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Incontro di studi “ Fenomeno successorio e patrimoni separati”
Roma 11 – 13 giugno 2008
Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
Una, per quanto sommaria, indagine sul tema della divisione giudiziale non
può prescindere dall’affrontare la questione relativa alla controversa natura
giuridica di tale giudizio, necessità imposta sia dalla collocazione
sistematica delle norme relative all’interno del codice di rito (trattasi di
procedimento inserito nel libro IV, dedicato ai procedimenti speciali, sotto
il titolo V, in una sede diversa sia dai procedimenti sommari che da quelli
di volontaria giurisdizione), sia dalle significative divergenze che si fanno
discendere dall’adesione all’una o all’altra tesi nell’individuare la
soluzione più appropriata per i vari quesiti nascenti dalla, talvolta lacunosa,
disciplina normativa.
Invero, ferma restando la conclusione circa la portata retroattiva degli
effetti scaturenti dalla definizione giudiziale della domanda di divisione, in
linea con quanto previsto in via generale dall’art. 757 c.c.1, come accennato
varie tesi si contendono il campo, sicché appare opportuno riassumere le
stesse nel modo che segue:
a) Tesi del processo esecutivo
Secondo un autorevole studioso2, partendo dal presupposto dell’esistenza
di un obbligo a concludere il negozio divisionale, il procedimento di cui
agli artt. 784 e ss. c.p.c. sarebbe appunto destinato ad assicurare
l’esecuzione in forma specifica di tale obbligo inadempiuto, con il logico
corollario che i rimedi avverso i provvedimenti emessi potrebbero essere
individuati facendo riferimento alle norme sul processo di esecuzione.
1
Sul punto si veda ampiamente, Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, Torino 1998,
122 e ss., nonché 493 e ss., con l’individuazione altresì dei limiti alla portata dell’efficacia
retroattiva, nonché in giurisprudenza ex multis Cassazione civile 5 marzo 1987 n. 2320, in Nuova
giur. civ. comm. 1987, I, 456, con nota di Padovini, ove è possibile rinvenire ulteriori riferimenti
dottrinali e giurisprudenziali.
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Minoli, Contributo alla teoria del giudizio divisorio, Milano 1950, passim.
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Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
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Dominici in Le recenti riforme del processo civile, a cura di Chiarloni, vol. II, Bologna 2007,
2010 e ss., ove si legge anche che per effetto della novella dovrebbe ritenersi venuta meno la
sospensione del processo esecutivo in conseguenza dell’introduzione del giudizio di divisione ex
art. 181 disp. att. c.p.c.,
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Le vicende successorie nel giudizio di divisione
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Satta, Sulla natura giuridica del processo di divisione, in Foro it. 1947, I, e ss. ; Rota, Natura
dell’ordinanza ex art. 789 c.p.c. e giudizio divisorio, in Nuova giur. civ. comm. 1987, 693 e ss.;
Ripepi, Procedimento divisorio, in Dig. civ., XIV, Torino 1996, 641 e ss.
5
Fazzalari, La giurisdizione volontaria, Padova 1953, 201 e ss.; Burdese, La divisione ereditaria,
Torino 1980, passim; Pavanini, Natura dei giudizi divisori, Padova 1942, passim; Id, Divisione
giudiziale, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 474 e ss.; Carnelutti, Medtazione sul procedimento
divisorio, in Riv. Dir. Proc. 1946, II, 22 e ss.
6
Per tale tesi Carnelutti, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, III, Roma, 1951, 192.Una
variante di tale tesi è poi quella sostenuta da Montesano , La tutela giurisdizionale dei diritti,
Torino , 1985, 137 e ss., che parla a tal riguardo di giurisdizione oggettiva, pur essendo
consapevole della contiguità di tale categoria alla giurisdizione volontaria. Deve poi segnalarsi
come il medesimo autore, in un successivo scritto ( Sull’efficacia, sulla revoca e sui sindacati
contenziosi dei provvedimenti non contenziosi dei giudici civili, in Riv. dir. civ. 1986, 591 e ss. )
sia ritornato sulle proprie posizioni, attribuendo natura contenziosa al giudizio in oggetto.
7
Allorio, Giudizio divisorio e sentenza parziale con pluralità di parti, in Giur. it. 1946, I, 79; id.,
Saggio polemico sulla << giurisdizione >> volontaria, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1948, 491; nella
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Roma 11 – 13 giugno 2008
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scia di tale Autore, ma con posizioni decisamente più moderate, Andolina, Note sull’oggetto del
giudizio divisorio, in Riv. dir. civ. 1960, II, 590 e ss.; Andrioli, Commento al codice di procedura
civile, IV, Napoli, 1964, 595 e ss.; Cerino Canova, Correzione del progetto di divisione dichiarato
esecutivo, in Giur. It. 1976, I, 1, 203
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Così Carratta, Il principio della non contestazione nel processo civile, Milano 1995, 412 e ss.
9
Tomei, Divisione – Divisione giudiziale, in Enc. Treccani, Roma 1989, 1 e ss., il quale richiama
quale sostenitore di posizioni analoghe Mandrioli, Corso di diritto processuale civile III, Torino
1982, 216, nota 21.
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Roma 11 – 13 giugno 2008
Le vicende successorie nel giudizio di divisione
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f) Opinione giurisprudenziale
La tesi che sembra prevalere presso i giudici, anche sulla scorta di parte
della dottrina10, è nel senso di ritenere che il giudizio abbia una struttura
aperta, destinata a diversamente configurarsi a seconda del concreto
atteggiamento assunto dalle parti nel corso del processo.
Presupposto costante è quello di ritenere che effettivamente il condividente
sia titolare di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela,
qualificabile in termini di diritto potestativo (ed in ciò la sostanziale
differenza con la tesi di cui alla lettera che precede), e che per il
soddisfacimento di questo diritto sia attribuita un’azione eventualmente
contenziosa (come testimoniato dalla forma prescelta per l’atto introduttivo
e dalle regole che informano il giudizio in caso di contrasto tra i
condividenti), ed alternativamente di volontaria giurisdizione, laddove una
volta raggiunto l’accordo tra le parti (avente un’effettiva natura negoziale
11
), l’intervento del giudice assume una portata di mera omologazione,
limitandosi il provvedimento giurisdizionale a svolgere un controllo di
mera legalità, conferendo all’accordo medesimo il crisma
dell’esecutorietà12.
10
Vedi da ultimo in tal senso Vaccarella – Verde, Codice di procedura civile commentato, Torino
1997, artt. 784 e ss.
11
Sulle conseguenze discendenti da tale natura negoziale sugli strumenti di impugnazione, si veda
oltre.
12
In tal senso, Morelli, op. cit., 245, ed in giurisprudenza, ex multis, Cassazione civile 1 marzo
1995 n. 2317, in Corr. Giur. 1995, 444, con nota di Carbone, E’ ricorribile l’ordinanza che
dichiara esecutivo il progetto divisionale ?; Cassazione civile 20 agosto 1993 n. 8800, in Foro it.
1994, I, 3167.
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Cassazione civile sezioni unite 20 giugno 2006 n. 14109, in Corriere merito 2006, 1427 con
nota di Travaglino, Divisione giudiziale dell’eredità e domanda di simulazione proposta in sede di
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Minoli, op. cit. 41 e ss., godrebbero di una loro autonomia anche le eventuali vendite dei mobili e
degli immobili disposte nel corso del giudizio.
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Nel vigore del vecchio rito si è affermato che in mancanza di un’espressa qualificazione
dell’ordinanza come non impugnabile, nulla osta a che nel corso del giudizio possa proporsi la
questione di merito relativa al fondamento del diritto alla divisione, senza che l’ordinanza assuma
carattere preclusivo, non essendo le varie fasi del giudizio l’una preliminare all’altra, se non dal
punto di vista logico ( Cassazione civile 9 novembre 1971 n. 3163)
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Cassazione civile 8 febbraio 1982 n. 733, in Foro it. Rep. 1982, voce Divisione n. 32; in tal
caso, ove la sentenza venga riformata in grado di appello, non è possibile la rimessione della
causa al giudice di primo grado, dovendosi procedere in sede di gravame alle operazioni
divisionali.
18
Su tale specifica questione si segnala da ultimo Cassazione civile sez. II, 5 settembre 1998, n.
8815 in Vita not. 1998,1628, per la quale il soggetto che vanti l'acquisto della proprieta' di un
bene immobile per usucapione non puo', nel contempo, introdurre un giudizio per la divisione
del bene stesso, poiche' la relativa domanda, ponendosi in termini di assoluta incompatibilita'
con l'originaria pretesa di usucapione, comporta, inevitabilmente, la rinuncia alla tutela
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giurisdizionale della vantata condizione di usucapiente, senza che, di tale rinuncia, sia
necessaria la forma scritta ex art. 1350 n. 5, c.c.
19
Così Redenti, Diritto processuale civile III, Milano 1957, 419
20
Ribadisce tale tesi di recente Tomei, op. cit., 4
21
Cassazione civile Sezioni Unite 6 agosto 1945 n. 705
22
Morelli, op. cit. 240; Pavanini, op. cit. 470; Andrioli, op. cit., 603; Tomei, Divisione giudiziale,
in Enc.giur. Treccani, XI, Roma, 1989, 4, ritiene che abbiano natura definitiva anche le sentenze
che decidano domande cumulate a quella di divisione, ma abbiano una loro autonomia, essendo
legate alla prima da una mera occasionalità.
23
da ultimo Cassazione civile sez. II, 10 novembre 1998, n. 11293 in Giust. civ. Mass. 1998,
2309, per la quale il giudizio di divisione ereditaria, pur potendo presentare una molteplicita'
di fasi per la risoluzione delle varie controversie che possono sorgere tra i condividenti, presenta,
tuttavia, un carattere unitario, e deve quindi, considerarsi un processo unico avente per oggetto
l'accertamento sul diritto di ciascun condividente ad una quota ideale dell'asse ereditario e la
sua trasformazione in un diritto di proprieta' esclusiva su una corrispondente porzione di beni.
Pertanto, finche' tali scopi non siano stati integralmente raggiunti, le eventuali sentenze che
concludono le singole fasi hanno solo carattere strumentale, e non possono considerarsi
definitive rispetto al giudizio nel suo complesso. In termini Cassazione civile 16 novembre 1996
n. 10006, in Giust. civ. Mass. 1996, 1535
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E’ pur vero che negli anni successivi non sono mancate delle sentenze della
stessa Suprema Corte in senso difforme da quanto ora evidenziato24,
tuttavia, come è possibile evincere da una sommaria scorsa dei repertori, la
tesi assolutamente prevalente è appunto quella del carattere non definitivo
di tali pronunzie, senza dimenticare che ad agevolare il, spesso non
agevole, compito dell’interprete circa la corretta qualificazione del
carattere della sentenza, è il più recente orientamento giurisprudenziale sul
punto, che ha ancorato il carattere di definitività non più a valutazioni di
carattere sostanziale, bensì ad indici di natura formale, quale l’esplicito
provvedimento di separazione, ovvero il provvedimento di liquidazione
delle spese25.
In mancanza di uno dei predetti indici, il difensore della parte avrà
l’alternativa tra proporre impugnazione immediata o avanzare la riserva di
cui all’art. 340 c.p.c.; inoltre qualora sia avanzata la riserva ed il successivo
giudizio si concluda con l’ordinanza di cui all’art. 789 c.p.c., ci si è chiesti
se l’acquiescenza al progetto travolga anche la suddetta riserva26, ed a
decorrere da quale momento debba farsi decorrere il dies a quo per
impugnare la sentenza non definitiva27. Da ultimo però la Suprema Corte,
in un’ipotesi in cui era stata impugnata una sentenza sulla comoda
divisibilità di un bene in comunione, laddove nel prosieguo del giudizio di
24
Cassazione civile 10 novembre 1989 n. 4777, in Nuova giur. civ. comm. 1990, I, 488 con nota
di Giussani, relativa alla sentenza con la quale era stata rigettata un’impugnativa testamentaria,
disponendosi per la prosecuzione delle operazioni divisionali. In senso contrario per una vicenda
analoga, Cassazione civile 25 gennaio 1949 n. 95, in Giur. it. 1949, I, 1, 661 con nota di Minoli,
Natura delle sentenze pronunziate nel corso del giudizio divisorio. Si è poi qualificata come
definitiva la sentenza che ha affermato la validità della cessione di quote ereditaria da un
condividente all’altro; Cassazione civile n. 4954/1990.
25
Per tutte da ultimo Cassazione civile 15 febbraio 1997 n. 1417, in Foro it. 1997, I, 2147, con
nota di Fabiani, Sulla distinzione tra sentenze definitive e non definitive, ed, ancor prima,
Cassazione civile Sez. Un. 1 marzo 1990 n. 1577, in Foro it. 1990, I, 836.
26
In senso contrario Allorio, in Giur. it. 1946, I, 1, 79, nonchè da ultimo Cassazione civile sez. II,
10 novembre 1998, n. 11293, cit.; favorevoli, invece, Vaccarella – Verde, op. cit., 699
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Andrioli, op. cit. 603, suggerisce il ricorso in via analogica all’art. 129 co. 3 disp. att. C.p.c.,
previsto per la diversa ipotesi dell’estinzione del giudizio nel cui corso fu avanzata la riserva di
impugnazione.
28
Cassazione civile 16 febbraio 2007 n. 3636.
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Cassazione civile n. 733/1982
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Critica nei riguardi di tale scelta parte della dottrina, cfr. Tedoldi, La delega sul procedimento di
cassazione, in Riv. Dir. Proc. 2005, 938, Picardi, Manuale del processo civile, Milano 2006, 401.
31
Si ricordi che Montesano, Questioni preliminari e sentenze parziali di merito, in Riv. Dir. Proc.
1969, 579 e ss., reputa che siano sentenze non definitive su questioni di merito anche quele che
intervengono a risolvere quelle questioni nemmeno astrattamente idonee a definire il processo, in
contrasto con la dottrina prevalente che limita la nozione alle decisioni su questioni che hanno
invece questa potenzialità, cfr. Cerino-Canova, Sul contenuto delle sentenze non definitive di
merito, in Riv. Dir. Proc. 1971, 254 e ss. e 424 e ss. Una conferma del fatto che il legislatore
abbia preso in considerazione solo le sentenze che decidono su questioni che appaiono idonee a
definire il processo, si ricava dall’art. 133 disp. att. c.p.c..che oggi prevede il passaggio in
giudicato delle sentenze non suscettibili di ricorso immediato, in caso di estinzione del processo.
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Proto Pisani, Novità nel giudizio civile di cassazione, in Foro it. 2005, V, 253
33
Carratta, in Le recenti riforme del processo civle, cit., vol. I, 351
34
Cassazione civile 18 giugno 1986 n. 4080, in Giur. it. 1987, I, 1, 1678; Cassazione civile 21
aprile 1994 n. 3788, in Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 4
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Infatti, secondo l’opinione più accreditata, ancor prima della riforma del
’90, si riteneva che tutte le sentenze emesse nel corso del giudizio di
divisione, laddove disponessero per il prosieguo delle operazioni
divisionali, avessero carattere esecutorio immediato35, con l’unica
significativa eccezione di cui all’art. 791 c.p.c., per quanto concerne
l’estrazione a sorte dei lotti, che viceversa presuppone l’ordinanza, su
accordo delle parti, ovvero la sentenza di approvazione del progetto passata
in giudicato. Attribuire carattere non definitivo alla sentenza ex art. 791
c.p.c., permetterebbe alla parte, che maliziosamente intende evitare la
sollecita definizione del giudizio, di proporre riserva di impugnazione,
impedendo così il passaggio in giudicato ed al contempo creando un
ostacolo insormontabile per l’estrazione a sorte: più giusto è quindi ritenere
che abbia carattere definitivo, imponendo quindi di risolvere la situazione
di impasse, al più nel tempo necessario per esaurire le varie fasi di
impugnazione36.
Indubbio interesse sulla questione è poi suscitato dalle modifiche apportate
dalla riforma del giudice unico in tema di individuazione delle controversie
con riserva di collegialità. Infatti, mentre ai sensi dell’art. 48
dell’ordinamento giudiziario, così come modificato dalla legge n. 353/90,
prevedeva tra le riserve di collegialità i giudizi di cui agli artt. 784 e ss.
c.p.c., facendo sì che tutte le cause di divisione fossero a decisione
collegiale. Ciò implicava altresì che anche le eventuali contestazioni
insorte nel loro ambito fossero devolute alla decisione del Collegio in
applicazione quantomeno analogica dell’art. 274 bis terzo comma c.p.c..
35
Contra Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, Milano 1971, 100
36
Per un’elencazione delle varie ipotesi di sentenze non definitive suscettibili di essere emesse nel
corso del giudizio divisorio, si veda Morelli, op. cit. 240, nonché Samorì, in Commentario breve
al codice di procedura civile, a cura di Carpi, Colesanti, Taruffo, Padova, 1994, 1504
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Forchielli – Angeloni, Della divisione, in Comm. Scialoja Branca, Bologna Roma, 2000, 49
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Pavanini, op. cit. 16
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IL LITISCONSORZIO NECESSARIO
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Cassazione civile n. 2975/1991
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Cassazione civile 24 luglio 1999 n. 9659
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Orientamento ormai costante a partire da Cassazione civile 11 maggio 1967, I, 1, 879, con nota
di Taranto, cui adde più di recente Cassazione civile 11 marzo 1987 n. 4322, in Giust. civ. Rep.
1987, voce Divisione, che ha ribaltato la precedente opinione che individuava nel cedente il
soggetto abilitato rispettivamente a proporre ed a resistere alla domanda di divisione ( cfr. al
riguardo Cassazione civile 29 luglio 1966 n. 2124, in Giust. civ. Mass. 1966, 2115. Va poi
distinta dall’ipotesi in cui avvenga la cessione di quota pro indiviso sull’intera comunione, la
diversa fattispecie in cui ad essere ceduta sia la quota del comunista su di un singolo bene facente
parte della massa, in quanto, secondo la giurisprudenza, tale cessione produce efficacia
meramente obbligatoria, essendo i suoi effetti subordinati alla circostanza che il bene preso in
considerazione venga poi effettivamente assegnato al cedente all’esito della divisione (
Cassazione civile 1 luglio 2002 n. 9543). Ne discende che litisconsorte necessario resta il cedente,
a meno che la comunione si concentri su di un unico bene, in quanto la cessione dei diritti su quel
bene equivale a cessione dell’intera quota.
Laddove la cessione di quota intervenga in corso di causa, è destinato invece ad operare il
disposto dell’art. 111 c.p.c.. A tal proposito si è però precisato che la trascrizione della domanda
di divisione mira unicamente ad assicurare la continuità delle trascrizioni, con la conseguenza
che, anche se effettuata, nulla impedisce ai cessionari della quota, destinati a subire gli effetti
della divisione, di impugnarla ove ritenuta lesiva dei propri diritti ( Cassazione civile 25 gennaio
2000 n. 821.
42
Vedi al riguardo Gangi, La successione testamentaria, I, Milano 1952, 383; ma si veda da
ultimo in giurisprudenza Cassazione civile 12 settembre 2002 n. 13310, in Giur. It. 2003, 644, in
Notariato 2003, 580, con nota di Capilli, Usufrutto generale e qualità di erede.
43
Così Cass. Civ. 6 agosto 1983 n. 5281, ed in dottrina, tra gli altri Morelli, op. cit. 154;
Giannattasio “Delle successioni. Divisione e donazioni, in Comm. cod. civ. Torino, 1980, 11.
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Se tale soluzione ha riguardo all’ipotesi in cui uno dei coeredi – condividenti promuova il
giudizio di divisione, può altresì in tale circostanza farsi menzione circa la possibilità per
l’usufruttuario pro quota di promuovere il giudizio di divisione e delle conseguenze scaturenti da
tale domanda.Il litisconsorzio opera peraltro solo nella divisione giudiziale e non per la diversa
ipotesi in cui lo scioglimento avvenga in maniera convenzionale; Cassazione civile 8 giugno 2001
n. 7785.
Secondo l’opinione più accreditata, nell’ipotesi in cui su di un bene concorrano il godimento
dell’usufruttuario pro quota e del proprietario, si instaura una comunione dio godimento o
comunione anomala, la quale come tutte le comunioni è suscettibile di scioglimento, se richiesto
da uno dei comunisti. In tal caso però, oggetto della divisione non è l’intera proprietà del bene ma
il solo diritto di godimento, dovendosi, ove possibile pervenire all’individuazione di una porzione
materiale del bene su cui concentrare i distinti diritti di godimento ( Cassazione civile 16 aprile
1981 n. 2309, in Vita not. 1982, 248). Ove ciò non sia possibile, secondo la tesi che reputo
preferibile, dovrà procedersi alla vendita all’incanto del solo diritto di usufrutto, avente come
termine la vita dell’usufruttuario, ed il cui valore andrà determinato sulla scorta del presumibile
periodo di sopravvivenza del medesimo usufruttuario.
Cassazione civile 24 novembre 2003 n. 17881, ha peraltro chiarito che proprio in ragione
dell’esistenza della cd. comunione impropria di godimento tra titolare del diritto di proprietà e di
usufrutto sul medesimo bene, ove i comproprietari intendano sciogliere solo la comunione che
esiste tra loro, non è necessaria la partecipazione al relativo negozio anche dell’usufruttuario ex
lege, così che il contratto non è affetto da nullità.
Sempre in termini, ma in relazione ad una comunione di natura non ereditaria, si veda Cassazione
civile 13 dicembre 2005 n. 27412, che ha escluso che fosse litisconsorte necessario l’usufruttuario
pro quota, nel giudizio avente ad oggetto lo scioglimento della contitolarità della nuda proprietà.
44
Cass. Civ. 12 marzo 1975 n. 926 in Foro It. 1975 I, 1371.
45
In dottrina Morelli, op. cit., 149, ed in giurisprudenza Cassazione civile 29 ottobre 1992 n.
11762, in Giur. it. 1993, I, 1, 1948.
46
Cassazione civile 7 settembre 1977 n. 3894, in Giust. civ. Rep. 1977, voce Success. in genere,
n. 26
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Cassazione civile 21genaio 2000 n. 648
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In dottrina Cicu, La divisione ereditaria, Milano 1947, 43, nonché Morelli, op. cit. 165; in
giurisprudenza, ex multis Cassazione civile 9 febbraio 1987 n. 1337; Cassazione civile 3
settembre 1997 n. 8448. Sembra maggiormente discutibile se tale adesione degli altri condividenti
debba avvenire in maniera esplicita, come ad esempio ritiene Acone, Note sul giudizio di
divisione per stralcio di quote, in Riv. dir. proc. 1961, 133 e ss., ovvero se l'adesione possa
manifestarsi anche sotto forma di mancata opposizione, come ad esempio sembra ritenere
Cassazione civile 29 novembre 1994 n. 10220, in Giust. civ. Mass. 1994, fasc. 11, ed, in dottrina,
Schiavone, Ordinanza che dichiara esecutivo il progetto di stralcio di quota e giudizio divisorio, in
Giur. it. 1960, I, 1, 715. Diversa da tale situazione è quella che invece si verifica allorché
l’omissione di determinati beni non risulti voluta, poiché in tal caso si imporrà una divisione
supplementare.
49
Dalla violazione di tale regola, la giurisprudenza della Suprema Corte fa discendere la natura
abnorme dell’eventuale ordinanza che approvi un progetto di divisione parziale, assoggettandola
al rimedio del ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost. ( Cassazione civile 12 febbraio 1980 n.
1012, in Giust. civ. 1980, I, 1463; Cassazione civile 14 giugno 1990 n. 5824, in Arch. civ. 1990,
1139).
Tale regola vale poi anche nell’ipotesi in cui il giudizio di divisione si innesti in un processo di
espropriazione di beni indivisi, dovendosi procedere allo scioglimento della comunione su tutti i
beni caduti in successione, ancorché non sottoposti a pignoramento ( App. Torino 12 luglio 1955
in Giust. civ. Rep. 195, voce Divisione, n. 28)
50
Per la regola dell’autonomia delle distinte masse, si veda ex multis, Cassazione civile 7
novembre 1977 n. 4750, in Giur. it. 1978, I, 1, 254; Cassazione civile 21 maggio 1979 n. 2937, in
Giust. civ. Mass. 1979, fasc. 5. Secondo l’opinione preferibile, poi l’accordo in oggetto non
potrebbe essere desunto da facta concludentia, ma richiederebbe una manifestazione di volontà
23
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tra norme sostanziali e regole processuali
espressa e rivestita della forma scritta ad substantiam ( Cassazione civile 21 maggio 1979 n. 2937,
cit. )
51
Così Cassazione civile 13 giugno 1973 n. 1718, in Giust. civ. Rep. 1973, voce Procedimento
civile n. 74, che ha reputato inammissibile tale richiesta trattandosi di domanda nuova.
52
Morelli, op. cit. 155; Mora, Il contratto di divisione, Milano 1995, 120.
53
Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, Milano, 1959, 97; Cicu, op. cit. 68.
Sembra di comprendere che aderisca a tale conclusione anche Morelli, op. cit. 158, il quale
riserverebbe ai creditori ed aventi causa la qualifica di meri interventori, , distinguendo poi, alle
pagine successive, tra creditori opponenti e semplici creditori iscritti.
24
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54
Cfr. Cassazione civile 6 novembre 1973 n. 2889, in Foro nap. 1974, 3
55
Per l’individuazione di tale categoria, si veda Samorì, op. cit., 1503
56
E’ questa l’opinione, che alla luce del dettato normativo mi sembra maggiormente condivisibile
e di fatto accettata dalla prevalente giurisprudenza (cfr. Cassazione civile 10 maggio 1982 n.
2889, in Foro it. 1983, I, 1375, che qualifica in termini di onere la chiamata in causa dei terzi in
oggetto da parte dei condividenti), anche se non mancano coloro che ritengono i creditori iscritti e
gli aventi causa che abbiano trascritto come opponenti ex lege, e quindi parificati ai creditori
opponenti ( Pavanini, op. cit. 136 ).Come argomento a favore della tesi della non necessarietà
della partecipazione dei creditori iscritti si evidenzia il dettato dell’art. 2825 c.c., che, nel
consentire il trasferimento dell’ipoteca sui beni in concreto assegnati al debitore, manifesterebbe
l’inesistenza di uno specifico interesse del creditore ipotecario sugli esiti della divisione, salvo che
non ricorrano gli estremi che legittimano il ricorso all’opposizione di terzo revocatoria di cui
all’art. 404 comma 2° c.p.c. Per un riferimento ad una carenza di interesse in capo ai creditori
circa le modalità di assegnazione delle quote, si veda Cassazione civile 8 luglio 1963 n. 1838, in
Giust. civ. 1963, I, 2031, che ha ritenuto inammissibile l’opposizione del creditore alla decisione
del giudice di assegnare le quote il cui eguale valore non era contestato, con attribuzione anziché
con sorteggio.
Da ultimo sostiene la tesi della natura di litisconsorti di tutti i creditori e gli aventi causa che
abbiano trascritto anteriormente, Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario,
Napoli 1979, 454 e ss., che dando rilievo al petitum sostanziale, per individuare le ipotesi di
litisconsorzio necessario, sostiene che ragioni di pratica utilità - consistenti nell'evitare il rischio di
rimettere in discussione gli esiti del giudizio divisorio – impongono di ritenere parti necessarie i
soggetti di cui sopra.
57
La dottrina presenta soluzioni molto più diversificate in merito all’individuazione tra i creditori
di colo che rivestono la qualità di litisconsorti necessari. Merita di essere segnalata l’opinione che
però distingua la posizione dei litisconsorti per ragioni sostanziali da quelli per ragioni processuali
ovvero propter opportunitatem, poiché diverse sarebbero le conseguenze del vizio derivanti dalla
loro assenza nel processo. Per i secondi infatti, il vizio della pronunzia sarebbe meno grave ed
andrebbe fatto valere unicamente con lo strumento dell’appello a pena del passaggio in giudicato (
così verde, Profili del processo civile, “, Napoli 2005, 321). Anche la giurisprudenza
sembrerebbe seguire all’apparenza tale distinzione, ritenendo che l’omessa partecipazione del
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Va ricordato però che in via di interpretazione adeguatrice, molti giudici dell’esecuzione stanno
assegnando comunque dei termini per l’integrazione non inferiori a 90 giorni al fine di coordinare
la previsione de qua con la novella più generale del processo di cognizione.
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Cassazione civile 15 luglio 2005 n. 15086
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60
Così, ex multis, Cass. Civ. 28 gennaio 1994 n. 878, in Nuova giur. civ. comm. 1995, I, 333,
con nota di Mazza Personalmente ritengo che tale soluzione valga anche nelle ipotesi in cui le
parti non ottemperino all’ordine del G.E. di introdurre il giudizio di divisone nei termini loro
assegnati ex art. 181 disp. att. c.p.c., dovendosi poi verificare quali siano le conseguenze che tale
inottemperanza determina sul diverso procedimento esecutivo, oscillandosi tra la tesi
dell’estinzione – sostenuta in una non recente sentenza della cassazione n. 44 del 1968 – quella
dell’improcedibilità, dichiarabile d’ufficio, a differenza dell’estinzione, ovvero quella che reputa
possibile assegnare un nuovo termine per l’introduzione del giudizio di divisione.
61
Cassazione civile 28 gennaio 1988 n. 763, in Foro it. Mass. 1988, c. 121; per Cassazione civile
n. 5461/1986, sarebbe superflua la rimessione al giudice di primo grado, ove il pretermesso si
costituisca in grado di appello ed accetti la causa nello stato in cui si trova, rinunziando ad un
grado di giudizio.
62
Pavanini, op. cit., 465, ed in giurisprudenza, App. Genova 7 agosto 1973, in Giur. it. 1974, I, 2,
632.
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63
Pavanini, op. cit., 466.
64
Pavanini, op. cit., 464.
65
Pavanini, op. cit., 464
66
Pavanini, op. cit. 464. In giurisprudenza per la tesi della nullità della sentenza, App. Napoli 20
ottobre 1970, in Dir. e giur. 1971, 733; Cassazione civile 14 maggio 1963 n. 1197, in Foro it.
1963, I, 1682.
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Pavanini, op. cit. 467; Cassazione civile 21 luglio 1981 n. 4703, in Giust. civ. Mass. 1981, fasc.
7; Cassazione civile 28 giugno 1986 n. 4330, in Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 6, in relazione al
terzo acquirente di un diritto sugli immobili comuni, in virtù di atto trascritto anteriormente, pur
negando la qualità di litisconsorte necessario, ha ritenuto inopponibile al medesimo la divisione
cui non abbia partecipato. Per Cassazione civile 10 maggio 1982 n. 2889, in Foro it. 1982, I, 1375
con nota di Costantino, il creditore ipotecario è litisconsorte necessario a pieno titolo, ed oltre a
poter agire per una nuova divisione, potrebbe chiedere ai condividenti il risarcimento dei danni.
68
Costantino, op. cit., 1979, 454 e ss.
69
Vaccarella – Verde, op. cit., 691.
70
Cassazione civile 15 dicembre 2001 n. 15358
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Pavanini, op. cit. 459
72
Cassazione civile 29 marzo 1996 n. 2875, in Giust. civ. Mass. 458; per una lettura ampia ed
estensiva della portata dell’art. 22 c.p.c., si veda Cassazione civile 1 marzo 2000 n. 2249.
73
Cassazione civile n. 215 del 1985
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74
Su questo tema, amplius Morelli, op. cit., 251 e ss.
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75
Cassazione civile 12 dicembre 1980 n. 6401, in Giust. civ. Mass. 1980, 2662
76
Cassazione civile 6 dicembre 1983 n. 7279, in Giust. civ. Mass. 1982 fasc. 12
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77
Cassazione civile n. 847 del 1972.
78
Così da ultimo Cassazione civile 11 agosto 2005 n. 16841; Cassazione civile 12 aprile 2002 n.
5226; si veda altresì Cassazione civile 9 dicembre 2005 n. 27287, per la quale non osta alla
possibilità dell’usucapione, il fatto che il coerede rimasto nel possesso esclusivo abbia condotto
con gli altri coeredi delle trattative per l’acquisto delle quote.
79
Contesta tale scelta Tomei, op. cit., 4 e ss., secondo il quale sarebbe stato più appropriato
utilizzare la forma del ricorso diretto al giudice.
80
In tal senso Burdese, op. cit., 111.
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81
Cassazione civile 18 luglio 2005 n. 15131
82
Così Cassazione civile sezioni unite 18 marzo 1981 n. 1593, in Giust. civ. 1981, I, 2277, cui ha
mostrato di aderire tutta la successiva giurisprudenza.
83
Corte Appello Torino 20 gennaio 1995 e Tribunale Torino 16 novembre 1994, entrambe in Riv.
not. 1995, 298 con nota di Ciambella
84
Così da ultimo Cassazione civile 7 aprile 1997 n. 294, in Giust. civ. Mass. 1997, 546, su
conclusioni difformi del Procuratore Generale.
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85
Cassazione civile 15 luglio 2003 n. 1030, nonché Cassazione civile 29 settembre 2004 n.
19598, in tema di eredità devolute a persone giuridiche
86
Cassazione civile 23 gennaio 1978 n. 289, in Giust. civ. 1978, I, 916, con nota di Carbone,
Divisione giudiziale, rendiconto e poteri sostanziali dell’Avvocatura dello Stato nel processo
civile, relativa alla nota vicenda della successione di Vittorio Emanuele III, nella quale si è
ritenuto che anche l’Avvocatura, come qualsiasi difensore di una parte privata, non muovendo
contestazioni al progetto di divisione potesse far sì che esso divenisse esecutivo in maniera non
contenziosa.
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87
Così da ultimo Cassazione civile 21 gennaio 1994 n. 543, in Giust. civ. Mass., fasc. 1
88
Cassazione civile 8 aprile 1983 n. 2493, in Giust. civ. 1983, I, 2360, secondo la quale dopo il
verificarsi del conflitto le procure diventano inefficaci, con conseguente nullità degli atti
eventualmente compiuti e dei provvedimenti adottati.
89
Mi permetto di rinviare a Criscuolo, L’udienza di prima comparizione, in Giur. merito 1998,
1055 e ss.
90
Nega che possa parlarsi di contumacia nel giudizio divisorio, Tomei, op. cit., 5, sostenendo
quest’Autore la tesi secondo cui non vi sarebbe un effettivo contraddittorio.
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Cassazione civile 7 marzo 1995 n. 2652, in Foro it. Rep. 1995, voce Famiglia ( regime
patrimoniale), n. 88; Cassazione civile 17 dicembre 1993 n. 12523, ibidem n. 87
92
Per maggiori ragguagli, Civinini, Sulla cumulabilità delle domande separazione personale e di
scioglimento della comunione legale, in Foro it. 1998, I, 1597
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93
Cassazione civile 23 giugno 1998 n. 6234, in Foro it. 1999, I, 655, con nota di Cipriani
94
Così Cassazione civile 23 giugno 1998 n. 6234, cit.; in senso parzialmente difforme, da ultimo,
Tribunale Taranto, 4 aprile 1998, in Foro it. 1999, I, 656, a mente della quale il passaggio in
giudicato della sentenza di separazione, alternativamente riguardato quale fatto costitutivo della
pretesa ovvero come condizione dell’azione, potrebbe sopravvenire anche nel corso del giudizio
95
Cassazione civile 15 novembre 2000 n. 14791
41
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96
Cassazione civile sezioni unite 26 luglio 2002 n. 11096
97
Cassazione civile 17 settembre 2001 n. 11630, in Giust. Civ. 2002, I, 55, con nota critica di
Finocchiaro M., Divisione della “ casa familiare” assegnata in sede di divorzio al coniuge
affidatario dei figli minori, e ( pretesa ) inidoneità del provvedimento a incidere sul valore
commerciale dell’immobile
98
Cassazione civile 15 ottobre 2004 n. 20319, in Famiglia e diritto 2005, 611, con nota a sua volta
critica di De Marzo, Assegnazione della casa coniugale, scioglimento della comunione e valore
del bene.
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99
Vedi però in senso tendenzialmente difforme dal precedente più sopra richiamato, Cassazione
civile 8 aprile 1964 n. 796.
100
Vedi da ultimo Cassazione civile 29 novembre 1994 n. 10220, cit.
101
Così Cassazione civile 13 dicembre 2005 n. 27410, in tema di richiesta di procedere alla
divisione di beni per i quali, in primo grado, si era richiesto di rimanere in comunione
102
Morelli, op. cit. 247 e ss.
103
Cassazione civile 25 gennaio 1960 n. 74, in Giust. civ. Rep. 1960, voce Divisione n. 37
104
Cassazione civile 6 marzo 1980 n. 1521, in Vita not. 1980, 179
105
Cassazione civile 10 ottobre 1997 n. 9849, in Foro it. 1998, I, 1541, con nota di Balena,
Provvedimenti sommari esecutivi e garanzie costituzionali
106
Cassazione civile n. 6838/1991.
107
Cassazione civile 7 aprile 1997 n. 2966, inedita, della quale ho avuto conoscenza perché
emessa nel corso di un giudizio allora pendente sul mio ruolo.
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più disparate passandosi dalla mera deduzione difensiva sino alla domanda
autonoma. E’ altresì opinione prevalente, nel vigore del vecchio rito, quella
secondo cui, anche laddove sia stata pronunziata l’ordinanza di cui alla
norma da ultimo citata, nulla osti alla sua revocabilità (si badi che per
l’ordinanza de qua, a differenza dell’ordinanza di cui all’art. 789 c.p.c.,
manca il riferimento al carattere della non impugnabilità), ove vengano, sia
pur tardivamente mosse delle contestazioni sul punto109, sicché occorre
chiedersi, ove si acceda alla autorevole tesi dottrinale secondo cui, nel
regime della riforma del processo civile, una volta scattate le varie
preclusioni, è preclusa anche la semplice contestazione, se la norma di cui
all’art. 785 c.p.c. vada anche essa letta in maniera rigida, ovvero se essa
giustifichi una deroga ai principi generali (come ipotesi in cui la peculiarità
della norma imporrebbe una deroga al regime delle preclusioni si è da
molti individuata la previsione di cui all’art. 1453 c.c., che permette il
passaggio, senza limiti, dalla domanda di adempimento a quella di
risoluzione).
Invero, se in linea generale una deroga può ammettersi laddove la stessa
situazione fattuale sia mutata, in virtù del principio secondo cui il giudizio
divisorio, in vista della stabilità dei risultati cui aspira, deve adeguarsi ai
mutamenti di fatto sopravvenuti (si pensi ad esempio agli eventuali
mutamenti di valore dei beni caduti in successione, dei quale appare
doveroso tener conto anche al fine di prevenire successive azioni di
109
Allorio, Giudizio divisorio e sentenza parziale con pluralità di parti, in Problemi di diritto, I,
Milano 1957, 481; Tomei, op. cit., 6; in giurisprudenza Cassazione civile 9 novembre 1971 n.
3163. Per maggiori approfondimenti, Vaccarella – Verde, op. cit. 607, ove si dà ampiamente
conto del dibattito dottrinale circa l’applicabilità dell’art. 177 c.p.c. all’ordinanza in esame,
laddove, sull’accordo delle parti, non è consentita la revoca ( favorevoli Andrioli e Minoli,
mentre in senso contrario, Pavanini, che richiede un accordo esplicito e non già raggiunto in
maniera omissiva)
46
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rescissione per lesione), pur senza ricorrere alla norma di cui all’art. 184
bis c.p.c., in precedenti occasioni ritenei preferibile optare per
l’interpretazione più rigida, posto che in tal modo le parti sarebbero
obbligate a dire tutto e (quasi) subito, facendo sì che il passaggio dalla fase
dell’accertamento del diritto alla divisione a quella di determinazione delle
modalità di divisione, sia effettivo e non già aleatorio e rimesso ad
eventuali ripensamenti di una delle parti.
Sul punto, è peraltro intervenuta la già segnalata decisione delle Sezioni
Unite110, che ha infine optato per un’interpretazione rigida mirata cioè ad
estendere al giudizio di divisione il regime delle preclusioni in maniera
integrale, così che il procedimento è scandito in tutto e per tutto dal
progressivo maturare della definizione prima del thema decidendum e poi
del thema probandum, senza possibilità di deroghe giustificate solo in
ragione dela particolarità del giudizio.
Quanto alle eccezioni, egualmente interessate dal regime delle preclusioni,
si è ritenuto di qualificare in tal senso, e precisamente quale eccezione
riconvenzionale, la contestazione da parte del convenuto circa il diritto di
procedere allo scioglimento della comunione, motivata dal fatto di aver
usucapito la proprietà del bene111; in generale diviene ora rilevante stabilire
se una data eccezione debba essere qualificata in senso stretto o in senso
lato, e rimessa quindi al potere di rilievo officioso o meno da parte del
giudice112, essendo nel primo caso tendenzialmente sottratta al regime delle
preclusioni.
110
Cassazione civile sez. un. 20 giugno 2006 n. 14109, cit.
111
Cassazione civile 5 dicembre 1974 n. 4001
112
Sul tema amplius, Oriani, L’eccezione di merito nei provvedimenti urgenti per il processo
civile, in Foro it. 1991, V, 5 e ss.
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113
Cassazione civile sez. II 12 gennaio 1996 n. 178
114
Cfr. Cassazione civile 26 giugno 1987 n. 5633, nella quale si legge che posizione del chiamato
che accetta l'eredità si concreta in una situazione soggettiva avente carattere essenzialmente
unitario ed inscindibile, non potendo l'accettazione essere operativa (o meno) se non nei confronti
di tutti gli interessati. Ne consegue che, sollevata validamente l'eccezione di prescrizione della
accettazione dell'eredità da parte di uno degli interessati, tale eccezione non può considerarsi
operante solo riguardo a quest'ultimo ed inoperante riguardo ad altri interessati.
115
Cassazione civile sezioni unite 25 ottobre 2004 n. 20644
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Vaccarella – Verde, op. cit., 694
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117
In tal senso si veda anche Tedesco, Lo scioglimento delle comunioni, Milano 2002, 8, il quale
ritiene che le stanze del condividente per conseguire forme alternative di riparto o la modifica di
preferenze in precedenza manifestate non integrano domande nuove.
Al fine di porre un limite all’eventuale irrazionalità ed arbitrarietà delle scelte della parte, si è
suggerito di utilizzare il concetto di gradazione a senso unico delle scelte ( Andolina, op. cit.,
601), con tale espressione volendosi significare l’impossibilità, una volta proposta una certa
istanza, di poterne successivamente presentare un’altra di carattere incompatibile con la prima ( in
senso conforme Andrioli, op. cit., 609).A mo’ di esempio si pensi, laddove sia stata accertata
l’indivisibilità del bene comune all’istanza di attribuzione presentata dal condividente che abbia
inizialmente richiesto la vendita all’incanto del bene medesimo.
118
In tal senso ma nella giurisprudenza di merito più remota, App. Milano 13 gennaio 1956, in
Foro it. 1956, I, 1875; App. Milano 3 luglio 1959, in Giur. it. 1960, I, 2, 803
119
Cassazione civile sez. II, 14 gennaio 1999, n. 319 in Giust. civ. Mass. 1999, 71, che ha ritenuto
ammissibile tale richiesta anche solo in sede di precisazione delle conclusioni; Cassazione civile 2
giugno 1999 n. 5392, in Giust. civ. Mass. 1999, 1250; Cassazione civile 7 aprile 1960 n. 799, in
Giur. it. 1960, I, 1, 1115, con nota parzialmente critica di Andolina, Istanza di attribuzione per
intero di immobile non comodamente divisibile e giudizio divisorio; Cassazione civile 17 maggio
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specificazione della domanda, che parimenti non incorre nel divieto dei
nova in appello120. Alla luce della riforma del processo civile, la tesi
dell’eccezione, ove si consideri che si tratta di un potere della parte lato
sensu riconducibile all’esercizio di un diritto di natura sostanziale, potrebbe
portare a ritenere che si tratti di un’eccezione in senso stretto, come tale
non proponibile in appello, obiezione questa che non incontrerebbe l’altra
tesi evidenziata. In una recente sentenza121, e prima dell’intervento delle
Sezioni Unite, ho avuto l’occasione di riesaminare la questione, proprio in
considerazione della necessità di adeguare il processo di divisione al
regime delle preclusioni, optando per la tesi secondo cui queste ultime si
devono adattare anche al procedimento in esame.
Nella fattispecie, dopo che era stata emessa l’ordinanza di vendita
all’incanto del bene in comunione, avendo le parti, all’esito del deposito
della ctu, concordato sulla non comoda divisibilità, allorché il notaio aveva
bandito l’incanto, uno dei condividenti che pure aveva aderito alla richiesta
di vendita, avanzava la richiesta di attribuzione di cui all’art. 720 c.p.c..
Nel ritenere inammissibile l’istanza, ho ritenuto che fosse indifferente ai
fini della soluzione, la sua qualificazione in termini di eccezione ovvero di
modificazione della domanda.
1973 n. 1407, in Giust. civ. 1973, I, 1459, con nota di Alvino, L’art. 720 c.c. ed i criteri di scelta
per l’attribuzione del bene non comodamente divisibile. Da ultimo Cassazione civile sez. II 14
maggio 2008 n. 12119, ancorchè si tratti dell’ennesima sentenza adottata all’esito di un
procedimento regolato dalle norme processuali anteriori alla riforma del ‘90
120
Cassazione civile sez. II, 28 novembre 1998, n. 12111 in Giust. civ. Mass. 1998,2489;
Cassazione civile 19 aprile 1988 n. 3066, in Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 4. Una posizione
intermedia tra le due tesi è assunta da Cassazione civile 14 febbraio 1985 n. 1258, cit. , secondo
cui la richiesta avrebbe carattere di eccezione solo ove avanzata in replica ad analoga domanda o
istanza di vendita all’incanto, ponendosi altrimenti quale mera specificazione della domanda.
121
Tribunale Napoli 2 dicembre 2004, Fall.to TE.CO. S.n.c. c/o Truppa R. + altri, inedita
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122
Cassazione civile 14 dicembre 1978 n. 5965; Tribunale Napoli 7 maggio 1987, in Dir. giur.
1987, 601
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124
Così Cassazione civile 10 maggio 1982 n.° 2889in Giust. civ. 1982, I, 2049, ed in Foro it.
1983, I, 1375
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Cassazione civile 17 gennaio 2003 n. 630
126
Cassazione civile 13 luglio 2005 n. 14764
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possa essere ritenuto dotato di una sia pur ridotta capacità di produrre
reddito, implicitamente riconoscendosi che l’incommerciabilità dei beni
incide anche su quelli di provenienza ereditaria128.
Chiusa la digressione sul tema dell’abusivismo edilizio, deve
evidenziarsi che, una volta esaurite le operazioni peritali, le alternative che
si pongono sono la formazione di un comodo progetto di divisione ovvero
la non comoda divisibilità del bene o dei beni in comune.
Tenuto conto dell’intento di analizzare prettamente dal punto di
vista processuale lo scioglimento della comunione, mi permetto di rinviare
alla dottrina sostanzialista interessatasi dell’argomento, ed alle varie
soluzioni offerte all’interrogativo circa i criteri per ottemperare al disposto
degli artt. 718 e 727 c.c. – per la formazione del progetto – ovvero per
verificare se ricorra una situazione di indivisibilità ex art. 720 c.c.129.
128
Cassazione civile 24 novembre 2003 n. 17878
129
Principio generale, in tema di valutazione dei beni per la formazione del progetto di divisione è
che la stima debba essere compiuta in relazione al momento della divisione e non al momento
dell’apertura della successione ( per tutte Cassazione civile 7 gennaio 1998 n. 55, in Giust. civ.
Mass. 1998, 15).
Per l’interpretazione dottrinale e l’applicazione giurisprudenziale delle norme sopra richiamate si
rinvia per tutti a Morelli, op. cit., 472 e ss., quanto alla formazione delle porzioni, e 324 e ss., ove
si individua ai fini dell’indivisibilità un criterio composito che tiene conto di un triplice profilo
funzionale – economico – materiale, che valorizza il potere discrezionale del giudice ( su questo
aspetto vedi anche Reggiani, op. cit., 607). In giurisprudenza di recente si veda Cassazione civile
sez. II, 24 novembre 1998, n. 11891 in Giust. civ. Mass. 1998,2437, nonchè Cassazione civile sez.
II, 3 aprile 1999, n. 3288 in Giust. civ. Mass. 1999, 758.
Giova poi segnalare come sia in dottrina che in giurisprudenza sussista contrasto circa la necessità
di riferire il giudizio di indivisibilità di cui all’art. 720 c.c. al singolo bene ( Cassazione civile 17
luglio 1952 n. 2231, in Foro it. Rep. 1952, voce Divisione n. 30; Forchielli, Della divisione, in
Commentario al c.c. a cura di Scialoja e Branca, 1978, 91 ) ovvero alla massa dei beni da dividere
in rapporto al numero dei condividenti ( come invece sostengono Cassazione civile 9 ottobre 1971
n. 2813, in Giust. civ. 1971, II, 1724, e Giannattasio, Commentario al c.c., Libro III, t. 3°, Delle
successioni, Torino 1980, 37).Da ultimo Cassazione civile 22 novembre 2000 n. 15105 che
privilegia la tesi che mira ad evitare eccessivi frazionamenti dei beni, e riconosce la validità di un
progetto di divisione che preveda la formazione di quote con beni distinti, sempre che le quote
stesse abbiano una composizione omogenea.
La scelta per l’una o l’altra delle soluzioni, oltre che incidere sulle scelte da assumere circa la
fattibilità di un comodo progetto di divisione, influisce altresì sulla diversa questione relativa alla
richiesta di attribuzione di cui all’art. 720 c.c., e cioè se essa debba concernere l’intera massa,
ritenuta indivisibile, ovvero se possa riguardare anche singoli beni, disponendosi la vendita per i
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beni non richiesti ( sembra concludere in tal senso, e cioè per la necessità di valutare le richieste
di attribuzione per ogni singolo bene, in giurisprudenza, Cassazione civile 29 ottobre 1992 n.
11769, in Giur. it. 1994, I, 1, 124, con nota di Canale, Questioni in tema di giudizio divisorio:
attribuzione di un immobile non divisibile e stima; Tribunale Pavia 23 maggio 1986, in Giur.
merito 1986, 1062, con nota di Azzariti, Attribuzione di immobili non comodamente divisibili, in
Nuova giur. civ. comm. 1987, I, 215 con nota di Verga, in Giur. it. 1988, I, 2, 61, con nota di
Garofalo, Assegnazione di beni indivisibili e coeredi con quote diseguali, in Riv. notar. 1987, 779,
con nota di Sebastiani, In tema di immobili indivisibili: esegesi e problemi applicativi dell’art.
720 c.c., ed in dottrina, da ultimo, Gigliotti, Profili sostanziali della divisione giudiziale di
immobili ereditari non comodamente divisibili, in Giust. civ. 1993, II, 523).
Da ultimo si veda anche Cassazione civile 9 novembre 2004 n. 21294, in Giust. Civ. 2005, 1519,
con nota di Tedesco, Sulla preferenza accordata dall’art. 720 c.c. al titolare della maggiore quota
in ipotesi di comunione ereditaria comprendente più beni indivisibili, la quale nel riconoscere la
possibilità che la richiesta di attribuzione possa avere ad oggetto anche singoli beni, ha ritenuto
che la qualità di maggiore quotista vada valutata in rapporto ad ogni singolo bene.
Nella fattispecie, il richiedente si era reso acquirente dei diritti pro indiviso vantati da altro
comunista non sull’intera massa ma appunto su di un singolo bene, e la Corte ha ritenuto che
potesse avvalersi del criterio preferenziale di cui al citato art. 720 c.c. Il commentatore
giustamente sottolinea criticamente come la Suprema Corte non abbia tenuto conto
dell’orientamento pacifico presso la stessa, secondo cui la vendita di diritti pro indiviso su di un
singolo bene in comunione ha efficacia meramente obbligatoria, essendo l’effetto traslativo
subordinato alla concreta assegnazione del bene al cessionario, sicchè nel caso in esame, non
potrebbe riconoscersi al’acquirente la qualità di maggiore quotista.
Nella medesima nota, si evidenzia poi come in caso di richieste di attribuzione dei vari beni in
comunione, la qualità di avente diritto alla quota maggiore sia destinata a variare a seconda delle
attribuzioni di cui si sia precedentemente beneficiato ( es. se la massa vale 2000, e Tizio ha una
quota di 1200 e Caio di 800, ed i beni valgono rispettivamente 1100 e 900, se a Tizio viene
attribuito il bene che vale 1100, in relazione alla richiesta di attribuzione del secondo bene non
può continuare a vantare la qualità di maggiore quotista)..
130
Cassazione civile 21 giugno 1985 n. 3728, in Giust. civ. Mass., fasc. 6
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131
Cassazione civile 23 dicembre 1960 n. 3316, in Giust. civ. Rep., voce Divisione n. 39
132
Cassazione civile 22 novembre 1999 n. 12949, in Mass. CED rv. 531402
133
In tal senso per tutte Cassazione civile 4 aprile 1987 n. 3462, in Giust. civ. 1987, I, 1390, che
argomenta dalla diversa disciplina prevista dall’art. 791 c.p.c., per l’ipotesi di operazioni
divisionali delegate al notaio, ove si presuppone un accordo esplicito tra le parti.
134
Tuttavia nel senso che l’emanazione della sentenza in luogo dell’ordinanza non dà vita ad
un’ipotesi di nullità del procedimento, Cassazione civile 3 agosto 1977 n. 3451, in Giust. civ.
Rep. 1977, voce cit., n. 35
135
Per una disamina dei contrasti sul punto si veda Cerino Canova, Correzione del progetto di
divisione dichiarato esecutivo, in Giur. it. 1976, I, 1, 201, nonché da ultimo, con ampi richiami
dottrinali, Lombardi, Sull’impugnazione dell’ordinanza che rende esecutivo il progetto di
divisione, in Riv. Dir. Proc. 2006306 e ss., ove si evidenzia il contrasto tra la tesi negoziale del
Carnelutti e quella processuale dell’Allorio.
136
Pavanini, op. cit. 457, 474; Costa, Giudizio divisorio, in Nov.ssimo Dig. VI, Torino 1960, 61;
Andrioli, op. cit., 614, e da ultimo, con qualche incertezza, Vaccarella – Verde, op. cit., 707
67
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137
Tale tesi è fatta propria anche dalla prevalente giurisprudenza sia di merito che di legittimità (
per le ultime pronunzie in tal senso Cassazione civile 7 marzo 1996 n. 1818, in Giust. civ. Mass.
1996, 309, Cassazione civile 4 maggio 1982 n. 2737, in Giur. it. 1982, I, 1, 1513, Tribunale
Ariano Irpino 2 marzo 1982, in Giur. merito 1982, I, 791, con nota di Azzariti, In tema di
ordinanza ... che dichiara esecutivo il progetto di divisione), che appunto negano la natura
decisoria di tale provvedimento e l’attitudine a passare in giudicato
138
Andolina, op. cit., 590; Cerino Canova, op. cit., 201
139
Il riferimento è chiaramente a Minoli, op. cit.
140
Fazzalari, op. cit. Rispetto alla tesi giurisprudenziale prevalente sembrerebbero deviare a
favore della natura provvedimentale dell’ordinanza, Cassazione civile 18 dicembre 1973 n. 3434,
in Giur. it. 1976, I, 1, 200 con nota di Cerino Canova cit., che ha reputato ammissibile il ricorso
alla procedura di correzione di cui all’art. 287 c.p.c. onde emendare gli errori materiali contenuti
nel progetto approvato con ordinanza, nonché Cassazione civile 23 gennaio 1978 n. 289, cit. e
Cassazione civile 4 aprile 1987 n. 3262, in Nuova giur. civ. comm. 1987, I, 1390 con nota di
Rota, che riconducono l’istituto nei binari delle regole processuali, non potendosi ravvisare nella
non contestazione il consenso richiesto per il perfezionamento del contratto. Carratta, op. cit.,
421-424, ha da ultimo sostenuto che l’ordinanza non risolve una contestazione ma rende certa la
pacificità dell’attribuzione delle quote e pertanto avrebbe contenuto decisorio, appellabile ove
abbia contenuto abnorme. Mandrilli, Corso di diritto processuale civile, III, 2005, Torino 149 e
ss., opta invece per la tesi secondo cui il provvedimento de quo avrebbe la funzione di attestare
che non esiste più l’oggetto del contendere, e che pertanto può attuarsi il progetto di divisione.
L’ordinanza non avrebbe attitudine al giudicato, e se emessa al di fuori dei presupposti di legge
può essere impugnata con le forme dell’actio nullitatis.
68
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141
Cassazione civile 10 ottobre 1997 n. 9849, cit.
142
Cassazione civile 27 giugno 1987 n. 1320, in Riv. dir. proc. 1988, 1175 con nota di Riva
143
Cassazione civile n. 7708/1990
144
Cassazione civile n. 5014/1991
145
Cassazione civile 28 dicembre 1949 n. 2675, in Foro pad. 1950, I, 113; Cassazione civile 20
luglio 1966 n. 1962, in Giust. civ. 1967, I, 315
146
Cassazione civile 11 aprile 1987 n. 3612, in Nuova giur. civ. comm. 1987, I, 685, con nota di
Rota; Cassazione civile 3 settembre 1993 n. 9305, in Giust. civ. Mass. 1993, 1361
69
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147
Cassazione civile sez. un. 1 marzo 195 n. 2317, in Foro it. 1996, I, 3462, con nota di
Impagnatiello, in Giur. it. 1996, I, 1, 96, in Giust. civ. 1995, I, 1471, I, con nota di Triola, in Corr.
Giur. 1995, 444, con nota di Carbone, E’ ricorribile .... , cit.
148
Carbone, op. loc. cit., 449, e Morelli, op. cit., 259
149
Nel commentare tale sentenza, Carbone, op. loc. cit., conclude per l’impossibilità di ravvisare
un obbligo di comunicazione stante la tassatività degli atti da notificare ai sensi dell’art. 292 c.p.c.
150
Impagnatiello, op. cit., 3463
151
Cfr. ex multis, Cassazione civile 1 settembre 1993 n. 9247, in Giur. it. 1994, I, 1, 568
152
Cassazione civile 7 marzo 1996 n. 1818, in Giust. civ. Mass. 1996, 309; Cassazione civile 4
aprile 1997 n. 2913, in Giust. civ. Mass. 1997, 527; Cassazione civile 3 settembre 1997 n. 8441,
in Giust. civ. Mass. 1997, 1612. Da ultimo si veda Lombardi, op. cit. 305 e ss., che in relazione a
due diverse sentenze della Suprema Corte ( Cassazione civile 10 giugno 2004 n. 10995 e
Cassazione civile 30 luglio 2004 n. 14575) segnala come non sia chiaro presso gli stessi giudici di
legittimità se il rimedio sia quello dell’actio nullitatis ovvero il ricorso straordinario in Cassazione
ex art. 111 Cost
70
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153
Cfr. per tutti Cerino Canova, La garanzia costituzionale del giudicato civile, in Riv. dir. civ.
1971, I, 397, ed in giurisprudenza Cassazione civile sez. un. 30 luglio 1953 n. 2593, in Foro it.
1993, I, 1240
154
Per approfondimenti sulla questione, rimando a de Divitiis, Sulla teoria del <<
Meistbegünstigung >> nel processo civile tedesco ( forma e sostanza nei provvedimenti del
giudice), in Riv. dir. proc. 1993, 410 e ss.
155
Si pensi alle conclusioni raggiunte in tema di ordinanza di convalida di sfratto emessa in
carenza dei presupposti, ovvero alla dibattuta questione circa la possibilità, a seguito dell’entrata
in vigore della riforma del processo civile, di configurare sentenze implicite sulla competenza.
Già in passato suggerivano la soluzione ora prospettata, Morelli, op. cit., 268 – che richiama come
precedente in tal senso Cassazione civile 28 luglio 1965 n. 1808, in Giust. civ. 1966, I, 102 –
nonché Impagnatiello, op. cit., 3464, nonché di recente, sia pur con qualche incertezza, Balena,
op. cit., 1549 e ss.
Una posizione sui generis è poi quella sostenuta dal Mandrioli, Sui rimedi contro l’ordinanza che
approva il progetto divisionale, in Giur. it. 1982, I, 1, 1513, che traendo le estreme conclusioni
dalla non decisorietà dell’ordinanza de qua, conclude per la possibilità di far ricorso all’actio
nullitatis, eventualmente sotto forma di opposizione all’esecuzione.
72
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156
Lombardi, op. cit. 313 e ss.
157
Al riguardo si tenga conto che nell’individuare l’entità delle quote, onde derogare alla regola
del sorteggio, deve porsi mente alla situazione esistente al momento dell’apertura della
successione, non potendosi tenere conto di eventuali cessioni delle quote medesime ( così
Cassazione civile 27 luglio 1954 n. 2724, nonché Tribunale Trento 19 ottobre 1974, in Giur.
merito 1975, con nota di Di Francia, Scioglimento della comunione ereditaria e procedimento di
assegnazione delle quote ), circostanze queste che faranno sì che il cessionario parteciperà al
sorteggio ricevendo due quote. Tale affermazione deve però confrontarsi con la diversa opinione,
sostenuta dalla più recente giurisprudenza di legittimità ( Cassazione civile 7 dicembre 2000 n.
15540) secondo la quale ai fini della valutazione circa la preferenza da accordare alla richiesta di
attribuzione di cui all’art. 720 c.c., debba tenersi conto, nell’individuare il maggior quotista, anche
degli incrementi della partecipazione alla comunione, avvenuti nella pendenza del giudizio.
158
Vedi sul punto Vaccarella – Verde, op. cit., 712, ove si sottolinea l’inapplicabilità a tale ipotesi
dell’art. 195 disp. att. c.p.c., apparendo del tutto superflua l’emissione di un decreto di
attribuzione ( conforme Cassazione civile 7 luglio 1959 n. 2175, in Giust. civ. Rep., voce
Divisione n. 36).
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159
Cassazione civile 6 luglio 1963 n. 1828, in Giust. civ. Rep., voce Divisione n. 45; Cassazione
civile 30 luglio 1983 n. 5247, ibidem, n. 10; Cassazione civile 28 aprile 2005 n. 8833. Non si è
ritenuto che sia idonea a legittimare la deroga al criterio del sorteggio la circostanza che uno dei
condividenti possa essere costretto a lasciare l’abitazione occupata manente communione (
Cassazione civile 15 luglio 2005 n. 15079), mentre si è ritenuto di derogarvi nel caso in cui
l’assegnazione di una singola quota era l’unico strumento per salvaguardare le esigenze
assistenziali di una delle condividenti ( Cassazione civile 11 maggio 2005 n. 9848).
Di recente, ad esempio, in una causa da me istruita, pur in presenza di quote eguali, si è derogato
al sorteggio per due quote, attribuendole al comunista cessionario di un’altra quota, in quanto il
progetto originario, per garantire l’accesso ad ogni singola porzione del bene comune diviso,
prevedeva proprio per queste due quote la creazione di una servitù di passaggio, viceversa non
necessaria in caso di attribuzione congiunta ad un unico soggetto. In tema di servitù create dal
giudice al fine di favorire la comoda divisibilità del bene originariamente unitario, si segnala
Cassazione civile 29 settembre 2000 n. 12950, secondo cui il provvedimento giudiziale non
avrebbe carattere costitutivo, ma avrebbe il valore di un fatto giuridico, che fa sorgere la servitù
secondo lo schema della costituzione per destinazione del padre di famiglia.
Secondo Cassazione civile 12 febbraio 1980 n. 1012 in Giust. civ. 1980, I, 1643, l’ordinanza che
abbia disposto erroneamente l’attribuzione in luogo del sorteggio potrebbe essere sempre revocata
dal Collegio ai sensi dell’art. 178 comma 1 c.p.c.
160
Per tali considerazioni, Andrioli, op. cit., 616, ed in giurisprudenza Cassazione civile 28
ottobre 2002 n. 15163; Cassazione civile 21 aprile 1994 n. 3788, cit.. Ove poi si proceda al
sorteggio, nonostante la mancata formazione della cosa giudicata, si è sostenuto che l’ordinanza
che l’abbia disposto è illegittima e rimane travolta dal successivo accoglimento dell’appello
avverso la sentenza di divisione ( Cassazione civile 8 settembre 1977 n. 3919, in Foro it. 1978, I,
2871), e che il sorteggio addirittura non preceduto dall’ordinanza esecutiva è nullo, non
precludendo anche contestazioni sul merito della divisione ( Tribunale Salerno 7 giugno 1988 n.
1433, Documento UDA Tribunale Salerno), ma si veda in senso diverso Cassazione civile 10
maggio 2002 n. 6696, che ha ritenuto la stessa priva del carattere della decisorietà e quindi
insuscettibile di ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost.
Ancora nella diversa ipotesi in cui il progetto di divisione sia stato erroneamente approvato con
sentenza non definitiva, la Corte ha ritenuto che l’ordinanza che si sia uniformata al contenuto di
detta sentenza è comunque non soggetta a ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di
provvedimento che è carente dei requisiti formali e sostanziali della sentenza, essendo un mero
atto esecutivo ( Cassazione civile agosto 2005 n. 16493).
74
Incontro di studi “ Fenomeno successorio e patrimoni separati”
Roma 11 – 13 giugno 2008
Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
161
Costa, op. cit., 61, Cassazione civile 10 ottobre 1953 n. 3291
162
Cassazione civile 25 maggio 2001 n. 7129
163
Ritengo però che la misura dei conguagli, sebbene non risulti esplicitato da alcuna norma, e
tantomeno dall’art. 728 c.c., debba rappresentare una frazione di modesta entità rispetto al valore
complessivo della quota ( orientativamente tra il 10 ed il 20 % del totale), pena la formazione di
porzioni formate in prevalenza con beni estranei alla massa ( il denaro appartiene infatti ai singoli
comunisti), realizzandosi di fatto una sorta di cessione forzosa di parte della quota in favore
dell’assegnatario del comunista debitore del conguaglio. In tal senso si veda Cassazione civile 21
maggio 2003 n. 7961, che ha ritenuto congrua la scelta del giudice di dichiarare indivisibile una
massa in presenza di conguagli pari all’incirca al 30 % del valore della quota ideale.
75
Incontro di studi “ Fenomeno successorio e patrimoni separati”
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Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
164
Cassazione civile 13 febbraio 2006 n. 3083; Cassazione civile 4 dicembre 1999 n. 13568, in
Mass. CED rv. 531847; Cassazione civile 20 agosto 1988 n. 8243, in Giust. civ. Mass. 1998,
1739; Cassazione civile 9 maggio 1996 n. 4369, in Giur. it. 1997, I, 1, 468; Cassazione civile 29
ottobre 1992 n. 11769, in Giur. it. 1994, I, 1, 124, con nota di Canale, cit. Di recente è intervenuta
Cassazione civile 21 maggio 2003 n. 7961, la quale ha ritenuto di cassare la sentenza che aveva
approvato un progetto di divisione senza procedere all’adeguamento dei valori dei beni, ancorché
la consulenza tecnica fosse stata depositata solo due anni prima della sentenza.
165
Cassazione civile sez. II, 27 febbraio 1998, n. 2159 in Giust. civ. Mass. 1998, 450; ma in senso
contrario Cassazione civile 10 febbraio 2004 n. 2483, per la quale gli interessi decorrono solo a
far data da quando diviene definitivo il provvedimento che lo prevede, posto che per il periodo
anteriore, il condividete ha diritto al rendiconto dei frutti percetti dagli altri comunisti sulla
massa.a
166
Cassazione civile sez. I, 13 agosto 1998, n. 7954 in Giust. civ. Mass. 1998,1699. Analoga
natura di debito di valuta hanno le obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di somme di
denaro che trovano la loro fonte in una divisione convenzionale, Cassazione civile sez. II, 4
dicembre 1998, n. 12287 in Giust. civ. Mass. 1998, 2533.
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tra norme sostanziali e regole processuali
167
Cassazione civile sez. III, 23 marzo 1996, n. 2558 in Giur. it. 1997,I,1, 950 ed in Foro it. 1996,
I, 2821
168
Cassazione civile 28 aprile 1999 n. 4240 ha peraltro evidenziato che la domanda di
frazionamento è diversa dalla domanda di scioglimento della comunione, avendo appunto ad
oggetto la redazione di un documento tecnico indicante le particelle catastali frazionate.
77
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Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
169
Per tale principio, Vaccarella – Verde, op. cit., 685
78
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Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
170
Per la necessità di riferire la valutazione della maggior quota al momento della divisione, e non
alla data della domanda o dell’apertura della successione, si veda Cassazione civile 11 luglio 1995
n. 7588, in Giur. it. 1996, I, 1, 615, con nota di Pieri
171
Cassazione civile 17 maggio 1973 n. 1407, in Giust. civ. 1973, I, 1510, con nota di Alvino,
L’art. 720 c.c. ed i criteri di scelta per l’attribuzione del bene non comodamente divisibile, ed in
Foro pad. 1973, 1427 con nota di Vacirca, Spunti in tema di attribuzione di immobili indivisibili;
in dottrina Azzariti, Attribuzione di immobili non comodamente divisibili, in Giur. merito, 1986,
1068
172
Ex multis, Cassazione civile 29 ottobre 1992 n. 11769, cit.; Cassazione civile 11 agosto 1990
n. 8201, in Giur. it. Rep. 1990, voce Divisione n. 10. In dottrina per una valorizzazione della
discrezionalità del giudice, Azzariti, op. loc. cit., 1062 e ss.; Gigliotti, op. cit.
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tra norme sostanziali e regole processuali
173
Cassazione civile 3 luglio 1980 n. 4251, in Giur. it. Rep. voce cit. n. 38
174
Cassazione civile 16 maggio 1962 n. 1048, in Giust. civ. 1963, I, 171, tenuto conto
dell’argomentazione dottrinaria ( Forchielli, op. cit., 99 e ss. ) secondo cui qui non troverebbe
applicazione il favor divisionis, essendo una scelta volontaria quella di rimanere in comunione
175
Così da ultimo Cassazione civile sez. II, 24 febbraio 1999, n. 1566, in Giust. civ. Mass. 1999,
391; in termini anche Cassazione civile 20 agosto 1991 n. 8922, in Giur. it. 1992, I, 1, 1099;
Appello Genova 31 luglio 1956
176
Così Vacirca, op. cit., 430
177
Così Gigliotti, op. cit., 533 e ss.
80
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tra norme sostanziali e regole processuali
178
Cassazione civile 4 maggio 1994 n. 4270, in Giur. it. Rep. Voce cit., n. 19; Cassazione civile
20 agosto 1990 n. 8436, in Arch. civ. 1991, 818; Cassazione civile 5 dicembre 1977 n. 5271, in
Foro it. 1978, I, 1733
179
Per maggiori ragguagli sulla fattispecie, Morelli, op. cit., 343 e ss.
180
Secondo Tribunale Lecce 30 novembre 1987, segnalata in Vaccarella – Verde, op. cit., 702,
occorrerebbe distinguere tra le due fattispecie, in quanto le norme di cui agli artt. 787-788 c.p.c.
varrebbero solo per la vendita finalizzata a permettere lo scioglimento della comunione, mentre
81
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tra norme sostanziali e regole processuali
per la vendita effettuata per far fronte ai debiti ereditari, dovrebbero trovare applicazione le norme
di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c.
181
Cassazione civile 12 febbraio 2000 n. 1572; Cassazione civile 23 gennaio 1988 n. 525, in
Giust. civ. Mass. 1988, fasc. 1; Cassazione civile 22 ottobre 1981 n. 5548, in Giur. it. Rep. voce
cit., n. 9; Cassazione civile 5 febbraio 1980 n. 834, ibidem, 1980, 894. Secondo parte della
dottrina, invece, l’ordinanza de qua non potrebbe pregiudicare la riproponibilità della questione,
ritenendo che ciò implichi un automatico effetto sospensivo della vendita ( Tomei, op. cit., 7;
Tarzia, Profili della sentenza civile impugnabile, Milano 1967, 154).
Secondo parte della dottrina la contestazione circa la necessità della vendita dovrebbe essere
sollevata prima che la stessa sia disposta, rimanendo altrimenti preclusa ( Pavanini, op. cit. 473, e
Cassazione civile 30 giugno 1950 n. 1679, in Foro pad. 1951 con nota di Garbagnati). Inoltre per
Cassazione civile 28 gennaio 1984 n. 684, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 1, la richiesta di
attribuzione rimarrebbe definitivamente preclusa una volta disposta ed eseguita la vendita.
82
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tra norme sostanziali e regole processuali
23 febbraio 2006 n. 51), mentre l’applicazione del novellato art. 788 c.p.c.
è prevista solo per i giudizi instaurati successivamente alla data del 1
marzo 2006.
In ragione della differente previsione di carattere transitorio, ritengo
condivisibile la soluzione di cui all’ordinanza di delega redatta dal
Tribunale di Napoli, ed allegata alla presente relazione, secondo cui la
novella dell’art. 788 c.p.c. ha implicitamente abrogato il richiamo alla
vendita con incanto di cui all’art. 720 c.c., così che nei giudizi nati dopo il
1 marzo 2006 la vendita avverrà prima con le forme senza incanto, e solo
eventualmente con la tradizionale modalità dell’incanto.
Nei giudizi già pendenti, invece, la vendita avverrà sempre con il rinvio
alle norme in tema di incanto, atteso il cosante riferimento nella
disposizione previgente agli artt. 576 e ss. c.p.c., tuttavia con la
precisazione che occorrerà fare immediatamente applicazione delle
modifiche apportate dal legislatore del 2005 alle modalità di vendita con
incanto.
La vendita poi può essere effettuata o direttamente dal giudice ovvero dal
professionista all’uopo delegato, e si tratta di un incidente extracognitivo
del procedimento divisorio182, a quest’ultimo funzionalmente connesso
seppur strutturalmente autonomo. Circa le forme, gli artt. 787 e 788 c.p.c.
effettuano un rinvio generalizzato alle norme in tema di espropriazione
forzata, il chè implica, ad esempio, l’applicabilità integrale anche delle
norme di recente introdotte in tema di espropriazione delegata ai notai.
Sul punto va infatti segnalata l’opinione di recente espressa dalla Suprema
Corte secondo la quale l'ordinanza con la quale il giudice dispone la
vendita all'incanto, ai sensi dell'art. 788 c.p.c., per sciogliere la comunione
ereditaria, non e' atto ne' del procedimento di vendita, ne' del processo di
83
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Le vicende successorie nel giudizio di divisione
tra norme sostanziali e regole processuali
Come detto in passato la regola generale era nel senso che la vendita
dovesse avvenire nelle forme dell’incanto, in quanto idonee ad assicurare la
massima trasparenza ed imparzialità, tuttavia, anche nel regime previgente,
si riteneva che laddove sussistesse l’accordo delle parti, queste fossero
libere di fissare diverse modalità e condizioni (artt. 719 e 721 c.c.), ivi
182
Così Andolina, op. cit., 587
183
Cassazione civile 8 giugno 2001 n. 7785
184
Cassazione civile sez. II, 24 febbraio 1999, n. 1575 in Giust. civ. Mass. 1999, 392
185
Cassazione civile 13 dicembre 2005 n. 27445
84
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186
Condivide tale tesi, Morelli, op. cit., 342, 346
187
Cassazione civile 9 giugno 1994 n. 5614, in Nuova giur. civ. comm. 1995, I, 700, con nota di
Della Vedova; Cassazione civile 21 marzo 1985 n. 2063, in Giust. civ. 1985, I, 2241.Contra in
dottrina, Fazzalari, op. cit. 204, che suggerisce il ricorso al reclamo ex art. 739 c.p.c.
188
Così Pavanini, op. cit., 473; per altri invece, sul presupposto della natura volontaria del
procedimento in esame, bisogna ricorrere alla normativa negoziale in tema di evizione ovvero a
quella in tema di rescissione ( Fazzalari, La giurisdizione volontaria, Padova, 1953, 203).
189
Tribunale Monza 4 ottobre 1983, in Giust. civ. 1984, I, 1307, con nota di Schermi; Cassazione
civile 27 giugno 1987 n. 5718, in Riv. dir. proc. 1988, 1175, con nota di Riva
85
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tra norme sostanziali e regole processuali
delega in oggetto non possa più ritenersi tale in presenza delle recenti
modifiche normative che hanno in via generalizzata ammesso la
delegabilità al notaio delle procedure esecutive. Nè deve dimenticarsi,
sempre a supporto della tesi giudiziale, che tutta l’attività del notaio è
comunque destinata a ricevere l’avallo da parte del giudice con l’emissione
di un proprio provvedimento, che ribadisce appunto la natura
giurisdizionale del procedimento192.
Se si accoglie, come reputo preferibile la tesi della natura
giurisdizionale delle operazioni delegate al notaio, quest’ultimo è un
ausiliario del giudice193, incaricato di attività esecutiva od
amministrativa194, privo di poteri decisori o ordinatori195, e come tale
impossibilitato sia all’assunzione dei mezzi di prova, sia alla nomina di un
esperto, che deve essere richiesta al giudice196 (discorso diverso è se le
parti si accordino dinanzi al notaio sulle conclusioni di un esperto scelto da
entrambe).
fatta dal procuratore nel verbale delle operazioni divisionali edatto dal notaio ; Cassazione civile
12 febbraio 1988 n. 1520, in Giust. civ. 1988, I, 1173
192
Allorio, Giudizio divisorio, in Giur. it. 1946, 79 e ss.; Marzo, Delega di operazioni divisionali
al notaio e controllo sugli atti delegati, in Arch. giur. 1983, 393 e ss.
193
Favara, Il notaio quale ausiliario del giudice nelle operazioni divisorie, in Vita not. 1960, 371
194
In tale prospettiva, Cassazione civile 26 gennaio 2000 n. 869, sul presupposto della natura
amministrativa dell’attività delegata, ha ritenuto che non si possa fare riferimento alla disciplina
delle notifiche o comunicazioni eseguite ad istanza del giudice, ma questi possa avvalersi di uno
strumento particolare come l’avviso.
195
In tal senso Appello Ancona 17 febbraio 1958, in Giust. civ. Rep. 1958, voce Divisione n. 73;
Cassazione civile 30 ottobre 1961 n. 2490, in Foro it. Rep. 1961, voce cit. n. 37, ed in dottrina
Pavanini, op. cit., 478 e ss., ma in senso contrario, Vocino, La funzione processula edel notaio, in
Riv. not. 1956, 16
196
Così Cassazione civile 20 ottobre 1961 n. 2490, cit., che ha però precisato che la violazione
della norma concreta una nullità di carattere relativo, suscettibile di sanatoria, ove non eccepita
nella prima difesa o istanza successiva al suo compimento.
87
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197
Cassazione civile 13 gennaio 1983 n. 254, in Foro it. Mass. 1983, 58
198
L’omissione di tale adempimento deermina la nullità degli atti successivi, ove non sanata dalla
comparizione personale delle parti ( Appello Palermo 22 maggio 1957, in Giust. civ. Rep. voce
Divisione n. 78)
199
Cassazione civile 30 aprile 1955 n. 1216, in Riv. not. 1957, 242, con nota di Pajardi;
Cassazione civile 20 luglio 1966 n. 1962, in Giust. civ. Mass. 1962, 1966
200
La tesi che mi sembra preferibile è quella di ritenere che la convocazione delle parti dinanzi al
giudice sia appunto finalizzata al tentativo di superare le divergenze insorte, evitandosi ove
possibile la rimessione della causa in decisione. In senso contrario si veda però Costa, op. cit., 62,
per il quale il rinvio ex art. 187 c.p.c. sarebbe incondizionato ( così anche Tribunale Genova 19
giugno 1970, in Riv. giur. edil. 1970, I, 879).
88
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201
Cassazione civile 20 dicembre 1969 n. 4012, in Giust. civ. Mass. 1969, 2017, che ha ritenuto
che non fosse tale la contetsazione rielativa alla necessità di redigere l’inventario in relazione ad
una cassetta di documenti del de cuius alla quale erano stati apposti i sigilli nelle more del
giudizio.
202
Per l’impossibilità per la parte che abbia manifestato il proprio consenso al progetto, di
muovere nel prosieguo delle contestazioni circa la validità delle operazioni divisionali, si veda
Cassazione civile 22 febbraio 1952 n. 463, in Foro it. Rep, voce Divisione n. 66, Cassazione civile
29 aprile 1955, in Foro pad. 1956, I, 906
203
Come detto l’opinione che sembra prevalere è quella secondo cui non sarebbe possibile in tal
caso per il giudice ricorrere all’approvazione del progetto nelle forme di cui all’art. 789 c.p.c.,
trattandosi di attività già inutilmente svolta dal notaio ( così Pavanini, op. cit., 479). Per Andrioli,
op. cit. 619, invece se le parti non si accordano il progetto viene approvato con ordinanza dal g.i.,
mentre la rimessione ex art. 187 c.p.c. dovrebbe avvenire solo se il progetto è contestato.
89
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204
Cfr. Morelli, op. cit., 315
205
Così da ultimo, Cassazione civile 29 ottobre 1992 n. 11758, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 10,
ed in dottrina Marzo, op. cit., 385
206
La violazione di tale sequenza, secondo Cassazione civile 30 aprile 1955 n. 1216, in Riv. not.
1957, 242, con nota di Pajardi, comporta la nullità dell’estrazione medesima
207
Cassazione civile 7 aprile 1943, in Foro it. Rep. 1943, voce Divisione n. 26
208
Marzo, op. cit., 386
209
Cassazione civile 5 maggio 2003 n. 6838
90
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210
Cassazione civile 22 novembre 1999 n. 12949
211
Cfr. Cassazione civile 27 marzo 2002 n. 4364
91
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215
Cassazione civile 27 aprile 1991 n. 4633
216
Cassazione civile 14 febbraio 2005 n. 2954
217
Cassazione civile 3 agosto 2001 n. 10738, in Riv. Giur,edil. 2002, I, 126, secondo la quale
anche in assenza di questi presupposti il giudice potrebbe riconoscere il rimborso ai sensi dell’art.
2041 c.c..
93
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218
Cassazione civile 21 febbraio 1985 n. 1528, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2
219
Bordolli, Divisione giudiziale e resa dei conti fra coeredi, in Immobili e proprietà 2006, 311 e
ss.
220
Cassazione civile 6 dicembre 1986 n. 7255
221
Cassazione civile 19 luglio 1967 n. 1849
222
Bordolli, op. cit. 312
223
Cassazione civile 28 giugno 1976 n. 2453, in Giur. it. 1978, I, 1, 648; Cassazione civile 5
marzo 1987 n. 2320, in Nuova giur. civ. comm. 1987, I, 486
224
Cassazione civile 4 ottobre 2005 n. 19349
94
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tra norme sostanziali e regole processuali
Quanto poi alla procedura attraverso cui compiere la resa dei conti,
la prevalente giurisprudenza , nonostante il dissenso di parte della
dottrina225, ha costantemente ribadito la non obbligatorietà della procedura
di cui agli artt. 263 e ss. c.p.c., ben potendo il giudice attingere aliunde la
prova delle somme reciprocamente dovute226.
Quanto infine alla ripartizione delle spese di giudizio, da liquidare
solo con la sentenza definitiva, è principio costantemente ribadito quello
secondo cui, essendo il giudizio di divisione svolto nell’interesse comune,
le spese devono essere poste a carico di tutti i condividenti, in proporzione
delle rispettive quote, per gli atti effettivamente rivolti alla concreta
determinazione delle quote, mentre vale il principio della soccombenza per
le vicende processuali occasionate da eventuali conflitti di interesse insorti
nel corso del giudizio227.
La dizione spese a carico della massa, indica solo la misura nella
quale le spese vanno divise tra i condividenti, ma non autorizza altresì,
come spesso vorrebbero alcuni legali, una sorta di diritto di prededuzione
in favore dei difensori sulle somme eventualmente ricavate dalla divisione,
nè addirittura, il legale di una delle parti può vantare un’azione diretta
verso i condividenti che non siano stati dallo stesso assistiti228. Tale
principio è stato di recente ribadito dalla Corte di Cassazione che ha
ritenuto che nell’ambito delle spese poste a carico dei condividenti in sede
225
Forchielli, op. cit., 114
226
Cassazione civile 21 febbraio 1985 n. 1529, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 2; Cassazione
civile 13 luglio 1991 n. 7797, in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 7
227
Così ex multis, Cassazione civile 22 maggio 1973 n. 1482, in Foro it. 1974, I, 488; Cassazione
civile 24 febbraio 1986 n. 1111, in Banca borsa tit. cred. 1987, II, 1; per Cassazione civile 15
gennaio 1985 n. 72, in Giur. it. 1985, I, 1, 1053, in caso di cessazione della materia del contendere
per rinunzia extraprocessuale, le spese dovrebbero ricadere a carico dell’attore rinunziante. In
dottrina per una tesi parzialmente difforme, Pavanini, op. cit., 480.
228
Cassazione civile 30 aprile 1955 n. 1215, in Foro it. Mass. 1955, 260
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Cassazione civile 24 settembre 2007 n. 19577
230
Cassazione civile n. 4237 del 1957
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ALLEGATI
Allegato n. 1: Mandato generico per la formazione del progetto di divisione
Allegato n. 2: Documenti da produrre prima della nomina del C.T.U.
Allegato n. 3: Delega al notaio per la vendita di immobili in comunione, in
caso di vendita disposta prima del 1 marzo 2006
Allegato n. 4: Mandato per l’ipotesi di esercizio dell’azione di riduzione,
ovvero di collazione
Allegato n. 5: Verbale delle operazioni di sorteggio
Allegato n. 6: Schema di decreto di trasferimento di immobile aggiudicato
Allegato n. 7: Delega al professionista per la vendita di immobili in
comunione, in caso di vendita disposta in giudizi introdotti dopo il 1 marzo
2006 in giudizi
Allegato n. 8: Delega al professionista per la vendita di immobili in
comunione, in caso di vendita disposta dopo il 1 marzo 2006, in giudizi già
pendenti a quella data
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Allegato n. 1
Udienza del _______________
Il G.I. conferisce al C.T.U. il seguente incarico:
1) Esaminata la documentazione acquisita ed espletati gli opportuni
accertamenti presso gli uffici dei pubblici registri immobiliari,
individuati, con riferimento ai titoli di provenienza, i beni oggetto della
massa da dividere e ne verifichi l'attuale appartenenza alle parti in causa,
specificando la misura di ciascuna quota;
2) Descriva dettagliatamente i beni stessi e ne dia la rappresentazione
grafica e fotografica;
3) Predisponga un progetto di comoda divisione con eventuali conguagli in
denaro;
4) Ove i beni non siano comodamente divisibili, dia adeguata spiegazione
di detta indivisibilità e determini il loro attuale valore di mercato,
chiarendo dettagliatamente i concreti elementi di stima e di confronto
assunti a sostegno della valutazione effettuata;
5) rilevi se gli immobili presentino, o meno, i requisiti che ne garantiscono
la legittimità urbanistica e ne consentano la commerciabilità ai sensi della
L. 28.2.85 n. 47 e succ. modif.
eventualmente:
determini il corrispettivo del godimento degli immobili da parte dei
condividenti che ne abbiano avuto l'uso esclusivo;
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Allegato n. 2
Prima che il G.I. possa disporre la consulenza tecnica
A) nei giudizi di divisione ereditaria o, comunque inerenti a successione è
necessario che l'attore esibisca:
1) titolo di provenienza dei beni in favore del de cuius;
2) iscrizioni e trascrizioni contro il de cuius dalla data di acquisto dei
cespiti alla data di apertura della successione ( ovvero di alienazione del
bene );
3) iscrizioni e trascrizioni contro i successori dalla data di apertura della
successione a quella di trascrizione della domanda;
4) copia di eventuali atti di donazione e/o dell'eventuale testamento.
*****************
B) Nei giudizi di scioglimento di altre comunioni è necessario esibire:
1) titolo di provenienza dei beni in favore dei condividenti;
2) iscrizioni e trascrizioni contro gli stessi dalla data di acquisto di ciascun
cespite a quella di trascrizione della domanda.
******************
Nelle divisioni aventi ad oggetto fondi rustici è altresì necessaria la
produzione in giudizio del certificato di destinazione urbanistica, relativo al
bene in comunione ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47/85.
*******************
N.B. Invece di esibire le certificazioni della competente Conservatoria dei
RR.II., l'interessato ha facoltà di produrre un attestato redatto da un notaio,
ovvero da altro professionista abilitato, in ordine alle risultanze dei registri
medesimi specificate sub 1, 2, 3, 4.
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Allegato n. 3
TRIBUNALE DI NAPOLI
II ª SEZIONE CIVILE
IL G.I.
- visti gli atti del proc. n. 2869 del ruolo generale affari contenziosi dell’anno 1990, vertente tra
- lette l’ordinanza del Tribunale del 26/11/96 e la sentenza in pari data con
la quale è stata disposta, previa delega ad un notaio da nominarsi, la
vendita all’incanto dei beni comuni;
- letti gli artt. 591 bis e 786 c.p.c.;
DELEGA
Il notaio Raffaella Caiazzo, con studio in Napoli alla via Cilea n.° 136, a
Angelica, scala D, 5° piano, int. 16, di vani 6, riportato in catasto alla partita
4713, in testa a Forte Adriana e Morra Antonio, cat. A/2, cl. 5, vani 6, rendita £.
La vendita avrà luogo presso lo studio del notaio, nella data e nell’ora che costui
- entro 10 gg. prima della data fissata per l’incanto ciascun offerente dovrà
presentare domanda al notaio delegato e depositare presso il suo studio il 20% del
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degli atti compiuti e lo schema del decreto di trasferimento di cui all’art. 586
catastale, nonché a tutti gli altri adempimenti di cui all’art. 591 bis c.p.c. comma
2° n. 5.
Manda alla cancelleria di dare avviso al notaio affinché prenda possesso della
Si comunichi.
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Allegato n. 4
1) in base alla documentazione prodotta dalle parti ed alle opportune
indagini presso gli Uffici della conservatoria dei RR. II., formi la massa
di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte
detraendone i debiti;
2) riunisca quindi fittiziamente i beni che risultino essere stati donati dal de
cuius, in base ai titoli in atti, secondo il valore al tempo dell'apertura
della successione, ivi compresi i beni donati a non coeredi, e sull'asse
così formato calcoli la quota di cui il defunto medesimo poteva disporre
e quella riservata ai legittimari ai sensi dell'art. 542 c.c.;
3) descriva dettagliatamente i beni sub 1) e 2), dandone rappresentazione
grafica e fotografica;
4) individui altresì quali siano i beni del de cuius non ricompresi nel
testamento del 31/8/80;
5) stimi quindi, con riferimento al tempo dell'apertura della successione, il
valore dei beni donati ad alcuni dei coeredi, senza dispensa da
collazione;
6) stabilisca, sempre con riguardo al valore sub 5), i beni che ciascuno
degli altri coeredi non donatari deve prelevare in proporzione della
propria quota ( da determinarsi in base all'art. 581 c.c. ) dalla massa
ereditaria, per conseguire un trattamento pari a quello effettuato in
favore dei coeredi donatari;
7) predisponga poi un progetto di comoda divisione dei beni oggetto di
prelevamenti in favore degli aventi diritto, o, in caso di non comoda
divisibilità, precisi, specificando compiutamente i criteri di stima
assunti, l'attuale valore di mercato dei beni stessi;
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Allegato n. 5
Verbale di attribuzione e di assegnazione di quote mediante sorteggio.
L'anno 1999 il giorno 4 febbraio, nella seconda sezione civile del Tribunale di Napoli,
innanzi al G.I. dr. Criscuolo assistito dal sottoscritto segretario sono comparsi.
procuratori costituiti, rilevato che è stato approvato con sentenza del 27 giugno 1997, il
progetto di divisione redatto dal C.T.U., chiedono che il G.I. provveda all'assegnazione,
Barbieri Giovanni, Barbieri Giuseppe, Barbieri Anna, Barbieri Vincenzo e Del Deo Rosa
Bianca, le quote di loro pertinenza sulla massa comune, nonché alla liquidazione delle
spese e competenze de1 procedimento ponendole, come per legge a carico della massa.
Il G.I. visto il progetto dì divisione contenuto nella relazione di perizia del c.t.u.,
non vi è contrasto tra le parti in ordine alla assegnazione delle quote per sorteggio, stanti
invocate dalle parti appagano l'esigenza cui soccorre il disposto dell'art. 729 c.c. di
dei condividenti alla comunione, nel mentre la modalità del sorteggio è compatibile
Indi il G.I. procede alla assegnazione mediante sorteggio, delle seguenti quote, così
come formate dal CTU nella sua richiamata relazione, del terreno e fabbricati rurali,
riportati nel Catasto rustico di Forio d’Ischia alla partita n. 13841, fol. 18, p.lle 52, 51 e
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353.
Prima quota
Appezzamento di terreno di mq. 956 in catasto p.lla 52 sub a, 704, confinante a nord con
Barbieri Giuseppe, a sud con p.lla 52, sub c, 706, ad est con viale di accesso, ed ad ovest
con eredi Monti Anna.
Plusvalenza di £. 975.000
Seconda quota
Appezzamento di terreno di mq. 436, con annesso fabbricato rurale di mq. 39, riportato
in catasto alla p.lla 52 sub c, 706, confinante a nord con il bene di cui alla prima quota, a
sud con p.lla 52, sub d, 707, ad est con il viale di accesso, ad ovest con eredi di Monti
Anna.
Plusvalenza di £. 975.000
Terza quota
Appezzamento di terreno di mq. 1323, riportato in catasto alla particella 52 sub d, 707,
confinante a nord con il bene di cui alla seconda quota, ad est con il viale di accesso, a
sud con strada vicinale Pennanova, ad ovest con erdei di Monti Anna.
Plusvalenza di £. 2.265.000.
Quarta quota
Appezzamento di terreno mq. 956 riportato in catasto alla particella 52, sub b, 705,
confinante a nord con Barbieri Giuseppe, a sud con particella n. 52, sub e, 708, ad est
Plusvalenza £. 975.000
Quinta quota
Appezzamento di terreno di mq. 1074 in catasto alla p.lla 52, sub e, 708, confinante a
nord con il bene di cui alla quarta quota, a sud con la strada vicinale Pennanova, ad est
Plusvalenza £. 2.215.000
Sesta Quota
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Appezzamento di terreno di mq. 580 in catasto alla p.lla 353, di natura ex vigneto di IV
classe, confinante a nord con Verde Lodovico, a sud con le p.lle 43 e 46, ad est con
Minusvalenza £. 7.495.000.
A carico delle prime cinque quote viene posta una servitù di passaggio della larghezza di
m. 4, così come riportato nel grafico n. 3 allegato alla c.t.u., colorata in giallo.
Al fine della assegnazione delle dette sei quote il G.I., prepara sei cartellini sui quali
1) Barbieri Fausta,
proprietario di 6/36;
proprietario di 6/36;
5) Barbieri Anna,
Il G.I. imbussola in due distinte scatole i due gruppi di cartellini e procede quindi alla
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Pertanto le quote, con i relativi diritti e quote sugli spazi e comodi comuni vengono così
definitivamente assegnati
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Agli assegnatari delle quote dalla prima alla quinta è fatto obbligo di corrispondere a
Il G.I.. si riserva per la determinazione delle spese del giudizio, con termine di gg. 10 per
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E’ verbale
Il Segretario Il G.I.
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Allegato n. 6
TRIBUNALE DI NAPOLI
II SEZIONE CIVILE
DECRETO DI TRASFERIMENTO EX ARTT. 586 E 788 C.P.C.
IL GIUDICE ISTRUTTORE
vista l'ordinanza resa in data 5/5/1998 nel procedimento civile n.° 24130/93
del Ruolo Generale Affari Contenziosi, avente ad oggetto lo scioglimento
di comunione, promosso da Zenone Gennaro, quale creditore pignorante,
nei confronti di Mazzola Alfonso + 11;
rilevato che con la menzionata ordinanza è stata disposta la vendita ai
pubblici incanti, per indivisibilità, del cespite immobiliare oggetto della
comunione in un unico lotto e secondo il prezzo base ribassato determinato
in €. 55.744,00, delegandosi per le operazioni di vendita, a norma degli
artt. 788 e 586 c.p.c., il Notaio dr. Antonio Tafuri con studio in Napoli alla
Calata Trinità Maggiore n.° 6;
rilevato che il bene da vendere è costituito da un appezzamento di terreno,
in Giugliano in Campania, in località Varcaturo, denominata <
Campanariello o Staffetta >, della superficie di are 10,00 ( dieci ),
confinante con proprietà D’Orta Bianca, Russo Giuseppe, Grimaldi
Antonietta e società < Agricola Varca S.r.l. >, riportato in Catasto alla
partita n. 25140, foglio 83/B, particella 912, are 1,99 seminativo, classe III,
R.D. 4.318, R.A. 2.288, particella 914, are 8,01, rutteto, classe III, R.D.
34.202, R.A. 20826;
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considerato che con verbale del 10/11/1998 a rogito del Notaio delegato,
repertoriato al n.° 45531/15657, Russo Nicola, coniugato in regime di
separazioine dei beni, si rese provvisoriamente aggiudicatario del bene di
cui sopra al prezzo di £. 56.744,00, a fronte del quale il medesimo aveva
versato la somma di €. 8.362,00 a titolo di cauzione, a mezzo assegno
circolare non trasferibile della Banca Popolare di Napoli – Filiale di
Qualiano n. , intestato al prefato notaio;
rilevato che con verbale del 23/11/1998 sempre a rogito del Notaio Tafuri,
repertorio n.° 45559, presosi atto del fatto che entro il 20/11/1998 non si
era verificato alcun aumento del sesto, l’aggiudicatario ha versato
l'ulteriore somma di, per un totale di € 56.744,00, mediante assegno
circolare non trasferibile, emesso dalla Banca Popolare di Napoli - Filiale
di Qualiano - recante il n. , intestato al notaio predetto;
constatato che alla vendita ai pubblici incanti si è proceduto nel rispetto
delle formalità previste dall' art. 576 c.p.c. e nei termini stabiliti dagli
avvisi di vendita, adeguatamente pubblicizzati e notificati e che nel termine
del 23/11/1998 è stato versato il prezzo integrale dell' aggiudicazione;
ritenuto pertanto che può essere pronunziato il decreto di trasferimento e
possono essere promossi gli altri provvedimenti di cui all' art. 586 c.p.c.;
P.Q.M.
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Allegato n. 7
N. R.G.A.C.
TRIBUNALE DI NAPOLI
II SEZIONE CIVILE
Delega ex art. 591 bis c.p.c.
Il g.i. dott.
_________________________________________________________________
_
visti gli atti e i documenti della causa, vista la sentenza non
definitiva del , con la quale è stata dichiarata la non comoda
divisibilità dei beni comuni, ovvero, sentiti i condividenti e
rilevato che in merito alla indivisibilità non sono sorte
contestazioni, non avendo peraltro alcuno dei condividenti fatto
richiesta di attribuzione, e che pertanto può procedersi in tal
senso con ordinanza
dispone
la vendita del bene immobile costituito da
in un unico lotto
vista la relazione del c.t.u.
ing./arch./geom.________________________________
determina
il valore del bene in comunione nel modo seguente:
-
_________________________________________________________________
_____________
-
_________________________________________________________________
_____________
-
_________________________________________________________________
_____________
delega
al compimento delle operazioni di vendita_______________________________________
con studio in
___________________________________________________________
e gli assegna, a titolo di fondo spese, la somma di € 2.000,00 a
carico di ____________________________assistito dall’avv.
_______________________
autorizza il delegato a richiedere alle medesime parti ulteriore
fondo spese di € 1.000,00 in caso di necessità di procedere alla
vendita con incanto.
Il delegato provvederà ad estrarre copia di tutti gli atti e
documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio ed in quelli di
parte, in quanto il primo rimarrà depositato presso la
Cancelleria del Tribunale.
Il delegato provvederà quindi a:
A)fissare un termine non inferiore a 90 giorni e non superiore a
120 giorni dalla comunicazione del presente provvedimento per la
presentazione delle offerte di acquisto per i beni non
comodamente divisibili;
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Allegato n. 8
R.G. 16441/2005
TRIBUNALE DI NAPOLI
III SEZIONE CIVILE
Il Giudice Istruttore dr. Raffaele Sabato, letti gli atti per sciogliere la
riserva nel procedimento tra
OSSERVA:
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P.Q.M.
DISPONE
DETERMINA
DELEGA
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