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Corso di Laurea in Chimica Industriale

Corso di Chimica Organica 1 con Laboratorio

Esperienze di laboratorio

Distillazione di una miscela acetone/toluene

Premessa:

la distillazione di una miscela d’acetone e toluene è un’operazione che deve essere


condotta all’interno di un’efficiente cappa di laboratorio, in quanto entrambe le sostanze
trattate sono infiammabili e nocive. Le vigenti normative (…ma dovrebbe bastare il
buonsenso…) impongono alle apparecchiature che sono utilizzate sotto una cappa (ambiente
parzialmente chiuso ed a rischio d’esplosione) i seguenti requisiti:
1) non devono provocare scintille pericolose;
2) non devono provocare riscaldamenti pericolosi.
(Per “pericolosi”, s’intende tali da innescare l’accensione di miscele di vapori infiammabili
eventualmente accumulatisi).
Nell’esperienza di laboratorio s’utilizza un mantello di sicurezza (con quadro di comando)
modello BE-135, che risponde appieno alle esigenze appena esposte. Infatti, tutta la parte
elettrica ed il cavo del mantello sono tali da soddisfare il primo requisito. Inoltre
un’opportuna temperatura (detta di sicurezza) viene impostata sul quadro di controllo e
qualora la calotta del riscaldatore la raggiunga, si verifica l’immediato disinserimento di
tutto sistema. Impostando quindi la temperatura di sicurezza ad un valore sicuramente
inferiore a quello d’autoaccensione delle sostanze trattate (…ricordare la differenza fra
punto d’infiammabilità e temperatura d’autoaccensione…) siamo in grado di soddisfare
anche il secondo requisito. In pratica, neppure una malaugurata fuoriuscita del liquido
infiammabile (e l’inevitabile contatto con le parti riscaldate) sarebbe in grado di provocare
un incendio.
Per il funzionamento del mantello e relativo quadro, fare riferimento al manuale
d’istruzioni.

Esperienza di laboratorio.

In un pallone da 100 ml, asciutto, s’introduce qualche granello di corindone (per


favorire l’ebollizione ed evitare il surriscaldamento) e quindi 20 ml d’acetone e 40 ml di
toluene. Ricordare che il pallone utilizzato non deve essere troppo pieno (generalmente fino
alla metà) così da avere una larga superficie d’evaporazione.
Si assembla l’apparecchiatura montando la colonna di distillazione con il refrigerante
incorporato, il termometro (assicurandosi che il bulbo di quest’ultimo sia immediatamente
sotto l’uscita laterale della colonna), l’adattatore (“ragno”) ed i recipienti di raccolta. E’
sempre meglio favorire la tenuta delle varie parti applicando un po’ di silicone
(indispensabile in caso di distillazione sotto vuoto) ed assicurandole con gli opportuni
fermagiunti colorati (rossi o gialli).
Si monta l’apparecchiatura sul riscaldatore e la si fissa saldamente all’apposito sostegno,
curando che l’aderenza fra la parte inferiore del pallone e la calotta riscaldante sia ottimale.
Si applica la gomma per l’acqua di refrigerazione e si apre (cautamente!) il rubinetto
(ricordare che è sufficiente una limitata portata d’acqua per assicurare un efficiente
raffreddamento).
Si eseguono sul quadro di comando del mantello le seguenti impostazioni:

1) Temperatura d’esercizio (S.P.) = 90° C


2) Temperatura di sicurezza (S.P.2) =180° C (n.b.: il valore è nettamente inferiore alla
temperatura d’autoaccensione di entrambe le sostanze usate).
3) Yh = 60.

Il primo ed il terzo valore si sono dimostrati soddisfacenti con molti mantelli riscaldanti.
Con altri potrebbe essere necessaria qualche leggera modifica che si può sempre effettuare
anche “in corso d’opera”.
L’impostazione di S.P. = 90° C trova la sua ragione nel fatto che il componente più volatile
(acetone) ha un punto d’ebollizione di 56° C.
Empiricamente, una temperatura del riscaldatore esterno all’incirca di 30° C al di sopra
della temperatura d’ebollizione del componente in esame, porta spesso ad una buona
distillazione (cioè né troppo lenta, né troppo veloce, con una velocità auspicabile di circa
una goccia ogni due secondi).
Probabilmente la miscela inizierà a bollire tra 70° ed 80° C: dopo poco tempo si dovrebbe
vedere un anello di vapore condensato che sale attraverso la colonna (anello di riflusso).
Quando esso raggiungerà il termometro, la temperatura misurata salirà bruscamente, ed il
vapore comincerà a condensare nel refrigerante.
Si raccolgono alcune gocce di distillato (non più di 1 ml) e quando la temperatura del
termometro coincide con quella d’ebollizione dell’acetone (56° C) si cambia il recipiente di
raccolta. Una buona velocità di distillazione può essere ottenuta modificando eventualmente
il valore di S.P.
La temperatura di circa 56°C dovrebbe essere mantenuta dal termometro durante tutta la
distillazione del componente acetone puro (un’eventuale oscillazione di uno o due gradi non
deve preoccupare).
Quando gran parte dell’acetone sarà distillata, il riscaldamento applicato non sarà sufficiente
ed i vapori raggiungeranno con fatica il termometro ed il refrigerante: questo comporterà
una sensibile diminuzione della velocità di distillazione e (probabilmente) della temperatura
rilevata.
In questa fase sarà sufficiente innalzare, magari a più riprese, il valore di S.P. nell’intervallo
compreso tra 95° e 100° C per avere un incremento della distillazione ed una
ristabilizzazione del termometro attorno ai 56° C.
Questa procedura permetterà la raccolta anche delle ultime aliquote d’acetone, dopo di ché
la distillazione rallenterà di nuovo o cesserà del tutto, e la temperatura rilevata calerà
inesorabilmente (i vapori non riescono più a raggiungere il termometro).

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Si dovrà allora incrementare il riscaldamento per distillare il toluene, eseguendo le seguenti
impostazioni:

1) S.P. = 135° C.
2) Yh = 85° C.

Dopo poco tempo la miscela contenuta nel pallone comincerà a bollire con rinnovata
intensità e sarà possibile osservare l’anello di riflusso del toluene salire lungo la colonna.
Le prime gocce di distillato conterranno ancora un po’ d’acetone, e dovranno essere scartate,
ma quando la temperatura del termometro si stabilizzerà attorno al punto d’ebollizione del
toluene (109 °C) esso dovrà essere raccolto in un recipiente pulito. Allorché il volume
rimasto nel pallone di distillazione sarà di circa 4/5 ml, si deve disinserire il riscaldamento e
sollevare l’apparecchiatura dalla calotta calda: una distillazione non deve mai essere
condotta fino a secchezza, perché, quando il pallone è vuoto, il vetro diventa molto caldo, e
tracce di impurezze esplosive (perossidi) potrebbero causare danni serissimi.

Attenzione

Acetone: facilmente infiammabile; R: 11; S: 9-16-23-33.


Toluene: facilmente infiammabile; R: 11-20; S: 16-25-29-33.

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Ricristallizzazione di acido benzoico impuro

Eseguire tre test di ricristallizzazione con, rispettivamente, alcool etilico, etere di


petrolio, acqua (in una provetta, agitando con una bacchetta di vetro, riscaldare
all'ebollizione una punta di spatola di acido benzoico con porzioni successive di circa 0,5
mL del solvente in esame). Scegliere fra i tre solventi quello più adatto allo scopo.
Porre in un pallone da 100 mL 2 grammi di acido benzoico impuro e una quantità del
solvente scelto tale da non sciogliere completamente, all'ebollizione, il prodotto, facendo
riferimento al test precedente (10 mL potrebbe essere una quantità ragionevole).
Introdurre nel pallone anche qualche pezzo di vetro, fissarlo al refrigerante (con acqua
aperta, ma non troppo), per mezzo del fermapallone rosso e riscaldare all'ebollizione sul
mantello riscaldante.
Aggiungere, dall'alto del refrigerante, piccole porzioni di solvente (qualche mL), agitando
manualmente e ripristinando l'ebollizione di volta in volta. Cercare di valutare quando tutto
l'acido benzoico si è sciolto, ricordando che, se è presente qualche impurezza insolubile,
ogni aggiunta di solvente per cercare di discioglierla, sarà controproducente.
Nel nostro caso, per evitare inconvenienti nella fase di filtrazione conviene comunque
aggiungere il solvente prescelto fino ad una quantità totale di 40 mL (questo rappresenta una
operazione assolutamente limitata a pochi casi. Nella stragrande maggioranza di essi vale
infatti la regola che la quantità ottimale di solvente da impiegare in una ricristallizzazione è
la minima che scioglie l'intero campione all'ebollizione).
Filtrare la miscela calda in una beuta, usando un filtro a pieghe ed un imbuto, riscaldato
secondo la tecnica descritta in aula. Lasciare che il filtrato si raffreddi e che i cristalli si
formino indisturbati, quindi raffreddare in un bagno di ghiaccio per almeno 15 minuti.
Eseguire una filtrazione sotto vuoto e lavare i cristalli con due piccole porzioni di
solvente freddo. Asciugarli su carta e conservarne un’aliquota. Fare eventualmente TLC
(petrolio/etilico 7/3)
Tenerne un'aliquota per fare il punto di fusione!

Attenzione

Acido benzoico: nocivo; R: 20/21/22-42/43; S: 26-36.


Alcool etilico: infiammabile; R: 11; S:7-16.
Etere di petrolio: altamente infiammabile; R: 12-20/21/22-36/37/38; S: 16-44-26-36/37/39.

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Separazione di una miscela di prodotti organici

I giorno

La miscela in questione è costituita da quattro prodotti presenti in quantità paragonabili


fra loro: il 9-fluorenone, il fenantrene (composti entrambi a carattere neutro), la m-
nitroanilina (a carattere basico) ed il 2-naftolo (a carattere acido ).

NH2
OH

NO2
O

9-fluorenone fenantrene m-nitroanilina b-naftolo

Ponete 1g. di miscela in una beuta ed aggiungete 60 mL di etere etilico. Portate il tutto in
soluzione agitando con una bacchetta di vetro e rompendo gli eventuali grumi con la parte
piatta della stessa (attenzione, rompete i grumi e non la beuta !!...). Prelevatene un paio di
mL e conservateli in una provetta numerata col numero 1. Verificate la composizione della
miscela, contenuta in questa provetta, su una lastra di silice per TLC alta 10cm. e larga 2cm;
l'analisi dovrebbe evidenziare la presenza di quattro macchie. Eluite dapprima con etere di
petrolio, esaminate la lastrina esponendola alla lampada UV. Se il risultato non dovesse
essere soddisfacente, rieluite sempre la stessa lastrina con una miscela più polare (ad
esempio una miscela etere di petrolio/etere etilico= 70/30). L'eluente che darà la miglior
separazione delle quattro macchie sarà utilizzato nell'analisi TLC finale.
Versate il contenuto della beuta nell'imbuto separatore (controllare prima la tenuta del
rubinetto) ed eseguite due estrazioni, ciascuna con 10 mL di una soluzione acquosa di
NaOH al 10 % (...attenzione: caustica!!$ ). Conservate in una provetta, numerata col
numero 2, un paio di mL della soluzione eterea contenuta nell'imbuto separatore; questi
serviranno nell'analisi TLC finale per evidenziare la scomparsa, rispetto alla soluzione di
partenza, di un prodotto (...di quale si tratta?).
Le fasi acquose, riunite in un becker, devono essere neutralizzate aggiungendo, sotto
agitazione, una soluzione acquosa di HCl al 10 % (...attenzione: corrosivo!! $ )
cautamente ed a piccole porzioni, in quanto la reazione di neutralizzazione è esotermica (si
controlla il PH della soluzione con la cartina all'indicatore universale). Noterete la
formazione di un solido bianco in sospensione (...di nuovo, di quale si tratta ?). Prelevate un
paio di mL di questa sospensione in una provetta, aggiungete un paio di mL di etere etilico e
sbattete cautamente fino a che il solido non venga estratto dalla fase eterea. Prelevate con
una pipetta un po' di questa fase organica (la fase sovrastante) e conservatela in una provetta
numerata col numero 3; anche questa servirà nell'analisi TLC finale per darvi informazioni
relative alla purezza del solido.
Ritornate all'imbuto separatore che vi ha pazientemente atteso e che contiene la soluzione
eterea degli altri tre prodotti. Eseguite due estrazioni successive, con due porzioni da 10 mL
ciascuna, di una soluzione di HCl al 10 % $ . Ponete in una provetta, numerata col

5
numero 4, un paio di mL della soluzione eterea (contenuta nell'imbuto separatore) che
serviranno nell'analisi TLC finale per evidenziare la scomparsa di un ulteriore prodotto (...di
quale si tratta?).
Le fasi acquose riunite in un becker devono essere cautamente neutralizzate con una
soluzione acquosa al 10 % di NaOH, adottando le solite cautele $ . Noterete la
formazione di un solido giallo in sospensione (...di nuovo di quale si tratta ?).
Prelevate un paio di mL di questa sospensione in una provetta, aggiungete un paio di mL di
etere etilico e sbattete cautamente fino a che il solido non venga estratto dalla fase organica
che, prelevata con una pipetta, viene conservata nella provetta numero 5 per verificare la
purezza del solido attraverso l'analisi TLC seguente, che utilizza anche tutte le altre provette
numerate.

               
Analisi TLC finale per verificare il successo del processo di estrazione appena eseguito.

Su di una lastra di silice per TLC, alta 10 cm e larga 5, disponete in ordine progressivo,
secondo le modalità note, 5 macchie relative ai contenuti delle 5 provette numerate.
Eseguite l'eluizione con la miscela eluente scelta all'inizio e cercate di razionalizzare
l'andamento del processo estrattivo.
La macchia numero 1 rappresenta la composizione della miscela di partenza, la 2 e la 4
evidenziano la scomparsa rispettivamente di 1 e 2 prodotti rispetto alla composizione della
miscela di partenza. Le macchie 3 e 5 vi daranno informazioni sulla purezza dei due prodotti
separati dalla miscela. (Questi ultimi due potrebbero essere recuperati come solidi per
anidrificazione, filtrazione ed evaporazione delle rispettive fasi eteree e quindi cristallizzati
al fine di ottenerli con un alto grado di purezza)

               
Scelta dell'eluente con cui eseguire la cromatografia su colonna.

Ritornando all'imbuto separatore, esso contiene, in soluzione eterea i due prodotti a


carattere neutro. Essi possono sicuramente essere separati per cromatografia su colonna,
previa scelta di un opportuno eluente. A questo proposito, eseguite tre prove di eluizione
utilizzando tre lastre di silice per TLC lunghe 10 cm e larghe 2 cm, eluendo la prima con
solo etere di petrolio, la seconda e la terza con miscele di etere etilico/etere di
petrolio=10/90 e 30/60 rispettivamente. Quest'ultima miscela eluente fornirà la miglior
separazione delle due macchie; relativamente ad essa calcolate l'R f dei due composti.
La cromatografia su colonna, però, richiede l'uso di una silice di granulometria assai
maggiore rispetto a quella supportata sulle lastrine per TLC, e questo al fine di realizzare
una velocità di percolamento accettabile. Quindi, la silice per colonne, avendo una
superficie utile minore, è molto meno efficiente nell'adsorbire e trattenere le sostanze.
Questa considerazione comporta che sia ragionevole, nell'esecuzione della cromatografia su
colonna, l'uso di un eluente con carattere polare inferiore a quello usato nell'analisi TLC.

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Nel nostro caso la scelta andrà quindi sulla miscela costituita da etere etilico/etere di
petrolio= 10/90, in quanto sempre l'analisi TLC avrà sicuramente evidenziato che il solo
etere di petrolio non è in grado di eluire uno dei due prodotti (quello giallo). Quanto detto
potrebbe far apparire come estremamente approssimata e di scarsa utilità l'analisi TLC
preliminare alla cromatografia su colonna, ma non è così: essa viene sempre eseguita e
mette in grado l'operatore abbastanza esperto di individuare comunque un eluente buono
(...anche se non proprio ottimo..!!). Versate il contenuto dell'imbuto separatore (fase
organica) in una beuta ed anidrificatelo con sodio solfato anidro.

           
II giorno

Esecuzione della cromatografia su colonna

1) Preparazione della "pappa".

Usando un filtro a pieghe, filtrate la sospensione in un pallone preventivamente


pesato, evaporate il solvente all'evaporatore rotante e calcolate il peso della sostanza
ottenuta. La tecnica cromatografica che userete e che permette di introdurre più
comodamente la sostanza all'interno della colonna, comporta l'adsorbimento della
sostanza stessa su di un' adeguata quantità di silice. Questa adeguata quantità è
all'incirca 5 volte il peso della sostanza da separare. Sciogliete quindi di nuovo il
residuo con etere etilico, aggiungete la silice richiesta (circa 2.5¸3.0 g nel nostro
caso), evaporate il solvente all'evaporatore rotante, applicando il vuoto all'inizio
parzialmente, e completamente solo quando il contenuto del pallone appare
abbastanza asciutto (questa procedura limita il rischio che qualche prodotto si separi
come solido prima dell'evaporazione completa, limitandone quindi l'adsorbimento).
Se l'operazione è ben condotta, il contenuto del pallone deve avere un aspetto
polverulento e senza grumi: da ora in poi lo chiameremo amichevolmente "pappa".

Attenzione:
proprio a causa di questo stato fisico, onde evitare che un brusco ingresso di aria
provochi un disastroso spargimento della "pappa" in tutto il corpo dell'evaporatore
rotante, è importante che la pressione atmosferica venga ripristinata all'interno del
pallone gradualmente e con cautela.

2) Scelta della colonna cromatografica.

La valutazione puramente visiva della quantità di "pappa" è in grado di guidarci nella


scelta delle dimensioni della colonna opportuna sulla base del seguente criterio: lo
spazio cilindrico che la "pappa" occupa all'interno della colonna deve avere
un'altezza non superiore al suo diametro. (Premesso che una colonna troppo larga
comporta un inutile spreco di materiale, quale inconveniente si verifica, secondo voi,
utilizzando una colonna troppo stretta ?)
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Le colonne cromatografiche sono tutte piuttosto alte, ma esse devono essere riempite
solo parzialmente, in quanto, se è vero che, più alto è lo strato di fase fissa, migliore
risulta la separazione dei prodotti (essendo più lungo il percorso da superare), è anche
vero che minore diventa la velocità di percolamento e quindi grandi i rischi di
diffusione fra le due zone in cui i prodotti si sono separati e di tempi operativi del
tutto inacettabili. Nel nostro caso particolare, possiamo considerare che un buon
compromesso sia costituito da un'altezza di riempimento della colonna pari a circa
20-30 volte il suo diametro.

3) Preparazione della colonna cromatografica.

A questo punto, salvo grossi errori in qualcuna delle precedenti operazioni, la


quantità di sostanza ottenuta e quindi la relativa "pappa", dovrebbero essere adeguate
alla colonna che avete in dotazione. Introducete sul fondo della stessa, aiutandovi con
una bacchetta di vetro, un po' di ovatta. Versatevi sopra un po' dell'eluente prescelto
(...etere di petrolio/etere etilico=90/10!!) e, utilizzando sempre la bacchetta di vetro,
fate in modo che l'ovatta si impregni bene e che tutta l'aria in essa contenuta venga
espulsa.
Pesate in una beuta 35 g di silice ed aggiungetevi una quantità di miscela eluente tale
da ottenere una sospensione che, previa adeguata agitazione, possa essere
comodamente introdotta nella colonna usando un imbuto per solidi. Aprite il
rubinetto ed aiutate la fase fissa a depositarsi sul fondo in modo uniforme e compatto
percuotendo leggermente l'esterno della colonna con un robusto pezzo di gomma.
Quando il livello dell'eluente è giunto a circa 2 cm dalla superficie della fase fissa,
chiudete il rubinetto. La prossima operazione prevede che la "pappa" venga
introdotta e si disponga in maniera possibilmente uniforme in questi 2 cm di eluente
surnatante, ma prima di fare ciò è preferibile che la parte interna vuota della colonna
sia perfettamente asciutta (la "pappa" potrebbe infatti rimanervi appiccicata...):
applicare quindi un blando riscaldamento esterno con il phon (attenzione a non
riscaldare la parte piena della colonna, perchè il solvente, evaporando, potrebbe
formare bolle all'interno della colonna).
L'introduzione della "pappa" va eseguita usando un imbuto per solidi, a piccole
porzioni e percuotendo di volta in volta leggermente la colonna con un pezzo di
gomma robusta, allo scopo di favorirne l'impaccamento. Eventuali residui rimasti
sulle pareti, possono essere portati in basso usando la minima quantità di eluente.
Portate il livello dell'eluente al livello della "pappa" ed aggiungete un cucchiaio di
sabbia purificata (...a cosa serve ?).

4) Esecuzione della cromatografia.

Ora si può iniziare l'eluizione introducendo (...nella fase iniziale assai cautamente,
per non ledere l'assetto del riempimento sottostante...) l'eluente prescelto. Mantenere
la colonna cromatografica sempre piena (... o quasi) di eluente garantisce un
percolamento più veloce e sveltisce tutta l'operazione.

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Dei due prodotti da separare solo uno è leggermente colorato (giallo). Quello incolore
viene eluito più velocemente. Verificate per TLC quando quest’ultimo comincia ad
uscire dalla colonna. Da questo momento raccogliete piccole frazioni dentro capsule
di vetro, disponendole in ordine sotto la cappa aspirante e lavando il beccuccio di
uscita prima di cambiare capsula (...perchè ?). Quando il primo è stato eluito
completamente, se la separazione ha avuto successo dovrebbe seguire una frazione
che non contiene alcun prodotto. Verificare l’avvenuta separazione saggiando per
TLC il contenuto di tutte le capsule ed usando entro la camera di eluizione quella
miscela eluente che si è dimostrata ottimale per questo tipo di analisi (... vi ricordate
quale ?).
Si potrebbere riunire in un pallone il contenuto di tutte le capsule che evidenziano la
presenza solo del prodotto incolore e in un altro quello delle capsule con solo il
prodotto giallo. Trascurando le eventuali capsule con entrambi i prodotti o con
impurezze, l'evaporazione all'evaporatore rotante delle soluzioni contenute nei due
palloni sarebbe in grado di fornirvi, rispettivamente, fenantrene puro e 9-fluorenone
puro (giallo).

Attenzione

fenantrene: nocivo e pericoloso per l’ambiente; R:22-36/37/38-50; S: 26-60-61


b-Naftolo: nocivo; R: 20/22; S: 24/25
m-Nitroanilina: tossico; R: 23/24/25-33-52/53; S: 28-36/37-45-61
Etere etilico: altamente infiammabile; R: 12-19; S: 9-16-29-33
Etere di petrolio: infiammabile; R: 11; S: 9-16-29-33
NaOH: corrosivo; R: 35; S: 2-26-37/39
HCl acq.: corrosivo; R:34-37; S: 2-26.

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