotto casa alle
relazioni internazionali; dopo-
diché i delegati scelti da ogni
congresso portano le varie
problematiche affrontate
Congresso Popolare Generale,
al
dunque a livello nazionale, fino
a farle giungere all’orecchio del
Colonnello, la “Guida della
Rivoluzione”, il quale analizza,
pondera, risolve. A modo suo.
Tant’è che la gente, alle
assemblee, spesso non ci va.
Non esistono, dunque, partiti
politici ma, nonostante i Sembra quasi che la spinta alla
tentativi di oppressione, c’è
almeno un movimento di
opposizione al governo: il
Fronte Nazionale per la Salvezza
della Libia [1] che chiede libera
stampa e libere elezioni, oltre
alla separazione dei poteri e,
dunque, una democrazia
costituzionale.
Secondo Gheddafi, e secondo il
Socialismo Coranico, nessuno
deve possedere più di quanto
gli serve: ogni cittadino,
dunque, ha diritto alla casa –
non più di una – al cibo e ad
un’auto, che vengono garantiti
dallo stato; inoltre, la sanità è,
per tutti gratuita o a bassissimo
costo, a seconda del tipo di
cure. continua a pagina tre
Numero 56
Giovedì 4
Novembre 2010
ISSN 1972-9669
Allons enfants
L a notizia è lievemente
datata: siamo sul finire
dell’agosto di quest’an-
no, il governo indiano ferma il
progetto di costruzione di una
miniera per l’estrazione della
bauxite nello stato di Orissa. Il
cattivo della storia è la Ve-
danta Resources, società mi-
neraria tra le più potenti al
mondo, i buoni la tribù dei
Dongria Kondh, un nucleo di
circa 8 mila persone dedite
all’agricoltura di religione hin-
du-animista. La Vedanta vuole
sfruttare il prezioso giacimen-
to di bauxite (da cui si ricava
l’alluminio) presente sotto le
colline del Niyamgiri, sacre
per i Dongria Kondh sia da un
punto di vista religioso che pu-
ramente pratico: è il luogo in
cui vivono e da cui traggono so-
stentamento. I membri della
tribù non ci stanno, e iniziano
a farsi sentire, chiedono aiuto
al governo britannico, alla
Chiesa inglese e a varie ONG,
finché non ottengono quello
che vogliono: la miniera non si
farà.
La prima osservazione che vie-
ne fuori da questa storia è che,
fortunatamente, a volte il bene
trionfa ancora. La secon- da, di
natura meno piacevole, si po-
ne in forma di domanda: come
è possibile che una piccolissi-
ma tribù sconosciuta sia riusci-
ta a vincere contro una
potente multinazionale men-
tre noi moltitudine di giovani
e meno giovani scontenti della
situazione nel nostro paese
accumuliamo una sconfitta die-
tro l’altra? A veder bene, non
sono neanche sconfitte, quelle
che collezioniamo, giacché
una sconfitta fa presupporre
che prima ci sia stata una
lotta. La verità è che della so-
cietà annichilita dalla quale di-
ciamo di volerci discostare, noi
siamo i figli più ricono- scibili.
Quello che io vedo nel- le no-
stre proteste è in larga parte
egocentrismo, autoreferenziali-
tà e bisogno di mettersi appo-
sto con la propria coscienza.
ribellione non nasca dal quel
profondo e nobile bisogno di
giustizia e di salvaguardia dei
propri e degli altrui diritti da
cui dovrebbe scaturire, ma sia
ormai diventata una consuetu-
dine, una “cosa da fare” assie-
me al rimettere in ordine la
casa e lavarsi i denti. È una re-
lazione che si trascina per abi-
tudine e in cui non si fa più
l’amore. Ricordiamoci perché
lo stiamo facendo: la demo-
craticità e la giustizia sono il
nostro tempio e la nostra fonte
vitale come le colline del Niya-
mgiri per i Dongra Kondh, non
la meta per una scampagnata.
Ginevra Sanvitale
2
Una mentalità, un comune, uno sviluppo e un declino a senso unico.
Non è la solita critica, ma una
proposta realistica e alternativa
ad una città ormai agonizzante.
Pavia ha come punti di forza eco-
nomica il settore agricolo, il
commercio, l'Università, la sani-
tà e l'edilizia. Questi trovano resi-
stenze allo sviluppo e alla
gestione nella tendenza ad
espandersi orizzontalmente che
la città ha avuto e continua ad
avere. Uno sviluppo verticale
avrebbe influenza su turismo,
viabilità e gestione del territo-
rio; inoltre, creerebbe la situazio-
ne ottimale per nuovo slancio
economico, intellettuale e uni-
versitario.
La verticalizzazione – ed
eventualmente compattazione
della città – libererebbe spazi
per le industrie (agricole e
non), faciliterebbe la gestione
dei mezzi pubblici e invoglie-
rebbe sia al loro utilizzo sia al
quello di mezzi più economici e
puliti, costituirebbe interesse tu-
ristico e sarebbe coerente sia sto-
ricamente (Pavia, la seconda
Roma, la città delle cento torri,
più storicamente verticale della
nostra città c'è solo Babele) che
geologicamente (non ci sono
stati grossi terremoti nella zona
dal 1117). Si auspica la creazio-
ne di un ambiente unico la cui
gestione sia davvero coerente
con Pavia.
Supponiamo che si incominci a
pensarla davvero cosi: pochi, po-
chissimi edifici, nei pressi della
città pulsante, viva, ovvero del
centro storico e dei viali di
circonvallazione (ovvio che co-
struire un mostro ecologico alla
periferia del vallone sarebbe
soltanto azzoppare la mobilità)
ben costruiti, progettati, partico-
lari ed ecologici. Ponetevi ora la
domanda: attirano più turismo
cento case anonime o un solo pa-
lazzo caratteristico dal punto di
vista architettonico e artistico?
Nell'impresa di creare un
ambiente simile, un posto di ri-
lievo sarebbe occupato dall'Uni-
versità: dalla ricerca, dalla
qualità della formazione e dalla
lungimiranza dipenderebbero
D al primo ottobre Giu-
seppino Molinari è il
nuovo Direttore Ammi-
nistrativo dell'Università di Pa-
via. “Il suo curriculum è
particolarmente prestigioso –
così ha scritto il Rettore nella
mail del 29 settembre – es-
sendo stato Direttore Ammini-
strativo dell’Università
Cattolica, dell’Università di Pa-
dova e del Politecnico di Mila-
no.” Quello che forse si è
dimenticato di aggiungere,
men- tre vantava le sue prece-
denti esperienze amministrati-
ve, è che nel 2008 Giuseppino
Molinari è stato condannato in
primo grado a risarcire al Poli-
tecnico 370 mila euro per nomi-
molto le sorti del nuovo svi-
luppo economico, che non sa-
rebbe più solamente basato su
banche, centri commerciali e
speculazioni edilizie ma sulla
formazione di nuove tecnologie
e di aziende specializzate nel
produrle. L'Università avrebbe
la possibilità di esprimere al me-
glio le potenzialità insite
nell'eccellenza che rappresenta
nel mondo accademico, costi-
tuendo così ancora più
importanza nella ricerca; ne è lo-
gica conseguenza che pure il già
importante complesso sanitario
locale riceverebbe innovazioni
d'avanguardia. Sviluppo chiama
sviluppo: se un settore funziona
anche gli altri ne sentono i bene-
fici e hanno la spinta necessaria
per accelerare. E se la ricerca mi-
gliora, attira nuove realtà indu-
striali: la combinazione di
nuove tecnologie e di poli di
attrazione intellettuale porte-
rebbero (per comodità) all'inse-
diamento sul territorio di
industrie nuove.
Laddove c'è un bisogno si trova
un modo per soddisfarlo; in una
città verticale che vorrebbe
tendere all'autosostenibilità e
all'unicità, sogno aziende verdi
che producano tecnologie del
medesimo colore. Le nuove indu-
strie (ormai quasi del tutto as-
senti) e la ricerca, così
potenziata dalle nuove necessi-
tà verticali, porterebbero nuovi
flussi migratori nella città, non
dipendenti dal commercio, che
influirebbero positivamente su
questo settore ormai saturo. Chi
si trova in questa parte del circo-
lo economico sa di essere solo
un intermediario tra chi produ-
ce e chi compra e che la quanti-
tà di merci venduta alla
popolazione ha un limite, ovve-
ro non aumenta direttamente
con l'aumento dei punti
commerciali. Basta guardare i ne-
gozi pavesi: molti falliscono,
cambiano gestione. Al di là
delle speculazioni che ci posso-
no essere, la troppa
concorrenza li fa fallire uno do-
po l'altro, raschiano il fondo del
ne illegittime di dirigenti, in
alcuni casi privi di requisiti co-
me la laurea, oppure in viola-
zione di regolamenti interni,
sempre comunque senza un
concorso. Se non si poteva pre-
scindere dall'assumere pro-
prio Molinari, almeno si
poteva evitare una circolare co-
sì spudorata e stendere un ve-
lo di pietoso silenzio. Ma
quello che fa più ridere è la de-
finizione di Direttore Ammini-
strativo sul sito del Polimi:
“garante della legittimità,
dell'imparzialità, della traspa-
renza e del buon andamento
dell'attività amministrativa del-
l'Ateneo”. Oltre al danno, la
beffa.
Da fallace a fallica periodico mensile
Numero 56
locale
Giovedì 4
Novembre 2010
barile che è la necessità di beni
dei pavesi. Le nuove industrie
porterebbero lavoro, beni e flus-
so di denaro che allevierebbero
l'anemia dell'economia. Dal
punto di vista sociale e cultura-
le una Università ancora miglio-
re dell'attuale attirerebbe gente
da ogni dove, nuovi modi di
pensare, culturali e intellettuali.
La densità di popolazione, au-
mentata di riflesso, accresce-
rebbe anche il grado di coesione
delle persone, darebbe maggior
visibilità alle associazioni che
riempiono lo scheletro dell'appa-
rato comunale.
Questa è una visione di quello
che potrebbe essere la nostra
cittadina. Un progetto non
molto dissimile (che però
andrebbe adattato, ovviamente)
è il Gwanggyo Power Center,
città auto sostenibile, sviluppata
verticalmente, di 77mila abi-
tanti (verrà completata nel
2011). Un complesso che preve-
de torri, a terrazze verdi, che si
possono contare sulle dita di
una mano.
I contro dell'applicazione di que-
sti principi generali nel nostro
territorio riguarderebbero princi-
palmente la viabilità. Data la
struttura attuale della città, l'uti-
lizzo del mezzo privato potrebbe
essere ancora favorito dalla popo-
lazione, indi creare problemi a li-
vello del traffico nei pressi degli
edifici e/o zone verticalizzate;
inoltre sarebbero necessari sca- di espansione orizzontale. allungati, maggiori consumi,
vi sotterranei per posti macchi- Attualmente trovo molto positi- disagi continui sulle vie paralle-
na e la gestione di emergenze vo il tentativo di recupero delle le e perpendicolari all'aberrante
sarebbe complicata. Il territorio aree dismesse (anche se si va in mostro a senso unico. Sia ben
pavese è ricco di materiale direzione del residenziale/terzia- chiaro: non sono contro il senso
archeologico: ne deriva che lo rio): buchi inutilizzati in un tes- unico ma a come lo vogliono
scavo deve essere molto curato; suto cittadino invece di realizzare al momento. Un
se fatto bene non è più un pro- un'ulteriore inutile espansione. senso unico del genere do-
blema ma una risorsa. I ritrova- Purtroppo le iniziative negative vrebbe prevedere un senso
menti andrebbero ad sono molto più numerose; negli contrario unico concentrico o
aumentare solo il valore dei mu- ultimi tempi si è più volte citato almeno delle vie di deflusso e
sei cittadini. Ugualmente, se le e discusso di cementificazione di inversione adeguate per ga-
cose sono fatte con criterio, pu- della Vernavola, aumento rantire una mobilità davvero mi-
re la gestione delle emergenze dell'area commerciale del Carre- gliorata. Consoliamoci fratelli
sarebbe facilitata e velocizzata four (aumento della superficie, automobilisti (per chi come me
dalla poca distanza da percorre- aumento dell'offerta, abbassa- è obbligato a prendere l’auto):
re. mento prezzi, aumento clienti to- almeno l'autobus avrà una
La realtà dei fatti è un forte squi- tali. Il problema è che corsia apposta in viale
librio tra pro e contro a l'aumento di clienti totali, e Matteotti: ora si che posso
svantaggio dell'attuale politica quindi del denaro speso dormire tranquillo!
nell'area, non sarà pro-
porzionale all'aumento
della superficie, impove-
rendo ancor di più la zo- Endriu
na), edificabilità della
zona di San Lanfranco,
l'espansione che si è re-
centemente vista nei Purtroppo l'articolo è stato
pressi della Nave (vorrei scritto prima del nuovo abbozzo
ricordare che a Pavia ci del PGT in cui si prevede la co-
sono tantissime case vuo- struzione di "torri" abitative
te e intanto si continua a presso le aree dismesse. Sebbe-
costruire). Infine, il pro- ne la logica di fondo sia la mede-
getto del senso unico sima manca dello slancio e
attorno al centro cittadi- dell'innovazione inoltre è anco-
no. Mi spiace ma ad una ra fortemente incentrato sul
prima occhiata si riesce commerciale e su un'edilizia re-
già ad intuire che sarà sidenziale sfruttata oltre le esi-
una bestialità: tempi di genze del territorio (ossia ci
percorrenza nella media sono migliaia di metri quadri re-
sidenziali inutilizzati).

periodico mensile
Numero 56
Giovedì 4
Novembre 2010
continua dalla prima
L’unico problema è che, forse,
qualcuno è riuscito a senza diritto di ammalarsi. Se
dimostrare di avere maggiori
esigenze rispetto agli altri, dato
che esiste un gran numero di
persone in grado di affittare
case, possedere più di un’auto e
preferire Roma o Londra per le
proprie cure sanitarie.
Sussistenza per tutti, dunque, e
surplus per la cerchia dei “più
uguali”. Questo per quanto
riguarda i libici, dato che gli
immigrati, in tale sistema, non
godono degli stessi vantaggi; va
bene finché si tratta di qualche
espatriato dell’ENI o di
individui che riescono a crearsi
un’attività in proprio, ma non
tutti hanno questa fortuna e, a
quel punto, sono affari loro: c’è
chi vende fazzoletti per strada,
chi pulisce i marciapiedi dalla
sabbia che ritorna dopo cinque
minuti e chi fa la guardia giorno
e notte nei campi residenziali
L'Era del Diritto & Benvenuti
nella Nuova Colonia Libica
L o spettacolo circense
gentilmente offerto dalla
collaborazione dei gover-
ni libico e italiano era già
andato in scena nel giugno del
2009, a un anno esatto della
firma dell'accordo di coopera-
zione tra il nostro stato e l'ex co-
lonia. Poco o forse per niente stu-
pisce quindi il secondo
anniversario dell'evento: per
l'occasione il Presidente Dittato-
re Muammar Gheddafi è sbarca-
to sul suolo italico piantando la
sua tenda faraonica, attorniato
dalle sue amazzoni guerriere,
con un gruppo di 30 cavalli
berberi al seguito, pronto a
mettere in scena la libera impu-
nità riservata solo a colui a cui
"I desideri mitici di prostitute libiche"
Osservo Tripoli, con Battiato nelle cuffie
delle compagnie petrolifere,
ogni tanto capita di vedere
sparire improvvisamente i in cui Tripoli sta lentamente
venditori di fazzoletti, è soltanto
il Colonnello che, stufo, li ha
messi in qualche centro o li ha
dispersi nel deserto.
Devo però dare a Gheddafi
quello che è di Gheddafi: nel
1970, a tre mesi dalla presa di
potere, ha sancito i diritti legali
delle donne, che vanno dal
diritto di voto a quello di non
sposarsi con un uomo non
amato, passando per la libertà
di non indossare il velo o di
divorziare. Ovvio, non si cambia
una cultura in pochi anni ma le
fondamenta per qualcosa di
diverso sono state costruite: da
donna, lo apprezzo molto.
Negli ultimi tempi Gheddafi è
molto invecchiato e sta
lentamente passando il
testimone al figlio Saif, il cui
tutto è ormai concesso. Essendo
abituati allo sfoggio culturale
che il gentil sesso, suo malgra-
do, ci riserva nel nostro paese,
iniziato con le starlette della tele-
visione, culminato con la nomi-
na dell'ottimo e sempre attivo
Ministro per le Pari Opportunità
Mara Carfagna, e purtroppo mai
terminato, nemmeno scanda-
lizza più di tanto la ridicolaggi-
ne di oltre 200 mercenarie,
racimolate da un'agenzia di mo-
da per assistere ansiose di sape-
re alla lezione coranica che il
Gerarca ha loro riservato: illumi-
nate dalla sua sapienza hanno
appreso e compreso che "In Li-
bia la donna è più rispettata
che in occidente". Se lo dice lui
Un'automobile da 300 cammelli
esteri
spiccato occidentalismo, ancora
filtrato comunque dal padre,
traspare chiaramente dal modo
venendo trasformata nella
“Dubai africana”: torri più alte,
più belle, più illuminate, oltre
ad una lieve apertura al
turismo. Staremo a vedere.
Emme
[1] Sono diversi i siti che vengono dati
per “ufficiali”: uno è www.nfsl-
libya.com ma, al momento è hackerato
da “uno degli amannnti di Gheddafi”;
l’altro è www.libyanfsl.com purtroppo
è in arabo ma, se avete un traduttore
automatico di siti, è una lettura
interessante.
ci crediamo certo tutti. Loro
intanto hanno abboccato, china-
to il capo e fatto più o meno
virtuali bocchini al Capo.
E' invece "il perché di tutto que-
sto" la cosa davvero impor-
tante, su cui vale la pena
soffermarsi in poche righe.
In due parole: interessi economi-
ci.
il Trattato di Benghasi garantirà
infatti alla Libia una serie di
vantaggi monetari non indiffe-
renti ma, ovviamente, anche
l'Italia avrà il suo tornaconto.
Lato oneri le questioni sono
principalmente queste: paghe-
remo 5 Miliardi di euro alla Li-
bia come risarcimento per i
danni di guerra; il governo italia-
no si è impegnato inoltre a
garantire i finanziamenti
per la realizzazione di infra-
strutture (in particolare
un'autostrada di quasi 2000
Km) per almeno 3,5 Mi-
liardi di Euro, da elargire
con rate ventennali; tali
fondi sarebbero in buona
parte coperti dall'aumento
del prelievo fiscale che gra-
va sulle azienda petrolifere
italiane presenti in Libia, so-
prattutto ENI, che come
merce di scambi vedrebbe-
ro estesi i permessi di
permanenza sul suolo nord
africano fino al 2047; l'Ita-
lia fornirà alla Libia borse
di studio e soggiorni per stu-
denti, nonché programmi
di riabilitazione per le vitti-
me delle mine di guerra.
Ovviamente s'intende:
tutto questo non è una
semplice spesa per l'Italia,
elargita per gentile concesio-
ne.
3
liardi di dollari: una
La realizzazione delle opere so-
partecipazione stimabile a circa
pracitate, e di altri interventi mi-
il 7% nella banca più discussa
noritari, sarà affidata a nostre
di questi tempi - Unicredit,
imprese, più o meno le solite,
l'ingresso a spron battuto nella
corre- late all'universo delle
più importante compagnia assi-
cricche (Impregilo, Ansaldo,
curativa italiana - Generali,
Finmeccani- ca), che quindi si
l'1% di Eni, l'ormai datata pre-
vedranno assegnate succulente
senza in uno dei club più
commesse a garanzia del futuro
storici dello sport più ricco e
fatturato.
malavitoso del mondo - Ju-
La Libia come contraltare si è
ventus, non meglio precisati
impegnata a combattere il feno-
investimenti nella società di te-
meno dell'immigrazione clande-
lecomunicazioni vincitrice del
stina. Non è dato sapere come,
bando per il WiMax - Retelit. Di
anche se appare chiaro: numero-
questi tempi denaro contante a
se inchieste, servizi e rivelazio-
palate non si vede tanto spesso.
ni alla luce del sole sahariano
Alla luce di tutto questo, tra
indicano nei militari libici gli
tanti lati oscuri e troppe zone
schiavisti legalizzati del nuovo
d'ombra, appare ad ogni modo
secolo, capaci di rapinare i
chiaro: l'Italia si può considera-
malcapitati immigrati che
re un satellite della Libia, e non
giungono già stremati sul territo-
certo il viceversa, quasi come
rio libico dopo aver attraversato
fossimo patrimonio coloniale di
il deserto, sequestrando loro i do-
Gheddafi.
cumenti, costringendoli a lavora-
Il tutto non per tradizionale su-
re in condizioni disumane per
premazia militare, piuttosto per
riscat- tarli. Tutto questo grazie
difesa dell'interesse economico
al nostro lungimirante governo
del Presidente del Consi-i glio e
e nell'imbarazzante silenzio
della sua banda allargata ad
delle Nazioni Unite.
ampio spettro.
Di fondamentale importanza è
Questi i pochi pregi e i tanti di-
poi comprendere i vantaggi indi-
fetti dell'anticolonialismo mo-
retti che il potentato economico
derno: chi si oppone è razzista.
italiano riceverà dall'accordo.
Ovvero ingenti flussi di denaro
che i libici si sentiranno stimo- Matteo Bertani
lati ad elargire.
Si narra si possano contabi- lizza-
re già tutt'oggi scambi per 40 mi-
4
Sotto un unico cielo.
Relazioni industriali e sindacati nel socialismo di mercato cinese
Era un po' curioso pensare che il
cielo era lo stesso per tutti, in Eura-
sia, in Estasia, e anche lì.
E la gente sotto il cielo, anche, era
sempre la stessa gente...
dovunque, in tutto il mondo, centi-
naia o migliaia di milioni di indivi-
dui, tutti uguali,
ignari dell'esistenza di altri indivi-
dui, tenuti separati da mura di
odio e di bugie, eppure quasi gli
stessi...
George Orwell, "1984"
S ul linguaggio della politica
già si è detto abbastanza:
non ha nulla di razionale,
né di conforme alla realtà.
Del resto, la realtà chi la fa? Chi
la vede? Siamo o non siamo dei
sottoprodotti di ciò che interpre-
tiamo?
Il discorso potrebbe dilungarsi a
piacere, ma non è di filosofia
che stiamo trattando: di tutta la
realtà politica è il sindacalismo
che diventa oggi un fenomeno
prettamente contradditorio e au-
toreferenziale, spesso non cons-
cio delle reali esigenze dei
lavoratori e del sistema Paese.
Basti osservare in Italia il funzio-
namento del Pacchetto Treu del
1997 e della famigerata Legge
Biagi: nonostante gli sconti alle
imprese e i vantaggi riservati
alle donne, grazie alla scusa
della flessibilità, questi lungimi-
ranti interventi nel campo della
regolamentazione del lavoro
hanno, se non creato, quanto
meno accentuato il precariato,
e, come è evidente, la disoccupa-
zione (soprattutto giovanile) esi-
ste e... resiste! Viste le fortune
dei più vecchi (posto fisso, tute-
la sindacale e di categoria, ferie
etc) ci si potrebbe chiedere: sia-
mo davvero così lontani dalla si-
tuazione lavorativa vigente
nelle pseudo democrazie
L ’Italia è una repubblica
fondata sul lavoro e, co-
me con tutti i punti cardi-
ne su cui dovrebbe basarsi una
società civile, noi lo prendiamo
a pesci in faccia.
Nonostante nel 2009 si sia verifi-
cato un forte calo degli inci-
denti sul lavoro, i dati Inail
denunciano 790.000 infortuni e
1.050 decessi: numeri che parla-
no da soli.
Lungimirantemente il “nostro”
governo ha promulgato un decre-
to legge in cui si riscontra una
forte depenalizzazione a ri-
guardo.
Con il ddl 106 i datori di lavoro
avranno pene e ammende di-
mezzate per qualsiasi tipo di cri-
mine essi possano commettere:
dal consentire l’ingresso in
"La sicurezza sul lavoro è un lusso che non ci possiamo permettere"
d’oriente?
In questo contesto di crisi occi-
dentale tutti si sono resi conto
che “la Cina è davvero vicina e
non soltanto in cucina”: prima
era nota soprattutto per gli
aspetti culinari, per le arti
marziali, per le sporadiche distri-
buzioni cinematografiche e per
i più seri casi di cronaca politica
– vedi Tien an Men; evidente-
mente ora è notissimo so-
prattutto il "Made in China",
che sembra essere proliferato co-
me una cellula tumorale:
fastidioso, silenzioso eppu-
re irruento e non debella-
bile!
Cosa c’è dietro a questa
magia o malattia, mante-
nendo la metafora?
Finalmente comincia a
chiederselo anche l'Italia,
nota consumatrice di tali
prodotti, nonostante un gi-
gantesco mea culpa sulla
diminuzione di molti Ma-
de in Italy e un illustrissi-
mo ma maldestro
tentativo di evitare co-
pia/incolla da parte del Re-
gno-di-Mezzo.
Da quel poco che sappia-
mo c'è una e una sola ri-
sposta a questa domanda:
in Cina non esistono una cultu-
ra e un'esperienza delle relazio-
ni industriali come in occidente.
Ora che il Celeste Impero così
misteriosamente chiuso per tra-
dizione ha aperto una porta
verso "le diecimila cose", per
dirla alla confuciana, commercia-
lizzando massivamente con il re-
sto del mondo, non soltanto
genera, ma crea, un mercato
fortissimo, competitivo so-
prattutto in virtù dei costi di pro-
duzione miseri rispetto a quelli
del mercato industriale delle su-
perpotenze concorrenti.
Eppure, come in tutti i Paesi,
anche in Cina il governo po-
trebbe trovare un suo nemico
nei sindacati. Eppure, come in
Sicurezza cosa?
ambienti a rischio di esalazioni
tossiche, in cui non siano stati
effettuati i rilievi del caso,
all’omissione della fornitura di
vigilanza e/o strumenti necessa-
ri alla sicurezza dei lavoratori,
dalla mancata valutazione dei ri-
schi alla “dimenticanza” di nomi-
nare responsabili di servizio per
prevenzione e protezione.
Verrebbe da domandarsi,
dunque, quale sia la funzione
della pena. In uno Stato come
quello delineato alla nostra Costi-
tuzione, il ricorso allo stru-
mento della pena ad opera del
legislatore si legittima anche e
soprattutto in chiave di “pre-
venzione generale”: la sanzione
diventa un mezzo per orientare
le scelte di comportamento dei
suoi destinatari, in primo luogo
lavoro
tutti i Paesi, anche in Cina il si-
stema sindacato dovrebbe esse-
re fatto appositamente per
proteggere il cittadino pre-
servandone i diritti, difendendo-
lo nei casi dagli abusi di potere
da parte del governo e dalle poli-
tiche industriali inique.
Purtroppo però, sempre come
in tanti paesi, anche in Cina il
linguaggio politico non è chiaro,
piuttosto risulta sconnesso e to-
talmente distaccato dalla realtà.
In Cina, infatti, questa volta più
che in tanti paesi, il sindacato
parla e tende a parlare con le
parole del governo, senza media-
re con i lavoratori. Manca in que-
sta nazione la minima lotta
garantita da una dialettica
fondata sulla contrapposizione e
l'interazione d’idee.
Sembra essere tutto immanca-
bilmente univoco e direzionato
al “gong zhuo”: il lavoro. Vedasi
la più recente dichiarazione uffi-
ciale del sindacato cinese, che
nel tentativo di cancellare le
accuse al governo mosse da una
parte del popolo operaio de-
canta “la necessità di tutelare i
diritti legittimi dei lavoratori
accelerando la transizione di
questo modello di sviluppo eco-
facendo leva sugli effetti di inti-
midazione correlati al contenu-
to stesso della pena (la
reclusione o il pagamento di
ammende, per intenderci); in se-
condo luogo si insiste sull’azio-
ne pedagogica svolta dalla
norma penale nel lungo perio-
do, il cui scopo dovrebbe essere
quello di creare nella collettivi-
tà una spontanea adesione ai va-
lori espressi dalla legge.
Che cosa pensare quindi di un
decreto legge che praticamente,
sul piano sanzionatorio, parifica
la violazione delle norme sulla
sicurezza del lavoratore a una
multa per divieto di sosta? Sia-
mo in Italia.
S.F.
Giulio Tremonti
nomico, di realizzare appieno la
funzione di ‘grande scuola’ (da
xuexiao) del sindacato, di
rafforzare in maniera mirata il la-
voro politico sul pensiero dei la-
voratori, di soddisfare le
crescenti esigenze culturali e spi-
rituali dei lavoratori, di fornire
assistenza psicologica ai giovani
migranti e di far sì che i lavorato-
ri abbiano una vita e un’occupa-
zione dignitosa”. Le solite vuote
dichiarazioni di principio che
da almeno due decenni si leggo-
no regolarmente sui documenti
sindacali cinesi della FNSC.
Alias di tutto questo: “l'obbe-
dienza è dovuta, pena una vio-
lenta repressione”.
Polizia a parte, lo sciopero in Ci-
na è infatti impedito tassativa-
mente attraverso atti di
squadristi al soldo degli indu-
striali, azioni perseguibili, ma
mai perseguite davvero a
norma di legge, giacché in que-
sto Paese si tende sempre a sotto-
periodico mensile
Numero 56
Giovedì 4
Novembre 2010
lineare l'importanza della
stabilità sociale a prezzo della
instabilità lavorativa.
Da questa evidente dissociazio-
ne di pensiero il disturbo
comportamentale più evidente
genera lavoratori annichiliti dal
peso di un diktat governativo so-
stenuto dal volto del sindacato,
complice dell’illusorio e
ingannevole sogno di poter go-
dere davvero di un benessere e
"di un grande balzo in avanti",
come promesso da Mao.
Il gigante proletariato cinese
ha i piedi fatti d'argilla, pla-
smabile com'è dalle promes-
se governative. Al sindacato
cinese, come ogni ente poli-
tico che si rispetti, interessa
il potere fine a sé stesso, al
punto che, persino nel caso
degli operai sfruttati e sotto-
pagati dalle imprese stranie-
re, ha sempre chinato il
capo, pur di ottenere e
mantenere una sua rappre-
sentanza all'interno degli
uffici dirigenziali di questa o
quella società.
Se prima la Cina insegnava
a “guardare e non toccare”,
ora è lei che invita, s’invita
e, se può, intimidisce anche
le abitudini dell'Occidente.
Raffinata e maliziosa, voluttuo-
sa e contraddittoria, proprio co-
me il Tao, attira l'attenzione e si
fa notare per il suo stakanovi-
smo, la sua elegante precisione
nei particolari inserita
all'interno di una gigantesca
collana di episodi davvero gros-
solanamente crudeli.
E come spesso accade: è il popo-
lo a farne le spese.
Paola Blondet
 5
periodico mensile Lavorare per vivere o vivere per lavorare?
Numero 56

lavoro
Giovedì 4
Novembre 2010

Il lusso di discutere di problemi veri:

il salario minimo per i disoccupati
N on si è ancora riusciti a
capire se dalla crisi ini-
ziata nel 2007 l’Europa
sia uscita o no, né chi sta me-
rimangono i tre milioni di
disoccupati di cui lo stato si de-
ve occupare. Proprio a fine
settembre ha luogo una nuova
verifica.

3. Aiuto sociale (Sozialhilfe), ri-

glio e chi sta peggio. Ma senza
dubbio il tema del mercato del
lavoro in questo momento è
estremamente sensibile in tutti
i paesi europei. A tale proposi-
to, oggetto del dibattito in
Germania sono varie forme di
ammortizzatori sociali e in parti-
colare il cosiddetto sussidio mini-
mo di sussistenza. Di questo
trattano le leggi Hartz-IV, che
prendono il nome dal direttore
della commissione occupatase-
ne, Peter Hartz, e sono in vigo-
re dal primo gennaio 2005
(ultimo anno di governo di Ge-
rhard Schröder, SPD). È stata la
più importante riforma del
mercato del lavoro degli ultimi
decenni, sollecitate dalla grave
situazione di quegli anni. Il nu-
mero dei disoccupati ha
raggiunto infatti proprio nei pri-
mi mesi del 2005 il picco più
alto dal 1933 (!), con oltre
5.200.000 senza lavoro. Nel
settembre 2010 i dati
dell’Agenzia Nazionale del Lavo-
ro (Bundesagentur für die
Arbeit, BA) sui disoccupati sono
estremamente positivi: il nume-
ro si è ridotto a 3.031.000 e la
quota rispetto al mercato del la-
voro si è stabilita sul 7,2%, dimi-
nuendo dello 0,8% in un anno.
Nonostante i dati soddisfacenti,
revisione delle leggi Hartz-IV,
non particolarmente profonda,
ma necessaria per riattualizzare
le condizioni del mercato del la-
voro scosse dalla crisi. L’orga-
nizzazione del sistema degli
ammortizzatori sociali per i
disoccupati, benché sia stato
semplificato dalla riforma del
2005, rimane molto complicato.
Attualmente sono previste tre
forme di sussidio:
1. Sussidio per i disoccupati
(Arbeitslosegeld), cui si ha di-
ritto con la perdita del lavoro e
altre condizioni. Normalmente
questo dura solo un anno, ma
con alcune condizioni (ad
esempio superati i un’occhiata a un’interessante ti-
cinquant’anni) è possibile ottene-
re un prolungamento.
2. Sussidio per i disoccupati II
(Arbeitslosengeld II), è pensato
principalmente come sostegno
di sicurezza per coloro che sono
in cerca di un lavoro (Grundsi-
chrung für Arbeitssuchende),
ma la sua attribuzione è
complessa perché, per averne di-
ritto, non è necessario essere
senza lavoro. Il criterio fonda-
mentale è il bisogno del richie-
dente, la cui verifica si articola
attraverso moltissimi criteri di
volto a coloro che non sono in
grado di svolgere un’attività lavo-
rativa per almeno tre ore al
giorno (quindi persone anziane
e disabili).
Al centro del dibattito attuale
sta l’innalzamento del sussidio
per i disoccupati II, che è stato
aumentato dalla CDU e dalla
FDP di soli 5 euro, da 359 a 364,
mentre l’opposizione richiede
un aumento che arrivi sopra i
400 euro e ha già in calendario
una dimostrazione per manife-
stare il proprio scontento a
Oldenburg il 10 ottobre.
Per completare il quadro dei
disoccupati e dei relativi provve-
dimenti del governo è utile dare
pologia di disoccupati: gli stu-
denti. Per offrire pari
opportunità a tutti, esiste il BA-
föG (Bundesausbildungsförde-
rungsgesetz), una serie di leggi
che regolano l’attribuzione di
un sostegno economico a stu-
denti, che dipende dal reddito fa-
miliare e può coprire l’intera
durata degli studi. Dell’intera
somma ricevuta se ne deve resti-
tuire soltanto la metà.
“Ho visto cose, che voi umani...”.
Serena Gregorio

L'Italia al bivio di Pomigliano

C ’è un testo da tenere
sotto mano per capire il
mondo: il Global Competi-
tiveness Report 2010-11 del
World Economic Forum
(http://bit.ly/bJ3Zfy). In leggibi-
lissime figure è riassunta la situa-
zione delle variabili
fondamentali per la crescita (tra
cui istituzioni, flessibilità del la-
voro, innovazione) in tutti i pae-
si del mondo, rispetto a quella
dei paesi comparabili. L’Italia ha
problemi seri in molti aspetti,
ma ce n’è uno fondamentale:
l’innovazione. È la capacità di
introdurre nuovi prodotti e mo-
di per produrli: di spremere più
beni dagli stessi fattori produtti-
vi. Nelle economie avanzate è
questo il motore di tutto, ciò cui
paesi come Germania e Francia
devono la prosperità e un siste-
ma di tutele. Con l’innovazione
vengono investimenti, salari
alti, crescita, soldi per pensioni,
scuola, infrastrutture.
Senza, s’imbocca una
china pericolosa: quella
di competere sul costo
del lavoro coi paesi a
basso reddito.
Già, il costo del lavoro.
In Italia c’è un curioso
paradosso: i salari sono
i più bassi d’Europa,
ma il costo del lavoro è
tale che le imprese non
investono da noi.
Com’è possibile? Il pro-
blema è che il salario
orario è basso, ma la
produttività (un aspetto
dell’innovazione) lo è
ancora di più: stagna da
15 anni, mentre in
Germania aumentava
del 30%. In altre paro-
le: l’operaio italiano
prende all’ora meno di
quello tedesco; ma questo in
un’ora produce il 30% in più,
sicché il suo CLUP (costo del la-
voro per unità di prodotto) è
ben più basso. Tanti i motivi: as-
senza in Italia di schemi incenti-
vanti, macchinari arretrati,
nanismo delle imprese.
Tutto ciò non poteva trascinarsi
all’infinito, e l’attuale vertenza
dei metalmeccanici fa venire i
nodi al pettine. Federmeccani-
ca, l’associazione delle
imprese del settore,
ha stipulato un
contratto nel 2008 con
tutti i sindacati
compresa FIOM-CGIL.
Nel gennaio 2009, pe-
rò, Confindustria, CI-
SL e UIL hanno
firmato un accordo na-
zionale interconfedera-
le che prevede
l’importante modifica
della derogabilità in
peggio dei contratti
aziendali, rispetto a quello nazio-
nale di settore, se accettata dalla
maggioranza dei lavoratori di
un’azienda. Su tale base, Fe-
dermeccanica, CISL e UIL
hanno concordato (ottobre
2009) delle modifiche del
contratto metalmeccanici che la
FIOM non riconosce. Sotto la mi-
naccia di azioni legali, il 7
settembre Federmeccanica è re-
ceduta dal contratto del 2008.
Il modello di contrattazione
aziendale è mutuato dal sistema
introdotto in Germania nei ‘90
per gestire le notevoli diffe-
renze di produttività tra Est e
Ovest. È un elemento
importante dell’attuale competi-
tività tedesca, e lo sarebbe per
la nostra. Il problema era
latente, ed è esploso con la que-
stione di Pomigliano: la FIAT vo-
leva introdurre un sistema di
produzione just-in-time ad alta
efficienza, dove però l’assentei-
smo o scioperi selvaggi possono
fare danni enormi. Ha richiesto,
in cambio, impegni contrattuali
estremamente rigidi, con le rea-
zioni che sappiamo.
La FIOM ha una maggioranza
interna anti-Epifani, che la
rende minoritaria nella CGIL. È
probabile che l’elezione del
prossimo segretario Camusso
(che peraltro proviene da
FIOM, ma è epifaniana) sposti
ulteriormente il baricentro
verso l’adozione del modello te-
desco, già accettato da CGIL
p.e. nella chimica. Ciò rompe-
rebbe un isolamento che è stato
ampiamente cercato dal go-
verno.
Ma al di là degli equi-
libri interni, la que-
stione fondamentale
è un’altra. L’Italia ha
un sistema produtti-
vo malato di scarsa
innovazione. Riorga-
nizzazione produttiva
e moderazione sala-
riale possono essere
mezzi di breve perio-
do per alzare la pro-
duttività e restare a
galla. I lavoratori pos-
sono accettare di fare la loro
parte, e stringere i denti per un
po’. Ma se fra cinque anni l’inno-
vazione e l’investimento –
anche pubblico – in ricerca sa-
ranno ancora stagnanti, che
scelta avremo se non il disarmo
o salari da fame?
Gianluca Flego
6
continua dalla prima
La scelta di risparmiare ri-
nunciando al fotografo professio-
nista porta poi però il prodotto
all'inevitabile destino: foto sca-
denti. Ed è solo uno dei tanti
esempi.
La presenza del web costringe
poi gli articolisti che si occupa-
no dell'edizione online di un
giornale a battere la notizia nel
più breve tempo possibile, alme-
no allo stesso tempo della
concorrenza, e per fare questo
si ricorre sempre al più fatale de-
gli stratagemmi: il copia-incolla,
dissimulato da qualche leggero
cambiamento sintattico: ovvero
la copiatura dalla fonte prima-
ria, solitamente il lancio di
un'agenzia di stampa, che do-
vendo essere redatto con ur-
genza in pochi minuti, non è
mai troppo dettagliato e contie-
ne spesso diversi errori, tragica-
mente ribattuti all'unisono da
trenta redazioni copia-incollatri-
ci diverse. Questi esempi aiuta-
no a chiarire come la rivolu-
zione digitale abbia sì au-
mentato a dismisura il numero
delle pubblicazioni e delle infor-
mazioni che circolano, ma abbia
anche influito negativamente
sulla cura professionale con cui
queste vengono realizzate, cau-
sando un peggioramento genera-
le della qualità dei prodotti
editoriali e un aumento enorme
della concorrenza.
Guardiamo una qualunque edico-
la, le sue pareti tappezzate di
pubblicazioni.C’è di tutto: Il mio
cane, Il mio gatto, Il mio passe-
rotto, Donna Moderna, Donna
Antica, Donna Media, Chi, Cioè,
Dove, Come, Quando e Perché.
Negli ultimi anni si è verificato
un aumento ingiustificato del nu-
mero delle pubblicazioni settima-
nali e mensili, e la qualità si è
abbassata in egual misura. Più
giornali, meno notizie, anche
questo è crisi dell’editoria. L’edi-
toria è, come tutti i mercati, re-
golata dalle leggi della con-
correnza. Ogni vendita che
faccio io è una vendita sottratta
L'emblema del moderno: il contenuto non conta.
strumenti
La Stampella
Riflessioni su un'editoria che zoppica
a un mio rivale. Quando anche i
grandi gruppi editoriali sono co-
stretti a economizzare, è inevita-
bile un sacrificio sulla qualità.
Ad esempio, se dobbiamo
comprare delle immagini per
illustrare il nostro giornale sce-
gliamo quelle che costano me-
no, che sono quelle disponibili
su abbonamento da agenzie co-
me l’Ansa (agenzia cooperativa
di proprietà degli stessi editori)
o da agenzie di microstock (gros-
si archivi fotografici online che
recuperano milioni di immagini
in qualche modo e poi le ri-
vendono a chiunque a 99 centesi-
mi l'una), o addirittura
prendendole liberamente da
internet: sono le immagini che
ci costano meno, ma sono
anche le immagini che hanno
tutti. Quando c’è da divulgare
una notizia, anziché fare appro-
fondimenti preferiamo puntare
su casi o notizie usa-e-getta, faci-
li da reperire (sul web) e di
pronto uso, che devono attrarre
la curiosità immediata del letto-
re ed esaurirla nello spazio di po-
che righe, per poi essere
prontamente sostituite da nuo-
ve "curiosità". Il manzo più
grande del mondo e il ragazzo so-
pravvissuto dal coma perché gli
hanno messo il cervello in free-
zer. Sono le notizie che hanno
tutti. I grandi gruppi editoriali
dettano le condizioni, perché so-
no i leader trainanti del mer-
cato, ma se le condizioni si esau-
riscono in un “tutto fa brodo,
purché costi poco”, ecco che
l’attività editoriale diventa più
abbordabile per una pletora di
concorrenti: oggi chiunque può
produrre una rivista e metterla
sul mercato inseguendo la
formula: massimo di appetibili-
tà, con il minimo della spesa. È
proprio nel concetto di “appetibi-
lità” che sta la fregatura. Gli edi-
tori di oggi hanno ancora la
mentalità pre-crisi, per cui una
rivista deve essere il più possibi-
le appetibile, non per il lettore:
per la pubblicità. Tutte queste ri-
viste di pronto consumo, piene
di immagini e su carta patinata,
utili al più per ammazzare l'atte-
sa se si è all'aeroporto o in tre-
no o nell'anticamera di un
dentista, non sono affatto
pensate per il lettore come
cliente primario.
Il vero cliente è chi compra la
pubblicità. Immaginatevi un uffi-
cio di una casa editrice, dentro
c'è un venditore che lavora col
telefono, chiama tutte le
aziende che trova, cerca di
rompere il ghiaccio chiedendo
se conoscono la sua casa editri-
L'avventura di Solidarność
Un parallelo con la Cina di oggi
D a un’ analisi di massi-
ma sulla libertà di
espressione sindacale
nella dittatoriale Repubblica Po-
polare cinese viene da chiedersi
se una svolta dal basso sia possi-
bile e come, e siccome il detto hi-
storia magistra vitae sbaglia di
rado, sembrerebbe opportuno fa-
re un parallelo con quell'espe-
rienza sindacale europea che
negli anni '80 fece tremare la
cortina di ferro fino ad
abbatterla, ovvero Solidarnosc .
Solidarnosc nacque per dei moti-
vi concreti: il governo polacco
negli anni '70 aveva commesso
errori di politica indu-
striale e monetaria
ed aveva reso diffici-
li le condizioni di vi-
ta del ceto operaio
aumentando i prezzi
dei beni di consumo:
l'obiettivo del movi-
mento e del suo cari-
smatico fondatore
Lech Walesa – ex ope-
raio licenziato dai
cantieri navali Lenin
di Danzica per prote-
ste antigovernative –
era quello di ridare
dignità alla svilita
condizione del ceto
operaio, una dignità
non solo economica
ma sociale.
Walesa condusse
una durissima batta-
ce e cosa ne pensano, e infine
chiede se vogliono comprare
uno spazio pubblicitario su que-
sta o quella rivista, ovviamente
tutta lucida, brillante e patinata
da fare il sogno di ogni pubblici-
tario. Bisogna dire che fino a
una decina di anni fa il business
della pubblicità sulla carta
stampata c'era davvero, per
ogni azienda era una vera
chicca vedere il proprio pro-
dotto reclamizzato su qualche
giornale. Adesso no. Il povero
venditore riabbassa la cornetta
e si mette le mani nei capelli.
glia contro la repressione del go-
verno e del potentissimo
ministero della pubblica sicu-
rezza ma, tanto più questo si
impegnava a reprimere, tanto
più le attenzioni del mondo inte-
ro si riversavano sul piccolo pae-
se europeo, tant'è che nel 1982
a Lech Walesa venne conferi-
to il premio Nobel per la pace.
Alla fine la solidarietà vinse la
sua battaglia e la Polonia nel
1990 si incamminò verso le sue
prime elezioni libere, dove non
a caso trionfò lo stesso Walesa
con un consenso popolare
amplissimo, divenendo il primo
presidente democraticamente
eletto della repubblica polacca
nel secondo dopoguerra.
Il presidente operaio, per i
successivi cinque anni, guidò
la Polonia verso la transizione –
non del tutto di esito felice, a di-
re la verità – alla democrazia e
all'economia di mercato.
La domanda che ci si pone ora
è: avrà mai la Cina un suo Lech
Walesa e una sua Solidarnosc?
La risposta, per quanto semplici-
stica, ci sembra essere negativa.
La Cina sembra non essere un
Paese facilmente influenzabile
dalle potenze occidentali come
la debole Polonia degli anni '80:
dispone di un seggio perma-
nente nel consiglio di sicurezza
dell'ONU ed è de facto il Paese
che la comunità internazionale
deve sempre consultare, qualo-
periodico mensile
Numero 56
Giovedì 4
Novembre 2010
C'è la crisi, la pubblicità non c'è
più. Certe aziende comprano
ancora un po' di spazio pubblici-
tario (poco) per la televisione,
ma per la carta stampata non so-
no più disposte ad affrontarne
la spesa. Le pubblicità che ve-
diamo sulle riviste sono per la
maggior parte finte, nel senso
che sono gratis. L'editore le re-
gala, nella speranza di avvicina-
re qualche altro allocco e dirgli
“ecco, guarda quante aziende ci
comprano la pubblicità, non c'è
ragione perché non lo faccia
anche tu”. Questo è ciò che
intendono gli editori di periodi-
ci quando pensano all'appetibili-
tà dei loro prodotti, e a questo
si è ridotta l'editoria italiana ne-
gli ultimi dieci anni. Risparmia-
re su tutto, tranne su ciò che
può aiutare a vendere la pubbli-
cità, pubblicità che forse non
esiste più. Molte riviste hanno
ovviamente già chiuso e già si
vocifera su chi sarà il prossimo.
Lavorare nell’editoria è il sogno
di ogni bambino. Il sogno di un
grande licenziamento di massa,
cavolo.
Simone Mattoli
ra vi fossero rilevanti questioni
di politica internazionale con il
vicino Estremo Oriente ed è
dunque lei ad influenzare i suoi
vicini. Non è un paese arretrato
che produce trattori e carri
armati sovietici T34 con un desi-
gn risalente al 1938 ma un pae-
se proiettato interamente verso
il futuro ed in una fase di forte
espansione industriale e fi-
nanziaria.
Soprattutto, quello che ci
sembra più evidente è il fattore
socio-culturale della società ci-
nese.
In Cina la repressione del
pensiero indipendente è un
arte che ha una pratica millena-
ria: dal primo imperatore Qin fi-
no a Hu Jintao la classe
dirigente cinese e i suoi leader
hanno tenuto ben salda la spie-
tatezza necessaria alla repressio-
ne di ogni forma di dissenso e
si sono sempre preoccupati di
dare la caccia – fino alla diretta
eliminazione fisica – di ogni lea-
der carismatico che avesse un
pensiero alternativo al governo:
se sorgesse un Lech Walesa in
Cina finirebbe quindi in un lao-
gai o giustiziato, affinché l'armo-
nia e la pace dei popoli tornino
a regnare sul sacro suolo del ce-
leste impero.
Daniele Bianco

periodico mensile
Numero 56
Giovedì 4
Novembre 2010
O Kamchatka o morte!
Canossa
C iao lettore, rieccoti dopo
la pausa estiva! Se, come
immagino, hai cercato
con foga la tua amata rubrica o
viceversa l'hai lasciata per ulti-
ma come si fa nei grandi pranzi
con la portata più gustosa, allo-
ra vedrai che potresti anche ri-
manere deluso: questa è solo la
rubrica sui nuovi giochi da tavo-
lo, mica quella delle considera-
zioni intellettuali di Umberto
Eco... Ad ogni modo oggi si
parla (finalmente) di un gioco
italiano, "Canossa , a game of
conquest and intrigue in the
dark ages" di Walt Castagno
Il sottotitolo come si evince
serve solo a far sembrare più fi-
go il gioco, che come compo-
nenti è viceversa molto
essenziale. L'ambientazione è
appunto il castello di Canossa
(Reggio Emilia) intorno
all'anno 947, quando, dopo
l'uccisione da parte di Berenga-
rio II, Marchese d' Ivrea e di Lo-
tario II, Re d'Italia, la moglie di
quest'ultimo, Adelaide di Borgo-
gna, vi si rifugia per sfuggire al
matrimonio con il figlio di Be-
rengario al quale questi voleva
costringere per conquistare il
trono d'Italia.
Il tabellone è una scacchiera esa-
gonale che rappresenta il bo-
sco, fatto da tessere- bosco
,intorno al Castello, rappre-
sentato da una tessera posta
sull'esagono centrale. Oltre a
queste sono posizionate ca-
E ' un bel periodo.
Settembre ci delizia con
Mafia II, Halo Reach,
Civilization V e sta per arrivare
anche GT5 (avete sentito bene,
sindaco di Siena permettendo, a
novembre dovrebbe finalmente
uscire).
sualmente anche tessere-
avversità, che rappresentano
gli assedianti il castello ovvero
Berengario, suo figlio Adalberto
e il suo esercito. I giocatori
interpreteranno una coppia di
cavalieri di Ottone I, Imperato-
re di Germania, accorso in aiu-
to di Adelaide. Lo scopo del
gioco è quello di raggiungere
con i propri cavalieri il castello
di Canossa totalizzando il
punteggio più alto, che è dato
dalle tessere -avversità conqui-
state.
Mentre per conquistare le tesse-
re -bosco basta raggiungere le
altre tessere con uno dei propri
cavalieri, per le tessere -avversi-
tà bisogna anche avere una stra-
da che porti fuori dal bosco e
queste possono essere ostruite
da gli altri giocatori con le loro
tessere bosco e foresta conqui-
state. Nonostante le compo-
nenti materiali siano scarse -e
non si tratti di un gioco partico-
larmente elaborato- risulta
abbastanza divertente tattica-
mente e facile da imparare,
quindi apprezzabile da tutti,
peccato solo che ci sia il nume-
ro limitato di giocatori (da 2 a
4). Presto, corri a salvare la Re-
gina d'Italia, il Principe Fili-
berto te ne sarà grato!
Ciao e al prossimo numero!
JCO
Non di sola gnocca vive l'uomo 2
Purtroppo rimango incazzato
per le continue critiche alla vio-
lenza nei videogiochi. Non dico
che non si possano criticare,
ognuno è purtroppo libero di di-
re le minchiate che gli passano
per la testa. Accetto anche che
troppa violenza, sesso e ghe“ già il titolo dice tutto).
linguaggio esplicito
possano dare fasti-
dio. Ma in questo ca-
so il problema è
personale, non
compri il gioco e
continui la tua tri-
ste vita su Little
Big Planet. Non ti
permetti però di
creare un'associazio-
ne genitori che con
processi milionari
obbliga la Rockstar
a censurare i suoi
GTA. Anche perchè
c'è un'ambiguità di
fondo inaccettabile.
Infatti suscita
maggiore scalpore
la possibilità,
infatti poi elimi-
nata, di vedere sce-
ne di sesso in un
gioco dove posso
Think Globally (bau!)
cultura
Canzoni senza titolo
Mondo cane
M ondo Cane è un film-
documentario italiano
del 1962 della trimurti
di regia Jacopetti, Cavara, Pro-
speri, nel quale vengono mo-
strati gli aspetti più bizzarri,
grotteschi, cruenti delle varie
culture, tribali e non, del globo.
Partecipò al Festival di Cannes,
vinse il David di Donatello, di-
venne un cult e ne seguì un pro-
liferare di sorvolabili seguiti.
Mondo Cane è anche il titolo
dell'ultimo capriccio di Mike
Patton, indiscutibile genio poli-
morfico, in grado di passare ne-
gli anni, nel susseguirsi dei suoi
vari progetti, dal grind-core alla
musica d'avanguardia, da musi-
che brevi e schizoidi per ipoteti-
ci film a pop laccato ma di
classe, sposando insoffocabile
rabbia, ironia, destrutturalizza-
zioni musicali e grazia da
mannequin.
guidare ubriaco a folle velocità,
rapinare, spacciare e uccidere.
Ehi, ma siamo impazziti? Mi vie-
ne in mente quando accusava-
no i fumetti con le stesse
argomentazioni (leggetevi Dy-
lan Dog N°69 “Caccia alle stre-
Follie. Ovviamente, appena
salta fuori un pazzoide che
ammazza i primi due sfigati che
gli vengono a tiro, i media inizia-
no a bombardarci con le solite
cazzate sui giochi violenti e la
musica dark. Vorrei proprio sape-
re a che cosa giocava la signora
che ha ammazzato 4 persone in
un ospedale in Germania verso
la metà di settembre... Tornia-
mo un attimo al 30 giugno 1997,
data di uscita del primo Carma-
geddon. Per chi non se lo ri-
cordasse fu un gioco di
macchine in cui per ottenere
più punti si doveva fare massa-
cri di pedoni. Sangue, violenza
gratuita e linguaggio esplicito
per un divertimento assicurato.
Avete mai visto nessuno emula-
re questo comportamento? Io
no; ma vedendo quanti idioti
vanno a 200 all'ora sorpassando-
ti sulla destra, mi verrebbe da di-
Se alle considerazioni appena
fatte sul personaggio sommia-
mo anche il suo amore per l'Ita-
lia, il risultato ottenuto è
Mondo Cane : avvalendosi della
collaborazione di Roy Paci e di
un' orchestra di una trentina di
elementi, riarrangia, reinterpre-
ta, imperla con falsetti e
improvvisi growl, classici del
pop italiano anni '50 e '60.
E' un gioco, un divertissement,
un omaggio che Patton dedica
al Belpaese, in cui ha peraltro
vissuto sette anni e del quale
ha sempre subito il fascino, fa-
cendo largo uso dell'italiano fin
dai tempi del suo primo
gruppo, Mr. Bungle (si veda
l'album del 1995, Disco Volante,
in cui vi è la melodrammatica-
mente demenziale “Violenza Do-
mestica”) e nel progetto solista
del 1997, Pranzo Oltranzista,
ispirato a “La cucina futurista”
del Marinetti, che ve-
de la partecipazione
di mostri sacri quali
John Zorn e Marc Ri-
bot.
Nel 2010 lo ritroviamo
in impeccabile smo-
king bianco, guitto
con brillantina d'ordi-
nanza, lanciarsi in rivi-
sitazione di “Il cielo in
una stanza” con il suo
timbro particolare e
inconfondibile,
re che forse OutRun (arcade
datato 1986), col tuo ferrarino e
la missione di andare sempre
più veloce per passare i check
point, potrebbe avere avuto una
qualche influenza. Non lo
penso affatto ovviamente,
semplicemente certa gente è
idiota. STFU e alla prossima.
Red Dead Redemption:
scommetto che anche Clint Ea-
stwood ci gioca. Troppo
esaltanti i duelli, portarsi in giro
un poveraccio legato al lazo e go-
dersi cavalcate in spazi aperti
mai così dettagliati; il tutto condi-
to da una fisica iper realistica.
Se poi mi fanno iniziare un
deathmatch con uno scontro
alla messicana... C'è qualche
piccolo difetto che aggiunto a
una trama non proprio
convincente gli fa perdere una
stellina. ■■■■□
New Super Mario Bros Wii: e
chi se lo aspettava, Mario è
tornato alla grande. E' sempre
lui, poche illusioni. Ma se alla
perfezione aggiungete qualche
piccolo particolare otterrete
ancora perfezione. Che dire?
7
perfettamente calato nel conte-
sto del progetto; l'inflessione
anglofona del suo parlare lo
rende ancor più istrionico croo-
ner in Che notte! di Fred Busca-
glione, riesce addirittura,
reinterpretando la morriconia-
na Deep Down, a riabilitare
l'America dopo le racca-
priccianti cover-omaggio al
compositore siciliano di Bruce
Springsteen e Metallica.
Si susseguono Ore d'amore di
Bongusto, una sbraitata Urlo Ne-
gro dei Blackmen, un inchino a
Tenco con Quello che conta, 20
km al giorno di Nicola Ariglia-
no e, in chiusura, Ti offro da be-
re di Gianni Morandi.
Il risultato è assolutamente
apprezzabile e godibile, e la ma-
no e la voce di Patton conferi-
scono al disco qualche carato in
più a quello che potrebbe esse-
re un semplice disco da sala re-
vival.
Un motivo in più per apprezza-
re l'artista californiano o un otti-
mo punto di partenza per
iniziare ad apprezzarlo.
Cose da scaricare illegalmente:
Mr. Bungle - Disco Volante
Faith No More – Angel Dust
Tomahawk – Anonymous
Francesco Vara
Ok, Nintendo gioca sporco e
sguazza senza vergogna nel re-
trogaming, ma ci delizia con
una modalità multiplayer che fa
tornare a decenni fa. Bei tempi
in cui si giocava in casa con un
amico reale e senza cuffiette
per chattare con sconosciuti. Di-
menticavo: buon compleanno
Mario, dal 9 settembre sono 25
anni. ■■■■■
Alien vs Predator: vi chiederete
perchè recensisco anche i gio-
chi dimerda. Ma perchè devo
mettervi in guardia nerdosini
miei! Io ho provato la demo e
tanto mi è bastato. Raramente
ho visto giochi così... così... non
trovo un termine dispregiativo
adeguato. Non perdete tempo a
cercare recensioni positive che
non le trovate nemmeno sul si-
to degli idioti che l'hanno pro-
grammato. ■□□□□
Giovanni Bonaschi
 8
Reg. Trib. Pv n° 594 - ISSN 1972-9669 - Stampa: Industria Grafica Pavese SAS, Pavia - Chiuso in redazione 23-10-2010 - Tiratura 2000 copie - 2010, Alcuni diritti riservati (Rilasciato sotto licenza Creative Commons 2.5 Ita by-nc-sa)
De Humani Corporis Fabrica
F u ad Oxford Town che
fu allestito "De humani
corporis fabrica", mostra
itinerante costruita intorno
alla macabra esposizione di ca-
daveri mummificati. M'assicura-
rono che ogni corpo là dentro,
un tempo, era stato un autenti-
co essere umano vissuto sulla
verde terra di dio. Mi trovavo
in città per dare la mia consu-
lenza ad un vecchio amico,
Nathan Adler, circa un affare po-
co chiaro, e quindi ne appro-
fittai per dare un'occhiata. Il
padiglione si articolava in di-
verse stanze. Nelle prime si pre-
diligeva l'aspetto clinico e
anatomico; alcuni crani erano
stati sezionati in verticale e mo-
stravano la materia cerebrale
conservata all'interno di resina
brillante. Addentrandosi
"Ed è per questo che io mi onoro nel consegnarle la vanga d'oro..."
racconti
nell'esposizione si passava alla
pura composizione artistica. Al
centro della sala principale,
all'interno di un cubo di vetro
trasparente, un'opera così si
componeva: sopra un lettino
da sala operatoria era stato
montato un manichino di plasti-
ca trasparente; sulle sue
braccia erano stati infilati alcu-
ni piccoli aghi ipodermici, ognu-
no collegato ad una canula
trasparente percorsa da liquidi
di colore diverso. Il risultato
della miscela di tutti quei liqui-
di scorreva nelle vene del mani-
chino dando luogo a strani
effetti cromatici. Intorno, cada-
veri mummificati richiamava-
no stati di profonda agitazione.
All'altezza del ventre, da un pro-
fondo taglio, fuoriuscivano gli
intestini che dipanati venivano
raccolti a terra in piccoli tu-
muli. Su ogni tumulo stava
un piccolo riflettore la cui lu-
ce puntava il manichino al
centro. Altre sculture erano
esposte nella stessa sala e ri-
chiamavano le gesta di arti-
sti quali Hermann Nitsch,
Wolf Vostell o Carolee
Schneemann. Si potevano
ammirare una donna che
dal suo fiore estraeva il suo
stesso cuore arpionato con
del filo spinato, o un uomo
diviso in metà che reggeva i
testicoli sui palmi delle ma-
ni. Un'altra stanza denomi-
nata "il ciclo della vita" era
dedicata alle interazioni ses-
suali tra i corpi; la posizio-
ne dei cadaveri richiamava
amplessi silenti, glaciali e
asettici, clinici, il tutto
immerso in una livida atmo-
sfera da obitorio.
L'artefice di tutto questo,
un artista tedesco, anatomo-
patologo di gran fama, rima-
neva confinato in un
piccolo angolo del padiglio-
ne vicino ad un grosso
macchinario rumoroso.
Indossava un lungo soprabi-
to nero, un cappello dello
stesso colore ed emanava
un intenso odore di formali-
na. Quando mi presentai
mi spiegò come fosse possi-
bile la conservazione dei
corpi. Egli stesso sostituiva
i liquidi del defunto con poli-
meri di silicone, rimuoveva
l'epidermide, e poi trattava
uno per uno i vari organi
per evitarne la decomposi-
zione. Ogni esemplare pre-
sente nel padiglione era
stato donato dal defunto stes-
so. Aggiunse che molti
appartenevano a scultori, o
pittori, che trovavano in que-
sta sua nuova forma espres-
Credits in brevis: Le immagini sono prese da Flickr, le vignette sono di Felix e Mou.Ringraziamo tutti i
nuovi arrivati in redazione!
KRONSTADT: iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione A.C.ER.S.A.T.
dell'Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali ricreative
siva il perfetto espediente per
raggiungere la tanto agognata
immortalità artistica; affasci-
nati dalla luce del suo genio es-
si vincevano la morte
divenendo essi stessi "arte";
non macabri soprammobili,
bensì sculture anatomiche desti-
nate a vivere per sempre. Il re-
sto dei corpi apparteneva a
vanitosi uomini comuni con
istinti di necrofilia. Mi illustrò
le fasi del processo di plastina-
zione e di come rendesse il
tutto rigido e inodore, e mante-
nesse i colori originali dei tessu-
ti trattati. Gli chiesi
informazioni riguardo una
delle opere che avevo visto, e
lui mi raccontò la storia del ca-
davere che sarebbe rimasto
inchiodato per l'eternità ad
una gigantesca vulva.
Mi disse essere il corpo di un
artista visivo famoso per le sue
performance nel circuito di
New York. Era solito appende-
re alcuni fogli bianchi e, in pros-
simità degli stessi, farsi
frustare a sangue per l'ammira-
zione di un folto pubblico. Al
termine dello spettacolo auto-
grafava e vendeva gli stessi fo-
gli macchiati. Aveva anche
provato spettacoli più intensi:
una notte s'infilò una rosa su
per l'uretra e si fece fotografa-
re con un gran sorriso sulle
labbra. Divenuto vecchio e
sempre meno incline a rimanere, ad osservarne ed
sopportare il dolore, si fece
inchiodare ad una sua scultura
e lì volle affamarsi e morire,
emulando in chiave contempo-
ranea ed estrema quel Chris
Burden che si crocifisse al
tetto d'una Wolkswagen. Così
volle e così gli lasciarono fare.
Nel suo testamento v'era una
lettera ove veniva richiesta la
plastinazione. Gli fu concessa
e dunque la sua opera ultima è
periodico mensile
Numero 56
Giovedì 4
Novembre 2010
qui esposta.
L'artista tedesco, terminato
il racconto, m'invitò a prosegui-
re verso un corridoio che ospita-
La KRedazione:
va sezioni di corpi di donna in
cui erano state inserite nel
ventre aperto riproduzioni Direttore editoriale
anatomiche in silicone di feti Ginevra Sanvitale
all'ottavo mese. Mi spiegò di Direttore responsabile
nuovo e con enfasi questa sua
Salvatore Gulino
intenzione d'estremizzare
l'arte e soprattutto l'oggetto Vicedirettore
della stessa. Mi congedai e ri- Matteo Bertani
presi a camminare fra le maca- Caporedattore
bre sculture. Emmanuela Pioli
Migliaia di corpi stavano in
Vicecaporedattore
imperituro decesso. Il sottile
confine fra opera e artista pare- Paola Blondet
va ormai abbattuto, la Vignettista
performance trascinata negli Felix Sattari
estremi e più torbidi vortici Impaginatore
dell'umano egocentrismo pare-
Andrea Michielon
va davvero aver raggiunto la
sua perfezione; l'estremo gesto
d'irriducibili inseguitori di glo- I pdf dei vecchi Krosta sono
ria aveva fuso alla bellezza il lu- gratuitamente scaricabili da:
gubre fascino della morte. Se www.scribd.com/kredazione
coscienza e spirito son dunque
costretti ad abbandonare que-
sto mondo, mausolei di carne
salvata alla decomposizione sa-
ranno eretti a ricordare ispira-
zioni fugaci e amplessi
silenziosi, e nulla più. Il padi- Kronstadt
glione aveva comunque un ma- periodico mensile
gnetismo sinistro, nato in seno Numero 56
alla più che normale repulsio-
ne iniziale, uno strano e tetro
magnetismo che mi costrinse a
La redazione di
ammirarne ogni scultura fino Kronstadt è aperta ad
al tardo pomeriggio. ogni tipo di
Quando la mostra arrivò all'ora-
collaborazione.
rio di chiusura, le luci furono
spente, e i corpi rimasero
immersi nell'oscurità e nel si- Potete contattarci a:
lenzio, plastinati all'ombra www.kronstadt.it
della propria vanità. info@kronstadt.it
Luca Viti http://creativecommons.
org/licenses/by-nc-
sa/2.5/it/legalcode/