Alle origini
del battesimo
Fon da m e n t i biblici
de i r it o crist iano
SAN PAOLO
Simon Légasse
ALLE ORIGINI
DEL BATTESIMO
Fondamenti biblici del rito cristiano
SAN PAOLO
Titolo originale dell’ opera:
Naissance du baptème
Les Éditions du C erf, Paris 1993
Traduzione di
Carlo Valentino
© ED IZ IO N I SA N PA O LO s . r ± t 1994
Piazza Soncino, 5 - 2 0 0 9 2 Ciniselìo Balsamo (M ilano)
Distiibuzìorre: D iffusione San Paolo s.r.l.
Corso Regina M argherita, 2 ' 10153 Torino
SIG LE E A BBREV IA Z IO N I
5
EtB É tudes bibliques
ETh Etudes théologiques
FRLA N T Forschungen zur Religion und Literatur des Alten
und Neuen Testaments
G CS Griechische christliche Schriftsteller der ersten drei
Jahrhunderten
G LN T Grande Lessico del Nuovo Testamento
HJ Historisches Jahrbuch der Gòrres-Gesellschaft
HNT Handbuch zum Neuen Testament
H ThR Harvard Theological Review
H UCA Hebrew Union College Annual
ICC International Criticai Commentary of Holy Scripture
JBL Journal of Biblical Literature
K EK Kririsch-exegetischer Kommentar iiber das Neue Te
stament
LeDiv Lectio Divina
N IC The New International Commentary on thè New Te
stament
NTS New Testament Studies
O rChr Oriens christianus
OrSyr L’Orient syrien
PG Patrologia greca (Migne)
PL Patrologia latina (Migne)
PS Patrologia syriaca
RB Revue Biblique
RQum Revue de Qumran
SBFLA Studii biblici franciscani liber annuus
SC Sources chrétiennes
SHR Studies in thè History of Religions
SJLA Studies in Judaism in Late Antiquity
StEv Studia evangelica
TD EH C Textes et documents pour l’étude historique du chri
stianisme
ThGI Theologie und Glaube
TU Texte und Untersuchungen
W dF W ege der Forschung
ZN W Zeitschrift fiir die neutestamentliche W issenschaft
Introduzione
7
maneggiato. In ogni caso non si può far dipendere questa finale
dal solo vangelo di M atteo, e non è nemmeno provato che il
suo autore abbia utilizzato quest’ultimo. Ugualmente plausibi
le è il ricorso comune di entrambi, l’evangelista e il glossatore
di M e, a dei dati propagati nelle chiese.
In effetti, l’ordine di battezzare, per quanto concerne M t,
non ha nulla che permetta di sospettare una creazione dell’e
vangelista: in lui non si parla mai altrove di battesimo, fatta
eccezione di quello di Giovanni1. M a se questo comando è tra
dizionale, ci possiamo domandare se risalga veramente a Gesù.
I due testi citati sopra sono i soli nel Nuovo Testamento ad at
tribuirlo a lui. Paolo, che parla a più riprese del battesimo e lo
riceve come una pratica ammessa prima di lui tra i cristiani, non
10 collega mai a Gesù come fa per l’eucaristia (ICor 11,23-25).
La Didachè (7,1.3), che, in un regolamento liturgico, cita la stessa
formula trinitaria di M t 28,19, non adduce come punto di ap
poggio Gesù a proposito del battesimo (si confronti invece con
11 “ Padre nostro” : 8,2). I due testimoni che lo fanno sono l’u
no, M t, della fine del I secolo, e l’altro, la finale di M e, della
prima metà del II secolo. Non si risalirà più indietro se ai due
testi precedenti si aggiunge Le 24,47, dove la «remissione dei
peccati» potrebbe includere il battesimo, purché ci si ispiri ad
A t 2,38. Comunque si valuti quest’ultima allusione, l’attribu
zione a Gesù dell’ordine di battezzare rimane un fenomeno tar
divo e limitato nel Nuovo Testamento. Appare inoltre in com
posizioni che presentano le caratteristiche di un’elaborazione
teologica e cristologica, e che pertanto non sono molto suscet
tibili di offrire l’eco di parole autentiche di Gesù. E perciò inu
tile pensare a una di esse per spiegare l’origine del rito dell’ini
ziazione cristiana.
Tutto questo non vuol dire però che il battesimo non abbia
alcun legame storico con Gesù. Tuttavia, solo uno studio criti
co dei testi e dei loro antecedenti lo può precisare.
Lo studio che presentiamo ai nostri lettori affronta l’argo
mento da diverse angolazioni, esaminando innanzitutto il vo
8
cabolario del battesimo, già rivelatore, in parte, del significato
del rito nelle sue prime manifestazioni. M a il battesimo cristia
no è stato preceduto da un altro battesimo, quello di Giovanni:
le relazioni storiche tra Gesù e quest’ultimo, come anche alcu
ne notevoli somiglianze tra i due riti, esigono che si esamini il
più antico per circoscriverne la natura e il significato. Essendo
stato Gesù battezzato da Giovanni, fin dal II secolo si è visto
in questo battesimo il fondamento del rito cristiano. D ato che
i testi del Nuovo Testamento non sono espliciti al riguardo, è
necessario un esame critico di questa teoria, sostenuta ancora
oggi. D ’altra parte, secondo il quarto vangelo, Gesù ha battez
zato, almeno all’inizio del suo ministero: quale portata aveva
questa pratica (ammesso che sia storica) e quale influenza ha
esercitato sull’origine del battesimo cristiano? Alcuni pensano
anche, per spiegarne l’origine, al battesimo dei proseliti che si
accostavano al giudaismo: questa tesi merita un esame, i cui ri
sultati — Io diciamo subito — saranno negativi. Dopo aver per
corso il campo delle influenze, si arriverà a delle conclusioni che
toccano, da una parte, l’origine storica del battesimo e, dall’al
tra, il significato che i primi cristiani davano a questo rito, mentre
la teologia propriamente paolina viene usata solo a titolo sussi
diario. In appendice abbiamo riportato uno studio dedicato al
l’antica problematica del battesimo dei primi discepoli di Gesù.
9
1
I
Origine di un vocabolario
11
tutto di individuare somiglianze e punti di co ntatto, ha
creduto di trovare fuori del giudeo-cristianesimo il verbo
baptizein nel senso rituale di « battezzare» 1. Ma il testo
utilizzato — una lettera su papiro degli anni 152-151 a.C.
— lascia intendere una cosa totalmente diversa: si tratta
di un personaggio che, posto in una situazione impossibi
le, teme una conclusione tragica che paragona a un anne
gamento. In questo, l’autore della lettera è in linea con
il significato più corrente di baptizein nell’ antichità greca,
al di fuori degli scritti giudaici e cristiani.
Questo verbo — forma intensiva di baptein — è atte
stato fin dai secoli V-IV a.C.2. Il suo significato generale
è quello di «immergere» (attivo). Ma acquista spesso la sfu
matura di « inghio ttire» , « affondare» , « affo gare» 3 e, alla
voce media, di «sprofondare» , «annegare» 4. Nel senso fi
gurato, l’attivo arriva a significare anche « perdere» , « far
perire» 5. Si aggiungono anche i casi in cui l’immersione
metaforica è qualificata negativamente6. Si nota quindi
12
grande predominanza di una portata negativa, occasional
mente sinistra. In ogni caso, baptìzein non viene usato nor
malmente per un bagno rituale. L’esempio che fa eccezio
ne si legge nella letteratura ermetica, dove il curioso passo
suU’«immersione nel cratere », se non ha ricevuto un’influen
za giudaica, è in ogni caso di valore puramente simbolico7.
E infatti col giudaismo che baptìzein entra nel linguag
gio cultuale. La Bibbia greca ne attesta i primi esempi8.
Ben Sira lo usa al medio: « Chi si purifica [bagnandosi: bap-
tizomenos] dall’impurità di un morto e poi lo tocca di nuo
vo, che vantaggio ricava dalla sua purificazione?» 9. Giu
ditta, nel campo di Oloferne, «nottetempo usciva nella valle
di Betulia e si lavava [ebaptizeto] nella zona dell’ accampa
mento alla sorgente d ’acqua» (Gdt 12,7).
Bisogna menzionare anche l’episodio di Naaman. Sen
za dubbio il bagno che gli prescrive Eliseo non rientra, in
sé, nella purificazione rituale. Il profeta invia Naaman sem
plicemente a « lavarsi» 10 (2Re 5,10.12.13) e, obbedendo,
la carne e ne] sangue». N elTordine propriamente fisico, Eveno, 2,5- 6: Bacco « im m er
ge (baptizet) in un sonno vicino alla m orte» ; G iuseppe, A ntichità giudaiche (A J) X , 169:
« im merso (bebaptismenoti) nell’ incoscienza e in un sonno di ub riachezza» ; Posidonio,
ap. A ezio, 6,3: « im merso nel sonno» (byprtói bebaplismettosj-, Clem ente A lessandrino,
il Pedagogo (Pcd.) 2 ,2 : «immerso ne! sonno {bebaptismenos eis hy pnon) sotto l’ effetto
d d l’ ubriachezza». E per l'ubriachezza stessa: Platone, Banchetto, I7ób : bebaptisme-
noi, « coloro che [...] si sono immersi fino al di sopra della testa» .
7 Corp. berm., IV , 4.6: dell’ intelletto D io « ha riempito un grande cratere che ha
inviato sulla terra e ha pagato un araldo con l’ordine di proclamare al cuore degli uomi
ni queste parole: “ Immergiti (baptisoit seautén), tu che puoi, in questo cratere che è
qui [...]” . T utti quelli che hanno prestato attenzione ajjo proclamazione e sono stati
battezzati di questo battesimo dell’ intelletto (kai ebaptisanto tou rtoos) [...]. “ A nch'io
voglio essere battezzato (kagó baptisthénai boulomai), o Pad re...” ». Su questo testo,
cfr. A .-J, Festugière, Hermetica, I, H ThR 31 (1938) 1-12, che nota qui « una mescolan
za di due riti: da una parte l'ingestione di un beveraggio sacro tratto dal cratere, dal
l'altra un bagno di purificazione e di iniziazione» (p. 8).
8 In Is 2 1 ,4 L X X i traduttori hanno reso l’ebraico a casaccio e in un senso mora
leggiante; baptìzein ha qui il senso greco negativo di cui sono stati forniti sopra degli
esempi e significa « inghiottire ». Ugualmente nelle versioni greche posteriori ai Settan
ta: G b 9,31 A q ({abai qat\-, Sai 6 9 ,3 Sm (tabac al qal)\ G er 3 8 ,2 2 ({a b é all’bophaD',
Sai 9,16 (fabtf al qaD. Aggiungere Lv 6,21 Ai (shataf al pual, «essere sciacquato»). Cfr.
<1. D elling, «Baptisma baptisthénai», pp. 100- 101 o 243- 244.
^ 34,25; l’ebraico manca.
10 I L X X hanno qui louein, al m edio, per l'ebraico rafya{, Q uest’ ultimo verbo pmS
essere usato per il lavaggio delle mani e dei piedi, a differenza di tahal che esprime
il bagno completo.
questi non fa che « immergersi» nell’ acqua del Giordano
(2Re 5,14). Ma traducendo qui l’ebraico tabal con bapti
zein (ebaptìzeto, al medio), il traduttore attribuisce al se
condo verbo una nota favorevole che non appare, come
abbiamo visto, nel greco profano. Inoltre, l’immersione per
sette volte del ministro lebbroso ha l’effetto di renderlo
« puro» , secondo la promessa del profeta11. Una lettura di
questo testo secondo le categorie levitiche non poteva non
far comprendere il gesto di Naaman come analogo a quel
lo del sacerdote o del semplice giudeo che si purificavano
allo scopo di recuperare la loro integrità religiosa. Anche
se non tutto è stato compreso circa l’origine di questo uso
di baptizein in ambiente giudaico, non è arbitrario supporre
in esso l’influenza della storia di Naaman. Se è vero che
l’« immersione» terapeutica è diventata purificazione nel
la mente dei lettori e degli ascoltatori di questo passo, il
verbo baptizein acquista un significato rituale che prima
non aveva; un significato che poi si estenderà, come mo
strano gli esempi citati sopra12. A dire il vero, però, sen
za pregiudizio di radici ebraiche innegabili, quest’uso di
baptizein si impone solo con i primi scritti cristiani.
14
e diciotto al passivo14). Non sono calcoli futili, perché mo
strano che questo verbo, quando indica sia il rito giovan
neo che cristiano, esclude il più delle volte un battesimo che
il candidato si amministrerebbe da solo, ma suppone la pre
senza e l’ azione di un o fficiante; è quanto conferma, alme
no nel caso del battesimo di Giovanni, il titolo di « Batti
sta» unito regolarmente al nome del suo autore13.
La predominanza che abbiamo constatato permette di
estendere la stessa conclusione a molte attestazioni in se stes
se equivoche, quando la forma verbale greca è comune alle
due voci passiva e media, cioè quando l’imperfetto indicativo
di baptizein viene applicato all’uno e all’ altro battesimo16.
Restano alcuni casi in cui il verbo è indubbiamente alla
forma media. Tra gli usi sufficientemente sicuri, uno solo
esprime direttamente il battesimo cristiano: è l’ ordine da
to a Paolo da Anania in A t 22,16 (baptisai, all’imperativo
aoristo). A esso si può aggiungere il « battesimo in Mosè»
(lC o r 10,2), ricalcato sul battesimo cristiano, nonostante
le varianti di cui una, importante, al passivo17. Il terzo
esempio si applica alle abluzioni ebraiche (Me 7,14)18. Tra
le varianti secondarie in cui figura il medio19, una sola ri-
15
guarda il battesimo giovanneo (Le 3,12); le altre due non
hanno incidenza sul nostro argomento.
La presenza del medio in questi pochi passi ha fatto na
scere una teoria. Recentemente Burton Scott Easton20 ha
immaginato come possibile un rito cristiano primitivo in
cui il fedele «si battezzava» , senza l’intervento di un o ffi
ciante, di un « battezzatore» 21. L’evoluzione verso il bat
tesimo « passivo» sarebbe dovuta all’ influenza dell’inizia
zione ai misteri e all’assimilazione del battesimo all’esor
cismo. A ll’argomento filologico già menzionato, Easton ag
giungeva la variante « occidentale» in Le 3,7, secondo la
quale le folle venivano « per essere battezzate davanti» a
Giovanni (baptistènai enópion autou), senza contare altre
considerazioni sulle corrispondenze delle diverse voci gre
che con i loro omologhi ebraici.
Lasciamo questi ultimi paralleli, piuttosto fuori luogo
a proposito dei testi in questione (né Paolo, né Luca in
questo caso traducono dall’ebraico). La variante in Le 3,7,
qualunque sia il suo valore22, non tocca la prassi cristia
na. Restano due casi in cui il medio, secondo la teoria men
zionata, permetterebbe di assimilare il battesimo cristia
no primitivo alle abluzione giudaiche, in particolare al bat
tesimo dei proseliti, in cui il candidato « si bagnava » in pre
senza di testimoni23.
Ma non c ’è niente di meno sicuro, e una migliore cono
scenza della grammatica greca dispensa dal considerare que
sti casi eccezionali come l’espressione di una pratica diver
sa e arcaica. Infatti la voce media, lungi dal sostituire pura
mente e semplicemente il verbo pronominale riflessivo24,
16
può indicare che « il soggetto lascia fare l’ azione su di
lui»25. E proprio in questo senso che Luca usa il medio in
At 22,16, poiché prima (9,18) lo stesso battesimo di Pao
lo da parte di Anania è espresso dal passivo il cui signifi
cato è che il primo «si fece» o « si lasciò battezzare». Ugual
mente in questo modo bisognerà interpretare il verbo al
medio se si conserva questa variante a proposito del « bat
tesimo in Mosè» (lCo r 10,2), perché è un ricalco del bat
tesimo cristiano e il verbo baptìzein che l’esprime è in Paolo
sempre all’attivo o al passivo.
Queste osservazioni filologiche e grammaticali non so
no affatto secondarie, sia per quanto concerne le origini
storiche del battesimo sia in rapporto alla sua teologia. Pos
siamo già ritenere che, tra gli omologhi del I secolo, solo
il battesimo di Giovanni e il battesimo cristiano implica
no un rito in cui il candidato riceve l’ abluzione da un terzo.
17
Bisogna parlare, a proposito di baptisma, di innovazio
ne vera e propria, di «neologismo cristiano» , la cui ragio
ne sarebbe che i cristiani avevano coscienza della novità
del loro rito 29? E difficile affermarlo. Innanzitutto il
Nuovo Testamento applica lo stesso termine al battesimo
di Giovanni, nonostante gli sforzi ostentati nei vangeli e
negli A tti degli Apostoli per sottolineare la sua in
feriorità30. Si può pensare quindi che il termine rivestis
se nella mente dei primi cristiani un carattere piuttosto
generico. Inoltre baptisma si legge in un’antica frase evan
gelica (Le 12,50; Me 10,38-39) dove, secondo l’opinione
comune, non ci si riferisce a un qualche rito; l’ espressio
ne, infatti, «essere battezzato di un battesimo» (baptisma
baptisthènai) si collega con le metafore tradizionali del
lo stesso genere che evocavano l’immersione nella sof
ferenza31, senza alcun riferimento sacramentale, come
conferma l’uso di baptizein quando si tratta di tradurre que
ste immagini nelle versioni greche posteriori ai Settanta32.
Di conseguenza è del tutto verosimile che in ambiente
giudeo-cristiano il termine baptisma abbia sostituito
baptismos33 per tradurre l’ ebraico tebilah o il suo equiva
lente aramaico, così come baptizein traduce il verbo della
stessa radice. Pur riconoscendo che la sua presenza si li
mita ai testi cristiani, non si può quindi considerare il ter-
18
mine baptisma come un’innovazione dei cristiani per espri
mere la specificità del loro battesimo34.
1,1 Cfr. G . D elling, «Baptisma baptistbénai» , in Studiati zuttt Neuen Testament, op.
il , tip. 240- 241.
’ C fr. J. Y seb aert, G reek Baptismai Terminology , op. cìt., pp. 48- 51.
C fr. pp. 124- 125.
19
gli evangelisti (Me 1,8; Le 3,16; A t 1,5; 11,16) e i copisti
(delle varianti appaiono qua e là), che usano nello stesso
caso bydati senza preposizione.
Ora, è stato accertato che nel Nuovo Testamento, in
Me in particolare37, eis si usa frequentemente al posto di
en, che finisce per assorbire eis nell’evoluzione ulteriore
della lingua, mentre il contrario (a differenza dei Settan
ta) è molto sporadico e non sempre evidente38. La conclu
sione è che Me 1,9, che costituisce un’eccezione, non dice
niente di diverso da Me 1,5, e in generale che nel Nuovo
Testamento l’uso di baptìzein fa per lo meno passare in se
condo piano l’idea di immersione, a beneficio della porta
ta rituale dello stesso verbo. Se è legittimo pensare all’im
mersione, ciò può essere solo per altri motivi39.
20
che si tratti di una pratica profana, di un rito di purifica
zione o della sua trasposizione metaforica. Il Nuovo Te
stamento attesta louein nel senso profano: in A t 9,37 ri
guarda il bagno di un morto e in A t 16,33 la cura di feri
te. Altrove, là dove i termini in questione si applicano al
battesimo41, a due riprese si fa menzione esplicita del-
P« acqua» 42. Se ne è dedotto che viene mantenuta l’idea
di abluzione fisica, anche quando se ne impossessa la me
tafora — così in lCo r 6,11 e A t 22,16. Per la verità, nel
Nuovo Testamento il verbo in questione non è mai un si
nonimo di « battezzare» né un’espressione tecnica del bat
tesimo; si riferisce a esso solo indirettamente, e non sem
pre in maniera ovvia. Per rendersene conto è sufficiente
confrontare i due testi menzionati: se in A t 22,16 la vici
nanza di baptisaì non lascia alcun dubbio sull’ allusione al
battesimo, in lCo r 6,11 questa è molto meno chiara43.
Ultimo interrogativo, che si ricollega anch’esso a una
problematica anteriore: il verbo louein (forma semplice)
i* usato nel Nuovo Testamento due volte all’attivo44, nel
«■ uso profano. Altrove, tanto per louein che per il compo
rlo apolouein, la forma è o nettamente media (At 22,16;
U or 6,11; 2Pt 2,22), o equivoca: media o passiva (Eb
l<),22)45. In realtà non ci possono essere molte esitazioni:
ovunque s’impone la forma media; infatti questo verbo al
21
passivo non è di uso corrente46 ed è pressoché assente nei
Settanta47. Ma non si avrebbe torto a interpretare l’uso
del medio per dedurne l’idea di un battesimo senza mini
stro. Avendola scartata a proposito di baptìzein, si è tanto
più autorizzati a farlo qui, perché era poco naturale per
gli autori del Nuovo Testamento, vista la rarità dell’uso
passivo, esprimere con l’ aiuto di questi verbi l’idea di «es-
sere lavato» o « bagnato» . Usandoli al medio, essi espri
mevano il fatto che i candidati prendevano un bagno, sen-
z’ altra precisazione. Il contesto del Nuovo Testamento è,
come abbiamo visto, abbastanza chiaro per dirci in quali
condizioni veniva effettuato questo bagno: implicava in
fatti un « battezzatore» .
22
II
Il battesimo di Giovanni
? I Le fonti
23
Le uniche fonti utilizzabili da parte dello storico che
compie ricerche su Giovanni Battista sono, da una parte,
gli scritti del Nuovo Testamento e, dall’ altra, un cenno
di Giuseppe Flavio nelle sue Antichità giudaiche (XV III,
116-119). La presentazione del personaggio nei vangeli
apocrifi3 è interessante perché ci fa conoscere l’interpre
tazione, o addirittura la manipolazione, della figura di Gio
vanni Battista durante un periodo che si estende dal II al
V secolo. Ma non si trovano in essi delle tradizioni di cui
si potrebbe essere certi che si accompagnino o completino
sul piano storico quelle incorporate nel Nuovo Testamen
to. Si tratta piuttosto di «una mescolanza di dati canonici
e di “ proliferazioni” leggendarie», senza nemmeno la pos
sibilità di trarne qualche riflessione sintetica sul pensiero
e il programma che hanno guidato il movimento gio
vanneo4.
5 Cfr. W . Bauer, Das Leben jcsit ini Zeitalter der neutestamenilichen Apokry phert,
Tiibingen 1909, pp, 101- 141; J. Ernst, Johannes der Tàufer, pp. 2 1 7- 242.
4 J. Ernst, p. 240.
7 C fr. pp. 46- 51.
6 « I giudei non collegano G iovanni a G esù né il martirio del primo a quello del
secondo », osserva O rigene rivolgendosi all’ ebreo di Celso che negava il valore dellu
testimonianza di G iovanni su G esù per il fatto che proveniva da un adepto e compa-
24
Ecco una seconda osservazione. Senza dubbio i vange
li, di composizione relativamente tardiva nel cristianesi
mo primitivo, sono i primi scritti ad allacciare il legame
in questione. Ma è un legame anteriore a essi nella tradi
zione, poiché lo troviamo non soltanto in Me ma anche
nella seconda fonte sinottica (Q, fonte dei logia) utilizza-
i a da Matteo e Luca — i due ne sono testimoni — , senza
contare il quarto vangelo, nella misura in cui non dipen
de, su questo punto, unicamente dai suoi predecessori.
Detto ciò, bisogna anche notare che, secondo la sua for
mulazione più antica, in Me e in Q , il ruolo di Giovanni
Battista come precursore di Gesù è espresso in modo arti-
ticiale o, se si vuole, per pura giustapposizione letteraria.
I'. evidente che, per il posto che l’ attività e le parole di
( iiovanni occupano in questi due testimoni, non è possi
bile alcun dubbio: Giovanni prepara e annuncia Gesù. Ma
■ >r si prescinde dalla loro situazione letteraria, né le infor-
mozioni sul Battista né i suoi discorsi fanno riferimento
a Gesù; inoltre questi ultimi presentano dei tratti che so
na lontani dal lasciarlo intuire.
Questa constatazione negativa si estende all’episodio del
lnittcsimo di Gesù. E vero che facendosi battezzare da
< iiovanni7 Gesù poneva egli stesso le basi della tradizio
ni- che lo lega al profeta del Giordano; ma si tratta di basi
.« M’tiso unico. Infatti, a eccezione di M t 3,13-15, dove il
«liitlngo porta chiaramente i segni dell’evangelista ed è frut
to della sua composizione, i racconti del battesimo non
■ -importano alcuna parola dei due protagonisti. Di conse
guenza, se il battesimo di Gesù ci assicura che egli si col
ta .i tit-1 movimento di Giovanni, non dice che questi ab-
l'i.t osservato Gesù tra i candidati che si presentavano in-
i . li . .Ilcrcm a (C. Ceis. I, 41 e 48: SC n D 132, pp. 186 e 208). C fr. J. M aier, Jesus
■ i .iirf/i in der talmudischen Vberlieferung (EdF 82), D armstadt 1978, pp. 252- 253.
■ • ioni al Battista in alcune recensioni delle Toledot Yeshu (cfr. S. K rauss, Das
■ i ni mch judìschen Q uellen, Berlin 1902 [ristampa D armstadt 1977], pp. 157-158)
!>■ ■ du una conoscenza indiretta e superficiale dei vangeli.
■ tlii M oriciià del f atto, cf r. pp. 59- 60.
25
torno a lui aderendo al suo messaggio, e ancora meno che
egli abbia intuito in lui il Messia atteso.
Inoltre, il seguito degli avvenimenti, così come ce lo pre
sentano i vangeli, non incoraggia molto ad attribuire al Bat
tista un ruolo nella vita pubblica di Gesù. Nell’incidente
dell’«ambasceria» inviata a Gesù da Giovanni (Mt 11,2-19;
par. Le 7,18-30), questi mostra di conoscere Gesù, pur esi
tando sulla sua identità e funzione. Ma, tra le altre dif
ficoltà8, la domanda dei messaggeri9 non quadra con la vi
sione escatologica espressa nei suoi discorsi: come è possi
bile che l’ attività di Gesù, la cui reputazione sarebbe giunta
alle orecchie del prigioniero di A ntipa, lo abbia spinto a
sospettare in lui, anche timidamente, il purificatore d ’I
sraele e il giudice temibile che egli intravedeva e annun
ciava (Mt 3,7-12; par. Le 3,7b-9.16-17)? Si può immagi
nare che Giovanni abbia sentito parlare di Gesù e si sia
informato sulla sua missione, ma non nei termini che rife
riscono i vangeli.
In effetti, l’ invio di « discepoli» per porre la domanda
e ricevere la dimostrazione perentoria di Gesù chiarisce
l’origine di questo episodio. La primitiva Chiesa palesti
nese ebbe il suo «problema giovanneo», nato dal semplice
fatto che Gesù aveva dapprima aderito alla predicazione
di Giovanni Battista e si era poi fatto battezzare da lui.
L’antica tradizione proveniente da queste comunità ave
va conservato delle parole di Gesù che attribuivano espli
citamente grande importanza al personaggio10, mentre
8 M . G oguel l]ean-Baptiste, p. 63) faceva osservare che « niente indica quale impre
sione avesse prodotto su G iovanni la risposta che gli viene riferita » e che « l’interesse del
l ’episodio verte su G esù e non su G iovanni Battista ». O ra, « un racconto storico non po
trebbe disinteressarsi cosi completamente della conclusione verso la quale sembrava ten
dere ». Del resto, se G iovanni avesse manifestato l’esitazione e il dubbio attestato in questo
passo, resterebbe da spiegare come i primi cristiani abbiano fatto di lui l’ araldo accredi
tato del C risto. C fr. H . Schvirmann, II Vangelo di Luca, I, pp. 6 6 5- 667.
r} N on si può dissociarla dalla risposta di G esù con la quale fa corpo: il macarismo
sullo scandalo, in M t 11,6 e par. Le 7 ,2 3 , fa riferimento alla domanda degli inviati.
10 M t 1 1 ,I l a e par. Le 7,28a. La seconda parte della frase (M t l l . l l b e par.
7,28b ) appare piuttosto come una rettifica adatta a ricondurre il Battista a delle giuste
proporzioni. In favore del suo legame originale con la prima parte si veda tuttavia 11
Schùrmann, Il Vangelo di Luca, op. cit., I, pp. 6 7 0- 671.
26
nessuna parola di Giovanni Battista che avesse qualche ga
ranzia di autenticità faceva lo stesso nei riguardi di Gesù.
Ma fin dal momento in cui alcuni discepoli di Gesù, dopo
la sua risurrezione, risolvettero il problema segnalato iden
tificando nel loro maestro l’oggetto dell’annuncio del Bat
tista e facendo di quest’ultimo il precursore di Gesù, è pos
sibile che sia nata una reticenza in antichi « discepoli» 11
di Giovanni diventati discepoli di Gesù davanti a questo
« recupero» ardito del loro primo maestro. Di qui il rac
conto in cui si vedono questi stessi discepoli domandare
.1 Gesù se egli sia colui che Giovanni annunciava: un dub
bio che viene subito tolto a furia di prove messianiche alle
quali si aggiunge un avvertimento rivolto agli esitanti (Mt
11,6; par. Le 7,23)12.
Dopo queste osservazioni su un punto delicato delle ori-
nini cristiane, dobbiamo ora considerare il battesimo di
( liovanni, innanzitutto nella versione che ne dà il Nuovo
Testamento.
^ unificato che bisogna attribuire a questo termine nel caso presente, cfr. pp,
‘ *»mi ni è ancora allo stadio del quarto vangelo; un'apologetica cristiana di fron-
*< i * h m rssiniireazione» del Battista da parte degli adepti del suo movimento (G v
1:1 * -'*) ( Ifr. p. 46.
'i' pp. 19-40.
27
prefigurazione del battesimo cristiano, Maurice Goguel14
trascurava l’obiezione che a questo proposito fornisce il
vangelo di Matteo.
Questi opera un’annessione radicale del Battista all’o
pera messianica di Gesù15. Per questo fatto non poteva
che provare ripugnanza nell’attribuire al primo ciò che, se
condo lui, conveniva solo al secondo: « Il Battista non de
ve mettere in pericolo la posizione unica di Gesù [...]. Il
potere di perdonare i peccati non è prerogativa di Giovanni
ma del sangue di Cristo » 16. Matteo lo sottolinea espres
samente quando, in un altro passo, modifica in questo senso
le parole dell’istituzione eucaristica17. Questo è il motivo
per cui della formula di Me 1,4 lo stesso evangelista con
serva l’idea di conversione, per trasferirla nel discorso del
Precursore che dichiara: « Io , sì, vi battezzo in acqua per
ché vi convertiate» (eis metanoìan) (Mt 3,11; cfr. Me 1,8).
Da questo rimaneggiamento non emerge un’idea molto
chiara. Si stenta tuttavia a credere che Matteo vedesse nella
conversione lo scopo del battesimo o il suo effetto 18. In
fatti in lui Giovanni comincia facendo suo l’appello ini
ziale di Gesù alla conversione (3,2; cfr. 4,17); poi dice che
non serve a niente « venire al battesimo» per sottrarsi
all’« ira» divina se non si è già decisi a produrre « veri frut
ti di conversione» (3,7-8), cioè già convertiti nella propria
volontà. Infine per Matteo (3,6) come per Marco (1,5) il
battesimo è accompagnato dalla confessione dei peccati19,
che ha senso solo se unita all’idea di non commetterli più.
Si può quindi concludere che con la precisazione eis meta
noìan Matteo tendeva semplicemente a mettere il battesi-
28
mo di Giovanni in rapporto con la conversione20 e con
quella soltanto: l’uomo che si fa battezzare fa atto di con
versione, ma non accade nient’ altro ed egli non riceve (an
cora) ciò che solo Cristo è capace di accordare.
Così è nella reinterpretazione della frase di Me 1,4 da
parte di Matteo , testimone di una reticenza se non di uno
« scandalo » davanti a ciò che gli sembrava attentare al ruolo
di Gesù nel dono della salvezza. Ma, pur trattenendoci con
la sua reazione dall’attribuire le parole « per il perdono dei
peccati» a un ritocco cristiano, non ci dice che cosa Mar
io e la tradizione che egli riproduce intendessero nel ri
portarla né quale fosse la portata del rito nell’intenzione
di colui che l’ effettuava.
A dire il vero, non è facile precisare il significato di que
llo battesimo, come dimostra la molteplicità delle opi
nioni21. Una delle cause di questa difficoltà è la mancan
ti di elementi di paragone: nell’insieme delle abluzioni giu-
«Liiche il battesimo di Giovanni è un caso a parte. Per giun
gere a qualche risultato abbiamo due punti di appoggio:
«la una parte la definizione di questo battesimo in Me 1,4
(par. Le 3,3), dall’altra i resti della predicazione del Batti
li a raccolti nella seconda fonte sinottica e riportati da Mat-
i«‘o c Luca.
I,.i Irase « battesimo di conversione per la remissione dei
p enati» pone un duplice problema: qual è il significato
«lei rapporto genitivale tra battesimo e conversione? In che
«indo si combinano questo battesimo e.il perdono dei pec-
t« ii al quale è destinato?
Rispondendo alla prima domanda, scartiamo innanzitut
to l'idea di un battesimo il cui risultato sarebbe la conver
g ine, per la ragione già formulata a proposito di Mt: l'uo
mo mnfessa i suoi peccati ricevendo il battesimo (Me
29
1,15)22, il che implica che egli è allora nelle disposizioni
di un convertito. Resta il contrario: la possibilità di vede
re nel battesimo l’effetto della conversione, il passo con
seguente alla volontà dell’individuo di passare dall’infe
deltà all’obbedienza verso Dio. Solo così il battesimo può
essere efficace, come lascia intendere Giovanni alle folle
(Mt 3,7s; par. Le 3,7s).
Questa efficacia poggia sul perdono dei peccati. Ma
ecco che allora si pongono altri due interrogativi: biso
gna concepire il perdono nell’ atto stesso del battesimo?
E se sì, come comprendere il rapporto tra bagno e per
dono?
Tra le varie opinioni una ritiene che questo perdono deb-
ba essere differito nell’ avvenire escatologico, in occasione
del grande giudizio che Giovanni annuncia come imminen
te (Mt 3,10; par. Le 3,9). In questo caso, il perdono è ac
cordato in considerazione retrospettiva della risposta del
l’uomo all’appello alla conversione formulato dal Battista,
conversione sigillata dal battesimo23. Però nella Bibbia o
nel giudaismo (e tanto meno nel Nuovo Testamento) mai
appare che Dio possa far attendere colui che implora il suo
perdono24, e mai questo viene associato al giudizio ulti
mo; inoltre, la predicazione di Giovanni stesso scarta ri
solutamente questa prospettiva: appare lì l’immagine clas
sica della cernita tra gli uomini, gli uni impenitenti e gli
altri convertiti e, per questo motivo, già perdonati. Il per
dono viene quindi accordato nell’ atto del battesimo.
Se è così, si potrebbe essere portati a definire questo
battesimo come un «sacramento escatologico» — per ri-
22 Si esita qui tra due forme: confessione globale o accusa più o meno dettagliata.
La prima è attestata, per esempio, in N e 1,5- 7; D n 9 ,4 b - l l ; Bar 1 ,1 5 - 3 ,8 . La seconda
è inclusa nel rituale ebraico del Kippur, con un’ enumerazione alfabetica dei diversi pec
cati. Cfr. I. Elbogen> D er jtidisebe Gottesdienst in settter geschicbtlicben Entw icklutig,
Frankfurt a.M . 1931 {ristampa Hildesheim 1962)» pp. 1 4 9- 151. Bisogna escludere una
confessione di tipo corale così com e prescritta nella Regola della com unità di Q umran
(1Q S 1 ,2 4 - 2 ,1 ), perché si oppone al carattere personale del battesimo di G iovanni.
23 Così J. D . G . D unn, Baptistrt irt thè Hoty Spirita p. 16; J, Ernst, ]ohattnes der Tcu-
fert p. 335,
C f r., invece, 2Sam 12,13.
30
prendere un’espressione che ha fatto fortuna25 — , che
conferisce, di fronte al giudizio prossimo, il perdono divi
no alla maniera di un’ assoluzione sacramentale. Ma que
sto vorrebbe dire utilizzare un concetto anacronistico che
può solo fuorviare il lettore, soprattutto se, con ciò, si con
cepisce il battesimo di Giovanni come il segno che produ
ci1 efficacemente la salvezza di colui che lo riceve26. In
realtà, come gesto di purificazione effettuato da un terzo e
ni quanto passo ispirato dalla conversione, il battesimo ga
rantisce al battezzato il perdono delle sue colpe, nella pro
iettiva del prossimo giudizio e a condizione di perseverare
ni'Ila penitenza. Così compreso, nell’urgenza dell’ultima ora,
il battesimo è necessariamente un atto unico, non reitera
lale, come è unico e definitivo il giudizio che si ritiene che
o so prevenga27.
•’ -f L'altro « battesimo»
29 M t 3 ,1 1 ; Le 3,16.
*0 L ’ espressione, m etaforica, è com portata dalla menzione del battesim o non me
taforico che precede.
^ Supponendo (con E. Schweizer, voce « Pneuma... », G LN T , X , 9 5 5 , e gli autori
che egli cita) che pneuma sia qui « vento », si favorisce la coerenza del passo conforman
dosi al tempo stesso alle immagini apocalittiche. M a tutti i testi di cui disponiamo han
no qui « Spirito Santo», che è diverso da uno Sturmw ind che accompagna il fuoco e
lo attizza.
i2 Si veda la lista in J. D . G . D unn, Spirit- and- Fire Baptìsm, p. 82, n. 1 e 2.
32
ì testi fanno intervenire qui lo Spirito Santo, bisogna do
mandarsi per quale scopo una mano cristiana l’ avrebbe ag
giunto. E difficile vedervi il desiderio di applicare l’ azio
ne di Cristo, cosi predetta, al battesimo sacramentale: da
una parte, come vedremo in seguito33, l’associazione del
dono dello Spirito con quest’ultimo non è costante nella
primitiva teologia cristiana; dall’ altra, il battesimo di Spi
rito Santo si oppone qui al battesimo d’ acqua. Ma bisogna
anche tener conto del seguito dei due testi paralleli.
In effetti il personaggio che interviene in Mt 3,12 (par.
Le 3,17), e che non è altro che il « battezzato re» annun
ciato nel versetto precedente (la proposizione relativa im
pedisce ogni distinzione), non avrà come unico ruolo quello
di bruciare la paglia nel fuoco: dovrà anche raccogliere il
grano nel suo granaio. Operazione positiva già intravista
in un primo stadio di argomentazione, secondo Mt 3,10
(par. Le 3,9), dove soltanto l’albero che non porta frutto
viene gettato nel fuoco. Nella sua predicazione il Battista
non considera il suo uditorio anticipatamente come una
massa damnata, ma predica la conversione, minacciando il
castigo divino soltanto per quelli che persevereranno nel
male. DÌ conseguenza, l’immagine del battesimo nello Spi
rito Santo si inserisce nella parte positiva dell’operazione
Iinale, così come viene evocata prima e dopo. Quelli che
avranno accolto con una conversione sincera il rinnova
mento spirituale che Dio deve accordare negli ultimi tem
pi saranno simili al frumento ammassato in un granaio; gli
nitri, refrattari al messaggio di penitenza proclamato da
Giovanni, se ne andranno nel fuoco inestinguibile della
( leenna.
Ma vediamo ora l’agente di questa operazione. I due te-
li moni evangelici affidano a Giovanni Battista l’annun-
i io della venuta prossima34 di un personaggio che questi
33
definisce come «più fo rte» (iskbyroteros) di lui. La sua iden
tità divide gli interpreti: è Dio o una creatura? In favore
di una creatura viene addotta la motivazione che, se si trat
tasse di Dio, Giovanni esprimerebbe un altruismo al limi
te della bestemmia: benché il termine iskhyros (per El o
gibbór) sia applicato frequentemente a Dio nell’A ntico
Testamento35, usato qui al comparativo fa anche di Gio
vanni un « potente» , attribuendogli per ciò stesso, per quan
to a un grado minore, una qualità divina. Viene poi l’im
magine dei calzari: se si trattasse di Dio, come non stupir
si che Giovanni abbia potuto dire di non essere «degno
di sciogliere i legacci dei suoi calzari» 36 o di « po rtare» i
suoi calzari (Mt 3,11)? L’antropomorfismo — senza pre
cedenti né paralleli — non oltrepassa forse i limiti del con
sentito, in particolare in un tempo in cui si imprimeva nella
mentalità ebraica un forte senso della trascendenza di Dio?
E vero che riconoscendo qui Dio stesso si potrebbe ren
dere conto di un fenomeno attestato nel quarto vangelo.
Lì la testimonianza di Giovanni Battista, distribuita in tre
giorni (Gv 1,29.35), inizia con una negazione esplicita e
solenne della sua messianicità (1,20, ripresa per l’essen
ziale in 3,28; cfr. anche 1,8), dove si riconosce chiaramente
una manovra dell’evangelista che affida al Precursore la
preoccupazione di rifiutare egli stesso una qualifica inde
bita e rivale. Luca, da parte sua, riferisce che nel « popo
lo» che ascoltava il Battista « l’attesa cresceva e tutti si do
mandavano in cuor loro se Giovanni fosse il Messia» (3,15).
Ma se Giovanni ha potuto essere considerato come il Mes
sia, non è forse perché nella sua predicazione egli si mani
festava come l’ultimo messaggero divino prima che Dio in
tervenisse personalmente per esercitare il giudizio, quindi
come una variante del Messia?
A questa domanda si può rispondere che, proprio tra
34
Ir varianti che interessano in questo tempo e interesseranno
ni seguito l’ attesa messianica, il personaggio sperato non
riveste mai i tratti di un profeta predicatore di conversio
ne, fosse pure l’ultimo. Sarebbe pertanto sorprendente che
( Iiovanni avesse attirato sulla sua persona e sul suo ruolo
una tale qualifica. Inoltre, la testimonianza del quarto van
gelo, che prelude ad altre attestazioni nello stesso senso
.1 partire dal II secolo37, è tardiva e vale solo per il tem
po della sua redazione. Infine, il silenzio degli altri vange
li è a malapena disturbato dall’« informazione» contenuta
in Le 3,15. In realtà questo versetto, che del resto non
ni ferma nulla ed esprime solo un interrogativo, probabil
mente ha solo un’origine letteraria: collocato dopo l’inse
rimento dell’excursus sulle varie classi sociali (Le 3,10-14),
c-sso ha lo scopo di stabilire una relazione con le parole con
aii Giovanni definisce ora se stesso per contrasto con co
lui che effettivamente, per Luca e i suoi lettori, è il
« Messia» 38.
Perciò, se non si può negare che alcuni gruppi giudaici ver
so la fine del secolo abbiano elevato Giovanni Battista al ran
go di Messia per opporlo a quello dei cristiani39, questo non
può essere anticipato al tempo in cui il profeta del Giorda
no esercitava la sua attività. Ne risulta che ciò non può co
stituire una controprova per rifiutare a Giovanni Battista
l’ annuncio di un intervento diverso da quello divino.
W In effetti le attestazioni sono m olto limitate e> con molta probabilità, si colloca-
no nella stessa linea: Ps.-Clem ., Ree. 1,54 (et magistrum suum vetuti Christum praedica
runt)-, 60 {Q uod si omnium maior est, ipse est Christus); Rehm, G C S, p. 3 9 . Su questi
lesii, cf r.: J. Thom as, M ouvement, pp. 114- 120; R. Schnackenburg, Das vierte Evange-
litim urtd die Johartnesjtinger, in H J 77 (1958), pp. 2 1- 28 (n. 24- 25); E. Bammel, The
Haptist, pp. 116*117; J. Ernst, Johannes der Tau/er, pp, 3 6 3- 366.
>8 Lc 2 ,1 1 .2 6 ; 9 ,2 0 ; 2 4 ,2 6 .4 6 ; A t 2 ,3 1 ecc,
** La messianizzazione di un m orto è così poco naturale presso gli ebrei che si è
|K>rtati a supporre un’ influenza sui seguaci di G iovanni di coloro che credevano che
il loro M essia G esù era risorto e aspettavano il suo prossimo ritorno. Q uesta influenza
cristiana è ammessa da M . D ibelius, Uberlieferung, pp. 1 4 2- 143; cf r. anche: J. A . Sint,
ìischatologie, pp. 106*107, che ritiene questa spiegazione come la più plausibile. Se
condo la versione siriaca dei Riconoscimenti pseudo-clementint i discepoli di G iovanni
•ledevano che il loro maestro vivesse en apokry phór, cf r, E. Bammel, The Baptist in
fiarly Christian Tradition, pp. 117, n. 7.
35
M .i eli i può essere mai questa creatura con un simile man
dalo? La risposta non è facile, e le opinioni in proposito sono
vni ic"1. Cercheremo comunque di arrivare a una soluzione.
Una prima osservazione verte sull’unità dell’insieme Mt
3,11-12; par. Le 3,16-17. Nulla permette di dissociare le
due parti saldate da una proposizione relativa: la mano che
tiene il ventilabro è in qualche modo quella che deve ope
rare il futuro battesimo. Questo è composto di Spirito San
to e fuoco. Di questa metafora, proveniente dal battesi
mo d’ acqua, è possibile scoprire gli antecedenti e i paral
leli che permettano di spiegare e, meglio ancora, identifi
care il misterioso personaggio al quale tocca conferire il
battesimo in questione?
La natura occasionale della metafora fa sì che non ci si
stupisca dell’assenza di esatte corrispondenze nella Bib
bia e nel giudaismo. Ma, oltre all’acqua, lo Spirito (Santo)
e il fuoco, come elementi di purificazione escatologica, ap
paiono non soltanto sotto forma indipendente41 ma anche
in associazione: acqua e Spirito42, più raramente Spirito
e fuoco. Quest’ultimo caso è illustrato in Is 4,4, dove la
purificazione di Gerusalemme deve avvenire « co n lo spi
rito del giudizio e con lo spirito dell’incendio» 43, in altre
parole con il soffio infiammato del Dio tre volte santo. Que
sta stessa combinazione, che esprime una specie di en
diadi44, può essere attribuita a Giovanni Battista.
40 Cfr. J. D . G . D unn, pp. 81 - 8 3 ; più brevemente: J. A . Fitzm yer, The G ospcl ac
cordine lo Luke, I, pp, 4 7 3- 475.
41 Spirito soltanto: Is 3 2 ,1 5 ; 1Q S 4,20- 22 (« Spirito di santità» ); 1Q H 16,12 («Spi
rito della tua santità» ); 1 7 ,2 6 {id.). Fuoco soltanto: Is 1 ,25; G er 9 ,6 ; M I 3,2h - 3; lC o r
3,1 3 - 1 5 . N el Talmud si parla di un bagno di fuoco (b. Sanh. 39a), ma in questo dato
tardivo (R. A bbahu, 300 ca.) la prospettiva non è escatologica ma semplicemente ri
tuale. Bisogna anche distinguere la purificazione escatologica col fuoco dal «diluvio
di fuoco » com e castigo degli empi; cfr. i riferimenti in S. Legasse, A pproches de l’épiso-
de pré-évartgélique des fils de Z ébéiée (Marc X .Ì5- 40; par.), in NTS 20 (1973- 1974) 161*177
(168- 169); aggiungere Aggadat Bereshit, cap. 1, in A . Jetlinek, Bel ha- M idrasch, IV , G e
rusalemme 1 9 6 7 , pp. 1-3.
42 Ez 3 6 ,2 5 - 2 6 ; Is 4 4 ,3 ; 1Q S 3,7- 9 (« Spirito Santo» ),
43 II Targum qui ha: « con una parola di giudizio e con una parola di sterm inio» ,
44 W . F. A lbright e C . S. M ann (M atthew , A ncB 2 6 , G arden City, N ew York 1971,
pp. 26- 27) glossano: « w ith thè fire of thè H oly Spirit» .
36
Ma si aggiunge qui un altro dato che permette di intra
vedere la personalità di colui che, in questo stesso oraco
lo, è l’agente dell’operazione. E noto il passo di Isaia (11,2)
in cui il Messia ha tutti i doni dello Spirito45. Secondo la
versione di Is 52,14-15 scoperta a Qumran, in base all’in
terpretazione di William Hugh Brownlee1’6, uno dei com
piti del Messia sembra essere proprio quello di «aspergere
nazioni numerose» per purificarle. In ogni caso, il seguito
dell’oracolo di Is 11, che riguarda il Messia davidico, ci
ilice che prima di instaurare l’età d ’oro per il suo popolo
irgli deve intraprendere un’ azione purificatrice in seno a
quest’ultimo, liberandolo da ogni iniquità per far regnare
la giustizia: « Percuoterà il violento con la verga della sua
bocca, e farà morire l’empio con il soffio {mah, pneuma)
delle sue labbra» . Questo passo è citato in lEn 62,2, nel
Libro delle Benedizioni di Qumran (lQ Sb 5,24-25) e in 2Ts
2,8, in un contesto nettamente apocalittico. Infine i Sal
mi di Salomone (17,22) supplicano Dio perché lo stesso
Messia davidico « purifichi Gerusalemme santificandola,
come alle origini».
Ricercando un’identità per l’agente stabilito del dupli
ce battesimo, parecchi autori si orientano verso il « Figlio
dell’uomo», i cui tratti e la cui funzione sono delineati nelle
Parabole di Enoc (lEn 37-71). Trascendente, perché pree
siste in cielo, egli è un giudice e un giustiziere che « rom
perà Ì denti dei peccatori» dando libero corso all’« ira» di
Dio (46,4; 62,12; cfr. Mt 3,7b; par.). Questa figura è affi
ne a quella delT« Uomo» che, secondo 4Esd 13, sale dal
mare, ma vola anche « con le nubi del cielo» e, dalla som
mità in cui si trova, fa uscire dalla sua bocca un fio tto di
fuoco che distrugge tutti i suoi nemici. Quest’ultimo trat
45 Forse non è un’ esagerazione accostare lo « Spirito di forza» {pneuma [...] iskbyos)
di 1$ 11,2 alla designazione del personaggio annunciato da G iovanni Battista come iskhy-
tvicros.
Ab The Meatiing o f thè Q umran- Scrolk fo t thè Qible, xvith Special Attention to thè Book
o f Isaiah, N ew Y ork 1964, pp, 2 0 6 - 2 1 4 , Si veda tuttavia l'esame critico delia lettura
ili Brov/nlee da parte di J. D . G . Dunn> Spirit-and-Fire Baptista, pp. 81- 83.
37
to però è preso dalla descrizione del Messia davidico in
Is llj4b , già citata, e non è il solo nella visione di Esdra
che fa del personaggio descritto una variante della speran
za messianica di Israele47.
È inutile immaginare che Giovanni Battista si ispiri a
questi testi, la cui composizione è certamente in buona par
te posteriore a lui. Ma gli esempi addotti mettono in luce
l’esistenza, nelle correnti marginali del giudaismo di que
sto periodo, di una rielaborazione originale della figura tra
dizionale del Messia. Jurgen Becker48 pensa che, nel giu
daismo così come noi lo conosciamo, nessun personaggio
escatologico è capace di far concorrenza al Figlio dell’uo
mo come giudice se non Dio stesso. Ciò significa misco
noscere che già in Is 11,4 il Messia riveste chiaramente
questo ruolo, il che può essere completato dai testi apoca
littici che abbiamo appena citato.
La tesi cristiana che attribuisce al Battista l’annuncio
del Messia possiede quindi un reale fondamento. Si vede
anche che non mancavano nella coscienza religiosa israeli
tica degli schemi adatti a elaborare questa visione futura.
Che essa non ne riproduca nessuna alla lettera è un fatto
che non deve sorprendere: Giovanni possiede del resto suf
ficienti tratti originali per ritenerlo autorizzato a presen
tare una versione personale del Messia.
Questa fusione del Messia con il personaggio investito
da Dio del potere di liberare il popolo dalle impurità por-
47 Senaa essere designato come discendente di D avide, egli stabilisce il suo potere
in Sion (13,35-36). È anche chiamato «mio Figlio» {1 3 ,3 2 .3 7 ,5 2 ; aggiungere 7 ,28; cfr-
Sai 2 ,7 ; 2$am 7,14; lC r 17,13) secondo le versioni latina, siriaca, copta sahidica; ma
le altre versioni hanno « servo ». C fr. ] . Schreiner, Das 4. Bucb Esra (Jiidische Schriften
aus hellenistisch-ròmischer Z eit V / 4), G iitersb h 1981, p. 397. C fr. anche M . Stane,
The Concept o f theM essiah in IV Ez ra, in J. N eusner (ed.), Religioni in A ntiquity . Essays
in Memor? o fE , R. Goodenougb (SH R 14), Leiden 1968, pp. 295-312 (303-310). Un'altra
fusione tra l ’eredità danielica (D n 7) del « Figlio d’ uom o» e il M essia può essere perce
pita, tra altre influenze, nel Targum palestinese di Es 12,42 dove, secondo la forma
più antica di questa composizione, il M essia viene « d all’alto» (e non « d a Rom a» ), al
lusione alla sua origine celeste. C fr. R. Le D éaut, La Nuìtpascale. Essai sur la sìgnifìca-
tìon de la Pàque juive à partir du Targum d'Exo de X II,42 (A nBib 2 2 ), Roma 1963, pp.
266-272.
48 Johannes der Tàufer, p. 35.
38
i ii normalmente a delineare un giustiziere che opera una
selezione al termine della quale i recalcitranti sono riget-
Iati e puniti. E quanto esprime il seguito di questo discor
so con l’ immagine della separazione del frumento e della
pula49. Ma se il granaio dove viene raccolto il grano è qui
solo una semplice metafora, il « fuoco che non si spe
rne» 50 non poteva evocare nella mente degli ascoltatori
ilei Battista che quello della Geenna. Fuoco purificatore,
i uoco di castigo: tra i due non c ’è contraddizione ma com
plementarità; chi avrà resistito al primo e sarà diventato
scoria, non sfuggirà al secondo.
',tJ In G er 15,7 il tema della cernita non evoca la separazione dei buoni dai cattivi,
imi il castigo di tutto il popolo colpevole.
50 L'espressione py rasbeston, che si legge anche in M t 3,1 2 , potrebbe essere ispi
rili u direttam ente da G b 2 0 ,2 6 dove, nei Settanta, la lezione akauston ha come rivale
itsbeslon; ma si veda anche Is 6 6 ,2 4 (citato in M e 9 ,4 8 ): to py r aulèti ou sbestbèsetai,
51 C fr. anche A t 10,37; 13,24 (prokèry ssein).
52 H . Thyen, Studien zur Siindenvergebung, pp. 131-132, n. 4; «Baptisma metanoias»,
l>. 97, n. 3; j . G nilka, D ai Evangelium nach M arkus (EK K 2 / 1 ), Z iirich-N eukìrchen
l ‘J78, I, p. 42.
N ei testi cristiani non si parla mai di «predicare (kèryssein) il battesim o» .
39
mo54. Ma questo significato non deriva dal testo, dove
il battesimo è l’oggetto stesso della predicazione. D ’ altra
parte, l’Antico Testamento offre per due volte un’espres
sione quasi identica e che molto probabilmente ha ispira
to in questo caso la penna di Marco quando viene riferi
to che il re Giosafat (2Cr 20,3) e gli abitanti di Ninive
(Gi 3,5) «proclamarono un digiuno» (Settanta: ekèryxen,
ekèryxan nésteian), gesto penitenziale che non è senza ana
logia con il battesimo di Giovanni. Questi, almeno nella
testimonianza di Marco, includeva nel suo messaggio l’ap
pello al battesimo, il che non sorprende se si ritiene che
questo battesimo era indissociabile dal cammino di con
versione.
Ma Giovanni non si limitava a predicare il battesimo,
10 amministrava. Lo sappiamo innanzitutto dall’ appellati
vo che è unito al suo nome nei vangeli e in Giuseppe
Flavio35: da tutti quelli che ne parlano Giovanni è cono
sciuto come « il Battista» (ho baptistés)36, il cui significato
è « il Battezzato re» 57; Marco lo conferma usando per due
volte (6,14.24) e in modo equivalente il participio sostan
tivato ho baptizón (il Battezzante)58, e questo significato
è avallato dai passi in cui Giovanni viene presentato men
tre effettua il battesimo59. Quindi, menzionando « il bat
tesimo di Giovanni» , i testi non vogliono dire soltanto « il
40
luned ino predicato da Giovanni» (At 10,37; 13,24), ma
|H,*|n}io quello che egli amministrava.
( i si interroga giustamente sull’origine di una pratica
« In- iuon ha alcuna analogia nel mondo ebraico. Ovunque,
««mie vedremo, ci si purifica bagnandosi Giovanni battez-
a« Ma, anche se la funzione che egli si attribuisce non ha
éU uti precedente conosciuto, è possibile comprenderla in
!«»(■ iiil significato di questo battesimo nell’ intenzione del
tuo i reatore. Infatti soltanto con l’intervento di una terza
l*-t\oina esso poteva esprimere il perdono. Il peccatore non
[tciilo»na se stesso. Giovanni, che nella sua coscienza
pini litica60 si sa autorizzato da Dio a fare ciò, dà la ga-
irtii/ iia del perdono mediante il simbolo dell’abluzione pu
nì ii aitrice01. L’origine della pratica e della sua portata va
«lei rc-‘Sto ricercata solo nel genio personale e nell’ispira-
*ione religiosa del profeta.
Nivn possiamo dilungarci qui sui problemi posti dai no-
mi ilei luoghi in cui, secondo i vangeli, si svolgeva l’ attivi
la di Giovanni Battista62. Per riassumere e al tempo stes
si coricludere questo argomento, diciamo che, salvi restan
do al tri possibili spostamenti63, la tradizione più solida è
tinelli che situa questa attività in Perea64. Giovanni fu
C ile G iovanni si sia inserito deliberatamente nella categoria dei profeti e che sia
am o l icionasciuto com e tale (cfr. M t 11,9- 10, par. Le 7,2 6 - 2 7 ; M e 6,15 , par. Le 9 ,8 ; M e
D1^ 2, ]Yar- M t 21,26; Le 20,6; cfr, anche Le 3,2) è fuori dubbio. Cfr. J. Becker, ]o han-
nt-% tkr fàufer, op. c i t pp. 41-62; J. Ernst, Johannes der Tàufer, op, ciL, pp. 290-300.
<•1 insogna pensare che G iovanni abbia subito l’influenza dei gesti simbolici con
* «il ^»li antichi profeti mimavano ciò che proclamavano cTannunciavano? M olti autori,
unlia scis*3 dei lavori di J, W . Robinson, l'hanno suggerito. Cfr. W . F. Flemmington,
I *rtctrme\ PP- 20- 22; G . R. Beasley-M urray, Baptism, p. 43; J. D . G . D unn, Baptism
pi thè ilflty Spirti, p* 16. M a, a meno che non si voglia am m ettere, com e q uest’ultimo
nitore <yhc il perdono stesso è assicurato solo nel futuro (si veda la confutazione, pp,
U M i) Ja differenza è tale che se ne può appena considerare una derivazione: queste
a/ioni d e* profeti, sebbene ritenute efficaci, sono esteriori a ciò che m anifestano; il
Un te s i l o di G iovanni indica che, nel momento stesso e per il fatto stesso che si compie,
il perdono viene accordato al penitente.
('2 Sjjll’ archeologia dei siti, cfr. C . Kopp, Itinéraires, pp. 195- 270.
63 Riguardo a « Ennon vicino a Salim » (in Samaria?), cfr, p, 7 7 , n* 16-
6-1 Fprse non è inutile ricordare che il « deserto» {erémos), dove secondo M e 1,4;
Mt Le 3,2 G iovanni predicava, implica solo l’ assenza di abitazioni umane, non
hi manc!anza di acqua e la sterilità. L ’ esempio di Bannous, che viveva nel « deserto»
U'rimia) c praticava delle abluzioni, suppone il contrario: G iuseppe, Vita, 11.
41
ucciso per ordine di Erode Antipa, la cui tetrarchia com
prendeva la Perea65. Giuseppe ci dice che la carcerazione
e l’esecuzione ebbero luogo a Macheronte, castello e fo r
tezza situato ugualmente in Perea66. Il quarto evangelista,
anche se non ci svela il segreto dei siti di Betania e della
sua variante Bethabara, conferma almeno in generale i ri
sultati precedenti attribuendo come cornice alla predica
zione di Giovanni Battista un’ area « al di là del Giorda
no» (1,28; 3,26). Infine, secondo i vangeli, la gente si spo
stava dalla Giudea e da Gerusalemme per venire da
Giovanni67. Che questi abbia battezzato nel Giordano è
un dettaglio che figura solo nei vangeli sinottici68, i quali
fissano ugualmente l’attività del profeta nella «regione del
Giordano» 69. Una tale ubicazione non è senza problemi,
perché tutta relativa all’ adattamento per la pratica di un
battesimo di massa70. Inoltre ci si può domandare se la
mano degli evangelisti non sia stata guidata da importanti
reminiscenze scritturistiche (Gs 3; 2Re 5) e da altre meno
importanti71. E, per finire, perché Giovanni ha scelto un
65 Secondo J. M urphy-O ’Connor {John thè Baptist and Jesus, pp. 368- 372), Giovarmi
sarebbe stato arrestato in G alilea e poi incarcerato a M acheronte, dove si trovava allo
ra A ntipa. M a un’ attività di G iovanni in G alilea è senza fondamento nei testi. Sup
porre che G esù sia venuto 11 per dare il cambio al suo predecessore (am mettendo del
resto la possibilità che ne abbia cambiato rapidamente il messaggio e la prassi) È pura
congettura. Q uanto a sfruttare M e 6 ,1 4 - 1 6 pet stabilire che il tetrarca si basava non
sui miracoli (mai attribuiti al Battista), ma in realtà sul battesimo che G esù avrebbe
amministrato in G alilea per identificarlo con G iovanni redivivus, significherebbe di
menticare che alla fine di questa torm entata pericope Erode, a differenza del popolo
(v. 14b), non adduce alcun m otivo.
66 C fr. C. K opp, Itinéraires, op. cit., pp, 2 4 6 - 2 4 7 ; più recentem ente, sulla sontuo
sità del palazzo di M acheronte, cf r. V . C orbo, Nuo v e scoperte alla fortezza di M acheron
te. Rapporto preliminare alla quarta campagna di scavo: 7 settembre - 10 ottobre 1981,
in SBFLA 31 (1981) pp. 258 - 2 6 3 (fig. 1 e 5); F. M anns, Marc 6,21- 29 a Li lumière des
dentière: fo uilles de M achéronte, ibid., pp. 2 8 7- 290.
67 M e 1,5; Le 3,7; 7 ,2 4 . M atteo (3,1), scrivendo che G iovanni predicava « nel de
serto della G iudea », risponde alla necessità di condurre G esù in questa regione per
segnalare poi il suo ritiro in G alilea sotto la minaccia, dopo l'arresto del Battista (M t
4,1 2 par.).
68 M e 1,5, par. M t 3 ,6 ; M e 1,9 (cfr. M t 3,1 3 }.
® M t 3 ,5 , par. Le 3,3; cf r. anche Le 4,1.
70 C fr. J. M urphy-O 'Connor, John thè Baptist and Jesus, p. 359.
71 In M t 3 ,5 , par. Le 3 ,3 l’ espressione greca he perikhóros tou lordanou deriva da
G n 13,10- 11 L X X , dove si dice che questa regione « era interam ente bagnata» (pesa
én patito mene].
42
posto lontano dai luoghi abitati se il suo scopo era quello di
taggiungere la popolazione? Tuttavia, se si ammette che Gio
vanni abbia iniziato a esercitare il suo ministero profetico
nel sud della Perea, solo il Giordano era adatto a fornire l’ac
qua necessaria per il battesimo, senza voler con questo pre
giudicare ragioni ispirate alle tradizioni più venerabili di
Israele alle quali rinvia il modo di vivere del personaggio72.
Come avveniva il rito? Anche se il verbo baptizein e i suoi
.d fini sostantivali, segnati da un’impronta rituale, non impli
cano necessariamente l’immersione, in particolare l’immer
sione totale73, le indicazioni del Nuovo Testamento orien-
i ano nettamente in questa direzione74. Quanto al ruolo ce
rimoniale di Giovanni, possiamo solo avanzare delle ipotesi,
pensando, ad esempio, che stesse nell’acqua co nil candida
to e lo invitasse a immergersi con una pressione della mano.
Si potrebbero anche addurre gli usi antichi per i bagni75 e
Iìensare che Giovanni versasse l’acqua sulla testa del battez
zato. Questa seconda forma corrisponderebbe di più alle pa
role dell’Antico Testamento sulla purificazione escatologica:
Ivz 36,25 ha il verbo « aspergere» (;zaraq\ LXX: rbaìneìn).
72 M e 1,6, par. Senza che sia necessario am mettere che G iovanni si sia presentato
r^li stesso come Elia redivivus (cfr. M e 9,1 1 - 1 3 , par.}, il suo modo di vestire ricorda
lincilo del profeta (2Re 1,8; cfr. anche Z c 13,4): cfr. J. Ernst, Johannes der Tàufer, op.
a l., pp. 284- 286. N on bisogna forse osservare anche, co n j . M urphy-O 'Connor (John
thè lìnptist and Jesus, p. 360, n. 7), che « G iovanni appare esattam ente là dove Elia era
^comparso (2Re 2 ,4- 11)» ?
75 Cfr. pp. 19- 20. In rapporto con il battesimo di G iovanni, cfr. B. N eunheuser,
l:.nt>àgungen, p, 717.
74 M e 1,5 .1 0 (bagno nel G iordano, risalita dall’ acqua}; G v 3,23 (« acq ue ab
bondanti»).
Cfr. E. Stommel, Christlicbe Taufriten, p. 8.
76 M e 2 ,1 8 , par. M t 9 ,1 4 ; Le 5 ,3 3 ; M e 6 ,29, par. M t 14,12; M t 11,2, par. Le 7,18;
G v 3,25.
43
Giovanni Battista, praticando sui suoi discepoli il rito del bat
tesimo che, cosi come emerge dai termini di cui si serve Giu
seppe al riguardo, era un rito di iniziazione, anche se non
era soltanto questo, e, d’altra parte, insegnando loro una for
mula di preghiera e imponendo loro certe pratiche particola
ri di digiuno, aveva costituito i suoi discepoli in una specie
di confraternita77.
77 ]ean- Baptiste, p. 99. Secondo E, Lohmeyer {Johannes der Tàufer, p. 116), il fatto
dì aver insegnato una preghiera a dei discepoli gettava le basi di una nuova comunità
di cui G iovanni Battista, come G esù per t propri discepoli, era « il M aestro e il Signore».
78 C fr. p. 80, n. 28.
44
«ruppi particolari tali da poter essere paragonati, per cer-
ic caratteristiche, ai « discepoli» di Gesù. Di conseguenza
ri si può domandare se ciò non sia il risultato di una evo
luzione, nata dopo l’esecuzione del Battista, molto più con
temporanea a|le origini del movimento cristiano propria
mente detto. E proprio a questo stadio che si spiega la mo
bilitazione dei « discepoli» di Giovanni per un’apologeti
ca in favore di Gesù come Messia (Mt 11,2s; par.)79.
Ugualmente, adducendo il loro esempio80 nella discussio
ne sul digiuno {Me 2,18-20; par.), la catechesi vuol risol
vere un problema di Chiesa e giustificare la propria pras
si, contraria all’assenza di ascesi in Gesù (Mt 11,19; par.).
La sepoltura di Giovanni Battista da parte dei suoi « di
scepoli» (Me 6,29; par. Mt 14,12), alla fine di un episodio
molto poco credibile nel suo insieme, è la conclusione ste
reotipata di un racconto di martirio (cfr. Me 15,42-46 e
par.; At 8,2). La « preghiera» che si ritiene Giovanni ab
bia insegnato ai suoi discepoli viene menzionata nel pream
bolo della tradizione del Pater in Le 11,1, versetto che ci
può fornire ben poche informazioni sul contesto originale
c storico di questo episodio poiché ha tutte le tracce della
sua origine lucana. Certo, è possibile che l’evangelista sia
stato informato, direttamente o indirettamente, di una for
mula di preghiera propria dei seguaci di Giovanni, ma que
sto ci situa in uno stadio abbastanza lontano dal loro mae
stro. A queste testimonianze tardive non è che si possa
aggiungere quella del quarto vangelo quando mostra il Bat
tista che orienta i propri discepoli verso Gesù (1,36) e dà
così inizio a un’ operazione con la quale si compie già la
« diminuzione» del Precursore (3,30)81: confutazione ri
volta ai seguaci di Giovanni al tempo dell’evangelista e,
attraverso di essi, a tutti quelli che essi rappresentano, cioè
45
il mondo incredulo. Non si nega che alcuni dei discepoli
di Gesù (Andrea e suo fratello Simone, in particolare) ab
biano ricevuto il battesimo di Giovanni dopo aver ascol
tato la sua predicazione e aderito al suo messaggio. E molto
meno sicuro che essi abbiano formato, con altri, una cer
chia di adepti intorno al Battista, ancor meno che egli li
abbia staccati da sé per offrirli in qualche modo a Gesù82.
Se è pienamente possibile che Giovanni sia stato affian
cato nel suo ministero profetico e battesimale da alcuni
aiutanti83, questi non hanno fatto altro, mentre egli era
ancora in vita, che collaborare a un’ azione che aveva di
mira tutto Israele. In seguito, prima di disgregarsi per ri
nascere più tardi sotto altre forme e sotto altri cieli84, è
possibile che dei gruppi abbiano rivendicato il suo patro
nato, non senza esaltarlo esageratamente, al punto da creare
localmente una concorrenza messianica alla fede cristia
na. Non ci si sorprenderà perciò leggendo nei vangeli del
le rettifiche, effettuate senza dubbio con lo scopo di ri
mettere le cose al loro posto.
82 C fr. p. 2 5 , dove abbiamo notato l'assenza di qualsiasi riferim ento a G esù nei
dati più antichi riguardanti il Battista e le sue parole. N on è esatto dire, con R. E.
Brown (Giovanni. Commento al Vangelo spirituale, I, p. 101), che Pietro, in À t 1,21- 22,
si fa eco degli episodi riferiti in G v 1,35- 51 e attesta che « realmente ì primi discepoli
si erano uniti a G esù al momento del suo battesim o» . Infatti 1’« inizio» (arxatnettos),
nelle parole di Pietro, riguarda la vita pubblica di G esù, che, secondo lo schema sinot
tico, ha il suo punto dì partenza dopo il battesim o; niente viene detto del momento
in cui i discepoli hanno seguito G esù.
85 Cfr. M . H engel, Nachfolge und Charisma, p. 39-
Cfr. p. 2 3 , e J. A . Sint, Eschatologie, p. 96.
55 Riguardo a quella che è inclusa nella versione in paleoslavo della Guerra giudai
ca e alle teorie stravaganti alle quali essa ha dato luogo (R. Eisler), cfr. M . G oguel,
Jean- Baptiste, pp. 20- 33, 2 9 7 - 3 0 2 ; J. Ernst, Johannes der Taufer, op cit., pp. 2 5 8- 263,
I dati ivi contenuti sono solo delle amplificazioni della tradizione evangelica, senza al
cun interesse per la storia.
46
i acconto delle vicissitudini politico-familiari di Erode All
upa. A differenza del celebre Testimonium flavianum su
( icsù (AJ X V III, 63-64), l’ autenticità del passo su Gio
vanni Battista oggi non è più contestata86. Giuseppe rac
conta che Antipa aveva tramato il ripudio della sua sposa,
la figlia di A reta IV, re dei Nabatei, per prendersi al suo
posto l’intrigante Erodiade, moglie di un altro Erode87,
li atellastro di Antipa. Venuta a conoscenza del piano, la
nabatea attese che quest’ultimo ritornasse da Roma per
Iarsi inviare a Macheronte, ma da lì fuggì presso suo pa
dre. Questi vendicò l’affronto inviando un esercito che,
I avorito dalla defezione di una parte di quello di Antipa,
annientò l’esercito avversario88. In seguito a ciò Tiberio
diede ordine a Vitellio, governatore di Siria, di marciare
contro A reta, colpevole di aver preso l’iniziativa di una
guerra contro un re vassallo di Roma89.
84 per ]e prove> cfr. M . G oguel, ]ean- Baptiste, op. cit., pp. 17-19.
87 G li evangelisti M arco (6,17) e M atteo (14,3) si sbagliano identificando il primo
marito di Erodiade con il tetraica Filippo (Le 3,1 9 , sopprimendo il nome, corregge l’er
rore). Q uesti sposò Salomè, figlia di Erodiade. Sulla questione e l ’episodio in M e, cfr.
E . Schiirer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C. - 23 5 d. C.), edi
zione diretta e riveduta da G . V ermes - F. M iller - M . Black, 2 voli., Paideia, Brescia
1985- 1987, I, pp. 426- 432.
88 Talvolta si è visto nel paragone evangelico del re che parte in guerra contro un
nitro re (Le 14,31) un’ allusione a questa campagna disastrosa.
85 A J X V III, 109- 115. La morte di Tiberio (marzo 37) evitò a V itellio di portare
a termine un’ impresa alla quale aveva acconsentito malvolentieri e per obbedienza, da
ta la sua scarsa simpatia per il tetrarca (A J X V III, 105),
90 Cfr. p. 4 9 , n. 96.
51 C fr. p. 4 9 , n. 94.
47
te colpe ma alla purezza del corpo, dopo che l’anima era sta
ta già interamente purificata dalla giustizia. Ma siccome al
tri si radunavano intorno a lui — erano infatti esaltati al mas
simo ascoltando le sue parole —, Erode temeva che la sua
straordinaria forza di persuasione provocasse qualche sedi
zione, perché sembravano disposti a tutto su consiglio di Gio
vanni. Preferì perciò farlo catturare prima che a causa sua
succedesse qualche imprevisto, piuttosto che doversi pentire
in seguito, se fosse nato un movimento, di essersi cacciato
in una situazione difficile. Giovanni dunque, inviato prigio
niero a Macheronte, la fortezza di cui abbiamo già parlato,
a causa dei timori di Erode, vi fu messo a morte. Nell’opi
nione dei giudei era stato per vendicare lui che la distruzio
ne si era abbattuta sull’esercito, volendo cosi Dio nuocere
a Erode.
92 Al massimo si data la sconfitta di A ntipa « p oco prima del 34- 35 » (così H. Lu^
pìeri, G io v ami Battista fra storia e leggendat op. cit.t p. 173; cf r. anche pp. 122-123).
Si vedano i tentativi di correggere quanto riferisce G iuseppe di C , Saulnier, Héro de
Antipas et Jean le Baptiste. Q ueiques remarques sur les confusioni cbronologtques de Fla~
vius Josèpbe, in R B 91 (1984) 3 6 2- 376, con una presentazione delle opinioni, 364, n.
7; E. N odet, Jésus et Jean- Baptiste, pp. 517- 524. T uttavia l’ipotesi di quest'ultimo au
tore» che vede in G iuseppe un’intenzione polemica (« squalificare la credenza in G io
vanni come precursore di G esù », spostando la m orte del primo dopo quella del secon
do: pp. 5 20- 521), non trova appoggi nell’ opera dello storico.
93 Soprattutto se si opta per la variante {preferibile) secondo la quale l’ opinione
che vedeva in G esù il Battista risuscitato era una voce popolare.
48
ro nza altra precisazione temporale) l’ esecuzione del Bat
tista è plausibile e del resto ammesso da tutti gli storici.
E ugualmente possibile che l’ arresto e la morte di Gio
vanni abbiano avuto come causa il timore di una insur
rezione94. X primi due vangeli (Me 6,17-29; par. M t 14,
* 12) presentano un’altra versione dei fatti, ma la scena che
•■ ssi descrivono è piena di elementi inverosimili e dipende
soprattutto dal racconto popolare, sebbene i rimproveri ri
volti a Erode per la sua condotta95 si possano facilmente
immaginare sulla bocca del profeta del deserto. Riteniamo
.i Imeno che la ragione fornita da Giuseppe si armonizzi con
lo circostanze in cui si trovava allora la Palestina.
Ma in che cosa Giovanni Battista poteva costituire una
minaccia per l’ordine pubblico? Giuseppe lo spiega in un
lesto in cui si vede l’affettazione di uno scrittore paga-
u>%. Ci invita in ogni caso a leggere tra le righe.
Queste infatti non dicono niente sul fatto che le parole
di Giovanni potessero accendere un focolaio insurrezio
nale. A dire il vero, del contenuto di queste parole, Giu
seppe, a differenza dei vangeli, non dice niente97. Per sa
94 N on per questo bisogna subodorare nell’ espressione baptismói synìenat (da syniemi
'i l’ indizio di una congiura. Teoricamente può significare «unirsi per un bagno» o « un
ImLiesimo»; esclude tuttavia « andare insieme a un bagno» (in questo caso invece del
«lulivo ci vorrebbe eh o epi con l’ accusativo; cfr. M . G oguel, Jean- Baptiste, op. cit., p.
16, n, 1). M a la prima traduzione, dato il contesto, è impossibile, perché, da una parte,
nessuna delle notizie sul battesimo di G iovanni (ivi compresa quella di G iuseppe nel
seguito del testo) gli attribuisce questa funzione associativa; dall’ altra, G iuseppe mo
stra chiaramente che G iovanni Battista stesso è al di sopra di ogni sospetto dal punto
di vista politico, il che non si accorda con la portata perlomeno equivoca dell’ espressio
ne così compresa. In realtà essa si comprende perfettam ente se si vede in baptismói
un dativo di causa, equivalente di heneka con il genitivo o di dia con ^ accusativo: cfr.
T.. Ragon - E. Renauld, Gf&mmaire complète de la languegrecque, op. cit., pp. 2 0 9- 210,
$ 207.
95 Luca (3,19) ne conserva la menzione nel suo riassunto.
96 La frase, in A ] X V III, 117, dove il verbo keleuein è seguito da due dativi di
persona al participio (epaskousìn e khrómenoìs), non può significare che G iovanni esor-
i uva «i giudei a esercitarsi nella virtù e a praticare la giustizia ecc. », com e si traduce
di solito» ma che G iovanni esortava « i giudei che [già] si esercitavano nella virtù ecc. ».
(Questo è stato ben osservato da E, Lupieri (Giovanni Battista fra storia e leggenda, op.
d L , p. 121, n. 6, e p. 122).
97 C fr. S. Se. J. Thackeray, Josephus: The M an and thè Historianf N ew Y ork 1929,
p, 129; E, N odet, Jésus et Jean- Baptiste selon Josèpbe, in Rev ue biblique 92 (1985)
Ì24-32Ó .
49
pere la causa della sovreccitazione delle folle che accorre
vano presso il predicatore, è necessario utilizzare le altre
fonti che ci riferiscono degli annunci di carattere escato
logico. Giuseppe, che senza alcun dubbio ne aveva avuto
sentore, non voleva assimilare Giovanni agli « arcibandi
ti» , fomentatori di agitazioni messianiche e rivoluziona
rie che aveva evocato precedentemente98. Gli bastava e
gli sembrava più saggio presentarlo come « un uomo di be
ne» che si rivolgeva ai giusti e ai pii, senza nessun’ altra
precisazione che potesse urtare la suscettibilità dei suoi
letto ri". Rimane il fatto che l’entusiasmo degli « altri» —
che, molto chiaramente, non godevano del favore dello sto
rico — permette di supporre altre parole oltre alle sempli
ci esortazioni di ordine etico, come Luca ha creduto bene
di aggiungerne alla tradizione comune (Le 3,10-14).
Per Giuseppe questa istruzione era accompagnata da
un’« abluzione» (baptismos, baptisis), di cui si premura di
dire che era puramente esteriore, perché riguardava solo
il « corpo» , senza la minima possibilità di perdonare le col
pe. Questa insistenza non si comprende senza una prospet
tiva polemica né una volontà di precisazione. Le abluzio
ni ebraiche, a qualunque settore ci si riferisca, non hanno
come finalità la remissione dei peccati. Eventualmente si
precisa soltanto che non potrebbero effettuarla, ma che
presuppongono la conversione del candidato100. E proprio
quanto fa qui Giuseppe, ellenizzando soltanto la presen
tazione. Ma se lo si confronta con i vangeli, si vede che
egli prende posizione contraria al significato che Giovan
ni dava in realtà al suo battesimo, confermando cosi, per
contrasto, il valore della tradizione conservata nei testi cri
stiani. Egli dà ad essi ugualmente la sua garanzia attestan
do che Giovanni era «soprannominato Battista» o « bat-
50
irzzatore» , una funzione di cui non si trova più traccia
noi seguito del testo, ma che è in linea con l’ aspetto inedi
to ilei rito giovanneo secondo i vangeli e gli A tti degli Apo-
Moli. Quindi, discolpando Giovanni da ogni manovra po
li i ica e rivoluzionaria, contrariamente ai timori omicidi di
Antipa, lo storico ebreo dà il suo contributo alla nostra
. onoscenza del battesimo di Giovanni. Più di una sessan
tina d’ anni dopo i fatti101 ne sussisteva il ricordo, suffi-
. icntemente preciso, in una testimonianza indipenden-
u-l(l2 e per ciò stesso preziosa.
51
pi « di risveglio religioso, soprattutto in ambiente popola
re, che proclamano l’imminenza del giudizio escatologico
e fanno già appello alla salvezza mediante la conversione
del cuore e il rito di immersione in acqua viva in vista del
perdono dei peccati» .
Ma questa descrizione, che corrisponde molto bene al
l’opera di Giovanni Battista, è esatta anche al di fuori di
questa? La risposta è no. Da una parte, la quasi totalità
dei gruppi giudaici che si caratterizzano per dei riti di ac
qua sono posteriori alla caduta di Gerusalemme nel 70; dal
l’ altra, nessuno di questi movimenti, per quanto è dato di
conoscerli, offre dei tratti tali da poter essere assimilati
al battesimo di Giovanni.
Ricordiamo innanzitutto i gruppi la cui esistenza si si
tua dopo il 7010'’ . Egesippo105, in una lista di eresie ebrai
che, menziona gli emerobattisti; come li descriverà più tardi
Epifanio nel suo Panarion, essi avevano questo «di parti
colare che, in primavera come in autunno, in estate come
in inverno, tutti i giorni fanno il bagno (baptizesthai), da
cui il loro nome di emerobattisti» 106. Li ritroviamo nelle
Costituzioni apostoliche101. Egesippo108 ci parla anche dei
« sabei» e dei « masbotei» , termini che, attraverso il gre
co, lasciano intravedere la radice aramaica sbc, « immer
gersi» e, per il secondo di questi termini, il sostantivo ara-
maico masbu'ta, « battesimo» . Ugualmente per i « sebuei»
(,Sebouaìoi), che Epifanio 105 classifica tra le sette samari
tane. Giustino 110, tra le sette giudaiche che enumera,
menziona dei « battisti» (baptistai). La To sefta111 ci incu
10 4 p er maggiori dettagli, cfr. J. Thomas, M o uv ement, pp. 36- 40. C fr. anche W ,
Brandt, Baptisme» , pp. 8 6 - 1 2 2 ; K . Rudolph, A ntìke Baptisten, pp. 8-10.
105 Eusebio, Storia eccl. IV , 2 2 ,7 ; Schwartz, G C S I, p. 2 7 2 ; Bardy, SC 3 1 , p. 201.
Haer. X V II; Holi, G C S I, pp. 214-215; cf t anche: X I X , 5,6- 7; H oli, G CS I, p. 223.
107 V I, 5 ,7 ; Funk, I, p. 3 1 5 ; M etzger, SC 3 2 9 , pp. 308- 309. N elle omelie pseudo
clementine (II, 2 3 ,1 ; Rehm, G C S, p. 44) G iovanni Battista è qualificato com e emero-
battista, in aperta contraddizione con la sua prassi battesimale (cfr. pp. 30-31).
108 Eusebio, Storia eccl. IV , 2 2 ,7 ; Schwartz, G C S I, p. 372; Bardy, SC 31, p. 201.
1W Haer. X I ; H oli, G C S I, pp. 2 0 4- 205.
110 Dial. 80, 4; A rchambault, T D EH C , II, p. 36.
111 Yaday im, 2 ,2 0 ; Z uckermandel, p. 6 8 4 .
52
riosisce con quei « battisti del mattino» [tobelè skabarit) che
polemizzavano contro i farisei.
Nessuna di queste testimonianze riguarda realtà che pos
sano essere fatte risalire ai primi decenni del I secolo112.
Lo stesso si deve dire dell’esortazione che si legge nel li
bro IV degli Oracoli sibillini; un testo tutto sommato cu
rioso, di cui riportiamo qui il passo che ci interessa:
Ah! Sciagurati mortali, cambiate condotta, non obbligate
il Grande Dio a manifestare tutta la sua ira! Abbandonate
le spade, i gemiti, gli omicidi, le violenze! Purificatevi tutto
il corpo in fiumi dal corso perenne (enpotamois lomasthe ho-
lon demas aenaiosin) ! Poi, tendendo le mani verso l’alto, chie
dete perdono dei vostri misfatti passati e, con le vostre pre
ghiere, espiate la vostra odiosa iniquità! Dio si pentirà e non
vi farà scomparire113.
112 N on è esatto dire, con Ch. Perrot {fésus et l'histoire, p. 113), che Epifanio (Haer.
X I X , 6,6- 7; H oll, G C S I, p. 223) «segnala [...] l’esistenza degli stessi battisti giudei
anche prima della distruzione del secondo tem pio». In realtà è la « sesta setta» , quella
degli esseni, non particolarmente b attista a quanto dice Epifanio, l’unica stabilita pri
ma del 70. D opo la caduta di G erusalemme si vedono apparire, secondo lui, altre sette,
ira le quali gli em erobattisti. Su questa sezione del Panarion, cf r. L. Cirillo, Elchasai
e gli Elchasaiti. Uw contributo alla storia delle comunità giudeo- cristiane, Cosenza 1984,
pp. 29- 34.
113 V , 162- 169a (dalla trad. fr. di V . N ikoprowetzky, in La Bible. Écrits intertesta-
mentaires, coll. « Bibliothèque de la Plèiade», Paris 1 9 8 7 , p. 1105).
,H A i bagni e alla conversione si aggiunge (w . 173- 180} il tem a del fuoco sotto
forma di conflagrazione universale.
115 M ouvement, op. cit., p. 5 5 . Pur ammettendo, con l’ autore, che il poeta (o il « re
dattore finale» del poema) «sia un giudeo di tendenza b attista» , egli non rivela l'esi
stenza di un gruppo ed è abusivo parlare, con lo stesso J. Thomas (ibid., p. 57), di « set
ta battista dei sibillini».
53
di sottrarne il maggior numero possibile al terribile casti
go di Dio che deve abbattersi sul mondo. Comunque sia
del resto, questo documento è della fine del I secolo e, co
me le altre testimonianze citate prima, non può fondare
l’esistenza di un contagio battista al tempo di Giovanni
e di Gesù in Palestina.
Se si prescinde dall’eremita Bannous, presso il quale Giu
seppe visse tre anni116, questi, per quanto riguarda grup
pi strutturati caratterizzati da abluzioni, menziona solo gli
esseni. I testi di Qumran ne sono una conferma. Ora, ciò
che non è sufficiente a provare la tesi battista rimane uti
le in vista di un confronto con il battesimo di Giovanni
e permette di comprenderne meglio la singolarità.
Oggi nessuno più sostiene la tesi che considerava Gio
vanni Battista una specie di « transfuga di Qumran» 117. I
confronti effettuati tra il suo movimento e quello esse-
no 118 fanno emergere soprattutto le differenze. Quanto
al battesimo, si possono riassumere nei punti seguenti:
— Giovanni, nell’ atto del battesimo, esercita un ruolo
attivo e personale: egli battezza, si è battezzati da lui. Pres
so gli esseni, come dappertutto nel giudaismo, per purifi
carsi uno si bagnava.
— Il battesimo di Giovanni è un atto unico, non reite
rarle, conformemente a ciò che esso significa. Gli esseni
moltiplicavano le abluzioni e il loro primo bagno era solo
l’inizio di una serie, senza carattere di iniziazione119.
54
— Il battesimo, secondo Giovanni, è il segno del per
dono di Dio conseguente alla conversione. A Qumran i testi
t hè regolano le abluzioni, pur esortando con insistenza al
cambiamento interiore, evocano piuttosto la purità leviti
la, in rapporto con i pasti sacri e comunitari.
— Giovanni battezzava chiunque veniva da lui, in una
volontà di riforma rivolta a tutto il popolo. A Qumran si
praticavano le abluzioni in seno a un movimento secessio
nista ed esoterico.
Da questi confronti e dalle osservazioni che precedono
t-merge sufficientemente il carattere isolato del battesimo
giovanneo tra Ì riti d’ acqua praticati dai giudei. E a que
sto battesimo che Gesù si sottomise.
55
Ili
Il battesimo di Gesù e il battesimo cristiano
1 Su questa spiegazione, che non è la soia in Ignazio per quanto riguarda il battesi
mo di G esù, cf r. D . A . Bertrand, L e Baptème de Jésus. Hhto ire de l’exégèse aux detix
premieri sìècles (BG BE 14), Tiibingen 1973, pp. 2 6 - 3 2 .
56
Questa interpretazione, molto realistica, si ritrova, senza
la precisa allusione alla passione, nel pensiero patristico po
steriore.
57
Poiché lo Spirito Santo era presso il Figlio, [il Figlio] ven
ne da Giovanni per ricevere da lui il battesimo, per mescola
re all’acqua visibile lo Spirito invisibile, affinché gli animi
ricevano il dono dello Spirito mentre i corpi riceverebbero
l’umidità dell’acqua10 (Efrem11).
58
Ial modo la pericope evangelica, vi rilevano nondimeno l’in-
lluenza della teologia battesimale. Infine si suppone tal
volta che Matteo , da parte sua, stabilisca un legame tra
questa scena iniziale e l’ordine di battezzare espresso nel
le ultime righe del suo vangelo (28,19). Ma molti altri au
tori considerano il rapporto tra il battesimo ricevuto da
Gesù e quello che verrà amministrato più tardi nel suo no
me come privo di fondamenti scritturistici.
18 Possiamo segnalare in questo senso: E. M eyer, Ursprurtg und Anf&ng des Chri-
slettiurtts, I, Stuttgart 19625; E. H aenchen, D er W eg Jesu. Etne Erkldrung des Markus-
IwdttgeiiuttK ut?d der kanoniscken Parallele« , Berlin 1966, pp. 60- 63; W . S. Enslin, John
and Jesus, in Z N W 65 (1975) 1-18 (8-9).
59
dimeno un aspetto artificiale, e l’episodio del battesimo
può senz’altro essere considerato come un pezzo inizial
mente autonomo prima di essere incorporato da Marco nel
la sua opera.
Il passo si compone di due elementi: il battesimo e la
teofania. Il problema è di sapere in che modo si armoniz
zino queste due parti.
Per risolverlo è importante innanzitutto comprendere
la dichiarazione della voce celeste che risuona nel Giorda
no. Il testo di Marco ha: « Tu sei il Figlio mio diletto; in
te mi sono compiaciuto» ( l,llb ) , Molti autori, sui quali
è stata determinante l’ influenza di Oscar Cullmann19 e
Joachim Jeremias20, si sono basati sul Servo del Deuteroi-
saia e hanno pensato che invece di « Figlio » [hyios) la ver
sione primitiva avesse « Servo » {pah), conformemente a Is
42,1. Ora, secondo Is 53,12, il Servo è «computato fra
i malfattori» , come Gesù che si associa ai battezzati di Gio
vanni « per il perdono dei peccati» . Ma bisogna innanzi
tutto osservare che tutti i vangeli hanno qui « Figlio » , non
« Servo » , e che non c’è alcuna prova che quest’ultimo ti
tolo abbia mai figurato nell’episodio in qualche stadio della
tradizione. In secondo luogo, l’ argomentazione si fonda
sull’unità dei poemi isaiani del Servo che dipende da una
percezione unicamente moderna, così che non è possibile
attribuire a degli interpreti del I secolo l’ aver combinato
i due testi come se si riferissero a uno stesso personaggio.
Non è in questo modo che si può spiegare il legame tra
il battesimo e la teofania.
Lasciamo da parte il problema di « Servo » al posto di
« Figlio» e domandiamoci quale portata possa avere qui que
st’ultimo titolo. Per comprenderlo non si può prescindere
dall’ aggettivo che l’ accompagna: la frase celeste ha « Tu
60
sei il mio Figlio diletto (agapètos)» . L’aggettivo greco ha
tlelle connotazioni particolari. Già nel greco profano non
mancano esempi in cui esso si sposta verso la sfumatura
di « unico» , specialmente quando si tratta di filiazione21,
diventando allora praticamente sinonimo di monogene^. Nei
Settanta lo stesso aggettivo, su ventidue ricorrenze, tra
duce sette volte l’idea di figlio o di figlia unica (sei volte
per l’ebraico yàhid)22. E senza dubbio in questo senso che
va considerato qui, come pure negli altri passi del Nuovo
Testamento dove la stessa espressione è applicata a
Gesù23. La sua portata in questo caso è da definire24. Nel
l’Antico Testamento e nella tradizione giudaica, Israele vie
ne detto figlio di Dio25. Ma lo stesso si verifica anche per
il re o il Messia26, senza dimenticare certi tipi individua
li: giusti, profeti o saggi27. In nessuno di questi casi figu
ra però l’aggettivo agapètos2*. Questo racchiude una par
ticolare sfumatura d ’ amore: «figlio unico e diletto» . D i
chiarando a Gesù: « Tu sei mio Figlio ...» , la voce divina
si richiama, certo, a Sai 2,7, ma il seguito è di tono diver
so. L’insieme riporta sul Gesù terreno la fede pasquale dei
primi cristiani, convinti che con la risurrezione Gesù fos
se stato « costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo
Spirito di santificazione» (Rm 1,4). Ormai questo canone
dell’ antica fede cristologica vale per Gesù fin dalla sua esi
stenza quaggiù. La voce celeste si rivolge a lui — e a lui
61
soltanto — per dirglielo, in realtà per dire al lettore ciò
che egli deve sapere di Gesù e ciò che egli è già al momen
to del battesimo. Infine questo rapporto unico con Dio è
finalizzato a una missione in vista della quale Gesù è
scelto29 e munito della potenza dello Spirito simboleggia
to dalla colomba30.
Se questa è la portata della dichiarazione celeste e della
scena che l’accompagna, dobbiamo domandarci ora qual
è il loro rapporto con il battesimo di Gesù.
Scartiamo innanzitutto la strada senza uscite che consi
ste nel vedere nella teofania un’interpretazione del batte
simo. Un tale rapporto sarebbe accettabile se la teofania in
cludesse un’allusione al Servo in quanto «annoverato tra i
peccatori» , cosa che, come abbiamo dimostrato, non si può
ammettere. Né il legame tra le due parti può essere reso più
forte basandosi sul fatto che agapétos, quando nei Settanta
traduce l’ebraico yahìàn, si applica sempre alla morte di un
figlio unico32. Infatti il battesimo di Giovanni (a meno che
non ci sia un indebito accostamento con la dottrina sacra
mentale di Paolo)33 non è simbolo di morte; si può anzi di
re che sia tutto il contrario, e niente indica nei testi del Nuo
vo Testamento che sia mai stato compreso in questo modo.
62
La soluzione del problema dell’unità dell’episodio con
siste nel riconoscere nella teofania un’interpretazione non
del battesimo, bensì di Gesù; un’interpretazione che è an
che una messa a punto. Che sia legittimo o meno identifi
care qui il modello letterario della « visione interpretati
va» (Deutevision), come ha proposto Fritzleo Lentzen-
Deis34, la visione di cui Gesù è beneficiario e le parole
che l’accompagnano compongono una scena che possiamo
senza dubbio concepire come riparatrice. Il suo forte con
tenuto cristologico compensa nella mente dei lettori cri
stiani la sconcertante umiliazione del battesimo. Il lavoro
dei sinottici non raggiunge ancora l’audacia del quarto van
gelo, dove il battesimo di Gesù viene decisamente omes
so, ma è sufficiente perché si sappia bene chi è in realtà
colui che — non si può negarlo — si era un giorno umilia
to sottomettendosi al rito dei peccatori.
Indubbiamente Marco ha visto in questa scena l’ espres
sione del paradosso con cui, nel suo vangelo, presenta la per
sona di Gesù, Figlio di Dio, sovrano, ma che nello stesso tem
po può soffrire e morire. Cosa dire a questo punto del ruolo
eziologico del racconto nei riguardi del battesimo cristiano?
La spiegazione che abbiamo proposto non suggerisce, a dire
il vero, alcuna appendice sacramentale. Le osservazioni che
seguiranno non faranno che confermare questa intuizione.
34 Taufe, op. cit., pp. 195-259. L ’ autore si basa principalmente sulla visione di Isacco
c di G iacobbe secondo il Targum di G n 2 2 ,1 0 e 2 8 ,1 2 . Q uesta spiegazione è accolta
da R. Pesch {Il Vangelo dì M arco1 1, pp. 165- 167); criticata invece da A . V ògtle (Dìe
sogetinante Taujpcrikope, pp. 113- 116); si veda ugualmente la recensione dello stesso
autore in BZ , N F, 17 (1973) pp. 115- 123.
55 Studien z ur Sundetw ergebttng, p. 2 1 4 , n, 2.
63
cultuale eziologica a partire dalla teologia battesimale del
la comunità». Questa dichiarazione perentoria è senza fon
damento se si considera innanzitutto il racconto nella sua
versione più antica, quella che ci offre Marco. Prima an
cora che questi l’incorporasse nel suo vangelo, il battesi
mo come tale, invece di essere valorizzato — come ci si
aspetterebbe se fosse l’annuncio e il fondamento del rito
cristiano — , è per così dire neutralizzato dalla teofania.
Tuttavia, alcuni mettono in evidenza che il dono dello Spi
rito a Gesù evoca il dono fatto al cristiano al momento
del battesimo. A ciò bisogna opporre innanzitutto il fatto
che l’unione del battesimo con il dono dello Spirito non
è affatto chiaro e generale nel Nuovo Testamento36. E,
comunque sia di quest’ultimo punto, non è l’elemento prin
cipale del racconto del battesimo di Gesù in Me, dove la
venuta dello Spirito è distinta molto chiaramente dall’im
mersione battesimale: solo dopo che questa è avvenuta,
mentre Gesù risale dall’acqua, si vede lo Spirito discende
re dall’alto del cielo (Me 1,10). C ’ è qui persino un’opposi
zione, sostenuta da un gioco di parole, tra la « ri-salita»
(ianabaìnón) dall’acqua e la «discesa» (katabaìnòn) dello Spi
rito, tra « anabasi» a partire dall’acqua e « katabasi» dal
cielo37.
Ciò che è vero per la versione di Marco vale ancora di
più per quella di M t, che marca nettamente la separazione
tra battesimo e dono dello Spirito. In Mt 3,16 si legge:
« Gesù, essendo stato battezzato [baptistheis ho Iésous], ri
salì subito dall’ acqua. Ed ecco: si aprirono a lui i cieli ecc.» .
La risalita dall’acqua, seguita dalla visione dello Spirito,
è in qualche modo separata dal battesimo, essendo questo
espresso da un participium conjunctum alPaoristo, che in
dica un’azione già effettuata quando si produce quella prin
cipale: chiaramente è dopo e al di fuori del battesimo che
Gesù, una volta uscito dall’ acqua, vede lo Spirito scende-
64
m su di lui dai cieli aperti. Nello stesso senso bisogna ag
giungere che «essendo stato battezzato» (baptìstheis), al v.
lo, forma un’inclusione con l’infinitivo «essere battezza
lo» (baptisthènai) del v. 13, verbo ripreso alla stessa forma
il v. 14, il che «divide il testo in due parti uguali»38, di
i ui una è relativa al battesimo e l’altra alla teofania.
Quanto a Luca, egli esprime un’analoga separazione in
una versione particolare dell’episodio (3,21-22). In effetti
tu lui si può notare la differenza di tempo tra i due parti"
l ipi baptìstbentos («essendo stato battezzato» : aoristo) e
pmseukkomenou («che prega»: presente): il battesimo è cosa
latta quando, nel corso della preghiera di Gesù il cielo si
npre e discende su di lui lo Spirito. Del resto questo bat
tesimo non viene evidenziato: l’evangelista lo include nel
battesimo di massa del popolo e lo menziona per così dire
come di sfuggita, cosa difficile da comprendere se egli aves
se voluto conferire a esso un valore esemplare e di proto
tipo. Infine, secondo A t 1,22, Luca non vede in questo
battesimo nient’ altro che « il battesimo di Giovanni» .
Il prologo di Me si estende da 1,1 a 1,1539. In questo
insieme, che comprende l’azione di Giovanni Battista, il
battesimo di Gesù e la sua tentazione nel deserto, ci sono
due fili conduttori: uno è rappresentato dalle parole « bat
tezzare» e « battesimo» (1,4.5.8.9), l’altro dallo « Spirito »
(1,8.10.12). Quando però si tratta di « battezzare» o di
« battesimo» , nulla permette di stabilire, direttamente o
indirettamente, un benché minimo riferimento al battesi
mo cristiano. Giovanni dichiara: « Io vi ho battezzato con
acqua; ma egli vi battezzerà con Spirito Santo» (1,8). Ora,
il battesimo cristiano è anche un battesimo d’acqua, è es
senzialmente questo, anche se il suo effetto differisce da
quello prodotto dal battesimo di Giovanni. Opponendo
un battesimo all’ altro, Giovanni, secondo Marco, pur an-
65
nunciando il dono dello Spirito da parte di Cristo, non im
plica che questo avvenga per mezzo del battesimo sacra
mentale.
La stessa assenza di allusione sacramentale si constata
nella dichiarazione sui due battesimi in Mt 3,I l e Le 3,16,
dove il « fuoco » aggiunge una ragione supplementare per
non vedervi tale allusione. Per Luca, inoltre, l’annuncio
di questo « fuoco » legato allo Spirito trova il suo compi
mento nella manifestazione della Pentecoste (At 2,3-4); di
battesimo cristiano con acqua si parlerà solo più avanti negli
A tti, al termine del discorso di Pietro alla folla (2,38).
Ciò detto, è necessario tener conto degli argomenti che
fanno valere coloro che attribuiscono agli evangelisti, nel
racconto del battesimo di Gesù, uno sguardo almeno obli
quo sul rito cristiano.
Così, per quanto riguarda Matteo, non bisogna forse te
ner conto del rapporto che si stabilisce tra l’inizio e la fine
del suo vangelo, tra l’ordine di battezzare che Gesù risor
to dà agli undici discepoli sulla montagna (Mt 28,19) e il
battesimo di Gesù nel Giordano alla vigilia della sua vita
pubblica? Quanto è stato detto finora non spinge a perce
pirvi nessun altro rapporto oltre a quello che c ’è tra i due
usi del verbo baptizeìn, nonostante la loro portata diversa.
Ma il battesimo prescritto da Gesù dev’essere dato « nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» . Ora,
nell’episodio del Giordano vi si trovano ugualmente le tre
persone divine? La risposta è che la loro presenza in Mat
teo non è diversa da quella che c’è negli altri sinottici. Mat
teo in questo caso non fa che seguire la sua fonte. Se egli
avesse voluto stabilire il legame in questione, stava solo
a lui indicare che la voce venuta dal cielo era quella del
Padre, come del resto fanno 2Pt 1,17 a proposito della tra
sfigurazione e la liturgia che celebra il battesimo di
Gesù40. Che egli non provasse imbarazzo a farlo è dimo
strato dalla libertà che si prende nel ritoccare l’episodio
66
marciano: allineamento sulla parallela dichiarazione divi
na della trasfigurazione41 e introduzione del tema eminen
temente matteano della « giustizia» 42 per legittimare que
sto battesimo e al tempo stesso fornire ai cristiani un esem
pio sovrano. Ma questa funzione paradigmatica non fini
sce lì: se Cristo offre un esempio, non è col suo battesimo
in quanto rito, bensì con la sua obbedienza.
Non era dello stesso avviso Max-Alain Chevallier che,
sfruttando quello che egli percepiva come un rapporto tri
nitario tra questo inizio e la fine del vangelo, pensava che
Gesù, facendosi battezzare da Giovanni, convalidasse in
Mt il battesimo con acqua, normalmente destinato a scom
parire secondo Mt 3,1143. Ma questa specie di « recupe
ro» dopo l’ abolizione annunciata da Giovanni Battista ha
un qualche fondamento nel testo? In effetti si constata lì
proprio un’operazione di questo tipo, ma non a proposito
del battesimo. In Mt il problema è posto in 3,14, nella pro
testa di Giovanni: « So no io (ego) che ho bisogno di essere
battezzato da te; tu (yy) invece vieni a me?». Il dilemma
oppone due persone, l’inferiore e il superiore, colui del quale
Giovanni ha affermato esplicitamente la superiorità rispetto
a lui e che si comporta da inferiore. Viene fornita una spie
gazione in cui Gesù si comporta da maestro; essa rassicu
ra il lettore cristiano e lo incita ad «adempiere» anch’egli
«ogni giustizia». Quanto al battesimo, rimane quello di
Giovanni, ed è soltanto in quanto tale che dà al racconto
la sua coerenza.
L’ autore al quale abbiamo appena risposto non ha limi
tato la sua difesa dell’eziologia sacramentale del battesi
mo di Gesù al caso di Mt. Secondo lui, Luca, riscrivendo
il testo di Me, avrebbe « introdotto nel racconto del bat
tesimo di Gesù l’idea che una prima era battesimale, po
sta sotto la responsabilità di Giovanni, in questo stesso
67
momento abbia ceduto il posto all’ era battesimale inaugu
rata da Gesù» 44. In che modo?
M.-A . Chevallier traduce la frase in Le 3,21 « dopo che
tutto il popolo era stato battezzato» , a causa dell’infinito
aoristo [en tòì baptisthènai). E una traduzione che non s’im
pone, ma grammaticalmente possibile45, e il nostro auto
re lo conferma ricorrendo a due passi degli A tti degli Apo
stoli (10,37-38; 13,24) in grado di appoggiare una riparti
zione della scena descritta in Le 3,21 in due stadi succes
sivi, di cui solo il primo si riferirebbe al battesimo di Gio
vanni, mentre il seguito tratterebbe un altro argomento,
il battesimo di Gesù e la sua preghiera: questo sarebbe « se
condo diversi autori “ una strizzatina d’occhio” agli usi bat
tesimali che l’evangelista conosceva» e, in questo caso, « i
lettori dovevano percepire a colpo sicuro il battesimo di
Giovanni come il modello del battesimo cristiano» 46.
Notiamo innanzitutto che i due testi degli A tti citati
da M.-A . Chevallier non hanno alcuna efficacia, in quan
to il loro contenuto non corrisponde alla sua divisione del
racconto evangelico: in nessuno dei due la menzione del
battesimo di Giovanni precede il battesimo ricevuto da Ge
sù ma o la sua unzione in Spirito Santo o il suo eisodos,
la sua apparizione pubblica. Quanto a Le 3,21-22, il bat
tesimo di Gesù e la sua preghiera sono espressi da due par
ticipi, di cui uno è all’aoristo e l’ altro al presente. Da ciò
risulta che il battesimo non può affatto essere separato dal
battesimo comune del popolo, ma al contrario è unito a
esso47, mentre la preghiera al presente apre un secondo
stadio dopo che il primo è compiuto. Solo allora, dopo il
battesimo, nel corso della preghiera ha luogo la teofania.
Ora, il battesimo di Gesù è il battesimo di Giovanni e nien-
68
t’ altro, come del resto Luca dice altrove chiaramente (At
1,22), e questo battesimo, per Luca come per gli altri si
nottici, ha solo un carattere preparatorio (Le 3,16)48.
L’esame precedente delle pericopi sinottiche49 porta a
una constatazione negativa, confermata dall’insieme del
Nuovo Testamento50: non c ’è alcun indizio che consenta
di affermare che nel I secolo i cristiani abbiano stabilito
un qualche rapporto tra il battesimo di Gesù da parte di
Giovanni e il rito dell’iniziazione praticato nella Chiesa.
E possibile, perfino verosimile, che, riferendo le parole
di Giovanni Battista, gli autori evangelici abbiano voluto
rivolgersi indirettamente ai candidati al battesimo51, ai
quali, tramite il Precursore, potevano trasmettere un mes
saggio come questo: « Se Giovanni Battista pretendeva la
conversione per il solo battesimo d’ acqua, quanto più voi,
che state per ricevere un battesimo nello Spirito Santo, do
vete operare questa stessa conversione! ». Ma per l’ appun
to questo messaggio non quadra con la teoria che conside
ra il battesimo d’acqua ricevuto da Gesù come il prototi
69
po del battesimo cristiano: a una simile teoria il Nuovo
Testamento non offre il minimo fondamento. Per formu
larla i Padri della Chiesa sono stati co stretti a fare un giro
curioso, facendo ricorso all’idea della santificazione delle
acque. Idea nuova e senza fondamento nei testi canonici,
poiché Cristo, invece di essere come in questi ultimi l’og
getto dell’azione, diventa d’ora in poi l’operatore, grazie
al contatto misterioso della sua carne con l’ acqua del
Giordano.
70
IV
Gesù battezzatore
71
E evidente l’interesse di queste due notizie per chiun
que s’interroghi sull’origine del battesimo cristiano. Co
me il Nuovo Testamento riporta l’istituzione dell’eucari
stia da parte di Gesù, possiamo domandarci se questi due
testi non ci forniscano le stesse garanzie per quanto riguarda
il battesimo.
Per rispondere a questo interrogativo è importante ve
rificare la storicità dei fatti narrati. Ma questa operazione
ne suppone delle altre, da effettuare preliminarmente. Que
sti testi presentano infatti tracce di ritocchi di ultima ma
no. Di qui la necessità di individuare prima di tutto , sotto
lo strato dovuto al redattore finale del vangelo, i dati pro
priamente giovannei. Poi occorrerà precisare in che misu
ra questi ultimi si radicano nella tradizione. Solo dopo aver
verificato che essi non sono una pura e semplice creazione
dell’evangelista, ci si potrà interrogare sul loro rapporto
con il Gesù della storia2.
2 Q uesto studio riprende in forma semplificata e con deile modifiche quello che
abbiamo pubblicato col titolo Le Baptème administrépar Jésus (Jn 3,22- 26; 4,1- 3) et l'ori
gine du baptème cbrétien, in BLB 78 (1977), 3- 30. A esso rimandiamo il lettore per una
documentazione più approfondita.
3 II singolare loudaiou del testo alessandrino sembra da preferire al plurale come
lectio difficilior. M a M .- E. Boismard (Les Tradìtiom johanniques> p. 2 5 , n. 24) senza
dubbio non ha torto nell’ipotizzare che il singolare sia dovuto a « u n ’ influenza acciden
tale del lóannou che precede ».
12
[a concorrenza di Gesù nei suoi riguardi. L’imprecisione
dell’ espressione « peri katharismou» orienta piuttosto ver
so le abluzioni giudaiche in generale (cfr. Gv 2,6, a pro
posito delle giare di Cana), e si pensa di accostare la di
scussione a quella che nei sinottici4 riguarda le regole di
purità. Ma in questo caso lo svolgimento della conversa
zione soffre di una lacuna che si fa fatica a colmare.
Seconda difficoltà: come spiegare qui lo stupore scan
dalizzato dei discepoli di Giovanni in 3,26? Infatti questi
discepoli hanno precedentemente sentito il loro maestro
esprimere la più eloquente testimonianza su Gesù (1,19-34):
sanno ormai che Gesù è « l’Agnello di Dio» , che toglie «il
peccato del mondo», che « era prima» di Giovanni Batti
sta, che è « l’Eletto di Dio » . La scappatoia che consiste
nel distinguere due gruppi diversi di ascoltatori viene con
traddetta da quanto riferiscono gli stessi discepoli del Bat
tista, che rinviano esplicitamente alla testimonianza del loro
maestro (3,26b: « colui... cui tu hai reso testimonianza»)
e, più avanti (3,28), dalla dichiarazione di quest’ultimo:
« Vo i stessi mi siete testimoni che ho detto: “ Non sono
io il Cristo, ma sono colui che è stato mandato davanti
a lui” » — parole che riproducono la smentita di Gv 1,20.
In effetti la scena e le parole che si leggono in Gv 3,22-30
richiamano proprio l’insieme di Gv 1,19-34, al punto che
alcuni hanno visto nei due passi un doppione derivante da
due fonti diverse. Questo significa senza dubbio voler es
sere troppo precisi. Ma è giusto osservare che queste due
scene5, incorporate nella stessa opera, si accordano tra lo
ro solo a prezzo di alcuni aggiustamenti. A questi appar
tiene innanzitutto la frase in 3,26 (colui al quale tu hai
reso testimonianza), che rinvia alle dichiarazioni del Bat
73
tista in 1,27.32-34, e poi tutto il v. 28 del capitolo 3, che
si ispira a 1,27 non senza subire l’influenza dell’ applica
zione tradizionale (cfr. Me 1,2 par.) di MI 3,1 al Precur
sore. A queste aggiunte va unito l’inciso in 3,24, che cì
informa che « Giovanni non era ancora stato messo in pri
gione»: con ciò l’ultimo redattore rettifica la cronologia
attestata dai sinottici, secondo i quali Gesù inizia il suo
ministero solo dopo l’incarcerazione del Battista (Me 1,14;
Mt 4,12)6. Considerato il contesto, questa precisazione è
utile.
Alleggerito di queste amplificazioni di ultima mano, l’e
pisodio si presenta come segue:
— A ttività battesimale di Gesù e di Giovanni in qual
che parte della Giudea (3,22-23).
— Discussione tra i discepoli di Giovanni con un giu
deo (o dei giudei) «a proposito della purificazione» (3,25).
— Questi discepoli vanno a trovare il loro maestro per
riferirgli che Gesù battezza, e con grande successo, pres
so le folle (3,26).
— Discorso di Giovanni per stabilire che tutto è in or
dine, data la sua inferiorità rispetto a Gesù (3,27-28)7.
L’andamento dell’insieme è abbastanza chiaro8: espo
nendo il fatto dei due battesimi paralleli e poi ricordando
un dibattito su delle questioni di purificazione rituale9, l’e
vangelista ha voluto probabilmente suscitare una doman
da nella mente dei lettori: non ci sarebbe stata ugualmente
tra Giovanni e Gesù qualche divergenza, o addirittura una
separazione? La risposta è immediata ed è del tutto negativa.
74
Vediamo ora il secondo passo: Gv 4 ,l- 3 10. Come il pri
mo, anch’esso tradisce una duplice redazione. Infatti, co
me ammette la maggioranza degli esegeti, il v. 2 è una pa
rentesi redazionale. Ma quale significato attribuire a que
sta precisazione, in cui si apprende che Gesù non battez
zava egli stesso, ma ne affidava l’ amministrazione ai suoi
discepoli? Alcuni pensano che essa rifletta il punto di vi
sta di cristiani che sapevano che Gesù non aveva battez
zato e che il sacramento era nato nella Chiesa. Ma questo
significa assimilare troppo facilmente la prima riflessione
cristiana a quella dei critici moderni, mentre la tendenza
generale (e i vangeli ne sono una testimonianza) nei primi
tempi era quella di fondare sulle origini le istituzioni del
presente. D ’altra parte un redattore tardivo avrebbe avu
to l’informazione necessaria per operare questa rettifica?
Molto più verosimile è l’opinione che intravede qui una
reazione contro il pericolo di assimilare Gesù al Battista
sotto la spinta del movimento che faceva riferimento a lui
e nella linea dell’apologetica dispiegata dall’evangelista, al
quale si sarebbe sostituito il redattore finale.
Ci si può tuttavia domandare perché quest’ultimo non
abbia già inserito questa rettifica dopo 3,22, là dove si
fa menzione per la prima volta dell’ attività battesimale
di Gesù. In mancanza di risposta definitiva, si può sup
porre che nel capitolo 3 il redattore non abbia voluto se
parare i due battesimi, quello di Gesù e quello di Gio
vanni, che preparano la messa a punt.o che seguirà e il
cui significato è che, a dispetto della somiglianza che unisce
i due ministeri, Giovanni è l’inferiore e deve d ’ora in
poi farsi da parte.
Dopo aver attribuito all’ultimo redattore del vangelo
quanto gli appartiene, dobbiamo ora realizzare la seconda
parte del programma annunciato: questi brani sono pro
pri dell’evangelista o bisogna riconoscere in essi, in tutto
o in parte, un’eredità della tradizione cristiana?
75
4.2 L ’origine tradizionale delle due notizie
76
sua esposizione o dalla sua dimostrazione. Per introdurre
uno sviluppo sulla superiorità di Gesù su Giovanni era suf
ficiente, dopo tutto, menzionare la loro predicazione pa
rallela e il rispettivo successo. E quindi ragionevole am
mettere che, scrivendo in 3,22b che Gesù battezzava, l’e
vangelista riferisca quanto egli conosceva per tradizione.
Passiamo alla seconda menzione di questo battesimo
(4,1-2). Quanto abbiamo detto della prima vale anche qui.
Anche se è possibile stabilire un contrasto tra 1’« acqua vi
va» promessa da Gesù (4,10-15) e l’acqua « dei giudei» del
pozzo di Giacobbe (4,6), non si può fare altrettanto con
l’acqua del battesimo amministrato da Gesùl In realtà l’e
vangelista utilizza la notizia precedente per ricondurre Ge
sù in Galilea via Samaria. Qui, come sopra, la menzione
del battesimo non è necessaria per illustrare il successo di
Gesù.
Ma oltre a questo ragionamento di tipo negativo, esì
stono degli argomenti positivi in favore del carattere pre-
giovanneo delle notizie in questione. Non tutte sono ugual
mente convincenti.
Uno degli argomenti fa ricorso alle precisazioni topo
grafiche fornite in Gv 3,2315: ci viene detto che Giovan
ni battezzava « a Ennon vicino a Salim, perché là le acque
erano abbondanti». Il sito è oggetto di discussione16. Non
è possibile però adottare il punto di vista di Norbert
Krieger17, che pensava che questi nomi fossero stati com
posti in vista di un simbolismo. Innanzitutto la spiegazio
77
ne, « perché là le acque erano abbondanti» , per la sua pro
saicità non favorisce questa teoria. Inoltre non è possibile
che l’evangelista, la cui intenzione è quella di abbassare
il Precursore, abbia potuto valorizzarlo grazie a toponimi
fittizi che farebbero di lui un agente della « salvezza» 18.
Se si voleva utilizzare questo procedimento, Gesù, non
Giovanni Battista, doveva essere collocato in questo po
sto. Per finire, aggiungiamo con W alter Klaiber19 che se
l’ evangelista avesse pensato qui a un simbolismo avrebbe
tradotto il nome in questione, come fa per Siloe (9,7). Per
ciò, tutto porta a credere che questi dettagli corrisponda
no a una tradizione derivata dalle prime comunità palesti
nesi. Ma è possibile sfruttarli per accordare la stessa origi
ne all’informazione concernente, questa volta, il battesi
mo amministrato da Gesù? La risposta è negativa, sempli
cemente perché non riguardano lui ma soltanto Giovanni
e perché non è sufficiente che le due notizie siano associa
te nel vangelo perché lo siano state già precedentemente,
come se il carattere tradizionale dell’uno si estendesse
all’altro20. Per poterlo ammettere sono necessari altri
argomenti21.
Raymond E. Brow n22 mette in evidenza che mostrare
Gesù che battezza significa fornire ai discepoli del defun
to Battista « un’arma pericolosa» di cui si potevano servi
re per ricondurre Gesù al rango di semplice imitatore del
loro maestro. Non l’ha inteso forse così il correttore re
sponsabile della parentesi in 4,2?2J. Se perciò l’evangeli
sta ha menzionato questo fatto significa che l’ aveva rice
78
vuto dalla tradizione. L’argomento è dubbio, perché lo stes
so evangelista si manifesta del resto abbastanza libero nei
confronti della tradizione — non ha forse eliminato un
evento come quello del battesimo di Gesù da parte di Gio
vanni? — per sentirsi obbligato a riprodurre questo dato
nel caso in cui avesse in qualche modo costituito un osta
colo per la sua dottrina. Se l’ha conservato non è certo per
ché lo percepiva come « un’arma pericolosa», ma come ele
mento utile per il suo insegnamento.
Ma cosa ben diversa è dire che egli l’ha inventato. In
questo caso, infatti, egli stabilirebbe tra Giovanni e Gesù
Li na parità che non va nel senso dell’apologetica che di
spiega. Del resto egli si preoccupa di sottolineare che Ge
sù «battezzava più di Giovanni» (4,1). L’informazione vie
ne raccolta, anche se corretta, proprio per non essere « l’ar
ma pericolosa» che sarebbe allo stato puro. L’argomento
è valido in favore della sua appartenenza alla tradizione.
A questo argomento si aggiungono delle osservazioni di
carattere stilistico che fanno sospettare una penna diversa
da quella dell’evangelista.
Nel primo passo i versetti 3,22 e 3,23 sono strettamen
te legati tra loro da una successione di imperfetti, una fra
seologia che, nota C. H. Dodd24, non è tipicamente «gio
vannea». Come del resto il v. 23, con le sue precisazioni
topografiche, trasmette un’informazione, il v. 22 ha delle
buone possibilità di avere la stessa origine25.
Ragioni analoghe depongono in favore di un nucleo pre-
giovanneo nel secondo passo. La frase in Gv 4,1 è estre
mamente laboriosa, come le sue tre subordinate a catena
(.bós [...] egnò boti èkousan [...] boti [...] potei..,), cui
si aggiunge la successione di ho kyrios 26 e di lèsous come
79
soggetto della prima e della terza. « La precedente indagi
ne — nota C. H, Dodd27 — ci ha portato alla probabile
conclusione che il quarto evangelista [...] abbia largamen
te attinto a un materiale che gli era pervenuto in forma
tradizionale»28.
Queste osservazioni di ordine filologico prevengono
un’ obiezione. Mentre l’ informazione in Gv 3,23 sull’ atti
vità battesimale del Precursore, con tutti Ì suoi dettagli
topografici, porta i segni di una tradizione, quella che con
cerne Gesù nel versetto precedente è vaga. Ci possiamo
domandare se l’evangelista, che disponeva della prima, non
abbia fabbricata la seconda sulla base di quella perché le
facesse da pendant e avviasse la discussione seguita dalla
precisazione sull’inferiorità del Battista. Si è visto sopra
il legame stilistico, dall’impronta non giovannea, che uni
sce Gv 3,22 e 3,23, il che trattiene dall’attribuire il primo
versetto al solo evangelista. Ma a ciò bisogna aggiungere
che quest’ ultimo difficilmente avrebbe potuto, da sé, sta
bilire un parallelo tra le due figure. Come abbiamo già os
servato, una tale operazione non favoriva la linea antigio-
vannea ristabilita dall’evangelista.
Un’altra obiezione adduce il silenzio dei sinottici sul bat
tesimo amministrato da Gesù. La risposta è che il quarto
evangelista, se non offre né più né meno sicurezza storica
degli altri tre, fornisce molti dettagli inediti di cui non si
può attribuire a lui la creazione. Egli disponeva senza dub
bio di una tradizione propria di cui un buon numero di
elementi erano ignoti ai sinottici. Non si fa fatica a inseri
re tra questi il battesimo in questione, tanto più che l’o
missione volontaria, a un certo stadio e in una certa cer
chia, di questo dettaglio della vita di Gesù sarebbe com
prensibile se si voleva con ciò eliminare ogni tentativo di
vedere in Gesù un discepolo e un imitatore del Battista29.
80
Gli argomenti che abbiamo esposto e le risposte alle obie
zioni non sconfinano nel campo della storia. Un tratto , un
l'acconto possono essere « tradizionali» , essere preesistiti
lille redazioni evangeliche e perfino alle loro fonti scritte
senza per questo meritare pieno affidamento quanto alla
realtà dei fatti. Avendo concluso che il battesimo ammi
nistrato da Gesù non è un’ invenzione del quarto evange
lista, non si è ancora provato che non sia stato inventato
precedentemente.
30 Si veda la lista degli autori nel nostro articolo citato alla nota 28, pp. 17-18,
n. 69 e 70.
** « Et là, ]ésus baptìsait»t pp. 300-301.
81
scussione tra i discepoli di Giovanni e Gesù circa il modo
in cui i discepoli di quest’ultimo osservavano la prassi ritua
le; ora, per una coincidenza che non può essere fortuita, vi
si parla dello «sposo» {Mt 9,14-15), unico passo sinottico (oltre
alla parabola delle dieci vergini, Mt 25,1-13) in cui il termi
ne sia menzionato (cfr. Gv 2,9). Infine, è la presenza dello
sposo che distoglie l’attenzione di quelli che hanno posto la
domanda. Una tale corrispondenza, sia delle parole che dei
temi, parla nettamente in favore del fondo storico della tra
dizione giovannea.
32 La tradizione storico, op. cit. , pp. 3 4 4- 346. L ’ autore sottolinea inoltre l'im pron
ta non giovannea in G v 3,20.
« C fr. pp. 26- 27.
82
Id dopo che è stato decapitato: lo schema che suppone la
scena in Mt 11,2-6 e par., è quindi quello dei sinottici,
d ie non lascia sospettare per niente un’attività parallela,
nemmeno temporanea. Questa duplice differenza rende av
venturosa un’ argomentazione a partire dalle similitudini:
queste, in definitiva, si rivelano estremamente vaghe.
Ugualmente estranea alla notizia del IV vangelo è la di
scussione sul digiuno (Me 2,18-20; par. Mt 9,14-15). In
nanzitutto si fa difficoltà a considerarla come una scena
vissuta. Senza negare la possibilità che una espressione di
Gesù sia stata inclusa in questa pericope (Me 2,19a; se
condo alcuni Me 2 ,19ab), il cammino evocato in Me 2,18a
è una messa in scena dell’evangelista, a partire dalla do
manda seguente e che mira a introdurre un frammento po
lemico in cui gli interlocutori di Gesù erano dapprima ano
nimi: i discepoli di Giovanni non possono aver parlato di
sé dicendo « i discepoli di Gio vanni» !34. Comunque sia
del resto, il problema è qui del tutto diverso rispetto a Gv
3,22-26: il dibattito non riguarda gli eroi fondatori, ma
i gruppi che si rifanno a essi e al loro modo di vivere; inol
tre, invece di un’identità di azione, a provocare la contro
versia è la differenza.
A dire il vero, è tempo perso voler trovare nei sinottici
il passo adatto a confermare la storicità della testimonian
za del IV vangelo sui due battesimi35. Ma aggiungiamo
che non è nemmeno legittimo utilizzare questi stessi van
geli per demolire tale storicità.
Non è necessario ritornare sull’obiezione che adduce il
loro silenzio sull’argomento: se la risposta formulata
sopra36 vale allo stadio della tradizione, per ciò stesso si
toglie ai sinottici il loro diritto a qualche privilegio sul piano
83
della storia. Ma è necessario precisare ulteriormente que-
sto diniego.
Talvolta infatti si sostiene che Giovanni, per il fatto che
non coincide su questo punto con lo schema dei suoi pre
decessori, non può trasmettere un’informazione valida: il
resto della tradizione non si oppone forse a un ministero
parallelo di Gesù e del Battista? Certo , ma che valore sto
rico ha questa tradizione? In realtà, nella sua versione dif
ferenziata — Gesù inizia il suo ministero solo dopo l’in
carcerazione di Giovanni — essa appare solo in Marco
(1,14), che l’ha trasmessa a Matteo (4,12). Luca, nonostante
i suoi rimaneggiamenti, ne lascia sussistere delle tracce
(3,19-20). Senza dubbio, bisogna riconoscere che ciò fa
cendo Marco non operava una piena innovazione e che al
tri testi rinviano l’attività di Giovanni a un passato tra
scorso, mentre quella di Gesù si esercita attualmente37.
Ma la cronologia tracciata nel secondo vangelo, più che
una successione reale, riflette una visione teologica, quel
la della storia della salvezza. Che Marco abbia saputo o
meno che Gesù e Giovanni avessero operato l’uno accan
to all’altro per un certo tempo, si tratta di un’informazio
ne per lui superflua o, più ancora, ingombrante. In com
penso, nulla impedisce che essa sia stata veicolata altrove
nella Chiesa e che il quarto evangelista l’abbia raccolta,
insieme ad altri dati inediti, per utilizzarla a modo suo.
E ancora Marco che aiuta a formulare un’altra obiezio
ne. Gerard Lohfink38 ha fatto notare che, se davanti al
successo di Gesù si è potuto riconoscere in lui il Battista
redivivus, è stato perché quest’ultimo era morto quando
Gesù aveva inaugurato il suo ministero. Ma, pur ammet
tendo che la pericope marciana conservi qualche traccia
84
storica39, la sua utilizzazione nel caso presente è contesta
bile. Infatti, perché situare la reazione di Antipa e quella
delle popolazioni della Galilea all’inìzio della vita pubbli
ca di Gesù? Lo stesso Marco (6,l4a) sembra opporvisi quan
do lascia intendere che era trascorso un certo periodo di
tempo per permettere alla fama di Gesù di diffondersi e
di giungere alle orecchie del tetrarca.
Un’ultima obiezione, presa dallo stesso autore40, rico r
da che l’ordine di missione, sia secondo Me (6,7-13; par.
Le 9,1-6) sia nella seconda fonte sinottica (Le 10,1-16; Mt
10,5-15), non implica che i discepoli debbano battezzare
o proclamare la necessità di un battesimo. Dato che que
sti ordini nel loro insieme sono antichi e che, d’ altra par
te, le attività presenti (guarigioni, annuncio della vicinan
za del Regno di Dio) sono solo la trasposizione di quelle
che Gesù colloca al centro del suo proprio compito, la con
clusione è che Gesù non ha battezzato. Ma questo ragio
namento è difficile da seguire fino in fondo. Vogliamo di
re che esso non obbliga ad ammettere che Gesù non ha
mai battezzato. E infatti perfettamente plausibile che Gesù,
avendo in un primo tempo fatto uso di questa pratica, nella
linea tracciata da Giovanni Battista, abbia poi cessato di
farlo in seguito. Fermiamoci un istante su questa ipotesi,
che è possibile rafforzare.
Gesù ha ricevuto il battesimo di Giovanni, e con ciò
si inserisce nel suo movimento e si colloca sotto la sua in
fluenza. D ’ altra parte, come Giovanni ..predica la conver
sione in una prospettiva escatologica'’1. Si può immagina
re perciò che i suoi primi adepti si siano aspettati da lui
che anch’egli conferisse un battesimo. Ciò si comprende
85
ancora meglio se, come riferisce il quarto vangelo, alcuni
discepoli di Gesù si erano trovati dapprima nella sfera del
Battista42. Ma questo non ci obbliga ad ammettere che
Gesù abbia battezzato nel corso di tutta la sua vita pub
blica.
Infatti, secondo la testimonianza del vangelo giovanneo,
questa pratica è limitata al periodo iniziale e giudaico del
ministero, dato che in seguito non se ne parla più. Le ra
gioni che permettono di spiegare questa interruzione non
sono fornite direttamente nel testo e non è possibile dare,
a questo proposito, delle soluzioni perentorie. Aggiungia
mo nondimeno alcune osservazioni che possono aiutare a
far progredire la ricerca.
La prima consiste nelTammettere la possibilità di un’e
voluzione nella mente di Gesù circa la portata della sua
missione. Essendo stato battezzato da Giovanni, è possi
bile che egli abbia aderito al suo movimento e che abbia
anche dato il suo contributo positivo assistendo il profeta
nella predicazione e nel suo ministero battesimale45. In
seguito, toccato dalla miseria e dall’abbandono di un’in
tera parte della popolazione (cfr. Me 6,34; 8,2; par.), si
sarà reso conto che si imponeva per lui una missione es
senziale di misericordia e di perdono gratuito, senza una
conversione preliminare, e che per ciò stesso lo staccava
dalla predicazione e dalla prassi di Giovanni44.
86
La seconda osservazione riguarda il modo di vivere adot
tato da Gesù in compagnia di alcuni discepoli. L’urgenza
del Regno non ammette ritardi. Gesù percorre in lungo
e in largo la Galilea, conduce una vita itinerante e dà ai
suoi discepoli degli ordini in cui si percepisce il desiderio
di raggiungere in un tempo minimo il maggior numero pos
sibile di persone45. Un battezzatore — per immersione!
— deve stare presso un fiume o una sorgente abbondan
te, come Giovanni a Ennon, dove « le acque erano abbon
danti» (Gv 3,23). Ma Giovanni era un predicatore stabile
che si limitava ad accogliere le folle che venivano da lui46.
Non è così per Gesù che, avendo optato per un’altra for
ma di ministero, doveva a ogni modo rinunciare a bat
tezzare47.
Jùrgen Becker48 scrive che non è stata trovata alcuna
motivazione che giustifichi la finzione per quanto riguar
da il battesimo amministrato da Gesù. Non si potrebbe
tuttavia pensare — ed è questa un’ultima obiezione — che,
mostrando Gesù nel compimento di questo rito, si sia vo
luto, all’origme di questa tradizione, attribuire a lui la fon
dazione del sacramento al pari dell’istituzione eucaristi
ca? La risposta è semplice. Da una parte, nei dati che ci
sono pervenuti, non viene dato da Gesù nessun ordine di
battezzare a sua imitazione (cfr. lCo r ll,2 5 c ; Le 22,19b).
D ’altra parte questo battesimo appare ogni volta, se non
alla pari, almeno in parallelo con quello di Giovanni: una
creazione a fine eziologico avrebbe proceduto senza alcun
dubbio in modo diverso.
Ma la questione del rapporto tra il battesimo cristiano
e queste notizie fugaci del quarto vangelo si pone anche
in senso inverso: se, come abbiamo ammesso, questo bat-
87
tesìmo prepasquale ha una buona consistenza storica, non
ha giocato un qualche ruolo nell’ adozione di un rito simi
le alle origini della Chiesa e, in caso affermativo, qual è
stato questo ruolo?
49 Checché ne dica J, M urphy-O ’ Connor {John thè Baptist and Jesus, op. cit., p. 366),
non significa cedere al « soggettivism o» se si accorda al battesimo amministrato da G e
sù una portata diversa, almeno in parte, da quella del battesimo di G iovanni (cfr. R.
Schnackenburg, II Vangelo dì Giov anni I, op. cit., pp. 619- 621), dal momento che ci
si ispira a delle costanti evangeliche che toccano il messaggio del primo; questo però
senza pregiudizio di una possibile evoluzione nella coscienza che G esù aveva della sua
missione (cfr. p. 86).
50 C fr. p. 8 5 , n. 41.
51 C fr. pp. 33- 38.
88
sù, da parte sua, dichiara e manifesta già nelle sue opere
di misericordia l’arrivo della salvezza: « Gesù non dice: Pen
titevi affinché siate salvati al momento del giudizio; ma
dice: La salvezza è qui, perciò pentitevi» 52. Questo aspet
to positivo — che non esclude il castigo per chi rifiuta il
dono di Dio — doveva determinare il significato del bat
tesimo: colui che lo riceveva non intendeva prevenire il
castigo, ma attualizzare a suo vantaggio il piano di perdo
no e di restaurazione che Gesù veniva a compiere53.
Queste caratteristiche evocano i frutti del battesimo cri
stiano, che, inoltre, possiede la stessa configurazione ceri
moniale di quelli di Giovanni e di Gesù. Ma questo com
porta forse come conseguenza che il rito della Chiesa non
sia altro che la continuazione postpasquale di quello che
Gesù aveva praticato durante la sua vita terrena? La ri
sposta è negativa, perché l’interruzione attestata dall’in
sieme della tradizione evangelica fa emergere il carattere
episodico e l’importanza relativa di questo battesimo in
seno alle attività di Gesù. Si comprende perciò perché la
letteratura cristiana antica eviti di far appello a esso quando
si tratta di fondare il rito di ingresso nella Chiesa; e se il
quarto vangelo lo menziona, non ne sfrutta la portata pre
sacramentale. Questo silenzio quasi generale esclude una
dipendenza propriamente detta di un battesimo verso
l’altro.
Non si può tuttavia contestare che la prassi battesimale
ereditata dal profeta Giovanni, esercitata per qualche tem
po da Gesù, abbia giocato un certo ruolo nell’adozione della
stessa prassi nella prima comunità cristiana. Parlare a questo
89
proposito di «anelli di una catena» o di « staffetta» signi
fica certamente dire troppo, vista l’interruzione che si è
prodotta54; ma la coscienza collettiva della Chiesa nascen
te, nel riprendere l’ abluzione di Giovanni, poteva forse
dimenticare che Gesù stesso l’aveva praticata, e sentirsi
perciò tanto più libera di adottarla? E difficile dubitarne.
M C fr. p. 118.
90
V
Un’influenza del battesimo dei proseliti?
1 Q uesto capitolo riassume, con qualche modifica, il nostro articolo Baptème juif
des prosélytes et baptime chrétìen, B LE 11 (1978) pp. 3- 40. Rimandiamo a esso per mag
giori dettagli e per la documentazione, E stata omessa la prima parte riguardante il
proselitismo giudaico antico in generale.
2 Si veda la bibliografia in G . R. Beasley-M urray, Baptism, p. 18, n. 2. U n’ argo-
mentaEÌone in questo senso si può trovare in J. Jerem ias, Le Baptème des enfants, pp.
31- 51.
3 C fr. W . Brandt, Baptismen, p. 5 9 ; più nettam ente, J. Thomas, M ouvement, pp,
361-366, Si veda soprattutto Io studio completo della questione in G . R. Beasley-M urray,
Baptism, op. cit,, pp. 18-31.
91
ti» , tebilatgerim. Due testi meritano un’attenzione parti
colare per il fatto che espongono il cerimoniale in questio
ne: uno è una bardita4 del Talmud babilonese ( Yebamot,
47ab), l’ altro si legge nel trattato extracanonico Gerim
(« proseliti» ), Eccone la traduzione:
92
cisione6, verrà circonciso di nuovo. Appena guarito, si pro
cederà al suo battesimo [tnatbìlm ntó\.
Due discepoli dei saggi si terranno presso di lui e gli inse
gneranno alcuni dei precetti leggeri e alcuni dei precetti pe
santi. Dopo che si sarà immerso e sarà risalito [tabal we-
‘alah\, allora sarà diventato in tutto un israelita.
Quanto alla donna, delle donne la immergeranno nell’ac
qua fino alla nuca e due discepoli dei saggi l’assisteranno te
nendosi fuori. Le insegneranno alcuni dei precetti leggeri e
alcuni dei precetti pesanti.
Il caso è identico quando si tratta di un proselito [propria
mente detto] e di uno schiavo sul punto di essere affrancato.
La stessa condotta vale sia per la donna che ha avuto le sue
regole e che si immerge che per il proselito e lo schiavo sul
punto di essere affrancato: essi si bagneranno \tóbeltm\, e ogni
elemento di separazione che interviene al di fuori del bagno
invalida questo, tanto per il proselito che per Io schiavo sul
punto di essere affrancato e per la donna che ha avuto le sue
regole [b. Yebamot 47ab].
93
scendere nella piscina \bèt ha-tebilahf. Mentre l’acqua lo ri
copre fino al sesso, gli vengono recitati alcuni punti dei co-
mandamenti, dato che la condizione [per essere aggregato
al giudaismo] è che osservi il covone dimenticato, le spi
ghe abbandonate, il confine del campo e la decima per il
povero.
4) Come si rivolgono queste parole a un uomo, a una don
na si dirà [che può diventare ebrea solo] a condizione di os
servare strettamente le leggi concernenti le mestruazioni, il
prelevamento della pasta e l’accensione del candelabro [sab
batico].
5) Dopo che [il candidato] si sarà immerso e sarà risalito
{tabal we'alah), gli si rivolgeranno queste parole amabili e
confortanti: «A chi hai aderito, beato che sei? A Colui che
disse e il mondo fu — benedetto egli sia! Perché egli ha crea
to il mondo solo per Israele. Solo gli Israeliti ricevono dal
Luogo [Dio] il nome di figli e niente al di fuori di Israele è
caro davanti al Luogo. Tutte queste parole che ti abbiamo
detto, te le abbiamo dette per aumentare la tua ricompensa»
[Gerìm, 1-1 -8]9.
Altre precisazioni sono fornite altrove, in particolare con
lo scopo di prevenire un’accoglienza troppo indulgente dei
candidati10 e di combattere la clandestinità11. Si suppone
94
che tutto sia coronato da un sacrificio12, che, dopo il 70,
ha solo un valore teorico al pari delle altre prescrizioni ela
borate in funzione del tempio.
Quale senso dare al battesimo dei proseliti? Su questo
punto siamo costretti a delle congetture. Cominciamo con
10 scartare l’opinione sostenuta a suo tempo da Wilhelm
Brandt13: la circoncisione, essendo causa di impurità,
avrebbe comportato obbligatoriamente un’abluzione. Que
sto punto di vista è basato su un’esegesi abusiva di un passo
della Mishna14 e si scontra con due obiezioni maggiori: da
una parte il bambino ebreo circonciso non era sottoposto
a un bagno di purificazione15, dall’altra la tesi non rende
conto del bagno delle donne proselite.
Bisogna per questo rinunciare al motivo deirimpurità?
Non sembra.
11 pagano, secondo il giudaismo, è impuro. Già Amos
(7,17) qualificava come « terra impura» il paese delPesi-
110. A ltri passi biblici ci forniscono il motivo di questa im
purità: i pagani praticano l’idolatria e vivono nell’immo
ralità, specialmente in materia sessuale16. L’ assimilazione
degli dèi pagani ai demoni17 non farà che confermare que
sta tara. I giudei del tempo di Gesù e degli apostoli erano
ben consapevoli di tutto questo e avevano paura di conta
minarsi al contatto coi Gentili (Gv 18,28; A t 10,28). Ma
di quale impurità si tratta?
Non si può parlare qui di impurità levitica, di quella in
cui l’israelita in quanto tale incorre nei casi previsti dalla
95
Torah. Anche se su questo punto il vocabolario dei rabbi
ni manca di precisione — vengono da essi qualificati co
me impurità sia la contaminazione levitica che il pagane
simo e lo stato di peccato — , possediamo di essi delle te
stimonianze antiche e inequivocabili sull’ incapacità dei
Gentili a contrarre l’impurità levitica18. Detto questo, bi
sogna riconoscere con molti autori che l’usanza del bagno
dei proseliti è potuta nascere solo sulla base dell’impurità
pagana, conseguenza dell’idolatria. Il rito di abluzione evo
ca per se stesso una purificazione. Anche se l’impurità in
questione non ha avuto nulla di levitico, richiedeva un ri
to d’acqua per esprimere la sua scomparsa. E quindi mol
to verosimile che l’analogia con i bagni di purificazione
praticati dai giudei19 abbia fatto sì che un uso analogo si
introducesse al riguardo dei proseliti, a completamento della
circoncisione20.
96
anni dopo la morte di Gesù. Una tale antichità è compati
bile con la teoria che vede nel battesimo cristiano una co
pia di quello dei proseliti? La risposta è determinata dalla
data di apparizione di quest’ultimo.
23 Secondo b. Soia, 12b, la figlia del faraone discese a bagnarsi (Es 2 ,5 ) « per
purificarsi degli idoli del padre» . Rachi commenta: « in vista del proseK tato». In b.
Keritot, 9a, il bagno e il sacrificio dei proseliti sono messi in rapporto con M osè che
offre il sacrificio dell’ alleanza (Es 24).
24 b. Yebamot, 46a; cfr. ugualmente 71a e j, Q iddushin, III, 64d , 20.
25 C fr. J. N eusner, Eliezer ben Hy rcanus, thè Tradition and thè M an, II, Leiden
1975, p. 236.
97
stiano26. In ogni caso, il battesimo di proseliti vi appare
come un fatto ben radicato.
Di carattere molto diverso e più tardivo è l’informazio
ne raccolta nelle Conversazioni (Diatribai) di Epitteto, pub
blicate da Arriano poco dopo gli anni 125-130. Ma il mae
stro insegnava a Roma prima dell’ 81. Il passo in questio
ne (11,9,19-21) mira a dissuadere i lettori da un’ adesione
puramente verbale alle filosofie:
26 Cfr. ibid., pp. 409- 410. Sui rapporti tra Eliezer e i cristiani, cfr. ibid., dove l’au
tore esprime un’ opinione giustamente con cautela.
27 C fr. J. Thom as, M ouvement, op. cit., pp. 3 6 0- 361.
28 Ep itteto, parlando di questo battesim o, non ha confuso ebrei e cristiani. Si ve
da la confutazione di questa opinione in M . Stern, G reek and Latìn A uthors on Jew s
and Judaism, I, Jerusalem 1974, pp. 543- 544. L'assenza della circoncisione in questi
testi è sorprendente, a meno che non si voglia supporre, con G . Polster (D ir kìetne
Talmudtraktat, op. cit., p. 2 1 , n. 1), che il termine pathos alluda a essa. M a potrebbe
benissimo trattarsi di sopportare gli inconvenienti della vita giudaica.
98
nostante tutto, per stabilire la dipendenza del battesimo
cristiano in rapporto al suo omologo ebraico, dobbiamo
prendere atto del silenzio dei testimoni più adatti a essere
citati. Riguardo al battesimo di proseliti, non si dice nien
te nel Nuovo Testamento, niente nemmeno in Filone e in
Giuseppe Flavio.
Può destare meraviglia che gli scritti del Nuovo Testa
mento non facciano la minima allusione a questo rito, an
che se menzionano le abluzioni ebraiche29 e il battesimo
di Giovanni. Il solo rito di iniziazione conosciuto presso
gli ebrei è la circoncisione, e solo a essa la lettera ai Colos-
sesi (2,11-12) paragona il battesimo cristiano.
A proposito del silenzio di Filone e di Giuseppe30, è
stato fatto notare che nessuno dei due aveva avuto l’occa
sione di menzionare il bagno dei proseliti. Questo è forse
vero per Filone31; ma è certamente falso per Giuseppe.
Questi racconta dettagliatamente la conversione al giu
daismo del re Izate di Adiabene al tempo di Claudio
(41-54)32, un racconto in cui al rito di aggregazione vie
ne dedicato ampio spazio: il monarca inizialmente esita a
sottoporsi alla circoncisione per paura di perdere la coro
na, ma alla fine cede alle sollecitazioni di un saggio di no
me Eleazaro e accetta l’operazione33. Sarebbe vano cerca
re in quest’episodio la minima traccia di un battesimo. Si
può allora concludere, con Joachim Jeremias34, dicendo
che « il silenzio di Filone e di Giuseppe deve [•-•] essere
attribuito al caso»?
E difficile accettare questa conclusione, tanto più che
possediamo un altro scritto che avrebbe avuto, aneli’ esso,
100
rola. Si ha quindi qui un caso di conversione al giudaismo,
per giunta di conversione di una donna, in cui il battesi
mo è completamente assente.
Alcuni esiteranno a utilizzare questo documento, che ap
partiene a un giudaismo marginale e settario e la cui data
zione, inoltre, rimane problematica. Non bisogna però di
menticare che tratta ex professo del caso di cui ci occupia
mo, e lo fa a scopo di propaganda. Senza che si possa de
durre che il battesimo dei proseliti fosse ignorato all’epo
ca in cui questo racconto vide la luce, si fa fatica a credere
che il rito in questione possedesse allora il carattere uni
versale che gli viene attribuito nella letteratura rabbinica.
Non viene con questo confermato, in una certa misura,
il silenzio delle fonti che abbiamo menzionato sopra?
Ma nonostante questo silenzio, non è possibile o ttene
re, per via più o meno indiretta, un risultato opposto a
quello che si deduce da questo primo esame?
58 Si veda il nostro articolo Baptème jui/ des pmsély les et baplème cbrétien, pp. 21-22.
« C fr. pp. 53- 54.
40Cfr. pp. 92-94.
41 I tannami (dall’ aramaico tanna, « insegnare» , stessa radice dell’ ebraico M ishna)
sono i maestri del primo periodo rabbinico che si estende fin verso la fine del II secolo.
101
Tra questi testi, uno soltanto, per quanto riguarda il no
stro argomento, merita di essere esaminato. Vi si espone
il caso di « un proselito che si è convertito la vigilia di Pa
squa. La scuola di Shammai dice: deve fare il bagno, poi
mangerà la pasqua la sera. La scuola di Hillel dice: colui
che si separa dal prepuzio è come colui che si separa dalla
tomba».
Queste due frasi sono riportate in parecchi passi
rabbinici42. Nel trattato Eduyyot della Mishna (5,2), figu
rano alla fine di una serie di sei esempi in cui la scuola
di Shammai si mostra eccezionalmente meno rigida della
rivale. Il trattato Pesahim (8,8) le cita in un contesto che
enuncia le condizioni di purità da adempiere per prendere
parte alla cena pasquale. Esplicitiamo il testo. Nel caso del
proselito circonciso la sera stessa in cui bisogna mangiare
la pasqua (il 14 di Nisan), la scuola di Shammai ritiene che
potrà farlo se prima si sarà bagnato; la scuola di Hillel esi
ge che egli si conformi alle regole ebraiche secondo le qua
li l’impurità contratta a co ntatto con un cadavere dev’es
sere seguita da una duplice abluzione, il terzo e il settimo
giorno, così come precisato in Nm 19,11-12. Ciò significa
che tale persona potrà partecipare solo alla seconda pa
squa43, celebrata quattro settimane più tardi.
Come si vede, si tratta qui di un’ abluzione legata all’in
gresso nel giudaismo. Tuttavia non è evidente che la con
troversia in questione tratti del battesimo dei proseliti co
sì come la si troverà descritta e codificata ulteriormente:
il bagno di cui si fa menzione sembra più un rito di purifi
cazione necessario per mangiare la pasqua che di aggrega
zione. Diciamo piuttosto che questo dibattito rivela una
prassi ancora non ben definita, uno stadio embrionale del
battesimo dei proseliti, il cui ruolo e la cui importanza si
preciseranno in seguito.
102
Del resto, c ’è anche un problema che concerne la data
di questa pericope. Shammai e Hillel erano fiorenti verso
la fine del I secolo a.C. Ma non sono questi due maestri
in persona a pronunciare la frase in questione, bensì le lo
ro scuole (letteralmente, le loro « case» ). Ora, non è facile
fissare cronologicamente pezzi di questo tipo44. Jacob
Neusner, che li ha sottomessi a uno studio minuzioso, vi
riconosce un genere letterario il cui uso sì estende dal 70
al 170 della nostra era e che probabilmente ha preso for
ma nel contesto dell’accademia di Iabne, in un’epoca in
cui il partito di Shammai godeva ancora di un resto di po
tere. Comunque sia, bisogna prendere atto delle conclu
sioni dello stesso autore, il quale pensa che nessuna di que
ste pericopi possa essere datata con certezza prima del 70,
perché nessun maestro di questo periodo fa riferimento
agli enunciati che contengono45.
Eppure, anche se bisogna mostrarsi prudenti circa il for
mulario, non possiamo vedere nell’ insieme un semplice ar
tificio letterario. Il caso si era effettivamente presentato,
come emerge da una notizia conservata nella tradizione
rabbinica46. Essa ci dice che « c’erano a Gerusalemme dei
soldati e delle sentinelle alle porte; essi si fecero il bagno
e mangiarono la pasqua». Nel manoscritto di Erfurt della
Tosefta e nel trattato Nazir del Talmud palestinese questa
informazione viene attribuita a R. Eliezer ben Jaco b l’An
tico, che insegnava intorno al 90 ed è considerato uno dei
più fedeli relatori delle cose del teippio47. Ma questo
frammento storico è oscuro. Di quali soldati si tratta?
Quando ebbe luogo il fatto? Si può intuire che i due pro
blemi sono indissociabili. Secondo il contesto, questi sol
dati erano certamente dei pagani e il fatto evocato non è
44 Si possono trovare, disposti per tem i, in I. K onow itz, Beth Shammai - Beth Hii-
lel. Collected Sayings in Halakah and Aggadah in thè Talmudic and M idrashic Literature,
jerusalem 1965.
45 The Rabbinic Tradttìon ahout thè Pharisees befote 70, II, Leiden 1971, pp. 3-4.
46 Tos, Peuthim, 7 ,1 4 ; /, Pesahim, V il i, 3 6 b ,47- 48; Nazir, V il i,5 7 a,48- 49.
47 Cosi, in particolare, secondo M . M iddot, 1 ,2 .3 ; 2 ,5 - 6 ; 5,4. C fr. W . Bacher, Dìe
Aggada der Tannaìten, I, Strasburg, p. 103 (ristampa Berlin 1965), p. 63.
103
4
altro che una conversione al giudaismo48. Joachim Jc-
remias49, che confessa la sua ignoranza riguardo a questu
notizia, situa nondimeno il fatto riportato prima del 30
della nostra era. Come prova: la regola seguita era quella
dei seguaci di Shammai, trascurata al tempo del Nuovo
Testamento a vantaggio di quella dei seguaci di Hillel. L’ar
gomento è specioso, visto il silenzio delle fonti contempo
ranee riguardanti il bagno dei proseliti; inoltre, in fatto
di impurità dei pagani, non troviamo niente in essa che
obblighi a conferirle il carattere levitico tale da comporta
re la necessità di un’abluzione. Ciò che pare certo è che
i soldati in questione fossero quelli della guardia romana
preposta all’ordine pubblico durante le feste pasquali50.
Quindi il fatto è anteriore almeno al 66, quando, per ini
ziativa dello stratega del tempio Eleazaro, i ribelli ebrei
fecero sparire i romani da Gerusalemme con un duplice
massacro51. Essendo impossibile ogni altra precisazione, si
ammetterà che l’uso di cui ci stiamo occupando vide la lu
ce prima di questa data52.
I documenti studiati finora non ci permettono di pro
vare che il bagno dei proseliti abbia preceduto il battesi
mo cristiano. Ma, in mancanza di testi, ci possiamo do
mandare se non sia possibile stabilire questa priorità ri
correndo all’ aiuto equivalente del ragionamento. Dato che
non si è attesa l’ era cristiana per convertirsi al giudaismo,
quest’atto non esigeva forse una purificazione? E se que
sta necessità non è evidente per gli uomini, talvolta è sta
to rilevato che le donne, le più numerose ad abbracciare
',8 Bisogna supporre che questi pagani siano stati circoncisi precedentem ente, con
tro W . Bacher (D ie Aggadta der Tannaiten, op. cit., p. 6 3, n. 3). Cfr. la critica di I. A bra
ham !, Studici in Pharisaism and thè G ospel, First Series, Cambridge 1917 (ristampa N ew
Y o rk 1967), p. 37.
49 Prosely tentaufe und Neues Testament, pp. 424- 425; L e Baptème des enfants, p. 36,
n. 3 3 ; Jérusalem au temps de Jesus, Paris 1967, p. 422.
50 Cfr. S. Liebermann, Tose/ta ki- fshuta, IV , N ew Y ork 1962, p, 6 1 5 .
51 G iuseppe Flavio, B / II, 4 2 8 - 4 3 2 , 449- 456.
52 Impossibile datare il fatto menzionato dopo il 7 0: per t giudei rimasti nella G e
rusalemme devastata, ridotti in miseria e sottomessi all'ostilità persecutrice dei rom a
ni, il reclutamento di proseliti era fuori questione.
104
la religione giudaica, avevano bisogno di un rito appropria
to. Sfortunatamente non c ’ è nessuna prova che si sia co
minciato col battezzare le donne: le attestazioni più anti
che riguardano solo casi maschili. Altro argomento: gli ebrei
non avrebbero potuto introdurre l’uso in questione in un
tempo in cui questo era in vigore nella Chiesa. Si può ri
battere che all’epoca i cristiani non erano i soli a praticare
delle abluzioni, e che nel Nuovo Testamento si parla della
sopravvivenza del « battesimo di Giovanni» nei tempi apo
stolici (At 19,3). Soprattutto, si sbaglierebbe a immagina
re che gli ebrei allora non avessero altra preoccupazione
che di differenziarsi dai cristiani. Basta ricordare che tra
il 70 e il 135 il paganesimo imperiale li preoccupava molto
di più di una Chiesa in formazione.
AI termine di questo esame si può concludere dicendo
che Ì suoi risultati non permettono di affermare l’ anterio
rità del battesimo dei proseliti in rapporto alle origini del
cristianesimo. Ma ancora non è detto tutto su questo pro
blema. Infatti, prescindendo dalle rispettive date dedotte
alla meglio dai documenti, è necessario effettuare altri ti
pi di confronti. E possibile infatti che i due riti abbiano
tra loro abbastanza punti in comune per rimediare alla scar
sa precisione dei dati cronologici e che, esclusa l’influenza
del battesimo cristiano sul giudaismo, si possa ammettere
il contrario.
105
non in modo particolare per il battesimo dei proseliti. L’e
spressione « nel nome di» (eìs to onoma, epì o en tói ono-
mati\ ebraico leshém, aramaico leshùni) è usata, è vero, sia
a proposito del battesimo cristiano’ 11che, nella letteratu
ra rabbinica, per tradurre l’intenzione di un rito, come pure
di un sacrificio, di un’ abluzione e addirittura per un ba
gno di proseliti55. Ma l’uso ebraico di questa formula56,
che significa « a causa di» , « in vista di» , « in considerazio
ne di», non è affatto limitata al campo cultuale: si tratta
in effetti di una preposizione del tutto banale che si appli
ca a qualsiasi cosa.
Si tratta certo di istruire sommariamente il candidato
proselita sulle regole giudaiche, ma senza che questo ob
blighi a farne derivare la catechesi battesimale cristiana.
La teoria di David Daube57 in questo senso è una costru
zione gratuita, per tre ragioni:
— Nel testo rabbinico più antico {b. Yebamot, 47ab58)
i punti dottrinali enumerati precedono e riguardano la cir
concisione, non il battesimo (questo ha luogo solo dopo
la guarigione del candidato).
— Come si è detto sopra59, i rituali in cui figura que
sta istruzione non possono essere datati in un’epoca con
temporanea ai primi battesimi cristiani.
— Non disponiamo, per il I secolo, di dati relativi a un
insegnamento o a uno schema di insegnamento che riguar-
106
dava in particolare il battesimo, e perciò paragonabile alle
corrispondenti prescrizioni del rituale ebraico60.
Ma questo contiene dei dettagli che non possono non
ricordare certe regole imposte ai cristiani. Questa è alme
no l’opinione di J. Jeremias61:
60 II N uovo Testam ento non offre niente di sicuro in proposito e, anche se l’ inter
polatore della Didachè fa dell’ istruzione sulle D ue V ie un compendio per catecumeni
(7,1), non l’ include nella liturgia battesimale.
61 j
Le Baptènte de enfants, op. cit., pp. 40-41.
62 C fr. p. 92.
^ ' N emmeno in Rm 6 ,4 ; Col 2 ,1 2 . L ’immersione totale è attestata solo molto più
tardi, sebbene non si debbano forzare le testimonianze patristiche su questo punto.
Si vedano in proposito le nostre osservazioni e la documentazione corrispondente nel
nostro articolo Baptéme fuifdes prosélytes et baptéme chrétìen, pp. 31- 32, n. 144- 147.
64 M . M iqw a'ot, 1 ,8 (purificazione in casi di affezioni genitali e di lebbra).
107
secolo, e le sue corrispondenze rabbiniche riguardano le
purificazioni rituali delle donne, non in particolare il ba
gno delle donne proseliti.
Circa la confessione dei peccati c ’ è poco da dire, per
ché è assente dal cerimoniale ebraico, così come dalle no
tizie del Nuovo Testamento sul battesimo65. D ’altra par
te una differenza essenziale, che riguarda proprio il ceri
moniale, separa i due battesimi. A nche se quello dei pro
seliti richiede dei testimoni, non c ’è alcun ministro del bat
tesimo: il candidato si immerge da sé nell’acqua e, su que
sto punto come su molti altri, il bagno dei proseliti non
è diverso da altri bagni di purificazione praticati dagli
ebrei66. Del tutto diverso è il rito cristiano, identico su
questo punto a quello di Giovanni Battista: nei due casi
il candidato non si immerge, ma viene battezzato67.
La differenza che abbiamo sottolineato incide profon
damente sulla portata religiosa dei due battesimi. Nell’u
no il candidato si libera della sua impurità pagana, nell’ al-
tro riceve il perdono e la rigenerazione come grazia divi
na. Eppure alcuni hanno creduto di poter cogliere, nei due,
dei temi teologici comuni. Così, ad esempio, quando si pa
ragona la concezione paolina del battesimo come morte e
risurrezione con Cristo (Rm 6,3-5; Col 2,12-13) con l’opi
nione già citata della scuola di Hillel68, che assimila l’uo
mo che si fa circoncidere a colui che si è appena reso im
puro per un contatto con un cadavere, letteralmente « a
colui che si separa dalla tomba» . AI che si può aggiungere
la frase riportata nel Talmud69 secondo la quale « il pro
selito che si converte somiglia a un bambino che è appena
nato» : una frase che sembra riecheggiare le parole di Ge-
108
su nel suo colloquio con Nicodemo (Gv 3,3-5). In realtà
simili accostamenti hanno il difetto di applicare a queste
frasi della letteratura giudaica una chiave di lettura che
è loro estranea. R.-J. Zwi Werblow sky70 ha ricordato il
carattere « strettamente halakico» di queste espressioni e,
in particolare, che « la metafora del “ neonato” non si ri
ferisce tanto a una rigenerazione mistica quanto a un nuo
vo stato legale». Comunque sia, queste metafore non ri
guardano in modo speciale il bagno fatto in occasione del
la conversione al giudaismo. Se illustrano un rito, è piut
tosto quello della circoncisione, come emerge del resto espli
citamente dalla sentenza di Hillel; nella circostanza non
c ’è alcuna abluzione, perché è proprio questa che viene
rinviata71.
Altri accostamenti sono ancora più artificiali72, tanto
più che un problema di datazione indebolisce ancora una
70A Note on Puri/ication and Proselyte Baptist», in Christianity, Judaism and Otber
Greco-Romatts Culti. Studies fo t Mortoti Smith at Sixty (SJLA 12), Leiden 1 9 7 5 , III,
pp. 200- 205 (203). Si prenderà ugualmente atto di queste osservazioni di Sh. J. D .
C ohen, pp. 2 0 1 - 2 0 2 : « La cerimonia rabbinica di conversione riportata in b. Yebamot,
47ab , non è, o almeno non è essenzialmente, un rito di iniziazione In questa ceri
monia [...] non si fa menzione alcuna di D io o dell’eternità della Torah. N on c‘ è né
rigetto del paganesimo o degli dèi pagani, né pentimento per i peccati di una vita con
dotta sotto i] dominio di divinità straniere, né rinuncia a] male, né espressione di rina
scita né di rinnovamento. N essun inventario della storia sacra del popolo santo, nessu
na preghiera. In questo rito, mediante il quale un pagano diventa membro del popolo
ebraico, la comunità ebraica è marcatamente assente N essun regalo, né pasto, né
benedizioni, né festeggiamenti, né rito con il quale la comunità benedirebbe il conver
tito incorporandolo nel suo seno. N ella cerimonia mancano le azioni simboliche e gli
sfoggi teatrali che accompagnano spesso i riti di iniziazione, ad esempio una processio
ne, dei vestiti particolari o delle azioni che simboleggino la rottura con il passato e il
fatto di ricevere una nuova identità. La conversione rabbinica non ha riti di separazio
ne, di passaggio o di incorporazione; in altri termini, le mancano tutti i tratti distintivi
di un rito di iniziazione. H a perciò poca somiglianza con i riti cristiani del battesim o» .
71 C fr. p. 102.
72 Così il ricorso alla frase talmudica (b. Yebamot, 47b : cf r. p. 93): « D opo che si
sarà immerso e sarà risalito [tabal w ecalah], allora sarà diventato in tutto un israeli
ta» . Si concede volentieri a D . D aube (The New Testarneut and Rabbinic Judaism, op.
cit., pp. 111-112) che il secondo verbo ha un aspetto simbolico perché ricorda il pas
saggio del G iordano (G s 4,16*19). Si riconosce ugualmente qui, per mezzo di quest’ ul
tim o testo, un contatto con il racconto del battesimo di G esù (M e 1,9- 10 e par. M t
3,16). M a quanto al battesimo cristiano, bisogna obiettare che il N uovo Testam ento
non usa mai a questo proposito il verbo anabaìrteìn, (ri)salire. A ncora più forzato è il
rapporto al quale pensa J. Jeremias (Le Baptéme ics enfants, op. cit., pp. 41- 42; Ursprung,
op. cit., pp. 314- 319), a partire dal « b attesim o» dell’ Esodo evocato in lC o r 10,2: si
veda la nostra confutazione in Baptéme juifdesprosély tes et baptéme chrétien, pp. 37-38.
109
volta l’argomentazione. A essa si possono opporre, come
si è visto, molteplici obiezioni. Sono quelle che includere-
mo nella sintesi che segue.
5.4 Conclusioni
li Cfr. W . Brandt, Baptismen, op, cìt., p. 5 9; J. Thom as, M ot/vement, op. cìt., p
366.
110
dei proseliti, ma la circoncisione (Col 2,11-12). Si sarebbe
pensato di stabilire questo rapporto se la Chiesa, battez
zando i suoi nuovi membri, avesse adottato l’usanza ebraica
corrispondente?
— Senza che si possa parlare di obiezione insormonta
bile (essendo sempre possibile un adattamento), la d iffe
renza che separa il rispettivo significato dei due riti si ag
giunge alle difficoltà precedenti. Questa differenza si tra
duce nel cerimoniale stesso e nel vocabolario che l’espri
me: mentre il candidato proselito si bagna per purificarsi
della sua vita precedente, il catecumeno è battezzato da
un terzo, segno della grazia che perdona e rinnova.
Il i
VI
112
mondo giudaico, di una pratica in cui si battezzi e in cui
si venga battezzati. Sempre si dice che uno si bagna.
A questa osservazione, essenziale quanto alla forma del
rito, bisogna aggiungerne un’ altra concernente il signifi
cato. Giovanni battezzava « per il perdono dei peccati» 2,
atto unico, non reiterabile, per ogni battezzato. Quest’ul
timo punto, se si prescinde dal misterioso e particolare bat
tesimo « per i morti» (ICo r 15,29), è anche la regola per
il battesimo cristiano. Bisogna ugualmente attribuirgli una
causalità essenziale quanto al perdono dei peccati. Certo,
Luca non si limita a trascrivere le parole del Battista quando
fa dire a Pietro nel giorno di Pentecoste: « Pentitevi e cia
scuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo
per ottenere il perdono dei vostri peccati» (At 2,38; cfr.
Le 3,3)3; non si tratta di una ripetizione che aggiunge sol
tanto un pronome che concretizza l’ appello, ma di un to
tale rimaneggiamento in una prospettiva completamente
nuova che si effettua quando il perdono dei peccati si in
serisce tra gli effetti del rito cristiano4. Era Luca consa
pevole del fatto che questa implicazione non era dovuta
soltanto al genio creatore delle prime comunità cristiane,
ma che era stata loro suggerita in definitiva da Giovanni
Battista? Non si può affermarlo, perché il contatto segna
lato non è il solo all’ inizio degli A tti a rinviare a quello
del vangelo5, e del resto la tendenza di Luca ad assimila
re le realtà cristiane all’ azione del Precursore non è supe
riore a quella dei suoi simili6. E nondimeno evidente che
113
c ’è lì un punto comune tra i due battesimi che, unito ad
altre osservazioni, permette di illuminare in parte le origi
ni del sacramento.
Dopo il rito, passiamo alle persone. La quasi unanimità
degli autori circa la realtà storica del battesimo di Gesù
da parte di Giovanni si fonda sul Nuovo Testamento stes
so, dove il fatto è accettato non senza reticenza, correzio
ne, o addirittura eliminazione7. Si tratta lì di un fatto in
discutibile. Anche se bisogna rinunciare, in mancanza di
informazioni, a conoscere cosa pensasse Gesù, quale fosse
la sua intenzione quando si avvicinava a Giovanni per ri
ceverne il «battesimo di conversione per il perdono dei pec
cati» , l’atto stesso è di grande interesse se si vuole spiega
re perché e come il cristianesimo abbia incluso il battesi
mo tra i suoi riti essenziali. Non che il passo di Gesù sia
stato il riferimento fondante della prassi battesimale nella
Chiesa: si è visto che il Nuovo Testamento non ne dà del
le prove serie8. Ma questa azione dimostra che Gesù, pri
ma di intraprendere il proprio ministero presso il popolo,
aveva aderito al movimento di Giovanni. Qualunque sia
stata la ragione che lo aveva spinto ad allontanarsene9,
questa appartenenza non passa inosservata, soprattutto se,
come abbiamo ammesso, Gesù aveva praticato anch’egli,
almeno all’inizio del suo ministero, il battesimo, un’eredi
tà indubbiamente di Giovanni.
Questa eredità si percepisce ancora nel contenuto della
predicazione di Gesù. Nelle pagine precedenti10 abbiamo
cercato di stabilire un legame tra il battesimo dato da Ge
sù e il cammino di conversione come nel caso del battesi-
114
mo di Giovanni. Almeno si converrà che Gesù, come que
st’ultimo, annuncia un messaggio escatologico che inclu
de ugualmente l’appello alla conversione11. Le differenze
importanti che separano l’oggetto delle due predicazioni
nulla tolgono a ciò che le avvicina e che confermano la real
tà di una comunicazione tra i due personaggi.
115
avuta dall’ evangelista15 nella presentazione di questo re
clutamento « a catena» . D ’altra parte, questo è pervaso di
teologia e di polemica, la cui fonte è da situare nel conte
sto giudeo-cristiano e palestinese delle origini14.
Queste osservazioni non implicano però necessariamente
che tutto debba essere attribuito alla finzione. Cosi, la frase
sui « pescatori di uomini» ha buone possibilità di costitui
re il nucleo storico dell’episodio in Me l,16-2015, tanto
più che la tradizione secondo la quale alcuni dei primi di
scepoli erano antichi pescatori galilei del lago di Tiberia-
de è di quelle che non si inventano. Rimane anche il nome
dei primi chiamati. Ma, a questo proposito, il racconto gio
vanneo riporta una lista diversa da quella che riproduce
il catalogo dei Dodici, e che fa «supporre che il quarto evan
gelista abbia elaborato una tradizione sui primi seguaci di
Gesù indipendente dai sino ttici» 16. D ’ accordo, ma che
valore hanno gli altri dettagli? La chiamata in Galilea, l’ ab
biamo visto, non è come tale un prodotto dei narratori
evangelici e preevangelici. Si ha del resto tutto l’interesse
a non tirare in ballo la vecchia spiegazione conciliatrice
che vedeva una duplice chiamata, almeno di alcuni disce
poli, di cui la seconda, sulle rive del lago, sarebbe stata
preparata in occasione di un primo incontro in Giudea.
Questo significa trascurare totalmente il punto culminan
te del racconto marciano, che non solo non lascia intende
re niente di una chiamata precedente, ma vi si oppone an
che, poiché mira a mettere in evidenza l’autorità sovrana
116
di Gesù che ottiene, senza il minimo preambolo, la rispo
sta che aspetta dagli uomini. I due racconti si ignorano,
e conviene lasciare che si ignorino, se si vuole dare loro
un senso.
Rimane il fatto che, per quanto riguarda la storicità, la
versione giovannea della chiamata dei primi discepoli ha,
nel contesto e nella forma in cui si presenta, meno argo
menti della sua rivale. Non ne consegue però che essa sia
completamente vuota di ricordi storici, e sopra abbiamo
d etto 17 che è possibile che alcuni di quelli che aderirono
a Gesù avessero ricevuto precedentemente il battesimo di
Giovanni, che costituiva così il punto di partenza del rac
conto della vocazione al Giordano. In questo caso, oltre
a Gesù, battezzato da Giovanni, alcuni dei suoi primi se
guaci e future fondamenta della Chiesa completano il le
game tra i due movimenti e adducono una ragione supple
mentare per unire i due battesimi.
Potrebbe qui venire in mente un’obiezione, facilmente
confutabile: come mai, se questo rapporto esiste, il Nuo
vo Testamento non fa mai riferimento al battesimo di Gio
vanni quando parla del battesimo cristiano? La risposta è
innanzitutto che, cosi facendo, si andava contro la tendenza
generale di stabilire la superiorità di Gesù e della sua ope
ra rispetto a colui che era stato fatto il precursore e, in
particolare, al battesimo instaurato da lui. Anche se gli au
to ri fossero stati al corrente dell’eredità in questione, non
potevano né volevano pensarci. Ma no ji è certo che tutti,
in questi primi tempi, ne fossero stati coscienti. Paolo, che
nelle sue lettere non menziona mai il Battista18, certa
mente non si è mai posto il problema di un eventuale le
17 C fr. p. 46.
18 Q uesto silenzio insospettisce M . Q uesnel (Baptisés dam l'Esprit, p. 162). Esso
è meno sorprendente se si pensa, da una parte, che Paolo si interessa solo con molta
parsimonia di ciò che nelle origini del cristianesimo ha preceduto k m orte di G e
sù in croce; dall'altra che, a differenza delle com unità palestinesi, Paolo nei suo
apostolato non si trova di fronte a dei seguaci di G iovanni Battista (pur ricono
scendo un fondamento storico alla notizia di A t 19,1- 6), ma ad altri gruppi e ad
altri problemi.
117
game tra il rito che si praticava nella Chiesa e il suo omo
logo giovanneo.
118
*
20 La Crucifixio» dans VA ntiquité et la fo lie dt< message de la croix (LeD iv 105), Pa
ris 1981, p. 196.
119
VII
Il significato dei primi battesimi cristiani
120
Questa prima percezione può essere confermata dagli
scritti del Nuovo Testamento. Certo, l’uso del verbo «pu
rificare» (katharizein) appare in rapporto esplicito con il
battesimo solo una volta e tardivamente (Ef 5,26)*, sen
za dubbio a causa del legame di questo vocabolario con
la purità levitica e i riti destinati a ricuperarla2. Ma, sen
za il termine, la nozione è ugualmente presente sotto altre
formule e, nello stesso tempo, si arricchisce di una preci
sazione essenziale: proprio a differenza delle abluzioni ri
tuali ebraiche, il battesimo cristiano ha l’effetto di libera
re colui che lo riceve dall’impurità del peccato.
Ci si ricorderà che questo era già il risultato del battesi
mo di Giovanni3, la cui destinazione trova un nuovo uso
negli A tti degli Apostoli sulle labbra di Pietro che predica
alla folla di Gerusalemme4: qui il «perdono dei peccati»
definisce lo scopo stesso del battesimo e Anania, più avanti,
lo conferma dichiarando a Paolo: « Ricevi il battesimo e
purificati dai tuoi peccati (baptisaì kaì apolousai tas hamar-
tias sou)» (At 22,16)5. I discorsi in cui queste parole figu
rano non sono certamente anteriori alla composizione de
gli A tti, ma l’idea che in questo caso esprimono si fonda
altrove e in epoca più remota.
Nella prima lettera ai Corinzi Paolo evoca il passato cor
ro tto di molti dei suoi corrispondenti, ma per affrettarsi
a sottolineare la fine di questa situazione: « Ma siete stati
lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati...» (lCo r
6,11). Qui, nonostante il verbo « lavare» (apolouein), l’al
lusione battesimale6 non è del tutto evidente. E invece
molto evidente nel celebre passo della lettera ai Romani
1 II rapporto può essere considerato indiretto in Eb 10,22 (« acqua pura ») e 2Pt 1,9.
2 M e 7 ,1 9 ; M t 2 3 ,2 5 - 2 6 ; Le 1 1 ,38- 39 (con baptizeìn'.)-, Em 14,20. In compenso,
quando si tratta non dei battesimo d’ acqua ma dell’anione del sangue di Cristo, né l'autore
di Eb rei (9 ,14.22- 23) né quello della prima lettera di G iovanni (1,7; cf r. 1,9) si fanno
scrupolo di trasporre il linguaggio rituale dell'A ntico Testam ento. Cfr. anche A p 1,5
(variante lausantes; ma cfr. p. 2 1, n. 41).
3 Cfr. pp. 27- 31.
4 Cfr. p. 113.
5 Cfr. pp. 16-17.
* Cfr. pp. 20-21.
121
(6,1-11) e in quello da esso derivato, Col 2,12-13, dove
il battesimo implica «morte al peccato», perdono delle colpe
anteriori. L’ autore delle lettere pastorali non fa che ripe
tere in altri termini una convinzione ormai ben radicata
quando celebra la misericordia gratuita di Dio che riscat
ta gli uomini dalla loro perversità e li salva « mediante un
lavacro (loutron) di rigenerazione e di rinnovamento nello
Spirito Santo » (Tt 3,5)7.
7 Si veda anche l'allusione indiretta alla liberazione dal peccato mediante il b atte
simo in l Pt 3 ,2 0 - 2 1 ; 2Pt 2 ,2 2 .
8 Cfr. pp. 31- 39.
122
ma è soprattutto a Ez 36,25 che si pensa quando si tratta
di stabilire un legame tra il battesimo e la coscienza cri
stiana di vivere già nell’esperienza escatologica. Sebbene
il Nuovo Testamento, come si è detto, mostri una certa
reticenza nell’usare il vocabolario della purificazione, non
si può scartare l’influenza delle promesse profetiche sul
l’esegesi cristiana dell’abluzione battesimale: « Vi aspergerò
di acque pure e sarete purificati da tutte le vostre impuri
tà e da tutti gl’ idoli con cui vi macchiaste» 9. E secondo
il deutero-Zaccaria: « In quel giorno vi sarà una fontana
zampillante, per la casa di Davide e per gli abitanti di Ge
rusalemme, per il peccato e per l’impurità» (Zc 13,1 ebr.).
Il giudaismo antico aspetta anch’esso che « Israele sia pu
rificato da ogni peccato di fornicazione, d’impurità, di pro
fanazione, di trasgressione e di traviamento» 10. I Salmi di
Salomone (17,30) attribuiscono l’ operazione al messia
davidico11.
123
beneplacito» 1-2; ugualmente cosa fatta per i primi cristia
ni, sicuri di essere entrati nell’era della salvezza. Ma que
sto dono dello Spirito è legato al battesimo d’ acqua? Ez
36,25-27 non è mai applicato al battesimo nel Nuovo
Testamento15. Né può essere stato il battesimo di Gio
vanni ad aver sollecitato, all’origine, i cristiani a unire le
due operazioni poiché, per Giovanni e per le prime comu
nità, i due battesimi, quello « nell’ acqua» e quello «nello
Spirito» , si oppongono e si succedono14.
Ma, in realtà, è possibile parlare di un dono dello Spiri
to al momento del battesimo secondo le testimonianze più
antiche della fede cristiana? Tocchiamo qui un punto di
scusso e che oggi è oggetto di controversie, in particolare
nelle Chiese nate dalla Riforma, senza dimenticare il suo
impatto sul rinnovamento carismatico. Esamineremo ora
i dati del Nuovo Testamento cercando di non mescolare
nel nostro giudizio degli interessi anacronistici.
Diciamo subito che l’impressione che se ne ricava non
ha in proposito nulla di sicuro15. Paolo per primo rifiuta
ogni risposta netta, e sembrerebbe piuttosto non darla vinta
a nessuno dei contendenti. Senza dubbio non si può eli
minare l’ allusione al battesimo d’ acqua da una frase come
quella che si legge in lCo r 12,13: « Siamo stati infatti bat
tezzati tutti in un solo Spirito per formare un corpo solo,
sia Giudei sia Greci, sia schiavi sia liberi; e tutti siamo
stati abbeverati nel medesimo Spirito» . Vedere qui solo
un’immersione nello Spirito Santo, senza riferimento ri
tuale e sacramentale16, si scontra con il testo parallelo che
si legge in Gal 3,27-28: « Infatti, quanti siete stati battez
12 JQ H 1 6 ,1 1 - 1 2 ; traci, di L. M oraldi.
13 E del resto notevole che i riferimenti a questo passo di Ezechiele siano rari ne)
N uovo Testam ento. D ue soltanto sono sicuri: uno si legge in 2C or 3,3 a proposito del
la lettera scritta con lo Spirito nel cuore di Paolo; l’ altro, in cui Paolo ricorda il dono
dello Spìrito fatto ai cristiani (lT s 4,8 ), evoca sia Ez 3 6 ,2 7 che 37 ,1 4 .
14 M e 1,8; M t 3 ,1 1 e par. Le 3 ,1 6 : A t 1,5; 11,16; cfr. anche G v 1,33.
15 Una buona presentazione, cfr. M .-A . Chevallier, Baptème et don de l ’Esprìt Saint,
op. cìt., pp. 97- 112.
16 Così tuttavia J. D . G . D unn, Baptism in thè Ho ly Spirit, pp. 127- 131; G . D . Fee,
The First Epistle to thè Corinthia» !, N IC , G rand Rapids 1987, pp. 6 0 3- 606.
124
zati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non esiste più
Giudeo né Greco ecc.» . Lì non si tratta di una qualsiasi
immersione nel Cristo, ma proprio del battesimo d ’ acqua
con riferimento al Cristo, come si vedrà presto17. Se ne
deduce che lo stesso vale in lCo r 12,13.
Ma nella lettera ai Galati il dono dello Spirito è legato
non al battesimo, bensì all’ accoglienza credente del van-
gelo: « A vete ricevuto lo Spirito dalle opere della legge o
prestando ascolto al messaggio della fede?» (Gal 3,2).
Paolo ci sembra perciò incoerente sul punto che ci inte
ressa. I suoi successori, nella letteratura cristiana delle ori
gini, nel complesso non sono più netti. Certo, lo pseudo-
Paolo delle lettere pastorali lascia pochi dubbi sull’ asso-
dazione del dono dello Spirito con l’ atto stesso del batte
simo: in Tt 3,5 il « bagno» (loutron), nonostante le reti
cenze di James D .G . Dunn18, non può essere pura meta
fora per tradurre la purificazione mediante lo Spirito19.
Nello stesso tempo, l’autore degli A tti sembra anch’ egli
collegare al battesimo il dono dello Spirito nell’esortazio
ne di Pietro il giorno di Pentecoste: « Pentitevi e ciascuno
di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo per o t
tenere il perdono dei vostri peccati e riceverete il dono del
Santo Spirito» (2,38). Ma altrove, lo stesso libro ci mostra
i pagani di Cesarea che ricevono Io Spirito nell’ ascolto della
predicazione di Pietro e prima del loro battesimo (At
10,44-47). In Samaria, Pietro e Giovanni comunicano lo
Spirito per imposizione delle mani a dei fedeli già battez
zati (At 8,14-17) e Paolo fa lo stesso in favore dei seguaci
di Giovanni di Efeso (At 19,5-6).
La libertà che usa l’ autore degli A tti a servizio delle sue
tesi non si spiegherebbe se il pensiero cristiano avesse al
lora acquisito dei punti di vista ben definiti sulla comuni
cazione dello Spirito Santo nell’ atto del battesimo. Più tar
125
di, il quarto vangelo, pur associando battesimo d ’acqua e
dono dello Spirito nella rigenerazione del credente, non
ci soddisfa pienamente, perché in 3,5 «la formula è trop
po concisa per fondare una qualunque interpretazione del
rapporto tra i due elementi» 20 e permettere di associarli
in una stessa azione sacramentale21.
Il pensiero cristiano primitivo rimane fluttuante quan
do si tratta di definire le condizioni di accesso alla salvez
za o, più esattamente, di definire i loro rapporti: fede nel
la parola dell’annuncio evangelico, battesimo d’acqua, dono
dello Spirito sono enunciati, talvolta messi insieme ma non
sempre, secondo l’argomento trattato nel contesto. Sarebbe
difficile concepire una tale flessibilità se fin dall’origine
il battesimo fosse stato concepito come il mezzo attraver
so il quale lo Spirito Santo si comunicava ai credenti. Di
conseguenza si comprende perché un oracolo come quello
di Ez 36,25-27 non sia sfruttato in questo contesto, men
tre lo sarebbe stato immancabilmente nel caso contrario.
126
per voi, o è nel nome di [eis to onomd\ Paolo che siete stati
battezzati? Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno
di voi, se non Crispo e Gaio, affinché nessuno possa dire
che siete stati battezzati nel mìo nome (eis to emon ono-
ma)» (lCo r l,13b-15).
E chiaro che, rifiutando l’ipotesi aberrante di un batte
simo «nel suo nome», Paolo rivendica questo privilegio per
un altro diverso da sé, e che si tratti del Cristo viene con
fermato da altri passi delle lettere. Queste hanno un altro
vantaggio: garantiscono il carattere prepaolino del?espres
sione. Per due volte Paolo parla del battesimo come effet
tuato, letteralmente, « in Cristo » (eis Christon: Gal 3,27)
o « in Cristo Gesù» (eis Christon Ièsoun: Rm 6,3). Manca
qui l’intermediario del « nome» ; come pure quando Paolo
menziona il battesimo « in Mosè» (eis ton Móysèn: lCo r
10,2), riferimento che ricalca i precedenti; senza contare
la loro probabile eco in lC o r 12,13, in cui la frase « bat
tezzati in un solo corpo» (eis ben soma) rinvia al « corpo
unico» (ben [...]soma), la comunità, ma identificata col (cor
po di) Cristo (12,12). A ltrettanti esempi che, pur appog
giando l’implicito riferimento a Cristo in lCo r l,13b-15,
mostrano che l’espressione tipicamente paolina non è « es
sere battezzati nel nome di Gesù» , ma piuttosto «essere
battezzato in o verso [eis] Cristo Gesù» . La formula lun
ga, con « nome» , precede quindi quella che Paolo usa di
sua iniziativa.
Ciò che si può già dedurre dalle lettere di Paolo viene
confermato dal resto del Nuovo Testamento che include
il « nome» in molte allusioni al battesimo, dimostrando cosi
che si tratta di una formula ormai consacrata dall’uso del
linguaggio cristiano.
Ma qui la questione prende nuovi sviluppi, perché in
realtà questo riferimento a Gesù offre una varietà di espres
sioni che, secondo certi autori, influenzerebbe la teologia
stessa del battesimo.
La formula di gran lunga la più attestata è quella che
abbiamo colto attraverso Paolo. Alla testimonianza indi
127
retta dell’ apostolo bisogna aggiungere in questo caso quel
le — questa volta dirette — degli A tti (8,16; 19,5)22, dove
si parla di essere « battezzati nel nome [eis to onoma] del Si
gnore Gesù» . Va aggiunta anche la formula trinitaria in Mt
28,19, in cui Gesù ordina di battezzare «nel nome [eis to ono
ma] del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» , un ordine
che la Didacbè (7,1) riafferma negli stessi termini in un con
testo rituale. Secondo l’opinione comune, la formula è un
derivato di quella che la precede nei documenti, conferman
do l’estensione e l’autorità di quest’ultima.
Più rare in questo contesto battesimale sono le locuzio
ni con epi ed en seguite dal dativo. A dire il vero, esse so
no limitate al libro degli A tti e, a parte le varianti, ciascu
na vi appare solo una volta. In A t 2,38 Pietro si rivolge
alla folla di Pentecoste: « Pentitevi e ciascuno di voi si fac
cia battezzare epi tòì onomati Ièsou Christou... »23. Più
avanti (At 10,48), lo stesso apostolo ordina di battezzare
i pagani di Cesarea en tói onomati Ièsou Christou. Queste
formule eccezionali in questo contesto hanno incuriosito
alcuni autori, che hanno sospettato lì delle intenzioni ri
tuali e teologiche particolari, diverse in ogni caso da quel
le che derivano dall’espressione eis to onoma24. Ma in
realtà questo significa attribuire troppo a Luca che, in que
sto caso, certamente non fa altro che seguire il suo istinto
che lo porta a imitare i Settanta25. Questi conoscono l’u
22 Cui va aggiunto A t 1 9,3, con la domanda: « C on che [eis ti, non eis lina] siete
stati b attezzati?» e ia risposta: « col battesimo di G iovanni» . Luca vuole evitare di men
zionare un battesim o «nel nome di G iovanni» (eis to onoma Ióannou), che potrebbe
rivaleggiare con quello effettuato « nel nome di G esù» ; da qui queste strane costruzio
ni, derivate in effetti dall’ espressione tradizionale che si legge in A t 19,5.
23 La variante (B C D pc) en tòt onomati deriva quasi sicuramente da un’ armoniz
zazione con 1 0 ,4 8 e con l’espressione corrente dei primi scritti cristiani.
24 Per una breve presentazione delie opinioni, cf r. M . Q uesnei, Baptisés dam l'E-
sprit, op. cii., p. 8 0 . La tesi propria dell'autore è che la formula con epi o en (di origine
semitica) significa che il battezzato si fonda su C risto m orto e risorto, m entre eis to
onoma tradurrebbe l’ appartenenza del battezzato al suo Signore (cfr. specialmente pp.
118-119).
25 Si potrebbe tuttavia am m ettere, con L. H artm an (La Formule^ bapty smale dam
lei Actes des Apàtres: quelques obsenatìons relatives au style de L ue, in A cause de l'Evan-
gile. Études [...] offertes att P. Jacques Dupont (LeD iv 123), Paris 1985, pp. 727- 738
128
so di en o epi tói onomati, specialmente a proposito di azioni
rituali e con Dio come complemento26. Al contrario essi
ignorano l’espressione eis to onotna usato tanto da Luca
che da altri autori del Nuovo Testamento a proposito del
battesimo. E quella che rappresenta, senza alcun dubbio,
la più antica formulazione del battesimo « nel nome di
Gesù» .
Ma qual è la sua portata?
Le risposte sono diverse, ma grosso modo si dividono
in due correnti, a seconda che si tenga conto o meno di
un originale semitico. Ecco alcuni tra gli esempi principali.
Wilhelm Heitmiiller, in un’opera rimasta celebre, Im Na-
men Jesu21, poneva le fondamenta di quella che è consi
derata l’opinione comune tra gli esegeti: colui che è bat
tezzato « nel nome di Gesù» passa sotto il suo potere, di
venta sua proprietà. Utilizzando i papiri, quest’autore sco
priva che l’espressione eis to onotna apparteneva alla ter
minologia bancaria e commerciale, dove il « nome» era in
questo caso quello della persona sul conto della quale una
certa somma o un certo bene venivano accreditati28. Più
tardi, Gerhard Delling29 esplora un altro campo, pura
mente teologico, per rendere conto dell’espressione e del
le sue varianti nel Nuovo Testamento. Per lui la persona
di Gesù e l’ evento che Dio opera tramite essa sono indis
sociabili. Perciò il battesimo « nel nome di Gesù» intro
duce il credente in questo evento, gli dà accesso alla sal
vezza escatologica realizzata in modo unico e una volta per
tutte in Gesù. Vi si riconosce l’influenza della teologia pao-
lina esposta nel capitolo 6 della lettera ai Romani. Michel
[732- 733]), che Luca abbia messo intenzionalmente le formule derivate dai Settanta
(con epi e en) sulle labbra di Pietro per scrupolo di ieratismo biblico, mentre eis to ono-
ma rappresenta l'espressione corrente deile Chiese di lingua greca. In realtà le due for
mule sono sinonime.
26 Epi: D t 18 ,5 ; 2 1 ,5 ; lC r 2 3 ,1 3 ; 2C r 14,10(11); M I 1,11 v.l.; en-. 2Sam 6,1 8 ;
2 2 ,5 0 ; IRe 8,44; 18,2 4 .2 5 .2 6 .3 2 ; 2Re 5 ,1 1 ; lC r 16,2; Sai 43 (ebr. 44),6; 62 (ebr. 63),5.
27 « Im Namen Jesu »; emc sprach- und reiìgionsgeschicbtlicbe Untersuchung zum Neuen
Testament spezici! zur altchristlichen Tau/ e (FRLA N T 1-2), G òttingen 1903.
28 Cfr. gli esempi raccolti da M . Q uesnel, Baptisés dans i'Esprit, op, cit., pp. 115-116.
29 Die Z ueigmng des Heils in der Tttufe, Berlin 1961.
129
Bouttier, sensibile alla sfumatura di movimento della pre
posizione eis, più che l’evento salvifico considera lo stato
presente del cristiano, risultato di questo evento: «Essere
battezzato eis Christon significa quindi essere trasferito verso
il Cristo Gesù, per vivere d ’ora in poi in lui, e l’espressio
ne eis Christon potrebbe essere esplicitata: eis to einai en
Christ0i»iQ.
Sempre con lo scopo di spiegare la misteriosa formula,
altri autori sfruttano un altro campo, quello della lingua
rabbinica.
Sono molti quelli che dietro il greco eis to onoma vedo
no l’espressione leshem (ebraico) o leshùm (aramaico). In
questa il termine « nome» non ha il suo significato proprio,
ma forma una preposizione composta. E comprensibile l’im
barazzo che si prova nel tradurla nelle nostre lingue, per
ché il rapporto che essa traduce varia, come abbiamo
visto31, secondo i casi e i contesti. Può significare «a cau
sa di», « in considerazione di» , « in riferimento a» o, mol
to semplicemente, « per» . La ripartizione delle sfumature
tra finale e causale, senza essere arbitraria, è in realtà troppo
schematica.
A proposito del battesimo Hans Bietenhard, ad esem
pio, nella voce « Onoma» del Kittel-Wórterbuch, ha con
servato il significato finale32. Questo autore, pur confu
tando la tesi di Heitmuller, non è lontano dal congiunger
si con essa attraverso un’indagine in campo semitico: ba
sandosi sull’uso della formula presso i rabbini per designare
lo scopo o l’intenzione di un rito, egli arriva ad affermare
che essere battezzato « nel nome di Gesù» non significa
nient’altro che essere ordinato, votato, consacrato a Ge
sù. In questo caso — si fa notare33 — è tutto sommato
30 E» Christ. Etude d'exégèse et de théologie paulinienne (EH PhR 54), Paris 1962,
p. 37.
31 C fr. pp. 105- 106.
32 G LN T , V il i, 770- 774.
33 O . Kuss, Z ur vorpaulinischen Tauflebre im Neueti Testametit, in T hC l 41 (1951)
289 - 3 0 9 (289), o in O . Kuss, A usiegung und Verktindtgung, I, Regensburg 1963, pp.
9 8 - 1 2 0 (98).
130
di poca importanza che la locuzione sia di formazione gre
ca o di derivazione semitica.
Per quest’ultima origine propende Lars Hartman34, fa
cendo notare che l’espressione è lungi dall’essere perfet
tamente univoca anche in un contesto rituale in cui serve
a « introdurre il genere, la ragione o lo scopo del rito, co
me pure la sua intenzione» 35. Per questo si preferisce non
circoscrivere troppo il significato quando si tratta del bat
tesimo e limitarsi a percepirvi il « riferimento fondamen
tale» a questo rito: questo battesimo è un Jesus baptism e,
senza pregiudicare una portata positiva, è cosi che veniva
distinto originariamente dal battesimo di Giovanni.
Dopo questo percorso ci permettiamo alcune osser
vazioni:
— L’espressione eis to onoma non è corrente in greco.
Essa si ricollega del resto ad altre costruzioni dell’A ntico
e del Nuovo Testamento in cui interviene il « nome» e che
sono degli evidenti semitismi. Certo, non sempre è così,
come, per esempio, quando si tratta di pronunciare il no
me di Gesù per scacciare i demoni o compiere dei
miracoli36. In altri testi è talvolta difficile ricondurre il
« nome» al rango di semplice strumento grammaticale, al
meno nella mente degli autori neotestamentari, che sem
brano attribuirgli ben altra consistenza” . Ma possediamo
abbastanza esempi in cui affiora indubbiamente la costru
zione ebraica o aramaica38 per trarne delle conseguenze là
dove la frase dà adito a equivoci. In particolare è il caso
delle formazioni con eis che si leggono in due passi di Mt.
Nel primo (10,41-42) si parla di accogliere un profeta, un
131
giusto, «uno di questi piccoli» (eis onoma prophétou, di-
kaìou, mathètou). Il senso è, senza possibilità di dubbio:
« perché profeta, giusto, discepolo» e la sfumatura è cau
sale. Lo stesso vale per il secondo passo (Mt 18,20): dove
«due o tre riuniti eis to emon onoma» lo sono in effetti
« a causa di Gesù» ; in altre parole, Gesù è la ragione della
loro assemblea. Bisogna intendere allo stesso modo nel caso
del battesimo? È per lo meno saggio, prima di esplorare
il linguaggio popolare greco delle transazioni commercia
li, cercare nell’ ambito linguistico che fu quello della Chie
sa primitiva, proprio là dove il battesimo vide la luce.
— Data l’ imprecisione di questo tipo di espressione in
ebraico e in aramaico, non è possibile decidere a priori sulla
portata della sua applicazione al battesimo. E, anche se
è legittimo servirsi di usi paralleli, gli stessi esempi
rabbinici39 che vengono addotti in proposito non offrono,
pur in contesto cultuale40, che delle lontane analogie e, in
definitiva, sono di scarso aiuto, se non per confermare l’e
strema disponibilità di queste formule.
— È verosimile che, originariamente, parlando di un bat
tesimo « nel nome di Gesù» si sia voluto distinguere il bat
tesimo cristiano da quello di Giovanni: battesimo «a cau
sa di Gesù» , « in riferimento a Gesù» , per distinguersi da
coloro che si erano fatti o forse si facevano ancora battez
zare rifacendosi a Giovanni Battista e al suo messaggio.
132
È piuttosto in quest’ottica e senza sconfinare su ciò che
appare prima di tutto come un’interpretazione teologica
e una ripresa41 che si hanno maggiori possibilità di coglie
re la portata più antica dell’espressione.
— Era tuttavia possibile che questa si evolvesse verso
un significato più pieno42, considerando il ruolo unico
della persona di Gesù nell’opera della salvezza. Un con
tributo in questo senso può averlo dato anche l’uso del no
me di Gesù da parte degli esorcisti e terapeuti. In effetti
Paolo, nella sua critica delle divisioni a Corinto, lascia in
tendere che essere battezzato « nel nome di Gesù» indica
va un’ adesione alla persona di Cristo, un’obbedienza alla
sua autorità, una sottomissione alla sua guida, simili a quelle
che i leaders in questione attiravano su di sé. L’omissione
del « nome» nell’abbreviazione tipicamente paolina « esse
re battezzato eis Khriston Iésoun» (Gal 3,27; Rm 6,3) può
essere considerata come l’indizio di questa evoluzione e
di questo approfondimento della formula lunga.
— Non è provato che l’espressione « nel nome di Ge
sù» sia stata inclusa nello stesso rito battesimale43. Visto
10 stato della documentazione, è più verosimile che si trat
tasse essenzialmente di qualificare il rito, non di fissarne
11 cerimoniale. Ci si comporterà in modo diverso quando,
secondo la testimonianza di Mt 28,19 e della Didachè (7,1),
si determinerà e si prescriverà la « formula sacramentale»
facendo appello alle tre persone divine.
133
può essere ugualmente utile quando, esponendo le sue teo-
rie personali, conferma in una certa misura le deduzioni
che abbiamo fatto.
Si tratta in questo caso della sua interpretazione del bat
tesimo come l’ atto mediante il quale il battezzato parteci
pa alla morte di Cristo sul Calvario. Questa interpretazio
ne viene esposta in Rm 6,1-14, e ripresa e completata in
Col 2,12-13.
Ma, innanzitutto, si tratta proprio di una teoria di Pao
lo? Questi, esprimendola, non dipende forse da una tradi
zione? Se fosse cosi, si sarebbe in grado di apportare un
contributo supplementare alle informazioni già ottenute.
Un buon numero di autori propende oggi per una risposta
affermativa all’interrogativo posto. Hanno ragione? Per sa
perlo è indispensabile valutare la portata di una formula,
a prima vista anodina, ma la cui posta in gioco è in realtà
notevole.
In Rm 6,3 Paolo apre la sua esposizione con queste pa
role: « O ignorate forse che tutti quelli che fummo battez
zati per unirci a Cristo Gesù, fummo battezzati per unirci
alla sua morte?» . La domanda a proposito di questo testo
è la seguente: Paolo, scrivendo « O ignorate... {è agnoei-
te) », usa una semplice formula retorica o lascia intendere
che i suoi lettori sapevano o avrebbero dovuto sapere ciò
che segue? Nel primo caso, la dottrina che sarà enunciata
può essere considerata come il prodotto della riflessione
del solo Paolo; nel secondo, Paolo fa appello a un insegna
mento che era già ricorrente tra i cristiani e che quelli di
Roma erano in grado di conoscere. Dato che l’interpreta
zione che Paolo dà qui del battesimo appare, nel Nuovo
Testamento, solo in lui (qui e in Col 2,12-13, che dipende
da Rm 6), si può comprendere l’importanza della scelta
concernente un’espressione che uno sguardo non esperto
considererebbe facilmente come accessoria.
Dal punto di vista del metodo, la prima cosa da fare è
confrontare il caso presente con altri usi della stessa fo r
mula o di formule simili da parte di Paolo stesso. In realtà
134
l’espressione « o igno rate...» (<? agnoeite) si legge nei suoi
scritti solo un’ altra volta, nella stessa lettera ai Romani
(7,1), quando, argomentando contro la perennità della legge
mosaica, scrive: « O ignorate, fratelli, — parlo a gente che
conosce la legge — che la legge ha potere sull’ uomo per
tutto il tempo che egli vive?» . In quest’ultimo esempio si
può benissimo ammettere che Paolo supponga presso i cri
stiani una certa conoscenza di ciò che egli stesso afferma.
Qualunque sia la legge di cui si parla44, l’inciso «parlo a
gente che conosce la legge» va in questa direzione.
Ma prima di trarre una conclusione su Rm 6,3 dobbia
mo esaminare i casi, molto numerosi, in cui Paolo ricorre
a una formula molto vicina alla precedente. A più riprese
Paolo inizia un’istruzione con queste parole: « O non sa
p ete...?» (é ouk oidate...)45:
44 Si esita tra la legge in generale o quella di M osè. Il contesto paolino orienta piut
tosto verso la seconda scelta. D el resto, sebbene di origine pagana, una parte della co*
munita di Roma conosceva la legge di M osè e l'insieme non era form ato da giuristi.
45 A ltre costruzioni paoline sono meno opportune a proposito del nostro tema. So
no: « N on voglio» o « non vogliamo che ignoriate» {ou thelo/thelomen [...]hy mai agnoebr.
lT s 4 ,1 3 ; lC o r 1 0,1; 12,1; 2C or 1,8; Rm 1,13; 11)25} e «desidero che sappiate» {gì-
nóskein [...] hymas boulom&ii Fìl 1,12), frasi che in se stesse lasciano capire che si tratta
di una nuova informazione. M eno chiaro è il caso dell’espressione gnòrizòjgnórizotnen
hy min (lC o r 1 5,1; 2C or 8 ,1 ; G al 1,11) che, almeno nel primo passo citato, evoca
piuttosto il ricordo di una predicazione anteriore, il che conferma il kerygma pasquale
che segue.
135
8. — O non sapete che chi si unisce a una meretrice forma
un corpo solo? (ICor 6,16).
9. — O non sapete che il vostro corpo è santuario dello
Spirito Santo? (ICor 6,19).
10. — Non sapete che quelli che celebrano il culto traggo
no il vitto dal tempio? (ICor 9,13).
11. — Non sapete che i corridori nello stadio corrono tut
ti, ma uno solo ottiene il premio? (ICor 9,24).
136
da molti autori47, secondo il quale le formule in questione
riguardano sempre in Paolo ciò che è realmente già conosciuto
e, di conseguenza, permettono di concludere che l’idea di
morire o di rivivere col Cristo al momento del battesimo fos
se, al tempo di Paolo, oggetto della fede comune delle Chiese.
Una simile generalizzazione è eccessiva e, in realtà, ogni caso
va esaminato in funzione dell’argomento trattato.
Si tratta lì di una formula retorica che, in molti degli esem
pi enumerati, ha solo la funzione di stimolare l’ attenzione
del lettore sull’enunciato di verità conosciute da tutti e che
nessuno penserà di contestare. Negli altri casi bisogna ac
cordare più peso a queste costruzioni e pensare che Paolo
intenda proprio sottolineare la conoscenza in quanto tale del
le verità in questione? Forse è vero, ma ancora una volta si
esita ad ammetterlo quando l’oggetto della conoscenza verte
su un punto dottrinale che, nel Nuovo Testamento, è tipi
camente e unicamente paolino. E, per concludere, non si può
contare sulla sola espressione « o ignorate... » per ammette
re che Paolo non fa qui che ricordare un insegnamento tra
dizionale. E senz’ altro possibile che questo insegnamento,
già maturato nella sua mente, non ne dubitiamo, raggiun
gesse per la prima volta i cristiani di Roma. In ogni caso non
sarebbe prudente usare la formula in questione per affer
mare il contrario.
Lasciamo ora la formula per affrontare il contenuto che
essa introduce. La prima parte di Rm 6,3 si legge quasi pa
rola per parola nella lettera ai Galati (3_,27), e nei due casi
si riconosce nella frase « essere battezzati in Cristo Gesù»
un’ abbreviazione dell’espressione tradizionale « essere bat
tezzati nel nome di Gesù» 48. L’eredità della tradizione è
molto meno certa nel seguito del testo di Rm 6 perché, al
47 Citiamo, tra gli altri, i com mentari seguenti: C. K . Barrett, A Commentary on thè
Epistkto thè Romam (BN T C ), London 1962, p. 121; O . M ichel, D er Brìef an die Ró mer
(K EK ), G òttingen 1963 {1 2 a ed.), p. 153; C . E. B. Crantield, The Epistle to theRomans,
(IC C ), Edinburgh 1987 (ristampa con correzioni), I, p. 3 0 0 ; U . W ilckens, D erB rief an
die Ró mer (EK K 6/ 2), Z iirich/N eukirchen 1 9 80,11, p, 11. Per una lista più completa,
cf r. A . J. M . W edderb urn, Bapthm and Resurrection, op. cìt., p. 4 0 , n. 3.
48 C fr. p. 127.
137
di fuori degli scritti paolini, mai il Nuovo Testamento fa del
battesimo una partecipazione alla morte di Cristo.
A dire il vero, Paolo stesso esprime solo una volta questa
teoria, se consideriamo la lettera ai Colossesi che la ripren
de e la completa (2,12-13) come pseudoepigrafica. Essa è
inoltre composita, poiché applica al battesimo una conce
zione della salvezza che Paolo espone a più riprese nelle sue
lettere senza aggiungervi l’ombra di una connessione ritua
le: la partecipazione dei credenti alla morte di Gesù al Cal
vario. Questo tema, che in Paolo è un doppione dell’inter
pretazione sacrificale — e tradizionale49 — della morte di
Gesù, in realtà non è stabile e ne abbiamo mostrato
altrove50 le varianti. In Rm 6,1-4 Paolo l’ associa al battesi
mo. Su questa operazione, che è una novità di Paolo e che
egli è il solo a effettuare nel Nuovo Testamento, ci si può
chiedere: prima di ricorrere a delle influenze esterne51, non
si può intravedere qui una certa eredità della tradizione cri
stiana?
La risposta è che in questo caso non tutto è innovazione,
e che è possibile stabilire un rapporto con la prima interpre
tazione del battesimo quale si è creduto di poter esporre nel
capitolo precedente.
Già il battesimo « nel nome di Gesù» , che in Paolo è di
ventato, abbreviato, un battesimo eis Chrìston lèsoun (Gal
3,27; Rm 6,3), stabiliva un legame tra il battezzato e Cri
sto. Qualunque sia il significato iniziale di questa formula,
si dubita che Paolo l’abbia lasciata nel vago relativo che es
138
sa allora poteva avere e che, per lui, il legame così stabilito
con Cristo acquistasse una profondità che portava il mar
chio della sua riflessione teologica. Rimane il fatto che vie
ne qui tracciata una linea continua che permette di non dis
sociare Paolo dalla tradizione.
A questa osservazione se ne può aggiungere una secon
da, di carattere più ipotetico. Poiché originariamente il bat
tesimo era finalizzato alla remissione dei peccati (nella li
nea di quello di Giovanni52), era normale metterlo in rela
zione con l’atto redentore di Cristo al Calvario. Questo at
to infatti, secondo la ripetuta testimonianza del Nuovo
Testamento53, riveste una funzione espiatoria in favore
dell’umanità peccatrice. Non si può affermare che il colle
gamento sia avvenuto prima di Paolo, dato che egli ne è il
solo testimone, ma, nell’effettuarlo, egli è talmente conforme
agli imperativi teologici comuni che si è portati a ipotizza
re qui un’eredità.
139
Conclusione
140
Queste somiglianze si spiegano per il fatto che Gesù in
un primo tempo aveva fatto parte, come pure alcuni dei suoi
discepoli, del movimento di Giovanni ricevendo il suo bat
tesimo. Egli stesso deve aver seguito la linea tracciata da Gio
vanni battezzando in un primo periodo della sua attività.
Per questi fatti la prima comunità disponeva di precedenti
che la spingevano ad adottare lo stesso rito per segnare l’ac
cesso dei candidati alla nuova fede e il cambiamento di vita
che esso implicava.
Non bisogna però nascondere le lacune della nostra co
noscenza in materia. A un certo punto della sua attività Gesù
smise di battezzare, e a questo fatto va aggiunta la distanza
cronologica che separa le prime attestazioni del battesimo
cristiano dalla morte di Gesù. Di conseguenza ignoriamo —
o almeno possiamo solo congetturare — come, dove e in quali
circostanze questo rito vide la luce nella Chiesa.
Quanto alla sua interpretazione all’alba del cristianesimo,
ciò che possiamo percepire dimostra, nonostante dei punti
comuni, un evidente allontanamento dal suo precedente gio
vanneo. Certo, la purificazione dei peccati legata all’ ablu
zione viene ricevuta nella prospettiva della fine dei tempi,
come per Giovanni Battista e secondo gli antichi profeti;
c ’è però la grande differenza che separa la coscienza di una
realizzazione della salvezza già cominciata dall’attesa di un
temibile giudizio. Giovanni distingueva il battesimo d’ ac
qua dal battesimo di Spirito Santo, e non appare che i pri
mi cristiani abbiano sempre né necessariamente collegato
il dono dello Spirito al battesimo. Ma la dove soprattutto
emerge la distinzione è quando il battesimo fa riferimento
alla persona di Gesù. Se è vero che originariamente la for
mula « battezzare» o «essere battezzato nel nome di Gesù »
probabilmente serviva solo a distinguere il battesimo cristia
no da quello di Giovanni, è possibile che in seguito ci sia stata
un’evoluzione verso un significato più profondo. Paolo lo
lascia intendere nella sua polemica contro le divisioni nella
comunità di Corinto (lC o r 1,12-16); inoltre, con la sua in
terpretazione personale del battesimo come partecipazio
141
ne alla morte di Cristo, permette di supporre nella remis
sione dei peccati inerente al battesimo un antico, se non pri
mitivo, rapporto di questo con l’espiazione compiuta al
Calvario.
142
APPENDICE
143
lineare che questo, proprio come l’alimento eucaristico (Gv
6,63), è efficace solo in funzione di un’economia salvifica
il cui ultimo stadio è il dono dello Spirito (Gv 3,6-8; cfr. Tt
3,5). Quanto a Me 16,16 — « Chi crederà e si farà battez
zare sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato » — ,
si concederà a H. Schlier che « questo non significa che la
seconda frase ritiri quanto dice la prima» 2, ma aggiungen
do che questo assioma, con il suo contesto (vv. 11.13.17),
mette più l’accento sulla fede che sul battesimo. In verità,
dei punti di vista esclusivi che tocchino le condizioni ritua
li della salvezza non possono richiamarsi al Nuovo Te
stamento3 e il credente, da parte sua, fa fatica a conciliarli
con la libertà di Dìo così come con la sua volontà di salvare
tutti gli uomini (lTm 2,4). Oggi chi oserebbe considerare
i non battezzati come una massa damnata}
Eppure, è più o meno sotto l’influenza di questa con
vinzione che alcuni Padri e teologi si sono preoccupati del
silenzio del Nuovo Testamento circa il battesimo degli apo
stoli e, più ampiamente, del gruppo dei discepoli radunati
nel cenacolo (At 1-2), tra i quali figura Maria, la madre
del Salvatore. Se si prende alla lettera la frase di Gesù in
Gv 3,5, com’è possibile che questi personaggi eminenti,
membri fondatori della Chiesa, abbiano ottenuto la sal
vezza? Le soluzioni addotte a questo problema sono varie
e a volte curiose. Senza la pretesa di essere esaurienti, ri
portiamo qui alcuni esempi, tratti qua e là dalla letteratu
ra cristiana a partire dai Padri della Chiesa fino agli scola
stici e ai loro commentatori.
2 ibìd.
J Cfr. Eb 9 ,9 - 1 0 ; lG v 5 ,6 (« non con acqua soltanto» ), e le osservazioni di A . O ep-
ke, voce « Baptó ...» , G LN T , II, 71; G . R. Beasley-M unay, Baptism, op. cit., p. 300.
* De Baptismo, 12: C Chr. SL, 1, pp. 2 8 6- 288.
144
che il battesimo degli apostoli non viene menzionato nel
la Scrittura, s’interrogavano sulla necessità di questo
sacramento3. Egli formula una serie di ipotesi, senza ac
cordare loro uguale valore, consapevole d’altra parte dei
suoi limiti in materia6. Una prima soluzione emerge dalla
risposta di Gesù a Pietro che domandava di essere lavato:
« Chi ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non
i piedi» (Gv 13,IO)7. Quindi Pietro era già stato battez
zato. Ma con quale battesimo? Almeno quello di Giovan
ni, rispondeva Tertulliano, contro coloro che arrivavano
fino al punto di negare che gli apostoli l’avessero ricevu
to. In effetti era normale che i futuri diffusori del vangelo
fossero stati così preparati ad accogliere il Cristo8. Del re
sto Gesù stesso era stato battezzato da Giovanni! Quindi
a maggior ragione conveniva che gli apostoli, peccatori quali
erano, si sottomettessero a questo rito di penitenza. Infi
ne, quelli che l’ avevano rifiutato, i dottori della legge e
i farisei, erano stati in seguito gli avversari di Cristo; se
ne può dedurre che i suoi discepoli si siano collocati subi
to nell’altro campo.
Ma qual era l’esatto valore del battesimo di Giovanni?
Tertulliano non lo dice. In realtà, stando al seguito del te
sto, questo primo tentativo di soluzione lo soddisfaceva
solo a metà. Del resto, non sembra che l’essenziale di que
sta risposta sia frutto delle sue idee, almeno se si prende
5 N on si tratta più qui degli gnostici cainiti e del lorò" portavoce femminile (cfr.
1,2- 3), ai quali Tertulliano risponde nella prima parte del trattato: gli scrupulosi, a dif
ferenza delle «vipere, aspidi, basilischi» (1,2), sono da ricercare tra i cristiani ortodossi.
6 Et nunc illis ut potero respondebo qui negant apostolos tinctos (12,3).
1 O ttato di M ilevi (C. Parm. Donat. V ,3: C S EL, t. X X V I, pp. 124-125) utilizza
lo stesso testo contro i donatisti: indipendentemente dalla qualità del ministro, un b at
tesimo amministrato nel nome della T rinità è valido e non è da ripetere. E proprio
di questo che tratta G esù in G v 13,10, dove la portata è generale e il riferimento non
è solo al caso di Pietro: altrimenti « C risto avrebbe detto: poiché tu sei stato lavato una
volta, non hai bisogno di essere lavato di nuovo».
8 12,4. La stessa idea è espressa in Adversus M arcianem (IV , 13,4: C C hr. SL, I,
pp. 572- 573), dove Tertulliano sviluppa una tipologia a partire da G s 4 ,1 - 9 .2 0 : i dodi
ci apostoli, che dovevano irrigare l ’universo delle nazioni con la conoscenza del vero
D io, sono paragonati, tra gli altri, alle dodici pietre tratte dal letto del G iordano per
ordine di G iosuè.
145
alla lettera il modo in cui egli introduce una seconda ipo
tesi che attribuisce ad « altri» {alti)9. Qui, e fin dall’inizio,
Tertulliano esprime il suo giudizio personale: « è in modo
abbastanza artificiale» (satis coacte) che si è voluto trova
re un sostitutivo al battesimo nella tempesta infuriata sul
lago di Tiberiade, quando la barca (con i discepoli) fu ri
coperta dalle onde (Mt 8,24 par.), o anche nell’avventura
di Pietro che rischia di annegare quando cammina sulle ac
que (Mt 14,30). Tertulliano reagisce come farebbe un ese
geta oggi: « Secondo me — egli scrive — essere bagnato
o inghiottito da un mare in tempesta è una cosa del tutto
diversa da un battesimo secondo un cerimoniale religio
so » 10. Infatti solo una visione materiale delle cose può at
tribuire all’ acqua un valore positivo in tale circostanza ed
è proprio così che pensa Tertulliano, poiché considera la
barca come la prefigurazione della Chiesa, « che, sul mare
del mondo, è sballottata dalle onde delle persecuzioni e
delle tentazioni» , mentre l’ azione del Signore, su richie
sta dei discepoli, consiste nel trionfare su questo elemen
to impregnato di un simbolismo ostile11. Questa esegesi
ha fatto giustamente fortuna, ma, è evidente, non risolve
il problema posto.
Ma non si tratta di un falso problema? Tertulliano pro
pende nettamente in questo senso, dato che offre in se
guito questa alternativa: « O gli apostoli hanno ricevuto
il battesimo e poco importa quale, o sono vissuti fino alla
fine senza essere battezzati» 12. In realtà il maestro di
9 Si ignota la loro identità. Certam ente Tertulliano aveva raccolto questa opinione
nei sermoni dei predicatori di Cartagine.
10 12 6 , .
11 12,7. Sulle radici culturali di questo simbolismo e le sue attestazioni nel seguito
della letteratura cristiana, si veda la bibliografia citata in F. Refoulé * M , D rouzy, SC
35, p. 27, n. 1 e 2. A ggiungere: J. Kahlmeyer, Seestum und Schiffbruch alsBi!dantiketi
Scbrìfttum, G reifswald 1934; R. M ach, D er Z aidik in Talmud und M idrascb, Leiden
1957, pp. 2 2 3 - 2 4 1 ; E. R. G oodenough, Jew ish Sy mbo h in thè G raeco- Roman Perìod,
V il i, N ew Y ork 1958, pp. 157- 165; E. H ilgert, The Ship and Related Sy mbo h in thè
New Testament, A ssen 1962; dello stesso, Symbolismtts und Heilsgeschichte in den Evan-
gelien: ein Beitrag iu den Seesturm und G emsenererzahlungen, in O ìkonomia.,. Festschri/t
fitr Oscar Cullmann, H am burg-Bergstedt 1967, pp. 51- 56.
12 12, 8.
146
Cartagine sembra preferire la seconda ipotesi e, per con
cludere, si sforza di giustificarla.
Infatti per quanto Gesù lasci intendere che Pietro sia
stato già battezzato (Gv 13,10), poteva con questo avere
di mira solo i futuri cristiani e voler promulgare per loro
il carattere non reiterabile del sacramento. Avendo così
prevenuto un’obiezione, Tertulliano arriva a formulare due
proposte complementari. Da un lato, gli apostoli avevano
beneficiato di privilegi tali che potevano benissimo sosti
tuire il battesimo: chiamati per primi, erano vissuti nella
« familiarità personale» (individuae familiaritatis praeroga
tiva) col Salvatore. Dall’altro, il vangelo ci informa che in
quel tempo la fede era la condizione sufficiente per la sal
vezza. Gesù dichiara infatti al paralitico: « La tua fede ti
ha salvato» e « i tuoi peccati sono rimessi» (Mt 9,2.22; par.).
Ora, chi più degli apostoli aveva avuto fede? L’ avevano
dimostrato quando avevano lasciato tutto per seguire Gesù!
In definitiva, per Tertulliano, la chiave dell’ enigma è
costituita da questa divisione tra il tempo della vita di Gesù
e l’era postpasquale. Egli lo afferma in modo esplicito quan
do, in seguito (13,2), tratta della necessità del battesimo:
« Un tempo, prima della passione e della risurrezione del
Signore, la salvezza era ottenuta dalla sola fede; ma da
quando per i credenti si è aggiunta la fede nella nascita,
passione e morte e risurrezione, il sacramento si è anch’esso
ampliato: è stato aggiunto il sigillo del battesimo» .
Questa opinione, dopotutto abbastanza giudiziosa, non
si impose presso i Padri e Ì loro immediati successori. Al
contrario, il primo suggerimento di Tertulliano si ritrova
con qualche sfumatura negli scritti di Pietro Lombardo13.
Questi considera prima di tutto il caso di quelli che furo
no battezzati da Giovanni e, ignorando lo Spirito Santo,
avevano riposto la loro speranza in questo battesimo: co
storo dovettero essere battezzati di nuovo con il battesi
mo cristiano, poiché quello di Giovanni aveva soltanto va-
147
lore di promessa, essendo conferito solo nel nome del fu
turo Salvatore; d ’altra parte la fede nel Cristo è indisso
ciabile dalla fede nello Spirito Santo. Al contrario, coloro
che, essendo stati battezzati da Giovanni, non avevano po
sto la loro speranza in questo battesimo e credevano nel
Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, non furono ribat
tezzati, ma gli apostoli si limitarono a imporre loro le ma
ni. Quest’ultima opinione è respinta all’unanimità dai com
mentatori delle Sentenze. In particolare, Tommaso d’Aqui-
no la giudica «del tutto irrazionale» {penitus irrationabile),
perché « il battesimo di Giovanni non conferiva la grazia
né imprimeva carattere: era solo un battesimo d’acqua. Per
cui la fede e la speranza che Ì battezzati [da Giovanni] ave
vano nel Cristo non poteva supplire a questa mancanza».
Era quindi necessario non solo «dare loro lo Spirito Santo
con l’imposizione delle mani, ma anche battezzarli nuo
vamente nell’acqua e nello Spirito » 14. Bisogna dire che
Tommaso d’Aquino colloca l’istituzione del battesimo dopo
la Pasqua15, conformemente ai dati scritturistici, mentre
il Maestro delle Sentenze, senza il minimo appoggio evan
gelico, presupponeva nella missione galilaica l’ordine di bat
tezzare, e questo, nel nome della Trinità... licet non sit
scriptum16.
Con un solenne anatema, il Concilio di Trento condan
nò l’ opinione secondo la quale il battesimo di Giovanni
avrebbe avuto, a certe condizioni, il potere di conferire
la grazia17. In effetti questo punto di vista non viene so
stenuto dall’insieme della tradizione patristica, che cerca
un succedaneo del battesimo cristiano per gli apostoli.
148
Gesù in qualche modo battezzò ì suoi
Efrem18, pur ammettendo che il battesimo di Giovan
ni fosse santificatore, essendo stato il suo autore anch’egli
« santificato dal comandamento ricevuto» , pensa che que
sto sia solo un paragone destinato a far emergere i vantag
gi di un altro battesimo, quello dei discepoli di Gesù. Ora,
questi sono stati sì santificati prima della Pasqua, ma da
Cristo e non da Giovanni, o con un battesimo d’acqua am
ministrato dallo stesso Salvatore19 o con un’ azione della
sua parola, come si può dedurre da Gv 15,3: « Vo i siete
già mondi per la parola che vi ho annunciata». C ’è però
una terza possibilità, che Efrem attribuisce ad « altri» , senza
per questo respingerla: « A ltri dicono: Quando donò il suo
corpo, questo fu per essi un battesimo» . In che modo?
Efrem ricorda Gv 6,53: « Se non mangiate la carne del Fi
glio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vi
ta in voi» , il che lo porta al ragionamento seguente: se la
partecipazione all’eucaristia è la condizione sine qua non
dell’ accesso alla vita eterna, non si può ammettere che i
discepoli abbiano precedentemente ricevuto il battesimo
né che Io abbiano conferito, dato che allora, ignorando que
sto mistero, essi non potevano «aver fede nel suo corpo
e nel suo sangue». Del resto, sia l’incredulità dei giudei
che la fede dei discepoli si manifestano in rapporto con
l’eucaristia (Gv 6,67-69).
A ogni modo i discepoli, in una forma o nell’ altra, de
vono essere stati battezzati, in base all’ assioma: « si può
donare solo ciò che si ha» 20. Questo principio, enunciato
in testa al paragrafo, ha enormi conseguenze, poiché fa di
pendere la validità del sacramento dalla sacramentalizza-
zione preliminare del ministro. Rimane il fatto che, di fron
149
L
te a questo problema, Efrem procede sempre per deduzione
teologica, senza raccogliere nella Scrittura il minimo indi
zio riguardante le circostanze e la forma del battesimo in
questione.
Meno distante dai dati scritturistici è la spiegazione che
vuole che gli apostoli siano stati battezzati in due tappe:
dapprima battesimo d’ acqua e poi, a Pentecoste, battesi
mo nello Spirito Santo. Il trattato anonimo De rebaptismate,
composto in Africa mentre era ancora vivo Cipriano (f
258), lo attesta molto chiaramente: « Il Signore infatti ha
prescritto a quelli che dovevano essere battezzati in seguito
di credere che sarebbero stati battezzati, non come lo era
no stati da lui [a se}, cioè nell’ acqua in vista della conver
sione, ma nello Spirito Santo» 21. Questo punto di vista,
ispirato da A t 1,4-5, oltrepassa i diritti del commentario
per il fatto che attribuisce il battesimo dei discepoli a Ge
sù in persona: gli A tti parlano solo del battesimo di Gio
vanni, e senza includervi Ì discepoli! Questo tipo di dedu
zione si ritrova, sebbene con un’importante diversità, nel-
l’esegeta bizantino Eutimio Zigabeno: questi pensa che «gli
apostoli furono sì rigenerati dall’acqua grazie a Giovanni,
ma [che] lo furono dallo Spirito Santo quando venne su
di loro sotto forma di fuoco» 22. Ecco nuovamente il ri
chiamo al battesimo di Giovanni, ma questa volta in mo
do tale che la sua efficacia sia giudicata insufficiente, co
me un battesimo conferito per tappe.
Agostino non ignora né il problema né le soluzioni pro
poste dai suoi predecessori. In lui predomina la regola già
21 Cap. II: C S EL, III/ 3, p, 7 2, La netta distinzione che l'autore del trattato stabi
lisce tra battesimo d’ acqua e battesim o di Spirito (accordato nella Chiesa con l'imposi
zione delle mani) affonda le sue radici nella polemica contro Cipriano che negava la
validità del battesim o degli eretici: questo, battesimo d ’ acqua amministrato in nome
di C risto, sebbene incompleto era sufficiente per la salvezza. L ’ autore invoca in suo
appoggio, tra gli altri, il caso dell’ eunuco etiope b attezzato dal « diacono Filippo» e
che prosegue la sua strada colmo di gioia, m entre non c’era lì alcun vescovo che gli
conferisse lo Spirito Santo (cap. IV ; C S EL, III/ 4, p. 74). Sull’importanza di questo
dib attito relativo alla storia del sacramento della confermazione, cfr. J. Lécuyer, La
Confirmation chez les Pères, pp. 27- 29.
22 Comm. in Job. 3; PG 129, 1161.
150
menzionata: se secondo Gv 4,2 Gesù non battezzava, ma
soltanto i suoi discepoli, questi, per compiere la loro fun
zione, dovevano essere già stati battezzati. A ll’ipotesi di
un sostitutivo mediante il battesimo di Giovanni, «come
alcuni pensano», Agostino preferisce quella che considera
un battesimo amministrato ai discepoli da Gesù in perso
na: avendo egli stesso dato l’ esempio del servizio lavando
Ì piedi degli apostoli, senza dubbio non disdegnò di bat
tezzare quelli che più tardi dovevano compiere questo mi
nistero nel suo nome23. Comunque sia, la frase che Cri
sto rivolge a Pietro in Gv 13,10 fa capire che questi era
già stato battezzato. In altri posti, tuttavia24, Agostino
tiene a precisare che questo battesimo non conferiva lo Spi
rito, a causa di un’altra frase di Gesù (Gv 7,39b): fu ne
cessario attendere « il giorno della Pentecoste» , quando il
Signore inviò lo Spirito « dall’ alto del cielo: per inviare lo
Spirito egli aspettava di essere glorificato» . Ma questo è
un punto di vista che Agostino è spinto a sfumare, poiché
ammette anche che un dono dello Spirito fu accordato ad
alcuni prima della glorificazione di Cristo: è il caso di quelli
che egli battezzava per mezzo dei discepoli (Gv 4,1-2), o
del buon ladrone, che avrebbe potuto dire: Memento mei,
Domine... solo in virtù dello Spirito Santo (cfr. ICo r 12,3).
Per armonizzare la cosa con Gv 7,39b, ad Agostino basta
suggerire che questa effusione dello Spirito era avvenuta
«segretamente» (latenter), a differenza della manifestazione
esteriore (manifestius) della Pentecoste25. Senza estende
re questo privilegio agli apostoli, Agostino ammette che
151
su questo punto sono permesse molte ipotesi, in propor
zione alla laconicità di cui dà prova il Nuovo Testamento.
Alcuni autori, senza essere più eloquenti dei precedenti
sul momento esatto in cui i discepoli ricevettero il battesi
mo, credono di poter fornire alcuni dettagli concernenti
la modalità della sua amministrazione. E la leggenda del
battesimo « di rimbalzo». Niceforo Callisto26 l’ attribuisce
al «divino Evodio» , presunto successore di san Pietro nella
sede di Antiochia, la cui lettera intitolata Phós avrebbe con
tenuto il seguente rapporto: « Cristo battezzò soltanto Pie
tro di sua mano. Pietro battezzò Andrea e i figli di Zebe-
deo. Pietro e Giovanni il Teologo battezzarono i settanta
discepoli». Come tutto ciò che Niceforo attribuisce a Evo
dio, anche questo riferimento manca di ogni fondamento.
Del resto la stessa informazione figura in altre fo nti senza
che vi si parli di questo personaggio. Basandosi sul V li
bro delle Hypotyposes di Clemente Alessandrino27, Gio
vanni Mosco28 riferisce il fatto in questione. Esso appare
ugualmente, con qualche variante, in Eutimio Zigabeno,
che l’aggiunge al proprio commentario di Gv 3,529: « Tut
tavia alcuni, vicino al tempo degli apostoli, scrivono che
Cristo battezzò Pietro e la Theotokos, che Pietro a sua volta
battezzò tutti gli altri apostoli» 30. Senza dubbio bisogna
vedere qui l’eco della tradizione di cui è testimone Nice
foro Callisto, che a sua volta si rifa al secondo vescovo di
A ntiochia. In ogni caso, sembra che questa leggenda fosse
sufficientemente diffusa.
Era pertanto difficile accettare l’idea che i discepoli non
fossero stati battezzati. Se alcuni pensavano di attribuire
al Precursore il compito di battezzarli, cercando di ridur
re per quanto possibile la difficoltà teologica di un simile
ricorso, altri non esitavano a immaginare lo stesso Gesù
152
che battezzava i suoi discepoli, e persino sua madre
stessa31. A ltri, basandosi sul fatto che Gesù, secondo la
testimonianza evangelica32, aveva realmente battezzato,
facevano fatica a credere che i suoi intimi non fossero sta
ti tra i primi beneficiari di questo rito, soprattutto là dove
si attribuivano ad essi gli effetti del battesimo cristiano.
}1 C fr. Pistis Sophìa, 122; Schmidt-Till, G C S, pp. 2 0 1- 202: « G esù vide lì una donna
che egli aveva battezzato tre volte quando era venuta a fare atto di penitenza, ma che
[in seguito] non aveva tenuto una condotta degna del battesimo. H Salvatore volle mettere
alla prova Pietro, per vedere se era misericordioso e disposto a perdonare, come aveva
com andato loro. D isse a Pietro: Ecco , ho battezzato tre volte quest'anima e, alla terza
volta, essa non ha tenuto una condotta degna dei misteri della luce. Perché essa rende
anche il corpo inutile? O ra, Pietro, compi il mistero della luce, che separa le anime
dall’ eredità di luce ecc.» . Lasciamo agli specialisti dello gnosticismo il com mento di
questo testo, del resto lontano dall’oggetto del nostro studio.
52 Le notizie di G v 3 ,2 2 .2 6 e 4,1 sono prese sul serio dagli antichi com m entatoti.
La siriaco-sinaitica adatta a essi l’ inciso di G v 4,2a con una glossa: « In ef fetti nostro
Signore non battezzava da solo, ma [battezzavano anche] i suoi discepoli».
35 Cfr. Ef tem , C. Haer, 2 2 ,1 8 - 1 9 ; Beck, C SC O 169, p. 84, dove il battesim o di
G esù da parte di G iovanni viene spiegato con un’ ordinazione sacerdotale a partire da
M osè e A ronne, di cui G iovanni, per una linea ininterrotta, era il successore. Una tra
smissione parallela viene attribuita da Efrem al vegliardo Simeone {Serm. de Doni, no
stro, 5 2 ; Lamy, I, col. 267): cf r. E. Beck, Le Bapléme chez saint Ephrem, in O rSy r 1
(1956) pp. 111- 136 (112, 131). Il punto di vista è qui completamente diverso da quello
di A fraate, il quale sminuisce l'azione del Precursore a vantaggio di quella di Cristo.
E noto Io stretto legame che la teologia e i canoni della Chiesa sira stabiliscono tra
la funzione sacerdotale e l’ amministrazione del battesim o, al punto da contestare la
validità di quest’ ultimo se amministrato da un laico. N ella stessa linea, si veda l’ elogio
smaccato del sacerdozio nel poema di N arsai sul battesimo (trad. fr. di A . G uillaumont,
in O rSy r 1 [1956] 191-194).
153
tesimo \macmudità dashrarà] [...]. E dopo aver lavato lo
ro i piedi e aver ripreso il suo posto, diede loro il suo cor
po e il suo sangue. Diversamente avvenne per gli Israeliti
che, dopo aver mangiato la Pasqua, furono battezzati nel
la nube e nel mare (ICo r 10,l)34. A fraate, pur ammetten
do che Cristo abbia rivelato il nuovo battesimo in occa
sione della propria immersione nel Giordano35, sostiene
che l’istituzione del sacramento è legata alla lavanda dei
piedi. Ora, è degno di nota il fatto che questo gesto di Cri
sto sia seguito dalla comunione eucaristica dei discepoli,
un fatto che non deriva da una lettura del quarto vangelo,
ma si basa sulla pratica dei due sacramenti cristiani d’ini
ziazione. E quindi legittimo domandarsi se Afraate, quando
considera la lavanda dei piedi come l’istituzione del bat
tesimo, più che farsi guidare dalla sola riflessione non sia
stato influenzato dal cerimoniale che praticava: non che
nella sua Chiesa il battesimo consistesse nel lavare i soli
piedi dei candidati, ma non è completamente gratuita l’i
potesi che considera che un pedìluvium sia stato, in questa
Chiesa, associato al rito battesimale, sull’eserapio di quanto
si trova in Occidente36.
Riguardo alla Vergine Maria, una tradizione, già
menzionata37 riferisce che Gesù la battezzò, così come fe
ce per gli altri apostoli. Si pensa naturalmente al battesi
mo d’acqua. Non è però di questo avviso Efrem che, nei
suoi inni sulla Natività, suggerisce un sostitutivo tra i più
sottili: il concepimento verginale. Ascoltiamo Maria che
si rivolge al Figlio:
154
Come devo chiamarti, / o tu che ci sei estraneo, ma che
sei diventato uno di noi? / Devo chiamarti figlio, fratello, spo
so, / Signore, tu che hai generato [tua] madre / con una se
conda nascita attraverso le acque? / Infatti [ti] sono sorella
della casa di Davide, / che è per noi un secondo padre; e io
sono madre / perché ti ho portato nel mio seno; / e sono spo
sa/ a motivo della tua castità. Serva e figlia: di sangue e d’ac
qua, quella che tu hai riscattato, l’hai battezzata [...]. E co
me io l’ho generato di una seconda nascita, / anch’egli mi ha
generato di una seconda nascita38.
155
stenerlo è Girolamo, quando commenta la frase di Gesù
al Precursore « Lascia, per ora» (Mt 3,15): « Giustamente
dice “ Lascia, per ora” per dimostrare che se il Cristo de
ve essere battezzato nell’ acqua, Giovanni deve esserlo da
Cristo nello Spirito» . Questa espressione può essere com
presa anche nel senso che Cristo, avendo assunto la forma
di servo, doveva arrivare più tardi fino al massimo dell’u
miltà che si addice a questo. O ancora: Giovanni Battista
doveva comprendere che avrebbe subito la prova purifi
catrice del fuoco in occasione del giudizio esercitato dal
Cristo (Mt 3,10-12). Infine: « “ Lascia, per ora” dice il Si
gnore, [come se dicesse:] ho anche un altro battesimo in
cui dovrò essere battezzato [Le 12,50]; tu mi battezzi nel
l’acqua, perché io ti battezzi a causa mia nel tuo sangue»
(Mt 14,3-12; par.)43.
Da questa serie di interpretazioni a scelta del lettore non
scaturisce affatto che Gesù abbia amministrato a Giovan
ni Battista un battesimo d'acqua. Fuoco del giudizio, san
gue del martirio e, per cominciare, battesimo di Spirito,
e quest’ultimo opposto giustamente al battesimo d ’acqua
(Mt 3,11; par.): se Girolamo si è preoccupato, come sem
bra, di accordare al Precursore un equivalente del sacra
mento cristiano, questo equivalente non ha nulla di rituale.
Lo stesso dicasi dell'Opus imperfectum in Matthaeum. Il
vescovo ariano, autore di questa raccolta di commenti e
sermoni, fa riferimento come a malincuore a degli apocri
fi, da cui però non trae più di quanto già sappiamo da G i
rolamo. In effetti, il battesimo annunciato dalla frase: « La
scia, per ora» non è definito come un battesimo d’ acqua,
ma di Spirito. Di originale ha solo il fatto di essere ammi
nistrato, a quanto sembra, subito dopo il battesimo di Gesù
da parte di Giovanni44.
Nessun passo avanti su questo punto si fa con Tomma
so d’Aquino, che si basa sui due autori precedenti. Per l’ au-
156
tore della Summa theologica si tratta di rispondere a un’o
biezione: come si può dire che quelli che erano stati battez
zati da Giovanni dovevano ancora ricevere il battesimo di
Cristo? Infatti, «colui che è battezzato è inferiore a colui
che battezza» ; quindi, inversamente, Giovanni è superio
re a Cristo, avendolo battezzato senza essere battezzato da
lui. No, risponde Tommaso, perché anche Giovanni è sta
to battezzato da Gesù. E vero — egli confessa — che Cri
sostomo (al quale si è a lungo attribuito l ’Opus imperfectum)
ha tratto questo dettaglio dai libri apocrifi; « tuttavia è cer
to, come dice Girolamo, che “ come il Cristo è stato battez
zato nell’acqua da Giovanni, così Giovanni doveva essere
battezzato dal Cristo nello Spirito” »45. Non si tratta per
ciò qui di abluzione nel senso proprio.
Quando invece da Tommaso d’Aquino si passa ai suoi
commentatori, lo stadio puramente spirituale viene supe
rato. Tommaso De Vio, detto Caetano, fa risaltare che la
Scrittura non contiene nessuna affermazione chiara circa il
fatto che Giovanni e gli apostoli abbiano ricevuto il batte
simo di Cristo sotto forma materiale. E nondimeno « ragio
nevole», aggiunge, ammettere che l’abbiano ricevuto. Da
una parte, infatti, Giovanni doveva compiere il dovere che
egli si imponeva nel dichiarare: «Sono io che devo essere bat
tezzato da te ». Quanto agli apostoli, era giusto che riceves
sero il battesimo che essi stessi dovevano amministrare: è
cosi che argomenta Agostino46, e la sua argomentazione è
buona. L’ obiezione che si potrebbe sollevare sulla base di
A t 1,5 è facilmente confutabile: il battesimo nello Spirito
Santo, sebbene si opponga al battesimo di Giovanni nell’ ac
qua, include nondimeno un’abluzione, se si tiene conto di
Gv 3,5. Dicendo quindi « Giovanni vi ha battezzato nell’ac
qua», Gesù — come lo stesso Giovanni, di cui Gesù riprende
qui le parole — voleva dire « nell’ acqua soltanto» 47.
157
Il Precursore, come pure gli apostoli, avrebbe quindi ri
cevuto da Cristo proprio il rito dell’ acqua arricchito dal
dono dello Spirito. Billuart va ancora oltre; non contento
di riprodurre l’opinione precedente, egli sostiene che «è
anche pienamente verosimile che Cristo abbia istituito il
battesimo effettuando quello di Giovanni» , e ciò anche
prima di riceverlo da quest’ultimo. Infatti, dichiarando:
« Sono io che devo essere battezzato da te» , Giovanni vo
leva dire: « Fa’ quanto ti chiedo, battezzami; dopo di che
10 ti battezzerò» , offrendo così a Gesù l’occasione di com
piere un atto inaugurale48.
158
ti sono completamente mute circa il battesimo degli apostoli,
di Maria e di tutte le persone che erano nel cenacolo. Circa
la possibilità di interrogare questi scritti per sapere quando
il battesimo divenne obbligatorio, tutto quello che si può
dire è che, in base sia alla notevole antichità di questo rito
sia all’importanza a esso attribuita nel cristianesimo, la sua
necessità ad salutem dovette essere sentita molto presto. In
ogni caso è quanto testimoniano, verso la fine dell’epoca apo
stolica, sia il precetto di Cristo in Mt 28,19, sia la regola dog
matica che figura nell’appendice di Me (16,6). L’utilizza
zione degli A tti degli Apostoli è più delicata. Tenuto conto
del disegno storico-teologico del loro autore, l’esegesi con
temporanea è poco portata a coinvolgere questo scritto in
una problematica che gli era certamente estranea. Questo
significa che una posizione antisacramentalista non può farsi
forte dell’assenza di un battesimo d ’acqua nei discepoli riu
niti nel cenacolo per concludere che questo rito non sia pri
mitivo e che in seguito abbia preso il posto di un’iniziazio
ne di tipo soprannaturale ed « entusiastica» , simile al feno
meno della Pentecoste e ai suoi omologhi evocati negli
A tti51. Né si possono addurre questi ultimi in appoggio a
certe correnti di pensiero pentecostali attuali, in cui si so
stiene che i discepoli del cenacolo, quando ricevettero lo Spi
rito, erano già convertiti, salvati e rigenerati (per il battesi
mo d’acqua); mentre l’irruzione dello Spirito era per essi una
seconda esperienza, diversa dalla prima, una seconda tap
pa che si imporrebbe a ogni cristiano52. In realtà la manife
stazione divina della Pentecoste non appare, negli A tti, né
come un succedaneo del battesimo d ’acqua, né come un’e
159
sperienza che è in qualche modo un doppione di quest’ulti
mo e completa la sua azione. Da una parte infatti essa sì op
pone proprio al battesimo d ’ acqua, opera del Precursore (At
1,5); dall’altra, non si tratta nel vangelo di Luca (né altro
ve) di un’operazione che potrebbe essere assimilata, da vi
cino o da lontano, al battesimo cristiano e di cui le persone
del cenacolo avrebbero beneficiato in anticipo.
In definitiva, è si possibile che l’autore degli A tti abbia
considerato la grazia visibile della Pentecoste come com
prendente, tra gli altri effetti, i doni fondamentali del bat
tesimo cristiano. In questo caso, egli avrebbe adottato in
anticipo l’ opinione secondo la quale un battesimo d ’ acqua
non era necessario per coloro che erano stati, in modo co
sì eccezionale, «battezzati nello Spirito Santo». Ma si tratta
solo di un’ipotesi e, supponendo che diventi certezza, ri
guarderebbe soltanto la convinzione di un autore preoc
cupato più della dottrina che dell’esattezza storica. Anche
se si ha sempre il diritto di interrogarsi sul battesimo di
coloro che condivisero l’esistenza terrena di Gesù, i docu
menti di cui lo storico dispone non autorizzano, in questo
campo, alcuna conclusione certa.
160
IN D ICE
Introduzione » 7
1. ORIGINE DI UNVOCABOLARIO » 11
2. IL BA TTESIMO DI GIOVANNI » 23
2.1 Le fonti » 23
2.2 Gesù e Giovanni Battista » 24
2.3 Battesimo, conversione e perdono dei peccati » 27
2.4 L’altro «battesimo» » 31
2.5 II ruolo di Giovanni » 39
2.6 Dei «discepoli» di Giovanni Battista? » 43
2.7 La testimonianza di Giuseppe Flavio » 46
2.8 Giovanni e il «movimento battista» » 51
171
BA TTESIM O DI GESÙ
IL BA TTESIMO CRISTIANO pag-
5Ù BA TTEZ Z A TORE »
97
98
101
105
110
173