Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
Stefano Penge
1. Valutazione 2.0 ?
La questione della valutazione nel campo dell'apprendimento informale acquista
sempre più importanza, nella forma del “riconoscimento di crediti” formativi maturati
in un campo non formale. Mentre ogni Virtual Learning Environment possiede un
adeguato set di strumenti valutativi “classici” (questionari, cloze, etc), non è chiaro
come sia possibile applicare i canoni della valutazione come la conosciamo ad un
sistema autogestito dall'apprendente come un PLE [van Harmelen 2006].
Ma la valutazione è oggi un ambito di studio molto esteso e in fermento. Dalla
valutazione autentica alla valutazione tra pari [Varisco 2000], si fa strada un'idea di
valutazione ricca, continua, realistica, in cui obiettivi e stakeholder diventano visibili.
Probabilmente la valutazione viene esclusa dai PLE perché viene concepita solo
come etero-valutazione basata su strumenti digitali. La “nuova valutazione” potrebbe
invece trovare spazio nei PLE a patto di renderla coerente con il modello di
apprendimento sottostante.
Elliott [Elliott 2007] parla efficacemente della necessità di una transizione dalla
valutazione 1.5 alla valutazione 2.0 per sottolineare come, finora, l'uso di tecnologie
digitali nella valutazione non abbia implicato un cambio di paradigma. Si valuta nei
VLE come si valuterebbe in presenza, ovvero si usano strumenti digitali pensati per
l'uso da parte di studenti isolati su computer isolati.
Elliott si concentra sul fatto che si mettono tra parentesi questo modo le
“competenze digitali” - come quella della capacità di collaborazione online - che
invece sono essenziali nella vita lavorativa e relazionale di oggi e dovrebbero essere
definite e valutate [Calvani 2008].
Tuttavia la novità su cui occorrerebbe concentrarsi non è tanto la valutazione di
“competenze online” (che sono un sottoinsieme delle competenze oggetto dell'e-
learning), ma la valutazione online di apprendimenti online. Apprendimenti relativi a
qualsiasi campo, il cui processo è avvenuto all'interno di un ambiente digitale di
apprendimento e non tramite metodi e strumenti tradizionali [Trinchero 2004].
Occorre cioè definire le caratteristiche di un apprendimento digitale e, in secondo
luogo, progettare una valutazione [Penge 2004] con strumenti adeguati [Penge 2006]
a questo nuovo tipo di apprendimento.
2. E-learning 2.0?
Quando si descrivono PLE e VLE come due paradigmi separati [Wilson et al.
2007], due “poli” organizzativi e tecnologici dell'apprendimento online [Schaffert e
Hilzensauer 2008], si crea un'opposizione tra apprendente e docente, tra privato e
pubblico, tra nuovo e vecchio che fa gioco ai fini dell'efficacia comunicativa ma forse
andrebbe meglio approfondita.
Da un lato sembra di riconoscere una versione tecnologica della controversia
storica che contrappone l'individuo (ambiente di apprendimento, privato, autogestito)
al sistema (ambiente di insegnamento, pubblico, eterogestito). Dall'altro, sembra che
i due modelli siano in opposizione dialettica, nel senso che l'uno (PLE) deve superare
l'altro (VLE) negandolo.
La denominazione ormai consueta di “2.0” favorirebbe questa seconda
interpretazione. Si crea un parallelismo tra Web 2.0, in cui il singolo da utente
diventa prosumer, e l'E-learning 2.0, in cui lo studente dovrebbe diventare soggetto
autonomo e gestire il proprio percorso di apprendimento e di valutazione.
Ora il Web 2.0 è reso possibile – oltre che da alcune “scoperte” tecnologiche - da
un contesto storico e sociale in cui il potere individuale di consumo, di beni fisici
come di culturali, è molto aumentato. Dalla consapevolezza di questo mutamento
nasce l'idea, e la prassi, di integrare ed utilizzare strumenti diversi per rovesciare la
prospettiva a cui il Web ci aveva abituato.
Prima di parlare dell'avvento su scala planetaria di una fase dell'e-learning 2.0
occorrerebbe verificare che un simile evoluzione sia avvenuta anche nel campo degli
apprendimenti. Rinunciare a questa verifica specifica significa, implicitamente, porre
l'e-learning all'interno del genere del “web surfing”.
Estremizzando: se il radioascoltatore e il videoascoltatore dell'era pre-internet oggi
non hanno più bisogno di un palinsesto imposto, siamo sicuri che l'apprendente di
oggi non abbia più bisogno di programmi di apprendimento ma sia dotato delle
competenze di meta-apprendimento necessarie per gestire il proprio personale
programma? Sia cioè capace di selezionare contenuti, applicare strutture, inserire al
momento opportuno funzioni di autovalutazione, modificare il proprio percorso?
E qui il discorso si sposterebbe sul piano sociologico. A quale classe sociale
appartengono gli apprendenti in grado di gestirsi autonomamente? Che studi devono
aver fatto in precedenza [Fini 2008]? Qual è la loro età media? Di quanto tempo
libero devono disporre? Potrebbe accadere che gli apprendenti abbiano le
competenze tecnologiche necessarie per gestire un PLE autonomamente, ma non il
profilo appropriato per volerlo fare?
1 http://sourceforge.net/forum/forum.php?forum_id=965117
con paradigmi diversi, ma il rischio è quello di identificare il paradigma con la
funzionalità. Proprio come non è sufficiente adottare una piattaforma “costruttivista”
per fare e-learning costruttivista, così probabilmente non basta installare un modulo
per avere un ambiente di apprendimento personale.
2. L'altra questione è relativa alla differenza tra sistema condiviso e software
personale. Dopo anni in cui il client sembrava il luogo centrale di ogni elaborazione
intelligente, in questi ultimi anni la suite di strumenti “accessori” di Google (Mail, Map,
Document) sembra di nuovo riportare il baricentro dell'elaborazione sui server,
ridefinendo contemporaneamente il browser come lo strumento centrale di ogni pc.
I PLE, se non spostano fisicamente il luogo dell'elaborazione, lo spostano almeno
nell'immaginario dell'utente, che viene spinto a credere di avere a disposizione un
proprio spazio con un proprio software, anche se questo si trova su una macchina
remota. In realtà, un PLE non è un'installazione separata di un software, ma
l'instanziazione di un profilo di un utente come una serie di file di dati e una serie di
tabelle di un database. Continuando il parallelismo con il web 2.0, se Facebook
(Myspace, Orkut, Bebo) possono essere assunti come modello di ambiente informale
per l'apprendimento personale, è chiaro che un PLE esiste, ed ha senso, solo per
molti utenti contemporanei di una stessa installazione. Almeno da questo punto di
vista, la distanza tra VLE e PLE sembra essere più di prospettiva che reale.
Calvani A., Cartelli A., Fini A., Ranieri M. (2008), “Models and Instruments for
Assessing Digital Competence at School ”, Journal of e-Learning and Knowledge
Society — Vol. 4, n. 3, september 2008 (pp. 183 - 193)
Elliott B. (2007), Assessment in the age of Web 2.0, JISC CETIS Assessment SIG
meeting, 26 September 2007, University of Strathclyde, Glasgow
(http://wiki.cetis.ac.uk/images/d/de/Assessment_2_v2.pdf)
Penge S. (2004), “Valutare online”, in Atti del convegno Didamatica 2004 (a cura
di Andronico A., Frignani P., Poletti G.), Omniacom Editore, Ferrara, pp. 651-662,
2004
Penge S., Mazzoneschi M., Terraschi M. (2006), "Strumenti di analisi per la
valutazione di un gruppo di apprendimento online", Colloque TICEMED, Genova,
Facoltà di Scienze della Formazione, Maggio 2006.
Wilson S., Liber O., Johnson M., Beauvoir P., Sharples P., Milligan C. (2007),
“Personal Learning Environments: Challenging the dominant design of educational
systems ” , Journal of e-Learning and Knowledge Society, Vol. 3, n. 2, 2007 (pp. 27-
38 )