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SOLIDI CRISTALLINI E VETROSI

La materia, secondo la teoria corpuscolare, è formata da piccolissime particelle che


esercitano tra di loro un’ attrazione reciproca la cui intensità varia, generando la sua
classificazione in tre modelli: solidi, liquidi e aeriformi.
Una sostanza è allo stato solido quando le particelle sono legate da forze attrattive
molto forti.
Le particelle di un solido essendo molto legate non sono libere di muoversi, al
massimo possono compiere delle piccole oscillazioni, allontanandosi o avvicinandosi
rispetto ad un punto fisso (moti vibrazionali).
I solidi hanno una forma propria, un volume ben definito e sono incomprimibili.
Essi si distinguono in: solidi cristallini e solidi amorfi (vetrosi).

I solidi cristallini sono composti da particelle disposte in modo ordinato in una


struttura geometrica tridimensionale chiamata reticolo cristallino. Il reticolo
cristallino è formato da piani reticolari paralleli. Ogni piano reticolare è composto da
filari ovvero allineamenti di particelle sulle rette. La posizione occupata da ogni
particella nei filari viene chiamata nodo. L’unità elementare del reticolo cristallino
che è tridimensionale viene denominata cella elementare.
Le proprietà caratteristiche dei solidi cristallini sono la durezza e la fragilità.
La durezza è la resistenza che un corpo solido cristallino oppone per non essere
scalfito da un altro solido ed essa dipende dall’intensità delle forze attrattive che
legano le sue particelle.
Il valore della durezza si misura utilizzando la scala Mohs. Tale scala considera dieci
solidi cristallini ognuno dei quali ha un proprio indice di durezza. In questa scala il
minerale meno duro è il talco, mentre il più duro è il diamante.
La fragilità, invece, è la tendenza di un materiale, come il cristallo, a fratturarsi se lo
si sollecita con l’applicazione di una forza. I materiali fragili si caratterizzano per il
fatto che fino a quando la forza applicata non supera la forza di coesione tra le
particelle essi non mostrano alcun segnale di cedimento. Quando invece l’intensità
della forza applicata diventa superiore alle forze di coesione tra le particelle che
compongono il solido, esso si frantuma.
Bisogna precisare che alcuni materiali hanno una capacità che deriva dal fatto che le
particelle sono legate tra di loro in maniera leggermente inferiore per cui, se
sollecitati da una forza le particelle si spostano. Ciò che ne deriva è che il materiale si
deforma. La capacità di deformarsi di un corpo viene chiamata duttilità.
Bisogna precisare, dunque, che la circostanza che un materiale sia duro, non
significa che esso sia poco fragile. Infatti, abbiamo dei materiali con un indice di
durezza elevato, ma che sono fragili. Se compariamo, ad esempio, due solidi quali il
diamante ed il piombo, possiamo notare che il primo è più duro del secondo, ma
rispetto ad esso è più fragile, anche perché quest’ultimo è duttile, quindi
deformandosi assorbe una parte della forza applicatagli.
Molto utile per verificare la struttura cristallina dei solidi è l’esperimento relativo al
solfato di rame che, dissolto nell’acqua anche con l’aiuto di una fonte di calore, si
libera dalle impurità per filtraggio e, dopo l’evaporazione dell’acqua, si ricristallizza.

Un corpo solido si dice amorfo invece quando si caratterizza per la disposizione non
ordinata delle particelle che lo compongono. I solidi amorfi sono privi di struttura
cristallina.
In un solido cristallino le particelle sono disposte secondo uno schema identico in
tutto il cristallo; nei solidi amorfi invece, le particelle solo in alcuni tratti seguono
uno schema regolare, perlopiù prevale il disordine.
La loro struttura è molto simile a quella dei liquidi, ma ci sono delle differenze.
Infatti, i solidi amorfi, a differenza dei liquidi, hanno una forma e un volume ben
definiti. Inoltre, le particelle dei solidi amorfi, a differenza di quelle dei liquidi, non
sono in grado di muoversi.
Nell’ambito dei solidi amorfi una posizione particolare è occupata dal vetro.
Esso si ricava dalla silice fusa che, se raffreddata normalmente, ritorna allo stato
solido; se invece la silice fusa viene raffreddata in maniera veloce, le particelle si
sistemano in maniera disordinata, dando vita ad un solido amorfo. In questo caso si
dice che la sostanza non si solidifica, ma si sottoraffredda. Questa particolarità del
vetro induce a definirlo sia un solido amorfo, sia un liquido sottoraffredato.
Sulla base di questi principi un ingegnere inglese di nome Alastair Pilkington fondò
un’azienda per la fabbricazione di vetro piano di alta qualità, noto come “vetro
float”. Esso viene utilizzato nell’edilizia, nel settore automobilistico, nel settore dei
sistemi di difesa e anche nell’elettricità.
Per ottenere vetro float si utilizza come elemento principale la sabbia cui vengono
aggiunti altri elementi, come carbonato di sodio, solfato e rottame di vetro. I
materiali aggiunti alla sabbia servono per abbattere la sua temperatura di fusione.
La miscela viene fusa a circa 1600°C e subito dopo il vetro viene portato nella sala di
galleggiamento dove viene versato su una superficie di stagno fuso. Alla fine di
quest’ultima fase, la temperatura del vetro è di circa 600 °C ed entra, ormai allo
stato solido, in una camera di ricottura che serve a modificare le tensioni interne.
Subito dopo il vetro viene sollevato e posto in un tunnel di raffreddamento cui
segue la fase del taglio.

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