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SIMON LÉCASSE

Alle origini
del battesimo
Fon da m e n t i biblici
de i r it o crist iano

SAN PAOLO
Simon Légasse

ALLE ORIGINI
DEL BATTESIMO
Fondamenti biblici del rito cristiano

SAN PAOLO
Titolo originale dell’ opera:
Naissance du baptème
Les Éditions du C erf, Paris 1993

Traduzione di
Carlo Valentino

© ED IZ IO N I SA N PA O LO s . r ± t 1994
Piazza Soncino, 5 - 2 0 0 9 2 Ciniselìo Balsamo (M ilano)
Distiibuzìorre: D iffusione San Paolo s.r.l.
Corso Regina M argherita, 2 ' 10153 Torino
SIG LE E A BBREV IA Z IO N I

A LW Archiv fiir Liturgiewissenschaft


AnBib Analecta biblica
AncB The Anchor Bible
A N RW Aufstieg und Niedergang der ròmischen W elt
BEThL Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lova-
niensium
BG BE Beitrage zur Geschichte der biblischen Exegese
BHTh Beitrage zur historìschen Theologie
Bib Biblica
BKV Bibliothek der Kirchenvàter
BLE Bulletin de littérature ecclésiastique
BN TC Black’s New Testament Commentaries
BT(N ) Bibliothèque théologique
BU Biblische Untersuchungen
CChr.SL Corpus christianorum, Series latina
CSCO Corpus scriptorum christianorum orientalium
CSEL Corpus scriptorum ecclesiasticorum latinorum
DBS Dictionnaìre de la Bible, Supplément
Denz. H . Denzinger - A. Schònmetzer, Enchiridion sym­
bolorum, 1967 (X X X IV ed.)
DThC Dictionnaire de theologie catholique
EdF Ertrage der Forschung
EH PhR Etudes d’histoire et de philosophie religieuses
EK K Evangelisch-katholischer Kommentar zum Neuen
Testament

5
EtB É tudes bibliques
ETh Etudes théologiques
FRLA N T Forschungen zur Religion und Literatur des Alten
und Neuen Testaments
G CS Griechische christliche Schriftsteller der ersten drei
Jahrhunderten
G LN T Grande Lessico del Nuovo Testamento
HJ Historisches Jahrbuch der Gòrres-Gesellschaft
HNT Handbuch zum Neuen Testament
H ThR Harvard Theological Review
H UCA Hebrew Union College Annual
ICC International Criticai Commentary of Holy Scripture
JBL Journal of Biblical Literature
K EK Kririsch-exegetischer Kommentar iiber das Neue Te­
stament
LeDiv Lectio Divina
N IC The New International Commentary on thè New Te­
stament
NTS New Testament Studies
O rChr Oriens christianus
OrSyr L’Orient syrien
PG Patrologia greca (Migne)
PL Patrologia latina (Migne)
PS Patrologia syriaca
RB Revue Biblique
RQum Revue de Qumran
SBFLA Studii biblici franciscani liber annuus
SC Sources chrétiennes
SHR Studies in thè History of Religions
SJLA Studies in Judaism in Late Antiquity
StEv Studia evangelica
TD EH C Textes et documents pour l’étude historique du chri­
stianisme
ThGI Theologie und Glaube
TU Texte und Untersuchungen
W dF W ege der Forschung
ZN W Zeitschrift fiir die neutestamentliche W issenschaft
Introduzione

Alla domanda: «Q ual è l’orìgine del battesimo?», il cristiano


risponde molto naturalmente: «Gesù! E lui che Pha istituito»;
e il lettore dei vangeli cita l’ordine del Risorto nella scena fina­
le del vangelo di M atteo: «A ndate dunque, ammaestrate tutte
le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo» (Mt 28,19). Senza dubbio lo stesso lettore ag­
giungerà un’ altra frase di Gesù contenuta nella «finale canoni­
ca» del vangelo di Marco (16,15-16): «Andate per tutto il mondo
e predicate il vangelo a ogni creatura. Chi crederà e si farà bat­
tezzare sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato».
La risposta è giusta: al lettore credente dei vangeli questi scrit­
ti, testimoni della fede della Chiesa, attestano che il battesimo
è senz’altro conforme alla volontà di Gesù e la teologia ha il
diritto di prenderne atto basandosi sulle fonti della rivelazione.
Le cose stanno però diversamente per la ricerca storica.
Il secondo testo citato è inserito in un’ appendice che, secon­
do l’opinione quasi generale, non fa parte del vangelo di M arco
cosi come composto dal suo autore. M olti esegeti contestano
l’opinione che vede qui solo un semplice mosaico di elementi
presi dagli altri vangeli; una valutazione più moderata ritiene
che non tutta questa conclusione sia frutto di elementi tratti
dagli altri vangeli, ma che essa attesti anche la conoscenza di
tradizioni che gli evangelisti hanno da parte loro raccolto e ri­

7
maneggiato. In ogni caso non si può far dipendere questa finale
dal solo vangelo di M atteo, e non è nemmeno provato che il
suo autore abbia utilizzato quest’ultimo. Ugualmente plausibi­
le è il ricorso comune di entrambi, l’evangelista e il glossatore
di M e, a dei dati propagati nelle chiese.
In effetti, l’ordine di battezzare, per quanto concerne M t,
non ha nulla che permetta di sospettare una creazione dell’e­
vangelista: in lui non si parla mai altrove di battesimo, fatta
eccezione di quello di Giovanni1. M a se questo comando è tra­
dizionale, ci possiamo domandare se risalga veramente a Gesù.
I due testi citati sopra sono i soli nel Nuovo Testamento ad at­
tribuirlo a lui. Paolo, che parla a più riprese del battesimo e lo
riceve come una pratica ammessa prima di lui tra i cristiani, non
10 collega mai a Gesù come fa per l’eucaristia (ICor 11,23-25).
La Didachè (7,1.3), che, in un regolamento liturgico, cita la stessa
formula trinitaria di M t 28,19, non adduce come punto di ap­
poggio Gesù a proposito del battesimo (si confronti invece con
11 “ Padre nostro” : 8,2). I due testimoni che lo fanno sono l’u­
no, M t, della fine del I secolo, e l’altro, la finale di M e, della
prima metà del II secolo. Non si risalirà più indietro se ai due
testi precedenti si aggiunge Le 24,47, dove la «remissione dei
peccati» potrebbe includere il battesimo, purché ci si ispiri ad
A t 2,38. Comunque si valuti quest’ultima allusione, l’attribu­
zione a Gesù dell’ordine di battezzare rimane un fenomeno tar­
divo e limitato nel Nuovo Testamento. Appare inoltre in com­
posizioni che presentano le caratteristiche di un’elaborazione
teologica e cristologica, e che pertanto non sono molto suscet­
tibili di offrire l’eco di parole autentiche di Gesù. E perciò inu­
tile pensare a una di esse per spiegare l’origine del rito dell’ini­
ziazione cristiana.
Tutto questo non vuol dire però che il battesimo non abbia
alcun legame storico con Gesù. Tuttavia, solo uno studio criti­
co dei testi e dei loro antecedenti lo può precisare.
Lo studio che presentiamo ai nostri lettori affronta l’argo­
mento da diverse angolazioni, esaminando innanzitutto il vo­

1 M t 3, 6. 7. 11. 13. 14, 16; 21, 25.

8
cabolario del battesimo, già rivelatore, in parte, del significato
del rito nelle sue prime manifestazioni. M a il battesimo cristia­
no è stato preceduto da un altro battesimo, quello di Giovanni:
le relazioni storiche tra Gesù e quest’ultimo, come anche alcu­
ne notevoli somiglianze tra i due riti, esigono che si esamini il
più antico per circoscriverne la natura e il significato. Essendo
stato Gesù battezzato da Giovanni, fin dal II secolo si è visto
in questo battesimo il fondamento del rito cristiano. D ato che
i testi del Nuovo Testamento non sono espliciti al riguardo, è
necessario un esame critico di questa teoria, sostenuta ancora
oggi. D ’altra parte, secondo il quarto vangelo, Gesù ha battez­
zato, almeno all’inizio del suo ministero: quale portata aveva
questa pratica (ammesso che sia storica) e quale influenza ha
esercitato sull’origine del battesimo cristiano? Alcuni pensano
anche, per spiegarne l’origine, al battesimo dei proseliti che si
accostavano al giudaismo: questa tesi merita un esame, i cui ri­
sultati — Io diciamo subito — saranno negativi. Dopo aver per­
corso il campo delle influenze, si arriverà a delle conclusioni che
toccano, da una parte, l’origine storica del battesimo e, dall’al­
tra, il significato che i primi cristiani davano a questo rito, mentre
la teologia propriamente paolina viene usata solo a titolo sussi­
diario. In appendice abbiamo riportato uno studio dedicato al­
l’antica problematica del battesimo dei primi discepoli di Gesù.

9
1
I

Origine di un vocabolario

La novità di una religione è sempre relativa, e questo


vale tanto per il cristianesimo che per altre religioni. In
particolare per quanto riguarda i riti, è banale affermare
che le prime pratiche cultuali cristiane si radicano negli
usi giudaici anteriori. È il caso di uno dei più antichi di
essi, il battesimo come rito di aggregazione nella comuni­
tà dei fedeli di Gesù. Non solo il rito, ma gli stessi termini
usati per designarlo non sono una creazione a nihilo, ma
derivano almeno in parte dal giudaismo. Esaminare il vo­
cabolario in questione è perciò non solo utile ma anche in­
dispensabile sia per mettere in luce l’eredità giudaica che
per far emergere, in una stessa linea terminologica, le dif­
ferenze che si sono introdotte da un ambiente all’altro. Ma
in primo luogo è importante mostrare come il principale
di questi termini, che non è nato nel giudaismo di espres­
sione greca, abbia già subito in seno a questo un notevole
spostamento semantico.

1.1 Dalla morte alla vita: una curiosa evoluzione

L’illustre storico Richard Reitzenstein, allergico a ogni


compartimentazione interreligiosa e preoccupato soprat-

11
tutto di individuare somiglianze e punti di co ntatto, ha
creduto di trovare fuori del giudeo-cristianesimo il verbo
baptizein nel senso rituale di « battezzare» 1. Ma il testo
utilizzato — una lettera su papiro degli anni 152-151 a.C.
— lascia intendere una cosa totalmente diversa: si tratta
di un personaggio che, posto in una situazione impossibi­
le, teme una conclusione tragica che paragona a un anne­
gamento. In questo, l’autore della lettera è in linea con
il significato più corrente di baptizein nell’ antichità greca,
al di fuori degli scritti giudaici e cristiani.
Questo verbo — forma intensiva di baptein — è atte­
stato fin dai secoli V-IV a.C.2. Il suo significato generale
è quello di «immergere» (attivo). Ma acquista spesso la sfu­
matura di « inghio ttire» , « affondare» , « affo gare» 3 e, alla
voce media, di «sprofondare» , «annegare» 4. Nel senso fi­
gurato, l’attivo arriva a significare anche « perdere» , « far
perire» 5. Si aggiungono anche i casi in cui l’immersione
metaforica è qualificata negativamente6. Si nota quindi

1 Die bellenistische M y sterienreligionen; ibre G rundgedanken und W irkungen, Leipzig-


Berlin 1910, p. 7 7 . L ’ autore è ritornato, in seguito, sulla sua interpretazione: cf r. la
seconda edizione (i b i d 1920, pp. 85- 86) e poi la terza (Leipzig 1927, p. 2 0 7 ; ristampa
D armstadt 1966). Per una critica sviluppata delia teoria, si veda soprattutto F. J. D òl-
ger, Die Bedeutung von «baptizeslhai» in einem Papyrustext des Jahres 152/ 151 v .Chr.,
A ntike und Chmtentum, t. II, M unster W estfalen 19742 ( l a ed. 1930), pp. 57- 62. C f t.
anche: A . O epke, voce baptà..., G LN T , II, 47- 48.
2 Platone, Eutìdemo, 277d ; Ippocrate, Sulle epidemie, 5,6 3 .
5 Polibio, I, 5 1 ,6 : polla iòti skapbón ebaptìzon, « affondavano un buon numero di
navi» ; G iuseppe, La guerra giudaica (BJ), 111,368: ebapthen io skaphos, « affondò la na­
v e» ; 111,423: ho kly don ebaptizen, « l ’ondata violenta li inghiotti» . Al passivo: Ippo­
crate, Sulle epidemie, 5 ,63: hós ek tou bebaptisthai anapneousì, « ritrovano la loro respi­
razione come all’ uscita da un annegamento»; Polibio, X V I, V I,2: mia» pentérè[...] bap-
lizomenén, « una quinquereme [...] sul punto di essere affondata» .
4 G iuseppe, BJ, 111,525: syn autois ebaptizonto tois skapbesin, « affondavano con le
loro imbarcazioni».
5 G iuseppe, BJ, TV ,137: ebaptisen tèn polv i, « m andarono a fondo (= causarono la
rovina) la città» .
6 Filone, Legum allegoriae (Leg. alt.) 3 ,18: « il fiume dei sensibili [...] bagnava (bap•
lizonta) l’ anima della tempesta delle passioni»; Q uod deterius potiori (Del. pot.) 176:
« tu tte queste cose che affondano (baptizonta) l’ anima nelle disgrazie senza rimedio »;
D e migratione Abrabami (Migr. A br.) 2 0 4 : «ogni senso soffoca (baptizèi) lo spirito» ; Pio­
tino, Enneadi (Enti.) I, 8 ,1 3 : l'anima « im mersa nella m ateria» (baptismenè et) bylèi)-,
I, 4 ,9 : «immersa (baptistheii) nelle malattie o negli artifici della m agia» ecc.; Corp. hemi.
X I I ,2: « l’ anima è im mersa» (baptizetai) nel dolore e nel piacere com e negli umori del
corpo composto; Stobeo, Hermetiea, exc. 25 ,8 : le anime «immerse (bebapthmenaì) nel-

12
grande predominanza di una portata negativa, occasional­
mente sinistra. In ogni caso, baptìzein non viene usato nor­
malmente per un bagno rituale. L’esempio che fa eccezio­
ne si legge nella letteratura ermetica, dove il curioso passo
suU’«immersione nel cratere », se non ha ricevuto un’influen­
za giudaica, è in ogni caso di valore puramente simbolico7.
E infatti col giudaismo che baptìzein entra nel linguag­
gio cultuale. La Bibbia greca ne attesta i primi esempi8.
Ben Sira lo usa al medio: « Chi si purifica [bagnandosi: bap-
tizomenos] dall’impurità di un morto e poi lo tocca di nuo­
vo, che vantaggio ricava dalla sua purificazione?» 9. Giu­
ditta, nel campo di Oloferne, «nottetempo usciva nella valle
di Betulia e si lavava [ebaptizeto] nella zona dell’ accampa­
mento alla sorgente d ’acqua» (Gdt 12,7).
Bisogna menzionare anche l’episodio di Naaman. Sen­
za dubbio il bagno che gli prescrive Eliseo non rientra, in
sé, nella purificazione rituale. Il profeta invia Naaman sem­
plicemente a « lavarsi» 10 (2Re 5,10.12.13) e, obbedendo,

la carne e ne] sangue». N elTordine propriamente fisico, Eveno, 2,5- 6: Bacco « im m er­
ge (baptizet) in un sonno vicino alla m orte» ; G iuseppe, A ntichità giudaiche (A J) X , 169:
« im merso (bebaptismenoti) nell’ incoscienza e in un sonno di ub riachezza» ; Posidonio,
ap. A ezio, 6,3: « im merso nel sonno» (byprtói bebaplismettosj-, Clem ente A lessandrino,
il Pedagogo (Pcd.) 2 ,2 : «immerso ne! sonno {bebaptismenos eis hy pnon) sotto l’ effetto
d d l’ ubriachezza». E per l'ubriachezza stessa: Platone, Banchetto, I7ób : bebaptisme-
noi, « coloro che [...] si sono immersi fino al di sopra della testa» .
7 Corp. berm., IV , 4.6: dell’ intelletto D io « ha riempito un grande cratere che ha
inviato sulla terra e ha pagato un araldo con l’ordine di proclamare al cuore degli uomi­
ni queste parole: “ Immergiti (baptisoit seautén), tu che puoi, in questo cratere che è
qui [...]” . T utti quelli che hanno prestato attenzione ajjo proclamazione e sono stati
battezzati di questo battesimo dell’ intelletto (kai ebaptisanto tou rtoos) [...]. “ A nch'io
voglio essere battezzato (kagó baptisthénai boulomai), o Pad re...” ». Su questo testo,
cfr. A .-J, Festugière, Hermetica, I, H ThR 31 (1938) 1-12, che nota qui « una mescolan­
za di due riti: da una parte l'ingestione di un beveraggio sacro tratto dal cratere, dal­
l'altra un bagno di purificazione e di iniziazione» (p. 8).
8 In Is 2 1 ,4 L X X i traduttori hanno reso l’ebraico a casaccio e in un senso mora­
leggiante; baptìzein ha qui il senso greco negativo di cui sono stati forniti sopra degli
esempi e significa « inghiottire ». Ugualmente nelle versioni greche posteriori ai Settan­
ta: G b 9,31 A q ({abai qat\-, Sai 6 9 ,3 Sm (tabac al qal)\ G er 3 8 ,2 2 ({a b é all’bophaD',
Sai 9,16 (fabtf al qaD. Aggiungere Lv 6,21 Ai (shataf al pual, «essere sciacquato»). Cfr.
<1. D elling, «Baptisma baptisthénai», pp. 100- 101 o 243- 244.
^ 34,25; l’ebraico manca.
10 I L X X hanno qui louein, al m edio, per l'ebraico rafya{, Q uest’ ultimo verbo pmS
essere usato per il lavaggio delle mani e dei piedi, a differenza di tahal che esprime
il bagno completo.
questi non fa che « immergersi» nell’ acqua del Giordano
(2Re 5,14). Ma traducendo qui l’ebraico tabal con bapti­
zein (ebaptìzeto, al medio), il traduttore attribuisce al se­
condo verbo una nota favorevole che non appare, come
abbiamo visto, nel greco profano. Inoltre, l’immersione per
sette volte del ministro lebbroso ha l’effetto di renderlo
« puro» , secondo la promessa del profeta11. Una lettura di
questo testo secondo le categorie levitiche non poteva non
far comprendere il gesto di Naaman come analogo a quel­
lo del sacerdote o del semplice giudeo che si purificavano
allo scopo di recuperare la loro integrità religiosa. Anche
se non tutto è stato compreso circa l’origine di questo uso
di baptizein in ambiente giudaico, non è arbitrario supporre
in esso l’influenza della storia di Naaman. Se è vero che
l’« immersione» terapeutica è diventata purificazione nel­
la mente dei lettori e degli ascoltatori di questo passo, il
verbo baptizein acquista un significato rituale che prima
non aveva; un significato che poi si estenderà, come mo­
strano gli esempi citati sopra12. A dire il vero, però, sen­
za pregiudizio di radici ebraiche innegabili, quest’uso di
baptizein si impone solo con i primi scritti cristiani.

1.2 «Essere battezzato» o «bagnarsi»

Su settantuno usi di baptizein nel Nuovo Testamento,


ventisette sono all’ attivo e trentatré o trentaquattro net­
tamente al passivo13. La maggior parte di questi casi ri­
guardano sia il battesimo di Giovanni (quindici all’ attivo
e dieci al passivo) sia il battesimo cristiano (sei all’ attivo

11 2Re 5 ,1 0 .1 3 .1 4 (verbo taher; L X X : k&tharizein, al passivo).


12 Baptizein non monopolizza certo il significato in questione: in Tobia (2,5; 2 ,9
S; 1 ,9 S) è loueìn che Pesprime, non baptizein. A eccezione dell’ A pocalisse di Scdrach
(1 4 ,7 ; notare baptisma, ibid. e 14,6), evidentemente sotto influenza cristiana, nessuno
pseudoepigrafo greco usa baptizein per un bagno rituale. Lo stesso vale per Filone e
per G iuseppe.
13 A ggiungendo una variante in lC o r 10,2 [cfr. pagina seguente]. E incluso M e
16 ,1 6 , nella finale canonica del vangelo.

14
e diciotto al passivo14). Non sono calcoli futili, perché mo­
strano che questo verbo, quando indica sia il rito giovan­
neo che cristiano, esclude il più delle volte un battesimo che
il candidato si amministrerebbe da solo, ma suppone la pre­
senza e l’ azione di un o fficiante; è quanto conferma, alme­
no nel caso del battesimo di Giovanni, il titolo di « Batti­
sta» unito regolarmente al nome del suo autore13.
La predominanza che abbiamo constatato permette di
estendere la stessa conclusione a molte attestazioni in se stes­
se equivoche, quando la forma verbale greca è comune alle
due voci passiva e media, cioè quando l’imperfetto indicativo
di baptizein viene applicato all’uno e all’ altro battesimo16.
Restano alcuni casi in cui il verbo è indubbiamente alla
forma media. Tra gli usi sufficientemente sicuri, uno solo
esprime direttamente il battesimo cristiano: è l’ ordine da­
to a Paolo da Anania in A t 22,16 (baptisai, all’imperativo
aoristo). A esso si può aggiungere il « battesimo in Mosè»
(lC o r 10,2), ricalcato sul battesimo cristiano, nonostante
le varianti di cui una, importante, al passivo17. Il terzo
esempio si applica alle abluzioni ebraiche (Me 7,14)18. Tra
le varianti secondarie in cui figura il medio19, una sola ri-

H Includendo le due domande di A t 19,3 e lC o r 1,1 3 . Le altre applicazioni sono,


all'A ttivo, il battesim o amministrato da G esù e/o dai suoi discepoli (G v 3 ,2 2 .2 6 ; 4,2)
e il battesimo m etaforico nello Spirito Santo {M t 3 ,1 1 ; M e 1,8; Le 3 ,1 6 ); al passivo,
questo stesso battesim o nello Spirito Santo (A t 11,16), l’ immersione nelle sofferenze
della passione (M e 1 0 ,3 8 .3 9 ; Le 12,50), le abluzioni ebraiche (Le 11,38) e, sotto forma
di variante, il «battesim o in M osè» (lC o r 10,2).
13 C fr. p. 40.
16 M t 3,6; M e 1,5; G v 3,23 (battesimo di G iovanni); A t 8,1 2 ; 18,8 (battesimo cri­
stiano). Senza contare il «battesim o per i m orti» in lC o r 15 ,2 9 , dove si ha successiva­
mente il presente participio e indicativo dello stesso verbo,
17 Sebbene ben attestato, questo passivo può spiegarsi come i) ritorno a una forma
più corrente. U n’ altra variante, con l’imperfetto, causa l'equivoco di cui abbiamo parlato.
ia La variante egiziana rhanthóntaii invece di baptisóntai, è poco accettab ile: che
si tratti dei prodotti del mercato o (di preferenza) delle mani (cfr. v. 3), un’ « aspersio­
ne » non corrisponde in questo caso ad alcun rito conosciuto. E probabile che un copi­
sta ubbia voluto evitare il verbo che, per lui, evocava il sacramento cristiano; cfr. C.*
II. Himzinger* voce « Rhantizób, G LN T , XI* 957, n. 2 3 . C ontro W , Bauer» W órter-
buch> col. 1469, il verbo rbantizein non significa « purificarsi» , « lavarsi» in M e 7,4,
cosi come rkeratitismenoi non vuol dire « purif icato» in Eb 10,22, che fa in realtà riferi­
mento alP«aspersione» del sangue del Cristo: si confronti 12,24 con 9 ,1 8 - 2 1 (e l Pt
1.2; barn. 5,1).
19 Le 3,12 (700); 11,38 (P 45 70 0 ); 12,50 (1424 954).

15
guarda il battesimo giovanneo (Le 3,12); le altre due non
hanno incidenza sul nostro argomento.
La presenza del medio in questi pochi passi ha fatto na­
scere una teoria. Recentemente Burton Scott Easton20 ha
immaginato come possibile un rito cristiano primitivo in
cui il fedele «si battezzava» , senza l’intervento di un o ffi­
ciante, di un « battezzatore» 21. L’evoluzione verso il bat­
tesimo « passivo» sarebbe dovuta all’ influenza dell’inizia­
zione ai misteri e all’assimilazione del battesimo all’esor­
cismo. A ll’argomento filologico già menzionato, Easton ag­
giungeva la variante « occidentale» in Le 3,7, secondo la
quale le folle venivano « per essere battezzate davanti» a
Giovanni (baptistènai enópion autou), senza contare altre
considerazioni sulle corrispondenze delle diverse voci gre­
che con i loro omologhi ebraici.
Lasciamo questi ultimi paralleli, piuttosto fuori luogo
a proposito dei testi in questione (né Paolo, né Luca in
questo caso traducono dall’ebraico). La variante in Le 3,7,
qualunque sia il suo valore22, non tocca la prassi cristia­
na. Restano due casi in cui il medio, secondo la teoria men­
zionata, permetterebbe di assimilare il battesimo cristia­
no primitivo alle abluzione giudaiche, in particolare al bat­
tesimo dei proseliti, in cui il candidato « si bagnava » in pre­
senza di testimoni23.
Ma non c ’è niente di meno sicuro, e una migliore cono­
scenza della grammatica greca dispensa dal considerare que­
sti casi eccezionali come l’espressione di una pratica diver­
sa e arcaica. Infatti la voce media, lungi dal sostituire pura­
mente e semplicemente il verbo pronominale riflessivo24,

20 Self- haptìsm, in A merican Jo urnal o f Tbeology , 2 4 (1920) 5 1 3- 518.


21 Secondo Easton, ibid., 5 1 6 - 5 1 8 , anche là dove il verbo è all’ attivo, non implica
il ruolo di un ministro nell’ abluzione, ma può significare « celeb rare un battesim o» Ito
hoid a bffptism), cerimonia in cui il candidato « si battezzerebb e» .
22 C fr. p. 40, n. 59.
« C fr. pp. 93 e 107- 108.
24 In M e 7 ,4 (cui si possono aggiungere le due varianti in Le 11,38 e 12,50) l’idea,
come accade nel greco classico, è piuttosto quella « d i un’ azione che il soggetto fa su
di sé, su un oggetto che è suo» {E. Ragon - E. Renauld, Grammaìre complète de la lan­
gue grecque, Paris 19372, pp. 231, 256).

16
può indicare che « il soggetto lascia fare l’ azione su di
lui»25. E proprio in questo senso che Luca usa il medio in
At 22,16, poiché prima (9,18) lo stesso battesimo di Pao­
lo da parte di Anania è espresso dal passivo il cui signifi­
cato è che il primo «si fece» o « si lasciò battezzare». Ugual­
mente in questo modo bisognerà interpretare il verbo al
medio se si conserva questa variante a proposito del « bat­
tesimo in Mosè» (lCo r 10,2), perché è un ricalco del bat­
tesimo cristiano e il verbo baptìzein che l’esprime è in Paolo
sempre all’attivo o al passivo.
Queste osservazioni filologiche e grammaticali non so­
no affatto secondarie, sia per quanto concerne le origini
storiche del battesimo sia in rapporto alla sua teologia. Pos­
siamo già ritenere che, tra gli omologhi del I secolo, solo
il battesimo di Giovanni e il battesimo cristiano implica­
no un rito in cui il candidato riceve l’ abluzione da un terzo.

1,3 II termine « baptisma»

II termine baptisma, completamente assente negli scritti


pagani e giudaici dell’antichità, è quello con il quale i primi
cristiani designavano al tempo stesso il rito di ingresso nel-
l;i Chiesa e il battesimo di Giovanni. Tra gli ebrei di lingua
ureca si trova baptismos2É, raro, è vero, in questo ambien-
tc (manca nei Settanta) per designare le abluzioni rituali, ma
che Giuseppe usa per il battesimo di Giovanni27 e che in
questa accezione ha l’appoggio del Nuovo Testamento28.

M ìbid., pp. 2 3 1 - 2 3 2 , s 256 bis.


Il termine è attestato nella letteratura medica a partire dal II secolo d .C . Cfr.
1 i D dling, « Baptisma baptisthénai», in Studie» zum Netten Testameli and zutn hellerti-
Unchen judentum, G òttingen 1970, pp. 240- 241.
11 A ] X V III, 117 (con baptisis).
■ '* M e 7 ,4 ; 7 ,8 v .l ; Ei> 9 ,1 0 . U na variante in Col 2 ,1 2 applica baptismos al battesi­
mi! l ristiano. In Eb 6 ,2 i baptìsmoi pongono un problema che non è stato ancora risol­
ili >, itm in questo contesto è difficile che si tratti di qualcosa di diverso da pratiche cri-
iimc (la triplice immersione o effusione del rito battesimale? C fr. D id. 1,2). In ogni
ii'n In generalizzazione di baptismos per il battesim o cristiano non appare prima del
111 iccolo, forse sotto l’influenza del latino baptismus {Passio Perpetuae, 18,3; 2 1,2);
i li I Yseb aert, G reek Baptismal Tertnmology , N imega 1962, pp. 65 e 76.

17
Bisogna parlare, a proposito di baptisma, di innovazio­
ne vera e propria, di «neologismo cristiano» , la cui ragio­
ne sarebbe che i cristiani avevano coscienza della novità
del loro rito 29? E difficile affermarlo. Innanzitutto il
Nuovo Testamento applica lo stesso termine al battesimo
di Giovanni, nonostante gli sforzi ostentati nei vangeli e
negli A tti degli Apostoli per sottolineare la sua in­
feriorità30. Si può pensare quindi che il termine rivestis­
se nella mente dei primi cristiani un carattere piuttosto
generico. Inoltre baptisma si legge in un’antica frase evan­
gelica (Le 12,50; Me 10,38-39) dove, secondo l’opinione
comune, non ci si riferisce a un qualche rito; l’ espressio­
ne, infatti, «essere battezzato di un battesimo» (baptisma
baptisthènai) si collega con le metafore tradizionali del­
lo stesso genere che evocavano l’immersione nella sof­
ferenza31, senza alcun riferimento sacramentale, come
conferma l’uso di baptizein quando si tratta di tradurre que­
ste immagini nelle versioni greche posteriori ai Settanta32.
Di conseguenza è del tutto verosimile che in ambiente
giudeo-cristiano il termine baptisma abbia sostituito
baptismos33 per tradurre l’ ebraico tebilah o il suo equiva­
lente aramaico, così come baptizein traduce il verbo della
stessa radice. Pur riconoscendo che la sua presenza si li­
mita ai testi cristiani, non si può quindi considerare il ter-

29 Così J. Y seb aert, G reek Baptismal Tem ino lo gy , op. c i t 2 0 , p. 52.


M t 3 ,1 1 .1 4 ; M e 1,8; Le 3 ,1 6 ; A t 1,5; 19,4. È perciò inverosimile ch e i cristiani
abbiano fatto rifluire sul battesim o di G iovanni il termine tecnico che esprimeva il lo­
ro proprio battesimo, come propone J. Ysebaert, G reek Baptismal Terminohgy , pp. 52- 53.
31 Si tratta di una metafora a partire dall’ idea di « im m ersione» , e il verbo non ha
qui il significato derivato di « p erire» che gli dà eventualmente il greco profano {cfr.
p. 12). C ontro, ad esempio, O , Cullmann, Tbéologie du Nouveau Testament, BT (N ),
N euchàtel-Paris 1958, pp. 57 e 61 (« l’espressione “ essere b attezzato” è sinonimo di
“ morire” »).
32 Cfr. p. 14, n. 12.
33 I due sono praticam ente sinonimi. Se è vero, teoricamente, che la desinenza
■ ma esprime il risultato d elaz io n e resa dall’ altra form a, in realtà questa sfumatura è
spesso trascurata: cfr. J, H , M onitori - W . F, H ow ard, A G rommar o f thè New Testa-
ment G reek, t. II, Edinburgh 1929 (ristampa 1960), p. 355. La distinzione stabilita
tra i due vocaboli da F. Blass - A . D ebrunner - F. Rehkopf, Gramm&tik, p. 72, § 109,
2 non è legittima.

18
mine baptisma come un’innovazione dei cristiani per espri­
mere la specificità del loro battesimo34.

Ì.4 « Battesimo» e « immersione»

Rimane un interrogativo a proposito di questo vocabo­


lario. Mentre, per noi, i termini « battezzare» e « battesi­
mo» hanno perso molto presto ogni rapporto con un’«im-
mersione», ci possiamo domandare se non l’avessero in­
vece conservato all’inizio del loro uso rituale presso i cri­
stiani. Per saperlo è utile considerare le preposizioni che
uccompagnano il verbo baptizein nel Nuovo Testamen­
to35, più specificamente i casi in cui en ed eis introdu­
cono il luogo o la materia (l’elemento «liquido») del bat­
tesimo.
In Me 1,9 si legge che « Gesù giunse [...] e fu battezza­
lo da Giovanni nel Giordano [eis ton lordanén}». Qui la
preposizione eis, che esprime normalmente il movimento,
suggerisce un’immersione nel fiume. Ma appena prima (Me
1,5; cfr. anche Mt 3,6) si dice che i giudei « si facevano
battezzare da lui nel fiume Giordano» {en tói Iordanèi po-
tamòi). La situazione è esattamente la stessa della prece­
dente, ma la preposizione en esclude normalmente il mo­
vimento e indica che il rito si compiva nel Giordano. Al-
trove il verbo « battezzare» è seguito dalle parole en hyda­
ti (Mt 3,11; Gv 1,26.31.33), en pneumati hagiòi kaì pyri
(Mt 3,11; Le 3,16), en pneumati hagiòi (At 1,5; 11,16), en
beni pneumati (lCo r 12,13): ovunque si tratta della « ma­
teria» nella quale (o con la quale) si effettua il rito o il suo
.ulattamento metaforico36; ovunque è esclusa l’idea di
immergersi» o di «essere immerso» nell’acqua, nello Spi­
rito o nel fuoco. Proprio cosi del resto l’hanno compreso

1,1 Cfr. G . D elling, «Baptisma baptistbénai» , in Studiati zuttt Neuen Testament, op.
il , tip. 240- 241.
’ C fr. J. Y seb aert, G reek Baptismai Terminology , op. cìt., pp. 48- 51.
C fr. pp. 124- 125.

19
gli evangelisti (Me 1,8; Le 3,16; A t 1,5; 11,16) e i copisti
(delle varianti appaiono qua e là), che usano nello stesso
caso bydati senza preposizione.
Ora, è stato accertato che nel Nuovo Testamento, in
Me in particolare37, eis si usa frequentemente al posto di
en, che finisce per assorbire eis nell’evoluzione ulteriore
della lingua, mentre il contrario (a differenza dei Settan­
ta) è molto sporadico e non sempre evidente38. La conclu­
sione è che Me 1,9, che costituisce un’eccezione, non dice
niente di diverso da Me 1,5, e in generale che nel Nuovo
Testamento l’uso di baptìzein fa per lo meno passare in se­
condo piano l’idea di immersione, a beneficio della porta­
ta rituale dello stesso verbo. Se è legittimo pensare all’im­
mersione, ciò può essere solo per altri motivi39.

1.5 « Fare il bagno» e « bagno»

L’interrogativo al quale abbiamo appena risposto si po­


ne anche per un altro gruppo terminologico di uso corren­
te nel Nuovo Testamento per esprimere il battesimo: i verbi
louein e apolouein, cosi come il sostantivo loutron. Il si­
gnificato corrente è « lavare» e «lavaggio», « fare il bagno»
e « bagno» . Applicati al battesimo, conservano questo si­
gnificato o bisogna vedere in essi delle espressioni tecni­
che da cui è scomparsa l’idea originale?
L’uso di questi termini nei Settanta40 offre già un ini­
zio di risposta: dappertutto rimane l’ idea in questione, sia

37 M e 1,3 9 ; 1 3 ,3 .9 .1 6 ; 1 4,9; Le 1,44; 4 ,2 3 .4 4 ; 9 ,6 1 ecc. C fr. F. Blass - A . D e­


brunner - F. Rehkopf, G rammatìk, op. cìt., p. 167, § 205, n. 4.
58 Cfr. ìbid., pp. 177- 178, § 2 1 8 .
59 Cfr. p, 43.
40 A po lo uei» è eccezionale (G b 9 ,3 0 ; aggiungere Pro 30,12T h e 2Sam l l ,4 A q , i
primi due casi per rahas, il terzo per qdsh all’ bitpael) e loutron non è frequente: C t 4 ,2 ;
6,5(6) (nel senso profano); Sir 34,25 (con baptizotnenos) (aggiungere Sai 60,10; 108,10A q).
In compenso, louein (sempre per rahas, eccetto in Sai 6 ,7 , per sahah) abbonda, sia nel
senso profano (Es 2 ,5 ; 2Re 11 ,2 ; R t 3,3; Ez 1 6 ,4 .9 ; 2 3 ,4 0 ; Sai 6,7 ecc.), sia, il più
delle volte, nel senso rituale (Es 2 9 ,4 ; 4 0 ,1 2 ; Lv 8 ,6 ; 1 1 ,4 0 ; 1 5 ,2 1 .2 7 ; 16,4 ecc.), che,
in Is 1 ,16, è trasform ato metaforicam ente per tradurre la purificazione dal peccato

20
che si tratti di una pratica profana, di un rito di purifica­
zione o della sua trasposizione metaforica. Il Nuovo Te­
stamento attesta louein nel senso profano: in A t 9,37 ri­
guarda il bagno di un morto e in A t 16,33 la cura di feri­
te. Altrove, là dove i termini in questione si applicano al
battesimo41, a due riprese si fa menzione esplicita del-
P« acqua» 42. Se ne è dedotto che viene mantenuta l’idea
di abluzione fisica, anche quando se ne impossessa la me­
tafora — così in lCo r 6,11 e A t 22,16. Per la verità, nel
Nuovo Testamento il verbo in questione non è mai un si­
nonimo di « battezzare» né un’espressione tecnica del bat­
tesimo; si riferisce a esso solo indirettamente, e non sem­
pre in maniera ovvia. Per rendersene conto è sufficiente
confrontare i due testi menzionati: se in A t 22,16 la vici­
nanza di baptisaì non lascia alcun dubbio sull’ allusione al
battesimo, in lCo r 6,11 questa è molto meno chiara43.
Ultimo interrogativo, che si ricollega anch’esso a una
problematica anteriore: il verbo louein (forma semplice)
i* usato nel Nuovo Testamento due volte all’attivo44, nel
«■ uso profano. Altrove, tanto per louein che per il compo­
rlo apolouein, la forma è o nettamente media (At 22,16;
U or 6,11; 2Pt 2,22), o equivoca: media o passiva (Eb
l<),22)45. In realtà non ci possono essere molte esitazioni:
ovunque s’impone la forma media; infatti questo verbo al

" In lib 10,22 (louein)-, A t 2 2 ,1 6 ; lC o r 6,11 (apolouein); Ef 5,2 6 ; T t 3,5 (loutron)


.1 ulri immiti battesimale è certo {cfr. anche p, 125). Lo è ugualmente, sebbene in mo-
iinliicllo, in 2Pt 2 ,2 2 , dove la scrofa che è lavata e ritorna a sguazzare nel fango
f I minianior del battezzato che cade nell’eresia. L ’ esitazione al contrario s’ impone a
,., ^ , . . 11, 1 <)i G v 13,10, dove la questione si complica a causa di una variante testuale:
.<« • iM imnrntari. In A p 1,5 la variante lysanti dev’essere preferita alla concorrente
«li Cfr. li. M etzger, A TextualCommentary on thè G reek New Testament, London-
H«-» Y.xlt I960, p. 7 3 1 , e i commentari.
* ' I 1 \ 2 6 (loutron); Eb 10,22 (louein).
' ' In rlfi'i li l’espressione «nel nome (et! tòt onotnati) del Signore G esù C risto» che
t* * » uddotta per stabilire il riferimento al battesim o, da una parte non riguar-
■ »+ .«n> mnrrttc apelousasthe ma l’insieme dei tre verb i che precedono, dall’ altra non
itll’ impiego di Paolo che usa eis to onoma (lC o r 1 ,1 3 .1 5 ; cf r. anche G al
• J m i Imitati). C fr. J. D , G . D unn, Baptism in thè Holy Spirit, pp, 120- 123; G .
l■ ■ l/ v I:irst Bpistle to thè Corinthiam, N IC , G rand Rapids 1987, pp. 2 4 6- 247.
" l'irw indendo da A p 1,5; cf r. n. 41.
" AmihiiiKcrc il caso dubbio di G v 13,10.

21
passivo non è di uso corrente46 ed è pressoché assente nei
Settanta47. Ma non si avrebbe torto a interpretare l’uso
del medio per dedurne l’idea di un battesimo senza mini­
stro. Avendola scartata a proposito di baptìzein, si è tanto
più autorizzati a farlo qui, perché era poco naturale per
gli autori del Nuovo Testamento, vista la rarità dell’uso
passivo, esprimere con l’ aiuto di questi verbi l’idea di «es-
sere lavato» o « bagnato» . Usandoli al medio, essi espri­
mevano il fatto che i candidati prendevano un bagno, sen-
z’ altra precisazione. Il contesto del Nuovo Testamento è,
come abbiamo visto, abbastanza chiaro per dirci in quali
condizioni veniva effettuato questo bagno: implicava in­
fatti un « battezzatore» .

46 H . G . Lìddell - R. Scott - H . S. Jones, Lexico n, p. 1062, dà solo due esemp


di passivo certo di iouein nel greco classico (Ippocrate, Trattati ginecologici, 1,11; Li­
curgo, 446) e, p. 2 0 8 , nessun caso viene menzionato per apolouein.
Un caso: Ez 16,4 {elousthès). Ugualmente raro al passivo, se non di più, è nip-
tein (per il lavaggio parziale del corpo): un solo esempio menzionato in H . G , Liddell
* R. Scott - H . S. Jones, p. 1176; nei Settanta, su venticinque usi, tre casi equivoci;
nel N uovo Testam ento, su sedici usi, un caso equivoco (M t 15,2), tutti gli altri senza
alcun dubbio all'attivo o al medio.

22
II
Il battesimo di Giovanni

? I Le fonti

Nessuno studioso oggi afferma più che la comunità reli­


giosa dei mandei1, i cui resti sono sparpagliati a sud dell’I-
i iU|c dell’Iran, ha la sua origine tra i discepoli di Giovanni
Monista. Se è vero che quest’ultimo, sotto il nome di Ya-
Hn o Yohana, figura come profeta nei testi di questa reli­
gione, secondo l’opinione generale si tratta li di un’ annes-
»ionc tardiva da parte di un movimento che si ritiene non
rtl'l'iii fondatore. Circa la possibilità di attingere dai suoi
« ritti per accrescere la nostra conoscenza dell’uomo del
( imidano, bisogna ammettere che « il Giovanni dei Man-
ilri c [...] un Giovanni cristiano, probabilmente giunto in
Mesopotamia attraverso il filtro di apocrifi gnostici [...] ma
* ilii questi ormai così lontano, da aver perduta buona parte
«Hlu coloritura datagli dagli antichi eretici cristiani» 2. Per-
» m tln questo lato non c ’è da sperare nulla.

" i (i Schm itt, voce « M andéism e» , DBS, t. V , col. 7 5 8- 788; E . Segelberg,


ma 'iluiliei in thè Ritual o f thè M andean Baptìsm, Uppsala 1958; K . Rudolph, Die
(l-'KI.A N T 74 e 75), G òttingen 1960- 1961; Idem , La Religion mandéenne, in
.>. -i Af\ Religioni, t. II, « Encyclopédie de la Pleiade» , Paris 1972, pp. 4 9 8- 519;
■ " ’w iiliMigrrn (ed.), Dar M andaismus (W d F 167), D armstadt 1982; E. Lupieri, Gio-
lUtmta fra storia e leggenda, pp, 195-395.
I l.djiirri, Giovanni Battista, op. cit., p. 329.

23
Le uniche fonti utilizzabili da parte dello storico che
compie ricerche su Giovanni Battista sono, da una parte,
gli scritti del Nuovo Testamento e, dall’ altra, un cenno
di Giuseppe Flavio nelle sue Antichità giudaiche (XV III,
116-119). La presentazione del personaggio nei vangeli
apocrifi3 è interessante perché ci fa conoscere l’interpre­
tazione, o addirittura la manipolazione, della figura di Gio ­
vanni Battista durante un periodo che si estende dal II al
V secolo. Ma non si trovano in essi delle tradizioni di cui
si potrebbe essere certi che si accompagnino o completino
sul piano storico quelle incorporate nel Nuovo Testamen­
to. Si tratta piuttosto di «una mescolanza di dati canonici
e di “ proliferazioni” leggendarie», senza nemmeno la pos­
sibilità di trarne qualche riflessione sintetica sul pensiero
e il programma che hanno guidato il movimento gio­
vanneo4.

2.2 Gesù e Giovanni Battista

Per i mandei Giovanni è il nemico di Cristo. Per i cri­


stiani è il suo precursore. Quest’ultimo aspetto è diffuso
nei quattro vangeli e negli A tti degli Apostoli, dove Gio ­
vanni viene presentato come il profeta destinato a prepa­
rare la venuta di Gesù per poi farsi da parte davanti a lui.
Questo ruolo attribuito a Giovanni si radica nella storia
o si tratta piuttosto di un’annessione fatta posteriormente?
Una prima constatazione: il legame tra Giovanni e G e­
sù viene stabilito solo nei documenti del cristianesimo. Giu­
seppe, come vedremo5, non dice niente. Lo stesso bisogna
dire dell’insieme del giudaismo6.

5 Cfr. W . Bauer, Das Leben jcsit ini Zeitalter der neutestamenilichen Apokry phert,
Tiibingen 1909, pp, 101- 141; J. Ernst, Johannes der Tàufer, pp. 2 1 7- 242.
4 J. Ernst, p. 240.
7 C fr. pp. 46- 51.
6 « I giudei non collegano G iovanni a G esù né il martirio del primo a quello del
secondo », osserva O rigene rivolgendosi all’ ebreo di Celso che negava il valore dellu
testimonianza di G iovanni su G esù per il fatto che proveniva da un adepto e compa-

24
Ecco una seconda osservazione. Senza dubbio i vange­
li, di composizione relativamente tardiva nel cristianesi­
mo primitivo, sono i primi scritti ad allacciare il legame
in questione. Ma è un legame anteriore a essi nella tradi­
zione, poiché lo troviamo non soltanto in Me ma anche
nella seconda fonte sinottica (Q, fonte dei logia) utilizza-
i a da Matteo e Luca — i due ne sono testimoni — , senza
contare il quarto vangelo, nella misura in cui non dipen­
de, su questo punto, unicamente dai suoi predecessori.
Detto ciò, bisogna anche notare che, secondo la sua for­
mulazione più antica, in Me e in Q , il ruolo di Giovanni
Battista come precursore di Gesù è espresso in modo arti-
ticiale o, se si vuole, per pura giustapposizione letteraria.
I'. evidente che, per il posto che l’ attività e le parole di
( iiovanni occupano in questi due testimoni, non è possi­
bile alcun dubbio: Giovanni prepara e annuncia Gesù. Ma
■ >r si prescinde dalla loro situazione letteraria, né le infor-
mozioni sul Battista né i suoi discorsi fanno riferimento
a Gesù; inoltre questi ultimi presentano dei tratti che so­
na lontani dal lasciarlo intuire.
Questa constatazione negativa si estende all’episodio del
lnittcsimo di Gesù. E vero che facendosi battezzare da
< iiovanni7 Gesù poneva egli stesso le basi della tradizio­
ni- che lo lega al profeta del Giordano; ma si tratta di basi
.« M’tiso unico. Infatti, a eccezione di M t 3,13-15, dove il
«liitlngo porta chiaramente i segni dell’evangelista ed è frut­
to della sua composizione, i racconti del battesimo non
■ -importano alcuna parola dei due protagonisti. Di conse­
guenza, se il battesimo di Gesù ci assicura che egli si col­
ta .i tit-1 movimento di Giovanni, non dice che questi ab-
l'i.t osservato Gesù tra i candidati che si presentavano in-

i . li . .Ilcrcm a (C. Ceis. I, 41 e 48: SC n D 132, pp. 186 e 208). C fr. J. M aier, Jesus
■ i .iirf/i in der talmudischen Vberlieferung (EdF 82), D armstadt 1978, pp. 252- 253.
■ • ioni al Battista in alcune recensioni delle Toledot Yeshu (cfr. S. K rauss, Das
■ i ni mch judìschen Q uellen, Berlin 1902 [ristampa D armstadt 1977], pp. 157-158)
!>■ ■ du una conoscenza indiretta e superficiale dei vangeli.
■ tlii M oriciià del f atto, cf r. pp. 59- 60.

25
torno a lui aderendo al suo messaggio, e ancora meno che
egli abbia intuito in lui il Messia atteso.
Inoltre, il seguito degli avvenimenti, così come ce lo pre­
sentano i vangeli, non incoraggia molto ad attribuire al Bat­
tista un ruolo nella vita pubblica di Gesù. Nell’incidente
dell’«ambasceria» inviata a Gesù da Giovanni (Mt 11,2-19;
par. Le 7,18-30), questi mostra di conoscere Gesù, pur esi­
tando sulla sua identità e funzione. Ma, tra le altre dif­
ficoltà8, la domanda dei messaggeri9 non quadra con la vi­
sione escatologica espressa nei suoi discorsi: come è possi­
bile che l’ attività di Gesù, la cui reputazione sarebbe giunta
alle orecchie del prigioniero di A ntipa, lo abbia spinto a
sospettare in lui, anche timidamente, il purificatore d ’I­
sraele e il giudice temibile che egli intravedeva e annun­
ciava (Mt 3,7-12; par. Le 3,7b-9.16-17)? Si può immagi­
nare che Giovanni abbia sentito parlare di Gesù e si sia
informato sulla sua missione, ma non nei termini che rife­
riscono i vangeli.
In effetti, l’ invio di « discepoli» per porre la domanda
e ricevere la dimostrazione perentoria di Gesù chiarisce
l’origine di questo episodio. La primitiva Chiesa palesti­
nese ebbe il suo «problema giovanneo», nato dal semplice
fatto che Gesù aveva dapprima aderito alla predicazione
di Giovanni Battista e si era poi fatto battezzare da lui.
L’antica tradizione proveniente da queste comunità ave­
va conservato delle parole di Gesù che attribuivano espli­
citamente grande importanza al personaggio10, mentre

8 M . G oguel l]ean-Baptiste, p. 63) faceva osservare che « niente indica quale impre
sione avesse prodotto su G iovanni la risposta che gli viene riferita » e che « l’interesse del­
l ’episodio verte su G esù e non su G iovanni Battista ». O ra, « un racconto storico non po­
trebbe disinteressarsi cosi completamente della conclusione verso la quale sembrava ten­
dere ». Del resto, se G iovanni avesse manifestato l’esitazione e il dubbio attestato in questo
passo, resterebbe da spiegare come i primi cristiani abbiano fatto di lui l’ araldo accredi­
tato del C risto. C fr. H . Schvirmann, II Vangelo di Luca, I, pp. 6 6 5- 667.
r} N on si può dissociarla dalla risposta di G esù con la quale fa corpo: il macarismo
sullo scandalo, in M t 11,6 e par. Le 7 ,2 3 , fa riferimento alla domanda degli inviati.
10 M t 1 1 ,I l a e par. Le 7,28a. La seconda parte della frase (M t l l . l l b e par.
7,28b ) appare piuttosto come una rettifica adatta a ricondurre il Battista a delle giuste
proporzioni. In favore del suo legame originale con la prima parte si veda tuttavia 11
Schùrmann, Il Vangelo di Luca, op. cit., I, pp. 6 7 0- 671.

26
nessuna parola di Giovanni Battista che avesse qualche ga­
ranzia di autenticità faceva lo stesso nei riguardi di Gesù.
Ma fin dal momento in cui alcuni discepoli di Gesù, dopo
la sua risurrezione, risolvettero il problema segnalato iden­
tificando nel loro maestro l’oggetto dell’annuncio del Bat­
tista e facendo di quest’ultimo il precursore di Gesù, è pos­
sibile che sia nata una reticenza in antichi « discepoli» 11
di Giovanni diventati discepoli di Gesù davanti a questo
« recupero» ardito del loro primo maestro. Di qui il rac­
conto in cui si vedono questi stessi discepoli domandare
.1 Gesù se egli sia colui che Giovanni annunciava: un dub­
bio che viene subito tolto a furia di prove messianiche alle
quali si aggiunge un avvertimento rivolto agli esitanti (Mt
11,6; par. Le 7,23)12.
Dopo queste osservazioni su un punto delicato delle ori-
nini cristiane, dobbiamo ora considerare il battesimo di
( liovanni, innanzitutto nella versione che ne dà il Nuovo
Testamento.

> Battesimo, conversione e perdono dei peccati

Secondo Me 1,4, che Luca (3,3) riproduce alla lettera,


( iiovanni predicava13 «un battesimo di conversione [«di
jK-iiUenza»] per la remissione dei peccati» (kèryssón bapti-
•ma metanoias eis aphesin hamartión). La frase nel suo in­
orme è originale, e ci sono tutte le ragioni per riconoscer­
vi l'evo della definizione che le parole e la prassi di Gio ­
vanni suscitavano nell’animo dei primi testimoni. A ttri-
lntmdiì le parole «per la remissione dei peccati» a una mano
•» i\i una desiderosa di fare del battesimo di Giovanni una

^ unificato che bisogna attribuire a questo termine nel caso presente, cfr. pp,

‘ *»mi ni è ancora allo stadio del quarto vangelo; un'apologetica cristiana di fron-
*< i * h m rssiniireazione» del Battista da parte degli adepti del suo movimento (G v
1:1 * -'*) ( Ifr. p. 46.
'i' pp. 19-40.

27
prefigurazione del battesimo cristiano, Maurice Goguel14
trascurava l’obiezione che a questo proposito fornisce il
vangelo di Matteo.
Questi opera un’annessione radicale del Battista all’o­
pera messianica di Gesù15. Per questo fatto non poteva
che provare ripugnanza nell’attribuire al primo ciò che, se­
condo lui, conveniva solo al secondo: « Il Battista non de­
ve mettere in pericolo la posizione unica di Gesù [...]. Il
potere di perdonare i peccati non è prerogativa di Giovanni
ma del sangue di Cristo » 16. Matteo lo sottolinea espres­
samente quando, in un altro passo, modifica in questo senso
le parole dell’istituzione eucaristica17. Questo è il motivo
per cui della formula di Me 1,4 lo stesso evangelista con­
serva l’idea di conversione, per trasferirla nel discorso del
Precursore che dichiara: « Io , sì, vi battezzo in acqua per­
ché vi convertiate» (eis metanoìan) (Mt 3,11; cfr. Me 1,8).
Da questo rimaneggiamento non emerge un’idea molto
chiara. Si stenta tuttavia a credere che Matteo vedesse nella
conversione lo scopo del battesimo o il suo effetto 18. In­
fatti in lui Giovanni comincia facendo suo l’appello ini­
ziale di Gesù alla conversione (3,2; cfr. 4,17); poi dice che
non serve a niente « venire al battesimo» per sottrarsi
all’« ira» divina se non si è già decisi a produrre « veri frut­
ti di conversione» (3,7-8), cioè già convertiti nella propria
volontà. Infine per Matteo (3,6) come per Marco (1,5) il
battesimo è accompagnato dalla confessione dei peccati19,
che ha senso solo se unita all’idea di non commetterli più.
Si può quindi concludere che con la precisazione eis meta­
noìan Matteo tendeva semplicemente a mettere il battesi-

1,1 Jean- Baptiste, p. 290.


lJ C f r., in particolare, W . Trilling, Tàufertmdition.
16 Ibid., pp. 286-287.
17 M t 2 6 ,2 8 , par. M e 14,24; cfr. anche M t 1,21.
18 Così tuttavia A . Schlatter, D er Evangelist M attbaus, Stuttgart 19636, p, 77; J.
Behm, voce «.Metanoeó ... », G LN T , V II, 1175; E. Lohmeyer, Das Evtmgelium desM arkm
(K EK 2), G ottingen 1957, p. 14, interpretava nello stesso senso l’espressione di M i
(e di Le) « b attesim o di conversione» .
19 II participio presente exomotagoumetioi (M t 3,6; M e 1,5) indica la sim ultanei i
del battesimo e della confessione.

28
mo di Giovanni in rapporto con la conversione20 e con
quella soltanto: l’uomo che si fa battezzare fa atto di con­
versione, ma non accade nient’ altro ed egli non riceve (an­
cora) ciò che solo Cristo è capace di accordare.
Così è nella reinterpretazione della frase di Me 1,4 da
parte di Matteo , testimone di una reticenza se non di uno
« scandalo » davanti a ciò che gli sembrava attentare al ruolo
di Gesù nel dono della salvezza. Ma, pur trattenendoci con
la sua reazione dall’attribuire le parole « per il perdono dei
peccati» a un ritocco cristiano, non ci dice che cosa Mar­
io e la tradizione che egli riproduce intendessero nel ri­
portarla né quale fosse la portata del rito nell’intenzione
di colui che l’ effettuava.
A dire il vero, non è facile precisare il significato di que­
llo battesimo, come dimostra la molteplicità delle opi­
nioni21. Una delle cause di questa difficoltà è la mancan­
ti di elementi di paragone: nell’insieme delle abluzioni giu-
«Liiche il battesimo di Giovanni è un caso a parte. Per giun­
gere a qualche risultato abbiamo due punti di appoggio:
«la una parte la definizione di questo battesimo in Me 1,4
(par. Le 3,3), dall’altra i resti della predicazione del Batti­
li a raccolti nella seconda fonte sinottica e riportati da Mat-
i«‘o c Luca.
I,.i Irase « battesimo di conversione per la remissione dei
p enati» pone un duplice problema: qual è il significato
«lei rapporto genitivale tra battesimo e conversione? In che
«indo si combinano questo battesimo e.il perdono dei pec-
t« ii al quale è destinato?
Rispondendo alla prima domanda, scartiamo innanzitut­
to l'idea di un battesimo il cui risultato sarebbe la conver­
g ine, per la ragione già formulata a proposito di Mt: l'uo ­
mo mnfessa i suoi peccati ricevendo il battesimo (Me

> * l'iqxisiziune è compresa in questo caso come un eh di relazione: cfr. A t 2,25


Hi. . ..tttii»)-. Erm a, sim, IX , 2 6 ,6 (o uk eh tautas tas hemèras legò). A ltri esempi in
1 II 11‘ lrll R. Scott - H . S. Jònes, pp. 491- 492 (IV ,2).
i ■ ■ iin.i presentazione di queste opinioni, cfr. J. Becker, Johannes der Tsufer, pp.
MI «.

29
1,15)22, il che implica che egli è allora nelle disposizioni
di un convertito. Resta il contrario: la possibilità di vede­
re nel battesimo l’effetto della conversione, il passo con­
seguente alla volontà dell’individuo di passare dall’infe­
deltà all’obbedienza verso Dio. Solo così il battesimo può
essere efficace, come lascia intendere Giovanni alle folle
(Mt 3,7s; par. Le 3,7s).
Questa efficacia poggia sul perdono dei peccati. Ma
ecco che allora si pongono altri due interrogativi: biso­
gna concepire il perdono nell’ atto stesso del battesimo?
E se sì, come comprendere il rapporto tra bagno e per­
dono?
Tra le varie opinioni una ritiene che questo perdono deb-
ba essere differito nell’ avvenire escatologico, in occasione
del grande giudizio che Giovanni annuncia come imminen­
te (Mt 3,10; par. Le 3,9). In questo caso, il perdono è ac­
cordato in considerazione retrospettiva della risposta del­
l’uomo all’appello alla conversione formulato dal Battista,
conversione sigillata dal battesimo23. Però nella Bibbia o
nel giudaismo (e tanto meno nel Nuovo Testamento) mai
appare che Dio possa far attendere colui che implora il suo
perdono24, e mai questo viene associato al giudizio ulti­
mo; inoltre, la predicazione di Giovanni stesso scarta ri­
solutamente questa prospettiva: appare lì l’immagine clas­
sica della cernita tra gli uomini, gli uni impenitenti e gli
altri convertiti e, per questo motivo, già perdonati. Il per­
dono viene quindi accordato nell’ atto del battesimo.
Se è così, si potrebbe essere portati a definire questo
battesimo come un «sacramento escatologico» — per ri-

22 Si esita qui tra due forme: confessione globale o accusa più o meno dettagliata.
La prima è attestata, per esempio, in N e 1,5- 7; D n 9 ,4 b - l l ; Bar 1 ,1 5 - 3 ,8 . La seconda
è inclusa nel rituale ebraico del Kippur, con un’ enumerazione alfabetica dei diversi pec­
cati. Cfr. I. Elbogen> D er jtidisebe Gottesdienst in settter geschicbtlicben Entw icklutig,
Frankfurt a.M . 1931 {ristampa Hildesheim 1962)» pp. 1 4 9- 151. Bisogna escludere una
confessione di tipo corale così com e prescritta nella Regola della com unità di Q umran
(1Q S 1 ,2 4 - 2 ,1 ), perché si oppone al carattere personale del battesimo di G iovanni.
23 Così J. D . G . D unn, Baptistrt irt thè Hoty Spirita p. 16; J, Ernst, ]ohattnes der Tcu-
fert p. 335,
C f r., invece, 2Sam 12,13.

30
prendere un’espressione che ha fatto fortuna25 — , che
conferisce, di fronte al giudizio prossimo, il perdono divi­
no alla maniera di un’ assoluzione sacramentale. Ma que­
sto vorrebbe dire utilizzare un concetto anacronistico che
può solo fuorviare il lettore, soprattutto se, con ciò, si con­
cepisce il battesimo di Giovanni come il segno che produ­
ci1 efficacemente la salvezza di colui che lo riceve26. In
realtà, come gesto di purificazione effettuato da un terzo e
ni quanto passo ispirato dalla conversione, il battesimo ga­
rantisce al battezzato il perdono delle sue colpe, nella pro­
iettiva del prossimo giudizio e a condizione di perseverare
ni'Ila penitenza. Così compreso, nell’urgenza dell’ultima ora,
il battesimo è necessariamente un atto unico, non reitera­
lale, come è unico e definitivo il giudizio che si ritiene che
o so prevenga27.

•’ -f L'altro « battesimo»

Prima di continuare lo studio, soffermiamoci qualche


m.mte sull’orizzonte escatologico nella cui prospettiva il
nio si effettua e da cui trae la sua importanza decisiva.
I.'.irgomento, diciamolo subito, è di grande difficoltà28.
Secondo i tre vangeli sinottici (Me 1,7; Mt 3,11; Le 3,16)
<«invaimi annuncia l’ arrivo di un personaggio che defini­

1 II suo autore è A . Schweitzer, D ie M y stik der Apostels Paulus, Tùbingen 1930,


' *K Ti-ii quelli che a loro volta l’ hanno ripresa, cfr. R. Bultmann, Jésus, my tbologie
i> "wtholo%isatìoH, Paris 1968, p. 46 (trad. it., Brescia 1972); C . K . Barrett, TheSpi-
thè Co spel Traditio», London 1966 (ristampa 1970), p. 33; H . Thyen, Stuiìen
■ t ‘•'•ndcttvcrgebung, pp. 132- 133.
' < Ir, R. Schnackenburg, Kègne et Roy aume de Dieu, Essai de théologie biblique
11 ' 'li / I, l’aris 1965, pp. 76-77 (trad . it., Signorìa e regno di D io , Bologna 1971); J.
ii. t, pp, 39- 40.
( luivunni concepiva forse questo perdono come sostitutivo di quello che garan­
ti <■ * i riti del tempio? In mancanza di indicazione nei testi non lo si può affermare,
"l'in Milo, dire equivalenza non implica di per sé sostituzione.
1 Viene i rattato qui unicamente dal punto di vista storico. Per una presentazione
tin »■ n|.iu si potrà consultare il nostro articolo « L ’ autre “ baptém e” (M e 1,8; M t 3,11;
' l< .,C v 1,26.31- 33)» , in The Fo ur Gospels 1992. Festscbrift Frarts Neiry nck (BET hL
sce «più fo rte» di lui. Il suo ruolo è quello di amministra­
re un battesimo, non un battesimo di acqua come Giovanni,
ma un battesimo di Spirito Santo. Questo è quanto dico­
no tutti e tre i vangeli. Matteo e Luca aggiungono il fuoco
allo Spirito Santo e continuano descrivendo lo stesso per­
sonaggio che tiene in mano un ventilabro e separa la pula
dal frumento nella sua aia, raccogliendo il grano nel suo
granaio e bruciando invece la paglia « con fuoco inestin­
guibile» (Mt 3,11-12; par. Le 3,16-17). Quest’ultima de­
scrizione proviene dalla seconda fonte sinottica (Q) alla
quale dobbiamo l’eco più sviluppata della predicazione di
Giovanni.
E necessario distinguere qui due elementi: il « battesi­
mo» e colui che lo compie.
Riguardo al battesimo, la versione di M t-Lc (Q)29 an­
nuncia un battesimo « in Spirito Santo e fuoco» 30. Il fuo­
co è il tema dominante del discorso dove ricorre tre volte
a intervallo regolare. La prima e la terza volta è da solo.
Lo Spirito Santo, che non viene mai menzionato altrove
nelle parole del Battista, accompagna la seconda ricorren­
za, come un supplemento che non ha richiami nel conte­
sto. Questo è confermato dal seguito, dove tutto finisce
nel fuoco per l’ azione del « battezzato re» futuro e dove lo
Spirito Santo viene totalmente dimenticato. L’impressio­
ne è che la sua presenza sia qui un’aggiunta31, e che ori­
ginariamente l’opposizione giocasse tra battesimo d’ acqua
e battesimo di fuoco.
E quanto concludono molti autori32. Ma questa conclu­
sione non è indiscutibile. Infatti, oltre al fatto che tutti

29 M t 3 ,1 1 ; Le 3,16.
*0 L ’ espressione, m etaforica, è com portata dalla menzione del battesim o non me­
taforico che precede.
^ Supponendo (con E. Schweizer, voce « Pneuma... », G LN T , X , 9 5 5 , e gli autori
che egli cita) che pneuma sia qui « vento », si favorisce la coerenza del passo conforman­
dosi al tempo stesso alle immagini apocalittiche. M a tutti i testi di cui disponiamo han­
no qui « Spirito Santo», che è diverso da uno Sturmw ind che accompagna il fuoco e
lo attizza.
i2 Si veda la lista in J. D . G . D unn, Spirit- and- Fire Baptìsm, p. 82, n. 1 e 2.

32
ì testi fanno intervenire qui lo Spirito Santo, bisogna do­
mandarsi per quale scopo una mano cristiana l’ avrebbe ag­
giunto. E difficile vedervi il desiderio di applicare l’ azio­
ne di Cristo, cosi predetta, al battesimo sacramentale: da
una parte, come vedremo in seguito33, l’associazione del
dono dello Spirito con quest’ultimo non è costante nella
primitiva teologia cristiana; dall’ altra, il battesimo di Spi­
rito Santo si oppone qui al battesimo d’ acqua. Ma bisogna
anche tener conto del seguito dei due testi paralleli.
In effetti il personaggio che interviene in Mt 3,12 (par.
Le 3,17), e che non è altro che il « battezzato re» annun­
ciato nel versetto precedente (la proposizione relativa im­
pedisce ogni distinzione), non avrà come unico ruolo quello
di bruciare la paglia nel fuoco: dovrà anche raccogliere il
grano nel suo granaio. Operazione positiva già intravista
in un primo stadio di argomentazione, secondo Mt 3,10
(par. Le 3,9), dove soltanto l’albero che non porta frutto
viene gettato nel fuoco. Nella sua predicazione il Battista
non considera il suo uditorio anticipatamente come una
massa damnata, ma predica la conversione, minacciando il
castigo divino soltanto per quelli che persevereranno nel
male. DÌ conseguenza, l’immagine del battesimo nello Spi­
rito Santo si inserisce nella parte positiva dell’operazione
Iinale, così come viene evocata prima e dopo. Quelli che
avranno accolto con una conversione sincera il rinnova­
mento spirituale che Dio deve accordare negli ultimi tem­
pi saranno simili al frumento ammassato in un granaio; gli
nitri, refrattari al messaggio di penitenza proclamato da
Giovanni, se ne andranno nel fuoco inestinguibile della
( leenna.
Ma vediamo ora l’agente di questa operazione. I due te-
li moni evangelici affidano a Giovanni Battista l’annun-
i io della venuta prossima34 di un personaggio che questi

" Cfr. pp. 123- 126.


M 1 presenti erkhetai (Le 3,1 6 ) ed erkho meno i (M t 3,1 1 ) hanno la sfumatura di fu-
uro prossimo.

33
definisce come «più fo rte» (iskbyroteros) di lui. La sua iden­
tità divide gli interpreti: è Dio o una creatura? In favore
di una creatura viene addotta la motivazione che, se si trat­
tasse di Dio, Giovanni esprimerebbe un altruismo al limi­
te della bestemmia: benché il termine iskhyros (per El o
gibbór) sia applicato frequentemente a Dio nell’A ntico
Testamento35, usato qui al comparativo fa anche di Gio ­
vanni un « potente» , attribuendogli per ciò stesso, per quan­
to a un grado minore, una qualità divina. Viene poi l’im­
magine dei calzari: se si trattasse di Dio, come non stupir­
si che Giovanni abbia potuto dire di non essere «degno
di sciogliere i legacci dei suoi calzari» 36 o di « po rtare» i
suoi calzari (Mt 3,11)? L’antropomorfismo — senza pre­
cedenti né paralleli — non oltrepassa forse i limiti del con­
sentito, in particolare in un tempo in cui si imprimeva nella
mentalità ebraica un forte senso della trascendenza di Dio?
E vero che riconoscendo qui Dio stesso si potrebbe ren­
dere conto di un fenomeno attestato nel quarto vangelo.
Lì la testimonianza di Giovanni Battista, distribuita in tre
giorni (Gv 1,29.35), inizia con una negazione esplicita e
solenne della sua messianicità (1,20, ripresa per l’essen­
ziale in 3,28; cfr. anche 1,8), dove si riconosce chiaramente
una manovra dell’evangelista che affida al Precursore la
preoccupazione di rifiutare egli stesso una qualifica inde­
bita e rivale. Luca, da parte sua, riferisce che nel « popo­
lo» che ascoltava il Battista « l’attesa cresceva e tutti si do­
mandavano in cuor loro se Giovanni fosse il Messia» (3,15).
Ma se Giovanni ha potuto essere considerato come il Mes­
sia, non è forse perché nella sua predicazione egli si mani­
festava come l’ultimo messaggero divino prima che Dio in­
tervenisse personalmente per esercitare il giudizio, quindi
come una variante del Messia?
A questa domanda si può rispondere che, proprio tra

W Per esempio, 2Sam 2 2 ,3 1 .3 2 .3 3 .4 8 ; 2 3 ,5 ; G b 2 2 ,1 3 ; 3 3 ,2 9 ; 3 4 ,3 1 ; 3 6 ,2 2 (so­


stantivo per Elì\ D t 10,17; Sai 7,12(11); 4 2 (L X X 41),3 {aggettivo per gibbór).
36M e 1,7; Le 3 ,1 6 ; A t 13 ,2 5 ; G v 1,27.

34
Ir varianti che interessano in questo tempo e interesseranno
ni seguito l’ attesa messianica, il personaggio sperato non
riveste mai i tratti di un profeta predicatore di conversio­
ne, fosse pure l’ultimo. Sarebbe pertanto sorprendente che
( Iiovanni avesse attirato sulla sua persona e sul suo ruolo
una tale qualifica. Inoltre, la testimonianza del quarto van­
gelo, che prelude ad altre attestazioni nello stesso senso
.1 partire dal II secolo37, è tardiva e vale solo per il tem­
po della sua redazione. Infine, il silenzio degli altri vange­
li è a malapena disturbato dall’« informazione» contenuta
in Le 3,15. In realtà questo versetto, che del resto non
ni ferma nulla ed esprime solo un interrogativo, probabil­
mente ha solo un’origine letteraria: collocato dopo l’inse­
rimento dell’excursus sulle varie classi sociali (Le 3,10-14),
c-sso ha lo scopo di stabilire una relazione con le parole con
aii Giovanni definisce ora se stesso per contrasto con co ­
lui che effettivamente, per Luca e i suoi lettori, è il
« Messia» 38.
Perciò, se non si può negare che alcuni gruppi giudaici ver­
so la fine del secolo abbiano elevato Giovanni Battista al ran­
go di Messia per opporlo a quello dei cristiani39, questo non
può essere anticipato al tempo in cui il profeta del Giorda­
no esercitava la sua attività. Ne risulta che ciò non può co­
stituire una controprova per rifiutare a Giovanni Battista
l’ annuncio di un intervento diverso da quello divino.

W In effetti le attestazioni sono m olto limitate e> con molta probabilità, si colloca-
no nella stessa linea: Ps.-Clem ., Ree. 1,54 (et magistrum suum vetuti Christum praedica­
runt)-, 60 {Q uod si omnium maior est, ipse est Christus); Rehm, G C S, p. 3 9 . Su questi
lesii, cf r.: J. Thom as, M ouvement, pp. 114- 120; R. Schnackenburg, Das vierte Evange-
litim urtd die Johartnesjtinger, in H J 77 (1958), pp. 2 1- 28 (n. 24- 25); E. Bammel, The
Haptist, pp. 116*117; J. Ernst, Johannes der Tau/er, pp, 3 6 3- 366.
>8 Lc 2 ,1 1 .2 6 ; 9 ,2 0 ; 2 4 ,2 6 .4 6 ; A t 2 ,3 1 ecc,
** La messianizzazione di un m orto è così poco naturale presso gli ebrei che si è
|K>rtati a supporre un’ influenza sui seguaci di G iovanni di coloro che credevano che
il loro M essia G esù era risorto e aspettavano il suo prossimo ritorno. Q uesta influenza
cristiana è ammessa da M . D ibelius, Uberlieferung, pp. 1 4 2- 143; cf r. anche: J. A . Sint,
ìischatologie, pp. 106*107, che ritiene questa spiegazione come la più plausibile. Se­
condo la versione siriaca dei Riconoscimenti pseudo-clementint i discepoli di G iovanni
•ledevano che il loro maestro vivesse en apokry phór, cf r, E. Bammel, The Baptist in
fiarly Christian Tradition, pp. 117, n. 7.

35
M .i eli i può essere mai questa creatura con un simile man­
dalo? La risposta non è facile, e le opinioni in proposito sono
vni ic"1. Cercheremo comunque di arrivare a una soluzione.
Una prima osservazione verte sull’unità dell’insieme Mt
3,11-12; par. Le 3,16-17. Nulla permette di dissociare le
due parti saldate da una proposizione relativa: la mano che
tiene il ventilabro è in qualche modo quella che deve ope­
rare il futuro battesimo. Questo è composto di Spirito San­
to e fuoco. Di questa metafora, proveniente dal battesi­
mo d’ acqua, è possibile scoprire gli antecedenti e i paral­
leli che permettano di spiegare e, meglio ancora, identifi­
care il misterioso personaggio al quale tocca conferire il
battesimo in questione?
La natura occasionale della metafora fa sì che non ci si
stupisca dell’assenza di esatte corrispondenze nella Bib­
bia e nel giudaismo. Ma, oltre all’acqua, lo Spirito (Santo)
e il fuoco, come elementi di purificazione escatologica, ap­
paiono non soltanto sotto forma indipendente41 ma anche
in associazione: acqua e Spirito42, più raramente Spirito
e fuoco. Quest’ultimo caso è illustrato in Is 4,4, dove la
purificazione di Gerusalemme deve avvenire « co n lo spi­
rito del giudizio e con lo spirito dell’incendio» 43, in altre
parole con il soffio infiammato del Dio tre volte santo. Que­
sta stessa combinazione, che esprime una specie di en­
diadi44, può essere attribuita a Giovanni Battista.

40 Cfr. J. D . G . D unn, pp. 81 - 8 3 ; più brevemente: J. A . Fitzm yer, The G ospcl ac­
cordine lo Luke, I, pp, 4 7 3- 475.
41 Spirito soltanto: Is 3 2 ,1 5 ; 1Q S 4,20- 22 (« Spirito di santità» ); 1Q H 16,12 («Spi­
rito della tua santità» ); 1 7 ,2 6 {id.). Fuoco soltanto: Is 1 ,25; G er 9 ,6 ; M I 3,2h - 3; lC o r
3,1 3 - 1 5 . N el Talmud si parla di un bagno di fuoco (b. Sanh. 39a), ma in questo dato
tardivo (R. A bbahu, 300 ca.) la prospettiva non è escatologica ma semplicemente ri­
tuale. Bisogna anche distinguere la purificazione escatologica col fuoco dal «diluvio
di fuoco » com e castigo degli empi; cfr. i riferimenti in S. Legasse, A pproches de l’épiso-
de pré-évartgélique des fils de Z ébéiée (Marc X .Ì5- 40; par.), in NTS 20 (1973- 1974) 161*177
(168- 169); aggiungere Aggadat Bereshit, cap. 1, in A . Jetlinek, Bel ha- M idrasch, IV , G e­
rusalemme 1 9 6 7 , pp. 1-3.
42 Ez 3 6 ,2 5 - 2 6 ; Is 4 4 ,3 ; 1Q S 3,7- 9 (« Spirito Santo» ),
43 II Targum qui ha: « con una parola di giudizio e con una parola di sterm inio» ,
44 W . F. A lbright e C . S. M ann (M atthew , A ncB 2 6 , G arden City, N ew York 1971,
pp. 26- 27) glossano: « w ith thè fire of thè H oly Spirit» .

36
Ma si aggiunge qui un altro dato che permette di intra­
vedere la personalità di colui che, in questo stesso oraco­
lo, è l’agente dell’operazione. E noto il passo di Isaia (11,2)
in cui il Messia ha tutti i doni dello Spirito45. Secondo la
versione di Is 52,14-15 scoperta a Qumran, in base all’in­
terpretazione di William Hugh Brownlee1’6, uno dei com­
piti del Messia sembra essere proprio quello di «aspergere
nazioni numerose» per purificarle. In ogni caso, il seguito
dell’oracolo di Is 11, che riguarda il Messia davidico, ci
ilice che prima di instaurare l’età d ’oro per il suo popolo
irgli deve intraprendere un’ azione purificatrice in seno a
quest’ultimo, liberandolo da ogni iniquità per far regnare
la giustizia: « Percuoterà il violento con la verga della sua
bocca, e farà morire l’empio con il soffio {mah, pneuma)
delle sue labbra» . Questo passo è citato in lEn 62,2, nel
Libro delle Benedizioni di Qumran (lQ Sb 5,24-25) e in 2Ts
2,8, in un contesto nettamente apocalittico. Infine i Sal­
mi di Salomone (17,22) supplicano Dio perché lo stesso
Messia davidico « purifichi Gerusalemme santificandola,
come alle origini».
Ricercando un’identità per l’agente stabilito del dupli­
ce battesimo, parecchi autori si orientano verso il « Figlio
dell’uomo», i cui tratti e la cui funzione sono delineati nelle
Parabole di Enoc (lEn 37-71). Trascendente, perché pree­
siste in cielo, egli è un giudice e un giustiziere che « rom­
perà Ì denti dei peccatori» dando libero corso all’« ira» di
Dio (46,4; 62,12; cfr. Mt 3,7b; par.). Questa figura è affi­
ne a quella delT« Uomo» che, secondo 4Esd 13, sale dal
mare, ma vola anche « con le nubi del cielo» e, dalla som­
mità in cui si trova, fa uscire dalla sua bocca un fio tto di
fuoco che distrugge tutti i suoi nemici. Quest’ultimo trat­

45 Forse non è un’ esagerazione accostare lo « Spirito di forza» {pneuma [...] iskbyos)
di 1$ 11,2 alla designazione del personaggio annunciato da G iovanni Battista come iskhy-
tvicros.
Ab The Meatiing o f thè Q umran- Scrolk fo t thè Qible, xvith Special Attention to thè Book
o f Isaiah, N ew Y ork 1964, pp, 2 0 6 - 2 1 4 , Si veda tuttavia l'esame critico delia lettura
ili Brov/nlee da parte di J. D . G . Dunn> Spirit-and-Fire Baptista, pp. 81- 83.

37
to però è preso dalla descrizione del Messia davidico in
Is llj4b , già citata, e non è il solo nella visione di Esdra
che fa del personaggio descritto una variante della speran­
za messianica di Israele47.
È inutile immaginare che Giovanni Battista si ispiri a
questi testi, la cui composizione è certamente in buona par­
te posteriore a lui. Ma gli esempi addotti mettono in luce
l’esistenza, nelle correnti marginali del giudaismo di que­
sto periodo, di una rielaborazione originale della figura tra­
dizionale del Messia. Jurgen Becker48 pensa che, nel giu­
daismo così come noi lo conosciamo, nessun personaggio
escatologico è capace di far concorrenza al Figlio dell’uo­
mo come giudice se non Dio stesso. Ciò significa misco­
noscere che già in Is 11,4 il Messia riveste chiaramente
questo ruolo, il che può essere completato dai testi apoca­
littici che abbiamo appena citato.
La tesi cristiana che attribuisce al Battista l’annuncio
del Messia possiede quindi un reale fondamento. Si vede
anche che non mancavano nella coscienza religiosa israeli­
tica degli schemi adatti a elaborare questa visione futura.
Che essa non ne riproduca nessuna alla lettera è un fatto
che non deve sorprendere: Giovanni possiede del resto suf­
ficienti tratti originali per ritenerlo autorizzato a presen­
tare una versione personale del Messia.
Questa fusione del Messia con il personaggio investito
da Dio del potere di liberare il popolo dalle impurità por-

47 Senaa essere designato come discendente di D avide, egli stabilisce il suo potere
in Sion (13,35-36). È anche chiamato «mio Figlio» {1 3 ,3 2 .3 7 ,5 2 ; aggiungere 7 ,28; cfr-
Sai 2 ,7 ; 2$am 7,14; lC r 17,13) secondo le versioni latina, siriaca, copta sahidica; ma
le altre versioni hanno « servo ». C fr. ] . Schreiner, Das 4. Bucb Esra (Jiidische Schriften
aus hellenistisch-ròmischer Z eit V / 4), G iitersb h 1981, p. 397. C fr. anche M . Stane,
The Concept o f theM essiah in IV Ez ra, in J. N eusner (ed.), Religioni in A ntiquity . Essays
in Memor? o fE , R. Goodenougb (SH R 14), Leiden 1968, pp. 295-312 (303-310). Un'altra
fusione tra l ’eredità danielica (D n 7) del « Figlio d’ uom o» e il M essia può essere perce­
pita, tra altre influenze, nel Targum palestinese di Es 12,42 dove, secondo la forma
più antica di questa composizione, il M essia viene « d all’alto» (e non « d a Rom a» ), al­
lusione alla sua origine celeste. C fr. R. Le D éaut, La Nuìtpascale. Essai sur la sìgnifìca-
tìon de la Pàque juive à partir du Targum d'Exo de X II,42 (A nBib 2 2 ), Roma 1963, pp.
266-272.
48 Johannes der Tàufer, p. 35.

38
i ii normalmente a delineare un giustiziere che opera una
selezione al termine della quale i recalcitranti sono riget-
Iati e puniti. E quanto esprime il seguito di questo discor­
so con l’ immagine della separazione del frumento e della
pula49. Ma se il granaio dove viene raccolto il grano è qui
solo una semplice metafora, il « fuoco che non si spe­
rne» 50 non poteva evocare nella mente degli ascoltatori
ilei Battista che quello della Geenna. Fuoco purificatore,
i uoco di castigo: tra i due non c ’è contraddizione ma com­
plementarità; chi avrà resistito al primo e sarà diventato
scoria, non sfuggirà al secondo.

2.5 II ruolo di Giovanni

Marco (1,4) seguito da Luca (3,3)51 presenta Giovanni


come uno « che predicava {kèryssón) un battesimo di peni­
tenza per la remissione dei peccati» . L’espressione « pre­
dicare un battesimo» è, come tale, senza paralleli. Alcuni
autori52 hanno perciò sospettato qui l’ adattamento alla
lingua missionaria cristiana di una frase primitiva che avreb­
be mostrato Giovanni « che battezzava (baptizón) con un
battesimo di penitenza ecc.» . In realtà, se è abbastanza
chiaro che la formula è presa in parte53 dal linguaggio cri­
stiano, la «frase primitiva» è un fantasma senza consistenza
e non c ’è da interrogarsi su un testo anteriore a Me.
Cosa vuole dire l’evangelista con la_formula: «predica­
re un battesimo »? Qualcuno ha visto in essa un modo per
dire che Giovanni associava la predicazione al battesi-

',tJ In G er 15,7 il tema della cernita non evoca la separazione dei buoni dai cattivi,
imi il castigo di tutto il popolo colpevole.
50 L'espressione py rasbeston, che si legge anche in M t 3,1 2 , potrebbe essere ispi­
rili u direttam ente da G b 2 0 ,2 6 dove, nei Settanta, la lezione akauston ha come rivale
itsbeslon; ma si veda anche Is 6 6 ,2 4 (citato in M e 9 ,4 8 ): to py r aulèti ou sbestbèsetai,
51 C fr. anche A t 10,37; 13,24 (prokèry ssein).
52 H . Thyen, Studien zur Siindenvergebung, pp. 131-132, n. 4; «Baptisma metanoias»,
l>. 97, n. 3; j . G nilka, D ai Evangelium nach M arkus (EK K 2 / 1 ), Z iirich-N eukìrchen
l ‘J78, I, p. 42.
N ei testi cristiani non si parla mai di «predicare (kèryssein) il battesim o» .

39
mo54. Ma questo significato non deriva dal testo, dove
il battesimo è l’oggetto stesso della predicazione. D ’ altra
parte, l’Antico Testamento offre per due volte un’espres­
sione quasi identica e che molto probabilmente ha ispira­
to in questo caso la penna di Marco quando viene riferi­
to che il re Giosafat (2Cr 20,3) e gli abitanti di Ninive
(Gi 3,5) «proclamarono un digiuno» (Settanta: ekèryxen,
ekèryxan nésteian), gesto penitenziale che non è senza ana­
logia con il battesimo di Giovanni. Questi, almeno nella
testimonianza di Marco, includeva nel suo messaggio l’ap­
pello al battesimo, il che non sorprende se si ritiene che
questo battesimo era indissociabile dal cammino di con­
versione.
Ma Giovanni non si limitava a predicare il battesimo,
10 amministrava. Lo sappiamo innanzitutto dall’ appellati­
vo che è unito al suo nome nei vangeli e in Giuseppe
Flavio35: da tutti quelli che ne parlano Giovanni è cono­
sciuto come « il Battista» (ho baptistés)36, il cui significato
è « il Battezzato re» 57; Marco lo conferma usando per due
volte (6,14.24) e in modo equivalente il participio sostan­
tivato ho baptizón (il Battezzante)58, e questo significato
è avallato dai passi in cui Giovanni viene presentato men­
tre effettua il battesimo59. Quindi, menzionando « il bat­
tesimo di Giovanni» , i testi non vogliono dire soltanto « il

54 Cosi F. H ahn, Cbristologische Hobeitstìtel, p. 3 7 8 ; J. Ernst, Johannes der Tàufer>


op. c i t p. 9.
55 A ] X V III, 116: « G iovanni, soprannominato Battista» {lóannou tou cpikaioume-
nou baptistou): cfr. p, 47.
56 M t 3 ,1 ; 1 1 ,1 1 .1 2 ; 1 4 ,2 .8 ; 16 ,1 4 ; 17,13; M e 6 ,2 5 ; 8 ,2 8 ; Le 7 ,2 0 .3 3 ; 9,19.
57 In sé la desinenza di baptistès potrebbe anche esprimere il significato medio {« co ­
lui che si fa il bagno»), com ’ è il caso dei plurali baptistai, bèmerobaptistai, parabupthtai:
cfr. pp. 52- 53.
58 Come capita spesso» M arco non uniforma la sua documentazione: cfr. R. Pesch,
11 Vangelo di M arco, I, p. 5 3 3 , n. 20.
59 M e 1,5 e par. M t 3,6; M e 1,8 e par. M t 3 ,1 1 ; M e 1,9; M t 3 ,1 3 ; Le 3 ,7 .1 2 .1 6 ;
A t 1,5; 1 1 ,1 6 ; 19,4; G v 1 ,2 5 .2 6 .2 8 .3 1 .3 3 ; 3 ,23; 4 ,1 ; 10,40. N on si può sfruttare, co­
me ha fatto H . G . M arsh (O rìgìn, pp. 64- 70), la variante « occidentale» (D it) in Le
3,7, che ha: « davanti a lui» (enópion autou) invece di: « d a lui» (by p'autou), per dedur­
ne che G iovanni si com portava da testimone, com e nel battesimo dei proseliti. In real­
tà, questa lezione, sebbene conforme allo stile di Luca (enópionì), si oppone formal­
mente a Le 3 ,1 6 ; 7,3 0 , dove G iovanni è il soggetto che battezza.

40
luned ino predicato da Giovanni» (At 10,37; 13,24), ma
|H,*|n}io quello che egli amministrava.
( i si interroga giustamente sull’origine di una pratica
« In- iuon ha alcuna analogia nel mondo ebraico. Ovunque,
««mie vedremo, ci si purifica bagnandosi Giovanni battez-
a« Ma, anche se la funzione che egli si attribuisce non ha
éU uti precedente conosciuto, è possibile comprenderla in
!«»(■ iiil significato di questo battesimo nell’ intenzione del
tuo i reatore. Infatti soltanto con l’intervento di una terza
l*-t\oina esso poteva esprimere il perdono. Il peccatore non
[tciilo»na se stesso. Giovanni, che nella sua coscienza
pini litica60 si sa autorizzato da Dio a fare ciò, dà la ga-
irtii/ iia del perdono mediante il simbolo dell’abluzione pu­
nì ii aitrice01. L’origine della pratica e della sua portata va
«lei rc-‘Sto ricercata solo nel genio personale e nell’ispira-
*ione religiosa del profeta.
Nivn possiamo dilungarci qui sui problemi posti dai no-
mi ilei luoghi in cui, secondo i vangeli, si svolgeva l’ attivi­
la di Giovanni Battista62. Per riassumere e al tempo stes­
si coricludere questo argomento, diciamo che, salvi restan­
do al tri possibili spostamenti63, la tradizione più solida è
tinelli che situa questa attività in Perea64. Giovanni fu

C ile G iovanni si sia inserito deliberatamente nella categoria dei profeti e che sia
am o l icionasciuto com e tale (cfr. M t 11,9- 10, par. Le 7,2 6 - 2 7 ; M e 6,15 , par. Le 9 ,8 ; M e
D1^ 2, ]Yar- M t 21,26; Le 20,6; cfr, anche Le 3,2) è fuori dubbio. Cfr. J. Becker, ]o han-
nt-% tkr fàufer, op. c i t pp. 41-62; J. Ernst, Johannes der Tàufer, op, ciL, pp. 290-300.
<•1 insogna pensare che G iovanni abbia subito l’influenza dei gesti simbolici con
* «il ^»li antichi profeti mimavano ciò che proclamavano cTannunciavano? M olti autori,
unlia scis*3 dei lavori di J, W . Robinson, l'hanno suggerito. Cfr. W . F. Flemmington,
I *rtctrme\ PP- 20- 22; G . R. Beasley-M urray, Baptism, p. 43; J. D . G . D unn, Baptism
pi thè ilflty Spirti, p* 16. M a, a meno che non si voglia am m ettere, com e q uest’ultimo
nitore <yhc il perdono stesso è assicurato solo nel futuro (si veda la confutazione, pp,
U M i) Ja differenza è tale che se ne può appena considerare una derivazione: queste
a/ioni d e* profeti, sebbene ritenute efficaci, sono esteriori a ciò che m anifestano; il
Un te s i l o di G iovanni indica che, nel momento stesso e per il fatto stesso che si compie,
il perdono viene accordato al penitente.
('2 Sjjll’ archeologia dei siti, cfr. C . Kopp, Itinéraires, pp. 195- 270.
63 Riguardo a « Ennon vicino a Salim » (in Samaria?), cfr, p, 7 7 , n* 16-
6-1 Fprse non è inutile ricordare che il « deserto» {erémos), dove secondo M e 1,4;
Mt Le 3,2 G iovanni predicava, implica solo l’ assenza di abitazioni umane, non
hi manc!anza di acqua e la sterilità. L ’ esempio di Bannous, che viveva nel « deserto»
U'rimia) c praticava delle abluzioni, suppone il contrario: G iuseppe, Vita, 11.

41
ucciso per ordine di Erode Antipa, la cui tetrarchia com­
prendeva la Perea65. Giuseppe ci dice che la carcerazione
e l’esecuzione ebbero luogo a Macheronte, castello e fo r­
tezza situato ugualmente in Perea66. Il quarto evangelista,
anche se non ci svela il segreto dei siti di Betania e della
sua variante Bethabara, conferma almeno in generale i ri­
sultati precedenti attribuendo come cornice alla predica­
zione di Giovanni Battista un’ area « al di là del Giorda­
no» (1,28; 3,26). Infine, secondo i vangeli, la gente si spo­
stava dalla Giudea e da Gerusalemme per venire da
Giovanni67. Che questi abbia battezzato nel Giordano è
un dettaglio che figura solo nei vangeli sinottici68, i quali
fissano ugualmente l’attività del profeta nella «regione del
Giordano» 69. Una tale ubicazione non è senza problemi,
perché tutta relativa all’ adattamento per la pratica di un
battesimo di massa70. Inoltre ci si può domandare se la
mano degli evangelisti non sia stata guidata da importanti
reminiscenze scritturistiche (Gs 3; 2Re 5) e da altre meno
importanti71. E, per finire, perché Giovanni ha scelto un

65 Secondo J. M urphy-O ’Connor {John thè Baptist and Jesus, pp. 368- 372), Giovarmi
sarebbe stato arrestato in G alilea e poi incarcerato a M acheronte, dove si trovava allo­
ra A ntipa. M a un’ attività di G iovanni in G alilea è senza fondamento nei testi. Sup­
porre che G esù sia venuto 11 per dare il cambio al suo predecessore (am mettendo del
resto la possibilità che ne abbia cambiato rapidamente il messaggio e la prassi) È pura
congettura. Q uanto a sfruttare M e 6 ,1 4 - 1 6 pet stabilire che il tetrarca si basava non
sui miracoli (mai attribuiti al Battista), ma in realtà sul battesimo che G esù avrebbe
amministrato in G alilea per identificarlo con G iovanni redivivus, significherebbe di­
menticare che alla fine di questa torm entata pericope Erode, a differenza del popolo
(v. 14b), non adduce alcun m otivo.
66 C fr. C. K opp, Itinéraires, op. cit., pp, 2 4 6 - 2 4 7 ; più recentem ente, sulla sontuo­
sità del palazzo di M acheronte, cf r. V . C orbo, Nuo v e scoperte alla fortezza di M acheron­
te. Rapporto preliminare alla quarta campagna di scavo: 7 settembre - 10 ottobre 1981,
in SBFLA 31 (1981) pp. 258 - 2 6 3 (fig. 1 e 5); F. M anns, Marc 6,21- 29 a Li lumière des
dentière: fo uilles de M achéronte, ibid., pp. 2 8 7- 290.
67 M e 1,5; Le 3,7; 7 ,2 4 . M atteo (3,1), scrivendo che G iovanni predicava « nel de­
serto della G iudea », risponde alla necessità di condurre G esù in questa regione per
segnalare poi il suo ritiro in G alilea sotto la minaccia, dopo l'arresto del Battista (M t
4,1 2 par.).
68 M e 1,5, par. M t 3 ,6 ; M e 1,9 (cfr. M t 3,1 3 }.
® M t 3 ,5 , par. Le 3,3; cf r. anche Le 4,1.
70 C fr. J. M urphy-O 'Connor, John thè Baptist and Jesus, p. 359.
71 In M t 3 ,5 , par. Le 3 ,3 l’ espressione greca he perikhóros tou lordanou deriva da
G n 13,10- 11 L X X , dove si dice che questa regione « era interam ente bagnata» (pesa
én patito mene].

42
posto lontano dai luoghi abitati se il suo scopo era quello di
taggiungere la popolazione? Tuttavia, se si ammette che Gio ­
vanni abbia iniziato a esercitare il suo ministero profetico
nel sud della Perea, solo il Giordano era adatto a fornire l’ac­
qua necessaria per il battesimo, senza voler con questo pre­
giudicare ragioni ispirate alle tradizioni più venerabili di
Israele alle quali rinvia il modo di vivere del personaggio72.
Come avveniva il rito? Anche se il verbo baptizein e i suoi
.d fini sostantivali, segnati da un’impronta rituale, non impli­
cano necessariamente l’immersione, in particolare l’immer­
sione totale73, le indicazioni del Nuovo Testamento orien-
i ano nettamente in questa direzione74. Quanto al ruolo ce­
rimoniale di Giovanni, possiamo solo avanzare delle ipotesi,
pensando, ad esempio, che stesse nell’acqua co nil candida­
to e lo invitasse a immergersi con una pressione della mano.
Si potrebbero anche addurre gli usi antichi per i bagni75 e
Iìensare che Giovanni versasse l’acqua sulla testa del battez­
zato. Questa seconda forma corrisponderebbe di più alle pa­
role dell’Antico Testamento sulla purificazione escatologica:
Ivz 36,25 ha il verbo « aspergere» (;zaraq\ LXX: rbaìneìn).

2.6 Dei « discepoli» di Giovanni Battista?

Nel Nuovo Testamento si parla a più riprese di « disce­


poli» (mathétai) del Battista76. Maurice Goguel interpre­
tava questo fatto nel modo seguente^

72 M e 1,6, par. Senza che sia necessario am mettere che G iovanni si sia presentato
r^li stesso come Elia redivivus (cfr. M e 9,1 1 - 1 3 , par.}, il suo modo di vestire ricorda
lincilo del profeta (2Re 1,8; cfr. anche Z c 13,4): cfr. J. Ernst, Johannes der Tàufer, op.
a l., pp. 284- 286. N on bisogna forse osservare anche, co n j . M urphy-O 'Connor (John
thè lìnptist and Jesus, p. 360, n. 7), che « G iovanni appare esattam ente là dove Elia era
^comparso (2Re 2 ,4- 11)» ?
75 Cfr. pp. 19- 20. In rapporto con il battesimo di G iovanni, cfr. B. N eunheuser,
l:.nt>àgungen, p, 717.
74 M e 1,5 .1 0 (bagno nel G iordano, risalita dall’ acqua}; G v 3,23 (« acq ue ab­
bondanti»).
Cfr. E. Stommel, Christlicbe Taufriten, p. 8.
76 M e 2 ,1 8 , par. M t 9 ,1 4 ; Le 5 ,3 3 ; M e 6 ,29, par. M t 14,12; M t 11,2, par. Le 7,18;
G v 3,25.

43
Giovanni Battista, praticando sui suoi discepoli il rito del bat­
tesimo che, cosi come emerge dai termini di cui si serve Giu­
seppe al riguardo, era un rito di iniziazione, anche se non
era soltanto questo, e, d’altra parte, insegnando loro una for­
mula di preghiera e imponendo loro certe pratiche particola­
ri di digiuno, aveva costituito i suoi discepoli in una specie
di confraternita77.

Una tale ricostruzione storica esprime troppe certezze


e richiede molte sfumature. In breve, se si può ammettere
che dopo la morte di Giovanni certi gruppi facevano rife­
rimento a lui per distinguersi in un certo modo dall’insie­
me del popolo, è molto più difficile attribuire questo mo­
vimento alle sue intenzioni. A giudicare dalle poche sue
frasi che ci sono state conservate, la sua predicazione, ri­
volta alle folle dei giudei senza distinzioni, non conteneva
alcuna dottrina particolare, ma esortava soltanto alla con­
versione nella linea degli antichi profeti, per rinnovare e
radunare il popolo di fronte al prossimo e ultimo giudizio.
Il battesimo che Giovanni amministra, a meno che non
si voglia abusare di quanto dice Giuseppe78, non è affat­
to un rito di iniziazione a una setta, ma è il segno del per­
dono di Dio per ogni convertito. Infine, a differenza dei
«figli dei profeti» , un tempo raggruppati intorno a Eliseo,
i testi non portano alcuna traccia di vita comune che Gio ­
vanni Battista avrebbe organizzato e presieduto mentre era
ancora in vita.
Queste constatazioni obbligano l’esegeta a mostrarsi pru­
dente ogni volta che nei vangeli si parla dei « discepoli»
di Giovanni. Senza dubbio il termine, in sé, potrebbe es­
sere compreso in senso ampio per designare chiunque aveva
fatto proprio l’ appello del predicatore e ricevuto il suo bat­
tesimo. Ma i testi sono più precisi e se ne ricava l’idea di

77 ]ean- Baptiste, p. 99. Secondo E, Lohmeyer {Johannes der Tàufer, p. 116), il fatto
dì aver insegnato una preghiera a dei discepoli gettava le basi di una nuova comunità
di cui G iovanni Battista, come G esù per t propri discepoli, era « il M aestro e il Signore».
78 C fr. p. 80, n. 28.

44
«ruppi particolari tali da poter essere paragonati, per cer-
ic caratteristiche, ai « discepoli» di Gesù. Di conseguenza
ri si può domandare se ciò non sia il risultato di una evo­
luzione, nata dopo l’esecuzione del Battista, molto più con­
temporanea a|le origini del movimento cristiano propria­
mente detto. E proprio a questo stadio che si spiega la mo­
bilitazione dei « discepoli» di Giovanni per un’apologeti­
ca in favore di Gesù come Messia (Mt 11,2s; par.)79.
Ugualmente, adducendo il loro esempio80 nella discussio­
ne sul digiuno {Me 2,18-20; par.), la catechesi vuol risol­
vere un problema di Chiesa e giustificare la propria pras­
si, contraria all’assenza di ascesi in Gesù (Mt 11,19; par.).
La sepoltura di Giovanni Battista da parte dei suoi « di­
scepoli» (Me 6,29; par. Mt 14,12), alla fine di un episodio
molto poco credibile nel suo insieme, è la conclusione ste­
reotipata di un racconto di martirio (cfr. Me 15,42-46 e
par.; At 8,2). La « preghiera» che si ritiene Giovanni ab­
bia insegnato ai suoi discepoli viene menzionata nel pream­
bolo della tradizione del Pater in Le 11,1, versetto che ci
può fornire ben poche informazioni sul contesto originale
c storico di questo episodio poiché ha tutte le tracce della
sua origine lucana. Certo, è possibile che l’evangelista sia
stato informato, direttamente o indirettamente, di una for­
mula di preghiera propria dei seguaci di Giovanni, ma que­
sto ci situa in uno stadio abbastanza lontano dal loro mae­
stro. A queste testimonianze tardive non è che si possa
aggiungere quella del quarto vangelo quando mostra il Bat­
tista che orienta i propri discepoli verso Gesù (1,36) e dà
così inizio a un’ operazione con la quale si compie già la
« diminuzione» del Precursore (3,30)81: confutazione ri­
volta ai seguaci di Giovanni al tempo dell’evangelista e,
attraverso di essi, a tutti quelli che essi rappresentano, cioè

79 C fr. pp. 25- 27.


80 Che gli adepti di G iovanni si siano allora distinti per un particolare rigore nel
digiuno si spiega se si considera la fisionomia del loro maestro cosi come l’ha conserva­
ta la tradizione evangelica: M e 1,6 e par.; M t 11,18 e par.
81 Sulla chiam ata dei primi discepoli, cf r. pp. 115- 117.

45
il mondo incredulo. Non si nega che alcuni dei discepoli
di Gesù (Andrea e suo fratello Simone, in particolare) ab­
biano ricevuto il battesimo di Giovanni dopo aver ascol­
tato la sua predicazione e aderito al suo messaggio. E molto
meno sicuro che essi abbiano formato, con altri, una cer­
chia di adepti intorno al Battista, ancor meno che egli li
abbia staccati da sé per offrirli in qualche modo a Gesù82.
Se è pienamente possibile che Giovanni sia stato affian­
cato nel suo ministero profetico e battesimale da alcuni
aiutanti83, questi non hanno fatto altro, mentre egli era
ancora in vita, che collaborare a un’ azione che aveva di
mira tutto Israele. In seguito, prima di disgregarsi per ri­
nascere più tardi sotto altre forme e sotto altri cieli84, è
possibile che dei gruppi abbiano rivendicato il suo patro­
nato, non senza esaltarlo esageratamente, al punto da creare
localmente una concorrenza messianica alla fede cristia­
na. Non ci si sorprenderà perciò leggendo nei vangeli del­
le rettifiche, effettuate senza dubbio con lo scopo di ri­
mettere le cose al loro posto.

2.7 La testimonianza di Giuseppe Flavio

La notizia di Giuseppe sul Battista85 nelle Antichità giu­


daiche (XV III, 116-119) è un excursus chesi inserisce nel

82 C fr. p. 2 5 , dove abbiamo notato l'assenza di qualsiasi riferim ento a G esù nei
dati più antichi riguardanti il Battista e le sue parole. N on è esatto dire, con R. E.
Brown (Giovanni. Commento al Vangelo spirituale, I, p. 101), che Pietro, in À t 1,21- 22,
si fa eco degli episodi riferiti in G v 1,35- 51 e attesta che « realmente ì primi discepoli
si erano uniti a G esù al momento del suo battesim o» . Infatti 1’« inizio» (arxatnettos),
nelle parole di Pietro, riguarda la vita pubblica di G esù, che, secondo lo schema sinot­
tico, ha il suo punto dì partenza dopo il battesim o; niente viene detto del momento
in cui i discepoli hanno seguito G esù.
85 Cfr. M . H engel, Nachfolge und Charisma, p. 39-
Cfr. p. 2 3 , e J. A . Sint, Eschatologie, p. 96.
55 Riguardo a quella che è inclusa nella versione in paleoslavo della Guerra giudai­
ca e alle teorie stravaganti alle quali essa ha dato luogo (R. Eisler), cfr. M . G oguel,
Jean- Baptiste, pp. 20- 33, 2 9 7 - 3 0 2 ; J. Ernst, Johannes der Taufer, op cit., pp. 2 5 8- 263,
I dati ivi contenuti sono solo delle amplificazioni della tradizione evangelica, senza al­
cun interesse per la storia.

46
i acconto delle vicissitudini politico-familiari di Erode All­
upa. A differenza del celebre Testimonium flavianum su
( icsù (AJ X V III, 63-64), l’ autenticità del passo su Gio ­
vanni Battista oggi non è più contestata86. Giuseppe rac­
conta che Antipa aveva tramato il ripudio della sua sposa,
la figlia di A reta IV, re dei Nabatei, per prendersi al suo
posto l’intrigante Erodiade, moglie di un altro Erode87,
li atellastro di Antipa. Venuta a conoscenza del piano, la
nabatea attese che quest’ultimo ritornasse da Roma per
Iarsi inviare a Macheronte, ma da lì fuggì presso suo pa­
dre. Questi vendicò l’affronto inviando un esercito che,
I avorito dalla defezione di una parte di quello di Antipa,
annientò l’esercito avversario88. In seguito a ciò Tiberio
diede ordine a Vitellio, governatore di Siria, di marciare
contro A reta, colpevole di aver preso l’iniziativa di una
guerra contro un re vassallo di Roma89.

Ma, continua Giuseppe, ad alcuni giudei sembrava che l’e­


sercito di Erode [Antipa] fosse stato distrutto da Dio — e
ciò a buon diritto — per vendicare la morte di Giovanni, so­
prannominato Battista. Erode infatti l’aveva fatto uccidere,
lui, un uomo di bene (agathon andra) che esortava i giudei
che si esercitavano nella virtù e praticavano la giustizia gli
uni verso gli altri e la pietà verso Dio90 a riunirsi per un ba­
gno (bapthmóì synienaz)91. E l’immersione (baptisin) gli [a
Dio?] sembrava accettabile se serviva non al perdono di cer-

84 per ]e prove> cfr. M . G oguel, ]ean- Baptiste, op. cit., pp. 17-19.
87 G li evangelisti M arco (6,17) e M atteo (14,3) si sbagliano identificando il primo
marito di Erodiade con il tetraica Filippo (Le 3,1 9 , sopprimendo il nome, corregge l’er­
rore). Q uesti sposò Salomè, figlia di Erodiade. Sulla questione e l ’episodio in M e, cfr.
E . Schiirer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C. - 23 5 d. C.), edi­
zione diretta e riveduta da G . V ermes - F. M iller - M . Black, 2 voli., Paideia, Brescia
1985- 1987, I, pp. 426- 432.
88 Talvolta si è visto nel paragone evangelico del re che parte in guerra contro un
nitro re (Le 14,31) un’ allusione a questa campagna disastrosa.
85 A J X V III, 109- 115. La morte di Tiberio (marzo 37) evitò a V itellio di portare
a termine un’ impresa alla quale aveva acconsentito malvolentieri e per obbedienza, da­
ta la sua scarsa simpatia per il tetrarca (A J X V III, 105),
90 Cfr. p. 4 9 , n. 96.
51 C fr. p. 4 9 , n. 94.

47
te colpe ma alla purezza del corpo, dopo che l’anima era sta­
ta già interamente purificata dalla giustizia. Ma siccome al­
tri si radunavano intorno a lui — erano infatti esaltati al mas­
simo ascoltando le sue parole —, Erode temeva che la sua
straordinaria forza di persuasione provocasse qualche sedi­
zione, perché sembravano disposti a tutto su consiglio di Gio­
vanni. Preferì perciò farlo catturare prima che a causa sua
succedesse qualche imprevisto, piuttosto che doversi pentire
in seguito, se fosse nato un movimento, di essersi cacciato
in una situazione difficile. Giovanni dunque, inviato prigio­
niero a Macheronte, la fortezza di cui abbiamo già parlato,
a causa dei timori di Erode, vi fu messo a morte. Nell’opi­
nione dei giudei era stato per vendicare lui che la distruzio­
ne si era abbattuta sull’esercito, volendo cosi Dio nuocere
a Erode.

Gli storici faticano a risolvere il problema della crono­


logia dei fatti che circondano l’esecuzione di Giovanni Bat­
tista, soprattutto se ci si sforza di combinare i dati di Giu­
seppe con quelli dei vangeli sinottici. Stando a Giuseppe,
si arriva molto naturalmente a fissare la morte di Giovan­
ni dopo quella di Gesù92! Certo, gli evangelisti avevano
buone ragioni di stabilire la successione contraria, ma una
tradizione come quella che si legge in Me 6,1493 impedi­
sce di vedervi una semplice manovra per fini apologetici.
Rimane il fatto che un ordine degli eventi in cui la scon­
fitta del tetrarca sotto i colpi delle truppe di A reta segua

92 Al massimo si data la sconfitta di A ntipa « p oco prima del 34- 35 » (così H. Lu^
pìeri, G io v ami Battista fra storia e leggendat op. cit.t p. 173; cf r. anche pp. 122-123).
Si vedano i tentativi di correggere quanto riferisce G iuseppe di C , Saulnier, Héro de
Antipas et Jean le Baptiste. Q ueiques remarques sur les confusioni cbronologtques de Fla~
vius Josèpbe, in R B 91 (1984) 3 6 2- 376, con una presentazione delle opinioni, 364, n.
7; E. N odet, Jésus et Jean- Baptiste, pp. 517- 524. T uttavia l’ipotesi di quest'ultimo au­
tore» che vede in G iuseppe un’intenzione polemica (« squalificare la credenza in G io­
vanni come precursore di G esù », spostando la m orte del primo dopo quella del secon­
do: pp. 5 20- 521), non trova appoggi nell’ opera dello storico.
93 Soprattutto se si opta per la variante {preferibile) secondo la quale l’ opinione
che vedeva in G esù il Battista risuscitato era una voce popolare.

48
ro nza altra precisazione temporale) l’ esecuzione del Bat­
tista è plausibile e del resto ammesso da tutti gli storici.
E ugualmente possibile che l’ arresto e la morte di Gio ­
vanni abbiano avuto come causa il timore di una insur­
rezione94. X primi due vangeli (Me 6,17-29; par. M t 14,
* 12) presentano un’altra versione dei fatti, ma la scena che
•■ ssi descrivono è piena di elementi inverosimili e dipende
soprattutto dal racconto popolare, sebbene i rimproveri ri­
volti a Erode per la sua condotta95 si possano facilmente
immaginare sulla bocca del profeta del deserto. Riteniamo
.i Imeno che la ragione fornita da Giuseppe si armonizzi con
lo circostanze in cui si trovava allora la Palestina.
Ma in che cosa Giovanni Battista poteva costituire una
minaccia per l’ordine pubblico? Giuseppe lo spiega in un
lesto in cui si vede l’affettazione di uno scrittore paga-
u>%. Ci invita in ogni caso a leggere tra le righe.
Queste infatti non dicono niente sul fatto che le parole
di Giovanni potessero accendere un focolaio insurrezio­
nale. A dire il vero, del contenuto di queste parole, Giu­
seppe, a differenza dei vangeli, non dice niente97. Per sa­

94 N on per questo bisogna subodorare nell’ espressione baptismói synìenat (da syniemi
'i l’ indizio di una congiura. Teoricamente può significare «unirsi per un bagno» o « un
ImLiesimo»; esclude tuttavia « andare insieme a un bagno» (in questo caso invece del
«lulivo ci vorrebbe eh o epi con l’ accusativo; cfr. M . G oguel, Jean- Baptiste, op. cit., p.
16, n, 1). M a la prima traduzione, dato il contesto, è impossibile, perché, da una parte,
nessuna delle notizie sul battesimo di G iovanni (ivi compresa quella di G iuseppe nel
seguito del testo) gli attribuisce questa funzione associativa; dall’ altra, G iuseppe mo­
stra chiaramente che G iovanni Battista stesso è al di sopra di ogni sospetto dal punto
di vista politico, il che non si accorda con la portata perlomeno equivoca dell’ espressio­
ne così compresa. In realtà essa si comprende perfettam ente se si vede in baptismói
un dativo di causa, equivalente di heneka con il genitivo o di dia con ^ accusativo: cfr.
T.. Ragon - E. Renauld, Gf&mmaire complète de la languegrecque, op. cit., pp. 2 0 9- 210,
$ 207.
95 Luca (3,19) ne conserva la menzione nel suo riassunto.
96 La frase, in A ] X V III, 117, dove il verbo keleuein è seguito da due dativi di
persona al participio (epaskousìn e khrómenoìs), non può significare che G iovanni esor-
i uva «i giudei a esercitarsi nella virtù e a praticare la giustizia ecc. », com e si traduce
di solito» ma che G iovanni esortava « i giudei che [già] si esercitavano nella virtù ecc. ».
(Questo è stato ben osservato da E, Lupieri (Giovanni Battista fra storia e leggenda, op.
d L , p. 121, n. 6, e p. 122).
97 C fr. S. Se. J. Thackeray, Josephus: The M an and thè Historianf N ew Y ork 1929,
p, 129; E, N odet, Jésus et Jean- Baptiste selon Josèpbe, in Rev ue biblique 92 (1985)
Ì24-32Ó .

49
pere la causa della sovreccitazione delle folle che accorre­
vano presso il predicatore, è necessario utilizzare le altre
fonti che ci riferiscono degli annunci di carattere escato­
logico. Giuseppe, che senza alcun dubbio ne aveva avuto
sentore, non voleva assimilare Giovanni agli « arcibandi­
ti» , fomentatori di agitazioni messianiche e rivoluziona­
rie che aveva evocato precedentemente98. Gli bastava e
gli sembrava più saggio presentarlo come « un uomo di be­
ne» che si rivolgeva ai giusti e ai pii, senza nessun’ altra
precisazione che potesse urtare la suscettibilità dei suoi
letto ri". Rimane il fatto che l’entusiasmo degli « altri» —
che, molto chiaramente, non godevano del favore dello sto­
rico — permette di supporre altre parole oltre alle sempli­
ci esortazioni di ordine etico, come Luca ha creduto bene
di aggiungerne alla tradizione comune (Le 3,10-14).
Per Giuseppe questa istruzione era accompagnata da
un’« abluzione» (baptismos, baptisis), di cui si premura di
dire che era puramente esteriore, perché riguardava solo
il « corpo» , senza la minima possibilità di perdonare le col­
pe. Questa insistenza non si comprende senza una prospet­
tiva polemica né una volontà di precisazione. Le abluzio­
ni ebraiche, a qualunque settore ci si riferisca, non hanno
come finalità la remissione dei peccati. Eventualmente si
precisa soltanto che non potrebbero effettuarla, ma che
presuppongono la conversione del candidato100. E proprio
quanto fa qui Giuseppe, ellenizzando soltanto la presen­
tazione. Ma se lo si confronta con i vangeli, si vede che
egli prende posizione contraria al significato che Giovan­
ni dava in realtà al suo battesimo, confermando cosi, per
contrasto, il valore della tradizione conservata nei testi cri­
stiani. Egli dà ad essi ugualmente la sua garanzia attestan­
do che Giovanni era «soprannominato Battista» o « bat-

98 A ] X V III, 271- 285.


99 C onfrontare il suo modo di trattare l’escatologia degli esseni in B] II, 154-158.
Cfr. P. G relot, L'Escbatofogìe des essénkns et te lìvre d'Héno ch, in R Q um 1 (1958- 1959)
113- 131.
C fr. p. 55.

50
irzzatore» , una funzione di cui non si trova più traccia
noi seguito del testo, ma che è in linea con l’ aspetto inedi­
to ilei rito giovanneo secondo i vangeli e gli A tti degli Apo-
Moli. Quindi, discolpando Giovanni da ogni manovra po­
li i ica e rivoluzionaria, contrariamente ai timori omicidi di
Antipa, lo storico ebreo dà il suo contributo alla nostra
. onoscenza del battesimo di Giovanni. Più di una sessan­
tina d’ anni dopo i fatti101 ne sussisteva il ricordo, suffi-
. icntemente preciso, in una testimonianza indipenden-
u-l(l2 e per ciò stesso preziosa.

? 8 Giovanni e il « movimento battista»

L’ aspetto singolare del battesimo di Giovanni è già sta­


io sottolineato a più riprese. Per farlo emergere meglio ap­
pare tuttavia necessario un confronto con gli usi ebraici
contemporanei.
Non è necessario dilungarci sulle abluzioni praticate dai
sacerdoti che officiavano nel tempio e trasposte nella vita
quotidiana dai farisei. Queste esigenze di purità levitica,
codificate nella legge, hanno solo un rapporto generale con
un rito di perdono amministrato da un terzo.
Si può tentare un confronto quando si cerca di inserire
Giovanni e il suo battesimo, come anche il fenomeno col­
lettivo che esso implica, in un insieme più ampio, di ca­
rattere marginale, o addirittura settario. Intendiamo par­
lare del « movimento battista» .
Charles Perro t103 lo definisce come un fiorire di grup­

101 Le A ntichità giudaiche furono completate nel tredicesimo anno di D omiitiano,


ittsia nel 93- 94 (A ) X X , 267).
102 L ’ indipendenza di G iuseppe in rapporto alla tradizione cristiana è assicurata,
‘ In una parte, dai tratti specifici che egli apporta alla storia del Battista e dei suoi rap­
porti con Erode A ntipa; dall’ altra, dall’ assenza dì ogni riferimento a G esù, che è carat-
irristica del cristianesimo nascente. Q uanto alle fonti di informazione dello storico,
[tossiamo solo avanzare delle ipotesi (cf r., per esempio, E. Lupieri, Giovanni Battista
ha storia e leggenda, op. cit., p. 130).
lu) Jésus et l'histoire, pp. 111-1X 2.

51
pi « di risveglio religioso, soprattutto in ambiente popola­
re, che proclamano l’imminenza del giudizio escatologico
e fanno già appello alla salvezza mediante la conversione
del cuore e il rito di immersione in acqua viva in vista del
perdono dei peccati» .
Ma questa descrizione, che corrisponde molto bene al­
l’opera di Giovanni Battista, è esatta anche al di fuori di
questa? La risposta è no. Da una parte, la quasi totalità
dei gruppi giudaici che si caratterizzano per dei riti di ac­
qua sono posteriori alla caduta di Gerusalemme nel 70; dal­
l’ altra, nessuno di questi movimenti, per quanto è dato di
conoscerli, offre dei tratti tali da poter essere assimilati
al battesimo di Giovanni.
Ricordiamo innanzitutto i gruppi la cui esistenza si si­
tua dopo il 7010'’ . Egesippo105, in una lista di eresie ebrai­
che, menziona gli emerobattisti; come li descriverà più tardi
Epifanio nel suo Panarion, essi avevano questo «di parti­
colare che, in primavera come in autunno, in estate come
in inverno, tutti i giorni fanno il bagno (baptizesthai), da
cui il loro nome di emerobattisti» 106. Li ritroviamo nelle
Costituzioni apostoliche101. Egesippo108 ci parla anche dei
« sabei» e dei « masbotei» , termini che, attraverso il gre­
co, lasciano intravedere la radice aramaica sbc, « immer­
gersi» e, per il secondo di questi termini, il sostantivo ara-
maico masbu'ta, « battesimo» . Ugualmente per i « sebuei»
(,Sebouaìoi), che Epifanio 105 classifica tra le sette samari­
tane. Giustino 110, tra le sette giudaiche che enumera,
menziona dei « battisti» (baptistai). La To sefta111 ci incu­

10 4 p er maggiori dettagli, cfr. J. Thomas, M o uv ement, pp. 36- 40. C fr. anche W ,
Brandt, Baptisme» , pp. 8 6 - 1 2 2 ; K . Rudolph, A ntìke Baptisten, pp. 8-10.
105 Eusebio, Storia eccl. IV , 2 2 ,7 ; Schwartz, G C S I, p. 2 7 2 ; Bardy, SC 3 1 , p. 201.
Haer. X V II; Holi, G C S I, pp. 214-215; cf t anche: X I X , 5,6- 7; H oli, G CS I, p. 223.
107 V I, 5 ,7 ; Funk, I, p. 3 1 5 ; M etzger, SC 3 2 9 , pp. 308- 309. N elle omelie pseudo­
clementine (II, 2 3 ,1 ; Rehm, G C S, p. 44) G iovanni Battista è qualificato com e emero-
battista, in aperta contraddizione con la sua prassi battesimale (cfr. pp. 30-31).
108 Eusebio, Storia eccl. IV , 2 2 ,7 ; Schwartz, G C S I, p. 372; Bardy, SC 31, p. 201.
1W Haer. X I ; H oli, G C S I, pp. 2 0 4- 205.
110 Dial. 80, 4; A rchambault, T D EH C , II, p. 36.
111 Yaday im, 2 ,2 0 ; Z uckermandel, p. 6 8 4 .

52
riosisce con quei « battisti del mattino» [tobelè skabarit) che
polemizzavano contro i farisei.
Nessuna di queste testimonianze riguarda realtà che pos­
sano essere fatte risalire ai primi decenni del I secolo112.
Lo stesso si deve dire dell’esortazione che si legge nel li­
bro IV degli Oracoli sibillini; un testo tutto sommato cu­
rioso, di cui riportiamo qui il passo che ci interessa:
Ah! Sciagurati mortali, cambiate condotta, non obbligate
il Grande Dio a manifestare tutta la sua ira! Abbandonate
le spade, i gemiti, gli omicidi, le violenze! Purificatevi tutto
il corpo in fiumi dal corso perenne (enpotamois lomasthe ho-
lon demas aenaiosin) ! Poi, tendendo le mani verso l’alto, chie­
dete perdono dei vostri misfatti passati e, con le vostre pre­
ghiere, espiate la vostra odiosa iniquità! Dio si pentirà e non
vi farà scomparire113.

Questo testo, che evoca certi aspetti del battesimo di


Giovanni114, contiene due allusioni che permettono di da­
tarlo: una alla rovina di Gerusalemme nel 70 (w . 115-117),
l’ altra alFeruzione del Vesuvio nel 79 (vv. 130-136). D ’al­
tra parte non è affatto evidente che il poema sia «la testi­
monianza dell’esistenza di gruppi battisti ebrei in Siria (o
in Asia Minore) verso la fine del I secolo» , come si è sfor­
zato di stabilire Joseph Thomas115. L’insieme non ha nulla
di «settario», ma si tratta di un discorso ai pagani allo scopo

112 N on è esatto dire, con Ch. Perrot {fésus et l'histoire, p. 113), che Epifanio (Haer.
X I X , 6,6- 7; H oll, G C S I, p. 223) «segnala [...] l’esistenza degli stessi battisti giudei
anche prima della distruzione del secondo tem pio». In realtà è la « sesta setta» , quella
degli esseni, non particolarmente b attista a quanto dice Epifanio, l’unica stabilita pri­
ma del 70. D opo la caduta di G erusalemme si vedono apparire, secondo lui, altre sette,
ira le quali gli em erobattisti. Su questa sezione del Panarion, cf r. L. Cirillo, Elchasai
e gli Elchasaiti. Uw contributo alla storia delle comunità giudeo- cristiane, Cosenza 1984,
pp. 29- 34.
113 V , 162- 169a (dalla trad. fr. di V . N ikoprowetzky, in La Bible. Écrits intertesta-
mentaires, coll. « Bibliothèque de la Plèiade», Paris 1 9 8 7 , p. 1105).
,H A i bagni e alla conversione si aggiunge (w . 173- 180} il tem a del fuoco sotto
forma di conflagrazione universale.
115 M ouvement, op. cit., p. 5 5 . Pur ammettendo, con l’ autore, che il poeta (o il « re­
dattore finale» del poema) «sia un giudeo di tendenza b attista» , egli non rivela l'esi­
stenza di un gruppo ed è abusivo parlare, con lo stesso J. Thomas (ibid., p. 57), di « set­
ta battista dei sibillini».

53
di sottrarne il maggior numero possibile al terribile casti­
go di Dio che deve abbattersi sul mondo. Comunque sia
del resto, questo documento è della fine del I secolo e, co ­
me le altre testimonianze citate prima, non può fondare
l’esistenza di un contagio battista al tempo di Giovanni
e di Gesù in Palestina.
Se si prescinde dall’eremita Bannous, presso il quale Giu­
seppe visse tre anni116, questi, per quanto riguarda grup­
pi strutturati caratterizzati da abluzioni, menziona solo gli
esseni. I testi di Qumran ne sono una conferma. Ora, ciò
che non è sufficiente a provare la tesi battista rimane uti­
le in vista di un confronto con il battesimo di Giovanni
e permette di comprenderne meglio la singolarità.
Oggi nessuno più sostiene la tesi che considerava Gio ­
vanni Battista una specie di « transfuga di Qumran» 117. I
confronti effettuati tra il suo movimento e quello esse-
no 118 fanno emergere soprattutto le differenze. Quanto
al battesimo, si possono riassumere nei punti seguenti:
— Giovanni, nell’ atto del battesimo, esercita un ruolo
attivo e personale: egli battezza, si è battezzati da lui. Pres­
so gli esseni, come dappertutto nel giudaismo, per purifi­
carsi uno si bagnava.
— Il battesimo di Giovanni è un atto unico, non reite­
rarle, conformemente a ciò che esso significa. Gli esseni
moltiplicavano le abluzioni e il loro primo bagno era solo
l’inizio di una serie, senza carattere di iniziazione119.

116 G iuseppe, Vita, 11-12.


117 C fr. W . H . Brownlee, Jo hn thè Baptist; J. D aniélou, Les M anuscrits de la M er
M orte et les origines du christianisme, Paris 1957, pp. 15-24.
118 Si veda in particolare: H Braun, Q umran und das Neue Testament, II, pp. 1-25;
a esso si può aggiungere E. C othenet, voce « Q um ran» , D BS, IX , co!]. 981- 983.
119 Contro: O . Betz, Proselytentaufe-, G . R. Beasley-M urray, Baptism, op. cit., pp.
31- 32; B. N eunheuser, Emidgungen, p. 7 1 4 ; H , H aag ha nel frattem po cam biato opi­
nione, essendo la sua ultima posizione contro l’ interpretazione iniziatica del primo ba­
gno (cfr. Die Handschriftenfunde aus der W ùsteJuda, in A L W 5/ 2 [1958] 233- 273 [271],
e Das liturgiscbe Leben der Q umrangemeinde, A L W 10/ 1 [1958] 78- 109 [97, n. 94]).
Se fosse stato cosi, i testi l’avrebbero sottolineato; invece, per esprimere la svolta deci­
siva e la rottura che l’ adesione alla comunità com portava, essi parlano non di « entrare
nell’ acqua», ma di « entrare» o di « passare nell’A lleanza» (1Q S 1 ,2 0 .2 4 ; 2 ,1 0 .1 2 .1 8 ;
5,8). N on è legittimo stabilire un parallelo tra 1Q S 5 ,8 e 5 ,1 3 , com e se « entrare nel-

54
— Il battesimo, secondo Giovanni, è il segno del per­
dono di Dio conseguente alla conversione. A Qumran i testi
t hè regolano le abluzioni, pur esortando con insistenza al
cambiamento interiore, evocano piuttosto la purità leviti­
la, in rapporto con i pasti sacri e comunitari.
— Giovanni battezzava chiunque veniva da lui, in una
volontà di riforma rivolta a tutto il popolo. A Qumran si
praticavano le abluzioni in seno a un movimento secessio­
nista ed esoterico.
Da questi confronti e dalle osservazioni che precedono
t-merge sufficientemente il carattere isolato del battesimo
giovanneo tra Ì riti d’ acqua praticati dai giudei. E a que­
sto battesimo che Gesù si sottomise.

1‘ A lleanza» e « entrare nell’acq ua» si sovrapponessero e la seconda espressione tradu­


cesse l’ aspetto rituale della prima, In realtà il rapporto tra i due passi è diverso. N el
primo si descrive Tingresso nella com unità, con il giuramento di professione. N el se­
condo si distoglie colui che non sarebbe convertito daLTunirsi alla com unità; egli deve
supere che le abluzioni che vi sì praticano non serviranno a nulla se rimane neH’ empie-
l a : « (C ostui) non entri nelle acque per accedere alla purificazione degli uomini di san­
tità, poiché non saranno puri se non coloro che si convertono dalla loro malizia» (1Q S
5,13- 14). Q ueste osservazioni valgono soprattutto quando si tratta di confrontare le
iibluzioni di Q umran col battesimo dei cristiani in quanto iniziazione.

55
Ili
Il battesimo di Gesù e il battesimo cristiano

3.1 II battesimo di Gesù come fondamento


del battesimo cristiano

Il ruolo del battesimo di Gesù da parte di Giovanni co­


me fondamento del sacramento cristiano è un dato molto
antico nella Chiesa poiché appare, fin dal II secolo, in Igna­
zio di A ntiochia. Scrivendo che Gesù Cristo « è stato bat­
tezzato per rendere pura l’ acqua con la sua passione» (ebap-
tisthè, bina tói pathei to bydór katbarisèi, Ef 18,2)1, il ve­
scovo si colloca nel contesto di una polemica da lui con­
dotta contro gli eretici che negavano la carne di Cristo.
Qui il battesimo del Salvatore diventa il simbolo che anti­
cipa la morte redentrice. In questa prospettiva, l’ acqua è,
per cosi dire, penetrata dall’efficacia che Dio ha attribui­
to a questa morte e, di conseguenza, capace di farne bene­
ficiare i futuri candidati al battesimo. Ma per essere cosi
trasformata, l’ acqua deve subire una « purificazione» , de­
ve cioè essere liberata del suo elemento demoniaco, inau­
gurando in questo modo la vittoria definitiva della croce.

1 Su questa spiegazione, che non è la soia in Ignazio per quanto riguarda il battesi­
mo di G esù, cf r. D . A . Bertrand, L e Baptème de Jésus. Hhto ire de l’exégèse aux detix
premieri sìècles (BG BE 14), Tiibingen 1973, pp. 2 6 - 3 2 .

56
Questa interpretazione, molto realistica, si ritrova, senza
la precisa allusione alla passione, nel pensiero patristico po­
steriore.

Il Cristo essendo stato battezzato: ciò significa che egli ha


santificato le acque col suo battesimo (Tertulliano, Adv. Iud.
8,14)2.
Per questo il Signore fu battezzato, egli che non aveva bi­
sogno di battesimo: per santificare ogni acqua per coloro che
dovevano essere rigenerati (Clemente Alessandrino, Ecl.
proph. 7,2)3.
[Benedizione dell’acqua battesimale:] Re e Signore dell’u­
niverso [...] guarda dal cielo e volgi i tuoi occhi su queste ac­
que e riempile del Santo Spirito. Il tuo Logos ineffabile di­
scenda su di esse e trasformi la loro efficacia [...]. Come scen­
dendo nelle acque del Giordano egli le ha santificate, così
anche ora discenda in queste e le renda sante e spirituali4
(Eucologio di Serapione di Thmuis, 19 [7]5).
Il Signore è stato battezzato; egli voleva non essere purifi­
cato, ma purificare le acque affinché, lavate dalla carne di
Cristo che non ha conosciuto il peccato, avessero il potere
di battezzare6 (Ambrogio, Exp. in ev. sec. Lue. 2,237).
Il Cristo è stato battezzato nel Giordano quando ha isti­
tuito la forma del bagno salutare (Ambrogio, De interpella­
tione Job et David 4,148).
[Cristo] si fece battezzare non per ricevere egli stesso, con
questo battesimo, la remissione dei peccati, ma per lasciare
le acque santificate per coloro che dovevano essere battezza­
ti in seguito (Opus ìmperf. in Mat. 49).

2 C Chr. SL, II, p. 1362.


3 StàhKn, G C S, III, p. 138.
4 D alla trad. di J. D aniélou, Le Sy mbo lhme des rites baptismaux, in D ieu Vivant,
n. 1, 1945, pp. 17-43 (35).
3 Funk, Didasc. et Comt. apost., II, pp. 180- 183.
6 D alla trad. di G . Tissot.
7 Tissot, SC 45, p. 110.
8 C S EL 3 2 7 2 , p. 2 7 6 .
9 PG 56, 657.

57
Poiché lo Spirito Santo era presso il Figlio, [il Figlio] ven­
ne da Giovanni per ricevere da lui il battesimo, per mescola­
re all’acqua visibile lo Spirito invisibile, affinché gli animi
ricevano il dono dello Spirito mentre i corpi riceverebbero
l’umidità dell’acqua10 (Efrem11).

Sul ruolo fondante del battesimo di Cristo, non però


mediante la santificazione dell’ acqua, si veda Lattanzio,
Div. inst. 4,1512; e Ilario, in Mat. 2,5-613. Il simbolismo
battesimale del Giordano è sviluppato da Ambrogio, De
interpellatione, ibid. ed Expl. Ps. 37,IO14. Nella liturgia
etiopica di san Giovanni Battista il Giordano è assimilato
a un battistero: « Ho visto lo Spirito Santo discendere co ­
me una colomba nella piscina [battesimale]» 15. Per con­
cludere citiamo Tommaso d’Aquino, la cui frase lapidaria
riassume tutta una tradizione: « Cristo non è stato battez­
zato per essere purificato, ma per purificare (Christus non
fuit baptìzatus ut ablueretur, sed ut ablueret)» lé.
Nell’esegesi contemporanea17 non mancano autori che
hanno adottato questo punto di vista: se il battesimo è stato
considerato l’atto inaugurale della vita di Cristo, è perché
— dicono — si vedeva in esso il prototipo dell’ iniziazione
cristiana comprendente battesimo di acqua e dono dello
Spirito, e il tutto faceva entrare il cristiano nello stato di
figlio adottivo di Dio. A ltri, senza arrivare a definire in

‘ 0 D alla trad. in O rSy r 1 (1956) p. 131.


11 Scmio de Domino nostro, 5 3 , 55: Lam y, I, p. 169.
12 C S EL 19, pp. 329- 330.
15 PL 9, 9 2 6 - 9 2 7 , Su questi due ultimi testi, cf r. J, D oignon, La scène évangélique
du buptème de Jésus co mmentée par Lactance («Institutiones divinae» , 4 , J5j et Hilairc
de Poitien (« In M atthaeum» , 2, 5- 6), Epektasis. M ékngcs patristiques offerti au Cardinal
Jean Daniélou, Paris 1972, pp. 63- 73.
14 C S EL 6 4 , p. 143. C fr. F. J. D òlger, D er Jordan ah Sinnbild des Taufbruntiens
bei Ambrosius, A ntike und Chrìstentum. Kultur- und religiomgeschichtUche Studien, M iinster
1974, II, pp. 317- 318.
15 A . D illmann, Chrestomathia aelhiopica, Berlin 1940, p. 151.
16 I I I a, q. 3 9 , a. 1, ad 1.
17 Si veda la bibliografia corrispondente in S. Legasse, Le Baptéme de Jésus et le
Baptème chrétien, pp. 53- 54.

58
Ial modo la pericope evangelica, vi rilevano nondimeno l’in-
lluenza della teologia battesimale. Infine si suppone tal­
volta che Matteo , da parte sua, stabilisca un legame tra
questa scena iniziale e l’ordine di battezzare espresso nel­
le ultime righe del suo vangelo (28,19). Ma molti altri au­
tori considerano il rapporto tra il battesimo ricevuto da
Gesù e quello che verrà amministrato più tardi nel suo no­
me come privo di fondamenti scritturistici.

i.2 II battesimo di Gesù interpretato nel Nuovo Testamento

Oggi sono rari gli autori che contestano la realtà storica


dell'atto col quale Gesù, secondo i primi tre vangeli, si sot­
tomise al battesimo di Giovanni18. E difficile spiegare
questa negazione e perché i primi cristiani avrebbero in­
ventato un fatto che, come vedremo, creava una grande
difficoltà e richiedeva una spiegazione. Tuttavia, ciò che
ci interessa ora non è tanto il fatto in sé, quanto piuttosto
le reazioni da esso suscitate tra le prime generazioni cri­
stiane; questo, per arrivare alla domanda: i cristiani, nel-
l’instaurare la prassi battesimale come rito di accesso alla
comunità, hanno fatto riferimento al battesimo di Gesù?
In altre parole, il battesimo di Gesù ha avuto un suo ruolo
nella nascita del battesimo cristiano?
La prima reazione della coscienza cristiana di fronte al
battesimo da parte di Giovanni è il racconto che si legge
in Me 1,9-11. Inserito nel prologo del secondo vangelo,
il racconto del battesimo e della teofania che l’accompa­
gna forma un tutt’uno indissociabile con il racconto della
tentazione per il fatto che è lo stesso Spirito che, disceso
su Gesù, lo spinge nel deserto. Questa associazione, che
può essere anteriore alla composizione del vangelo, ha non­

18 Possiamo segnalare in questo senso: E. M eyer, Ursprurtg und Anf&ng des Chri-
slettiurtts, I, Stuttgart 19625; E. H aenchen, D er W eg Jesu. Etne Erkldrung des Markus-
IwdttgeiiuttK ut?d der kanoniscken Parallele« , Berlin 1966, pp. 60- 63; W . S. Enslin, John
and Jesus, in Z N W 65 (1975) 1-18 (8-9).

59
dimeno un aspetto artificiale, e l’episodio del battesimo
può senz’altro essere considerato come un pezzo inizial­
mente autonomo prima di essere incorporato da Marco nel­
la sua opera.
Il passo si compone di due elementi: il battesimo e la
teofania. Il problema è di sapere in che modo si armoniz­
zino queste due parti.
Per risolverlo è importante innanzitutto comprendere
la dichiarazione della voce celeste che risuona nel Giorda­
no. Il testo di Marco ha: « Tu sei il Figlio mio diletto; in
te mi sono compiaciuto» ( l,llb ) , Molti autori, sui quali
è stata determinante l’ influenza di Oscar Cullmann19 e
Joachim Jeremias20, si sono basati sul Servo del Deuteroi-
saia e hanno pensato che invece di « Figlio » [hyios) la ver­
sione primitiva avesse « Servo » {pah), conformemente a Is
42,1. Ora, secondo Is 53,12, il Servo è «computato fra
i malfattori» , come Gesù che si associa ai battezzati di Gio ­
vanni « per il perdono dei peccati» . Ma bisogna innanzi­
tutto osservare che tutti i vangeli hanno qui « Figlio » , non
« Servo » , e che non c’è alcuna prova che quest’ultimo ti­
tolo abbia mai figurato nell’episodio in qualche stadio della
tradizione. In secondo luogo, l’ argomentazione si fonda
sull’unità dei poemi isaiani del Servo che dipende da una
percezione unicamente moderna, così che non è possibile
attribuire a degli interpreti del I secolo l’ aver combinato
i due testi come se si riferissero a uno stesso personaggio.
Non è in questo modo che si può spiegare il legame tra
il battesimo e la teofania.
Lasciamo da parte il problema di « Servo » al posto di
« Figlio» e domandiamoci quale portata possa avere qui que­
st’ultimo titolo. Per comprenderlo non si può prescindere
dall’ aggettivo che l’ accompagna: la frase celeste ha « Tu

15 Le Baptéme des enfants et la doctnne bìblìque du baptéme, N euchàtel-Paris 1948,


p. 16, n. 1; dello stesso, Christologie du Nouveau Testament (Bibliothèque théologique),
N euchàtel-Paris 1958, pp. 60- 61.
20 V oce «Pais theou », G LN T , I X , 396; A bba. Studten zur neutestamentlicben Theo-
logie und G eschichtc, G òttingen 1966, pp. 192- 194.

60
sei il mio Figlio diletto (agapètos)» . L’aggettivo greco ha
tlelle connotazioni particolari. Già nel greco profano non
mancano esempi in cui esso si sposta verso la sfumatura
di « unico» , specialmente quando si tratta di filiazione21,
diventando allora praticamente sinonimo di monogene^. Nei
Settanta lo stesso aggettivo, su ventidue ricorrenze, tra­
duce sette volte l’idea di figlio o di figlia unica (sei volte
per l’ebraico yàhid)22. E senza dubbio in questo senso che
va considerato qui, come pure negli altri passi del Nuovo
Testamento dove la stessa espressione è applicata a
Gesù23. La sua portata in questo caso è da definire24. Nel­
l’Antico Testamento e nella tradizione giudaica, Israele vie­
ne detto figlio di Dio25. Ma lo stesso si verifica anche per
il re o il Messia26, senza dimenticare certi tipi individua­
li: giusti, profeti o saggi27. In nessuno di questi casi figu­
ra però l’aggettivo agapètos2*. Questo racchiude una par­
ticolare sfumatura d ’ amore: «figlio unico e diletto» . D i­
chiarando a Gesù: « Tu sei mio Figlio ...» , la voce divina
si richiama, certo, a Sai 2,7, ma il seguito è di tono diver­
so. L’insieme riporta sul Gesù terreno la fede pasquale dei
primi cristiani, convinti che con la risurrezione Gesù fos­
se stato « costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo
Spirito di santificazione» (Rm 1,4). Ormai questo canone
dell’ antica fede cristologica vale per Gesù fin dalla sua esi­
stenza quaggiù. La voce celeste si rivolge a lui — e a lui

21 Iliade, 6, 3 0 1 : Hekto riièn agapéton-, Odissea, 2, 365; mounos eòn agapètos-, D e­


mostene, 2 1 , 165: Nikèratos [...] ho tou Nikiou agapètos pats. D i cose: A ristotele, Reto­
rica, 1365b , 16; M enandro, 319, 3; probation.
22 G n 2 2 ,2 .Ì 2 . 16; A m 8 ,1 0 ; Z c 1 2 ,1 0 ; senza ebraico: T b 3,10 S. Q uest’ uso è più
frequente di quello di monogenès nello stesso senso (G dc 11,34; Tb 3,15 BA ; 6 ,1 0 A ;
6 ,1 4 S; 8,17).
23 M e 9,7, par. M t 17,5; Le 9,35 v .l.; M e 12,6, par. Le 20,13; M t 12,18; 2Pt 1,17.
2^ Si veda l’esame dettagliato della questione in E. Ruckstuh!, Jesus ah Gottessohn,
pp. 202- 212.
25 Es 4 ,2 2 - 2 3 ; G er 3 1 ,9 .2 0 ; O s 1 1,1; G iubilei, 1,24- 25. Sai. Salom. 18,4; 4Esd.
6 ,5 8 ; A bot 3,18.
26 2Sam 7 ,1 4 ; IC o r 17 ,1 2 ; 2 2 ,1 0 ; 2 8 ,6 ; Sai 2 ,7 ; 8 9 ,2 7 - 2 8 ; 4Q Flor 1,10- 11;
4Q pD an A a.
21 Sir 4 ,1 0 ; Sap 2 ,1 3 .1 6 .1 8 .
28 Si ha soltanto monogenès (unigenitus) per il popolo in 4Esd. 6,58 e Sai. Salom.
18,4.

61
soltanto — per dirglielo, in realtà per dire al lettore ciò
che egli deve sapere di Gesù e ciò che egli è già al momen­
to del battesimo. Infine questo rapporto unico con Dio è
finalizzato a una missione in vista della quale Gesù è
scelto29 e munito della potenza dello Spirito simboleggia­
to dalla colomba30.
Se questa è la portata della dichiarazione celeste e della
scena che l’accompagna, dobbiamo domandarci ora qual
è il loro rapporto con il battesimo di Gesù.
Scartiamo innanzitutto la strada senza uscite che consi­
ste nel vedere nella teofania un’interpretazione del batte­
simo. Un tale rapporto sarebbe accettabile se la teofania in­
cludesse un’allusione al Servo in quanto «annoverato tra i
peccatori» , cosa che, come abbiamo dimostrato, non si può
ammettere. Né il legame tra le due parti può essere reso più
forte basandosi sul fatto che agapétos, quando nei Settanta
traduce l’ebraico yahìàn, si applica sempre alla morte di un
figlio unico32. Infatti il battesimo di Giovanni (a meno che
non ci sia un indebito accostamento con la dottrina sacra­
mentale di Paolo)33 non è simbolo di morte; si può anzi di­
re che sia tutto il contrario, e niente indica nei testi del Nuo­
vo Testamento che sia mai stato compreso in questo modo.

29 II decreto benevolo che traduce la frase e» soi eudokésa implica un’elezione se


ci si riferisce a Is 4 2 ,1 , a cui questa espressione sembra ispirarsi. Sebbene i Settanta
abbiano qui un'altra frase greca per rafètah nafsbi, M t 12,18 (boti eudokésen hé psyché
rnou) e le versioni greche di Simmaco e Teodozione (bon eudokésa) offrono una formu­
la molto affine all’espressione divina nel battesimo di G esù. Possiamo perciò facilmen­
te supporre che questa traducesse un originale ebraico o aramaico in una forma vicina
all’ ebraico di Is 4 2 ,1 . O ra, in quest’ ultimo testo il tema dell'elezione viene messo in
risalto con béìjm, « m io eletto» , in testa alla frase. C fr. F. Lentzen-D eis, Taufe, pp.
156- 158: 1 9 1- 192; 2 6 4- 265.
30 D i fronte alla molteplicità delle ipotesi concernenti la scelta di questo uccello
(cfr. i com mentari), è grande la tentazione di considerarla come puramente arbitraria,
senza portata simbolica. A chi non volesse desistere si può consigliare la lettura di E.
Ruckstuhl [Jesus als G otlessohn, op. cit., pp. 199- 202, 2 13- 214), che, fondandosi spe­
cialmente sui lavori di O . K ee!, vede nella colomba « la messaggera dell’ am ore» (p. 213).
31 G n 2 2 ,2 .1 6 ; G dc 11,34; G er 6 ,2 6 ; A m 8 ,1 0 ; Z c 12,10 (il cui inizio è citato in
G v 19,37). L'allusione prosegue in M e con l’uccisione del «figlio diletto» della para­
bola (12,6- 8).
32 C fr. R. Le D éaut, La présentation targumique du sacrifice d'Isaac et la sotériologie
paulintettne, in Studiorum Paulinorutn Congressus Intemationalis Catholicus (A nBib 17-18),
Roma 1963, II, pp. 563- 5 7 4 (570).
33 Rm 6 ,3 - 4 ; Col 2 ,1 2 .

62
La soluzione del problema dell’unità dell’episodio con­
siste nel riconoscere nella teofania un’interpretazione non
del battesimo, bensì di Gesù; un’interpretazione che è an­
che una messa a punto. Che sia legittimo o meno identifi­
care qui il modello letterario della « visione interpretati­
va» (Deutevision), come ha proposto Fritzleo Lentzen-
Deis34, la visione di cui Gesù è beneficiario e le parole
che l’accompagnano compongono una scena che possiamo
senza dubbio concepire come riparatrice. Il suo forte con­
tenuto cristologico compensa nella mente dei lettori cri­
stiani la sconcertante umiliazione del battesimo. Il lavoro
dei sinottici non raggiunge ancora l’audacia del quarto van­
gelo, dove il battesimo di Gesù viene decisamente omes­
so, ma è sufficiente perché si sappia bene chi è in realtà
colui che — non si può negarlo — si era un giorno umilia­
to sottomettendosi al rito dei peccatori.
Indubbiamente Marco ha visto in questa scena l’ espres­
sione del paradosso con cui, nel suo vangelo, presenta la per­
sona di Gesù, Figlio di Dio, sovrano, ma che nello stesso tem­
po può soffrire e morire. Cosa dire a questo punto del ruolo
eziologico del racconto nei riguardi del battesimo cristiano?
La spiegazione che abbiamo proposto non suggerisce, a dire
il vero, alcuna appendice sacramentale. Le osservazioni che
seguiranno non faranno che confermare questa intuizione.

3 3 Esiste un rapporto tra il battesimo di Gesù


e il battesimo cristiano secondo il Nuovo Testamento?

Secondo Hartwig Thyen35, « il racconto del battesimo


di Gesù è [...] formato fin dall’origine come una leggenda

34 Taufe, op. cit., pp. 195-259. L ’ autore si basa principalmente sulla visione di Isacco
c di G iacobbe secondo il Targum di G n 2 2 ,1 0 e 2 8 ,1 2 . Q uesta spiegazione è accolta
da R. Pesch {Il Vangelo dì M arco1 1, pp. 165- 167); criticata invece da A . V ògtle (Dìe
sogetinante Taujpcrikope, pp. 113- 116); si veda ugualmente la recensione dello stesso
autore in BZ , N F, 17 (1973) pp. 115- 123.
55 Studien z ur Sundetw ergebttng, p. 2 1 4 , n, 2.

63
cultuale eziologica a partire dalla teologia battesimale del­
la comunità». Questa dichiarazione perentoria è senza fon­
damento se si considera innanzitutto il racconto nella sua
versione più antica, quella che ci offre Marco. Prima an­
cora che questi l’incorporasse nel suo vangelo, il battesi­
mo come tale, invece di essere valorizzato — come ci si
aspetterebbe se fosse l’annuncio e il fondamento del rito
cristiano — , è per così dire neutralizzato dalla teofania.
Tuttavia, alcuni mettono in evidenza che il dono dello Spi­
rito a Gesù evoca il dono fatto al cristiano al momento
del battesimo. A ciò bisogna opporre innanzitutto il fatto
che l’unione del battesimo con il dono dello Spirito non
è affatto chiaro e generale nel Nuovo Testamento36. E,
comunque sia di quest’ultimo punto, non è l’elemento prin­
cipale del racconto del battesimo di Gesù in Me, dove la
venuta dello Spirito è distinta molto chiaramente dall’im­
mersione battesimale: solo dopo che questa è avvenuta,
mentre Gesù risale dall’acqua, si vede lo Spirito discende­
re dall’alto del cielo (Me 1,10). C ’ è qui persino un’opposi­
zione, sostenuta da un gioco di parole, tra la « ri-salita»
(ianabaìnón) dall’acqua e la «discesa» (katabaìnòn) dello Spi­
rito, tra « anabasi» a partire dall’acqua e « katabasi» dal
cielo37.
Ciò che è vero per la versione di Marco vale ancora di
più per quella di M t, che marca nettamente la separazione
tra battesimo e dono dello Spirito. In Mt 3,16 si legge:
« Gesù, essendo stato battezzato [baptistheis ho Iésous], ri­
salì subito dall’ acqua. Ed ecco: si aprirono a lui i cieli ecc.» .
La risalita dall’acqua, seguita dalla visione dello Spirito,
è in qualche modo separata dal battesimo, essendo questo
espresso da un participium conjunctum alPaoristo, che in­
dica un’azione già effettuata quando si produce quella prin­
cipale: chiaramente è dopo e al di fuori del battesimo che
Gesù, una volta uscito dall’ acqua, vede lo Spirito scende-

36 C fr. pp, 123- 126,


37 R. Pesch, II Vangelo dì M arco, I, p. 163.

64
m su di lui dai cieli aperti. Nello stesso senso bisogna ag­
giungere che «essendo stato battezzato» (baptìstheis), al v.
lo, forma un’inclusione con l’infinitivo «essere battezza­
lo» (baptisthènai) del v. 13, verbo ripreso alla stessa forma
il v. 14, il che «divide il testo in due parti uguali»38, di
i ui una è relativa al battesimo e l’altra alla teofania.
Quanto a Luca, egli esprime un’analoga separazione in
una versione particolare dell’episodio (3,21-22). In effetti
tu lui si può notare la differenza di tempo tra i due parti"
l ipi baptìstbentos («essendo stato battezzato» : aoristo) e
pmseukkomenou («che prega»: presente): il battesimo è cosa
latta quando, nel corso della preghiera di Gesù il cielo si
npre e discende su di lui lo Spirito. Del resto questo bat­
tesimo non viene evidenziato: l’evangelista lo include nel
battesimo di massa del popolo e lo menziona per così dire
come di sfuggita, cosa difficile da comprendere se egli aves­
se voluto conferire a esso un valore esemplare e di proto­
tipo. Infine, secondo A t 1,22, Luca non vede in questo
battesimo nient’ altro che « il battesimo di Giovanni» .
Il prologo di Me si estende da 1,1 a 1,1539. In questo
insieme, che comprende l’azione di Giovanni Battista, il
battesimo di Gesù e la sua tentazione nel deserto, ci sono
due fili conduttori: uno è rappresentato dalle parole « bat­
tezzare» e « battesimo» (1,4.5.8.9), l’altro dallo « Spirito »
(1,8.10.12). Quando però si tratta di « battezzare» o di
« battesimo» , nulla permette di stabilire, direttamente o
indirettamente, un benché minimo riferimento al battesi­
mo cristiano. Giovanni dichiara: « Io vi ho battezzato con
acqua; ma egli vi battezzerà con Spirito Santo» (1,8). Ora,
il battesimo cristiano è anche un battesimo d’acqua, è es­
senzialmente questo, anche se il suo effetto differisce da
quello prodotto dal battesimo di Giovanni. Opponendo
un battesimo all’ altro, Giovanni, secondo Marco, pur an-

J8 J. D . Kingsbury, M atthew : Structure, Christology, Kìngdom, London 1976, p. 48.


19 N on termina in 1,13 a causa degli effetti di inclusione e di coesione con t termi­
ni cuaggelion {1,1.15), kéryssein (1,4.14), ekery sse» (1,7), kèryssón [,..]kai legón (1,14-15).

65
nunciando il dono dello Spirito da parte di Cristo, non im­
plica che questo avvenga per mezzo del battesimo sacra­
mentale.
La stessa assenza di allusione sacramentale si constata
nella dichiarazione sui due battesimi in Mt 3,I l e Le 3,16,
dove il « fuoco » aggiunge una ragione supplementare per
non vedervi tale allusione. Per Luca, inoltre, l’annuncio
di questo « fuoco » legato allo Spirito trova il suo compi­
mento nella manifestazione della Pentecoste (At 2,3-4); di
battesimo cristiano con acqua si parlerà solo più avanti negli
A tti, al termine del discorso di Pietro alla folla (2,38).
Ciò detto, è necessario tener conto degli argomenti che
fanno valere coloro che attribuiscono agli evangelisti, nel
racconto del battesimo di Gesù, uno sguardo almeno obli­
quo sul rito cristiano.
Così, per quanto riguarda Matteo, non bisogna forse te­
ner conto del rapporto che si stabilisce tra l’inizio e la fine
del suo vangelo, tra l’ordine di battezzare che Gesù risor­
to dà agli undici discepoli sulla montagna (Mt 28,19) e il
battesimo di Gesù nel Giordano alla vigilia della sua vita
pubblica? Quanto è stato detto finora non spinge a perce­
pirvi nessun altro rapporto oltre a quello che c ’è tra i due
usi del verbo baptizeìn, nonostante la loro portata diversa.
Ma il battesimo prescritto da Gesù dev’essere dato « nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» . Ora,
nell’episodio del Giordano vi si trovano ugualmente le tre
persone divine? La risposta è che la loro presenza in Mat­
teo non è diversa da quella che c’è negli altri sinottici. Mat­
teo in questo caso non fa che seguire la sua fonte. Se egli
avesse voluto stabilire il legame in questione, stava solo
a lui indicare che la voce venuta dal cielo era quella del
Padre, come del resto fanno 2Pt 1,17 a proposito della tra­
sfigurazione e la liturgia che celebra il battesimo di
Gesù40. Che egli non provasse imbarazzo a farlo è dimo­
strato dalla libertà che si prende nel ritoccare l’episodio

40 « V o x Patris intonuit» , « v ox paterna audita est» : mattutino dell’ Epifania.

66
marciano: allineamento sulla parallela dichiarazione divi­
na della trasfigurazione41 e introduzione del tema eminen­
temente matteano della « giustizia» 42 per legittimare que­
sto battesimo e al tempo stesso fornire ai cristiani un esem­
pio sovrano. Ma questa funzione paradigmatica non fini­
sce lì: se Cristo offre un esempio, non è col suo battesimo
in quanto rito, bensì con la sua obbedienza.
Non era dello stesso avviso Max-Alain Chevallier che,
sfruttando quello che egli percepiva come un rapporto tri­
nitario tra questo inizio e la fine del vangelo, pensava che
Gesù, facendosi battezzare da Giovanni, convalidasse in
Mt il battesimo con acqua, normalmente destinato a scom­
parire secondo Mt 3,1143. Ma questa specie di « recupe­
ro» dopo l’ abolizione annunciata da Giovanni Battista ha
un qualche fondamento nel testo? In effetti si constata lì
proprio un’operazione di questo tipo, ma non a proposito
del battesimo. In Mt il problema è posto in 3,14, nella pro­
testa di Giovanni: « So no io (ego) che ho bisogno di essere
battezzato da te; tu (yy) invece vieni a me?». Il dilemma
oppone due persone, l’inferiore e il superiore, colui del quale
Giovanni ha affermato esplicitamente la superiorità rispetto
a lui e che si comporta da inferiore. Viene fornita una spie­
gazione in cui Gesù si comporta da maestro; essa rassicu­
ra il lettore cristiano e lo incita ad «adempiere» anch’egli
«ogni giustizia». Quanto al battesimo, rimane quello di
Giovanni, ed è soltanto in quanto tale che dà al racconto
la sua coerenza.
L’ autore al quale abbiamo appena risposto non ha limi­
tato la sua difesa dell’eziologia sacramentale del battesi­
mo di Gesù al caso di Mt. Secondo lui, Luca, riscrivendo
il testo di Me, avrebbe « introdotto nel racconto del bat­
tesimo di Gesù l’idea che una prima era battesimale, po­
sta sotto la responsabilità di Giovanni, in questo stesso

41 « Q uesto è il mio figlio d iletto ...» : cf r. M t 1 7,5, par. M e 9,7.


42 M t 3 ,1 5 ; 5 ,6 .1 0 .2 0 ; 6 ,1 .3 3 ; 2 1 ,3 2 .
43 L'A pologie du baptème d ’eau, pp. 533- 534; si veda anche, dello stesso autore:
Baptème et don de l'Bsprit Saint, p. 91.

67
momento abbia ceduto il posto all’ era battesimale inaugu­
rata da Gesù» 44. In che modo?
M.-A . Chevallier traduce la frase in Le 3,21 « dopo che
tutto il popolo era stato battezzato» , a causa dell’infinito
aoristo [en tòì baptisthènai). E una traduzione che non s’im­
pone, ma grammaticalmente possibile45, e il nostro auto­
re lo conferma ricorrendo a due passi degli A tti degli Apo­
stoli (10,37-38; 13,24) in grado di appoggiare una riparti­
zione della scena descritta in Le 3,21 in due stadi succes­
sivi, di cui solo il primo si riferirebbe al battesimo di Gio ­
vanni, mentre il seguito tratterebbe un altro argomento,
il battesimo di Gesù e la sua preghiera: questo sarebbe « se­
condo diversi autori “ una strizzatina d’occhio” agli usi bat­
tesimali che l’evangelista conosceva» e, in questo caso, « i
lettori dovevano percepire a colpo sicuro il battesimo di
Giovanni come il modello del battesimo cristiano» 46.
Notiamo innanzitutto che i due testi degli A tti citati
da M.-A . Chevallier non hanno alcuna efficacia, in quan­
to il loro contenuto non corrisponde alla sua divisione del
racconto evangelico: in nessuno dei due la menzione del
battesimo di Giovanni precede il battesimo ricevuto da Ge­
sù ma o la sua unzione in Spirito Santo o il suo eisodos,
la sua apparizione pubblica. Quanto a Le 3,21-22, il bat­
tesimo di Gesù e la sua preghiera sono espressi da due par­
ticipi, di cui uno è all’aoristo e l’ altro al presente. Da ciò
risulta che il battesimo non può affatto essere separato dal
battesimo comune del popolo, ma al contrario è unito a
esso47, mentre la preghiera al presente apre un secondo
stadio dopo che il primo è compiuto. Solo allora, dopo il
battesimo, nel corso della preghiera ha luogo la teofania.
Ora, il battesimo di Gesù è il battesimo di Giovanni e nien-

44 M .-A . Chevallier, L ’A poiogie du baptéme d ’sau, op. cit., p. 536.


45 C fr. N. Turner, Syntax, p. 145; Sty le, p. 4 7; F. Blass - A . D ebrunner - F. Reh-
kopf, Grammatìk, pp. 3 3 3 - 3 3 4 , § 404.
46 M .-A . Chevallier, L'A po io gie du baptéme d'eau, op, cit., p. 536.
47 Sui diversi tentativi di interpretazione di questo aspetto di Luca, cfr. J. A . Fitz-
myer, Luke, I, pp. 481- 482.

68
t’ altro, come del resto Luca dice altrove chiaramente (At
1,22), e questo battesimo, per Luca come per gli altri si­
nottici, ha solo un carattere preparatorio (Le 3,16)48.
L’esame precedente delle pericopi sinottiche49 porta a
una constatazione negativa, confermata dall’insieme del
Nuovo Testamento50: non c ’è alcun indizio che consenta
di affermare che nel I secolo i cristiani abbiano stabilito
un qualche rapporto tra il battesimo di Gesù da parte di
Giovanni e il rito dell’iniziazione praticato nella Chiesa.
E possibile, perfino verosimile, che, riferendo le parole
di Giovanni Battista, gli autori evangelici abbiano voluto
rivolgersi indirettamente ai candidati al battesimo51, ai
quali, tramite il Precursore, potevano trasmettere un mes­
saggio come questo: « Se Giovanni Battista pretendeva la
conversione per il solo battesimo d’ acqua, quanto più voi,
che state per ricevere un battesimo nello Spirito Santo, do­
vete operare questa stessa conversione! ». Ma per l’ appun­
to questo messaggio non quadra con la teoria che conside­
ra il battesimo d’acqua ricevuto da Gesù come il prototi­

48 Q uesto indipendentemente dal posto che si attribuisce a G iovanni Battista nel­


la divisione della storia della salvezza. C fr, H . Conzelmann, Die M itte derZ eit. Studien
zur Tkeologìe des Lukas {BH T h 17), Tiibingen I9 6 0 5, pp. 16-21; J. A . Fitzm yer, I,
pp. 181- 187.
49 II quarto vangelo non è da prendere qui in considerazione. Si am mette volentie-
ii, con M .-A . Chevallier (L A pologie du baptéme d'eau, op. cit., p. 538), che il suo auto­
re accorda una grande importanza alla funzione battesimale di G iovanni mettendolo
esplicitamente al servizio di G esù (G v 1,31) e che sottolinea così la continuità del dise­
gno di D io. M a questo non conferisce al battesimo di G esù il ruolo che gli verrà attri­
buito più tardi in rapporto al battesim o cristiano: l’evangelista lo passa completamente
sotto silenzio!
50 Bisogna dire altrettanto dei racconti del battesimo di G esù nei frammenti di van­
geli giudeo-cristiani conservati dai Padri: V angeli dei N azareni (G irolamo, C. Pelag.
1,2: PL 2 3 , 597- 598), degli Eb rei (G irolamo, Com. in Is. IV , 11,1- 3: C C hr. SL 73,
p. 148) e degli Ebioniti (Epifanio, Haer. X X X , 13,7- 8, H oli, G C S, I, pp. 350- 351).
In quest’ ultimo frammento il tratto della luce {perielampse ton toponpbós mega) ha solo
un rapporto ipotetico con la concezione ulteriore del battesimo come « illuminazione»
[phòihtnos, pbòtìstna).
51 Q uesta intenzione è più visibile in Luca che altrove, a causa dell’ istruzione alle
varie categorie sociali in 3 ,10- 14 e dell’ uso del verbo etiaggeiizesthai in 3 ,1 8 . E possibi­
le ugualmente attribuirla a M arco, il cui testo, privo di ogni minaccia, è utilizzabile
il questo scopo; senza tuttavia misconoscere in queste frasi il riferimento alia storia
(non sono i catecumeni che Luca intende qualificare come « razza di vipere* in 3,7!)
né l’ accento polemico antigiudaico già presente nella fonte di M t e di Le, e che M atteo
in particolare si affretterà a fare proprio {cf t. M t 2 3 ,3 3 ).

69
po del battesimo cristiano: a una simile teoria il Nuovo
Testamento non offre il minimo fondamento. Per formu­
larla i Padri della Chiesa sono stati co stretti a fare un giro
curioso, facendo ricorso all’idea della santificazione delle
acque. Idea nuova e senza fondamento nei testi canonici,
poiché Cristo, invece di essere come in questi ultimi l’og­
getto dell’azione, diventa d’ora in poi l’operatore, grazie
al contatto misterioso della sua carne con l’ acqua del
Giordano.

70
IV
Gesù battezzatore

Il quarto vangelo contiene due notizie curiose, entram­


be senza corrispondenza nei vangeli sino ttici1:

Gv 3,22-26: 22In seguito Gesù e i suoi discepoli ven­


nero nel territorio della Giudea e 11 si trattenne con lo­
ro e battezzava (ebaptìzen). 23Anche Giovanni stava bat­
tezzando a Ennon vicino a Salim, perché là le acque era­
no abbondanti, e la gente accorreva e si faceva battez­
zare. 24Giovanni infatti non era ancora stato messo in pri­
gione.
25Sorse allora una disputa fra i discepoli di Giovanni e un
giudeo a proposito della purificazione. 26Andarono da Gio­
vanni e gli dissero: «Rabbi, colui che era con te al di là del
Giordano, cui tu hai reso testimonianza, ecco che battezza
Cbaptìzei) e tutti vanno da lui».

Gv 4,1-3: 'Quando Gesù seppe che i farisei avevano


sentito che egli faceva più discepoli e battezzava più di Gio­
vanni, 2per quanto non fosse Gesù stesso che battezzava,
ma i suoi discepoli, 3lasciò la Giudea e ritornò verso la
Galilea.

1 La traduzione italiana è di G . SegaUa, in La Bibbia. Nuovissima versione dai testi


originali, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1987, p. 1644.

71
E evidente l’interesse di queste due notizie per chiun­
que s’interroghi sull’origine del battesimo cristiano. Co­
me il Nuovo Testamento riporta l’istituzione dell’eucari­
stia da parte di Gesù, possiamo domandarci se questi due
testi non ci forniscano le stesse garanzie per quanto riguarda
il battesimo.
Per rispondere a questo interrogativo è importante ve­
rificare la storicità dei fatti narrati. Ma questa operazione
ne suppone delle altre, da effettuare preliminarmente. Que­
sti testi presentano infatti tracce di ritocchi di ultima ma­
no. Di qui la necessità di individuare prima di tutto , sotto
lo strato dovuto al redattore finale del vangelo, i dati pro­
priamente giovannei. Poi occorrerà precisare in che misu­
ra questi ultimi si radicano nella tradizione. Solo dopo aver
verificato che essi non sono una pura e semplice creazione
dell’evangelista, ci si potrà interrogare sul loro rapporto
con il Gesù della storia2.

4.1 Dei testi sovraccarichi

Esaminiamo anzitutto il primo dei due testi citati. Leg­


gendolo con attenzione ci si trova di fronte a varie diffi­
coltà, che aumentano se si cerca di stabilire un legame lo­
gico tra questo testo e il suo contesto.
Una di queste difficoltà nasce dal fatto che non si vede
il rapporto tra la discussione che oppone i discepoli di Gio ­
vanni Battista a « un giudeo» o « dei giudei3 a proposito
della purificazione» {peri katharismou) (3,25) e il fatto che
questi stessi discepoli vengano a riferire al loro maestro

2 Q uesto studio riprende in forma semplificata e con deile modifiche quello che
abbiamo pubblicato col titolo Le Baptème administrépar Jésus (Jn 3,22- 26; 4,1- 3) et l'ori­
gine du baptème cbrétien, in BLB 78 (1977), 3- 30. A esso rimandiamo il lettore per una
documentazione più approfondita.
3 II singolare loudaiou del testo alessandrino sembra da preferire al plurale come
lectio difficilior. M a M .- E. Boismard (Les Tradìtiom johanniques> p. 2 5 , n. 24) senza
dubbio non ha torto nell’ipotizzare che il singolare sia dovuto a « u n ’ influenza acciden­
tale del lóannou che precede ».

12
[a concorrenza di Gesù nei suoi riguardi. L’imprecisione
dell’ espressione « peri katharismou» orienta piuttosto ver­
so le abluzioni giudaiche in generale (cfr. Gv 2,6, a pro­
posito delle giare di Cana), e si pensa di accostare la di­
scussione a quella che nei sinottici4 riguarda le regole di
purità. Ma in questo caso lo svolgimento della conversa­
zione soffre di una lacuna che si fa fatica a colmare.
Seconda difficoltà: come spiegare qui lo stupore scan­
dalizzato dei discepoli di Giovanni in 3,26? Infatti questi
discepoli hanno precedentemente sentito il loro maestro
esprimere la più eloquente testimonianza su Gesù (1,19-34):
sanno ormai che Gesù è « l’Agnello di Dio» , che toglie «il
peccato del mondo», che « era prima» di Giovanni Batti­
sta, che è « l’Eletto di Dio » . La scappatoia che consiste
nel distinguere due gruppi diversi di ascoltatori viene con­
traddetta da quanto riferiscono gli stessi discepoli del Bat­
tista, che rinviano esplicitamente alla testimonianza del loro
maestro (3,26b: « colui... cui tu hai reso testimonianza»)
e, più avanti (3,28), dalla dichiarazione di quest’ultimo:
« Vo i stessi mi siete testimoni che ho detto: “ Non sono
io il Cristo, ma sono colui che è stato mandato davanti
a lui” » — parole che riproducono la smentita di Gv 1,20.
In effetti la scena e le parole che si leggono in Gv 3,22-30
richiamano proprio l’insieme di Gv 1,19-34, al punto che
alcuni hanno visto nei due passi un doppione derivante da
due fonti diverse. Questo significa senza dubbio voler es­
sere troppo precisi. Ma è giusto osservare che queste due
scene5, incorporate nella stessa opera, si accordano tra lo­
ro solo a prezzo di alcuni aggiustamenti. A questi appar­
tiene innanzitutto la frase in 3,26 (colui al quale tu hai
reso testimonianza), che rinvia alle dichiarazioni del Bat­

4 M e 7 ,l s e par.; Le 11,37- 40; M t 2 3 ,25- 26. A ggiungere Pap. O xy r, 840.


5 Q ualunque sia la loro provenienza, Evitiam o qui deliberatamente una presa di
posizione sulla questione delle fonti scrìtte, A chi volesse continuare la ricerca su que­
sto argomento si consiglia la lettura dell'articolo di M .- E. Boismard (pp. 2 5- 39}, com ­
pletato da M .- E. Boismard - A . Lamouille, Sy nopse, III, p. 126), pur con tutte le riser­
ve che richiedono le opzioni in un simile campo.

73
tista in 1,27.32-34, e poi tutto il v. 28 del capitolo 3, che
si ispira a 1,27 non senza subire l’influenza dell’ applica­
zione tradizionale (cfr. Me 1,2 par.) di MI 3,1 al Precur­
sore. A queste aggiunte va unito l’inciso in 3,24, che cì
informa che « Giovanni non era ancora stato messo in pri­
gione»: con ciò l’ultimo redattore rettifica la cronologia
attestata dai sinottici, secondo i quali Gesù inizia il suo
ministero solo dopo l’incarcerazione del Battista (Me 1,14;
Mt 4,12)6. Considerato il contesto, questa precisazione è
utile.
Alleggerito di queste amplificazioni di ultima mano, l’e­
pisodio si presenta come segue:
— A ttività battesimale di Gesù e di Giovanni in qual­
che parte della Giudea (3,22-23).
— Discussione tra i discepoli di Giovanni con un giu­
deo (o dei giudei) «a proposito della purificazione» (3,25).
— Questi discepoli vanno a trovare il loro maestro per
riferirgli che Gesù battezza, e con grande successo, pres­
so le folle (3,26).
— Discorso di Giovanni per stabilire che tutto è in or­
dine, data la sua inferiorità rispetto a Gesù (3,27-28)7.
L’andamento dell’insieme è abbastanza chiaro8: espo­
nendo il fatto dei due battesimi paralleli e poi ricordando
un dibattito su delle questioni di purificazione rituale9, l’e­
vangelista ha voluto probabilmente suscitare una doman­
da nella mente dei lettori: non ci sarebbe stata ugualmente
tra Giovanni e Gesù qualche divergenza, o addirittura una
separazione? La risposta è immediata ed è del tutto negativa.

6 Luca menziona l’imprigionamento di G iovanni Battista prima del battesimo di


G esù (3,20» con 4,14), per concludere con il primo, in base a uno schema agio-cronologico
di cui si ritrova l’ espressione in Le 16,16 e A t 1 3 ,2 5 , C fr, anche pp< 68*69.
7 II seguito (3,29- 36) solleva il problema: chi parla? G iovanni Battista? G esù (al
prezzo di una trasposizione)? L'evangelista? Si veda lo status quaestionis in R. E. Brown,
Giov anni, op, cit.> I, pp* 211*212.
8 C fr. W . K laiber, Z euge1 pp. 2 1 2- 213.
9 L ’ipotesi che vede in G v 3,25 una lezione primitiva secondo la quale i discepoli
di G iovanni si sarebbero opposti a « G esù » stesso o ai suoi adepti {tón tou lèsoti), nono­
stante i vantaggi che può offrire (cfr. il nostro articolo Le Baptème administréparjésust
p. 8), è alla fin fine avventurosa.

74
Vediamo ora il secondo passo: Gv 4 ,l- 3 10. Come il pri­
mo, anch’esso tradisce una duplice redazione. Infatti, co­
me ammette la maggioranza degli esegeti, il v. 2 è una pa­
rentesi redazionale. Ma quale significato attribuire a que­
sta precisazione, in cui si apprende che Gesù non battez­
zava egli stesso, ma ne affidava l’ amministrazione ai suoi
discepoli? Alcuni pensano che essa rifletta il punto di vi­
sta di cristiani che sapevano che Gesù non aveva battez­
zato e che il sacramento era nato nella Chiesa. Ma questo
significa assimilare troppo facilmente la prima riflessione
cristiana a quella dei critici moderni, mentre la tendenza
generale (e i vangeli ne sono una testimonianza) nei primi
tempi era quella di fondare sulle origini le istituzioni del
presente. D ’altra parte un redattore tardivo avrebbe avu­
to l’informazione necessaria per operare questa rettifica?
Molto più verosimile è l’opinione che intravede qui una
reazione contro il pericolo di assimilare Gesù al Battista
sotto la spinta del movimento che faceva riferimento a lui
e nella linea dell’apologetica dispiegata dall’evangelista, al
quale si sarebbe sostituito il redattore finale.
Ci si può tuttavia domandare perché quest’ultimo non
abbia già inserito questa rettifica dopo 3,22, là dove si
fa menzione per la prima volta dell’ attività battesimale
di Gesù. In mancanza di risposta definitiva, si può sup­
porre che nel capitolo 3 il redattore non abbia voluto se­
parare i due battesimi, quello di Gesù e quello di Gio ­
vanni, che preparano la messa a punt.o che seguirà e il
cui significato è che, a dispetto della somiglianza che unisce
i due ministeri, Giovanni è l’inferiore e deve d ’ora in
poi farsi da parte.
Dopo aver attribuito all’ultimo redattore del vangelo
quanto gli appartiene, dobbiamo ora realizzare la seconda
parte del programma annunciato: questi brani sono pro­
pri dell’evangelista o bisogna riconoscere in essi, in tutto
o in parte, un’eredità della tradizione cristiana?

10 Sulle esitazioni della critica testuale, si veda il nostro articolo, p. 8 e n. 23.

75
4.2 L ’origine tradizionale delle due notizie

Per rispondere alla domanda posta facciamo una prima


ricerca e domandiamoci quali ragioni abbiano potuto inci­
tare l’evangelista a creare di sana pianta un battesimo am­
ministrato da Gesù. A questo scopo è importante confron­
tare ciascuna delle due notizie con il loro contesto.
Il primo contesto è costituito dal discorso di Giovanni
Battista, che mette in rilievo la sua inferiorità rispetto a
Gesù. Ma per introdurre e avviare questo sviluppo era forse
necessario includere il battesimo nell’ azione concorrente
dei due personaggi? Le parole di Giovanni in 3,27-29 o
3,27-36 non contengono la minima allusione a questo ri­
to !11. Certo, non mancano autori che trovano qualche
rapporto tra il battesimo attribuito a Gesù e certi dati del
vangelo di Giovanni, così che esso non appaia li come un
corpo estraneo. Ad esempio, per Charles Harold Dodd12,
l’ evangelista, che ha già presentato Gesù come colui che
doveva battezzare nello Spirito (1,33), ha voluto con que­
sta scena far capire al lettore che questo battesimo è ugual­
mente un battesimo d’ acqua e collegare cosi a Gesù il
sacramento cristiano. Queste corrispondenze e altre an­
cora13 fanno appello al simbolismo senza attribuire all’ e­
vangelista l’idea che Gesù avesse già praticato e quindi fon­
dato il battesimo cristiano14. Ma bisogna senz’ altro rico­
noscere che riferendo che Gesù battezzava, lo stesso evan­
gelista non obbedisce a una necessità imposta dalla

11 Si confronti l ’opposizione tra i due battesimi in M e 1,8; M t3 , l l ; L c3 ,1 6 . C fr.


pp. 32-34.
12 La tradizione storica, pp. 347- 348.
15 C fr. X . Léon-D ufour, « Et là, Jésus baptisait», pp, 303- 308; F.-M . Braun, Jean
le Tkéologien (EtB), Paris 1972, III, p. 152.
14 Per eliminare quest’ idea dal quarto vangelo non è molto appropriato addurre G v
7 ,3 9 (nessun dono dello Spirito prima della Pasqua), perché G iovanni non testimonia
in modo evidente il dono dello Spirito nell’atto stesso del battesimo, associazione del
resto fluttuante nel N uovo Testam ento. C fr. pp. 123- 126. Cade cosi l’ obiezione dei
padri e degli esegeti posteriori (cfr. X . Léon-D ufour, « Et là, jésus baptisait», op, cit.,
pp. 296- 298), contro l’ assimilazione del battesimo amministrato da G esù al battesimo
cristiano a partire dai dati giovannei sull’ effusione dello Spirito (G v 1 5 ,2 6 ; 16,7- 15;
2 0 ,2 2 ), dati che del resto non includono alcuna menzione del battesimo.

76
sua esposizione o dalla sua dimostrazione. Per introdurre
uno sviluppo sulla superiorità di Gesù su Giovanni era suf­
ficiente, dopo tutto, menzionare la loro predicazione pa­
rallela e il rispettivo successo. E quindi ragionevole am­
mettere che, scrivendo in 3,22b che Gesù battezzava, l’e­
vangelista riferisca quanto egli conosceva per tradizione.
Passiamo alla seconda menzione di questo battesimo
(4,1-2). Quanto abbiamo detto della prima vale anche qui.
Anche se è possibile stabilire un contrasto tra 1’« acqua vi­
va» promessa da Gesù (4,10-15) e l’acqua « dei giudei» del
pozzo di Giacobbe (4,6), non si può fare altrettanto con
l’acqua del battesimo amministrato da Gesùl In realtà l’e­
vangelista utilizza la notizia precedente per ricondurre Ge­
sù in Galilea via Samaria. Qui, come sopra, la menzione
del battesimo non è necessaria per illustrare il successo di
Gesù.
Ma oltre a questo ragionamento di tipo negativo, esì­
stono degli argomenti positivi in favore del carattere pre-
giovanneo delle notizie in questione. Non tutte sono ugual­
mente convincenti.
Uno degli argomenti fa ricorso alle precisazioni topo­
grafiche fornite in Gv 3,2315: ci viene detto che Giovan­
ni battezzava « a Ennon vicino a Salim, perché là le acque
erano abbondanti». Il sito è oggetto di discussione16. Non
è possibile però adottare il punto di vista di Norbert
Krieger17, che pensava che questi nomi fossero stati com­
posti in vista di un simbolismo. Innanzitutto la spiegazio­

15 Cosi C . H . D odd, ha tradizione storica nel quarto vangelo, p. 3 4 0 ; J. Jerem ias,


Teologia del Nuov o Testamento, I, Paideia, Brescia 1972, pp. 58- 59.
16 A lcuni collocano Ennon in Perea, altri nella parte nord della valle del G iorda­
no, a sud di Beth-Sheàn- Scy thopolis, altri ancora in Samaria, a una dozzina di chilome­
tri a nord-est di N ablus {A y n Fàràb). Per i dettagli e la bibliografia, cf r. M .- E. Boi-
smard, Aetton, près de Salem, J. M urphy-O ’ Connor, Jo hn thè Baptist and Jesus, op, cit.,
pp. 563- 365. Q uesti autori optano per la terza soluzione e cercano di dimostrarne le
ragioni. Secondo J. A . T . Robinson (The « O thers» o fjo hn 4 ,38, StEv 1 [T U 73], Berlin
1959, pp. 510- 515), seguito da M .- E. Boismard e J. M urphy-O ’ Connor, gli « altri» in
G v 4 ,3 8 sarebbero G iovanni Battista e i suoi discepoli che avevano preparato la con­
versione dei samaritani alia missione cristiana. Ci si dispenserà dal prendere posizione
qui su questi punti discussi.
” Fiktive O ri der Johannes- Tattfe, in Z N W 45 (1953- 1954) 121-122 (122).

77
ne, « perché là le acque erano abbondanti» , per la sua pro­
saicità non favorisce questa teoria. Inoltre non è possibile
che l’evangelista, la cui intenzione è quella di abbassare
il Precursore, abbia potuto valorizzarlo grazie a toponimi
fittizi che farebbero di lui un agente della « salvezza» 18.
Se si voleva utilizzare questo procedimento, Gesù, non
Giovanni Battista, doveva essere collocato in questo po­
sto. Per finire, aggiungiamo con W alter Klaiber19 che se
l’ evangelista avesse pensato qui a un simbolismo avrebbe
tradotto il nome in questione, come fa per Siloe (9,7). Per­
ciò, tutto porta a credere che questi dettagli corrisponda­
no a una tradizione derivata dalle prime comunità palesti­
nesi. Ma è possibile sfruttarli per accordare la stessa origi­
ne all’informazione concernente, questa volta, il battesi­
mo amministrato da Gesù? La risposta è negativa, sempli­
cemente perché non riguardano lui ma soltanto Giovanni
e perché non è sufficiente che le due notizie siano associa­
te nel vangelo perché lo siano state già precedentemente,
come se il carattere tradizionale dell’uno si estendesse
all’altro20. Per poterlo ammettere sono necessari altri
argomenti21.
Raymond E. Brow n22 mette in evidenza che mostrare
Gesù che battezza significa fornire ai discepoli del defun­
to Battista « un’arma pericolosa» di cui si potevano servi­
re per ricondurre Gesù al rango di semplice imitatore del
loro maestro. Non l’ha inteso forse così il correttore re­
sponsabile della parentesi in 4,2?2J. Se perciò l’evangeli­
sta ha menzionato questo fatto significa che l’ aveva rice­

18 Ennon (A inon) è la trascrizione dell'aramaico ày nan, « le fonti» , e Salim evoca


shlìm(a), « pacifico» . M a N . K rieger, a proposito del secondo term ine, pensa a « p ace» ,
« salvezza », in aramaico ihkm(a), il che non corrisponde tanto all’equivalente greco di G v.
19 Zeuge, op. cit., p. 214.
20 C fr. pp. 79- 80 l'obiezione a partire da uno sviluppo eventuale dell'evangelista
che si basava su 3 ,2 3 per costruire 3,22.
21 Cfr. p. 79.
22 Giovanni, op. cit., I, p. 205.
23 J. Becker {Johannes der Taufer, p. 13) menziona la correzione in G v 4 ,3 per sta­
bilire che ia notizia precedente non è stata inventata. M a niente prova che l'evangeli­
sta abbia sentito lo stesso disagio del suo correttore.

78
vuto dalla tradizione. L’argomento è dubbio, perché lo stes­
so evangelista si manifesta del resto abbastanza libero nei
confronti della tradizione — non ha forse eliminato un
evento come quello del battesimo di Gesù da parte di Gio ­
vanni? — per sentirsi obbligato a riprodurre questo dato
nel caso in cui avesse in qualche modo costituito un osta­
colo per la sua dottrina. Se l’ha conservato non è certo per­
ché lo percepiva come « un’arma pericolosa», ma come ele­
mento utile per il suo insegnamento.
Ma cosa ben diversa è dire che egli l’ha inventato. In
questo caso, infatti, egli stabilirebbe tra Giovanni e Gesù
Li na parità che non va nel senso dell’apologetica che di­
spiega. Del resto egli si preoccupa di sottolineare che Ge­
sù «battezzava più di Giovanni» (4,1). L’informazione vie­
ne raccolta, anche se corretta, proprio per non essere « l’ar­
ma pericolosa» che sarebbe allo stato puro. L’argomento
è valido in favore della sua appartenenza alla tradizione.
A questo argomento si aggiungono delle osservazioni di
carattere stilistico che fanno sospettare una penna diversa
da quella dell’evangelista.
Nel primo passo i versetti 3,22 e 3,23 sono strettamen­
te legati tra loro da una successione di imperfetti, una fra­
seologia che, nota C. H. Dodd24, non è tipicamente «gio­
vannea». Come del resto il v. 23, con le sue precisazioni
topografiche, trasmette un’informazione, il v. 22 ha delle
buone possibilità di avere la stessa origine25.
Ragioni analoghe depongono in favore di un nucleo pre-
giovanneo nel secondo passo. La frase in Gv 4,1 è estre­
mamente laboriosa, come le sue tre subordinate a catena
(.bós [...] egnò boti èkousan [...] boti [...] potei..,), cui
si aggiunge la successione di ho kyrios 26 e di lèsous come

2A La tradizione storica, op. cit., p. 346.


23 Solo ['espressione meta tauta, all’ inizio del versetto, in quanto chiaram ente gio­
vannea, appartiene sicuramente all’ evangelista.
26 La difficoltà rimane la stessa se si opta per la variante ho lèsous. C fr. lo stato
della tradizione manoscritta in R. Schnackenburg, Il Vangelo di Giovanni, I, pp. 628-629,
n. 4.

79
soggetto della prima e della terza. « La precedente indagi­
ne — nota C. H, Dodd27 — ci ha portato alla probabile
conclusione che il quarto evangelista [...] abbia largamen­
te attinto a un materiale che gli era pervenuto in forma
tradizionale»28.
Queste osservazioni di ordine filologico prevengono
un’ obiezione. Mentre l’ informazione in Gv 3,23 sull’ atti­
vità battesimale del Precursore, con tutti Ì suoi dettagli
topografici, porta i segni di una tradizione, quella che con­
cerne Gesù nel versetto precedente è vaga. Ci possiamo
domandare se l’evangelista, che disponeva della prima, non
abbia fabbricata la seconda sulla base di quella perché le
facesse da pendant e avviasse la discussione seguita dalla
precisazione sull’inferiorità del Battista. Si è visto sopra
il legame stilistico, dall’impronta non giovannea, che uni­
sce Gv 3,22 e 3,23, il che trattiene dall’attribuire il primo
versetto al solo evangelista. Ma a ciò bisogna aggiungere
che quest’ ultimo difficilmente avrebbe potuto, da sé, sta­
bilire un parallelo tra le due figure. Come abbiamo già os­
servato, una tale operazione non favoriva la linea antigio-
vannea ristabilita dall’evangelista.
Un’altra obiezione adduce il silenzio dei sinottici sul bat­
tesimo amministrato da Gesù. La risposta è che il quarto
evangelista, se non offre né più né meno sicurezza storica
degli altri tre, fornisce molti dettagli inediti di cui non si
può attribuire a lui la creazione. Egli disponeva senza dub­
bio di una tradizione propria di cui un buon numero di
elementi erano ignoti ai sinottici. Non si fa fatica a inseri­
re tra questi il battesimo in questione, tanto più che l’o­
missione volontaria, a un certo stadio e in una certa cer­
chia, di questo dettaglio della vita di Gesù sarebbe com­
prensibile se si voleva con ciò eliminare ogni tentativo di
vedere in Gesù un discepolo e un imitatore del Battista29.

27 La tradizione storica, op. cit., p. 349.


28 Sul carattere senza dubbio ugualmente tradizionale della partenza per la G alilea
(G v 4 ,3} si veda il nostro articolo Le B apiente administré par Jésus, p. 16.
29 C fr. J. Becker, Johannes der Tàu/er, op, cit,, pp. 13-14.

80
Gli argomenti che abbiamo esposto e le risposte alle obie­
zioni non sconfinano nel campo della storia. Un tratto , un
l'acconto possono essere « tradizionali» , essere preesistiti
lille redazioni evangeliche e perfino alle loro fonti scritte
senza per questo meritare pieno affidamento quanto alla
realtà dei fatti. Avendo concluso che il battesimo ammi­
nistrato da Gesù non è un’ invenzione del quarto evange­
lista, non si è ancora provato che non sia stato inventato
precedentemente.

4.3 Gesù battezzatore e la storia

Tra gli autori che hanno studiato l’origine del battesi­


mo cristiano, un buon numero riconosce un fondo storico
ai due passi di cui ci stiamo occupando; altri lo mettono
in dubbio o lo contestano30. Vediamo rapidamente gli ar­
gomenti a favore e contro la storicità.
In suo favore viene fatto notare che, in mancanza di
un’esatta corrispondenza nei sinottici, questi presentano
degli episodi analoghi a quanto si legge in Gv 3,22-26. Tut­
tavia questo argomento è utilizzabile solo a due condizio­
ni: la prima è che i co ntatti in questione siano abbastanza
stretti da giustificare il ragionamento; la seconda, e la più
importante, è che i dati ai quali si fa ricorso posseggano
delle buone garanzie di storicità. Vediamo gli esempi.

Gli elementi contenuti nel racconto giovanneo — secon­


do X. Léon-Dufour31 — corrispondono per la maggior par­
te a dati certi della tradizione sinottica. Nel corso della vita
pubblica i discepoli di Giovanni si scandalizzano del compor­
tamento di Gesù, domandandosi se egli sìa proprio colui che
deve venire (Mt 11,2-3). Precedentemente era sorta una di­

30 Si veda la lista degli autori nel nostro articolo citato alla nota 28, pp. 17-18,
n. 69 e 70.
** « Et là, ]ésus baptìsait»t pp. 300-301.
81
scussione tra i discepoli di Giovanni e Gesù circa il modo
in cui i discepoli di quest’ultimo osservavano la prassi ritua­
le; ora, per una coincidenza che non può essere fortuita, vi
si parla dello «sposo» {Mt 9,14-15), unico passo sinottico (oltre
alla parabola delle dieci vergini, Mt 25,1-13) in cui il termi­
ne sia menzionato (cfr. Gv 2,9). Infine, è la presenza dello
sposo che distoglie l’attenzione di quelli che hanno posto la
domanda. Una tale corrispondenza, sia delle parole che dei
temi, parla nettamente in favore del fondo storico della tra­
dizione giovannea.

Questa argomentazione che — come si sarà osservato


— si estende sugli elementi del discorso di Giovanni Bat­
tista in Gv 3,27-36, si ritrova in C. H. Dodd32, che con­
fronta ugualmente questo passo con il dibattito sul digiu­
no (Me 2,18), per ricondurre il primo a un « nucleo» che
include una risposta del Battista sul tema dello « sposo».
Si può dire che con questo sia stata provata la storicità
del resoconto giovanneo? Ci sia permesso di dubitarne,
perché le due condizioni nominate sopra non sono soddi­
sfatte.
L’«ambasciata di Giovanni Battista» (Mt 11,2-6; par.
Le 7,18-23), come si è visto33, non offre, per così dire, al­
cuna garanzia storica. Ma l’episodio riprodurrebbe dei fatti
reali che non è possibile utilizzare, considerata la scarsa
somiglianza con Gv 3,22-26. In quest’ultimo passo si as­
siste a un conflitto da cui emerge l’ ostilità dei discepoli
di Giovanni nei riguardi di Gesù; in Mt 11,2-6 e par., si
tratta di una domanda che il Battista stesso, tramite i suoi
messaggeri, rivolge a Gesù circa la sua identità messiani­
ca. Da una parte, il dibattito è provocato dal ministero si­
multaneo dei due personaggi; dall’altra, invece, Gesù opera
da solo, mentre Giovanni è in prigione, da dove uscirà so-

32 La tradizione storico, op. cit. , pp. 3 4 4- 346. L ’ autore sottolinea inoltre l'im pron­
ta non giovannea in G v 3,20.
« C fr. pp. 26- 27.

82
Id dopo che è stato decapitato: lo schema che suppone la
scena in Mt 11,2-6 e par., è quindi quello dei sinottici,
d ie non lascia sospettare per niente un’attività parallela,
nemmeno temporanea. Questa duplice differenza rende av­
venturosa un’ argomentazione a partire dalle similitudini:
queste, in definitiva, si rivelano estremamente vaghe.
Ugualmente estranea alla notizia del IV vangelo è la di­
scussione sul digiuno (Me 2,18-20; par. Mt 9,14-15). In­
nanzitutto si fa difficoltà a considerarla come una scena
vissuta. Senza negare la possibilità che una espressione di
Gesù sia stata inclusa in questa pericope (Me 2,19a; se­
condo alcuni Me 2 ,19ab), il cammino evocato in Me 2,18a
è una messa in scena dell’evangelista, a partire dalla do­
manda seguente e che mira a introdurre un frammento po­
lemico in cui gli interlocutori di Gesù erano dapprima ano­
nimi: i discepoli di Giovanni non possono aver parlato di
sé dicendo « i discepoli di Gio vanni» !34. Comunque sia
del resto, il problema è qui del tutto diverso rispetto a Gv
3,22-26: il dibattito non riguarda gli eroi fondatori, ma
i gruppi che si rifanno a essi e al loro modo di vivere; inol­
tre, invece di un’identità di azione, a provocare la contro­
versia è la differenza.
A dire il vero, è tempo perso voler trovare nei sinottici
il passo adatto a confermare la storicità della testimonian­
za del IV vangelo sui due battesimi35. Ma aggiungiamo
che non è nemmeno legittimo utilizzare questi stessi van­
geli per demolire tale storicità.
Non è necessario ritornare sull’obiezione che adduce il
loro silenzio sull’argomento: se la risposta formulata
sopra36 vale allo stadio della tradizione, per ciò stesso si
toglie ai sinottici il loro diritto a qualche privilegio sul piano

^ Su quest’ episodio nei Ere sinottici e Sa bibliografia corrispondente si veda il no­


stro articolo, citato nelia nota 28, p. 2 0 , n. 80.
35 Bisogna estendere la stessa impossibilità agli A tti, poiché l’ ipotesi di J. M urphy-
O ’C annor {John thè Baptist and jestts, op. cit., pp. 3 67- 368), che suggerisce di vedere
in A pollo e nei discepoli di G iovanni di Ef eso dei battezzati di Gesù, è azzardata. Uno
studio della redazione lucana perm ette di giungere a delle conclusioni meno arrischiate.
36 Cfr. p. 37.

83
della storia. Ma è necessario precisare ulteriormente que-
sto diniego.
Talvolta infatti si sostiene che Giovanni, per il fatto che
non coincide su questo punto con lo schema dei suoi pre­
decessori, non può trasmettere un’informazione valida: il
resto della tradizione non si oppone forse a un ministero
parallelo di Gesù e del Battista? Certo , ma che valore sto­
rico ha questa tradizione? In realtà, nella sua versione dif­
ferenziata — Gesù inizia il suo ministero solo dopo l’in­
carcerazione di Giovanni — essa appare solo in Marco
(1,14), che l’ha trasmessa a Matteo (4,12). Luca, nonostante
i suoi rimaneggiamenti, ne lascia sussistere delle tracce
(3,19-20). Senza dubbio, bisogna riconoscere che ciò fa­
cendo Marco non operava una piena innovazione e che al­
tri testi rinviano l’attività di Giovanni a un passato tra­
scorso, mentre quella di Gesù si esercita attualmente37.
Ma la cronologia tracciata nel secondo vangelo, più che
una successione reale, riflette una visione teologica, quel­
la della storia della salvezza. Che Marco abbia saputo o
meno che Gesù e Giovanni avessero operato l’uno accan­
to all’altro per un certo tempo, si tratta di un’informazio­
ne per lui superflua o, più ancora, ingombrante. In com­
penso, nulla impedisce che essa sia stata veicolata altrove
nella Chiesa e che il quarto evangelista l’abbia raccolta,
insieme ad altri dati inediti, per utilizzarla a modo suo.
E ancora Marco che aiuta a formulare un’altra obiezio­
ne. Gerard Lohfink38 ha fatto notare che, se davanti al
successo di Gesù si è potuto riconoscere in lui il Battista
redivivus, è stato perché quest’ultimo era morto quando
Gesù aveva inaugurato il suo ministero. Ma, pur ammet­
tendo che la pericope marciana conservi qualche traccia

57 M t 1 1,12- 13, par. Le 16,16. Q uesta successione è virtualmente presente in M e


1>7> par. M t 3,11 e nell’ insieme della tradizione cristiana che fa di G iovanni l’annun­
ciatore del M essia G esù (cfr- pp. 24- 27). In compenso, A t 1Q ,37'38, pervaso del resto
di formule lucane, non testimonia una tradizione diversa da quella di Luca, già nel suo
vangelo (3,19- 20}, raccolta da M arco.
UrspntPtg, p. 36.

84
storica39, la sua utilizzazione nel caso presente è contesta­
bile. Infatti, perché situare la reazione di Antipa e quella
delle popolazioni della Galilea all’inìzio della vita pubbli­
ca di Gesù? Lo stesso Marco (6,l4a) sembra opporvisi quan­
do lascia intendere che era trascorso un certo periodo di
tempo per permettere alla fama di Gesù di diffondersi e
di giungere alle orecchie del tetrarca.
Un’ultima obiezione, presa dallo stesso autore40, rico r­
da che l’ordine di missione, sia secondo Me (6,7-13; par.
Le 9,1-6) sia nella seconda fonte sinottica (Le 10,1-16; Mt
10,5-15), non implica che i discepoli debbano battezzare
o proclamare la necessità di un battesimo. Dato che que­
sti ordini nel loro insieme sono antichi e che, d’ altra par­
te, le attività presenti (guarigioni, annuncio della vicinan­
za del Regno di Dio) sono solo la trasposizione di quelle
che Gesù colloca al centro del suo proprio compito, la con­
clusione è che Gesù non ha battezzato. Ma questo ragio­
namento è difficile da seguire fino in fondo. Vogliamo di­
re che esso non obbliga ad ammettere che Gesù non ha
mai battezzato. E infatti perfettamente plausibile che Gesù,
avendo in un primo tempo fatto uso di questa pratica, nella
linea tracciata da Giovanni Battista, abbia poi cessato di
farlo in seguito. Fermiamoci un istante su questa ipotesi,
che è possibile rafforzare.
Gesù ha ricevuto il battesimo di Giovanni, e con ciò
si inserisce nel suo movimento e si colloca sotto la sua in­
fluenza. D ’ altra parte, come Giovanni ..predica la conver­
sione in una prospettiva escatologica'’1. Si può immagina­
re perciò che i suoi primi adepti si siano aspettati da lui
che anch’egli conferisse un battesimo. Ciò si comprende

C fr. anche p. 48.


40 G . Lohfink, Ursprung, op. cit., p. 36.
41 Sul tema della conversione attribuito a G esù nei vangeli, cf r. M e 1,15 e par.
M t 4 ,1 7 ; M t 11,20- 21 e par. Le 1 0 ,1 3 ; M t 12,41 e par. Le 11,32; Le 5 ,3 2 ; 1 3 ,3.5;
15,7.10 (metanoein, tnetanoia)-, M e 4 ,1 2 e par. M t 13 ,1 5 ; 18,3 (strepheìn, epistrephein).
Senza che tutte queste parole possano avere la pretesa di risalire a G esù in persona,
bisogna prendere atto di questa costante evangelica come se fosse globalmente l’ eco
ilei In sua predicazione.

85
ancora meglio se, come riferisce il quarto vangelo, alcuni
discepoli di Gesù si erano trovati dapprima nella sfera del
Battista42. Ma questo non ci obbliga ad ammettere che
Gesù abbia battezzato nel corso di tutta la sua vita pub­
blica.
Infatti, secondo la testimonianza del vangelo giovanneo,
questa pratica è limitata al periodo iniziale e giudaico del
ministero, dato che in seguito non se ne parla più. Le ra­
gioni che permettono di spiegare questa interruzione non
sono fornite direttamente nel testo e non è possibile dare,
a questo proposito, delle soluzioni perentorie. Aggiungia­
mo nondimeno alcune osservazioni che possono aiutare a
far progredire la ricerca.
La prima consiste nelTammettere la possibilità di un’e­
voluzione nella mente di Gesù circa la portata della sua
missione. Essendo stato battezzato da Giovanni, è possi­
bile che egli abbia aderito al suo movimento e che abbia
anche dato il suo contributo positivo assistendo il profeta
nella predicazione e nel suo ministero battesimale45. In
seguito, toccato dalla miseria e dall’abbandono di un’in­
tera parte della popolazione (cfr. Me 6,34; 8,2; par.), si
sarà reso conto che si imponeva per lui una missione es­
senziale di misericordia e di perdono gratuito, senza una
conversione preliminare, e che per ciò stesso lo staccava
dalla predicazione e dalla prassi di Giovanni44.

Cfr. pp. 45- 46.


45 E quanto propone anche J. M urphy-O ’Connor, il quale pensa, inoltre, che il Ba
tista abbia lasciato andare qualcuno dei suoi discepoli per metterli a disposizione di
G esù e aiutarlo nel suo ministero battesimale (John thè Baptist and Jesus, op. cit., p,
362). M a quest’ ultimo punto si scontra con due difficoltà per il fatto che i due indizi
in suo favore dipendono quasi certam ente dall’ apologetica giovannea, sia che si tratti
del trasferimento di discepoli in G v 1,35- 51 (cfr. pp. 45- 46) come dei battesimi attri­
buiti ai discepoli di G esù (4,2) (cfr. p. 75).
44 P. W , H ollenbach, The Conversiott o f Jesus: From Jesus thè Baptizer to Jesus th
Healer, in A NR W 11, 2 5 / 1 , Berlin-N ew Y ork , 1982, pp. 196- 259 (2 0 9- 211), sviluppa
una spiegazione di questo genere aggiungendovi un supplemento che, se colma una la­
cuna, non adduce alcuna certezza: G esù avrebbe scoperto a un tratto il suo potere di
esorcista ed, essendosi questo rivelato di origine divina (cfr. Le 11,20), avrebbe acqui­
sito la convinzione di essere lo strumento di D io per rovesciare Satana e stabilire il
Regno di D io sulla terra. Per cui, a partire da questo momento, avrebbe cessato di pre­
dicare il battesim o di pentimento per praticare delle guarigioni e proclamare il Regno.

86
La seconda osservazione riguarda il modo di vivere adot­
tato da Gesù in compagnia di alcuni discepoli. L’urgenza
del Regno non ammette ritardi. Gesù percorre in lungo
e in largo la Galilea, conduce una vita itinerante e dà ai
suoi discepoli degli ordini in cui si percepisce il desiderio
di raggiungere in un tempo minimo il maggior numero pos­
sibile di persone45. Un battezzatore — per immersione!
— deve stare presso un fiume o una sorgente abbondan­
te, come Giovanni a Ennon, dove « le acque erano abbon­
danti» (Gv 3,23). Ma Giovanni era un predicatore stabile
che si limitava ad accogliere le folle che venivano da lui46.
Non è così per Gesù che, avendo optato per un’altra for­
ma di ministero, doveva a ogni modo rinunciare a bat­
tezzare47.
Jùrgen Becker48 scrive che non è stata trovata alcuna
motivazione che giustifichi la finzione per quanto riguar­
da il battesimo amministrato da Gesù. Non si potrebbe
tuttavia pensare — ed è questa un’ultima obiezione — che,
mostrando Gesù nel compimento di questo rito, si sia vo­
luto, all’origme di questa tradizione, attribuire a lui la fon­
dazione del sacramento al pari dell’istituzione eucaristi­
ca? La risposta è semplice. Da una parte, nei dati che ci
sono pervenuti, non viene dato da Gesù nessun ordine di
battezzare a sua imitazione (cfr. lCo r ll,2 5 c ; Le 22,19b).
D ’altra parte questo battesimo appare ogni volta, se non
alla pari, almeno in parallelo con quello di Giovanni: una
creazione a fine eziologico avrebbe proceduto senza alcun
dubbio in modo diverso.
Ma la questione del rapporto tra il battesimo cristiano
e queste notizie fugaci del quarto vangelo si pone anche
in senso inverso: se, come abbiamo ammesso, questo bat-

45 M t 8 ,2 0 c par. Le 9 ,5 8 ; M e 1,38 e par. Le 4 ,4 3 ; M e 6,8- 9 e par,; Le 10,3-12


e par.
46 M e 1,5 e par. M t 3 ,5 . Il predicatore itinerante che ci viene presentato in Le 3,3
è strettam ente proprio di questo vangelo e debitore al suo autore. Cfr. H . Schurmann,
/ / Vangelo di Luca, op. cit.f I, pp. 2 9 4 - 2 9 5 .
47 Per uno sviluppo in questo senso, cfr. G . R. Beasley-M urray, Baptism, pp. 70-71.
48 Johannes der Tàufer> op. cìt,y pp. 13*14.

87
tesìmo prepasquale ha una buona consistenza storica, non
ha giocato un qualche ruolo nell’ adozione di un rito simi­
le alle origini della Chiesa e, in caso affermativo, qual è
stato questo ruolo?

4.4 Gesù battezzatore e l’origine del battesimo cristiano

Se Gesù ha battezzato, quale significato dava al suo bat­


tesimo? I testi non dicono niente al riguardo. Possiamo
tuttavia avanzare delle ipotesi. I rapporti storici di Gesù
con Giovanni Battista e il fatto che solo i due battesimi,
tra le abluzioni giudaiche, implichino un ministro battez­
zatore, permettono di pensare che il battesimo dell’uno
possedesse almeno parzialmente il significato del battesi­
mo dell’altro49. E il caso, in particolare, della remissione
dei peccati. Senza dubbio s’impongono qui delle sfumatu­
re a causa del ruolo rispettivo che l’uno e l’ altro si at­
tribuiscono. Giovanni e Gesù predicano entrambi la con­
versione50. Il primo però fissa il suo sguardo profetico
verso una creatura, una variante del Messia51. Gesù an­
nuncia il « Regno di Dio» . Se ne può dedurre che, rice­
vendo il battesimo di Gesù con la decisione di cambiare
vita, le folle giudaiche aderissero a quest’inviato di Dio,
ultimo prima della fine, più strettamente di quanto non
facessero gli adepti di Giovanni nei riguardi del loro mae­
stro. Una seconda distinzione conferma la prima: Giovanni
predica e battezza allo scopo di sottrarre i suoi compatrio­
ti al temibile giudizio che sta per abbattersi su di loro; Ge­

49 Checché ne dica J, M urphy-O ’ Connor {John thè Baptist and Jesus, op. cit., p. 366),
non significa cedere al « soggettivism o» se si accorda al battesimo amministrato da G e­
sù una portata diversa, almeno in parte, da quella del battesimo di G iovanni (cfr. R.
Schnackenburg, II Vangelo dì Giov anni I, op. cit., pp. 619- 621), dal momento che ci
si ispira a delle costanti evangeliche che toccano il messaggio del primo; questo però
senza pregiudizio di una possibile evoluzione nella coscienza che G esù aveva della sua
missione (cfr. p. 86).
50 C fr. p. 8 5 , n. 41.
51 C fr. pp. 33- 38.

88
sù, da parte sua, dichiara e manifesta già nelle sue opere
di misericordia l’arrivo della salvezza: « Gesù non dice: Pen­
titevi affinché siate salvati al momento del giudizio; ma
dice: La salvezza è qui, perciò pentitevi» 52. Questo aspet­
to positivo — che non esclude il castigo per chi rifiuta il
dono di Dio — doveva determinare il significato del bat­
tesimo: colui che lo riceveva non intendeva prevenire il
castigo, ma attualizzare a suo vantaggio il piano di perdo­
no e di restaurazione che Gesù veniva a compiere53.
Queste caratteristiche evocano i frutti del battesimo cri­
stiano, che, inoltre, possiede la stessa configurazione ceri­
moniale di quelli di Giovanni e di Gesù. Ma questo com­
porta forse come conseguenza che il rito della Chiesa non
sia altro che la continuazione postpasquale di quello che
Gesù aveva praticato durante la sua vita terrena? La ri­
sposta è negativa, perché l’interruzione attestata dall’in­
sieme della tradizione evangelica fa emergere il carattere
episodico e l’importanza relativa di questo battesimo in
seno alle attività di Gesù. Si comprende perciò perché la
letteratura cristiana antica eviti di far appello a esso quando
si tratta di fondare il rito di ingresso nella Chiesa; e se il
quarto vangelo lo menziona, non ne sfrutta la portata pre­
sacramentale. Questo silenzio quasi generale esclude una
dipendenza propriamente detta di un battesimo verso
l’altro.
Non si può tuttavia contestare che la prassi battesimale
ereditata dal profeta Giovanni, esercitata per qualche tem­
po da Gesù, abbia giocato un certo ruolo nell’adozione della
stessa prassi nella prima comunità cristiana. Parlare a questo

52 G . Lohfink, U npmxg, op. cit., p. 49.


53 Che il G esù storico abbia o no perdonato i peccati (cfr. M e 2 ,5 .9 , par,), la con­
versione che egli richiedeva non aspettava l’ avvento del Regno annunciato per ricevere
la risposta del perdono divino. Q uanto si è detto sopra (pp. 29- 30) a proposito del b at­
tesimo di G iovanni vale per quello di G esù, se esso era similmente segno di purifica­
zione dei peccati e di perdono. A ciò va aggiunto che mai, nelle parole di G esù, la ve­
nuta del Regno è associata al perdono (nel Pater la domanda di perdono si trova nella
seconda parte, riguardante l’esistenza dei credenti in questo mondo, nell’ attesa del
Regno).

89
proposito di «anelli di una catena» o di « staffetta» signi­
fica certamente dire troppo, vista l’interruzione che si è
prodotta54; ma la coscienza collettiva della Chiesa nascen­
te, nel riprendere l’ abluzione di Giovanni, poteva forse
dimenticare che Gesù stesso l’aveva praticata, e sentirsi
perciò tanto più libera di adottarla? E difficile dubitarne.

M C fr. p. 118.

90
V
Un’influenza del battesimo dei proseliti?

È possibile rimediare alla semioscurità in cui sono im­


merse le origini del battesimo cristiano prendendo in con­
siderazione l’influenza su di esso del rito analogo che con­
sacrava l’ ingresso di uno straniero nel giudaismo1? Molti
autori rispondono affermativamente2. Altri, manifestan­
do la loro opposizione, fanno valere in particolare il dub­
bio che incombe sull’origine precristiana del battesimo dei
proseliti3. La nostra ricerca ci ha portato in quest’ultima
pista.

5.1 II battesimo dei proseliti secondo le fonti giudaiche

Oltre alla circoncisione, la letteratura rabbinica menziona


come rito di ingresso nel giudaismo il «bagno dei proseli-

1 Q uesto capitolo riassume, con qualche modifica, il nostro articolo Baptème juif
des prosélytes et baptime chrétìen, B LE 11 (1978) pp. 3- 40. Rimandiamo a esso per mag­
giori dettagli e per la documentazione, E stata omessa la prima parte riguardante il
proselitismo giudaico antico in generale.
2 Si veda la bibliografia in G . R. Beasley-M urray, Baptism, p. 18, n. 2. U n’ argo-
mentaEÌone in questo senso si può trovare in J. Jerem ias, Le Baptème des enfants, pp.
31- 51.
3 C fr. W . Brandt, Baptismen, p. 5 9 ; più nettam ente, J. Thomas, M ouvement, pp,
361-366, Si veda soprattutto Io studio completo della questione in G . R. Beasley-M urray,
Baptism, op. cit,, pp. 18-31.

91
ti» , tebilatgerim. Due testi meritano un’attenzione parti­
colare per il fatto che espongono il cerimoniale in questio­
ne: uno è una bardita4 del Talmud babilonese ( Yebamot,
47ab), l’ altro si legge nel trattato extracanonico Gerim
(« proseliti» ), Eccone la traduzione:

I nostri maestri ci hanno insegnato: Al candidato che s


presenta per convertirsi bisognerà porgli in quello stesso mo­
mento le domande seguenti: «Perché vieni per convertirti?
Non sai che in questo momento gli Israeliti sono abbattuti,
tormentati, scacciati e rigettati e che le sofferenze li oppri­
mono?» Se risponde: «SI, lo so e non sono degno», bisogna
accoglierlo subito.
Gli verranno [allora] insegnati alcuni dei precetti leggeri
e alcuni dei precetti pesanti. Gli verrà insegnato anche ciò
che riguarda la colpa, i covoni dimenticati e Ì confini del
campo5 e la decima del povero. Gli verranno insegnate le pe­
ne previste per i precetti [trasgrediti]. Poi gli si dirà: «Sappi
che mentre non eri sottomesso a questa regola, hai potuto
mangiare il grasso [vietato] senza incorrere nella scomunica,
profanare il sabato senza incorrere nella lapidazione. Ma ora,
se mangi il grasso [vietato] incorrerai nella scomunica, se pro­
fani il sabato incorrerai nella lapidazione», E come gli ver­
ranno insegnate le pene previste per i precetti [trasgrediti],
così gli verranno insegnati i doni che riceverà in ricompensa
per averli osservati. Gli si dirà: «Sappi che il secolo futuro
è fatto solo per i giusti, e che gli Israeliti non possono riceve­
re in questo tempo [47b] la pienezza della felicità né quella
del castigo». Tuttavia non gli si imporrà un discorso troppo
lungo né troppo dettagliato.
Se accetta i comandamenti verrà subito circonciso. Se re­
stano su di lui quei brandelli che rendono invalida la circon-

4 II termine, abbreviazione dell'aramaico mainila baratta, « insegnamento esterio­


re» , designa gli insegnamenti ed enunciati dei dottori tannaiti (fino al III secolo della
nostra era) non incorporati nella M ishna.
5 La parte dei poveri in occasione del raccolto: Lv 19,9; D t 2 4 ,1 9 ; 2 6 ,1 2 .

92
cisione6, verrà circonciso di nuovo. Appena guarito, si pro­
cederà al suo battesimo [tnatbìlm ntó\.
Due discepoli dei saggi si terranno presso di lui e gli inse­
gneranno alcuni dei precetti leggeri e alcuni dei precetti pe­
santi. Dopo che si sarà immerso e sarà risalito [tabal we-
‘alah\, allora sarà diventato in tutto un israelita.
Quanto alla donna, delle donne la immergeranno nell’ac­
qua fino alla nuca e due discepoli dei saggi l’assisteranno te­
nendosi fuori. Le insegneranno alcuni dei precetti leggeri e
alcuni dei precetti pesanti.
Il caso è identico quando si tratta di un proselito [propria­
mente detto] e di uno schiavo sul punto di essere affrancato.
La stessa condotta vale sia per la donna che ha avuto le sue
regole e che si immerge che per il proselito e lo schiavo sul
punto di essere affrancato: essi si bagneranno \tóbeltm\, e ogni
elemento di separazione che interviene al di fuori del bagno
invalida questo, tanto per il proselito che per Io schiavo sul
punto di essere affrancato e per la donna che ha avuto le sue
regole [b. Yebamot 47ab].

1) Colui che vuole convertirsi non verrà ricevuto subito.


Si [comincerà col] dirgli: «Perché vuoi convertirti? Vedi che
questo popolo è prostrato, curvo e umiliato più di tutti gli
altri popoli, che è oppresso da malattie e sofferenze, che i
giudei seppelliscono i loro figli e i loro nipoti e che vengo­
no messi a morte a causa della circoncisione, del battesimo
[tebilah] e di tutti gli altri comandamenti. Infatti essi non han­
no il diritto di praticare la loro religione come tutti gli altri
popoli ».
2) Se il candidato dice: «Non sono degno [di piegare il collo
sotto il giogo di colui che disse e il mondo fu — benedetto
egli sia! », verrà ricevuto subito, in caso contrario]7 lo si la­
scerà andare ed egli partirà.
3) Se [il candidato] accetta i comandamenti lo si farà di-

6 N el caso in cui l'uomo sia stato circonciso nel paganesimo.


7 Soltanto in alcuni m anoscritti.

93
scendere nella piscina \bèt ha-tebilahf. Mentre l’acqua lo ri­
copre fino al sesso, gli vengono recitati alcuni punti dei co-
mandamenti, dato che la condizione [per essere aggregato
al giudaismo] è che osservi il covone dimenticato, le spi­
ghe abbandonate, il confine del campo e la decima per il
povero.
4) Come si rivolgono queste parole a un uomo, a una don­
na si dirà [che può diventare ebrea solo] a condizione di os­
servare strettamente le leggi concernenti le mestruazioni, il
prelevamento della pasta e l’accensione del candelabro [sab­
batico].
5) Dopo che [il candidato] si sarà immerso e sarà risalito
{tabal we'alah), gli si rivolgeranno queste parole amabili e
confortanti: «A chi hai aderito, beato che sei? A Colui che
disse e il mondo fu — benedetto egli sia! Perché egli ha crea­
to il mondo solo per Israele. Solo gli Israeliti ricevono dal
Luogo [Dio] il nome di figli e niente al di fuori di Israele è
caro davanti al Luogo. Tutte queste parole che ti abbiamo
detto, te le abbiamo dette per aumentare la tua ricompensa»
[Gerìm, 1-1 -8]9.
Altre precisazioni sono fornite altrove, in particolare con
lo scopo di prevenire un’accoglienza troppo indulgente dei
candidati10 e di combattere la clandestinità11. Si suppone

8 Sull5assenza della circoncisione (a differenza di b. Yebamoti 47 ab, dove essa oc­


cupa il centro del rituale), cfr. Sh. J. D . Cohen, The Kabbtnic Conversion Ceremony ,
m Journal af Jetvtsh Studies 41 (1990) 190- 191. Essendo esclusa l’omissione nel rito (cfr,
anche p. 9 6 , n. 2 0 ), per spiegare questa lacuna l’autore enumera q uattro ipotesi, tra
le quali sceglie le prime due: potrebbe trattarsi o di un testo corrotto (quello di Geritn
è, nell’insieme, in cattivo stato) o di una preoccupazione letteraria che mirava a elimi­
nare le ripetizioni di Yebamot^ rendendo uguali Je due pratiche sull’ uomo e la donna
proseliti.
9 II testo è preso dalla traduzione di G. Polster, V er kleìne Talmudtraktat, p. 2.
Q uesta edizione comprende il testo ebraico con un apparato critico, una versione tede­
sca e un com mentario. Si può trovare la versione inglese di G erìm in sinossi col testo
di b. Yebamot>47ab , in: Sh. J. D . Cohen, The Rabbinic Conversione op. cit.t pp. 178-180.
Q uesti testi sono seguiti da un ricco commentario, al quale rinviamo per tutto ciò che
non riguarda specificamente il nostro argomento.
10 b. Yebamot, 46b -47a; b . Q iddushin, 62ab.
11 /. Yebamo t, V ili,, 8d» l; b. Yebamot, 44b (divieto del bagno dei proseliti duran­
te la notte).

94
che tutto sia coronato da un sacrificio12, che, dopo il 70,
ha solo un valore teorico al pari delle altre prescrizioni ela­
borate in funzione del tempio.
Quale senso dare al battesimo dei proseliti? Su questo
punto siamo costretti a delle congetture. Cominciamo con
10 scartare l’opinione sostenuta a suo tempo da Wilhelm
Brandt13: la circoncisione, essendo causa di impurità,
avrebbe comportato obbligatoriamente un’abluzione. Que­
sto punto di vista è basato su un’esegesi abusiva di un passo
della Mishna14 e si scontra con due obiezioni maggiori: da
una parte il bambino ebreo circonciso non era sottoposto
a un bagno di purificazione15, dall’altra la tesi non rende
conto del bagno delle donne proselite.
Bisogna per questo rinunciare al motivo deirimpurità?
Non sembra.
11 pagano, secondo il giudaismo, è impuro. Già Amos
(7,17) qualificava come « terra impura» il paese delPesi-
110. A ltri passi biblici ci forniscono il motivo di questa im­
purità: i pagani praticano l’idolatria e vivono nell’immo­
ralità, specialmente in materia sessuale16. L’ assimilazione
degli dèi pagani ai demoni17 non farà che confermare que­
sta tara. I giudei del tempo di Gesù e degli apostoli erano
ben consapevoli di tutto questo e avevano paura di conta­
minarsi al contatto coi Gentili (Gv 18,28; A t 10,28). Ma
di quale impurità si tratta?
Non si può parlare qui di impurità levitica, di quella in
cui l’israelita in quanto tale incorre nei casi previsti dalla

12b. Keritot, 9a (o, secondo altre edizioni, 8 la).


13 Baptismen, p. 59.
^ Pesafcim, 8 ,8 . Su questo testo, cir. pp. 102- 104. L ’ interpretazione di Brandt è
stata rifiutata da E. Schurer (G eschichte des judischert Volkes irti Zeitalter Jesu Christi,
111, Leipzig 1909, p. 183, n. 86), dove si troverà un rimando ai suoi partigiani più
antichi (questa nota non è stata riprodotta nell’edizione riveduta inglese, The History
o f thè Jew ish People in thè A ge af ]esus Christ, I I I / l , Edinburgh 1986, p. 174).
II bagno prescritto in questa circostanza (Af. Shahbat, 9.3) è puramente igienico.
16 Lv 18; (1) Esd 9 ,1 1 ; Is 30 ,2 2 .
17 Is 6 5 ,1 1 L X X ; Sai 9 5 ,5 L X X ; 1 Enoch 19 ,1 ; G iubilei 2 2 ,1 7 ; IC o r 1 0 ,2 0 ; per
11 rabbinismo, cfr. Strack-Billerbeck, III, pp. 51-52; il tema sussiste nei Padri della Chiesa:
cf r. E. M angenot, voce « D ém on» , D ThC, IV / 1, col. 3 4 1 , 351- 352.

95
Torah. Anche se su questo punto il vocabolario dei rabbi­
ni manca di precisione — vengono da essi qualificati co­
me impurità sia la contaminazione levitica che il pagane­
simo e lo stato di peccato — , possediamo di essi delle te­
stimonianze antiche e inequivocabili sull’ incapacità dei
Gentili a contrarre l’impurità levitica18. Detto questo, bi­
sogna riconoscere con molti autori che l’usanza del bagno
dei proseliti è potuta nascere solo sulla base dell’impurità
pagana, conseguenza dell’idolatria. Il rito di abluzione evo­
ca per se stesso una purificazione. Anche se l’impurità in
questione non ha avuto nulla di levitico, richiedeva un ri­
to d’acqua per esprimere la sua scomparsa. E quindi mol­
to verosimile che l’analogia con i bagni di purificazione
praticati dai giudei19 abbia fatto sì che un uso analogo si
introducesse al riguardo dei proseliti, a completamento della
circoncisione20.

5.2 Un problema di datazione

Il problema della data è fondamentale per chi cerchi di


precisare i rapporti tra il battesimo cristiano e quello dei
proseliti. Il primo risale alle origini stesse del cristianesi­
mo. Paolo, negli anni 56-58, parlava del battesimo come
di un rito già tradizionale dell’iniziazione cristiana21. Egli
stesso vi si era sottomesso22, il che ci conduce fino al mo­
mento della sua vocazione apostolica, al massimo cinque
18 Tos. Negacim, 7,10; Z uckermandet, p. 627: « G li animali domestici e i non isra
liti non contraggono l'im purità» (al contatto con i lebbrosi): Tos. Zabìm, 2 ,1 ; Z ucker-
mandel, p. 6 7 7 : « Il non-israelita, lo straniero e l'ospite (cfr. Lv 2 5 ,3 5 ) non diventano
impuri per flusso genitale» (zìbah). C fr. S. Z eitlin, The Hataka in thè Gospels and its
Relation to thejew ish Law at thè Time o f Jesus, in HUCA 1 (1924) 357- 373 (360- 361).
Q uest’ analogia viene spiegata da! dibattito della M ishna (cfr. p. 102) dove la
scuola di Hillel assimila il pagano circonciso al giudeo che ha avuto contatto con un
cadavere.
20 Prescindendo dalla legislazione particolare che riguarda gli emofiliaci, non si ve­
de che un proselito sia mai stato dispensato dalla circoncisione. L ’ argomentazione in
senso inverso di N . J. M cEleney (Conversici!, Circumcision and thè Law , in NTS 20
[1973- 1974] 319- 341 [323- 333]) non è convincente.
21 lC or 1,13- 17; 12,13; G al 3 ,2 7 ; Rm 6 ,3- 4.
22 lC o r 1 2 ,1 3 ; Rm 6 ,3 - 4 ; A t 9 ,1 8 ; 22 ,1 6 .

96
anni dopo la morte di Gesù. Una tale antichità è compati­
bile con la teoria che vede nel battesimo cristiano una co­
pia di quello dei proseliti? La risposta è determinata dalla
data di apparizione di quest’ultimo.

5.2.1 II battesimo dei proseliti era praticato alla fine del


I secolo della nostra era. Secondo alcuni rabbini del Tal­
mud, il bagno dei proseliti risale al tempo dell’Esodo23.
Per raggiungere la verità storica bisogna evidentemente
scendere più giù nel tempo. Due testimonianze indipen­
denti ci garantiscono l’esistenza del rito giudaico verso la
fine del I secolo della nostra era.
La prima di queste testimonianze è costituita da una
controversia rabbinica che possiamo leggere in un pas­
so del Talmud babilonese24. Essa mette in scena due
dottori di quest’ epoca, R. Eliezer ben Hyrcanos e R.
Giosuè ben Hananya. Il primo affermava che colui che
è circonciso ma non fa il bagno è un proselito auten­
tico, « infatti troviamo [nella Scrittura] che i nostri pa­
dri erano circoncisi, ma non fecero alcun bagno» (pri­
ma dell’ alleanza sinaitica); il secondo, al contrario, so­
steneva che colui che si era bagnato senza essere cir­
conciso aveva diritto al titolo di proselito, poiché, se­
condo la Scrittura, « le nostre madri hanno fatto il ba­
gno [prima dell’ alleanza sinaitica], mentre non c ’è sta­
ta per esse menzione di circoncisione» . L’opinione co­
mune contemporanea ai due rabbini era tuttavia che Ì
due riti fossero necessari per fare un vero proselito. Que­
sto dibattito, la cui autenticità è sufficientemente pro­
vata25, riflette una problematica alla quale non è certa­
mente estranea l’esistenza parallela del battesimo cri­

23 Secondo b. Soia, 12b, la figlia del faraone discese a bagnarsi (Es 2 ,5 ) « per
purificarsi degli idoli del padre» . Rachi commenta: « in vista del proseK tato». In b.
Keritot, 9a, il bagno e il sacrificio dei proseliti sono messi in rapporto con M osè che
offre il sacrificio dell’ alleanza (Es 24).
24 b. Yebamot, 46a; cfr. ugualmente 71a e j, Q iddushin, III, 64d , 20.
25 C fr. J. N eusner, Eliezer ben Hy rcanus, thè Tradition and thè M an, II, Leiden
1975, p. 236.

97
stiano26. In ogni caso, il battesimo di proseliti vi appare
come un fatto ben radicato.
Di carattere molto diverso e più tardivo è l’informazio­
ne raccolta nelle Conversazioni (Diatribai) di Epitteto, pub­
blicate da Arriano poco dopo gli anni 125-130. Ma il mae­
stro insegnava a Roma prima dell’ 81. Il passo in questio­
ne (11,9,19-21) mira a dissuadere i lettori da un’ adesione
puramente verbale alle filosofie:

Quando vediamo qualcuno fare il doppio gioco, siamo so­


liti dire: quello non è un ebreo, finge soltanto di esserlo. Ma
quando un uomo ha preso su di sé la prova [to pathos] alla
quale ha dovuto sottomettersi colui che sì è bagnato \bebatn-
menou] e che è stato accolto, allora è in realtà e può chiamar­
si ebreo. Ed è cosi che noi, che non siamo battezzati {para-
baptìstai], possiamo dirci ebrei, ma in realtà siamo un’altra
cosa27.

Questo testo è una testimonianza indiscutibile dell’esi­


stenza dell’abluzione dei proseliti almeno all’ inizio del II
secolo28. Ma cosa dire del periodo anteriore?

5.2.2 II silenzio delle fonti contemporanee di Gesù e degl


apostoli. Ammettere l’esistenza del battesimo dei proseli­
ti nel tempo in cui nasce il rito cristiano corrispondente
suppone che si possa fare menzione di dati contempora­
nei o anteriori. Ma questi, per il nostro argomento, sono
particolarmente scarsi, per non dire inesistenti. Prima di
passare in rassegna quelli che possono essere sfruttati, no­

26 Cfr. ibid., pp. 409- 410. Sui rapporti tra Eliezer e i cristiani, cfr. ibid., dove l’au­
tore esprime un’ opinione giustamente con cautela.
27 C fr. J. Thom as, M ouvement, op. cit., pp. 3 6 0- 361.
28 Ep itteto, parlando di questo battesim o, non ha confuso ebrei e cristiani. Si ve­
da la confutazione di questa opinione in M . Stern, G reek and Latìn A uthors on Jew s
and Judaism, I, Jerusalem 1974, pp. 543- 544. L'assenza della circoncisione in questi
testi è sorprendente, a meno che non si voglia supporre, con G . Polster (D ir kìetne
Talmudtraktat, op. cit., p. 2 1 , n. 1), che il termine pathos alluda a essa. M a potrebbe
benissimo trattarsi di sopportare gli inconvenienti della vita giudaica.

98
nostante tutto, per stabilire la dipendenza del battesimo
cristiano in rapporto al suo omologo ebraico, dobbiamo
prendere atto del silenzio dei testimoni più adatti a essere
citati. Riguardo al battesimo di proseliti, non si dice nien­
te nel Nuovo Testamento, niente nemmeno in Filone e in
Giuseppe Flavio.
Può destare meraviglia che gli scritti del Nuovo Testa­
mento non facciano la minima allusione a questo rito, an­
che se menzionano le abluzioni ebraiche29 e il battesimo
di Giovanni. Il solo rito di iniziazione conosciuto presso
gli ebrei è la circoncisione, e solo a essa la lettera ai Colos-
sesi (2,11-12) paragona il battesimo cristiano.
A proposito del silenzio di Filone e di Giuseppe30, è
stato fatto notare che nessuno dei due aveva avuto l’occa­
sione di menzionare il bagno dei proseliti. Questo è forse
vero per Filone31; ma è certamente falso per Giuseppe.
Questi racconta dettagliatamente la conversione al giu­
daismo del re Izate di Adiabene al tempo di Claudio
(41-54)32, un racconto in cui al rito di aggregazione vie­
ne dedicato ampio spazio: il monarca inizialmente esita a
sottoporsi alla circoncisione per paura di perdere la coro­
na, ma alla fine cede alle sollecitazioni di un saggio di no­
me Eleazaro e accetta l’operazione33. Sarebbe vano cerca­
re in quest’episodio la minima traccia di un battesimo. Si
può allora concludere, con Joachim Jeremias34, dicendo
che « il silenzio di Filone e di Giuseppe deve [•-•] essere
attribuito al caso»?
E difficile accettare questa conclusione, tanto più che
possediamo un altro scritto che avrebbe avuto, aneli’ esso,

29 M e 7,1- 5, pai. M t 15,1- 2; M t 2 3 ,2 5 - 2 6 ; Le 1 1 ,3 9 - 4 1 ; Eb 9 ,1 0 (su Eb 6 ,2 , cfr.


p. 17, n. 28).
30 Ricordiamo le rispettive date: Filone nacque intorno al 20 a.C .; era in vita nel
40 d .C . (legazione ad Caium)\ G iuseppe: 37/ 38- 100 d.C .
31 N onostante molte allusioni ai proseliti: Virt. 10 2 .1 7 5 - 1 7 9 .2 1 2 - 2 2 2 .
32 C fr. J. N eusner, The Conversìon o f A diabene to Judaism: A New Penpectiv e, in
JBL 83 (1964) 60- 66.
33 A j X X , 38- 48.
34 Le Bapléme ies enfants, p. 37.
occasione di menzionare questo battesimo. Si tratta del
romanzo di Giuseppe e Asenet35, il cui argomento è es­
senzialmente una conversione al giudaismo. I suoi due eroi
principali sono Giuseppe, il patriarca biblico, e Asenet, fi­
glia di Pentefre, sacerdote di Eliopoli. Giuseppe ha comi-
rivale il figlio del faraone. A noi interessa in particolare
la prima parte dell’opera. Asenet, di cui si segue passo passo
il dramma di coscienza, è il tipo stesso del proselito che
vive l’esperienza dolorosa e salutare della conversione, pas­
sando dal politeismo alla religione del vero Dio, « dall’er­
rore alla verità, dalla morte alla vita» (8,10). Nonostante
le somiglianze con certi dati del Nuovo Testamento, lo
scritto è puramente ebraico e ha visto la luce in Egitto.
Non è possibile fissarne con precisione la data36, se non
ammettendo che difficilmente si può andare oltre il
115-117 della nostra era; infatti, la rivolta dei giudei d ’E­
gitto e l’annientamento della loro comunità, conseguenza
della repressione romana, sono incompatibili con l’ accen­
to missionario dell’opera.
Questa descrive, come ci si può aspettare, un rito d ’in­
gresso nel giudaismo. Ma questo rito non è un battesimo:
è una «prima comunione» 37, accompagnata da una « co n­
fermazione» , cioè un pasto sacro seguito da un’unzione
(15,43.14). E vero che precedentemente Asenet riceve da
un arcangelo l’ordine di deporre il vestito nero che porta
in segno di lutto, di lavarsi il volto e le mani nell’ acqua
pura e di indossare un vestito bianco (14,12-17); ma que­
ste azioni non appartengono ai riti di iniziazione: si tratta
solo di una toilette, resasi necessaria dopo una settimana
di digiuno sotto il sacco e la cenere. Del resto il battesimo
di proseliti comprendeva un bagno nel vero senso della pa­

33 C fr. l'edizione critica di M . Philonenko, Joseph et A séneth.


36 C ’è petizione di principio nello scrivere, come fa J. Jerem ias (Le Baptéme dei ett-
fants, op. cìt., p. 4 3 , n. 65), che l'opera, ignorando il battesimo dei proseliti, debba
risalire all’epoca precristiana; per utilizzare questo argomento, bisognerebbe essere meglio
informati sulla data di apparizione dì quella prassi.
37 M . Philonenko, Joseph et A séneth, op, cìt., p. 98.

100
rola. Si ha quindi qui un caso di conversione al giudaismo,
per giunta di conversione di una donna, in cui il battesi­
mo è completamente assente.
Alcuni esiteranno a utilizzare questo documento, che ap­
partiene a un giudaismo marginale e settario e la cui data­
zione, inoltre, rimane problematica. Non bisogna però di­
menticare che tratta ex professo del caso di cui ci occupia­
mo, e lo fa a scopo di propaganda. Senza che si possa de­
durre che il battesimo dei proseliti fosse ignorato all’epo­
ca in cui questo racconto vide la luce, si fa fatica a credere
che il rito in questione possedesse allora il carattere uni­
versale che gli viene attribuito nella letteratura rabbinica.
Non viene con questo confermato, in una certa misura,
il silenzio delle fonti che abbiamo menzionato sopra?
Ma nonostante questo silenzio, non è possibile o ttene­
re, per via più o meno indiretta, un risultato opposto a
quello che si deduce da questo primo esame?

5.2.3 Argomenti in favore dell’origine precristiana del bat­


tesimo dei proseliti. Se per prima cosa consideriamo i do­
cumenti, a parte un passo oscuro del Testamento di Levi
(14,6)38 e i versi già citati39 del IV libro degli Oracoli Si­
billini, posteriori comunque all’anno 79 della nostra era,
restano i dati rabbinici. Possono essere essi datati al più
tardi negli anni 30? La risposta è negativa per i due rituali
di cui abbiamo riportato sopra la traduzione40.
Il primo, certamente di epoca tannata41, rappresenta
una codificazione che non può risalire all’inizio della prassi.
Il secondo è una compilazione in un trattato di origine al­
meno post-talmudica, se non chiaramente medievale. D ’ al­
tra parte l’ anonimato di questi rituali complica ulterior­
mente la loro fissazione nel tempo.

58 Si veda il nostro articolo Baptème jui/ des pmsély les et baplème cbrétien, pp. 21-22.
« C fr. pp. 53- 54.
40Cfr. pp. 92-94.
41 I tannami (dall’ aramaico tanna, « insegnare» , stessa radice dell’ ebraico M ishna)
sono i maestri del primo periodo rabbinico che si estende fin verso la fine del II secolo.

101
Tra questi testi, uno soltanto, per quanto riguarda il no­
stro argomento, merita di essere esaminato. Vi si espone
il caso di « un proselito che si è convertito la vigilia di Pa­
squa. La scuola di Shammai dice: deve fare il bagno, poi
mangerà la pasqua la sera. La scuola di Hillel dice: colui
che si separa dal prepuzio è come colui che si separa dalla
tomba».
Queste due frasi sono riportate in parecchi passi
rabbinici42. Nel trattato Eduyyot della Mishna (5,2), figu­
rano alla fine di una serie di sei esempi in cui la scuola
di Shammai si mostra eccezionalmente meno rigida della
rivale. Il trattato Pesahim (8,8) le cita in un contesto che
enuncia le condizioni di purità da adempiere per prendere
parte alla cena pasquale. Esplicitiamo il testo. Nel caso del
proselito circonciso la sera stessa in cui bisogna mangiare
la pasqua (il 14 di Nisan), la scuola di Shammai ritiene che
potrà farlo se prima si sarà bagnato; la scuola di Hillel esi­
ge che egli si conformi alle regole ebraiche secondo le qua­
li l’impurità contratta a co ntatto con un cadavere dev’es­
sere seguita da una duplice abluzione, il terzo e il settimo
giorno, così come precisato in Nm 19,11-12. Ciò significa
che tale persona potrà partecipare solo alla seconda pa­
squa43, celebrata quattro settimane più tardi.
Come si vede, si tratta qui di un’ abluzione legata all’in­
gresso nel giudaismo. Tuttavia non è evidente che la con­
troversia in questione tratti del battesimo dei proseliti co­
sì come la si troverà descritta e codificata ulteriormente:
il bagno di cui si fa menzione sembra più un rito di purifi­
cazione necessario per mangiare la pasqua che di aggrega­
zione. Diciamo piuttosto che questo dibattito rivela una
prassi ancora non ben definita, uno stadio embrionale del
battesimo dei proseliti, il cui ruolo e la cui importanza si
preciseranno in seguito.

42 M. Pesafy m, 8 ,8 ; Eduy y ot, 5, 2; Tos. Pesahim, 7, 14; b. Pesahim, 92a; j. Pesak'tm


Vi l i , 36b, 47-48; Nazir, VI t t , 57a, 48-49.
N m 9 ,6 - 1 2 ; M . Pesafyim, 9 ,1 - 3 . Cfr. R. G oetschel, LeM idrasch de la seconde Pà-
que, in J.- E, M énard (ed.), Exégèse biblique et juda&me, Stmsbourg-Leiden 1973, pp. 8-14.

102
Del resto, c ’è anche un problema che concerne la data
di questa pericope. Shammai e Hillel erano fiorenti verso
la fine del I secolo a.C. Ma non sono questi due maestri
in persona a pronunciare la frase in questione, bensì le lo­
ro scuole (letteralmente, le loro « case» ). Ora, non è facile
fissare cronologicamente pezzi di questo tipo44. Jacob
Neusner, che li ha sottomessi a uno studio minuzioso, vi
riconosce un genere letterario il cui uso sì estende dal 70
al 170 della nostra era e che probabilmente ha preso for­
ma nel contesto dell’accademia di Iabne, in un’epoca in
cui il partito di Shammai godeva ancora di un resto di po­
tere. Comunque sia, bisogna prendere atto delle conclu­
sioni dello stesso autore, il quale pensa che nessuna di que­
ste pericopi possa essere datata con certezza prima del 70,
perché nessun maestro di questo periodo fa riferimento
agli enunciati che contengono45.
Eppure, anche se bisogna mostrarsi prudenti circa il for­
mulario, non possiamo vedere nell’ insieme un semplice ar­
tificio letterario. Il caso si era effettivamente presentato,
come emerge da una notizia conservata nella tradizione
rabbinica46. Essa ci dice che « c’erano a Gerusalemme dei
soldati e delle sentinelle alle porte; essi si fecero il bagno
e mangiarono la pasqua». Nel manoscritto di Erfurt della
Tosefta e nel trattato Nazir del Talmud palestinese questa
informazione viene attribuita a R. Eliezer ben Jaco b l’An­
tico, che insegnava intorno al 90 ed è considerato uno dei
più fedeli relatori delle cose del teippio47. Ma questo
frammento storico è oscuro. Di quali soldati si tratta?
Quando ebbe luogo il fatto? Si può intuire che i due pro­
blemi sono indissociabili. Secondo il contesto, questi sol­
dati erano certamente dei pagani e il fatto evocato non è

44 Si possono trovare, disposti per tem i, in I. K onow itz, Beth Shammai - Beth Hii-
lel. Collected Sayings in Halakah and Aggadah in thè Talmudic and M idrashic Literature,
jerusalem 1965.
45 The Rabbinic Tradttìon ahout thè Pharisees befote 70, II, Leiden 1971, pp. 3-4.
46 Tos, Peuthim, 7 ,1 4 ; /, Pesahim, V il i, 3 6 b ,47- 48; Nazir, V il i,5 7 a,48- 49.
47 Cosi, in particolare, secondo M . M iddot, 1 ,2 .3 ; 2 ,5 - 6 ; 5,4. C fr. W . Bacher, Dìe
Aggada der Tannaìten, I, Strasburg, p. 103 (ristampa Berlin 1965), p. 63.

103

4
altro che una conversione al giudaismo48. Joachim Jc-
remias49, che confessa la sua ignoranza riguardo a questu
notizia, situa nondimeno il fatto riportato prima del 30
della nostra era. Come prova: la regola seguita era quella
dei seguaci di Shammai, trascurata al tempo del Nuovo
Testamento a vantaggio di quella dei seguaci di Hillel. L’ar­
gomento è specioso, visto il silenzio delle fonti contempo­
ranee riguardanti il bagno dei proseliti; inoltre, in fatto
di impurità dei pagani, non troviamo niente in essa che
obblighi a conferirle il carattere levitico tale da comporta­
re la necessità di un’abluzione. Ciò che pare certo è che
i soldati in questione fossero quelli della guardia romana
preposta all’ordine pubblico durante le feste pasquali50.
Quindi il fatto è anteriore almeno al 66, quando, per ini­
ziativa dello stratega del tempio Eleazaro, i ribelli ebrei
fecero sparire i romani da Gerusalemme con un duplice
massacro51. Essendo impossibile ogni altra precisazione, si
ammetterà che l’uso di cui ci stiamo occupando vide la lu­
ce prima di questa data52.
I documenti studiati finora non ci permettono di pro­
vare che il bagno dei proseliti abbia preceduto il battesi­
mo cristiano. Ma, in mancanza di testi, ci possiamo do­
mandare se non sia possibile stabilire questa priorità ri­
correndo all’ aiuto equivalente del ragionamento. Dato che
non si è attesa l’ era cristiana per convertirsi al giudaismo,
quest’atto non esigeva forse una purificazione? E se que­
sta necessità non è evidente per gli uomini, talvolta è sta­
to rilevato che le donne, le più numerose ad abbracciare

',8 Bisogna supporre che questi pagani siano stati circoncisi precedentem ente, con­
tro W . Bacher (D ie Aggadta der Tannaiten, op. cit., p. 6 3, n. 3). Cfr. la critica di I. A bra­
ham !, Studici in Pharisaism and thè G ospel, First Series, Cambridge 1917 (ristampa N ew
Y o rk 1967), p. 37.
49 Prosely tentaufe und Neues Testament, pp. 424- 425; L e Baptème des enfants, p. 36,
n. 3 3 ; Jérusalem au temps de Jesus, Paris 1967, p. 422.
50 Cfr. S. Liebermann, Tose/ta ki- fshuta, IV , N ew Y ork 1962, p, 6 1 5 .
51 G iuseppe Flavio, B / II, 4 2 8 - 4 3 2 , 449- 456.
52 Impossibile datare il fatto menzionato dopo il 7 0: per t giudei rimasti nella G e­
rusalemme devastata, ridotti in miseria e sottomessi all'ostilità persecutrice dei rom a­
ni, il reclutamento di proseliti era fuori questione.

104
la religione giudaica, avevano bisogno di un rito appropria­
to. Sfortunatamente non c ’ è nessuna prova che si sia co­
minciato col battezzare le donne: le attestazioni più anti­
che riguardano solo casi maschili. Altro argomento: gli ebrei
non avrebbero potuto introdurre l’uso in questione in un
tempo in cui questo era in vigore nella Chiesa. Si può ri­
battere che all’epoca i cristiani non erano i soli a praticare
delle abluzioni, e che nel Nuovo Testamento si parla della
sopravvivenza del « battesimo di Giovanni» nei tempi apo­
stolici (At 19,3). Soprattutto, si sbaglierebbe a immagina­
re che gli ebrei allora non avessero altra preoccupazione
che di differenziarsi dai cristiani. Basta ricordare che tra
il 70 e il 135 il paganesimo imperiale li preoccupava molto
di più di una Chiesa in formazione.
AI termine di questo esame si può concludere dicendo
che Ì suoi risultati non permettono di affermare l’ anterio­
rità del battesimo dei proseliti in rapporto alle origini del
cristianesimo. Ma ancora non è detto tutto su questo pro­
blema. Infatti, prescindendo dalle rispettive date dedotte
alla meglio dai documenti, è necessario effettuare altri ti­
pi di confronti. E possibile infatti che i due riti abbiano
tra loro abbastanza punti in comune per rimediare alla scar­
sa precisione dei dati cronologici e che, esclusa l’influenza
del battesimo cristiano sul giudaismo, si possa ammettere
il contrario.

5.3 Somiglianze e differenze tra i due battesimi


e le loro rispettive teologie

Fra i contatti esistenti tra i due riti addotti dai sosteni­


to ri di una derivazione, ben pochi resistono a un esame
critico.
Così il vocabolario. I termini bapùizeìn e baptismos sono
usati nel giudaismo per ogni tipo di abluzioni rituali53, e

53 C fr. pp. 13- 14; 17-18.

105
non in modo particolare per il battesimo dei proseliti. L’e­
spressione « nel nome di» (eìs to onoma, epì o en tói ono-
mati\ ebraico leshém, aramaico leshùni) è usata, è vero, sia
a proposito del battesimo cristiano’ 11che, nella letteratu­
ra rabbinica, per tradurre l’intenzione di un rito, come pure
di un sacrificio, di un’ abluzione e addirittura per un ba­
gno di proseliti55. Ma l’uso ebraico di questa formula56,
che significa « a causa di» , « in vista di» , « in considerazio­
ne di», non è affatto limitata al campo cultuale: si tratta
in effetti di una preposizione del tutto banale che si appli­
ca a qualsiasi cosa.
Si tratta certo di istruire sommariamente il candidato
proselita sulle regole giudaiche, ma senza che questo ob­
blighi a farne derivare la catechesi battesimale cristiana.
La teoria di David Daube57 in questo senso è una costru­
zione gratuita, per tre ragioni:
— Nel testo rabbinico più antico {b. Yebamot, 47ab58)
i punti dottrinali enumerati precedono e riguardano la cir­
concisione, non il battesimo (questo ha luogo solo dopo
la guarigione del candidato).
— Come si è detto sopra59, i rituali in cui figura que­
sta istruzione non possono essere datati in un’epoca con­
temporanea ai primi battesimi cristiani.
— Non disponiamo, per il I secolo, di dati relativi a un
insegnamento o a uno schema di insegnamento che riguar-

^ C fr. pp. 126- 133.


55 M. Zebsìjim, 4 ,6 : « Bisogna avere sei cose in m ente quando si offre un sacrificio
[lett.: " il sacrificio viene offerto nel nome di sei co se” ]: il [tipo di] sacrificio [lett.:
" nel nome del sacrificio” ], [l’ identità di] colui che l’ offre [lett.: “ nel nome dell'offe­
rente” ], il N om e [D io] [lett.: “ nel nome del N om e’ ’ ]» ecc. A proposito del bagno dei
proseliti, un enunciato di R. Simone ben Eleazaro (m orto verso il 190) riguardante la
prigioniera di guerra (caso teorico): « A nche se essa non si decide da sé [a convertirsi],
[il suo padrone] la forzerà a farsi il bagno in considerazione [lett.: “ nel nom e” ] della
sua schiavitù; poi le farà fare un [altro] bagno, in considerazione [lett.: “ nel nome” ]
del suo af francam ento...» (b . Yebamot, 47b).
56 Cfr. Strack-Billcrbeck, I, pp, 1054 - 1 0 5 5 ; IV /2, p. 744; H . Bietenhard, voce
« O no ma», G LN T , V il i, pp. 7 5 0- 755.
57 The Neu> Testament and Rabbinic judaism, pp. 106- 140.
58 Cfr. p. 9 2.
59 Cfr. p. 101.

106
dava in particolare il battesimo, e perciò paragonabile alle
corrispondenti prescrizioni del rituale ebraico60.
Ma questo contiene dei dettagli che non possono non
ricordare certe regole imposte ai cristiani. Questa è alme­
no l’opinione di J. Jeremias61:

Sia in un caso che nell’ altro il battesimo avviene per im­


mersione; sia in un caso che nell’ altro si preferisce l’acqua
corrente, ma senza esigerla in modo assoluto; sia in un caso
che nell’altro, almeno in molti posti, il candidato fa una con­
fessione dei suoi peccati. Bisogna notare anche — fatto par­
ticolarmente probante — le corrispondenze che i due batte­
simi hanno nei dettagli tecnici quali la prescrizione fatta alle
donne di sciogliere la loro capigliatura e di spogliarsi di tutti
i gioielli.

Che ci siano delle somiglianze tra le due cerimonie non


sorprenderà nessuno; ma sono così grandi da indicare una
comunicazione da un rituale all’ altro? Esaminandole, la ri­
sposta è negativa. Quanto all’immersione totale, il ceri­
moniale del Talmud62 l’impone esplicitamente solo per le
donne e, d ’altra parte, non possediamo alcuna descrizione
del battesimo cristiano per il I secolo63. La preferenza per
1’« acqua viva» (già in Did 7,1-2), se è attestata nel giu­
daismo64, non è mai in rapporto speciale con il bagno dei
proseliti. Senza dubbio è possibile ammettere un’influen­
za giudaica sulla regola arcaica riguardante la capigliatura
e i gioielli riportata nella Tradizione apostolica di Ippolito
(§ 21). Ma questo ordo è solo una testimonianza del III

60 II N uovo Testam ento non offre niente di sicuro in proposito e, anche se l’ inter­
polatore della Didachè fa dell’ istruzione sulle D ue V ie un compendio per catecumeni
(7,1), non l’ include nella liturgia battesimale.
61 j
Le Baptènte de enfants, op. cit., pp. 40-41.
62 C fr. p. 92.
^ ' N emmeno in Rm 6 ,4 ; Col 2 ,1 2 . L ’immersione totale è attestata solo molto più
tardi, sebbene non si debbano forzare le testimonianze patristiche su questo punto.
Si vedano in proposito le nostre osservazioni e la documentazione corrispondente nel
nostro articolo Baptéme fuifdes prosélytes et baptéme chrétìen, pp. 31- 32, n. 144- 147.
64 M . M iqw a'ot, 1 ,8 (purificazione in casi di affezioni genitali e di lebbra).

107
secolo, e le sue corrispondenze rabbiniche riguardano le
purificazioni rituali delle donne, non in particolare il ba­
gno delle donne proseliti.
Circa la confessione dei peccati c ’ è poco da dire, per­
ché è assente dal cerimoniale ebraico, così come dalle no­
tizie del Nuovo Testamento sul battesimo65. D ’altra par­
te una differenza essenziale, che riguarda proprio il ceri­
moniale, separa i due battesimi. A nche se quello dei pro­
seliti richiede dei testimoni, non c ’è alcun ministro del bat­
tesimo: il candidato si immerge da sé nell’acqua e, su que­
sto punto come su molti altri, il bagno dei proseliti non
è diverso da altri bagni di purificazione praticati dagli
ebrei66. Del tutto diverso è il rito cristiano, identico su
questo punto a quello di Giovanni Battista: nei due casi
il candidato non si immerge, ma viene battezzato67.
La differenza che abbiamo sottolineato incide profon­
damente sulla portata religiosa dei due battesimi. Nell’u­
no il candidato si libera della sua impurità pagana, nell’ al-
tro riceve il perdono e la rigenerazione come grazia divi­
na. Eppure alcuni hanno creduto di poter cogliere, nei due,
dei temi teologici comuni. Così, ad esempio, quando si pa­
ragona la concezione paolina del battesimo come morte e
risurrezione con Cristo (Rm 6,3-5; Col 2,12-13) con l’opi­
nione già citata della scuola di Hillel68, che assimila l’uo­
mo che si fa circoncidere a colui che si è appena reso im­
puro per un contatto con un cadavere, letteralmente « a
colui che si separa dalla tomba» . AI che si può aggiungere
la frase riportata nel Talmud69 secondo la quale « il pro­
selito che si converte somiglia a un bambino che è appena
nato» : una frase che sembra riecheggiare le parole di Ge-

65 lPt 3 ,2 1 non parla di confessione dei peccati e non ha nulla di rituale.


66 II verbo lahaì (al qal',, usato in questo caso, è un attivo riflessivo. Le donne pro­
seliti sono sì assistite da matrone, ma queste intervengono solo com e aiutanti. V hìfì!
di tubai, usato in questo contesto, non vuol dire « b attezzare » , ma procedere alla ceri­
monia. Ugualmente Vafel aramaico (b. Niddah, 30a: afoeltnan lah).
67 C fr. pp. 14- 17; 40- 41; 54.
68 C fr. p. 102.
69 b. Yebamot, 22a, par.

108
su nel suo colloquio con Nicodemo (Gv 3,3-5). In realtà
simili accostamenti hanno il difetto di applicare a queste
frasi della letteratura giudaica una chiave di lettura che
è loro estranea. R.-J. Zwi Werblow sky70 ha ricordato il
carattere « strettamente halakico» di queste espressioni e,
in particolare, che « la metafora del “ neonato” non si ri­
ferisce tanto a una rigenerazione mistica quanto a un nuo­
vo stato legale». Comunque sia, queste metafore non ri­
guardano in modo speciale il bagno fatto in occasione del­
la conversione al giudaismo. Se illustrano un rito, è piut­
tosto quello della circoncisione, come emerge del resto espli­
citamente dalla sentenza di Hillel; nella circostanza non
c ’è alcuna abluzione, perché è proprio questa che viene
rinviata71.
Altri accostamenti sono ancora più artificiali72, tanto
più che un problema di datazione indebolisce ancora una

70A Note on Puri/ication and Proselyte Baptist», in Christianity, Judaism and Otber
Greco-Romatts Culti. Studies fo t Mortoti Smith at Sixty (SJLA 12), Leiden 1 9 7 5 , III,
pp. 200- 205 (203). Si prenderà ugualmente atto di queste osservazioni di Sh. J. D .
C ohen, pp. 2 0 1 - 2 0 2 : « La cerimonia rabbinica di conversione riportata in b. Yebamot,
47ab , non è, o almeno non è essenzialmente, un rito di iniziazione In questa ceri­
monia [...] non si fa menzione alcuna di D io o dell’eternità della Torah. N on c‘ è né
rigetto del paganesimo o degli dèi pagani, né pentimento per i peccati di una vita con­
dotta sotto i] dominio di divinità straniere, né rinuncia a] male, né espressione di rina­
scita né di rinnovamento. N essun inventario della storia sacra del popolo santo, nessu­
na preghiera. In questo rito, mediante il quale un pagano diventa membro del popolo
ebraico, la comunità ebraica è marcatamente assente N essun regalo, né pasto, né
benedizioni, né festeggiamenti, né rito con il quale la comunità benedirebbe il conver­
tito incorporandolo nel suo seno. N ella cerimonia mancano le azioni simboliche e gli
sfoggi teatrali che accompagnano spesso i riti di iniziazione, ad esempio una processio­
ne, dei vestiti particolari o delle azioni che simboleggino la rottura con il passato e il
fatto di ricevere una nuova identità. La conversione rabbinica non ha riti di separazio­
ne, di passaggio o di incorporazione; in altri termini, le mancano tutti i tratti distintivi
di un rito di iniziazione. H a perciò poca somiglianza con i riti cristiani del battesim o» .
71 C fr. p. 102.
72 Così il ricorso alla frase talmudica (b. Yebamot, 47b : cf r. p. 93): « D opo che si
sarà immerso e sarà risalito [tabal w ecalah], allora sarà diventato in tutto un israeli­
ta» . Si concede volentieri a D . D aube (The New Testarneut and Rabbinic Judaism, op.
cit., pp. 111-112) che il secondo verbo ha un aspetto simbolico perché ricorda il pas­
saggio del G iordano (G s 4,16*19). Si riconosce ugualmente qui, per mezzo di quest’ ul­
tim o testo, un contatto con il racconto del battesimo di G esù (M e 1,9- 10 e par. M t
3,16). M a quanto al battesimo cristiano, bisogna obiettare che il N uovo Testam ento
non usa mai a questo proposito il verbo anabaìrteìn, (ri)salire. A ncora più forzato è il
rapporto al quale pensa J. Jeremias (Le Baptéme ics enfants, op. cit., pp. 41- 42; Ursprung,
op. cit., pp. 314- 319), a partire dal « b attesim o» dell’ Esodo evocato in lC o r 10,2: si
veda la nostra confutazione in Baptéme juifdesprosély tes et baptéme chrétien, pp. 37-38.

109
volta l’argomentazione. A essa si possono opporre, come
si è visto, molteplici obiezioni. Sono quelle che includere-
mo nella sintesi che segue.

5.4 Conclusioni

— La missione cristiana ebbe inizio tra gli ebrei, i qua­


li, entrando nella nuova comunità, ricevevano il battesi­
mo: ne è una prova la testimonianza di Paolo sul proprio
battesimo (ICo r 12,13; Rm 6,3), accompagnata da quella
degli A tti degli Apostoli {2,38.41; 9,18; 22,16). Ora, sa­
rebbe difficile capire che sia andata così se il battesimo
cristiano fosse stato solo una trasposizione di quello dei
proseliti. Per restare nella linea della Sinagoga, la Chiesa
giudeo-cristiana delle origini avrebbe dovuto sottomette­
re a questo rito solo i gentili.
— E impossibile, in mancanza di documenti, provare
che il battesimo dei proseliti era già praticato quando ap­
parve il battesimo cristiano. Senza dubbio è abbastanza
verosimile che quest’usanza, che certamente non nacque
in una volta sola e, all’inizio, non si distingueva molto dalle
altre abluzioni ebraiche73, abbia cominciato a introdursi
al tempo di Gesù e degli apostoli. Ma che sia stata allora
un’istituzione salda e universale è una deduzione che ol­
trepassa le possibilità della scienza storica, tanto più che
a essa si oppone il silenzio degli scritti che avevano, in que­
sta stessa epoca, eccellenti ragioni per menzionare questo
battesimo.
— Esistono co ntatti tra il battesimo cristiano e il bat­
tesimo dei proseliti, ma questi co ntatti sono troppo vaghi
o troppo tenui per accreditare l’idea di una derivazione
originaria. Secondo il Nuovo Testamento, il battesimo cri­
stiano ha come parallelo ebraico esplicito non l’ abluzione

li Cfr. W . Brandt, Baptismen, op, cìt., p. 5 9; J. Thom as, M ot/vement, op. cìt., p
366.

110
dei proseliti, ma la circoncisione (Col 2,11-12). Si sarebbe
pensato di stabilire questo rapporto se la Chiesa, battez­
zando i suoi nuovi membri, avesse adottato l’usanza ebraica
corrispondente?
— Senza che si possa parlare di obiezione insormonta­
bile (essendo sempre possibile un adattamento), la d iffe­
renza che separa il rispettivo significato dei due riti si ag­
giunge alle difficoltà precedenti. Questa differenza si tra­
duce nel cerimoniale stesso e nel vocabolario che l’espri­
me: mentre il candidato proselito si bagna per purificarsi
della sua vita precedente, il catecumeno è battezzato da
un terzo, segno della grazia che perdona e rinnova.

Il i
VI

L’origine del battesimo in chiaroscuro

Si può essere riconoscenti a Max-Alain Chevallier1 per


aver tentato di stabilire una lista e una classificazione del­
le opinioni o ipotesi sull’origine del battesimo cristiano.
Il quadro è deludente per la sua varietà e, dopo averlo per­
corso, si avrebbe piuttosto voglia di seguire gli autori che,
alla fine, sono chiamati a testimoniare la loro ignoranza.
A nche noi dovremo rassegnarci a una confessione, alme­
no parziale, di ignoranza. Ma prima è necessario stabilire
ciò che ci sembra indiscutibile: la nascita del battesimo cri­
stiano non si spiega senza l’influenza, diretta o indiretta,
del battesimo di Giovanni.

6.1 L ’eredità di Giovanni Battista

È innanzitutto necessario ricordare qui quello che è stato


detto a proposito dei due riti e della loro stretta parentela.
A differenza di tutte le altre abluzioni ebraiche, il bat­
tesimo di Giovanni e il battesimo cristiano hanno in co­
mune il fatto che necessitano l’intervento di un terzo per
essere amministrati. Non c’ è nessun’altra attestazione, nel

1 Baptéme et don de l ’Esprit Saint, op. cit,, p. 8 8, n. 12.

112
mondo giudaico, di una pratica in cui si battezzi e in cui
si venga battezzati. Sempre si dice che uno si bagna.
A questa osservazione, essenziale quanto alla forma del
rito, bisogna aggiungerne un’ altra concernente il signifi­
cato. Giovanni battezzava « per il perdono dei peccati» 2,
atto unico, non reiterabile, per ogni battezzato. Quest’ul­
timo punto, se si prescinde dal misterioso e particolare bat­
tesimo « per i morti» (ICo r 15,29), è anche la regola per
il battesimo cristiano. Bisogna ugualmente attribuirgli una
causalità essenziale quanto al perdono dei peccati. Certo,
Luca non si limita a trascrivere le parole del Battista quando
fa dire a Pietro nel giorno di Pentecoste: « Pentitevi e cia­
scuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo
per ottenere il perdono dei vostri peccati» (At 2,38; cfr.
Le 3,3)3; non si tratta di una ripetizione che aggiunge sol­
tanto un pronome che concretizza l’ appello, ma di un to ­
tale rimaneggiamento in una prospettiva completamente
nuova che si effettua quando il perdono dei peccati si in­
serisce tra gli effetti del rito cristiano4. Era Luca consa­
pevole del fatto che questa implicazione non era dovuta
soltanto al genio creatore delle prime comunità cristiane,
ma che era stata loro suggerita in definitiva da Giovanni
Battista? Non si può affermarlo, perché il contatto segna­
lato non è il solo all’ inizio degli A tti a rinviare a quello
del vangelo5, e del resto la tendenza di Luca ad assimila­
re le realtà cristiane all’ azione del Precursore non è supe­
riore a quella dei suoi simili6. E nondimeno evidente che

2 C fr. pp. 27- 31.


3 L'invito metanoésate (come in A t 3 ,1 9 ; cfr. anche 8 ,2 2 ; 17,30; 26 ,2 0 ) ricorda non
soltanto metanoeite di M e 1,15 (una parola dì G esù!) ma anche baptisma metanoias in
Le 3 ,3 (M e 1,4). Si confronti anche ti poièsó men...? in A t 2,37 e ti otiti poièsómen?
in Le 3,10.
^ IC or 6 ,1 1 ; Rm 6 ,6 ; Col 2 ,1 2 - 1 3 ; T t 3,4; A t 2 2 ,1 6 ; cfr. anche l Pt 3 ,2 1 .
5 A titolo di esempio, cfr. J. D upont, Le Salttt de G entils et la significalion théologi-
que du lìvre des A ctes, in NTS 6 (1959- 1960), 132- 155 (141- 146), o Studi sugli A tti degli
Apostoli, Edizioni Paoline, Roma 1971, pp. 669- 715.
6 Le 3,1 6 ; 7 ,2 8 ; A t 1 3,24- 25; 1 9,4. E. H aenchen (Apostelgeschichte, p. 151, n. 7)
afferma giustamente che un interesse per il rapporto tra il battesimo cristiano e quello
di G iovanni Battista è estraneo alla prospettiva dell’ autore in A t 2,38.

113
c ’è lì un punto comune tra i due battesimi che, unito ad
altre osservazioni, permette di illuminare in parte le origi
ni del sacramento.
Dopo il rito, passiamo alle persone. La quasi unanimità
degli autori circa la realtà storica del battesimo di Gesù
da parte di Giovanni si fonda sul Nuovo Testamento stes­
so, dove il fatto è accettato non senza reticenza, correzio­
ne, o addirittura eliminazione7. Si tratta lì di un fatto in­
discutibile. Anche se bisogna rinunciare, in mancanza di
informazioni, a conoscere cosa pensasse Gesù, quale fosse
la sua intenzione quando si avvicinava a Giovanni per ri­
ceverne il «battesimo di conversione per il perdono dei pec­
cati» , l’atto stesso è di grande interesse se si vuole spiega­
re perché e come il cristianesimo abbia incluso il battesi­
mo tra i suoi riti essenziali. Non che il passo di Gesù sia
stato il riferimento fondante della prassi battesimale nella
Chiesa: si è visto che il Nuovo Testamento non ne dà del­
le prove serie8. Ma questa azione dimostra che Gesù, pri­
ma di intraprendere il proprio ministero presso il popolo,
aveva aderito al movimento di Giovanni. Qualunque sia
stata la ragione che lo aveva spinto ad allontanarsene9,
questa appartenenza non passa inosservata, soprattutto se,
come abbiamo ammesso, Gesù aveva praticato anch’egli,
almeno all’inizio del suo ministero, il battesimo, un’eredi­
tà indubbiamente di Giovanni.
Questa eredità si percepisce ancora nel contenuto della
predicazione di Gesù. Nelle pagine precedenti10 abbiamo
cercato di stabilire un legame tra il battesimo dato da Ge­
sù e il cammino di conversione come nel caso del battesi-

7 C fr. pp. 59- 63.


8 C£r. pp. 63- 70.
9 L ’incarcerazione del Battista non può spiegarlo, dato che la successione indicata
in M e 1,14 rientra innanzitutto nella prospettiva teologica delPautore (c£r. p. 84). Si
potrebbe in com penso ipotizzare che G esù, constatando il fallimento dell’ appello alla
conversione lanciato dal Battista, avesse ritenuto che fosse giunto i] mom ento di pro­
clamare il proprio messaggio. Però lo storico si guarderà qui da ogni affermazione, poi'
che le fonti di cui dispone ignorano questo genere di problema e non sono perciò adat­
te a offrirne la soluzione.
10 Cfr. pp. 88- 90.

114
mo di Giovanni. Almeno si converrà che Gesù, come que­
st’ultimo, annuncia un messaggio escatologico che inclu­
de ugualmente l’appello alla conversione11. Le differenze
importanti che separano l’oggetto delle due predicazioni
nulla tolgono a ciò che le avvicina e che confermano la real­
tà di una comunicazione tra i due personaggi.

6.2 Eventuali anelli

Ma è anche necessario ritornare sul primo capitolo del


vangelo di Giovanni, in cui si dice che i discepoli di Gesù
sono stati reclutati dapprima tra quelli del Battista. Di­
versa è la presentazione dei sinottici (Me 1,16-20, par. Mt
4,18-22) che ci mostrano Gesù, sulle rive del lago di Tibe-
riade, che procede d’ autorità alla chiamata dei primi quat­
tro discepoli. Giovanni ci porta « a Betania, al di là d el,
Giordano» (Gv 1,28), ed è là che il Battista dà inizio al
movimento che allontana da sé i propri « discepoli» e li di­
rige verso Gesù perché si uniscano d’ora in poi al loro mae­
stro (cfr. Gv 1,35-51).
Queste due versioni sono indipendenti I’una dall’ altra,
e le loro prospettive differiscono notevolmente. Questo
è vero sia al tempo della redazione dei vangeli sia prece­
dentemente, al momento dell’elaborazione dei due racconti.
Nessuno dei due porta con sé le garanzie di una storicità,
anche se ricondotta all’essenziale. Quellp di Marco, comu­
nicato a Matteo, per il suo stretto schematismo, il suo ri­
calco scritturistico (IRe 19,19-21)12, la sua assenza di
tratti psicologici, non presenta un aspetto molto diverso
da quello di una composizione artificiale realizzata per fi­
ni catechetici. Quanto a Gv 1,35-51, un’ operazione dello
stesso genere riportata in Gv 12,21-23 conferma la parte

11 C fr. p. 88, n. 49.


12 Senza dubbio attraverso la haggadab sull’ appello di Eliseo di cui ci dà una testi­
monianza G iuseppe Flavio, A } V i l i ,3 5 4 ; cfr. [X ,2 8 . Cfr. M . Hengel, Nach/olge snd
Charisma, pp. 18-19.

115
avuta dall’ evangelista15 nella presentazione di questo re­
clutamento « a catena» . D ’altra parte, questo è pervaso di
teologia e di polemica, la cui fonte è da situare nel conte­
sto giudeo-cristiano e palestinese delle origini14.
Queste osservazioni non implicano però necessariamente
che tutto debba essere attribuito alla finzione. Cosi, la frase
sui « pescatori di uomini» ha buone possibilità di costitui­
re il nucleo storico dell’episodio in Me l,16-2015, tanto
più che la tradizione secondo la quale alcuni dei primi di­
scepoli erano antichi pescatori galilei del lago di Tiberia-
de è di quelle che non si inventano. Rimane anche il nome
dei primi chiamati. Ma, a questo proposito, il racconto gio­
vanneo riporta una lista diversa da quella che riproduce
il catalogo dei Dodici, e che fa «supporre che il quarto evan­
gelista abbia elaborato una tradizione sui primi seguaci di
Gesù indipendente dai sino ttici» 16. D ’ accordo, ma che
valore hanno gli altri dettagli? La chiamata in Galilea, l’ ab­
biamo visto, non è come tale un prodotto dei narratori
evangelici e preevangelici. Si ha del resto tutto l’interesse
a non tirare in ballo la vecchia spiegazione conciliatrice
che vedeva una duplice chiamata, almeno di alcuni disce­
poli, di cui la seconda, sulle rive del lago, sarebbe stata
preparata in occasione di un primo incontro in Giudea.
Questo significa trascurare totalmente il punto culminan­
te del racconto marciano, che non solo non lascia intende­
re niente di una chiamata precedente, ma vi si oppone an­
che, poiché mira a mettere in evidenza l’autorità sovrana

13 C fr. C. H . D odd, La tradizione storica, pp. 3 6 7 - 3 7 0 . G v 1,4 3 , che si ricollega


con lo schema « classico» della chiam ata (cfr. i sinottici), è un'aggiunta di ultima mano,
14 Sulla formazione di questo passo, cfr, C. Coulot, Jésus et le disciple. Étude sur
iautorità messianique de jésus (EtB, n.s., 8), Paris 1987, pp, 2 2 1- 236; H .-J, Kuhn, Cbri-
stologie und W under. Untenuchungen zu Jo b 1,35- 51 (BU 19), Regensburg 1988. D a
notare che cogliere qui un « fondo tradizionale » non può essere sinonimo di raggiunge­
re i fatti reali, sapendo che il « problema dei seguaci di G iovanni » si pose molto presto
tra i cristiani di G erusalemme e di Palestina.
15 Luca (5,10) l'ha incorporato, riscrivendolo, nel racconto della pesca miracolosa
{cfr. G v 21,1- 6).
16 C . H . D odd (La tradizione storica, op. cit., p, 37 0 ), che ricorda (pp, 368- 370)
l'esistenza di altre liste (Talmud, Papia).

116
di Gesù che ottiene, senza il minimo preambolo, la rispo­
sta che aspetta dagli uomini. I due racconti si ignorano,
e conviene lasciare che si ignorino, se si vuole dare loro
un senso.
Rimane il fatto che, per quanto riguarda la storicità, la
versione giovannea della chiamata dei primi discepoli ha,
nel contesto e nella forma in cui si presenta, meno argo­
menti della sua rivale. Non ne consegue però che essa sia
completamente vuota di ricordi storici, e sopra abbiamo
d etto 17 che è possibile che alcuni di quelli che aderirono
a Gesù avessero ricevuto precedentemente il battesimo di
Giovanni, che costituiva così il punto di partenza del rac­
conto della vocazione al Giordano. In questo caso, oltre
a Gesù, battezzato da Giovanni, alcuni dei suoi primi se­
guaci e future fondamenta della Chiesa completano il le­
game tra i due movimenti e adducono una ragione supple­
mentare per unire i due battesimi.
Potrebbe qui venire in mente un’obiezione, facilmente
confutabile: come mai, se questo rapporto esiste, il Nuo­
vo Testamento non fa mai riferimento al battesimo di Gio ­
vanni quando parla del battesimo cristiano? La risposta è
innanzitutto che, cosi facendo, si andava contro la tendenza
generale di stabilire la superiorità di Gesù e della sua ope­
ra rispetto a colui che era stato fatto il precursore e, in
particolare, al battesimo instaurato da lui. Anche se gli au­
to ri fossero stati al corrente dell’eredità in questione, non
potevano né volevano pensarci. Ma no ji è certo che tutti,
in questi primi tempi, ne fossero stati coscienti. Paolo, che
nelle sue lettere non menziona mai il Battista18, certa­
mente non si è mai posto il problema di un eventuale le­

17 C fr. p. 46.
18 Q uesto silenzio insospettisce M . Q uesnel (Baptisés dam l'Esprit, p. 162). Esso
è meno sorprendente se si pensa, da una parte, che Paolo si interessa solo con molta
parsimonia di ciò che nelle origini del cristianesimo ha preceduto k m orte di G e­
sù in croce; dall'altra che, a differenza delle com unità palestinesi, Paolo nei suo
apostolato non si trova di fronte a dei seguaci di G iovanni Battista (pur ricono­
scendo un fondamento storico alla notizia di A t 19,1- 6), ma ad altri gruppi e ad
altri problemi.

117
game tra il rito che si praticava nella Chiesa e il suo omo­
logo giovanneo.

6.3 Certezze e ipotesi

Detto ciò, non si è risolto completamente il problema del­


l’origine del battesimo cristiano. Infatti tra quest’ultimo e
l’attività del Battista esiste una lacuna che finora nessuno
è riuscito a colmare. Tutte le nostre informazioni sulla prassi
battesimale della Chiesa risalgono a circa venticinque anni
dopo la morte di Gesù. Sono permesse molte ipotesi, che
non tolgono nulla all’incertezza quando si tratta di traccia­
re gli inizi di questa prassi, di delimitarne il carattere obbli­
gatorio e di conoscerne anche l’esatta portata nel contesto
nuovo della fede cristiana in cui essa si inserisce.
Michel Quesnel19 suggerisce che « l’adozione pura e
semplice del battesimo di Giovanni da parte di alcuni cri­
stiani fu senza dubbio vissuta in ambienti abbastanza li­
mitati» per esprimere « la presenza dello Spirito sui mem­
bri del popolo dei salvati» , per influenza dell’annuncio di
Giovanni Battista sul battesimo di Spirito e fuoco; al che
bisognerebbe aggiungere il ruolo dello Spirito in occasio­
ne del battesimo di Gesù. Sorvoliamo su quest’ultimo ri­
corso: il Nuovo Testamento, come abbiamo visto, non fa
mai appello al battesimo di Gesù a proposito del rito cri­
stiano; in secondo luogo la teofania del Giordano, di cui
d ’ altra parte Gesù è l’unico a beneficiare, è una costruzio­
ne teologica e apologetica la cui origine non è più antica
della prassi battesimale nella Chiesa. Ma che cosa pensare
delle prime proposte dell’ autore citato? E difficile vedere
come il battesimo d'acqua sia potuto derivare da Giovan­
ni Battista per esprimere quello stesso contenuto che que­
sti gli rifiutava opponendo battesimo d’ acqua e battesimo
di Spirito (Me 1,8; Mt 3,11, par. Le 3,16).

19 Bapthés dotti l’Esprit, op. est. , pp. 202-204.

118
*

Certamente più plausibile è la proposta di Martin


Hengel20: la comunità primitiva aveva «posto al centro
della sua predicazione il problema del perdono dei pecca­
ti, che era fondamentale per il Battista così come per Ge­
sù» e, inoltre, si sarebbe « considerata in una certa misura
come l’erede e la realizzatrice del “ movimento di risve­
glio” inaugurato da Giovanni Battista» . Si potrebbe così
comprendere il carattere obbligatorio del battesimo cri­
stiano.
Ma raggiungiamo già il campo del significato del batte­
simo nelle sue prime manifestazioni, E in effetti questo
significato è importante per chi si interroga, se non sul­
l’ ambiente e la data, almeno sulle ragioni che hanno moti­
vato la derivazione. La domanda alla quale cercheremo d’o­
ra in poi di rispondere è la seguente: il Nuovo Testamen­
to ci consente di cogliere la portata del rito battesimale,
se non nei suoi primi passi, almeno nel periodo che si esten­
de dalle origini ai primi scritti cristiani? In altri termini,
è possibile individuare i tratti di una teologia prepaolina
del battesimo? Se l’impresa arriverà a buon fine, illumi­
nerà senza alcun dubbio il rapporto tra i due battesimi,
quello di Giovanni e quello che la Chiesa non tarderà ad
amministrare « nel nome di Gesù» .

20 La Crucifixio» dans VA ntiquité et la fo lie dt< message de la croix (LeD iv 105), Pa­
ris 1981, p. 196.

119
VII
Il significato dei primi battesimi cristiani

Definire con precisione la portata del battesimo al mo­


mento della sua apparizione alle origini del movimento cri­
stiano non è compito facile. I documenti di cui disponia­
mo per farlo non risalgono alle origini, ma distano più di
due decenni dalla morte di Gesù, un periodo durante il
quale la riflessione e la teologia cristiane non sono rimaste
inattive. Ne consegue che non si è mai del tutto sicuri di
raccogliere in queste prime testimonianze, anche concor­
di, l’eco delle prime interpretazioni del rito battesimale.
E nella consapevolezza dei rischi dell’impresa che cerche­
remo di presentare nel corso di questo capitolo alcune con­
clusioni, accompagnate dagli argomenti che le giustificano.

7.1 II battesimo come purificazione dal peccato

Pur trascurando ogni informazione documentaria, data


la natura del rito in questione, un primo elemento di ri­
sposta viene in mente in modo spontaneo. Il battesimo è
un bagno, un’ abluzione. Chiunque sia appena informato
sui simboli religiosi, e a maggior ragione coloro che sono
familiari con la Bibbia e le usanze ebraiche, vedranno in
esso il segno di una purificazione.

120
Questa prima percezione può essere confermata dagli
scritti del Nuovo Testamento. Certo, l’uso del verbo «pu­
rificare» (katharizein) appare in rapporto esplicito con il
battesimo solo una volta e tardivamente (Ef 5,26)*, sen­
za dubbio a causa del legame di questo vocabolario con
la purità levitica e i riti destinati a ricuperarla2. Ma, sen­
za il termine, la nozione è ugualmente presente sotto altre
formule e, nello stesso tempo, si arricchisce di una preci­
sazione essenziale: proprio a differenza delle abluzioni ri­
tuali ebraiche, il battesimo cristiano ha l’effetto di libera­
re colui che lo riceve dall’impurità del peccato.
Ci si ricorderà che questo era già il risultato del battesi­
mo di Giovanni3, la cui destinazione trova un nuovo uso
negli A tti degli Apostoli sulle labbra di Pietro che predica
alla folla di Gerusalemme4: qui il «perdono dei peccati»
definisce lo scopo stesso del battesimo e Anania, più avanti,
lo conferma dichiarando a Paolo: « Ricevi il battesimo e
purificati dai tuoi peccati (baptisaì kaì apolousai tas hamar-
tias sou)» (At 22,16)5. I discorsi in cui queste parole figu­
rano non sono certamente anteriori alla composizione de­
gli A tti, ma l’idea che in questo caso esprimono si fonda
altrove e in epoca più remota.
Nella prima lettera ai Corinzi Paolo evoca il passato cor­
ro tto di molti dei suoi corrispondenti, ma per affrettarsi
a sottolineare la fine di questa situazione: « Ma siete stati
lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati...» (lCo r
6,11). Qui, nonostante il verbo « lavare» (apolouein), l’al­
lusione battesimale6 non è del tutto evidente. E invece
molto evidente nel celebre passo della lettera ai Romani

1 II rapporto può essere considerato indiretto in Eb 10,22 (« acqua pura ») e 2Pt 1,9.
2 M e 7 ,1 9 ; M t 2 3 ,2 5 - 2 6 ; Le 1 1 ,38- 39 (con baptizeìn'.)-, Em 14,20. In compenso,
quando si tratta non dei battesimo d’ acqua ma dell’anione del sangue di Cristo, né l'autore
di Eb rei (9 ,14.22- 23) né quello della prima lettera di G iovanni (1,7; cf r. 1,9) si fanno
scrupolo di trasporre il linguaggio rituale dell'A ntico Testam ento. Cfr. anche A p 1,5
(variante lausantes; ma cfr. p. 2 1, n. 41).
3 Cfr. pp. 27- 31.
4 Cfr. p. 113.
5 Cfr. pp. 16-17.
* Cfr. pp. 20-21.

121
(6,1-11) e in quello da esso derivato, Col 2,12-13, dove
il battesimo implica «morte al peccato», perdono delle colpe
anteriori. L’ autore delle lettere pastorali non fa che ripe­
tere in altri termini una convinzione ormai ben radicata
quando celebra la misericordia gratuita di Dio che riscat­
ta gli uomini dalla loro perversità e li salva « mediante un
lavacro (loutron) di rigenerazione e di rinnovamento nello
Spirito Santo » (Tt 3,5)7.

7.2 Contesto escatologico

L’orizzonte d ’una prossima escatologia condizionava la


predicazione e il battesimo di Giovanni8. Questa prospet­
tiva si ritrova all’inizio nel movimento cristiano, ma con
una differenza essenziale in rapporto alla predicazione del
Battista. Questi aspettava e proclamava la venuta di un
personaggio messianico. Per i primi cristiani questo per­
sonaggio era venuto e, anche se era stato messo a morte,
lo si sapeva ora vivente in Dio. Senza pregiudicare un com­
pimento ancora futuro, questi credenti erano convinti di
essere già nell’era della salvezza e non lontani dalla sua rea­
lizzazione piena. Ciò che afferma Pietro nel discorso di
Pentecoste (At 2,17-21) citando Gioele, è ugualmente espli­
cito quando Paolo dichiara ai corinzi che « la figura di que­
sto mondo passa» (ICo r 7,3lb) e ai romani che, assolti or­
mai dai loro peccati, essi vedono già levarsi il giorno che
non finisce (Rm 8,1-2; 13,11-14).
Una simile certezza si combinava facilmente con quella
che ispiravano gli oracoli profetici sulla purificazione di
Israele negli ultimi tempi. Il vocabolario battesimale del
cristianesimo primitivo evoca l’esortazione di Is 1,16 {lou-
sasthe), dove comunque il bagno prescritto è metaforico;

7 Si veda anche l'allusione indiretta alla liberazione dal peccato mediante il b atte­
simo in l Pt 3 ,2 0 - 2 1 ; 2Pt 2 ,2 2 .
8 Cfr. pp. 31- 39.

122
ma è soprattutto a Ez 36,25 che si pensa quando si tratta
di stabilire un legame tra il battesimo e la coscienza cri­
stiana di vivere già nell’esperienza escatologica. Sebbene
il Nuovo Testamento, come si è detto, mostri una certa
reticenza nell’usare il vocabolario della purificazione, non
si può scartare l’influenza delle promesse profetiche sul­
l’esegesi cristiana dell’abluzione battesimale: « Vi aspergerò
di acque pure e sarete purificati da tutte le vostre impuri­
tà e da tutti gl’ idoli con cui vi macchiaste» 9. E secondo
il deutero-Zaccaria: « In quel giorno vi sarà una fontana
zampillante, per la casa di Davide e per gli abitanti di Ge­
rusalemme, per il peccato e per l’impurità» (Zc 13,1 ebr.).
Il giudaismo antico aspetta anch’esso che « Israele sia pu­
rificato da ogni peccato di fornicazione, d’impurità, di pro­
fanazione, di trasgressione e di traviamento» 10. I Salmi di
Salomone (17,30) attribuiscono l’ operazione al messia
davidico11.

7.3 II dono dello Spirito nel battesimo?

L’oracolo di Ezechiele non annuncia soltanto la purifi­


cazione del popolo mediante l’acqua, ma aggiunge: « Vi darò
un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuo­
vo. Toglierò il cuore di pietra dal vostro corpo e vi mette­
rò un cuore di carne. Metterò il mio spirito dentro di voi... »
(Ez 36,26-27a). Ma altrove è la purificazione stessa che
viene attribuita allo Spirito. E un fatto scontato per il sal­
mista di Qumran che celebra i favori divini nei suoi ri­
guardi: « Rasserena il tuo volto con lo spirito che tu hai
posto in me portando a compimento le tue benevolenze
verso il tuo servo per sempre purificandomi con il tuo spiri­
to dì santità e facendomi accostare (a te) in virtù del tuo

9 Ez 3 6 ,2 5 . N ei Settanta la radice kathar- si legge qui quattro volte.


10 G iubilei, 5 0 ,5 ; cfr. anche 2 2 ,1 4 .
11 C fr. p. 37.

123
beneplacito» 1-2; ugualmente cosa fatta per i primi cristia­
ni, sicuri di essere entrati nell’era della salvezza. Ma que­
sto dono dello Spirito è legato al battesimo d’ acqua? Ez
36,25-27 non è mai applicato al battesimo nel Nuovo
Testamento15. Né può essere stato il battesimo di Gio ­
vanni ad aver sollecitato, all’origine, i cristiani a unire le
due operazioni poiché, per Giovanni e per le prime comu­
nità, i due battesimi, quello « nell’ acqua» e quello «nello
Spirito» , si oppongono e si succedono14.
Ma, in realtà, è possibile parlare di un dono dello Spiri­
to al momento del battesimo secondo le testimonianze più
antiche della fede cristiana? Tocchiamo qui un punto di­
scusso e che oggi è oggetto di controversie, in particolare
nelle Chiese nate dalla Riforma, senza dimenticare il suo
impatto sul rinnovamento carismatico. Esamineremo ora
i dati del Nuovo Testamento cercando di non mescolare
nel nostro giudizio degli interessi anacronistici.
Diciamo subito che l’impressione che se ne ricava non
ha in proposito nulla di sicuro15. Paolo per primo rifiuta
ogni risposta netta, e sembrerebbe piuttosto non darla vinta
a nessuno dei contendenti. Senza dubbio non si può eli­
minare l’ allusione al battesimo d’ acqua da una frase come
quella che si legge in lCo r 12,13: « Siamo stati infatti bat­
tezzati tutti in un solo Spirito per formare un corpo solo,
sia Giudei sia Greci, sia schiavi sia liberi; e tutti siamo
stati abbeverati nel medesimo Spirito» . Vedere qui solo
un’immersione nello Spirito Santo, senza riferimento ri­
tuale e sacramentale16, si scontra con il testo parallelo che
si legge in Gal 3,27-28: « Infatti, quanti siete stati battez­

12 JQ H 1 6 ,1 1 - 1 2 ; traci, di L. M oraldi.
13 E del resto notevole che i riferimenti a questo passo di Ezechiele siano rari ne)
N uovo Testam ento. D ue soltanto sono sicuri: uno si legge in 2C or 3,3 a proposito del­
la lettera scritta con lo Spirito nel cuore di Paolo; l’ altro, in cui Paolo ricorda il dono
dello Spìrito fatto ai cristiani (lT s 4,8 ), evoca sia Ez 3 6 ,2 7 che 37 ,1 4 .
14 M e 1,8; M t 3 ,1 1 e par. Le 3 ,1 6 : A t 1,5; 11,16; cfr. anche G v 1,33.
15 Una buona presentazione, cfr. M .-A . Chevallier, Baptème et don de l ’Esprìt Saint,
op. cìt., pp. 97- 112.
16 Così tuttavia J. D . G . D unn, Baptism in thè Ho ly Spirit, pp. 127- 131; G . D . Fee,
The First Epistle to thè Corinthia» !, N IC , G rand Rapids 1987, pp. 6 0 3- 606.

124
zati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non esiste più
Giudeo né Greco ecc.» . Lì non si tratta di una qualsiasi
immersione nel Cristo, ma proprio del battesimo d ’ acqua
con riferimento al Cristo, come si vedrà presto17. Se ne
deduce che lo stesso vale in lCo r 12,13.
Ma nella lettera ai Galati il dono dello Spirito è legato
non al battesimo, bensì all’ accoglienza credente del van-
gelo: « A vete ricevuto lo Spirito dalle opere della legge o
prestando ascolto al messaggio della fede?» (Gal 3,2).
Paolo ci sembra perciò incoerente sul punto che ci inte­
ressa. I suoi successori, nella letteratura cristiana delle ori­
gini, nel complesso non sono più netti. Certo, lo pseudo-
Paolo delle lettere pastorali lascia pochi dubbi sull’ asso-
dazione del dono dello Spirito con l’ atto stesso del batte­
simo: in Tt 3,5 il « bagno» (loutron), nonostante le reti­
cenze di James D .G . Dunn18, non può essere pura meta­
fora per tradurre la purificazione mediante lo Spirito19.
Nello stesso tempo, l’autore degli A tti sembra anch’ egli
collegare al battesimo il dono dello Spirito nell’esortazio­
ne di Pietro il giorno di Pentecoste: « Pentitevi e ciascuno
di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo per o t­
tenere il perdono dei vostri peccati e riceverete il dono del
Santo Spirito» (2,38). Ma altrove, lo stesso libro ci mostra
i pagani di Cesarea che ricevono Io Spirito nell’ ascolto della
predicazione di Pietro e prima del loro battesimo (At
10,44-47). In Samaria, Pietro e Giovanni comunicano lo
Spirito per imposizione delle mani a dei fedeli già battez­
zati (At 8,14-17) e Paolo fa lo stesso in favore dei seguaci
di Giovanni di Efeso (At 19,5-6).
La libertà che usa l’ autore degli A tti a servizio delle sue
tesi non si spiegherebbe se il pensiero cristiano avesse al­
lora acquisito dei punti di vista ben definiti sulla comuni­
cazione dello Spirito Santo nell’ atto del battesimo. Più tar­

17 Cfr. pp. 131-153.


ìa Baptism in thè Ho ly Spirita pp. 165- 170.
Cfr. Ef 5 ,2 6 e {con loueìn e apoloueirt) Eb 10 ,2 2 ; A t 2 2 ,1 6 ; lC o r 6 ,1 1 .

125
di, il quarto vangelo, pur associando battesimo d ’acqua e
dono dello Spirito nella rigenerazione del credente, non
ci soddisfa pienamente, perché in 3,5 «la formula è trop­
po concisa per fondare una qualunque interpretazione del
rapporto tra i due elementi» 20 e permettere di associarli
in una stessa azione sacramentale21.
Il pensiero cristiano primitivo rimane fluttuante quan­
do si tratta di definire le condizioni di accesso alla salvez­
za o, più esattamente, di definire i loro rapporti: fede nel­
la parola dell’annuncio evangelico, battesimo d’acqua, dono
dello Spirito sono enunciati, talvolta messi insieme ma non
sempre, secondo l’argomento trattato nel contesto. Sarebbe
difficile concepire una tale flessibilità se fin dall’origine
il battesimo fosse stato concepito come il mezzo attraver­
so il quale lo Spirito Santo si comunicava ai credenti. Di
conseguenza si comprende perché un oracolo come quello
di Ez 36,25-27 non sia sfruttato in questo contesto, men­
tre lo sarebbe stato immancabilmente nel caso contrario.

7.4 Battesimo « nel nome di Gesù»

In compenso è sicuro che il battesimo fu, molto presto


e senza dubbio fin dalle sue prime manifestazioni, ammi­
nistrato « nel nome di Gesù» . Questa è la novità assoluta
attraverso la quale il battesimo cristiano rompe radicalmen­
te con quello di Giovanni.
Per stabilire l’antichità di questa espressione basta ri­
farsi alle lettere di Paolo, Ì primi scritti cristiani conosciu­
ti. L’apostolo ne offre una indiretta e indubbia testimo­
nianza quando biasima i Corinzi per il loro eccessivo at­
taccamento ad alcuni, compreso lui stesso, a scapito del­
l’unione comunitaria: « Forseché Paolo è stato crocifisso

20 M .-A . Chevallier, haptème et do n de l’Esprit Saint, op. cit., p. 110.


21 A dire il vero, il contesto non orienta verso una comunicazione rituale dello Spi­
rito (cfr. 6 ,63).

126
per voi, o è nel nome di [eis to onomd\ Paolo che siete stati
battezzati? Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno
di voi, se non Crispo e Gaio, affinché nessuno possa dire
che siete stati battezzati nel mìo nome (eis to emon ono-
ma)» (lCo r l,13b-15).
E chiaro che, rifiutando l’ipotesi aberrante di un batte­
simo «nel suo nome», Paolo rivendica questo privilegio per
un altro diverso da sé, e che si tratti del Cristo viene con­
fermato da altri passi delle lettere. Queste hanno un altro
vantaggio: garantiscono il carattere prepaolino del?espres­
sione. Per due volte Paolo parla del battesimo come effet­
tuato, letteralmente, « in Cristo » (eis Christon: Gal 3,27)
o « in Cristo Gesù» (eis Christon Ièsoun: Rm 6,3). Manca
qui l’intermediario del « nome» ; come pure quando Paolo
menziona il battesimo « in Mosè» (eis ton Móysèn: lCo r
10,2), riferimento che ricalca i precedenti; senza contare
la loro probabile eco in lC o r 12,13, in cui la frase « bat­
tezzati in un solo corpo» (eis ben soma) rinvia al « corpo
unico» (ben [...]soma), la comunità, ma identificata col (cor­
po di) Cristo (12,12). A ltrettanti esempi che, pur appog­
giando l’implicito riferimento a Cristo in lCo r l,13b-15,
mostrano che l’espressione tipicamente paolina non è « es­
sere battezzati nel nome di Gesù» , ma piuttosto «essere
battezzato in o verso [eis] Cristo Gesù» . La formula lun­
ga, con « nome» , precede quindi quella che Paolo usa di
sua iniziativa.
Ciò che si può già dedurre dalle lettere di Paolo viene
confermato dal resto del Nuovo Testamento che include
il « nome» in molte allusioni al battesimo, dimostrando cosi
che si tratta di una formula ormai consacrata dall’uso del
linguaggio cristiano.
Ma qui la questione prende nuovi sviluppi, perché in
realtà questo riferimento a Gesù offre una varietà di espres­
sioni che, secondo certi autori, influenzerebbe la teologia
stessa del battesimo.
La formula di gran lunga la più attestata è quella che
abbiamo colto attraverso Paolo. Alla testimonianza indi­

127
retta dell’ apostolo bisogna aggiungere in questo caso quel­
le — questa volta dirette — degli A tti (8,16; 19,5)22, dove
si parla di essere « battezzati nel nome [eis to onoma] del Si­
gnore Gesù» . Va aggiunta anche la formula trinitaria in Mt
28,19, in cui Gesù ordina di battezzare «nel nome [eis to ono­
ma] del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» , un ordine
che la Didacbè (7,1) riafferma negli stessi termini in un con­
testo rituale. Secondo l’opinione comune, la formula è un
derivato di quella che la precede nei documenti, conferman­
do l’estensione e l’autorità di quest’ultima.
Più rare in questo contesto battesimale sono le locuzio­
ni con epi ed en seguite dal dativo. A dire il vero, esse so­
no limitate al libro degli A tti e, a parte le varianti, ciascu­
na vi appare solo una volta. In A t 2,38 Pietro si rivolge
alla folla di Pentecoste: « Pentitevi e ciascuno di voi si fac­
cia battezzare epi tòì onomati Ièsou Christou... »23. Più
avanti (At 10,48), lo stesso apostolo ordina di battezzare
i pagani di Cesarea en tói onomati Ièsou Christou. Queste
formule eccezionali in questo contesto hanno incuriosito
alcuni autori, che hanno sospettato lì delle intenzioni ri­
tuali e teologiche particolari, diverse in ogni caso da quel­
le che derivano dall’espressione eis to onoma24. Ma in
realtà questo significa attribuire troppo a Luca che, in que­
sto caso, certamente non fa altro che seguire il suo istinto
che lo porta a imitare i Settanta25. Questi conoscono l’u­

22 Cui va aggiunto A t 1 9,3, con la domanda: « C on che [eis ti, non eis lina] siete
stati b attezzati?» e ia risposta: « col battesimo di G iovanni» . Luca vuole evitare di men­
zionare un battesim o «nel nome di G iovanni» (eis to onoma Ióannou), che potrebbe
rivaleggiare con quello effettuato « nel nome di G esù» ; da qui queste strane costruzio­
ni, derivate in effetti dall’ espressione tradizionale che si legge in A t 19,5.
23 La variante (B C D pc) en tòt onomati deriva quasi sicuramente da un’ armoniz­
zazione con 1 0 ,4 8 e con l’espressione corrente dei primi scritti cristiani.
24 Per una breve presentazione delie opinioni, cf r. M . Q uesnei, Baptisés dam l'E-
sprit, op. cii., p. 8 0 . La tesi propria dell'autore è che la formula con epi o en (di origine
semitica) significa che il battezzato si fonda su C risto m orto e risorto, m entre eis to
onoma tradurrebbe l’ appartenenza del battezzato al suo Signore (cfr. specialmente pp.
118-119).
25 Si potrebbe tuttavia am m ettere, con L. H artm an (La Formule^ bapty smale dam
lei Actes des Apàtres: quelques obsenatìons relatives au style de L ue, in A cause de l'Evan-
gile. Études [...] offertes att P. Jacques Dupont (LeD iv 123), Paris 1985, pp. 727- 738

128
so di en o epi tói onomati, specialmente a proposito di azioni
rituali e con Dio come complemento26. Al contrario essi
ignorano l’espressione eis to onotna usato tanto da Luca
che da altri autori del Nuovo Testamento a proposito del
battesimo. E quella che rappresenta, senza alcun dubbio,
la più antica formulazione del battesimo « nel nome di
Gesù» .
Ma qual è la sua portata?
Le risposte sono diverse, ma grosso modo si dividono
in due correnti, a seconda che si tenga conto o meno di
un originale semitico. Ecco alcuni tra gli esempi principali.
Wilhelm Heitmiiller, in un’opera rimasta celebre, Im Na-
men Jesu21, poneva le fondamenta di quella che è consi­
derata l’opinione comune tra gli esegeti: colui che è bat­
tezzato « nel nome di Gesù» passa sotto il suo potere, di­
venta sua proprietà. Utilizzando i papiri, quest’autore sco­
priva che l’espressione eis to onotna apparteneva alla ter­
minologia bancaria e commerciale, dove il « nome» era in
questo caso quello della persona sul conto della quale una
certa somma o un certo bene venivano accreditati28. Più
tardi, Gerhard Delling29 esplora un altro campo, pura­
mente teologico, per rendere conto dell’espressione e del­
le sue varianti nel Nuovo Testamento. Per lui la persona
di Gesù e l’ evento che Dio opera tramite essa sono indis­
sociabili. Perciò il battesimo « nel nome di Gesù» intro­
duce il credente in questo evento, gli dà accesso alla sal­
vezza escatologica realizzata in modo unico e una volta per
tutte in Gesù. Vi si riconosce l’influenza della teologia pao-
lina esposta nel capitolo 6 della lettera ai Romani. Michel

[732- 733]), che Luca abbia messo intenzionalmente le formule derivate dai Settanta
(con epi e en) sulle labbra di Pietro per scrupolo di ieratismo biblico, mentre eis to ono-
ma rappresenta l'espressione corrente deile Chiese di lingua greca. In realtà le due for­
mule sono sinonime.
26 Epi: D t 18 ,5 ; 2 1 ,5 ; lC r 2 3 ,1 3 ; 2C r 14,10(11); M I 1,11 v.l.; en-. 2Sam 6,1 8 ;
2 2 ,5 0 ; IRe 8,44; 18,2 4 .2 5 .2 6 .3 2 ; 2Re 5 ,1 1 ; lC r 16,2; Sai 43 (ebr. 44),6; 62 (ebr. 63),5.
27 « Im Namen Jesu »; emc sprach- und reiìgionsgeschicbtlicbe Untersuchung zum Neuen
Testament spezici! zur altchristlichen Tau/ e (FRLA N T 1-2), G òttingen 1903.
28 Cfr. gli esempi raccolti da M . Q uesnel, Baptisés dans i'Esprit, op, cit., pp. 115-116.
29 Die Z ueigmng des Heils in der Tttufe, Berlin 1961.

129
Bouttier, sensibile alla sfumatura di movimento della pre­
posizione eis, più che l’evento salvifico considera lo stato
presente del cristiano, risultato di questo evento: «Essere
battezzato eis Christon significa quindi essere trasferito verso
il Cristo Gesù, per vivere d ’ora in poi in lui, e l’espressio­
ne eis Christon potrebbe essere esplicitata: eis to einai en
Christ0i»iQ.
Sempre con lo scopo di spiegare la misteriosa formula,
altri autori sfruttano un altro campo, quello della lingua
rabbinica.
Sono molti quelli che dietro il greco eis to onoma vedo­
no l’espressione leshem (ebraico) o leshùm (aramaico). In
questa il termine « nome» non ha il suo significato proprio,
ma forma una preposizione composta. E comprensibile l’im­
barazzo che si prova nel tradurla nelle nostre lingue, per­
ché il rapporto che essa traduce varia, come abbiamo
visto31, secondo i casi e i contesti. Può significare «a cau­
sa di», « in considerazione di» , « in riferimento a» o, mol­
to semplicemente, « per» . La ripartizione delle sfumature
tra finale e causale, senza essere arbitraria, è in realtà troppo
schematica.
A proposito del battesimo Hans Bietenhard, ad esem­
pio, nella voce « Onoma» del Kittel-Wórterbuch, ha con­
servato il significato finale32. Questo autore, pur confu­
tando la tesi di Heitmuller, non è lontano dal congiunger­
si con essa attraverso un’indagine in campo semitico: ba­
sandosi sull’uso della formula presso i rabbini per designare
lo scopo o l’intenzione di un rito, egli arriva ad affermare
che essere battezzato « nel nome di Gesù» non significa
nient’altro che essere ordinato, votato, consacrato a Ge­
sù. In questo caso — si fa notare33 — è tutto sommato

30 E» Christ. Etude d'exégèse et de théologie paulinienne (EH PhR 54), Paris 1962,
p. 37.
31 C fr. pp. 105- 106.
32 G LN T , V il i, 770- 774.
33 O . Kuss, Z ur vorpaulinischen Tauflebre im Neueti Testametit, in T hC l 41 (1951)
289 - 3 0 9 (289), o in O . Kuss, A usiegung und Verktindtgung, I, Regensburg 1963, pp.
9 8 - 1 2 0 (98).

130
di poca importanza che la locuzione sia di formazione gre­
ca o di derivazione semitica.
Per quest’ultima origine propende Lars Hartman34, fa­
cendo notare che l’espressione è lungi dall’essere perfet­
tamente univoca anche in un contesto rituale in cui serve
a « introdurre il genere, la ragione o lo scopo del rito, co­
me pure la sua intenzione» 35. Per questo si preferisce non
circoscrivere troppo il significato quando si tratta del bat­
tesimo e limitarsi a percepirvi il « riferimento fondamen­
tale» a questo rito: questo battesimo è un Jesus baptism e,
senza pregiudicare una portata positiva, è cosi che veniva
distinto originariamente dal battesimo di Giovanni.
Dopo questo percorso ci permettiamo alcune osser­
vazioni:
— L’espressione eis to onoma non è corrente in greco.
Essa si ricollega del resto ad altre costruzioni dell’A ntico
e del Nuovo Testamento in cui interviene il « nome» e che
sono degli evidenti semitismi. Certo, non sempre è così,
come, per esempio, quando si tratta di pronunciare il no­
me di Gesù per scacciare i demoni o compiere dei
miracoli36. In altri testi è talvolta difficile ricondurre il
« nome» al rango di semplice strumento grammaticale, al­
meno nella mente degli autori neotestamentari, che sem­
brano attribuirgli ben altra consistenza” . Ma possediamo
abbastanza esempi in cui affiora indubbiamente la costru­
zione ebraica o aramaica38 per trarne delle conseguenze là
dove la frase dà adito a equivoci. In particolare è il caso
delle formazioni con eis che si leggono in due passi di Mt.
Nel primo (10,41-42) si parla di accogliere un profeta, un

34 « Into thè N am e of Jesus» .


35 Ibìd., p. 4 3 9 .
36 9 ,3 8 , par. Le 9 ,4 9 ; M e 16,17; Le 10,17; A t 3 ,6 ; 16,18 {en tóì onomatì)\ M e
9 ,3 9 (epi tói anomali); A t 4 ,3 0 (dia to onoma)-, M t 7 ,2 2 (onomati).
37 Cosi, ad esempio, in M e 13,6 e par. M t 2 4 ,5 ; Le 2 1 ,8 ; A t 4 ,2 .1 0 .1 7 .1 8 ; 5,28
(vedere anche 5,41); senza contare G v 1,12; 2,23; 3,1 8 ; lG v 5,13 (pisteuein eis to onoma).
38 M e 9,41 (en onomati boti); M e 9 ,3 7 e par. M t 18 ,5 ; Le 9 ,4 8 (epi to onomati)-,
M t 10 ,2 2 ; M e 13,13 e par. M t 2 4 ,9 ; Le 2 1 ,1 7 ; A t 10,43; G v 15,21 (dia tou onomatos)-,
M t 19,29 (heneken tou onomatos).

131
giusto, «uno di questi piccoli» (eis onoma prophétou, di-
kaìou, mathètou). Il senso è, senza possibilità di dubbio:
« perché profeta, giusto, discepolo» e la sfumatura è cau­
sale. Lo stesso vale per il secondo passo (Mt 18,20): dove
«due o tre riuniti eis to emon onoma» lo sono in effetti
« a causa di Gesù» ; in altre parole, Gesù è la ragione della
loro assemblea. Bisogna intendere allo stesso modo nel caso
del battesimo? È per lo meno saggio, prima di esplorare
il linguaggio popolare greco delle transazioni commercia­
li, cercare nell’ ambito linguistico che fu quello della Chie­
sa primitiva, proprio là dove il battesimo vide la luce.
— Data l’ imprecisione di questo tipo di espressione in
ebraico e in aramaico, non è possibile decidere a priori sulla
portata della sua applicazione al battesimo. E, anche se
è legittimo servirsi di usi paralleli, gli stessi esempi
rabbinici39 che vengono addotti in proposito non offrono,
pur in contesto cultuale40, che delle lontane analogie e, in
definitiva, sono di scarso aiuto, se non per confermare l’e­
strema disponibilità di queste formule.
— È verosimile che, originariamente, parlando di un bat­
tesimo « nel nome di Gesù» si sia voluto distinguere il bat­
tesimo cristiano da quello di Giovanni: battesimo «a cau­
sa di Gesù» , « in riferimento a Gesù» , per distinguersi da
coloro che si erano fatti o forse si facevano ancora battez­
zare rifacendosi a Giovanni Battista e al suo messaggio.

39 Cfr. Straclc-Billerbeck, K ommentarzum Neuen Testamenti I, pp. 591, 1054- 1055;


L. H artm an, « ìnto thè Name o f Jesus» , pp. 4 3 4- 440.
40 V iene citato in particolare M . Niddah, 5 ,6 , che tratta dell’ età a partire dal­
la quale il voto è valido, con la formula che l’ adolescente recitava: « Sappiamo
“ nel nome d ì" chi [feshèm mt] abbiamo fatto il v oto » , modo di esprimere, secon*
do L. H artm an {Itilo thè Name o f Jesus, p. 439)> il « riferim ento fondamentale
del v oto » . A ltro esempio (addotto da A . J. M . W edderburn, Baptism and Resur-
rectìon, p. 57): « S e un uomo compra uno schiavo da un idolatra e lo schiavo pre­
viene e compie l'abluzione rituale allo scopo di acquistare lo stato di uomo libe­
ro [letteralmente: « nel nome di un uomo libero» ; leskèm ben hórìn], acquisisce con
questo la sua em ancipazione» (£. Yebamot) 45b ). M a, nel primo caso, si tratta di
un voto, non di un’ abluzione e, nel secondo, l’ abluzione è m otivata non da una
persona, come nel battesimo « nel nome di G esù» , ma da uno stato sociale (l’espres­
sione è ellittica e il « nom e» non ha qui portata autonoma, contrariam ente a quanto
insinua W edderburn).

132
È piuttosto in quest’ottica e senza sconfinare su ciò che
appare prima di tutto come un’interpretazione teologica
e una ripresa41 che si hanno maggiori possibilità di coglie­
re la portata più antica dell’espressione.
— Era tuttavia possibile che questa si evolvesse verso
un significato più pieno42, considerando il ruolo unico
della persona di Gesù nell’opera della salvezza. Un con­
tributo in questo senso può averlo dato anche l’uso del no­
me di Gesù da parte degli esorcisti e terapeuti. In effetti
Paolo, nella sua critica delle divisioni a Corinto, lascia in­
tendere che essere battezzato « nel nome di Gesù» indica­
va un’ adesione alla persona di Cristo, un’obbedienza alla
sua autorità, una sottomissione alla sua guida, simili a quelle
che i leaders in questione attiravano su di sé. L’omissione
del « nome» nell’abbreviazione tipicamente paolina « esse­
re battezzato eis Khriston Iésoun» (Gal 3,27; Rm 6,3) può
essere considerata come l’indizio di questa evoluzione e
di questo approfondimento della formula lunga.
— Non è provato che l’espressione « nel nome di Ge­
sù» sia stata inclusa nello stesso rito battesimale43. Visto
10 stato della documentazione, è più verosimile che si trat­
tasse essenzialmente di qualificare il rito, non di fissarne
11 cerimoniale. Ci si comporterà in modo diverso quando,
secondo la testimonianza di Mt 28,19 e della Didachè (7,1),
si determinerà e si prescriverà la « formula sacramentale»
facendo appello alle tre persone divine.

1.5 11 punto di vista paolino


Paolo, il cui contributo è già stato preso in considera­
zione come testimone delle prime teologie del battesimo,

41 C fr. pp. 127- 128.


42 La critica della spiegazione di L. H artman (cfr. p. 131) da parte di A . J. M . W ed-
derburn {Baptism and Resurrection, p. 56) è legittima solo se si esclude la possibilità
di un'evoluzione. Il riferim ento a G esù, inizialmente « vago », ha seguito probabilmen­
te il movimento della cristologia,
45 N on è ciò che indica A t 2 2 ,1 6 , dove al candidato {in questo caso Paolo), non
al ministro, viene prescritta l’invocazione (epikalesamenos) del nome di G esù.

133
può essere ugualmente utile quando, esponendo le sue teo-
rie personali, conferma in una certa misura le deduzioni
che abbiamo fatto.
Si tratta in questo caso della sua interpretazione del bat­
tesimo come l’ atto mediante il quale il battezzato parteci­
pa alla morte di Cristo sul Calvario. Questa interpretazio­
ne viene esposta in Rm 6,1-14, e ripresa e completata in
Col 2,12-13.
Ma, innanzitutto, si tratta proprio di una teoria di Pao­
lo? Questi, esprimendola, non dipende forse da una tradi­
zione? Se fosse cosi, si sarebbe in grado di apportare un
contributo supplementare alle informazioni già ottenute.
Un buon numero di autori propende oggi per una risposta
affermativa all’interrogativo posto. Hanno ragione? Per sa­
perlo è indispensabile valutare la portata di una formula,
a prima vista anodina, ma la cui posta in gioco è in realtà
notevole.
In Rm 6,3 Paolo apre la sua esposizione con queste pa­
role: « O ignorate forse che tutti quelli che fummo battez­
zati per unirci a Cristo Gesù, fummo battezzati per unirci
alla sua morte?» . La domanda a proposito di questo testo
è la seguente: Paolo, scrivendo « O ignorate... {è agnoei-
te) », usa una semplice formula retorica o lascia intendere
che i suoi lettori sapevano o avrebbero dovuto sapere ciò
che segue? Nel primo caso, la dottrina che sarà enunciata
può essere considerata come il prodotto della riflessione
del solo Paolo; nel secondo, Paolo fa appello a un insegna­
mento che era già ricorrente tra i cristiani e che quelli di
Roma erano in grado di conoscere. Dato che l’interpreta­
zione che Paolo dà qui del battesimo appare, nel Nuovo
Testamento, solo in lui (qui e in Col 2,12-13, che dipende
da Rm 6), si può comprendere l’importanza della scelta
concernente un’espressione che uno sguardo non esperto
considererebbe facilmente come accessoria.
Dal punto di vista del metodo, la prima cosa da fare è
confrontare il caso presente con altri usi della stessa fo r­
mula o di formule simili da parte di Paolo stesso. In realtà

134
l’espressione « o igno rate...» (<? agnoeite) si legge nei suoi
scritti solo un’ altra volta, nella stessa lettera ai Romani
(7,1), quando, argomentando contro la perennità della legge
mosaica, scrive: « O ignorate, fratelli, — parlo a gente che
conosce la legge — che la legge ha potere sull’ uomo per
tutto il tempo che egli vive?» . In quest’ultimo esempio si
può benissimo ammettere che Paolo supponga presso i cri­
stiani una certa conoscenza di ciò che egli stesso afferma.
Qualunque sia la legge di cui si parla44, l’inciso «parlo a
gente che conosce la legge» va in questa direzione.
Ma prima di trarre una conclusione su Rm 6,3 dobbia­
mo esaminare i casi, molto numerosi, in cui Paolo ricorre
a una formula molto vicina alla precedente. A più riprese
Paolo inizia un’istruzione con queste parole: « O non sa­
p ete...?» (é ouk oidate...)45:

1. — Non sapete che se vi fate schiavi, obbedendo, di qual­


cuno, siete schiavi di quello a cui obbedite, sia del peccato per
la morte, sia dell’obbedienza perla giustificazione? (Rm 6,ló).
2. — O non sapete che cosa dice la Scrittura a proposito
di Elia...? (Rm 11,2).
3. — Non sapete che siete tempio di D io... (lC or 3,16).
4. — Non sapete che un po’ di lievito fermenta tutta la
pasta? (lCor 5,6).
5. — O non sapete che i santi giudicheranno il mondo?
(lCor 6,2).
6. — Non sapete che giudicheremo gli angeli? (lCor 6,3).
7. — O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Re­
gno di Dio? (lCor 6,9).

44 Si esita tra la legge in generale o quella di M osè. Il contesto paolino orienta piut­
tosto verso la seconda scelta. D el resto, sebbene di origine pagana, una parte della co*
munita di Roma conosceva la legge di M osè e l'insieme non era form ato da giuristi.
45 A ltre costruzioni paoline sono meno opportune a proposito del nostro tema. So­
no: « N on voglio» o « non vogliamo che ignoriate» {ou thelo/thelomen [...]hy mai agnoebr.
lT s 4 ,1 3 ; lC o r 1 0,1; 12,1; 2C or 1,8; Rm 1,13; 11)25} e «desidero che sappiate» {gì-
nóskein [...] hymas boulom&ii Fìl 1,12), frasi che in se stesse lasciano capire che si tratta
di una nuova informazione. M eno chiaro è il caso dell’espressione gnòrizòjgnórizotnen
hy min (lC o r 1 5,1; 2C or 8 ,1 ; G al 1,11) che, almeno nel primo passo citato, evoca
piuttosto il ricordo di una predicazione anteriore, il che conferma il kerygma pasquale
che segue.

135
8. — O non sapete che chi si unisce a una meretrice forma
un corpo solo? (ICor 6,16).
9. — O non sapete che il vostro corpo è santuario dello
Spirito Santo? (ICor 6,19).
10. — Non sapete che quelli che celebrano il culto traggo­
no il vitto dal tempio? (ICor 9,13).
11. — Non sapete che i corridori nello stadio corrono tut­
ti, ma uno solo ottiene il premio? (ICor 9,24).

Tra gli esempi enumerati, alcuni usano la formula in que­


stione per introdurre delle idee la cui conoscenza è indub­
bia da parte di coloro cui sono destinate. E il caso di quelle
che si riferiscono a delle realtà profane, o addirittura quo­
tidiane, addotte per confronto {1,4, 8, 11). Si può ammet­
tere lo stesso a proposito di verità religiose che vanno da sé
(7) o la cui conoscenza era data per scontata in un lettore
o un ascoltatore dell’A ntico Testamento (2, 10). E invece
meno chiaro che i cristiani ai quali Paolo si rivolge abbiano
saputo, e che Paolo abbia supposto conosciuto da loro, che
essi sono il tempio di Dio (3) o dello Spirito Santo (9), che
« Ì santi giudicheranno il mondo» {5) o che i cristiani « giu­
dicheranno gli angeli» (6). Senza dubbio si può ammettere
che alcuni di questi enunciati abbiano fatto parte di una ca­
techesi già tradizionale nelle Chiese e, per quelle che si leg­
gono in ICo r, della stessa catechesi di Paolo a Corinto, seb­
bene il suo contenuto comprendesse delle verità ben più im­
portanti della partecipazione dei fedeli al giudizio degli an­
geli. Ma quando questo tipo di formula si applica, come in
Rm 6,3, a una verità che nel Nuovo Testamento insegna solo
Paolo e che rivolge a una comunità con la quale non ha avu­
to ancora co ntatti, è lecito domandarsi se si ha il diritto di
trarne un argomento definitivo e di dire, su questa base, che
la comunità di Roma conoscesse questa verità o avrebbe do­
vuto conoscerla. Dubitiamo che sia giusto il punto di vista
categorico di Hans Lietzmann46, fatto proprio ancora oggi

46 A n dìe R ó m er (H N T 3/ 1), Tiibingen 1933, p. 67.

136
da molti autori47, secondo il quale le formule in questione
riguardano sempre in Paolo ciò che è realmente già conosciuto
e, di conseguenza, permettono di concludere che l’idea di
morire o di rivivere col Cristo al momento del battesimo fos­
se, al tempo di Paolo, oggetto della fede comune delle Chiese.
Una simile generalizzazione è eccessiva e, in realtà, ogni caso
va esaminato in funzione dell’argomento trattato.
Si tratta lì di una formula retorica che, in molti degli esem­
pi enumerati, ha solo la funzione di stimolare l’ attenzione
del lettore sull’enunciato di verità conosciute da tutti e che
nessuno penserà di contestare. Negli altri casi bisogna ac­
cordare più peso a queste costruzioni e pensare che Paolo
intenda proprio sottolineare la conoscenza in quanto tale del­
le verità in questione? Forse è vero, ma ancora una volta si
esita ad ammetterlo quando l’oggetto della conoscenza verte
su un punto dottrinale che, nel Nuovo Testamento, è tipi­
camente e unicamente paolino. E, per concludere, non si può
contare sulla sola espressione « o ignorate... » per ammette­
re che Paolo non fa qui che ricordare un insegnamento tra­
dizionale. E senz’ altro possibile che questo insegnamento,
già maturato nella sua mente, non ne dubitiamo, raggiun­
gesse per la prima volta i cristiani di Roma. In ogni caso non
sarebbe prudente usare la formula in questione per affer­
mare il contrario.
Lasciamo ora la formula per affrontare il contenuto che
essa introduce. La prima parte di Rm 6,3 si legge quasi pa­
rola per parola nella lettera ai Galati (3_,27), e nei due casi
si riconosce nella frase « essere battezzati in Cristo Gesù»
un’ abbreviazione dell’espressione tradizionale « essere bat­
tezzati nel nome di Gesù» 48. L’eredità della tradizione è
molto meno certa nel seguito del testo di Rm 6 perché, al

47 Citiamo, tra gli altri, i com mentari seguenti: C. K . Barrett, A Commentary on thè
Epistkto thè Romam (BN T C ), London 1962, p. 121; O . M ichel, D er Brìef an die Ró mer
(K EK ), G òttingen 1963 {1 2 a ed.), p. 153; C . E. B. Crantield, The Epistle to theRomans,
(IC C ), Edinburgh 1987 (ristampa con correzioni), I, p. 3 0 0 ; U . W ilckens, D erB rief an
die Ró mer (EK K 6/ 2), Z iirich/N eukirchen 1 9 80,11, p, 11. Per una lista più completa,
cf r. A . J. M . W edderb urn, Bapthm and Resurrection, op. cìt., p. 4 0 , n. 3.
48 C fr. p. 127.

137
di fuori degli scritti paolini, mai il Nuovo Testamento fa del
battesimo una partecipazione alla morte di Cristo.
A dire il vero, Paolo stesso esprime solo una volta questa
teoria, se consideriamo la lettera ai Colossesi che la ripren­
de e la completa (2,12-13) come pseudoepigrafica. Essa è
inoltre composita, poiché applica al battesimo una conce­
zione della salvezza che Paolo espone a più riprese nelle sue
lettere senza aggiungervi l’ombra di una connessione ritua­
le: la partecipazione dei credenti alla morte di Gesù al Cal­
vario. Questo tema, che in Paolo è un doppione dell’inter­
pretazione sacrificale — e tradizionale49 — della morte di
Gesù, in realtà non è stabile e ne abbiamo mostrato
altrove50 le varianti. In Rm 6,1-4 Paolo l’ associa al battesi­
mo. Su questa operazione, che è una novità di Paolo e che
egli è il solo a effettuare nel Nuovo Testamento, ci si può
chiedere: prima di ricorrere a delle influenze esterne51, non
si può intravedere qui una certa eredità della tradizione cri­
stiana?
La risposta è che in questo caso non tutto è innovazione,
e che è possibile stabilire un rapporto con la prima interpre­
tazione del battesimo quale si è creduto di poter esporre nel
capitolo precedente.
Già il battesimo « nel nome di Gesù» , che in Paolo è di­
ventato, abbreviato, un battesimo eis Chrìston lèsoun (Gal
3,27; Rm 6,3), stabiliva un legame tra il battezzato e Cri­
sto. Qualunque sia il significato iniziale di questa formula,
si dubita che Paolo l’abbia lasciata nel vago relativo che es­

49 M e 10,45 ep ar. M t 20 ,2 8 ; M e 14,24 e par. M t2 6 ,2 8 ; lC o r 11,24- 25; L e 22,19- 20;


G v 1 ,2 9 .3 6 ; 1 0 ,1 1 ; 11 ,5 0 ; 1 5 ,1 3 ; 1 7 ,1 9 ; 18,14; iG v 2 ,2 ; 4 ,1 0 ; l Pt 2 ,2 4 ; 3 ,1 8 ; Ebjw s-
sim; A p 1,5; 5,9.
50 C fr. il nostro studio Etre baptisédam la mortdtt Cbrìst. Etudede Komains 6,1- 14,
in RB 98 (1991) 544- 549.
51 L ’argom ento, che merita uno studio a sé, non può essere trattato qui; né possia­
mo enumerare i numerosi studi dedicati a esso. Per una buona esposizione delle opinioni
e di sagge conclusioni, fra cui la rinuncia all'influenza dei culti misterici, cfr. A . J, M .
W edderb urn, Baptism and Resurrection, op. cit., pp. 9 0 - 1 6 3 , 2 9 6 - 3 5 9 . Riportiam o que­
sta osservazione, significativa dell' insieme: « A nche se Paolo [...] giunge a uno scopo pa­
ragonabile ai m isteri, una speranza per il mondo futuro alla luce di ciò che è già stato spe­
rimentato, [...] il cammino per raggiungere questo scopo è diverso» (p. 358).

138
sa allora poteva avere e che, per lui, il legame così stabilito
con Cristo acquistasse una profondità che portava il mar­
chio della sua riflessione teologica. Rimane il fatto che vie­
ne qui tracciata una linea continua che permette di non dis­
sociare Paolo dalla tradizione.
A questa osservazione se ne può aggiungere una secon­
da, di carattere più ipotetico. Poiché originariamente il bat­
tesimo era finalizzato alla remissione dei peccati (nella li­
nea di quello di Giovanni52), era normale metterlo in rela­
zione con l’atto redentore di Cristo al Calvario. Questo at­
to infatti, secondo la ripetuta testimonianza del Nuovo
Testamento53, riveste una funzione espiatoria in favore
dell’umanità peccatrice. Non si può affermare che il colle­
gamento sia avvenuto prima di Paolo, dato che egli ne è il
solo testimone, ma, nell’effettuarlo, egli è talmente conforme
agli imperativi teologici comuni che si è portati a ipotizza­
re qui un’eredità.

52 C fr. pp. 120- 122.


53 C fr. p. 138, n. 49.

139
Conclusione

Sull’origine del battesimo possiamo formulare dapprima


delle conclusioni negative. Il suo collegamento con un’e­
spressione di istituzione da parte del Gesù storico, analoga
a quella per l’ eucaristia, dipende da dati isolati e tardivi (Mt
28,19; Me 16,16), senza garanzie sufficienti dal punto di
vista che ci interessa. Né è più sicura l’idea che fa del batte­
simo di Gesù da parte di Giovanni Battista il modello al quale
si sarebbe ispirata la prima generazione cristiana per adot­
tare il rito: il Nuovo Testamento non offre nessun appiglio
solido per questa relazione, le cui prime tracce appaiono solo
nel II secolo. Infine, l’ ipotesi di un’influenza dell’ abluzio­
ne dei proseliti presso gli ebrei si scontra con una serie di
obiezioni sia dal punto di vista della portata dei due batte­
simi sia dal punto di vista cronologico.
Al contrario, è chiaro che il battesimo cristiano riprodu­
ce in modo predominante le caratteristiche di quello di Gio­
vanni Battista. Infatti, nel contesto delle abluzioni ebrai­
che, essi sono i soli ad assumere la forma passiva che neces­
sita l’intervento di un « ministro », e i loro rispettivi signifi­
cati dimostrano una chiara parentela: entrambi sono defi­
nitivi e non reiterabili, inoltre hanno di mira ed esprimono
un perdono dei peccati al quale si pensa non si debba più
far ricorso.

140
Queste somiglianze si spiegano per il fatto che Gesù in
un primo tempo aveva fatto parte, come pure alcuni dei suoi
discepoli, del movimento di Giovanni ricevendo il suo bat­
tesimo. Egli stesso deve aver seguito la linea tracciata da Gio­
vanni battezzando in un primo periodo della sua attività.
Per questi fatti la prima comunità disponeva di precedenti
che la spingevano ad adottare lo stesso rito per segnare l’ac­
cesso dei candidati alla nuova fede e il cambiamento di vita
che esso implicava.
Non bisogna però nascondere le lacune della nostra co­
noscenza in materia. A un certo punto della sua attività Gesù
smise di battezzare, e a questo fatto va aggiunta la distanza
cronologica che separa le prime attestazioni del battesimo
cristiano dalla morte di Gesù. Di conseguenza ignoriamo —
o almeno possiamo solo congetturare — come, dove e in quali
circostanze questo rito vide la luce nella Chiesa.
Quanto alla sua interpretazione all’alba del cristianesimo,
ciò che possiamo percepire dimostra, nonostante dei punti
comuni, un evidente allontanamento dal suo precedente gio­
vanneo. Certo, la purificazione dei peccati legata all’ ablu­
zione viene ricevuta nella prospettiva della fine dei tempi,
come per Giovanni Battista e secondo gli antichi profeti;
c ’è però la grande differenza che separa la coscienza di una
realizzazione della salvezza già cominciata dall’attesa di un
temibile giudizio. Giovanni distingueva il battesimo d’ ac­
qua dal battesimo di Spirito Santo, e non appare che i pri­
mi cristiani abbiano sempre né necessariamente collegato
il dono dello Spirito al battesimo. Ma la dove soprattutto
emerge la distinzione è quando il battesimo fa riferimento
alla persona di Gesù. Se è vero che originariamente la for­
mula « battezzare» o «essere battezzato nel nome di Gesù »
probabilmente serviva solo a distinguere il battesimo cristia­
no da quello di Giovanni, è possibile che in seguito ci sia stata
un’evoluzione verso un significato più profondo. Paolo lo
lascia intendere nella sua polemica contro le divisioni nella
comunità di Corinto (lC o r 1,12-16); inoltre, con la sua in­
terpretazione personale del battesimo come partecipazio­

141
ne alla morte di Cristo, permette di supporre nella remis­
sione dei peccati inerente al battesimo un antico, se non pri­
mitivo, rapporto di questo con l’espiazione compiuta al
Calvario.

142
APPENDICE

I primi discepoli di Gesù furono battezzati?


Sguardo su un’ antica problematica*

A partire dalla necessità del battesimo per la salvezza


La necessità del battesimo per la salvezza si deduce dal
Nuovo Testamento. I passi classici sono Gv 3,5 e Me
16,16. Essi però non possono essere interpretati abusiva­
mente né essere utilizzati per sostenere la necessità asso­
luta e universale del rito battesimale. Per quanto riguarda
prima di tutto il quarto evangelista, il suo scopo nel redi­
gere il colloquio di Gesù con Nicodemo non è certamente
quello di sottolineare degli obblighi cerimoniali, e l’espres­
sione sulla «nuova nascita» difficilmente ha in lui quella
portata che le attribuisce ad esempio Heinrich Schlier quan­
do, nella sua polemica contro Karl Barth, formula il se­
guente ragionamento: « Se in Gv 3,5 ffon viene espressa
la necessità dell’ acqua nel senso di necessitas medii, in questo
caso non è dimostrata nemmeno la necessità del mezzo,
o piuttosto del mediatore che è lo pneuma» 1. In effetti,
il contesto giovanneo ci informa che l’intenzione dell’au­
tore non è di insistere sul battesimo d’acqua, ma di sotto-

* Q uesto studio, pubblicato nel Bulletin de iittérature ecclésiastìque 79 (1978) 3- 18,


viene ripreso qui in form a un po’ ridotta per ciò che riguarda le note, e con dei sot­
totitoli.
1 H . Schlier, La dottrina della Chiesa m i battesimo, p. 183.

143
lineare che questo, proprio come l’alimento eucaristico (Gv
6,63), è efficace solo in funzione di un’economia salvifica
il cui ultimo stadio è il dono dello Spirito (Gv 3,6-8; cfr. Tt
3,5). Quanto a Me 16,16 — « Chi crederà e si farà battez­
zare sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato » — ,
si concederà a H. Schlier che « questo non significa che la
seconda frase ritiri quanto dice la prima» 2, ma aggiungen­
do che questo assioma, con il suo contesto (vv. 11.13.17),
mette più l’accento sulla fede che sul battesimo. In verità,
dei punti di vista esclusivi che tocchino le condizioni ritua­
li della salvezza non possono richiamarsi al Nuovo Te­
stamento3 e il credente, da parte sua, fa fatica a conciliarli
con la libertà di Dìo così come con la sua volontà di salvare
tutti gli uomini (lTm 2,4). Oggi chi oserebbe considerare
i non battezzati come una massa damnata}
Eppure, è più o meno sotto l’influenza di questa con­
vinzione che alcuni Padri e teologi si sono preoccupati del
silenzio del Nuovo Testamento circa il battesimo degli apo­
stoli e, più ampiamente, del gruppo dei discepoli radunati
nel cenacolo (At 1-2), tra i quali figura Maria, la madre
del Salvatore. Se si prende alla lettera la frase di Gesù in
Gv 3,5, com’è possibile che questi personaggi eminenti,
membri fondatori della Chiesa, abbiano ottenuto la sal­
vezza? Le soluzioni addotte a questo problema sono varie
e a volte curiose. Senza la pretesa di essere esaurienti, ri­
portiamo qui alcuni esempi, tratti qua e là dalla letteratu­
ra cristiana a partire dai Padri della Chiesa fino agli scola­
stici e ai loro commentatori.

Un sostitutivo: il battesimo di Giovanni


Tertulliano4 apre la strada in questo campo, per rispon­
dere alle « menti sottili» (.scrupulosi) che, valendosi del fatto

2 ibìd.
J Cfr. Eb 9 ,9 - 1 0 ; lG v 5 ,6 (« non con acqua soltanto» ), e le osservazioni di A . O ep-
ke, voce « Baptó ...» , G LN T , II, 71; G . R. Beasley-M unay, Baptism, op. cit., p. 300.
* De Baptismo, 12: C Chr. SL, 1, pp. 2 8 6- 288.

144
che il battesimo degli apostoli non viene menzionato nel­
la Scrittura, s’interrogavano sulla necessità di questo
sacramento3. Egli formula una serie di ipotesi, senza ac­
cordare loro uguale valore, consapevole d’altra parte dei
suoi limiti in materia6. Una prima soluzione emerge dalla
risposta di Gesù a Pietro che domandava di essere lavato:
« Chi ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non
i piedi» (Gv 13,IO)7. Quindi Pietro era già stato battez­
zato. Ma con quale battesimo? Almeno quello di Giovan­
ni, rispondeva Tertulliano, contro coloro che arrivavano
fino al punto di negare che gli apostoli l’avessero ricevu­
to. In effetti era normale che i futuri diffusori del vangelo
fossero stati così preparati ad accogliere il Cristo8. Del re­
sto Gesù stesso era stato battezzato da Giovanni! Quindi
a maggior ragione conveniva che gli apostoli, peccatori quali
erano, si sottomettessero a questo rito di penitenza. Infi­
ne, quelli che l’ avevano rifiutato, i dottori della legge e
i farisei, erano stati in seguito gli avversari di Cristo; se
ne può dedurre che i suoi discepoli si siano collocati subi­
to nell’altro campo.
Ma qual era l’esatto valore del battesimo di Giovanni?
Tertulliano non lo dice. In realtà, stando al seguito del te­
sto, questo primo tentativo di soluzione lo soddisfaceva
solo a metà. Del resto, non sembra che l’essenziale di que­
sta risposta sia frutto delle sue idee, almeno se si prende

5 N on si tratta più qui degli gnostici cainiti e del lorò" portavoce femminile (cfr.
1,2- 3), ai quali Tertulliano risponde nella prima parte del trattato: gli scrupulosi, a dif­
ferenza delle «vipere, aspidi, basilischi» (1,2), sono da ricercare tra i cristiani ortodossi.
6 Et nunc illis ut potero respondebo qui negant apostolos tinctos (12,3).
1 O ttato di M ilevi (C. Parm. Donat. V ,3: C S EL, t. X X V I, pp. 124-125) utilizza
lo stesso testo contro i donatisti: indipendentemente dalla qualità del ministro, un b at­
tesimo amministrato nel nome della T rinità è valido e non è da ripetere. E proprio
di questo che tratta G esù in G v 13,10, dove la portata è generale e il riferimento non
è solo al caso di Pietro: altrimenti « C risto avrebbe detto: poiché tu sei stato lavato una
volta, non hai bisogno di essere lavato di nuovo».
8 12,4. La stessa idea è espressa in Adversus M arcianem (IV , 13,4: C C hr. SL, I,
pp. 572- 573), dove Tertulliano sviluppa una tipologia a partire da G s 4 ,1 - 9 .2 0 : i dodi­
ci apostoli, che dovevano irrigare l ’universo delle nazioni con la conoscenza del vero
D io, sono paragonati, tra gli altri, alle dodici pietre tratte dal letto del G iordano per
ordine di G iosuè.

145
alla lettera il modo in cui egli introduce una seconda ipo­
tesi che attribuisce ad « altri» {alti)9. Qui, e fin dall’inizio,
Tertulliano esprime il suo giudizio personale: « è in modo
abbastanza artificiale» (satis coacte) che si è voluto trova­
re un sostitutivo al battesimo nella tempesta infuriata sul
lago di Tiberiade, quando la barca (con i discepoli) fu ri­
coperta dalle onde (Mt 8,24 par.), o anche nell’avventura
di Pietro che rischia di annegare quando cammina sulle ac­
que (Mt 14,30). Tertulliano reagisce come farebbe un ese­
geta oggi: « Secondo me — egli scrive — essere bagnato
o inghiottito da un mare in tempesta è una cosa del tutto
diversa da un battesimo secondo un cerimoniale religio­
so » 10. Infatti solo una visione materiale delle cose può at­
tribuire all’ acqua un valore positivo in tale circostanza ed
è proprio così che pensa Tertulliano, poiché considera la
barca come la prefigurazione della Chiesa, « che, sul mare
del mondo, è sballottata dalle onde delle persecuzioni e
delle tentazioni» , mentre l’ azione del Signore, su richie­
sta dei discepoli, consiste nel trionfare su questo elemen­
to impregnato di un simbolismo ostile11. Questa esegesi
ha fatto giustamente fortuna, ma, è evidente, non risolve
il problema posto.
Ma non si tratta di un falso problema? Tertulliano pro­
pende nettamente in questo senso, dato che offre in se­
guito questa alternativa: « O gli apostoli hanno ricevuto
il battesimo e poco importa quale, o sono vissuti fino alla
fine senza essere battezzati» 12. In realtà il maestro di

9 Si ignota la loro identità. Certam ente Tertulliano aveva raccolto questa opinione
nei sermoni dei predicatori di Cartagine.
10 12 6 , .

11 12,7. Sulle radici culturali di questo simbolismo e le sue attestazioni nel seguito
della letteratura cristiana, si veda la bibliografia citata in F. Refoulé * M , D rouzy, SC
35, p. 27, n. 1 e 2. A ggiungere: J. Kahlmeyer, Seestum und Schiffbruch alsBi!dantiketi
Scbrìfttum, G reifswald 1934; R. M ach, D er Z aidik in Talmud und M idrascb, Leiden
1957, pp. 2 2 3 - 2 4 1 ; E. R. G oodenough, Jew ish Sy mbo h in thè G raeco- Roman Perìod,
V il i, N ew Y ork 1958, pp. 157- 165; E. H ilgert, The Ship and Related Sy mbo h in thè
New Testament, A ssen 1962; dello stesso, Symbolismtts und Heilsgeschichte in den Evan-
gelien: ein Beitrag iu den Seesturm und G emsenererzahlungen, in O ìkonomia.,. Festschri/t
fitr Oscar Cullmann, H am burg-Bergstedt 1967, pp. 51- 56.
12 12, 8.

146
Cartagine sembra preferire la seconda ipotesi e, per con­
cludere, si sforza di giustificarla.
Infatti per quanto Gesù lasci intendere che Pietro sia
stato già battezzato (Gv 13,10), poteva con questo avere
di mira solo i futuri cristiani e voler promulgare per loro
il carattere non reiterabile del sacramento. Avendo così
prevenuto un’obiezione, Tertulliano arriva a formulare due
proposte complementari. Da un lato, gli apostoli avevano
beneficiato di privilegi tali che potevano benissimo sosti­
tuire il battesimo: chiamati per primi, erano vissuti nella
« familiarità personale» (individuae familiaritatis praeroga­
tiva) col Salvatore. Dall’altro, il vangelo ci informa che in
quel tempo la fede era la condizione sufficiente per la sal­
vezza. Gesù dichiara infatti al paralitico: « La tua fede ti
ha salvato» e « i tuoi peccati sono rimessi» (Mt 9,2.22; par.).
Ora, chi più degli apostoli aveva avuto fede? L’ avevano
dimostrato quando avevano lasciato tutto per seguire Gesù!
In definitiva, per Tertulliano, la chiave dell’ enigma è
costituita da questa divisione tra il tempo della vita di Gesù
e l’era postpasquale. Egli lo afferma in modo esplicito quan­
do, in seguito (13,2), tratta della necessità del battesimo:
« Un tempo, prima della passione e della risurrezione del
Signore, la salvezza era ottenuta dalla sola fede; ma da
quando per i credenti si è aggiunta la fede nella nascita,
passione e morte e risurrezione, il sacramento si è anch’esso
ampliato: è stato aggiunto il sigillo del battesimo» .
Questa opinione, dopotutto abbastanza giudiziosa, non
si impose presso i Padri e Ì loro immediati successori. Al
contrario, il primo suggerimento di Tertulliano si ritrova
con qualche sfumatura negli scritti di Pietro Lombardo13.
Questi considera prima di tutto il caso di quelli che furo­
no battezzati da Giovanni e, ignorando lo Spirito Santo,
avevano riposto la loro speranza in questo battesimo: co ­
storo dovettero essere battezzati di nuovo con il battesi­
mo cristiano, poiché quello di Giovanni aveva soltanto va-

13 IV Seni., dist. 3, cap. 6: Q uaracchi, II, pp. 7 5 3- 754.

147
lore di promessa, essendo conferito solo nel nome del fu­
turo Salvatore; d ’altra parte la fede nel Cristo è indisso­
ciabile dalla fede nello Spirito Santo. Al contrario, coloro
che, essendo stati battezzati da Giovanni, non avevano po­
sto la loro speranza in questo battesimo e credevano nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, non furono ribat­
tezzati, ma gli apostoli si limitarono a imporre loro le ma­
ni. Quest’ultima opinione è respinta all’unanimità dai com­
mentatori delle Sentenze. In particolare, Tommaso d’Aqui-
no la giudica «del tutto irrazionale» {penitus irrationabile),
perché « il battesimo di Giovanni non conferiva la grazia
né imprimeva carattere: era solo un battesimo d’acqua. Per
cui la fede e la speranza che Ì battezzati [da Giovanni] ave­
vano nel Cristo non poteva supplire a questa mancanza».
Era quindi necessario non solo «dare loro lo Spirito Santo
con l’imposizione delle mani, ma anche battezzarli nuo­
vamente nell’acqua e nello Spirito » 14. Bisogna dire che
Tommaso d’Aquino colloca l’istituzione del battesimo dopo
la Pasqua15, conformemente ai dati scritturistici, mentre
il Maestro delle Sentenze, senza il minimo appoggio evan­
gelico, presupponeva nella missione galilaica l’ordine di bat­
tezzare, e questo, nel nome della Trinità... licet non sit
scriptum16.
Con un solenne anatema, il Concilio di Trento condan­
nò l’ opinione secondo la quale il battesimo di Giovanni
avrebbe avuto, a certe condizioni, il potere di conferire
la grazia17. In effetti questo punto di vista non viene so­
stenuto dall’insieme della tradizione patristica, che cerca
un succedaneo del battesimo cristiano per gli apostoli.

W Illa, q, 38, art. 6.


15 Illa, q, 6 6 , art, 2. Più avanti Tommaso precisa che la ragione di questo nuovo
battesim o non sta nel fatto che i discepoli di G iovanni «ignoravano l'esistenza dello
Spirito Santo, ma nel fatto che non avevano ricevuto il battesimo di C risto» . Stesso
rifiuto dell'opinione di Pietro Lom bardo in D uns Scoto, In lib. I V Sent.t dist. 2, q.
2 : V ivès, X V I, p. 2 6 4 .
16 In lib. I V SenL, dist, 3, cap. 5; Q uaracchi, II, pp, 758- 759,
17 Si quis dixerit, baptismum Ioannis habuisse eamdem vim cum baptismo Christi: A .S.
(D enz. 1614 [857]).

148
Gesù in qualche modo battezzò ì suoi
Efrem18, pur ammettendo che il battesimo di Giovan­
ni fosse santificatore, essendo stato il suo autore anch’egli
« santificato dal comandamento ricevuto» , pensa che que­
sto sia solo un paragone destinato a far emergere i vantag­
gi di un altro battesimo, quello dei discepoli di Gesù. Ora,
questi sono stati sì santificati prima della Pasqua, ma da
Cristo e non da Giovanni, o con un battesimo d’acqua am­
ministrato dallo stesso Salvatore19 o con un’ azione della
sua parola, come si può dedurre da Gv 15,3: « Vo i siete
già mondi per la parola che vi ho annunciata». C ’è però
una terza possibilità, che Efrem attribuisce ad « altri» , senza
per questo respingerla: « A ltri dicono: Quando donò il suo
corpo, questo fu per essi un battesimo» . In che modo?
Efrem ricorda Gv 6,53: « Se non mangiate la carne del Fi­
glio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vi­
ta in voi» , il che lo porta al ragionamento seguente: se la
partecipazione all’eucaristia è la condizione sine qua non
dell’ accesso alla vita eterna, non si può ammettere che i
discepoli abbiano precedentemente ricevuto il battesimo
né che Io abbiano conferito, dato che allora, ignorando que­
sto mistero, essi non potevano «aver fede nel suo corpo
e nel suo sangue». Del resto, sia l’incredulità dei giudei
che la fede dei discepoli si manifestano in rapporto con
l’eucaristia (Gv 6,67-69).
A ogni modo i discepoli, in una forma o nell’ altra, de­
vono essere stati battezzati, in base all’ assioma: « si può
donare solo ciò che si ha» 20. Questo principio, enunciato
in testa al paragrafo, ha enormi conseguenze, poiché fa di­
pendere la validità del sacramento dalla sacramentalizza-
zione preliminare del ministro. Rimane il fatto che, di fron­

18 Comm. iti Diatessaron (arrn.), 5 ,1 5 - 1 6 ; trad. L. Leloir, SC 121, p. 114.


15 Efrem !o fa capire, anche se non esplicitamente, per il parallelo con l’ azione della
parola dello stesso C risto.
20 « I suoi discepoli battezzavano (G v 4,2) perché erano stati a loro volta battezza­
ti; non avrebbero potuto battezzare gli altri se essi stessi non lo fossero stati (5,15) ».

149

L
te a questo problema, Efrem procede sempre per deduzione
teologica, senza raccogliere nella Scrittura il minimo indi­
zio riguardante le circostanze e la forma del battesimo in
questione.
Meno distante dai dati scritturistici è la spiegazione che
vuole che gli apostoli siano stati battezzati in due tappe:
dapprima battesimo d’ acqua e poi, a Pentecoste, battesi­
mo nello Spirito Santo. Il trattato anonimo De rebaptismate,
composto in Africa mentre era ancora vivo Cipriano (f
258), lo attesta molto chiaramente: « Il Signore infatti ha
prescritto a quelli che dovevano essere battezzati in seguito
di credere che sarebbero stati battezzati, non come lo era­
no stati da lui [a se}, cioè nell’ acqua in vista della conver­
sione, ma nello Spirito Santo» 21. Questo punto di vista,
ispirato da A t 1,4-5, oltrepassa i diritti del commentario
per il fatto che attribuisce il battesimo dei discepoli a Ge­
sù in persona: gli A tti parlano solo del battesimo di Gio ­
vanni, e senza includervi Ì discepoli! Questo tipo di dedu­
zione si ritrova, sebbene con un’importante diversità, nel-
l’esegeta bizantino Eutimio Zigabeno: questi pensa che «gli
apostoli furono sì rigenerati dall’acqua grazie a Giovanni,
ma [che] lo furono dallo Spirito Santo quando venne su
di loro sotto forma di fuoco» 22. Ecco nuovamente il ri­
chiamo al battesimo di Giovanni, ma questa volta in mo­
do tale che la sua efficacia sia giudicata insufficiente, co­
me un battesimo conferito per tappe.
Agostino non ignora né il problema né le soluzioni pro­
poste dai suoi predecessori. In lui predomina la regola già

21 Cap. II: C S EL, III/ 3, p, 7 2, La netta distinzione che l'autore del trattato stabi­
lisce tra battesimo d’ acqua e battesim o di Spirito (accordato nella Chiesa con l'imposi­
zione delle mani) affonda le sue radici nella polemica contro Cipriano che negava la
validità del battesim o degli eretici: questo, battesimo d ’ acqua amministrato in nome
di C risto, sebbene incompleto era sufficiente per la salvezza. L ’ autore invoca in suo
appoggio, tra gli altri, il caso dell’ eunuco etiope b attezzato dal « diacono Filippo» e
che prosegue la sua strada colmo di gioia, m entre non c’era lì alcun vescovo che gli
conferisse lo Spirito Santo (cap. IV ; C S EL, III/ 4, p. 74). Sull’importanza di questo
dib attito relativo alla storia del sacramento della confermazione, cfr. J. Lécuyer, La
Confirmation chez les Pères, pp. 27- 29.
22 Comm. in Job. 3; PG 129, 1161.

150
menzionata: se secondo Gv 4,2 Gesù non battezzava, ma
soltanto i suoi discepoli, questi, per compiere la loro fun­
zione, dovevano essere già stati battezzati. A ll’ipotesi di
un sostitutivo mediante il battesimo di Giovanni, «come
alcuni pensano», Agostino preferisce quella che considera
un battesimo amministrato ai discepoli da Gesù in perso­
na: avendo egli stesso dato l’ esempio del servizio lavando
Ì piedi degli apostoli, senza dubbio non disdegnò di bat­
tezzare quelli che più tardi dovevano compiere questo mi­
nistero nel suo nome23. Comunque sia, la frase che Cri­
sto rivolge a Pietro in Gv 13,10 fa capire che questi era
già stato battezzato. In altri posti, tuttavia24, Agostino
tiene a precisare che questo battesimo non conferiva lo Spi­
rito, a causa di un’altra frase di Gesù (Gv 7,39b): fu ne­
cessario attendere « il giorno della Pentecoste» , quando il
Signore inviò lo Spirito « dall’ alto del cielo: per inviare lo
Spirito egli aspettava di essere glorificato» . Ma questo è
un punto di vista che Agostino è spinto a sfumare, poiché
ammette anche che un dono dello Spirito fu accordato ad
alcuni prima della glorificazione di Cristo: è il caso di quelli
che egli battezzava per mezzo dei discepoli (Gv 4,1-2), o
del buon ladrone, che avrebbe potuto dire: Memento mei,
Domine... solo in virtù dello Spirito Santo (cfr. ICo r 12,3).
Per armonizzare la cosa con Gv 7,39b, ad Agostino basta
suggerire che questa effusione dello Spirito era avvenuta
«segretamente» (latenter), a differenza della manifestazione
esteriore (manifestius) della Pentecoste25. Senza estende­
re questo privilegio agli apostoli, Agostino ammette che

23 Ep. 2 6 5 ,5 : C S EL, LV II, p. 643.


24 in ep. l o a n I, 6, 11; A gaèsse, SC 75, pp. 3 0 0- 303.
25 D e div, quaest, 6 2 ; PL 4 0 ,5 3 - 5 4 . Circa questa opinione e il suo contrario presso
i Padri e gli scolastici, cfr, il rilievo di X . Léon-D ufaur, « Et là, ]ésus baptisaìt» , op.
cit., pp. 295- 299. Un altro tentativo di armonizzazione si legge nelle Catechesi di Ciril­
lo di G erusalemme, dove si dice che alla Pentecoste i discepoli ricevettero un supple­
mento di quanto era già stato accordato loro secondo G v 2 0 ,2 2 - 2 3 , testo che viene così
glossato: « Io sono pronto a darvi fin da ora, ma il vostro vaso non è ancora vuoto.
Q uindi, nel frattem po, ricevete la quantità di grazia che potete contenere, ma aspetta­
tene ancora di più [...] Prendete ora una parte: allora vi prenderete il tu tto » (X V II,12;
PG 33,985).

151
su questo punto sono permesse molte ipotesi, in propor­
zione alla laconicità di cui dà prova il Nuovo Testamento.
Alcuni autori, senza essere più eloquenti dei precedenti
sul momento esatto in cui i discepoli ricevettero il battesi­
mo, credono di poter fornire alcuni dettagli concernenti
la modalità della sua amministrazione. E la leggenda del
battesimo « di rimbalzo». Niceforo Callisto26 l’ attribuisce
al «divino Evodio» , presunto successore di san Pietro nella
sede di Antiochia, la cui lettera intitolata Phós avrebbe con­
tenuto il seguente rapporto: « Cristo battezzò soltanto Pie­
tro di sua mano. Pietro battezzò Andrea e i figli di Zebe-
deo. Pietro e Giovanni il Teologo battezzarono i settanta
discepoli». Come tutto ciò che Niceforo attribuisce a Evo ­
dio, anche questo riferimento manca di ogni fondamento.
Del resto la stessa informazione figura in altre fo nti senza
che vi si parli di questo personaggio. Basandosi sul V li­
bro delle Hypotyposes di Clemente Alessandrino27, Gio ­
vanni Mosco28 riferisce il fatto in questione. Esso appare
ugualmente, con qualche variante, in Eutimio Zigabeno,
che l’aggiunge al proprio commentario di Gv 3,529: « Tut­
tavia alcuni, vicino al tempo degli apostoli, scrivono che
Cristo battezzò Pietro e la Theotokos, che Pietro a sua volta
battezzò tutti gli altri apostoli» 30. Senza dubbio bisogna
vedere qui l’eco della tradizione di cui è testimone Nice­
foro Callisto, che a sua volta si rifa al secondo vescovo di
A ntiochia. In ogni caso, sembra che questa leggenda fosse
sufficientemente diffusa.
Era pertanto difficile accettare l’idea che i discepoli non
fossero stati battezzati. Se alcuni pensavano di attribuire
al Precursore il compito di battezzarli, cercando di ridur­
re per quanto possibile la difficoltà teologica di un simile
ricorso, altri non esitavano a immaginare lo stesso Gesù

26 Hist. eccl. 2 ,3 ; PG 1 45,747.


21 Clemente com mentava 11 lC o r l ,1 4 a.
28 Prato spirituale 176; PG 8 7 ,3 0 4 5 ; PL 7 4 ,2 0 9 .
Cfr, n, 22,
30 Com. in Jo b. 3; PG 129, 1161.

152
che battezzava i suoi discepoli, e persino sua madre
stessa31. A ltri, basandosi sul fatto che Gesù, secondo la
testimonianza evangelica32, aveva realmente battezzato,
facevano fatica a credere che i suoi intimi non fossero sta­
ti tra i primi beneficiari di questo rito, soprattutto là dove
si attribuivano ad essi gli effetti del battesimo cristiano.

Quando furono battezzati i discepoli?


Ma quando ebbe luogo questo battesimo? La maggior
parte degli autori non si arrischia a collegarlo con un fatto
preciso. In verità, il solo a pronunciarsi su questo punto
è A fraate. Secondo lui gli apostoli, nel corso del loro mi­
nistero itinerante che compivano con il loro Maestro, ave­
vano ricevuto soltanto « il battesimo della legge dei sacer­
d o ti» 33, cioè il battesimo di Giovanni. Fu necessario
aspettare « la notte del sacrificio pasquale», quando « il no­
stro Redentore lavò i piedi dei suoi discepoli». Infatti « fu
in quella notte che il nostro Redentore diede il vero bat-

}1 C fr. Pistis Sophìa, 122; Schmidt-Till, G C S, pp. 2 0 1- 202: « G esù vide lì una donna
che egli aveva battezzato tre volte quando era venuta a fare atto di penitenza, ma che
[in seguito] non aveva tenuto una condotta degna del battesimo. H Salvatore volle mettere
alla prova Pietro, per vedere se era misericordioso e disposto a perdonare, come aveva
com andato loro. D isse a Pietro: Ecco , ho battezzato tre volte quest'anima e, alla terza
volta, essa non ha tenuto una condotta degna dei misteri della luce. Perché essa rende
anche il corpo inutile? O ra, Pietro, compi il mistero della luce, che separa le anime
dall’ eredità di luce ecc.» . Lasciamo agli specialisti dello gnosticismo il com mento di
questo testo, del resto lontano dall’oggetto del nostro studio.
52 Le notizie di G v 3 ,2 2 .2 6 e 4,1 sono prese sul serio dagli antichi com m entatoti.
La siriaco-sinaitica adatta a essi l’ inciso di G v 4,2a con una glossa: « In ef fetti nostro
Signore non battezzava da solo, ma [battezzavano anche] i suoi discepoli».
35 Cfr. Ef tem , C. Haer, 2 2 ,1 8 - 1 9 ; Beck, C SC O 169, p. 84, dove il battesim o di
G esù da parte di G iovanni viene spiegato con un’ ordinazione sacerdotale a partire da
M osè e A ronne, di cui G iovanni, per una linea ininterrotta, era il successore. Una tra­
smissione parallela viene attribuita da Efrem al vegliardo Simeone {Serm. de Doni, no­
stro, 5 2 ; Lamy, I, col. 267): cf r. E. Beck, Le Bapléme chez saint Ephrem, in O rSy r 1
(1956) pp. 111- 136 (112, 131). Il punto di vista è qui completamente diverso da quello
di A fraate, il quale sminuisce l'azione del Precursore a vantaggio di quella di Cristo.
E noto Io stretto legame che la teologia e i canoni della Chiesa sira stabiliscono tra
la funzione sacerdotale e l’ amministrazione del battesim o, al punto da contestare la
validità di quest’ ultimo se amministrato da un laico. N ella stessa linea, si veda l’ elogio
smaccato del sacerdozio nel poema di N arsai sul battesimo (trad. fr. di A . G uillaumont,
in O rSy r 1 [1956] 191-194).

153
tesimo \macmudità dashrarà] [...]. E dopo aver lavato lo­
ro i piedi e aver ripreso il suo posto, diede loro il suo cor­
po e il suo sangue. Diversamente avvenne per gli Israeliti
che, dopo aver mangiato la Pasqua, furono battezzati nel­
la nube e nel mare (ICo r 10,l)34. A fraate, pur ammetten­
do che Cristo abbia rivelato il nuovo battesimo in occa­
sione della propria immersione nel Giordano35, sostiene
che l’istituzione del sacramento è legata alla lavanda dei
piedi. Ora, è degno di nota il fatto che questo gesto di Cri­
sto sia seguito dalla comunione eucaristica dei discepoli,
un fatto che non deriva da una lettura del quarto vangelo,
ma si basa sulla pratica dei due sacramenti cristiani d’ini­
ziazione. E quindi legittimo domandarsi se Afraate, quando
considera la lavanda dei piedi come l’istituzione del bat­
tesimo, più che farsi guidare dalla sola riflessione non sia
stato influenzato dal cerimoniale che praticava: non che
nella sua Chiesa il battesimo consistesse nel lavare i soli
piedi dei candidati, ma non è completamente gratuita l’i­
potesi che considera che un pedìluvium sia stato, in questa
Chiesa, associato al rito battesimale, sull’eserapio di quanto
si trova in Occidente36.
Riguardo alla Vergine Maria, una tradizione, già
menzionata37 riferisce che Gesù la battezzò, così come fe­
ce per gli altri apostoli. Si pensa naturalmente al battesi­
mo d’acqua. Non è però di questo avviso Efrem che, nei
suoi inni sulla Natività, suggerisce un sostitutivo tra i più
sottili: il concepimento verginale. Ascoltiamo Maria che
si rivolge al Figlio:

34 Dem. 1 2 ,1 0 ; Parisot, PS, I, coll. 528- 529.


35 Dem. 4 ,6 ; ibid., coll. 147- 150.
36 Così E. J. D uncan, Baptism in thè Demonstrations o f Aphmates thè Persian Sa­
ge, W ashington 1945, pp. 67- 68. L ’ autore, prendendo atto del silenzio delle forni
orientali, constata nondimeno che nel suo inno sulla lavanda dei piedi (Landersdor-
fer, BK V , V I, pp. 29-30) Cirillonas fa un’ allusione al battesim o, il che potrebbe con­
fermare l'ipotesi in questione. Comunque sia, l’ opera di E. J. D uncan fornisce unii
preziosa documentazione su quest’ uso liturgico di cui sono testimoni i Padri occi­
dentali.
37 C fr. p. 152.

154
Come devo chiamarti, / o tu che ci sei estraneo, ma che
sei diventato uno di noi? / Devo chiamarti figlio, fratello, spo­
so, / Signore, tu che hai generato [tua] madre / con una se­
conda nascita attraverso le acque? / Infatti [ti] sono sorella
della casa di Davide, / che è per noi un secondo padre; e io
sono madre / perché ti ho portato nel mio seno; / e sono spo­
sa/ a motivo della tua castità. Serva e figlia: di sangue e d’ac­
qua, quella che tu hai riscattato, l’hai battezzata [...]. E co­
me io l’ho generato di una seconda nascita, / anch’egli mi ha
generato di una seconda nascita38.

Questo battesimo, di uno stile speciale, è legato senza


alcun dubbio al contatto fisico tra Maria e colui che si fo r­
mava nel suo seno39. Ma è necessario insistere anche, con
Edmund Beck40, sul ruolo predominante dello Spirito in
questa operazione, cosa che emerge in particolare dalla
stretta parentela tra l’espressione « figlia di sangue e d’ ac­
qua» (cfr. Gv 19,34; ìG v 5,6-8) e la frase con la quale
Efrem definisce altrove i cristiani di Edessa: « Voi siete
i figli dello Spirito e bambini nati dall’acqua»41. Si può
perciò concludere che « agli occhi di Efrem il concepimen­
to di Cristo per opera dello Spirito fu un battesimo» per
sua madre42.

Giovanni battezzatore e battezzato

Veniamo infine al caso di Giovanni” Battista, anch’egli


battezzato da Gesù, stando a una corrente di pensiero che
si prolunga fino alla scolastica e anche oltre. Il primo a so-

58 Hy mn. de Nativ. 16,9- 11; Beck, C SC O 186, p. 85.


39 Efrem , D e Ecclesia, 3 6 ,1 - 2 ; Beck, C SC O 198, p. 9 0 , sottolinea in effetti la pu­
rificatione al tempo stesso fisica e morale di M aria in questa circostanza.
40 D ie M afiologie der echten Schrìften Ephràms, in O rChr 40 (1956) 2 2 - 3 9 (25-32).
41 Carta. Nisib. 2 7 , 13; Beck, C SC O 218, p. 62.
42 E. Beck, art. cit., O rChr 40 (1956) 29.

155
stenerlo è Girolamo, quando commenta la frase di Gesù
al Precursore « Lascia, per ora» (Mt 3,15): « Giustamente
dice “ Lascia, per ora” per dimostrare che se il Cristo de­
ve essere battezzato nell’ acqua, Giovanni deve esserlo da
Cristo nello Spirito» . Questa espressione può essere com­
presa anche nel senso che Cristo, avendo assunto la forma
di servo, doveva arrivare più tardi fino al massimo dell’u­
miltà che si addice a questo. O ancora: Giovanni Battista
doveva comprendere che avrebbe subito la prova purifi­
catrice del fuoco in occasione del giudizio esercitato dal
Cristo (Mt 3,10-12). Infine: « “ Lascia, per ora” dice il Si­
gnore, [come se dicesse:] ho anche un altro battesimo in
cui dovrò essere battezzato [Le 12,50]; tu mi battezzi nel­
l’acqua, perché io ti battezzi a causa mia nel tuo sangue»
(Mt 14,3-12; par.)43.
Da questa serie di interpretazioni a scelta del lettore non
scaturisce affatto che Gesù abbia amministrato a Giovan­
ni Battista un battesimo d'acqua. Fuoco del giudizio, san­
gue del martirio e, per cominciare, battesimo di Spirito,
e quest’ultimo opposto giustamente al battesimo d ’acqua
(Mt 3,11; par.): se Girolamo si è preoccupato, come sem­
bra, di accordare al Precursore un equivalente del sacra­
mento cristiano, questo equivalente non ha nulla di rituale.
Lo stesso dicasi dell'Opus imperfectum in Matthaeum. Il
vescovo ariano, autore di questa raccolta di commenti e
sermoni, fa riferimento come a malincuore a degli apocri­
fi, da cui però non trae più di quanto già sappiamo da G i­
rolamo. In effetti, il battesimo annunciato dalla frase: « La­
scia, per ora» non è definito come un battesimo d’ acqua,
ma di Spirito. Di originale ha solo il fatto di essere ammi­
nistrato, a quanto sembra, subito dopo il battesimo di Gesù
da parte di Giovanni44.
Nessun passo avanti su questo punto si fa con Tomma­
so d’Aquino, che si basa sui due autori precedenti. Per l’ au-

« In M t, I; C C hr. SL, L X X V II, p. 19.


44 Hom. IV ; PG 56, 658.

156
tore della Summa theologica si tratta di rispondere a un’o­
biezione: come si può dire che quelli che erano stati battez­
zati da Giovanni dovevano ancora ricevere il battesimo di
Cristo? Infatti, «colui che è battezzato è inferiore a colui
che battezza» ; quindi, inversamente, Giovanni è superio­
re a Cristo, avendolo battezzato senza essere battezzato da
lui. No, risponde Tommaso, perché anche Giovanni è sta­
to battezzato da Gesù. E vero — egli confessa — che Cri­
sostomo (al quale si è a lungo attribuito l ’Opus imperfectum)
ha tratto questo dettaglio dai libri apocrifi; « tuttavia è cer­
to, come dice Girolamo, che “ come il Cristo è stato battez­
zato nell’acqua da Giovanni, così Giovanni doveva essere
battezzato dal Cristo nello Spirito” »45. Non si tratta per­
ciò qui di abluzione nel senso proprio.
Quando invece da Tommaso d’Aquino si passa ai suoi
commentatori, lo stadio puramente spirituale viene supe­
rato. Tommaso De Vio, detto Caetano, fa risaltare che la
Scrittura non contiene nessuna affermazione chiara circa il
fatto che Giovanni e gli apostoli abbiano ricevuto il batte­
simo di Cristo sotto forma materiale. E nondimeno « ragio­
nevole», aggiunge, ammettere che l’abbiano ricevuto. Da
una parte, infatti, Giovanni doveva compiere il dovere che
egli si imponeva nel dichiarare: «Sono io che devo essere bat­
tezzato da te ». Quanto agli apostoli, era giusto che riceves­
sero il battesimo che essi stessi dovevano amministrare: è
cosi che argomenta Agostino46, e la sua argomentazione è
buona. L’ obiezione che si potrebbe sollevare sulla base di
A t 1,5 è facilmente confutabile: il battesimo nello Spirito
Santo, sebbene si opponga al battesimo di Giovanni nell’ ac­
qua, include nondimeno un’abluzione, se si tiene conto di
Gv 3,5. Dicendo quindi « Giovanni vi ha battezzato nell’ac­
qua», Gesù — come lo stesso Giovanni, di cui Gesù riprende
qui le parole — voleva dire « nell’ acqua soltanto» 47.

45 Illa, q, 38* art, 6, ad 3.


46 Cfr. pp. 150- 151.
47 Caetano, Tertia pars Summae theologiae Angelici Doctoris s. Thomae Aquinatis cum
commentariis, Romae 1570, p. 133,

157
Il Precursore, come pure gli apostoli, avrebbe quindi ri­
cevuto da Cristo proprio il rito dell’ acqua arricchito dal
dono dello Spirito. Billuart va ancora oltre; non contento
di riprodurre l’opinione precedente, egli sostiene che «è
anche pienamente verosimile che Cristo abbia istituito il
battesimo effettuando quello di Giovanni» , e ciò anche
prima di riceverlo da quest’ultimo. Infatti, dichiarando:
« Sono io che devo essere battezzato da te» , Giovanni vo­
leva dire: « Fa’ quanto ti chiedo, battezzami; dopo di che
10 ti battezzerò» , offrendo così a Gesù l’occasione di com­
piere un atto inaugurale48.

11 silenzio delle fonti scritturi!tiche


I teologi fantasiosi, di cui abbiamo riportato qui sopra
degli esempi, non hanno impedito ai loro colleghi di di­
scutere sul momento a partire dal quale il battesimo è di­
ventato necessario per la salvezza. Il concilio di Trento 49,
insegnando che questa necessità è cominciata «dopo che
il vangelo era stato promulgato», lascia un sensibile mar­
gine ai suggerimenti e alle ipotesi. Se è vero che l’ annun­
cio del messaggio cristiano, secondo gli A tti degli Aposto­
li, inizia a Pentecoste, alcuni mettono in risalto che que­
sto annuncio era allora solo parziale e rifiutano prudente­
mente di pronunciarsi sul giorno e l’ora: è sufficiente am­
mettere che ora e già da molti secoli il vangelo è stato pro­
clamato per tutto l’universo50.
Ma ben pochi teologi oggi si sentiranno toccati da un pro­
blema che i loro predecessori non sono stati capaci di risol­
vere. E, considerata la carenza delle fo nti neotestamenta­
rie, si tratta senza dubbio di una reazione sana: queste fo n­

48 C. R. Billuart, Summa s. Thomae hodiernis academiarum tuoribus accomodata, X V I,


U trecht 1770, p. 401. Billuart cita poi G irolamo a sostegno della sua tesi, un ricorso chia­
ram ente abusivo. C fr. p. 156.
49 D enz. 1524 (796).
50 Cosi, ad esempio, Chr. Pesch, Praelectiones dogmaticae, V I, Freiburg i.B. 1914,
p. 194.

158
ti sono completamente mute circa il battesimo degli apostoli,
di Maria e di tutte le persone che erano nel cenacolo. Circa
la possibilità di interrogare questi scritti per sapere quando
il battesimo divenne obbligatorio, tutto quello che si può
dire è che, in base sia alla notevole antichità di questo rito
sia all’importanza a esso attribuita nel cristianesimo, la sua
necessità ad salutem dovette essere sentita molto presto. In
ogni caso è quanto testimoniano, verso la fine dell’epoca apo­
stolica, sia il precetto di Cristo in Mt 28,19, sia la regola dog­
matica che figura nell’appendice di Me (16,6). L’utilizza­
zione degli A tti degli Apostoli è più delicata. Tenuto conto
del disegno storico-teologico del loro autore, l’esegesi con­
temporanea è poco portata a coinvolgere questo scritto in
una problematica che gli era certamente estranea. Questo
significa che una posizione antisacramentalista non può farsi
forte dell’assenza di un battesimo d ’acqua nei discepoli riu­
niti nel cenacolo per concludere che questo rito non sia pri­
mitivo e che in seguito abbia preso il posto di un’iniziazio­
ne di tipo soprannaturale ed « entusiastica» , simile al feno­
meno della Pentecoste e ai suoi omologhi evocati negli
A tti51. Né si possono addurre questi ultimi in appoggio a
certe correnti di pensiero pentecostali attuali, in cui si so­
stiene che i discepoli del cenacolo, quando ricevettero lo Spi­
rito, erano già convertiti, salvati e rigenerati (per il battesi­
mo d’acqua); mentre l’irruzione dello Spirito era per essi una
seconda esperienza, diversa dalla prima, una seconda tap­
pa che si imporrebbe a ogni cristiano52. In realtà la manife­
stazione divina della Pentecoste non appare, negli A tti, né
come un succedaneo del battesimo d ’acqua, né come un’e­

51 2,3- 4; 4 ,3 1 ; 10,44- 46; 11,15. C fr. la discussione delle teorie in G . R . Beasley-


M urray, Baptìsnt, op. cit., pp. 104- 125.
52 La tesi pentecostale, è stata decisamente confutata da J. D . G . D unn, Baptism in
thè Ho ly Spirti, op. cit., pp. 38- 54. In effetti non ha alcun fondamento scritturistico. In
compensa ha delle affinità con LIcollegamento, operato dai Padri, alla confermazione sa­
cram entale a Pentecoste, soprattutto se si ammette che i discepoli avevano precedente-
mente ricevuto il battesimo d’acqua, come sostiene il trattato De rebaptismate (cfr. p. 150).
Per gii altri riferimenti patristici, cfr. J. Lécuyer, La Confirmation ebez ies Pères, op. cit.,
pp. 47- 51.

159
sperienza che è in qualche modo un doppione di quest’ulti­
mo e completa la sua azione. Da una parte infatti essa sì op­
pone proprio al battesimo d ’ acqua, opera del Precursore (At
1,5); dall’altra, non si tratta nel vangelo di Luca (né altro­
ve) di un’operazione che potrebbe essere assimilata, da vi­
cino o da lontano, al battesimo cristiano e di cui le persone
del cenacolo avrebbero beneficiato in anticipo.
In definitiva, è si possibile che l’autore degli A tti abbia
considerato la grazia visibile della Pentecoste come com­
prendente, tra gli altri effetti, i doni fondamentali del bat­
tesimo cristiano. In questo caso, egli avrebbe adottato in
anticipo l’ opinione secondo la quale un battesimo d ’ acqua
non era necessario per coloro che erano stati, in modo co­
sì eccezionale, «battezzati nello Spirito Santo». Ma si tratta
solo di un’ipotesi e, supponendo che diventi certezza, ri­
guarderebbe soltanto la convinzione di un autore preoc­
cupato più della dottrina che dell’esattezza storica. Anche
se si ha sempre il diritto di interrogarsi sul battesimo di
coloro che condivisero l’esistenza terrena di Gesù, i docu­
menti di cui lo storico dispone non autorizzano, in questo
campo, alcuna conclusione certa.

160
IN D ICE

Sigle e abbreviazioni pag. 5

Introduzione » 7

1. ORIGINE DI UNVOCABOLARIO » 11

1.1 Dalla morte alla vita: una curiosa evoluzione » 11


1.2 «Essere battezzato» o «bagnarsi» » 14
1.3 II termine «baptisma» » 17
1.4 «Battesimo» e «immersione» » 19
1.5 «Fare il bagno» e «bagno» » 20

2. IL BA TTESIMO DI GIOVANNI » 23

2.1 Le fonti » 23
2.2 Gesù e Giovanni Battista » 24
2.3 Battesimo, conversione e perdono dei peccati » 27
2.4 L’altro «battesimo» » 31
2.5 II ruolo di Giovanni » 39
2.6 Dei «discepoli» di Giovanni Battista? » 43
2.7 La testimonianza di Giuseppe Flavio » 46
2.8 Giovanni e il «movimento battista» » 51

171
BA TTESIM O DI GESÙ
IL BA TTESIMO CRISTIANO pag-

Il battesimo di Gesù come fondamento del


battesimo cristiano »
Il battesimo di Gesù interpretato nel Nuovo
Testamento »
Esiste un rapporto tra il battesimo di Gesù
e il battesimo cristiano secondo il Nuovo Te­
stamento? »

5Ù BA TTEZ Z A TORE »

Dei testi sovraccarichi »


L’origine tradizionale delle due notizie »
Gesù battezzatore e la storia »
Gesù battezzatore e l’origine del battesimo
cristiano »

[INFLUENZA DEL BA TTESIMO


PROSELITI? »

Ili battesimo dei proseliti secondo le fonti giu-


Idaiche »
lUn problema di datazione »
|2.1 II battesimo dei proseliti era praticato
alla fine del I secolo della nostra era »
|2.2 II silenzio delle fonti contemporanee di
Gesù e degli apostoli »
|2.3 Argomenti in favore dell’origine precri­
stiana del battesimo dei proseliti »
ISomiglianze e differenze tra i due battesimi
le le loro rispettive teologie »
IConclusioni »
6. L’ORIGINE DEL BA TTESIMO
56 IN CHIAROSCURO pag. 112
6.1 L’eredità di Giovanni Battista » 112
56 6.2 Eventuali anelli » 115
6.3 Certezze e ipotesi » 118
59
7. IL SIGNIFICA TO DEI PRIMI BA TTESIMI
CRISTIANI 120
63
7.1 II battesimo come purificazione dal peccato 120
71 7.2 Contesto escatologico 122
7.3 II dono dello Spirito nel battesimo? 123
72 7.4 Battesimo «nel nome di Gesù» 126
76 7.5 II punto di vista paolino 133
81
CONCLUSIONE 140
88
Appendice:
I PRIMI DISCEPOLI DI GESÙ
91 FURONO BA TTEZ Z A TI? 143
Bibliografia essenziale 161
91 Indice dei nomi 167
96

97

98

101
105
110

173

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