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LETruRA DELL'AIDA
(appunti delle lezioni)
€2.00
Corso di Storia della Musica a.a. 2018-2019
Questa parte monograftca del corso di Istituzioni di storia della musica, ha lo scopo
d'illustrare alcuni meccanismi fondamentali che regolano il funzionamento della drammaturgia
musicale e mostrare, dunque, la specificità del melodramma, che possiede alcune caratteristiche
parzialmente affini e altre molto diverse da quelle del teatro parlato, non senza realizzare,in
alcuni casi, effetti di sinestesia e d'articolazione spazio-temporale simili a quelli del
cinematografo. Vi sono, nell'opera, molte convenzioni che costituiscono indubbiamente un
ostacolo ad un approccio immediato: ma ogni forma di spettacolo ha le sue convenzioni (nella
tragedia greca, ad esempio, esse non sono meno imperiose di quanto non 1o siano nel
melodramma) che, una volta comprese e accettate, non disturbano più e permettono al fruitore di
recepire il messaggio in tutta la complessità della sua natura.
Si potrebbe dire, approssimativamente, che, se il teatro di parola è un teatro delle idee, quello
musicale è un teatro delle passioni. Naturalmente, questa definizione non va presa in senso
assoluto, perché anche il teatro delle idee esprime sentimenti e passioni e, attraverso la musica
del melodranurra, filtrano idee e concetti. Però, l'oggetto principale della rappresentazione è da
una parte, appunto, un fatto razionale, dall'altra, emotivo, perché i mezzi principali di cui si
servono i due generi di rappresentzzione drammatica sono, da un lato la parola, capace di
esprimere signifrcati precisi, dall'altro la musica che, anche sposata ad un testo, non perde mai il
suo tasso d'ambiguita e la sua polivalenza espressiva, e si pone come strumento ideale per
evocare ciò che sfugge al controllo della ragione, e appartiene al flusso metarazionale di
emozioni, sentimenti, passioni, vita psicoiogica cosciente e subcosciente. La music4 come s'è
detto, non esprime nulla di preciso. Non si può tradurre esattamente in suoni l'affermazione «il
sole splende». Però si possono esprimere la sensazione esterna di luce e calore; il sentimento che
quella condizione ambientale suscita nei personaggi, che può variare da un semplice senso di
benessere ad una panica esaltazione, al fastidio della calura e dell'accecamento.
L'opera è formata dalf incontro fra la musica e il testo, chiamato «libretto» dall'antica rrsarTza
di distribuire agli spettatori un librino tascabile su cui è stampato il poema drammatico.
L'elaboruzione musicale del testo si attua attraverso due elementi: il canto e l'orchestra. Testo,
canto e orchestra hanno ciascuno una vita espressiva autonoma, e dall'inconto di questa triplice
espressività nasce la drammaturgia musicale.
Nel teatro recitato l'attore può variare il significato delle parole attraverso l'intonazione della
recitazione. Nell'opera questa possibilità è enormemente potenziata perché la varieta delle
melodie che si possono applicare ad una frase verbale, ad una battuta, non ha limiti. Inoltre, il
canto e l'orchestra, indipendentemente l'uno dall'altra, possono, di volta in volta, confermare,
esaltare ma anche ignorare o, addiriffura, contraddire il significato delle parole.
Immaginiamo che, in una scena d'opera, un personaggio faccia ad un altro una dichiarazione
d'amore. Le soluzioni musicali possibili sono diverse. Per esempio, il cantante può lanciarsi in
una bella melodia affettuosa, piana, liscia; l'orchestra la sostiene, le dà risalto, 1'awolge di
timbri chiari, dolci, morbidi. Ci sarà dunque un accordo tra il significato del testo, l'intonazione
espressiva del canto e quella dell'orchestra. Ma se, sotto quel canto lirico, dolce, appassionato,
l'orchestra scandisce, ad esempio, una pulsazione sinistra, come un rintocco funebre,
l'espressione cambia completamente e può significare che la serenità di quell'a-more è
minacciata da un presentimento inquietante. Facciamo un altro esempio, sempre riferito alla
stessa dichiarazione d'amore; il canto, invece di essere piano, liscio, melodico, è tormentato e
r
contorto, ci sono degli intervalli che esprimono un senso di sforzo innaturale; alle parole, la
musica aggiunge un imprevisto senso d'insicurezza, insinuando il dubbio che queli,amore sia
tormentato in partenza. e alterando completamente il significato letterale del teito. Oppure,
sempre snlle stcsse pat'oie, il c'a-titarite può a-ssurnere, pere.hé no, toni grotteschi, enfatic-i, eomici:
JL
vorrà dire che finge, magari per far capire ad un terzo personaggio che ascolta, o al pubtlico
presente in sala, che questa dichiarazione d'amore è un inganno, o una burla scherzosa.
s- L,opera
richiecie, ciunque, un ascoito moito seiettivo, attenro ai <iisiiveiii espressivi creati ciaiia musica
-u
rispetto al testo verbaie e capace di cogliere ciò che il canto aggiunge al testo e l'orchestra al
canto, nella continua interferenza dei tre canali di comunic azione.
Consideriamo, ad esempio, il preludio strumentaie che apre l'uitimo atto dei Don Carlo di
Verdi, dove la protagonista, Elisabetta, disperata per il suo à-o." impossibile, giunge presso la
tornba di Carlo V, a pregare. il preiudio rappresenta due situazioni contrastanti: c,è dapprima
un
corale d'ottoni, molto pesante e cupo: è la rappresentazione musicale del sepolcreto. questo
corale è però spezzato da incandescenti ventate degli archi che salgono grida di àolore e di
passione, due, tre volte, s'innalzano, poi si ripiegano, come rpo.sui.: è la "o*.
rappresentazione del
dramma che lacera l'animo di Elisabetta, mentre entra in q,.,"1 lrogo funebre.^Quindi la musica
rende tangibile il rapporto tra individuo e ambiente, esaltandone ràciprocamente laforza
espressiva. Nell'a-ria che segue, il canto svolge questo conJlitto tra dìsolazione, paura
e
aspirazione a-ll' amore impossibile.
Talvolta l'orchestra assume un andamento così indipendente dal cantc che sernbra
commentare le situazioni drammatiche, facendole vedere, in un certo senso, «dall'esterno».
: Questo ha permesso d'individuare, nel suo comportamento, ia voce deii'au-tore, ia presenza
dell'io narrante che permette di assimilare l'opera ad un racconto, secondo il titolo di ,rn libro
sulla semiotica del melodrammal; un racconto in cui il musicista commenta i fatti, collega
i
dialoghi, entra come interlocutore tra i personaggi. C'è, dunque, nell'opera una componente
:
nwrativa inesistente nel teairo di prc,sa, dove rnanca una voce estema che osserva gli
awenimenti, mettendo in prospettiva la realtà drammatica e presentandola sotto
un'imprevedibiie moitepiicità di apparenze.
Questo gioco d'interferenza tra significato del testo, espressione del canto ed espressione
cieii'orchestra determina, dentro I'opera, una serie cii prospettive cirammaturgiche specifiche. per
esempio, la musica può creare degli effetti d'avvicina*enio e allontanamenio dagii eventi
rapprcseii'raii, anait-rghi ai rnutarneuii d'incluadratura uiiiizzaiinei cinematografo quan<io passa
si
dal primo piano alla visione totale.
Si veda l'ultimo affo della Traviata. Violetta, mortalmente rnalata, è nella sua camera da letto,
dopo quella che rimarrà l'ultima notte delia sua vita. La donna è ormai esangue, priva di forze.
La musica scava nei suoi sentirnenti con estrema delicatezza e profonda intiàita, rappresenta
ii
suo stato fisico con un suono diafano, quasi spettrale, mentrel'attenzione del teatro bui,r
converge su di lei. ingigantita in un primo piano tra i pochi oggetti il letto, il comcdina da
-
notte, il biechiere d'acqua,lo speechio che arredano l'ambiente, musicalmente saturo di
-
sofferenza e cii <ioiore. Quaniio pero Vioietta, nei primo atto, era comparsa in una festa <iove gii
iirviiaii iirirecciavairo {rarrze, ciriaccirieraucio fra iuro, c cantanri«-r ii coro in sonoriià squiiiLti,
f inquadratura musicale si era ampliata a comprendere il totale del "un
palcoscenico. Ma,
impro''"risam-ente, in una scena di questo tipo, può emergere la..,ocà di un personaggio che cc.,,a
'm pensiero segreto, un diarru:na interiore, qualcosa da nascondeie tra la gente ohe jo circonda (si
pensi alla scena finale di {/n ballo in mcschera); basta una f}ase musicalà, una linea di cantc
autonoma che esca fuori di quelia massa, un restringersi <ieila sonorità a ciimensione cameristica
perché noi, immediatamente. indi.",iduiamo, al centro della folla, il singolc; e quinCi percepiamo
1Cfr. L. ZoppEt-t't, L'opera come rocconta.Modi narrativi nel teatro musicale tjell'Affocento
Venezia, Marsilio, 1994, pp. L1-24.
3
un effetto di primo piano alf intemo della totalità. Insomma, la musica, come una macchtnada
presa, «taglia» f inquadratura della scena con estrema libertà e varietà.
Lo spazio, infatti, può anche dilatarsi in misura impensabile quando, ad esempio, il
compositore piazza della musica fuori scena. Si pensi ad un corteo che passa di lontano,
accompagnato da una marcia; ad un personaggio che canta dietro le quinte, oppure ad un
temporale che avanza, e che la musica fa vivere, al di là del palcoscenico, in echi e prospettive
sonore: nella nostra immaginazione «vediamo» attraverso i suoni uno spazio che si apre oltre il
fondale e si perde, virtualmente, alf infinito. Di questa stereofonia spaziale troveremo un
esempio superbo nella scena del «Miserere» nel Trovatore, articolata sul rapporto fra tre fonti
sonore: Eleonora, che canta la sua disperazione in primo piano perché Manrico, condannato a
morte, è prigioniero in una torre ed è prossimo all'esecuzione capitale. Sul palcoscenico c'è la
torre da cui proviene il canto del tenore; fuori scena si sente un coro maschile che prega per i
condannati alla prossima esecuzione. Così, quando Leonora canta guardiamo lei, poi la nostra
attenzione si sposta sul coro fuori scena dove immaginiamo spazi non rappresentati visivamente,
indi rimbalza, ancora, in cima alla torre da cui proviene il canto di Manrico. Le tre fonti sonore,
affivandosi in successione prima e in sovrapposizione poi, provocano lo stesso effetto ottenuto
dal cinema con il cambiamento d'inquadrafrJra,la contemporaneità d'immagini diverse, la
dissolvenza incrociata.
Ma, oltre a questa modulazione dello spazio, la musica applicata al teatro può anche operare
una modulazione del tempo e far riviverc fatti, sentimenti, passioni, presentando nuovamente dei
motivi che sono già risuonati in altre situazioni. Nel primo atto della Traviata, ad esempio, c'è
un duetto tra Alfredo e Violetta in cui, per 1a prima volta, Alfredo cantauna dichiarazione
d'amore sincero, con una melodia famosissima e bellissima sulle parole «di quell'amor ch'è
palpito I dell'universo intero>>. Quando, nell'ultimo atto, Violetta, ormai alla fine, legge una
lettera in cui le si promette il sospirato ritorno di Alfredo, in orchestra risuona il tema d'amore
ascoltato all'inizio dell'opera, ridestando un cumulo di memorie, dolcezze, sofferenze passate.
Questa melodia, rèsa spetffale da un'orchestra diafana, senza suono, ritorna, ancora una volta,
nel momento in cui Violeffa muore, come se l'accompagnasse nel trapasso con una sorta di
viatico, d'estrema unzione. Quindi il tempo passato ritorna presente attraverso Ia musicq il
ricordo diventa tangibile; l'esperienza si accumula nella coscienza e affiora come fatto interiore,
attraverso i temi, ricorrenti e deformati.
In tutta l'opera di Wagner, la tecnica dei motivi conduttori determina simili interferenze della
memoria. Ci sono temi che si presentano per la prima volta in certe situazioni, e poi ritomano,
deformati ma sempre riconoscibili, a distanza di pagine e pagine di partitura. L'ascoltatore
percepisce, così, attraverso la musica, una trama psicologica che gli permette di cogliere la
complessita dell'esperienza interiore accumulatasi e trasformatasi nel tempo. I personaggi, che
hanno nel frattempo vissuto, rivivono il passato attraverso il ritorno di certe figure musicali: si
creano, così, dei cortocircuiti di grande poterza espressiva, capaci di produrre forti scosse
emotive. Una cosa è, infatti, esprimere un ricordo a parole, un'altra riascoltare un tema capace di
rendere nuovamente presente un fatto, un'immagine, un personaggio in un contesto drammatico
del tuuo diverso. Si crea, in tal modo, una compresenza di conscio e inconscio, che la musica
rende bruciante nella sua immediatezza.
Oltre a questa capacita di far rivivere il ricordo, la drammaturgia musicale sfrutta, in modo
molto evidente, la possibilità di concentrare o dilatare il tempo. Può esserci, per esempio, una
situazione di terrore collettivo: i personaggi sono in pericolo e devono fuggire. Ma il momento
viene dilatato dalla musica: tutto si blocca in una di quelle situazioni sovente derise da chi non
capisce le convenzioni del teatro d'opera perché è impossibile, sul piano razionale, accettare il
fatto che tutti si esortino a partire, pur continuando a star fermi. In realtà, non è I'azione che si
vuole rappresentare, bensì 1o stato d'animo che si crea nei personaggi nel momento in cui
prendono atto del pericolo: la musica dilata il senso di paura, d'ansia, d'angoscia, e lo
rappresenta in una forma astratta ma eff,rcacissima sul piano emotivo. Una musica di terrore, ad
esempio, può essere lentissima, e allungare il momento singolo
in un lungo passo, sospeso fuori
del tempo. La rappresentazione è irreale, perché nella vita non
succed" cosiima è anche molto
vera, perché quei sentimento, cosi dilatato, acquista unaforzad'impatto
emotivo e psicologico
clie non avrebbe se fosse risolto sempiie.emerrte irr un grido e tutti
i presenti, subito, scappasserc.
Pensiamo, ancora, ai grandi momenti lirici del melodràmma
in cui ip.r.orruggi, cantando,
ripetono più volte le parole: alcuni versi che, se recitati, passerebbe.à
s, i, po"ii secondi, durano
r,t-rito rii più, menire ia musica cià ioro spessore e significato.
-i
Ma, se è possibile una dilatazione del tempo, può esserci, attraverso
'='- la music4 una sua
compressione, quando , nei pezzi concertati, ci sono magari
.: i, ,""rru quattro, cinque, sei o più
personaggi che cantano contemporaneamente paroie diverse.
Nel teatro pariato queste batfute
sarebbero recitate una dopo l'altra. I1 musicista, invece, può sovrapporle
e concentrare, così, il
tempo, in un precipitare vorticoso di f,rasi, parcle, sillabe che s'addos-sano
le une alie altre, in
una rappresentazione esclusivamente musieale della sifuazione
drammatica.
Anche nel teatro di prosa ci puo essere una concentr azione e
una dilatazione del tempo: in
Shakespeare, per esempio, ii passaggio fulmineo da una scena
-: all'altra può sottintendere
intervalli di ore, giorni, mesi, o anche di anni. oppure ci sono monologhi
in cui l,analisi poetica
dilata il sentimento in una dimensione irreale, *u t*to più vera.
La m"usica, però, in questo
senso, può fare di più, e si dimostra molto più elastica dàla parola,
ad esempio quando porta al
Droscenio quattro, cinque o seipersonaggi e li blocca, sowapponendo
v le lorà voci, inpizn
musicali lentissimi, oppure velocissimi: nelle opere di Rcssini ci sono
brani d,assieme in cui
l'azione si arresta mentre i personaggi cantano àapprima lentamente,
\. fino ad arrivare ad un vortice di frasi musicaii e di èiementi ritmici
poi un po, più rapidamente,
: e'àneticiche si combinano in
una velocità vertiginosa; ma la scena resta ferma, e la situazione
assolutamente statica.
Dnnque l'opera ci porta in un mondo irreale, in cui imezzinaturali
della comunicazione
quotidiana saltano, per il fatto stesso che i personaggi cantano
! invece di parlare. Ma quel sistema
fantastico creato dalla musica non è ev-asioàe, ne puro divertimento,
bensì interpretazione dei
mondo' Ci sono, infatti, diversi modi di fare teatrà musicale e
di rappresentare in musica l,uomo
e i suoi conflitti. certo, i'opera si è evoiuta e ha continuarnente
di
piacere al pubbiico, stupirlo, divertirlo, intrattenerlo, e l'esige "r";fi";;;;;iesiderio
nza diesprirne.e conflitti
drammatici. Le trasformazioni sono state molto notevoli ma non
vanno viste in senso
evoluzionistico, per cui ciò che viene dopo è meglio di ciò che viene pri*;r
momento vale
di per sé ed ogiii fbrina d'arte va criia irirapporio aiie sue esigenze
*rpr"rrirr"i"g"i
questo, passiamo ad alcune consideiazioni sulla fuoziorr"
- P:fio deilibretto d,opera. Negli
ultimi anni c'è stata una netta rivalutazione del genere, sovente considerato
un sottoprodotto
letterario in base all'abitudine, sbagliata, di legg-erlo come un dramma.
Ma il libretto non è
paragonabile a un dramma e neppure a un poema drammatico perché
rron urpiru a trasmettere un
messaggio in proprio. La sua f.rnzione è quella di un'impaleafit-ra,dr r:no
scheletro destinato a
sparire. sotto il corDo della musica che lo iiveste. Il valoÀ di
un liiretto sta, dunque,
essenzialmente nella sua funzionalità, rispetto a cui ia qualita letteraria,
maggiore nei '700 e nei '900, minore neil'800, passa in secondo piano. "o*pì"*i.,ramente
Un libretto e buono se
sostiene bene l'eriificio iiieiorirainmatiuu, e ofirè ai compositore
cieiie saide ionciamenta su cui
poggiare le forme operistiche. Se noi leggiamo i libretti delle
Nozze di Figaro o del Don
Giovanni, del Trovatore o del Don Carlis, del Barbiere di Si,;iglia a
de!!a Bohème,e anclie i
testi di \À/agnel, avremc un'idea moito vaga e imprecisa delle singole
opere, perché i libreiti rru'
hanno mhirnamente il peso drammatico, la qualiià espressiva,
la profonditache il lavoro
acquista una volta che ia musica trasfigura ilìesto, opàrancione
Ia metamorfosi. D,aitra parte, non
possiamo comprendere le ragicni delia riuscita di un;cpera
se non partiamo dalla conos ceflza
delia sua impalcatura strutturale. Quindi la presenza dii-rn bu-on libietto
è essenziale perché possa
nascere un capolavoro, e viceversa, tutte le grandi opere
musicali sono tali in quanto poggiano su
libretti da considerarsi dei capolavori per il solo fattà che hanno prodotto
quella musica.
Evitiamo, dunque, la vecchia usanza di iroruzzare suiie debolezzeietterariè
dei testi di piave,
{
E
F.
5
Il teatro di Verdi
Verdi nasce nel 1813 e muore nel 1901. La sua arte risponde esattamente alle esigerue dei
tempi. Lo dimostra, con impressionante carica profetic4 il trattatello Filosafia della musica
di
Giuseppe Maz.z.ini,pubblicato a Parigi nel 1836 e dedicato ad un «nume ignoto» il
cui awento è
!I auspieato, per la necessaria modemtzzazione cieil'opera italiana. La musiJa italianE
secondo
Mazzini, identificata nel genio di Rossini, è bella, brillante, affascinante, ma un po, superficiale:
esprime con efficacia le passioni umane ma il suo è un rappresentare <<l'uomo senza Dio,
le
potenze iruiivi<iuaii non armonizzate dauna legge suprema, non ordinate ad un
intento, non
consacrate da una fede etema»2. Ad essa Mazzini contrappone la musica tedesca
che, secondo
lui, ha il difetto opposto: è troppo idealistica e poco um*a, <<l'anima vive, ma d,una
vita che non
è della terra»3. Mazziruauspica dunque la our"itu d'una musica né italianané
tedesca, bensì
«europea), che <<non s'awà se non quando le due, fuse in una, si dirigeranno ad un
intento
sociale - se non quando, affratellati nella coscienza dell'unità, i due àlementi che
formano in
l> oggi due mondi, si riuniranno ad animarne uno solo; e la santita della fede che distingue
la
scuola germanica benedirà la potenza. d' azione che freme nella scuol a italiana;
e l,osfressione
musicale riassumerà i due termini fondamentali: l'individualità e il pensiero dett,universo
e l'uomo»4. Il melodramma di Verdi risponde a queste esigenze: nelle sue opere
- Dio
il compositore
sa scolpire l'individuo, dargli il massimo rilievo, creare dei personaggi concreti,
ricono.scibili,
diversi fra loro, ma sa anche conferire all'azione quella organicita, cimpattezz4tensione
continua che nasce da un profondo intento drammatico notrito di un nuovo senso morale.
Il primo grande successo di Verdi fuil Nabucco (1842) che appartiene al genere dell,opera
corale, pratrcata da Gluck e da Rossini (il Mosè in Egitto,'nelta versione franéese Mo1se
et
Pharaon, toadotta e diffusa nei teatri italiani, è il suo antecedente immediato) in cui la
collettivita
P * parte importarfie, almeno quanto quella del protagonista. Infaui , il pe)zopiù celebre del
Nabucco non è un'aria bensi il coro <<Va' pensiero». Verdi prosegue questo filone
^: nei Lombardi
alla prima crociata (18a3); poi, in Ernani (1844),trova la sua vera stada che punta
non più alla
rappresentazisne di conflitti generaii ma alia definizione di caratteri individuali.
Nellaprima fase
dell'arte verdiana si registrano risultati alterni: lr;ail Nabucco e Rigolef,/o ei sono opere
buo*e e
opere scadenti, scritte di fretta durante i cosiddetti «anni di galera», nell'ansia di ottemperare
ad
ogni commissione per la necessita di imporsi sul mercato teatrale italiano. Lavori *o
é I du,
Foscart ( 1 844) Giovanna d 'Arco ( I 845) Alzira ( 1 S45) Attila ( 1 846) I masnadieri (1547) It
corsaro (1848) La battaglia di Legnano (1849) denotano una formidabile volonta di
rinnovamento, posseggono un ritmo drammatico incaizante e sonorità rivoluzionarie,
ma anche
una stesura soveate raTZ&, sommaria e poco mcdilata che impediscono loro di elevarsi
d livells
artistico del Macbeth, composto nel 1 847, e rimaneggiato nel '65 . Lapiena maturità è raggiunta
in quella che è stata un po' arbitrariamente definita là rilogia uro-*ii"*, (Roncaglia) J-
«popolare» (Mila) formata daRigoletto (1851), LaTraviata(l853) e Il Trovator, (tgS:yr
non di
opere concepite unitariamente, infatti, si tratt4 rna di tre capoiavori tra ioro diversissimi-in
cui
gli elementi di divisione sul piano drammaturgico sono piu forti di quelli che 1i uniscono
nell'indubbia affinita di liaguaggio musicale e nella preminenza conferita alla melodia vocale
che si specifica nelle tre opere in modo molto diversò, soprattutto per quanto
riguarda il rapporto
con ia parola.
Sin dall'inizio della"eua produzione, Verdi aveva voltato le spalle al gusto di Bellini e
Donizetti che incentravano le loro opere essenzialmente sul tema amoroso. Con Verdi gli
arqomenti si ampliano e toccano altri temi: il legame tra genitori e figli, I'amor di patria,
la
politica, il rapporto tra stato e individuo, lo scontro con iidestirro uru"r.o che impàdisce
ia
feiicita dell'uomo ma ne irrobustisce laforzamorale, la religione come prospettiva di speranza
o
strumento di potere, l'ingiustizi a e la saru,ione, la rinuncia e il sacrificioìorne atto nobilitante
2 G.Mezztltt,
Filosofia della musica,Firenze. Cuaraldi, .1g77,p. S6.
'a 3lbidem, p.56.
a lbidem, p.
58.
7
che permette all'individuo di affrontare con interiore serenità i colpi tremendi che la vita gli
^/
riserva. Il tema amoroso diventa, così, uno dei tanti, e perde la centralità che possedeva negli
operisti precedenti. Verdi era di estrazione umile, contadina, legato ad un mondo in cui
dominavano i valori della schiettezza, della semplicità, della immediatezzacomunicativa.
Rigoletto, La Traviata e Il Trovatore rappresentano, in un certo senso, la sublimazione delle
radici popolari di Verdi, della sua arte in apparenza semplice, fondata su contrasti elementari,
che raggiungono, però, una straordinariapotenza di ef[etti, grazie alla raffinatezza dellaforma
musicale, troppo spesso ignorata nelle esecuzioni correnti e messa in secondo piano dalla critica
rispetto alla considerazione dei valori drammatici.
Nella prima fase della sua produzione, il mezzo più importante di cui Verdi si serve per
tradurre in musica personaggi e situazioni è la melodia vocale capace di costruire i caratteri
attraverso unaricchezza di atteggiamenti che vanno dalla melodia formata e simmetrica al
recitativo quasi parlato, attraverso una gamma di soluzioni intermedie già presentiin Rigoletto,
Trovatore e Traviata ma distribuite nelle tre opere in modo diversissimo, in rapporto alle
esigenze drammatiche di ciascuna. Verdi teoizzaun procedimento che Mozart aveva già
sperimentato a suo tempo: la cosiddetta «parola scenicar, ossia l'emersione di alcune parole-
chiave che si devono percepire con chiarezzapil comprendere il significato di una determinata
situazione drammatica. L'orche-str4 pur giocando un ruolo importante, è sostanzialmente intesa
come sostegno e completamento della parte vocale: raramente acquista indipendenza e valore
autonomo.
Dopo la trilogia popolare, l'arte di Verdi si apre ad una dimensione europea. Cresce in lui
l'interesse per l'ambiente che circonda i personaggi con alcune figure secondarie, di grand'evi-
denzateatrale, che appaiono e spariscono rapidamente come, ad esempio, il paggio Oscar e i
congiurati nUn ballo in maschera. Nella Forza del Destino (1862) la presenza dell'ambiente è
ancora più marcata. In questo dramma molto awenturoso, i personaggi passano da un paese
all'altro attraverso guerre e vicende rocambolesche, mentre lafotzadel destino li separì e fi
unisce di nuovo, a distanza di tempo, in posti lontanissimi da quelli in cui si erano incontrati la
prima volta. I soldati inneggianti all'awen-turosa ebbrezzadella vita militare; i frati che
pregano; il popolo che chiede l'elemosina costituiscono lo sfondo della vicenda su cui spiccano,
con vivacità bozzettisticq le figure minori: Mastro Trabuco, umile venditore ambulante; Fra
Melitone, che distribuisce l'elemosina tra i poveri e moraleggia, sferzando comicamente la
nlassatezzadei costumi; il solenne Padre Guardiano che accoglie gli afflitti e li consola con
manzoniana commozione religiosa; la vivandiera Preziosilla che segue gli eserciti e allieta i
soldati con i suoi canti spensierati e scattanti, e così via. A questo arricchimento dell'ambiente
corrisponde, nella seconda fase dell'arte di Verdi, un approfondimento della psicologia.
Paragonando il libretto del Trovatore a quello, poniamo, del Don Carlos,notiamo un divario
incolmabile: il Trovatore è un dramma estremamente schematico, fatto di poche scene
contrapposte con la volontà di creare contrasti di sentimenti e di passioru orgarlzzati in un una
drammaturgia schematica che la musica trasforma in una possente immediatezza di
rappresentazione. Il Don Carlo,s, invece, che si basa sull'omonimo dramma di Schiller, è un
lavoro di grandiosa complessità drammatica e psicologica che non rappresenta passioni
elementari semplicemente accostate, ma conflitti espressi e inespressi, stati psicologici sottili,
sfuggenti, ambigui, temi amorosi accostati a temi politici, grandi scene di massa insieme a scene
raccolte nell'intimita della dimensione domestica. Così, mentre le figure della trilogia popolare
erano tratteggiate in modo molto potente ma sofiìmario, per momenti culminanti, nel periodo di
mezzo Verdi lavora i personaggi con una nuova attenzione per i trapassi psicologici e
sentimentali che portano all'esplosione passionale e ne registrano i riverberi, gli echi, i
prolungamenti segreti. Questo implica, naturalmente, una trasformazione dei mezzi musicali. Se
la trilogia popolare è essenzialmente basata sulla melodia vocale, nelle opere di mezzo quali Un
ballo in maschera (1859) Laforza del destino (1562) Don Carlos (1867) e Aida (1871), accanto
alla voce, acquista sempre piu importanzal'archestra. Ora Verdi è attentissimo a quello che
r
succede fuori d'Italia; ascolta, studia, legge le partiture dei grandi sinfonisti austro-tedeschi; i
viaggi all'estero lo mettono in contatto con la civiltà musicale europea, con la raf,frnatezza
strumentale dell'opera francese. L'orchestra di Verdi abbandona, così, quella semplice funzione
d'accompagnamento che aveva, per lo pirìi, nei primo periodo, e di-",enta protagonista insieme aile
voci: dialoga con esse, le sostiene, rna, moite volte, procede per andamenti autonomi, svolgendo
un discorso proprio, che può essere di sostegno, ma anche di contrasto nei confronti del canto.
ì.ieiia iriit-rgia popoiare i'orchestra è trattata per io piu con coiori netti e timbri isolati; in Don
Carlos e Aida presenta impasti raffinati e sottili sfurnafure, utili come mezzo di approfondimento
psicologico.
Tutti questi elementi sono accompagnati da un'altra, importantissima trasformazione: quella
delle forrne. Nelle prime opere si contrapponevano recitativi, arie, cori, pezzi concertati, ben
definiti nella lorc struttura. lJn'aria, un recitativa Cei, Tro','atore, sono oggetti musicali
perfettamente identificabili nelle loro caratteristiche formali. Le arie del Don Carlo (ad esempio
«Ella giammai m'amò!>> di Filippo II) o quelle dell'Aida («Ritorna vincitor!») sono più articolate
e compiesse: il recitativo iniziale passa dal quasi parlato al declamato arioso, si gonfia di
melodia, sembra che diventi un'aria, ma non si orgatizza ancora in una forma regolare, e ritorna
ad essere recitativo; poi compare un'idea melodica, ma subito si spezza; ritoma il declamato, e,
solo alla fine, la melodia formata prende il soprawento, concludendo il pezzo con una maggiore
cantabilità. L'ariaè dunque una oonorezione di forme vocali che si trasformano, fluttuano,
passando continuamente da un regirne all'altro. Verdi., cra, l'uole scandagliare i sentimenti dei
personaggi, e l'analisi psicologica lo induce ad ampliare le forme. Questa ricerca non termina
con Aida, ma prosegue sino alle due ultime opere che costituiscono ia fase finale della sua
produzione,Otello (i887) eFalstaff(l893)sulibrettidiArrigoBoitotrattidaShakespeare. In
queste opere, Ia trasformazione dello stile verdiano è ormai giunta a compimento; 1o stile
acquista un grado di raffinatezza e di complessità impensato. Le forme sono quasi
completamente rotte; Verdi punta a un declamato che si trasforma con una straordinaria <iuttilita,
mentre i'orchestra raggiunge sovente degli effetti che non hanno nulla da invidiare a quelli della
musiea modema. In particoLare, in aic..rne pagine del\'Otello certe esplosioni timbriche, di
spaventosa densità sonora, certi effetti puramente rumoristici (per esempio, nella tempesta
irttziale), mostrano che ii suono, di per sé, si fa espressione, attraverso la combinazione degli
strumenti, f interferenza dei timbri, la densita deile armonie.
Ir, Ctello e Faist,alfi'antica iineadtà di rapporti tra recitaiivo e aria è ormai abbancionata, tutto
si svolge in un declamato che diventa melodico, si effonde in frasi cantabiiissime m4 una battuta
dopo, ritoma simile al parlato, e procede, così, senza regole che non siano quelle dettate dalle
esigenze espressive del testo. Certo, ci sono ancora in Otello dei pezzi individuabili come arie,
cori e strutfure <<chiuse>>, per esempio nella grande scena di Desdemona del quarto atto quando,
prima di essel uccisa, la sfortunata sposa di Otello prega e ripensa alia sua vita passata: qui ia
musica si concentra in organismi melod.ici ben definiti, seppur molto articolati e foraraknente
sfurnati. Nell'ultima fase della sua produzione Verdi partecipa, dunque, a queiia che è s*.ata
definita i'arte cieiia transizione che, nei secondo Ottocento, trovava in Wagner il suo grande
maestro. ì.lelle siie opere si rappresertlala sotiigiiezza ciei sentimenti che trapassano gii uni negii
altri, dei ricordi che si affollano alla mente dei personaggi, dei momenti psieologici che si
suesedono e che falrrolta si so..,rappo1Ìgono in una densità straordinaria di a-wenimenti interioi'i.
Nel corso delia sua cariera Verdi Ò stato accusato di wag-nerismo da parte di aicuni critici
ehe rimasero sconcertati dinarzi alla mcdemità stilistica C,i Aida, Otello, e Falstffi Accusa
infondata. Vercii, infatti, è arrivato a quel tipo di teatro attraverso un'evoiuzione personale,
assolutamente organica che, da un'ope-ra al,l'al,tra, coinvolge tutti gli aspetti della drammaturgia
musicale. Inoltre. 1'atteggiamento dei due compositori nei confronti del proprio pubblico è
radicalmente diverso: Wagner impone allo spettatore di sintonizzarsi sulla propria lvnghezza
d'onda, lasciarsi prendere dal flusso lento di una drammaturgia che indugia sui particolari, scava
neli'interiorità, esplora gli intimi recessi della psicologia, diffondendosi in ampi monoioghi,
r-
E
F,'
i
tenuti insieme dalf intreccio dei temi conduttori che ritomano, deformati ma riconoscibili, a
^/ costellare, con prodigiosa capacità evocativa, il flusso lento e maestoso del divenire drammatico.
Verdi, anche nelle ultime opere, non abbandona mai il criterio fondamentale della sua
drammaturgia: concentrazione e brevità, contrasti fulminei e costante tensione teatrale. A
differenzadi Wagner, il punto di vista che stabilisce il ritmo dello spettacolo non è quello del
compositore ma quello dello spettatore: preoccup.vione massima è che iI dramma venga
costruito in modo da mantenere desta la sua attenzione, awincerlo ad un ritmo sostenuto,
trascinarlo con l'incalzarc dei fatti. In Wagner è la vita interiore che si manifesta in forma
drammatica, la psicologia che si traduce in gesto; in Verdi è il dramma che viene inteionzzato
attraverso la rappresentazione dei sentimenti e delle passioni, è il gesto che si cartca di contenuto
sentimentale e psicologico. Il punto dipartenza drammaturgico è, quindi, diametralmente
opposto. In Wagner Ia «melodia infinita» si organizza, talvolta, in forme strofiche, e articolate
concrezioni melodiche, per scivolare nuovamente nel flusso aperto e ((senza forma» del suo stato
più naturale; in Verdi è l'incastro reciproco e sempre più minuto delle tradizionali forme
melodrammatiche - recitativo, declamato aperto, melodia strofica, aria, coro, concertato - mai
realmente negate, anzi sempre sfruttate nella loro reciproca funzione dialettica" che determina
l'effetto d'apertura formale sempre più accentuato, dal Don Carlos in poi.
Sono pochi gli artisti che hanno saputo evolversi nella misura in cui lo ha fatto Verdi.
Rossini, nel 1829, compose, a Parigi, Guillaume Tell, operaromantica capace di dimostrare che
il compositore awebbe saputo modertizzarsi e aggiornare la propria arte al gusto del tempo; ma,
in seguito, egli preferì rinunciare alf impegno di un rinnovamento inevitabile e visse ancora
trentanove anni senza scrivere una nota di musica teatrale. Verdi, invece, rimase artista
d'avanguardia sino all'età di ottant'anni, mostrando una capacità di rinnovamento che lo portò a
mutare completamente genere nell'ultimo capolavoro, Falstafi commedia brillante scritta in stiie
modernissimo, capace di porsi come modello ai più moderni compositori europei (impensabile
sarebbe, ad esempio, senza il precedente di Falstaffla frgura del Barone Ochs nel Cwaliere
della rosa di Strauss).
Le diverse fasi dell'arte verdiana hanno dato luogo ad interpretazioni e giudizi confiastanti.
Gabriele Baldinis, ad esempio, ritiene che Verdi abbia dato il meglio di sé in opere come Il
Trovatore e Un ballo in maschera, in cui le forme musicali sono in sé conciuse e fondate
essenzialnente sulla rotondita della melodia. Per Massimo Mila6, invece, la parte più
interessante del lavoro compositivo di Verdi consiste nella ricerca e nell'evoluzione del
declamato, cioè in quell'esaltazione musicale della parola che a poco a poco sbriciola la forma
per incarnare il dramma con sempre maggiore aderenza. Da una parte c'è il Verdi «tutta musica»
di Baldini, dall'altra il Verdi drammaturgo, maestro della parola, esaltato da Mila.
Contrapposizione che potrebbe essere superata, oggi, athaverso la considerazione del valore
drammatico che anima le melodie e le forme chiuse di Verdi e di quello musicale che impregna il
declamato e le forme aperte, più esplicitamente volte alla rappresentazione del dramma. Il libro
di Baldini, studioso di letteratura inglese, e, in particolare, di Shakespeare, non è completo: a
causa della scomparsa dell'autore, s'interrompe all'inizio del capitolo s;illa Farza del destino e
lascia prevedere una possibile svalutazione d'opere come Don Carlos, Aida e Otello. Per Mila,
invece, l'opera più grande della trilogia popolare è Rigoletto, dove la ricerca sul declamato,
destinata ad approfondirsi in seguito, raggiunge i primi risultati assoluti
Lapreferetwaper l'una o l'altra delle fasi stilistiche verdiane è assolutamente legittima.
Pericoloso è invece accostarsi al complesso sistema del teatro musicale di Verdi con una
mentalità evoluzionistica, che tende inevitabilmente a presentarci le singole opere come tappe
successive di una teleferica che porta progressivamente alle mete più alte di Otello e Falstaff. A
cavallo tra Otto e Novecento, sull'onda dell'infatuazione wagneriana, si consideravano povere,
s Cfr. G. Ber,orr,rr, ^Ab itare la battaglia. La storia di Giuseppe Verdi, Milano, Garzanti, 2A0L U9701.
6 Cfr. M. Mtll. Giuseppe Verdi, Milano, Rizzoli, 2000.
r
semplicità, modestia di mezzi ed ingenuità popolare dei primi anni si fosse progressivamente
elevato alle vette della produzione ultima.
{- Negli anni '30 c'è stata la reazione a questa assurda visione teleologica. In Germania, il
-i
>i movimento della Verdi-Renaissance, con contributo di critici e scrittori (ad esempio, quello del
romanziere austriaco Franz Werfel, autore di Verdi, il romanzo dell'o-pera) operò una
1- rivalutazione globaie di tutto il teatro verdiano: emblematico, a questo proposito, il contributo di
Paul Bekker nel capitolo su Verdi del volume dedicato alle principali figure del teatro d'opera7.
.; In Itaiia, la riscossa del primo Verdi aveva già aluto tra i suoi pionieri le esecuzioni cii Toscanini
alla Scala e il libro di Gino Roncaglias. Ma fu soprattutto Masiimo Mila che, nel suo studio su.[
melodramma di Verdi,pubblicato daLaterzadel 1933e, mise in luce la grandezzadelle prime
opere, senza svalutare quelle successive, bensì mostrando che, anche in Rigoletto, nel Trovatore
e nella Traviata,l'arte di Verdi si era già posta a livelli altissimi, seppure con strumenti stilistici
e interessi drammatici profondamente diversi da quelli dei capolavori successivi. L'entusiasmo
per la riscoperta del primo Verdi giunse a determinare addirittura un rovesciamento di
nrnsnettirre' il nrificn p ccriffnrp Rrrrnn P,orilli
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melodramma, pubblicata nel 1930, opponeva il Trovatore «dove c'è crepitio di genio: tanto
genio che grandina» al Falstaffin cui il fuoco del primo Verdi gli appariva solo come «cenere
lo.
calda»
Il dibattito generato dall'effettiva varietà stilistica dell'opera verdiana è stato sovente
condizionato da un'ottica evoluzionistica che, seppure atteluatasi col tempo, ha lasciato le sue
tracce anche nella gigantesca mono grafradi Julian Buddenll che distinguà, ad esempio, le
t.. partiture «innovative>>, che aprono nuove vie, da queiie «conservatrici» che consoiidano risultati
^^^,,i^i+i
4tvq Luùr tI.
Latetd,enzaa incasellare le opere di Verdi in categorie altemative distinguendo i'artista
«conservatore» da quello «innovatore», rischia di cornpromettere l'esaffa comprensione della
complessità del fenomeno: meglio è considerare ciascun'opera in sé e per sé, al riparo da
qualsiasi tnterpretazione evoluzionistica, perché ogni capolavoro di Verdi ha le sue leggi e
proporzioni interne e mescoia ciiverse sceite stiiistiche che non sono né "innovative" né
'oconseryatrici", ma solamente funzionali in rapporto alla natura del soggetto, alla costruzione del
libretto, al carattere dei personaggi ed alla specificità delle situazioni. In ogni capolavoro che
guarderebbe indietro ci sono scelte rivoluzionarie, e vieeversa, ogni partitura orientata
alf impiego di forme piu libere e audaci contiene brani di struttura apparentemente tradizionale.
Verdi non è mai conservatore, guarda sempre avanti: soio che per lui i'innovazione ha diverse
strade. Così, f impiego delle forme chiuse e l'esclusione del declamaio da! Tror;atare, che fanno
per lo più considerare quest'opera come passatista, come se i'autore si fosse improwisamente
pentito e avesse rinnegato le sceite rivoluzionarie di Rigolel/o, sono dettrate dalla natura del
ciramma e ciaii'impostazione retorica dei testo: rispondono, cioè, a criteri di intrinseca necessità
espressiva e drammatica. Verdi ha fatto queste sceite perché non awebbe potuto farne altre rn
Lo.^ l^-:-^ Lr§r -^.^.^^+1 +-n
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^t1^ ruBrucr Lla vuilLsrtr-rlrJ s^ tLiis. uitE uuò.l ((Lruirsurvan
z P. Ber<reR,
Wandlung en der }per, Zùrich-Leipzig, Orell Frissl i, 1,93 4.
s G. RoNcaGLIA, Giuseppe Verdi, I'ascensione creatrice dell'arte sua, Napoli, Perella, L914,
ripubblicato con iì titolo L'ascensione creatrice di Giuseppe Verdi, Firenze, Sansoni, 1940. Le
citazioni contenute in questo volume si riferiscono alla seconda edizione.
e
Questo studio di Mila è confluito, con altri saggi verdiani, nel recentissim o Verdi, cit.
10 Cfr. B. BaRILLI,
Il paese del melodromma, Torino, Einaudi, 1985 [1930].
1i Buoori.i , Le opere di Verdi,3 voil., trad. it., Torino, Edt, 1985-BB.
f.
L1"
12
p. 486.
M. MILA, Verdi, cit.,
13
A. Basrvt, Studio sulle opere di Giuseppe Verdi, ed. critica a cura di U. piovano, Milano,
Rugginenti,200L.
14 M. MtLe, Verdi, cit., p. 486.
r
ie trivialità'
apre il terzo alto:ma va eseguita come è scritta). Non esistono nel Trovatore
rawisabili, invece, nel Coriaro e nell'Alzira, nella Giovanna d'Arco e nei Masnadieri' Esiste,
popoiare, melodie che si
invece, una contrapposizione voluta di stile alto e stile basso, nobile e
e regoiari, stupori iirici
sviiuppano eon impreveiibiie varietà e compiessità ed aitre, più sempiici
e incàizanti vertigini in cui la situazion. pr"òipitu e si conclude
con rapidità inaudita: ma futto è
massimo del suo
governato da una-vigile coscienza formaie, e nutrito da una vena melodica al
'l'rovatore. ta qualrtà veramente
Iplendore, il che ha perrnesso a Verdi di raggiungere, nel
l'impressività, la memorabilità" la
discriminante rispeio alle opere (brutte) degli anni di galera:
drammatica'
personalità fortissima di ogni idea melodicaimpiegata a scopi di rappresentazione
'- È q""rio il criterio ai gluaizio che ci può utilmente.guidare in una rilettura odierna del teatro
Per raggiungerla, verdi
verdiano: impressività teiratica significa altissima individualizzazione.
iavorava sodà: gii abbozz:rdetle sùgole opere mostrano che melodie apparentemente
faciii sono
melodica in
in realtà frutto di un'accurata elaboàzicne,alla ricerca di quetla caratterizzazione
legate al
funzione drammatica che le rende indelebili nella nostra memoria, e indissolubilmente
«La donna mobile», nel
personaggio ed alla situazione. Pagine come la canzone del Duca è
13
Carlos: «Ho letto il programma egiziano. E' ben fatto; è splendido di mise en scène. Ma chi l'ha
fatto? Vi è là dentro una mano molto esperta, abituata afare e che conosce molto bene il teatro».
Attraverso varie fasi - soggetto di Mariette, canovaccio di Du Locle, libretto in prosa dello stesso
Verdi - si giunse alla forma definitiva del testo, versificato da Antonio Ghislanzoni che aveva
collaborato con Verdi alla revisione della Forza del destino rappresentatz allaScala rl27
febbraio 1869. Siccome la prima dell'opera, prevista nel nuovo teatro del Cairo per il gennaio
1871, venne rimandata al24 dicembre a causa della guerra scoppiata in Europa tra Francia e
Prussia, Verdi ebbe tempo per limare la partitura e conferirle quella patina di raffinata
perfezione che ne costituisce 1o splendore formale. In Italia, Aida giunse alla Scala l'8 febbraio
ttlZ,direttore Franco Faccio, con grande successo di pubblico e alcune riserve da parte della
critica. Filippo Filippi , ad esempio, sulla «Perseveranza>>, metleva in rilievo la trasformaztone
dello stile verdiano, disapprovando il fatto che pagine raffinate, scritte, secondo lui, sotto
1'evidente influsso di Meyerbeer , Gounod e Wagner, fossero accostate a quelli che gli parevano
troppo netti ricordi dello stile passato. Dopo la prima milanese il critico Filippo Filippi sulla
«Pèiseveranzà), metteva in rilievo la trasformaz\ote dello stile verdiano, disapprovando il fatto
che pagine raffinate, scritte, secondo lui, sotto l'evidente influsso di Meyerbeer, Gounod e
Wagnei, fossero accostate a quelli che gli parevano troppo netti ricordi dello stile passato. In
realtà, la varieta stilistica di Aida , la compresenzadi "tadizione" e "modernità" è, come sempre
in Verdi, funzionale alle esigenze stringenti dell'espressione.
Basta vedere come il compositore ha saputo usare a fini drammatici le numerose implicazioni
decorative che derivavaurro,itAida, dall?estetica del grand opéra parigino. Entro la grandiosa
cornice dell'Egitto antico , popolato di cortei guerreschi e processioni sacerdotali, aperto sui
grandi spazi paesaggistici del Nilo e su gigantesche prospettive architettoniche, Verdi mette a
fuo.o i drammi di Aida, Radamès e Amneris che, da quella cornice, ricevono motivi di
esaltazione, tanto da far deIl'ambiente un interlocutore essenziale della vicenda e protagonista
dell'azione
Numerosi e $ecisivi dal punto di vista teatrale e psicologico sono, difatti, inAida, gli effetti
d'eco e di profondità ambientale,realizzati con suoni e canti fuori scena: gli spazi invisibili,
suggeriti dàla monumentale scenografia, diventano tangibili attraverso la musica, acquistando
unignificato simbolico. L'opera più spefiacolare di Verdi non rinuncia alla legge inderogabile
del teatro verdiano: piegare ogni elemento, compresa la magnificenza scenografica, al setvizio
dell' espressione drammatica.
Già nella prima scena, la didascalia suggerisce una profondita spaziale: nella sala delpaltzzo
reale di Meni'r, si vede una grande porta nel fondo da cui si scorgono i templi, i palazzi di Menfi
e le piramidi. Mraè nella seconda scena che questi spazi lontani cominciano a risuonare. Siamo
nelliinterno del tempio di Vulcano, dove una lungafila di colonne, I'una all'altra addossate, si
peyde tra le tenebre.Daquelie tenebre, invisibile e lontano, proviene il canto della Sacerdotessa
«Possente Fthò) e del coro, anch'esso interno, che le risponde. All'inizio dell'Affo tIt sulle rive
del Nilo, nel chiarore della notte tropicale, un'altra preghiera si sente alf interno del tempio di
Iside «per metà nascosto tra le fronde». Nella prima scena dell'Atto IV non è solo un canto ma
un inteio dialogo che giunge agli spettatori dalle profondita invisibili della scena: nella sala
sotterranea delle sentenze, collocata oltre la gran port4 in fondo alla sala, si svolge il processo
che i sacerdoti intentano a Radamès traditore: la voce tonante di Ramfis, punteggiata da trombe,
tomboni e g1an cassa nel sotterraneo, crea un effetto di profondità spaziale e di agghiacciante,
inesorabile iatalismo, ulteriormente accentuato dalla presenzain primo piano di Amneris che ,
disperata, commenta il precipitare della situazione. Ma è nell'ultima scena che iI gioco delle
attirita spazialiraggiunge il culmine dell'effetto, con il suo audacissimo taglio verticale: nella
parte superiore si vede il tempio di Vulcano splendente d'oro e di luce; in quella inferiore il
sotterraneo, dove lunghefite di arcate si perdono nell' oscurità. Statue colossali d'Osiride colle
mani incrociate sostengono i pilastri della volta. Radamès è nel sotterraneo sui gradini della
scala, per cui è disceso. Al di sopra, due sacerdoti intenti a chiudere la pietra del sotterraneo.
:
flsarrnarte languore, le esplosioni vocali e strumentali della soena del giudizio, in cui
l'espressionistica violenza di alcune pagine di Otetlo è già chiaramente-anticipata. I boati che
accompagrumo l'anatema di Amneris nei confronti dei sacerdoti sono terrificanti esibizioni
di
una densità materica che desta istintivo offore. E' lei che pone a Radamès I'odioso ricatto:
,-!
o la
vita o l'amore per Aida. Ma nel contempo è cosciente della temenda responsabilità morale ehe
i-
incombe sui sacerdoti e eapace di struggenti manifestazioni di pentimento e di pieta.
i' -\
La sua grande §cen4 nel quarto atto, incombe sullo straordinario finale lo stesso peso con
=l cui la <<fatalpietro> si rinchiude suli'abbraccio dei due amanti. Mirabile finaie, "oo concepito da
== Verdi come «qualcosa, di dolce, di vaporoso , trrt a due brevissimo , un addio alla vit»>, eon Aida
che cade dolcementehelle braccia di Radamès, inentre Amneris, sulla pietra del sotterraneo,
canta il requiem per I'amato. Il progetto di questo finale inanticlimax-furealimato da Verdi con
la levità delle melodie, l'originalità della strumentazione, con i suoni armonici dei violini divisi
,: la stereofonia delle fonti sonore dato dall'inno all' <<Immenso Fthà»>, che risuona nel tempio
e
sopra il sotterraneo, già ascoltato nel primo atto e qui reintrodotto come ricordo di una
-. predestinazione.
Se la parte di Amneris si caratlerizzapil la forte carica gestuale, quella di Aida è più
inteionzzatamatrattata con analogasottigliezza. Oltre che dal rimorso dato dall, amore
't
colpevole nei confronti di un nemico, il suo cuore è lacerato dal ricordo del paese natio.
15
I Identificata con il tema malinconico che compare all'inizio dell'opera, Aida possiede due grandi
scene, nel primo enelterzo, atto che mostrano quale duttilità la scrittura vocale di Verdi abbia
ormai raggiunto per inseguire le pieghe sottili della psicologia e la fluttuazione dei sentimenti.
L'arlicolazione tradizionale dell'aria in recitativo, cantabile, tempo dimezzo e cabalettz, è ormai
superata. L'ana si è trasformatainuna grande scena: dal declamato ininale sgorgano flussi di
melodia, pronti a rompersi nuovamente in uno stile recitativo, per poi ritornare al canto melodico
e giungere al crescendo emozionale che conclude la forma. Tutto è fluido, in continua
trasformazione e il tempo della rappresentazione tende a coincidere con il tempo rappresentato,
unico vero elemento che accosta, in questa fase della produzione di Verdi, la sua drammaturgia
a quella del dramma musicale. L'esilio fa parte del destino di Aida, anche nella coscienza degli
altri personaggi: «Il tuo bel cielo vorrei ridarti | le dolci brezze del patrio suob> canta Radamès
nell'aria famosa, e lei confida ad Amneris « Felice esser poss'io I lungi dal suol natio... qui dove
ignota I m'è la sorte del padre e dei fratelli...»: nostalgia dell'Etiopia come tenabeata di cieli
azzurri, verdi colli, profumate rive, fresche valli e foreste imbalsamate. Nella coscienza di Aida
vive questo paesaggio il cui immaginario strappa a Verdi le idee melodiche più belle di tutta
l'opera.
Troppo lontano mi porterebbe cercare di illustrare le sottigliezze che la musica coglie tanto
puntualmente e che arricchiscono , come per inadiazione, il carattere più lineare e semplice di
Radamès, il valoroso guerriero perduto nel suo sogno d'amore. Piuttosto, concludo con
un'osseryazione che ci permette di chiudere il cerchio del nostro discorso.
L'esule Aida, perseguitata da una sorte al,versa, vittima di forze storiche che determinano
il suo destino, finisce per introdurre inaspettatamente nell'opera l'unico, vero motivo di
speranz€r. L'aspirazione al ritorno in un luogo ideale di felicita è un motivo ricorrente nella
drammaturgia verdiana («Ai nostri monti ritomeremo>> cantano Azucenae Manrico nel
Trovatore e «Parigi, o cara, noi lasceremo » esprime alla fine dellaTrafiata urra analoga
aspirazione verso la fuga rigenerante): ma nell'Aida, essa acquista urr' eccezionale forza
dialettica, perché mai come in quest'opera Verdi aveva sentito l'ambiente nella sua qualita più
spiccatamente scenogrufrc4 come "personaggio" protagonista. In Aida, gli spazi naturali,
presenti (rive del Nilo) o evocati (le «foreste imbalsamate>>), sono "buoni", sede di una felicita
immaginata ma impossibile; gli spazi architettonici (sale, templi, sotterranei) sono "cattiyi",
immagine di un destino che, con la sua forza, schiaccia l'esistenza dei singoli. II paesaggio
etiope vagheggiato da Aida è quindi l'anti-Egitto («Fuggiam gli ardori inospiti I di queste lande
ignude») , l'uscita dal labirinto che attanaglia i protagonisti, isolandoli nell'angoscia
dell'impotenza; è promessa di un bagno tonificante nella natura che, sulle sponde egiziane del
Nilo, è minacciata dalla presenza minacciosa del tempio, sede del potere ecclesiastico da cui
proviene la"farza del destino". E, in quel sogno di felicita, Aida totalmente si identifica,
cosicché il suo canto finale non cambia le carte in tavola: semplicemente, sposta la meta del
viaggio dalla terra in cielo, salutando nella morte il compiersi di quella feiicità che la vita aveva
reso impossibile.
I
E
Prpirrdin
Aida si apre con un preludio delicatissimo. il tema iniziale è quello dell'amore di Aida.
Affidato ai violini primi divisi con la sordina : suono diafano, luminoso e lontano. È
catatterrzzato cia echt interrri sottolineati dal latto che m alcune battute il tema è ripetuto in
imitazione: l'effetto è di profondità e di lontananza" Aidaè opera in cui l'esotismò, ossia il
fascino del lontano, s' incarna in due modi: con espliciti riferimenti ad un orientalismo armonico
e melodico di uso corrente nella musica sette-ottocentesca (scale diverse da quella rnaggiore-
minore, intervalli di seconda eccedente derivati dalla scala arabache è una scala maggiòr" .on
2o, 5' e 7" grado abbassati); e dai senso di 1antar,ar,za, di profondità, di spazi inierni ed esterni
che si prolungano a perdita d'occhio, e che la rnusica incarna, come vedrerno nelle indicazioni
scenografiche.
Al tema di Aida ne segue un secondo, collegato alle figure dei sacerdoti che pronunceranno la
condanna di Radamès e la sua morte insieme a quella di Aida. E' un tema arcaico, freddo,
impassibile, tanto come quello di Aida è palpitante, in tensione nostalgica verso una meta
lontana. Anche questo tema si combina con se stesso in canone: la polifonia contrappuntistica è
segno tipico della sfèra liturgica. I1 terna si gonfia di sonorità rna, quando arril,/a al lonissimo,
genera la nuova ricomparsa del tema di Aida, stavolta suonato da tuf,a l'orchestra, come in un
tentativo di affermazione perentoria rispetto al tema antagonista di prima: ora ha qualcosa di
disperato, ma nuovamente si assottigiia nel suono luminoso, "az,zurrro" dei violini(Aida è
l'opera dei cieli azntrri, degli oizzonti mediterranei dai colori caldo e luminosi) . Un nuovo
episodio imitativo, sorta di coda conclusiva, porta ad una nuova perorazione che sfocia
nuovamente in atmosfera sognante, ratefatta,luminosa, lontana. L'effetto è di qualcosa che, da
lontano, si ar,rricina a poco a poco sino ali'esplosione sinfonica <iei primo pianò, poi si aiiontana
di nuovo tornando al pianissimo. L'effetto musicale è molto oro.p"tti"o, ,èilu coda c'è ancora un
episodio fortissimo , ritmicamente duro, ma allafine ii stlono diventa etereo, pianissimo,
acutissimo, come una scintilla che brilla lontano. La sfumatura è vaporosu. frrru, sin dall,inizio,
l'atmosfera vaporosa, il colore chiaro e sfumato, da paesaggio assolato, che caratt eizza
pareeehie soene di Aida"
ATTO I
Scena I
Introduzione - Scena
- Ii preii:dio dà i.rn senso di pr"ofondità spaziale, comispettivo musicale deil' impostazione
scenografiea di Aida: arehiteffJre rnonumentali ehe la-seiano htra-wed-ere a-ltre *chtett
-r", cieli,
paesaggi lontani. Sala nel palszzo del re a Menfi.A destra e a sinistro una colonnqta con stqtue e
arbusti inJiori. Grande porta nel Jbndo, da cui appariscono i templi, i palazzi di Menfi e le
piramirÌi. Quincii ciimensione prospeuica e senso cii architetnrre immense. i personaggi appaiono
piccoli in queste sale , aperte su spazi a perdita d'oeehio. Questo rapporto tra gra-nde À piccolo,
J.
vasta dimensione moniimcntalc e pubblica, che si afferma nelle sccne di mass4 e Cimeisione
raccolta e privata dei pr-iino piarro è dato dall'uso fi"equente di iina stlumentaziorre eaneristica
che contrasta con effletti di grande forza sinfonico-coiale. Cameristica è la priina scena, con la
prosaica comunicazione di Ramfis (-basso) a Radamès (tenore) che riguardalanotiziadi una
prossima guera: 1'Etiopia sta per attaccare nuovamente l'Egitto. Suonano solo i violoncelli,
divisi in tre un tema ecclesiastico in imitazione canonica: severità, asciufrezza" oggetti.zità.
Nessuna emozione. Solo la comunicazione di una notizia non certa. L'espressione è incentrata
sulla figura severa, ieratica del gran sacerdote Ramfis. Radamès spera diissere trui il
condottiero. L'effetto è singolare e bellissimo: invece di iniziare col solito coro, questo debuffo
17
l sottotono, quasi prosaico, dal colorito arcaico e severo, come si addice al Gran Sacerdote
Ramfis, tpi*rul'oizzonte di attesa del pubblico: è il colorito della pietra che sembra dominare-
Romanza
Nel recitativo le fanfare di due trombe e un trombone spaccano l'involucro del suono opaco di
prima con massimo scintillio. Immagine di gloria militare nella speranza di Radarnès. «Se il mio
iogno si awerasse>>.Tnizraun sogno: di gloria e d' amore, quando pensa ad Aida. Radamès è un
sognatore. Sorprendente effetto di contrasto sonoro e timbrico con la scena precedente.
l{ria «Celert. Aidrr. E' una visione d'amore e di luce. Le parole più importanti sono:
«Mistico serto di luce e fior»; «sei 1o splendor»; «bel cielo»; «vicino al sob». Leggere sempre
con molta attenzione il tibretto per fissare 1e immagini che guidano nella lettura della musica.
Quindi c'è un immaginario di luce che brillq sfolgora, non con accecante splendore
ma con una
intensita delicata e vive nella immaginazione di Radamès, come una visione interiore. Tutta
l'aia,tranne poche battute, è da eseguirsi piano e pianissimo: il tenore deve cantare note acute in
pianissimo, .òru molto difficile anche perché l'arraè cantataa voce fredda, subito dopo f inizio
dell'opera.
Aria in due sezioni con riPresa:
A) prima strofa «Celeste Aidar» in Si bemolle maggiore.
Bj seconda strofa «Il tuo ben cielo» in Si bemolle minore , con melodia cullante anticipata da
oboe e fagotto
A') ripresa di «Celeste Aida»
B') ripresa variata di «I1tuo bel cielo» con canto quasi parlato e poi ultima effirsione
melodica.
Colore dell'orchestra: chiaro delicato, scintillante. Notare anche qui, come nel preludio,
1'originalita della scelta cameristica: dalla nurssa degli archi si staccano sei violini divisi che
determinano effetti sonori simili a quelli del preludio, con tremoli nel registro acuto, note
staccate che danno un senso di scintillio. Immagine soave di Aida nella mente di Radamès: si
tatta di ul sogno, come dirà subito dopo Amneris.
L'immagfi di Aid4 evocata dal tema tnrziLale del preludio, era già quindi quella che vive
nella mente e nella fantasia di Radamès: una immagine ideale, vagheggiata come quella di una
figura celeste. Il preludio con la romaozr formano dunque un primo blocco drammatico-musicale
af interno del primo atto con, al centro,la breve ma suggestiva scena di Ramfis e Radamès: un
blocco domina?o dalla magia di un suono etereo, luminoso, trasparente, cameristico, delicato:
modo assai strano per cominciare un grand opéra di netta impronta francese, che punta
solitamente sulla magniftceruascenografica e sonora. Ma il segreto di Aida sta in questo: evitare
l'elemento decorativo, e rendere ogm pagina funzionale al dramma. IN tal modo il grand opéra
francese viene rionovato dalf intemo.
tu in Menfi.. desideri» altro passaggio estremamente allusivo, con appelli di oboe e piccoli
disegni di clarinetti: rnolto allusivo, mentre il tempo rallenta e Amneris si awicina a Radamès
quasi sussurrandogli queste parole all'orecchio. Notare: carattere gestuale della musica di Verdi.
A ^^^l+^-l^l^ :**^^:-^-^ ìi ^^-+i .ioi vJJrq unq raoiq riqllq rnrrcicc
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yv{rvrtqÉÉr' ^ooio ^"pcnrittq
«(Forse l'arcano amore)». Allegro agitato e presto in Mi minore,: molto irnportante
perché ritornerà due volte nel terzetto a determinare l'unità del blocco scenico-musicale. Il
disegno orchestrale e molto caratteristico, oscillante, ansimante, su paroie che Raciames e
Amneris dicono tra sé. «Fatal mister» dice Amneris: parola che racehiude il senso delle due
scene. Punto di vista è quello di Amneris: indagare ciò che le sembra un mistero, ossia che cosa
nascondono Radamès e Aida. E questo che dà senso a tutta la scena. Entra Aida con il tema
conosciuto dal preludio suonato dal clarinetto, strumento dal suono dolce, tenero, vellutato,
malinconico, soverrie abbinato ad Aida. Il tempo cambia in Andante mosso: l'effbtto e queiio di
un'apparizione . E' lei che appare, è la bellissima schiava, già principessa, quella che Radamès
vede come un'immagine mistica con un nimbo intrecciato di luce e di fiori. Aida ha «pelle
olivastra rossiccio-scuro. 20 anni: amore, sommissione, dolcezza sorla le qualità principali di
questo personaggio» come lo definiscono le Disposizioni sceniche per l'opera Aida compilate e
regolate secondo la messa in scena del Teatro alla Scala da Giulio Ricordi, il trattato di regia
pubblicato da Ricordi in occasione della rappresentazione milanese e leggibile su
,.-.^., :.^+^-^^+^,,1r,,*^l^ 4l!.tt. it nlllrlvrrJ
A À vvrPrLs rlvrr
-^- ssÀq loi mo rlolln ccrrqrrln nhc Portarnàc rirrnloe
rr'VVYlry.lllL\/lIlLl,\/LlrIUl ---*i. v ^^l^ifo
ffial,Allegrougituto:«(Aida!amerivale/forsesariacostei)».«Forse»è
parola che illumina il senso della situazione: dubbio, mistero, tentativo di scoprire qualche cosa
che ad Amneris sembra nascosto. E infatti riprende il suo tono insinuante, con un motivo nuovo,
Andante mosso, «Vieni, diletta, appressati...», tu non sei la mia schiava ma la mia sorella: tema
serpeggiante come quello di prima, svolto per saiiscendi, arrotondato in piccoli incisi che
s'incurvano nel moto ritmico delle terzine. Amneris si informa anche , con finta premura, del
perché Aida stia piangentio. Aida è turbata per i suoi e per gii egizi tutti sono minacciati daiia
gu-effa-. Non e 'è odio di parte in Aida perché è innamorata di un nemico: c'è, invece, in.lei
l'aspirazione alla pace come tregua tra stati nemici e tregua tra sentimenti in conflitto, che
veffanno prepotentemente alla luce nella scena seguente. Il canto di Aida è declamato per note
ribattute: freme di agitazione. Ma non è un' agitazione rninacciosa , sinistra, come quella
dell'Allegro agitato che ritoma per la seconda volta quando Amneris ,nuovamente chiusa in se
stess4 la minaccia in cuor suo: «(T'rema! o rea sciriavai)». ,qifto che soreiia, come i'aveva
chiamata prima! Amneris rivelaqui , se ancor la musica non ce 1o ha fatto capire, il suo odio
segreto. In Amneris Verdi eleva un monumento all'arte della menzogna musicale: far capire con
la musica significati diversi, anzi opposti, a quelli espressi dalle parole.
Ii terzetto si conclude con un canto a tre in cui Radamès intuisce il pericolo che Amneris
scopra ii suo sentirnentc: «Guai se i'arcano affetto / in noi ieggesse in cor!». Ma è il canto di
Ai.lonhooiola*,qcrioli qlfri inrrncqnfahileclefn incrri eqnrimeil qrtoniantoinsiernenerla
v-^v E-Érv, __r^--^-_ _ _-_--___-
r"_ -
'1 ,
armonico determinato dalla quinta vuota Mi-SI. Il tonc è solenne ma raccolto. Il canto si limita a
intonare le parole in stile di secco recitativo. I1 messaggero annuncia con progressiva emozione
-t che è iniziata una guerra di invasione degii Etiopi, che seminano distruzione e morti, guidati rial
-7
79
I re Amonasro. Aida freme : «(Mio padre!)». I1 messaggero continua: Tebe sta preparandosi a
piombare sul barbaro invasore, «guera recando e morte» e di qui parte , attraverso ripetute grida
ài g,r"rr4 un' eccitazione che sale ulteriormente con l'annuncio del Re: Radamès è stato
nominato dall'oracolo comandante supremo. Radamès ingraziai numi, Amneris è stupita, Aida
freme. La scena si conclude con il coro <<Su! del Nito al sacro lido», motivo di marcia militare su
un tema di carattere popolare e ritmo robustamente scandito che, ripreso alla fine, conclude il
pezzo non senrut chsAida abbia ripreso da Amneris, con tutti gli altri, il grido d'augurio
«Ritorma vincitor!» echeggiato da tutto il coro.
La scena è indubbiamente "facile" sotto il profilo della musica: orecchiabile, trascinante,
popolare nelf immediatezzacantabile del motivo di guerra che ritorna dopo gli interventi
soiistici a chiudere il pannello in simmetria: una marcia militare che ricorda gli esiti verdiani
della prima maniera. Mu r" ne distacca per due caratteri: f immediatezza della melodia che, nelle
op"r. d"l primo decennio, sovente appare generica e poco individualizzata, e la funzione
drammatica. Certamente, questo pezzo può essere accusato di volgarita" specialmente se eseguito
in modo sfacciatamente bandistico. Ma l'esortazione collettiva alla difesa della patria da parte
di una comgnità furente non richiede particolare frnezza piuttosto, la capacita di suscitare la
condivisione del pubblico con una sorta di sollecitazione fisica. Inoltre, il pezzo si giustifica sul
piano drammaturgico: queste scene di massa, e massimamente quella del trionfo, che hanno
ia1o la fortuna di Aida, distorcendone l'immagine, servono a creare uno sfondo , a definire una
sorta di cavo scenico, in cui collocare i drammi dei personaggi, facendone spiccare per contrasto
l'intimita e }a solitudine, allo stesso modo degli ambienti monumentali e delle prospettive
spaziali, aperte a perdita d'occhio su paesaggi lontani. E una sorta di scenogmfia sonora che si
para dietro le pa$itanti figure di Aida e Amneris e quella di Radamès, sottolineando il dramma
interiore delle due don-ue, e la propensione immaginifica del secondo, perduto nella
contemplazione del suo duplice sogno di gloria e d'amore. Le esigenze di grandiosita
spettacòlare, tipiche del grand opér4 non producono in Verdi efletti fine a se stessi, ma sono
itrtizzate in senso funzionale, in rapporto a oiò che precede e a ciò che segue, e al progetto
dell'opera nel suo complesso, che viene cosÌ opportunamente privata di ogni gratuita decorativa.
Nella parte centrale, ad esempio, spiccano le frasi angosciate di Aida («Per chi piango») piene di
dolorose sincopi.
Scena. Aida
Colpita dal grido che le è uscito dal cuore, Aida inonidisce : <<Ritorna vincitor! E dal mio
labbro rrròì l'"*piu parola!». Seguono trentacinque versi della grande scena di presentazione del
personaggio. Scena, non aria, con il testo intonato tutto in tempo reale, senza ripetizioni di
parole io rro canto sillabico: la parola è protagonista. [Ragionare sulla intonazione della parola
in Verdi:" dal quasi parlato al declamato, all'arioso, alla melodia formata e regolare, alvocalizza
espressivo sin-o al iocalizzo acrobatico. Dalla ragione dialefiica espressa nel recitativo
alf'emozione espressa nei passi in cui la musica matura a melodie formate. Questo è tipico
dell,opera ita[a;a per numeri chiusi alternati a recitativi: graduare il rapporto della musica con la
pa.ola in modo da iappresentare il dramma attraverso diversi gradi di approfondimento: dal
semplice "ragionamento" all'esplosione della più intensa passionalità ]. In orchestra I'elemento
che perdura è costituito dalla continuapresetza di incisi cromatici che slittano per semitono
in
salita o in discesa, proiezioni di quelf inquietudine che percorre lo stesso tema di Aida, chekrtzia
con tre note in salita striscianti per semitono rappresentando una tensione verso l'alto; poi
s'inflette , discendendo, in un andamerfio carezzevole e malinconico, come lrta carezza. C'è
dunque in questo tema il tormento e l'affetto, l'aspirazione all'amore e la considerazione della
sua dolcezia.. Il risultato è un flusso abbastanza indistinto all'ascolto, e molto moderno nella sua
capacitìrdi rendere l' agitazione. Varietà di sentimenti:
1) «Ritorna vincitor!». Versi sciolti. Imrnagini di orrore. Aida immagina Radamés, vincitore
di suo padre e dei suoi fratelli, trionfatore tinto del suo sangue, salire sul carro dietro cui si
trascina suo padre in catene... Declamato scultoreo, asciutto, con orchestra che sussulta in poche
i-+-*,^-+i -l-^-^ froainn. *^lfo o-orcio pneroicn
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À LlaaapLlurra!1-.v vr:vabrvv cv
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affronta con orore le immagini che le si affollano alla mente.
2) «L'insana parola I o numi sperdete»: o dèi annullate l'effetto dell'augurio che ho
imprudentemente profferito. tr senari: suggerirebbero un cantabile, dopo il recitativo.
Effettivamente, sembra fonnarsi una melodia agitata in Mi minore. La voce sale e scende
inquieta, con una certa regolarita di fraseggio, ma poi la melodia si spezza di nuovo nel recitativo
declamato ad alto tasso di gestualità tragica: «Struggetel struggete! le squadre dei nostri
oppressor» con salti di ottava Soi3-Sol4. Aida è sconvolta e non riesce a cantare. Il canto, la
meiodia regolare sorro sempre espressione ,Ci sentimenti stabili. La condizione di Aida è i'antitesi
della stabilità: il suo animo è un incrocio tumultuoso di correnti emotive, di contraccolpi prodotti
dalle parole pronunciate che si ribaltano su di lei come un boomerang, e spezz:ano la melodia. La
vicenda musicale è quindi intrinsecamente tragica: rappresenta l'impossibilità di uno sfogo,
continuamente frustrato, la colpa per le parole che si sono appena pronunciate nell'impeto della
passione ma di cui ci si pente subito. Tutta la scena è una continua, tragica successione di slanci,
espressi dal lato impulsivo, passionale, di Aida che mostra in questo un temperamento acceso, e
-o-+i*^-+i vllw fla+rnnn
-- Irvllutru llil uqlrLv
no-fn in Jrr
[r ofnracanfo
séÉvrr!v malinnnniq
rraerrrrvvr a tanarazzq
PVlrLrrrrlrrll ^1"^ rlv
3) «Sventurata! che dissi?... e l'amor mio?...». Versi sciolti. Come posso dimenticare il mio
amore «che oppressa e schiava I come raggio di sol qui mi beava?». Raggio di sole. Radamès
aveva identificato Aida come la sua regina degna di un «trono vicino al sol». importante questa
immagine del sole: lega i due amanti in una visione di luce, che si diffonde su tutta l'opera
dandole una tinta luminos4 solare, non solo suggerita dai colore dorato delle pietre e dei
paesaggi d'Egitto, ma riprodotto nella musica con la scelta di sonorità lucenti, scintilianti, chiare,
vaporose e trasparenti, anche neiie atmosfere sofflrse cii ambienti semi-iiiuminati. ii Don Carlo,
cupa tragedia della controriforma spagnola" aveva tinte scure , bronzee, notturne. sonorità
sovente massicce, severe. In parecchie scene dt Aida, invece, Verdi adotta effetti vaporosi,
ieggeri, sfurnati, come vedremo nel quadro seguente. Il testo del1a scena di Aida ora qui torna in
endecasillabi sciolti. Ma nei primi quattro versi fiorisce e si. ripete tra i'orchestra e la voce, il
tema di Aida ascoltata all'inizio del preludio e nella sua prima entrata in scena: vero e proprio
motivo conduttore che rndenflfica ii personaggio riveiandone i'essenza ciei sentimento cii amore,
come aspirazione dolorosa nel cromatismo dei due primi incisi ascendenti , e dolce ripiegamento,
nostalgico abbandono nelle frasi seguenti discendenti. Ma anche qui il cantabile si intenompe.
Dal verso «Imprecherò la morte» si volge in recitativo e la voce scende , dolorosa e ansimante su
«Ah! non fu in terra mai I da piu crudeli angosce un core affranto» . Di nuovo, dunque, il
dramrna delia meioCia che s'infrange, fiore che non riesce a sbocciare, o , appena sboccia, è
Àocfinoin
sworrrralv
q.l qo^o*oi"-
4u syysur! v.
S 4) «I sacri nomi <ii padre e d'amante». Aliegro giusto poco agitato. A mano a mano che la
scena procede, Aida si addentra sempre più nel dubbio. Piangere e pregare per il padre o per
l'amante è in ogni caso segno dr coipevoiezza.Lapregiriera, ciunque, si muta in bestemmia:
tremendo dramma. Il senso urorale di Aida si nbella a questo dilemma- e non le resta ehe
invocare la inorte. Come seiirpre in Yer,ii il tema etico ha grandissimo pcso: attomo ad esso è
costruito ii carattere cii :ricia e ii suo ciramma interiore: da urr iaio i'obbligo di fedeltà aila patna,
s il doverc di suiitizricià cou ii padre e i fratelli, dall'altro l'amore per il nemico Radamcs, motivo
di sostegno e di luce, nell'oscura sorte della prigionia. Anche qui sembra profiiarsi una melodia
regoiare. Ma neppure questa meiodia "cat7ta": è fatta di incisi sillabici, spezzati da pause, spinta
a',n-ri UC "-:^.^ho.t*- -^.i*-nro -ihnllenie nel n"nfnnrin eL striscianle ner semilOni. «COnfi;Sa,""
GVqllLl
^^ qlf Uf VllWOlre 4rl§ùlrtur!!) ^rVUrrùlta!
1Iùi ijiViviiuù ùaiiJUieiiiL I/Ui JuiiiiÈ
tremante» è la parola chiave per intendere questo canto così mosso, agitato, spezzato, appunto
scnfuso e tremante come l'orchestra, senza una direzione precisa. «In notte cupa»: !e armonie si
oscurano, finché una scala crornatica risuona negii strumenti come un'ascesa che approda
(r
21
tt
finalmente al cantabile in La bemolle maggiore: «Numi pietà del mio soffir». Qrri , finalmente,
c'è lo sfogo del canto: Aida invoca gli dei affinché abbiano pietà del suo dolore senzasperarva,
e invoca l'amore fatale affinché lafacciamorire. Anche qui, però, l'efflusso della melodia si
rompe in incisi declamati, e in parole isolate, sinché, Aida esce lentamente di scena perdendosi,
come dice la didascalia, mentre echi dolcissimi di clarinetti, fagotto e violoncelli sfumano nel
silenzio: ultima carezzapietosa con cui il compositore licenzia la sua creatura che appare
giovane, fresca, pura, fragile ma dotata di una energia morale che è il nucleo principale del suo
caraffere, in quanto ne determina il conflitto interiore , sostenendola sino al sacrificio eroico
della vita. Povera Aida, sola, schiava, prigioniera in un paese straniero, dove il cuore è riscaldato
solo da un amore puro , ideale ma tragicamente impossibile, un amore «tremendo» che le
procura insieme gioia e dolore! Come ci appare delicata e insieme tragica, fragile e insieme forte,
dubbiosa e insieme decisa nel considerare il dissidio insanabile tra affetti contrastanti, e quindi
invocare la morte liberatrice da tante pene. La musica di Verdi sfaccetta il personaggio, lo
arricchisce di aspetti contrastanti, ne sfuma i sentimenti con una magistrale arte del raccordo e
della sfumatura.
Così la scena di Aida termina in pianissimo, preparando il suono soffuso delicato vaporoso
della scena conclusiva dell'atto.
ATTC II
Introduzione- scena, coro di donne e Danzadegri
schiavi mori.
sala nell'appartamento di An:neris circondaia ,lalie sch,rave.che
l,abbigiiano per iafesta
trionfo-le"Il coro Èn::nirule si ri,olge idealmente a RadaÀos, .,,incitcre
riceva gli onori del trionfo, della guerra, af,finclié
di gloria
, ccrone airritto.ia e piogge di fiori. È quest,ultima
"or, "*i
l'immagine che orienta i'lnvenzione
musicale del coro, conìueto inizio d,afto
femminile cii carattere amabiÌe e funzione con scena
distensiva irr ruppo*o agli awenimenti
drarnmatici del
23
/
primo atto. Aprono la scena vari accordi di arpe sole. I1 suono si collega quindi a quello delia
scena della consacrazione. Le arpe conferiscono alla tinta strumentale un carattere vaporoso,
morbido, alonato: iI loro timbro è poco concreto, liquido e aereo, e appartiene a quegli effetti di
fluttuante leggerezzache , con colori diversi, circonda molte scene di Aido in contrapposizione
ad un'altra rigone timbrica: quella delle trombe squillanti e dei cori di guerra o di trionfo. Qui il
suono della tromba è curiosamente incapsulato nel flusso degli arpeggi, con con due note
pianissimo della tromba sola, piccolo tocco di luce, quasi ironico ridimensionamento dello
skumento militare per eccellenza ad una funzione di puro colore, in un contesto cameristico. I1
coro di lode al vincitore della guerra «Chi mai fra gli inni e i plausi», ritmicamente rilevato e
saltellante, è seguito da una strofa più morbida e awolgente, quasi languida nel suo andamento
cullante. Niente di straordinario sul piano artistico, o di particolarmente originale, come è invece
la frase di Amneris: «(Vieni, amor mio, mi inebria...l fammi beato il cor!)» detta tra sé.
Amneris è appartata rispetto al contesto delle schiave che la intrattengono e pensa al suo
amore segreto. La melodia, che parte strisciando cromaticamente (per semitoni) e discende dal
Solq al Sol3, è vera espressione di un desiderio che tocca le fibre intime della donna e va
morendo in un malinconico languore. Amneris è temperamento passionale, sensuale, ha una
carnalità sollecitata dall'amore per Radamès, che è diverso da quello che nutre Aida. D'altra
parte Amneris chiede a Radamès di "inebriarla" e poi di "rawivarla", dunque gli chiede una
sensazione fisica prima che un conforto ideale. Anche il tema di Aida, che compare all'inizio del
preludio, e tutte le volte che lei appare in scena, rappresenta 1o stuggimento amoroso.
Anch'esso contiene passaggi cromatici. Ma è un tema che dapprima prima sale, poi scende, in un
movimento ad onda che esprime tensione verso l'alto, dolorosa aspirazione, e poi si ripiega in
una morbidacarezru: amore come tormento e come gaudio, come tensione inquieta e intima
consolazione, esattamente quello descritto da Aida nella scena del primo atto «Ritorna vinciton».
Il cromatismo, 1o strisciante muoversi per semitoni, è dunque :utilizzato nei due casi, ma piegato
ad una diversa cwatteizzazione: questa capacità di Verdi di dare ad ogni personaggio la sua
espressione specifica è il carattere più tipico della sua arte matura. Non era sempre così nelle
opere degli anni '40 in cui il compositore stentava ad evitare carattenz.zazioni generiche, tranne
che nei casi di Nabucco, Ernani e Macbeth.Il coro è ripetuto nelle due sezioni, e la frase di
Amneris pure, con parole diverse: «Vieni amor mio , rawivami».
Segue la danza deliziosissima degli schiavi mori che fanno il loro ntlmero mentre le ancelle
' continuano ad abbigliare Amneris. Scattanti, saltellanti, piroettanti, esprimono un'estrema
vivacità, sia sul piano dell' agilità, che su quello del vigore muscolare, lanciandosi ad un certo
punto in una specie di girotondo frenetico. Ilpezzo,leggerissimo e staccato, è breve , per non
far cadere la tensione drammatica, ma squisito per i caratteri orientaleggianti delle melodie e la
strumentazione "alla furca" con ottavino, triangoli, grffi cassa e piatti, tutto mantenuto in
sonorita leggere, tranne la parte centrale che esplode in fortissimo, a mostrare l'energia dei
rugazziche sembrano ironicamente fieri di esibire, davanti ad Amneris, tutta la loro brawra. Ma
lei pensa ad altro e, dopo laterzaripresa della seconda strofa del coro, canta di nuovo la sua frase
languida e sensuale, che finisce nel momento in cui entra in scena Aida, preceduta dal suo
motivo conduttore.
Non è esente, questa tecnica, da suggestioni wagneriane: Verdi aveva già usato dei motivi
ricorrenti nelle opere precedenti, ma sempre come reminiscenze di fatti, situazioni, idee,
sentimenti passati. Qui, invece, il motivo di Aida è connesso con il personaggio, e si identifica
con lei. «Silenzio! », intima Amneris alle schiave : «Aida verso noi s'avanza.../ Figlia dei vinti,
il suo dolor m'è sacro>>. Falsa, perché sospetta che Aida se la intenda con Radamès e si appresta
a interrogarla per scoprire, con un inganno, se questo è vero. «Nel rivederla, il dubbio I atroce in
me si desta... / Il mistero fatal si squarci alfinel»
Il duetto con Amneris si svolge in varie sezioni, in cui si possono ancora intrawedere quelle
della solita forma del duetto (Scena - Tempo di attacco- Cantabile- Tempo di mezzo- Cabaletta)
con l'alternanza di momenti cinetici e statici, ma alterate, spostate, manipolate, in modo da
rendere piu ffedibile e libero da vincoli convenzionali
l'itinerario psicologico e drammatico della
scena' verdi si èormai completamente liberato dalla
soggezione uit" roroi. tradizionali dell,aria
del duetto e del finaie centrale. Il suo intento, che è queiiJ
rrpr-ifà
di restare [pl1 possibile attaccato alla
Àai iiitli'
vUiiL6. (-'§i F^+i iui^ porta
a iratr"arc le fol*rrie iu rriodet iibero. in questo duàttc
nnneris domina la
scena: con un i'gu*o scopre ehe Aida è innamorata
di Radamès e Ia dichiara sua rivale. Daila
finzione si passa alla verità attraverso le parti seguenti.
r pervicacia menke la voce di Amneris scende minacciosa sulla parola «morte» che, come prima
,,u*or"rr, scatena le reazioni di Aida e imprime una svolta al duetto. La conversazione del tempo
d'attacco prosegue, ma dapprima perde ogni regolarita nell'intreccio delle frasi declamate e dei
vari passaggi psicologici: insistenza di Amneris sulla morte di Radamès, sferzata ironica nel
,"rrò «Gli,dèit'han vendicatz...>>,ivelazione delf inganno, «Radamès vive!>», grido di Aida «Ei
vive! / AhgrazieohNumi!» conrigurgito improwiso del rullo di timpani, culmine drammatico
di un tempò di attu""o che ormai ha abbandonato non solo ogni regolarità musicale ma anche
metrica perché è passato in versi sciolti (endecasillabi e settenari) per rappresentare lo scontro
delle duè rivali. Amneris ha raggiunto il massimo del furore <<E ancor mentir tu speri? / Sì'..Tu
l'ami... Ma l'amo I anch'io ...comprendi tu?...son tua rivale...» tutti versi sciolti pronunciati con
violenza, cui Aida tiene testa , in un' impennata di orgoglio : «Mia rivale!... /ebben sia pure... /
anch'io... son taI...». Uno scatto che rivela daparte di Aida un temperamento tutt'altro che
debole, tosto seguito dal timore di aver irritato la sua carceriera «Che dissi mai? Pieta! Perdono».
Impossibile per Aida sfidare il potere che su di lei esercita Amneris . Ed è quindi la nuova,
ultima sezione del tempo di attacco dialogato'
Dunque questo tempo di attaceo, dai settenari iniziali «Ebben qual nuovo fremito» prima
ha perso la regòlarità fraseologica della musica, poi la regolarità metrica del versi, passando al
verso sciolto: geniale corrispondenzatrala vicenda drammatica e quella formale che,
rappresentando 1o sbriciolamento, lafrantumazione, il crollo do ogni regolarita, mostra
f infrangersi della maschera di finzione che Amneris calzava alf inizio del duetto e che or4
caduta ut"oa,lascia apparire il vero volto della rivale di Aida. L'itinerario psicologico è logico;
la curva drammatica condotta con maestria; la trasformazione della forma rappresentativa dei
contenuti della scena, che non è ancora finita.
<<Pietà ti prende del mio dolor...». Adagio,Fa minore, quinari doppi rimati, cinetico.
Musicalmente qui sembra che cominci un meravigiioso cantabile, con una melodia regolare,
tristissima, in Fa minore, in cui Aida dice ad Amneris abbi pieta di me perché «tu sei felice, tu
sei possente» e io, è vero, l'amo e <<vivo solo per questo amoo). Il fagotto pulsa sotto la voce
con un andamento ansioso, intimo, con piccole ondate cullanti : il suono è strano , un po' oscuro
e si accorda al proclamato dolore di Aida. La risposta di Amneris tutta strisciaite di cromatismi
è feroce: «Trema vil schiaval spezza il tuo core...» e contiene una minaccia di morte. Ma ciò che
più impressiona è l'affermazione di potenza: «del tuo destino arbitra io sono. / D'odio e vendetta
ie frrie ho in cor» frase con note martellate come indicano i cunei, ossia sillabe scandite come
proiettili su Aida che viene schiacciata dalf ira di Amneris. Aida riprende gli ultimi due versi del
suo canto contrappuntato dal <<Trema vil schiava!» di Amneris. Qui finisce quello che si può
considerare come un lunghissimo tempo di attacco in discorso diretto.
- «Su! del Nilo al sacro lido ». Allegro marziale, La bemolle maggiore . Alcune fanfare
annunciano un cambiamento. Sembra essere f inizio di un tempo dimez-zo indicato nel libretto
semplicemente come suoni interni. Verdi cipiazzauna ripresa del coro che avevamo sentito nel
primo atto, dopo il racconto del messaggero. In Aida c'è la preoccupaziorrc di collegare con
brani già sentiti punti diversi del dramma, stabilendo così un principio unitario: qui è la voce
dela §uerra cheìi fa di nuovo sentire, sfondo collettivo ai drammi individuali, dimensione epica
di un' epopea guerresca che sottolinea per contrasto la solitudine dei singoli, in rapporto al
chiasso di tanta folla destinato ad esplodere prossimamente nella scena del trionfo' In realtà
questo coro fuori scena, tipica situazione da tempo dimezzo, coincide con la cabaletta che
attaccasubito con il canto minaccioso di Amneris («Alla pompa che s'appresta») che pregusta
di vedere Aida prostratanellapolvere, mentre lei sarà alta, sul trono di principessa. Aida
risponde con un canto smarrito : «Ah pietà che più mi resta? / un deserto è 1a mia vita». Della
cabalettanon rimane la forma tradizionale, ma il carattere statico e conclusivo che, però, non
conclude perché, con un colpo di scena, il duetto termina con la ripresa del canto desolato, lirico,
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pezzo di stoffa perché i pistoni non erano contemplati negli strumenti antichi , e Verdi ricercava
anche unaesattezza storica, ma si sono resi necessari per eseguire le note della marcia. Il tono
squillante, la vista degli strumenti lucenti in mano a sei trombettieri, a destra e a sinistra dal
palcoscenico, il motivo estremamente orecchiabile, divenuto popolarissimo, il suono argenteo
che lo incarna, l'improwisa transizione tonale daLa bemolle maggiore a Si maggiore, con il suo
accendersi di luce, sono tutti elementi che fanno delpezzo uno degli intermezzi sinfonici più
spettacolari in assoluto. Perfetta la durata, che risponde ad un senso infallibile del tempo teatrale:
quando la si è ascoltata, si desidererebbe un ritomello, ma il pezzo finisce per lasciare spazio al
balletto delle danzatrici che recano i tesori dei vinti e che si esibiscono in una serie di danze
raffinatissime sul piano sinfonico: l'orchestra è tutta un gioco di colori in cui si altemano, in un
fraseggio per lo più leggerissimo e staccato, una quantità di spunti tematici impreziositi da una
strumentazione in cui spiccano gli strumenti "turchi" piatti, triangolo, gran cassq ottavino, con
le loro combinazioni sibilanti, tintinnanti, esplosive, metalliche, alternante ad altre in cui
l'orchestra porta in luce colori scuri e frasi piu melodiche. Il balletto è un capolavoro di ftnezza,
e, per la sua vitalita ritmica e capricciosa varietà, non esente da una vena umoristica, già
ammirata nel grande balletto delLe Quattro stagioni nei Vespri Siciliani.
Alla fine del balletto il coro intona con Ia stessa musica dell'inno «Gloria all'Egitto , ad
Iside» la seconda strofa «Vieni o guerriero vindice», cui si uniscono i sacerdoti: si chiude così il
primo pannello corale, con una coda eccezionalmente retorico-celebrativa di popolo e sacerdoti,
su parole già usate primq che porta ad un culmine trionfale: sembra un episodio conclusivo e ci
si chiede come possa la tensione salire ancora nelle parti successive. Ma tant'è, le risorse della
drammaturgia musicale verdiana sono infinite e, anche ciò che può sembrare sulle prime
azzardato, si risolve poi in un momento funzionale al taglio generale della scena. Qui il primo
blocco corale fa da portale introduttivo alla cerimonia, e rappresenta l' inaugurazione del rito che
si svolge nelle sezioni seguenti.
2) Segue una scena solistica con il saluto del Re a Radamès salvator della patria, e
f incoronazione da parte di Amneris che compie il gesto, mentre in orchestra ritorna il motivo
che aveva intziato il duetto del primo atto alle parole «Quale insolita fiamma nel tuo sguardo».
L'uso di questo tema rappresentava 1o sguardo indagatore di Aida nei confronti di Radamès
ritorna qui e tomerà ancora in seguito: forse anche qui a Radamès trionfatore brilla negli occhi
un' insolita framma, non perché sia emozionato per Iavicinarva di Amneris, ma per L'ebbrezz.a
della viuoria e del premio che sta ricevendo, davanti a tutti. Quel tema, dunque, non si rivela
come tema d'amore di Amneris ma, con straordinaria sottigliezza psicologica, come il tema del
sentimento tormentato, sospettoso, insicuro, che la donna prova nei confronti di Radamès.
Il recitativo del Re è solenne e convenzionale. Segue l'entrata dei prigionieri accompagnata
dai Sacerdoti che, sulle stesse parole di prima «Grazie agli Dèi rendete I nel fortunato dì»,
cantano un severo motivo ecclesiastico, quasi una marcia funebre, che accoglie i prigionieri
come un annuncio di morte. Infatti, loro li vorrebbero tutti uccisi.
Il tono è sinistro e raccolto, ma viene subito rotto dalla scoperta di Aida che, tra i
prigionieri , vestito da ufficiale etiope, e quindi non riconoscibile come Re, vede suo padre,
Amonasro (baritono). <<Non mi tradir» cantarivolgendosi ad Aida, mentre i bassi in orchestra
con fagotto e cimbasso (basso tuba) sussuitano due volte , fortissimo, in uno scatto di tre note,
come tre martellate. Tocco fugace ma decisivo per introdurre l'unico personaggio che in questo
frnale collettivo acquista un rilievo individuale. Amonasro è un guerriero, impetuoso, sincero,
diretto, genuino r"ù'"rpr"rsione dei sentimenti. E il Re dei «barbari etiopi», come il Messaggero
li ha definiti nel primo atto , un «guerriero indomabile, fetoce>> in guerra. Certo non è un
pacifista, perché conduce imprese aggressive e, periodicamente, piomba sull'Egitto con il suo
esercito, devastando i campi e ardendo le messi. Ma l'amor di patria anima il suo carattere
«impetuoso, violento», come 1o definiscono le Disposizioni sceniche. Egli esercitalafunzione
tipica del baritono verdiano: quella di motore dell'azione tragica che porterà alla catastrofe.
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