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INCONTRO CON UN UOMO STRAORDINARIO - 34

tratto dal blog http://ilgrandeignoto.blogspot.com di Angelo Ciccarella

1.
L'impero non è mai cessato (P.K. Dick)
Sulla paura generalizzata e sul sentimento liberato da ogni controllo razionale si edificano gli imperi.
Non è un caso se la contemporaneità si rispecchia nei miti gnostici del I secolo d.C. Da Minority
Report fino al Truman Show, dal Grande Fratello televisivo e letterario fino ai vari Matrix, passando
attraverso l'opera più emblematica per comprendere il nostro tempo - intendo la narrativa di P.K. Dick
-, l'uomo contemporaneo si immagina, come l'antico gnostico, rinchiuso in una gabbia di ferro,
chiamata cosmo, generata da un dio decaduto irrazionale e pazzo. L'Impero, secondo la gnosi, è
stato generato dalla paura di un Dio minore che si sente minacciato e che si alimenta della paura di
uomini che non cessano mai di tremare. Se cessassero di tremare l'Impero si scioglierebbe, in un sol
giorno, come neve al sole. Per evitare questa catastrofe occorre perciò che il Terrore sia
costantemente evocato dall'Impero. Non c'è nemmeno più bisogno di un terrore reale. È sufficiente la
minaccia periodica. All'uomo deve infatti essere ricordata costantemente la sua natura pascaliana di
esile canna. Così si potranno all'infinito costruire muri e dispensare protezione. Che ne sarebbe
invece dell'Impero e di quel Dio minorato che lo regge se l'uomo, come insegnano i classici, si
ricordasse della sua somiglianza con il vero Dio e della sua partecipazione a quella natura divina?
(Rocco Ronchi)

2.
La nostra epoca di mass – media trasforma la soggettività della Storia, che per lungo tempo non fu un
problema che per i filosofi, vale a dire di un numero piccolo, in strumento universale per violare e
plasmare la coscienza delle folle e, di conseguenza, in fattore politico essenziale e
primario.(Raymond Abellio)

3.
Fra gli Etruschi…e noi [Romani] c'è questa differenza: noi riteniamo che i fulmini scocchino quando
c'è stato uno scontro di nuvole, essi credono invece che le nuvole si urtino per far scoccare i fulmini.
Infatti, dal momento che attribuiscono ogni cosa alla divinità, essi sono convinti non già che le cose
abbiano un significato in quanto avvengono, ma piuttosto che avvengono perché debbono avere un
significato (Seneca, Nat. Quaest., 2, 32)

4.
Contro le blasfemie dei nuovi archeognostici anglofoni, c'è quel genio incompreso di Peter Kolosimo.
Terra senza tempo, Ombre sulle stelle, l’incredibile Non è terrestre, Odissea stellare, l’inquietante e
castanediano Guida al mondo dei sogni, l’ecumene cosmica di Fratelli dell’infinito, l’ambiguo e occulto
Polvere d’inferno, l’indicibile (fino a sfiorare il comico per la tesi, che è però di fatto una realtà) Italia
mistero cosmico, Civiltà del mistero, Viaggiatori del tempo.

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5.
Gli aforismi di Zurau
Franchino Kafka, tra il 1917 e il 18, se ne va in campagna a Zürau illudendosi di sfuggire agli
scarafaggi e di curare la sua tubercolosi. Si mette a scrivere un centinaio di foglietti di quaderno che
contengono una serie di aforismi e storielle che stanno a metà - e al di sopra, forse - tra Epicuro e lo
stoicismo e che, da soli, valgono almeno quanto il resto della sua produzione letteraria.
La vera via passa per una corda che non è tesa in alto, ma appena al di sopra del suolo. Sembra
destinata a far inciampare più che a essere percorsa.
Da un certo punto in là non vi è più ritorno. Questo è il punto da raggiungere.
Se fosse così, che tu procedi su un piano, con la buona volontà di andare avanti e però fai dei passi
indietro, allora sarebbe una situazione disperata; ma poiché ti stai arrampicando su un pendio ripido,
così ripido come tu stesso appari visto dal basso, i passi indietro possono anche essere causati
soltanto dalla natura del terreno e non devi disperare.
Come un sentiero d'autunno: appena è tutto spazzato, si copre nuovamente di foglie secche.
Leopardi irrompono nel tempio e svuotano i vasi sacrificali; questo si ripete continuamente; alla fine lo
si può calcolare in anticipo e diventa una parte della cerimonia.
Tu sei il compito. Nessun allievo in vista, da nessuna parte.
È ridicolo come ti sei bardato per questo mondo.
Venne data loro la possibilità di scegliere fra diventare re o corrieri del re. Come bambini, vollero tutti
essere corrieri. Per questo ci sono soltanto corrieri, scorrazzano per il mondo e, poiché di re non ce
ne sono, gridano i messaggi ormai privi di senso l'uno all'altro. Volentieri porrebbero fine alla loro
miserevole vita, ma non osano farlo per via del giuramento che hanno prestato.
Mettiti alla prova con l'umanità. Essa fa dubitare chi dubita, fa credere chi crede.
Questa sensazione: «Qui non getto l'ancora» e subito sentirsi trascinati dai flutti ondeggianti.
Due compiti per iniziare la vita: restringere il tuo cerchio sempre più e controllare continuamente se tu
stesso non ti trovi nascosto da qualche parte al di fuori del tuo cerchio.

6.
Gli aforismi di Scandurra

Il Lumen è la traccia che è nascosta in ogni essere e che Dio protegge affinché non sia oscurata da
influenze esterne. Chi cerca questa traccia, la troverà sicuramente e, con l’aiuto di Dio, essa si
espanderà e si diffonderà fino a colmare tutta la persona e il mondo.

Impara sempre, da qualunque cosa.

Siamo sempre agganciati con qualcos’altro.

Non temere il diavolo, arriverà il giorno in cui lui ti temerà, ma per te non avrà più importanza.

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Il potere è una brutta bestia. Spesso è incontrollabile e pronto a divorarti. Se rimarrai umile come
all'inizio del cammino, non potrà farti male.

Ci sono segni sparsi ovunque, ma pure tanti ciechi.

Metti cura in ogni cosa che fai, onori così il tempo che è sempre più scarso, e rispetti ogni tua azione
nata dal cuore.

Dove rivolgi lo sguardo la cosa cambia, perciò devi essere sempre sveglio.

Se ti colleghi al Lumen, nessuno potrà squilibrarti, altrimenti subirebbe il colpo di ritorno.

Bacia il fico prima di mangiarlo, così ringrazi la Natura che è sempre generosa.

7.
“Nemico non è il concorrente o l’avversario in generale. Nemico non è neppure l’avversario privato
che ci odia in base a sentimenti di antipatia. Nemico è solo un insieme di uomini che combatte
almeno virtualmente, cioè in base a una possibilità reale, e che si contrappone ad un altro
raggruppamento umano dello stesso genere. Nemico è solo il nemico pubblico, poiché tutto ciò che si
riferisce ad un simile raggruppamento, e in particolare ad un intero popolo, diventa per ciò stesso
pubblico. Il nemico è l’hostis, non l’inimicus in senso ampio: il polemios non l’echthros. La lingua
tedesca, come altre, non distingue fra ‘nemico’ privato e politico, cosicché sono possibili, in tal campo,
molti fraintendimenti ed aberrazioni. Il citatissimo passo che dice “amate i vostri nemici” (Matteo, 5,
44; Luca, 6, 27) recita “diligite inimicos vestros” e non “diligite hostes vestros“: non si parla qui del
nemico politico. Nella lotta millenaria fra Cristianità ed Islam, mai un cristiano ha pensato che si
dovesse cedere l’Europa, invece che difenderla, per amore verso i Saraceni o i Turchi. Non è
necessariamente odiare personalmente il nemico in senso politico, e solo nella sfera privata ha senso
‘amare’ il proprio nemico, cioè il proprio avversario. Quel passo della Bibbia riguarda la
contrapposizione politica ancor meno di quanto non voglia eliminare le distinzioni di buono e cattivo,
di bello e brutto. Esso soprattutto non comanda che si debbano amare i nemici del proprio popolo e
che li si debba sostenere contro di esso”. Carl Schmitt, (Plettenberg 1888-1985)
giurista e pensatore politico tedesco.

8.
Calcina viva nuova 10 libbre, acqua barilli 4, carbone di frassino. Covri la grata della fornace co'
carboni accesi a fiamma di brace; con ausilio di mantici a basso vento. Cala il Modello da covrire in
una vasca ammattonata; indi covrilo con velo sottilissimo di spezial tessuto bagnato con acqua e
Calcina. Modella le forme e gitta lentamente l'acqua e la Calcina Misturate. Per l'esecuzione: soffia
leve co' mantici i vapori esalati dalla brace nella vasca sotto il liquido composito. Per quattro dì ripeti
l'Opera rinnovando l'acqua e la Calcina. Con Macchina preparata alla bisogna Leva il Modello e

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deponilo sul piano di lavoro, acciocché il rifinitore Lavori d'acconcia Arte. Sarà il velo come di marmo
divenuto al Naturale e il Sembiante del modello Trasparire. (Raimondo di Sangro principe di San
Severo, in un documento dell'Archivio Notarile di Napoli, rogato in data 25 novembre 1752, indicò le
istruzioni per marmorizzare un velo).

9.
Si può infatti negare la produttività di qualsiasi sforzo inteso a comprendere e definire ciò che è
destinato a rimanere invisibile (e figuriamoci poi se l'entità indagata è doppiamente invisibile); si può
sostenere che l'uomo non può accedere alla sfera dell'idea platonica, anche ammettendo per
intuizione che essa sia la sede del suo essere, ed anzi si può addirittura definire questo volgersi
indietro verso la patria originaria come un'audacia rischiosa, pericolosa come la libertà che pure viene
da lì. Rimane il fatto che l'immagine di questa patria lontana produce quell'incessante nostalgia che ci
accompagna per tutta la vita. (Broch, H. 1955 ‘Politik. Ein Kondensat’ in H. Arendt ed. Hermann
Broch. Erkennen und Handeln, Band II. Zürich: Rhein-Verlag, cit. in Esposito 1999, p. 144 )

10.
“[...] Il racconto mitico riveste così spesso tutti i valori; mette in giuoco dei jolly o elementi bianchi. Per
questo sta a monte, sempre, dell'insieme delle spiegazioni, tutte lineari ed analitiche, tutte inclinate. Il
mito include la storia; e invece nessuna storia spiega il mito”. (Serres M. (1991), Roma, Il libro delle
fondazioni, Hopeful Monster editore, Firenze, pp. 45-46 )

11.
Scandurra mi dava una lezione di storia ben diversa da quella che avevo ricevuto dalla scuola, la
quale mi aveva trasmesso un solido schema di fatti, una cronologia. Scandurra, invece, mi offriva
vertiginose visioni topografiche d'insieme. Non allenava la mia memoria, ma saggiava la mia fantasia.
Le sue non erano nozioni o informazioni. Era un 'sapere' di altro genere. Per la cultura profana, la via
della conoscenza passava per un sapere universale, sempre accessibile a tutti. Ogni uomo di buona
volontà poteva assimilarlo e percorrere così la via che conduce alla verità. E la verità è la somma di
ciò che si può sapere. Scandurra invece sosteneva che la verità è ciò che non si può e non si deve
esprimere. È per sua natura segreta. Il sapere a essa legato non può essere comunicato per via
diretta. Il mezzo per comunicarla è l'immagine mitica. Quello che chiamava coscienza profonda era in
realtà partecipazione a un sapere esoterico di cui possedeva la chiave. Si sentiva custode di un
mistero. Arcano era una delle sue parole preferite, che veniva fuori di continuo. Ma per quanto
segreta, incomunicabile, la sapienza attraverso Scandurra diveniva visibile, palpabile, dimostrativa. La
chiave non se la teneva stretta, la donava e solo così, diceva, poteva conservarsi intatta, segreta.

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DAREST SHARMA 2

Basta un attimo e, come si dice da noi, 'sei del


gatto'. Ebbi un giramento di testa. Persi l'equilibrio
e quella strana cosa serpentiforme che
fuoriusciva dal muro mi avviluppò, oppure mi
entrò dentro e vomitai. Cambiò scenario
immediatamente. Mi trovavo disteso su di un
tavolaccio al centro di uno stanzone in penombra.
Sembrava una di quelle cucine ancora in uso nei
nostri casali di campagna. Ero nudo come un verme, tremavo e battevo i denti, mi misi seduto e vidi
per terra diverse pozze di sangue con sopra centinaia di insetti e dei secchi sparpagliati, pieni di
budella e frattaglie. Appesi ai muri c'erano utensili come coltellacci e frese, seghe, ganci e corone di
ferro, mannaie di tutte le misure e batticarne. Ahimè! Se mi trovavo veramente in una cucina, quel
giorno avrei fatto parte del menù. Diamine, cosa ci facevo lì? E come era potuto succedere?
Abbassando la guardia, evidentemente Deya aveva mostrato il suo volto peggiore. Il Bagliore mi
proteggeva dai gorghi dimensionali, dai demoni in agguato; la disattenzione nel sostenerlo mi stava
costando un prezzo mortale. Mi feci anima e coraggio, tentai di riaccendere la Luce, ma non
rispondeva. Scesi dalla tavola, cercando di non calpestare il sangue disseminato un po' ovunque e mi
avvicinai al finestrone. Ciò che vidi non mi tranquillizzò affatto. Mi trovavo dentro un castello, con mura
formate da pietroni inframmezzate da torri altissime. Sorse un pensiero raccapricciante: ero
prigioniero di Darest Sharma. Discendo dall'aeronave e subito mi faccio sorprendere dai tre emissari;
inizio la missione con Mastro Fornari e Ranna, e già sono 'beccato' da chissà quale satanasso e
portato allo scannatoio. Mi si prese uno sconforto sconfinato. Scandurra dove sei? Ripetevo. Dio in
che pasticcio mi sono messo? Invocavo.

“Aoh? Prima missione ed eccoti incasinato. Questi nuovi allievi... si fa presto a dire salta-fossi”.

Dietro di me stava Scandurra col cappottone da profugo. Fu naturale abbracciarlo. Mi sentivo come
un pischello in cerca di avventure che si era perso nel bosco. Non mi vergogno a dirlo, ma scoppiai a
piangere. Il maestro si levò il cappotto e me lo fece indossare.

“Copriti, se mi pigli freddo altro che Bagliore”.

Ero contento come una pasqua. Scandurra c'aveva sotto un altro cappottone, come suo solito era
sempre attrezzato. Non gli chiesi nemmeno come aveva fatto a venire sin lì, né come aveva saputo
della mia disavventura. Era Scandurra, e questo bastava e avanzava.

“Ora, andiamo via di qua. Qualcuno sta già preparando il condimento. Non senti che odorino?”.

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Lo seguii verso l'uscita. La sua tipica andatura non mutava nemmeno in quest'altra dimensione.
Percorremmo un corridoio malamente illuminato da fiaccole. Eravamo in pieno medioevo, almeno
così appariva quel posto. I piedi mi dolevano per delle piccole ferite causate dal pavimento di lastroni
grezzi. Ad un certo punto, Scandurra mi fece cenno di acquattarmi.

“Daglie de tacco daglie de punta, quant'è bbona la sora Assunta [traduzione politicamente corretta:
nello spazio qualunque retta è condannata a curvarsi, fino a ritornare al suo punto iniziale.]”. Cantilenò
a mò di stornello.

Brrrrrr... il suono del passaggio e così ci trovammo al centro di uno stagno in mezzo ad un bosco.
Scandurra aveva preso la prima uscita disponibile del GRA interdimensionale, ed eccoci lontano da
quel luogo d'incubo. Non avevo contezza dell'accadimento. Era semplicemente avvenuto.

“Bene, ora raggiungiamo i nostri amici che staranno in pensiero. Vicino a quel macchione ho nascosto
un po' di cose che ti serviranno, visto come sei conciato. È meglio che non ti presenti a mastro Fornari
e soprattutto a Ranna in questo stato. Potrebbero schifarsi ed io ho una certa reputazione da queste
parti. Eh eh eh”.

Giunti al macchione trovammo una busta della spesa di un noto supermercato di Viterbo, contenente
un calzone di velluto marrone, un camicione a quadri rosso-blu, un gilet beige da cacciatore,
scarponcini militari e calzettoni di lana, un tascapane liso e macchiato. Indossai velocemente i vestiti e
ci dirigemmo verso l'appuntamento con gli amici.

“Avrai fame. Lì dentro ci trovi uno sfilatino con coppa, sottaceti e da bere il solito peroncino. Regolare,
no?” indicandomi il tascapane.

Ci trovavamo in un altro universo e stavo mangiando la mia merenda preferita che Scandurra aveva
fatto preparare dal sor Michele, titolare di una drogheria a Pianoscarano, antico quartiere di Viterbo.
Regolare, no? Mi venne pure in mente una domanda atroce: quanto tempo era passato da quando mi
ero immerso nella fossa? Che cosa avrebbero fatto i miei vecchi? Una certa inquietitudine mi prese.
Poi, mi resi conto che il vero, reale, impellente problema riguardava il qui e ora. Dovevo allontanare
ogni altra preoccupazione e concentrarmi sul presente. La facilità dimostrata dalla creatura del
sottomondo nel rapirmi e condurmi al mattatoio, era la conferma, ancora una volta, che si stava
combattendo una guerra terribile e non potevo certo permettermi di 'sbracare'.

“Buono lo sfilatino, eh? la 'biretta' è fredda però”.

Scandurra trovava anche in questo caso il tempo di celiare, ma forse ogni momento e cosa, per lui,
avevano la loro importanza. Viveva contemporaneamente in più dimensioni. Una manifestazione di sé
era capace di interagire su più piani, così come manipolava il tempo o sequenze di esso quando

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doveva deviare la linea destinale di qualcuno animato da cattive intenzioni, o evitare il peggio per
qualcun altro che si fosse trovato in una data situazione pericolosa. Interrompeva le volute del kaos e
le deviava altrove dove non potevano nuocere. Per non parlare di quanto appena avvenuto, ossia del
trasferimento subitaneo dallo stanzone del castello allo stagno, senza mediazioni di porte e
camminamenti interdimensionali. Ma chi era veramente Scandurra? Anonima Talenti allo stato puro.

“Ci raggiungeranno ai quattro avamposti di osservazione, se già non si trovano lì. Sono dei
propugnacoli di difesa, sparsi in punti chiave di Deya”.

Affrettammo il passo lungo quel sentiero che zigzagando si inoltrava nel bosco. Era notte, ma
assomigliava piuttosto ad una sorta di crepuscolo rossoviolaceo che trascolorava le forme delle cose
in maniera bizzarra e durava fino al mattino. Intanto ascoltavo una misticanza di versi e di suoni con
effetto risonanza, che provenivano da ogni parte. Non avevo paura, mi sentivo un drago a fianco del
maestro. La pagnottella mi aveva rigenerato e non ansimavo nemmeno. Chiesi a Scandurra se
avremmo fatto la stessa strada per entrare al castello.

“Lì, saranno tutti in allarme. Dovremmo sorprenderli, busseremo alla porta principale”.

Bella sorpresa!, pensai io, ma non replicai. Incominciavo a far parte di uno spazio di manovra dove
entravano in gioco criteri strategici fuori da ogni logica. Scandurra era fuori da ogni logica. Era così
fuori da essere dentro ogni cosa.

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