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Molti eruditi musulmani concordano sul fatto che il fuoco è un metodo di purificazione. Il fuoco divora tutte
le impurità, asciuga lo sporco annientando ogni sensazione sgradevole di gusto e odorato. Alcuni studiosi
musulmani affermano che se la terra o qualsiasi altra materia diventa impura (conservando il colore e l¶odore
della lordura), esponendola ai raggi del sole, al fuoco o all'aria essa si purifica. Alcuni hadith della tradizione
Islamica confermano questa realtà. Per maggiori dettagli, ad esempio, si consiglia di consultare i capitoli
sulle ³Impurità´ nei libri della scuola Malikita e Hanafita: il ³Hashiat al-Dassuqi ala al-Sharh al-Kabir´
della scuola Malikita e la spiegazione del ³Fath al-Qadir´ di Ibn al-Humam della scuola Hanafita. Secondo
questi studiosi, un coltello contaminato dal maiale può essere utilizzato se è stato purificato dal fuoco.

In maniera analoga, nella scienza iniziatica Islamica il fuoco è usato per purificare l'anima e comunicare col
divino. Nel Santo Corano è detto:

³Quando vide un fuoco, disse alla sua famiglia: ³Aspettate! Ho avvistato un fuoco, forse [potrò] portarvene
un tizzone o trovare nei suoi pressi una guida. Quando vi giunse, sentì chiamare: ³O Mosè, in verità sono il
tuo Signore. Levati i sandali, ché sei nella valle santa di Tuwâ.´ (Corano, 20: 10-12)

Il Profeta Mosè (ω) suggerisce che meditando sul fuoco ed entrando in comunione con esso, si può trovare la
guida. È nella ³Santa valle´ di Tuwâ che Mosè (ω) sperimentò l¶esperienza divina.

Muhyi-d-Din Ibn al-Arabi, il più gran visionario tra i mistici dell¶Islam, nell¶opera ³Fushush al-Hikam´ (La
sapienza dei Profeti) descrive il desiderio immenso di Mosè (ω) di comunicare col fuoco divino:
³Dio parlando a Mosè (ω) dal roveto ardente gli apparve nella forma ignea perché Mosè (ω) aveva cercato il
fuoco; gli apparve dunque nell¶oggetto del suo desiderio affinché Mosè (ω) si dirigesse verso di Lui e non se
ne allontanasse; poiché se Dio gli si fosse rivelato in qualche altra forma, a Mosè (ω) non gradita, se ne
sarebbe allontanato a cagione della sua concentrazione su quel particolare scopo.´1

(Ibn al-Arabi, La sapienza dei profeti, pag. 134)

Nell'Induismo, Agni è il dio dell'elemento fuoco invocato nei rituali Vedici. Il Dio Agni è il divino
messaggero che riceve preghiere e oblazioni e li trasmette alla sfera celeste.

³Sappi che la radiosità della luce del sole - che illumina il mondo intero - della luce che proviene dalla luna
e della luce del fuoco, è la Mia.´ (Bhagavad Gita, 15, 12)

Nella scienza Islamica dei numeri il fuoco (valore numerico 251) è la porta (valore numerico 5) d¶accesso
alla luce divina (valore numerico 256). 251 + 5 = 256

Il fuoco, in arabo Nar, vale 251. Nun + Alif + Ra = 50 + 1 + 200.

La porta, in arabo Bab, vale 5. Ba + Alif + Ba = 2 + 1 + 2 = 5.

La luce, in arabo Nur vale 256. Nun + Waw + Ra = 50 + 6 + 200.

Najm ud-Din Kubra disse: ³Ogni volta che sale in te una fiamma, ecco che una fiamma scende dal cielo
verso di te.´

Najm ud-Din Kubra si è preso cura di descrivere il caso e le circostanze in cui lo stesso fuoco del dhikr
diviene l¶oggetto dell¶appercezione mistica:

³All¶opposto del fuoco del Demone, fuoco tenebroso la cui visione è accompagnata dall¶angoscia e da una
sensazione di pesantezza opprimente, il fuoco del dhikr è visualizzato come un bagliore ardente e puro,
animato da un movimento ascendente e veloce. Alla sua vista il mistico prova una sensazione di leggerezza
interiore, compiutezza e intimo acquietamento. È un fuoco che è simile ad un principe sovrano, penetra nella
dimora proclamando: ³Io solo, nient¶altro che me´.2

(Henry Corbin, En Islam Iranien, volume 4, pag 402)


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Farid-ad-Din Attar, uno dei più celebri mistici Persiani, vissuto tra il 1100 ed il 1200 (abbracciò la fede sciita
prima di lasciare questo mondo), svela nell'allegoria della falena e della candela i misteri dell'Agni Yoga
Islamico:

«Una notte le falene vennero a parlamento e decisero di partire alla ricerca della candela. ³Qualcuno´,
dissero, ³dovrebbe al più presto recarci notizie dell'amata´. Partì allora un volontario, raggiunse un lontano
castello ed entrò in una stanza in cui baluginava la fiamma di una candela, e subito ritornò dalle sue
compagne riferendo ciò che aveva veduto. Ma l'anziana dell'assemblea si levò per criticarla: ³Tu non ci hai
detto nulla dell'amata!´ Partì una seconda falena che volò sino al castello, raggiungendo senza esitare quel
magico chiarore. Dapprima volò sulla fiamma a rispettosa distanza, poi entrò nel raggio dell'amata battendo
le ali per l'eccitazione, ma infine la candela prevalse e la falena fu costretta a ritirarsi. Quando tornò dalle
compagne poté rivelare ben miseri segreti, descrivendo la sua effimera unione con l'amata. Ancora una volta
l'anziana decretò: ³Nulla in realtà hai veduto, e di essa tu ci parli non diversamente da colei che ti ha
preceduto.´

Una terza falena si levò allora in volo, ebbra di desiderio. Entrata in quel remoto castello, volò sul fuoco a
passo di danza immergendovi il capo e le ali, e felice si perse nella fiamma. Quando l'anziana dell'assemblea
ne ebbe notizia, quella aveva già assunto il colore del fuoco. ³Costei´, commentò, ³ha veramente agito! Ma
chi potrà mai conoscere ciò che ha veduto? Solo essa può saperlo, non altri!´

Come potrai conoscere l'Amato se il pensiero del corpo e dell'anima ancora ti domina? Se ti giungesse
notizia di un solo capello della sua chioma, vedresti la tua anima sanguinare! Ma in questo modo a nessuno è
dato conoscere un'intimità così profonda, e nessuno è ammesso a goderne.»3

(Farid-ad-Din Attar, Il Verbo degli uccelli, pag. 196)


Nel Sufismo Islamico, la falena che si immola nella fiamma della candela rappresenta l'anima che si perde
nel fuoco divino. Le metafore Persiane comprendono la farfalla e la candela o l'usignolo e il fiore; questi
sono i simboli dell'amante e dell'amato. L'amato assume una qualità modificabile progredendo dal reame
fisico al regno spirituale.

Il fuoco è il simbolo principale del ³Sufismo Shuhūdīyah´ (da shuhud, diretta visione) al pari del ruolo che
gioca nelle tradizioni Indo-Iraniche e nel Zoroastrismo. Per gli Zoroastriani, il fuoco è solo un simbolo e
niente di più, sennonché é necessario cambiare il nostro approccio con i simboli. Esiste una distinzione
fondamentale tra il simbolo e l¶idolo; il simbolo si riferisce a qualcosa di diverso dal solo sé medesimo,
mentre l'idolo non può riferirsi che al sé medesimo. Ananda Coomaraswamy, filosofo indù e studioso di
storia dell'arte, descrive a lettere maiuscole varie situazioni in cui il fuoco è Dio, e non si tratta del fenomeno
naturale in cui Egli si manifesta.4

Nelle Gatha, i testi più sacri dello Zoroastrismo è detto:

³at tâ mainyû pouruyê ýâ ýêmâ hvafenâ asrvâtem manahicâ vacahicâ shyaothanôi hî vahyô akemcâ åscâ
hudånghô eresh vîshyâtâ nôit duzhdånghô.´

³Adesso, i due Spiriti primari, che si rivelarono in visione come Gemelli, sono il Bene e il Male, in pensiero,
parola e azione. E fra questi due, coloro che sono saggi scelsero correttamente, non così gli insipienti.´
(Yasna 30, 3)
In questa Gatha, Zarathustra parla di due Mainyu (Spiriti Universali) che si rivelano a lui complementari, ma
qui si tratta di ³ascolto´ e non di ³visione´, quindi, secondo il Vedanta, è stato un sonno profondo senza
sogno, la sfera del terzo quarto di Atma (Prajna),5 e per lo stesso motivo i due Mainyu si sono rivelati a
Zarathustra ³complementari´ e non ³opposti´. I due Mainyu sono lo ³Spirito Santo´ (Spenta Mainyu) e lo
³Spirito Diabolico´ (Angra Mainyu). Il primo è luminoso, mentre il secondo è tenebroso; perciò, il fuoco che
è il principio della luce è il simbolo dello ³Spirito Santo´, è in questo modo che si riferisce a Dio nel suo
attributo di compassionevole e può affermarsi che ³la Tua arte appartiene realmente a Ahura Mazda, perché
è Fuoco. Davvero la Tua arte è il Suo Spenta Mainyu.6

³ml fuoco di Ahura Mazda è la tua arte in verità, sì, la parte più generosa dei Suoi Spiriti, perché tu sei il più
potente di tutti i nomi (per grazia), O Fuoco del Signore!´(Yasna 36, 3)

Un concetto simile al principio dello Spirito di fuoco complementare, non opposto, luminoso e tenebroso
contenuto nelle Gatha, si ritrova nel Mathnawi (capitolo ³I respiri della Grazia Divina´) di Maulana Jalal-al-
Din Rumi:

³L¶anima di fuoco ha così ottenuto uno smoccolatoio per il suo fuoco, l¶anima morta ha sentito in sé un
movimento di vita.´ (Mathnawi, Libro 1, verso 1955)

L¶anima di fuoco può essere tradotta in ³la vita del fuoco.´ Nicholson in seguito cambiò la sua traduzione di
questo versetto sulla base dei primi manoscritti: ³l¶anima di fuoco guadagnò da ciò l¶estinzione; dalla sua
perennità, il morto (l¶anima) indossa il manto (della vita eterna)´ (da: ³...un estintore del (suo) fuoco, l¶anima
morta sentì al suo interno un movimento (di vita).´
Nella Bibbia Dio è un fuoco consumante:

³roiché l¶Eterno, il tuo Dio, è un fuoco consumante ´ (Deuteromonio, 4: 24)

Dopo l¶avvento dell¶Islam, il simbolo della fiamma della candela e della farfalla fu diffuso specialmente dai
poeti Persiani. Hallaj al-Mansur, martirizzato nel 309, espone queste immagini (fiamma della candela e
farfalla) nel Libro dei Tawasin (raccolta di riflessioni sulla natura divina) introducendo la pratica dell¶Agni
Yoga Islamico:

(2). La falena vola sulla fiamma fino al mattino, poi ritorna dai suoi simili per informarli della sua
condizione (spirituale) con le più eloquenti espressioni. Dopo, si mescola alla familiarità della grazia (della
fiamma), nel suo desiderio di raggiungere l'unione e la gioia perfetta.

(3). Il barlume della candela, è ³la scienza della realtà´: il calore della candela, ³è ³la realtà della realtà´;
ricollegarsi alla candela (bruciante), è il Reale della realtà.

(4). Non è soddisfatta del suo chiarore, né del suo calore, si precipita interamente in essa. [Durante questo
tempo], i suoi simili aspettano il suo ritorno; gli spiegherà ciò che lei stessa ha visto, poiché non è soddisfatta
dei racconti che le avevano narrati. Ma lei, in questo momento, si consuma, si assottiglia, si volatilizza (nella
fiamma), rimane senza tratti, senza un corpo, senza un nome, senza un segno riconoscibile E poi, con
quale intenzione ritornerebbe verso i suoi compagni, e quale stato adesso possiede! Quando era diventata ciò
³che ha veduto´ (=che conosce), aveva fatto a meno (da quel momento) di ascoltare dei racconti. Adesso che
si è ricongiunta a ³Quello che guardava´, non si preoccupa più di fissare.»7

(Hossein ibn Mansūr Hallaj, Tawasin, capitolo 2, versi 2 ± 4)

La venerazione del fuoco è parte integrante del più vero e antico Islam. È la qibla spirituale dell¶Islam.
Invece, ai luminari e agli astri si deve giuramento e preghiera.

Lo Shaykh al-Ishraq, Shihaboddin Yahya Sohravardi, nel ³Kitab Hikmat al-mshraq´ (Il libro della saggezza
orientale) riabilita il culto Solare dell¶Islam definendo fuoco e luna rispettivamente come figlia e califfo del
Sole:

³Ecco perché era la qibla, per le liturgie divine (µibadat), nelle antiche religioni. A causa della sua origine, il
fuoco è diventato la qibla nelle liturgie [dei Magi] poiché essi chiamano la fiamma figlia del Sole», come se
fosse per questo il rappresentante del Sole, per effetto della potenza del suo essere e della sua
manifestazione, in qualche modo, in tutti i tempi e in tutti i luoghi a differenza del Sole. Ugualmente, la luna
è il rappresentante di questo in certi momenti della notte. Nello stesso modo, questo culto reso al Sole e agli
altri astri compare nella nostra religione (Islam). Ci sono un certo numero di versetti nel Libro divino in cui
Dio esalta i luminari celesti, al punto che li prende a testimoni dei suoi giuramenti. Per esempio, citiamo
questi versetti: ³[Giuro] Per il Sole, e la sua luce al mattino! Per la Luna, quando lo segue!´ (Corano, 91: 1-
2) ³[Giuro] Per il cielo e per l¶astro notturno, e chi mai ti dirà cos'è l'astro notturno? È la fulgida stella´
(Corano, 86: 1-3). ³Giuro per i pianeti´ (Corano, 81: 1-5). ³[Giuro] Per la stella quando tramonta´ (Corano,
53: 1). ³Lo giuro per il declino delle stelle e questo è giuramento solenne, se lo sapeste´ (Corano, 56: 74-75).
³[Giuro] Per il cielo dalle costellazioni´ (Corano, 85: 1). D¶altra parte, Dio concesse ad Abramo (ω) un
favore speciale facendogli vedere il Regno dei cieli (malakut al-samawat) e per annoverarlo tra coloro la cui
fede è d¶incrollabile certezza. Si trova, inoltre, nella rreghiera d¶adorazione (ad¶iya al sajjadiya), qualcosa
che attesta la glorificazione liturgica della luna, che è il califfo del Sole, laddove l¶Imam afferma: O Tu,
creatura ubbidiente e fedele, tu ritorni rapidamente alle residenze che ti sono state assegnate, hai a
disposizione il cielo che governi, possa io esser protetto dalle Tenebre tramite colui che t¶ha dispensato la
luce, da cui illumini ciò che era confuso nell¶uniformità, ed ha fatto di te la chiave di ogni nuovo mese per gli
eventi nuovi ».8
(Shihaboddin Yahya Sohravardi, Kitab Hikmat al-Ishraq, pag. 556-557)

Bibliografia

1. Ibn al-Arabi, La sapienza dei profeti, Edizioni Mediterranee, Roma

2. Henry Corbin, En Islam Iranien, Gallimard Editore, Paris, 1972

3. Farid ad-Din Attar, Il verbo degli uccelli, SE, 1986, Milano

4. Coomaraswamy, ³Measures of Fire´, in R. Lipsey (ed.), Coomaraswamy: Methaphysics, p 161.

5. ³La sfera del terzo quarto di Atma è un sonno profondo in cui tutte le esperienze si unificano´. Vedere
Swami Krishnananda, Mandukya Upanishad, VI; anche Bābak ālīkhānī, Latāyifi Irfānī, p 31.

6. Ismail Radpour, Symbolism of Fire, The Golden Chalice of Haoma (Soma)

7. Louis Massignon, La passion de Hallaj. La traduzione del Tawasin di Hossein ibn Mansur Hallaj si trova
nel volume 3, pag. 307, Éditions Gallimard, 1975, Paris.

8. Shihaboddin Yahya Sohravardi, Le livre de la sagesse orientale, Verdier Editore, 1986.

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