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Corriere della Sera > Salute > Cuore > Ipertensione, come saperese la cura funzionerà
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GRAZIE A UN ORMONE PRODOTTO DAL RENE
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già allora l'ipertensione veniva suddivisa in quattro "classi" a seconda delle sue caratteristiche e si
annoveravano l'ipertensione con bassi livelli di renina (che riguarderebbe un terzo dei pazienti),
l'ipertensione a renina medio-alta (oltre un terzo dei casi), l'ipertensione resistente che richiede terapie
multiple e l'ipertensione secondaria ad altre malattie vascolari o endocrine. «Sappiamo che se la renina
è bassa il paziente risponde bene ai diuretici, mentre se la renina è alta ci sono maggiori probabilità di
successo con gli ACE-inibitori o i beta-bloccanti. Eppure queste informazioni sono passate poco nella
pratica clinica, tuttora non si va a dosare la renina per decidere quale terapia intraprendere: speriamo
che gli studi appena pubblicati possano dare una spinta definitiva in questo senso», scrive Curt
Furberg, della Divisione di Salute Pubblica della Wake-Forest University, in un'editoriale che
accompagna le ricerche. Tutte e tre, in effetti, depongono a favore dell'opportunità di valutare la renina
per decidere il piano terapeutico.
STUDI - Il primo studio, condotto su poco meno di 400 pazienti, dimostra infatti che tanto più la
renina nel sangue è alta, quanto più l'ipertensione risponde all'atenololo, farmaco in grado di bloccare
la renina. La riduzione oscilla fra i 10-12 mmHg; se ai pazienti con renina alta, invece, viene data
idroclorotiazide, un diuretico, l'effetto si dimezza. L'opposto succede a chi ha la renina bassa: il
diuretico riduce la pressione di 10 mmHg, l'atenololo da solo si ferma a un calo di 1 mmHg, in coppia
con il diuretico si raggiunge una riduzione di 7 mmHg. Risultati simili dal secondo studio, che aggiunge
però un dato di rilievo: in alcuni ipertesi sottoposti a terapia si ha un incremento paradosso della
pressione (anche oltre i 10 mmHg). Ebbene, questo effetto indesiderato è più comune in chi prende
farmaci "anti-renina" ma ha bassi livelli di renina nel sangue. Il quadro si completa con l'ultima ricerca,
secondo cui vi sarebbero differenze etniche nella quantità di renina: gli afroamericani, ad esempio,
hanno mediamente la renina più bassa rispetto ai bianchi.
IMPLICAZIONI - Queste ricerche dovrebbero finalmente spingere a valutare i livelli di renina dei
pazienti, al momento della prescrizione dell'antipertensivo. Ne è convinto Furberg, che aggiunge: «La
renina dovrebbe essere misurata anche periodicamente durante il trattamento, per aiutare a decidere se
è opportuno aggiungere un altro farmaco alla terapia. I dati appena pubblicati dimostrano che
prescrivere il farmaco "sbagliato" al paziente può significare indurre una risposta paradossale, un
aumento di pressione: un problema che può portare a un'inutile aggiunta di farmaci e che potrebbe
essere evitato valutando la renina prima di iniziare la cura. Guidare la terapia in base anche ai livelli di
renina pare ormai un approccio ragionevole, che può portare a un miglior controllo della pressione
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senza aumentare il numero di farmaci da prendere. Una cura standard per tutti non sembra avere più
molto senso, se davvero vogliamo ottenere il massimo dalle terapie», conclude Furberg.
PRUDENZA - Enrico Agabiti Rosei, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
dell'università di Brescia, è più cauto: «In linea di principio tutto questo è vero, ma temo che
continueremo a discutere dell'opportunità di misurare la renina ancora a lungo. L'approccio ha infatti
alcune limitazioni importanti: innanzitutto, le conclusioni di queste ricerche sono vere per chi ha la
renina molto alta o molto bassa. In questi casi l'ormone partecipa molto o non partecipa quasi per
niente allo sviluppo della pressione alta, per cui può avere senso guidare la cura in un senso o nell'altro;
nelle situazioni intermedie, invece, è molto più difficile avere risultati altrettanto netti. Inoltre -
prosegue Agabiti Rosei - il dosaggio della renina è semplice, ma non ci sono ancora parametri standard
fra i diversi laboratori che rendano i risultati sempre certi e confrontabili; infine, la quantità di renina è
continuamente influenzata da molti altri fattori. Ad esempio aumenta se si sta in piedi, oppure se si
seguono cure con determinati farmaci che ne modificano i livelli. Esistono perciò al momento limiti
consistenti a un uso del dosaggio di renina su vasta scala come "guida" per la terapia: a oggi ha senso
farlo solo in casi abbastanza selezionati e se si può contare su un laboratorio che ha messo a punto
buoni standard di riferimento», conclude Agabiti Rosei.
Elena Meli
13 ottobre 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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