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Riassunti Davide Conti- L'Anima Nera della Repubblica

Storia dell'italia contemporanea (Università degli Studi Roma Tre)

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Davide Conti
L’anima nera della repubblica. Storia del MSI

Introduzione
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Il 27 gennaio 1995 con il congresso di Fiuggi si esauriva la storia politica dell’ultimo


partito della prima repubblica rimasto in vita dopo il crollo del muro di Berlino, la
fine della guerra fredda e l’inchiesta giudiziaria di mani pulite. La fine del MSI
chiudeva una parabola storica iniziata il 26 dicembre 1946 e conclusasi con il ritorno
al governo del paese dopo le elezioni democratiche del 27 marzo 1994. Il quasi
mezzo secolo di esistenza del neofascismo nell’Italia repubblicana e il suo ritorno alla
guida della nazione confermano come l’estrema destra non abbia rappresentato solo
un’anomalia o un fattore marginale della società politica, economica e civile. Questo
processo sottolinea come la destra data la sua estraneità al moto di rinnovamento
antifascista abbia rappresentato un’area molto ampia di settori sociali, economici e
politici; un prima caratteristica storico – identitaria del MSI sembra trarre origine
dalla collocazione del partito all’interno della frattura politico ed istituzionale
generatasi in Italia tra il 1947 – 48 come risultato dell’equilibrio bipolare della guerra
fredda. La scelta atlantica del 1951 da parte del MSI rappresenta un elemento di
continuità nella politica del partito provocata anche dall’immissione di ideologie
anticomuniste. Espressione di questa dimensione conflittuale è stato il capo storico
del partito Giorgio Almirante; quest’ultimo tentò di sostituire la discriminante
antifascista con quella politica dell’anti comunismo, delineando un sistema basato
sulla semplificazione del confronto tra un fronte delle sinistre e un blocco anti
comunista comprendente tutti i partiti atlantici dove il MSI avrebbe svolto la funzione
di agguerrita avanguardia. La strage di piazza Fontana rappresentò il punto maggiore
di crisi del sistema, mostrando la presenza e la potenzialità eversiva di una
consistente anima autoritaria presente all’interno della stessa repubblica. Infatti gli
attentati a Roma e Milano del 1969 possiamo considerarli in due modi:
 Una risposta al protagonismo operaio e studentesco del biennio del 1968 – 69;
 L’espressione reazionaria di un vulnus molto più ampio è radicato di quanto
non fosse la consistenza della rappresentanza parlamentare missina.
La fase più acuta della strategia della tensione fu tra il 1969 – 1973, gli attentati di
matrice di estrema destra aumentarono in larga misura con l’aumento del peso
elettorale del MSI, pur senza permettergli una definitiva fuoriuscita dalla sua
emarginazione politica. Negli anni 70 la linea politica del MSI presenta alcune
direttive:
 Riassorbimento di ordine nuovo;
 Rilancio dell’attivismo militante della piazza di destra;
 Funzione di rappresentanza del ribellismo delle aree depresse del mezzogiorno;
 Istanza d’ordine nel nord Italia.
La prospettiva strategica del segretario si contrappose frontalmente con il quadro
politico istituzionale della repubblica antifascista puntando ad una delegittimazione
del sistema; la carica anti sistemica del MSI si espresse attraverso la rivendicazione
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del primato assoluto dello stato inteso come forma organica della società, opposto
alla più complessa articolazione della società aperta e mediata dagli istituti di
rappresentanza. Il vincolo internazionale portò in Italia ad un fattore noto come
conventio ad excludendum nei confronti delle estreme infatti:
 Il MSI tentò di legittimarsi facendo leva sul vincolo esterno della politica
estera;
 Il PCI cercò di superare il suo stato di discriminazione sviluppando al massimo
la sua funzione nazionale.
La variabile sociale che determinò le condizioni favorevoli alla rioccupazione di uno
spazio nazionale, da parte dell’estrema destra fu il fallimento del progetto
riformistico del centro sinistra, soprattutto sul piano piano dell’unificazione
economica del paese e dello sviluppo del mezzogiorno. La rivolta di Reggio Calabria
in quest’ottica divenne un elemento di caratterizzazione della segreteria di Almirante,
che rilanciò la funzione del MSI come elemento di contrasto alle insufficienze a
livello politico del centro – sinistra; la crescita della destra trasse le sue ragioni
soprattutto dall’opposizione alle riforme del centro – sinistra e dalla critica dei suoi
fallimenti. Il MSI tra il 1973 e il 1974 riuscì a ridefinire il suo ruolo egemonico
coniugando le tendenze radicali come l’uso della violenza in chiave anticomunista,
con gli indirizzi d’ordine dei corpi militari dell’esercito, dei servizi segreti e di alcuni
settori dei ministeri dell’interno e della difesa. Tuttavia la linea Almirante si scontrò
anche con il contesto storico – politico caratterizzato soprattutto dalla crisi economica
italiana, infatti dalla metà degli anni 70’ nel paese cambiò la dinamica politica
nazionale, che andò in assoluta controtendenza con la crescita dell’estrema destra.
Tuttavia l’impossibilità del MSI di porsi come rappresentante autonomo ossia
svincolato dal rapporto con la destra DC, portò al fallimento del progetto originario
della segreteria di Almirante; concludendo così la fase incentrata sull’idea
dell’estremizzazione della logia della costituzione materiale nella sua declinazione
anti comunista e sull’uso del MSI come grimaldello anti sistemico. Inoltre nel paese
stavano cambiando le condizioni politiche in quanto dal 1973 si andava verso una
progressiva attenuazione della conventio ad excludendum verso il PCI. Esauritasi la
fase alta della segreteria Almirante gli anni 80’ furono un decennio dove il MSI si
scontrò con l’impossibilità di e l’incapacità di affrancarsi dal retaggio identitario
neofascista. Il crollo del muro di Berlino e la fine della prima repubblica tra il 1989 –
1993 determinarono la crisi del paradigma antifascista su cui era basata la legittimità
delle forze fondatrici della democrazia costituzionale italiana. La combinazione di
questi elementi determinò il rientro dell’estrema destra in un perimetro politico –
istituzionale da cui formalmente era sempre stata esclusa; soprattutto la crisi della
prima di legittimità e credibilità della prima repubblica offrì al MSI la possibilità di
presentarsi come l’unica forza antisistema non coinvolta nella gestione consociativa
del potere e del sistema illecito di finanziamenti alla politica. La vittoria alle elezioni
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politiche del 1994 ed il congresso di Fiuggi del 1995, in quanto il crollo della
repubblica antifascista portava infine alla riemersione della sua anima nera.
Cap.1- Fascisti in democrazia: dalla clandestinità al partito legale
Par.1.1- Il ritorno alla politica degli esuli in patria
Dopo la disfatta bellica e la fine tragica della repubblica di Salò il movimento sociale
non sarebbe nato, il senato una struttura presieduta da Pino Romualdi che coordinò
l’ambiente neo fascista nel periodo della clandestinità, instaurò rapporti diretti sia con
la monarchia che con il fronte repubblicano. Il primo embrione del MSI attivò una
dialettica con i partiti antifascisti interessati:
 Al controllo dell’ordine pubblico;
 Alla stabilizzazione del nuovo assetto politico;
 Al consolidamento e allo sviluppo delle forme del nascente regime
democratico.
In questo contesto la fine del governo Parri, il fallimento dell’epurazione e le leggi di
amnistia si configurarono come degli elementi cardine della normalizzazione del
quadro politico post-fascista; andando a creare le condizioni per la nascita di un
raggruppamento di reduci che nel 1946 fondarono il MSI, questa prima fase prende il
nome di fase del clandestinismo eversivo. Nella prima segreteria Almirante si
consumò il primo conflitto interno al neo fascismo, Almirante infatti era considerato
una figura troppo compromessa con il vecchio regime. La sinistra e la segreteria
Almirante mantenevano una linea di rifiuto del patto Atlantico marginalizzando così
il MSI in una posizione di terzaforzismo tra i due blocchi. La crisi politica del 1947
culminata nella delicatissima di transizione tra il III e IV governo De Gasperi, venne
caratterizzata dalla strage di Portella della Ginestra. In un quadro in cui l’anti
comunismo assurgeva a modello di guida dello stato a conduzione DC, lo spazio del
MSI seppur ridotto dalla presenza egemonica democristiana, acquisiva un senso
specifico di attivismo militante in chiave anti – PCI. Le elezioni amministrative del
1947 a Roma e quelle successive del 18 aprile 1948 segnarono una prima forma di
legittimazione del sistema consentendo l’esistenza del partito nella repubblica
democratica e antifascista. La segreteria di Augusto de Marsanich subentrato ad
Almirante nel 1950 si caratterizzò per l’opera di stabilizzazione del MSI nonostante
gli arresti del maggio 1951 di alcuni esponenti tra i quali Pino Rauti per una serie di
attentati dinamitardi. Il MSI venne accettato ufficialmente come sistema militare
anticomunista solo con la conferenza stampa del 28 novembre 1951; sino a quel
momento il movimento aveva mantenuto un carattere molto refrattario alla
democrazia politica e all’adesione al patto Atlantico. Il consolidamento del MSI fu
possibile perché nelle elezioni del 1951 molti votanti di destra diedero il loro voto al
MSI e al partito nazionale monarchico soprattutto al Sud Italia; la chiesa per cercare
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di sanare questa frattura promosse l’operazione Sturzo ossia un apparentamento tra


DC e MSI, che tuttavia De Gasperi rifiutò poiché il PSDI e il PRI avrebbero potuto
ricomporre un fronte anti fascista con a capo il PCI. Dopo la proibizione governativa
del congresso di Bari del 1951 e la presentazione della legge Scelba, la base del
partito e le correnti repubblicane della sinistra missina accettarono l’alleanza con il
PNM per le elezioni del 1951 – 52; la discussione della legge Scelba fu un nuovo
terreno di scontro tra le due anime missine con Almirante che con alcuni interventi
attaccò De Marsanich e alcuni organi di stampa missina che chiedevano l’espulsione
dell’ex segretario. La legge Scelba del 23 giugno 1952 rappresentò un nuovo rilancio
della centralità democristiana nella lotta contro i due estremismi contrapposti di
destra e sinistra; questi provvedimenti avevano una struttura di legge polivalente, con
la quale la DC si propose di riformare il codice penale in materia di conflitti sociali
reprimendo duramente occupazioni di terre, fabbriche, scioperi e sabotaggi. Il III°
congresso nazionale del MSI si tenne a L’Aquila il 26 luglio 1952 e si registrò uno
scontro tra le varie correnti che formavano il movimento:
 Il centro guidato da De Marsanich e Michelini;
 La corrente guidata da Almirante;
 La corrente guidata da Romualdi.
Almirante propose di sfruttare la strategia della DC della conventio ad excludendum
del PCI, per poter puntare non ha influenzare le coalizioni centriste ma la forma dello
stato repubblicano, trasformandolo da democrazia parlamentare in una repubblica
presidenziale. La mancata entrata in vigore della legge maggioritaria la cosiddetta
legge truffa evidenziò la crepa del blocco sociale centrista, sancendo la fine dell’era
de gasperiana e con essa l’esaurimento di un modello organizzativo basato sull’asse
con la confindustria di Angelo Costa. L’ottimo risultato ottenuto nelle elezioni
politiche del 1953 segnò il culmine e la conclusione della segreteria di De Marsanich,
tuttavia il MSI nonostante la crescita elettorale continuò a scontare da un lato la
chiusura della maggioranza della DC e da un altro la valutazione negativa del
governo americano che lo considerava un partito anti-americano, nazionalista e
isolazionista, sostanzialmente inutile. Il governo Scelba entrò in carica dal 10
febbraio 1954 e sembrò rispondere ad alcune nuove istanze politiche, l’agenda del
governo prevedeva:
 Un piano di riforme sociali;
 La firma del trattato della CED da parte italiana;
 La soluzione della questione di Trieste;
 La strutturazione di un accordo quadro tra USA e Italia per una maggiore
collaborazione in ambito NATO.
Scelba tentò un aggiornamento dinamico mantenendo tuttavia la chiusura sia a destra
che a sinistra, tuttavia le possibilità per l’MSI di inserirsi in quel ampio fronte
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anticomunista fallì quando ci fu l’asse tra PLI e DC, che come nuovo segretario
scelse nel 1954 Amintore Fanfani; infatti il cambio al vertice democristiano
ridimensionò la prospettiva dell’inserimento missino fino ad allora sostenuta dai
proprietari terriere del sud. A ciò si aggiunse che la mancata intesa sul piano
nazionale con Achille Lauro chiuse alla direzione missina un’importante fonte di
finanziamento, la crisi interna al MSI ebbe la sua chiarificazione l’11 ottobre 1954.
Tuttavia i nuovi equilibri emersi nel comitato centrale si erano già manifestati durante
il IV° congresso di Viareggio del 9 gennaio 1954, quando Almirante decise di
schierarsi con la parte filo atlantica del movimento. Tra il 15 e il 16 agosto 1954 i
partiti neofascisti europei si riunirono nel convegno internazionale di Madrid dove si
discusse sulla costituzione di gruppi paramilitari come le Far o i Gas in funzione
anticomunista. Le elezioni amministrative rappresentarono un obiettivo centrale per
la strategia del MSI, in quanto un successo del blocco monarchico missino nel sud
Italia e l’avvio di una collaborazione di governo nelle amministrazioni locali avrebbe
facilitato il processo di collaborazione organica con lo schieramento centrista anche
su scala nazionale. Infatti il PNM doveva svolgere la funzione di cuscinetto tra DC e
MSI in parlamento, dove i missini al contrario avrebbero mantenuto un atteggiamento
di opposizione al quadripartito:
 DC, PSDI, PLI e PRI.
Tuttavia nonostante le difficoltà iniziali alla fine la segreteria di Michelini riuscì a
consolidarsi affermando la linea politica dell’inserimento e dell’alleanza con il PNM
che avrebbe portato anche i finanziamenti di Carlo Pignatelli il presidente della
Vacum Oil Company.
Par.1.2- La segreteria Michelini: dall’inserimento alla caduta del governo
Tambroni
La reazione politica di fronte all’ascesa di Fanfani e all’esaurimento del governo
Scelba rappresentò un punto di contatto politicamente significativo tra destra DC e
MSI; nell’estate del 1954 dopo la scomparsa di De Gasperi le componenti
democristiane già promotrici dell’operazione Sturzo guardarono alla possibilità di un
nuovo avvicinamento con MSI e PNM, con l’idea di impedire le riforme sociali che
erano state alla base del programma centrista del governo Scelba. La fine del governo
Scelba e l’insediamento del governo Segni chiuse la fase di egemonia centrista sul
terreno della lotta al PCI; tuttavia i deludenti risultati nelle amministrative del 1956
riattivarono lo scontro all’interno del MSI tra l’opposizione tenuta da Almirante e i
gruppi dissidenti di Ordine Nuovo ed il raggruppamento giovanile studenti
lavoratori (RGSL), guidato da Giulio Caradonna. Proprio il gruppo di Caradonna il
9 marzo 1955 realizzò un’azione squadrista contro la sede del PCI, mentre si
discuteva sull’Unione Europea Occidentale e il riarmo della tedesco; nella notte tra il
26 e il 27 ottobre 1955 un ordigno esplose presso la sede nazionale della CGIL a
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Roma, questo attentato venne sconfessato pubblicamente dall’organo di opposizione


guidato da Almirante. L’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS risvegliò le
spinte intransigenti del neo fascismo; la maggioranza micheliana ribadì il respiro
strategico dell’alleanza con i monarchici nella prospettiva di rompere l’isolamento
missino. L’opposizione guidata da Almirante e appoggiata da Pino Rauti sostenne la
necessità di alimentare una dinamica politica aperta all’intervento sociale che avrebbe
consentito sia il rilancio dell’anticomunismo ispirato alla competizione con il PCI sul
terreno dell’acquisizione del consenso tra le classi medie e subalterne. Ma soprattutto
per cercare di riformulare il tratto identitario e il potere coalittivo del partito,
cercando di allargare l’influenza non solo all’area conservatrice ma allargandosi
anche alle fasce proletarie e sotto proletarie. Ciò soprattutto nel sud Italia in quanto
queste ultime erano capaci di conferire al MSI quella carica sovversiva che aveva
rappresentato la peculiarità del fenomeno fascista. Tuttavia la direzione fu duramente
attaccata da Almirante che indicò nel comunismo e nella destra economica i nemici
dei principi sociali e corporativi del MSI. La riconferma di Michelini come segretario
portò ad una scissione con il gruppo di ordine nuovo guidato da Pino Rauti, Clemente
Graziani e Stefano delle Chiaie. Tuttavia la maggioranza nazional – conservatrice
riuscì ad accordarsi con Almirante e l’anno successivo rientrò in direzione nazionale
rafforzando così il proprio ruolo soprattutto sul piano politico ed economico.
Par.1.3- L’offensiva del PLI con il MSI micheliniano
La proposta della grande destra fallì sia per il rifiuto del PLI di Giovanni, sia per
l’opposizione della confindustria, il fallimento del progetto della grande destra si
collocava all’interno di relazioni tra le componenti economico – sociali del blocco
conservatore a egemonia centrista. Il progetto liberale si sviluppò a partire dal primo
trimestre del 1957 quando aumentarono i contatti tra Malagodi e alcuni dirigenti
provinciali del MSI, tuttavia il grado di profondità di alcuni contatti costituì un serio
pericolo in termini di disgregazione del MSI tanto da obbligare Michelini alla censura
della condotta di Gianfranceschi reo di aver incontrato Malagodi con lo scopo di far
entrare il MSI nell’area liberale. Tuttavia questa operazione di ridimensionamento dei
missini da parte del PLI di Malagodi si rivelò molto complicata, causa la diffidenza di
molti liberali ad assorbire organizzazioni di base provenienti dall’area neo fascista. In
ultima istanza il PLI compì una mappatura di quelle componenti del MSI pronte a
confluire in un progetto liberale, anche per testarne la loro affidabilità politica.
Par.1.4- Il governo Tambroni e la crisi della segreteria Michelini
La ratifica dell’indisponibilità liberale alla formazione di una grande destra determinò
la crisi strategica della linea del partito e di nuovo lo relegò in una posizione di
marginalità, la sconfitta elettorale alle elezioni politiche del 1958 e l’arretramento
della destra monarchica sembrò chiudere l’opzione dell’inserimento acuendo la crisi
politica e finanziaria del partito già manifestatasi con la scissione di Ordine Nuovo.
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La fine del governo Fanfani e la formazione del governo Segni fecero emergere il
conflitto interno alla DC tra coloro che erano inclini all’apertura a sinistra con il PSI e
coloro che invece ne erano contrari. Infatti il PSI si era sganciato dal PCI nel 1956
dopo la denuncia nel XX° congresso del PCUS delle repressioni dell’epoca staliniana
e l’invasione sovietica dell’Ungheria. Il 25 marzo 1960 fu formato un esecutivo con
maggioranza DC-MSI e quattro deputati monarchici, la direzione nazionale
democristiana sfiduciava il gabinetto chiedendo le dimissioni di Tambroni. La
formazione di questo esecutivo di destra portò ad una grande mobilitazione da parte
dei partiti antifascisti con una conseguente crisi dell’ordine pubblico in tutto il paese,
che provocarono morti e feriti in varie città di Italia. Ciò determinò l’annullamento
del congresso del MSI, la caduta del governo Tambroni e la nascita del centro –
sinistra; sanzionando una sconfitta politica per il MSI che fece emergere le
contraddizioni interne. Il 5 luglio venne data alle fiamme la casa del dirigente
comunista dell’ANPI Arrigo Boldrini e la notte del 7 luglio fu fatta saltare
l’automobile di Carlo Levi; questi fatti determinarono la crisi irreversibile della
strategia dell’inserimento di Michelini, ma allo stesso si sviluppò una crisi a livello di
struttura partitica negli ambienti neo fascisti. Il centro – sinistra assunse il carattere di
risposta complessiva e articolata che il sistema politico ed industriale italiano
chiedeva; il respiro strategico del progetto vanificò anche tutti i tentativi di rilancio di
una formula tambroniana. Infatti il centro – sinistra si pose come obiettivi:
 L’unificazione economica del paese attraverso il superamento degli squilibri tra
aree geografiche sviluppate e non;
 L’espansione dei consumi individuali e il sottosviluppo dei consumi e dei
servizi collettivi;
Il centro – sinistra elaborato da Moro si andò configurando come un progetto ampio
all’interno del quale ogni componente centrista avrebbe potuto svolgere un ruolo
funzionale al mantenimento dell’equilibrio politico.
Par.1.5- Centro – sinistra e crisi del MSI
Il MSI cercò attraverso alcuni suoi esponenti atlantici una ripresa dei collegamenti
con organizzazioni internazionali ostili alla distensione, al fine di rilanciare nella
destra occidentale forme di contrasto al nuovo indirizzo politico lanciato da Kennedy.
Il 23 febbraio 1962 alcuni esponenti del MSI Borghese, Caradonna e Anfuso si
incontrarono a Roma con Oswald Mosley, il fondatore del British Union Fascist,
interessato a raccogliere informazioni per conto del governo di Londra sugli sviluppi
dell’apertura a sinistra in Italia, ma soprattutto il peso dell’opposizione di destra
avrebbe potuto raccogliere per impedire la formazione di un governo con all’interno
il PSI. Le trasformazioni di inizio anni 60’ in Italia portarono il MSI verso
un’inesorabile marginalizzazione politica e una conseguente frammentazione
dell’area di estrema destra, le scissioni dei gruppi di ordine nuovo e di avanguardia
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nazionale, unite al traumatico epilogo del congresso di Genova avevano creato


soprattutto nella parte giovanile del movimento un sentimento di frustrazione verso la
linea politica della segreteria sentita come un freno dell’anima originaria del
fascismo. Inoltre il peggioramento dei rapporti internazionali ridussero ai minimi
termini le disponibilità economiche per la campagna elettorale del 1963; il partito di
Michelini tuttavia se da un lato non riuscì a intercettare il consenso dell’opinione
pubblica contraria all’apertura a sinistra, dall’altra non subì il crollo temuto dopo la
sconfitta di Genova ed il restringimento dei fondi economici. Il fenomeno politico
missino espresse di nuovo delle caratteristiche peculiari, infatti il movimento missino
sviluppava una non trascurabile forza di attrazione politico – elettorale su quella parte
della dell’opinione pubblica che ancora non riusciva ad accettare il sistema
pluralistico e la centralità del conflitto inteso come fattore sistematico dei regimi
democratici. Michelini il 2 agosto 1963 convoca il congresso a Roma per parlare di
temi come il contesto nazionale e la politica della distensione e le scissioni di Ordine
nuovo e Avanguardia nazionale:
 Avanguardia Nazionale: si caratterizzò per una maggiore intransigenza
rispetto al sostegno elettorale al partito tanto da proporre ai gruppi dissidenti
l’astensione nelle elezioni politiche e amministrative;
 Ordine nuovo: pur mantenendo un’accesa critica a Michelini, teorizzò un suo
ritorno nel MSI una volta destituito il segretario.
La pressione contro Michelini si articolò su un doppio binario:
 Uno interno rappresentato da Almirante;
 Uno esterno che agiva sugli equilibri di base del partito.
Il prevalere della linea Michelini al congresso mostrò un partito ancora controllato
dal segretario che completò il proprio successo con l’acquisizione del secolo di
Italia; le vicende del 1964 relative al Piano Solo che coinvolse il presidente Antonio
Segni e il generale Giovanni De Lorenzo, spinsero l’intero ambiente neofascista a
riformulare complessivamente la propria funzione ed identità rispetto alla lotta al
comunismo. Il piano solo articolato come opposizione all’indirizzo riformatore del
centro – sinistra, rafforzò l’idea nell’estrema destra che con un’aggregazione di molti
ambienti da quello economico sino a quello religioso si poteva dirigere un blocco
conservatore che avesse sia la spinta sovversiva dell’estrema destra sia le istanze
reazionarie dei settori del ceto medio. Lo stesso piano solo sembrò comprendere una
collaborazione tra militari e civili articolata attorno ad una manifestazione che si
sarebbe dovuta svolgere a Roma finalizzata alla realizzazione di un golpe in Italia. Il
Msi in questo caso assunse una posizione favorevole alla manifestazione, tuttavia
rimaneva un problema infatti lo stesso De Lorenzo aveva sottolineato in un colloquio
con l’Ambasciatore USA che in Italia doveva nascere un partito di destra con
funzioni di orientamento e indirizzo politico e ideologico dell’ambiente militare. In
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quanto non si poteva fare affidamento sul MSI o il PNM, tuttavia il PLI avrebbe
potuto svolgere un ruolo di aggregazione per una nuova formazione che aggregasse al
suo interno il PNM e la parte più moderata del MSI. Questa formazione avrebbe
avuto l’appoggio diretto ed indiretto dei militari nelle elezioni politiche in modo da
evitare in Italia una possibile sovversione comunista.
Par.1.6- Il nuovo accordo Michelini – Almirante
Dopo l’estate del 1964 il centro – sinistra superò la fase più complessa della sua
composizione attraversando oltre alla crisi di luglio anche le resistenze ai progetti
riformatori dei settori più conservatori della Confindustria. La tenuta del centro –
sinistra confermò l’esaurimento della strategia dell’inserimento conducendo l’MSI al
suo VIII° congresso organizzato a Pescara nel giugno del 1965 con il permanente
scontro tra Michelini ed Almirante. Ordine nuovo infatti si impegnò nell’area
extraparlamentare in un’azione di sostegno alla candidatura di Almirante come
segretario; il congresso missino del 1965 venne certamente influenzato dall’eco del
congresso organizzato a Roma da Ordine nuovo il 3 maggio. La candidatura di
Almirante fu sostenuta anche da delle Chiaie che auspicava una svolta capace di
ricollocarlo nel partito visto che tra il 1960 e il 1965 aveva accumulato con
Avanguardia nazionale una serie di denunce e inchieste della magistratura per attività
squadriste. I risultati del congresso con l’accordo tra Michelini e Almirante segnarono
la prima fase di vita del gruppo di Delle Chiaie che pur sciogliendosi ufficialmente
rimase organizzato in forme più agili e meno visibili. L’accordo precongressuale tra
Michelini e Almirante portò ad una gestione unitaria determinando però una frattura
nella corrente di Rinnovamento.
Cap.2- I fratelli separati: Fronte nazionale, ordine nuovo, avanguardia
nazionale
Par.2.1- L’anticomunismo democratico e la crisi missina
Il processo di unificazione tra PSI e PSDI tra il 1965 – 1966 si configurò come una
delle cause del progressivo restringimento dell’area della rappresentanza del MSI;
l’unificazione socialista fino al 1968 si propose come fattore capace di ridurre e
marginalizzare l’influenza del PCI nel paese ed esautorare la funzione anticomunista
del MSI. Tuttavia non rendeva meno diffidenti gli esponenti della NATO
sull’esperienza del governo di centro – sinistra in Italia; tuttavia il riposizionamento
sulla linea dell’anticomunismo democratico riprodotto a destra dal PLI e a sinistra
da PRI, PSDI, PSI e al centro dalla DC, riconfermò l’impossibilità per il MSI di
inserirsi nell’area governativa. Questo quadro dimostrò la crisi identitaria e della
rappresentanza ed inoltre sancì l’esaurimento del respiro strategico della linea
Michelini. Ciò costrinse Almirante a creare strutture semiclandestine che avevano il
compito mantenere una dialettica tra le aree dissidenti del movimento e la segreteria,
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queste strutture furono affidate alla gestione del principe Borghese. Tuttavia questi
tentativi di ricomposizione della segreteria fallirono e né Borghese e né Rauti
accettarono il rientro nel MSI. Questo rifiuto non fece che aumentare le difficoltà
politiche del movimento coinvolgendo anche il settore giovanile; la crisi rischiò una
rapida accelerazione dopo la convergenza Borghese – Rauti sulla costituzione di un
fronte nazionale come nuovo soggetto di aggregazione anticomunista. La segreteria
si trovò dunque a fronteggiare la contestazione dei gruppi extraparlamentari che in
passato avevano fatto capo ad Almirante, mentre sul fronte parlamentare Michelini si
vide incalzato dal dinamismo del PLI sui temi dell’anticomunismo e dell’opposizione
al centro sinistra e ciò contribuì a spingere il MSI verso la marginalizzazione e la sua
segreteria all’esaurimento della prospettiva politica.
Par.2.2- Ordine nuovo, fronte nazionale e la fine dell’era Michelini
Ordine nuovo si propose di raccogliere il malcontento della base giovanile del MSI
emerso nella fase iniziale della mobilitazione studentesca del 1968, in gruppo di
Rauti non fu certo favorevole alla contestazione nata nelle università italiane, tuttavia
definì un grosso errore a cui difficilmente si poteva rimediare l’aggressione
squadrista che il MSI organizzò il 16 marzo 1968 all’università, quando i missini
guidati da Almirante e Caradonna decisero di assaltare la facoltà di lettere occupata
dagli studenti. Ordine nuovo inserì i fatti dell’università di Roma in una dimensione
diversa di lotta al comunismo, ragionando non su una politica di scontro fisico, ma al
contrario sull’inserimento di quadri e militanti fascisti nel movimento studentesco,
per deviarne in senso anticomunista l’indirizzo generale. Nel primo semestre del
1968 si registrò una convergenza tra Rauti e Borghese nell’ottica di creare una
struttura concorrente al MSI in grado di aggregare altre forze anticomuniste. Il
gruppo dirigente di ordine nuovo colse il nesso tra il ridimensionamento parlamentare
e la crisi della segreteria, cercando di usare come mezzo di ricomposizione politica la
campagna astensionista. Il MSI si presentò alle elezioni politiche del maggio 1968,
recuperando le conclusioni della mozione finale del congresso del 1965 e
riformulandone i contenuti con forme meno anti sistemiche e più inclini ad un partito
conservatore. Proseguendo così il processo di scioglimento delle peculiarità dottrinali
del fascismo all’interno della formazione di un ampio blocco anticomunista; sul piano
nazionale la propaganda missina del 1968 si concentrò sulla critica della corrente
dorotea della DC. Il MSI pose al centro della sua campagna elettorale proprio la
competizione nello spazio politico del conservatorismo cattolico, accusando la classe
dirigente della DC di aver avviato un colloquio di collaborazione politica e al potere
con la classe dirigente comunista; rivendicando dunque il voto al MSI come l’unico
voto anticomunista efficace.

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Par.2.3- L’estrema destra dopo le elezione del 1968: l’ascesa di ordine nuovo
Le elezioni del 1968 segnarono una crescita della DC e del PCI ed una secca sconfitta
del PSU che determinò la crisi della formula di centro – sinistra; i risultati elettorali
non solo segnarono la sconfitta del governo DC – PSI ma evidenziarono il fallimento
della strategia che aveva cercato di promuovere in senso comunista, il definitivo
inserimento delle masse operaie e proletarie italiane nel sistema politico nazionale.
Coniugando una nuova rappresentanza parlamentare di sinistra; il crollo socialista
comportò il fallimento della strategia del centro – sinistra sia sul piano delle riforme
che su quello dello sblocco del sistema politico – parlamentare. La dirigenza missina
pose l’accento sull’indebolimento strutturale del blocco della DC e sulla dimensione
politica della crisi della funzione anticomunista, sanzionata dalla sconfitta del PSU;
ciò potè avvenire con il logoramento dei precedenti equilibri economico – produttivi
del paese che diverranno evidenti nel 1969 con l’incontro tra il movimento operaio e
quello studentesco, che accelerò lo spostamento dell’asse politica verso sinistra. Il 21
luglio 1968 Ordine nuovo convocò a Roma presso il Circolo dei selvatici un consiglio
nazionale che parlava di questi temi: “tattica e strategia di un nuovo strumento di
azione politica; problema dell’anticomunismo; precisazioni sull’iniziativa del
comandante Borghese; innovazioni nella struttura organizzativa”. Al consiglio
parteciparono anche i delegati di ordine nuovo e molti esponenti di avanguardia
nazionale; Rauti affrontò inoltre il tema della lotta al comunismo precisando come
esso non avanzasse anche grazie ad azioni che rientrano nella dizione di guerra
sovversiva. L’Italia del 1968 si presentava come un paese con molte strutture
industriali ed una crescente concentrazione umana nei centri urbani, dunque per
svolgere un’attività politica incisiva finalizzata alla rivoluzione nazionale era
necessario portare avanti una discontinuità con il passato, per allagare lo spazio
politico dell’estrema destra oltre il perimetro storicamente definito.
Par.2.4- L’incubazione della strategia della tensione
L’elezione di Kennedy alla presidenza USA, la distensione politica internazionale e la
politica di riforme, produssero un ipotesi di apertura a sinistra sia in Germania e in
Italia, ciò in parte teorizzato dalla nuova amministrazione di Washington. In questo
contesto si collocò l’elaborazione delle teorie della controinsorgenza e della guerra
rivoluzionaria da parte degli alti vertici militari dell’alleanza atlantica. La
controinsorgenza si caratterizzò principalmente come una dottrina di carattere
militare utilizzata prevalentemente nelle aree dei paesi asiatici, latinoamericani e
africani dove la guerriglia assumeva non più un ruolo tattico di supporto agli eserciti
regolari. La guerriglia stava assumendo una funzione strategica capace di sovvertire i
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rapporti di forza iniziali, in grado quindi di rappresentare per i popoli dei paesi in via
di sviluppo un’opzione praticabile di lotta per l’emancipazione. Infatti eventi come:
 I processi di decolonizzazione;
 La rivoluzione castrista a Cuba;
 Il conflitto vietnamita.
Erano la prova che la guerriglia costituiva un’inversione dei tradizionali rapporti tra
politica e guerra; fu infatti Carl Schmitt agli inizi degli anni 60’ ad elaborare la
teoria della controinsorgenza come unica risposta possibile alla guerriglia, bisognava
infatti costituire delle strutture organizzate sul modello della OAS. La
controinsorgenza successivamente entrò nei manuali militari statunitensi, fu ripresa
dal generale Westmoreland che teorizzò apertamente il diritto americano
all’ingerenza nelle questioni dei paesi stranieri, con l’eventuale modifica della
struttura dei loro governi nel quadro della lotta anticomunista. In questa logica ai
partiti comunisti che operavano secondo i criteri della legalità democratica venne
attribuita una funzione oggettivamente rivoluzionaria; questo perché i comunisti
starebbero usando i sistemi istituzionali con lo scopo di indebolire con la loro azione
legale la struttura interna dello stato per determinarne una sua crisi irreversibile. Il
conflitto dunque assumeva una fisionomia nuova rispetto alla connotazione classica,
inserendo l’elemento di una competizione politico – militare; dunque l’iniziativa di
Rauti, Beltrametti e Giannettini non era l’elaborazione di una nuova strategia
d’azione anticomunista, ma solo il segno di una congiunzione interna di una strategia
politico – militare internazionale di origine atlantica.
Par.2.5- Ordine nuovo: dal neofascismo agli Stati Maggiori Allargati
Il fulcro dell’organizzazione si compose sull’asse Roma – Triveneto, infatti proprio le
cellule di Padova, Verona, Vicenza e Venezia – Mestre attivarono rapporti con le
strutture dei comandi NATO sul territorio. Sul piano europeo Ordine Nuovo allacciò
relazioni con la Germania ovest, con la Spagna, con il Portogallo e con il regime
militare greco. L’evoluzione di Ordine nuovo ebbe il suo compimento nel quadro
della formazione dei nuclei di difesa dello stato (NDS), un’operazione mista
realizzata da civili e militari in cui la presenza di ordinovisti ed esponenti
dell’estrema destra fu molto ampia. La funzione di ordine nuovo all’interno
dell’operazione NDS divenne centrale a partire dal 1966 facendo riferimento la
gruppo dirigente della cellula guidata da Maggi. I dirigenti di ordine nuovo istituirono
uno speciale centro studi e documentazione sulla guerra psicologica diretto da
Clemente Graziani, inoltre allacciarono rapporti con l’agenzia di stampa di Lisbona la
Aginter Presse. I contatti Aginter Presse – ordine nuovo modificarono indirettamente
la geografia politica interna al MSI, permettendo a Guerin Serac di stabilire un
rapporto collaborativo con di il gruppo Bruschi di Milano, con i missini e in
particolare con l’onorevole Caradonna e con la Giovane Italia. Ordine nuovo costituì
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per tanto il gruppo italiano di maggior confidenza a cui venne chiesta una stretta
collaborazione per preparare di volontari e provvedere alla creazione di agenti di
collegamento nelle principali città italiane che possono servire a favorire le missioni
anticomuniste di gruppi esteri nel nostro paese.
Par.2.6- Ordine nuovo tra convergenza col fronte nazionale e politica
dell’ombrello
Dopo le elezioni del 1968 Ordine nuovo sostenne la proposta politica di Borghese di
costituzione del fronte nazionale come nuovo blocco della destra italiana; il gruppo di
Ordine nuovo considerava infatti la crisi dell’alleanza DC – PSI come il fallimento
del processo di modernizzazione e della politica di piano promossa da alcuni gruppi
industriali come la FIAT per cercare di dare un’accelerazione neo – capitalista sul
piano dell’urbanistica e delle strutture economiche e finanziarie. Il governo di Moro
aveva fallito su tutti i piani non riuscendo a spaccare la CGIL e nemmeno ad attuare
le riforme richieste; dunque di fronte alle difficoltà strutturali del sistema politico –
istituzionale italiano si aprivano due prospettive strategiche di soluzione della crisi,
che portavano alla soluzione di un golpe militare. L’11 settembre venne ufficialmente
fondato a Roma da Junio Borghese, Benito Guadagni e Remo Orlandini il fronte
nazionale la cui prima riunione si tenne il 29 settembre; l’attività iniziale del fronte
nazionale si concentrò nella costituzione di comitati di adesione, che avrebbero
dovuto costituire una prima ramificazione sul territorio nazionale
dell’organizzazione. La nascita del fronte nazionale fu sostenuta anche da ambienti
massonici, preoccupò la dirigenza del MSI che vedeva costituirsi un progetto politico
in grado di assorbire la dissidenza missina e aggregare settori rilevanti della destra
politica. La convergenza tra ordine nuovo e il fronte nazionale raggiunse il suo
culmine nel 1968 quando promosse la nascita del settimanale l’assalto; il 12 dicembre
1968 si formò il gabinetto Rumor, con la formazione di questo gabinetto i partiti della
maggioranza avevano cercato una ricomposizione del centro sinistra, palesando
l’estrema debolezza e fragilità dell’esecutivo. Sul finire del 1968 la malattia di
Michelini e la sua sostituzione con una reggenza provvisoria modificò le prospettive
strategiche di ordine nuovo, riproponendo il tema del rientro nel partito nell’ipotesi di
una segreteria presieduta da Giorgio Almirante.

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Cap.3- Il ritorno dell’egemonia missina sull’estrema destra


Par.3.1- Almirante e l’alternativa di sistema
Il MSI all’inizio del 1969 era un partito fortemente indebolito la cui crisi politica era
rappresentata dall’immagine della segreteria vacante, all’interno della quale si
consumò lo scontro tra Almirante e Nencioni, i due maggiori candidati alla
successione di Michelini. Il dualismo ripropose il conflitto tra l’anima notabilare e
quella movimentista del MSI, concentrandosi prevalentemente sulla vitale questione
dei finanziamenti. Tuttavia la figura storica e il ruolo di Almirante, nonché
l’immagine di Nencioni troppo simili a quella di Michelini indirizzarono il confronto
a favore del leader di Rinnovamento. La preponderanza numerica e politica di
Almirante fecero sì che il 29 giugno 1969 fosse scelto come nuovo segretario del
MSI; la grande industria infatti parve interessata a rendere spendibile con Almirante
lo spazio a destra della DC e ad utilizzarlo in modo da ridefinire gli equilibri politici
del paese. L’elezione di Nixon alla presidenza americana rappresentò per il MSI la
svolta che aspettava, in quanto con Nixon vi fu un nuovo incentivo alla lotta al
comunismo e vi fu la fine della fase di apertura a sinistra, se sul piano internazionale
Nixon alla casa bianca rappresentò una svolta fondamentale per il MSI, sul piano
nazionale non meno importante non meno rilevanti furono il sostegno di importanti
settori economici e la crisi del centro – sinistra. Almirante per evitare strappi con l’ala
conservatrice ribadì due concetti base:
 La grande destra;
 La politica dell’inserimento.
Tuttavia il progetto della gande destra si era arenato di fronte a due limiti invalicabili
ossia:
 L’indisponibilità del PLI;
 Il corto respiro strategico di questo disegno politico.
Che avrebbe inserito il MSI in un blocco conservatore stabile guidato dalla DC, ma
allo stesso tempo lo avrebbe visto come gregario rispetto ai liberali e non avrebbe
permesso di superare la discriminante anti fascista. Dunque il MSI mise in campo una
nuova linea i cui punti erano;
 Denuncia dell’incapacità dei partiti di risolvere la crisi politica;
 La mobilitazione militante nelle piazze, nelle scuole e nelle fabbriche in
funzione anticomunista;
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 L’allargamento del consenso elettorale nella prospettiva della costituzione di


un blocco di parlamentari di deputati della destra con a capo il MSI.
Il 7 luglio cade il governo Rumor, vi fu una richiesta di scioglimento anticipato delle
camere da parte del MSI, tuttavia di fronte alla debolezza del governo e delle
istituzioni il MSI si proponeva come una forza d’ordine antisovversiva pronta ad
affiancare polizia e carabinieri, ma allo stesso tempo in grado di dare vita a forme di
contro mobilitazione, che assumevano il carattere paramilitare. Il nuovo indirizzo e
l’aggressività dialettica di Almirante avevano come scopo quello di collocarsi in uno
spazio politico più ampio in grado di intercettare il malessere diffuso tra i ceti
tradizionalmente rappresentati dalla DC e dal PLI, pronti a sostenere una risposta
d’ordine contro il progressivo estendersi del peso politico e della centralità del
movimento operaio e sindacale nelle scelte di direzione generale del paese. L’idea
della creazione di una piazza di destra partiva dal presupposto di una riaggregazione
dei gruppi extraparlamentari in grado di costituire una consistente forza militante. La
linea di Almirante si basava sulla ricomposizione dell’intesa tra la destra
conservatrice e i gruppi parlamentari, coniugando così i propositi di stabilizzazione
con la carica eversiva; la presenza stessa del MSI nello spazio di maggioranza
avrebbe rappresentato il superamento della frattura antifascista e il mantenimento
della sola discriminante anticomunista. La linea del segretario puntò a modificare la
presenza politica del partito in seno agli equilibri repubblicani, trasformando la
funzione tattica svolta sino ad ora dal MSI, la nuove funzione del MSI era intesa
come una funzione di appoggio ai partiti centristi in funzione anticomunista.
L’obiettivo stava infatti nel superamento della forma istituzionale definita dalla
costituente nel dopoguerra, con una conseguente riformulazione degli spazi politici,
liberati dalla discriminante storica dell’antifascismo e strutturati sulla geo – politica
dell’anticomunismo. L’acuirsi della crisi del centro sinistra permise di presentarsi
all’opinione pubblica con la linea del doppiopetto, che coniugava squadrismo e
propaganda d’ordine.
Par.3.2- Il rientro di ordine nuovo e la rottura con il fronte nazionale
La strategia portata avanti da Almirante ebbe successo perché da una parte vi fu il 15
ottobre 1969 il rientro di ordine nuovo nel MSI, dall’altro invece ci fu il fallimento
della trattativa con Borghese per il riassorbimento di fronte nazionale. Il rientro di
ordine nuovo nel MSI determinò la scissione e la nascita del movimento politico
ordine nuovo (MPON), di Clemente Graziani, Elio Massagrande e Roberto Besutti;
al contrario le trattative con Borghese non andarono a buon fine. La riunificazione tra
ordine nuovo e il MSI si compì alla vigilia di una fase cruciale, quella dei rinnovi
contrattuali, fase molto delicata per in quanto si inseriva nella logica della
radicalizzazione dello scontro politico – sociale. Le trattative tra la dirigenza di

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ordine nuovo e il MSI si conclusero con un accordo che prevedeva l’entrata di alcuni
esponenti di ordine nuovo nel comitato centrale del MSI.

Par.3.3- Il 1969 del neofascismo


Il fallimento del centro – sinistra inteso come approdo strategico ad una complessiva
riformulazione dei processi di produzione, organizzazione e accumulazione
economica della società; la crisi del PSU influenzò anche la geografia politica interna
della DC, portando alla rottura tra Moro e i dorotei, così l’XI° congresso nazionale
che si aprì a Roma mostrò una DC frammentata e composta al suo interno da sette
correnti diverse. L’acuirsi della crisi del governo Rumor e l’impraticabilità della
ridefinizione della formula organica del centro sinistra, tra l’aprile e il giugno del
1969 determinò uno stato di tensione politica dal carattere tanto destabilizzante da
indurre il PCI ad attivare in tutta Italia strutture di sorveglianza interna. Il 28 febbraio
del 1969 un ordigno esplosivo danneggiò un ingresso secondario del senato, il 27
marzo una bomba esplose presso il ministero della pubblica istruzione ed il 31 marzo
un altro ordigno esplose al palazzo di giustizia, colpo rivendicata da un gruppo
anarchico. In questa campagna terroristica furono coinvolti nella maggioranza dei
casi alcuni esponenti di ordine nuovo. Dalla metà degli anni 60’ infatti il gruppo di
Rauti si sarebbe articolato su due livelli uno ufficiale ed uno occulto, ridefinendo la
propria struttura nella forma di un organismo paramilitare dotato di un proprio
arsenale logistico e di depositi di armi ed esplosivi. Tra l’8 e il 18 agosto ordine
nuovo avviò una campagna a sostegno di un governo di emergenza formato da
tecnici, esperti, militari e magistrati; furono inoltre denunciati alcune iniziative negli
ambienti dell’esercito che avevano intenzione di sostenere un colpo di stato che
avrebbe consegnato a carabinieri, polizia e guardia di finanza poteri pubblici, ciò
avrebbe ripristinato l’ordine e salvaguardato il paese dalla minaccia comunista.
Par.3.4- Crisi e disarticolazione del sistema: l’Italia del 1969
La crisi del centro – sinistra portò ad un riposizionamento interno delle correnti e alla
formazione di nuovi equilibri all’interno della DC, ciò ebbe ripercussioni sulla
funzione di mediazione interclassista del partito democristiano. La ricomposizione
delle fratture interne alla DC rappresentò il fulcro dell’intervento al consiglio
nazionale del gennaio 1969 di Taviani, la fase debole della debole e contrastata di
Piccoli si chiuse dopo l’XI° congresso nazionale della DC del 27 giugno. Il sistema
italiano trovò nel disfacimento della corrente Rumor – Piccoli, la rottura
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dell’indirizzo politico del partito cattolico, ma soprattutto una crisi che portò ad una
ridefinizione dell’intero sistema delle relazioni industriali ed economico – produttive
del paese. La crisi del governo nel luglio del 1969 assunse i tratti di una più
complessa crisi di sistema determinata dalle fratture interne ai due partiti che
formavano la maggioranza ossia la DC e il PSI. Le prospettive politiche dell’ala
conservatrice furono simmetriche a quelle del MSI che non mancò di palesare delle
pulsioni autoritarie favorevoli alla presa del potere da parte di generali e colonelli. La
figura di Saragat veniva riproposta dall’estrema destra in un’accezione spiccatamente
presidenzialista che riconosceva in via esclusiva al quirinale il diritto – dovere di
esercitare la funzione di scioglimento delle camere che prevedeva un iter
parlamentare e costituzionale più lungo. La convergenza tra la lettura di Saragat e
quella dell’estrema destra determinò la composizione sul terreno dell’anticomunismo
di un rapporto dialettico tra i partiti atlantici della maggioranza di governo e la destra
missina, che dunque varcava il perimetro dell’arco costituzionale. Questo blocco
eterogeneo poteva contare sul sostegno di una parte della borghesia italiana che
puntava al superamento della crisi di gestione apertasi con la conclusione del ciclo
economico espansivo degli anni 50’. Tra la fine del mese di novembre e l’inizio di
dicembre un rapporto di Guido Giannettini inviato al servizio informazioni difesa
(SID), relazionò sulla possibilità di attentati dinamitardi realizzati da gruppi
neofascisti con ambienti industriali del Nord Italia. La nota di Giannettini consolidò
le informazioni già in possesso delle strutture di sicurezza italiane; che permisero di
capire in anticipo la dinamica militare e la logica politica alla base degli attentati del
12 dicembre, nonché un possibile coinvolgimento del principe Borghese
nell’operazione.
Cap.4- Il neofascismo e la strategia della tensione
Par.4.1- “Contestare la contestazione”
Nel 1969 il MSI sviluppò un’intensa attività interna ed estera finalizzata a connettere
secondo una logica di estremizzazione della tensione, la politica e la linea nazionale
del partito con la dimensione internazionale del conflitto tra occidente e Blocco
sovietico. Il 17 settembre Almirante incontra a Torino Agnelli, il MSI si riproponeva
dunque come una forza d’urto contro la sindacatocrazia e il disordine degli scioperi e
delle lotte operaie; offrendo una sponda di rappresentanza politica alle classi medie e
industriali a cui il partito avrebbe dovuto guardare, includendole in quel concetto di
nazione individuato come fine della battaglia, nonché come antidoto contro il veleno
del comunismo. Infatti la questione dell’ordine pubblico, con la sua incidenza sulle
relazioni industriali divenne il fulcro della politica missina. Tra il corso di formazione
a Rieti di settembre e l’incontro internazionale di novembre si collocò la circolare
Anderson del 29 ottobre alla quale seguì una circostanza anomala come quella delle
dimissioni simultanee di un consistente numero di iscritti del RGSL, del FUAN e
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della Giovane Italia. Alle dimissioni collettive seguì la rappresentazione pubblica


della piazza di destra in vista dello sciopero generale dei sindacati del 19 novembre.
Il MSI organizzò gruppi di militanti con il compito di sostituire i trasporti pubblici
bloccati dallo sciopero e squadre di attivisti pronti ad intervenire per impedire
picchetti davanti alle fabbriche. La segreteria percepì infatti come la formazione di un
nuovo blocco anticomunista comprendente anche il MSI passasse anche attraverso la
rottura dei centri di mediazione sociale e politica dei conflitti e in questo senso la crisi
della DC e del centro – sinistra apriva degli spazi di manovra fino ad allora
inaccessibili per l’estrema destra. Almirante nel suo consuntivo dopo lo sciopero
rappresentò la debolezza del governo nei confronti del PCI; allo stesso tempo
Almirante si occupò del riassestamento delle finanze e del controllo delle
organizzazioni giovanili, ridimensionando i volontari nazionali. Almirante tentò di
rappresentare le istanze di quei settori della società italiana che scossi dal biennio
1967 – 68 guardavano al MSI non più come un partito nostalgico, ma come una
struttura attivistica in grado di polarizzare lo scontro e di contestare la contestazione
che imperversava nelle piazze sino ai luoghi di lavoro. Il MSI concentrò i suoi sforzi
sulla convocazione del raduno a Roma per il 14 dicembre; quella del 14 dicembre
venne presentata come una manifestazione anti sistemica sottolineando come la fase
politica fosse caratterizzata da allarmi e preoccupazioni di ogni sorta.
Par.4.2- Il 2 dicembre: strage politica e politica della strage
Il 12 dicembre 1969 a Roma e a Milano tra le 16,37 e le 17,16 si verificarono delle
esplosioni di diversi ordigni dinamitardi; nella capital gli ordigni esplosero presso
BNL, all’ingresso del museo del Risorgimento e presso l’altare della patria. A Milano
invece l’ordigno esplose nella banca nazionale dell’agricoltura presso piazza Fontana
provocando 16 morti e 88 feriti, un altro ordigno posto presso l’entrata della banca
commerciale fu fatto brillare dalla polizia. Nell’Italia del 1969 la strage determinò
un’involuzione del quadro costituzionale in chiave autoritaria e anti comunista; si
collocava al culmine di una catena di attentati, che si affiancavano alla contestuale
campagna di ordine di non marginali settori politici, economici e militari, ma
soprattutto al controllo senza repressione esercitato su ordine nuovo dalla struttura di
sicurezza statunitense delle basi NATO di Verona e Vicenza. Molto importante fu il
ruolo di Carlo Digilio elemento legato al capitano del comando NATO di Verona
David Carret, che svolse il ruolo di consulente tecnico per la composizione degli
ordigni esplosivi usati dagli esponenti di Ordine Nuovo negli attentati di Milano.
Secondo la testimonianza resa ai giudici il suo compito fu quello di contenere e
limitare la potenza esplosiva degli ordigni piazzati da Ordine Nuovo; in quanto gli
attentati erano concepiti e tollerati dagli stessi ambienti americani come azioni
dimostrative in senso anticomunista e non come massacri indiscriminati. Sugli
attentati del 12 dicembre la struttura USA venne informata in anticipo dallo stesso
Digilio che riferì ai superiori americani di aver saputo da Maggi che vi sarebbero stati
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grossi attentati. Sulla strage di piazza Fontana Carret confermò a Digilio la matrice
dell’attentato e la sua finalità politica, precisando che gli esecutori non sarebbero stati
toccati dalle indagini. Ordine Nuovo avrebbe svolto in assoluta simmetria con
l’identità di organismo interno alla logica degli Stati Maggiori Allargati e dei
Nuclei di Difesa dello Stato, ordine nuovo aveva infatti la funzione di detonazione di
un processo che partendo dai margini del sistema politico sarebbe stato in grado di
innescare una progressione di istanze destabilizzanti finalizzate ad una rimodulazione
dei rapporti di forza sociali e dell’architettura costituzionale. Lo stesso capitano
Carret confermò a Digilio che quello era stato il progetto ben visto anche dagli
americani e che era fallito per in tentennamenti di alcuni democristiani come Rumor;
il mancato avvio del processo di involuzione autoritaria determinò una frattura
strategica sul piano politico tra i soggetti coinvolti. Infatti lo sviluppo degli eventi
stragisti in chiave pregolpista non solo avrebbe dato inizio ad un maggior controllo
dei militari sulla vita del paese, senza un vero e proprio colpo di stato, ma avrebbe
permesso l’uscita allo scoperto dei NDS con una funzione di appoggio e di
propaganda in favore dei militari. Tuttavia la mancata proclamazione dello stato di
emergenza da parte delle massime cariche dello stato venne interpretata da ordine
nuovo come una ritirata di Rumor che aveva impedito un’immediata presa di
posizione dei militari e che in ultima istanza aveva bloccato sul nascere ogni ipotesi
politica di svolta autoritaria.
Par.4.3- Dallo stato di emergenza alla composizione della crisi
L’effetto di destabilizzazione degli attentati di Roma e Milano sul quadro politico e
nel paese determinò le condizioni potenziali per l’assunzione di misure straordinarie
di controllo dell’ordine pubblico. Il PCI oltre alle misure interne di sicurezza e alle
comunicazioni costanti tra i dirigenti e il ministero dell’interno per monitorare in
tempo reale l’evolversi della situazione, in quanto già dal 1969 la dirigenza
comunista era a conoscenza di una possibile involuzione autoritaria sostenuta dalla
destra, dai militari e da gruppi di industriali intenzionati ad esercitare pressione
affinchè fossero adottate misure restrittive nei confronti delle forze i estrema sinistra
o per costringere il governo a dimettersi, creandone un altro appoggiato dalle forze di
destra. Nelle ore successive agli attentati l’MSI distribuì dei volantini per la
manifestazione nazionale del 14 dicembre a Roma, questa manifestazione aveva
come scopo la richiesta dell’intervento delle forze armate al fine di ristabilire l’ordine
pubblico. Tuttavia la maggior parte delle forze politiche dal PRI sino alla DC
accolsero la richiesta del governo che vietò per motivi di ordine pubblico la
manifestazione, il rapido indirizzarsi delle indagini di polizia favorì la legittimazione
dell’infondato accostamento tra l’attentato al Diana e a piazza Fontana. Durante la
crisi politico istituzionale del 1969 molti giornali esteri denunciarono i rischi che per
la democrazia italiana vi fosse un’involuzione autoritaria, infatti il 14 dicembre il
settimanale inglese “The Observer” precisò il significato politico degli attentati di
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Roma e MSI del 14 dicembre sembrò assumere un significato molto simile a quella dl
1964 in quanto i collocavano entrambe all’interno di una dinamica di avvio di misure
straordinarie per la tutela dell’ordine pubblico. Il 14 dicembre il MSI ufficializzò
l’annullamento dell’iniziativa sottolineando come vi fosse la complicità del PCI nel
sanguinario terrorismo sanguinario di Roma e Milano e che quest’ultimo aveva in
ano la trama di questo processo. Di diverso parere furono la stampa nazionale e le
forze politiche che non considerarono la strage di Milano capace di modificare gli
equilibri interni del sistema istituzionale. In sostanza il divieto governativo al corteo
missino del 14 dicembre evitarono la sospensione delle leggi costituzionali e allo
stesso tempo consentirono allo schieramento contrario dello scioglimento anticipato
delle camere; in sostanza le forze di governo usarono queste azioni come un fattore di
stabilizzazione democratica del quadro istituzionale.
Par.4.4- Il MSI dopo piazza Fontana
Dopo il divieto governativo per lo svolgimento del congresso a Roma, la politica del
MSI divenne speculare e contraria a quella dell’altro partito su cui pesava la
conventio ad excludendum ossia il PCI:
 I comunisti provarono ad affermare la loro legittimazione attraverso l’eredità
della resistenza, della costituzione e dei governi di unità nazionale;
 Almirante tentò invece di collocare il MSI nell’area della legittimità
disconoscendo l’eredità storica del paese, l’antifascismo e puntando sul vincolo
esterno dell’anticomunismo.
La strage del 12 dicembre avrebbe dovuto produrre una frattura verticale non
mediabile, ma la sostanziale tenuta della democrazia vanificò ogni involuzione di tipo
autoritario; in questa logica trovava respiro strategico la richiesta reiterata di
scioglimento delle camere e di elezioni anticipate a cui attribuire un carattere
referendario anticomunista. La direzione nazionale indicò i passaggi fondamentai di
questa linea ribadendo che solo le elezioni anticipate avrebbero messo in evidenza la
situazione di caos in cui si trovava la società italiana. Il dato che conferma ciò è un
sostanziale incremento dei finanziamenti ricevuti dal MSI a partire dal 1970 per le
campagne elettorali e la riorganizzazione dell’apparato attivistico; ciò preoccupò la
DC poiché questi finanziamenti provenivano non sola dalla Grecia, ma anche da
alcuni ambienti della Germania occidentale e dagli USA. La nuova segreteria si
caratterizzò per l’attenzione dedicata alla riorganizzazione del settore giovanile,
improntata soprattutto al rinnovamento e alla discontinuità con l’era micheliniana;
all’interno di questo processo finalizzato al perseguimento della politica della piazza
di destra emerse una dualità che rischiò di lacerare il partito. Pubblicamente infatti il
MSI rimarcò spesso la centralità dell’attivismo di base; sul piano interno in realtà i
contrasti si mantennero piuttosto aspri tanto da bloccare per mesi il progetto del
nuovo regolamento dell’organizzazione dei volontari, in quanto nessuna delle varie
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organizzazioni giovanili missine intendeva rinunciare alla propria indipendenza


organizzativa. Il ciclo di lotte tra il 1968 – 1969 aveva finito per erodere il peso del
ceto medio conservatore e il MSI tentò di rappresentare attraverso un nuovo e visibile
attivismo militante in quei settori della società italiana, che vedevano messa in
discussione la loro rilevanza sociale. Il 18 aprile 1970 durate un comizio di Almirante
a Genova, il responsabile dei volontari nazionali della città Ugo Venturini fu colpito
da un oggetto contundente lanciato da gruppi extraparlamentari e morì pochi giorni
dopo in ospedale. Il drammatico episodio venne presentato dall’opinione pubblica
come la dimostrazione della necessità di un attivismo militante d’estrema destra
capace di contrastare la violenza sovversiva; infatti la rappresentazione di uno stato
debole nei confronti della sovversione legittimava un principio di esercizio autonomo
della forza. Il vertice missino infatti definiva il perimetro dello scontro politico in atto
nel paese inquadrando nell’azione delle forze militari dello stato e nel loro
affiancamento da parte delle forze militari dello stato e nel loro affiancamento da
parte di militanti civili anticomunisti, al fine di contrastare la progressiva espansione
del comunismo in Europa e dell’influenza del PCI in Italia. La necessità
dell’attivismo anticomunista restituiva la centralità alla base missina i cui giovani
erano stati i soli negli ultimi vent’anni a contrastare il comunismo, infatti tra il 1970 –
71 aumentò l’attività squadristica delle gruppi giovanili legati al MSI. Il doppio
binario perseguito portò il MSI:
 Da un lato a richiamare una politica di ordine sul piano del ripristino
dell’autorità dello stato in materia di conflitto sociale;
 Dall’altro a denunciare la repressione subita da alcuni suoi dirigenti giovanili
come Falchini, responsabili di alcuni episodi di violenza di piazza.
Almirante seguì una linea tendenzialmente ambivalente che gli consentì di assolvere
sia la funzione di interlocutore dell’opinione pubblica moderata sia di forza
egemone dell’estrema destra. Per Rauti e Romualdi il MSI doveva intercettare il
diffuso malessere della piccola borghesia e del ceto medio per inserirsi a pieno titolo
nella nuova dinamica italiana, al fine di determinare una svolta sistemica. Questi
progetti tanto ambiziosi resero necessario un maggior controllo sulle attività
periferiche del partito ed in particolare sui gruppi giovanili, ciò esercitato attraverso
rigide direttive interne. La riorganizzazione interna era funzionale al contrasto delle
lotte sindacali e alla battaglia frontale contro il sovversivismo di tutte le forme, che il
MSI si proponeva di fare nella prospettiva della radicalizzazione dello scontro
politico nel paese. Lo sciopero generale del 19 maggio fu l’occasione per rilanciare la
campagna d’ordine e mobilitare gruppi di attivisti in funzione anti – sindacale; nel
processo di riconversione della funzione missina declinato sulla coniugazione di
aspetti militanti, politici e militari, il rientro del gruppo di Ordine Nuovo ebbe un
peso decisivo:

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 Maceratini fu nominato direttore del settore emergenze civili organismo che


aveva il compito di organizzare e coordinare tutte le iniziative di piazza
specialmente del settore giovanile;
 Signorelli fu incaricato della riorganizzazione e della preparazione ideologica
dei gruppi giovanili secondo i termini dell’organizzazione nazional –
rivoluzionaria, operando nei settori della propaganda, soldati politici,
metodologia e organizzazione;
 A Rauti e Sermonti venne affidato l’incarico di costituire un settore di attività
speciale articolato in due branche: da una parte propaganda tra le forze armate,
dall’altra attivazione degli agricoltori.
Le elezioni avrebbero dovuto segnare una netta avanzata dell’estrema destra per
creare un’alternativa e cancellare con un atto di volontà l’errore politico
dell’irreversibilità del centro – sinistra. La radicalizzazione della situazione politica
aveva determinato la perdita del peso delle posizioni intermedie e per questo le forze
dell’estrema destra diventavano le forze riequilibratrici, il rafforzamento elettorale del
MSI assumeva dunque il carattere di unico contrappeso all’estrema sinistra e al vuoto
di potere che si era formato al centro. In sintesi il compromesso a cui puntava
Almirante si presentava all’estero ed in Italia, come un tentativo di armonizzare la
funzione stabilizzatrice anticomunista e la prassi anti - sistemica; la nuova
dinamicità organizzativa del partito portò alla mobilitazione di tutti i dirigenti missini
su scala nazionale, il comitato centrale stabilì che i consiglieri missini di fronte a una
eventuale crisi del centro – sinistra locale o nazionale sarebbero stati pronti a dare
vita ad alternative di rigida chiusura a tutta la sinistra. Il MSI avrebbe dovuto
adattarsi a un volto tricolore aperto e non nostalgico e qualora fosse stato necessario
occorreva un profilo di massima apertura da parte della base; la campagna elettorale
per le amministrative era stata caratterizzata da un alto numero di incidenti seguiti a
manifestazioni e azioni squadristiche da parte del MSI. Almirante intervenendo alla
camera nel dibattito sull’ordine pubblico criticò fortemente l’amnistia concessa a
operai e sindacalisti per i reati commessi nelle lotte sociali nel 1969, esso infatti
indicò questo provvedimento come il segno della crisi dell’autorità dello stato.
L’impossibilità di creare una maggioranza responsabile e la caduta del governo
Rumor sollecitavano nell’estrema destra anche pulsioni golpiste, come la soluzione
della crisi del sistema politico; in questa logica l’espansione del PCI rimaneva legata
all’idea della guerra rivoluzionaria sovversiva che guardava alla pericolosità della
tattica comunista di conquistare lo stato dall’interno, infiltrandosi in esso. Gli scopi
che il MSI tentò di raggiungere rimasero essenzialmente legati al superamento del
linguaggio ambiguo sulla forma e sull’ordinamento nato dalla resistenza; infatti
Almirante puntò alla creazione di un articolato fronte anticomunista che sarebbe stato
in grado di determinare una svolta politica nel sistema costituzionale italiano. Il ruolo
del PCI in quegli per Almirante rimase il nodo politico centrale, infatti Almirante
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arrivò a coniare due forme di anticomunismo con cui l’estrema destra avrebbe dovuto
operare:
 Anticomunismo negativo: da usare come richiamo alle più vaste iniziative
possibili e ad ampi schieramenti;
 Anticomunismo positivo: che si sarebbe figurato come una peculiare
caratteristica culturale e programmatica dell’ambiente neo – fascista.
Questi due tipi di anticomunismo seppur distinti tra loro, allo stesso tempo erano
speculari; al contrario Rauti affermava che il comunismo in Italia poteva beneficiare
di condizioni favorevoli determinate dalla conformazione del sistema istituzionale
nato dalla resistenza antifascista, ciò impediva infatti che si ripetessero le condizioni
che tra il 1919 – 1922 avevano portato il fascismo al potere. La chiave di volta per
una ridefinizione generale degli equilibri politici interni stava nel rapporto tra politica
nazionale ed internazionale. I modelli da seguire secondo Rauti erano i regimi
autoritari in Grecia, Rhodesia e Sud Africa, oltre al fatto che bisogna prendere ad
esempio il Portogallo e la Spagna.
Par.4.5- L’avanzata del MSI nelle urne e nelle piazze
La crisi apertasi con la caduta del terzo gabinetto Rumor portò alla formazione del
governo presieduto da Emilio Colombo, che rappresentò un tentativo della funzione
mediatrice della DC all’interno del processo di ricomposizione del centro – sinistra.
Sul piano economico il gabinetto Colombo tentò una sintesi tra misure congiunturali
e politica di riforme, ma finì per scontare la divaricazione dello stesso blocco sociale
della borghesia italiana. Nella borghesia italiana erano infatti sorti due schieramenti:
 Un primo schieramento sostenuto sul piano nazionale dall’area della DC
facente capo a Fanfani, costoro volevano la costituzione di un’industria
chimica in grado di competere sui mercati globali e capaci di avviare un
processo di diversificazione produttiva attraverso l’utilizzo di un modello di
sviluppo ad alta densità di capitale e basso livello occupazionale;
 Un secondo schieramento si era organizzato attorno all’asse confindustriale
Agnelli – Pirelli, questi ultimi puntavano al contrario ad un rafforzamento delle
organizzazioni sindacali come interlocutore delle relazioni industriali, ciò per
poter indirizzare la spinta conflittuale della forza lavoro dalla fabbrica verso lo
stato. Ciò avrebbe comportato un contenimento dell’incidenza nelle lotte
operaie nelle aziende ad alta densità occupazionale, la composizione di un
accordo di massima con le rappresentanze sindacali e la ripresa del ciclo
produttivo e dell’accumulazione.
Intorno alla composizione del governo si compose una complessa convergenza di
interessi:

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 Grande industria privata;


 Istanze di riforme sociali da parte del movimento operaio;
 Variegato schieramento di forze di sinistra PCI, PSI e sinistra democristiana,
per il quale la formazione dell’esecutivo Colombo rappresentava la sconfitta
dell’esperienza del centro sinistra.
Almirante alla camera espose i fattori economici, sindacali, politici e di ordine
pubblico di crisi strutturale del sistema, per il quale la formazione dell’esecutivo
Colombo rappresentava una forma di apertura al PCI. Dopo aver illustrato i pericoli
dell’infiltrazione comunista nello stato con l’istituzione delle regioni, il segretario
rivendicò ancora una volta la prassi dell’autodifesa e l’estremismo d’ordine come
dato essenziale della presenza missina sul piano dell’agibilità politica. Almirante
infatti ribadì che la contraddizione del centro – sinistra risiedeva nel colloquio
necessario tra governo ed opposizione comunista, nonostante l’irriducibilità della
conventio ad excludendum verso il PCI rispetto ai vincoli internazionali.
Par.4.6- Il MSI e la rivolta di Reggio Calabria
In questo quadro di incertezza politica si collocarono la rivolta di Reggio Calabria, il
moto di Reggio Calabria iniziò il 14 luglio con un comizio del sindaco DC Piero
Battaglia e si concluse nel febbraio 1971; la rivolta di Reggio Calabria fu qualificata
come una sommossa teppistica dalla dirigenza missina, che rivendicò la sua totale
estraneità. Almirante intervenendo sulle crisi di a Reggio e a L’Aquila le indicò come
una conseguenza dell’indebolimento statale; il fallimento del progetto riformatore
impedendo lo sviluppo costruttivo e programmato aveva finito per accrescere ancora
di più le distanze tra la parte nord e sud del paese. La sommossa infatti inserita in un
quadro di riforma delle regioni avrebbe dovuto assumere le caratteristiche di una crisi
sistemica determinata dalla mancata unificazione economica con il nord della parte
meridionale del paese. A consentire una solida presenza missina nella rivolta di
Reggio Calabria fu anche la carica tendenzialmente populista e anti-democratica, ma
soprattutto la diffusione della violenza come prassi di rottura dell’efficienza
istituzionale; ciò consentì alla destra radicale di perseguire una linea antisistemica in
grado di coniugare l’identità d’ordine del neofascismo con la sua tendenziale
carica eversivo – ribellistica. Nel mezzogiorno la politica del MSI aveva portato ad
un allargamento del perimetro dei consensi determinando la convergenza tra
nobilitato clientelare e sottoproletariato meridionale; in questa dimensione l’attivismo
neo fascista assunse una funzione socialmente definita nel denunciare il rapporto tra
modernizzazione e arretratezza, che aveva caratterizzato i processi di sviluppo
economico in Italia. Nel mezzogiorno il fallimento del processo riformista aveva
determinato come risposta una reazione tendenzialmente:
 Anti-sistemica;
 Tradizionalista;
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 Clientelar-populista.
Il MSI ebbe la possibilità di attivare un sovversivismo di crisi a tendenza autoritaria e
si pose come elemento di ricomposizione delle contraddizioni socio – economiche.
Nel nord Italia invece l’insuccesso dell’alleanza programmatica di governo e la
ripresa delle rivendicazioni operaie misero in crisi il modello tripolare basato sulle
relazioni tra Stato-industria-sindacato. Quella di Reggio Calabria infatti rappresentò
più che una scelta strategica, ma una capacità della segreteria Almirante che fu in
grado di trasformare in consenso elettorale i fallimenti del centro – sinistra sul
territorio locale cavalcando la rivolta. Le attività di addestramento vennero finalizzate
non solo alla formazione ideologica e fisica dei militanti ma anche all’infiltrazione in
movimenti sindacali e studenteschi; l’attivismo neo-fascista si estese in tutte le zone
del paese, ad essere investite da questa attività squadriste furono le grandi città come
Roma o Milano, dove il partito tentò di accreditarsi come interlocutore diretto delle
forze industriali. Il disegno politico di Almirante considerava la prevedibile avanzata
del MSI nelle elezioni amministrative del giugno 1971 come un elemento di scossa
del quadro politico e una definitiva sanzione del fallimento del centro – sinistra.
Tuttavia la realizzazione di questo tentativo passava attraverso una riaggregazione di
tutte le forze dell’estrema destra in vista del congresso nazionale di fine novembre.
La linea di ricomposizione dell’area neo – fascista fu sviluppata dall’impegno
personale di Almirante che dispose l’organizzazione in seno al settore giovanile di un
agguerrito apparato di attivisti; tuttavia questo progetto di riunificazione e rilancio
dell’estrema destra fallì prima del congresso nazionale di novembre, aprendo una
nuova fase di conflittualità nell’area neofascista che culminò con il golpe Borghese.
Borghese infatti tentò di costruire una formazione alternativa al MSI che svincolata
dai retaggi propriamente fascisti fosse capace di intercettare il consenso
anticomunista di molti settori dell’opinione pubblica anticomunista. Sul piano
internazionale il Fronte Nazionale poteva godere dei rapporti con esponenti dei
servizi segreti USA, mentre sul piano politico interno e nazionale coltivava relazioni
trasversali. Il progetto di Almirante trovò diverse resistenze anche nel partito perché
la riaggregazione di tutta l’estrema destra si sarebbe concretizzata con un
riassorbimento del Fronte Nazionale e di Avanguardia Nazionale. Ciò avrebbe
comportato due fattori:
 L’inserimento del personale politico dei gruppi nell’organigramma missino;
 Il difficile controllo delle frange extraparlamentari come Avanguardia
Nazionale che avevano sempre rivendicato la diversificazione tra livelli palesi
e occulti delle loro strutture.
Il fallito processo di riaggregazione determinò nuovi contrasti tra il vertice del MSI e
i gruppi extraparlamentari soprattutto per le strette relazioni tra base giovanile
missina e Avanguardia Nazionale. Il punto nodale di divergenza tra il MSI, Borghese
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e Avanguardia Nazionale rimase la prospettiva politica; infatti il Fronte Nazionale tra


il 1969 e l’inizio degli anni 70’ virò sempre più verso l’attività eversiva. Al contrario
la segreteria Almirante puntò al rilancio aggressivo dell’attivismo squadrista, al fine
di creare un articolato fronte anticomunista; Almirante si dimostrò inoltre molto cauto
sull’attività dei gruppi eversivi della destra extraparlamentare, in quanto a fronte di
un loro fallimento il partito poteva essere dichiarato fuorilegge. Almirante infatti
impresse al MSI una forte stretta organizzativa basata sull’attivazione di organismi
interni efficienti e preparati allo scontro, ma soprattutto un controllo assoluto e
centralizzato delle azioni onde evitare pericolose derive avventuriste. Tuttavia i
quadri dirigenti delle formazioni extraparlamentari risposero ad Almirante
promuovendo pubblicamente il loro profilo concorrenziale nei confronti del MSI.

Par.4.7- Il golpe Borghese e la fine della prima fase della strategia della tensione
Lo sviluppo e la conclusione dell’attività eversiva nota come Golpe Borghese
rappresentò la fine della prima fase della strategia della tensione, ma allo stesso
tempo segnò un’inversione di tendenza rispetto alla prospettiva di una involuzione
autoritaria del sistema politico – istituzionale italiano. L’operazione Tora-Tora
venne attivata in tutta Italia e poi bloccata da un contrordine tra la notte del 7-8
dicembre 1970, quest’ultima coinvolse:
 Fronte Nazionale e Avanguardia Nazionale;
 Esponenti di vertice degli ambienti militari dello stato;
 Organizzazioni criminali.
L’interrelazione del movimento golpista con gli attentati terroristici del dicembre
1969 e soprattutto la modalità del suo rientro fornirono una chiave di lettura, che
permise di interpretare il golpe Borghese come il passaggio in cui gli stessi esponenti
del mondo politico, economico e militare che avevano sostenuto la strategia degli
attentati avviavano una strategia di liquidazione del personale di manovalanza.
Tuttavia negli la progressiva emersione di rilevanti elementi ha permesso di fare
chiarezza sui diversi aspetti del golpe:
 Il ruolo di Licio Gelli e della P2;
 Il sostegno degli ambienti USA rappresentati da Hugh Fendwich;
 I documenti non consegnati alla magistratura dal generale Maletti, dal tenente
colonello Romagnoli e dal ministro della difesa Giulio Andreotti nel 1974.
La ricerca di interlocutori in ambienti statunitensi non assunse un carattere
unidirezionale, infatti Borghese utilizzò i suoi antichi rapporti per attivare canali di
comunicazione politica anche con il dipartimento di Stato; la posizione USA sul
golpe Borghese appare paradigmatica poiché nel rapporto che Graham Martin il 7
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agosto inviò al dipartimento di stato e alla casa bianca, sottolineava la situazione di


prolungata crisi del quadro politico italiano che aveva determinato il riemergere di
istanze autoritarie e golpiste come soluzione anticomunista. L’informativa Martin
evidenzia dunque come gli USA non solo fossero a conoscenza del progetto eversivo
ma anche come lo seguirono attentamente attraverso l’attività del generale Vito
Miceli, che aveva ricevuto cospicui finanziamenti proprio da Martin. Il 1969 era stato
caratterizzato dalla rottura tra il Fronte Nazionale e Ordine Nuovo per la differente
impostazione ideologica e metodologica; nell’estate del 1970 il Fronte Nazionale
godè di cospicui finanziamenti di ignota provenienza ed inoltre continuò a ricevere
piccole sovvenzioni da industriali italiani e stranieri ed ex-fascisti emigrati in Sud
America. Inoltre Borghese a Milano riuscì a raccogliere altri fondi per il Fronte
Nazionale presso degli esponenti della finanza locale; per monitorare lo svolgimento
del golpe Borghese il SID Stefano Serpieri e Franco Antico che avevano il compito di
informare il servizio segreto dei movimenti che sarebbero avvenuti tra il 7-8
dicembre 1970, negli anni inoltre emerse il ruolo di Licio Gelli e del capitano dei
carabinieri Antonio Labruna. Ma fu soprattutto la gestione omissoria delle
informazioni relativa al golpe da parte del ministro della difesa Giulio Andreotti ad
assumere un carattere particolarmente controverso. Il primo elemento chiama in
causa l’articolata linea di azione che intrecciava le attività spesso parallele e
competitive del:
 Dipartimento di stato;
 Della CIA;
 Dell’ambasciatore USA a Roma Graham Martin.
Vi è inoltre la prospettiva degli USA di:
 Tornare al centrismo;
 Rafforzare l’immagine pubblica della DC e del PSDI come argini democratici,
di fronte al pericolo del sovversivismo di sinistra e al pericolo golpista di
destra.
Soprattutto da parte del segretario di stato statunitense Henry Kissinger; il secondo
elemento di valutazione concerne la complessa azione di D’Amato impostata in
buona parte sul suo rapporto con Stefano delle Chiaie, i contatti tra D’Amato e delle
Chiaie oltre a chiarire i motivi delle coperture relative all’inchiesta sul golpe,
consentono inoltre di inquadrare la logica seguita dall’UAAR evidenziando la sua
perfetta sovrapponibilità alla linea delle strutture statunitensi. Il terzo elemento di
rilievo è costituito dal comportamento e dalla reazione della dirigenza del MSI di
fronte alla prospettiva di azione golpista e del suo fallimento. Fino al 1970 la
propaganda del gruppo Borghese si concentrò sul tema del rafforzamento elettorale
delle formazioni conservatrici e ostili al centro – sinistra, sottolineando la funzione di
raccordo trasversale che il fronte nazionale aspirava a ricoprire nel contesto politico
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italiano. Infatti l’esistenza di canali di comunicazione tra MSI e UAAR potrebbe


avere avuto un peso decisivo nell’assunzione di una posizione difficile di Almirante e
Romualdi nei confronti di Borghese, infatti nel congresso del Fronte Nazionale a cui
parteciparono tre emissari missini vicini ad Almirante, questi ultimi confermarono la
volontà di Almirante di dissociarsi da iniziative avventuristiche. La dirigenza del MSI
infatti fu estremamente preoccupata per l’eventuale coinvolgimento dei suoi
esponenti nel golpe Borghese, in quanto ritenne che l’episodio avrebbe potuto avere
conseguenze sulla parte legalitaria dell’estrema destra. Tuttavia un fallimento
dell’azione e una conseguente non avrebbero fatto che favorire l’eliminazione dei
figli irrequieti, accelerando così il processo egemonico sull’area neo fascista da parte
del partito. Inoltre il nesso tra fattori politici internazionali e nazionali permise al MSI
di riaffermarsi come la forza predominante nell’area neofascista, ma allo stesso
tempo di emergere di fronte all’amministrazione USA come l’unica reale
aggregazione di estrema destra, spendibile nel progetto di stabilizzazione di un nuovo
equilibrio centrista.
Quest’ultimo basato secondo l’amministrazione Nixon:
 Sull’esclusione del PSI dalla maggioranza;
 Sulla riduzione dell’influenza dell’area della sinistra democratica in seno alla
DC;
 Sulla DC come perno di un governo conservatore.
Si ritenne necessario tra i due mali come modo per stabilizzare il quadro politico
italiano, l’ingresso dei neofascisti nell’area di governo, in quest’ottica la fine del
Fronte Nazionale consentì al MSI di rimanere l’unica forza in grado di rappresentare
la composita area del neo fascismo.
Par.4.8- Gli anni dell’illusione missina
Dopo il golpe Borghese l’azione di Almirante si incentrò interamente sul
rafforzamento del controllo delle strutture del partito e sul recupero dei settori
estremisti attraverso una propaganda molto radicale, infatti:
 Il golpe Borghese;
 La rivolta di Reggio Calabria;
 I fatti di Trento;
 La morte di Malacaria.
Crearono gravi difficoltà alla dirigenza sul piano legalitario determinando per i settori
più oltranzisti le condizioni per elaborare progetti clandestini in caso di scioglimento
del MSI, nel 1971 vi fu però un cambiamento in quanto Almirante affermò di non
avere nessuna intenzione di ricorrere alla violenza, considerando la collocazione
internazionale del nostro paese il vero antidoto contro il comunismo. Il cambiamento
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più significativo apparve il riadattamento del MSI al modello gaullista e


presidenzialista che marginalizzava le pulsioni golpiste di tipo greco. La fine della
rivolta di Reggio Calabria coincise con la necessità del MSI di ricostruire
un’immagine di ordine, che trovarono una sintesi nelle manifestazioni:
 Della Maggioranza Silenziosa;
 Degli amici delle forze armate.
Svoltesi a Roma e Milano tra il 13 e il 14 marzo; la crescita costante del consenso
elettorale missino nelle elezioni amministrative del 70 – 71 e nelle politiche del 1972
rappresentarono la conferma di questa provvisoria ricollocazione del corpo sociale
moderato fuori dai consueti soggetti di rappresentanza della DC o del PLI. La
necessità di sganciarsi dall’ambiente implicato nel golpe Borghese provocò diversi
contrasti, tuttavia l’ambiguità della linea politica di Almirante continuò a favorire
iniziative squadristiche in tutto il territorio nazionale. Le elezioni amministrative del
13 giugno assunsero il carattere di verifica dei risultati della politica del
doppiopetto, tuttavia Almirante concentrò anche la sua attenzione del futuro capo
dello stato come modo per rompere definitivamente l’alleanza di centro – sinistra.
Tuttavia le continue oscillazioni tra evocazione dello scontro fisico e richiamo
all’ordine continuarono a determinare nelle federazioni forti contrasti e divisioni tra
base e dirigenti. Però il delinearsi di un ampio successo nelle elezioni del 13 giugno
rafforzò in modo deciso la segreteria permettendo una marginalizzazione delle frange
estremiste; tuttavia i vertici democristiani preoccupati dal risultato, collocarono il
problema del consenso all’estrema destra non solo all’interno della crisi del centro –
sinistra, ma anche nel quadro di una più complessa problematica di tenuta
istituzionale del sistema democratico. Infatti la vittoria elettorale del MSI sembrò
aprire una nuova fase costituente per l’estrema destra, rafforzando la prospettiva
strategica della destra nazionale declinata su un’identità più conservatrice che
rivoluzionaria, ma soprattutto in grado di rivolgersi all’opinione pubblica secondo i
tre aggettivi de gasperiani del 1948 ossia:
 Nazionale;
 Cattolica;
 Anticomunista.
La fase di transizione riorganizzati si intrecciò con l’avanzamento elettorale ed allo
stesso tempo concorse al rafforzamento della posizione di Almirante sia come guida
missina sia come uomo politico nazionale. Tra il 1971 e il 72 il MSI riuscì ad
inserirsi nell’asse Cefis – Fanfani, che puntava ad una modifica strutturale degli
equilibri del paese basati su un riposizionamento strategico e preminente del capitale
privato in seno al modello italiano dell’economia mista. Almirante puntò decisamente
sulla maturazione di una svolta politica a destra facendo leva su ragioni di carattere
internazionale e nazionale ovvero:
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 La fine della convertibilità del dollaro e del sistema dei cambi fissi di Bretton
Woods;
 La prospettiva in Italia di un calo dell’occupazione, della contrazione del
potere d’acquisto e della recessione produttiva.
Infatti l’ambasciata USA confermava la sua linea riguardo l’Italia ossia considerando
necessaria una svolata a destra dell’intero quadro nazionale, piuttosto che una
soluzione simile a quella greca; la spinta ad un riposizionamento a destra dell’asse
politico venne perseguita attraverso la tattica del sostegno locale ai blocchi d’ordine
chiusi a sinistra e senza contropartite per il MSI. Questa linea avrebbe dovuto creare
una nuova linea anticomunista che si sarebbero anche dovute opporre al blocco social
moderato; il quadro politico italiano visse un delicato periodo di passaggio
determinato da alcuni fattori:
 L’esaurimento del centro sinistra;
 Dal tentativo di stabilizzazione anticongiunturale dell’economia;
 Dall’avvio di una nuova dialettica parlamentare con il PCI;
 Dall’elezione del capo dello stato;
 Dal ritorno al centrismo in seguito allo scioglimento anticipato delle camere.
Almirante collegò la disponibilità dei voti al MSI da all’elezione di un candidato
presidenziale e costituzionale ovvero democristiano e nazionale, quindi anticomunista
con l’obiettivo di impedire al PCI di mettere un’ipoteca sul Quirinale. L’elezione di
Giovanni Leone grazie ai voti del MSI rappresentò il fattore determinante per la
conclusione anticipata della legislatura e per la formazione del governo Andreotti
come strumento della fase di gestione dello scioglimento delle camere in vista della
campagna elettorale, tale sviluppo sembrò aprire ai missini la prospettiva di un nuovo
avanzamento come elemento di svolta degli equilibri nazionali. L’elezione di Leone
alla presidenza della repubblica infatti definì un primo consistente movimento verso
destra dell’asse politica con il ritorno alla formula centrista introdotta dalla
formazione del primo governo Andreotti. La campagna elettorale della DC non si
indirizzò verso il ricollocamento del MSI nell’area della maggioranza centrista come
un fattore di necessità, al contrario puntò al riassorbimento di quei voti confluiti verso
lo schieramento missino. Questo quadro definì una condizione di disequilibrio tra la
crescita elettorale del MSI e la sua marginalizzazione politica, riproponendo la
costante divisione tra la parte legalitaria incline al sostegno esterno e quella
antisistemica che opponeva la sua ferma opposizione sin dal 1962 al governo con
elementi appartenenti al PSI. Parallelamente i gruppi di Ordine Nuovo e La Fenice
cercarono di connettere la crescita elettorale del MSI all’espansione egemonica della
destra nella più ampia area anticomunista. Tuttavia la capacità del MSI di divenire un
fattore di alternativa di sistema si sarebbe dovuta misurare sul terreno della
ricomposizione di un blocco sociale conservatore, che avesse la dinamicità di una
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partito capace di tenere insieme la dimensione della mobilitazione di piazza con la


presenza attiva nei nodi di crisi. La politica andreottiana e la ricomposizione del
centrismo sulla base di un indirizzo economico inflattivo e di alta spesa pubblica, fu
un modo per una strategia di riassorbimento sulla sua destra e per l’avvio di una
riformulazione di accordi in campo economico con le forze della sinistra politica e
sindacale. Tuttavia i nodi della linea politico – identitaria del MSI vennero coperti dai
successi elettorali del biennio 71 – 72 ma riemersero nel 1973, quando il partito
progressivamente perse il peso elettorale e rappresentativo acquisito con la crisi del
centro – sinistra. La politica del MSI sul tema dell’ordine pubblico si strutturò attorno
a cinque elementi principali:
 L’attivismo squadrista antistudentesco e antioperaio;
 Le mobilitazioni d’ordine incentrate sul rapporto sul rapporto diretto con la
classe media e rappresentate dai cortei della Maggioranza Silenziosa nel Nord
Italia;
 L’inquadramento delle istanza ribellistiche del sottoproletariato meridionale,
nella prospettiva di una concorrenza elettorale diretta sia al PCI sia ai partiti di
governo;
 Il tentativo di sintesi tra la politica sviluppata nel Nord Italia e nel
Mezzogiorno, tendente alla realizzazione del progetto di unificazione elettorale
della rappresentanza missina;
 L’indicazione della sinistra parlamentare ed extra come unico elemento di
instabilità politica e dell’ordine pubblico.
Almirante sostituì i toni anti – sistemici disegnando un profilo legalitario capace di
rappresentare la premessa per un’alternativa non eversiva, sul piano della lotta al PCI
il MSI rimodulò il paradigma della guerra sovversiva ricollocando la guerra limitata
all’interno della duplice dimensione di:
 Espansione Verticale: riferita all’infiltrazione comunista nei ranghi dello
stato;
 Espansione Orizzontale: intesa come conquista egemonica e psicologica
dell’opinione pubblica.
La campagna elettorale missina si incentrò sulla competizione a destra con la DC e
sulla proposta del blocco d’ordine contro il centro – sinistra; tuttavia il:
 38,8% ottenuto dalla DC;
 27,2% ottenuto dal PCI.
Mostrarono la tendenza ad una progressiva polarizzazione del sistema attorno ai due
grandi partiti di massa, tuttavia il 9,6% ottenuto dal PSI rendeva riproponibile la
formula del centro sinistra come proposta di governo. Infatti la stessa DC espresse
soddisfazione per la formazione del secondo governo Andreotti formato da:
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 DC;
 PSDI-PLI;
 Con appoggio esterno del PRI.
Questo governo venne giudicato come un freno al pericolo di vuoti di potere e di
involuzioni antidemocratiche del paese, ponendo così un freno alla svolta a destra
richiesta nel paese.

Par.4.9- Le ripercussioni sul MSI della mancata svolta a destra


Il mancato sfondamento elettorale finì per rilanciare la spinta aggressiva alla base e
dei gruppi extraparlamentari che:
 Da un lato avevano cercato di limitare il loro dinamismo prima delle elezioni;
 Dall’altro avevano proseguito nell’organizzazione di attività di carattere
eversivo.
Almirante tuttavia riuscì di nuovo a sfruttare questa situazione a suo vantaggio ed
infatti nel comizio che si svolse a Firenze il 4 giugno il segretario tornò a sollecitare
l’anima profonda del partito dichiarandosi il più tradizionalista dei tradizionalisti e il
più nostalgico dei nostalgici. Inoltre nel corso di aggiornamento svoltosi a
Montesilvano ribadì come lo scontro in autunno sui rinnovi contrattuali nelle scuole e
nelle università avrebbe potuto accreditare la destra nazionale come forza
surrogatoria dello stato. In parlamento il MSI votò contro il secondo gabinetto
Andreotti secondo la linea promossa da Almirante, tuttavia la continua oscillazione
tra istanze d’ordine anti-sovversive e attività squadristiche, non più connesse da una
dimensione espansiva del consenso politico ed elettorale del partito, determinarono
tra il 1972 – 1973 aspri conflitti interni tra le componenti extraparlamentari e
moderate. Inoltre la contraddizione che caratterizzò la politica e la stessa identità
missina provocò molte fratture tra la direzione del partito e gli organismi periferici.
Nei congressi provinciali infatti l’indirizzo legalitario richiamò la necessità di
rassegnarsi alla sconfitta ideologica del fascismo, denunciando il tentativo delle
minoranze estremiste di distruggere la linea democratica del MSI – destra nazionale.
Il conflitto tra la parte extraparlamentare e quella moderata rimase il principale
elemento di contraddizione nell’area dell’estrema destra; lungi dall’aver
rappresentato una forma di inquadramento disciplinare. Tuttavia il processo di
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riagreggazione voluto da Almirante aveva finito per configurare il partito non tanto
come una struttura rigida, ma al contrario come un’area di riferimento per i militanti
neofascisti.

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Cap.5- Il ritorno dell’ospite muto


Par.5.1- La paura del golpe e la minaccia neofascista
Nonostante alcune significative divergenze sulla prospettiva politica e sul sostegno
indiretto al governo Andreotti, il MSI si presentò sostanzialmente unito al congresso
nazionale del 1973; la relazione di Almirante definì il perimetro politico del MSI –
DN come quello di un partito d’ordine, fortemente occidentale e in grado di
condizionare l’alternativa di sistema. L’alternativa missina posta alla DC si sostanziò
attraverso la coniugazione delle linee di politica economica ed estera:
 Piano Sociale: la proposta del MSI si incentrò sull’aumento della produttività,
sulla regolazione del diritto di sciopero, sul contenimento salariale e sul
ripristino del carattere selettivo del meccanismo scolastico – formativo;
 Politica Estera: il partito rafforzò l’adesione al patto atlantico e vi fu il rifiuto
della conferenza internazionale di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in
Europa, le cui consultazioni preparatorie erano state avviate il 22 novembre
1972.
La progressiva accentuazione della crisi caratterizzata dal basso tasso di sviluppo, dal
carattere dualistico dell’economia italiana, ciò determinato in parte dalla mancanza
carenze del sistema nazionale, rappresentò l’elemento di contrazione politica che
spinse le correnti democristiane verso la ricomposizione del centro – sinistra in
un’ottica di uscita dal ristagno economico. Il 12 aprile a Milano un corteo non
autorizzato del MSI provocò gravissimi incidenti culminati con la morte dell’agente
Antonio Marino colpito da una bomba a mano lanciata dai missini; inizialmente la
stampa missina cercò di sostenere la tesi di infiltrati di sinistra nel corteo, adducendo
come prova il ritrovamento di alcune tessere del PCI nei pressi dei luoghi degli
incidenti. I fatti dell’aprile del 1973 parvero un tentativo di rilancio dell’operazione
eversiva che quattro anni prima si era manifestata con la strage di piazza Fontana; tra
il marzo e l’aprile del 1973 i diversi esponenti della DC espressero in prossimità del
congresso nazionale un ritorno alla formula del centro – sinistra in modo da
contrastare la strategia di destabilizzazione operata dai gruppi eversivi di destra. Per il
governo Andreotti alla questione dell’ordine pubblico si aggiunsero le difficoltà
economiche e politiche che determinarono una forte accelerazione della crisi del
gabinetto centrista spingendo ampi settori della borghesia a richiedere la l’isolamento
missino e una tregua sociale definita come strategia della distensione, base per la
fuoriuscita dalla crisi strutturale del sistema italiano. Tuttavia la recrudescenza
squadrista e la persecuzione di attività paramilitari evidenziarono come non in tutte le
federazioni missine fu accettata la scelta legalitaria, molte formazioni
extraparlamentari neofasciste ebbero come punto comune la contestazione della linea
moderata di Almirante. Tuttavia la stretta legalitaria che Almirante volle imprimere
ebbe qualche risultato perché portò allo scioglimento di alcuni gruppi
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extraparlamentari, impossibilitati a usufruire dell’agibilità goduta fin lì negli ambienti


ufficiosi del partito. Tuttavia alcuni fattori come:
 La crisi economica;
 La debolezza politica del governo;
 L’approssimarsi dei congressi nazionale della DC e del PSI.
Questi ultimi incentrati sul tema della ripresa della collaborazione di centro – sinistra,
la ripresa di questa soluzione segnò la conclusione del gabinetto Andreotti e della
formula neo – centrista. Per le sinistre l’approccio verso un nuovo assetto del paese
collocò la funzione della lotta per la ripresa produttiva, per la piena occupazione, per
il rilancio della domanda interna e per la crescita dei consumi sociali; all’interno del
complessivo spostamento dell’equilibrio politico in chiave progressista e antifascista.
Per queste ragioni di fondo il MSI vede ridotto il proprio spazio politico e fu
contemporaneamente messo sotto accusa in parlamento dalle forze di maggioranza,
che ne denunciarono la contiguità con:
 I gruppi eversivi;
 L’attività squadrista;
 La condotta antisistemica del 1971 – 1973;
 La connessione tra il fallito attentato ad Azzi e la morte di Marino.
Il tentativo di attribuire all’estrema sinistra la strage della questura di Milano si
configurò come l’ennesimo atto terroristico a cui erano estranei sia i partiti della
sinistra storica che le forze extraparlamentari, che molto si erano spese nel campo
della controinformazione sulla strage di piazza Fontana e sulle trame nere. Le
connessioni tra:
 Il fallito attentato al treno Torino – Roma del 7 aprile;
 L’omicidio dell’agente Marino del 12 aprile;
 La bomba contro Rumor del 17 maggio.
Vennero rilevati anche da elementi del SID impegnati nelle indagini; nel complesso
dunque la strage alla questura di Milano sembra configurarsi come un’operazione non
tanto legata alle disposizioni di scioglimento di Ordine Nuovo, ma piuttosto ad
un’azione eversiva il cui carattere terroristico si ricollega ad un più generale disegno
strategico di involuzione autoritaria emerso con gli attentati del 12 dicembre 1969.
Tuttavia le accuse dei dirigenti del partito furono quasi interamente rivolte contro la
corrente dorotea, a cui Almirante contestò un inimicale comportamento antimissino di
cui erano responsabili Piccoli e Rumor. La segreteria poi emanò nuove circolari che
imposero la centralizzazione del tesseramento a Roma, con la conseguente decadenza
dal partito per chi avesse riportato condanne lesive alla loro onorabilità, intanto il
congresso della DC del 6 giugno sancì la ricomposizione del centro – sinistra come
formula governativa, chiudendo così l’esperienza neo – centrista del governo
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Andreotti. La rinnovata rappresentazione antifascista della DC era funzionale alla


politica di centro – sinistra, al fine di avviare un dialogo con il PCI, questa strategia
politica trovò una sua rappresentazione simbolica con il consiglio nazionale di
Ravenna il 7 agosto. In questo quadro il MSI si ritrovò di nuovo emarginato e
nell’impossibilità di rappresentare una qualche forma di condizionamento
sull’indirizzo della maggioranza di governo; inoltre il 5 settembre 1973 il consigliere
comunale del MSI Fachini venne incriminato con Giannettini per la strage di Piazza
Fontana. Il 1973 segnò un cambio di fase politica dovuta a vari fattori dalla crisi
economica del paese, alla crisi petrolifera causata dalla guerra del Kippur sino al
ritorno del centro – sinistra. Inoltre un ulteriore elemento furono le inchieste
giudiziari che colpirono tutta l’area dell’estrema destra che ebbero come conseguenza
un ridimensionamento del MSI. Infatti il maggiore controllo delle istituzioni e le
inchieste sulle attività golpiste non solo evidenziarono le connessioni tra l’estrema
destra e alcuni ambienti militari, ma fecero emergere strutture come la Rosa dei
venti. Inoltre il quadro politico si ridefinì sulla base di nuovi equilibri, infatti con il
definitivo ritorno del centro – sinistra e il concorso dell’opposizione comunista alla
discussione delle linee generali in campo economico e legislativo. La DC nel
congresso nazionale di luglio aprì la linea di dialogo con il PCI, tanto che dal
documento ufficiale sparirono i richiami all’attacco comunista alla democrazia,
che avevano caratterizzato i governi neo – centristi di Andreotti, decretando così
l’inizio di una nuova fase nei rapporti tra i due maggiori partiti italiani.
Par.5.2- Le ragioni della nuova emarginazione missina
Le ragioni della nuova emarginazione missina le possiamo trovare nel cambiamento
di alcune condizioni internazionali:
 Le dimissioni di Nixon causa lo scandalo watergate;
 La caduta dei regimi autoritari in Spagna, Portogallo e Grecia;
 Le esigenze di ristrutturazione del comparto industriale italiano;
 La proposta del compromesso storico agganciata a quella
dell’eurocomunismo.
Questi fattori determinarono una condizione di oggettiva marginalizzazione
dell’estrema destra; l’elezione di Agnelli alla presidenza della Confindustria nel
febbraio del 1974 sancì il prevalere della linea dialettica con il movimento operario,
piuttosto che quella dello scontro con il movimento operaio. Dal 1973 infatti la
politica del PCI si modificò in quanto venne accettato il dispositivo militare
dell’alleanza atlantica, questo nodo cruciale per i comunisti si sciolse il 14 luglio
1973. Questo delicato passaggio trasferì il confronto politico tra la DC e il PCI su un
terreno storicamente occupato dalle forze di destra, erodendo così lo spazio di
agibilità del MSI. Obbligando quest’ultimo ad una propaganda difensiva e di
denuncia delle forze armate che nelle intenzioni di Almirante avrebbe dovuto
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rompere l’isolamento a cui andava incontro il partito a causa dell’azione di Andreotti


e del PCI. La sconfitta nel referendum del divorzio e la netta flessione nelle elezioni
amministrative del giugno 1975 avviarono il MSI verso il declino irreversibile dei
progetti di legittimazione che si sarebbe compiuta con la fine della guerra fredda,
della prima repubblica e con il congresso di Fiuggi. Il referendum aveva infatti
assunto le caratteristiche di quel plebiscito anticomunista che Almirante ricercava dal
1969 – 1970, infatti l’associazione esplicita con la DC sembrò sancire finalmente
quella convergenza di un ampio fronte anticomunista in grado, in caso di vittoria del
sì, di determinare la definitiva legittimazione dell’estrema destra. La vittoria del sì
avrebbe dunque rappresentato una decisiva sconfitta del socialcomunismo; tuttavia il
risultato del 12 maggio 1974 segnò la sconfitta definitiva dell’ipotesi di uno
schieramento parlamentare chiuso a sinistra, determinando l’esaurimento della
prospettiva del condizionamento da destra della DC ed aprendo la strada a governi
sempre più spostati verso i comunisti. La formula della solidarietà nazionale che
associò progressivamente il PCI all’area di maggioranza e culminò con la formazione
del quarto governo Andreotti votato in parlamento il giorno del rapimento di Moro da
parte delle BR. Ciò avrebbe potuto rappresentare un fattore di crescita dell’estrema
destra, tuttavia le elezioni del 1979 confermarono la crisi missina, anche se con le
elezioni di Reagan negli USA e della Tatcher in Inghilterra l’asse politico
internazionale si stava spostando di nuovo verso destra, ciò favorito soprattutto dalla
recessione economica globale. Per tutti gli anni 80’ Almirante definì la politica
missina sulla linea della contestazione della partitocrazia e della democrazia
consociativa, potendo sfruttare:
 Gli scandali economico – finanziari;
 La sistematizzazione dei fenomeni della corruzione pubblica;
 La presenza pervasiva del sistema dei partiti in tutte le parti vitali dello stato e
della pubblica amministrazione.
Su questi fenomeni che caratterizzano tutti gli anni 80’ vi è il definitivo declino di
tutti i partiti fondatori della repubblica democratica; il MSI potè sfruttare ciò
impostando una contestazione contro l’intero sistema politico e allo stesso tempo
rivendicando la propria estraneità al regime. Presentandosi in nuova veste legalitaria
e giustizialista, cercando anche di cogliere i risultati del lento declino elettorale della
DC e del generale riflusso ideologico – politico del paese.

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Par.5.3- La fine della prima repubblica e l’abbandono della casa del padre
Il ritiro di Almirante nel 1987 e la sua sostituzione con Gianfranco Fini, non cambiò
però la sostanza dell’identità missina né la sua capacità di incidenza nel complesso
delle articolazioni politiche. La svolta giunse con la fine dei partiti della repubblica
antifascista e la rimozione della discriminante storica dell’estrema destra; in parte
dovuta al procedere delle indagini della magistratura sulla corruzione politica che
trasformava la questione da questione morale in questione giudiziaria. Dunque i
fascisti in democrazia non avrebbero più rappresentato l’alternativa di sistema, al
contrario avrebbero assunto un nuovo e partecipe ruolo nella riformulazione del
perimetro della legittimità politica e degli equilibri istituzionali. Il crollo dei partiti
della prima repubblica determinato sul piano esogeno dalle inchieste della
magistratura sulla corruzione; sul piano endogeno coincide con vari fattori;
 Fine della divisione bipolare;
 Riunificazione tedesca;
 Processo di costruzione di Maastricht.
Questi fattori crearono le condizioni materiali affinchè il MSI si potesse presentare
all’opinione pubblica come l’unico partito di destra in grado di rappresentare
un’alternativa al variegato cartello delle sinistre dopo la fine del PCI e la nascita di
due schieramenti:
 Il partito democratico della sinistra (PDS);
 Rifondazione comunista (RC).
La forzatura impressa dagli eventi interni ed internazionali dal 1989 al 1993
rappresentò l’occasione storica che il MSI colse per:
 Riformulare la propria forma di rappresentanza;
 Riformulare il proprio ruolo nella società politica;
 Riformulare la propria identità politica.
La legittimazione de facto del MSI attraverso le elezioni ha creato l’anomalia della
destra italiana, infatti nel 1994 le elezioni dopo lo scandalo di tangentopoli furono
vinte dallo schieramento di destra formato da Forza Italia, Lega Nord e Alleanza
Nazionale; ciò portò ad una discussione della costituzione ponendo la necessità di
una ridefinizione del quadro politico – istituzionale, in funzione di una sua
compatibilità con le forze politiche al governo. In questo modo se il congresso di
Fiuggi del gennaio del 1995 e la nascita di Alleanza Nazionale chiudevano la storia
del MSI, non rimaneva risolto il nodo dell’identità post missina e della sua
trasformazione in destra costituzionale. Il congresso di Fiuggi ripropose dunque un
tema classico del passato missino ossia la forzatura, stavolta unita all’investitura del
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voto popolare ricevuta con le elezioni del 1994. Possiamo dunque dire che se la prima
repubblica era crollata a causa della sfiducia generale nei confronti dei tradizionali
meccanismi di formazione del consenso; la seconda nata da un’ansia di cambiamento
nella quale emerge la prospettiva plebiscitaria e carismatica. Quest’ultima sembra
avviarsi al declino proprio per l’insufficienza e l’inidoneità della proposta carismatica
e plebiscitaria, codificata a destra dalla riforma in senso presidenzialista della
repubblica, la classe politica della seconda repubblica non si è dimostrata capace di
governare una società moderna e complessa come quella contemporanea, lasciando
parallelamente irrisolta la questione dell’anomalia della destra politica in Italia.

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