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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.

3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

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CAPITOLO

3
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LA LEGGE COSTITUTIVA
ELASTO-PLASTICA

parte del capitolo presenta gli aspetti di base del


3.1 Introduzione comportamento elasto-plastico descrivendo e
commentando i fenomeni che avvengono durante la
Le microstruttura dei materiali policristallini è
prova di trazione uniassiale di un provino metallico. La
all’origine del comportamento elasto-plastico che sarà
seconda parte del capitolo, che può essere omessa per i
considerato e formalizzato in questo capitolo. Questo
lettori in già possesso dei fondamenti della meccanica
comportamento è alla base del successo dei materiali
dei continui, presenta i concetti di deformazione e
metallici in ambito strutturale. La funzione strutturale,
sforzo in stati di sforzo pluriassiali. Infine, l’ultima
infatti, deve essere svolta soddisfacendo i requisiti
parte del capitolo è dedicata alla formalizzazione della
fondamentali di rigidezza e di resistenza, due
legge costitutiva in campo elastico, dei criteri che
caratteristiche che i materiali metallici presentano in
permettono l’individuazione del limite elastico dei
modo peculiare. Le caratteristiche del legame metallico
materiali e del comportamento in campo plastico.
conferiscono elevati valori di rigidezza e la possibilità,
quindi, di sopportare carichi elevati con limitate
deformazioni. Inoltre, il comportamento plastico,
originato dal moto e dalla generazione delle 3.2 Aspetti fenomenologici del
dislocazioni come descritto nel capitolo precedente, ha comportamento elasto-plastico
un’importanza centrale per gli aspetti tecnologici e le
prestazioni strutturali dei metalli. Tecnologicamente, 3.2.1 Sforzi e deformazioni in una prova di
infatti, la plasticità consente l’applicazione di processi trazione uniassiale
di grande efficienza e precisione per la realizzazione di
parti strutturali e l’ottenimento di elementi metallici
La prova di trazione uniassiale rappresenta
semilavorati o finiti con le forme più svariate. Non
l’esperimento cardine per la caratterizzazione delle
deve essere trascurato, tuttavia, anche il ruolo
proprietà dei materiali metallici. In estrema sintesi, la
strutturale della plasticità, che riduce la fragilità del
prova consiste nell’applicazione di un carico a un
materiale, aumenta l’energia necessaria per portarlo a
provino di materiale e nella misura dell’allungamento
rottura e conferisce un carattere progressivo ai
di un tratto del provino stesso sotto l’azione del carico
fenomeni di rottura. La plasticità, quindi, permette di
applicato. Si esegue su provini di diverse tipologie e
garantire l’integrità strutturale anche quando,
misure, secondo il materiale da esaminare, come quelle
localmente, il materiale supera i limiti del campo
riportate in Figura 3.1.
elastico ed è fondamentale per comprendere i criteri di
progetto applicati nelle strutture aerospaziali. La prima

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

La legge di applicazione del carico è impostata agendo


sul sistema di controllo della macchina di prova. La
prova può quindi avvenire applicando direttamente una
storia di carico al provino e, in questo caso, si definisce
controllata in forza. In alternativa, la prova può essere
eseguita imponendo una legge temporale di
spostamento alla parte mobile della macchina e il
sistema di controllo, grazie a un meccanismo di
retroazione, consentirà di applicare il carico necessario
a ottenere lo spostamento desiderato. In quest’ultimo
caso, la prova si definisce controllata in spostamento.
Le velocità di applicazione del carico o dello
spostamento sono, per il tipo di prova preso in esame in
Figura 3.1 - Forme e normative di provini per questo paragrafo, molto basse e certamente tali da
la prova di trazione uniassiale permettere di assumere che il sistema evolva attraverso
una serie di stati di equilibrio.
Una tipica modalità di esecuzione della prova è La misura del carico applicato è eseguita da una cella
schematizzata in Figura 3.2. Il provino è vincolato a di carico, installata in serie fra il provino e una delle
una macchina di prova attraverso due afferraggi, l’uno due parti della macchina di prova. L’allungamento
solidale con una parte fissa e l’altro con una parte misurato durante la prova non è lo spostamento della
mobile della macchina. Un sistema di attuazione, parte mobile della macchina, ma si riferisce a un tratto
idraulico o meccanico, è installato fra la parte fissa e centrale del provino di materiale, a sezione costante. Si
quella mobile e permette di applicare il carico al deve considerare, infatti, che lo spostamento della parte
provino. mobile della macchina non è uguale all’allungamento
del tratto a sezione costante del provino, ma comprende
anche l’allungamento delle parti di provino vincolate e
gli allungamenti o i giochi di tutto il sistema composto
Spostamento
da afferraggi, cella di carico, struttura fissa e mobile
della macchina.
Parte mobile
Per tale motivo, uno specifico strumento di misura,
Cella di generalmente un estensometro, è applicato al provino
carico nella zona centrale di misura. Tale strumento,
rappresentato in Figura 3.3, è in grado di misurare la
Attuatore variazione della distanza fra due punti del provino
controllato in stesso, che, inizialmente, sono posti a distanza l0.
forza o
spostamento
Estensometro
Forza

Parte fissa
afferraggi

Carico, P

Figura 3.3 - Estensometro installato su un


provino di trazione

La cella di carico e l’estensometro misurano il carico P


e l’allungamento 'l = l-l0 nella zona di misura del
Allungamento, l – l0 provino. E’ intuibile che il carico P, da applicare per
ottenere un determinato allungamento 'l nella zona di
Figura 3.2 - Schema di esecuzione della prova misura, sarà proporzionale alla sezione del provino, A0.
di trazione uniassiale D’altra parte, se un tratto di lunghezza iniziale l0 di un
provino soggetto a un carico P subisce un

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allungamento 'l, un tratto di lunghezza iniziale doppia Poisson ed è universalmente indicato con la lettera v.
andrà necessariamente soggetto ad un allungamento La sua definizione è data in Eq. 3. 3.
doppio. L’allungamento è quindi proporzionale alla
lunghezza iniziale del tratto di misura.  H~ trasv
La curva carico-spostamento ottenuta è pertanto Q
H~
dipendente non solo dal materiale di cui è costituito il
Eq. 3. 3
provino, ma dalle dimensioni della sezione e dalla
lunghezza della zona di misura considerata. Le
Il coefficiente di Poisson per i materiali isotropi deve,
precedenti considerazioni implicano che, dividendo il
per ragioni fisiche, essere minore di 0.5. Esso è
carico per la sezione del provino e l’allungamento per
tipicamente compreso fra 0.0 e -0.5, sebbene possano
la lunghezza iniziale, si ottengono grandezze
esistere materiali, detti auxetici, che presentano
indipendenti da tali caratteristiche geometriche.
coefficienti di Poisson negativi. I valori fra -1.0 e 0.0
In via preliminare, pertanto, si può definire uno sforzo
sono infatti ammissibili.
nominale o ingegneristico, dato dal rapporto fra il
carico applicato durante la prova e la sezione originale
del provino, A0 (Eq. 3. 1). Fissata la lunghezza della r
zona di misura, quindi, si definisce inoltre una
deformazione nominale o ingegneristica come rapporto
fra l’allungamento della zona di misura e la sua
lunghezza iniziale (Eq. 3. 2). r0

P
V0
A0 l
Eq. 3. 1
l0
l  l0 'l
H~
l0 l0
Eq. 3. 2
X1 x1
Assumendo che lo sforzo e la deformazione siano X2 x2
costanti nella zona di misura del provino, la curva
sforzo-deformazione ottenuta misurando il carico e X3 x3
l’allungamento e applicando le definizioni in Eq. 3. 1 e Figura 3.4 –– Processo deformativo di un
Eq. 3. 2, è una caratteristica del materiale del provino. provino cilindrico durante la prova di
Dimensionalmente, lo sforzo rappresenta una forza per trazione uni assiale
unità di superficie, [V0]=[F][L]-2, ed ha le unità di
misura di una pressione (Pa = Nm-2, nel SI). La La Figura 3.4 schematizza il processo di deformazione
deformazione, invece, è adimensionale. La durante la prova di trazione di un provino cilindrico. La
deformazione è spesso espressa come deformazione lunghezza passa da l0 a l, mentre il raggio diminuisce
percentuale, moltiplicando per un fattore 100 il valore da r0 a r. La deformazione trasversale, per il provino
ottenuto dall’Eq. 3. 2 o in termini di cilindrico risulta:
microdeformazioni, PH, ottenute moltiplicando per 106
il valore fornito dall’Eq. 3. 2. r  r0
La deformazione nominale in Eq. 3. 2 misura H~ trasv
l’allungamento del provino nella direzione di r0
applicazione del carico, ma questa misura non descrive Eq. 3.4
completamente il cambiamento di configurazione che il
provino subisce durante la prova. Infatti, con Poiché la sezione si contrae durante la prova, l’area
l’applicazione del carico di trazione, il provino si trasversale del provino, sulla quale agisce lo sforzo
allunga e, contemporaneamente, la sua sezione cambia e, nella prova di trazione, diminuisce. Il valore
trasversale si contrae. Tale contrazione dà luogo a una dell’area sulla quale effettivamente agisce lo sforzo
deformazione trasversale H~ trasv . durante la prova è A < A0. Analogamente, si può
Quando il provino si allunga la deformazione definita osservare che la deformazione definita in Eq. 3. 2
in Eq. 3. 2 è positiva. Poiché la sezione si contrae misura l’allungamento rispetto alla dimensione iniziale
quando il provino si allunga, la deformazione della zona di misura, l0 che, durante la prova, cambia.
trasversale è, nella prova di trazione, negativa. Pertanto gli sforzi e le deformazioni ingegneristiche,
L’andamento del rapporto fra l’opposto della definiti in Eq. 3. 1 e Eq. 3. 2 sono riferiti alle
deformazione trasversale e la deformazione nella dimensioni iniziali del provino e si pone il problema di
direzione di allungamento è una proprietà del differenziare tali misure da quelle riferite alla
materiale. Tale rapporto è chiamato coefficiente di configurazione deformata.

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Nella gran parte delle applicazioni strutturali dei


metalli, tale differenza è trascurabile, poiché il La Figura 3.5 riporta l’andamento della deformazione
materiale raggiunge, anche nelle condizioni di esercizio nominale e della deformazione logaritmica al variare
più gravose, livelli di deformazione molto piccoli, del rapporto fra lunghezza deformata e lunghezza
dell’ordine di 10-4y10-3 (0.01% y 0.1% o 100y1000 indeformata del tratto di misura. Appare evidente che
PH). Considerando il limite indicato in precedenza per per piccole deformazioni le differenze siano
il coefficiente di Poisson, anche le deformazioni trascurabili. La differenza fra sforzo nominale e sforzo
trasversali saranno molto piccole. vero è invece dipendente dal comportamento del
A livelli di deformazione più elevati, quali quelli che materiale, che determina la contrazione della sezione al
possono essere ottenuti nei processi di lavorazione dei variare della configurazione.
materiali, la variazione di configurazione può essere
tenuta in considerazione, utilizzando gli sforzi veri, o
di Cauchy, definiti in base alla sezione deformata del 3.2.2 Curve sforzo-deformazione di materiali
provino, A. metallici elasto-plastici

P La curva sforzo-deformazione nominale ottenuta in una


V
A prova di trazione controllata in spostamento ha
Eq. 3. 5 tipicamente, per i materiali metallici elasto-plastico,
una forma riconducibile a una delle due tipologie
Anche le deformazioni possono essere riferite alla mostrate in Figura 3.6.
configurazione deformata in cui si considera la
lunghezza effettiva l della zona di misura. A tale scopo
si introduce una deformazione incrementale V0, V
infinitesima dH, corrispondente a un allungamento dl
riferito alla configurazione indeformata, come in Eq. 3. A’ C
6. B
A A’’
dl
dH
l
Eq. 3. 6
O H
La deformazione vera, o logaritmica, si ottiene A
integrando l’Eq. 3. 6 durante l’intero processo di
deformazione, che porta la zona di misura dalla V0, V
lunghezza l0 alla generica lunghezza l = l0 + 'l.
C
A’’
l l dl § l · § l  'l ·
H ³ dH ³ ln¨¨ ¸¸ ln¨¨ 0 ¸
¸ ln 1  H~ A’
l0 l0 l © l0 ¹ © l0 ¹
Eq. 3. 7 A
O H
p e
B H H
Figura 3.6 - Tipici andamenti delle curve
sforzo-deformazione in materiali elasto-
plastici

La curva permette di identificare diverse fasi che sono


legate a fenomeni che avvengono a livello
microstrutturale del materiale. In questo capitolo,
tuttavia, tali fenomeni saranno per lo più considerati,
classificati e modellati da un punto di vista
macroscopico, focalizzandosi sui loro effetti sulla
curva sforzo-deformazione. Tali effetti, d’altra parte,
sono quelli rilevanti per il progetto e l’analisi di
strutture realizzati con materiali metallici elasto-
Figura 3.5 - Deformazione ingegneristica e plastici.
logaritmica al variare di l/l0

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Da questo punto di vista è sicuramente riconoscibile, in completamente rimosso, si può misurare il livello di
entrambe le curve riportate in Figura 3.6, un primo deformazione permanente, Hp. La deformazione totale
tratto di curva in cui la risposta è lineare. In questo raggiunta durante la prova, può pertanto essere
tratto, OA, la rimozione del carico applicato comporta decomposta in una parte elastica, He ed in una plastica
il ritorno del provino alla configurazione indeformata. Hp, come formalizzato dall’Eq. 3. 9.
Il comportamento del materiale si dice elastico-lineare
ed è caratterizzato dal fatto che il lavoro compiuto per
H He H p
deformare il provino è conservato sotto forma di
Eq. 3. 9
energia elastica nel materiale ed è completamente
restituito rimuovendo il carico applicato, senza effetti
Un aspetto particolarmente significativo delle
dissipativi.
deformazioni plastiche è che l’evidenza sperimentale
Per lo stato di sforzo uniassiale corrispondente alla
mostra come esse si sviluppino mantenendo costante il
prova, la relazione fra lo sforzo e la deformazione è
volume del materiale. Il processo di deformazione
caratterizzata da una costante di proporzionalità, E, che
plastica avviene dunque a volume costante e ciò ha una
rappresenta il modulo elastico o modulo di Young del
conseguenza diretta sul valore del coefficiente di
materiale.
Poisson, definito in Eq. 3. 3, in campo plastico.
Se si considera, infatti, un provino cilindrico come
V EH
quello rappresentato in Figura 3.4, la variazione di
Eq. 3. 8
lunghezza e la varazione di area per un incremento
infinitesimo di deformazione plastica, dHp, risultano:
Il modulo di Young rappresenta la pendenza della retta
V-H in campo elastico-lineare e ha dimensioni identiche
a quelle dello sforzo, essendo la deformazione dl ldH p
adimensionale. Il modulo di Young è uguale al valore
dello sforzo che è teoricamente necessario per ottenere
dA S r  dr 2  Sr 2 2Srdr
2Sr  vrdH p
Eq. 3.10
una deformazione pari a 1, cioè del 100%,
corrispondente al raddoppio della lunghezza del
Se il volume rimane costante, la variazione di volume
provino per la definizione di deformazione
dV deve essere nulla. I passaggi riportati in Eq. 3.11
ingegneristica, riportata in Eq. 3.2,. Tale livello di
dimostrano che la condizione dV =0 implica un valore
deformazione, com’è intuibile, è molto superiore a
paro a 0.5 per il coefficiente di Poisson in campo
quello cui possono essere sottoposti in realtà i materiali
plastico.
metallici prima di subire rotture.
Dopo il tratto elastico-lineare, le curve possono anche
presentare un tratto AA’ che non è più lineare, ma è dV A  dA l  dl  Al
sempre caratterizzato da un comportamento elastico e ldA  Adl l  2Sr 2 vdH p  Sr 2 ldH p
implica, per definizione di elasticità, la restituzione
dell’intera energia di deformazione in assenza di lSr 2  2v  1 dH p 0
deformazioni residue allo scarico. L’elasticità, quindi, Ÿ v 0.5
non comporta necessariamente la linearità della Eq. 3.11
risposta. Il comportamento nel tratto OA è definibile
elastico e lineare, mentre nel tratto AA’ il Dopo lo snervamento, i materiali metallici possono
comportamento è solo elastico e il limite individuato presentare andamenti diversi. Nel comportamento in
dal punto A è definito limite di proporzionalità. Figura 3.6-A, tipico degli acciai dolci a basso tenore di
Quando lo sforzo applicato supera il livello carbonio o degli acciai ricotti, lo snervamento è seguito
corrispondente ad A’ si attivano meccanismi anelastici da una diminuzione dello sforzo, che si stabilizza su un
che comportano la comparsa di deformazioni plastiche valore costante fino al punto A’’. In questo tipo di
permanenti. Tale fenomeno è definito snervamento del comportamento, lo snervamento è immediatamente
materiale metallico e il carico al quale avviene è rilevabile. Il valore di sforzo corrispondente ad A’ è
definito limite di snervamento (VY). detto limite di snervamento superiore, mentre quello
Le deformazioni permanenti sono collegate al moto corrispondente ad A’’ è detto limite di snervamento
delle dislocazioni e, a differenza delle deformazioni inferiore. Quest’ultimo valore di sforzo è il limite
che avvengono prima dello snervamento, sono convenzionalmente utilizzato come carico di
irreversibili. Quando il carico è rimosso, quindi, il snervamento nelle progettazione strutturale con questo
materiale non ritorna alla configurazione indeformata. tipo di materiali. Nella curva sforzo-deformazione
Tuttavia la comparsa delle deformazioni plastiche non descritta in Figura 3.6-A, il livello di sforzo si
influenza la rigidezza del materiale in campo elastico. mantiene costante dopo lo snervamento, fino a un
Ciò è rilevabile dal comportamento del materiale allo punto B, oltre il quale lo sforzo torna a salire. Il
scarico: se lo sforzo è gradualmente rimosso dopo che comportamento fra A’’ e B è detto comportamento
si è superato il limite A’ la curva sforzo-deformazione perfettamente plastico.
allo scarico è una retta, con una pendenza identica a In Figura 3.6-B è rappresentato il comportamento di
quella del tratto OA’. Allo scarico, quando lo sforzo è tipico di altri materiali metallici elasto-plastici, quali,
ad esempio, le leghe di alluminio, gli acciai legati o le

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

leghe di titanio. In questo tipo di comportamento non è positivo dV che riesce, tuttavia, appena a compensare la
possibile identificare con chiarezza lo snervamento del riduzione di area dA. Poiché, come sarà evidenziato
materiale e si usa un limite convenzionale, basato su un anche in seguito, la deformazione plastica avviene
livello pre-definito di deformazione plastica pressoché a volume costante, è possibile legare la
sviluppatasi dopo l’attivazione dei meccanismi variazione di area alla deformazione, applicando i
anelastici. Tipicamente, si definisce come limite di seguenti passaggi:
snervamento, il livello di sforzo cui corrisponde, allo
scarico, una deformazione plastica dello 0.2%. Tale V Al cost
punto è indicato da A’’ in Figura 3.6-B,
Ÿ dV ldA  Adl 0
In entrambi i casi riportati in Figura 3.6, dopo lo
snervamento e l’eventuale fase di comportamento dA dl
Ÿ H
elastico-perfettamente plastico, lo sforzo ingegneristico A l
aumenta. E’ quindi necessario incrementare lo sforzo Eq. 3. 14
applicato per generare altre deformazioni plastiche.
Questo fenomeno è noto con il nome di incrudimento. Applicando l’Eq. 3. 14 nella condizione riportata in
Il valore dello sforzo ingegneristico sale fino al valore Eq. 3. 13 si ottiene:
massimo nel punto indicato con C in entrambe le curve dV dV
presentate in Figura 3.6. Si osservi che il provino, nella dP 0 Ÿ dH Ÿ V
V dH
condizione indicata con C, non è rotto, ma che
Eq. 3. 15
comunque il corrispondente livello di sforzo è il valore
massimo, ingegneristico, che può essere trasmesso
L’Eq. 3. 15 mostra che quando la pendenza della curva
attraverso il provino. Tale valore è definito carico
sforzi veri – deformazione vere, che tende a diminuire
unitario a rottura o resistenza a trazione del materiale
come indicato in Figura 3.6, eguaglia il valore dello
(VU). In corrispondenza di tale punto si può definire sforzo, il carico P non può aumentare.
una deformazione a rottura, HU. Questo valore di Conseguentemente la curva sforzi-deformazioni
deformazione non deve essere mai essere confuso con ingegneristica avrà un massimo.
l’allungamento a rottura, che verrà definito in seguito. Poiché il materiale non è omogeneo a livello micro
In realtà, oltre il punto C, gli andamenti degli sforzi strutturale, non tutte le sezioni giungeranno
veri e degli sforzi ingegneristici divergono in modo contemporaneamente alla condizione indicata dall’Eq.
rilevante. L’andamento degli sforzi veri è
3. 15 , ed il processo di cedimento inizierà in una
qualitativamente rappresentato in Figura 3.6 dalle linee
determinata zona del provino. Dal verificarsi di tale
tratteggiate. Il brusco incremento della divergenza fra
condizione in poi, tuttavia, il carico trasmesso
le due misure di sforzo è dovuto al meccanismo di
attraverso le sezioni coinvolte nel processo può solo
cedimento del provino, che si attiva in prossimità dello
diminuire e, poiché le sezioni sono poste in serie nel
sforzo ingegneristico di rottura e che, per i materiali
provino, deve diminuire il carico applicato al provino.
metallici, è tipicamente caratterizzato da un fenomeno
Ciò comporta che le altre zone, che erano giunte in
definito strizione. A livello semplificato il fenomeno
prossimità della condizione descritta in Eq. 3. 15,
può essere compreso con alcune considerazioni di base.
iniziano a scaricarsi elasticamente, poiché sarebbe
Infatti, lo sforzo ingegneristico V0 non è altro che il
necessario un incremento di carico per giungere in
carico P, applicato al provino, diviso per il fattore
corrispondenza dello sforzo al quale la condizione è
costante A0. Il carico è però dato dal valore dello sforzo
verificata.
vero, V (che dipende dal livello di deformazione Queste considerazioni indicano come la deformazione
raggiunto secondo la curva sforzi veri-deformazioni debba localizzarsi in una zona limitata del provino, che
vere) per l’area effettiva A, che, durante la prova di soggetta a sforzi veri crescenti e a crescenti contrazioni
trazione, si contrae. La variazione del carico dP è dell’area diviene la sede del fenomeno della strizione
pertanto data da: rappresentato in Figura 3.7. Nell’area effettiva della
zona soggetta a strizione lo sforzo vero aumenta, ma lo
dP VdA  AdV sforzo ingegneristico, che rappresenta il carico totale
Eq. 3. 12 applicato al provino, diminuisce.
In seguito alla strizione la curva sforzi-deformazioni
Il carico massimo, corrispondente al punto di ingegneristica può tipicamente presentare un tratto
stazionarietà nell’andamento dello sforzo ingeristico discendente, prima della rottura vera e propria. Si
(che corrisponde al punto C in Figura 3.6), si ottiene osservi, tuttavia, che in tale tratto il concetto di
quando dP=0. Applicando l’Eq. 3. 12 risulta: deformazione ingegneristica perde di significato,
poiché, a seguito della localizzazione delle
dV dA deformazioni, la deformazione non è più uniforme
dP 0 Ÿ
V A nella zona di misura. Il livello di deformazione
Eq. 3. 13 ingegneristico misurato in tale fase è quindi un valore
medio nella zona di misura di lunghezza iniziale l0, che
L’Eq. 3. 13 indica che il carico massimo può è molto differente dai livelli di deformazione raggiunti
raggiungersi anche in presenza di un incremento localmente nella zona di strizione e che dipende in

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

modo sostanziale dalla lunghezza l0 della zona di 3.2.3 Lavoro di deformazione e tenacità
misura. Tuttavia, l’allungamento cui è soggetto un L’applicazione di uno stato di sforzo a un continuo
tratto di lunghezza definita del provino, all’interno del provoca, in generale, un processo di deformazione. Il
quale avviene la rottura, indica la capacità del materiale legame fra lo sforzo applicato e la deformazione
di deformarsi in campo plastico senza presentare ottenuta è detto legge costitutiva (o risposta costitutiva)
fratture. Tale indice è definito allungamento a rottura, del materiale.
ma è difficilmente misurabile dall’andamento della Senza specificare tale legame, si può affermare che lo
curva sforzo-deformazione ingegneristica. sviluppo di deformazione comporta che le componenti
dello stato di sforzo svolgano un lavoro durante il
processo di deformazione, detto lavoro di
deformazione.
Per ottenere un’espressione del lavoro di deformazione
occorre far procedere il processo di deformazione sotto
l’azione dello stato di sforzo per successivi incrementi
infinitesimi.
V

d du
du  dX
dX

dX

du

V
X

Y
Figura 3.7 - Strizione in provini metallici nella
prova di trazione uniassiale
Z
La procedura corretta per misurarlo consiste nel
contrassegnare con tacche equidistanti il provino e Figura 3. 8 –– Lavoro di deformazione in una
nell’avvicinare i lembi del provino spezzato dopo la prova di trazione uniassiale
prova. La misura dell’allungamento percentuale subito
da un tratto all’interno del quale si è verificata la La Figura 3. 8 si riferisce a una barra di area A e
localizzazione delle deformazioni e la strizione, è lunghezza l, soggetta a una trazione uniassiale, sotto
definito allungamento percentuale a rottura, ed l’azione di uno sforzo V uniforme nella sua sezione
indicato con AR. Tale allungamento è una misura della trasversale, che è perpendicolare all’asse X del sistema
duttilità del materiale, cioè della possibilità di di riferimento. Lo sforzo può essere fatto aumentare
deformarlo plasticamente senza indurre la formazione gradualmente, per permettere di considerare il
di fratture. I materiali duttili presentano tipicamente fenomeno come una successione di stati di equilibrio, e
una marcata strizione nella prova di trazione uniassiale. a ciascun livello di sforzo V far corrispondere un
Un ulteriore misura della duttilità è la riduzione di area incremento infinitesimo di spostamento du, nella
della sezione trasversale in cui si è verificata la direzione X, che determina l’allungamento dl del
strizione rispetto all’area originale del provino. In provino. Si consideri l’incremento di allungamento di
prima, approssimazione, la conoscenza della un tratto lungo dX. La sezione inferiore della porzione
deformazione in corrispondenza dello sforzo di rottura, infinitesima, rappresentata in Figura 3. 8, sarà soggetta
HU, può fornire una indicazione della duttilità del ad uno spostamento du, mentre lo spostamento della
materiale. sezione superiore sarà du+(d(d u)/dX).

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Il lavoro infinitesimo svolto nella porzione dX della


barra è pari alla forza risultante, AV, per gli
V
spostamenti di entrambe le sezioni. Poiché d(du)/ dX è
il rapporto fra l’allungamento (infinitesimo) del tratto
inizialmente lungo dX e la sua lunghezza iniziale, esso
rappresenta una deformazione infinitesima dH e risulta: H
wd ³ VdH
§ § d du · · 0
dWd AV ¨¨ du  ¨ ¸dX ¸¸  AVdu
© © dX ¹ ¹
O H
§ d du ·
AV ¨ ¸dX AVdHdX Figura 3.9 - Rappresentazione grafica del
© dX ¹
lavoro di deformazione per unità di volume
Eq. 3. 16
Per un incremento di allungamento dl, infatti, la forza
Il lavoro calcolato nell’Eq. 3. 16 si riferisce a un tratto
applicata alla zona di misura compie un lavoro
di barra di lunghezza dX. L’espressione può essere
infinitesimo dW = Fdl. Se si considera che la
integrata in tutta la barra, che è soggetta a uno stato di
sforzo-deformazione uniforme, ottenendo: deformazione è, per l’ Eq. 3. 6, dH = dl/l, si giunge
all’Eq. 3.20.
dWd AlVdH H H H
Eq. 3. 17 W ³
0
Fdl ³
0
VAldH ³
Al VdH
0
Il lavoro in Eq. 3. 17 è sempre infinitesimo poiché si Eq. 3.20
riferisce ad un incremento di deformazione dH, sebbene
sia riferito all’intera barra, di volume V. E’ possibile Poiché Al rappresenta il volume della zona di misura,
definire il lavoro di deformazione per unità di volume, l’Eq. 3.20 mostra che l’area sottesa alla curva sforzi
dato da: veri – deformazioni vere fino ad un determinato livello
di deformazione, è il lavoro per unità di volume
dl d VdH applicato al materiale, come già visto in Figura 3.9.
Eq. 3. 18 Per portare il materiale a rottura è quindi necessario
compiere un lavoro per unità di volume pari all’intera
Il processo di deformazione, compiuto sotto l’azione area sottesa sotto la curva sforzi veri-deformazioni
dello sforzo V, può essere fatto progredire fino a uno vere. Questa energia specifica per unità di volume, che
stato finale di deformazione, H. Si osservi, che deve essere fornita al materiale per portarlo a rottura, è
nell’ambito dell’ipotesi di deformazioni infinitesime, un’importante caratteristica meccanica del materiale ed
anche la deformazione H sarà infinitesima, ma non è da è chiamata Tenacità. La tenacità indica quindi quanta
confondersi con l’incremento di deformazione energia il materiale può assorbire localmente senza che
infinitesima dH. Integrando l’Eq. 3. 18 si perviene si producano fratture e influenza una serie di proprietà
all’espressione del lavoro di deformazione, per unità di del materiale di grande importanza in ambito
volume, necessario per far arrivare il materiale a uno tecnologico e strutturale. Ad esempio, aspetti
stato V-H. caratteristiche che sono grandemente influenzate dalla
tenacità sono la capacità di una struttura di tollerare,
H1 senza la formazione di fratture, la presenza di difetti,
dovuti a processi tecnologici o a urti e la capacità di
wd ³VdH
0
assorbire energia durante un impatto.
La tenacità di un materiale non è immediatamente
Eq. 3. 19 misurabile dalla curva sforzi-deformazioni, soprattutto
poiché, dopo la strizione, la distribuzione degli sforzi e
Il lavoro di deformazione per unità di volume è delle deformazioni non è più omogenea e la curva
pertanto l’area sottesa alla curva sforzi-deformazioni, sforzi-veri deformazioni non può più essere ottenuta
come illustrato in Figura 3.9. con facilità. Tuttavia la curva sforzi-deformazioni
Il lavoro di deformazione compiuto dagli sforzi durante fornisce un’indicazione significativa del livello di
il processo di deformazione nell’intera prova di tenacità del materiale. In particolare, è possibile
trazione uniassiale, corrisponde al lavoro delle forze comparare indicativamente la tenacità di due materiali
esterne e quindi all’energia fornita al provino per (o dello stesso materiale, sottoposto a diversi
portarlo a rottura. Si osservi, infatti, che il legame fra trattamenti termici) valutando l’area sottesa alla curva
area sottesa alla curva sforzo-deformazione e lavoro sforzi-deformazioni fino alla strizione e quindi fino alla
compiuto, può essere facilmente ottenuto considerando deformazione corrispondente allo sforzo di rottura, HU.
le definizioni di sforzo e deformazione vere date nelle Nel caso presentato in Figura 3.11, ad esempio, il
Eq. 3. 5 e Eq. 3. 6. materiale A è sicuramente più resistente del materiale

8
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

B, che è tuttavia in grado di subire deformazioni molto processi tecnologici e la risposta strutturale in presenza
più grandi prima della strizione ed ha una maggiore di deformazioni plastiche.
tenacità. La validità delle approssimazioni introdotte in tali
idealizzazioni del comportamento elasto-plastico
V dipende dall’applicazione. In alcuni ambiti,
approssimazioni molto schematiche del
Materiale A
comportamento potranno essere adeguate per ottenere
affidabili valutazioni quantitative, mentre in altri casi il
Materiale B comportamento dovrà essere rappresentato con
maggiore dettaglio.
Materiale C La più semplice di tali idealizzazioni è il
comportamento rigido-perfettamente plastico che
H considera trascurabili le deformazioni elastiche e
l’incrudimento del materiale (Figura 3.11-A). Se
Figura 3.10 ––Confronto fra la tenacità e la l’incrudimento è invece ritenuto un aspetto non
resistenza di due materiali trascurabile, si può passare a un generico
comportamento rigido-plastico con incrudimento
Si osservi che il materiale C, che è verosimilmente più lineare, rappresentato in Figura 3.11-B.
duttile del materiae B, poiché presenta probabilmente
un maggiore allungamento a rottura, è tuttavia meno
tenace di B, poiché richiede una minore energia per V
essere portato a rottura. Tuttavia, i materiali più tenaci
hanno anche, in generale, buona duttilità e presentano
quindi grandi allungamenti a rottura. La rottura di un A’’
metallo con una curva simile a quella del materiale A
in Figura 3.10 avviene tipicamente senza un’evidente
strizione e con basso allungamento a rottura. Un
materiale di questo tipo si dice fragile, mentre un
materiali con una curve simili a quelle dei materiali B e
C, si dicono duttile.
O H
L’integrale dell’area sottesa sotto la curva sforzo-
deformazione fino al valore di sforzo di rottura VR è A
detto modulo di tenacità, ed ha la definizione riportata
in Eq. 3.21.
V C
VR
T ³ VdH
0
A’’

Eq. 3.21

In assenza dell’intera curva sforzo-deformazione è


possibile approssimare il modulo di tenacità mediante
di valori di sforzo di snervamento, di rottura e di O H
deformazione a rottura, come indicato in Eq. 3.22.
B
V Y V U
T HU Figura 3.11 - Idealizzazioni rigido-plastiche
2
del comportamento del materiale
Eq. 3.22
Il tratto elastico può essere incluso nel modello
3.2.4 Idealizzazioni del comportamento elasto- semplificato del materiale, sempre schematizzando il
plastico comportamento plastico con un tratto a sforzo costante
(comportamento elastico-perfettamente plastico,
L’andamento della curva sforzo-deformazione è, in schematizzato in Figura 3.12-A) o con un tratto a
generale, piuttosto complesso ed esistono diversi pendenza costante (comportamento elasto-plastico bi-
approcci per approssimare la curva a forme più lineare, schematizzato in Figura 3.12-B).
semplici. Le semplificazioni introdotte hanno in genere
l’obiettivo di permettere una formalizzazione più
semplice del comportamento elasto-plastico da
introdurre in formulazioni teoriche per modellare il
comportamento dei materiali in condizioni complesse, i

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

V
V H H s  H n
Eq. 3.25
A’’

V
C
A’’ H = H(V) o
O H V = V(H)

V O H
C
A’’ Figura 3.13 - Approssimazioni analitiche

3.2.5 Aspetti fisici del comportamento plastico

O H Come descritto nel Cap. 2, dedicato alla struttura dei


materiali policristallini, la deformazione in campo
elastico comporta lo spostamento degli atomi della loro
B posizione di minima energia nel reticolo cristallino.
Figura 3.12 - Idealizzazioni elasto-plastiche Tale deformazione è reversibile e l’energia applicata
del comportamento del materiale con per la deformazione è restituita se il carico è rimosso.
incrudimento linerare Le deformazioni plastiche sono invece irreversibili e
sono il risultato dello spostamento irreversibile di una
I modelli più completi considerano un tratto elastico parte del reticolo cristallino rispetto al resto. Questi
lineare e introducono un’espressione analitica della spostamenti sono a loro volta riconducibili al moto
curva della curva sforzo–deformazione nel tratto AC. delle dislocazioni presenti nei reticoli cristallini, che
Tali espressioni analitiche dipendono da parametri che rappresentano imperfezioni nella struttura del reticolo e
sono calcolati in modo da minimizzare la differenza fra alla generazione di nuove dislocazioni a causa degli
la curva sforzi-deformazione effettiva e sforzi applicati (cfr. il meccanismo definito sorgente di
l’approssimanzione analitica. Una delle Frank-Read, descritto nel cap. 2).
approssimazioni più utilizzate è quella di Ramberg- Il moto delle dislocazioni è in prima approssimazione
Osgood (1943) che è riferita alla curva sforzi veri – indotto dagli sforzi di taglio che agiscono nel materiale.
deformazioni vere e dipende da due parametri, H ed n, Lo sforzo critico risolto o sforzo di Peierls-Nabarro,
come indicato in Eq. 3. 23. introdotto dall’Eq. 3.2.2 del Cap. 2, è lo sforzo
necessario per muovere una dislocazione ed è, appunto,
V §V ·
n uno sforzo di taglio.
H  H¨ ¸ E’ necessario introdurre alcuni concetti sulla natura
E ©E¹ dello sforzo per illustrare come si possano sviluppare
Eq. 3. 23 sforzi di taglio nella prova di trazione uniassiale.
Infatti, nella descrizione della prova è stato introdotto
L’approssimazione di Voce (1948), espressa in forma V lo sforzo V, la cui risultante sull’area A equivale al
= V(H) utilizza come parametri il limite di carico P applicato al provino. Trascurando in questa
snervamento, VY, e il limite di rottura, VU, ed un sede la differenza fra sforzo ingegneristico e sforzo
parametro n come espresso in Eq. 3. 24. vero, va osservato che lo stato di sforzo dipende in
realtà dalla giacitura della superficie su cui esso agisce.
V
V Y  V U  V Y 1  e  nH Lo sforzo V che è stato definito nel par. 3.2.1 agisce in
una sezione ottenuta tagliando il provino con un piano
Eq. 3. 24 perpendicolare all’asse longitudinale del provino
stesso. Variando la giacitura della sezione, ad esempio
Infine, in Eq. 3.25, è riportata l’approssimazione di cambiando l’angolo - indicato in Figura 3.14, si
Swift (1947), riportata in Eq. 3.25, anch’essa nella ottiene un valore diverso dello sforzo, V-. Lo sforzo V
forma V = V(H) con tre parametri di calibrazione: H, HS introdotto nel par. 3.2.1, inoltre, rappresenta un tipo
ed n. particolare di sforzo che è caratterizzato dalla proprietà

10
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

di essere diretto perpendicolarmente alla sezione su cui i. Effetto dei bordi dei grani cristallini, che
agisce. Si deve però osservare che, attraverso una possono saltare dalle dislocazioni applicando
sezione ricavata in un solido, possono trasmettersi sforzi maggiori a quelli necessari per muovere
anche componenti di sforzo paralleli alla sezione la dislocazione all’’interno del grano.
stessa, che sono chiamati sforzi di taglio ed indicati, in ii. La presenza di precipitati dispersi nei grani del
generale, con il simbolo W-. materiale, composti da elementi di lega
Se si ricava una sezione tagliando con un piano avente introdotti nella composizione del materiale
diversa giacitura rispetto a quella normale all’asse del metallico
provino, nella sezione agirà, oltre a V-, anche uno stato iii. Moltiplicazione delle dislocazioni e mutua
di sforzo di taglio che dipende dalla giacitura -, come interferenza con generazione di micro-
indicato in Figura 3.14. L’espressione dello sforzo W- autotensioni e di difficoltà cresecenti al moto
in funzione di -, riportata in Figura 3.14, è un caso delle dislocazioni stesse.
particolare delle formule che esprimono la variazione
dello stato di sforzo con la giacitura, che saranno Tali meccanismi sono stati trattati in dettaglio nel cap.
trattate in seguito. 2. E’ comunque interessante sottolineare come i primi
Nella prova di trazione uniassiale, il massimo dello due tipi di ostacoli alla generazione e al moto delle
sforzo di taglio si ottiene per giaciture corrispondenti a dislocazioni spieghino le influenze sul comportamento
-=45°. Per questo motivo, sotto alcune condizioni, lo plastico dei metalli dell’aggiunta di elementi di lega e
snervamento può essere evidenziato dalla formazione dei trattamenti termici, che modificano la
di bande di scorrimento che si manifestano come linee microstruttura del materiale (formazioni di soluzioni
sottili inclinate a 45° sulla superficie del provino solide, precipitazione degli elementi di lega, modifica
(bande di Lüders o Lueders). delle dimensioni dei grani cristallini).
Il terzo punto (iii), invece, è all’origine del fenomeno
dell’incrudimento e cioè l’incremento necessario dello
sforzo per generare deformazioni plastiche, descritto
P P P nel par 3.2.2.
In sintesi, l’applicazione dello sforzo aumenta
inizialmente la distanza fra gli atomi del reticolo
cristallino, producendo una deformazione elastica e
reversibile. Quando lo stato di sforzo supera la soglia
necessaria per attivare la generazione e il moto delle
dislocazioni (indicativamente quando gli sforzi di
W- taglio raggiungono una determinata soglia), il reticolo
si modifica irreversibilmente e si sviluppano
deformazioni plastiche.
V V- Se il comportamento è elastico-perfettamente plastico,
non è necessario un nuovo incremento di sforzo per
- generare altre deformazioni plastiche, e la curva
sforzo-deformazione ingegneristica avrà l’aspetto
riportato in Figura 3.15-A. Questo comportamento è
P tuttavia una idealizzazione cui possono avvicinarsi
W- sin - cos -
A0 alcuni tipi di materiali ma, in generale, l’interazione fra
la generazione ed il moto di molteplici dislocazioni
P provocherà incrudimento e la necessità di incrementare
lo sforzo per sviluppare ulteriori deformazioni
plastiche, come indicato in Figura 3.15-B. Sulla base
Figura 3.14 - Sforzi di taglio in una prova di delle definizioni di sforzo e di deformazione
trazione uniassiale ingegneristica (Eq.ni 1 e 2 ) si può comunque
affermare che sarà necessario compiere un lavoro, dato
Come si può evincere dalla trattazione svolta nel cap. dall’integrale del carico P per l’allungamento dl della
2, gli sforzi interni al materiale policristallino devono zona di misura, per deformare plasticamente il provino
superare una serie di ostacoli per attivare e far anche nel caso di materiale elastico-perfettamente
proseguire il moto delle dislocazioni e produrre plastico.
deformazioni permanenti.
Tali ostacoli hanno pertanto un’influenza diretta sul
limite di snervamento e sul successivo andamento della
curva sforzi-deformazioni. Essi sono stati descritti nel
cap. 2 e possono essere schematicamente riassunti
nell’elenco seguente:

11
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

E’ importante osservare che un aumento di sforzo,


V quale quello necessario per generare nuove
deformazioni plastiche nel materiale incrudente,
corrisponde sempre a un incremento di deformazione
A1 A3 elastica poiché, se lo sforzo aumenta, anche la distanza
fra gli atomi nei reticoli cristallini, che rappresenta la
deformazione elastica reversibile aumenta. Infatti, se
consideriamo la decomposizione delle deformazioni in
V A4 deformazione elastica e plastica, introdotta nell’Eq.
A2 3.7, e’ sempre possibile scrivere:
O H
Hp(A1) V
He
A E
Eq. 3.9
V
A1 A3 Pertanto, se in A3 lo sforzo V è maggiore che in A1,
anche la corrispondente deformazione elastica, HeA3,
sarà maggiore di quella in A1, HeA3, come indicato in
Figura 3.15-B. Nel caso di materiale elastico
perfettamente-plastico, al contrario, la deformazione
elastica fra A1 ed A3 non cambia.
V A4 Se giunti ad A3 si considera un nuovo ciclo di scarico
A2 fino a uno stato caratterizzato da uno sforzo non nullo,
O H V , si raggiunge lo stato indicato come A4 in Figura
H p 3.15.
B
A1
HeA1 HeA3 Si osservi che, nell’ambito del comportamento elasto-
plastico, la stato di deformazione corrispondente ad un
Figura 3.15 - Sviluppo di deformazioni determinato livello di sforzo non è più univocamente
plastiche in un materiale elastico- definito. Infatti, dato il valore V , lo stato del materiale
perfettamente plastico ed in un materiale potrebbe essere rappresentato da uno qualsiasi dei punti
incrudente sulla retta orizzontale di ordinata V . L’effettivo stato
del materiale, dunque, non dipende più solo dal valore
In ogni caso, a seguito dello sviluppo di deformazioni dello sforzo applicato, come avviene in campo elastico.
plastiche, si verifica un cambiamento irreversibile Per definirlo è anche necessario conoscere la storia di
rispetto allo stato originale, cui ci si riferisce come carico cui è stato sottoposto il materiale stesso.
stato vergine. Se, giunti in uno stato di sforzo- Un altro aspetto di questa dipendenza è dato da un
deformazione oltre lo snervamento, indicato con A1 in fenomeno che può verificarsi all’inversione del carico.
Figura 3.15, il carico è rimosso, solo la deformazione Se il carico passa da trazione a compressione, i valori
elastica è recuperata, ristabilendo le distanze originarie dei massimi sforzi di taglio, dati dall’espressione
fra gli atomi dei reticoli cristallini, ma gli spostamenti riportata in Figura 3.14, rimangono uguali. Ci si
relativi fra le parti dei reticoli dovuti al moto delle aspetta, quindi, che il materiale abbia un
dislocazioni rimangono impresse nella microstruttura comportamento elasto-plastico simmetrico a trazione e
del materiale. Pertanto, allo scarico, il percorso seguito compressione, e che, di conseguenza, il limite di
nel piano V-H dallo stato di sforzo-deformazione del snervamento a compressione sia uguale a quello a
materiale è una retta con inclinazione uguale alla trazione. Questa ipotesi è in generale verificata per il
pendenza iniziale, pari al modulo di Young E, fino allo materiale allo stato vergine. Per un materiale che ha
stato A2 che è caratterizzato da uno sforzo nullo (come subito un incrudimento, il comportamento simmetrico
in O) e dalla deformazione plastica Hp(A1). dovrebbe implicare un identico incremento del valore
Se il materiale è nuovamente sottoposto a sforzo, non assoluto del limite di snervamento a trazione e a
si genereranno deformazioni plastiche fino al compressione. Con riferimento alla Figura 3.16,
raggiungimento dello sforzo necessario a muovere o pertanto, se dopo lo scarico del provino si applica uno
generare dislocazioni che, per un materiale incrudente, stato di sforzo a compressione, il limite di snervamento
non è più pari al limite di snervamento del materiale dovrebbe situarsi al valore corrispondente ad A’3, che,
vergine, ma dipende in generale dalla deformazione in valore assoluto, corrisponde uno sforzo uguale a
plastica sviluppata nella storia precedente del quello di trazione, in A3. In realtà le microautotensioni
materiale. accumulatesi nel materiale durante il ciclo di carico a
Superato A1, la generazione di nuove deformazioni trazione possono ridurre il valore assoluto del limite di
plastiche, ad esempio fino al punto A3 indicato in snervamento che può situarsi, indicativamente, in
Figura 3.15, avviene a parità di sforzo, per il materiale corrispondenza di A5, come indicato in Figura 3.16. Il
elastico-perfettamente plastico o con ulteriore modulo del limite di snervamento a compressione
incremento di sforzo, per il materiale incrudente. diviene quindi inferiore a quello dovuto ad un processo

12
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

di incrudimento a trazione. Tale fenomeno è noto con il storia di carico del materiale per definire il
nome di Effetto Bauschinger e rappresenta, pertanto, un legame fra sforzi e deformazioni nel
ulteriore possibile effetto della storia di carico sulle materiale.
caratteristiche del materiale.

3.2.6 Dipendenza del comportamento elasto-


plastico dalla temperatura e dalla velocità di
V deformazione
A1 A3
Il comportamento elasto-plastico descritto nei
precedenti paragrafi può essere significativamente
influenzato dall’effetto della temperatura. Tuttavia, a
temperature minori della temperatura di
ricristallizzazione, definita nel cap. 2, gli aspetti
A4 globali, qualitativi, del comportamento non cambiano
O A2 ed è possibile sempre identificare un comportamento
elastico, un limite di snervamento ed osservare i
H fenomeni di incrudimento.
L’effetto dunque, sotto la temperatura di
A5 ricristallizazione, è soprattutto quantitativo. L’aumento
di temperatura diminuisce lo sforzo di snervamento,
aumenta l’allungamento a rottura e favorisce,
A’3 complessivamente, la duttilità e la tenacità a scapito del
limite di snervamento e dello sforzi di rottura.
Figura 3.16 - Effetto Bauschinger

V
In conclusione, la discussione degli aspetti fisici del
comportamento elasto-plastico rende evidenti alcuni
punti che sintetizzano alcuni aspetti essenziali del T1 T
comportamento elasto-plastico: T2
T3
x il comportamento iniziale del materiale è T4
elastico e lineare, caratterizzato da un modulo
di Young che dipende dalla forza del legame O
metallico e dalla distanza fra gli atomi nel H
reticolo cristallino; Figura 3.17 - Effetto della temperatura sul
x Se in campo elastico il carico è rimosso, la campo plastico della curva sforzi-
deformazione è interamente recuperata e il deformazioni
legame sforzi-deformazioni è univocamente
determinato (nota la deformazione è noto lo Un ulteriore e molto importante effetto sul campo
sforzo applicato e viceversa); plastico è dato dalla velocità di deformazione. Infatti,
x Superato il limite di snervamento, si attiva il fino a questo punto, si è ipotizzato che il carico o lo
moto delle dislocazioni e si producono delle spostamento fossero applicati molto lentamente, in
deformazioni permanenti; condizioni che sono definite quasi-statiche. L’
x A causa dell’incrudimento, tuttavia, il limite applicazione del carico e/o di deformazione a velocità
di snervamento cambia durante la storia di superiori produce variazioni significative sul
carico del materiale; comportamento plastico. La velocità di deformazione,
x Anche in presenza di deformazioni definita in Eq. 3.26 è il parametro più largamente
permanenti, è possibile un comportamento utilizzato per caratterizzare il regime di applicazioni
elastico e lineare, ad esempio durante le fasi di dei carichi
scarico e quando, in generale, lo sforzo si
trova al di sotto del limite di snervamento;
dH d § l  l0 · 1 dl
x In base alle precedenti considerazioni, alcuni H ¨ ¸
rami del percorso seguito dagli stati del dt dt ¨© l0 ¸¹ l0 dt
materiale nel piano V-H possono essere Eq. 3.26
percorsi in un solo verso: vi è differenza fra
comportamento durante il carico e lo scarico La velocità di deformazione ha le dimensioni [T]-1 e si
del materiale; misura in s-1. Sotto determinati limiti di velocità di
x Nel comportamento plastico è necessario deformazione, il comportamento del materiale non
conoscere o rappresentare in qualche modo la cambia al variare di dH/dt. Tali limiti definiscono il

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

regime quasi-statico di applicazione dei carichi e


variano per differenti tipi di materiali. Per i metalli,
velocità di deformazione dell’ordine di 10-2 s-1y 10-3 s-1
sono considerate in regime quasi-statico. Tale
definizione sarebbe inadeguata, ad esempio, per un
polimero che, già a 10-3 s-4 manifesta variazioni nel
comportamento plastico. L’effetto della velocità di
deformazione sul campo plastico è qualitativamente
indicato in Figura 3.18, dove è chiaramente osservabile
un incremento del limite di snervamento con
l’aumentare di dH/dt.
V H H3
H2
H1
Figura 3.19 - Incremento percentuale dello
sforzo di snervamento dinamico in funzione
del valore in condizioni quasi-statiche

Alcuni semplici modelli sono stati proposti per


O caratterizzare empiricamente la sensibilità alla velocità
H di deformazione. Uno dei più utilizzati è la legge di
Figura 3.18 - Effetto qualitativo della velocità Cowper-Symonds che esprime l’andamento del
di deformazione sul campo plastico di un rapporto fra lo sforzo di snervamento dinamico e
metallo quello in condizioni quasi-statiche, in funzione di due
parametri D e q, riportati in Eq. 3.27.
Occorre sottolineare che l’effetto riportato in Figura
3.18 è da interpretare come effetto della velocità di
V Yd § 1 ·
¨1  § H · q ¸
¨¨ ¨© D ¸¹ ¸¸
deformazione sui meccanismi anelastici attivati a
livello micro-strutturale, e non è dovuto alla dinamica V Y0
© ¹
del provino e alla presenza di forze di inerzia a livello Eq. 3.27
macroscopico. L’esecuzione di prove ad alta velocità di
deformazione per caratterizzare questo effetto è
particolarmente complicata e prevede, comunque, che i Per le leghe di alluminio, la sensibilità alla velocità di
fenomeni dovuti alla dinamica del provino siano deformazione è tipicamente contenuta. Il parametro D,
controllati in modo da misurare solo gli effetti di dH/dt che rappresenta in base all’Eq. 3.27 il valore di dH/dt
sul comportamento elasto-plastico del materiale. per il quale lo sforzo di snervamento raddoppia,
Come si è detto l’aumento della velocità comporta un assume, secondo diversi autori, valori fra 6500 s-1 e
incremento dello sforzo di snervamento. Definendo oltre 1000000 s-1. Il parametro q è compreso fra 4 e 5.
uno sforzo di snervamento in condizioni dinamiche, La sensibilità alla velocità di deformazione per gli
acciai a basso contenuto di carbonio è, invece, più
VYd, si può valutare l’incremento di sforzo di
rilevante, con valori di D fino a 40 s-1 e q pari a 5. La
snervamento rispetto a quello in condizioni quasi-
statiche. Per le leghe di alluminio, il materiale Figura 3.20 riporta gli andamenti del rapporto VYd/VY
metallico più utilizzato in campo aerospaziale, la per leghe di alluminio e acciai a basso tenore di
sensibilità alla velocità di deformazione è tanto carbonio, ottenuti applicando la legge di Cowper-
maggiore quanto minore è lo sforzo di snervamento in Symonds, calibrata per leghe di alluminio e acciai a
condizioni quasi-statiche, come si può desumere dalla basso tenore di carbonio.
Figura 3.19, che presenta l’andamento dell’incremento
percentuale del limite di snervamento per un valore
fisso dH/dt = 1000 s-1.

14
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Figura 3.20 - Variazione del rapporto fra X ^X 1 X2 X 3 `T


sforzo di snervamento dinamico statico
seconda la legge di Cowper-Symonds
Eq. 3. 29
In alternativa alla legge di Cowper-Symonds, è Il cambiamento di configurazione comporta, in
possibile utilizzare la legge di Johnson-Cook, che non generale, lo spostamento di ogni punto materiale del
descrive solo la variazione dello sforzo di snervamento, continuo, che va ad occupare la posizione x.
ma rappresenta l’andamento della curva sforzo- Assumendo di utilizzare lo stesso sistema di
deformazione in campo plastico, al variare di dH/dt. La riferimento, la nuova posizione sarà descritta dal
legge, espressa in Eq. 3.28, prevede la conoscenza vettore definito in Eq. 3. 30.
dello sforzo di snervamento in condizioni quasi-
statiche, VY, e la calibrazione di tre ulteriori parametri:
B, n e C. x ^x1 x2 x3 `T

Eq. 3. 30
V V §
§ H · ·
 BH n ¨1  C ln¨¨ ¸¸ ¸
Y
¨ ¸
© © H0 ¹ ¹
Eq. 3.28 E’ possibile creare una corrispondenza biunivoca, una
mappa, che lega la nuova posizione x a quella occupata
in precedenza X. Tale mappa è descrivibile da una
funzione F, introdotta in Eq. 3. 31.
3.3 Deformazione, sforzo e lavoro di
deformazione in stati di sforzo x F X
pluriassiali Eq. 3. 31

3.3.1 Deformazione in coordinate Lagrangiane L’Eq. 3. 31 descrive la posizione della particella del
corpo nella nuova configurazione in funzione della
Per procedere allo studio del comportamento dei posizione che essa aveva nella configurazione di
materiali elasto-plastici in generici stati di sforzo e riferimento. Il moto delle particelle è dunque descritto
deformazione è necessario disporre di definizioni più sulla base delle loro posizioni iniziali e, per questo
complete di queste grandezze fisiche, rispetto alle motivo, il punto di vista adottato è definito
semplici definizioni operative fornite nella Lagrangiano.
presentazione della prova uniassiale, descritta nel par. In termini di componenti la funzione F include tre
3.2.1. funzioni scalari Fi, definite in Eq. 3. 32, che indica
La deformazione di un corpo, che sarà trattata in questo come la coordinata k-esima del nuovo vettore
sottoparagrafo, è un concetto cinematico, legato al posizione possa in generale dipendere da una qualsiasi
cambiamento di configurazione del corpo stesso, delle componenti del vettore posizione nella
completamente definibile senza conoscere le cause che configurazione indeformata.
la hanno originata. Per introdurre il concetto di
deformazione, il corpo, sebbene costituito da entità x ^x1 x 2 x3 `T ^F1 X F 2 X F 3 X `T
discrete quali atomi o molecole, è idealizzato come un
Eq. 3. 32
continuo consistente di particelle uniformemente
Lo spostamento di ogni punto è la differenza fra X ed x
distribuite in un dominio spaziale tridimensionale. Per
ed è espresso in funzione della mappatura F come in
introdurre il concetto di deformazione è necessario
Eq. 3. 33.
considerare una configurazione di riferimento che
rappresenti la posizione delle particelle del corpo prima
del processo di deformazione. La deformazione u ^u1 u 2 u 3 `T xX F X  X
comporta un cambiamento di configurazione che potrà Eq. 3. 33
essere indotto da cause differenti quali la variazione di
temperatura, l’applicazione di sistemi di forze in Si ipotizzi, ora che la funzione F sia derivabile, in
equilibrio al corpo o l’assorbimento di umidità. modo che sia possibile introdurre un operatore lineare
Nell’ambito della presente trattazione si F, esprimibile in notazione matriciale come indicato in
considereranno descrizioni della configurazione e della Eq. 3. 34.
deformazione in assi cartesiani, sebbene i concetti che
saranno introdotti possano essere generalizzati a
sistemi arbitrari di coordinate. In assi cartesiani,
dunque, la configurazione del corpo è descritta dalla
posizione di ogni particella del continuo, che è
descrivibile da un vettore X, che in notazione vettoriale
è esprimibile come in Eq. 3. 29.

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

ª wF1 X wF1 X wF1 X º Si considerino ora due punti che, nella configurazione
« » di riferimento, siano separati da un tratto di lunghezza
« wX 1 wX 2 wX 3 »
infinitesima dS, descritto da un vettore dX, mostrato in
wF X « wF 2 X wF 2 X wF 2 X »
Figura 3.1. La lunghezza dS è il modulo del vettore dX
F « wX
wX wX 2 wX 3 » e vale la seguente relazione:
« 1
»
« wF 3 X wF 3 X wF 3 X »
«¬ wX 1 wX 2 wX 3 »¼ dS 2 dX T dX
Eq. 3. 34 Eq. 3. 36

L’operatore F definito in Eq. 3. 34 è chiamato Dopo la variazione di configurazione descritta da F, il


gradiente di deformazione ed è esprimibile, applicando primo punto si sarà spostato in x F X , mentre il
l’Eq. 3. 33, anche in funzione dello spostamento u.
Nell’Eq. 3. 35 si sono introdotte le derivate dello secondo sarà in F X  dX . Quindi il vettore dX si
spostamento u in funzione del vettore di coordinate X. sarà trasformato in dx. La trasformazione è esprimibile
Tali derivate sono esprimibili, in notazione matriciale, sfruttando la definizione di gradiente di deformazione,
da matrici quadrate di ordine 3, in modo analogo come indicato in Eq. 3. 37.
all’operatore gradiente di deformazione, definito nell’
Eq. 3. 35.
dx F X  dX  F X
F X  dX  F X wF X
dX dX FdX
dX wX
wF X w u  X wu wX Eq. 3. 37
F 
wX wX wX wX
ª wu1 wu1 wu1 º In base all’Eq. 3. 37, dunque, il gradiente di
« » deformazione è l’operatore lineare che trasforma il
« wX 1 wX 2 wX 3 » ª1 0 0º vettore dX nella configurazione indeformata in dx.
« wu 2 wu 2 wu 2 » « wu
« wX  0 1 0»» I Inoltre, la distanza ds fra i due punti dopo la variazione
wX 2 wX 3 » « wX di configurazione è data dal modulo di dx e si ottiene
« 1 » «¬0 0 1»¼
« wu 3 wu 3 wu 3 » dalla seguente relazione:ij
«¬ wX 1 wX 2 wX 3 »¼
Eq. 3. 35 ds 2 dx T dx dX T F T FdX
Eq. 3. 38

L’Eq. 3. 38 indica come il gradiente di deformazione F


contenga tutte le informazioni necessarie per valutare
la variazione della lunghezza, ds, rispetto a quella
originale, dS. Tale variazione è la caratteristica
distintiva di un processo deformativo poiché, se le
X+dX x+dx lunghezze rimangono uguali è evidente che ci troviamo
di fronte ad un moto rigido. Quindi se il prodotto
x F T F è pari alla matrice identità non esiste
deformazione, mentre tanto più il prodotto si discosta
X dalla matrice identità si ha un processo de formativo.
Una misura della deformazione, che è riferita alla
configurazione iniziale, è rappresentata dalla seguente
quantità:

E
1 T
2

F FI
3
Eq. 3. 39
2
Sebbene E sia stato ricavato applicando una notazione
1 matriciale, è possibile dimostrare che, per un
cambiamento di coordinate, le nove componenti Eij
Figura 3.21 - Variazione della posizione variano come le componenti di un tensore doppio. Per
relativa di due punti in un generico definizione di tensore, come sarà accennato nel
cambiamento di configurazione paragrafo successivo, E è pertanto un tensore. Esso è
chiamato tensore di deformazione di Almansi-Hemel

16
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

(o, in alcuni testi, tensore di deformazione di


Lagrange). Anche i termini di H, come quelli di E, rappresentano i
Se si considera la relazione fra F ed u, espressa in Eq. componenti di un tensore doppio simmetrico. Si
3. 35, è possibile esprimere il tensore di deformazione osservi che il tensore delle deformazioni infinitesime
E in funzione dello spostamento u. Tale espressione è può anche essere ottenuto in modo diretto considerando
fornita in Eq. 3. 40 e fa uso degli operatori wu/wX, già l’espressione dello spostamento u in un intorno
utilizzati nell’ Eq. 3. 35. infinitesimo di un punto X. In tale intorno, infatti, lo
spostamento può essere espresso noto lo spostamento
u(X) e la matrice delle derivate wu/wX, che a sua volta
1 §¨ § wu · ·
T
~ · § wu
E ¨  I¸ ¨  I¸  I¸ può essere decomposta in una parte emisimmetrica e in
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸¹ una parte simmetrica come indicato in Eq. 3. 43.
1 §¨ § wu · § wu · § wu · § wu · ·¸
T T
¸¨ ¸ ¨ wu
¨ ¸ ¨
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ © wX ¹
¸
© wX ¹ ¸¹ u X  dX u X  dX
wX
Eq. 3. 40 1 § § wu · § wu · ·¸ 1 §¨ § wu · § wu · ·
T T
u X  ¨ ¨ ¸¨ ¸ dX  ¨ ¸¨ ¸ ¸dX
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸¹ 2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸
¹

3.3.2 Il tensore delle deformazioni infinitesime Eq. 3. 43


Il terzo termine dell’espressione in Eq. 3. 43, cioè la
Il tensore di deformazione E descrive, da un punto di parte simmetrica della matrice delle derivate wu/wX,
vista Lagrangiano, la deformazione anche in presenza contiene le componenti del tensore H, definito in Eq. 3.
di cambiamenti di configurazione caratterizzati da 42, che, come si è affermato, descrivono il processo di
spostamenti e da gradienti di spostamento elevati. La deformazione nell’ipotesi di deformazioni infinitesime.
deformazione descritta da E è riferita alla Il primo termine, u(X) rappresenta uno spostamento
configurazione iniziale del corpo. Esistono altre misure comune a tutti punti dell’intorno di X e quindi una
di deformazione che permettono di riferirsi alla traslazione del corpo nell’intorno. Per indagare il
configurazione deformata. significato del secondo termine, si supponga uno
Vi sono tuttavia notevoli complicazioni insite nel spostamento dove sia la traslazione u(X) che la
considerare variazioni di configurazione con deformazione H siano nulle. Se la deformazione H è
deformazioni finite, e, in molti ambiti, le deformazioni nulla vale l’Eq. 3. 44.
si possono assumere infinitesime.
L’Eq. 3. 40 permette di valutare come il tensore di wu j wu i

deformazione si semplifica prendendo in wX i wX j
considerazione deformazioni infinitesime. In tale
Eq. 3. 44
equazione E è espresso in funzione delle derivate
spaziali dello spostamento u ed è possibile osservare
Lo spostamento descritto dal solo secondo termine in
che, in generale, il legame fra E e le derivate di u non è
in Eq. 3. 43 è raffigurato un intorno infinitesimo di X
lineare. La singola componente Eij ha infatti
nel piano i-j in Figura 3.22. Tutti i punti sull’asse i si
l’espressione data in Eq. 3. 41, dove sono presenti
muovono con una componente in direzione j pari a
termini lineari, wui/wXj, e sommatorie di prodotti fra le
(wuj/wXi)dXi. Se gli spostamenti sono infinitesimi, lo
diverse componenti wui/wXj, che rappresentano termini spostamento può essere interpretato come una
quadratici.
rotazione dell’asse i di un angolo infinitesimo, dZ =
tan-1 (wuj/wXi) # wuj/wXi. In virtù dell’Eq. 3. 44, anche
1 §¨ ·
3
wu m wu m wu j wu
Eij ¦   i
2 ¨© m 1 wX i wX j wX i wX j
¸
¸
¹
l’asse j può essere considerato soggetto a una rotazione
infinitesima di modulo dZ, nello stesso verso: la
porzione di continuo nell’intorno di X ruota senza
Eq. 3. 41 cambiare forma e subire deformazioni. Pertanto,
nell’ipotesi di deformazioni e spostamenti infinitesimi,
Se le deformazioni sono infinitesime, anche le derivate i primi due termini dell’Eq. 3. 43 rappresentano una
wui/wXj saranno infinitesime ed i termini quadratici rototraslazione rigida dei punti appartenenti all’intorno
potranno essere trascurati. Tale semplificazione dà di X, mentre il terzo termine rappresenta una vera e
origine alla definizione del vettore delle deformazioni propria deformazione.
infinitesime, la cui espressione in notazione matriciale
è fornita in Eq. 3. 42.

1 §¨ § wu · § wu · ·¸
T
İ ¨ ¸ ¨ ¸
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸¹
Eq. 3. 42

17
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

wu1
j dx1 dX 1  dX 1 dX 1 1  H11
wX 1
(wui/wXj)dXj = -(wuj/wXi)dXj
wu 2
dx2 dX 2  dX 2 dX 2 1  H 22
wX 2
wu3
dx3 dX 3  dX 3 dX 3 1  H 33
wX 3
Eq. 3. 45

Il rapporto fra il volume deformato dv e quello


dZ originale dV è esprimibile applicando le Eq. 3. 45,
dZ i
dove, con il simbolo tr(H), si indica la somma delle
componenti ad indici uguali del tensore doppio di
deformazione.
(wuj/wXi)dXi=
= -(wui/wXj)dXi
dv dx1dx2 dx3
Figura 3.22 - Spostamento in un intorno di un dV dX 1dX 2 dX 3
punto materiale nell’’ipotesi di tensore delle dX 1 1  Hˆ11 dX 2 1  Hˆ22 dX 3 1  Hˆ33
deformazioni infinitesime nullo dX 1dX 2 dX 3
Nell’ambito delle deformazioni infinitesime è possibile 1  H11 1  H 22 1  H 33 # 1  H11  H 22  H 33
fornire un’espressione delle variazione di volume 1  tr İ
subita, in un generico processo deformativo, da un Eq. 3. 46
cubetto infinitesimo di dimensioni originali dX1, dX2 e
dX3, raffigurato in Figura 3.23.
Attraverso il rapporto dv/dV si definisce una
componente idrostatica di deformazione, 4, la cui
espressione è riportata in Eq. 3. 47.

dV 1 dv  dV 1 § dv · 1
4 ¨  1¸ tr H
dX3 X3 X2 3 dV 3 © dV ¹ 3
Eq. 3. 47
X1
dX2 Attraverso la particolare espressione di 4, è possibile
dX1 individuare, nel generico stato di deformazione, una
componente caratterizzata da una pura deformazione
volumetrica del volumetto infinitesimo, in assenza di
(wu1/wX1)dX1 variazioni di forma. Questo è quanto accade quando i
rapporti dx1/dX1, dx2/dX2 e dx3/dX3 sono uguali, e
dv quindi H11 H 22 H 33 = 4. Se le altre componenti del
dx3 X3 X2 tensore di deformazione sono nulle, il cubetto
infinitesimo si dilata conservando la propria forma.
Nel generico stato di deformazione, allora, è possibile
X1 dx2 individuare una componente responsabile della sola
deformazione volumetrica, caratterizzata da un valore
dx1 4 ottenuto dall’Eq. 3. 48.
1
Figura 3.23 - Variazione di volume in un 4 H11  H 22  H 33
3
elemento infinitesimo
Eq. 3. 48
Le relazioni fra le dimensioni del cubetto infinitesimo
nella configurazione originale e deformata possono Il tensore delle deformazioni infinitesime H per uno
essere scritte in termini di spostamenti e quindi di processo di deformazione caratterizzato da una pura
deformazioni infinitesime: variazione di volume ha quindi la forma generale
definita in Eq. 3. 49.

18
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

ª4 0 0 º
İ «« 0 4 0 »»
Le 9 componenti del tensore delle deformazioni
4I
infinitesime, che è per natura simmetrico, possono
«¬ 0 0 4»¼ essere rappresentate da una matrice del secondo ordine,
Eq. 3. 49 come in Eq. 3. 53.

In definitiva, mediante l’introduzione di 4, è possibile ªH 11 H 12 H 13 º


scomporre lo stato deformazione in una deformazione İ ««H 21 H 22 H 23 »»
volumetrica, che avviene a forma costante, e in una
«¬H 31 H 32 H 33 »¼
deformazione responsabile del cambiamento di forma,
che avviene senza variazione di volume. Quest’ultimo Eq. 3. 53
tipo di deformazione è definito deformazione
deviatorica ed ha per definizione l’espressione Essendo il tensore simmetrico, tuttavia, le componenti
riportata in Eq. 3. 50. indipendenti del tensore delle deformazioni
infinitesime possono essere anche convenientemente
arrangiate in un vettore di 6 componenti, come in Eq.
ªH 11 H12 H13 º
3. 54.
e ««H 21 H 22 H 23 »»  4I
«¬H 31 H 32 H 33 »¼ ݈ ^H 11 H 22 H 33 H12 H 13 H 23 `T
ªH11  4 H12 H 13 º Eq. 3. 54
« H H 22  4 H 23 »»
« 21 Nella notazione vettoriale, che è spesso utilizzata in
«¬ H 31 H 32 H 33  4»¼ ambito ingegneristico, le componenti ad indici diversi
Eq. 3. 50 del tensore di deformazione sono sostituite dai termini
definiti in Eq. 3. 55.
La deformazione deviatorica è, per sua natura,
anch’essa un tensore e può essere espresso in notazione § wu1 wu 2 ·
matriciale, come in Eq. 3. 50, o in notazione vettoriale. J 12 ¨¨  ¸¸ 2H12
© wu 2 wu1 ¹
Per come è stata ottenuta, la deformazione deviatorica
rappresenta processi deformativi a volume costante. § wu1 wu3 ·
J 13 ¨¨  ¸¸ 2H13
Infatti, applicando l’Eq. 3. 48, risulta: © wu3 wu1 ¹
tr e H 11  H 22  H 33  34 0 § wu3 wu 2 ·
J 23 ¨¨  ¸¸ 2H 23
Eq. 3. 51 © wu 2 wu3 ¹
Eq. 3. 55
Nel seguito della trattazione ci si porrà, per semplicità,
sotto le ipotesi di deformazioni infinitesime. Oltre a Tali termini, chiamati scorrimenti, definiscono i
semplificare l’espressione delle deformazioni, con processi di deformazione a taglio, come sarà chiarito
l’eliminazione dei termini quadratici, l’ipotesi di nel par. 3.3.3, e consentono di semplificare
deformazioni infinitesime comporta anche che la l’espressione del lavoro di deformazione quando si
configurazione del corpo dopo il processo di utilizzando le notazioni vettoriali. Il vettore di
deformazione differisca in misura trascurabile dalla deformazione più usato in ambito ingegneristico è
configurazione originale. Tale considerazione permette pertanto quello descritto in Eq. 3. 56.
innanzitutto di trascurare la differenza fra una misura
di deformazione riferita alla configurazione originale, İ ^H ` ^H 11 H 22 H 33 J 12 J 13 J 23 `T
quale quella descritta dal tensore E, e quella riferita
alla configurazione deformata. Si vedrà, inoltre, come Eq. 3. 56
l’ipotesi di deformazioni infinitesime elimina anche le
ambiguità concernenti la configurazione da considerare Si osservi, comunque, che le rappresentazioni
nella descrizione dello stato di sforzo del corpo. matriciali e vettoriali riportate in Eq. 3. 53 e in Eq. 3.
54 sono funzionali alla possibilità di utilizzare le
Sotto questa ipotesi, dunque, lo stato di deformazione notazioni e le operazioni dell’algebra matriciale per
potrà quindi essere descritto dalle 9 componenti del descrivere relazioni che coinvolgano le componenti del
tensore di deformazione. Lo stato di deformazione,
tensore delle deformazioni infinitesime H, che hanno
tuttavia, non è una matrice né un vettore, ma un tensore
espressione
doppio con proprietà del tutto analoghe al tensore
doppio di sforzo che sarà introdotto nel par. 3.3.4.
1 §¨ wui wu j ·
¸
H ij 
2 ¨© wu j wui ¸
¹
Eq. 3. 52

19
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

3.3.3 Esempi di stati di deformazione u1 x1  X 1 O L X 1  X 1 X 1 O L  1


u2 x2  X 2 O R X 2  X 2 X 2 O R  1
In questo paragrafo si considereranno alcuni u 3 x3  X 3 O R X 3  X 3 X 3 O R  1
cambiamenti particolari di configurazione di corpi
Eq. 3. 59
continui e sarà esaminato il corrispondente stato di
deformazione. Il primo caso considerato è relativo
Il gradiente di deformazione F è calcolato in base alle
all’allungamento e alla contrazione di un elemento
espressioni in Eq. 3. 57 ed assume un forma
cilindrico. La variazione di configurazione considerata,
particolarmente semplice:
presentata in Figura 3.24, è analoga a quella di un
provino soggetto a una prova di trazione uniassiale.
ª wF1 X wF1 X wF1 X º
« »
r « wX 1 wX 2 wX 3 »
wF X « wF 2 X wF 2 X wF 2 X »
F
wX « wX wX 2 wX 3 »
« 1
»
« wF 3 X wF 3 X wF 3 X »
«¬ wX 1 wX 2 wX 3 »¼
R
ªO L 0 0º
«0 O
« R 0 »»
«¬ 0 0 O R »¼
l Eq. 3. 60

Una volta noti F ed u, è possibile ricavare l’espressione


L
dei tensori di deformazione E ed H:
~ 1 T
E
2
F FI
§ ªO L 0 0 º ªO L 0 0 º ª1 0 0º ·
1 ¨« » « » « »¸
¨ « 0 O R 0 » « 0 O R 0 »  «0 1 0 » ¸
2¨ ¸
X1 x1 © «¬ 0 0 OR »¼ «¬ 0 0 OR »¼ «¬0 0 1»¼ ¹

X2 x2 ªO2L  1 0 0 º
1« 2 »
« 0 OR  1 0 »
X3 x3 2«
¬
0 0 O2R  1»¼
Figura 3.24 - Allungamento e contrazione di ª l 2  L2 º
un provino cilindrico « 2
0 0 »
« L »
1« r 2  R2 »
La variazione di configurazione è descritta dalla mappa 0 0 »
in Eq. 3. 57. 2« R 2
« »
« 0 r 2  R2 »
0
x1 OL X 1 «
¬ R 2 »¼
x2 OR X 2 Eq. 3. 61
x3 OR X 3
Eq. 3. 57
ªO L  1 0 0 º
1 §¨ § wu · § wu · ·¸
T
« 0 O 0 »»
Dove: İ ¨ ¸ ¨ ¸ « R  1
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸¹
l «¬ 0 0 Or  1»¼
OL
L
ªl  L º
r « L 0 0 »
OR
R « rR »
Eq. 3. 58 « 0 0 »
« R »
« 0 r  R»
Nel caso di trazione si ha OL > 1 e OR < 1. Il valore di OL «¬ 0
R »¼
e OR dipendono dal carico applicato e dalla risposta del
Eq. 3. 62
materiale. Il vettore spostamento u e il gradiente di
deformazione:

20
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Il confronto fra Eq. 3. 61 e l’Eq. 3. 62 consente di


individuare alcune conseguenze dell’adozione di una
definizione rigorosa di deformazione (valida per X2
deformazioni finite relative in stati tridimensionali di
deformazione) e delle semplificazioni introdotte dal L2
passaggio a deformazioni infinitesime. Si osservi,
infatti, che la componente E11 non corrisponde X3
all’allungamento (l-L)/L, che è intuitivamente
definibile come la deformazione nella prova uniassiale. dV
Nel tensore di deformazioni infinitesime, d’altra parte,
la componente H11 è pari a (l-L)/L. La differenza è
limitata anche per allungamenti non rigorosamente
trascurabili. Ad esempio, ammettendo OL = 1.1, risulta L1
~
E11 =0.105 e H11 =0.100.
Si ricordi, inoltre, che nell’ipotesi di deformazioni
infinitesime la differenza fra la configurazione L3
deformata e indeformata è trascurabile e pertanto la
deformazione infintesima può anche essere assimilata X1
alla deformazione logaritmica.
Infine, riferendo l’esempio al comportamento di un
provino metallico in una prova di trazione uniassiale, il
rapporto fra l’opposto della deformazione nelle x2
direzioni perpendicolari all’allungamento, -H22 o H33, e l2
la deformazione longitudinale H11, definisce il
coefficiente di contrazione trasversale (o di Poisson )
x3
del materiale: dv

H 22 H 33
v  
H 11 H 11
Eq. 3. 63
l3
l3

x11
Figura 3.25 - Dilatazione di un prisma

La Figura 3.25 presenta un cambiamento di


configurazione caratterizzato da una dilatazione delle
dimensioni di un corpo a forma prismatica, identica in
tutte le direzioni. Il corpo conserva quindi la forma
variando unicamente il suo volume. La mappa della
variazione di configurazione è fornita in Eq. 3. 64.

x1 OX 1
x2 OX 2
x3 OX 3
Eq. 3. 64

dove:
l l2 l3
O 1
L1 L2 L3

Lo spostamento ed il gradiente di deformazione sono


riportati in in Eq. 3. 65 e in Eq. 3. 66.

21
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

dv dx1dx2 dx3 OdX 1OdX 2 OdX 3


u1 x1  X 1 OX 1  X 1 X 1 O  1 O3
dV dX 1dX 2 dX 3 dX 1dX 2 dX 3
u2 x2  X 2 OX 2  X 2 X 2 O  1 Eq. 3. 69
u3 x3  X 3 OX 3  X 3 X 3 O  1
Eq. 3. 65 Si osservi che il rapporto dv/dV risulta pari al
determinante della matrice F che contiene le
componenti del gradiente di deformazione. E’ possibile
ª wF1 X wF1 X wF1 X º
« » dimostrare che questo risultato è del tutto generale, e
« wX 1 wX 2 wX 3 » che, per qualsiasi variazione di configurazione risulta:
wF X « wF 2 X wF 2 X wF 2 X »
F « wX
wX wX 2 wX 3 » dv
« 1
» det F
« wF 3 X wF 3 X wF 3 X » dV
¬« wX 1 wX 2 wX 3 ¼» Eq. 3. 70
ªO 0 0 º
«0 O 0» Nell’ambito delle deformazioni infinitesime, il
« » rapporto fra i volumi del cubetto infinitesimo, calcolato
«¬ 0 0 O »¼ applicando l’Eq. 3. 46, non è perfettamente consistente
Eq. 3. 66 con la variazione di volume del prisma finito. Infatti,
applicando l’Eq. 3. 46 al caso in esame si ottiene:
I tensori di deformazione E ed H sono calcolati in Eq.
dv
3. 67 e in Eq. 3. 68. Le differenze fra le componenti ad # 1  H 11  H 22  H 33 1  3 O  1
indici uguali dei due tensori sono analoghe a quelle dV
riscontrate nel caso dell’allungamento del prisma Eq. 3. 71
cilindrico considerato in precedenza.
La differenza è comunque contenuta. Ipotizzando una
E
2

1 T
F FI dilatazione con O=1.1, corrispondente dunque a un
aumento del 10% delle dimensioni lineari del prisma, si
ha det(F)= O3=1.331, mentre il risultato dell’Eq. 3. 71 è
§ ªO 0 0 º ªO 0 0 º ª1 0 0º ·
1 ¨« »« » « »¸ pari a 1.3, con una discrepanza del 2.4% fra le due
¨ « 0 O 0 » « 0 O 0 »  «0 1 0 » ¸ misure.
2¨ ¸
© «¬ 0 0 O »¼ «¬ 0 0 O »¼ «¬0 0 1»¼ ¹
La Figura 3.26 presenta il cambiamento di
§ ªO2  1 0 0 º ·¸ configurazione della base originariamente quadrata di
1 ¨¨ « » un prisma con altezza indefinita, in direzione X3. La
« 0
2
O 1 0 »¸
2¨« ¸ distorsione della forma quadrata in un parallelogramma
¨ 0
¬
0 O2  1»¼ ¸ è il tipico effetto di una deformazione a taglio. Nel caso
© ¹
Eq. 3. 67 considerato, solo le coordinate X1 dei punti vengono
modificate e la sezione si distorce conservando
l’altezza del parallelogramma uguale al lato iniziale del
ªO  1 0 0 º quadrato, L.
1 §¨ § wu · § wu · ·¸
T
« 0 O  1 0 »»
İ ¨ ¸ ¨ ¸ «
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸¹ «¬ 0 0 O  1»¼
ª l1  L1 º
« 0 0 »
« L1 »
« 0 l2  L2
0 »
« L2 »
« l3  L3 »»
« 0 0
«¬ L3 »¼
Eq. 3. 68

Il prisma ha volume iniziale V=L1L2L3 che diviene


v=l1l2l3 dopo il processo di deformazione. Il rapporto
fra i due volumi è pari a O3. Tale rapporto è identico a
quello che si ottiene considerando un volumetto
infinitesimo all’interno del corpo, come riportato in Eq.
3. 69.

22
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

X2
E
1 T
2
F FI
L
§ ª 1 0 0º ª1 J 0º ª1 0 0º ·
1 ¨« »« » « »¸
¨ «J 1 0» «0 1 0»  «0 1 0» ¸
2¨ ¸
© «¬ 0 0 1»¼ «¬0 0 1»¼ «¬0 0 1»¼ ¹
§ ª 0 J 0º ·
L 1 ¨« »¸
¨ «J J 2 0» ¸
2¨ ¸
© «¬ 0 0 0»¼ ¹
Eq. 3. 75
X1
ª0 J 0º
1 §¨ § wu · § wu · ·¸
T

x2 İ ¨ ¸ ¨ ¸ J 0 0»»
2 ¨© © wX ¹ © wX ¹ ¸¹ 2«
«¬ 0 0 0»¼
L
ª 1 º ª 1 º
« 0 tan M 0» « 0 M 0»
2 2
«1 » «1 »
« tan M 0 0» # « M 0 0»
M «2 » «2 »
« 0 0 0» « 0 0 0»
L «¬ »¼ «¬ »¼
Eq. 3. 76

Si può osservare come, per il tensore di deformazioni


x1 infinitesime il processo di deformazione comporta solo
componenti H12 non nulle. Estendendo i ragionamenti a
deformazioni analoghe che avvengono sugli altri piani
Figura 3.26 - Deformazione semplice a taglio coordinati, si può affermare che le componenti ad
indici misti del tensore di deformazione rappresentano
La mappa del cambiamento di configurazione è la deformazioni di puro taglio, come quella raffigurata in
seguente: Figura 3.26. Il valore di tali componenti è pari alla
metà dell’angolo di scorrimento M e, pertanto, il valore
x1 X 1  JX 2 degli scorrimenti, introdotti in Eq. 3. 55, è pari
x2 X2 all’angolo di scorrimento in una deformazione di puro
taglio.
x3 X 3
Eq. 3. 72 Si osservi che le componenti E12 del tensore E hanno
identico valore a H12. E presenta anche una componente
dove J tan M . E22 non nulla, dovuta all’allungamento dei lati
originariamente verticali e lunghi L, necessario per
Lo spostamento e il gradiente di deformazione sono conservare l’altezza del parallelogramma. Questa
espressi in Eq. 3. 73 e Eq. 3. 74. deformazione di ordine superiore è correttamente colta
dal tensore E, che presenta un termine E22 = J2.
u1 x1  X 1 JX 2 Si osservi, comunque, che il processo di deformazione
u2 x2  X 2 0 avviene a volume costante, sia considerando le
deformazioni finite, poiché det(F)=0, sia considerando
u 3 x3  X 3 0
le deformazioni infinitesime, essendo tr(H)=0. Il
Eq. 3. 73 meccanismo di deformazione considerando è quindi un
ª1 J 0 º esempio di processo di deformazione puramente devia
wF X «0 1 0 » torico.
F « »
wX
«¬0 0 1»¼
3.3.4 Sforzo
Eq. 3. 74

Dalle espressioni di F ed u è possibile calcolare il La deformazione è un concetto puramente cinematico


tensore delle deformazioni Lagrangiane e il tensore che descrive una variazione di configurazione di un
delle deformazioni infinitesime, riportati in Eq. 3. 75 e continuo non riducibile a uno spostamento rigido. Una
Eq. 3. 76. delle possibilità per produrre un processo deformativo

23
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

in un continuo è l’applicazione di un sistema di forze superficie può essere definito come lo sforzo
che, agendo sul corpo, producono in generale moto e superficiale unitario tn.
deformazione.
Le forze che agiscono su un corpo possono essere 'p
classificate come esterne o interne. Le forze esterne tn lim
'a o0 'a
possono essere a loro volta suddivise in forze di
Eq. 3. 78
superficie, che agiscono ai contorni del corpo e sono
tipicamente dovute ad interazioni di contatto, oppure
Dalla definizione precedente è evidente che lo sforzo
forze di volume, che agiscono direttamente sulle superficiale unitario non dipende solo dalla posizione
particelle del continuo in virtù di interazioni con
del punto nell’intorno del quale si considera 'a, ma
sorgenti esterne, quali campi di forze gravitazionali,
dipende dalla giacitura del piano con cui si è tagliato il
elettrici o magnetici, ad esempio.
corpo, individuata dalla normale n.
Le forze interne, invece, rappresentano azioni compiute
Per definire la variazione dello sforzo dalla giacitura
da una parte del corpo su un’altra parte del corpo.
vanno definite, nel punto considerato, gli sforzi
L’esistenza di queste azioni interne è un’assunzione
superficiali unitari trasmessi attraverso piani con
plausibile che si può ricondurre a un postulato noto
normali uscenti uguali alle direzioni degli assi
come principio degli sforzi di Eulero-Cauchy. Secondo
tale principio attraverso ogni sezione che può essere coordinati, V1, V2 e V3. In assi cartesiani, le componenti
di tali sforzi superficiali unitari sono riportate in Eq. 3.
ricavata all’interno di un corpo si trasmettono delle
forze di superficie. Con l’introduzione di tali forze le 79, dove con i1, i2 e i3 si sono indicati i versori degli
leggi della statica e della dinamica si applicano a ogni assi cartesiani x1, x2 e x3.
regione interna del corpo nello stesso modo in cui si
applicano al corpo considerato nella sua totalità. ı1 V 11i1  V 12i 2  V 13i 3
ı2 V 21i1  V 22i 2  V 23i 3
ı3 V 31i1  V 32i 2  V 33i 3
Eq. 3. 79

Tn x3
R1 C -V1
-V2
-n 'a
n
'a n R2
O x2
B
-Tn A -V3
x1
Figura 3.27 - Azioni interne all’’interno di un
continuo
Figura 3.28 - Tetraedro di Cauchy
Se un corpo è sezionato con un piano avente normale
n, le due parti R1 ed R2 in cui esso risulta diviso si Si consideri ora il tetraedro riportato in Figura 3.28,
scambieranno forze interne in base alle leggi della con tre lati aventi gli assi coordinati come normali
entranti. Su tali facce agiscono gli sforzi superficiali
statica e della dinamica. Si consideri una porzione 'a
della sezione, nell’intorno di un punto individuato dalla unitari -V1, -V2 e -V3. La quarta faccia del tetraedro, di
posizione x. Attraverso tale porzione di superficie si vertici ABC, è un piano di giacitura generica,
individuata dalla normale n con componenti cartesiane
trasmetterà una forza 'p, che potrà essere considerata
definite in Eq. 3. 80.
come il prodotto di una forza per unità di superficie Tn
distribuita sull’area 'a per l’area stessa, come indicato
n n1i 1  n 2 i 2  n3 i 3
in Eq. 3. 77.
Eq. 3. 80
'p Tn 'a
Le componenti n1, n2 e n3 sono i coseni direttori della
Eq. 3. 77
normale n. Detta 'a l’area della faccia ABC, si può
osservare che l’area delle facce OAC, OBC e OCB del
In base al principio di Eulero-Cauchy il limite del
tetraedro si possono ottenere proiettando 'a sui piani
rapporto 'p/'a per 'a o 0 esiste e non dipende dalla
coordinati e quindi moltiplicando 'a per i coseni
forma di 'a. Il valore limite della forza per unità di
direttori n1, n2 e n3 come indicato in Eq. 3. 81.

24
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

'a OBC 'a n1 L’applicazione dello sforzo provoca un cambiamento


'a OAC 'a n 2 di configurazione del continuo con deformazioni e
rotazioni. A rigore lo stato di sforzo deve essere riferito
'a OAB 'a n3 a una ben definita configurazione ed è necessario
Eq. 3. 81 specificare se la terna di riferimento usata per definire
le componenti dello sforzo ruota per seguire il
L’equilibrio del tetraedro di Figura 3.28 comporta cambiamento di configurazione del sistema. Nella
quindi: trattazione fin qui sviluppata, la configurazione che si è
presa in considerazione è quella già deformata,
ı 1 'a OBC  ı 2 'a OAC  ı 3 'a OAB  t n 'a 0 modificata dall’applicazione dello stato di sforzo
Eq. 3. 82 stesso. Lo sforzo definito in questo modo è quindi da
intendersi come lo sforzo vero o di Cauchy. Come nel
L’applicazione delle relazioni riportate in Eq. 3. 81 caso delle deformazioni, l’ipotesi di deformazioni
conduce alla seguente relazione, detta relazione di infinitesime permette comunque di trascurare le
Cauchy: differenze fra configurazione deformata e indeformata.

t n ı 1 n1  ı 2 n 2  ı 3 n 3 In base alle definizioni date in Eq. 3. 79, le componenti


del tensore V aventi indici uguali sono le componenti
Eq. 3. 83
degli sforzi superficiali unitari che hanno direzione
uguale alla normale al piano su cui agiscono. Una
Si osservi che l’eventuale presenza di forze di volume
componente di sforzo di questo tipo è detto sforzo
non modifica l’Eq. 3. 83, poiché essa presuppone un
normale ed è comunemente indicato con il simbolo V.
passaggio al limite per 'a o 0 ed in tale passaggio il
Le componenti ad indici diversi sono diretti invece
volume rappresenta un infinitesimo di ordine superiore
parallelamente alle facce su cui gli sforzi superficiali
rispetto alla superficie. Per tale motivo le forze di
agiscono e sono detti sforzi di taglio. In molti casi
volume possono essere a rigore trascurate. Anche il
caso dinamico può essere considerato compreso, vengono indicati con il simbolo W.
poiché, in base al principio di D’Alembert, esso può Se si considera un cubetto infinitesimo di materiale,
ricondursi al caso statico con l’introduzione di forze di con facce parallele ai piani coordinati e lati dx1, dx2 e
inerzia che rappresentano un caso particolare di forze dx3, l’insieme delle nove componenti del tensore di
di volume. sforzo V può essere rappresentato nel modo indicato in
L’Eq. 3. 83 indica che lo sforzo superficiale su una Figura 3.29. La figura considera un campo di sforzo
qualsiasi giacitura, tn, è determinabile se sono noti gli variabile all’interno del continuo e indica le
sforzi superficiali sui tre piani mutuamente ortogonali. componenti agenti sulle facce che presentano gli assi
I tre vettori V1, V2 e V3 o le loro nove componenti cartesiani come normali uscenti. Gli sforzi agenti su
definite nell’Eq. 3. 79, che rappresentano gli sforzi tali facce sono incrementati di un termine infinitesimo
superficiali unitari su tali piani, sono dunque sufficienti per tenere conto della distanza dall’origine degli assi
a definire completamente lo stato di sforzo nel punto che rappresenta il punto nel quale si vuole considerare
considerato. Per una rotazione del sistema di lo stato di sforzo. Le facce opposte del cubo, non
coordinate, che comporti il passaggio da vecchi assi x1, rappresentate per semplicità in Figura 3.29, sono in
x2 e x3 a nuovi assi x’1, x’2 e x’3 è possibile definire una corrispondenza dell’origine degli assi ma hanno come
legge di trasformazione per le 9 componenti normali uscenti i versori degli assi coordinati. Su di
esse, pertanto, agiscono le componenti del tensore di
considerate. Detti Dij il coseno direttore fra il vecchio
asse xi ed il nuovo asse x’’j, la legge di trasformazione sforzo V, senza termini incrementali e con il segno
può essere derivata dall’Eq. 3. 83 ottenendo il risultato cambiato. Si osservi che la variazione di segno della
riportato in Eq. 3. 84. componente per una rotazione di 180° di una faccia
attorno ad un asse è prevista dalle Eq. 3. 83 così come
dall’Eq. 3. 84.
V ijc ¦ ¦D
k 1,3 l 1,3
ik D jl V ij

Eq. 3. 84

La trasformazione di coordinate indicata dall’Eq. 3. 84


definisce il carattere di tensore doppio dell’ente
descritto dalle nove componenti Vij. In altri termini, se
un ente è formato da nove componenti che si
comportano al variare del sistema di riferimento come
indicato dall’Eq. 3. 84, tale ente è definito un tensore
doppio. Questa stessa regola di cambiamento di
riferimento si applica pertanto anche ai tensori di
deformazione definiti nel par. 3.3.1.

25
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Se si eliminano i termini con infinitesimi di ordine


x3 superiore e si semplifica, si giunge al seguente notevole
risultato:
W 23 W 32
wV 33
V 33  dx 3 W 31 W 13
wx 3
W 12 W 21
wW 32 Eq. 3. 86
W 32  dx3
W 31  wx3 Si osservi che l’eliminazione degli infinitesimi di
wW 31 ordine superiore porterebbe anche ad eliminare
W 23 
dx3 eventuali forze di volume o di inerzia che non sono
wx3 wW 23
dx2 state considerate in Figura 3.29, rendendo il risultato
wx2 ottenuto in Eq. 3. 86 del tutto generale. Per le Eq. 3. 86
dunque il tensore dello sforzo è simmetrico, poiché, in
wW 13 generale è possibile scrivere:
W 13  dx1 W 21  V 22 
wx1
wW 21 wV 22 V ij V ji
wW12 dx2 dx2
W12  dx1 wx2 wx2
wx1 Eq. 3. 87
x2
wV 11 In modo del tutto analogo alle componenti del tensore
V 11  dx1
wx1 delle deformazioni infinitesime, introdotto nel par.
3.3.1, le componenti del tensore degli sforzi possono
essere organizzate secondo una notazione matriciale,
che rappresenta il tensore come una matrice simmetrica
del secondo ordine, rappresentata in Eq. 3. 88.
x1
ªV 11 W 12 W 13 º
Figura 3.29 - Componenti del tensore degli ı ««W 21 V 22 W 23 »»
sforzi in coordinate cartesiani «¬W 31 W 32 V 33 »¼
L’equilibrio alla rotazione del cubo infinitesimo Eq. 3. 88
attorno ad un asse passante per il centro della faccia
con normale i1 deve tenere conto dei momenti originati Tuttavia, le componenti indipendenti del tensore di
dalle componenti W23 e W32 sulle facce aventi sforzo sono solo 6, in virtù delle relazioni di simmetria
rispettivamente normali i2 ed i3. Tali momenti si introdotte dall’Eq. 3. 86. Questo permette di arrangiare
calcolano considerando la forza risultante dal prodotto le componenti del tensore di sforzo in notazione
dello sforzo per l’area delle facce ed il braccio di tale vettoriale, come riportato in Eq. 3. 89.
forza rispetto all’asse considerato. Ragionando in modo
analogo per le rotazioni attorno agli altri assi si ı ^V ` ^V 11 V 22 V 33 W 12 W 13 W 23 `T
perviene alle seguenti equazioni: Eq. 3. 89

wW 23 dx dx Analogamente al caso del tensore delle deformazioni


dx 2 dx1 dx3 2  W 23 dx1 dx3 2 
wx 2 2 2 infinitesime, è necessario rilevare come le Eq. 3. 88e
Eq. 3. 89 rappresentino una possibile notazione per le
wW 32 dx dx
 dx3 dx1 dx 2 3  W 32 dx1 dx 2 3 0 componenti del tensore di sforzo che permette di
wx3 2 2 sfruttare le operazioni definite nell’algebra matriciale.
wW 31 dx dx Tuttavia, le notazioni matriciali e vettoriali introdotte
dx3 dx 2 dx1 3  W 31 dx 2 dx1 3  sono solo un’utile rappresentazione delle componenti
wx3 2 2
dello stato di sforzo, la cui natura è tensoriale, come
wW 13 dx dx
 dx1 dx 2 dx3 1  W 13 dx 2 dx3 1 0 sancito dalle relazioni riportate in Eq. 3. 83 e in Eq. 3.
wx1 2 2 84.
wW 12 dx dx
dx1 dx3 dx 2 1  W 12 dx3 dx 2 1  Direzioni principali e invarianti dei tensori di sforzo e
wx1 2 2
deformazione
wW 21 dx dx
 dx 2 dx3 dx1 2  W 21 dx3 dx1 2 0
wx 2 2 2 Lo stato di sforzo in un punto è caratterizzato dal
Eq. 3. 85 tensore degli sforzi V che è determinato se sono noti gli
sforzi superficiali unitari agenti su tre piani coordinati.
Come si è visto nel par. 3.3.4, le componenti del
tensore di sforzo possono essere suddivise in sforzi

26
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

normali, con direzione perpendicolari alle superfici I1 tr ı V 11  V 22  V 33


sulle quali agiscono ed in sforzi di taglio, con direzione 2 2 2
parallela alle superfici stesse. E’ possibile indagare la I2 V 11V 22  V 11V 33  V 33V 22  W 12  W 23  W 31
possibilità di individuare delle direzioni di riferimento § ªV 11 W 12 W 13 º ·
¨ ¸
I 3 det ¨ ««W 21 V 22 W 23 »» ¸
in cui gli sforzi di taglio sui piani coordinati siano nulli
e lo sforzo superficiale unitario, t(n) comprenda ¨«
componenti normali. Una direzione con tale proprietà è © ¬W 31 W 32 V 33 »¼ ¸¹
definita direzione principale del tensore di sforzo (un Eq. 3. 94
ragionamento analogo porta a definire delle direzioni
principali per il tensore di deformazione). Per la simmetria del tensore degli sforzi, l’Eq. 3. 93
Detto n il versore della direzione principale e VO il ammette 3 soluzioni reali, gli autovalori di V, che
modulo dello sforzo agente nel piano con normale n, la vengono definiti sforzi principali e indicati con i
definizione di direzione principale comporta l’Eq. 3. simboli VI, VII e VIII. Sostituendo tali valori a VO
90, che deriva direttamente dalla relazione di Cauchy nell’Eq. 3. 91, il sistema di equazioni omogeneo
(Eq. 3. 83). ammette come soluzione degli autovettori {n1 n2 n3}T
che individuano, a meno di una costante moltiplicativa,
t n On Ÿ ı 1 n1  ı 2 n 2  ı 3 n3 V On i versori delle tre direzioni principali. Si può dimostrare
Eq. 3. 90 che tali direzioni sono mutuamente ortogonali e
definiscono una terna di assi cartesiani nello spazio
Considerando la simmetria del tensore di sforzo e definiti assi principali.
applicando la notazione matriciale per il tensore di Per loro natura, gli sforzi principali hanno un valore
sforzo, l’Eq. 3. 91, che comprende la relazione di indipendente dal sistema di riferimento da cui si è
Cauchy, può essere riscritta nel modo seguente: partiti per impostare il problema agli autovalori. Ciò
significa che anche i coefficienti dell’equazione
ªV 11 W 12 W 13 º ­ n1 ½ ­ n1 ½ caratteristica (Eq. 3. 93) non dipendono
«W » ° ° ° ° dall’orientamento del sistema di riferimento nel quale
« 12 V 22 W 23 » ®n 2 ¾ V O ®n 2 ¾ sono espresse le componenti del tensore di sforzo. Le
«¬W 13 W 23 V 33 »¼ °¯n3 °¿ °n °
¯ 3¿ quantità I1, I2 e I3 sono pertanto dette, rispettivamente
§ ªV 11 W 12 W 13 º primo, secondo e terzo invariante dello stato di sforzo.
ª1 0 0º ·­ n1 ½
¨« » ¸° ° In modo analogo è possibile definire direzioni
=> ¨ «W 12 V 22 W 23 »  V O ««0 1 0»» ¸®n 2 ¾ 0 principali e invarianti per il tensore di deformazione.
¨« «¬0 0 1»¼ ¸¹°¯n3 °¿
© ¬W 13 W 23 V 33 »¼ Assumendo come sistema di riferimento gli assi
principali dello sforzo, l’espressione del tensore di
Eq. 3. 91
sforzo in notazione matriciale diventa:
L’Eq. 3. 91 rappresenta un sistema di equazioni
omogeneo che ammette soluzioni non banali solo se la ªV I 0 0 º
matrice dei coefficienti ha determinante nullo. Il «
ı « 0 V II 0 »»
problema è pertanto riconducibile alla determinazione «¬ 0 0 V III »¼
degli autovalori e degli autovettori della matrice che
rappresenta lo stato di sforzo. Si perviene così all’Eq. Eq. 3. 95
3. 92, che rappresenta l’equazione caratteristica per il
calcolo delle direzioni principali. In base all’Eq. 3. 95, utilizzando i valori degli sforzi
principali, le espressioni degli invarianti dello stato di
sforzo possono essere semplificate nelle forme
§ ªV 11  V O W 12 W 13 º · riportate in Eq. 3. 96.
¨ ¸
det¨ «« W 12 V 22  V O W 23 »» ¸ 0
¨«
V 33  V O »¼ ¸¹ I1 tr ı V I  V II  V III
© ¬ W 13 W 23
Eq. 3. 92 I2 V I V II  V I V III  V III V II
I 3 V I V II V III
L’Eq. 3. 92 rappresenta una equazione di terzo grado e Eq. 3. 96
può essere ridotta alla forma seguente:
In effetti, utilizzando la terna di riferimento delle
V O3  I 1V O2  I 2V O  I 3 0 direzioni principali, la descrizione dello stato di sforzo
Eq. 3. 93 si semplifica notevolmente sotto diversi aspetti. Detti i
iI, iII , iIII i versori delle direzioni principali, i vettori
dove: che rappresentano lo sforzo superficiale unitario sui
piani perpendicolari ai tre assi divengono:

27
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

ıI V I iI principali. Ad esempio è possibile far ruotare la


normale n nel piano iII-iIII e indagare lo stato di sforzo
ı II V II i II su piani paralleli al versore iI, come schematizzato in
ı III V III i III Figura 3.31.
Eq. 3. 97 n
Pertanto, detti nI, nII e nIII i coseni direttori di un
Vn
generico piano rispetto alle direzioni principali, lo
sforzo t(n) su tale piano avrà l’espressione fornita in iIII tn
Eq. 3. 98, ottenuta applicando la relazione di Cauchy
(Eq. 3. 83), mentre il quadrato del modulo dello sforzo
Wn
t(n) ha l’espressione riportato in Eq. 3. 99. E

t n V I i I n I  V II i II n II  V III i III n III iII


Eq. 3. 98 Figura 3.31 - Variazione dello stato di sforzo
su piani paralleli al versore iI
2
tn V I2 n I2  V II2 n II2  V III
2 2
n III
Eq. 3. 99 Poiché per i piani in esame nI=0, n2II = cos2E e n2III = 1-
cos2E=sin2E, l’Eq. 3. 100 si riduce a:
La Figura 3.30 mostra lo sforzo superficiale unitario su
un generico piano, descritto utilizzando le direzioni Vn
V II cos 2 E  V III 1  cos 2 E
principali come assi di riferimento. Sul generico piano,
che non è perpendicolare ad una direzione principale,
V II  V III cos E  V III 2

lo sforzo avrà una componente normale Vn ed una Eq. 3. 102


componente di taglioWn.
L’Eq. 3. 102 mostra come lo sforzo Vn vari fra un
n valore estremo, VII, per cosE=1, un altro valore
estremoVIII, ottenuto per cosE=0. Tali estremi
Vn=tn˜n tn rappresentano i massimi o i minimi dello sforzo
normale sui piani paralleli ad iI, in dipendenza del
iIII segni della differenza VII -VIII. Se i valori degli sforzi
principali sono ordinati con VI >VII >VIII, allora VII
Wn rappresenta il massimo dello sforzo normale sui piani
paralleli a ad iI e VIII è il minimo. Si può dimostrare che
il massimo e il minimo degli sforzi principali
iII
iI rappresentano effettivamente il massimo e il minimo
valore degli sforzi normali agenti su un piano qualsiasi.
Analoghi ragionamenti possono essere sviluppati per i
Figura 3.30 - Stato di sforzo espresso nelle piani paralleli agli altri versori, portanto alle seguenti
direzioni principali equazioni:

Il valore della componente Vn è immediatamente Vn V I  V II cos 2 D  V II su piani // a i 3


calcolabile mediante il prodotto scalare fra il vettore di
sforzo e la normale. Risulta: Vn V I  V III cos 2 J  V III su piani // a i 2
Vn V II  V III cos 2 E  V I su piani // a i 1
V n t n ˜n V I n I2  V II n II2 2
 V III n III Eq. 3. 103
Eq. 3. 100
Sempre considerando i piani paralleli ad uno dei
Dall’Eq. 3. 99 e dall’Eq. 3. 100 è possibile ottenere versori, ad esempio iI è possibile indagare l’andamento
l’espressione per il quadrato del modulo della degli sforzi di taglio applicando l’ Eq. 3. 101 che
componente di taglio, Wn. diviene, con alcuni passaggi:

2 W n2 V II2 cos 2 E  V III


2
sin 2 E 
W n2 t n  V n2 V I2 nI2  V II2 nII2  V III
2 2
nIII 

 V I nI2  V II nII2 2 2
 V III nIII
 V II cos 2 E  V III sin 2 E 2

Eq. 3. 101
cos 2 E 1  cos 2 E V II2  V III
2
 2V II V III
Lo stato di sforzo può essere esaminato considerandone
V II  V III
2 1 2
4
sin 2E
l’andamento su piani paralleli ad una delle direzioni Eq. 3. 104

28
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

1
p V 11  V 22  V 33
Applicando analoghi passaggi per rotazioni attorno agli 3
altri versori, il modulo dello sforzo di taglio risulta Eq. 3. 107
pertanto:
Lo stato di sforzo che, sovrapposto a pI, ricostruisce lo
V I  V II stato di sforzo originale è chiamato sforzo devia torico
Wn sin 2D su piani // a i 3 ed ha espressione:
2
V II  V III
Wn sin 2 E su piani // a i 2 ªV 11  p W 12 W 13 º
2 « W »
V III  V I s « 12 V 22  p W 23 »
Wn sin 2J su piani // a i 1 «¬ W 13
2 W 23 V 33  p »¼
Eq. 3. 105 Eq. 3. 108

Tali equazioni mostrano che, ruotando la normale del Si può dimostrare che le direzioni principali dello stato
piano su cui agisce lo sforzo superficiale attorno ai di sforzo deviatorico sono le stesse dello stato di sforzo
versori delle direzioni principali, la componente di complessivo. Infatti, se il vettore n è una direzione
taglio passa da valori nulli, in corrispondenza delle principale per lo stato di sforzo, le sue componenti
direzioni principali (per angoli pari a 0°, 90°, 180°, soddisfano l’Eq. 3. 91 e dai membri sinistro e destro di
270°) a valori massimi nelle direzioni dove sin2D, tale equazione è possibile sottrarre un termine pI,
sin2E o sin2J è uguale a 1 cioè per 45°, 135°, 225° e ottenendo:
315°. Complessivamente, il valore massimo dello
sforzo di taglio agente nel materiale ha l’espressione ªV 11  p W 12 W 13 º ­ n1 ½ ­ n1 ½
data in Eq. 3. 106. « W » ° ° ° °
« 12 V 22  p W 23 » ®n2 ¾ V O  p ®n2 ¾
«¬ W 13 W 23 V 33  p »¼ °¯n3 °¿ °n °
¯ 3¿
§ V  V III V I  V II V II  V III ·
Wn max¨ I , , ¸
¨ ¸ ª s11 s12 s13 º ­ n1 ½ ­ n1 ½
max 2 2 2 ° ° ° °
© ¹ Ÿ «« s12 s22 s23 »» ®n2 ¾ V O  p ®n2 ¾
Eq. 3. 106
«¬ s13 s 23 s33 »¼ °¯n3 °¿ °n °
¯ 3¿
Se gli sforzi normali sono ordinati come VI >VII >VIII, Eq. 3. 109
allora lo sforzo massimo di taglio risulta (VI -VIII)/2.
I vettori n che soddisfano Eq. 3. 91 soddisfano anche
l’Eq. 3. 109 e sono pertanto le direzioni principali
3.3.5 Componenti idrostatiche e deviatoriche dello anche del tensore di sforzo devia torico i cui sforzi
stato di sforzo principali risultano sI = VI –– p, sII = VII –– p, sIII = VIII –– p.

Gi invarianti del tensore di sforzo devia torico hanno le


Un caso particolare di stato di sforzo è quello relativo seguenti espressioni:
all’applicazione di uno stato di sforzo idrostatico p che
dà luogo a uno sforzo normale costante al variare della
J1 tr s 0
giacitura del piano (analogamente a quanto accade per
la pressione in un fluido).
Tale stato di sforzo è caratterizzato da un tensore di
J2
1
6
> @
V 11  V 22 2  V 22  V 33 2  V 33  V 11 2 
sforzo avente VI =VII =VIII e pari a p. Sulla base delle 2
 W 12 2
 W 23 2
 W 13
Eq. 3. 103 e Eq. 3. 106 è immediato constatare che lo
sforzo normale rimane costante sui piani indagati e che
le componenti di taglio risultano sempre nulle. La
1
6
>
V I  V II 2  V II  V III 2  V III  V I 2 @
matrice che rappresenta tale stato di sforzo ha la forma
pI, dove I è la matrice identità. Per tale stato di sforzo, 2

1 2
s I  s II2  s III
2

il tensore di deformazione è invariante alla rotazione
degli assi e la matrice che lo rappresenta resta sempre
J 3 det s ij S I S II S III
identica a pI. Eq. 3. 110

Per la teoria della plasticità assume particolare


interesse la possibilità di decomporre un qualsiasi stato 3.3.6 Il lavoro di deformazione in stati di sforzo
di sforzo V in due stati di sforzo, uno dei quali pluri-assiali
rappresenta le sole componenti idrostatiche,
caratterizzate da una pressione p data da: Considerando il cubo di volume infinitesimo
rappresentato in Figura 3.32 ed applicando incrementi
di deformazione infinitesima caratterizzati da singole

29
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

componenti non nulle del tensore di deformazione, è Eq. 3. 113


possibile estendere la definizione di lavoro di
deformazione, presentata al par. 3.2.3 al caso più Per ottenere il lavoro complessivo di deformazione sarà
generale. infine necessario integrare nel volume del continuo.
In particolare, si giunge all’importante risultato che le
componenti del tensore di sforzo lavorano solo per le 3.4 Modellazione del comportamento
corrispondenti componenti del tensore di elasto-plastico
deformazione.
La risposta costitutiva di un materiale elasto-plastico a
livello macroscopico è stata descritta nel par. 3.2. La
descrizione si è tuttavia limita al caso
monodimensionale, prendendo in considerazione i
V33 comportamenti ottenuti in una prova di trazione
uniassiale. Il par. 3.3 ha fornito le nozioni della
W32 meccanica dei continui deformabile per trattare la
W31 W23 dH22 modellazione del comportamento elasto-plastico in
W13 stati di sforzo e deformazione pluriassiali. Questo
V22 paragrafo formalizza la legge costitutiva elasto-plastica
W12 W21 in stati di sforzo pluriassiali nell’ipotesi di
V11 deformazioni infinitesime. Si tratterrà dapprima il
legame elastico. Successivamente saranno indagati i
criteri per individuare il confine del campo elastico in
stati di sforzo pluriassiali e le modalità di
X3 rappresentazione dei fenomeni di incrudimento.
L’ultima parte del paragrafo è dedicata alla
X3 dH23 modellazione del legame costitutivo in presenza di
X1 sviluppo di deformazioni plastiche.

Figura 3.32 - Sforzi e deformazioni in un cubo 3.4.1 Il comportamento del materiale in campo
di volume infinitesimo elastico

L’espressione generale del lavoro di deformazione per Energia di deformazione


unità di volume è pertanto:
Si è visto, nel Cap. 2, che la deformazione elastica
comporta la variazione delle distanze fra gli atomi dei
dwd V 11dH 11  V 22 dH 22  V 33 dH 33  W 12 dH 12 
materiali policristallini e per sua natura è reversibile. Il
 W 21dH 21  W 13 dH 13  W 31dH 31  W 23 dH 32  lavoro speso da un sistema di forze esterne e interne
 W 23 dH 23 per deformare elasticamente un solido comporta una
Eq. 3. 111 variazione dell’energia potenziale associata alle forze
di legame fra gli atomi e tale energia viene
completamente restituita una volta che cessa l’agente
La simmetria del tensore degli sforzi, l’introduzione
che causa la deformazione. L’energia immagazzinata
degli scorrimenti J definiti in Eq. 3. 55 e applicazione non dipende dal percorso seguito dal processo
della notazione vettoriale permettono un’espressione deformativo, ma solo dal valore finale dello stato di
compatta del lavoro di deformazione, riportata in Eq. 3. deformazione.
112. Fintanto che il materiale rimane in campo elastico, il
lavoro di deformazione, definito nel par. 3.3.6,
dwd V 11dH 11  V 22 dH 22  V 33 dH 33  W 12 dJ 12  compiuto a partire dalla configurazione indeformata
 W 13 dJ 13  W 23 dO32 ^V `T ^dH ` ¦V ij H ij
fino allo stato di deformazione ^H`,
l’espressione di un potenziale, detto energia di
fornisce
Eq. 3. 112 deformazione. L’energia di deformazione è uno
scalare, funzione dello stato di deformazione, la cui
L’integrazione dell’Eq. 3. 112 da uno stato di iniziale espressione è data in Eq. 3. 114.
indeformato fino a uno stato finale di deformazione
caratterizzato da un vettore ^H` fornisce il lavoro di ^H ` İ
deformazione per unità di volume necessario per far Z İ ³ ^V ` ^dH `
T
³ dZ İ
svolgere il processo de formativo: 0 0
Eq. 3. 114
^H `
³ ^V ` ^dH `
T
wd
Il differenziale dZ è un differenziale esatto, che è
0
esprimibile come in Eq. 3. 115 in funzione delle

30
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

derivate parziali dello scalare Z rispetto alle w § wZ · w § wZ ·


componenti di deformazione: ¨ ¸ ¨ ¸
¨ ¸
wH m © wH n ¹ wH n ¨ wH ¸
© m ¹
T wV n wV m
wZ ­ wZ ½ Ÿ
dZ İ ^V `T ^dH ` dİ ® ¾ ^dH ` wH m wH in
wİ ¯ wH ¿
Eq. 3. 119
Eq. 3. 115
Dove con m e n si sono indicate le posizioni delle
dove il vettore ^wZ/wH` ha per componenti le derivate componenti Vij e Hij nei vettori ^V` e ^H` nella
dello scalare Z rispetto alle componenti di ^H`. Dalla notazione matriciale adottata.
Eq. 3. 115 discende la forma generale della legge Quindi, considerando la notazione matriciale adottata
costitutiva elastica, cioè del legame fra sforzi e in Eq. 3. 117, wVm/wHn è una componente della matrice
deformazioni in campo elastico. Infatti, confrontando D, che può essere indicata come Dmn. L’applicazione
le diverse espressioni dell’energia di deformazione dell’Eq. 3. 119 al legame elastico e lineare
presentate in Eq. 3. 115, è immediato riconoscere che formalizzato in Eq. 3. 117 dimostra quindi che Dmn =
gli sforzi si ottengono derivando l’energia potenziale Dnm e comporta, quindi, la simmetria della matrice D,
rispetto alle corrispondenti componenti di che ha un numero massimo di elementi indipendenti
deformazione. Il risultato è formalizzato in Eq. 3. 116. pari a 21.

­ wZ ½
^V ` ® ¾ Legame elastico per materiali isotropi
¯ wH ¿
Eq. 3. 116 Il legame elastico espresso dall’Eq. 3. 117 dipende in
generale dal sistema di riferimento in cui sono espresse
L’Eq. 3. 116 indica che, nota l’espressione dell’energia le componenti dei tensori di sforzo e deformazione.
di deformazione in funzione delle deformazioni, la Tuttavia, l’isotropia comporta che il legame non cambi
legge costitutiva elastica è completamente determinata. al variare del sistema di riferimento stesso. L’Eq. 3.
Per i materiali metallici, come si è visto nel par. 3.2.2, 116, inoltre, stabilisce che, una volta nota l’espressione
il campo elastico prevede anche la linearità del legame dell’energia di deformazione in funzione delle
sforzi-deformazioni (con possibili deviazioni componenti di deformazione, il legame elastico è
trascurabili oltre il limite di proporzionalità). La completamente determinato. Queste considerazioni
linearità, che non è un attributo necessario del comportano necessariamente che l’energia di
comportamento elastico, specifica ulteriormente la deformazione deve poter essere espressa in funzione
forma del legame sforzi-deformazioni. La forma più degli invarianti del tensore di deformazione, che hanno
generale per un legame lineare fra le componenti di espressione:
sforzo e deformazione è riportata in Eq. 3. 117, che
sfrutta la notazione vettoriale per il tensore di sforzo e I1 tr İ H 11  H 22  H 33
deformazione.
I2 H 11H 22  H 11H 33  H 33V 22 
4

1 2 2
J 12  J 13 2
 J 23
^V ` >D@^H `
§ ªH 11 H 12 H 13 º ·
Eq. 3. 117 ¨ ¸
I3 det ¨ ««H 21 H 22 H 23 »» ¸
¨«
Applicando l’Eq. 3. 117, l’energia di deformazione per
© ¬H 31 H 32 H 33 »¼ ¸¹
unità di volume ha la seguente espressione:
Eq. 3. 120
^H ij ` ^H ij `
Poiché si è anche dimostrato, nel caso lineare, che
Z ^H ` ³ ^V ` ^dH ` ³ ^H `
T T
>D@^dH ` l’energia di deformazione è una forma quadratica delle
0 0
componenti Hij , il terzo invariante non può comparire e
1 T
^H ` >D @^H ` dovrà essere Z=Z(I1, I2). Inoltre, affinché l’espressione
2 sia una forma quadratica, il primo invariante dovrà
Eq. 3. 118 necessariamente comparire al quadrato. L’espressione
dell’energia di deformazione è dunque:

L’energia di deformazione risulta pertanto una forma Z aI 12  bI 22


quadratica delle componenti del tensore di
deformazione. Eq. 3. 121
La matrice D è una matrice di ordine 6 x 6, di
componenti. Poiché lo scalare dZ è un differenziale Attraverso considerazioni puramente teoriche, dunque
esatto, si ha: è dunque possibile dimostrare che il legame elastico-
lineare, per un materiale isotropo, deve dipendere da
sole due costanti indipendenti. L’Eq. 3. 121 è riscritta

31
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

nella forma presentata in Eq. 3. 122, dove O e G sono dalle componenti di deformazione deviatorica e che, in
note come costanti di Lamè: particolare:

Z O  2G I 12  2GI 22 ^s` 2G^e`


Eq. 3. 122 Eq. 3. 126

L’applicazione dell’Eq. 3. 116 alla forma di Z data in Le costanti di Lamè non hanno un chiaro significato
Eq. 3. 122, conduce a definire il legame elastico nel fisico e, nella pratica ingegneristica, si preferisce
seguente modo: esprimere il modulo elastico in funzione di grandezze
definibili e misurabili in modo più diretto. In
V 11 O  2G H 11  OH 22  OH 33 particolare, è possibile dimostrare che il modulo di
Young, E, del materiale, definito nel par. 3.2.1, ha la
V 22 OH 11  O  2G H 22  OH 33
seguente espressione in funzione delle costanti di
V 33 OH 11  OH 22  O  2G H 33 Lamè:
W 12 GJ 12
W 13 GJ 13 3O  2G
E G
W 23 GJ 23 O G
Eq. 3. 127
Eq. 3. 123
Il modulo di Young, a differenza delle costanti di
Se il sistema di riferimento utilizzato per esprimere le Lamè, ha un chiaro significato fisico ed è
componenti di sforzo e deformazione è quello delle immediatamente determinabile dalla curva sforzi-
direzioni principali del tensore di deformazione allora deformazioni. Un’altra costante elastica che ha
gli scorrimenti a taglio sono nulli, Jij =0. In base alle significato fisico ed è di facile identificazione
Eq. 3. 123, anche gli sforzi di taglio sono nulli in tale sperimentale è il coefficiente di contrazione trasversale
sistema di riferimento:Wij=0. La terna è quindi (o di Poisson), v, definito nel 3.2.1, come l’opposto del
principale anche per il tensore degli sforzi e le direzioni rapporto fra la deformazione trasversale e quella
principali del tensore di deformazione e di sforzo longitudinale nella prova di trazione. In funzione delle
coincidono. costanti di Lamè, risulta:
L’espressione del legame elastico in funzione delle
costanti di Lamè è utile per evidenziare che, in un O
materiale lineare elastico isotropo, si ha il v
disaccoppiamento fra i legami di sforzo-deformazione 2 O  2G
idrostatici e deviatorici. Infatti, sommando le Eq. 3. 128
espressioni delle componenti ad indici uguali nell’Eq.
3. 123 si ottiene: Si osservi che anche la costante di Lamè G ha
significato fisico poiché rappresenta il modulo di
V 11  V 22  V 33 3O  2G H 11  H 22  H 33 elasticità a taglio (o tangenziale) del materiale, come
indicato dalle Eq. 3. 123. Il legame elastico è quindi
Ÿ p K4 tipicamente espresso in funzione di queste tre costanti
Eq. 3. 124 E, v e G, che vengono talvolta definite costanti
ingegneristiche. La matrice di rigidezza D, ottenuta
Dove K=3O+2G è definito Bulk modulus del materiale. considerando le Eq. 3. 123, Eq. 3. 127 e Eq. 3. 128
Considerando l’Eq. 3. 124 è possibile ottenere dalle assume la forma
Eq. 3. 123, con alcuni passaggi, le seguenti espressioni:
ª E 1  v Ev Ev º
0 0 0»
V 11  p 2G H 11  4 « 1  v 1  2v
«
1  v 1  2v 1  v 1  2v »
E 1  v
V 22  p 2G H 22  4 « Ev Ev
0 0 0»
« 1  v 1  2v 1  v 1  2v 1  v 1  2v »
V 33  p 2G H 33  4 D
« Ev Ev E 1  v »
« 0 0 0»
W 12 GJ 12 2GH 12 « 1  v 1  2v 1  v 1  2v 1  v 1  2v »
« 0 0 0 G 0 0»
W 13 GJ 13 2GH 13 « »
« 0 0 0 0 G 0»
W 23 GJ 23 2GH 23 «¬ 0 0 0 0 0 G »¼
Eq. 3. 125
Eq. 3. 129
Dalla definizione delle componenti del tensore di
Nella matrice D, tuttavia due sole sono le costanti
deformazione deviatorica, e, e del tensore di sforzo
elastiche indipendenti, poiché dalle Eq. 3. 127 e Eq. 3.
deviatorico, s, introdotte nei par. 3.3.2 e 3.3.5, l’Eq. 3.
128 discende direttamente il legame:
125 implica che lo sforzo deviatorico dipende solo

32
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

E strutturale per le costruzioni aerospaziali. Infatti, la


G
2 1  2v plasticità dei metalli è sfruttata per produrre manufatti
in una serie di processi tecnologici di grande interesse
Eq. 3. 130
per l’industria aerospaziale, ed è fondamentale
individuare i livelli di sforzo necessari per produrre le
La matrice D definisce completamente il legame diretto
deformazioni plastiche. D’altra parte, in ambito
sforzo-deformazione, ma il comportamento elastico del
strutturale, le strutture devono, con pochissime
materiale è illustrato in modo più chiaro dal legame
eccezioni, rimanere in campo elastico in normali
inverso che indica, applicando uno stato di sforzo, la
condizioni di utilizzo. La struttura di un veicolo
deformazione ottenuta. Tale legame è caratterizzato
aerospaziale è quindi dimensionata e progettata in
dalla matrice di flessibilità, C, tale che:
modo che il materiale rimanga entro i confini del
campo elastico, che devono pertanto essere ben
^H ` >C @^V ` definiti.
Ÿ >C @ >D @1 Come si è visto nel par. 3.1, il confine tra il campo
Eq. 3. 131 elastico e quello plastico è caratterizzato dal fenomeno
dello snervamento. Si è anche osservato che non tutti i
Nel legame elastico isotropico la matrice di flessibilità materiali presentano un punto di snervamento
ha una forma particolarmente semplice, riportata in Eq. chiaramente identificabile dal comportamento
3. 132. macroscopico rilevato nella prova di trazione
uniassiale. Infatti, nella maggior parte dei metalli di
interesse aerospaziale, quali leghe di alluminio, titanio
ª 1 v v º e acciai ad alta resistenza, l’attivazione dei fenomeni di
« E E 
E
0 0 0»
« v » generazione e moto delle dislocazioni può avvenire in
1 v
«  0 0 0» modo graduale e il confine fra il comportamento
« E E E » elastico e quello plastico può essere sfumato. La
« v v v » necessità di determinare un preciso confine, per ragioni
« E  E 
E
0 0 0»
soprattutto applicative, ha tuttavia portato alla
C « »
1 definizione di un limite di snervamento convenzionale
« 0 0 0 0 0»
« G » (tipicamente individuato come il punto corrispondente
« 0 1
« 0 0 0 0 »» allo sviluppo di deformazioni plastiche di 0.2%).
G Il limite individuato nella prova di trazione uniassiale è
« 1»
« 0 0 0 0 0 » comunque riferito ad un particolare stato di sforzo.
¬ G¼ Come si è visto nel Par. 3.3.4, tale stato di sforzo è
Eq. 3. 132 caratterizzato da un solo sforzo principale non nullo,
con valore pari allo sforzo agente nella sezione
In base alle Eq. 3. 131 e Eq. 3. 132 si può osservare trasversale del provino. In generale, tuttavia, il
che l’applicazione di uno sforzo normale provoca un materiale può raggiungere il limite di snervamento in
allungamento nella direzione dello sforzo e delle una generica condizione, caratterizzata da una
contrazioni nelle direzioni trasversali. combinazione qualsiasi delle componenti del tensore
Si osservi anche che l’espressione del legame diretto degli sforzi. Infatti, assumendo un punto di vista
V=EH introdotta nel 3.2.2 non è in generale valida, ma microstrutturale, le condizioni per l’attivazione del
è specifica per il caso della trazione uniassiale. Infatti, moto delle dislocazioni che provocano lo sviluppo
se si considera la forma della matrice di cedevolezza, della deformazione plastica, possono verificarsi per
l’applicazione di uno stato di sforzo V11 comporta uno stati di sforzo diversi che non possono essere ricondotti
stato di deformazione caratterizzato da H22 = H33 = -vH11. al semplice stato di sforzo uniassiale.
Sotto tali condizioni, il legame diretto, caratterizzato Poiché gli stati di sforzo che portano allo snervamento
dalla matrice D definita in Eq. 3. 129 diviene: del materiale sono rappresentabili nello spazio a 6
dimensioni dalle componenti cartesiane del tensore di
sforzo, un approccio puramente fenomenologico
E 1  v Ev
V 11 H   vH 11  comporta la definizione di una superficie nello spazio
1  v 1  2v 11 1  v 1  2v degli sforzi con espressione analitica f(V) tale che:
 vH 11 E 1  v  2 Ev H 11 EH 11
2
Ev
 f ı  0 Ÿ
1  v 1  2v 1  v 1  2v materiale in campo elastico
Eq. 3. 133 f ı 0 Ÿ materiale in condizioni di snervamento
Eq. 3. 134

3.4.2 Criteri di snervamento In generale, qualunque espressione come f(V) che


cerchi di predire lo stato di sforzo al quale avviene lo
Snervamento in stati di sforzo pluriassiali snervamento si definisce criterio di snervamento e la
Il confine fra comportamento elastico e plastico è di superficie descritta nello spazio degli sforzi
particolare interesse sia in ambito tecnologico che

33
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

dall’equazione f(V) = 0 è definita superficie di immersi in una camera a pressione applicando


snervamento. fino a 25000 atmosfere)
Per altri tipi di materiale, che sono caratterizzati da x Il limite di snervamento in un materiale
rotture fragili senza sviluppo di deformazioni plastiche, vergine è in generale uguale in trazione e
espressioni simili alla f(V) possono essere definite compressione
criteri di rottura. x I materiali metallici elasticamente isotropi
Per la plasticità dei metalli, la conoscenza dei hanno, in generale, un comportamento che
meccanismi fisici alla base del comportamento plastico può essere approssimato come isotropo anche
e i risultati di numerose campagne di prove in campo plastico.
sperimentali hanno storicamente permesso di
sviluppare criteri di snervamento derivanti da I primi due punti, che si riferiscono a evidenze
considerazioni di carattere fisico. Tali criteri sono sperimentali, sono in effetti intrinsecamente collegati
basati sulla definizione di una grandezza indice del poiché si è visto che, nel legame elastico, i legami
pericolo di snervamento, funzione delle componenti sforzo-deformazione volumetrici e deviatorici sono
del tensore degli sforzi o degli sforzi principali. Questa disaccoppiabili (Eq. 3. 124 e Eq. 3. 126) . Non può
grandezza può rappresentare un particolare aspetto sorprendere, dunque, che l’attivazione di un fenomeno
dello stato di sforzo-deformazione (ad esempio il caratterizzato dallo sviluppo di deformazioni solo
massimo sforzo principale, o il massimo sforzo di deviatoriche (a volume costante) sia influenzata solo
taglio o la massima deformazione principale, espressa dalle componenti deviatoriche dello sforzo.
in funzione degli sforzi attraverso il legame elastico) L’assunzione relativa ai materiali isotropi semplifica la
oppure avere un significato energetico (ad esempio un definizione della grandezza indice del pericolo, poiché
livello di lavoro di deformazione oltre il quale si essa dovrà necessariamente dipendere dagli invarianti
verifica lo snervamento). del tensore degli sforzi o dagli sforzi principali (che
La grandezza, che avrà generica espressione F(V), può sono anch’essi invarianti). La grandezza indice del
essere confrontata con il valore che essa assume allo pericolo dipenderà solo da tre variabili e il criterio di
snervamento, N, che è da determinarsi per via snervamento sarà rappresentabile nello spazio
sperimentale. Il criterio di snervamento assume la tridimensionale degli sforzi principali.
forma: In conclusione, le evidenze sperimentali e
considerazioni teoriche conducono a considerare criteri
F ı  N Ÿ materiale in campo elastico e grandezze indice del pericolo che:
F ı N Ÿ materiale in condizioni di snervament o x siano esprimibili in funzione degli invarianti o
degli sforzi principali;
Eq. 3. 135
x escludano l’influenza degli stati di sforzo
idrostatico;
Dalle Eq. 3. 134e Eq. 3. 135 deriva la relazione fra
x definiscano un limite di snervamento a
grandezza indice del pericolo e criterio di snervamento:
trazione uguale a quello a compressione.
f ı F ı  N
Eq. 3. 136 Criteri di Guest-Tresca e Hubert-Hencky-Von Mises
I criteri di Guest-Tresca e di Hubert-Hencky-Von
Un vantaggio importante dell’individuazione di una Mises sono i più diffusi per la formalizzazione della
grandezza indice del pericolo che abbia significato superficie di snervamento nei materiali metallici.
fisico è la possibilità di calibrare il criterio, cioè di Entrambi soddisfano i requisiti definiti alla fine della
individuare N, con poche o al limite una sola prova sezione precedente e ottengono buone correlazioni con
sperimentale, eliminando la necessità di esplorare il i dati sperimentali.
confine fra campo elastico e plastico nell’intero spazio
degli sforzi. Il criterio di Guest-Tresca (o criterio di Tresca,
I punti cardine sui quali si è basata l’elaborazione di formulato nel 1864) definisce come grandezza indice
adeguati e affidabili criteri di snervamento per i del pericolo il massimo sforzo di taglio Wmax. Il criterio
materiali elasto-plastici, e in particolare i per i metalli, ha dunque la seguente espressione:
sono i seguenti:
W max  N Ÿ materiale in campo elastico
x Gli esperimenti hanno confermato che le
deformazioni plastiche avvengono a volume W max N Ÿ materiale in condizioni di snervament o
costante; Eq. 3. 137
x L’aggiunta di uno stato di sforzo idrostatico a
una qualsiasi condizione di sforzo non varia il Il criterio di Tresca si adatta perfettamente a
limite di snervamento, anche per valori un’idealizzazione che considera i fenomeni di
elevatissimi della pressione idrostatica generazione e moto delle dislocazioni originati dai soli
applicata (negli esperimenti compiuti da sforzi di taglio. L’espressione del massimo sforzo di
Bridgman, negli anni ’50, si usarono provini taglio è data dall’Eq. 3. 106, che è qui riportata:

34
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Mises (1913), mentre Hencky ne fornì l’interpretazione


§ V  V III V I  V II V II  V III · energetica.
Wn max¨ I , , ¸
max ¨ 2 2 2 ¸ Formalmente, il criterio si esprime assumendo come
© ¹
Eq. 3. 138 grandezza indice del pericolo l’invariante secondo del
tensore di sforzo deviatorico, J2, definito nel par. 3.3.5.
L’Eq. 3. 138 conferma che la grandezza indice del
pericolo dipende unicamente dagli invarianti dello stato J2  N 2 Ÿ materiale in campo elastico
di sforzo. Inoltre, il valore del massimo taglio è J2 N 2 Ÿ materiale in condizioni di snervament o
indipendente dallo stato di sforzo idrostatico applicato Eq. 3. 140
(che aumenta della stessa quantità gli sforzi principali e
non ha effetto sulle differenze a secondo membro della
dove J2 ha le espressioni riportate in Eq. 3. 141, già
Eq. 3. 138). La grandezza indice del pericolo è infine
introdotte nell’Eq. 3. 110, in funzione delle
invariante rispetto al cambiamento di segno degli sforzi
componenti del tensore di sforzo in assi cartesiani ed in
principali. I requisiti elencati alla fine della precedente
assi principali:
sezione sono quindi soddisfatti.
Se si considera uno dei tre piani nello spazio degli
sforzi principali, il criterio di Tresca definisce un J2
1
6
> @
V 11  V 22 2  V 22  V 33 2  V 33  V 11 2 
confine di forma esagonale fra il campo elastico e
2 2 2
quello plastico. Infatti, considerando il piano di  W 12  W 23  W 13
equazione VIII = 0 considerato in Figura 3.33, due rette
inclinate limitano la differenza fra VI e VII, nel secondo
1
6
>
V I  V II 2  V II  V III 2  V III  V I 2 @
e quarto quadrante. Inoltre, nel primo e nel terzo
Eq. 3. 141
quadrante si ha |VI| < 2N e |VII| < 2N per limitare la
differenza fra VI e VIII =0 e fra VII e VIII =0. J2 è un invariante, non dipende dalla pressione
L’individuazione della grandezza indice del pericolo, idrostatica e, essendo una forma quadratica delle
N, può essere eseguita mediante la prova di trazione componenti di sforzo, non dipende dal segno dello
uniassiale, dove lo stato di sforzo allo snervamento è sforzo stesso. Il criterio soddisfa quindi i requisiti
caratterizzato da un unico valore di sforzo principale espressi al termine della sezione precedente e ammette,
non nullo VI =VY e pertanto risulta: inoltre, una significativa interpretazione energetica.
L’interpretazione si basa sulla scomposizione
VI VY dell’energia di deformazione in due contributi che si
N Wn ottengono separando il lavoro compiuto dallo stato di
max 2 2
Eq. 3. 139 sforzo per una deformazione deviatorica e per una
deformazione volumetrica. Il lavoro compiuto dal
tensore di sforzo ^V` per la deformazione deviatorica è
chiamato energia di distorsione, Zd. In assi principali
VII per lo stato di sforzo e deformazione si ha:
VI-VII=2N
1
Zd ^V `T ^e` 1 V I e I  V II e II  V III e II
2 2
Eq. 3. 142

Poiché, in base all’Eq. 3. 126, la deformazione


VI
deviatorica dipende solo dallo sforzo deviatorico, si
può scrivere in, assi principali:

1 1 § V  V II  V III ·
eI sI ¨V I  I ¸
VI-VII=-2N 2G 2G © 3 ¹
1 1 § V I  V II  V III ·
eII s II ¨ V II  ¸
Figura 3.33 - Criterio di Guest-Tresca 2G 2G © 3 ¹
1 1 § V  V II  V III ·
Ancora più diffuso del criterio di Tresca è il criterio di eIII s III ¨ V III  I ¸
2G 2G © 3 ¹
Hubert-Hencky-Von Mises, noto come criterio di Von
Mises. Anch’esso soddisfa i requisiti elencati alla fine Eq. 3. 143
della precedente sezione ed è probabilmente, allo stato
attuale, il criterio più largamente utilizzato per la Introducendo l’Eq. 3. 143 nella Eq. 3. 142 e
plasticità dei materiali metallici isotropi. E’ stato considerando l’espressione di J2 data nell’Eq. 3. 141, è
separatamente formulato da Huber (1904) e da Von possibile dimostrare che:

35
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

T
p ­ 1 1 1 ½
^V I , V II , V III `
> @
T
1 vs  ® , , ¾
Zd V I  V II 2  V II  V III 2  V III  V I 2 3 ¯ 3 3 3¿
6
J2 ^V I  p, V II  p, V III  p`T ^s I , s II , s III `T
Eq. 3. 144 Eq. 3. 146

L’Eq. 3. 144 indica che la grandezza indice del Le componenti di vs sono gli sforzi deviatorici
pericolo utilizzata nel criterio di Hubert-Hencky-Von principali. Tuttavia, anche l’invariante secondo J2 può
Mises è l’energia di distorsione, cioè il lavoro per unità essere espresso in funzione degli sforzi principali nella
di superficie compiuto per la variazione di forma del particolare forma riportata in Eq. 3. 110. Il modulo del
continuo. vettore vS, quindi, è legato al valore dell’invariante J2:

vs=^sI, sII, sIII` J2


1 2
2

s I  s II2  s III
2
1
2
vs
2

vV=^VI, VII, VIII`


Eq. 3. 147

VIII up Il criterio di Hubert-Hencky-Von Mises comporta J2 d


N2 affinché il materiale rimanga in campo elastico.
Graficamente tale condizione si riflette su un limite per
il modulo dei vettori vs, giacenti sui piani deviatorici
con origine nella trisettrice del primo ottante:

VII J2 d N Ÿ v p d 2N

vp Eq. 3. 148
VI
La superficie di snervamento di Von Mises è dunque
Figura 3.34 - Scomposizione dello stato di un cilindro a base circolare con asse parallelo all’asse
sforzo nello spazio degli sforzi principali degli sforzi idrostatici.

La superficie di snervamento definita dal criterio di


Hubert-Hencky-Von Mises è rappresentabile nello VIII
spazio degli sforzi principali come mostrato in Figura
3.34. Si consideri la trisettrice del primo ottante dello
spazio dove VI =VII = VIII ed i piani perpendicolari a r 2k
tale trisettrice, che sono chiamati piani deviatorici o
piani ottaedrali. Sulla trisettrice lo sforzo devia torico è
nullo e, per tale motivo, tale retta si chiama asse degli
VII
sforzi idrostatici. Sia vV un vettore che rappresenta un
generico stato di sforzo ^VI ,VII , VIII` nello spazio degli
sforzi principali. Poiché il versore up della trisettrice ha VI
componenti ^1/ 3 ,1/ 3 ,1/ 3 `, la proiezione di vV
Figura 3.35 - Superficie di snervamento di
sulla trisettrice ha modulo: Hubert-Hencky-Von Mises

­1½ La determinazione del valore limite N con cui


1 °° p
vp ^V I V II V III ` ®1¾ confrontare la grandezza indice del pericolo J2 può
3°° 3 avvenire, come nel criterio di Tresca, mediante il
¯1¿ confronto con la prova di trazione uniassiale. In
Eq. 3. 145 corrispondenza dello sforzo di snervamento VY, dove il
materiale si trova sulla superficie di snervamento e J2 =
Sottraendo dal generico stato di sforzo la sua
N2, si ha:
proiezione, si ottiene il vettore vs, che giace sul piano
deviatorico, mostrato in Figura 3.34, che ha
espressione:

36
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

J2
1
6
>
V I  V II 2  V II  V III 2  V III  V I 2 @ V I2  V II2  V I V II VY
2

Eq. 3. 154
1 1 2
2V I2 2V Y N2
6 6 Tale ellisse è l’intersezione sul piano VIII 0 del cilindro
V Y raffigurato in Figura 3.35 e può essere confrontata con
ŸN il confine di forma esagonale individuato dal criterio di
3 Guest-Tresca. L’ellisse di Hubert-Hencky-Von Mises
Eq. 3. 149 contiene l’esagono di Guest-Tresca. Per uno stato di
puro taglio, con W12 unica componente di sforzo non
L’espressione N in funzione di VY conduce ad nulla in assi cartesiani, il valore di taglio
espressioni alternative del criterio di Hubert-Hencky- corrispondente allo snervamento è, per l’Eq. 3. 153,
Von Mises, che sono spesso utilizzate nella pratica
pari a VY / 3 , mentre nel criterio di Tresca, per l’Eq.
ingegneristica. Tali espressioni definiscono uno sforzo
equivalente, detto anche sforzo di Von Mises, Veq da 3. 139, è pari a VY /2. La differenza è evidenziata in
confrontare direttamente con il valore di VY. Le Eq. 3. Figura 3.36, che riporta la retta VI =-VII ,
150 e Eq. 3. 153 definiscono l’espressione degli sforzi corrispondente ad una condizione di puro taglio. Si può
di Von Mises rispettivamente in funzione degli sforzi anche osservare come, nel criterio di Hubert-Hencky-
principali e delle componenti di sforzo in generici assi Von Mises, sia necessario applicare uno sforzo con
cartesiani: modulo maggiore di VY per snervare il materiale in
stato di sforzo di trazione biassiale (VI > 0 e VII > 0) o,
equivalentemente, di compressione biassiale (VI < 0 e
V eq 3J 2
VII < 0).
V I2  V II2  V III
2
 V I V II  V I V III  V II V III
V 2
11
2
 V 22 2
 V 33  V 11V 22  V 11V 33  V 22V 33  VII
2
 3W 12 2
 3W 13 2
 3W 23
Eq. 3. 150 VY

Si osservi che, in base alla definizione riportata in Eq.


3. 110, lo sforzo equivalente è legato al modulo del VY
vettore che rappresenta il deviatore degli sforzi. Infatti, VY VI
risulta:

VY VII = -VI
V eq 3J 2
2

3 2
s I  s II2  s III
2

3 T
2

^s` ^s`
Figura 3.36 - Confronto qualitativo fra i
Eq. 3.151 criteri di Guest-Tresca e Hubert-Hencky-Von
Mises
Nella prova di trazione monoassiale, dove l’unico
sforzo principale non nullo è lo sforzo applicato, VI, I criteri di Guest-Tresca e di Hubert-Hencky-Von
l’espressione dello sforzo equivalente si riduce a: Mises sono stati sottoposti a numerose verifiche
sperimentali. Nel 1931 Taylor and Quinney usarono
V eq 3J 2 V I2 VI tubi a sezione circolare sottoposti a trazione e torsione
realizzati in rame, acciaio dolce e aluminio. Le prove
Eq. 3.152 permettono di indurre uno stato di sforzo caratterizzato
da una componente assiale, in direzione del tubo, e di
Il criterio di Hubert-Hencky-Von Mises, con la taglio, in direzione circonferenziale.Le combinazioni in
definizione di sforzo equivalente, diventa: corrispondenza dello snervamento sono riportate in
Figura 3.37 nel un piano V-W e confrontate con i criteri
V eq d V Y di Tresca e Von Mises.
Eq. 3. 153

Nel piano di equazione VIII = 0, il criterio definisce una


curva di snervamento rappresentata da un’ellisse di
equazione:

37
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

f(V)=F(V)-N, e che N, come si è visto nel 3.4.2, può


essere messo in funzione del limite di snervamento VY
misurato nella prova di trazione uniassiale del
materiale. Ridefinendo opportunamente la grandezza
indice del pericolo è possibile ottenere la seguente
forma generale:

f ı F ı  V Y 0
Eq. 3. 155

Nell’Eq. 3. 155 il limite di snervamento è stato


indicato con VY0 per sottolineare che esso si riferisce al
caso di materiale vergine, non ancora incrudito. Infatti,
considerando per semplicità il caso uniassiale illustrato
in Figura 3.39, è possibile osservare che il dominio di
snervamento per un materiale incrudente non è fisso,
ma varia con la storia di carico.
Figura 3.37 - Verifica dei criteri di
snervamento (Taylor and Quinney, 1931)

I risultati riportati in Figura 3.38 sono invece riferiti a V


provini intagliati di alluminio puro. Il piano
rappresentato in è un particolare piano deviatorico, che
passa per l’origine degli assi e corrisponde quindi a uno
stato di sforzo idrostatico nullo. L’esagono di Guest-
Tresca e il cerchio di Hubert-Hencky-Von Mises sono
rappresentati e confrontati con i dati sperimentali

Variazione del
dominio di
snervamento

Figura 3.39 - Variazione del dominio di


Figura 3.38 - Verifica dei criteri di snervamento per un materiale incrudente
snervamento (Lianis and Ford, 1957)
In generale, è possibile tenere conto di questo
Entrambi gli studi indicano una maggiore correlazione definendo una funzione di snervamento, M, che estende
del criterio Hubert-Hencky-Von Mises con i dati il concetto di criterio di snervamento e ne considera
sperimentali. Il criterio di Tresca, come d’altra parte l’evoluzione con la storia:
già evidente dalla Figura 3.36, predice, in generale,
livelli di sforzo di snervamento minori di quelli reali ed M ı, storia  0 Ÿ in campo elastico
è, di conseguenza, più conservativo. M ı, storia 0 Ÿ in condizioni di snervamento
Eq. 3. 156
3.4.3 Funzioni di snervamento e incrudimento
L’evoluzione del confine elastico può essere descritta,
Gli aspetti essenziali del comportamento elasto-
in generale, da una serie di parametri Di, detti
plastico, sintetizzati nei punti elencati al par. 1.4,
parametri di incrudimento o variabili interne. Si
includono la variazione del limite di snervamento per
osservi, per inciso, che in un materiale elastico-
effetto dei fenomeni di incrudimento e la necessità di
perfettamente plastico il domino di snervamento è fisso
registrare la storia di carico per definire lo stato del
materiale. e la funzione M non presenta dipendenza dai parametri
di incrudimento.
Il criterio di snervamento f(V) = 0, introdotto al par.
3.4.2, permette di definire un dominio di snervamento
Una prima possibilità di variazione del dominio di
nello spazio degli sforzi dove f(V)<0 e il materiale ha
snervamento nel caso uniassiale è quella descritta da un
compartimento elastico. Si ricordi che, per l’Eq. 3.
136, il criterio di snervamento può esprimersi come

38
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

aumento del limite di snervamento sia a trazione che a La funzione h delle variabili interne Di descrive
compressione, come esemplificato in Figura 3.40. l’aumento del limite di snervamento rispetto al limite
originale VY0. Nel caso del criterio di Hubert-Hencky-
Von Mises, espresso nella forma dell’Eq. 3. 153 nelle
V componenti del tensore di sforzo in assi cartesiani si
ha:

M ı, storia V 11
2 2
 V 22 2
 V 33  V 11V 22  V 11V 33  V 22V 33 

 V Y  h D i
2 2 2 2
 3W12  3W 13  3W 23

MA<0 MB<0 MC<0


Eq. 3. 158

A B C H La forma finora attribuita alle variabili interne, Di, è del


tutto generale. In realtà, nella teoria classica della
plasticità, si considerano due possibili alternative che
consentono, entrambe, di utilizzare una sola variabile
interna per definire completamente l’incrudimento
isotropo. Entrambe le alternative comportano la
conoscenza delle deformazioni plastiche irreversibili
sviluppate nel corso della storia di carico. Tali
deformazioni, nel caso pluriassiale, saranno descritte
Figura 3.40 - Incrudimento isotropo nel caso da un vettore ^Hp` e si evolveranno per incrementi
uniassiale infinitesimi ^dHp`.
Una prima possibilità si basa sull’assunzione che
In questo tipo di comportamento il dominio di l’incrudimento, definito dalla funzione h dipenda da
snervamento si espande, nel passaggio da A a B a C, in una deformazione plastica equivalente, HPeq, che ha
assenza di effetto Bauschinger (cfr. par. 3.2.5). espressione:
L’estensione al caso pluriassiale prevede un’espansione
del dominio di snervamento, identica in tutte le
direzioni, mostrata in Figura 3.40. Per tale ragione, H eqp ³ dH
p
eq ³

^ ` ^dH ` ·¸¹
¨ dH

p T p T

questo tipo di comportamento è definito incrudimento


isotropo. 2
³ 3
dH p

Eq. 3. 159
VII

VY(D) L’invarianza del volume durante il processo di


deformazione plastica e, conseguentemente il valore di
0.5 del coefficiente di Poisson in campo plastico
(dimostrato in Eq. 3.11) permettono di dimostrare che,
A B C in una prova di trazione monoassiale, l’incremento di
VY(D) deformazione plastica equivalente è uguale alla
deformazione plastica nella direzione dello sforzo
VY(D) VI applicato. Infatti, assumendo che la direzione di
applicazione dello sforzo sia x, risulta:

2§ p 2 p2 p2·
dH eqp ¨ dH xx  dH yy  dH zz ¸
V (D)
Y
3© ¹

2 §¨ p 2 § 1 p · § 1 p ·
2 2·
dH xx  ¨  dH xx ¸  ¨  dH xxx ¸ ¸
Figura 3.41 - Incrudimento isotropo nel caso 3 ¨© © 2 ¹ © 2 ¹ ¸
pluriassiale ¹
2§ 3 p 2·
La forma che la funzione di snervamento assume per ¨ dH xx ¸ dH xxp
3© 2 ¹
descrivere l’incrudimento isotropo è la seguente:
Eq. 3.160
M ı, storia f ı  h D i F ı  V Y 0  h D i Il comportamento di un materiale plastico in cui
Eq. 3. 157 l’incrudimento è descritto da una funzione h=h(HPeq) è
detto strain hardening. Come indicato in Eq. 3. 159, la

39
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

deformazione plastica equivalente HPeq rappresenta una


misura del modulo del vettore delle deformazioni V
plastiche nello spazio delle deformazioni. Pertanto, MC<0
nello strain hardening, la sola informazione necessaria MB<0
a definire l’incremento di sforzo necessario per lo
MA<0
sviluppo di nuove deformazioni plastiche consiste nel
modulo delle deformazioni plastiche già sviluppate,
indipendentemente dalla direzione di sviluppo.
E’ possibile definire un incrudimento lineare in cui la
funzione di incrudimento abbia la forma h(HPeq)
=H˜HPeq.
A B C H
In una definizione alternativa, la variabile interna
storica è rappresentata dal lavoro plastico compiuto
durante la storia di carico del materiale:

³ ^V ` ^dH `
T
p
lp
Figura 3.42 - Incrudimento cinematico nel
Eq. 3. 161 caso uniassiale

In questo caso, sempre caratterizzato dall’utilizzo di


una singola variabile interna, la funzione di VII
incrudimento è h= h(lp) e il materiale ha
comportamento work hardening. I due tipi di B
incrudimento, strain e work hardening possono essere
del tutto equivalenti, se le leggi che regolano lo siluppo
delle deformazioni plastiche hanno forme opportune. A
L’incrudimento isotropo non esaurisce le possibili g g(Di)
trasformazioni del dominio di snervamento e non
spiega, ad esempio, l’effetto Bauschinger rilevato VI
sperimentalmente in molti metalli. Un'altra tipologia di
incrudimento prevede un dominio di snervamento che
non si espande, ma che si sposta nello spazio degli
sforzi nella direzione in cui il materiale è sollecitato.
Questo tipo di comportamento è detto incrudimento Figura 3.43 - Incrudimento cinematico nel
cinematico (Prager 1955) e, nel caso uniassiale è caso pluriassiale: modello di Prager
schematizzato in Figura 3.42.
Nel caso pluriassiale, l’incrudimento cinematico è
modellabile considerando un dominio di snervamento VII
che non cambia forma, ma si sposta traslando nel piano B
degli sforzi. E’ tuttavia necessario definire, in questo
caso, in che direzione il dominio trasla una volta che lo g(Di)
stato di sforzo giunge ai suoi confini.
La Figura 3.43 mostra il modello di incrudimento A
cinematico proposto originariamente da Prager in cui la
direzione di traslazione è normale alla superficie di
snervamento. L’entità della traslazione è data dal VI
modulo del vettore g funzione delle variabili interne Di.
Si osservi che il centro della superficie di snervamento,
originariamente in V = 0 (per la simmetria del
comportamento plastico iniziale) si sposta in uno stato Figura 3.44 - Incrudimento cinematico nel
di sforzo definito da g(Di). I componenti dello stato di caso pluriassiale: modello di Ziegler
sforzo g(Di) sono definiti, con termine anglosassone,
backstresses. La forma assunta dalla funzione di snervamento per
La Figura 3.44 si riferisce ad un modello alternativo a l’incrudimento cinematico è del seguente tipo:
quello di Prager, proposto da Ziegler, in cui il dominio
di snervamento subisce una traslazione nella direzione M ı, storia f ı  g D i F ı  g D i  V Y 0
radiale definita dal vettore che congiunge lo stato di Eq. 3. 162
sforzo raggiunto al centro della superficie di
snervamento.

40
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Nel caso dell’incrudimento cinematico, quindi, 3.4.4 Sviluppo di deformazioni plastiche


l’applicazione del criterio di Von Mises porta alla
seguente definizione della funzione di snervamento: Problemi elasto-plastici e natura incrementale del
legame costitutivo
M ı, storia V  g D  V  g D 
11 11 i
2
22 22 i
2

L’applicazione del legame elastico e di una funzione di


V 33  g D  V  g D V  g D 
32 i
2
11 11 i 22 22 i snervamento per il materiale non sono sufficienti a
V 11  g D V  g D 
11 i 33 33 i
descriverne il comportamento elasto-plastico se non è
possibile determinare le deformazioni plastiche
V 22  g D V  g D  3 W  g D 
22 i 33 33 i 12 12 i
2
sviluppate nella storia di carico del materiale.
Nell’ambito della teoria classica della plasticità, la
3 W  g D  3 W  g D  V
2 2 Y 02
13 13 i 23 23 i determinazione della risposta costitutiva elasto-plastica
Eq. 3. 163 di un materiale sfrutta la possibilità di decomporre,
nell’ipotesi di deformazioni infinitesime, la
Nell’ipotesi di comportamento strain hardening il deformazione totale in una parte elastica ed una
vettore g è espresso in funzione delle componenti della plastica, come già descritto nel caso uniassiale, al par.
deformazione plastica. La forma lineare 3.2.2. La decomposizione, già introdotta dall’Eq. 3. 9
dell’incrudimento cinematico è spesso utilizzata per del par. 3.2.2, è estesa al caso pluriassiale dall’Eq.
semplificare i modelli elasto-plastici. In tale forma: 3.167:

g D i >G @ H ^ ` p ^H ` ^H ` ^H `
e p

Eq. 3. 164 Eq. 3.167

dove [G] è una matrice di costanti. Grazie a tale decomposizione, introducendo la matrice
E’ da osservare che né i modelli isotropici né quelli di rigidezza elastica [D] definita nel par. 3.4.1 è
cinematici descritti definiscono esattamente il reale possibile scrivere il legame elastico nel seguente modo:
incrudimento del materiale. Essi rappresentano
idealizzazioni che possono avvicinarsi al reale ^V ` >D@^H e ` >D @^H  H p `
comportamento del materiale, in particolare se il Eq. 3. 168
percorso di carico non subisce inversioni o drastici
cambiamenti. I modelli più completi per descrivere il Se, assegnate le deformazioni totali, le deformazioni
comportamento del materiale per stati di sforzo plastiche sono note, è possibile determinare lo stato di
pluriassiali prevedono un incrudimento di tipo misto, sforzo grazie all’Eq. 3. 168. D’altra parte, invertendo il
isotropo e cinematico, dove la funzione di snervamento legame espresso dall’Eq. 3. 168 e introducendo la
ha la forma: matrice di cedevolezza [C], si può osservare come,
assegnati gli sforzi, è possibile calcolare lo stato di
M ı, storia F ı  g D i  V Y 0  h D i deformazione totale se sono note le deformazioni
Eq. 3. 165 plastiche.

Un esempio di questo tipo è una funzione di ^H ` >C @^V ` ^H p `


snervamento alla Von Mises integrata da un modello di Eq. 3. 169
incrudimento misto, ma completamente lineare che
prevede la determinazione di 3 parametri per la In generale, quindi, la determinazione del
definizione del modello di materiale (VY0, g, H). In assi comportamento elasto-plastico del materiale si può
cartesiani la funzione di snervamento assume la forma: ridurre alla soluzione di due tipologie di problemi:

M ı, storia V  cH  V  cH 
11
p 2
11 22
p 2
22
- un problema elasto-plastico diretto, dove sono
assegnati gli sforzi ^V` ed occorre conoscere le
V 33
p
 cH 33
2
 V  cH V  cH 
11
p
11 22
p
22 deformazioni plastiche ^Hp` per calcolare le
V 11  cH 11p V  cH 
33
p
33
deformazioni totali ^H`.
- un problema elasto-plastico inverso, dove sono
V 22
p
 cH 22 V  cH  3 W  cH 
33
p
33 12
p 2
12
assegnate le deformazioni totali ^H` e vanno calcolate
le deformazioni plastiche ^Hp` per determinare gli
3 W  3 W  gcH  hH  V
2 p 2 Y 02
13  cH 13p 23 23
p
eq sforzi ^V`.
Eq. 3. 166
Il calcolo delle deformazioni plastiche assume quindi
un ruolo centrale nella teoria della plasticità. Tuttavia,
tale calcolo non può avvenire attraverso un legame
univocamente definito fra i valori di sforzo e di

41
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

deformazione plastica. Si è visto, al termine del par. ^İ` ^İ e ` ^İ p `


^ı` >D @ ^İ`  ^İ p `
3.2.5, che il legame sforzo-deformazione, in campo
plastico, non può essere determinato senza seguire la
storia del materiale e, nel paragrafo 3.4.3 si è ^İ` >C @^ı`  ^İ p `
formalizzato come le funzioni di snervamento variano
Eq. 3.171
in funzione delle variabili interne Di, anch’esse
dipendenti dalla storia del materiale. Pertanto:
Come si può osservare dalle Eq. 3.171, anche a livello
- assegnato uno sforzo ^V` non è possible incrementale, è necessario, per risolvere il problema,
conoscere ^Hp` e di conseguenza ^H` senza conoscere lo sviluppo delle deformazioni plastiche per
conoscere la storia del materiale; un incremento assegnato di sforzo o deformazione.
- assegnata una deformazione ^H` non è
possibile distinguere la parte plastica ^Hp`, Potenziale plastico e condizioni per lo sviluppo di
senza conoscere la storia del materiale. deformazioni plastiche
Queste considerazioni indicano che il legame sforzo-
deformazioni in campo plastico dovrà essere
Le deformazioni plastiche si sviluppano quando lo
opportunamente posto in forma incrementale. Le
stato di sforzo raggiunge il limite di snervamento. E’
relazioni fra sforzo e deformazione saranno delle
quindi naturale cercare di esprimere un legame fra i
equazioni differenziali che permetteranno, noto un
valori di sforzo applicati e l’entità e la direzione delle
incremento infinitesimo ^dV` di determinare deformazioni plastiche sviluppate.
l’incremento di deformazione plastica ^dHp` e Sebbene storicamente siano state proposte diverse
l’incremento di deformazione totale ^dH`. teorie per legare lo sviluppo delle deformazioni
Analogamente le relazioni incrementali permetteranno plastiche agli incrementi di sforzo, una formulazione
di individuare i legami inversi. del tutto generale, che fa uso del concetto di potenziale
Un modo per formalizzare la natura incrementale del plastico, fu proposta da Von Mises nel 1928. La
legame è considerare un tempo T, non fisico, che formulazione comporta che gli incrementi di
permetta di riconoscere la sequenza degli eventi nella
storia di carico del materiale. Tale tempo è detto tempo
^ `
deformazione plastica İ p , siano proporzionali alle
ordinativo e non comporta la necessità di considerare il derivate di uno scalare, Q, funzione delle componenti
fenomeno dal punto di vista dinamico. I fenomeni sono di sforzo ^V`. Nello spazio degli sforzi, ciò implica una
quindi sempre studiati staticamente, come successione proporzionalità fra il vettore degli incrementi di
di stati di equilibrio, ma è possibile ricorrere alle deformazione plastica e il gradiente dello scalare Q.
derivate delle quantità V, H o Hp rispetto al tempo Quindi, il vettore degli incrementi di deformazione
ordinativo per formalizzare il legame incrementale. Si plastica non ha componenti nelle direzioni in cui Q non
avranno dunque legami nella forma: varia ed è pertanto perpendicolare alle superfici sulle
quali Q è costante.
dı dİ
ı ı İ oppure İ İ V
dT
Eq. 3.170
dT VII
^İ `
p

Le Eq. 3.170 possono essere considerate come


equazioni differenziali che, note le condizioni iniziali,
ed assegnate delle storie di carico o deformazione nel
tempo ordinativo, V(T) o H(T), possono venire
integrate per risolvere problemi elasto-plastici diretti o
inversi. L’integrazione non può però essere espressa in
forma chiusa perché, in corrispondenza della superficie
di snervamento, la direzione degli incrementi di carico
dovrà essere discussa, con disequazioni, per Q(VI, VII, VIII) = cost
determinare se ci si trova in condizioni di carico (con
sviluppo di deformazioni plastiche) o di scarico (con VI
conseguente comportamento elastico). L’integrazione VIII
dovrà quindi avvenire passo-passo e l’intero problema
espresso in forma incrementale. La decomposizione Figura 3.45 - Sviluppo delle deformazioni
delle deformazioni e la formalizzazione del legame plastiche perpendicolarmente alle superfici
elastico diretto o inverso a livello incrementale è iso-potenziale
formalizzata nelle Eq. 3.171:
Come si può desumere dalla Figura 3.45, la specifica
forma della funzione Q(^V`) fornisce la direzione nella
quale si sviluppano le deformazione plastiche a partire
da un determinato stato di sforzo.

42
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

L’entità delle deformazioni è data dal modulo del percorso sforzi-deformazioni segua la curva di scarico
^ `
vettore İ p che è determinato da un fattore di elastico. Per formalizzare questa possibile alternativa
nel generico stato di sforzo pluriassiale va osservato
proporzionalità. Tale fattore è indicato con il simbolo
che lo stato di sforzo deve sempre necessariamente
O ed è chiamato moltiplicatore plastico. Formalmente, essere all’interno o al confine del dominio di
in notazione matriciale, si ha pertanto: snervamento. Tale osservazione deriva direttamente
dalla considerazioni svolte nel par. 3.1 e approfondite
^H `
p ­ wQ ½
O ®
¾
nel par. 3.4.3. Quando la condizione di snervamento
viene raggiunta, il livello di sforzo può aumentare ma
¯ wV ¿
ciò comporta una espansione (incrudimento isotropo)
Eq. 3.172 od una traslazione (incrudimento cinematico) del
dominio di snervamento tale che:
L’Eq. 3.172 è definita legge di flusso (flow rule) e
indica che, con l’introduzione del potenziale plastico, il
problema elasto-plastico si riduce alla determinazione
M ı, storia M ı, D i d 0
Eq. 3.174
di O , come è possibile osservare dagli schemi
presentati in Figura 3.46.
Non sono quindi ammessi valori positivi per la
Il moltiplicatore plastico deve essere sempre non
funzione di snervamento. Ne consegue che, se lo stato
negativo, O t 0 , ma le deformazioni plastiche possono di sforzo è ai confini del dominio di snervamento, gli
svilupparsi solo sotto determinate condizioni. La sforzi e le variabili interne (cioè i parametri di
discussione delle condizioni che comportano O ! 0 è incrudimento Di) devono variare in modo tale che
parte integrante della teoria della plasticità. l’incremento di M risulti non positivo. Questa
Una prima condizione prevede che le deformazioni condizione è formalizzata in Eq. 3.175.
plastiche possano svilupparsi solo se lo stato di sforzo
si trova ai confini del dominio di snervamento, cioè se M ı, D i 0
sulla superficie di snervamento di equazione: T
­ wM ½
T
­ wM ½
Ÿ M ® ¾ ^V `  ® ¾ D i d 0
M ı, storia M ı, D i 0 w
¯ ¿V ¯ wD i ¿
Eq. 3.173 Eq. 3.175

Noti :^V`, ^H`,^Hp` in T La condizione sul segno di M ammette solo due


possibilità: se M è negativo, il materiale si scarica
elasticamente, mentre se M è nullo sono possibili
Assegnato ^İ` Assegnato ^V ` deformazioni plastiche.
La Figura 3.47 riassume la discussione sui segni di M
e di M che permette di dedurre le condizioni per un
valore positivo del moltiplicatore plastico. E’ possibile
­ wQ ½
^H `
p ­ wQ ½
O ® ¾ ^H `
p
O ® ¾
osservare che solo quando M =0 e M =0 si ha O >0.
¯ wV ¿ ¯ wV ¿ Formalmente è possibile definire una condizione,
chiamata di complementarietà, che riassume le
condizioni necessarie per lo sviluppo di deformazioni
plastiche:
^V ` >D@^H  H p ` ^H` >C @^V ` ^H p `
MO 0
Eq. 3.176

^V+dV`, ^H+dH`,
^Hp+dHp ` in T+dT

Figura 3.46 - Schemi per la risoluzione dei


problemi elasto-plastici diretti e inversi

Come è facilmente intuibile dal caso


monodimensionale, la condizione formalizzata in Eq.
3.173 non è sufficiente a garantire lo sviluppo di
deformazioni plastiche, poiché è anche possibile che il

43
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Materiale stabile Materiale instabile


SI NO
M ı, D i  0 secondo Drucker secondo Drucker

Campo Stato di sforzo


elastico sulla sup. di
O 0 snervamento V ! 0
M ı, D i 0

SI O H
M  0
H ! 0
p

NO Figura 3.48- Materiali stabili e instabili


secondo il postulato di Drucker
Scarico Sviluppo
elastico deformazioni Poiché il lavoro compiuto per deformare elasticamente
il materiale è interamente restituito, il lavoro netto
O 0 plastiche compiuto dal ciclo è solo quello svolto, durante il
O ! 0 primo incremento di carico, per lo sviluppo delle
deformazioni plastiche. Per il ciclo considerato, quindi
Figura 3.47 - Possibili alternative nel legame il postulato di Drucker comporta VH p >0.
costitutivo elasto-plastico Si osservi che, se il comportamento del materiale
prevede una diminuzione dello sforzo per lo sviluppo
di deformazioni plastiche (come nella curva riprodotta
in Figura 3.48 oltre la linea tratteggiata), il postulato di
Posutlato di Drucker e plasticità associata Drucker non può più essere soddisfatto, poiché si ha
V  0 per H p  0 . Con questo tipo di comportamento
La trattazione precedente è valida per una forma il materiale si dice strain softening e non è stabile
qualsiasi del potenziale plastico Q che definisce la secondo Drucker.
direzione di sviluppo delle deformazioni plastiche. La L’importanza del postulato di Drucker sta in alcune
forma di Q dipende dai tipi di materiali considerati, ma conseguenze della stabilità, che non verranno per
è possibile fare una importante distinzione sulla base brevità dimostrate, e che possono riassumersi nei
della definizione di stabilità di un materiale secondo il seguenti punti:
postulato di Drucker.
Il postulato considera un ciclo chiuso nello spazio degli i. Se il materiale è stabile secondo Drucker il suo
sforzi, a partire da un stato di sforzo pre-esistente. Un dominio di snervamento è convesso, cioè
materiale si dice stabile secondo Drucker se il lavoro di contiene l’’intero segmento che congiunge due
deformazione, compiuto nel corso del ciclo chiuso, è qualsiasi punti scelti al suo interno (convessità).
non negativo. ii. Se il materiale è stabile secondo Drucker, le
Si consideri, per semplicità, un caso deformazioni plastiche devono svilupparsi in
monodimensionale, con un ciclo compiuto a partire da direzione normale alla superficie di
uno stato di sforzo pre-esistente sulla superficie di snervamento (normalità).
snervamento. Il ciclo considerato consiste di un
incremento infinitesimo di sforzo, V , che avviene con La condizione di normalità si traduce direttamente in
sviluppo di deformazioni plastiche seguito da un un vincolo sulla forma del potenziale plastico, che, in
incremento di carico opposto fino al livello di sforzo di base all’Eq. 3.172, determina la direzione di sviluppo
partenza, come descritto nella Figura 3.48. delle deformazioni plastiche. Se tale direzione deve
essere, come conseguenza della stabilità del materiale,
normale alla superficie di snervamento, ne consegue
che i materiali stabili secondo Drucker ammettono,
come potenziale plastico, la funzione di snervamento.
La legge di flusso che governa lo sviluppo delle
deformazioni plastiche per materiali stabili secondo
Drucker è pertanto:

44
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

^H `
p ­ wM ½
O ® ¾
La funzione di snervamento per tale materiale, in
ambito monoassiale, può essere formulata nel modo
¯ wV ¿ seguente:
Eq. 3.177

Nei materiali stabili secondo Drucker, quindi il


M V  V Y 0  HH eqp
potenziale plastico è associato alla funzione di Eq. 3.178
snervamento. La legge di plasticità ottenuta in questo
caso si dice associata ed è caratterizzata dalla dove la variabile di incrudimento, Hpeq, equivale, in
condizione Q = M. regime monodimensionale, al modulo della
Si osservi che l’applicazione di una legge di plasticità deformazione plastica:
associata conduce a buoni risultati nel caso di materiali
metallici ma non è, in generale, una regola
H eqp Hp
inderogabile. Alcuni tipi di materiale, che ammettono
comportamento plastico, sono descritti meglio da una Eq. 3.179
legge di plasticità non associata. Per quanto enunciato
in questo paragrafo, tuttavia, tali materiali non possono La legge di normalità comporta:
essere considerati stabili secondo Drucker.
wM
H p O O sgn V
wV
3.4.5 Soluzioni di problemi elasto-plastici in
plasticità associata Eq. 3.180

La complementarietà implica che lo sviluppo di


L’individuazione della funzione di snervamento deformazioni plastiche, con O >0, sia possibile solo se
introdotta dall’Eq. 3. 156, la legge di normalità,
M =0. Quindi:
espressa dall’Eq. 3.177, unitamente alla condizione di
complementarietà, formalizzata in Eq. 3.176, ed alle
relazioni che descrivono il legame elastico in forma wM wM
M V  p Heqp
incrementale, riassunte in Eq. 3.171, consentono la wV wH eq
risoluzione dei problemi elasto-plastici.
Per esemplificare la procedura, e fornire soluzioni in sgn V V  HHeqp 0
forma chiusa per alcuni casi particolari, si considerino Eq. 3.181
innanzitutto casi monodimensionali.
Si prenda in esame un comportamento elasto-plastico L’ Eq. 3.180, che lega lo sviluppo della deformazione
con incrudimento isotropo lineare, rappresentato in
Figura 3.49. plastica al moltiplicatore plastico O , fornisce la
relazione fra il parametro di incrudimento H eqp Hp
e O che, per definizione, è sempre positivo:
V
H p O sgn V O
H Eq. 3.182

Considerando il risultato in Eq. 3.182, l’Eq. 3.181


consente di determinare il moltiplicatore plastico O :
MA<0 MB<0 MC<0
M 0

A B C H Ÿ sgn V V  HHeqp 0
Ÿ sgn V V  HO 0
V
Ÿ O sgn V
H
Eq. 3.183

Si osservi che, affinché vi sia sviluppo di deformazioni


plastiche V e V debbono avere lo stesso segno ed il
Figura 3.49 –– Comportamento elasto-plastico moltiplicatore O risulta sempre positivo. Sostituendo
con incrudimento isotropo lineare l’Eq. 3.181 nella Eq. 3.180 si ottiene:

45
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

wM V V
H p O sgn V sgn V
wV H H Una forma opportuna per la funzione di snervamento è
Eq. 3.184 rappresentata Eq. 3.187

Nel caso di problema elasto-plastico diretto, è richiesto M V  GH p 2


V Y0
2

il calcolo dell’incremento di deformazione H , una


Eq. 3.187
volta assegnato l’incremento di sforzo V . Applicando
il legame elastico inverso e introducendo il risultato dove la variabile di incrudimento è rappresentata dalla
ottenuto nell’Eq. 3.184, l’espressione di H è
deformazione plastica H p .
immediatamente calcolata:
La legge di normalità comporta:

§1 1 ·

1
H V  H p ¨  ¸V wM
E ©E H ¹ H p O O 2 V  G H p
wV
Eq. 3.185
Eq. 3.188
Si osservi che, nel caso di plasticità perfetta, H=0 e la
soluzione non esiste a meno di ammettere V =0. In Imponendo M =0 si ottiene:
questo caso la soluzione è indeterminata.
Se il problema elasto-plastico è inverso, cioè se è wM wM
M V  p H p
assegnato l’incremento di deformazione totale, H , wV wH
l’applicazione del legame elastico e dell’Eq. 3.184,
consente di ottenere l’incremento di sforzo V . Infatti:

2 V  GH V  2 V  GH p GH p
p
0
Eq. 3.189

V
E H  H p § V ·
E ¨ H  ¸

Sebbene in questo caso la condizione di
© complementarietà consenta di determinare direttamente
HE l’incremento di deformazione plastica, H p , è possibile
Ÿ V H
H E seguire un procedimento analogo al precedente,
Eq. 3.186 mettendo innanzitutto in relazione l’incremento di
variabile di incrudimento (che in questo caso è identico
Il valore HE/(H+E) è detto modulo di rigidezza a H p ) con il moltiplicatore plastico O attraverso l’Eq.
tangente del materiale. Il caso di plasticità perfetta, con 3.188. L’espressione di H p in funzione di O si
H=0, ammette sempre soluzione V per il problema sostituisce nella Eq. 3.189, ottenendo:
inverso.
Sempre rimanendo nell’ambito della plasticità M 0
monodimensionale è possibile formalizzare la
soluzione dei problemi elasto-plastici anche nel caso di
Ÿ 2 V  GH p V  2 V  GH p GH p 0
incrudimento cinematico lineare, come quello
Ÿ 2 V  GH p V  2 V  GH p GO 2 V  GH p 0
rappresentato in Figura 3.50. Eq. 3.190

Da cui si ottiene:
V 1
V O
MC<0 G 2 V  GH p
MB<0 G Eq. 3.191
MA<0
Sostituendo l’espressione di O nella legge di
normalità, si ottiene la legge di sviluppo delle
deformazioni plastiche:

H H p
wM
wV
O
O 2 V  GH p
A B C


V 1 V
2 V  GH p
G 2 V  GH p G
Eq. 3.192

Figura 3.50 - Comportamento elasto-plastico


con incrudimento cinematico lineare

46
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

Il risultato ottenuto conduce alle seguenti soluzioni per T


^ `
T
­ wM ½ ­ wM ½ wM 
® ¾ ^V `  ® p ¾ H 
p
il problema elasto-plastico diretto e inverso, analoghe a M O
quelle ricavate per l’incrudimento isotropo. ¯ wV ¿ ¯ wH ¿ wO

^ `
T T
­ wF ½ ­ wF ½
® ¾ ^V `  ® ¾ >G @ H  HO
p
0
1 §1 1· w
¯ ¿V w
¯ ¿V
H V  H p ¨  ¸V
E ©E G¹ Eq. 3.197
Eq. 3.193
dove i vettori ^wM/wV` e ^wM/wHp` contengono le
GE derivate della funzione scalare M rispetto alle
V H componenti dello sforzo e della deformazione plastica.
GE
La legge di normalità, Eq. 3.177, può essere utilizzata
Eq. 3.194
per esprimere l’incremento di deformazione plastica in
Le soluzioni riportate in Eq. 3.184, Eq. 3.185, Eq. funzione del moltiplicatore degli sforzi plastici:
3.193e Eq. 3.194 sono in forma incrementale e sono
valide solo se il M =0 e M =0. Esse possono essere ^H ` p ­ wM ½
O ® ¾
­ wF ½
O ® ¾Ÿ
integrate se è assegnata una storia di carico o di ¯ wV ¿ ¯ wV ¿
deformazione. T T
­ wF ½ ­ wF ½ ­ wF ½
I risultati ottenuti sono, in effetti, banali, poiché il caso M ® ¾ ^V `  ® ¾ >G @® ¾O  HO
¯ wV ¿ ¯ wV ¿ ¯ wV ¿
della plasticità monodimensionale è molto semplice. Si
osservi, infatti, che i risultati V HH p nel caso Si osservi che, qualora si fosse utilizzata un’altra
isotropo e V GH p nel caso cinematico, potevano misura del modulo delle deformazioni plastiche per
esprimere l’incrudimento isotropo, la legge di
essere intuitivamente dedotti dalle funzioni di normalità permette, in linea di principio, di esprimere
snervamento fornite, rispettivamente, in Eq. 3.178 e
Eq. 3.187. Dalla forma delle funzioni, infatti, è tale misura in funzione di O e delle derivate della
immediato dedurre che un incremento di deformazione funzione di snervamento. Quindi, dalla condizione
plastica porta a un incremento di sforzo di snervamento M =0 si ricava O :
proporzionale a H e G nei due casi.
Tuttavia, le procedure seguite negli esempi precedenti T
­ wF ½
in ambito monodimensionale sono alla base della ® ¾ ^V `
soluzione dei problemi elasto-plastici in stati di sforzo ¯ wV ¿
O T
pluriassiali molto più complessi. ­ wF ½
Per ottenere una soluzione in forma chiusa si ® ¾ >G @­® w F
½
¾ H
considererà il caso di una funzione di snervamento con ¯ wV ¿ ¯ wV ¿
incrudimento cinematico e isotropo lineare. Eq. 3.198


M ı, storia F ı  Gİ p  HO  V Y 0
La decomposizione addittiva delle deformazioni
elastiche e plastiche ed il legame elastico, consentono
Eq. 3.195 di ottenere la soluzione del legame in forma chiusa:

Le variabili di incrudimento in questa funzione sono le


componenti del vettore di deformazione plastica (per la ^H` >C @^V ` ^H p ` >C @^V ` O ­® wF ½¾
parte cinematica) e il moltiplicatore degli sforzi ¯ wV ¿
plastici, per la parte isotropa, che rappresenta una § · T
¨ ­ wF ½­ wF ½ ¸
misura del modulo del vettore di deformazione
¨ ® ¾ ® ¾ ¸
¯ wV ¿¯ wV ¿
plastica. ¨ >C @  T ¸^V `
Considerando il problema diretto, con sforzi assegnati, ¨ ­ wF ½ ­ wF ½ ¸
occorre in primo luogo valutare se M <0 e, qualora sia ¨ ® ¾ >G @® ¾  H ¸
© ¯ wV ¿ ¯ wV ¿ ¹
M =0 risulti M <0. In entrambi i casi il comportamento Eq. 3.199
è elastico e risulta:
La matrice che moltiplica l’incremento di sforzo nella
^H` >C @^V ` Eq. 3.199 è detta matrice di cedevolezza tangente del
Eq. 3.196 materiale.
La procedura per risolvere il problema inverso è
Se invece M =0 e M =0, occorre imporre: analoga. Se M <0 o se, qualora sia M =0 risulti M <0,
allora il comportamento è elastico:

^V ` >D@^H`
Eq. 3.200

47
TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI CAP.3 – LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTO-PLASTICA

dove la matrice che moltiplica l’incremento di


In caso contrario, imponendo M <0, si ottiene ancora deformazione assegnato, ^H` , prende il nome di
l’Eq. 3.197, che contiene, oltre alle incognite H p e ^ ` matrice di rigidezza tangente del materiale.

O , anche l’incognita vettoriale ^V ` che, nel problema


inverso, non è assegnata. La decomposizione addittiva Bibliografia
delle deformazioni elastiche e plastiche ed il legame
elastico, possono tuttavia essere sfruttate per ottenere
AAVV, “Manuale dei materiali per l’’ingegneria””, a
^V ` in funzione di ^H` , che è assegnato nel problema cura di AIMAT, McGraw-Hill Libri Italia, 1996
^ `
ed H p :
^V ` >D@ ^H` ^H p ` Ÿ Corradi L., “Meccanica delle Strutture”, Vol . 1, Mc
Graw-Hill, 1992
^ `
T T
­ wF ½ ­ wF ½
® ¾ >D @^H`  ® ¾ >D @ H 
p
M Khan A.S., Huang S., “Continuum theory of
¯ wV ¿ ¯ wV ¿
plasticity””, John Wiley & Sons, Inc, 1995
^ `
T
­ wF ½
 ® ¾ >G @ H p  HO 0
¯ wV ¿ Malvern L. E., “Introduction to the mechanics of a
Eq. 3.201 continuous medium”, Prentice Hall, 1969

Meyers M. A. ,“Dynamic Behavior of Materials”, John


Analogamente al caso precedente, l’applicazione della
Wiley & Sons, Inc, 1994,
legge di normalità , Eq. 3.177, consente di esprimere
tutte le quantità dipendenti dalle deformazioni plastiche
Mielnik E. M., “Metalworking science and
in funzione di O e delle derivate della funzione di engineering””, Mc-Graw-Hill., 1991
snervamento.

^H ` p ­ wM ½
O ® ¾ O ®
­ wF ½
¾Ÿ
¯ wV ¿ ¯ wV ¿
T T
­ wF ½ ­ wF ½ ­ wF ½
M ® ¾ >D @^H`  ® ¾ >D @® ¾O 
w
¯ ¿V w
¯ ¿V ¯ wV ¿
T
­ wF ½ ­ wF ½
 ® ¾ >G @® ¾O  HO 0
w
¯ ¿V ¯ wV ¿
Eq. 3.202

L’espressione del moltiplicatore plastico si ottiene


dall’Eq. 3.202:

T
­ wF ½
® ¾ >D @^H`
¯ wV ¿
O T T
­ wF ½ ­ wF ½ ­ wF ½ ­ wF ½
® ¾ >D @® ¾  ® ¾ >G @® ¾  H
w
¯ ¿V wV
¯ ¿ ¯ ¿ wV ¯ wV ¿
Eq. 3.203

Infine, l’applicazione del legame elastico permette di


esprimere l’incremento di sforzo in forma chiusa:

^V ` >D @ ^H` ^H p ` >D @§¨¨ ^H` O ­® wF ½¾ ·¸¸


© ¯ wV ¿ ¹
§ ­ wF ½­ wF ½
T ·
¨
¨
> D @® ¾® ¾ >D @ ¸
¸
¯ wV ¿¯ wV ¿
¨ >D @  T T ¸^H`
¨ ­ wF ½ ­ wF ½ ­ wF ½ ­ wF ½ ¸
¨ ® ¾ >D @® ¾ ® ¾ >G @® ¾  H
 ¸
© w
¯ ¿V wV
¯ ¿ ¯ ¿ w V ¯ wV ¿ ¹
Eq. 3.204

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