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RIFLESSIONI SULLA RIVOLUZIONE TUNISINI

Di Imed, da Tunisi

L’ammiraglio Fulvio Martini, ex capo del SISMI, dichiarò con orgoglio - 11 ottobre 1999 - che fu l’Italia a
costruire la successione fra Burghiba (1° Presidente della Repubblica Tunisina) e Ben Ali (2° Presidente della
Repubblica Tunisina) garantendo una rete di sicurezza al “golpe costituzionale” del 7 novembre 1987.
Dichiarò anche che gli americani non furono coinvolti.

Personalmente, ritengo che nessun paese straniero sia stato coinvolto OPERATIVAMENTE nel golpe del 7
novembre 1987 che portò al potere il Generale Ben Ali e posso affermare, senza timori di smentita, che il
SISMI non è mai stato così AUTONOMO da partecipare a un colpo di stato senza il consenso della CIA.

Nel nome della SICUREZZA NAZIONALE, gli Stati Uniti hanno esercitato un forte dominio strategico e
hanno inteso estenderne la portata, sul piano internazionale, ben al di là della difesa dalle ingerenze straniere
e dell’indipendenza del proprio territorio da attacchi militari. In questa logica, gli Stati Uniti hanno lavorato
per imporre a tutti i paesi arabi (Nord Africa e Medio Oriente) uno stato di “PACE” contro qualsiasi ipotesi
di “GUERRA (contro Israele)” unito ad uno stato di “STABILITÀ” contro qualsiasi ipotesi di
“INSTABILITÀ”.

Agli inizi degli anni ottanta, l’instabilità dell’Algeria minacciava di estendersi alla confinante Tunisia a causa
della rivoluzione islamica iraniana. Questa situazione, sicuramente confliggente con il disegno strategico
degli Stati Uniti, portò alla creazione in Tunisia del “regime blindato” di Ben Ali, che doveva fornire un
modello di riferimento di sviluppo socio-economico con l’ESCLUSIONE DAL POTERE DELLA
CORRENTE ISLAMICA.

UN REGIME BLINDATO

Il “regime blindato” di Ben Ali, sostenuto dagli Stati Uniti e i paesi occidentali satelliti – inclusa l’Italia
dell’ammiraglio Fulvio Martini -, si basava su quattro punti fondamentali: l’informazione, l’istituzione, la
tecnologia e i mezzi di repressione.

1) L’informazione.

I giornalisti indipendenti furono sistematicamente tormentati e umiliati per ordine di Ben Ali e spesso
dovevano ricorrere a lunghi scioperi della fame per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla
violazione dei loro più elementari diritti.

L’ATCE (l’Agenzia Tunisina della Comunicazione Estera), diretta da Abdelwahab Abdallah, ha soffocato,
durante il regime di Ben Ali, ogni forma di libertà d’espressione controllando tutti i mass media grazie alla
gestione della pubblicità di tutte le imprese pubbliche e all’ingerenza nelle scelte pubblicitarie del settore
privato. Molti milioni di Euro hanno consentito all’ATCE di esercitare una certa influenza sui giornalisti
stranieri, sui responsabili politici stranieri e sugli autori di libri per presentare al mondo Ben Ali come un
grande personaggio politico internazionale portatore di un messaggio umanitario, scudo contro l’Islam
radicale e fautore di un miracolo economico in Tunisia. La stampa nazionale, completamente controllata dal
regime, riproduceva lo stesso discorso ponendo l’accento sulla sua fonte “neutrale”per ingannare meglio
l’opinione pubblica.

LA CATTEDRA BEN ALI PER IL DIALOGO DELLE CIVILTÀ E DELLE RELIGIONI, creata nel 2001 da
Ben Ali e di cui è stato sempre titolare il Prof. Mohamed Hsin Fantar, invitava regolarmente illustri
professori universitari di tutto il mondo ai convegni internazionali, che organizzava in alberghi di lusso, al
fine di diffondere un’immagine positiva del regime. Grazie a questo meccanismo, è stata conferita a Ben Ali
più di una laurea Honoris causa da Università italiane e straniere. Quella dell’università di Macerata è così
motivata: “…fautore (Ben Ali) del dialogo interreligioso e di una politica estera volta a promuovere il
confronto e la collaborazione tra i paesi islamici e l’Occidente…”.

Nel 2003, subito dopo il mio rientro in Tunisia (dopo 21 anni passati ininterrottamente all’estero) sono stato
invitato, in quanto autore tunisino d’espressione italiana, a partecipare a un convegno internazionale (Osmosi
etno-culturale nel Mediterraneo) organizzato dalla Cattedra Ben Ali (erano presenti 6 universitari italiani). In
seguito, declinai tutti gli inviti di partecipazione alle iniziative della Cattedra Ben Ali. Di recente, rifiutai di
partecipare a una serata organizzata dalla “Casa del poeta” anch’essa, strumento nelle mani di Ben Ali, come
qualsiasi associazione.

Il 6 Agosto 2010, Imed Trabelsi (ora detenuto), ex-sindaco di La Goulette e nipote di Leila Ben Ali, usando
lo stesso meccanismo propagandistico, ha ricevuto dall’ARCIVESCOVO DELLA TUNISIA, Maroun
Lahham, la medaglia commemorativa del PONTIFICATO BENEDETTO XVI in segno di amicizia e di
apprezzamento dopo una conferenza alla quale ha partecipato anche il Prof. Mohamed Hsin Fantar e durante
la quale è stato annunciato di far rivivere la tradizione della processione della Madonna di Trapani per le vie
di La Goulette.

La famiglia Ben Ali è stata alla testa di un impero mediatico che copriva tutti i settori, dalla stampa scritta
alla televisione (RADIO MOSAIQUE FM, CHAMS FM, ZITOUNA FM, JAWHARA FM, EXPRESS FM,
CARTHAGE TV, HANNIBAL TV, IL GRUPPO EDITORIALE DAR ASSABAH). La TV pubblica era
monopolio di Ben Ali.

Due esempi concreti aiutano a capire il livello della censura messa in atto da Ben Ali per controllare
l’informazione:

- Mia sorella ha ordinato alla libreria Claire Fontaine di Tunisi un libro pubblicato in Francia e scritto
da un economista tunisino. L’autore criticava le scelte economiche del regime. Dopo un mese, mia
sorella ha ricevuto una telefonata dalla libreria: il libro è stato bloccato alla dogana, è censurato.

- Un editore trapanese mi ha inviato una quarantina di copie dell’edizione bilingue di una raccolta di
poesie DA ME TRADOTTE. Il pacco è stato bloccato. Mi sono fatto rilasciare una autorizzazione
dal MINISTERO DELL’INTERNO per fare entrare in Tunisia la traduzione italiana del maggior
poeta tunisino, DECEDUTO IL 9 OTTOBRE 1934.

L’ORGANIZZAZIONE DI VERTICI INTERNAZIONALI E EVENTI SPORTIVI ha offerto al regime


l’occasione di presentare la Tunisia al mondo come un paese moderno e politicamente stabile.

- Tunisi è stata la prima città a ospitare per due volte i Giochi del Mediterraneo. Nel 2001, ha stabilito
il record di nazioni partecipanti (23).

- Nel 2004 la Tunisia ha ospitato la Coppa d’Africa vincendo la competizione e ubriacando il popolo.

- Nel 2005 la Tunisia ha ospitato la seconda fase del Vertice Mondiale sulla società dell’informazione,
organizzato dalle NAZIONI UNITI, mentre la censura della rete da parte del governo Ben Ali era
cosa nota. Durante questo vertice, la moglie di Ben Ali ha presentato al mondo la sua associazione
BASMA (sorriso!), creata nel 2000 per promuovere l’inserimento dei portatori di Handicap nella
vita professionale. Con il decreto 456 del 2006 l’associazione è stata riconosciuta di interesse
nazionale e i finanziamenti governativi previsti per le associazioni simili sono stati attribuiti a
BASMA (sorriso!) di Leila Ben Ali.

- Nel 2009 la Tunisia ha ospitato la Coppa del Mondo di Pallamano.


2) L’istituzione

Il controllo del parlamento ha consentito a Ben Ali di legiferare in modo dispotico per offrirsi una copertura
legale.

Le leggi sulla stampa, l’informazione radiofonica e televisiva offrivano la copertura giuridica per censurare e
soffocare qualsiasi voce di dissenso.

Nel 1992, Ben Ali ha elaborato una nuova legge sulle associazioni - che ha ridotto al silenzio la Lega
Tunisina dei Diritti dell’Uomo - e il Governo ha ratificato tutti i trattati internazionali in materia di diritti
umani. Subito dopo, migliaia di islamisti sono stati arrestati, torturati e processati.

Nel 1997, sono stati aggiunti 5 paragrafi all’articolo 8 della costituzione vietando di fatto la formazione di
partiti politici i cui principi, obiettivi, attività o programmi poggiano su una religione, una lingua, una razza,
un sesso o una regione. Questa modifica costituzionale ha negato legalmente al movimento islamico
Ennahdha (già messo al bando) la possibilità di partecipare alla vita politica del paese.

3) La tecnologia

Gli Stati Uniti hanno dotato l’apparato poliziesco di Ben Ali delle più moderne tecnologie d’intercettazione
delle comunicazioni telefoniche e di controllo della rete.

4) I mezzi di repressione

Il regime di Ben Ali ha assunto un numero sproporzionato di poliziotti rispetto a quello degli abitanti.

La repressione delle manifestazioni avveniva sempre con l’uso sproporzionato della forza che provocava
diversi morti.

La fabbricazione di false prove da parte della polizia e i processi basati sulle confessioni strappate sotto
tortura hanno consentito all’apparato repressivo di Ben Ali di zittire qualsiasi forma di dissenso.

La tortura è stata una pratica sistematica nella Tunisia di Ben Ali. Il governo accordava l’immunità ai
responsabili della tortura negando continuamente tutte le accuse fatte anche dalle organizzazioni
internazionali.

Ben Ali ha negato il permesso di entrare nel paese di relatori speciali sull’indipendenza dei giudici e degli
avvocati e sulla promozione e la protezione del diritto alla libertà d’opinione e d’espressione.

Un esempio concreto di sostegno “Occidentale” all’apparato repressivo di Ben Ali:

- Nel mese di aprile 2003, rientrai in Tunisia (dopo 21 anni trascorsi all’estero in modo ininterrotto).
Sono stato interrogato dal più potente apparato di polizia, quello politico. Ho scoperto che i servizi
tunisini sapevano (grazie a una informativa italiana) che il numero telefonico di casa mia e quello di
mia sorella sono stati trovati in una agenda sequestrata a Michele Pegna, un militante dell’estrema
sinistra italiana (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2002/12_Dicembre/17/brscheda.shtml).
Spiegai la circostanza e la regione per la quale ho fornito quei numeri telefonici tunisini a Michele
Pegna. Ho posto l’accento sul fatto che i comunisti si erano suicidati in massa 14 anni prima. E
firmai un verbale nel quale si evidenziava che sono ateo, che non ho alcun rapporto con “gli
islamici” e che non ho alcun proposito di occuparmi di politica. Dopo un anno, durante il quale i
miei telefoni e quelli di mia sorella erano sotto ascolto, il mio fascicolo è stato chiuso. Non subii
alcuna tortura.
Per approfondire l’argomento dell’apparato repressivo:

http://fortresseurope.blogspot.com/2006/01/tunisia-la-dittatura-sud-di-lampedusa.html

In questo clima di terrore hanno dilagato la corruzione, l’estorsione e l’illegalità gestita dall’apparato
repressivo di Ben Ali. Prima del mio rientro in Tunisia (avvenuto nel 2003 dopo 21 anni passati
ininterrottamente all’estero), basandomi sulle informazioni che ricevevo dai miei familiari, ho descritto
questa situazione nel capitolo ‘Careless whispers’ del mio romanzo “Un tè alla menta” – rimasto inedito.

Careless whispers

— Buongiorno, Sara.

— Buongiorno, Omar, — ha ricambiato Sara richiudendo delicatamente lo sportello della macchina.

— Che mattinata luminosa, oggi, — hai esclamato con un sorriso.

— Vuoi farmi un complimento, Omar, — ha detto Sara. — Oppure vuoi dire che il tempo è bello
davvero?

Hai allargato le mani in un gesto che stava a significare “Guardati!”, e hai distolto lo sguardo
consentendo a Sara di leggere esattamente quello che voleva. Hai ingranato la prima e l’auto si è immessa
nel traffico e ha puntato all’autostrada, in direzione del Golfo di Hammamet.

Nel corso dei sessanta chilometri percorsi per raggiungere una spiaggia tra l’albergo Palm Beach e Résidence
Jannet, non ti sei stancato mai di sentire Sara. Ogni tanto hai parlato anche tu, ma il più delle volte hai
ascoltato, soprattutto quando i suoi discorsi iniziavano in modo intenzionalmente sciocco. — Mi sono
spezzata un’unghia lavando la tuta da lavoro di mio fratello. Che peccato, era bellissima! — E diventavano
dopo interessanti: — Mi sta prendendo per una serva da quando è morta mia madre. Si limita a buttare i
panni sporchi nel cestino, a volte me li lascia sparpagliati sul pavimento; non rifà il suo letto la mattina e
vuole trovare le sue camicie lavate e stirate. Mai, dico mai, Omar, una parolina di ringraziamento. Mi
comprasse una lavatrice, almeno!

Prima di arrivare alla spiaggia, mentre la macchina percorreva la Route touristique Hammamet Nord,
un agente della polizia stradale ti ha fatto segno con una paletta di fermarti. Hai accostato e parcheggiato in
un pozzo d’ombra sotto un albero indicato dal secondo poliziotto, che ti ha salutato in modo vagamente
marziale e ti ha domandato in francese:

— Votre permis de conduire et la carte grise s’il vous plaît, monsieur.

Hai preso la patente e il libretto e mentre ti accingevi a consegnarli al poliziotto hai detto :

— Parli pure in arabo, la targa è estera ma sono tunisino!

— Allora si tenga pure i suoi documenti, signore, non occorrono più.

Lo hai guardato perplesso e lui ha aggiunto in tono pacato:

— Ha superato i limiti di velocità, signore.

— Come? Stavo per girare a destra. Guardi, mancano meno di dieci metri; è impossibile che abbia
superato i limiti di velocità, — hai protestato guardandolo fisso.

— Forse si era distratto, signore, — ha detto il poliziotto pronunciando la parola signore con una
studiata affettazione.
— Assolutamente no. Stavo attento perché non mi ricordavo bene la strada, — hai insistito con una
smorfia.

— Questo non vuole capire, collega, — ha sbottato il poliziotto allargando le braccia, poi si è rivolto a
te di nuovo: — Una multa le costerebbe cara, sa?!…Poi la perdita del suo tempo con tutto questo caldo — .
Ed è rimasto per un bel po’ a fissarti ridacchiando.

Sara ha preso dalla sua borsetta due biglietti da cinque dinari e li ha messi nella mano del poliziotto che
si è infilata nell’abitacolo fulminea come un cobra all’attacco, e gli ha detto con parole melate:

— Buona giornata … non ti ha capito perché ha vissuto troppo all’estero!

— Che cosa hai combinato, Sara? — hai chiesto in tono di disapprovazione.

— Ti facevo più sveglio, — ha replicato aspra Sara premendo un pulsante per chiudere il finestrino. —
Ficcatelo in testa, Omar, in Tunisia tutto funziona così e quei due cagnacci non ci avrebbero mollato. Dài,
andiamo al mare, non ci facciamo rovinare la giornata per dieci dinari — . E ha emesso un lungo soffio come
per fare volare via se stessa.

Hai fatto un grugnito di disappunto e hai riacceso il motore fantasticando che l’idea di una scazzottata
con quei due pagliacci non ti sarebbe dispiaciuta, e dopo aver svoltato a destra diretto alla spiaggia hai potuto
evocare il ricordo di un colloquio fatto con tua sorella Leila quando eri ancora in Italia:

— I paesani qui mi raccontano che la polizia tunisina si sta comportando peggio della camorra, —
avevi detto aprendo l’argomento.

— La corruzione dilaga ovunque. Spesso prende la forma dell’estorsione. Il paese sembra interamente
nelle mani di una mafia in divisa. Addirittura il Presidente della Repubblica ha fatto un discorso in
televisione contro la corruzione e chiedeva retoricamente: “ Che cos’è questa storia della khmissa e della
ascira? ” — aveva affermato Leila appoggiando i gomiti sul tavolo.

— E che cosa significa cinquina e diecina? — avevi chiesto protendendoti in avanti.

— I biglietti da cinque e da dieci Dinari, Omar! Te li chiedono il funzionario pubblico per un servizio,
il poliziotto … tutti i pubblici ufficiali.

— Ma i dieci Dinari sono gli spiccioli, Leila. Il Presidente doveva parlare di un’altra corruzione, quella
che raggiunge i milioni di Dollari, connessa agli appalti per le opere pubbliche e ai rapporti con le società
straniere che fanno affari d’oro in Tunisia, — avevi affermato lanciando un’occhiata a tua madre che
annuiva.

— Lui ha costruito una residenza privata a Sidi Bou Said, a pochi chilometri da Cartagine e di notte
qualcuno ha scritto sul muro di recinzione: Caisse Nationale de Solidarité 2626.” Aveva detto tua madre
coprendosi le labbra ridenti.

“Che cos’è questa Cassa? Avevi chiesto spalancando gli occhi.

“2626 è il numero di un conto corrente per versare donazioni a favore di opere di solidarietà con le
regioni più povere del paese. E tutto il malloppo è controllato personalmente da Ben Alì.” Aveva detto Leila
in un bisbiglio come se confidasse un segreto.

“Ah, ah, ah…” Avevi finto di ridere, Omar. “Oh, le male lingue!” Avevi detto e il tono era
volutamente sarcastico. “Che cattiveria insinuare certe cose. Vogliono mettere sullo stesso piano il nostro
Generalissimo con i suoi sbirri; lui, una persona onesta, un tunisino fino al midollo?! Na, na, na … non ci
credo!”

— Sembra che ciò che tiene insieme oggi il corpo di polizia tunisina o quello dei funzionari pubblici
non sia più l’identificazione con le leggi che regolano il normale circuito quotidiano della società, ma
piuttosto l’identificazione con una specifica forma di trasgressione delle leggi, di sospensione delle leggi, —
aveva aggiunto Leila dando una strana impressione di sofferenza.

— Stai ancora pensando ai dieci Dinari, Omar? — ti ha chiesto Sara in tono conciliatore riportandoti a
Hammamet.

— No, pensavo ai milioni di Dollari, Sara! Dài, godiamoci questo mare, — hai risposto con una voce
dolce e pacata.

Ritornando dal mare; di nuovo a Ez-zahra, hai chiesto a Sara:

— Ti lascio davanti a casa tua?

— No, — ha risposto lei. — Voglio stare ancora con te.

— Io vado a casa adesso.

— Con te, ovunque, Omar! — ti ha detto Sara lentamente facendo calare fra di voi il silenzio perché le
sue parole erano dolci e tu per un momento ti sei lasciato penetrare da quella dolcezza, ma poi hai tremato
pensando che con quelle stesse parole lei ti aveva offerto il suo futuro.

LA RIVOLUZIONE

Userò il termine “rivoluzione” per riferirmi agli eventi che hanno portato alla caduta del regime di Ben Ali.
Infatti, stiamo assistendo in Tunisia al passaggio dal potere dispotico (dittatoriale) al potere democratico. Si
tratta di un mutamento di paradigma nella gestione dello Stato. Il modello precedente, sintetizzato nel
binomio “PACE - STABILITÀ” per il raggiungimento dello sviluppo socio-economico, è stato messo in crisi
e stiamo vivendo un momento rivoluzionario che volge verso una situazione di normalità.

1) L’inizio della rivoluzione

Il 17 dicembre 2010, nella città tunisina di Sidi Buzid (43 mila abitanti), una poliziotta municipale, Fadia
Hamdi, ha schiaffeggia un giovane ambulante, Mohamed Buazizi, che si opponeva al sequestro della sua
bancarella di verdura. Buazizi è stato poi preso a pugni e a calci da un collega di Fadia Hamdi. Si presentò
davanti al segretario generale del comune per denunciare l’accaduto, ma questo responsabile gli disse che
non è disposto a parlare con uno sporcaccione. Frustrato e ferito nel proprio orgoglio, il giovane Buazizi si
diede fuoco.

Mohamed Buazizi, essendo la storia dell’umanità tragica - perché distrugge l’individuo -, non è altro che una
minuscola spazzatura di questa storia. Tutti gli eventi successivi al gesto di Buazizi non hanno più a che fare
con lui direttamente. Scoppiò così una rivolta a Sidi Buzid per rivendicare migliori condizioni di vita e
lavoro dignitoso soprattutto. Come al solito gli uomini di Ben Ali usarono il pugno di ferro. I cellulari muniti
di telecamere filmarono la repressione, e puntualmente venivano pubblicati in rete nonostante la censura. La
TV satellitare Al Jazeera ha consentito di fare scoppiare la bolla di silenzio imposta dalla censura del regime,
le manifestazioni si propagarono in altre regioni, dove la disoccupazione e la povertà del miracolo
economico di Ben Ali hanno raggiunto livelli vergognosi.
La macchina repressiva, continuando a usare la forza in modo sproporzionato, ha creato un circolo vizioso
che ha alimentato la rabbia e il disdegno del popolo.

2) La trasformazione del corso degli eventi

In un video pubblicato su You Tube (http://www.youtube.com/watch?v=MKFpLo5fo4w) che mostra una vittima


della repressione con il cervello spappolato, si sentono queste parole: “…non è normale tutto questo, non è
normale … Allah è grande, Allah è grande … questa è Kasserin (una città), questa è Kasserin … ormai si
tratta di una purificazione etnica … neanche a Gaza si vedono scene del genere, neanche Israele ha osato fare
tanto …”.

Nel silenzio totale dell’Europa e degli Stati Uniti, noti paladini dei diritti umani e sostenitori di ossimori
insostenibili come “guerra umanitaria”, il massacro continuò. E i giovani tunisini, laureati e privi di futuro,
continuarono a trasmettere al mondo, usando la rete, il vero volto del regime di Ben Ali. Al Jazeera ha
continuato a parlare della repressione nonostante non avesse corrispondenti in Tunisia perché Ben Ali ha
vietato, ormai da anni, a questa rete satellitare indipendente e araba di operare nel paese.

Ora, proprio perché la storia è tragica e distrugge l’individuo, e Mohamed Buazizi è stato soltanto una
minuscola spazzatura di questa storia (chi di voi conosce almeno un nome delle oltre 100 persone morte nel
corso di questa rivoluzione, per contraddire la mia affermazione?), le RIVENDICAZIONI SOCIALI si sono
trasformate in RIVENDICAZIONI POLITICHE.

L’apparato poliziesco (120 000 unità), più forte dell’esercito (35 000 unità), ha fallito nella repressione della
rivolta e Ben Ali ha chiesto al capo di stato maggiore dell’armata di terra Rashid Ammar di fare intervenire i
suoi uomini. Rashid Ammar ha accettato di dispiegare i soldati per calmare la situazione, ma ha rifiutato di
ordinare ai suoi uomini di sparare sul popolo.

I rivoltosi lo hanno constatato sul terreno. Infatti, in un video pubblicato su You Tube
(http://www.youtube.com/watch?v=k6vyhTqFSrM&playnext=1&list=PL03A6FF5B73A92AD1&index=1) si sentono
queste parole, rivolte a un poliziotto che poco prima stava sparando sulla folla: “… spara figlio di puttana,
spara ora, è arrivato l’esercito …”.

Allora, Ben Ali, un militare che sa bene che Carl Von Clausewitz ha detto che “la guerra è la continuazione
della politica con altri mezzi … è un atto di forza che ha lo scopo di costringere l’avversario a sottomettersi
alla nostra volontà”, ha smorzato la “guerra dichiarata contro il proprio popolo”. Ha riscoperto la politica e
ha capito che c’è sempre un limite all’uso della forza in un mondo dove la copertura degli Stati Uniti e dei
paesi Occidentali, non è in grado di esercitare la propria censura su tutte le reti satellitari, in primo luogo su
Al Jazeera:

1) Per calmare i giochi ha promesso lavoro per tutti e ha coinvolto l’UGTT (il sindacato –
Unione Generale dei Lavoratori Tunisini). Quest’ultimo, marginalizzato per decenni, ha
perso la sua base popolare e non è riuscito a riportare la calma nel paese. I giovani
depoliticizzati, che sono cresciuti occupandosi troppo di calcio, sono ormai privi di guida, e
non si riconoscono in nessuna elite intellettuale. Si sono dati alla distruzione sistematica
degli edifici governativi e, organizzandosi in modo spontaneo, hanno dato fuoco a molti
posti di polizia e della guardia nazionale.

2) La rivolta ha raggiunto la capitale. Si è propagata nelle università e nei licei. E Ben Ali
commette un errore strategico: fa dimettere il proprio ministro dell’interno, inviando un
segnale negativo al proprio apparato poliziesco. È rimasto, per così dire, scoperto.
3) Ben Ali, dalle pubblicazioni di Wikileaks, ha dedotto che se gli Stati Uniti avessero una
soluzione di ricambio, l’avrebbero fatto cadere.

4) Ben Ali, ha lasciato il paese la sera del 14 gennaio 2011, ma con la chiara intenzione di
tornarci dopo aver calmato la piazza. Infatti, non ha firmato un decreto per delegare le sue
attribuzioni al primo ministro, come richiede l’art. 56 della Costituzione.

5) Il primo ministro, costretto dalle rivendicazioni popolari, in una situazione incontrollabile,


proprio a causa di assenza di forze politiche credibili capaci di trasformare la rabbia del
popolo in azione politica, ha dichiarato vacante il posto del presidente Ben Ali e la Tunisia è
passata all’applicazione dell’art. 57 della Costituzione. Il presidente della camera dei
deputati è stato investito delle funzioni del presidente della repubblica ad interim per un
periodo massimo di 60 giorni.

IL FUTURO

La caduta del più brutale dei regimi blindati sostenuto dall’Occidente, per opera di UN POPOLO CHE HA
FATTO TUTTO DA SOLO IN ASSENZA DI OPPOSIZIONE ORGANIZZATA E DI ALTRI ATTORI
POLITICI, ha significato LA FINE DELLE POLITICHE IMPOSTE AL MONDO ARABO NEGLI ULTIMI
30 ANNI. Questa rivoluzione avrà senza dubbio una ripercussione persino in Libano, dove da anni, gli Stati
Uniti & Co. stanno cercando di eliminare Hisbullah per imporre lo stato di “PACE” contro qualsiasi ipotesi
di “GUERRA (contro Israele)”.

Che la rivoluzione tunisina abbia raggiunto il suo punto di “non ritorno”, è un fatto testimoniato dai
cambiamenti in atto e dalla libertà d’espressione, senza precedenti, nel mondo arabo.

Le sue caratteristiche salienti sono:

1) La spontaneità.

2) La mancanza di interventi diretti di forze straniere per influire sul corso degli eventi.

3) L’assenza di manipolazione religiosa (la corrente islamica, a causa della sua disarticolazione da parte
del regime di Ben Ali, era completamente assente. Nessuno ha gridato slogan che fanno riferimento
all’Islam. Si vedevano persino bandiere col ritratto di Ernesto Guevara).

4) L’assenza di comportamenti famelici (non si sono visti uomini del vecchio regime impiccati in
piazza. Sarebbe stato un insulto per un paese che ha 3000 anni di storia).

5) I tunisini sanno che oltre all’odio, esiste anche il perdono (alcuni hanno manifestato a fianco dei
poliziotti scesi in strada contro il vecchio regime chiedendo perdono al popolo).

Validi manager sono stati usati dal potere di Ben Ali per gestire l’economia del paese. Molte di
queste persone non hanno partecipato al saccheggio del paese. Una persona in particolare, che conosco
personalmente, merita almeno il ritorno alla vita professionale. La signora Bebia Bouhnak Chihi, ha
gestito per anni la Società Nazionale della Distribuzione dei Petroli (AGIL) subendo la pressione di Leila
Ben Ali che le telefonava personalmente per costringerla a rilasciare le autorizzazioni necessarie alla
creazione di stazioni di benzina, è stata chiamata a svolgere il ruolo di ministro degli affari femminili,
della famiglia, dell’infanzia e delle persone anziane nell’ultimo governo di Ben Ali (che sfiga!). Ha
rinunciato alla scorta, all’auto ministeriale e a una nuova residenza continuando a guidare da sola la
propria autovettura. Quando mia madre si fratturò il femore, due mesi fa, è andata a trovarla in clinica.
Bebia Bouhnak Chihi è la sorella di mio cognato (un sarto)! Lo so che ti ho fatto sorridere.
GLI INTERROGATIVI

1) Cosa faranno gli Stati Uniti?

2) Cosa faranno gli Stati Arabi, soprattutto l’Algeria e la Libia (per adesso si sono affrettati a calmierare
le merci di prima necessità e il carburante per il riscaldamento!)?

3) Come faranno le forze politiche tunisine che si sono buttate nella mischia per conquistarsi le proprie
basi popolari (dopo decenni cominciano gli scioperi - nel trasporto pubblico e nell’insegnamento –)?

UNA CERTEZZA

Il partito di Ben Ali che vantava due milioni e quattrocentomila iscritti (Rassemblement Constitutionnel
Démocratique) non è stato in grado di organizzare neanche una manifestazione con 10 persone. Si è limitato
a espellere dal partito il presidente deposto Ben Ali e i suoi familiari, rendendosi ridicolo! Il suo ufficio
politico è stato sciolto per dimissioni dei suoi membri. La sua sede, una costruzione che neanche la
Democrazia Cristiana, che ha governato l’Italia per 50 anni, ne possedeva una simile, è sorvegliata
dall’esercito e dalla polizia. Non so chi abbia distrutto le insegne col nome del partito che si trovavano sulla
facciata. Qualcuno ha attaccato uno striscione con la scritta “Casa della Rivoluzione del Popolo”. Allego le
foto e vi ringrazio per aver passato con me qualche momento di riflessione.

Imed.

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