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Leibniz é uno di quei pensatori che può essere definito "genio universale" nel vero senso
della parola : é stato grande matematico , fisico , scienziato e filosofo . Scopritore del
calcolo infinitesimale , creatore di una più complessa calcolatrice rispetto a que lla
inventata da Pascal. Egli era anche uno studioso di Dio e voleva realizzare una vera e
propria concordia religiosa a livello europeo : il principio sul quale voleva istituire questa
concordia pacifica era quello dell'unità del molteplice , di ascendenz a platonica ; questo
progetto utopico dà poi l'idea della concezione leibniziana del mondo : esso , oltre ad
essere il migliore tra quelli che Dio avrebbe potuto creare , é sì estremamente variegato e
molteplice , ma allo stesso tempo é anche in qualche misura unitario. ambito
strettamente filosofico , i problemi cui Leibniz prova a dare una soluzione sono
essenzialmente due : in primo luogo egli intende dare una risoluzione definitiva alla
questione delle due res , facendo scomparire la res extensa e dominare la res cogitans ; in
secondo luogo egli si occupa di gnoseologia , facendosi latore di tesi a favore
dell'innatismo. Per Leibniz la sostanza corrisponde alle monadi , cioè quei centri
immateriali di forza che si identificano con le sostanze individuali , come atomi spirituali ,
sostanze semplici indivisibili prive di estensione o di figura , che non si comunicano tra
loro ma svolgono ognuno una funzione . Egli distingue tra verità di fatto e verità di ragione
; le verità di ragione sono quelle che possono essere anche chiamate "verità espresse da
proposizioni identiche", quando cioè il predicato é già implicito nel soggetto. Se dico che
la somma degli angoli interni di un triangolo é di 180 gradi, in realtà é già insito
nell'essenza del triangolo l'avere la somma degli angoli interni uguale a 180 gradi . Le
verità di ragione sono dunque deducibili dall'essenza stessa del soggetto e il predicato
non mi dice nulla di nuovo, anzi, esprime cose identiche a quelle espresse dal soggetto, é
cioè una tautologia. Con questo però Leibniz non intende asserire che nelle verità di
ragione i predicati sono inutili; al contrario egli era solito constatare amaramente che
disprezziamo le cose ovvie, dalle quali tuttavia emergono cose che ovvie non sono, e in
effetti enunciare verità implicite nel soggetto non può essere assurdo, altrimenti sarebbe
assurda l'intera matematica, che altro non è se non un grande lavoro di esplicitazione .
Per dirla con Aristotele , pensatore particolarmente caro a Leibniz, tutto ciò che nel
soggetto é già presente potenzialmente deve essere portato in atto con i predicati . Le
verità di fatto , invece, sono quelle del tipo : "Cesare attraversò il Rubicone" . A differenza
delle verità di ragione, qui il predicato non dice ciò che é già nel soggetto e se sappiamo
che Cesare ha varcato il Rubicone, lo dobbiamo solo agli storici che ce l'hanno
testimoniato empiricamente . Il fatto che Cesare abbia varcato il Rubicone non deriva
dall'essenza stessa di Cesare , come invece dall'essenza del triangolo derivava che la
somma degli angoli interni é di 180 gradi ; nel caso delle verità di fatto come quella del
passaggio del Rubicone da parte di Cesare occorre che si verifichi effettivamente : posso
esaminare l'essenza di Cesare finchè voglio, ma fin tanto che non avrà varcato il
Rubicone non posso dedurre dalla medesima che egli lo varcherà : occorre che si verifichi
il fatto . La differenza tra le due verità è più apparente che reale perché sarebbero quasi
uguali se non fosse che le verità di ragione hanno soggetti universali (il triangolo) ,mentre
quelle di fatto hanno soggetto individuale (Cesare) . Ed é per questo che non é corretto
affermare "l'uomo attraversa il Rubicone" , ma é giustissimo dire che "l'uomo é un
animale razionale".


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   Locke nega che possano
esistere idee innate come l'idea di Dio o dell'infinito ( mente = tabula rasa). Affermando
per esempio che l'idea di Dio la ritroviamo in tutti i popoli è facile dimostrare che se si
chiedessero le caratteristiche della divinità questa verrebbe descritta in base alla
esperienze particolari dei singoli ( un cane che immagine avrà del suo Dio?) per cui ciò
che veramente hanno in comune le diverse genti non è l'idea di Dio ma il semplice nome.
L'empirismo di Locke si differenzia dagli altri poiché il suo si fonda sulla convinzione che
non esista principio, nella morale come nella scienza, che possa ritenersi assolutamente
valido tale da sfuggire ad ogni controllo successivo dell'esperienza. Il fine dell'innatismo
era proprio quello di sottrarre alcuni principi alla verifica continua dell'esperienza. In
base all'esperienza possiamo distinguere

? ^dee di sensazione quelle cioè che provengono dall'esperienza esterna (passiva) ,


dalle sensazioni come, ad esempio, i colori. La formazione di queste idee avviene
secondo quanto già indicato da Hobbes: dagli oggetti esterni provengono dati che
s'imprimono su quella tabula rasa che è la nostra sensibilità.
? ^dee di riflessione riguardano l'esperienza interna o riflessione sugli atti interni
della nostra mente come le idee di dubitare, volere ecc.

Una seconda distinzione riguarda:

? le idee semplici quelle che non possono essere scomposte in altre idee e che quindi
sono di per sè chiare e distinte, evidenti ma che, diversamente da Cartesio, non
implicano un contenuto di verità ma soltanto il fatto di costituire gli elementi primi
conoscitivi derivati in forma immediata dalla sensazione o dalla riflessione. Che la
loro semplicità non implichi la verità si basa su quanto già affermato da Galilei
sulla soggettività delle sensazioni di colori, suoni ecc. Anche Locke infatti
distingue fra
‘? 'idee di qualità primarie' che sono misura bili e oggettive come quelle
caratteristiche che appartengono di per sè ai corpi (l'estensione, la figura, il
moto ecc.)
‘? 'idee di qualità secondarie', soggettive (colori, suoni, odori, sapori ecc.) che
non sono inventate (l'intelletto non ha la capacità di creare idee semplici)
ma che non hanno corrispondenza nella realtà.

? le idee complesse dove il nostro intelletto non è più passivo ma mette assieme le
idee semplici originando tre tipi di idee complesse
? ‰odi : quelle idee complesse che modificano una sostanza, come il numero, la
bellezza ecc. ovvero tutte quelle che non fanno parte delle sostanze o delle
relazioni.

La realtà è semplicemente ciò che NOI accreditiamo come tale.


Conoscere vuol dire constatare l'accordo o il disaccordo di più idee tra loro esprimendo
questa operazione in un giudizio. Quando questa operazione avviene in modo immediato
abbiamo la conoscenza intuitiva di certezza assoluta ed indiscutibile «in questo modo la
nostra mente percepisce che il bianco non è nero, un circolo non è un triangolo, che tre è
maggiore di due ed è uguale a uno più due». Quando invece rileviamo l'accordo con una
serie di idee collegate si ha la conoscenza per dimostrazione dove le idee intermedie sono
in realtà delle intuizioni collegate tra loro e quindi anche in questo caso abbiamo certezza
di conoscenza.? ??
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Il principio fondamentale della sua metafisica è l'immaterialismo. Per Berkeley l'unico


scopo autentico della filosofia è quello di confermare e avvalorare la visione della
religione: è Dio, infatti, l'unica causa della realtà naturale. Berkeley era contro l'esistenza
delle idee astratte e fautore di un nominalismo radicale. Secondo l'irlandese infatti non
esistono idee generiche o universali, ma semplici idee particolari usate come segni,
appartenenti ad un gruppo di altre idee particolari tra loro affini. Gli oggetti che noi
crediamo esistere sono in realtà delle astrazioni ingiustificate; non esistono oggetti
corporei, ma soltanto collezioni di idee che ci danno una falsa impressione di materialità
e sussistenza complessiva. Proprio come in un sogno, noi abbiamo percezioni spazio -
temporali relative ad oggetti materiali senza che questi esistano. La dottrina di Berkeley
esclude in virtù di questo principio l'esistenza assoluta dei corpi. Secondo il teologo
irlandese tutto ciò che esiste è idea o spirito, quindi la realtà oggettiva non è che
un'impressione data dalle idee. Berkeley nega la distinzione fra qualità primar ie e
secondarie, propria di John Locke, sostenendo che tutte le qualità sono secondarie, cioè
soggettive, e rigetta anche l'idea di substrato, ovvero di materia. Se esistesse una
materia, essa sarebbe soltanto un limite alla perfezione divina. Berkeley porta quindi alle
estreme conseguenze l'empirismo di Locke, giungendo a negare l'esistenza di una
sostanza materiale perché non ricavabile dall'esperienza, e recidendo così ogni possibile
legame tra le nostre idee e una realtà esterna.



Ogniqualvolta si assiste a due eventi in rapida successione, è logico pensare che ci sia
una qualche connessione fra i due eventi, e in particolar modo, che l'evento che viene
cronologicamente per primo produca il successivo e che quindi l'evento A sia  
dell'evento B. Hume rifiuta però questo punto di vista: infatti egli si domanda con quale
procedimento e su quali basi si può desumere B, dato l'evento A? Sul 
 
 si basavano tutti quei procedimenti di "previsione" con cui ad un evento se ne
fa seguire un altro teoricamente collegato al precedente. L'esempio famoso di Hume è
quello della palla da biliardo lanciata contro un'altra: per qualunque osservatore
apparirà sempre prima una palla che si scontra con un'altra e poi il mettersi in moto di
quest'ultima. Così facendo tutti gli osservatori, dopo qualche lancio, potranno affermare
che la seconda palla si muoverà vedendo soltanto la prima palla che viene lanciata verso
di essa. Noi però conosciamo solo ciò che è stato ma ci è utile solo in termini
probabilistici. Il fatto insomma che ad un evento A segua da milioni di anni un evento B
non può darci la certezza assoluta che  e nulla ci impedisce di
pensare che un giorno le cose andranno diversamente e, per esempio, a B segua A. Per
ovviare a ciò ci vorrebbe un principio di uniformità della natura che si incarichi di
mantenere costanti in eterno le leggi della natura, cosa che per Hume non è né intuibile
né dimostrabile. Per Locke era l·oggetto ad impressionarci per Hume siamo noi a lasciarci
impressionare . Come Berkeley tutto è soggettivo , una percezione nostra. Quando
vediamo qualcosa ci lasciamo impressionare (percezioni che entrano con maggior forza) e
le idee non sono altro che immagini sbiadite che rimangono dalle impressioni. Per Hume
la sostanza non era altro che una "collezione di qualità particolari" ovvero un insieme di
stimoli e di sensazioni empiriche provenienti dall'esterno cementate dal nostro intelletto
fino a creare un'idea di ciò che stiamo analizzando, creandoci l'impressione che ciò esista
anche nel momento in cui noi non lo percepiamo.Hume stesso si definiva scettico ma
non pirroniano. Ma è uno scetticismo diverso rispetto a quello tradizionale: è assente
infatti la sospensione del giudizio. Quella di Hume è più un'analisi razionale di ciò che la
ragione può sapere, dei limiti in cui le pretese della ragione devono confinarsi: la ragione
quindi diventa allo stesso tempo imputato, giudice e giuria. Lo scetticismo di Hume
consiste nel considerare la conoscenza qualcosa di soltanto probabile e non certo,
benché provenga dall'esperienza, che il filosofo riteneva essere l'unica fonte della
conoscenza. Dio è una verità ontologica necessaria per spiegare la causa delle idee.

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