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18/11/2010

Prof.ssa
Claudia Santarossa
PROTEINURIE IN ETA’ PEDIATRICA

Sindrome nefrosica: insieme di sintomi e segni clinici causati da una alterazione dei glomeruli
renali che comporta una perdita di proteine con le urine di oltre i 3,5 grammi al giorno. La sindrome
è caratterizzata dalla triade: perdita di proteine con riduzione delle proteine nel sangue, edemi ed
ipercolesterolemia.
Sindrome nefritica: complesso di segni e sintomi che può manifestarsi in molte nefropatie. Si
presenta con ematuria (talvolta associata a presenza di cilindri ematici nelle urine), edema e
ipertensione. In alcuni casi è associata ad insufficienza renale acuta.
Le proteine non sono assenti nelle urine, ma sono presenti in quantità fisiologiche. Nei bambini la
quantità di proteine presenti nelle urine dipende anche dall’età e dal peso.
[NB: in età pediatrica le definizioni vengono sempre date pro kg o, più correttamente, pro m2 di
superficie corporea.]
I valori sono completamente diversi nel prematuro o nel neonato/lattante, mentre sono abbastanza
simili dai 2 mesi ai 14 anni.
E’ intesa come proteinuria una quantità di proteine nelle urine superiore a 100 mg/m2 o 5 mg/kg per
comodità.
Le proteine normalmente presenti sono:
• Le proteine del tratto urinario, cioè la proteina di Tamm-Horsfall o uromodulina, che
normalmente è presente come costituente della superficie del brush border tubulare
• In piccolissima quantità possono filtrare anche delle macromolecole proteiche circolanti, come
l’albumina, le IgA o le IgG (proteine glomerulari).
E’ importante sapere cosa chiedere al laboratorio e come interpretare il dato di laboratorio.
Il metodo di screening è generalmente la striscia ad immersione, cioè lo stick urine. Le strisce
reattive sono facili da usare, hanno una risposta immediata, ma hanno la particolarità di rilevare
solo la presenza di proteine di tipo glomerulare, cioè albumina, IgA e IgG.
Questo test ha dei limiti:
• può essere falsamente negativo per proteinurie non glomerulari, quindi in caso di patologie con
proteinuria tubulare (ad esempio la malattia di Dent, la tubulopatia da danno ipossico-
ischemico, la tossicità da farmaci), cioè tutte le volte in cui si verifichi un deficit della cellula
tubulare con difetto del suo assorbimento di proteine a basso peso molecolare filtranti, come la
alfa1 o le beta2, oppure proteine che derivino dal disfacimento della cellula tubulare, come la
NAG. Lo stick non dà indicazione della presenza di queste proteine.
• Risulta falsamente negativo per urine molto diluite.
• La falsa positività è molto frequente; il test va ripetuto in condizioni che permettano di vedere se
quel risultato sia effettivamente positivo o negativo.
In caso di febbre o di diarrea e conseguente disidratazione, con urine molto concentrate e peso
specifico urinario molto elevato (> 1025), lo stick può essere + o ++ per le proteine. C’è il
dubbio della falsa positività, quindi l’esame va ripetuto in condizioni di normale idratazione o
assenza di febbre, altrimenti si incorre nel rischio di sottovalutare una condizione patologica che
potrebbe portare all’ IRC.
La maggior parte delle volte è un falso positivo, però bisogna verificare che lo sia realmente.
• Altre cause di falsa positività sono: pH alcalino, ematuria macroscopica, presenza di piuria,
sforzi oppure un campione di urine lasciato a temperatura ambiente per più di 1 o 2 ore. Lo stick
urine va fatto sempre su urine fresche.
Nei bambini in età scolare, la proteinuria si ritrova nel 10% della popolazione. Il concetto
importante è la persistenza della proteinuria.
Perciò della proteinuria bisogna valutare:
• Entità
• Persistenza: si definisce patologica una proteinuria che si riverifichi in almeno 3 o 4 campioni
successivi.
In studi effettuati 30 anni fa, la cui valenza sta nel fatto di essere stati eseguiti su larghe popolazioni,
si può vedere che se il 10% dei bambini presenta uno stick positivo, solo lo 0,1% presenta 4 stick
positivi.
Se ad un esame urine si riscontra una positività, la prima cosa da fare è ripetere l’esame urine, per
essere sicuri che quell’osservazione sia reale.
Se il secondo test è negativo, si può considerare un evento casuale e se per due volte il test risulta
negativo si può concludere che fosse un dato non rilevante.
Se invece si ripete la positività, il passaggio successivo allo stick è l’esecuzione di una proteinuria
quantitativa, per capire se la proteinuria è in range patologico. Si elimina la prima minzione del
mattino e si raccolgono le urine di 24 ore, compresa la prima minzione del giorno successivo.
Si valuta la proteinuria separata in clino- ed orto-statismo.
La proteinuria ortostatica si valuta sulle urine raccolte dalla seconda minzione del mattino a quella
subito prima di andare a letto, cioè su tutta l’urina prodotta durante il giorno.
La proteinuria clinostatica, invece, si valuta sulla minzione della mattina successiva, cioè su tutta
l’urina prodotta durante la notte, a meno che il soggetto non si alzi di notte per urinare.
La causa più frequente di proteinuria in età pediatrica è la proteinuria ortostatica, che è una
proteinuria fisiologica, soprattutto in età scolare, adolescenziale e nel giovane adulto.
La prima cosa da fare è la raccolta differenziata in clino- ed orto-statismo, a meno che non ci si
trovi di fronte ad una proteinuria nefrosica, la quale non può essere una proteinuria ortostatica per la
sua entità. La proteinuria ortostatica difficilmente supera 1 g.
Se è presente anche in clinostatismo è una proteinuria vera; se invece è presente solo in ortostatismo
e si hanno negatività dell’esame urine, normotensione e funzione renale normale, è quasi
sicuramente una proteinuria ortostatica.
Lo stick urine riconosce proteinurie glomerulari, ha una valutazione semiquantitativa ed è nato
come test di screening. Poi esiste la proteinuria quantitativa, in cui vengono riconosciute tutte le
proteine, per cui valuta anche la proteinuria tubulare. Il valore è considerato normale fino a 100
mg/m2 nelle 24 h, oppure 5 mg/kg/die.
In alternativa, nel bambino molto piccolo, in cui è difficile raccogliere l’urina delle 24 h, non
posiziono un catetere in prima istanza, ma si utilizza il rapporto proteinuria/creatininuria su un
campione urine estemporaneo, genericamente quello della prima minzione del mattino. Questo
rapporto dev’essere < 0.5 per i bambini prima dei due anni, < 0.25 sopra ai due anni. Quando è >
3.5 è nefrosi.
La proteinuria patologica è > 5-10 mg/kg, la proteinuria nefrosica si attesta su valori ben più elevati.
Questo non significa che le proteinurie tra i 10 mg/kg ed il valore nefrosico non siano patologiche.
Una volta stabilito che siamo di fronte ad una proteinuria glomerulare patologica, persistente,
isolata, il passo successivo è definire se sia ortostatica, che è la causa più frequente di proteinuria, o
non ortosatica. La non ortostatica è sempre indice di una patologia renale, che può essere ad esordio
glomerulare, ma può essere anche l’espressione di un danno renale cronico, e quindi secondario
anche a patologie nefro-uro-malformative o ad ipertensione grave, che abbiano determinato un
danno renale.
In altre parole, nel rene il danno si traduce nello sviluppo di proteinuria, indipendentemente dal
fatto che sia partito dal glomerulo o dal tubulo-interstizio. La proteinuria è fattore di progressione di
insufficienza renale; il riscontro di proteinuria è sempre indice di patologia renale, anche quando
non sia in range nefrosico.
Se si trovano proteinuria ed ematuria in contemporanea, è molto probabile che ci si trovi di fronte
ad una glomerulopatia, perché la perdita sia di proteine che di sangue indica un’anomalia
glomerulare con aumento della permeabilità e quindi passaggio anche di sangue, oltre che di
proteine.
Una volta definito che la proteinuria è persistente, patologica (tramite proteinuria quantitativa), sia
ortostatica che clinostatica (e quindi è stata esclusa la proteinuria ortostatica), è necessario stabilire
se si tratti di una proteinuria tubulare o glomerulare.
Si esegue lo screening per patologia glomerulare se all’elettroforesi si riscontra prevalentemente
albumina; se invece all’elettroforesi si riscontra proteinuria tubulare (alfa1, beta2, NAG), si
eseguirà lo screening per patologia tubulare.
Per avere una sindrome nefrosica non è sufficiente perdere proteine con le urine, né è sufficiente
perdere una determinata quantità di proteine, che nel bambino non saranno un valore standard come
nell’adulto, ma sono definite in una quantità maggiore di 50 mg/kg/die (proteinuria in range
nefrosico). La sindrome non è un solo segno o un solo sintomo, ma un insieme di segni e sintomi.
Si parla di sindrome nefrosica biologica se oltre alla proteinuria si hanno anche ipoprotidemia ed
ipoalbuminemia; si parla di sindrome nefrosica conclamata quando, oltre a proteinuria,
ipoprotidemia ed ipoalbuminemia, si ha la presenza clinica dell’edema.
La presentazione clinica di una sindrome nefrosica nel bambino consiste in:
• edema, che può essere anche solo palpebrale e poi, a seconda della gravità dell’edema, diffuso
fino ad avere un versamento pleurico o edema polmonare
• dolore addominale, per costrizione dello splancnico da ipovolemia
• estremità fredde
• contrazione della diuresi e quindi un’insufficienza prerenale, sempre legata all’ipovolemia
• la pressione può essere normale o aumentata, a seconda che ci sia una sindrome nefrosica
normovolemica, ipovolemica o ipervolemica
• raramente la nefrosi si associa a macroematuria all’esordio, o a segni e sintomi di malattia
sistemica.
Di corredo nella sindrome nefrosica si hanno anche ipercolesterolemia, ipocalcemia (la maggior
parte delle volte è un’ipocalcemia relativa, perché il calcio si lega all’albumina, perciò il calcio
ionizzato può essere normale, pur in presenza di un calcio totale basso a causa dell’ipoalbuminemia;
non necessita di correzione), ipercoagulabilità (sia per perdita di fattori anticoagulanti con la
proteinuria, sia legato alla diminuzione delle cariche negative per l’ipoalbuminemia, sia per la
presenza di piastrinosi che si osserva frequentemente in condizioni di nefrosi).
Le complicanze possono essere di tipo infettivo, perché un bambino con sindrome nefrosica con le
urine perde anche IgG e spesso deve essere supplementato di immunoglobuline. Inoltre c’è la
tendenza, per perdita del fattore D, a sviluppare più frequentemente infezioni. Una rarissima
complicanza è la peritonite, per passaggio di germi dal lume intestinale, in seguito ad ischemia
intestinale da vasocostrizione splancnica.
La condizione di piastrinosi e l’aumento di coagulabilità mettono a rischio di trombosi venosa
profonda; l’esordio di una sindrome nefrosica può essere anche una TVP, soprattutto a carico del
seno venoso cerebrale.
L’iperlipemia pone a rischio di malattia cardiovascolare, soprattutto se in forma marcata e non
correggibile con la dieta, come nelle forme resistenti che continuano a perdere proteine perché non
rispondono alle terapie, e quindi si mantengono iperlipemiche.
La sindrome nefrosica in età pediatrica è una malattia che può essere mortale all’esordio e
purtroppo, siccome è una malattia relativamente poco frequente, il più delle volte non viene
riconosciuta dal medico. Molteplici sono i bambini a cui vengono prescritti colliri perché hanno gli
occhi gonfi, senza che nessun medico esegua uno stick urine che immediatamente gli permetterebbe
di capire che il bambino ha una sindrome nefrosica. Il bambino arriva così dopo 10 giorni in edema
polmonare o con complicanze di tipo gravissimo. Anche le forme benigne di sindrome nefrosica,
cioè le forme cortico-sensibili, che sono il 90% delle sindromi nefrosiche idiopatiche in età
pediatrica, hanno una mortalità dell’1-2% per edema, peritonite e tromboembolismo, quindi è una
malattia che è fondamentale riconoscere. Una volta posto il sospetto è sufficiente uno stick urine per
verificare l’ipotesi diagnostica.
Sindrome nefrosica idiopatica: si manifesta genericamente nel bambino di età compresa tra 1
anno e 8-10 anni. Nel 90% dei casi ha un quadro istologico a lesioni minime, meno frequentemente
degli aspetti di glomerulosclerosi focale o di membrano-proliferativa.
Esistono poi altri tipi di sindromi nefrosiche:
• sindromi nefrosiche del primo anno, sotto l’anno di vita
• sindromi nefrosiche congenite, sotto i 3 mesi di vita.
In questa fascia di età sono le sindromi nefrosiche che vanno assolutamente ricoverate e biopsiate,
prima di qualsiasi approccio terapeutico, perché la maggior parte hanno un’origine genetica e
conseguentemente devono essere individuate, perché se genetiche non risponderanno alle terapie
convenzionali, le quali risulteranno perciò inutili.
Sopra i 10 anni analogamente è necessario il ricovero, perché è più difficile riscontrare una forma
idiopatica; più frequentemente si tratta di forme secondarie, legate a malattie sistemiche come il
LES, ad infezioni o a patologie che richiedono un approccio terapeutico diverso dalla sindrome
nefrosica idiopatica.

Le forme idiopatiche sono le più frequenti in età pediatrica, hanno un’incidenza di 2-5
casi/anno/100000 soggetti di età inferiore ai 14 o 16 anni. Nell’80% dei casi si verificano nella
fascia di età tra i 2 ed i 6 anni.
Non vengono biopsiate all’esordio, a differenza delle sindromi nefrosiche nell’adulto, perché il 90%
di queste forme risponde alla terapia steroidea e corrispondono alle forme a lesioni minime. Quando
rispondono allo steroide, la prognosi a lungo termine è favorevole. E’ una malattia che può protrarsi
anche per 20 o 30 anni, prima di non dare più segno di sé; ai genitori è necessario dire che è una
forma steroido-sensibile, quindi a buona prognosi, ma non sappiamo quante volte si ripresenterà nel
corso della vita. La maggior parte si risolvono entro i 18-20 anni.
Un 10% circa delle sindromi nefrosiche idiopatiche non risponde alla terapia con steroidi; la
comunicazione al genitore dev’essere “dobbiamo fare delle terapie più aggressive, c’è una
probabilità che ci possa essere risposta, però il 30-50% di queste forme evolve in IRC e presenta
una ricaduta sul rene trapiantato dal 30 all’80%”. Questi sono i pazienti da sottoporre a biopsia.
Riassumendo: la forma idiopatica è la più frequente; la forma cortico-sensibile è la più frequente
nell’ambito delle idiopatiche (nel 90% istologia a lesioni minime, in minima percentuale anche
quadri istologici diversi), il 30% presenta un unico episodio o recidive molto distanziate, anche a 2
anni l’una dall’altra, il 40% presenta almeno 2 o 3 episodi nell’arco di 5 anni, il 30% sono recidive
frequenti (più di 3 recidive/anno) o cortico-dipendenti, cioè che ricadono entro 15 giorni dalla
sospensione dello steroide o durante lo scalo della terapia steroidea.

Terapia della sindrome nefrosica: in primo luogo è necessario curare lo stato generale di salute
del bambino, perciò bisogna occuparsi dell’edema.
L’edema ha una componente multipla, non è legato solo all’ipoalbuminemia ed alla riduzione della
pressione oncotica, che fa sì che l’acqua passi in terzo spazio. Esiste anche una ritenzione di acqua e
sodio a livello intrarenale, dovuta all’attivazione di meccanismi emodinamici legati alle
modificazioni delle volemie, per cui alla fine si hanno espansione del volume plasmatico e
passaggio nel terzo spazio. A seconda che sia prevalente la prima o la seconda condizione, ci si
trova di fronte ad un bambino con sindrome nefrosica ipovolemia o ipervolemica. E’ importante
capirlo subito, perché condiziona l’approccio alla terapia: in caso di ipovolemia è necessario
riportare il volume circolante alla normalità, perciò si infonde albumina. Se non si espande il
volume plasmatico e si somministra il diuretico, non si ha risposta al diuretico ed aumenta il rischio
di trombosi, perché si ha un’ulteriore contrazione del volume plasmatico in una condizione di
piastrinosi ed ipercoagulabilità. La somministrazione di albumina non serve a ripristinare i livelli di
albumina, perché l’albumina somministrata viene comunque persa dal rene; ha solo il significato di
richiamare liquidi dall’interstizio, di far rispondere al diuretico e quindi “sgonfiare” il bambino.
Viene usata in maniera oculata, con determinati tempi e modalità di somministrazione, perché in
caso di scarsa attenzione si rischia di peggiorare la situazione dell’edema polmonare.
In caso di ipervolemia, invece, non va somministrata albumina, che causerebbe peggioramento
dell’ipertensione nel bambino, per ulteriore ritenzione di liquidi. Il bambino risponderà ai diuretici,
senza bisogno di somministrare albumina.
Il diuretico può essere somministrato in bolo, molto oculatamente per evitare di svuotare troppo il
circolo, aumentando il rischio di trombosi, associato ad albumina se necessario. Poi si passa ai
diuretici per os, come diuretici tiazidici associati ad un risparmiatore di potassio, per evitare
l’ipokaliemia. Lo spironolattone non viene perciò usato come diuretico, ma come risparmiatore di
potassio.
E’ inoltre necessario ridurre i liquidi somministrati al bambino, altrimenti si ristabilisce l’edema.
La dieta dev’essere normoproteica ed iponatriemica; anche il bambino con iponatriemia ritiene
sodio per riassorbimento a livello del lume tubulare, generalmente è un’iponatriemia da diluizione,
perciò va tenuto a dieta iposodica, perché è proteinurico.
Al bambino sopra il primo anno di vita, che non abbia segni di malattia sistemica associata, che non
abbia insufficienza renale (non prerenale), che non abbia ematuria contemporanea, cioè che presenti
tutte le caratteristiche di una nefrosi idiopatica, va somministrata la terapia cortisonica: 2 mg/kg/die
per 4 settimane. Va associata a gastroprotettore.
Se il bambino risponde, anche se risponde nel giro della prima settimana, continua per 4 settimane,
poi passa a giorni alterni, con uno scalo di terapia che deve durare almeno 3 mesi, perché studi di
metanalisi hanno dimostrato che una terapia prolungata per 6 mesi riduce il rischio di recidiva.
Il bambino si considera in remissione se la sua proteinuria è <4 mg/h/m 2 oppure 10 mg/kg/die,
oppure se ha uno stick urine negativo per almeno 3 giorni consecutivi.
Il bambino può essere dimesso prima della totale remissione, a patto che lo stick urine venga
controllato tutti i giorni, fino a quando non risulta negativo per 3 giorni di fila. Si inizia a scalare la
terapia, lo stick urine va effettuato 2-3 volte alla settimana per i primi 3 mesi, poi si va
complessivamente a dilatare.

Per recidiva si intende una positività dello stick urine superiore ai 3+ per almeno 3 giorni
consecutivi. In questi pazienti possono esserci andamenti di positivizzazione con intensità +/-, cioè
tracce, che non richiedono trattamento, perché rientrano spontaneamente. Trattare anche questi
episodi comporta il rischio di sovraesposizione allo steroide.
Per steroido-resistenza (con conseguente prognosi negativa) si intende la mancata risposta a 4
settimane di terapia a dose piena (2mg/kg/die), seguite da 3 boli di steroidi di 500 mg/m2 in
infusione. A questo punto va eseguita la biopsia, alla quale è più facile riscontrare un quadro di
sclerosi segmentale focale, meno frequentemente una forma membranosa o membranoproliferativa,
più frequentemente associate a forme secondarie.
I farmaci a disposizione in questi casi sono la ciclofosfamide ed eventualmente la ciclosporina o il
tacrolimus, se ricadono ancora nonostante la ciclofosfamide. Più recentemente si fa uso di
micofenolato, un inibitore della sintesi purinica, noto nel trattamento del LES o come
immunosoppressore anche nei trapianti. Ancora più recentemente è stato condotto uno studio
sull’uso del rituximab, un anticorpo anti-CD20, perché sembra che nella patogenesi della sindrome
nefrosica idiopatica siano coinvolte le cellule B, quindi l’immunità umorale.
Nelle forme cortico-resistenti, alla biopsia renale nel 50% dei casi si riscontra FSGS cioè glomerulo
sclerosi focali segmentali, nel 45% si riscontrano lesioni minime o proliferazione mesangiale. In
queste forme dopo la terapia con cortisone si fa un tentativo di trattamento con un inibitore della
calcineurina, è approvato dal ministero l’uso della ciclosporina, off label è l’uso dell’ FK506 molto
efficace. In questo modo si ha la possibilità di mandare in remissione il 20-30% di pazienti che non
avevano risposto allo steroide; il 70% non risponde neanche alla terapia con inibitore della
calcineurina, in questi pazienti vanno effettuate terapie cosmetiche, come l’utilizzo di ACE-inibitori
per l’effetto di riduzione della proteinuria (non sono curativi sulla patologia, ma riducono la
proteinuria e quindi sono reno-protettivi e rallentano la progressione verso l’IR) e l’uso di statine
per l’iperlipemia, ma anche per l’effetto anti-fibrogenetico come inibitori della prenilazione.

In questo capitolo negli ultimi 5 anni si sono aperti degli altri panorami: molte delle forme definite
idiopatiche in realtà non lo sono, ma sono genetiche. Negli ultimi anni sono state identificati una
serie di geni responsabili di forme sindromi che. Il più frequente gene responsabile dopo il primo
anno di vita è la podocina, responsabile di una forma cortico-resistente autosomica recessiva.
E’ cambiato l’approccio diagnostico: non più solo la biopsia che serve a definire se è una FSGF o
una forma a lesioni minime, o ad escludere le membranoproliferative e le membranose, ma anche lo
studio genetico in ogni forma cortico-resistente, perché le forme dovute a mutazioni genetiche non
vengono trattate con nessun farmaco, in quanto non c’è nessun farmaco in grado di riparare
l’anomalia del DNA.
Il messaggio da trasmettere è che purtroppo il bambino andrà incontro ad IR e trapianto, però non
ricadrà dopo il trapianto, perché non avrà più il difetto genetico nel rene nuovo.
Se non si riscontrano mutazioni note, le possibilità sono o mutazioni di geni non ancora identificate,
oppure che esista un’altra via patogenetica, legata a fattori circolanti non ancora definiti ed
identificati, derivanti probabilmente da disregolazioni del sistema immunitario, che si ricercano
tramite test di permeabilità glomerulare: dei glomeruli di ratto vengono messi in contatto con il
plasma del paziente, se esso è in grado di indurre passaggio di albumina nel glomerulo del ratto
allora il test risulta positivo. Questi pazienti non sono mutati, hanno test positivo, l’approccio
terapeutico sarà plasmaferesi, per sottrarre il fattore di permeabilità, e rituximab, per bloccare la
produzione del fattore di permeabilità che probabilmente è legato ad una disregolazione di un clone
B cellulare. Sono pazienti che ricadono sul rene trapiantato in più del 50% dei casi e che se
ricadono, a volte rispondono al trattamento, mentre altre volte non rispondono ad alcun tipo di
trattamento.

[Nelle slide sono elencate le forme genetiche, che la professoressa ci invita ad affrontare per conto
nostro.]
NB: nozioni da conoscere assolutamente per essere sufficienti: cos’è una proteinuria, proteinuria
patologica, proteinuria persistente, proteinuria nefrosica, proteinuria ortostatica, test e specificità dei
test, cos’è una sindrome nefrosica, quali sono i tipi di sindrome nefrosica, qual è la flow chart di un
bambino con proteinuria e quali sono le terapie di un bambino con sindrome nefrosica idiopatica.

EMATURIE IN ETA’ PEDIATRICA

Bisogna distinguere tra ematuria macroscopica e microscopica, nella microscopica se è isolata o


associata a proteinuria. Abbiamo già visto che se è associata a proteinuria è sempre indice di una
patologia glomerulare grave, perciò se c’è proteinuria è possibile concludere che è il rene ad essere
interessato, o meglio il nefrone e il glomerulo. E’ inutile in presenza di proteinuria ed ematuria
andare a cercare la calcolosi, ad eccezione di un’unica malattia.
La macroematuria è riconoscibile ad occhio nudo; il colore delle urine può essere da rosso brillante
a cioccolato. La presenza di urine rosse non deve far fare immediatamente diagnosi di
macroematuria, potrebbero essere dovute ad emolisi, farmaci, alimenti, mioglobinuria (è una causa
di IRA, dipende da lisi muscolare e forme da schiacciamento).
Nella macroematuria non si hanno coaguli di sangue nelle urine; i coaguli si ritrovano in caso di
emorragia, indicano la presenza di un sanguinamento. Una macroematuria non anemizza, perché
basta 1 cc di globuli rossi in 500 cc di urina per colorare le urine di rosso. L’emorragia, invece, è a
rischio di anemizzazione.
In presenza di urine rosse si esegue lo stick urine, il quale si positivizza non solo in caso di
ematuria, ma anche per emoglobinuria e mioglobinuria. Ciò che permette di differenziare queste
situazioni è l’esame urine a fresco al microscopio ottico o su sedimento, in cui si vedono i globuli
rossi; in questo caso, e soltanto in questo, si potrà parlare di ematuria.
La macroematuria è una causa abbastanza frequente di accesso in pronto soccorso pediatrico; la
maggior parte sono ematurie legate a cistite o ad ematuria da sforzo. I genitori si spaventano molto
nel vedere le urine rosse, ma è importante tener presente che le neoplasie vescicali sono un’entità
praticamente assente in età pediatrica.
Esistono una serie di cause glomerulari ed extraglomerulari che si possono manifestare con
macroematuria; le più frequenti sono le glomerulonefriti acute post-, para- o intra-infettive; altre
sono legate a patologie sistemiche o a patologie delle basse vie urinarie, come la calcolosi o
condizioni metaboliche predisponenti alla formazione di calcoli, come le ipercalciurie e le
iperuricurie, o il tumore di Wilms.
Perciò a meno che non ci siano chiari sintomi di cistite, in presenza di una macroematuria,
soprattutto in un bambino molto piccolo bisogna considerare tumore di Wilms, trombosi della vena
renale (condizione estremamente rara, più frequente nei neonati in terapia intensiva).
L’anamnesi, l’esame obiettivo e l’esame urine sono sufficienti per orientare una diagnosi corretta di
macroematuria (ad un medico si richiede la capacità di sapersi orientare e di riconoscere quando si
deve preoccupare e quando invece non è necessario, non è possibile sapere tutto).
Anamnesi:
• familiarità: ad esempio per sordità ed IRC, per orientare verso una sindrome di Alport; per
ipertensione arteriosa; per nefrolitiasi; per IRC, se c’è stata storia di dialisi e trapianto, perché in
questi casi vanno considerate malattie di tipo ereditario. Se c’è una predisposizione familiare
alla calcolosi e il bambino ha una macroematuria o una microematuria persistente, bisogna
pensare ad una diatesi calcolotica.
Si osserva l’urina, il suo colore, perché il sangue rosso vivo proviene più frequentemente dalle
basse vie urinarie, ma anche le IgA nefropaties possono dare macroematurie rosso vivo; le urine
color coca-cola o color marsala, invece, sono più frequentemente di origine glomerulare.
• Caratteristiche della macroematuria: da quanto tempo, con che frequenza, se ad ogni minzione,
se scompare e dopo quanto, se ci sono sintomi associati, perché se ci sono disuria, stranguria e
pollacchiuria si pensa ad una cistite, mentre se c’è un dolore al fianco si pensa ad una calcolosi,
soprattutto in assenza di febbre. Se si ha una contrazione della diuresi, o se c’è ipertensione, si
pensa ad una sindrome nefritica acuta; se c’è stata una storia di infezioni da streptococco
(scarlattina, faringite) o da micoplasma, si può pensare ad una glomerulonefrite acuta.
Sia la nefropatia ad IgA che la sindrome di Alport si verificano come episodio di macroematuria
in concomitanza di una virosi delle alte vie respiratorie. Questi bambini, però, non avranno la
presentazione clinica di IRA, avranno un complemento normale e perciò sarà facile
diagnosticarli.
Perciò si valuta se ci sono stati fattori scatenanti precedenti, se ci sono stati traumi o viaggi
recenti, perché si vedono forme legate ad infezioni quali TBC, epatite, schistosomiasi, malaria.
Esame obiettivo:
• Si misura la pressione arteriosa, perché se il bambino è iperteso bisogna considerare una
glomerulo nefrite; che poi questa sia acuta, post-infettiva o meno, oppure cronica, o che il
bambino abbia anche un’insufficienza renale si valuterà in seguito, ma se il bambino è iperteso
va tenuto in osservazione.
• Si valuta la presenza di edemi; bisogna pensare ad una glomeulonefrite, probabilmente è un
bambino con una diuresi contratta in insufficienza renale, l’edema è legato alla ritenzione di
liquidi e non alla perdita di proteine. Sarebbe bene chiedere sempre alla mamma un ultimo peso
corporeo del bambino, per capire se c’è stato un brusco aumento di peso nell’ultima settimana.
• Bisogna valutare l’eventuale presenza di masse addominali, perché non si possono escludere
tumore di Wizioni da conoscere assolutamente dominante (raro in età pediatrica, la forma più
frequente è il policistico recessivo) in cui la rottura di una cisti può produrre macroematuria.
• Manovra di Giordano, per la calcolosi o la pielonefrite.
• Bisogna valutare la presenza di rash, artriti, manifestazioni cutanee ed eventualmente pensare a
malattie sistemiche, come il LES o la porpora di Schonlein-Henoch (porpora, artrite e dolori
addominali), causa frequente di macroematuria.
• In caso di pallore si considera la contemporanea presenza di un’anemia emolitica, magari
associata a malattie sistemiche.
Esame urine:
• Presenza di globuli rossi
• Presenza di cilindri (più frequenti nell’ematuria glomerulare)
• Presenza di batteri, cristalli (caratteristici di una forma non glomerulare).
Mettendo insieme colore, esame urine, sintomi e familiarità, è possibile orientarsi tra forme
glomerulari e non glomerulari; il passo successivo da compiere nel bambino con ematuria è
decidere se orientarlo ad una diagnostica per patologia glomerulare o non glomerulare.
Ad un bambino con ematuria non si possono far eseguire tutti i test: complemento, autoanticorpi,
screening per la calcolosi, uro coltura. E’ necessario decidere l’orientamento diagnostico.
Già da anamnesi, sintomi, esame obiettivo ed esame urine è possibile decidere come orientare la
diagnosi. Gli esami costano, hanno falsi positivi e rischiano di far perdere tempo sia al medico che
al paziente.
L’altro test importante da fare per essere sicuri, ma non in presenza di macroematuria, bensì per la
microematuria persistente, perché nella macroematuria non ho una valutazione della morfologia
delle emazie, è l’esame morfologico: in contrasto di fase se i globuli rossi hanno morfologia
conservata vengono dalle basse vie, se hanno una morfologia alterata vengono dalle alte vie.
In alternativa si può fare la valutazione della percentuale di acantociti: è una dato più obiettivo che
può essere fatto anche in citofluorimetria; se gli acantociti sono presenti in percentuale superiore al
2-3% è un’ematuria glomerulare. Va confermata per almeno 3 volte.
Passata la macroematuria analizzo la microematuria persistente, oppure in microematuria
persistente isolata, eseguo il test di Farley: distinguo tra glomerulare e non glomerulare.
In caso di ematuria glomerulare bisogna sempre eseguire: proteinuria quantitativa, funzionalità
renale, complemento, autoanticorpi, esame urine dei genitori e dei fratelli e, se l’autoimmunità sarà
negativa, va fatta l’analisi dell’audiogramma e del fondo dell’occhio, per la diagnosi delle sordità o
delle anomalie oculari associate alla sindrome di Alport.
In caso di ematuria non glomerulare bisogna eseguire: screening per calcolosi, rx addome senza
mezzo di contrasto, uro coltura.
Nell’ematuria glomerulare, se è tutto negativo, si tiene solamente sotto controllo il bambino, ma al
secondo episodio di macroematuria o in caso di microematuria persistente per più di 6 mesi bisogna
pensare ad una biopsia renale.
La biopsia renale viene fatta subito, in un bambino che abbia macroematuria, se questa si associa a
proteinuria (>20mg/kg/die, significativa ma non nefrosica), fuori dall’episodio acuto di
macroematuria, oppure ad un’insufficienza renale persistente (non è più una glomerulonefrite acuta,
perché persiste dopo il primo mese), se ci sono segni di malattia sistemica, oppure se si hanno
episodi recidivanti di macroematuria con microematuria glomerulare intermittente tra un episodio e
l’altro di macroematuria.

23 Novembre 2010
Vittorio Lucchetta
prof. Pellegrino
LE CARDIOPATIE CONGENITE
I problemi cardiaci in età pediatrica sono prevalentemente rappresentati dalle cardiopatie congenite.
L’incidenza è compresa fra l’8 e l’11‰, un dato piuttosto rilevante: in una regione come il Veneto,
con una popolazione di circa 4,5 milioni di abitanti e indici di natalità attorno al 9‰, ogni anno
nascono circa 450 nuovi cardiopatici. Il 40% di questi pazienti presenta segni e sintomi marcati,
quali cianosi o segni dello scompenso cardiaco, già nei primi giorni o nelle prime settimane di vita.
Le malformazioni cardiache sono le più comuni in assoluto e il 15% si associa ad altri tipi di
malformazione, soprattutto in bambini pre-termine.
Per ridurre l’impatto di queste condizioni è perciò necessario agire precocemente, anche nelle prime
settimane di vita, con un lavoro di équipe, che coinvolga il cardiologo pediatra, l’anestesista
pediatra, il cardiochirurgo pediatrico, il neonatologo, l’infermiere specializzato.

CAUSE

• Teratogeni ambientali (5%):


o Farmaci: estroprogestinici (usati in gravidanza, nelle minacce
di aborto), antiepilettici, antiblastici e antitumorali; nella
prevenzione, vanno in generale considerati tutti
potenzialmente dannosi, soprattutto nelle prime 8 settimane,
quelle dell’organogenesi;
o Alcol: determina crescita stentata, ipo-distrofia fetale;
o Virus: Rosolia, su cui la profilassi vaccinica ha avuto grande
effetto, un tempo (e forse di nuovo in futuro, con la
sospensione dell'obbligatorietà delle vaccinazioni)
responsabile della sindrome del “rubella baby”, con
microcefalia, sordità e cardiopatia congenita; Parotite, se
contratto nelle prime 8-12, dà cardiopatie congenite, che
esitano nella fibroelastosi endocardica, forma di cardiopatia
dilatativa del lattante;
o Radiazioni: le cellule embrionali sono molto sensibili a
qualsiasi tipo di radiazioni ionizzanti, usate sia a scopo
diagnostico che a scopo terapeutico;
• Fattori genetici (4%):
o L’epilessia: di per sé è connessa ad aumentato rischio di cardiopatia congenita
rispetto ai figli di madri sane; il rischio è ulteriormente aumentato dalla terapia della
malattia stessa;
o Diabete: soprattutto se non trattato o scompensato; nel 30% dei casi, i figli hanno
una miocardiopatia ipertrofica, che regredisce nei primi 6-12 mesi di vita;
o Alterazioni genetiche non ancora chiaramente definite, responsabili di un’aumentata
incidenza di cardiopatie nella famiglia, non necessariamente dello stesso tipo, però;
• Aberrazioni cromosomiche (6%):
o Sindrome di Down: 1/630 gravidanze esita nella Trisomia 21; con madre al di sopra
di 40-45 anni, l’incidenza sale a 1/150, fino a raggiungere valori di 1/50 al di sopra
dei 50 ani di età; l’alterazione tipica è il Canale atrioventricolare, ma sono frequenti
anche la Tetralogia di Fallot e difetti interventricolari.
• Etiologia multifattoriale (85%): né l’anamnesi famigliare né quella gravidica rivelano una
precisa causa; esiste probabilmente una base genetica sui cui agiscono più fattori ambientali,
senza lasciare spazio alla prevenzione.

CLASSIFICAZIONE

La patologia cardiaca neonatale si classifica in forme:


Primitive:
cardiopatie congenite
miocardiopatie
aritmie emodinamicamente significative

Secondarie:
compromissione del SNC
affezioni respiratorie
problemi metabolici
sepsi
persistenza della circolazione fetale
ischemia miocardica transitoria

Con 4 tipici segni di presentazione:


cianosi
scompenso cardiaco
aritmie emodinamicamente significative
soffi

Forme secondarie
La diagnosi di cardiopatia congenita non è facile, poiché i segni clinici non sono specifici, ma
comuni a molte altre patologie di organi e sistemi.
I polmoni fetali sono organi pressoché solidi, con arteriole a tunica spessa e lume piccolo, che
determinano basso flusso ed alte resistenze polmonari, cioè ipertensione polmonare; al momento del
parto, le arteriole, sensibili a stimoli neuro-umorali (compresa la triade emogasanalitica pH-pO2-
pCO2), rispondono trasformandosi, già nelle prime ore di vita, in arteriole dilatate ad alto flusso e
basse resistenze.

o Compromissione del SNC: prevalentemente da ipossia peri-partum, che può dare


edema cerebrale e emorragie micro/macroscopiche, con depressione bulbare,
ipoventilazione alveolare, responsabile della tipica alterazione della triade
emogasanalitica, ↓pH↓pO2↑pCO2, che fa regredire le arteriole polmonari alla condizione
fetale (basso flusso, alte resistenze); ne conseguono ipertensione polmonare e
persistenza/ripristino della circolazione fetale, ossia shunt destro-sinistro a livello del
dotto arterioso di Botallo e a livello del forame ovale. La diagnosi differenziale tra
questa forma di cianosi e quella da cardiopatia è complessa, ma può avvalersi dell’aiuto
della ecocardiografia.
Aiuterà l’anamnesi: tipo di parto, durata, sofferenza fetale, punteggio di Apgar,
associazione di alterazioni del centro vasomotore (con disturbi del ritmo), del centro
termoregolatore o di manifestazioni neurologiche, come ipo/ipertono, clonie, tremori o
convusioni.
o Affezioni respiratorie:
 congenite (stenosi/atresia delle coane, stenosi laringee, laringo-tracheo-
broncomalacie, patologie alveolari)
 acquisite (malattia delle membrane ialine, ernia diaframmatica, atresia esofagea,
broncopolmoniti neonatali nell’ambito di sepsi).
Le difficoltà respiratorie determinano ↓pH↓pO2↑pCO2, con regressione al circolo
polmonare fetale, insorgenza di cor pulmonare acuto, scompenso ventricolare destro e
cianosi.
Anamnesi ed esame obbiettivo: nei pretermine, è probabile una RDS, nelle patologie
delle alte vie respiratorie saranno riscontrabili alterazioni del respiro (difficoltoso,
rumoroso), nell’ernia diaframmatica sono apprezzabili borborigmi all’auscultazione del
torace;
o Problemi metabolici: come la policitemia neonatale. Il neonato normalmente ha un
numero di emazie più elevato del lattante o dell’adulto, attorno a 5,5 milioni, con
ematocrito corrispondente di circa 48-50%, ma la policitemia neonatale si può avere:
 nella policitemia vera, rara
 in figli di madri diabetiche
 in gravidanze gemellari con trasfusioni feto-fetali
 trasfusioni in neonato post-maturi ipodistrofici, che sono emoconcentrati, di
norma
 nelle trasfusioni materno-fetali, nel caso in cui il bambino sia tenuto a livello più
basso rispetto alla placenta prima del clampaggio del cordone ombelicale
Il neonato, in queste condizioni, può
arrivare a 6,5-6,8 milioni di globuli rossi;
con un ematocrito tra 35-45%, la
viscosità ematica si mantiene
sostanzialmente costante, ma aumenta
notevolmente attorno ai valori di 50%,
determinando impilamento di globuli
rossi a livello dei capillari polmonari,
con basso flusso, alte resistenze e,
quindi, ripristino della circolazione
fetale.
In passato, l’uso diagnostico del cateterismo cardiaco comportava perdite di sangue, che
si rivelavano addirittura terapeutiche: il trattamento delle poliglobulie neonatali è tuttora
l’exsanguinotrasfusione, che prevede prelievo di sangue e iniezione di plasma, albumina
o succedanei del plasma per prevenire l’ipotensione.
o Sepsi neonatale: presentazione tipica con neonato grigiastro, cianotico, polipnoico,
epatomegalico (segni di collasso cardiocircolatorio), simile al quadro della Atresia
aortica, che tipicamente si presenta nelle prime ore di vita con un quadro di collasso e
con polsi periferici deboli/assenti.

Forme primitive
• Aritmie: anche i lattanti, come i neonati o i bambini di pochi anni o gli adulti, possono
avere aritmie benigne, come le bradicardie neonatali o le extrasistoli; più importanti dal
punti di vista clinico e prognostico sono:
• Tachicardia parossistica del neonato: tachicardia sopraventricolare,
con frequenza cardiaca (normalmente attorno ai 150bpm, nel neonato) attorno
ai 300bpm, tale da ridurre marcatamente il riempimento diastolico, con
progressione verso lo scompenso cardiaco; il neonato si presenterà con i segni
dello scompenso cardiaco, tipicamente con difficoltà nell'alimentazione,
affaticabilità, irritabilità da dispnea, epatomegalia, ritmo di galoppo e pallore
da vascocostrizione periferica; all'obbiettività è pressoché impossibile
registrare un battito così rapido, poiché è possibile percepire alla palpazione o
all'auscultazione frequenze al massimo di 180-200bpm;
• Blocco atrioventricolare completo congenito: caratterizzato anch'esso
dalla sintomatologia dello scompenso cardiaco; l'impulso che origina a livello
del nodo seno-atriale non raggiunge i ventricoli, che batteranno al ritmo
idioventricolare di 50-60bmp, che possono non essere sufficienti quando il
bambino piange, mangia o si trova in qualsiasi condizione di stress.
• Soffi: possono essere:
• Organici:
• stenosi della valvola aortica
• stenosi della valvola polmonare
sistolici • piccolo difetto interventricolare (se fosse
grande, vi sarebbero prevalentemente segni di
scompenso)
• insufficienza mitralica
continui • dotto arterioso pervio
• fistola artero-venosa
• insufficienza aortica
diastolici • insufficienza polmonare
• stenosi mitralica

• Funzionali: presenti in un bambino su due, sono soffi a bassa


intensità (al massimo 2 o 3/6), limitati ad un'area stretta, si propagano
poco e hanno breve durata; il 99% è di tipo sistolico, con qualità
vibratoria grossolana nei 2/3 dei casi (simile al ronzio di una mosca),
in assenza di segni di cardiopatia.
Nel restante 1/3 di casi, di tipo eiettivo, la diagnosi differenziale con
difetti interatriale o lieve stenosi polmonare/aortica è più complicata e
può essere utile un ecocardiogramma.
L'unico soffio non sistolico funzionale si apprezza nell'area giugulare, è
simile a quello da dotto arterioso pervio ed è determinato dal grosso
scarico del sistema giugulare in quello cavale; premendo col pollice in
area giugulare o facendo contrarre lo sternocleidomastoideo, il soffio è
soppresso.

• Cianosi: per cianosi si intende un quantitativo di emoglobina ridotta >5gr/100 ml


causante colorazione bluastra di cute e mucose; da uno studio eseguito su 100 bambini con
cianosi visti consecutivamente nella nursery:
• 23% gravi disturbi intracranici
• 15% cardiopatie congenite
• 13% disturbi polmonari primari
• 10% cianosi traumatica
• 7% ipotermie (quindi cianosi periferiche)
• 6% ostruzione delle alte vie respiratorie
• 5% inalazione di muco
• 5% sepsi, meningite
• 5% incoordinazione fra respiro e deglutizione, tipica dei
pretermine
• 2% ernia diaframmatica
• 2% atresia esofagea, con conseguente rischio di ab ingestis
• 2% cianosi periferica
• 5% inspiegate (l'uso dell'ecocardiografia porta questa frazione
allo 0%)
La cianosi può essere:
• periferica: va ricercata a livello dei letti ungueali o in zona periorale; dal
punto di vista clinico, ha poca importanza, perché in queste sedi la circolazione è
fisiologicamente più lenta, tanto da aumentare l'estrazione d'ossigeno, cosicché il
sangue venulare ha una saturazione minore rispetto ad altre sedi, conferendo più
facilmente un colore bluastro alla zona; tutti gli agenti che rallentano ulteriormente il
circolo in queste aree rendono più facile l'apparire della cianosi, primo fra tutti il
freddo;
• centrale: all'obbiettività, è bene registrare la gravità della cianosi:
• lieve: SatO2 87-95%
• moderata: SatO2 70-85%
• grave: SatO2 <70%
Può dipendere, come già visto, da cause polmonari, metaboliche, da disfunzione
del SNC, o da problemi cardiaci:

La cianosi può dipendere da differenti tipi di cardiopatie:


◦ Trasposizione delle grandi arterie
◦ Atresie o stenosi della valvola polmonare/tricuspide
◦ Tetralogia di Fallot
◦ Malattia di Ebstein

• Scompenso cardiaco: può presentarsi con differenti segni:


• Segni di alterata contrazione miocardica:
• tachicardia, poco specifico: i lattanti sono di
base tachicardici, condizione peggiorata dal timore del
medico, dalla visita con mani fredde, o da stati febbrili;
• alterazione dell'ampiezza dei polsi: diverse
condizioni possono mostrare segni differenti, pur
progredendo tutte verso lo scompenso:
• in un grosso difetto interventricolare,
l'ampiezza è spesso normale;
• nella pervietà del dotto di Botallo, i polsi
arteriosi sono scoccanti;
• nella coartazione dell'istmo dell'Aorta, i
polsi radiali sono pieni, mentre i femorali sono
ridotti o assenti;
• ritmo di galoppo: segno molto specifico,
presente però al massimo in 1/3 dei bambini con
scompenso cardiaco; è un ritmo a tre o quattro toni; il
III tono dipende da riempimento ventricolare rapido in
cuori a bassa compliance ventricolare, mentre il IV è un
tono pre-sistolico dato dalla contrazione atriale contro
un ventricolo a bassa compliance;
• Segni generali:
• arresto della crescita: è segno poco
significativo, soprattutto perché non è precoce e non
può essere usato nei primi giorni di vita;
• sudorazione: espressione dell'attivazione
dell'iperattivazione dell'ortosimpatico, ma poco
specifica;
• Segni di stasi venosa polmonare:
• polipnea: è un segno poco specifico, ma
precocissimo, espressione di scompenso ventricolare
sinistro con edema polmonare ed è molto utile nella
conferma di un sospetto di scompenso.
La ridotta compliance ventricolare sinistra determina
aumento delle pressioni di riempimento a monte; se la
pressione capillare polmonare supera i 20-25mmHg,
cioè la pressione oncotica del plasma, si instaura edema
interstiziale. Non vi saranno, quindi, diversamente
dall'adulto, crepitii, rantoli o schiuma rosacea: i
bambini possono morire di scompenso cardiaco senza
mai giungere allo stadio di edema polmonare alveolare.
Non si associa necessariamente alla dispnea;
• dispnea: si ha quando si instaura edema
polmonare alveolare, con compromissione degli scambi
gassosi ed alterazione della membrana alveolo-
capillare polmonare; compariranno rantoli
all'auscultazione, tosse cardiaca, difficoltà
nell'alimentazione e cianosi da inondazione dell'albero
bronco-alveolar polmonare;
• Segni di stasi venosa sistemica:
• epatosplenomegalia
• edemi: spesso assenti o tardivi.

Lo scompenso cardiaco può dipendere, in ordine d'età crescente, da:


◦ Atresia aortica: dà segno di sé nelle prime ore
◦ Sindrome della coartazione aortica: nei primi 15 giorni
◦ Difetto interventricolare
◦ Pervietà del dotto arterioso
◦ Canale atrioventricolare: spesso associato a S. nei primi 2-3
di Down mesi
◦ Fistole artero-venose: rare
◦ Tronchi arteriosi comuni: rari

ENDOCARDITE BATTERICA: PROFILASSI


Due sono gli elementi fondamentali per l'impianto di un'endocardite batterica: un fattore anatomico
favorente e uno stato batteriemico.

Fra le condizioni anatomiche, spiccano le cardiopatie congenite; in generale, alcune condizioni


richiedono profilassi in caso di interventi che possono comportare batteriemie transitorie:
• cardiopatie congenite non operate
• cardiopatie congenite operate, ma con difetti residui
• protesi valvolari
• precedenti episodi di endocardite batterica.

Fra gli interventi chirurgici o manovre diagnostiche che comportano un maggior rischio vanno
menzionati quelli a carico di:
• mucosa delle basse ed alte vie respiratorie, compresa quella orale
• tessuto cutaneo, sottocutaneo o muscolare scheletrico infetto;
Mentre non si ritiene più che la profilassi sia necessaria per interventi o manovre a carico del tratto
gastro-enterico o genito-urinario, anche in pazienti ad alto rischio.
Il protocollo di profilassi è questo:

Singola dose
Principio attivo 30-60 min prima della procedura
Bambini Adulti
Orale AMOXICILLINA 50 mg/kg 2 gr

AMPICILLINA 50 mg/kg IM o EV 2 gr IM o EV
Se non possibile opp.
terapia orale CEFAZOLINA o 50 mg/kg IM o EV 1 gr IM o EV
CEFTRIAXONE

CEFALEXINA 50 mg/kg 2 gr
Allergia a opp.
penicillina o CLINDAMICINA 20 mg/kg 600 mg
ampicillina, opp.
in regime orale AZITROMICINA o 15 mg/kg 500 mg
CLARITROMICINA

Allergia a CEFAZOLINA o 50 mg/kg IM o EV 1 gr IM o EV


penicillina o CEFTRIAXONE
ampicillina, opp.
IM o EV CLINDAMICINA 20 mg/kg IM o EV 600 mg IM o EV

Va comunque ricordato che uno stato febbrile in un bambino con cardiopatia congenita non
necessita obbligatoriamente di terapia antibiotica, considerato che lo stato febbrile può dipendere
anche da un'infezione virale.
30 novembre 2010
Giulia Bordin
Prof. Laverda

PATOLOGIA NEUROLOGICA
La Prof.ssa ha precisato che lei riuscirà a fare solo degli accenni alle singole patologie e che dovremo
integrare con il libro. L’argomento “Ritardo mentale” è da fare da soli.

PARALISI CEREBRALE (PC)


La prima distinzione è tra encefalopatie:
• Statiche: si intende dal punto di vista della causa che le ha provocate. Dal momento in cui il danno
termina di agire, il bambino può avere dei recuperi, in modo dipendente da quanto importante è stato
il danno.
• Progressive: ad es malattie degenerative o patologie neurologiche come un tumore. In tal caso se
valutiamo lo sviluppo psicomotorio in funzione del tempo, questo procede come quello di un
bambino sano. Nel momento in cui insorge la malattia lo sviluppo si arresta e il bambino non fa più
dei progressi fino a che addirittura perde ciò che aveva appreso. Ad esempio la mamma ci riferisce
uno sviluppo normale nei primi mesi, che a 11 mesi cammina con solo una mano di appoggio e che
poi non fa più progressi e anzi peggiora, e regredisce (questo succede ad es nelle distrofie
metacromatiche).
normale
sviluppo
psicomotorio

E. statica

E. progressiva

età

La paralisi cerebrale appartiene al gruppo delle encefalopatie statiche.


Def: la paralisi cerebrale è una disfunzione motoria dovuta ad un danno non evolutivo (per quanto attiene la
causa che l’ha provocato) che agisce sul SNC in epoca precoce dello sviluppo maturativo (quindi in un
momento in cui il cervello ha ancora molte possibilità di sviluppo non ancora manifestate).
Con “precoce” alcuni autori ritengono 3 aa di vita, secondo altri 5.

Cause
• Pre-natali: infezioni, malformazioni, asfissia. Sono le più frequenti.
• Peri-natali: una volta ritenute le più frequenti e sono circa il 10%.
• Post-natali: infezioni (encefalite, meningite), traumi (incidenti stradali), evento ipossico-ischemico
(es soffocamento).
NB: il nato a termine ha per assurdo delle sequele più importanti all’ipossigenazione. Il nato a termine infatti
presenta delle aree terminali a livello corticale, rappresentate dalle aree al confine tra territori di irrorazione
di arterie cerebrali anteriore, media e posteriore, che vengono compromesse per prime e che corrispondono
alla corteccia motoria e visiva. Nel prematuro invece sussistono ancora anastomosi tra arterie meningee e
cerebrali: l’area più sensibile non è la corteccia bensì la regione periventricolare, dove si trova la matrice
germinale, ovvero l’area di moltiplicazione di neuroni e oligodendrociti. Nel prematuro in tele sede vi è
ricchezza di recettori dell’N-metilaspartato e quindi in caso di asfissia è più facile che tali cellule vadano
incontro ad ingresso di calcio e morte cerebrale. Conseguentemente a danno asfittico avremo quindi nel
primo caso un danno corticale (motorio con tetraparesi, visivo, ritardo mentale..), nel secondo caso una
leucomalacia periventricolare, o una diplegia spastica (sono ingessati tutti e quattro gli arti ma soprattutto
quelli inferiori).

[Leucomalacia periventricolare: Definisce la necrosi, ovvero la distruzione dovuta alla mancanza


temporanea di sangue o di ossigeno, della sostanza bianca che sta attorno ai ventricoli laterali. N.d.S]

Epidemiologia
Prevalenza di circa 2/1000 nati vivi ed è simile nelle varie parti del mondo. Dagli anni 50 ad oggi
l’andamento della prevalenza è cambiato:
- negli anni ’50 vi è stato un enorme miglioramento delle condizioni socioeconomiche e questo
giustifica la riduzione delle paralisi cerebrali
- negli anni ’70 si è aperta qui a Pd la prima unità di terapia intensiva pediatrica: molti più bambini
vengono salvati e questo ha portato alla risalita delle PC. Anche i bambini di 500g vengono salvati,
con un rischio però enorme di avere danni cerebrali. Analizzando una tabella che valuta i tassi di
prevalenza delle paralisi cerebrali in rapporto al peso alla nascita, si vede che con peso inferiore ad
1kg, la prevalenza di PC si fa molto elevata. Nel bambino sopra i 2,5kg la percentuale è minima. I
grossi prematuri sono quindi ancora molto a rischio di questo tipo di insulti.

Classificazione di Mutch
• Forma spastica: con spasticità intendiamo un aumento del tono muscolare per la perdita di
fibre che dalla corteccia si portano al secondo motoneurone. Solitamente prevale l’ipertono
e si ha un aumento dei riflessi con Babinski positivo. Le forme spastiche possono interessare
tutti e quattro gli arti (tetraplegia); tutti e 4 gli arti ma con minore coinvolgimento di quelli
superiori (diplegia); emisoma di dx o sx (emiplegia). Un bambino con tetraparesi spastica si
presenta caratteristicamente con mani a pugno, faccia inespressiva con bocca semiaperta. Un
bambino con diplegia invece si presenta con la tipica marcia con piedi in punta, non tiene le
mani normalmente ma riesce ad usare le mani.
• Forma atassica: molto più rara. Si può avere un’atassia semplice o una diplegia.
[L'atassia (dal greco ataxiā, disordine) è un disturbo consistente nella progressiva perdita
della coordinazione muscolare che quindi rende difficoltoso eseguire i movimenti volontari.
N.d.S.]
• Forma discinetica: caratterizzata da disturbi del movimento di tipo distonico o
coreoatetosico.

Sintomi di allarme
• Ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie
• Alterazione della motilità: il bambino è buono, non scalcia, non afferra gli oggetti
• Presenza di dominanza dx o sx fin dalla nascita. Generalmente durante il primo anno di vita non c’è
dominanza ovvero il bambino usa indifferentemente mano dx e sx. In questo caso la mamma ci
riferisce che il bambino non riesce ad usare una delle due mani.
• Marcia anomala: il bambino cammina sulle punte, trascina un arto…
• Alterazione del tono

Sintomi
Nel primo anno di vita non si tende a diagnosticare subito una PC specifica, per la difficoltà nella sua
definizione quando i bambini sono così piccoli. Si preferisce definire il disordine prima come “ritardo
psicomotorio”, che è una sorta di diagnosi di parcheggio. Potrebbe essere infatti un ritardo che viene
recuperato oppure rappresentare la fase iniziale di una vera e propria PC. Da tenere conto che la diagnosi di
PC è importante e difficile da accettare anche dalla mamma quindi prima di diagnosticare qualcosa di così
grave si deve essere sicuri. Si insegna comunque alla mamma tutto il necessario per aiutare lo sviluppo o si
indirizza il bambino ad un centro di fisioterapia. Si segue il bambino e si fa diagnosi certa in un secondo
momento.
Il quadro conclamato compare dopo il primo anno di vita.
Sintomi associati cerebrali:
• In un bambino con PC avrò permanenza dei riflessi arcaici o essi non sono mai stati validi, o c’è una
postura asimmetrica obbligata.
• In realtà poi questi bambini hanno anche disturbi cognitivi e spesso la diagnosi di ritardo precede
quella di PC. Spesso hanno paralisi sovrabulbare, in cui si ha degenerazione della corteccia e di tutti
i neuroni che da questa si portano a comandare i nuclei dei nervi cranici, con un effetto finale simile
alla paralisi dei nervi cranici (del tronco). Tutti i n. cranici in realtà sono innervati bilateralmente (a
parte una porzione del nucleo del facciale) quindi se una via viene compromessa l’altra sopperisce.
Nella paralisi sovrabulbare si ha compromissione di entrambi gli impulsi, dx e sx: il bimbo è
amimico, con la bava alla bocca, voce nasale.
• Frequentemente hanno disturbo del linguaggio, microcefalia, epilessia, disturbi psichici e del
comportamento.

Sintomi e segni associati non cerebrali:


• Bambini che mangiano troppo e diventano obesi a causa della loro distrofia
• Hanno frequentemente infezioni respiratorie e otiti per una scarsa mobilità delle tube
• Gengiviti e stomatiti perché masticano male.
• L’alterazione della motilità interessa muscolatura sia scheletrica che liscia: sono soggetti a RGE e
quindi gastriti ed esofagiti e quindi ad anemie; infezioni delle vie urinarie da vescica neurologica;
stipsi.
• Problemi ortopedici: scoliosi, lussazione delle anche con necessità di interventi correttivi.

Terapia
Di paralisi cerebrale non si guarisce però si può cercare di aiutare il bambino a poter vivere nella comunità.
Risulta così avere un ruolo chiave la riabilitazione, la quale mira ad ottenere una migliore qualità di vita per
il bambino e per la famiglia. La riabilitazione si occupa non solo della sfera motoria ma della globalità del
bambino dal punto di vista comunicativo relazionale. Importante che in tale processo sia coinvolto l’intero
nucleo familiare, la scuola, l’ambiente in cui il bambino vive. Risulta così necessario un approccio
multidisciplinare: fisioterapista, neuropsichiatria infantile, psicomotricista, logopedista.
La terapia riabilitativa deve essere iniziata il più precocemente possibile.
Altri trattamenti disponibili sono:
• Tutori
• Gessi
• Tossina botulinica: molto usata nella contrattura degli arti nei primi anni di vita
• Interventi chirurgici: allungamenti dei tendini…

Precisazione: quindi in senso stretto per PC si intende una disfunzione motoria. Molto spesso però si
sovrappone un quadro molto più complesso con ritardo mentale, disturbi cognitivi.

MACROCEFALIA
Def: con macrocefalia si intende una CC (circonferenza cranica) superiore a due o più deviazioni standard
dalla media definita per età e sesso.
La CC si misura con un metro passando dalla fronte all’occipite. La si misura tre volte e si prende la misura
maggiore.
Alla nascita la CC è di 34cm. La crescita della CC avviene soprattutto nel primo anno di vita (in cui cresce di
12 cm) e in particolare nei primi 6 mesi.

Classificazione
Una macrocefalia può essere:
• Assoluta o relativa
• Fisiologica: se un bambino in peso e altezza rientra nel 50 percentile e per CC nel 90, parlerò di
macrocefalia relativa: se è sempre rimasta all’interno dello stesso percentile è più probabile sia una
macrocefalia costituzionale (guardo i genitori!).
• Patologica: si sposta di percentile.

Cause
• Anatomiche: è la componente scheletrica ad essere grande. Questo capita in alcune forme di
displasia cranioscheletrica, craniosinostosi, nell’acondroplasia (in cui però è spesso associato un
idrocefalo).
[Acondroplasia: Condizione patologica caratterizzata da un difettoso accrescimento scheletrico per
un disturbo dei processi di maturazione e diossificazione a livello
della cartilagine di coniugazione nelle ossa lunghe degli arti: queste rimangono corte, pur
accrescendosi normalmente nelle altre direzioni, così come normalmente si accrescono le ossa
del cranio, della faccia e del tronco. Il soggetto acondroplasico pertanto manifesta una forma
di nanismo detto disarmonico, in quanto caratterizzato da una sproporzione tra le dimensioni degli
arti e il resto del corpo. L’a. è una malattia ereditaria a trasmissione dominante. N.d.S.]
• Megaencefalia vera: il cervello ha più cellule del dovuto: gigantismo cellulare (S. di Sotos),
megaencefalia familiare; S. di Duchenne; Mal. Neurocutaneee come la neurofibromatosi; S. di
Klinefelter.
• Patologie metaboliche: le cellule sono in numero normale ma a causa dell’accumulo di sostanze,
come ad es. nelle malattie lisosomiali, hanno dimensioni maggiori.
• Idrodinamiche: disturbi della circolazione liquorale con un aumento della quantità liquorale.

La macrocefalia si stabilisce solo se queste cause agiscono nei primi anni di vita. Alla nascita si hanno due
fontanelle: una anteriore quadrangolare che si chiude attorno all’anno e mezzo di vita e una posteriore che si
chiude entro il primo mese. Poi vi sono le suture che si chiudono entro il secondo anno di vita.
Il rimodellamento del cranio è guidato dal suo contenuto che cresce. Infatti nelle condizioni in cui il cervello
abbia sofferto e rimanga piccolo, anche il cranio rimane piccolo. Quindi se queste alterazioni si instaurano
entro i primi 2 anni di vita, il cranio cede e fa posto al plus di contenuto e il bambino sta relativamente bene;
le fontanelle tendono a non chiudersi. Dopo i due anni questo non si verifica più perché ormai la testa è già
saldata e ben presto il bambino manifesta i segni dell’ipertensione endocranica.

IDROCEFALO
Def: aumento del contenuto liquido.
Non è sempre facile identificarne la causa. A volte può essere l’esito di un trauma risultante in un’ematoma
che viene idratato diventando un idioma. E’ un liquido ricco di proteine, che richiama ulteriore liquidi.
Spesso quindi queste raccolte tendono ad aumentare.
Il liquor è prodotto a livello dei plessi coriodei, passa nei ventricoli laterali, da qui nel quarto ventricolo,
attraverso i forami di luschka giunge nello spazio subaracnoideo e da qui drenato nel seno sagittale superiore
attraverso le granulazioni del Pacchioni.
L’idrocefalo è dovuto ad alterazioni del circolo liquorale. Quasi mai è dovuto a iperproduzione (eccetto che
nel papilloma dei plessi, tumore estremamente raro nel bambino). Negli altri casi è dovuto ad alterazione
della circolazione per ostruzione . A seconda della sede dell’ostruzione avrò un idrocefalo mono-bi.tri-
ventricolare. Ad esempio per ostruzione del dotto di Silvio avremo idrocefalo triventricolare, a livello del
foro di Monro monoventriclare. Questi vengono chiamati idrocefali ostruttivi.
Quando l’ostruzione è a livello del seno sagittale si parla di idrocefalo comunicante. Causa può essere la
trombosi venosa del seno sagittale oppure la stasi venosa o ipertensione venosa.

Meccanismi di compenso
Sono molto meno validi una volta che le suture siano già saldate. I meccanismi di compenso sono:
• Compliance cerebrale con compressione del parenchima
• Parte del liquor viene dislocato negli spazi del midollo spinale
• Compressione dei vasi venosi
C’è comunque un limite oltre il quale compaiono segni dell’ipertensione endocranica. Dalla curva si vede
come i segni e i sintomi compaiano improvvisamente, superata una certa Pressione soglia.
sintomi
Segni e

Cause
• Tumori
• Ependimiti
• Esiti di meningiti
• Emorragie intracraniche in cui i prodotti del sangue agiscono da irritanti
• Aracnoiditi
• Congenite-genetiche

Sintomatologia
Dipende da:
- età
- velocità con cui si determina l’ostacolo: se l’ostacolo si instaura in acuto non è possibile che i
meccanismi di compenso vengano messi in atto
- processo che causa l’idrocefalo

Terapia
• Derivazione liquorale: solitamente ventricolo-peritoneale ovvero si fa un buco nel cranio in cui
viene fatto passare un catetere il quale poi drena in peritoneo. Se il peritoneo è alterato si mette in
atrio. Il sondino in genere è lungo in modo che si srotoli man mano che il bambino cresce, senza
doverlo cambiare troppo spesso.
• Terzo ventricolo-cisterno-stomia: tecnica che era stata abbandonata, oggi riproposta. Con un foro si
entra nel terzo ventricolo e si fa un buco nel pavimento del terzo ventricolo in modo che da qui il
liquor passi nelle cisterne della base. In questo modo il liquor segue una via fisiologica e questo da
enormi vantaggi: quando voi mettete un tubo (il catetere in peritoneo) questo pia piano si rovina e le
complicanze sono più frequenti, comprese quelle infettive.
Oggi comunque, grazie ai maggiori controlli, non abbiamo più gli idrocefali enormi come una volta, in cui il
tessuto cerebrale era ridotto allo spessore di pochi millimetri. Inoltre ora rimuovendo la causa dell’idrocefalo
il bambino poi sta bene.

Un’ ulteriore classificazione distingue l’idrocefalo in:


• Attivo: alterato circolo liquorale
• Passivo: caratteristico del prematuro nel quale, a causa della zona periventricolare più sensibile e
della leucomalacia, si ha atrofia delle fibre periventricolari, i ventricoli si allargano ma non per
l’aumento della pressione interna, bensì perché c’è il vuoto fuori. Si ha in questi casi un idrocefalo
non teso e i bambino non vengono operati.
• Compensato

MICROCEFALIA
Def: con microcefalia si intende una CC (circonferenza cranica) inferiore a due o più deviazioni standard
dalla media definita per età e sesso.
Anche in questo caso possiamo distinguere una microcefalia:
• Fisiologica: valuto la CC dei genitori perché può essere una microcefalia costituzionale fisiologica
• Patologica: spesso bambini con microcefalia vengono inviati dallo specialista nel sospetto di una
craniostenosi parziale o totale, che consiste nella precoce chiusura delle suture. La craniostenosi
totale è assai rara e comporta l’impossibilità della testa di crescere e il bambino sviluppa molto
rapidamente i segni dell’ipertensione endocranica e diventa ceco. Più spesso si ha una chiusura
precoce di una delle suture craniche e a seconda di che sutura si chiude abbiamo forme diverse di
testa. Tra le craniostenosi più comuni vi sono la erigono cefalia (testa a triangolo) dovuta alla
precoce chiusura della sutura metodica e la scafocefalia (cranio con diametro antero-posteriore
prevalente, fronte molto ampia) dovuta a precoce chiusura della sutura sagittale. In genere nelle
craniostenosi la testa è di dimensioni normali o addirittura grande perché si deforma per compenso.
Messaggio: la craniostenosi è una patologia prevalentemente estetica anche se si è visto che il
cervello in una scatola anomala si deve adattare, c’è sempre una modesta ipertensione endocranica; il
sistema di circolazione liquorale non è ottimale e anche traumi lievi possono scompensare una
condizione di ipertensione latente. In genere si tende ad operare questi bambini entri i 4 mesi di vita:
vengono tolti dei tasselli di osso e poi il cranio si rimodella seguendo la crescita del contenuto. Nella
microcefalia più classica invece le suture ci sono e sono aperte ma il cranio cresce poco perché è il
cervello che cresce poco.

La microcefalia può essere:


• Prenatale: è già presente alla nascita. Dovuto a cause genetiche, TORCH, farmaci, malnutrizione.
Le cause genetiche possono essere autosomiche recessive o dominanti (le più gravi) o rientrare
nell’ambito delle manifestazioni di una sindrome cromosomica come la S. Down; S. di Angelmann,
S. di Pader Willi. Infezione da CMV da classicamente delle calcificazioni periventricolari visibili
bene alla TC, male con la RMN.
• Postnatale (acquisito): il bambino nasce con una CC normale ma che poi non cresce adeguatamente.
Un es. è la sindrome di Rett in cui lo sviluppo è normale fino al sesto mese di vita, poi compare una
regressione con perdita della presa delle mani.. Dovuta a mutazione a carico del gene MECP2. Un
altro es. è la lissencefalia in cui la corteccia è liscia, senza circonvoluzioni in quanto ha 4 e non 6
strati.
TUMORI CEREBRALI
NB: la sintomatologia di un tumore cerebrale non dipende dal tipo di tumore (maligno o benigno) ma dalla
sede.

Qui la Prof.ssa fa degli esempi su come tumori benigni e maligni possano esordire con gli stessi sintomi:
astrocitoma (benigno) e medulloblastoma (maligno) con vomito e cefalea; astrocitoma pilocitico (benigno) e
glioblastoma multiforme (maligno) con una crisi epilettica focale.
E’ anche vero che più maligno è il tumore più il periodo asintomatico è breve.

Sintomi di esordio
• Generali aspecifici, dovuti all’ipertensione endocranica: vomito e cefalea
• Locali: legati alla sede del tumore. Avviene soprattutto per quelli sovratentoriali. Con un tumore:
- a livello delle vie ottiche: disturbi visivi
- corteccia motoria: crisi epilettiche
- craniofaringioma: diabete insipido
I tumori in fossa cranica posteriore possono localizzarsi a livello di:
- cervelletto (astrocitoma e medulloblastoma): chiudono le vie liquorali e si manifestano con i segni
dell’ipertensione endocranica.
- tronco cerebrale (dove vi sono i nuclei dei nervi cranici e le vie piramidali): segni di deficit dei nervi
cranici. In alcuni casi si ostruisce l’acquedotto di Silvio e ho anche i segni dell’ipertensione endocranica ma
più raramente.

Sintomi e segni di ipertensione endocranica (IE)


Nel lattante:
- Macrocefalia
- Fontanella tesa
- Diastasi delle suture
- Vene emicraniche turgide
- Papilledema (molto raro nel lattante)

Nel bambino:
- Cefalea
- Diplopia: legata ad un’iniziale paralisi del sesto nervo cranico che è un nervo molto lungo e più
facilmente viene pinzato in corso di ipertensione endocranica. Alla diplopia segue lo sviluppo di
strabismo convergente.
- Papilledema
- Modificazioni del carattere: probabilmente legata al malessere

Comuni a tutte le età:


- Irritabilità (nel bambino piccolo potrebbe essere l’equivalente della cefalea in quanto quando un
neonato sta male piange)
- Sonnolenza
- Vomito
- Strabismo (nel lattante non posso verificare il sintomo diplopia e quindi devo aspettare lo strabismo)
- Occhi a sole che tramonta: l’iride è in basso e c’è un deficit di sguardo coniugato verso l’alto.
Dovuto a condizioni che portano a compressione del tetto del mesencefalo con conseguente
compressione del centro che comanda lo sguardo coniugato.
- Iperiflessia agli arti inferiori: le prime fibre disturbate dalla dilatazione dei ventricoli sono quelle che
comandano gli arti inferiori
- Ipertensione sistemica e bradicardia: molto rari nel bambino, al contrario che nell’adulto.

Quando cefalea e vomito ci devono preoccupare?


Raramente la cefalea è il sintomo isolato di esordio. Molto più spesso associato. Inoltre la cefalea non ha né
delle caratteristiche particolari né una sede specifica a seconda del tumore. I segni che ci devono mettere in
allarme sono:
- Recente insorgenza
- L’essere ricorrente soprattutto al mattino: durante il riposo notturno il ritorno venoso è rallentato e il
respiro può essere meno efficace. Durante la notte quindi la pCO2 si alza di poco. Questo porta ad
una vasodilatazione cerebrale. In un bambino con un equilibrio già precario perché qualcosa sta
crescendo, anche questo modesto aumento dell’apporto di sangue porta a cefalea al mattino. Spesso
la cefalea al mattino si associa al vomito e tale associazone deve far preoccupare. Purtroppo a volte il
quadro è misconosciuto e tali sintomi vengono attribuiti al non voler andare a scuola..
- Tale da provocare risveglio
- Cefalea intensa, prolungata e ingravescente
- Esacerbata da tosse o nello sforzo evacuativo in cui si esegue una manovra di Valsala: aumenta
l’ipertensione endocranica a seguito del blocco del flusso venoso
Il vomito deve mettere in allarme quando:
- E’ presente al risveglio
- Associato a cefalea
Nella maggioranza dei casi il vomito è segno di ipertensione endocranica. In alcuni tumori poi, anche se di
rado, è possibile l’infiltrazione del pavimento del quarto ventricolo in cui si trova il centro del vomito.
Il papilledema è raro nel lattante. Lo pseudopapilledema è invece una condizione congenita da eccesso di
glia.

Esempi:
1. Bambina con storia di diplopia a cui segue uno strabismo. L’oculista lo attribuisce all’ipermetropia.
Dopo un mese compare paralisi facciale. Dovuto a tumore a carico del tronco e la bambina è
deceduta un anno dopo.
2. Bambina con cefalea severa. Al fondo dell’occhio papilledema. Alla RMN risulta tumore a livello
della lamina quadrigemina. Ha fatto una ventricolostomia e ora la massa viene controllata
periodicamente.

CEFALEA
E’uno dei sintomi più comuni in età pediatrica. Presente nel 30-40% dei bambini all’inizio delle elementari e
nel 65-70% in età prescolare.
Si distinguono cefalee:
• Primitive: emicrania, cefalea tensiva e cefalea a grappolo (rarissima nel bambino).
• Secondarie: 5-15% delle cefalee croniche.

Cause
Le cefalee secondarie sono conseguenti a :
• Patologia organica cerebrale grave: ipertensione endocranica conseguente a tumori, idrocefalo,
ascesso o pseudotumor (situazione di IE nella quale la RMN è negativa, il liquor è negativo e quindi
non si trova una spiegazione anatomica; si trova conseguentemente all’uso di farmaci come i
cortisonici).
• Patologia organica minore: sinusiti, problemi oculari, dentari, trauma cranico, sensibilità del
trigemino.
• Cause sistemiche e tossiche: ipertensione arteriosa (difficile che nel bambino di cefalea), nitriti,
glutammato monossido.

-EMICRANIA-
Def: episodi parossistici, ricorrenti di cefalea, separati da intervalli liberi da sintomi.
L’esordio è nella maggior parte dei casi spontaneo, ma può essere scatenata da diversi fattori.
E’ presente nel 3-5% dei bambini in età prepubere e nel 5-10% di quelli in età puberale.
Nell’80% dei casi si riscontra una familiarità (soprattutto la mamma).
Caratteristica importante è che nel bambino il dolore è spesso bilaterale (manca la caratteristica di emi-
crania).

Classificazione
• Emicrania senza aura (o comune): è la più frequente. Gli attacchi durano dalle 2 alle 48 ore ma in
genere durano mezza giornata (5-6 ore). Il dolore è caratteristicamente pulsante, mono- o bi-laterale.
Accompagnata solitamente da nausea e/o vomito, fotofobia, fonofobia, olfactofobia (fastidio verso
tutti gli odori). Per fare diagnosi di attacco emicranico è necessario avere almeno 5 attacchi.
• Emicrania con aura: preceduta da aura che consiste in segni e sintomi neurologici (scotomi, fosfeni,
amaurosi, emianopsia, parestesie, deficit motori e del linguaggio). L’aura dura poco, dai 10 ai 30
minuti e di solito si esaurisce con l’esplodere del mal di testa. Nei protocolli padovani quando un
bambino si presenta con un primo episodio di emicrania con aura vengono fatti una serie di esami
per escludere altre patologie sottostanti.
• Emicrania emiplegica
• Emicrania dell’arteria basilare
• Emicrania oftalmoplegica: il bambino ha una paralisi, nella maggior parte dei casi, del terzo nervo
cranico.
Le ultime tre sono molto rare.

Fattori scatenanti
• Cibi
• Fase pre-mestruale
• Fatica fisica
• Stress
• Rilassamento post stress: bambini in cui compare l’emicrania quando iniziano le vacanze.

-CEFALEA DI TIPO TENSIVO-


Generalmente quando l’attacco di emicrania termina il bambino sta bene. Più insidioso è il quadro della
cefalea di tipo tensivo.

Classificazione
Ve ne sono di due tipi:
• Cefalea tensivo episodica: sono episodi di cefalea ricorrenti, che durano a lungo, dai 30 min ai 7
giorni. Il dolore è di tipo compressivo, gravativo e bilaterale. L’intensità è lieve-media (al contrario
dell’emicrania che può essere molto forte). Per definizione è presente per meno di 15 giorni al mese.
Il bambino è costretto a lunghe assenze scolastiche. In alcuni casi coincide con periodi di vita
stressanti. Può accompagnarsi a contratture dei muscoli pericranici e i sintomi associati sono vaghi:
spossatezza, nausea, offuscamento del visus.
• Cefalea tensivo cronica (o psicogena): con le stesse caratteristiche di quella precedente ma presente
per più di 15 giorni al mese. E’ presente al risveglio, dura tutta la giornata e spesso associata a
nausea e vomito. Il bambino solitamente prende molti antidolorifici. Spesso sono soggetti con
qualche disturbo della personalità: sono soggetti ansiosi. A volte però compare in seguito ad episodi
particolarmente stressanti (bambini con difficoltà di socializzazione..). Spesso difficili da trattare:
bisogna cercare, prima di tutto, di interrompere il circolo vizioso per cui il bambino sta a casa da
scuola, i genitori sono molto preoccupati. Spesso in tali casi si fa una RMN per escutere patologie
gravi e tranquillizzare la famiglia.

-CEFALEA A GRAPPOLO-
Cefalea rara in età evolutiva. Da dolore fortissimo in sede orbitaria, temporale.

Diagnosi di cefalea
E’ clinica. Si basa poi sull’anamnesi e sull’esame neurologico, che deve essere negativo. Generalmente non
sono necessari esami strumentali. Non si fa l’EEG: sappiamo bene che durante l’attacco mostra focolai in
genere in sede temporale, ma tra un attacco e l‘altro è negativo.

Terapia della cefalea


Il colloquio con i genitori è fondamentale: rassicurare i genitori sull’assenza di patologia organica, informare
sulle caratteristiche della cefalea, insegnare a tenere un diario, evitare fattori scatenanti. Questi
provvedimenti, indipendentemente dalla terapia farmacologica, riducono la frequenza degli attacchi del 50%
nei 6 mesi successivi alla prima visita.
Terapia farmacologica:
• Attacco acuto: acido acetilsalicilico non v iene più usato in pediatria. Si usa paracetamolo (10-20
mg/Kg); naprossene (10-20mg/Kg). Il domperidone (peridon) in supposte per il vomito. Ci sono altri
analgesici più forti ma in genere questi due sono sufficienti.
• Profilassi: deve essere fatta quando si hanno più di tre attacchi al mese e di intensità tale da
interrompere le normali attività di bambino. Anche in questo caso si hanno responders al placebo.
Farmaci usati sono: flunarizina e nimopidina (calcio antagonisti); propanololo (β-bloccante);
triptofano; pizotifene; triciclici a basse dosi (soprattutto nella cefalea tensiva).
• Esiste una profilassi non farmacologica: tecniche di rilassamento, agopuntura, ipnosi e nella cefalea
tensiva un sostegno psicologico.

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