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PROGETTAZIONE MECCANICA DEGLI

The Higher School of Advanced Engineering Studies


SCUOLA SUPERIORE DI INGEGNERIA

ACCOPPIAMENTI FLANGIATI
-

6^ giornata – 6 Maggio 2009

SAIPEM ENERGY INTERNATIONAL

SCUOLA SUPERIORE DI INGEGNERIA


The Higher School of Advanced Engineering Studies
ing . Claudio Damini
PROGETTAZIONE MECCANICA DEGLI ACCOPPIAMENTI
FLANGIATI - PREMESSE
Per accoppiamento flangiato si intende in generale un qualsiasi tipo di
giunto smontabile costituito da una coppia di anelli di sezione
resistente approssimativamente rettangolare, ciascuno dei quali
saldato oppure integrale (cioè ricavato per lavorazione meccanica) all’
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estremità di una virola cilindrica o di un fondo bombato e tenuto in


posizione tramite una serie di aste filettate (detti tiranti) o bulloni
passanti attraverso una serie regolare di fori praticati nella cosiddetta
estensione flangiati degli anelli.
La tenuta viene quindi assicurata per interposizione fra le due
facce contrapposte delle flangie, in prossimità del diametro interno
dell’ accoppiamento, una guarnizione ovvero di un anello in
materiale “più” tenero di quello delle flange.
L’ analisi di un giunto bullonato sarà quindi fortemente
influenzato dal comportamento elasto-plastico della guarnizione
e della sua più o meno ridotta capacità di un ritorno elastico dopo un
ciclo completo di carico e scarico.
Si tenga poi conto che un giunto bullonato sarà in generale
soggetto non solo ai carichi dovuti alla pressione ma anche ai
carichi esterni (si pensi ad esempio alle flange connesse a
tubazioni) nonché a variazioni di temperatura tali da provocare
dilatazioni termiche differenziali fra bulloni e corpi flangiati e,
quindi, in definitiva, variazioni di carico di serraggio applicato
PROGETTAZIONE MECCANICA DEGLI ACCOPPIAMENTI
FLANGIATI - PREMESSE (SEGUE)
Per loro stessa conformazione, i componenti flangiati fra loro collegati si
inducono sollecitazioni di tipo essenzialmente flessionale, derivanti della
azione esterna dei tiranti / bulloni di collegamento per controbilanciare la
reazione di guarnizione e la spinta di fondo dovuta alla pressione interna,
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essendo quest’ ultime da considerarsi come carichi interni ovvero trasmesse


reciprocamente fra le due membrature accoppiate e che tendono ad allontanare le
parti flangiate.
Da quanto sopra si comprende quindi quanto sia importante il serraggio
assegnato inizialmente ai bulloni in fase di chiusura dei giunti – e’ infatti da
tenere presente che già durante tale fase le parti flangiate tendono ovviamente
tanto più a flettersi quanto maggiore sarà il precarico assegnato. E ciò ovviamente
riduce il carico effettivo assegnato alla guarnizione.
Gli altri fattori che influenzano poi il corretto assetto (“seating”) della
guarnizione sono , come vedremo, la finitura e le tolleranze geometriche di
parallelismo nonché di planarità delle facce a contatto con le guarnizioni
dette sedi della guarnizione (tipicamente, le lavorazioni meccaniche di finitura di
tali facce devono sempre essere fatte al termine di tutte le lavorazioni e dei
trattamenti termici previsti sul componente flangiato, proprio per evitare
deformazioni durante tali processi).
PROGETTAZIONE MECCANICA DEGLI ACCOPPIAMENTI
FLANGIATI - PREMESSE (SEGUE)
Quanto sopra vale in particolar modo per guarnizioni “soffici” ovvero in
materiale non metallico o comunque in composito (anima metallica +
ricoprimento in materiale sigillante tipo, ad esempio grafite o PTFE o, viceversa
con anima in materiale fibroso e incamiciatura metallica), per le quali tipicamente
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la sede di appoggio è semplicemente piana con eventuali risalti di


confinamento alla periferia delle sedi
Esistono poi guarnizioni metalliche sigillate per saldatura e autoenergizzanti
ove anche la conformazione geometrica della sede e relative tolleranze
dimensionali rivestono una cruciale importanza per la tenuta.
Lo scopo del serraggio iniziale dei tiranti sarà pertanto quello necessario ai
tiranti per garantire sulla guarnizione una pressione residua minima e
sufficiente ad assicurarne la tenuta in presenza di pressione interna e degli
altri carichi operativi.
A tal scopo, si dovrà sempre prevedere per i giunti bullonati di applicare il
precarico di serraggio in modo controllato (con opportuni dispositivi) per
garantire il raggiungimento del carico “target” al termine di serraggio e
quanto più uniformente possibile su tutti i tiranti dell’ accoppiamento
flangiati, ovvero per evitare zone preferenziali per il trafilamento lungo il perimetro
della guarnizione in presenza di zone della guarnizioni non adeguatamente
compresse.
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ASSETTO DELLA GUARNIZIONE,


TENUTA NELLE CONDIZIONI DI ESERCIZIO E
DI PROVA
-
CENNI GENERALI
ASSETTO DELLA GUARNIZIONE
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• Per assetto della guarnizione (“gasket seating”) si intende in generale il


meccanismo attraverso il quale la guarnizione viene “caricata” ovvero
compressa fra le sedi contrapposte fino a raggiungere una condizione di
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equilibrio associata a una prefissata pressione di contatto residua (“seating


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stress”)
• Tale condizione, in particolare per le cosiddette guarnizioni “soft”, si traduce in
una plasticizzazione locale del materiale della guarnizione che dovrà
necessariamente presentare una durezza inferiore rispetto a quella delle
rispettive sedi al fine di compenetrare ogni irregolarità di forma esistente
sulle sedi stesse senza danneggiarle
• La limitazione sulla durezza del materiale per guarnizioni va in particolare
osservata per le guarnizioni metalliche di tipo solido, essendo ovviamente
già garantita per guarnizioni in materiale non metallico o in composito (ad
esempio fibre aramidiche, PTFE, grafite, ecc.), proprio allo scopo di non
arrecare durante l’ assetto nessun danneggiamento della sede guarnizione
– in tal caso si preferisce quindi avere un’ eventualmente ingiuria sulla parte
più facilmente sostituibile (guarnizione)
0
ASSETTO DELLA GUARNIZIONE (SEGUE)
• Ricapitolando, i parametri che influenzano un corretto assetto di guarnizione
ovvero il valore della pressione di imposta da raggiungere in tale condizione,
possono essere così riassunti:
• Il fluido da contenere : la tenuta in presenza fluido allo stato liquido, grazie
alla sua maggiore tensione superficiale e viscosità, è assai più facile che con
un fluido gassoso – tuttavia, in presenza di gas, può essere invece sensato
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ragionare in termini di “leak rate” ovvero di perdita che si ritiene ammissibile in


funzione ovviamente delle a pericolosità del fluido medesimo e ciò implica
comunque che il “seating stress”, ossia la pressione da realizzare al primo assetto
di guarnizione sia maggiore nel caso di fluidi gassosi
• Il grado di finitura superficiale ovvero la maggiore o minore rugosità delle
sedi delle guarnizioni, ottenuta in generale per lavorazione meccanica secondo
una “solcatura” a spirali concentriche – è da tenere presente che quanto più la
guarnizione è “soffice” tanto più grossolana dovrà risultare la finitura richiesta
(misurata in generale come scostamento quadratico medio, “Root Mean Square” o
RMS, in mm oppure in microinch)
• La differenza di durezza tra guarnizione e sede – ad esempio, in caso di
guarnizioni metalliche, la differenza minima deve essere pari ad almeno 20÷30
punti di durezza Brinnell
• La variazione col carico delle caratteristiche della guarnizione – infatti si può
avere un incrudimento del materiale nel caso di guarnizione metallica durante la
plasticizzazione in serraggio (e in tal caso la guarnizione dovrà essere sostituita con
il successivo rimontaggio del giunto)
• La superficie effettiva di contatto fra guarnizione e sede – in effetti, per effetto
non voluti disallineamenti durante il montaggio o tolleranze geometriche delle sedi di
accoppiamento la zona di contatto che viene effettivamente compressa è
inferiore a quella teorica e di ciò si tiene conto nei vari metodi di calcolo delle
flange
0
TENUTA NELLE CONDIZIONI D’ESERCIZIO E DI PROVA
• Successivamente all’ assetto della guarnizione, si dovrà valutare il carico
residuo sui tiranti sia in condizioni operative sia in prova idraulica
necessario per garantire, alla messa in pressione dell’ accoppiamento
flangiato, rimanga indotta una pressione convenientemente più alta di
quella del fluido , al fine di evitare i trafilamenti (“leakages”)
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• Tale pressione di contatto sarà in generale da valutarsi secondo un fattore


moltiplicativo della pressione interna, dipendente dagli stessi parametri già
visti per il carico necessario a garantire l’ assetto della guarnizione
• L’ azione della pressione interna produrrà infatti una deformazione delle
parti accoppiate tale da amplificare le iniziali deviazioni geometriche,
provocando in particolare una rotazione dei componenti flangiati e quindi
una diminuzione anche notevole delle effettive superfici di contatto rispetto
alla condizione di assetto
• Il risultato globale sarà un allontanamento reciproco dei componenti
flangiati per effetto della pressione interna (che tenderà ad aumentare il tiro
sui bulloni) accoppiato alla rotazione delle flangie per effetto della reazione
esterna dei bulloni (che tenderà di fatto a controbilanciare, diminuendolo, il
carico applicato sui tiranti)

Carichi agenti sulle flangie durante pressurizzazione e conseguenti deformazioni


TENUTA
(SEGUE)
NELLE CONDIZIONI D’ESERCIZIO E DI PROVA
0

• Il carico operativo sui tiranti si comporrà quindi come risultante dei seguenti
contributi:
• spinta di fondo della pressione Hp, trasmessa dalla membratura connessa alla
flangia
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• spinta della pressione agente sulla faccia interna della flangia HT, fino alla
linea di tenuta della guarnizione (diametro ‘G’ di guarnizione)
• reazione della guarnizione Hg, in generale determinata come una pressione di
contatto pari a ‘m’ volte la pressione di progetto ed applicata su una larghezza di
guarnizione ridotta (larghezza effettiva ‘b’) in funzione del tipo di guarnizione
NOTA. In realtà anche se non prescritto dai Codici di Progettazione , per flange
principali di scambiatori multipassaggio si deve tener conto sul lato tubi anche la
reazione di guarnizione dei setti partitori, prescrizione obbligatoria secondo le
norme TEMA (ved. paragrafo RCB-7.11)
In effetti, tale reazione può risultare un termine a volte molto significativo e
trascurarlo quindi potrebbe di fatto portare a sottostimare la compressione totale
da applicare sulla guarnizione con perdite inattese proprio sulla linea di tenuta alla
piena pressione
• reazione globale dovuta ai carichi esterni He, in generale basata sul carico
assiale e il momento flettente trasmessi alle tubazioni interconnesse tramite
collegamento flangiato
NOTA. In realtà i Codici di progettazione gia’ visti per gli scambiatori di calore, con
la sola eccezione del Codice ASME VIII Div.2 e del metodo alternativo dell’
Appendice G nella norma armonizzata, non ne tengono conto esplicitamente nel
progetto delle flange in quanto, generalmente, tale tipo di carico aggiuntivo sulla
flange principali semplicemente non esiste (ma andrebbe comunque considerato
per le flange dei bocchelli)
TENUTA
(SEGUE)
NELLE CONDIZIONI D’ESERCIZIO E DI PROVA
0

• Il carico in prova idraulica sui tiranti deriverà similarmente dalla spinta di


fondo della pressione e sulla faccia della flangia fino alla guarnizione
nonché sulla reazione di guarnizione basate ovviamente sulla pressione di
prova idraulica
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• Il carico di assetto della guarnizione sui tiranti deriverà dalla sola reazione
di guarnizione H’g, a freddo e con zero pressione, e si baserà sul criterio
della minima compressione iniziale da assegnare alla guarnizione
(parametro ‘Y’) per garantire la plasticizzazione iniziale della guarnizione e
quindi la corretta tenuta in esercizio
• In conclusione, per stabilire la bullonatura da adottare si dovrà innanzitutto
procedere dimensionando i tiranti sul maggiore fra i carichi operativo e in
assetto guarnizione ovvero:
Wm = max[H p + H g + H e ; H ' g ]
procedendo successivamente con la verifica in prova idraulica al termine del processo
di progettazione dell’ intero apparecchio
• Il passaggio successivo, per garantire la tenuta del giunto flangiato, sarà
quindi quello di progettare il corpo della flangia in maniera adeguata per
limitare entro valori accettabili la rotazione nelle varie condizioni di carico
(inclusa la prova idraulica) – si tenga infatti presente che tale requisito può
risultare molte volte dimensionante rispetto alla verifica di stabilità
NOTA. L’importanza di tale criterio di verifica, oramai considerato obbligatorio dai
Codici ASME, si può meglio comprendere se si considera che una maggiore o minore
rotazione della flangia, oltre ad influenzare in misura determinante l’ assetto della
guarnizioni, può anche indurre indesiderate sollecitazioni secondarie a flessione sui
tiranti che, in caso di carichi ciclici, possono poi portare a collasso i tiranti
TENUTA
(SEGUE)
NELLE CONDIZIONI D’ESERCIZIO E DI PROVA
0

• L’ ultimo aspetto da considerare per arrivare alla tenuta appropriata


consiste ovviamente nell’ applicazione, in maniera la più estensiva
possibile, di un serraggio controllato, utilizzando i dispositivi tipo
tensionatore idraulico (“hydraulic bolt tensioner) o la chiave avvitabulloni
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(“torque wrench”) e seguendo le usuali procedure di serraggio incrociato dei


bulloni come raccomandato, in generale, dalle buone prassi di montaggio

• Nel seguito verranno dati dei brevi cenni sui criteri di progettazione delle
flange nonché sulla tipologia, più in generale, dei giunti bullonati per una
migliore comprensione dei criteri pratici ad adottare nel serraggio.
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CENNI GENERALI
FLANGE E TIPOLOGIE DI TENUTE
METODI DI PROGETTAZIONE DELLE
0 METODI DI PROGETTAZIONE DELLE FLANGE
• Il metodo ancor oggi più usato è il metodo americano cosiddetto del
Taylor-Forge, trasposto nel Codice ASME VIII Div.1 e poi ripreso
integralmente dagli altri Codici Europei (CODAP, PD5500, VSR, e
EN13445-3) ed attualmente ripreso anche dal Codice ASME VIII Div.2 con l’
inclusione, come già detto, degli effetti dovuti ai carichi esterni
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• Un metodo alternativo e’ quello basato sulla norma tedesca DIN 2505 e


ripreso integralmente dalla norma AD-2000 – val qui la pena di accennare
che tale metodo è rimasto relegato come al suo paese d’ origine ed accettato
con molte riserve oramai da tutte le compagnie di ingegneria e dagli stessi
utilizzatori finali, in quanto tale criterio porta ad dimensionamenti spesse volte
del tutto inadeguati per garantire una adeguata rigidezza rotazionale e quindi in
definitiva la tenuta dei giunti bullonati
• Un terzo metodo e’ contenuto nella norma EN 13445-3 - Appendice G
basato sullo standard DIN EN 1591 e consistente in un’ analisi dell’
accoppiamento flangiato tentativamente più aderente alla realtà ovvero
basata su:
• studio più accurato del comportamento della guarnizione, basato su 6
parametri di caratterizzazione della guarnizione anziché 2 come nel metodo del
Taylor-Forge
• studio più preciso delle deformazioni che intervengono nell’ assieme flange
contrapposte / tiranti guarnizioni
• studio del metodo effettivamente usato per il serraggio della bulloneria e
delle conseguenti tolleranze (in più o in meno) sul precarico assegnato ai tiranti
NOTA. In realtà, tale metodo presenta una certa difficoltà di impiego in quanto deve basarsi
su coefficienti di guarnizioni noti e sperimentati in particolare ad elevate temperature, dati
molte volte non resi disponibili da parte degli stessi fabbricanti delle guarnizioni
0 METODI DI PROGETTAZIONE DELLE FLANGE (SEGUE)
• Tornando quindi al metodo del Taylor-Forge, il criterio di progettazione ad
esso associato si basa su:
• analisi di due condizioni carico ovvero “gasket seating” e “design” più la
verifica in prova idraulica (in particolare per il Codice ASME VIII Div.2 e la
norma EN 13445-3)
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• caratterizzazione del comportamento della guarnizione con due soli


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parametri, il “seating stress ‘Y’ e il gasket factor ‘m’ già descritti nella sezione
precedente
• definizione di una larghezza di guarnizione effettiva ‘b’ dipendente dalla
configurazione delle sede della guarnizione (ad esempio, b e’ calcolato sulla
base di una larghezza efficace pari a w/2 per facce piane e w/8 per sedi di
guarnizioni ring joint, ove ‘w’ è la larghezza geometrica della guarnizione)
• assenza di variazione del carico sui tiranti tra la condizione di serraggio
iniziale e le successive condizioni di pressurizzazione in progetto e in
prova, ovvero si trascura l’ eventuale fase intermedia di scarico del tirante
• la categorizzazione della tipologia di flangie suddivise in :
• flangie integrali o “a codolo” , per le quali viene considerata anche la collaborazione
del codolo ovvero della membratura accoppiata il che comporta ovviamente la
determinazione di tensioni circonferenziale nella flangia fT, longitudinale nel codolo e
quella radiale fH
• flangie libere dette anche ad anello, ove non si considera o non alcun vincolo
strutturale con una membratura accoppiata (tipico il caso del controanello sulle teste
flottanti) il che comporta solo il calcolo di una sollecitazione circonferenziale fT
• flangie a codolo a saldate a sovrapposizione, per le quali lo stato di sollecitazione è
del tutto analogo a quello delle flangie a codolo
• flangie opzionali, ovvero che possono essere calcolate come libere purché non
vengano superati determinati limiti di esercizio (fasciame connesso fino a 16 mm di
spessore, pressioni non superiori a 2 MPa, temperature non superiori a 370 °C, rapporto
Di/t non maggiore di 300 ove Di e t sono diametro interno e spesso fasciame)
METODI DI PROGETTAZIONE DELLE FLANGE (SEGUE)

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Tipi di Flangie – Flangie Integrali


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Tipi di Flangie – Flangie Libere


METODI DI PROGETTAZIONE DELLE FLANGE (SEGUE)
METODI DI PROGETTAZIONE DELLE FLANGE (SEGUE)

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Tipi di Flangie – Flangie Opzionali


0 METODI DI PROGETTAZIONE DELLE FLANGE (SEGUE)
• Un cenno va infine fatto alle tipologie di guarnizioni e ai relativi valori dei
parametri ‘m’ e ‘Y’ che sono per la verità valori convenzionali privi di base
sperimentale e che nella trattazione classica del Taylor-Forge si riferiscono in
generale a guarnizioni più ”tenere” delle sedi sulle flangie (vedere tabelle qui
allegate)
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• Per altri tipi di guarnizioni tipo ad esempio gli O-ring, ove si abbia un
contatto diretto fra le facce delle flangie accoppiate, i parametri m e Y
andranno di regola assunto pari a zero per continuare ad utilizzare il criterio
Taylor-Forge
TIPOLOGIE DI TENUTE
0

• Le guarnizioni fin qui esaminate, come abbiamo visto, si riferivano una


tipologia in generale cosiddetta ad anello ovvero caratterizzabile da sedi
nelle flangie a facce piane parallele
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Guarnizione tipo “narrow-face” Guarnizione tipo “O-ring”

Guarnizione tipo “full-face”

• Tali tipi di tenute presentano dei limiti intrinseci rispetto alle pressioni di
esercizio che di regola ne sconsigliano l’ uso nelle varie configurazioni per
pressioni superiori 15÷18 MPa per giunti flangiati convenzionali, soprattutto
per limitare un sovradimensionamento delle bullonature e delle altre parti
smontabili che renderebbero proibitive le operazioni di smontaggio e rimontaggio
0 TIPOLOGIE DI TENUTE (SEGUE)
• Una possibile tipologia di tenuta, alternativa per elevate pressioni e ove il
numero di smontaggi sia limitato si basa sulle cosiddette guarnizioni
“saldate”, ovvero del tipo
• A membrane saldate
• A risalti integrali con le flange
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• Diaframma saldato (tipicamente usate solo per accoppiamenti fra coperchi paini
e flange terminali su passi d’ uomo o su distributori di scambiatori) – la bombatura
centrale o le eventuali anse toroidali periferiche servono a dare al diaframma la
flessilbità necessaria per aumentarne la resistenza alle dilatazioni termiche
differenziali fra tra diaframma e flangia

Guarnizione a membrane saldate Guarnizione a risalti saldati Guarnizione a diaframma saldato

• Per i primi due tipi gli spessori delle parti terminali, oltre ad essere adeguati per
consentire un numero adeguato di smontaggi e successive risaldature, devono
garantire la stabilità alla pressione interna
• Nel caso della guarnizioni a diaframma, oltre ancora al discorso già fatto per lo
spessore alla periferia relativamente alle successive risaldature, va notato che l’
unica verifica significativa da farsi su tali guarnizioni è la resistenza al collasso
verso l’ interno in caso di funzionamento sottovuoto
• Il vantaggio nell’ uso di tali tenute e’ evidente , in quanto si elimina il problema
dell’ assetto della guarnizione e della tenuta in esercizio, limitando di fatto
notevolmente il dimensionamento dei tiranti che dovranno di fatto resistere alla
sola spinta dovuta alla pressione
TIPOLOGIE DI TENUTE (SEGUE)
0

• Un’ altra possibile tipologia di tenuta, da utilizzare per elevate pressioni e


ove il numero di smontaggi sia frequente e’ quello delle cosidette
guarnizioni autoenergizzanti - a tale categoria appartengono le seguenti
tenute:
• Lenticolari (di solito utilizzate fino diametri non superiori a 700 mm)
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• A doppio cono con interposizione di lamierini di alluminio (utilizzate fino a


1500 mm - presentano problemi di centraggio della guarnizione nella sede
guarnizione al primo assetto, soprattutto su apparecchi orizzontali )
• Tipo Bridjmann, che sfrutta l’ effetto autoenergizzante in senso assiale (dato
il suo profilo triangolare la guarnizione viene incuneata nella sua sede tramite una
serie di tiranti diversi da quelli necessari per resistere alla pressione)
• Tenuta a baderna, in cui il serraggio per il suo assetto avviene tramite bulloni
dedicati mentre la resistenza al taglio è assicurata tramite anelli a settori, tenuti in
posizione esternamente ed internamente da un fasciamino solidale alla flangia di
supporto (va bene solo per liquidi)
• Tenuta tipo “Casale”, in cui la resistenza alla spinta di fondo della pressione è
esercitata da una serie di filetti trapezoidali e disposti solo su determinati settori
della superficie esterna del coperchio e della superficie interna dell’ apparecchio
(lo smontaggio e il rimontaggio della tenuta avviene tramite disimpegno della
filettatura con una parziale rotazione del coperchio che viene poi estratto
assialmente)
• Tenuta con O-ring pressurizzato o pressurizzabile dalla pressione interna
tramite forellini praticati sul diametro interno della guarnizione (ne esistono varie
tipologie ovvero di vari materiali, rivestiti e non rivestiti, rinforzati e non – utilizzate
anche su grossi diametri fino a 3000 mm)
TIPOLOGIE DI TENUTE (SEGUE)

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Guarnizione Lenticolare Guarnizione a Doppio Cono montata su


Coperchio
0 TIPOLOGIE DI TENUTE (SEGUE)
• Un’ ultima tipologia di tenuta, da utilizzare per elevate pressioni su
scambiatori di calore a fascio rimuovibile e non, è la cosiddetta tenuta tipo
“Breech-lock”, ove la la spinta di fondo della pressione è contrastata da un
accoppiamento filettato continuo fra distributore e un anello filettato su cui
si appoggia il coperchio di chiusura
- con tale tipo di tenuta si ha il vantaggio di utilizzare tiranti esterni di piccolo
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diametro (non superiori a 1-7/8”) anche con pressioni superiori a 20 MPa e di


poter ripristinare il precarico sulle guarnizioni interne anche con lo
scambiatore in esercizio
Anello di Compressione

Virola di Spinta Bulloni Spingitori esterni


Flangia del Partitore

Bulloni Spingitori interni

Ghiera filettata

Coperchio di Chiusura
Piastra Tubiera

Guarnizione a diaframma
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-
TIRANTI

NOTE GENERALI
SERRAGGIO E PRECARICO DEI
SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI
0

• Il serraggio e la definizione del precarico appropriati costituiscono l’


aspetto decisivo ultimo per arrivare alla tenuta appropriata – in generale, si
• Come già detto, il serraggio consiste nell’ applicazione, in maniera la più
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estensiva possibile, di un serraggio controllato al fine di assegnare ai


tiranti un precarico iniziale prossimo a un valore detto “target”, utilizzando i
dispositivi tipo tensionatore idraulico (“hydraulic bolt tensioner) o la chiave
avvitabulloni (“torque wrench”) e seguendo le usuali procedure di serraggio
incrociato dei bulloni come raccomandato, in generale, dalle buone prassi di
montaggio
• Nel caso di serraggio tramite tensionatore idraulico, il precarico viene
applicato ponendo in trazione il singolo tramite un dispositivo costituito
da:
• una base di appoggio (“ponte”) dotata di finestre di accesso
• un corpo superiore montato sul ponte entro cui scorre un anello mobile con
foro centrale filettato (“cella”), per essere avvitato alla testa del tirante, e a sua
volta dotato di un pistone anulare che ne spinge verso l’ esterno la parte superiore
filettata
Corpo Superiore

Cella

Ponte
SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI (SEGUE)

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Configurazione Tipica di un
Tensionatore
0
SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI (SEGUE)
• Nel caso di serraggio tramite avvitabulloni, il precarico viene applicato
ponendo in trazione il singolo tirante tramite l’ azione di una coppia
torcente con il dispositivo mostrato in varie configurazione(nelle figure
sottostanti )
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0 SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI (SEGUE)
• Nel caso di serraggio con tensionatore idraulico va notato che, pur
assicurando un più preciso controllo delle allungamento iniziale (e quindi
del precarico applicato) almeno teoricamente, si devono però valutare i
seguenti aspetti
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• il giunto bullonato deve essere concepito già tenendo conto degli ingombri
SCUOLA SUPERIORE DI INGEGNERIA

tipici dei dispositivi che, soprattutto negli scambiatori, obbligano a riposizionare


bocchelli e selle di supporto sufficientemente distanti dalle flangie per consentirne
l’ istallazione
• Le operazioni di istallazione ed disinstallazione possono risultare talvolta
molto complesse e richiedere anche tempi lunghi (soprattutto per tiranti da 2” in
su) a causa del peso e degli ingombri del tensionatore stesso che possono
addirittura richiedere l’ uso di piccoli paranchi
• I vantaggi principali consistono peraltro :
• nella possibilità di utilizzare spaziature fra i tiranti minori rispetto ai valori
standard (come ad esempio raccomandato dalle norme TEMA) a patto di usare
dadi ”tondi” anziché esagonali e prevedere numeri di tiranti multipli di 2 anziché di
4 e /o di richiedere l’ esecuzione di tensionatori compatti ad hoc
• nell’ eliminazione di tutti gli attriti durante la fase di tensionamento del tirante,
in quanto, proprio per l’ ausilio del dispositivo, l’ operatore deve semplicemente far
ruotare manualmente il dado (non soggetto a nessun carico in tale fase) fino a
portarlo a contatto nuovamente, dopo ogni ciclo di pre-tensionamento, con la faccia
posteriore della flangia
• nell’ utilizzo di coefficienti di sicurezza sul precarico applicato rispetto al
“target” generalmente inferiori evitando così di sovraccaricare la flangia
durante il serraggio e limitare quindi la freccia iniziale delle flangie (va
rammentato infatti che durante il serraggio , essendo la flangia una anello su
fondazione elastica e caricato alla periferia dai tiranti, durante ogni ciclo di
tensionamento, l’ azione di precarico esercitata su un tirante influenza, riducendolo,
il precarico dei tiranti precedentemente serrati)
0
SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI (SEGUE)
• Nel caso di serraggio con chiave dinamometrica (sia essa di tipo pneumatico
o idraulico), le operazioni di istallazione e disinstallazione risultano molto
più semplici rispetto a quanto già visto con il tensionatore ma richiedono
in generale un più accurato controllo dello stato di finitura delle superfici e
della lubrificazione delle parti a contatto
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SCUOLA SUPERIORE DI INGEGNERIA

• la stima dell‘ influenza degli attriti presenta poi un certa aleatorietà, il che
porta ad incrementare i coefficienti di sicurezza sulla coppia di serraggio
rispetto a quanto si applica comunemente con i tensionatori idraulici
(tipicamente, se con tensionatore idraulico si adottano coefficienti di sicurezza di
1.15÷1.33 sul carico “target”, con le chiavi si arriva a valori dell’’ ordine di
1.5÷1.8)
• Per concludere la discussione sul serraggio, daremo qui un breve cenno alla
procedura da seguire per stabilire il carico / coppia di serraggio da
applicare:
• si stabilisce il carico “target” di primo serraggio Wb per il singolo tirante (di
regola il maggiore fra il carico richiesto in condizioni operative , quello di assetto
guarnizione e quello in prova idraulica)
• si determina il coefficiente di sicurezza SF appropriato e basato sullo scarto
negativo ε1- atteso durante il pre-tensionamento fra precarico applicato e
carico “target” (ad esempio, la norma EN 13445-3 - Appendice G fornisce un
criterio di stima di tale scarto in funzione del tipo dispositivo utilizzato e del
coefficiente d’ attrito - ved. tabella G.8.2)
• si verifica quindi che, con il precarico così applicato e maggiorato sulla
base dello scarto positivo ε1+ atteso, il singolo bullone non venga sollecitato
eccessivamente (in generale si raccomanda di non eccedere il 66% dello
snervamento tabellare del materiale) soprattutto per evitare indesiderati
allungamenti permanenti del tirante
0
SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI (SEGUE)
• Riassumendo:
Wb
Fo(precarico bullone-applicato)= SF ⋅ Wb =
1 − ε1−
SF ⋅ Wb ⋅ (1 + ε1+ ) = ⋅ (1 + ε1+ )
Wb
Fmax(precarico bullone-max.)=
1 − ε1−
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NOTA. Una accettabile correlazione


approssimata tra carico da assegnare Fo
(misurato in N) e coppia di serraggio Mo (in
N-m) è la seguente

M o = 1.2 ⋅ μ ⋅ d BO ⋅ Fo
ove μ e’ il coefficiente d’ attrito
(tipicamente fra 0.15 e 0.20 per superfici
lubrificate) e dBO è il diametro nominale del
bullone espresso in mm

Scarti raccomandati per i vari sistemi di serraggio


(traduzione della Tabella G.8.2 – EN 13445-3 – Appendice G)
0
SERRAGGIO E PRECARICO DEI TIRANTI (SEGUE)
• Un’ ultima nota riguarda le cosiddette guarnizioni autoenergizzanti per le
quali va fatto un discorso a parte : è infatti da segnalarsi che in tal caso si
deve prestare attenzione a non esercitare un precarico di serraggio
eccessivo in quanto, oltre a danneggiare le sedi delle guarnizioni di forma
complessa, si potrebbe provocare uno schiacciamento verso l’ interno
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(“crushing”) che ne comprometterebbe definitivamente la funzionalità


NOTA. Per tali guarnizioni è buona norma applicare un precarico di serraggio non
superiore al valore “target” e, in particolare per le biconiche, pari al 20% del carico
operativo atteso)
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BIBLIOGRAFIA
BIBLIOGRAFIA

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Bolted Flanged Connections”, ASME Transactions, FSP-59-4, PP 161-169
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[2] E. O. Waters, D. B. Rossheim, D.B. F.S.G. Williams, “ Development of


General Formulas for Bolted Flanges”,Tyalor-Forge and Pipie Works, Chicago
(1949)Formulas for Stres in Bolted Flanged Connections”, ASME
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2nd Edition, John Wiley & Sons (1988)
[5] K. K. Mahajan, “Design of Process Equipment : Selected Topics”, 3rd Edition,
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Edition, McGraw-Hill, N.Y., pp 51-78 (1959)
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[10] W. C. Young, R. G. Budynas, “Roark’s Formulas for Stress and Strain”, 7th
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Edition, McGraw-Hill, NY (2002)


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Construction of Pressure Vessels”, ASME, NY (2007+Add. 08)
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Rules”, ASME, NY (2007+ Add. 08)
[14] “EN 13445 Part 3 – Unfired Pressure Vessels:Design, 2002 Edition”, UNI
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[15] “CODAP 2005+2007 Addendum : Division 2 – Code for Construction of
Pressure Vessels”, SNCT Publications, Courbevoie (France) (2007)
[16] “PD5500 – Specification for Design of Unfired Fusion Welded Pressure
Vessels”, BSI, London, UK (2009)
[17] “AD 2000 Code – Technical Rules for Pressure Vessels”, Carl Heymanns
Verlag, Cologne (Germany) (2006)

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