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Apollonio di Tiana, dovrebbe essere vissuto intorno al I sec d.C. Dovrebbe perchè
anche se pare indubbia la sua reale esistenza, si tratta di una figura circonfusa da un
alone di leggenda. Conosciuto anche con il nome di Apollo di Cappadocia, nasce a Tiana
da una famiglia nobile e ricca che si diceva discendere dai fondatori della città.
L'inizio come la fine della sua vita, sono avvolti nella leggenda e nel mito.
Si racconta che alla madre incinta, apparve il Dio Proteo. Anziché spaventarsi la
donna chiese al nume di chi si sarebbe sgravata: "di me" le rispose l'essere divino.
"Prima parla con gli dèi e poi parla degli dèi", era uno dei suoi detti preferiti,
tramandatoci dai biografi. Quanto ai prodigi legati alla sua nascita,si tratta
senz'altro di una sequenza di simboli che andrebbero osservati con la massima
attenzione, a cominciare dalla apparizione dell'antica divinità marina. E'
probabile che si tratti della personificazione della "Verità", del quale il dio
primordiale, secondo la tradizione, era portatore. Esso infatti, appartiene alla
schiera dei " Vecchi del mare", come venivano denominati alcuni numi, congiunti alle
acque primordiali. Questi hanno la facoltà di mutare se stessi in qualsiasi forma e
creatura del mondo naturale. Ma soprattutto sono contraddistinti da un sapere
sconfinato. In altre parole, la risposta data alla madre potrebbe essere la metafora
di ciò che il nascituro sarebbe diventato, un "simbolo" della sapienza divina.
Infatti il momento della nascita, avviene in un prato popolato da cigni, animali
connessi ad Apollo dio della "Verità" per eccellenza, e sembra ricalcare quello di
Apollo nell'isola di Delo. Come se, il nascituro, che sarebbe stato una delle colonna
portanti del neo-Pitagorismo, non potesse che essere una proiezione del Dio di
Delfo.
Anche il figlio di Leto fu partorito su di un prato, anche allora i cigni cantarono e per
sette volte volarono attorno al dio bambino appena nato. (in Kerényi -Gli dèi e gli
Eroi della Grecia). Al posto della folgore che viaggia verso il cielo, ci fu invece il
rimbombare per l'etere di un suono simile
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del bronzo. Probabilmente
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Apollonio nacque tra gli uomini e, come ci spiega Filostrato, l'avvenimento doveva
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significare che sarebbe stato un uomo strettamente unito al mondo degli dèi, mentre
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Apollo è già parte del mondo divino. Ma se prodigiosa era stata la nascita altrettanto
sorprendente fu la sua morte; anzi in essa doveva ricapitolarsi il mistero che per
sempre lo avrebbe contraddistinto.
Egli infatti, come tutti i personaggi eroici, deve morire e non morire, vale dire che
al posto della morte dove esserci un trapasso che però lascia intravedere un suo
ritorno tra gli uomini. La sua scomparsa, infatti, si verifica in un tempio
consacrato ad Atena, personificazione e immagine della mente di Zeus.
Si racconta anche che possedesse delle facoltà sovrumane, per cui è ricordato come
mago e taumaturgo.
Si dice anche che abbia avuto molti seguaci, sia contemporanei che successivi.
Tuttavia fu anche molto perseguitato, soprattutto da Domiziano. Ciò nonostante,
secondo la leggenda, molti nutrirono per lui una vera e propria venerazione.
Il vero viaggio nel mistero, ha inizio dopo l'attraversamento del Caucaso. Da qui in
poi, il racconto, se guardato in maniera superficiale, diviene fiabesco, con degli
episodi che fanno pensare ai viaggi meravigliosi di Simbad. Raggiunta poi la collina
dei Sapienti che, non per nulla, sono sette, il racconto, se lo si continua ad
osservare solo nella sua apparenza, si fa addirittura "fantascientifico". A motivo
di ciò, non si può escludere che le peregrinazioni dello straordinario personaggio
per l'Asia, vadano osservate non tanto in un' ottica fisica quanto in quella
metafisica e spirituale. Perchè come succede per molte località geografiche,
nominate nei racconti mitologici, è possibile che l'India che Apollonio vuol
raggiungere, non sia da ricercare solamente sul piano geografico, perchè sia lui che
Damis, vi pervengono dopo aver oltrepassato una impervia montagna, oltre la quale si
troverebbe la dionisiaca Nisa: "non siamo lontani dal dio,hai sentito dalla guida
che è vicino il monte Nisa sul quale si dice che Dioniso compia molti portenti" dice
Apollonio al suo seguace, quasi che Dioniso e il suo culto,siano una prolusione al suo
traguardo .
Perchè mai Apollonio tenesse tanto a raggiungere l'India, possiamo spiegarcelo con
quel che racconta Filostrato sulla presenza a Delfo di un disco d'argento
proveniente da lì, sul quale era scritto "Dioniso figlio di Zeus e Semele dall'India
per Apollo delfico". Questo fa supporre che esistessero dei rapporti, quasi dei
legami religiosi e spirituali, tra il mondo Greco Ellenistico e quello Indiano,
soprattutto in ambito orfico-pitagorico. Perchè Delfo è sacra sia ad Apollo che a
Dioniso e Delfo può essere considerata la culla del Pitagorismo. E questo disco
d'argento, proveniente da così lontano, confermerebbe il legame tra le due divinità
e quindi anche tra le due culture religiose, anche se fisicamente così distanti e
apparentemente così dissimili..
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Raggiunta Nisa, infatti, i viaggiatori non si sorprendono di trovare un tempio
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dedicato a Dioniso, circondato da un cerchio di alberi di alloro, pianta
notoriamente sacra ad Privacy Policy
Apollo. Ma(http://www.gruppomacro.com/testi/privacy.php)
su questi si arrampicano tralci di v Chiudi avviso ()
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ite. Inoltre gli abitanti del luogo, hanno consacrato al dio, falci, corbe, torchi e
altri attrezzi per ricavare dall'uva il vino. Segno che si trattava di popolazioni
che avevano in comune con i Greci la coltura e la sacralizzazione della vite. Per
sottolineare l'importanza di questa circostanza, Flavio Filostrato racconta che,
prima di giungere a Nisa, Apollonio e Damis, avevano rifiutato di compiere una
libagione con del vino estratto dalle palme. Indizio questo che fa, degli abitanti di
Nisa, una popolazione con abitudini e credenze particolari, differenti da quelle di
coloro che risiedevano nei territori circostanti. A quanto ci racconta Arriano,
anche Alessandro Magno raggiunse quel luogo e credette di essere pervenuto alla
mitica Nisa, e ne fu a tal punto convinto che elargì la libertà alla gente del posto e,
ornatosi di edera e pampini, celebrò il dio, lanciandosi assieme a quelli del suo
esercito in frenetiche danze dionisiache.
C'è chi ha voluto ravvisare nei loro riti e nelle loro credenze dei riscontri con il
culto di Dioniso. Filostrato racconta che la statua del dio che si trovava nel tempio,
raffigurava Dioniso nell'aspetto di un giovinetto Indiano. Ma si trattava
veramente di Dioniso o era piuttosto una divinità affine? Alain Daniéliou ne era
convinto.
In realtà tutto questo lo avvicina al nostro Hades, a cui il numero tre è attinente. Ma
talvolta Shiva è effigiato con cinque volti, che indicherebbero i suoi cinque
principali aspetti. Tuttavia è rappresentato anche dal fallo, il Lingam, e in quanto
tale simboleggia l'origine di tutte le cose: lui stesso è il Lingam, vale a dire il
principio dell'esistere.
Inoltre vaga con nella mano un tizzone ardente, e Dioniso avanza stringendo una
torcia fiammeggiante. A lui sono sacri i serpenti, dei quali appare cinto, così come è
raffigurato Dioniso, soprattutto come Sabazio, nel qual caso a lui sono
particolarmente cari proprio i serpenti. L'elenco continua con vari esempi che
paiono più che calzanti.
Apollonio vive attorno alla metà del I sec d.C, quanto a Filostrato è dell'epoca dei
Severi, quindi della prima metà del III, molto e molto prima, quindi, che venissero in
auge re Artù e la sua Tavola Rotonda. Froate e la sua dimora, nel contesto, sembrano
essere la premessa ad una iniziazione a qualcosa di enigmatico, che farà seguito alla
permanenza di tre giorni di Apollonio presso il re. Solo e solamente per tre giorni uno
straniero può soggiornare presso questo strano monarca che, pare vivere ai confini
del mondo e al quale la regalità viene conferita da un misterioso gruppo di Sapienti
che sembra provenire da una alterità indecifrabile.
Essi sono coloro che possono conoscere la mente delle persone, come fossero immagini
proiettate in uno specchio. Essi sono coloro che si servono di folgori, con le quali
sono in grado di colpire gli ospiti indesiderati. Infatti colui che è stato
incaricato da Froate di condurre Apollonio verso il luogo dove questi risiedono, ne è
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letteralmente terrorizzato.
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"Dalla terra salì al cielo una folgore" "a Herzeloyde parve di essere sollevata verso
l'alto da una folgore di stella" (Parzifal) .
Anche il fatto che dal colle fossero scagliati fulmini, non deve essere preso alla
lettera. Quando Enea viene condotto da Evandro a conoscere la sua città,gli mostra il
Saturnius Mons, vale a dire l'altura dove sarebbe sorto il tempio di Giove
Capitolino, e anche in questo caso sul colle guizzano folgori " queste mie
genti....han ferma fede di aver veduto qui Giove balenar sovente e far di nembi
accolta".
Ma due sono anche le giare, dalle quali i Sapienti estraggono il vento o la pioggia.
Certamente si tratta di due oggetti portentosi, ma che nella loro apparente funzione
di tipo agricolo (dare al territorio i venti e le piogge che occorrono) celano l'dea di
una doppia natura, simultaneamente materiale e immateriale, che si nasconde entro
le due giare nere, colore ascrivibile a tutto quel che è reale ma "invisibile" . Come è
l'esistenza dei sette Saggi che,appartengono e non appartengono al nostro mondo.
Infatti secondo quel che Damis racconta e che lo stesso Apollonio ha lasciato scritto
: "Essi abitano sulla terra e non vi abitano, e stanno al chiuso senza mura, e non
possiedono nulla se non gli averi di tutti gli uomini"
In effetti questi Sapienti sembrano proprio avere la tipica natura bipolare che
contraddistingue i demoni. Così come dualistici sono gli oggetti che li attorniano.
Infatti Apollonio lasciò scritto che essi sono sulla terra e non vi sono. Tuttavia il
luogo in cui abitano è il centro dell'India e la vetta del colle su cui si trovano è
l'ombelico del paese. Il che significa che in esso si compendiano e si riuniscono non
solo tutte le caratteristiche che li contraddistinguono, ma è anche l'immagine di
ciò che da dualistico si converte nell'Uno". Le particolarità che essi possiedono si
esprimono nei poteri dei quali sono dotati. Potere sulla terra che, dona loro ciò di
cui hanno bisogno senza doverlo ricercare, potere che simbolicamente concede loro
anche di allontanarsi da essa, nel momento in cui pregano, staccandosi dal suolo e
restando immobili in uno stato di levitazione. Il fatto è che per loro si è già
verificata la trasmutazione dal dionisiaco all'apollineo, per loro già si è
realizzato il ritorno all'età felice, quando la Terra era solo Madre e non Matrigna e
dal suo seno giungeva agli uomini tutto quel ad essi serviva. Come per le Baccanti,
dice esplicitamente Filostrato, che ottengono dal suolo ciò che desiderano per cui
"possiedono tutto pur non possedendo nulla". In effetti essi sono tra gli uomini, pur
non essendoci, "stanno al chiuso senza mura" perchè vivono entro una sorta di bolla
invisibile, simile all'aria che li protegge da qualsiasi intemperie.
Si parla inoltre di un fuoco strano che essi traggono dal Sole, che pur essendo
materiale non viene conservato nei focolari ma, permane sospeso nell'aria, simile a
un raggio di luce quando si rifrange sull'acqua. I loro poteri scaturiscono dal
possesso di due oggetti dalle proprietà straordinarie: un bastone e un anello. Il
primo è da sempre simbolo e metafora del comando e allusivo dell'Axis Mundi l'altro
che "appartiene alla "magia degli anelli che si collega allo zodiaco e al più grande
degli anelli: l'eclittica solare, dove ruotano le stelle che orientano i destini
degli uomini" (C.Lanzi- Anello Anello Simmetria) .
Dal dialogo di Apollonio con Iarca, il capo dei Sapienti, si deduce l'oggetto della
ricerca di Apollonio. Uno è infatti il punto saliente alla base della loro dottrina:
la conoscenza, quindi il riscatto dall' Ignoranza, ritenuta la grande colpa e il
limite degli esseri umani. Questa si ottiene attraverso la Memoria, intesa come
prerogativa metafisica mediante la quale raggiungere il proprio "compimento",
vale a dire la propria iniziazione: conosci te stesso e conoscerai chiunque ti stia
davanti. Come Iarca svela ad Apollonio. "noi conosciamo tutto appunto perchè prima
di ogni altra cosa conosciamo noi stessi, infatti nessuno di noi potrebbe accedere a
questa sapienza senza prima conoscere se stesso". Conoscenza e di conseguenza
poteri, che si acquisiscono conoscendo se stessi. E questo può accadere solamente
riandando con la "Memoria" non solamente a tutta la propria vita passata ma anche alle
altre "vite passate". A questo proposito possiamo dire di essere in pieno
Pitagorismo, possiamo dire che dall'Orfismo dionisiaco si è raggiunto il
Pitagorismo Apollineo, e dal Ditirambo si è passati al Peana.
Di un certo interesse è anche la descrizione del banchetto che Iarca offre a un re di una
città vicina. Costui arriva assieme alla sua corte preceduto da un gran fracasso, in
palese contrasto con il "Silenzio" che contraddistingue il luogo abitato dai Saggi.
Altro contrasto è l'abbigliamento del re, fastoso e grondante pietre preziose, con
quello di Iarca e dei suoi che è invece Questo sito utilizza cookies
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seguito di un re mondano, la semplicità e frugalità della dimensione dei Saggi,
caratterizzata dal pitagorico "Silenzio". Certamente simbolica è l' apparizione
dei 4 tripodi colmi di vino ed acqua, con i quali abbiamo un richiamo esplicito al
tripode delfico, simbolo della "Verità". Due di questi contengono rispettivamente
acqua fredda e calda.
L'acqua è spesso immagine del mondo delle cose periture e di quelle materiali. Quella
fredda potrebbe alludere alla morte, l'altra alla nascita, ma anche al suo
contrario. Comunque si tratta sempre delle due polarità che delimitano la
dimensione degli esseri umani e che non è da escludere, si riferiscano alle due porte:
quella dei mortali e quella degli immortali. Quanto agli altri due tripodi, colmi di
vino che dovrà essere stemperato con i due tipi di acqua, è possibile sottintendano
alla divinità che è alla base di uno e dell'altro evento. Per quel che riguarda i
quattro coppieri di bronzo, quasi dei robot, è un chiaro rimando ad Efesto il dio che
per Giamblico rende visibili le ragioni invisibili e che per Saturnino Sallustio,
assieme a Zeus e Poseidon, è una delle tre divinità che elargiscono la vita al mondo.
Il culmine degli eventi lo si raggiunge nel momento del commiato. Iarca offre al re e a
tutti gli altri presenti, una misteriosa coppa, chiamata la coppa di Tantalo,il cui
contenuto non si esaurisce mai. In effetti la figura di Tantalo, nel racconto di
Filostrato, acquisisce una importanza rilevante, quasi si trattasse del fulcro di
un particolare percorso iniziatico. Per i 7 Sapienti, Tantalo personifica il
benefattore dell'umanità, colui che con il proprio sacrificio tenta di affrancare
gli uomini dalla terribile ipoteca della morte. Secondo Iarca, in lui va considerato
chi ruba agli dèi per donare agli uomini ciò che rende immortali. Questo è il motivo per
cui è condannato a restare nel Tartaro, legato a un albero fruttifero e immerso in uno
specchio d'acqua. Ciò nonostante dovrà soffrire in eterno la fame e la sete, perchè
ogni qualvolta tenterà di bere, l'acqua si ritirerà e quando cercherà di afferrare
uno dei frutti degli alberi, questi verranno strappati via dal vento o si
allontaneranno. Perchè forse Tantalo è la personificazione della sapienza umana
che anela al raggiungimento del cibo degli dèi, vale a dire quel cibo che dona
l'immortalità. Anela a nutrirsene, ma tuttavia quando sta per raggiungerlo, questo
si disperde e si allontana.
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