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Ecco di seguito il testo dell'intervento di Cecilia Correale), volontaria e studentessa del Liceo classico

Pigafetta, Vicenza
Nei primi giorni di novembre sul Veneto, e soprattutto su Vicenza, Padova e Verona, si è abbattuta una
terribile alluvione. In poche ore, non solo per la pioggia,. ma anche a causa dello scempio subito dal
nostro territorio, a cui si aggiunge l'enorme cementificazione della nuova base militare americana Dal
Molin, a Vicenza i fiume hanno rotto gli argini e allagato la nostra città.
Questo l'avete potuto leggere in qualsiasi giornale, magari a pagina 40, perché le prime pagine erano
occupate da qualche scandalo politico; ma ciò che non avete potuto leggere, vedere, sentire, sono le vite
distrutte di quelle persone che hanno perso tutto; hanno perso in un attimo quei legami, simboli della
nostra sicurezza, che pensavamo non essere in pericolo.
Le nostre città sono state ferite. Vicenza è una città bellissima e dopo questa alluvione era in ginocchio.
Le persone ammassavano libri, mobili, vestiti fuori dalle porte e chi passava per le vie del centro vedeva
la gente che abbandonava la propria casa o che buttava via le sue cose coperte di fango.
Questo episodio tragico, tuttavia, non ha suscitato solo sconforto, ma ha mobilitato, in modo spontaneo,
anche una grande solidarietà, in particolare tra giovani e immigrati: nei giorni successivi oltre 2000
volontari hanno aiutato a liberare Vicenza dal fango e dall'acqua e, soprattutto, hanno aiutato le persone
a risollevarsi, a ricominciare da capo, a reagire.
Gli immigrati erano moltissimi. Si sentivano parte di Vicenza, nonostante la diffidenza che caratterizza
il nostro territorio, e si sentivano in dovere, in quanto cittadini, di aiutare. Hanno partecipato insieme ai
giovani per un comune senso civico e di cittadinanza.
Io sono qui per rappresentare gli oltre 2000 volontari che hanno aiutato Vicenza a liberarsi dal fango.
Io ho visto, accanto a me, moltissimi giovani che, sentendo la necessità di intervenire per aiutare la
città, per aiutare le PERSONE, si sono mossi, ignorando tutto il resto. Non lo hanno fatto in nome di
qualche ideale politico, lo hanno fatto solo perché hanno capito che le persone avevano bisogno di loro.
Lo hanno fatto senza chiedere o rivendicare nulla. Non lo hanno fatto per conto di niente e per nome di
nessuno, lo hanno fatto perché serviva in quel momento. Se ne sono fregati di essere chiamati
"bamboccioni", "facinorosi", "bulli": hanno aiutato le persone perché ne avevano bisogno!
Non hanno chiesto nulla per loro stessi e sono intervenuti per permettere alla città di ricominciare;
credo che, a volte, questo sia molto più importante di qualsiasi lotta politica.
D'altra parte, però, questo episodio non è stato l'unico che ci ha visti prendere una posizione rispetto ad
un problema. Se, da una parte, i giovani volontari non chiedevano nulla, dall'altra parte, gli studenti che
in questi anni si stanno mobilitando hanno delle esigenze molto chiare. Magari non erano gli stessi, ma
entrambi hanno dimostrato di essere assolutamente, e senza ombra di dubbio, estranei agli stereotipi
così radicati nella società del ragazzo individualista e indifferente.
Invito tutti a ritenere sul serio i giovani la risorsa fondamentale per costruire un paese e un futuro
diversi. E, come è stato già detto, credo sia giunto il momento di smettere di dare spazio e ascolto ai
giovani solo se fanno come gli adulti, alle donne solo se fanno come gli uomini, ai migranti solo se fanno
come gli italiani.
L'8 ottobre, il 17 novembre, ma anche il 16 ottobre e oggi, NOI studenti e studentesse siamo scesi, a
fianco dei lavoratori, dei nostri genitori quindi, per chiedere una scuola pubblica, aperta a tutti, dove
essere protagonisti, di cui essere orgogliosi. Siamo scesi per dire che NON POSSONO TOGLIERCI IL
DIRITTO ALLO STUDIO, che la vera scuola è quella che ogni giorno si trova ad affrontare classi
sovraffollate, programmi vecchi e inadeguati, strutture fatiscenti e nessuna risorsa per andare avanti.
Siamo scesi contro una riforma dell'Università classista e inaccettabile. Siamo scesi per ribadire che il
presente, oltre che il futuro, è nostro, e che quando sentiamo che ci sta venendo tolto, cerchiamo di
riconquistarlo!
E' importante ricordare anche questo, oggi, qui in questa piazza, che questo è il nostro tempo, e di tutti
coloro che sono stanchi di essere ignorati, sono stanchi di non contare nulla nelle decisioni di questo
paese, sono stanchi di non riuscire nemmeno a concepire una prospettiva!
A casa siamo sotto lo stesso tetto, oggi, in piazza, siamo sotto lo stesso cielo.
Cecilia Correale
Liceo classico Pigafetta, Vicenza

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