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DISPENSE DEL CORSO

DI

OLEODINAMICA E PNEUMATICA
Oleodinamica e Pneumatica

INTRODUZIONE

In un impianto oleodinamico, l’energia meccanica viene inizialmente convertita in


energia idraulica. Questa poi viene trasferita, controllata o regolata e inviata ad uno o più
utilizzatori che la riconvertono in energia meccanica. Un impianto oleodinamico è
caratterizzato da diversi parti che si occupano ciascuno di una particolare funzione :
• Conversione dell’energia: sul primario, mediante pompe si ha la conversione di
energia meccanica in energia idraulica, mentre sul secondario, mediante attuatori
avviene il passaggio inverso;
• Controllo dell’energia: agendo sui parametri di portata e pressione, grazie a valvole
di comando e regolazione, pompe a cilindrata variabile, si riesce a controllare la
potenza trasmessa;
• Trasporto dell’energia: tubi flessibili e rigidi e canali, permettono il trasporto
dell’energia o anche solo della pressione;
• Trattamento dei fluidi: componenti come serbatoi, filtri, scambiatori di calore,
dispositivi di misura e controllo, permettono il trattamento e l’accumulo del fluido.
Il diagramma a blocchi sotto riportato rappresenta uno schema del tutto generale che
riassume il funzionamento di un impianto oleodinamico: partendo da energia di tipo
termico o elettrico tramite un motore primo è possibile azionare una pompa che genera
energia idraulica. Detta energia, dopo essere stata controllata attraverso circuiti più o
meno complessi contenenti valvole di comando e di regolazione, viene utilizzata in un
cilindro, o motore oleodinamico, e riconvertita in energia meccanica necessaria per
azionare l’utilizzatore.

I vantaggi di un impianto oleodinamico sono molteplici :

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• Trasmissione di grandi forze o coppie, con piccoli ingombri;


• Possibilità di partenze a pieno carico;
• Variazione continua e facile dei parametri del moto :
• Facilità di protezione contro i sovraccarichi;
• Possibilità di eseguire e di controllare cicli di movimento rapidi o anche
estremamente lenti;
• Possibilità di accumulare energia in un gas compresso;
• Facilità di centralizzare il generatore

Per quanto riguarda il primo aspetto, “ingombri contenuti”, si fa notare che un cilindro
Φ 40 soggetto ad una pressione di 250 bar (pressione che potremmo definire media per
applicazioni oleodinamiche) sviluppa una forza di:
πd2 3.14 ⋅ 0.04 2 2 N
F= p= m 250 ⋅10 5 2 = 31400 N
4 4 m
Un motore idraulico avente una cilindrata di 50 cm3, che gira a 3000 giri/min e riceve
olio alla pressione di 300 bar presenta i seguenti valori di coppia e potenza utile erogate:
V M ∆p 50 ⋅ 10 −6 300 ⋅ 10 5
C =η mη y ≅0.91 Nm=217 Nm
2π 2 ⋅ 3.14
2π 3000
Pu =Cω =217 w=68.25Kw
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Come si può notare nel campo dei motori termici per avere le stesse potenze ci
vogliono cilindrate molto più elevate e conseguentemente ingombri molto maggiori.

La possibilità di partenza a pieno carico è legata alla facilità di ridurre la coppia


resistente utilizzando componenti (di solito valvole) che sono già presenti nell’impianto per
svolgere altre funzioni, ciò permette di evitare l’uso di frizioni.
Variando le cilindrate e le portate è possibile regolare in modo continuo i parametri,
velocità e velocità angolare, all’utilizzatore; cosa che non è possibile fare per i sistemi
meccanici ed, almeno in passato, era anche praticamente impossibile per i sistemi elettrici.
Attualmente, mediante convertitori di frequenza, è fattibile anche con sistemi elettrici-
elettronici, ma l’analisi dei costi dimostra che i sistemi oleodinamici sono da preferire.
Estremamente importante è la possibilità di proteggere gli impianti oleodinamici dai
sovraccarichi, bastano una o più valvole di sovrapressione per assicurare che le pressioni,
e quindi le sollecitazioni, siano al di sotto dei limiti di pericolo. Questo requisito non trova

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corrispondenza negli altri settori e rende quasi indispensabile l’uso di sistemi oleodinamici
ogni qual volta si prevedono forti oscillazioni del carico e quindi sovraccarichi.
Tenuto conto della scarsa comprimibilità dell’olio, è facile intuire la rapidità di risposta
di un sistema oleodinamico a qualsiasi comando e ciò permette di eseguire e controllare
cicli di movimenti che si susseguono in rapida successione. Sotto questo aspetto, notevoli
sono le sinergie con la microelettronica, tanto che, attualmente, i componenti oleodinamici
sono costituiti sempre più da sistemi integrati nei quali sono presenti, oltre agli attuatori e
alle valvole di regolazione, anche gli amplificatori di segnale, i sensori per la trasduzione
delle grandezze fisiche manipolate e l’elettronica di regolazione. D’altra parte, rispetto a
sistemi puramente elettrici-elettronici, l’oleodinamica è in grado anche di controllare
movimenti estremamente lenti, per i quali i primi mostrano delle difficoltà.
L’uso di un accumulatore idraulico permette di immagazzinare energia sotto forma di
energia di pressione; energia che può essere utilizzata o negli istanti in cui si devono
fronteggiare picchi di potenza richiesta o per completare delle operazione in caso di avaria
(per es. frenare e riportare al piano un ascensore, permettere ai passeggeri di scendere
da una funivia, ecc.). E’ ben noto come l’handicap principale dei sistemi elettrici sia
costituito dall’impossibilità di accumulare energia, pertanto nelle realizzazione di sistemi di
sicurezza l’oleodinamica non ha rivali e l’affidabilità di tali sistemi può essere ritenuta quasi
assoluta.
Per quanto attiene alla facilità di centralizzare il generatore di energia e distribuire le
utenze, basta tener presente che generatore ed utenze possono essere facilmente
collegati fra loro tramite tubi rigidi o flessibili e valvole distributrici; quindi non vi sono
vincoli sulla posizione relativa né sul numero di utenze o di generatori.

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CAPITOLO I

FLUIDI PER L’OLEODINAMICA

1.1 CARATTERISTICHE
Negli impianti oleodinamici, in linea teorica, si potrebbe utilizzare un tipo qualsiasi di
fluido, in quanto tutti seguono la legge di Pascal. Tuttavia, grazie al buon potere
lubrificante e alla elevata protezione contro la corrosione si è affermato come fluido, l’olio
minerale. Gli oli minerali sono stati e vengono ulteriormente migliorati con speciali
sostanze chiamate additivi.
Il principale svantaggio degli oli minerali è quello di essere infiammabili, motivi per il
quale, in prossimità di fiamme, metalli fusi o zone a temperature elevate devono essere
impiegati fluidi alternativi del tipo difficilmente infiammabile.

Viscosità:
La viscosità dei fluidi idraulici è la misura della resistenza allo scorrimento, ossia della
resistenza opposta dalle particelle di fluido al reciproco scorrimento. Si è affermata
l’indicazione della viscosità cinematica che ha come unità di misura il centistoke (1 cSt = 1
mm2/s).
La viscosità del fluido si deve trovare all’interno di un range di buon funzionamento.
Infatti una viscosità troppo alta comporta elevate perdite di carico e un conseguente
eccessivo riscaldamento. Invece, una viscosità troppo bassa comporta eccessivi
trafilamenti, aumenti di usura ed anche un eccessivo riscaldamento del fluido.
La viscosità diminuisce all’aumentare della temperatura, quindi durante il
funzionamento dell’impianto occorre garantire che l’olio abbia la propria temperatura
all’interno di un certo range. Esiste inoltre una notevole differenza nella dipendenza della
viscosità dalla temperatura per diversi tipi di olio. Questa dipendenza può essere
caratterizzata dall’indice di viscosità, che dipende esclusivamente dal tipo di greggio di
origine, dai metodi di raffinazione e dalla presenza di additivi. Tanto maggiore è l’indice di
viscosità, tanto minore è la dipendenza della viscosità dalla temperatura. Oltre alla
variazione con la temperatura, occorre tenere presente anche della variazione con la
pressione, che può essere trascurata fino a pressioni di circa 200 bar, ma che per
esempio a 400 bar comporta un raddoppio del valore della viscosità.

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Potere lubrificante, protezione dall’usura:


Il fluido utilizzato deve essere in grado di bagnare tutte le parti mobili con una pellicola
lubrificante continua. La conseguenza della rottura di questa pellicola, causata da alte
pressioni, insufficienza di alimentazione, scarsa viscosità e altro ancora, è il grippaggio e
per questo, si consideri che il gioco di accoppiamento tra cursore e alloggiamento di un
distributore può essere di soli 8-10 micron.
Oltre al grippaggio esistono tre tipi di usura :
• Da abrasione che si verifica tra parti in reciproco scorrimento, in caso di
inquinamento del fluido, dovuto a mancanza o insufficienza di filtrazione dagli
inquinanti solidi;
• Da fatica che nasce dal fenomeno della cavitazione, che può alterare la struttura
chimico-fisica dei componenti;
• Da corrosione che nasce da lunghi periodi di fermata dell’impianto e dall’impiego di
fluidi non idonei. L’umidità può ossidare le superfici di scorrimento con un ulteriore

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aumento dell’usura.

Compatibilità con i materiali:


Il fluido deve essere compatibile con tutti i materiali che costituiscono l’impianto,
comprese guarnizioni, cuscinetti e vernici. L’umidità può avere l’effetto di ossidare le
superfici di scorrimento, contribuendo così all’aumento dell’usura.

Resistenza alla sollecitazioni termiche:


Durante il funzionamento dell’impianto oleodinamico, il fluido si riscalda, mentre nei
periodi di ferma subisce un raffreddamento. Il ripetersi di questo ciclo termico ha
conseguenze negative per la vita utile del fluido, per questo motivo in molti impianti
oleodinamici si mantiene costante la temperatura del fluido per mezzo di scambiatori di
calore. In questo modo si riesce ad ottenere un valore sensibilmente costante della
temperatura e quindi anche della viscosità con una conseguente maggiore durata del
fluido.

Bassa comprimibilità:
La comprimibilità di un fluido è la variazione di volume per effetto della pressione. Se
l’olio è esente da bolle d’aria al suo interno, il suo volume, a seguito di un aumento della
pressione di 100 bar, subisce una riduzione dello 0.7%. Fino a 150 bar la comprimibilità
può essere trascurata, mentre per valori superiori, soprattutto in presenza di grosse
portate, essa può compromettere la funzionalità del sistema.
Inoltre, occorre considerare che la presenza di aria nel circuito, rende l’olio più
comprimibile già alle basse pressioni e può provocare disturbi come rumori, vibrazioni,
movimenti irregolari.

Dilatazione termica:
Se alla pressione atmosferica l’olio viene riscaldato aumenta il suo volume, per cui in
impianti in cui il volume dell’olio è molto elevato, bisogna tenere conto della temperatura di
esercizio. Il coefficiente di dilatazione termica dell’olio minerale è pari allo 0.7% per ogni
10°C di aumento della temperatura.

Demulsività:
La presenza di acqua nei circuiti oleodinamici è dovuta alle seguenti cause :

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• Condensazione dell’umidità atmosferica sulle pareti interne del serbatoio durante i


periodi di fermata dell’impianto;
• Perdite delle serpentine degli scambiatori di calore ad acqua, eventualmente
installati per refrigerare l’olio.
L’acqua imprigionata nell’olio ne riduce le proprietà lubrificanti e favorisce l’arrugginirsi
dei componenti, inoltre il contatto dell’olio con l’ossigeno presente nell’aria favorisce un
aumento dell’ossidazione. Per ovviare a questi inconvenienti, occorre che l’olio possegga
l’attitudine a separarsi completamente dall’acqua e che la demulsività sia assicurata dalle
caratteristiche chimiche del fluido.

Potere anti-schiuma:
Le bollicine d’aria risalenti sulla superficie dell’olio possono formare schiuma nel
serbatoio. Questo inconveniente può essere ridotto con una appropriata disposizione delle
tubazioni di ritorno e con l’installazione di setti separatori all’interno del serbatoio, per
calmare il movimento dell’olio di ritorno.
La presenza nell’olio di inquinanti e di acqua di condensa, favorisce sempre la
formazione di schiuma, anche se negli oli minerali si introducono additivi chimici con lo
scopo di ovviare a questa formazione.

Potere antiossidante:
Il potere antiossidante degli oli minerali è ottenuto grazie ad additivi chimici, i quali
creano sulle superfici metalliche una pellicola idrofuga che è in grado di neutralizzare i
prodotti corrosivi di dissociazione dovuto all’invecchiamento dell’olio.
In caso di immagazzinamento prolungato dei componenti occorre adottare opportuni
accorgimenti per evitare la corrosione, come per esempio immettendo olio conservante.

Potere antilacca:
Durante lunghi periodi di fermata, in esercizio, durante le fasi di riscaldamento e di
raffreddamento, o anche a causa dell’invecchiamento, il fluido non deve produrre sostanze
incollanti (lacche) in grado di bloccare le parti mobili dei componenti.

Filtrabilità:
Durante l’esercizio il fluido viene continuamente filtrato sulla mandata o sul ritorno, o in
entrambe le zone, al fine di asportarne gli elementi inquinanti generati per abrasione.

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In base al tipo di fluido ed alla sua viscosità, si scelgono le dimensioni del filtro e il
materiale della cartuccia filtrante. A parità di altre condizioni, l’aumento della viscosità
determina una maggiore caduta di pressione o ∆p attraverso il filtro e quindi richiede un
filtro di maggiori dimensioni.
In presenza di fluidi aggressivi il corpo e la cartuccia devono essere costituiti da
materiale speciale.

Resistenza all’accensione e incombustibilità:


Gli impianti oleodinamici vengono impiegati anche su linee per la lavorazione a caldo o
ad incandescenza, in stabilimenti dove si opera con fiamme libere o comunque a
temperature molto elevate.
Al fine di prevenire i pericoli derivanti da possibili rotture di tubazione e conseguente
perdita di fluido, in queste condizioni, si ricorre a fluidi speciali ad alto punto di accensione,
di difficile infiammabilità.
Si definisce punto di fiamma del fluido (fire point) la temperatura alla quale il fluido
si incendia a contatto con una fiamma libera.
Si definisce punto di fiamma dei vapori (flash point) la temperatura alla quale una
sufficiente quantità di fluido è evaporata in modo da formare con l’aria una miscela
combustibile che si incendia a contatto con una fiamma libera.

FLUIDO FIRE POINT (°C) FLASH POINT (°C) AUTOIGNIZIONE


Olio minerale 115 105 245
Fosfato estere 330 310 610
Idrocarburo clorurato 400 380 650
Poliglicol 265 230 390
Estere polifenilico 350 290 590
Silicato estere 220 185 375
Silicone 335 285 480

Tossicità:
Il contatto prolungato con alcuni fluidi sintetici e talvolta anche con oli minerali, può
provocare irritazioni e malattie della pelle. La soluzione acqua-glicol non comporta
normalmente problemi da questo punto di vista, né sono dannose le emulsioni acqua in
olio, poiché gli emulsionanti impiegati generalmente non attaccano i grassi naturali della
pelle.
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I vapori dei fluidi sintetici, in particolare dei tipi clorurati, sono notevolmente tossici e
quindi occorre evitare che l’operatore possa aspirarli. D’altra parte, la presenza di tali
vapori in concentrazioni pericolose è molto poco probabile e può verificarsi solo se
accidentalmente il fluido viene a contatto con superfici molto calde o con fiamme. In
questo caso, il fluido si decompone sviluppando una notevole quantità di fumo denso e
biancastro.
Tale fumo è particolarmente irritante per l’apparato respiratorio e provoca violente
nausee pur non provocando fenomeni di irritazione.

Rispetto per l’ambiente:


Un fluido, per essere ecologico, deve essere :
• Biodegradabile;
• Facile da smaltire;
• Atossico per i pesci;
• Non inquinante per l’acqua;
• Non inquinante per i generi alimentari;
• Non inquinante per le coltivazioni;
• Non irritante per la pelle e le mucose;
• Inodore.

1.2 CLASSIFICAZIONE DEI FLUIDI IDRAULICI


Liquidi a base acquosa:
Data la loro composizione possono essere usati solo quando la temperatura
dell’impianto rimane compresa nell’intervallo +10 e +60 °C. Occorre inoltre tenere sotto
controllo l’installazione per reintegrare le perdite d’acqua dovute ad evaporazione.
Le proprietà antifiamma di questi liquidi sono dovute alla presenza dell’acqua.

Emulsioni olio-in-acqua:
Contengono dal 5% al 12% di olio. Presentano una viscosità piuttosto stabile nei
confronti della temperatura e crescente con la percentuale di olio. La presenza dell’olio
migliora le proprietà lubrificanti. Con l’ausilio di additivi queste emulsioni, che si usano
soprattutto nelle trasmissioni idrostatiche ad acqua, offrono buona protezione
anticorrosione.

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Oleodinamica e Pneumatica

Emulsioni acqua-in-olio:
Contengono dal 40% al 60% di olio e hanno un potere lubrificante molto migliore delle
precedenti. Al contrario di queste hanno una viscosità che cala al crescere della
percentuale di olio. La costanza della viscosità rispetto alla temperatura è migliore di
quella dell’olio. Queste emulsioni si possono usare in impianti oleodinamici alimentati da
pompe ad ingranaggi o a palette con pressioni massime fino a 120 bar.

Soluzioni acque-glicole:
L’acqua è presente nella misura del 35-60%, la viscosità cala all’aumentare della
presenza di acqua ed è abbastanza stabile rispetto alla temperatura, mentre il potere
lubrificante è paragonabile a quello dell’olio. Al contrario delle emulsioni olio-in-acqua e
acqua-in-olio che non hanno un’azione aggressiva sulle guarnizioni e sulle comuni vernici,
le soluzioni acqua-glicole attaccano le superfici cadmiate e zincate e hanno una debole
azione solvente su alcune materie plastiche e sulla gomma.

Esteri fosforici:
Presentano un elevatissimo punto di fiamma, hanno un buon potere lubrificante,
purtroppo hanno scarsa stabilità termica e la loro viscosità varia sensibilmente con la
temperatura. La protezione anticorrosione è discreta e viene migliorata con appositi
additivi. Gli esteri fosforici aggrediscono molte vernici e guarnizioni comuni.

Siliconi
Sono composti chimici a molecole lunghe, costituite da silicio, ossigeno e radicali liberi.
Hanno notevole stabilità della viscosità, ottima stabilità chimica al freddo e all’ossidazione
e non presentano azioni aggressive. In cambio non offrono una efficace protezione
anticorrosione perché bagnano scarsamente le pareti con cui vengono a contatto.

Ammettendo valore unitario per l’olio minerale, qui di seguito sono indicati i costi dei
vari fluidi elencati:
• Olio idraulico minerale 1
• Emulsioni acqua in olio 1.2-1.5
• Poliglicole 2-4
• Estere fosforico 3-4
• Oli siliconici 15-20
• Emulsioni olio in acqua 0.3-0.5

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CAPITOLO II

POMPE

2.1 GENERALITÀ
Si definisce pompa un organo in grado di operare la conversione di energia meccanica,
prelevata da un motore primo, in energia idraulica (essenzialmente di pressione) del
liquido pompato.
È opportuno precisare subito che una pompa volumetrica, di qualunque tipo essa sia,
eroga semplicemente una portata che può essere considerata circa costante, mentre il
livello di pressione alla mandata non dipende dalla pompa ma soltanto dal circuito a valle
della stessa. La pressione nasce nel circuito solamente quando il flusso del fluido incontra
delle resistenze (perdite di carico, forze o coppie da vincere).
Se una pompa alimenta, ad esempio, un motore idraulico e se all’albero di uscita del
motore idraulico non è applicata alcuna coppia resistente, il motore gira con velocità
corrispondente alla portata di alimentazione e in ogni punto del circuito la pressione è pari
esclusivamente alla somma delle perdite di carico che si creano nelle tubazioni e della
pressione necessaria per produrre la coppia sufficiente a far girare a vuoto il motore.
Gli impianti oleodinamici sono generalmente tali da richiedere contemporaneamente
elevati valori di pressione, necessari per vincere il carico resistente applicato agli attuatori
e portate ben definite, necessarie per controllare la velocità degli attuatori e realizzare
sequenze sincronizzate di operazioni.
Per questo, una pompa deve essere in grado di assicurare :
• Possibilità di funzionamento a pressioni elevate;
• Portata erogata sensibilmente costante al variare della pressione di mandata;
• Eventuale possibilità di modificare agevolmente la portata in funzione delle
condizioni operative dell’impianto.
Inoltre deve soddisfare una serie di requisiti che dipendono essenzialmente dai
seguenti fattori :
• Fluido impiegato;
• Campo di pressione richiesto;
• Campo di velocità di rotazione;
• Temperatura minima e massima di esercizio;
• Viscosità minima e massima di esercizio;
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• Durata richiesta della pompa;


• Rumorosità massima ammessa;
• Semplicità di manutenzione;
• Eventuali limiti di prezzo.
L’elevato numero di requisiti richiesti, dimostra come non tutte le pompe possano
soddisfarli in maniera ideale e sostanziale, ed è per questo motivo che le pompe in
commercio sono realizzate secondo criteri costruttivi molto diversi.
Tutte le pompe che qui di seguito verranno presentate, hanno una caratteristica in
comune, ossia sono tutte pompe volumetriche. Questo vuol dire che durante il
funzionamento, all’interno della pompa si creano dei vani o camere a tenuta, delimitati da
elementi costruttivi, in cui il liquido viene trasportato dall’ingresso (attacco di aspirazione)
all’uscita (attacco di mandata) variandone il livello di pressione.

Principio Tipo di pompa Esecuzione Cilindrata


volumetrico
Ingranaggi Ad ingranaggi Ingranaggi interni Costante
Ingranaggi esterni Costante
A coclea Capsulismi interni Costante
A vite Costante
Palette A palette Camera semplice Costante/variabile
Camera doppia Costante
Pistoni Pistoni radiali Pista esterna Costante/variabile
Pista interna Costante/variabile
Pistoni assiali Piastra inclinata Costante/variabile
Asse inclinato Costante/variabile

2.2 CARATTERISTICHE
Cilindrata
Con il termine cilindrata di una pompa si indica il volume teorico di liquido spostato
(aspirato ed espulso) in una rotazione completa dell’albero motore. Si parla di volume
teorico, perché la cilindrata è un volume geometrico e quindi, a causa dei trafilamenti
interni, non corrisponde esattamente alla portata erogata dalla pompa nelle condizioni di
esercizio.

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Oleodinamica e Pneumatica

Rendimento volumetrico e portata:


La portata effettivamente erogata da una pompa volumetrica è proporzionale al
prodotto della cilindrata per la velocità di rotazione, corretta con un coefficiente
adimensionale detto rendimento volumetrico :
Q = η v V n (m3/s)

dove :
• V = cilindrata della pompa (m3);
• n = velocità di rotazione della pompa (giri/s);
• ηv = rendimento volumetrico.

Il rendimento volumetrico, definito come il rapporto tra la portata realmente mandata e


quella teorica, dipende dai seguenti fattori :
• difetto di riempimento delle camere pompanti;
• trafilamenti dalle camere ad alta pressione a quelle a bassa pressione;
• perdite per comprimibilità del fluido.
E’ da notare che i trafilamenti, pur essendo una perdita dal punto di vista energetico,
molto spesso, andando a finire nel corpo pompa, svolgono una funzione essenziale, quella
di lubrificare le parti in movimento relativo e di refrigerare l’intera pompa asportando il
calore generato per le inevitabili perdite.

Rendimento globale e potenza


Il ciclo ideale delle pompe volumetriche è p
un rettangolo avente per base la cilindrata
D
della pompa e per altezza il salto di pressione pm C
che si verifica fra l’aspirazione e la mandata:
ad una fase di aspirazione del fluido (AB) a
pressione pa segue un brusco innalzamento di
A
pressione (BC) quando il fluido viene in pa B
Vp
contatto con l’ambiente di mandata a pressione
V
pm; successivamente si ha la mandata del
fluido a pressione costante (CD), seguito da un
brusco crollo di pressione (DA) quando il volume ritorna in comunicazione con l’ambiente
di aspirazione.
Nel ciclo reale si hanno una serie di perdite che vanno ad incrementare l’area del ciclo
e quindi la potenza interna richiesta dalla macchina. Si introduce quindi un rendimento
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idraulico della pompa ηy pari al rapporto tra l’area del ciclo di lavoro ideale e quella del
ciclo reale; pertanto si ha:
V ( pm − p a ) V ( pm − p a ) n
Lc = ; Pi = Lc ⋅ n =
ηy ηy
Inoltre, a causa delle perdite di tipo meccanico, la potenza assorbita dalla pompa è
superiore alla potenza interna: si introduce, a tal fine, il rendimento meccanico ηm pari al
rapporto tra la potenza interna e quella assorbita. Tenendo conto delle suddette perdite, la
potenza assorbita dalla pompa è esprimibile mediante le seguenti espressioni:
Pi V ( pm − p a ) n Q ( pm − p a ) Q ( pm − p a )
Pass = = = =
ηm η y ηm ηv η y ηm ηP
dalle quali si evidenzia che la potenza idraulica fornita al fluido è esprimibile anche come
prodotto della portata volumetrica per il salto di pressione.
Il rendimento globale della pompa ηP, che appare nella espressione precedente, è
definito come il rapporto tra la potenza idraulica conferita al fluido dalla pompa e la
potenza meccanica assorbita attraverso l’albero motore ed è esprimibile come prodotto dei
rendimenti volumetrico, idraulico e meccanico prima introdotti.
Infine, per varie applicazioni, riveste notevole importanza l’espressione della coppia
assorbita dalla pompa:
Pass Pass V ( pm − p a )
C = = =
ϖ 2π n 2 π ηm ηy

2.3 TIPOLOGIE COSTRUTTIVE E PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO


Pompe ad ingranaggi esterni
Le pompe ad ingranaggi esterni sono molto utilizzate soprattutto nell’oleodinamica per
macchine mobili grazie alle seguenti caratteristiche :
• Pressione relativamente alta con peso contenuto;
• Prezzo relativamente basso;
• Ampia gamma di velocità di rotazione;
• Ampio campo di viscosità ammesse.
In questo tipo di pompa i vani di trasporto del fluido sono delimitati dai fianchi dei denti,
dalla superficie interna del corpo pompa e dalle superfici frontali delle bronzine.
All’avviamento della pompa, nei vani viene trasportata, dall’attacco di aspirazione a quello
di mandata, solo l’aria presente nelle tubazioni dall’aspirazione al serbatoio. Ciò provoca

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Oleodinamica e Pneumatica

una depressione che aumen-


ta fino a richiamare il fluido
dal serbatoio alla pompa e
quindi ad instaurare la
condizione di corretto funzio-
namento della pompa. Affin-
ché il funzionamento della
pompa sia corretto, è neces-
sario che i vani siano a tenuta pressoché perfetta, in modo da garantire un trasporto del
fluido senza perdite rilevanti.
Le pompe ad ingranaggi esterni hanno cilindrate comprese tra 0.2 e 200 cm3, con una
pressione massima di esercizio di circa 300 bar e una velocità di rotazione compresa fra i
500 e i 6000 RPM. Il loro handicap è costituito da una elevata rumorosità.

Pompe ad ingranaggi interni


La caratteristica più rilevante delle pompe ad ingranaggi interni è la bassa rumorosità.
Esse trovano perciò impiego principalmente nell'oleodinamica industriale (presse,
macchine per materie plastiche, macchine utensili ecc.) e su veicoli operanti in ambienti
chiusi (carrelli elevatori elettrici ecc.).
Con riferimento
alla figura riportata
accanto, mettendo
in rotazione il rotore
dentato accoppiato
al motore di aziona-
mento il volume fra i
fianchi dei denti
aumenta e la pompa
aspira. L'aumento di
volume interessa un angolo di rotazione di circa 120°, per cui il vano si riempie in un
tempo relativamente lungo. Grazie a ciò il funzionamento della pompa è eccezionalmente
regolare e si realizza un'ottima aspirazione.
Nella zona delimitata dall'elemento di riempimento a forma di falce il fluido viene
trasportato senza variazione di volume. Al termine di questa zona si trova l'attacco di
mandata, dal quale il fluido fuoriesce per immettersi nell'impianto. La particolare forma
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Oleodinamica e Pneumatica

della dentatura ha un effetto positivo sul funzionamento, dato che fra il rotore dentato e la
ruota cava - a differenza di quanto accade nelle pompe ad ingranaggi esterni - non esiste
praticamente un volume morto di ingranamento, che tenderebbe a provocare pulsazioni di
pressione. Pertanto le pompe ad ingranaggi interni del tipo rappresentato sono pressoché
esenti da pulsazioni e quindi particolarmente silenziose.

Pompe a viti
Le pompe a viti, così come le pompe ad ingranaggi interni, presentano una notevole
silenziosità di funzionamento.
All’interno del corpo della pompa sono incorporati 2 o 3 alberi muniti di elicoide (vite).
L’albero ad elica destra, viene accoppiato al motore
dal quale riceve la coppia e trasmette il movimento
rotatorio all’altro albero, munito di elica sinistra. Tra
le elica degli alberi si crea un vano che, per effetto
della rotazione degli alberi, trasla senza variazione
di volume, dall’attacco di aspirazione a quello di
mandata.
Questo tipo di pompa presenta una portata uniforme e quasi priva di pulsazione e il
funzionamento è molto regolare. La cilindrata varia da 15 a 3500 cm3; la pressione
massima di esercizio si attesta sui 200 bar e la velocità di rotazione va dai 1000 ai 3500
RPM.

Pompe a palette
Nella versione più semplice, una pompa a palette è
costituita da :
• Un rotore cilindrico, calettato sull’albero motore, che
riporta delle cave radiali, nelle quali sono alloggiate con
precisione delle palette a sezione rettangolare e che
hanno la possibilità di scorrere all’interno delle cave;
• Un anello fisso o statore, eccentrico rispetto al rotore,
anch’esso a sezione circolare e sistemato all’interno del
corpo della pompa.
Il posizionamento del rotore all’interno dello statore e la tenuta assiale sono assicurati
da due piastre di riscontro frontali. I volumi sono quindi delimitati :

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Oleodinamica e Pneumatica

• In senso radiale, dalla superficie esterna del rotore e da quella interna dello statore;
• In senso assiale, dalle piastre frontali;
• In senso circonferenziale, da due palette consecutive scagliate verso l’esterno per
effetto della forza centrifuga.
Dal punto a minor distanza tra le due circonferenze, procedendo in senso orario si ha
dapprima un progressivo aumento del volume delle camere, per poi subire una
diminuzione progressiva. I volumi crescenti e decrescenti sono collegati rispettivamente
con l’aspirazione e la mandata.
Le pompe a palette a camera semplice hanno una cilindrata compresa tra 5 e 100 cm3,
una pressione di esercizio massima di 100 bar e una velocità di rotazione compresa tra
1000 e 2000 RPM.

Pompe a pistoni radiali


Le pompe a pistoni radiali si impiegano nell’oleodinamica ad alta pressione (oltre i 400
bar), in quanto solo questo tipo di pompe è in grado di funzionare anche in esercizio
continuo a pressioni così elevate (ad esempio per le presse atte alla lavorazione di
materie plastiche).
Normalmente si impiegano due tipi di pompe a pistoni radiali:
• con blocco cilindri eccentrico
• con albero eccentrico
Una pompa a pistoni radiali con blocco cilindri eccentrico è costituita da :
• Un rotore contenente una stella di cilindri, in numero
dispari in modo da garantire una migliore regolarità
della portata, trascinato in rotazione dall’albero
motore;
• Un distributore fisso coassiale al rotore;
• Un anello di reazione, esterno al rotore ed
eccentrico rispetto ad esso, al quale sono ancorati
mediante nodi sferici e pattini le estremità dei pistoni (piedi di biella).
Durante la sua rotazione, il rotore si trascina i pistoni che, per effetto dell’eccentricità
tra rotore e pista esterna, spazzano un volume variabile.
Nelle pompe a pistoni radiali con albero eccentrico, l’albero rotante eccentrico genera
movimenti radiali dei pistoni inseriti nel corpo esterno fisso.

17
Oleodinamica e Pneumatica

In entrambi i casi la cilindrata è esprimibile con la seguente formula:


π d k2
V = ⋅ 2 e ⋅z
4
con z = numero di pistoni
e = eccentricità

Le pompe a pistoni radiali vengono generalmente progettate con un numero di


pompanti dispari, poiché un numero di pompanti pari - anche se maggiore - presenta una
pulsazione di portata superiore.
Le pompe a pistoni radiali hanno cilindrate comprese tra 1 e 100 cm3, pressioni di
esercizio massime fino a 1600 bar (pompa del Common Rail), e velocità di rotazione nel
campo 1000-3000 RPM.

Pompe a pistoni assiali


In questo tipo di macchina il movimento rotatorio dell’albero si trasforma in un moto
oscillatorio dei pistoncini (pompanti) nella direzione parallela a quella dell’asse di
rotazione. Queste pompe, che solitamente sono reversibili, cioè possono funzionare anche

18
Oleodinamica e Pneumatica

da motore, trovano notevole diffusione a causa delle elevate pressioni raggiungibili, della
facilità di regolazione, delle elevate velocità di rotazione e delle buone proprietà in fatto di
durata e rumorosità.
Normalmente si impiegano due tipi di pompe a pistoni assiali:
• a piastra inclinata
• ad asse inclinato

Il blocco cilindri dell’unità a piastra inclinata è


un dispositivo volumetrico i cui pistoni sono
disposti assialmente rispetto all’albero motore e
appoggiano contro una piastra inclinata. Mettendo
in rotazione l’albero il blocco cilindri viene
trascinato dall’accoppiamento scanalato. I pistoni
eseguono una corsa di andata e ritorno, la cui
entità è proporzionale all'angolo d'inclinazione
della piastra.

L' unità a pistoni assiali a blocco cilindri inclinato (detta anche ad asse inclinato) è una
macchina volumetrica i cui pistoni, insieme al blocco cilindri in cui scorrono, sono montati
in posizione inclinata rispetto all'asse dell’albero. Mettendo in rotazione l'albero il blocco
cilindri è trascinato in rotazione, senza interposizione di giunto cardanico, direttamente dai
pistoni a testa snodata. Ad ogni giro completo dell'albero i pistoni compiono nei rispettivi
alloggiamenti ricavati nel blocco una corsa di andata e ritorno, la cui entità è proporzionale
all'angolo d'inclinazione.

19
Oleodinamica e Pneumatica

2.4 Regolatori
La funzione di un regolatore è quella di intervenire automaticamente sulla cilindrata
della pompa, in modo da mantenere la grandezza da esso controllata uguale a quella di
riferimento.
Più precisamente, parlando di regolatori ci si riferisce al controllo di grandezze interne
del circuito quali pressione del fluido e potenza idraulica della pompa, diversamente da
altri dispositivi, che, ad esempio, intervengono sulla cilindrata in modo da variare
opportunamente la velocità di un attuatore.

Pompe con regolatore diretto

Nella figura su riportata è rappresentata una pompa a palette a cilindrata variabile che
sfrutta le sue caratteristiche intrinseche per realizzare un regolatore di pressione: l’anello
statorico è libero di muoversi, se l’anello statorico si centrasse perfettamente con il rotore
si avrebbe una pompa a cilindrata nulla, quando lo stesso è completamente spostato a
sinistra si è in corrispondenza della cilindrata massima. Lo spostamento dell’anello
statorico è contrastato dalla molla presente sulla destra che tende a mantenere le
condizioni di cilindrata massima. Come indicato nella figura, le pressioni del fluido,
presenti nelle varie camere della pompa, agendo sull’anello statorico danno origine ad una
forza risultante non nulla: la componente verticale è facilmente spiegabile perché nella

20
Oleodinamica e Pneumatica

parte superiore regnano pressioni più vicine alla pressione di mandata, più difficile da
spiegare è la componente orizzontale, infatti la pompa non dimostra una evidente
dissimmetria fra la parte destra e quella sinistra. Ciò nonostante i rilievi sperimentali
dimostrano l’esistenza di una componente orizzontale rivolta verso destra che, come può
essere facilmente intuito, è proporzionale alla pressione di mandata; si può utilizzare
questa componente per regolare la cilindrata: quando la pressione di mandata supera
quella di taratura, la forza idraulica supera quella elastica della molla ed è in grado di
centrare lo statore e di ridurre la cilindrata.
Completano la pompa la vite sulla destra che è in grado di variare la precompressione
della molla e la corrispondente forza elastica che determina la pressione di taratura; la vite
sulla sinistra serve per regolare la cilindrata massima, ed, infine, la vite verticale serve per
equilibrare la componente verticale della forza agente sull’anello statorico e, creando delle
dissimmetrie, riduce la rumorosità.
É da sottolineare che se il sistema fosse perfetto dovrebbe essere in grado di
mantenere costante la pressione di mandata; nella realtà, man mano che l’anello statorico
si auto-centra varia la compressione della molla e, conseguentemente la pressione di
mandata, ma nell’ipotesi, sempre valida in queste applicazioni, che lo spostamento
dell’anello statorico sia piccolo rispetto alla precompressione della molla, la forza elastica
varia poco e la pressione di mandata della pompa è circa costante.

Pompe con regolatore pilotato

Nel caso più generale è possibile utilizzare un apposito regolatore per controllare la
cilindrata ed in questo caso è possibile realizzare più funzioni in base al regolatore
adottato. Lo schema generale di un siffatto regolatore è rappresentato nella figura
precedente: sull’attuatore che controlla la cilindrata (nella figura riportata si è fatto

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Oleodinamica e Pneumatica

riferimento sempre ad una pompa a palette con anello statorico mobile, ma potrebbe
essere una pompa assiale a piatto inclinato o qualsiasi altra pompa a cilindrata variabile)
agisce la pressione di mandata della pompa che sfrutta una superficie utile minore ed è
contrastata dalla forza di una molla e dalla pressione prelevata a valle del regolatore che
agisce su di una superficie superiore. Scegliendo opportunamente le superfici utili e la
caduta di pressione determinata dal regolatore è possibile far si che il sistema realizzato
sia in grado di variare la cilindrata secondo una ben definita legge di controllo.
Le applicazioni più frequenti sono quelle in cui il regolatore controlla la pressione di
mandata, la portata o la potenza assorbita dalla pompa, casi che saranno analizzati più in
dettaglio qui di seguito.

Regolatore a pressione costante

Nella figura su riportata si può meglio apprezzare come vengono realizzati i regolatori,
in questo caso un regolatore di pressione. Il regolatore riportato in figura comprende il
corpo (2), il pistone di regolazione (1), la molla (3) e la vite di taratura (4). Attraverso canali
interni alla pompa il fluido raggiunge il pistone di regolazione, dotato di un foro
longitudinale, due fori trasversali ed un ugello per limitare la portata. Attraverso il foro
longitudinale ed i fori trasversali del pistone (1) il fluido in pressione, proveniente dalla
mandata della pompa, agisce sia sul pistone di posizionamento più grande posto sulla
destra dell’anello statorico, sia nel vano interno al regolatore in collegamento con il foro

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Oleodinamica e Pneumatica

trasversale di sinistra, vano che si realizza per la presenza di una scanalatura


circonferenziale sulla sede e di una corrispondente riduzione del diametro del pistone. Il
fluido presente nel vano su citato trafila attraverso il giuoco radiale esistente fra il risalto
del pistoncino (1) (quello a sinistra del vano) e la sede e si va a scaricare al serbatoio.
Nella posizione iniziale la molla tiene il pistone di regolazione completamente spostato a
sinistra ed il risalto essendo completamente in corrispondenza della sezione ridotta della
sede determina notevoli perdite di carico, per cui la portata di trafilamento è estremamente
contenuta e le perdite di carico nel foro longitudinale sono trascurabili. Sul pistone di
posizionamento più grande posto a destra dell’anello statorico agisce una pressione di
poco inferiore a quella di mandata della pompa, pressione che agendo su di un’area
maggiore esercita una forza notevole che sommata alla forza elastica della molla supera
decisamente la forza agente sul lato sinistro e mantiene la cilindrata della pompa al valore
massimo.

Quando la pressione di mandata della pompa supera il valore di taratura del


regolatore, essa agendo sulla faccia sinistra del pistone (1) (il contributo delle altre
superfici del pistone è nullo perché la stessa pressione agisce sia sul risalto di destra che
di sinistra) vince la resistenza elastica della molla e sposta il pistone verso destra. In
queste condizioni il risalto del pistone, che limita la portata di trafilamento diretta al
serbatoio, va a finire, parzialmente o completamente, all’interno della scanalatura
circonferenziale presente nella sede determinando una maggiore portata di trafilamento.

23
Oleodinamica e Pneumatica

Ne consegue che le perdite di carico nel foro longitudinale aumentano e la pressione che
agisce sul pistone di posizionamento maggiore posto a destra della pompa si avvicina alla
pressione di scarico come evidenziato, utilizzando le differenti colorazioni, nella figura
precedente. In queste condizioni la pressione agente sul pistone di posizionamento di
sezione minore posto a sinistra è in grado di vincere la forza contrapposta dovuta alla
pressione dell’olio e alla forza elastica e di spostare a destra l’anello statorico riducendo la
cilindrata della pompa.
È evidente che nel caso la pressione di mandata della pompa torna ad abbassarsi il
regolatore funziona all’inverso riportando la pompa verso la cilindrata massima, inoltre è
da sottolineare che, anche in questo caso, il regolatore non è perfetto per cui esiste un
range di pressioni all’interno del quale il regolatore varia la cilindrata dal valore massimo a
quello minimo. Tramite la vite di taratura (4) è possibile variare la precompressione della
molla e, conseguentemente, la pressione di taratura del regolatore.

Regolatore di portata

Nella figura precedente è riportato un regolatore di portata: il principio di funzionamento


del regolatore è identico a quello, già illustrato, del regolatore di pressione, l’unica
differenza è costituita dal segnale utilizzato per la regolazione. In questo caso si utilizza la
caduta di pressione attraverso un diaframma di misura tarabile, in particolare la pressione
di mandata della pompa agisce sulla faccia di sinistra del pistone (1), mentre la pressione
24
Oleodinamica e Pneumatica

a valle dello strozzatore agisce dal lato molla, pertanto la forza elastica esercitata dalla
molla deve equilibrare non tutta la pressione di mandata ma solo la caduta di pressione
attraverso il diaframma. Con il meccanismo descritto in precedenza il regolatore è in grado
di variare la cilindrata mantenendo costante il salto di pressione attraverso il diaframma.
Come ben noto la portata attraverso uno strozzatore è proporzionale alla sezione ristretta
e alla radice quadrata del salto di pressione, essendo il regolatore in grado di mantenere
quest’ultimo costante, l’impiantista è in grado di controllare la portata controllando, di solito
mediante un segnale elettrico, l’area della sezione ristretta del diaframma.

Regolatore di potenza
Più complesso risulta un regolatore di potenza che controlla la potenza assorbita dalla
pompa ed interviene per ridurre la cilindrata al fine di evitare che il motore elettrico sia
sovraccaricato. Il principio di funzionamento è sempre lo stesso ma risulta più complessa
la realizzazione costruttiva: nella figura riportata sulla sinistra della pagina seguente è
indicato lo schema generale del regolatore, nella figura sulla destra un ingrandimento del
sistema a squadra utilizzato. Il regolatore mantiene costante la coppia assorbita dalla
pompa; ciò equivale ad una regolazione a potenza costante, se la velocità di rotazione è
costante. AI pari di un calcolatore, il regolatore di potenza moltiplica istantaneamente la
pressione per la portata e confronta il risultato con la potenza impostata: in caso di
scostamento positivo o negativo il regolatore riduce o aumenta automaticamente la
cilindrata. L'inizio e la fine della regolazione corrispondono alla cilindrata massima ed alla
pressione massima; tali limiti vengono fissati con due viti di arresto. È da osservare che
aumentando la cilindrata della pompa oltre il massimo impostato in fabbrica si rischia la
cavitazione; riducendo la cilindrata oltre il minimo impostato in fabbrica si rischia di
superare la pressione massima o il fuori-giri.
La pressione d'esercizio, tramite un foro interno allo stelo dell'attuatore di regolazione
(6), agisce sul pistone di misura (5), che è inserito trasversalmente nello stelo,
determinando una forza FH proporzionale alla pressione di mandata della pompa. Tale
forza agisce sul bilico (4) con un braccio che dipende dalla posizione dell'attuatore di
regolazione (6) e che si può realizzare proporzionale alla cilindrata della pompa. In tal
modo il momento che il pistone (5) esercita sul bilico è proporzionale alla potenza idraulica
e, nell’ipotesi di rendimento circa costante, alla potenza assorbita dalla pompa. Tale
coppia è equilibrata dalla coppia esercitata da una molla (3) tarabile dall'esterno, che
serve ad impostare il valore di potenza del regolatore. Se la potenza assorbita dalla
pompa supera il valore di taratura, il bilico ruota in senso antiorario spostando verso

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Oleodinamica e Pneumatica

sinistra il distributore a cursore (1). Il distributore a cursore (1) presenta un risalto che si
viene a posizionare in corrispondenza di una scanalatura circonferenziale presente sulla
sede determinando due sezioni ristrette che il fluido proveniente dalla mandata della
pompa deve attraversare per scaricarsi verso il serbatoio. In posizione di equilibrio le
perdite di carico nelle due sezioni ristrette sono tali da realizzare una opportuna pressione
intermedia che agendo sull'attuatore di regolazione (6) dal lato pistone equilibra la forza
dovuta alla pressione di mandata della pompa che agisce dal lato stelo. Nel momento in
cui il cursore (1) si sposta verso sinistra, lo spostamento del risalto centrale incrementa la
prima sezione ristretta e riduce la seconda; conseguentemente la prima perdita di carico si
riduce e la seconda risulta accentuata: ciò determina un innalzamento della pressione
intermedia che agendo sull'attuatore di regolazione (6) ne determina uno spostamento
verso sinistra ed una conseguente riduzione della cilindrata. La riduzione della cilindrata
determina una riduzione della coppia agente sul bilico che ruotando in senso orario ritorna
nella posizione di riposo ripristinando l’equilibrio delle forze agenti sul pistone attuatore (6).

La situazione diametralmente opposta si ha nel caso di una riduzione della potenza


assorbita: in questo caso il bilico ruota in senso orario, il cursore del distributore (1) si
sposta a destra e la pressione agente sul pistone attuatore (6) decresce determinando uno
spostamento verso destra dello stesso ed un incremento della cilindrata della pompa.
Questo sistema permette di realizzare un perfetto andamento iperbolico della
pressione con la portata, ma essendo molto complesso da realizzare frequentemente

26
Oleodinamica e Pneumatica

viene sostituito da un sistema con più molle dove l’iperbole è approssimata mediante tre
tratti rettilinei tangenti all’iperbole stessa.

2.5 ACCOPPIAMENTO MOTORE-POMPA


Nelle applicazioni industriali viene in genere utilizzato il motore elettrico a 4 poli con
attacco a flangia. Lanterna, giunto elastico e guarnizioni costituiscono i componenti di
accoppiamento, che assolvono le funzioni di supporto, centraggio e trasmissione del moto
rotatorio e non richiedono particolari spiegazioni (vedasi illustrazione sotto).

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Oleodinamica e Pneumatica

CAPITOLO III

I MOTORI IDRAULICI

3.1 CARATTERISTICHE
I motori oleodinamici svolgono la funzione inversa delle pompe, cioè convertono
l’energia idraulica in energia meccanica di tipo rotatorio. Come per le pompe, anche per i
motori esiste una ampia gamma di forme e principi costruttivi. Gran parte delle
considerazioni costruttive fatte per le pompe volumetriche possono essere riferite anche ai
motori volumetrici corrispondenti. Peraltro, le diverse esigenze funzionali richiedono in
genere, per il motore, una maggiore simmetria costruttiva rispetto alle pompe in quanto,
normalmente, è prevista la possibilità di invertire il senso di rotazione e di utilizzarlo in fase
di frenatura (ossia il motore, se trascinato dal carico che deve frenare, si comporta come
pompa).

Rendimento volumetrico e portata


Nel caso dei motori la portata smaltita è superiore a quella teorica, perché i trafilamenti
si vanno ad aggiungere alla portata che riempie le camere della macchina; il rendimento
volumetrico viene definito come rapporto fra la portata teorica e quella effettiva, per cui:
V n
Q=
ηv
Anche in questo caso i trafilamenti svolgono la funzione di lubrificare le parti in
movimento relativo e di refrigerare l’intero motore asportando il calore generato per le
inevitabili perdite, e devono essere scaricati direttamente al serbatoio senza generare
contropressioni.

Velocità di rotazione
Pochi tipi di motori sono utilizzabili sia a velocità di rotazione molto basse che a quelle
superiori a 1000 RPM. Per questo motivo, i motori oleodinamici si classificano in :
• Motori veloci (velocità comprese tra 300 e 10000 RPM);
• Motori lenti (velocità comprese tra 0 e 500 RPM).
I motori veloci, dal punto di vista costruttivo sono del tutto identici alle pompe già
descritte con la semplice inversione del funzionamento: ricevono olio ad alta pressione e
lo scaricano a bassa pressione.
28
Oleodinamica e Pneumatica

I motori lenti detti anche motori LSHT (Low Speed High Torque) oltre a presentare
basse velocità di rotazione presentano coppie elevate e sono ideali per tutte quelle
applicazioni nelle quali l’utilizzatore richiede un carico notevole e basse velocità; infatti in
questi casi un motore veloce, oltre a lavorare male, richiede ingombri e, quindi, costi molto
più elevati. Ciò nonostante, è da sottolineare che negli ultimi tempi, per esigenze di questo
tipo, si sta affermando la soluzione di utilizzare un motore veloce accoppiato ad un
riduttore.

Coppia
La formula esprimente la coppia erogata da un motore oleodinamico è simile a quella
di una pompa, ma in questo caso le perdite vanno a ridurre la coppia all’utilizzatore, per
cui:
V ( p2 − p1)
C = ηm ηy

Come si può notare, la coppia erogata da un motore oleodinamico è direttamente
proporzionale alla sua cilindrata ed alla differenza di pressione ai suoi attacchi, per cui i
motori lenti per esercitare grandi coppie devono avere grandi cilindrate e ciò viene
realizzato facendo eseguire ad ogni camere più cicli in un giro dell’albero motore.

Rendimento globale e potenza


Il ciclo ideale dei motori oleodinamici e p
identico a quello delle pompe con la semplice
A
inversione del verso di percorrenza che in pm B
questo caso diventa orario. Per cui
l’espressione della potenza è simile a quella
delle pompe con la semplice inversione dei
D
rendimenti che in questo caso vanno a ridurre pa C
Vp
la potenza utile:
V
Pu = η y η m V ( p 2 − p 1 ) n = η M Q ( p 2 − p 1 )

Il rendimento globale del motore ηM viene, pertanto, definito come il rapporto tra la
potenza utile, fornita dal motore, e la potenza idraulica posseduta dal fluido.

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Oleodinamica e Pneumatica

3.2 TIPOLOGIE COSTRUTTIVE E PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO


Come già sottolineato, i motori veloci sono del tutto simili alle corrispondenti pompe per
cui qui di seguito ci si soffermerà velocemente sulla descrizione dei soli motori lenti.

Motori a pistoni radiali multicorsa


In un motore a pistoni radiali multicorsa, lo statore è costituito da una pista a camme
su cui appoggiano tramite rulli i pistoni, per ogni giro dell’albero motore ciascun cilindro
viene riempito e vuotato un numero di volte pari al numero di camme esistenti sulla pista.

In questi motori notevole complessità assume il sistema di distribuzione che deve


essere in grado di collegare il vano interno a ciascun cilindro con l’ammissione in fase di
discesa del pistone e con lo scarico in fase di risalita. Nell’esempio in esame, ciò è
realizzato tramite un anello fisso che presenta una serie di condottini disposti in direzione
assiale, di questi una metà (pari al numero delle camme) è posta in comunicazione con
condotto toroidale in comunicazione con l’ammissione e l’altra metà con un condotto
toroidale collegato allo scarico. Il rotore, all’interno del quale sono realizzati i cilindri in cui
alloggiano i corrispondenti pistoni, presenta, per ciascun cilindro, un condottino disposto
anch’esso in direzione assiale e collegato al cilindro stesso. Questo condotto, a causa
della rotazione del rotore, viene in contatto, alternativamente, con i condotti fissi di alta e
bassa pressione. La difficoltà di ottenere una buona tenuta tra l’anello fisso della
distribuzione ed il rotore è notevole.

Motori a pistoni assiali multicorsa


La versione multicorsa di questi motori presenta, al posto del piatto inclinato, un disco
che è disposto perpendicolarmente all’asse di rotazione. Il moto alternativo dei pistoni è

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Oleodinamica e Pneumatica

dovuto al profilo ondulato che questo disco presenta in direzione circonferenziale;


coerentemente con la disposizione assiale dei pistoni, le camme portate dal disco hanno
uno sviluppo assiale,.

Lo schema concettuale di funzionamento è mostrato nella figura superiore dove è


riportato lo sviluppo in piano di una sezione cilindrica: il distributore, solidale con il disco
che porta le camme, contiene condotti di alta e bassa pressione, mentre il corpo mobile,
che contiene i cilindri ed i relativi pistoni, nel suo movimento mette in contatto questi ultimi
con l’alta o la bassa pressione a seconda che il pistone stia scendendo o risalendo. Nella
figura a destra è illustrato il meccanismo secondo il quale la forza assiale dovuta alla
pressione dell’olio genera una forza tangenziale responsabile della coppia motrice.
Nella pagina seguente sono riportate due applicazioni classiche di questi motori: la
prima si riferisce alle ruote motrici di mezzi pesanti, la seconda è costituita dai verricelli; in
entrambi i casi si può apprezzare la compattezza che è propria di queste soluzioni.

Prima di concludere la trattazione dei motori idraulici, si vuol sottolineare la capacità


dei motori idraulici di sviluppare una notevole coppia di spunto capace di vincere la coppia
resistente e di avviare il sistema sotto carico senza l’utilizzo di frizioni. Solo i motori a

31
Oleodinamica e Pneumatica

palette fanno eccezione in quanto all’avviamento, per l'iniziale assenza delle forze
centrifughe, le palette non riescono ad aderire sufficientemente ai fianchi dello statore per
fare una adeguata tenuta, conseguentemente la coppia di avviamento si riduce
notevolmente. Inoltre è da sottolineare che, nelle unità a cilindrata variabile, un eventuale
regolatore di portata deve intervenire aumentando la cilindrata se aumenta la pressione e
viceversa, contrariamente a quanto precedentemente visto per le pompe.

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Oleodinamica e Pneumatica

CAPITOLO IV

TRASMISSIONI IDROSTATICHE

Pompe e motori possono essere variamente combinati (con l'aiuto di organi intermedi
quali valvole di distribuzione, di sicurezza, di controllo portata, nonché di circuiti ausiliari e
di pilotaggio) per formare una trasmissione idrostatica completa.
In effetti una “trasmissione” in senso lato si realizza ogniqualvolta in una pompa si
genera dell'energia idraulica che viene riconvertita in energia meccanica in un attuatore,
indipendentemente dal tipo di attuatore utilizzato, e, quindi, anche nel caso si utilizzi un
cilindro a moto lineare. Tuttavia le trasmissioni idrostatiche per antonomasia sono quelle
costituita dalla combinazione, raggruppata o distinta, di pompe e motori idraulici rotativi.
Esse sono adatte per la trasmissione di potenze che vanno da qualche kW fino a
parecchie centinaia di kW, ed offrono numerosi vantaggi rispetto agli altri dispositivi
meccanici o elettromeccanici, quali:
• l’eliminazione di giunti e frizioni
• la controllabilità e variabilità della coppia e del regime di rotazione in modo continuo
• la possibilità di avere accelerazioni e frenate rapidissime e senza danno per le strutture
meccaniche
• la possibilità di distanziare motore primo ed utilizzatore senza problemi di
interconnessione meccanica
• la facilità di limitare e controllare la potenza
• la possibilità di invertire i movimenti finali.
Nella figura accanto è riportato un primo esempio,
estremamente elementare di trasmissione idrostatica: una
pompa unidirezionale aspira olio dal serbatoio e lo invia ad
un motore o ad un cilindro che trasformano l’energia
idraulica in energia meccanica. Sia il motore che il cilindro
in questo caso sono unidirezionali. E’ da notare nello
schema la presenza delle linee tratteggiate che indicano i
condotti per i trafilamenti della pompa e del motore.
Una prima complicazione che si può apportare al circuito è l’introduzione di un
distributore che permette di invertire il senso di rotazione del motore (o la direzione di
traslazione del cilindro): invertendo la posizione del distributore si scambiano fra loro il
33
Oleodinamica e Pneumatica

condotto dell’attuatore in contatto con la mandata della pompa e quello in contatto con il
serbatoio.
Una ulteriore modifica del circuito, che va
sempre adottata, è quella di inserire una
valvola limitatrice di pressione per impedire
che un brusco arresto dell’attuatore possa
generare pressioni eccessive sul condotto di
mandata della pompa con possibile rottura dei
componenti. L’introduzione di una valvola
regolatrice di flusso permette di controllare la
velocità dell’attuatore, velocità che è legata alla
portata di olio.
Infine il circuito va completato con
l’introduzione di alcuni accessori, quali il filtro e
lo scambiatore di calore, che non svolgono alcuna funzione dal punto di vista funzionale,
ma sono essenziali per il buon funzionamento dell’impianto; si giunge così allo schema
riportato nella pagina precedente. Si fa notare che l’aver inserito un distributore 4/3 con
posizione di riposo a ricircolo permette di lasciare in funzione il motore primo e la pompa
anche quando l’attuatore resta in posizione bloccata con uno spreco di energia minimo (la
pompa deve fornire solo la prevalenza necessaria a vincere le perdite di carico nei
condotti e negli accessori). Inoltre questa soluzione permette di avviare il motore primo
senza l’uso di una frizione.
L’impianto finora illustrato prende il nome di “Circuito aperto”: tra lo scarico del motore
e l’aspirazione della pompa è interposto il serbatoio. Questa soluzione è di uso comune
sia nelle applicazioni industriali che in quelle mobili (dalle macchine utensili alle presse, dai
verricelli alla trazione di macchine mobili) ma per alcune applicazioni può creare degli
inconvenienti sia dal punto di vista delle condizioni di aspirazione della pompa
(cavitazione) sia dal punto di vista del controllo del transitorio (in caso di brusco arresto
della pompa, per inerzia l’attuatore continua a muoversi richiedendo una portata di olio
superiore a quella fornita dalla pompa mandando in depressione il condotto di mandata).
In questi casi si preferisce adottare un “Circuito chiuso” nel quale l’olio scaricato
dall’attuatore ritorna direttamente alla pompa.
Lo schema elementare di principio è riportato nella figura seguente dove è prevista una
pompa unidirezionale (ciò solitamente è dovuto al motore primo che è unidirezionale

34
Oleodinamica e Pneumatica

mentre, nella quasi totalità dei casi le pompe oleodinamiche sono reversibili) avente una
cilindrata variabile al fine di poter regolare la velocità di rotazione del motore.
Lo schema di principio va notevolmente complicato
affinché sia utilizzabile industrialmente. Nell’impianto
reale vanno introdotte, innanzitutto due valvole
limitatrici di pressione affinché la pressione nei due
rami del circuito non raggiunga valori critici. L’uso di
due valvole non è dovuto unicamente alla reversibilità
del circuito; anche se il motore viene fatto girare in mo-
do unidirezionale, è necessario prevedere due valvole per le fasi di transitorio: quando la
pompa rallenta bruscamente, il motore, per inerzia, rallenta più lentamente e per un certo
intervallo di tempo scarica, nel condotto normalmente di bassa pressione, più portata di
quanta ne preleva la pompa e questo ultimo può raggiungere pressioni eccessive.
Anche in questo caso vanno previsti i
condotti per lo scarico al serbatoio delle
portate di trafilamento, inoltre è necessario
l’uso di una pompa di sovralimentazione che
reintegra nel circuito chiuso l’olio rifluito verso il
serbatoio. Questa pompa, solitamente, è sullo
stesso albero della pompa principale (molto
spesso le due pompe sono racchiuse in un
unico corpo pompa), è a cilindrata fissa ed è in
collegamento, tramite due valvole di non
ritorno, con i due rami del circuito di potenza e,
tramite una valvola di sovrapressione, con il
serbatoio. L’olio della pompa di sovralimentazione va a reintegrare l’olio mancante sul
ramo di bassa pressione, mentre la valvola di non ritorno impedisce un riflusso dell’olio dal
ramo di alta pressione verso la pompa. La portata in esubero rifluisce verso il serbatoio
attraverso la valvola di sovrapressione che, in pratica, serve a fissare la pressione nel
circuito di sovralimentazione e sul ramo di bassa pressione del circuito di potenza (le
perdite di carico nella valvola di non ritorno sono trascurabili).
Non è necessario introdurre un distributore, in quanto l’inversione del moto
dell’attuatore può essere effettuato sfruttando il sistema di controllo della cilindrata che
può essere azzerata per arrestare l’utilizzatore e, successivamente, può essere

35
Oleodinamica e Pneumatica

incrementata invertendo aspirazione e mandata in modo da invertire il moto dell’attuatore.


L’impianto è completato dal filtro e dallo scambiatore di calore; questo ultimo va
posizionato sui condotti di riflusso perché, come già sottolineato, è la portata di riflusso
che provvede allo smaltimento del calore dovuto alle perdite. Il filtro può essere messo
sull’aspirazione della pompa di sovralimentazione, in modo da poterlo dimensionare per
una portata notevolmente più piccola di quella che attraversa il circuito di potenza.
Qui di seguito si riporta una tabella con un riepilogo delle proprietà dei circuiti aperti e
chiusi, ed un loro confronto.

circuito aperto circuito chiuso


Filtri e scambiatori sezioni di passaggio e di- sezioni di passaggio e
mensioni costruttive determi- dimensioni contenute, in
nate dalla portata, in quanto quanto montati sul circuito
montate sul circuito principa- ausiliario.
le.
capacità del serbatoio volume multiplo della porta- modesta, determinata solo
ta massima della pompa al dalla portata delle pompe
minuto; scambiatore di calo- ausiliarie; scambiatore di ca-
re non sempre necessario. lore quasi sempre necessa-
rio.
regime di rotazione della limitato dall'altezza d'aspira- ammessi elevati valori mas-
pompa zione, per evitare la cavita- simi, grazie alla sovralimen-
zione. tazione.
disposizione di montaggio le pompe devono essere libera.
montate a fianco oppure
sotto il serbatoio
sostentamento del carico sul ritorno, mediante valvole mediante il motore primo
tubazioni di aspirazione corte e di grande sezione
recupero energetico possibile in fase di frenatura

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Oleodinamica e Pneumatica

CAPITOLO V

I CILINDRI

5.1 GENERALITÀ
Il cilindro, come il motore idraulico, è un attuatore che converte energia idraulica in
energia meccanica. A differenza del motore che ha un moto rotatorio e trasmette una
coppia, il cilindro ha un moto rettilineo e trasmette una forza. La forza massima che un
cilindro può esplicare, trascurando gli attriti, dipende dalle pressione di esercizio p e
dall’area utile del pistone A :
F = p⋅A
Se una macchina deve compiere movimenti lineari, l’utilizzo dei cilindri offre una serie
di vantaggi :
• Semplicità di montaggio e facilità di posizionamento in fase di progettazione;
• Forza costante lungo tutta la corsa;
• Velocità costante lungo tutta la corsa, dipendente solo dalla portata di alimentazione;
• Possibilità di generare forze di spinta o di trazione con lo stesso attuatore;
• Realizzazione di azionamenti di grande potenza con piccoli ingombri.
I compiti affidati ai cilindri sono il sollevamento, l’abbassamento, il bloccaggio e lo
spostamento di un carico, ma molto spesso sono accoppiati con altri organi meccanici per
dar luogo a sistemi articolati in grado di realizzare movimenti complessi, anche in questo
caso i cilindri esercitano le cospicue forze necessarie all’azionamento del meccanismo.

5.2 TIPOLOGIE COSTRUTTIVE


In base al loro funzionamento i cilindri si suddividono in :
• Cilindri a semplice effetto;
• Cilindri a doppio effetto.

Cilindri a semplice effetto


Nei cilindri a semplice effetto, l’olio in pressione entra in una sola camera e può quindi
comandare movimenti solo in una direzione.
I cilindri a semplice effetto possono essere a pistone tuffante o con richiamo a
molla.

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Oleodinamica e Pneumatica

Cilindri a pistone tuffante


Questo tipo di cilindro può effettuare solo un’azione di spinta e a seconda delle
necessità, può essere dotato o meno di pistone di guida interno. Questo tipo di cilindro
viene utilizzato quando l’esistenza di una forza di contrasto di direzione certa garantisce il
movimento di rientro nella posizione iniziale. Quindi, la fase di uscita è resa possibile
dall’azione della pressione dell’olio sulle superfici del pistone, mentre quella di rientro è
garantita dall’azione di una forza esterna.

Cilindri con richiamo a molla


Questo tipo di cilindro si usa quando non c’è una forza esterna che garantisca la fase
di richiamo: questa fase è quindi garantita dall’azione di una molla, che a seconda della
modalità costruttiva del cilindro, può agire o in fase di uscita del pistone o in fase di rientro,
La fase opposta, ossia quella in cui il cilindro effettua la sua azione motrice, è assicurata
dall’azione dell’olio in pressione.

Cilindri a doppio effetto


Il cilindro a doppio effetto possiede due superfici utili contrapposte di area uguale o
diversa ed è munito di due attacchi di alimentazione, che in maniera alternativa funzionano
uno da alimentazione vera e propria e l’altro da scarico.
Esistono diverse tipologie di cilindro a doppio effetto :
• Cilindro differenziale;
• Cilindro sincrono;

Cilindri differenziali
Il cilindro a doppio effetto differenziale possiede due superfici utili contrapposte di
sezione diversa ed è munito di due attacchi di alimentazione. Alimentando con fluido in
pressione uno dei due attacchi, si trasmette al pistone una forza di spinta o di trazione ed
un conseguente moto di uscita o rientro.

F=pA
Il cilindro si dice differenziale perché le due sezioni utili sono diverse. Ciò comporta un

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Oleodinamica e Pneumatica

differente comportamento del cilindro nella fase di uscita del pistone e in quella di rientro.
Nella fase di uscita, poiché la pressione agisce sulla superficie maggiore si avrà una forza
maggiore rispetto a quello di rientro, al contrario la velocità sarà maggiore nella fase di
rientro, perché la stessa portata agirà su una superficie minore.

Cilindro a doppio stelo (cilindro sincrono)


Il cilindro a due steli è ottenuto collegando al pistone due steli di diametro uguale o
diverso, comunque inferiore a quello del pistone.

La forza massima sviluppata nei due sensi è data dal prodotto delle rispettive aree
anulari per la pressione di esercizio.
Se i diametri dei due steli sono uguali, lo sono anche le aree anulari sui due lati del
pistone, per cui a parità di pressione sono uguali le forze sviluppate nei due sensi. Inoltre,
essendo uguali le aree anulari, a parità di portata immessa attraverso le connessioni A e
B, si sviluppano velocità uguali nei due sensi, da qui il nome di cilindro sincrono.

Cilindri speciali
Esistono una serie di costruzioni particolari di cilindri. Tra queste, di particolare
interesse, sono :
• Cilindri tandem;
• Cilindri a due velocità;
• Cilindri telescopici.

Cilindri tandem
Si tratta di un cilindro a doppio effetto composto da due cilindri collegati
meccanicamente in serie e idraulicamente in parallelo: lo stelo del secondo cilindro
esercita la sua forza sul pistone del primo passando attraverso il fondello forato del
secondo. Grazie a questa costruzione di ottiene, per un dato diametro del pistone e per
una data pressione, il raddoppio della superficie utile e quindi della forza sviluppata.

Da tenere presente che questa soluzione presenta un maggiore ingombro in direzione

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Oleodinamica e Pneumatica

assiale di quelle precedentemente descritte.

Cilindri a due velocità


Questi cilindri trovano impiego soprattutto nella costruzione delle presse. Finché non è
richiesta la forza massima di pressata, la pressione agisce su una sezione ridotta,
corrispondete al cosiddetto pistone veloce o pistone di avvicinamento. Nel momento in cui
è richiesta la forza massima, la pressione, per intervento di una valvola di sequenza o di
un finecorsa va ad agire sulla sezione totale.
A parità di portata della pompa, questo tipo di cilindro permette di ottenere :
• alte velocità di avvicinamento, grazie al piccolo volume da riempire con la pompa
nella prima fase;
• elevata forza di pressata grazie alla grande superficie utile del pistone nella
seconda fase.
Questo tipo di cilindro prevede sia una costruzione a semplice effetto che una a doppio
effetto.

Cilindri telescopici
Il cilindro telescopico si distingue dal cilindro
normale perché a parità di corsa presenta una
lunghezza in posizione rientrata nettamente inferiore.
Grazie al rientro telescopico dei pistoni, l’ingombro
è uguale alla corsa divisa per il numero di elementi più
una quota morta (spessore del fondello, lunghezza
della guida, elementi di fissaggio). Per una data corsa
totale i cilindri telescopici possono essere costituiti a 2-
3-4-5 elementi a seconda dei limiti di ingombro
prefissati. Le applicazioni usuali riguardano ascensori,
piattaforme di sollevamento, antenne.

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Oleodinamica e Pneumatica

In figura è visibile un cilindro telescopico a semplice effetto. Alimentando il cilindro dalla


connessione A, gli elementi si sfilano uno dopo l’altro iniziando dall’elemento di area
maggiore; infatti, poiché la pressione che si instaura nel sistema è data dal rapporto tra
carico resistente ed area utile, esce sempre per primo l’elemento che provoca la pressione
più bassa, ossia quello con la superficie utile maggiore e solo successivamente escono gli
elementi di sezione inferiore. Per lo stesso motivo, per un valore prefissato di pressione e
portata, il movimento di uscita di un cilindro telescopico, inizia con la massima forza e la
minima velocità e si conclude con la minima forza e la massima velocità. Nei cilindri
telescopici a semplice effetto il rientro provocato da un carico esterno avviene in sequenza
inversa all’uscita, rientra per primo il pistone con la superficie utile minore, perché oppone
minore resistenza.

5.3 Principi costruttivi

L’esecuzione costruttiva di un cilindro oleodinamico dipende innanzitutto dalla


particolare applicazione alla quale è destinato: in funzione dell’impiego previsto, che può
spaziare dalle macchine utensili alle macchine per movimento terra, dalle centrali
elettriche agli impianti siderurgici e alle acciaierie, occorre valutare quali siano le
caratteristiche costruttive più idonee. In linea generale, da un punto di vista costruttivo, i
cilindri oleodinamici si distinguono in :
• a tiranti;
• a profilo circolare.

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Oleodinamica e Pneumatica

Cilindri a tiranti
Nei cilindri a tiranti, la testata, il mantello cilindrico ed il fondello sono tenuti insieme da
tiranti. Essi trovano impiego soprattutto sulle macchine utensili e negli impianti di
produzione per l’industria automobilistica.

Cilindri a profilo circolare


Nei cilindri a profilo circolare, la testata, il corpo e il fondello sono congiunti
strettamente tra di loro con viti o per saldatura o mediante anelli di bloccaggio.
Grazie alla loro costruzione robusta, questa tipologia di cilindri è indicata per condizioni
di lavoro molto gravose. Tipici settori di applicazione sono :
• macchine utensili in genere;
• laminatoi;
• siderurgia;
• presse;
• gru;
• macchine operatrici mobili;
• centrali e impianti idroelettrici;
• costruzioni navali.

Qui di seguito sono riportati maggiori dettagli sulle tecniche di realizzazione degli
elementi costitutivi di un cilindro.
Corpo
Il corpo di un cilindro è ottenuto da acciaio di qualità trafilato a freddo, con lavorazione
di finitura interna particolarmente accurata e sgrossatura esterna.

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Oleodinamica e Pneumatica

Steli
Sono normalmente in acciaio di qualità rettificato e cromato, di spessore 0.020 mm per
diametri fino a 110 mm e 0,070 per diametri superiori.

Guarnizioni
Sono previste delle guarnizioni standardizzate. Ne vengono usate di tipi diversi, in base
all’applicazione; i tipi a labbro ed a pacco, generalmente in gomma nitrilica, coprono le
applicazioni correnti con olio idraulico ed acqua-glicole.

Corsa
Le corse massime dei cilindri vengono normalmente limitate ad un valore limite di circa
40 volte il diametro del pistone (fino a 5000 mm). Le tolleranze sulla corsa sono comprese
fra 0 e 5 mm. Per cilindri senza frenatura di finecorsa si consiglia di scegliere corse
superiori di qualche millimetro rispetto al necessario, onde evitare di usare le testate come
finecorsa.

5.4 Sistemi di Frenatura


Tutti i cilindri possono essere equipag-
giati di dispositivi standard di frenatura di
finecorsa senza variazione degli ingombri:
tali dispositivi sono regolabili tramite viti. I
dispositivi di frenatura sono sempre
consigliabili, in quanto consentono arresti
dolci e regolabili a velocità elevate,
assicurano una maggiore durata al cilindro
ed alle strutture che funzionano da arresti di
finecorsa.
Uno di questi dispositivi standard di
frenatura è riportato nella figura a destra: lo
stelo (2), passando attraverso il pistone (1),
sporge oltre e può impegnare un corrispondente foro presente nel fondello del cilindro (3).
Fin quando lo stelo non impegna il foro, l’olio presente nella corrispondente camera del
cilindro si può scaricare liberamente attraverso il foro; quando lo stelo impegna il foro
questa strada di deflusso viene occlusa per cui l’olio deve defluire attraverso il condottino

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Oleodinamica e Pneumatica

(5) e lo strozzatore (6), ciò determina una notevole contropressione nel volume (4) che
provvede a frenare il pistone e a ridurre notevolmente l’energia cinetica con cui esso
sbatte contro il fondello. La forza di frenatura può essere regolata avvitando o svitando
l’otturatore (7) dello strozzatore, otturatore che, una volta regolato, può essere bloccato
tramite il controdado (8). La valvola di non ritorno (9) permette la ripartenza rapida del
pistone nella direzione opposta, infatti quando il distributore commuta per comandare la
corsa di uscita del pistone l’olio in pressione non è costretto ad attraversare lo strozzatore
che ridurrebbe notevolmente la pressione utile, ma può passare liberamente attraverso la
valvola di non ritorno che in quella direzione permette il flusso.
Un sistema del tutto simile provvede alla frenatura nella direzione opposta, l’unica
differenza è costituita dal fatto che lo stelo attraversa sempre il foro che è di diametro
superiore, per cui la sezione di deflusso dell’olio in condizioni normali è costituita da una
corona circolare. Quando il pistone sta per giungere in corrispondenza del finecorsa, un
ingrossamento che lo stelo presenta nelle vicinanze del pistone occlude completamente il
foro costringendo l’olio che si scarica a trafilare attraverso lo strozzatore regolabile.
In alcune realizzazioni costruttive è il giuoco fra il foro ed il corrispondente albero che lo
impegna a realizzare la sezione ristretta, in questo caso non regolabile, attraverso cui
trafila l’olio.

5.5 Instabilità elastica dei Cilindri


I pistoni dei cilindri sono soggetti a carico di punta. Per la verifica al carico di punta, si
considera il caso di carico di punta di tipo elastico o di Hooke e si assimila il cilindro,
completamente esteso, ad un’asta snella del diametro dello stelo. A seconda della
tipologia e della modalità di utilizzo, si determinano le condizioni di vincolo dell’asta.
Il carico di punta in corrispondenza del quale l’asta cede alla flessione, calcolato con la
teoria dell’instabilità elastica dovuta ad Eulero, è pari a:
π 2EJ
K=
s K2
mentre il carico massimo di esercizio si sceglierà pari a :
K
F=
S
con:
• sK = lunghezza libera di inflessione;
• E = modulo di elasticità dell’acciaio;

44
Oleodinamica e Pneumatica

• J = momento d’inerzia della sezione dell’asta (sezione circolare);


• S = fattore di sicurezza (solitamente si assume pari a 3.5).

Per la determinazione della lunghezza libera di inflessione si deve moltiplicare la


lunghezza geometrica dell’asta per un opportuno coefficiente, che dipende dalle condizioni
di vincolo, per la determinazione del suddetto coefficiente si può fare riferimento alla
tabella seguente:

Scelta del cilindro


Per tutti i cilindri sono indicati due valori di pressione :
• Pressione nominale consigliata per avere una buona durata;
• Pressione massima da non superarsi.
Tutti i componenti sono dimensionati per garantire un elevato grado di sicurezza anche
alla pressione massima. Nella scelta della pressione di lavoro, è bene orientarsi sulla
pressione nominale e verificare che le maggiorazioni dovute a frenature, impatti bruschi ed
altro, non comportino aumenti di pressione tali da superare il valore massimo indicato.

5.6 SERVOCILINDRI
Quando al cilindro vengono richieste prestazioni dinamiche molto spinte (frequenza del
ciclo di lavoro elevata) diventa estremamente importante ridurre al minimo l’attrito interno
al cilindro, attrito che determina lo sfasamento fra segnale in ingresso e risposta del
cilindro. In questo caso si possono usare servocilindri del tipo rappresentato nella figura

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Oleodinamica e Pneumatica

seguente che presentano un supporto idrostatico per il sostentamento dello stelo,


supporto riportato in dettaglio nella figura successiva. In questo modo l’attrito fra stelo e

cilindro ed in generale
fra parti mobili e parti
fisse si riduce notevol-
mente come si evince
dalla figura seguente
dove sono messe a
confronto le forze di
attrito relative ad un ser-
vocilindro ed un cilindro di tipo tradizionale aventi le stesse caratteristiche dimensionali e
di esercizio. Come si può notare il servocilindro presenta forze di attrito ridotte del 75%
circa.

Nella figura seguente è riportata la foto di un servocilindro: è da sottolineare la


presenza del distributore proporzionale direttamente collegato al servocilindro e di due
accumulatori. Come sottolineato in precedenza questi cilindri vengono utilizzati quando è

46
Oleodinamica e Pneumatica

richiesta una dinamica molto spinta, per cui risulta


inopportuna la presenza di condotti fra il distributore
ed il cilindro, condotti che svolgendo un’azione
capacitiva rallentano la prontezza di risposta del
sistema. La presenza degli accumulatori è
giustificata dalla necessità di mantenere la
pressione a monte e a valle del distributore circa
costante anche quando vengono richieste brusche
variazioni della portata, ciò sarebbe impossibile se
tale portata dovesse giungere direttamente dalla
pompa o da un accumulatore posizionato ad una
notevole distanza.

5.7 MOTORI SEMIROTATIVI


Il motore semirotativo è un particolare tipo di attuatore oleodinamico concepito per
compiere un movimento rotativo di ampiezza limitata.
La coppia sviluppata è trasmessa all’esterno da un albero in uscita. L’ampiezza
dell’angolo descritto, definito da battute interne fisse o spostabili, varia a seconda dei tipi e
determina i campi di impiego dell’attuatore. La costruzione compatta e robusta e la
capacità di erogare coppie elevate, consentono al motore semirotativo di affrontare
condizioni di esercizio molto gravose.
In base alla costruzione adottata, i
motori semirotativi si distinguono in :
• a palette (vedasi fig. accanto);
• a pistone rotante;
• a pistone assiale.

47
Oleodinamica e Pneumatica

Una particolare costruzione di motore semirotativo è quello a pistone con


trasmissione pignone-cremagliera. L’elemento attivo è un pistone guidato in una
carcassa cilindrica, alimentato a scelta da una delle due estremità. Nella zona centrale è
ricavata una cremagliera, che si accoppia al pignone solidale con l’albero in uscita.

A seconda del rapporto di trasmissione del pignone si ottengono angoli massimi di


rotazione di 90°, 180°, 240°, 360° ed oltre.

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Simboli Grafici

APPENDICE A
SEGNI GRAFICI per i sistemi OLEOIDRAULICI e PNEUMATICI
norme UNI ISO 6861

I
Simboli Grafici

II
Simboli Grafici

III
Simboli Grafici

IV
Simboli Grafici

V
Simboli Grafici

VI
Simboli Grafici

VII
Simboli Grafici

VIII
Simboli Grafici

IX
Simboli Grafici

X
Simboli Grafici

XI
Simboli Grafici

XII
Simboli Grafici

XIII
Simboli Grafici

XIV
Simboli Grafici

XV
Simboli Grafici

XVI
Simboli Grafici

XVII
Simboli Grafici

XVIII
Simboli Grafici

XIX
Simboli Grafici

XX

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