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MISSALE ROMANUM

EX DECRETO SS. CONCILII TRIDENTINI RESTITUTUM AUCTORITATE S. PII Pp. V PROMULGATUM B. JOANNIS Pp. XXIII CURA RECOGNITUM

PREMESSA GENERALE I testi latini proposti concordano con lEdizione Tipica del Messale promulgato dal
Beato Papa Giovanni XXIII nel 1962. Sia il Ritus servandus che le Rubriche dellOrdinario della Messa, seppur fedeli alloriginale, sono state tradotte liberamente con aggiunte esplicative a cura di traduttori ed esperti di liturgia.

Affinch la Santa Messa Tridentina, liberalizzata dal Motu Proprio "SUMMORUM

PONTIFICUM di Sua Santit Benedetto XVI, sia celebrata senza errori, illeciti e mancanze, si ricorda che suggerito luso del Messale Romano in cartaceo, stampato con il permesso di un Presule Ordinario che controllata la fedelt allEDITIO TYPICA, ne autorizza la stampa per uso liturgico.

INTRODUZIONE AL RITO STRAORDINARIO DEL MISSALE ROMANUM

Questo Rito Straordinario del Missale Romanum o Ritus Sancti Pii V, splendore e gloria della
Liturgia Gregoriana chiamato anche con il titolo di Messa Tridentina o Messa di San Pio V o anche Messa Piana o Messa Papista.

La celebrazione della Messa che segue le norme liturgiche del Concilio di Trento non costituisce loriginale latino della Messa che si ascolta quotidianamente nelle nostre chiese. Tale Messa corrisponde ad un impianto liturgico del tutto differente. Il rito sancito dalle riforme del papa San Pio V non un rito composto ex novo ma raccoglie in s secoli di tradizioni liturgiche risalenti dagli Apostoli

stessi, riordinate e ricomposte nel VI secolo da San Gregorio Magno (da qui tale Liturgia detta anche Gregoriana) per offrire alla Chiesa universale un rito uniforme e sprovvisto di confusione od elementi che potessero dare occasione a dubbi. Il rito tridentino della splendente Liturgia Gregoriana quindi richiede innanzitutto la conoscenza del latino ecclesiastico (che tutti i sacerdoti dovrebbero conoscere inquantoch materia obbligatoria nella ratio studiorum dei Seminari) e dei riti che materialmente costituiscono la Liturgia tridentina, quindi una conoscenza e perch no, luso dellUfficiatura divina, ovvero del Breviarium Romanum, dei Sacramenti e dei Sacramentali secondo le indicazioni del Rituale Romanum e la conoscenza del Codex Juris Canonici del 1917, che seppur ampiamente superato dal Nuovo Codice del 1983 per ci che riguarda le Norme e le Discipline che regolano la Chiesa Cattolica, possiede un ampia parte concernente il Diritto Liturgico della Messa Piana liberalizzata da Sua Santit Benedetto XVI. Un motivo di scoraggiamento per il Sacerdote che non conosce questa Messa e che si accosta per la prima volta a questo Rito, labbondanza di regole e prescrizioni, le Rubriche, (da qui lappellativo spesso dispregiativo di una Messa rubricistica), quasi che questa Messa sia ingessata da queste regolette. Dobbiamo considerare che la Liturgia Tridentina risponde alle esigenze delluomo che cerca Dio, e di Dio che viene incontro alluomo stesso attraverso la sua presenza sacramentale. quindi un liturgia sicura, certa ed esatta; tali caratteristiche non fanno che aumentare il pregio della liturgia uscita dalle decisioni conciliari di Trento perch in grado di immettere il credente nel solco del Deposito della fede che si espresso liturgicamente in modo uniforme sia dal punto di vista rituale che dal punto di vista teologico. Inoltre il rito tridentino un rito che per generazioni ha formato le schiere dei cristiani di tutto il mondo. ovvio considerare che, chi non ha conosciuto questa straordinaria ricchezza della liturgia e della fede, potrebbe rimanerne disorientato. Come fare quindi per superare una tale difficolt? Bisogna a nostro avviso entrare umilmente dentro a questo Rito non indietreggiando, quasi saltando la Riforma Liturgica data dal Concilio Ecumenico Vaticano II, ma con questa riformata

ricchezza apportata alla Liturgia, acquistare quel modus celebrandi amato, onorato e venerato da TUTTI i Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II. Dal punto di vista metodologico infatti importante conoscere e fare propri ambedue gli Ordinari perch la Divina Liturgia stessa possa respirare di nuovo nella sua perenne bellezza sempre nuova. Il Ritus Sancti Pii V e il Ritus Pauli VI meritano quindi la stessa attenzione e richiedono la stessa preparazione a che tutto sia svolto correttamente e con gli occhi fissi su Ges autore e perfezionatore della Fede, Sommo Sacerdote e Vittima che si offre nelle mani del Sacerdote per comunicare la Salvezza operata nel mistero Pasquale della sua Passione Morte e Resurrezione. Solo cos si potr realizzare laugurio rivolto a tutti i Sacerdoti della Chiesa Cattolica da Papa Benedetto XVI quando si auspicava che i due Ordinari, espressione dellUNICO Missale Romanum si fecondino a vicenda, senza confusione, nel rispetto di entrambe le identit e nella fedelt alla Chiesa che ne trasmette le ricchezze! I libri Liturgici di Trento, escluso il Rituale Romanum, non conoscono nulla di facoltativo, ma ogni Messa definita nei particolari. Il Sacerdote ha lobbligo di preparare per tempo la Santa Messa prima di accedere allaltare. C una genuina sacralit insita nel Ritus Sancti Pii V. I riti, segni sensibili, eseguiti con calma e correttamente, con stile di autentica preghiera, e le preghiere ben recitate, perch profondamente comprese ed accolti nellintimo, aiutano non solo chi celebra, ma principalmente chi partecipa alla Messa ad elevare il cuore e la mente solamente verso Dio. La Messa potr allora essere la vera e principale forma di preghiera: i gesti diverranno comprensibili ed abituali facilitando la partecipazione di tutti. La Messa Tridentina riformata dal beato Giovanni XXIII si divide in due forme letta (o Messa Bassa) e cantata e/o solenne; questultima se celebrata dal Vescovo, si dice Pontificale. Perch una Messa sia definita in questi tre modi, occorre che rispetti delle regole ben precise, circa i Ministri presenti, gli oggetti necessari, i riti collegati a ciascun stile di Messa. Non esistono mescolamenti di stili, per nessun motivo.

Il Sacerdote che legge non si stupisca dunque quando incontrer apertamente specificati divieti e obblighi. Quando lOrdo Miss parla di borsa, di velo, di manipolo, di Suddiacono pu lasciare interdetti coloro che conoscono solo la nuova liturgia. Abbiamo dunque cercato di colmare le principali lacune, senza appesantire con troppe descrizioni. Tuttavia non si parler delle cerimonie (le quali si possono conoscere con i manuali liturgici specifici) quanto piuttosto di Ministri, Oggetti e Spazi Sacri etc, limitandosi alluso pratico e dovendone omettere, nostro malgrado, la splendente mistagogia. Nel Ritus Sancti Pii V che abbiamo perfezionato rispetto a quello proposto a settembre del 2007 abbiamo apportato delle modifiche nelle Rubriche per facilitarne la comprensione e lutilizzo. Le parti in corsivo riguardano le rubriche per la Messa cantata o solenne che si distinguono dalla Messa letta o cantata, affinch il Sacerdote che non vi interessato possa sorvolarle agevolmente, evitando un surplus di notizie che facilmente gli confonderebbero le idee. Il grassetto invece usato per segnalare e mettere in guardia da elementi comuni ma divergenti rispetto alla Messa che normalmente celebrata in tutte le Chiese e Parrocchie dItalia. Infatti un Sacerdote che si trovasse nel dubbio, istintivamente opererebbe secondo quello che gi conosce dalla sua esperienza ad es. potrebbe essere indotto a ritenere qualche parte della Messa facoltativa oppure sentirsi autorizzato a celebrare dovunque e con qualsiasi cosa che abbia sottomano. *** Ci permettiamo di deporre, sotto lo sguardo e l'intercessione della Beata Vergine Maria, l'intero lavoro svolto per la Maggior Gloria di Dio. Alla Madre della Chiesa affidiamo opere ed intenzioni perch le orienti e le sostenga e perch l'uomo nella riscoperta bellezza della liturgia possa incontrare la Salvezza.

Qui immacultam Vrginem Maram, Flii tui Gentricem, Matrem et Saltem ppuli Romni constitusti, ut, ipsa protegnte, fdei certmen certet intrpitus, in Apostolrum doctrna firmus consstant et inter mundi procllas incdat secrus, donec ad clstem civittem ltus pervniat. (dal Prefazio della Salus Populi Romani)

COSE UTILI DA SAPERSI PER CHI IMPARA


A CELEBRARE SECONDO IL RITO STABILITO DAL

VETUS ORDO MISS DEL MISSALE ROMANUM


PARTICOLARIT DI ALCUNI TIPI DI MESSA GLI SPAZI SACRI I MINISTRI OGGETTI SACRI STRUTTURA DELLANNO LITURGICO PER IL SACERDOTE

DIFFERENZE DI ALCUNI TIPI DI MESSE A. Messa privata NB. L'aggettivo "privata" si riferisce alla intenzione per la quale la messa celebrata, e non in alcun modo collegato alla quantit di persone che assistono al rito o al livello di solennit del medesimo. In quanto alle intenzioni del celebrante, le messe si distinguono in: 1. conventuali (la messa che d'obbligo essere officiata dagli istituti con obbligo di coro), 2. pro populo (generalmente la Messa applicata secondo i Sacri Canoni, dai parroci al popolo che sotto la loro cura spirituale), 3. ad mentem episcopi (secondo una intenzione particolare indicata dal vescovo o dal Papa), 4. private (l'intenzione decisa dal sacerdote stesso, per s o per altri). La stragrande maggioranza delle messe che vengono officiate sono private. In genere consuetudine del popolo chiedere che venga applicata nella messa privata del sacerdote (feriale o domenicale) un' intenzione particolare, tradizionalmente legata al versamento di un' oblazione. Sono private, ad esempio, tutte le Messe che vengono officiate in suffragio di qualche defunto e anche tutte le messe domenicali eccetto la Messa pro populo cui il parroco tenuto a celebrare in virt del suo ufficio. Non si deve identificare questa classificazione con i termini "missa cum populo" e "missa sine populo", come se privato fosse sinonimo di "assenza di fedeli". Tale moderna terminologia invalsa solo dall'introduzione del rito della Messa promulgato da Paolo VI, e lungi dal voler regolare una precedenza di intenzioni, vuole solo proporre due diversi tipi di

schemi per l' Ordo Missae, a seconda che vi sia presente un'assemblea in grado di eseguire azioni liturgiche comunitarie come il canto d'ingresso, oppure no. Si ricordi infine che teologicamente il Sacerdote che celebra Messa non pu mai agire da persona "privata", ma sempre in persona Christi e compiendo unazione propria della Chiesa, e per lOrdine Sacro ha la potest di rappresentare la Chiesa tutta. il dogma della communio Sanctorum. Con il Rito di San Pio V il Sacerdote pu celebrare da solo, anche se normalmente si richiede che il Sacerdote abbia almeno una persona presente che risponda, preferibilmente un Ministrante 1. In ogni caso, il Sacerdote continua a pronunciare le formule rivolte al popolo usando il Voi anche senza che nessuno risponda (es. Dominus vobiscum, Confiteor vobis fratres, Orate fratres, Benedicat vos, Ite Missa est). B. Messe dei defunti Si usano esclusivamente paramenti neri. Anche il velo del calice e la borsa sono neri, tuttavia il canopeo del Tabernacolo ed eventualmente il paliotto dellAltare (se reca il SS. Sacramento, altrimenti si usa quello nero) devono essere violacei. Nella Messa funebre, al termine, viene impartita lassoluzione al feretro o al tumulo con laspersione e la turificazione (incensazione) del catafalco; il Sacerdote depone la pianeta ed il manipolo, e indossa il piviale, nero anchesso. Allinizio della Messa si omette il Salmo Iudica me, e, detta lantifona Introibo ad Altare Dei, si procede col versetto Adiutorium nostrum in nomine Domini.

Leggendo lIntroito, non si segna ma traccia una croce verso il Messale; lIntroito non intermezzato dal Gloria Patri ma dal Requiem ternam. Al Vangelo si omettono le formule Jube e Dominus sit, il bacio del libro e le parole Per evangelica. AllOffertorio non si benedice lacqua (ma si recita ugualmente la formula dellinfusione). Dopo il Pater non si dice lOrazione Domine Jesu Christe, qui dixisti Apostolis tuis. AllAgnus Dei non si batte il petto, termina con dona eis requiem dona eis requiem sempiternam. Non si dice Ite Missa est ma Requiescant in pace, non si imparte benedizione. Il Ministrante non bacia le ampolline allOffertorio. Si omettono la prima incensazione dellAltare, quella del Vangelo e, allOffertorio, quella dei Ministri e fedeli, incensando solo Altare e Sacerdote. Nellanniversario del defunto o in una Messa applicatagli si pu impartire lassoluzione al tumulo, con aspersione e turificazione. Il tumulo pu essere costituito da una struttura apposita o anche da un lungo tavolo (o due tavoli disposti per lunghezza) coperto dalla coltre, drappo nero recante impressa una croce GLI SPAZI SACRI (vedi immagine e schema riportati in coda alla descrizione) Come gi noto, la chiesa si suddivide in due spazi, cio il presbiterio o luogo dei Ministri Sacri e la navata o luogo dei fedeli. In una chiesa tradizionale, tuttavia, la distinzione ben pi marcata rispetto che nelle chiese postconciliari, perch fra i due spazi si pone la divisione netta e sensibile della balaustra.

La balaustra marmorea o lignea, e va coperta con una tovaglia solo in caso della Comunione generale. Poggia su un gradino, il quale utile perch vi si inginocchino i fedeli (possono anche disporsia alcuni cuscini sul gradino). La balaustra circonda il presbiterio o santuario. Nessun fedele salvo il sagrestano e i chierichetti dovrebbe oltrepassarla, anche al di fuori della Messa. Chi vi si accosta, se nellAltare si conserva il SS. Sacramento, fa genuflessione, altrimenti inchino alla Croce dellAltare. Qualora non fosse possibile ovviare allassenza della balaustra, durante la Comunione gli Accoliti stenderanno una tovaglia in sua vece, e i fedeli si comunicheranno inginocchiandosi davanti a quella. Il presbiterio oltre che separato anche rialzato rispetto alla navata. LAltare secondo le prescrizioni del Crimoniale Episcoporum ed i commentatori sar ulteriormente rialzato rispetto al presbiterio, con almeno tre gradini. Lo spazio del presbiterio antistante i gradini dellAltare si chiama tecnicamente piano (planum). Il gradino pi alto dellAltare, quello su cui star il Sacerdote durante la maggior parte della Messa,pu essere di legno e prende il nome di predella. LAltare virtualmente suddiviso in tre aree. Quella al centro, dove il Sacerdote lo bacia, da dove si rivolge al popolo voltandosi (tranne per il Prefazio), recita testi importanti (Kyrie, Gloria, Credo) e svolge la parte centrale della Messa dallOffertorio alla Comunione. La seconda area a destra guardando lAltare, detto lato dellEpistola perch l che il ministro ordinato legge o canta lEpistola del giorno; qui si recitano diverse orazioni e si svolgono altri riti. Infine il lato del Vangelo, a sinistra, ove si leggono le pericopi evangeliche del giorno e, quasi ad ogni Messa, lintero prologo del Vangelo secondo S. Giovanni. Le due estremit dellAltare si chiamano, dal latino, cornua (spigolo): rispettivamente cornu Epistulae e cornu Evangelii. Quando sono presenti alla Messa il Diacono ed il Suddiacono, essi canteranno lEpistola e il Vangelo ai lati corrispondenti, ma non sulla predella, bens in plano, cio sotto i gradini dellAltare. Da quanto si intuisce leggendo il punto precedente, in una chiesa posteriore alla riforma del Concilio di Trento non esistono uno o pi amboni. Ci pu essere tuttavia un pulpito sopraelevato da dove il Sacerdote, rivestito dei paramenti, rivolge ai fedeli un sermone esplicativo detto omelia o predica: esso distinto dal presbiterio e potrebbe persino essere in mezzo alla navata perch i fedeli ascoltino

meglio. Senza pulpito, il Sacerdote che predica si posizioner al lato del Vangelo ma rivolto ai fedeli. Allo stesso modo non esiste la sede secondo le moderne accezioni. C bens uno scanno o sedilia, a tre posti e senza divisioni per il Sacerdote e i Ministri che celebrano la Messa Solenne posizionato lungo la parete destra del presbiterio, in cornu Epistole e rivolto verso la parallela parte sinistra. Il trono del Vescovo, in uso nelle cerimonie pontificali, pi vicino al moderno concetto di Cattedra episcopale ma niente nella Liturgia Tridentina rimanda alle moderne concezione della sede o del luogo dal quale il sacerdote presiede la Liturgia. LAltare solitamente disposto verso Oriente o in fondo al presbiterio. Si richiede tuttavia che il Sacerdote mantenga lorientamento di modo che, sia i fedeli che il ministro contemplino e preghino orientati verso un unico punto convenzionale espressione e segno del Cristo Redentore, lux Oriens ex alto. Preferibilmente lAltare fisso, ben saldo su stipiti marmorei. Se c spazio tra esso e il fondo del presbiterio o labside, questo spazio pu essere utilizzato per farvi porre il coro del Clero assistente. Per la schola cantorum non esiste un luogo fisso obbligatorio, ma si sceglie secondo le possibilit che offre la chiesa rispettandone sempre le strutture e conservando la dignit di ci che si compie. La credenza, coperta dai drappi del colore dei paramenti da una tovaglia, dovrebbe essere normalmente a destra dellAltare, in cornu Epistolae. Su di essa si dispongono le ampolline con il loro vassoio e il catino del lavabo, il manutergio, il campanello per la Consacrazione, il piattino per la Comunione, la tabella delle Preci Leonine per la Messa privata o le altre tabelle della Messa cantata (vedi sotto in Oggetti sacri), oppure quando richiesto il secchiello dellacqua benedetta e la navicella con incenso e cucchiaino. Infine la navata, perlopi rettangolare, deve dare ai fedeli la possibilit di inginocchiarsi, giacch essi devono stare genuflessi per gran parte della Messa. La disposizione e il contegno devono mirare al raccoglimento e alla sacralit. Ultima menzione merita la sagrestia. Vi deve regnare lordine e il rispetto per le cose sacre ivi custodite, e soprattutto non dovrebbe accedervi nessuno che non abbia incarichi attinenti alla cura della

chiesa o al servizio liturgico. In ogni caso in sacrestia non deve trovare spazio nessun vociare inutile o qualsiasi altra forma di crocicchio che possa disturbare la preparazione dei sacerdoti che devono celebrare e dei fedeli che stanno pregando. Sul bancone centrale, ove si dispongono ordinatamente i paramenti, puliti ed intonsi, della Messa e delle funzioni del giorno, deve campeggiare una Croce alla quale Sacerdote e Ministri faranno inchino prima di uscire per la cerimonia e appena rientrati.

Figura del presbiterio secondo quanto detto 1. Croce dellAltare 2. Cupola (facoltativa) 3. Tabernacolo coperto da canopeo 4-9 Candelabri (questi si accendono per le Messe cantate) 10-11 Candele (queste si accendono per la Messa bassa) 12. Cartagloria dellultimo Vangelo 13. Cartagloria delle principali preci fisse 14. Cartagloria della preparazione del calice e del lavabo 15. Primo ripiano dellAltare (per le candele)

16. Secondo ripiano dellAltare reliquiari per lato)

(tra i candelabri si possono collocare fino a tre

17. Altare coperto da tre tovaglie (e in pi, fuori della Messa, velo coprialtare) 18. Stipiti dellAltare 19. Paliotto (facoltativo) 20. Cornu Evangelii (al lato del Vangelo) 21. Cornu Epistulae (al lato dellEpistola) 22. Plano (ai piedi dei gradini) 23-24 Primo e secondo gradino 25. Predella 26. Credenza coperta da tovaglia 27. Ampolline di acqua e vino su vassoio 28. Catinello per lavabo 29. Manutergio 30. Piattino della Comunione e tabella delle Preci 31. Sedile per il Sacerdote (usato solo nella Messa cantata o solenne) 32. Campanello per la Consacrazione 33. Balaustra munita di cancelletto

I MINISTRI Il Sacerdote indossa: amitto, alba, cingolo, manipolo, stola, pianeta. Il Diacono sopra amitto, alba, cingolo, trasversalmente, poi il manipolo e la dalmatica; la stola disposta

Il Suddiacono il chierico (seminarista) che ha ricevuto l'Ordine del Suddiaconato, che d la facolt di accedere allaltare e di ministrare i vasi sacri. Nella Messa solenne il Suddiacono ha anche il compito di cantare l'Epistola, oltre che di aiutare il Diacono nel suo servizio. Materia della sua ordinazione la consegna del calice e della patena vuoti da parte del Vescovo. Come gli ordini minori, il Suddiaconato d'istituzione ecclesiastica; secondo i teologi, e in particolare San Tommaso d'Aquino, la Chiesa ha infatti il potere di dividere le facolt del Diacono (che d'istituzione divina, insieme a quelle del Sacerdote e del Vescovo, come insegna il Concilio di Trento) in pi parti potenziali

a seconda delle necessit. Insegne liturgiche del Suddiacono sono il manipolo e la tunicella, ovvero come una dalmatica ma di foggia pi piccola, ed il velo omerale durante la Messa solenne, solo dall'Offertorio fino al Pater. Nella Chiesa latina alla ricezione del Suddiaconato legato l'obbligo formale del celibato, per cui la ricezione del Suddiaconato impedimento dirimente al matrimonio. Quindi canonicamente parlando il Suddiaconato considerato un Ordine Maggiore. Papa Paolo VI con la lettera apostolica Ministeria qudam del 15 Agosto del 1972, soppresse lantichissimo ordine del Suddiaconato, ancora esistente nelle Chiese orientali ed gli ordini minori della Chiesa latina: ostiariato ed esorcistato. Nella liturgia lufficio del Suddiacono, pu essere svolto (in mancanza) da un altro Sacerdote che ne assume i paramenti (senza stola!), oppure, secondo le rubriche del 1962, un chierico costituito in sacris (ovviamente secondo la prassi giuridica precedente al CIC del 1983); Il numero dei Ministri fisso. Per la Messa bassa: uno o due Ministranti. Per la Messa cantata: un Cerimoniere, un Turiferario e due Accoliti. Per la Messa solenne: come per la cantata con in pi un Diacono e un Suddiacono. Tuttavia, se vi fossero altri Ministri o Chierici, possono collocarsi in una zona a loro destinata del presbiterio o, in mancanza di spazio, dellassemblea in quanto coro, e, stando in cotta (e stola al momento della Comunione se questa Generale), attendono al canto senza svolgere servizio liturgico, e ricevendo unincensazione a parte. Ma non escluso che alcuni di essi accendano dei ceri dalla Consacrazione alla Comunione, disponendosi in fila in plano davanti allAltare. Come emerge leggendo il punto precedente, non mai ammessa dunque la concelebrazione. Solo nelle Ordinazioni Sacerdotali ed Episcopali i neoconsacrati leggono sub secreto il Canone insieme al Vescovo che lo proferisce ad alta voce (ma stando in ginocchio al loro posto in plano). I Ministranti o gli Accoliti, ed il Cerimoniere, indossano la veste (solitamente nera) e la cotta, non il camice, riservato ai Ministri Sacri. Non ammessa mai e per nessuna ragione la possibilit di Ministranti di sesso femminile, qualunque et abbiano.

Non esistono i ministri straordinari della Comunione e n gli Accoliti possono svolgere questo compito. Soltanto il Sacerdote pu distribuire la S. Comunione. In caso di popolo eccezionalmente numeroso, potrebbe farsi aiutare da un altro Sacerdote presente in chiesa (stante in cotta e stola), oppure dal Diacono che avesse lautorizzazione del Vescovo e il consenso del Parroco.

In alcune rare Messe (Quattro Tempora, Veglia Pasquale) possono avere pi letture. In tal caso, quando si celebra con maggiore solennit esterna, le letture dellAntico Testamento, dette Propheti, possono essere cantate in gregoriano secondo il loro tono proprio da un Ministro in cotta che sia in grado di farlo (se possibile, da un chierico che abbia ricevuto lOrdine Minore del Lettorato). Egli sta in plano, dal lato dellEpistola, rivolto verso lAltare e non verso il popolo. Circa il resto, lEpistola va cantata dal Suddiacono e il Vangelo dal Diacono nella Messa solenne, altrimenti entrambi dal solo Sacerdote. La schola cantorum pu essere sia maschile, sia femminile, sia mista. In caso di schola completamente maschile, sarebbe bene che i cantori indossassero veste e cotta. OGGETTI SACRI LAltare coperto da tre tovaglie, delle quali almeno una deve coprire tutta la mensa e scendere ai lati sino a terra. Le candele non possono essere a cera liquida ma necessariamente di cera naturale bianca (cera comune, gialla, prescritta solo per la liturgia funebre), secondo la forma Romana: stretta e lunga. Esse vanno disposte simmetricamente a destra e a sinistra, possibilmente scalate, avendo al centro la Croce (quando pontifica il Vescovo si accende una settima candela dietro la Croce). Al centro della mensa deve essere infissa la Pietra Sacra contenente le Reliquie. Il paliotto facoltativo, e deve essere del colore liturgico del giorno (il nero sostituito dal violaceo quando si tratta dellAltare del SS. Sacramento). LAltare pu essere sormontato da un baldacchino o ciborio (obbligatorio quando sopra laula della chiesa vi sono locali adibiti a uso profano) o da una grande

cupola; il Tabernacolo con la Croce disposta sopra di esso, possono essere coperti da elementi con foggia simile ai baldacchini. Il Tabernacolo o almeno la sua porticina, quando custodisce il SS. Sacramento, va obbligatoriamente coperto con un canopeo, il quale segue il colore liturgico del giorno o della Messa celebrata (ad eccezione del nero, sostituito dal violaceo). Anche la pisside va coperta da un velo, di colore bianco. Lostensorio prima e dopo lesposizione va coperto da un velo bianco, cos anche la sua teca custodita nel Tabernacolo. Il calice e la patena in quanto consacrati dal Vescovo per un uso esclusivamente sacro, non possono essere toccati che da un Sacerdote. Tuttavia il Parroco pu concedere a qualcuno il permesso esplicito di prepararli, coprendo almeno le mani con un velo. Non si usano patene a scodella, ma solo piatte e

lievissimamente concave. Per consacrare le ostie dei fedeli si usa la pisside con coperchio. Infatti la patena, sino alloffertorio e dopo la Comunione, deve stare sul calice. I vasi sacri esigono che almeno il loro interno sia dorato. I lini che vengono a contatto con le Sacre Specie, benedetti precedentemente dal vescovo, devono ricevere un primo lavaggio da qualcuno che abbia ricevuto almeno il Suddiaconato, e lacqua di questo lavaggio va versata nel sacrario. Considerando il fatto che nelle parrocchie questa figura quasi impossibile trovarla, opportuno delegare ufficialmente un uomo pio (o anche una donna) a compier questa mansione cos delicata e pia. Fatto quindi questo primo

lavaggio, i lini, possono essere puliti come di consueto, con tutto il dovuto riguardo. Lacqua residua dellampollina e del lavabo, essendo benedetta, va versata nel sacrario dopo la Messa. Il lavabo infatti amministrato con la medesima ampollina dellacqua. Il vino restante dellampollina, invece, non viene benedetto e pu essere gettato. NB: se il Sacerdote prevede di dover celebrare unaltra Messa nellarco di tre ore, non usa il vino nelle abluzioni ma solo lacqua, perch non rompa il digiuno eucaristico. Il sacrario presente in tutte le Chiese costruite prima della riforma liturgica (anche se molti sono stati tolti o murati dopo la riforma liturgica). una buca coperta da botola (oppure si presenta come un piccolo lavandino a forma di imbuto) che mette a contatto direttamente con la terra di fondazione della Chiesa, benedetta dal vescovo durante la posa della prima pietra. In esso si getta qualsiasi cosa che sia stata benedetta o consacrata in modo che torni alla natura creata da Dio e sia lusura a consumarla. Qualora non ci fosse in sacrestia o non si ha la certezza che lo scarico non sia stato erroneamente chiuso o peggio collegato ad un scarico del lavandino presente in sacrestia, bene individuare un piccolo spazio di terra attiguo alla sacrestia, recintato segnato magari con una piccola croce confitta nel terreno. Il Messale contiene di per s tutte le formule e i testi della Messa (comprese le letture servono altri libri liturgici
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e i toni cantati dal Sacerdote), non se non quelli con le melodie per i

cantori [NB: va bene il Graduale, ma il migliore di tutti il Liber

Usualis, che contiene il Kyriale, il proprio e lordinario di ogni Messa e di ogni Divino Ufficio, e altri canti, tutto in gregoriano]. Durante la Messa letta, il Messale sfogliato direttamente dal Sacerdote, mai dal Ministrante. Nella Messa cantata il Cerimoniere dispone il Messale ma non lo sfogli dinnanzi al Sacerdote mentre nella e Messa solenne spetta al Diacono. Il Messale non va poggiato sempre per lo stesso verso, ma sar dritto parallelamente allAltare quando in cornu Epistul, obliquo con le pagine verso il Sacerdote quando in cornu Evangelii o rientrato nel medesimo lato. Non si amministrano mai sacramenti durante la Messa, ma sempre separatamente. SullAltare si dispongono tre tabelle o cartegloria, in verticale. Quella di sinistra riporta il testo dellultimo Vangelo (Prologo del Vangelo secondo S. Giovanni), quella centrale contiene le principali preghiere fisse del Sacerdote, mentre quella di destra ha la formula per linfusione dellacqua nel calice e il salmo del lavabo. Fuori dalla Messa le cartegloria vengono rimosse o abbassate. Una quarta tabella sta sulla credenza e viene porta al Sacerdote, alla fine della Messa letta, dal Ministrante: essa contiene le Preci Leonine. Nella Messa cantata invece possono usarsi altre tabelle, sempre prelevate dalla credenza: la prima ha i testi per laspersione domenicale, poi i toni dellintonazione del Gloria, del Credo, dellIte Missa est. Luso del campanello alla Consacrazione sempre obbligatorio anche nella Messa privata, ad eccezion fatta per il periodo intercorrente tra la Cna Domini e la Veglia Pasquale. Lunico strumento musicale teoricamente lecito lorgano. Tuttavia c stato sempre luso di consentire anche strumenti classici

(archi, legni, ottoni, e chitarra ma solo se suonati secondo il canone proprio della musica classica etc.). Sono comunque esclusi gli strumenti popolari (es. chitarra - se suonata con gli accordi strappando le note con il plettro - , chitarra elettrica, batteria) o folk (es. tamburi e tamburelli, cembali di vario genere); altrimenti si pu sempre cantare a cappella (sola voce umana). Il canto nella Messa, gregoriano o polifonico, sempre in latino. Sono vietate le esecuzioni di musica registrata. Il Vetus Ordo conosce alcuni paramenti che nel Novus sono scomparsi o diversi. Ovviamente sono tutti necessari. o Il manipolo come una stola, ma pi piccola e molto corta, di origine Medievale, da allacciarsi al braccio sinistro; linsegna propria degli Ordini Maggiori, indica infatti il servizio: Sacerdotale, Diaconale e Suddiaconale. o Il velo del calice si pone sopra la palla e copre il calice fino alla base, almeno dal lato anteriore. [NB per conoscenza: i Prnotanda del Messale di Paolo VI, compresa lultima edizione promulgata, prescrivono ancora luso del velo. Esso soltanto caduto in disuso a causa dellincuranza dei Sacerdoti]. o La borsa un grande quadrato di tela rigida nel quale si entra il corporale piegato. Si tiene sopra il calice velato, viene rimossa appena il calice posto sullAltare in cornu Evangelii con il lato aperto rivolto verso il sacerdote e non verso lalto. Borsa e corporale si usano anche per lesposizione e benedizione del SS. Sacramento. o NB: Il velo del calice e la borsa sono considerati come un complemento dei paramenti del Sacerdote. Ne seguono

infatti il colore liturgico e, quando possibile, la stessa foggia (infatti spesso le sartorie ecclesiastiche vendono il complesso di pianeta, stola, manipolo, velo e borsa; aggiungendovi talvolta anche i paramenti per Diacono e Suddiacono). Per la loro disposizione vedesi figura riportata in coda. o La tunicella il paramento del Suddiacono, negli ultimi secoli ha assunto la medesima foggia della dalmatica; il Suddiacono dallOffertorio al Pater, indossa anche il velo omerale. o Il Vescovo ha altri paramenti (calzari, chiroteche cio guanti etc ed indossa sopra il camice la tunicella, la dalmatica e la pianeta). Inoltre utilizza pi mitrie (preziosa, aurifregata e semplice) delle quali le prime due anche nel corso della stessa celebrazione, la mitra preziosa quando accede e discende dallaltare e la mitra aurifregiata nel resto del Pontificale. Circa le altre particolarit si consulti un manuale di liturgia. o I Ministri Sacri quando procedono dalla sagrestia allAltare e viceversa possono indossare la berretta o tricorno (i religiosi alzano sul capo il cappuccio del loro abito); lassumono anche quando stanno seduti sullo scanno durante le Messe cantate, salvo toglierla per fare gli inchini prescritti. Chi tiene lomelia inoltre la indossa, deponendola alla fine. o La stola del Sacerdote sta incrociata e fermata con il cingolo quando si trova sul camice (non quando sulla cotta, cio per tutte le funzioni fuori dalla Messa). Quella del Diacono indossata trasversalmente, dalla spalla sinistra al fianco destro e fermata con il cingolo. Il Suddiacono non ha mai la stola.

Lalba o camice ha ununica foggia, cio aperto sulle spalle e allacciato davanti, perch le spalle e il collo siano visibilmente coperti dallamitto. Dunque non si usano camici con il collo chiuso o aperto da cerniera. La si indossa sempre sulla talare o sullabito religioso. usata solo per la Messa: nelle altre cerimonie (fossero sacramenti, benedizioni o processioni etc.) il Sacerdote indossa cotta e stola (abito corale) e, quando richiesto, il piviale.

Negli ultimi decenni prima del Concilio si introdotto luso di sostituire la pianeta tradizionale con la casula. Bisogna rilevare per che si trattava di casule ricalcanti lantica foggia medievale, dalle quali le casule che si vedono oggi sono abbastanza difformi.
Preparazione del calice

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Calice prima della preparazione Vi si pone sopra il purificatoio Poi la patena con lostia grande del Sacerdote (ed anche quella il Ministrante in caso di Messa privata) La palla sopra la patena piccola per

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Viene velato Il corporale viene entrato nella borsa La borsa con dentro il corporale si poggia sopra il calice velato.

Tenendo questo in mano, la sinistra al nodo del calice e la destra sopra la borsa per tenerla ferma, il Sacerdote accompagnato dal Ministrante, fatta riverenza alla Croce della sagrestia, si segna con lacqua benedetta e sale allAltare, sul quale lo porr estraendo e dispiegandovi sotto il corporale.

STRUTTURA DELL'ANNO LITURGICO Demonimazioni latine dei giorni della settimana: Dominica: Domenica | Feria II: Luned | Feria III: Marted | Feria IV: Mercoled | Feria V: Gioved | Feria VI: Venerd | Sabbato: Sabato Tempo dAvvento (paramenti di colore violaceo eccetto che nelle feste; rosa la terza domenica): - I IV Domenica di Avvento - Ferie IV, VI e Sabato della Terza settimana dAvvento: Quattro Tempora -24 Dicembre: Vigilia di Natale Tempo di Natale (colore bianco eccetto che nelle feste dei Santi Apostoli e Martiri): - 25 Dicembre: Natale - Ottava di Natale (sino all1 gennaio). La Domenica intercorrente si considera soltanto come Domenica tra lOttava - 2 Gennaio: SS. Nome di Ges - Ferie dal 3 al 5 Gennaio

Tempo dellEpifania (colore bianco eccetto che nelle feste dei Santi Apostoli e Martiri): - 6 Gennaio: Epifania - Domenica dopo lEpifania: Sacra Famiglia - 13 Gennaio: Battesimo di N.S.G.C. Tempo dopo lEpifania (colore verde eccetto che nelle feste): - dal 14 Gennaio alla Domenica di Settuagesima: numero di domeniche variabili da 2 a 6, a seconda della data della Pasqua Tempo di Settuagesima (colore violaceo eccetto che nelle feste): Si chiamano domeniche di settuagesima, sessagesima e quinquagesima le domeniche che precedono il mercoled delle Ceneri Dalla domenica di settuagesima fino al Sabato Santo la Chiesa non officia l'Alleluia, che un inno gioioso, ed usa paramenti viola, colore penitenziale. Nelle celebrazioni di queste settimane si ricordano ai fedeli il peccato originale, con la caduta dal Paradiso Terrestre, il diluvio universale inviato per castigare i peccatori, il sacrificio di Abramo che riceve in dono da Dio la vita del proprio figlio in premio alla propria dedizione. Lo scopo quello di richiamare l'attenzione dei fedeli sulla necessit di non strafare durante il carnevale e di astenersi dal partecipare ad eccessive manifestazioni di intemperanza. - Domenica di Settuagesima (9 domeniche prima di Pasqua) - Domenica di Sessagesima - Domenica di Quinquagesima e due ferie seguenti, luned e marted, prima del Mercoled delle Ceneri, che da inizio alla quaresima! (nella sola Diocesi di Milano, la Quaresima ha inizio con la I Domenica di Quaresima)

Tempo di Quaresima (colore violaceo eccetto che nelle feste; rosa la quarta domenica): - Mercoled delle Ceneri (Feria IV dopo la Domenica di Quinquagesima) - I IV Domenica di Quaresima - Ferie IV (mercoled) , VI (venerd) e Sabbato della Prima settimana di Quaresima: Quattro Tempora Tempo di Passione (colore violaceo eccetto che nelle feste): - I Domenica di Passione (V di Quaresima secondo il Novus Ordo). - II Domenica di Passione o delle Palme (piviale e stola rossi per la benedizione e processione; manipolo, stola e pianeta violacei per la Messa): Settimana Santa: - Feria II, III, IV (colore violaceo) Sacro Triduo: - Feria V in Cna Domini (colore bianco) - Feria VI in Passione et Morte Domini (colore nero, ma violaceo durante la Comunione) - Sabbato Sancto (paramenti violacei per la benedizione del fuoco, bianchi per la processione del cero e il Preconio per il diacono, violacei per le letture e la benedizione dellacqua, bianchi dallalleluia per la rinnovazione delle promesse battesimali e la Messa) Tempo Pasquale (colore bianco eccetto per le feste dei Santi Apostoli e Martiri): - Pasqua di Risurrezione (Novilunio dopo lequinozio di primavera) - Ottava di Pasqua (sino alla Domenica II di Pasqua o in Albis)

- III V Domenica dopo Pasqua - Rogazioni o Litanie Minori: Feria II e III dopo la V Domenica di Pasqua (colore violaceo) Tempo dellAscensione (colore bianco eccetto per le feste dei Santi Apostoli e Martiri): - Feria IV Vigilia dellAscensione - Ascensione (Feria V dopo la V Domenica di Pasqua, sono 40 giorni dopo Pasqua) - Domenica e settimana dopo lAscensione Tempo di Pentecoste (colore rosso): - Vigilia di Pentecoste simile alla Veglia pasquale - Domenica di Pentecoste (dieci giorni dopo lAscensione, 50 dopo Pasqua) - Ottava di Pentecoste - Ferie IV, VI e Sabato dellOttava di Pentecoste: Quattro Tempora Tempo dopo Pentecoste (colore verde eccetto che nelle feste): - SS. Trinit la domenica dopo Pentecoste (colore bianco) - Corpus Domini la Feria V dopo la SS. Trinit (colore bianco) - S. Cuore la Feria VI che segue la II Domenica dopo Pentecoste (colore bianco) - Numero di Domeniche variabile da 23 a 28. Qualora fossero pi di 24, tra la 23a e la 24a si integra il numero adottando la liturgia delle domeniche dopo lEpifania che fossero state omesse a suo tempo, ma procedendo a ritroso (la domenica seguente alla 23a si inserisce la VI dopo lEpifania, poi la V, la IV etc), purch lultima Domenica dellanno liturgico si celebri sempre col formulario della 24a del Tempo dopo Pentecoste.

- Ferie IV (mercoled) , VI (venerd) e Sabbato della settimana seguente alla festa dellEsaltazione della Croce (14 Settembre): Quattro Tempora (colore violaceo) - La festa di Cristo Re lultima Domenica di Ottobre (colore bianco) Le Quattro Tempora cadono fra la terza e la quarta domenica di Avvento, fra la prima e la seconda domenica di Quaresima, fra Pentecoste e la festa della Santissima Trinit e la settimana seguente l'Esaltazione della Santa Croce, (14 settembre). Nel calendario liturgico della forma straordinaria del rito romano, le Quattro Tempora sono quattro distinti periodi di tre giorni - mercoled, venerd e sabato - di una stessa settimana approssimativamente equidistanti nel ciclo dell'anno, destinati al digiuno e alla preghiera. Questi giorni erano considerati particolarmente idonei per l'ordinazione del clero. Le Tempora avevano inizio il primo mercoled dopo il giorno delle Ceneri (allora la prima domenica di Quaresima), Pentecoste, l'Esaltazione della Santa Croce e Santa Lucia. Questo comportava, ad esempio, che se il [14 settembre] cadeva di marted, le Tempora cadevano li 15, 17 e 18 settembre. Perci, le Tempora di settembre potevano cadere nella seconda o nella terza settimana di settembre. Questa comunque fu sempre la terza settimana liturgica di settembre, considerando la prima domenica di settembre quella pi prossima al 1 settembre (29 agosto piuttoto che 4 settembre). Per semplificare il calendario liturgico, papa Giovanni XXIII stabil che per terza domenica dovesse intendersi la terza domenica dall'inizio del mese. Quindi se il 14 settembre cadeva di domenica, le Tempora sarebbero state il 24, 26 e 27 settembre, 26. La Chiesa Cattolica prescriveva il digiuno in tutti i giorni delle Quattro Tempora e l'astinenza in ogni venerd, e i fedeli erano invitati a confessarsi.

Questa regola tuttora seguita dai Cattolici che osservano il calendario liturgico del 1962. Il 17 febbraio 1966, papa Paolo VI con il decreto Pnitemini escluse le Quattro Tempora dai giorni di digiuno e astinenza. NB. PER IL SACERDOTE: Il giorno della Prima Messa (e tutte le volte che Celebrer) il Sacerdote recita questa preghiera:

FORMULA INTENTIONIS ANTE MISSAM Ego volo celebrare Missam, et conficere Corpus et Sanguinem Domini nostri Jesu Christi, juxta ritum sanct Roman Ecclesi, ad laudem omnipotentis Dei totiusque Curi triumphantis, ad utlitatem meam totiusque Curi militantis, pro omnibus, qui se commendaverunt orationibus meis in genere et in specie, et pro felici statu sanct Roman Ecclesi. Gaudium cum pace, ememdationem vit, spatium ver pnitenti, gratiam et consolationem Sancti Spiritus, perseverantiam in bonis operibus, tribuat nobis omnipotens et misericors Dominus. Amen.

***
Intendo celebrare questa Eucaristia e consacrare il Corpo e il Sangue di nostro Signore Ges Cristo, secondo il rito di Santa Romana Chiesa, a lode di Dio Onnipotente e di tutta la sua corte celeste per il mio bene e quello di tutta la Santa Chiesa militante (e purgante), per tutti coloro che si sono raccomandati alle mie preghiere, in modo generale e in modo particolare, come anche per il felice stato della Santa Chiesa Romana. Il Signore onnipotente e misericordioso ci conceda di gioire nella pace, il perdono nella vita presente, il tempo per una vera penitenza, la grazia e la consolazione dello Spirito Santo e la perseveranza nelle buone opere. Amen..

Oltre questa intenzione bene formulare unintenzione generale perpetua allinizio del proprio Ministero Sacerdotale con queste parole:

Intendo consacrare oggi e sempre tutte le ostie collocate sul corporale!


Questo per evitare per esempio quegli scrupoli al momento della consacrazione, oppure per evitare di consacrare quelle ostie che potrebbero essere collocate da malintenzionati sotto la tovaglia, per utilizzarle a scopi sacrileghi. E bene per ricordare, soprattutto per le celebrazioni con il Novus Ordo, di mettere lintenzione qualora ci fossero oltre il numero di pissidi presenti sullaltare, pissidi fuori o parzialmente fuori il Corporale! In quel caso necessario mettere lintenzione solo per quella Celebrazione specifica quindi non per sempre.

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1 Il costume antico, sino alle riforme dellultimo ventennio che ha preceduto il Vaticano II (pontificati di Pio XII e Giovanni XXIII), prevedeva che il popolo assistesse in silenzio e sempre inginocchiato (alzandosi in piedi per i due Vangeli), cos da favorire il raccoglimento e lunione intima a Dio evitando distrazioni, mentre solo il Ministrante aveva il compito di rispondere al Sacerdote in rappresentanza dei fedeli. Di qui lespressione, tuttora comune presso i ceti pi popolari nonostante sia aborrita dai liturgisti, ascoltare la Messa. 2 Il Suddiaconato era un Ordine Maggiore 3 C un solo ciclo di letture. 4 Per le altre funzioni occorrono: Rituale Romanum (unico volume) per i sacramenti, benedizioni, esorcismi e varie; Memoriale Rituum per i riti delle funzioni liturgiche straordinarie (processione della Candelora e delle Palme, Sacro Triduo etc), Pontificale Romanum (unico volume) per le funzioni di spettanza del Vescovo, Liber Usualis (unico volume) per il canto solenne della Messa e dellUfficio (Breviarium Romanum in due o quattro volumi per la recita individuale o il canto semplice dellUfficio), Martyrolugium Romanum per il canto del Martirologio annesso alla recita dellOra Prima, Orationes in Benedictione Ss.mi Sacramenti per lesposizione e benedizione col SS. Sacramento, Cremoniale Episcoporum per tutto quanto attiene alla persona del Vescovo e ai riti delle sue cerimonie. Gli altri libri liturgici sono semplicemente degli estratti pratici di questi gi nominati: Graduale Romanum, Antiphonali (Diurnale e Nocturnale) lo sono del Liber Usualis, Ordo Miss Defunctorum lo del Missale Romanum etc.

Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia Rubricarum Instructum Decretum Generale Summorum Pontificum Lettera a tutti i Vescovi del mondo
n

SACRA RITUUM CONGREGATIO

INSTRUCTIO DE MUSICA SACRA ET SACRA LITURGIA


SECONDO IL PENSIERO DELLE ENCICLICHE DI PIO XII MUSICAE SACRAE DISCIPLINA E MEDIATOR DEI
Tre documenti di fondamentale importanza sono stati emanati dai Sommi Pontefici, nellepoca nostra, sulla Musica sacra, e cio: il Motu proprio di san Pio X, Tra le sollecitudini, del 22 novembre 1903; la Costituzione Apostolica Divini Cultus di Pio XI, di f. m., del 20 dicembre 1928; da ultimo la Lettera Enciclica Musicae Sacrae disciplina del Sommo Pontefice Pio XII, felicemente regnante, del 25 dicembre 1955; vi furono inoltre vari altri documenti pontifici di minore entit

e decreti di questa Sacra Congregazione dei Riti, concernenti lordinamento di ci che si riferisce alla Musica sacra. Tutti sanno che tra la Musica sacra e la sacra Liturgia intercorre, per la loro stessa natura, una cos stretta relazione, che non possibile fissare leggi o dare norme intorno alluna trascurando laltra. In realt, anche nei ricordati documenti pontifici e decreti della Sacra Congregazione dei Riti, ricorrono continuamente cose relative alla Musica sacra e insieme alla sacra Liturgia. Atteso poi che lo stesso Sommo Pontefice Pio XII, prima ancora di trattare della Musica sacra, aveva emanato, il 20 novembre 1947, laltra gravissima Enciclica sulla Sacra Liturgia Mediator Dei, nella quale con mirabile coordinamento sono esposte la dottrina liturgica e le necessit pastorali, sembrato cosa molto opportuna raccogliere organicamente dai ricordati documenti i punti principali concernenti la sacra Liturgia, la Musica sacra e la loro efficacia pastorale, ed esporli pi in particolare per mezzo di una speciale Istruzione, affinch ci che contenuto negli stessi documenti possa pi facilmente e sicuramente essere tradotto in pratica. Alla redazione di questa Istruzione contribuirono a bella posta uomini esperti nella Musica sacra e la Pontificia Commissione costituita per la riforma generale della Liturgia. La materia poi di questa Istruzione trattata nellordine seguente: Capitolo I Nozioni generali (nn. 1-10). Capitolo II Norme generali (nn. 11-21). Capitolo III Norme speciali. 1. Delle principali azioni liturgiche nelle quali entra la Musica sacra. A) Della Messa. a) Alcuni princpi generali sulla partecipazione dei fedeli (nn. 22-23). b) Della partecipazione dei fedeli nelle Messe in canto (nn. 2427). c) Della partecipazione dei fedeli nelle Messe lette (nn. 28-34). d) Della Messa conventuale, detta anche Messa in Coro (nn. 35-37).

e) Dellassistenza dei sacerdoti al sacrosanto sacrificio della Messa e delle cosiddette Messe sincronizzate (nn. 38-39). B) DellUfficio divino (nn. 40-46). C) Della Benedizione eucaristica (n. 47). 2. Di alcuni generi di Musica sacra. A) Della polifonia sacra (nn. 48-49). B) Della Musica sacra moderna (n. 50). C) Del canto popolare religioso (nn. 51-53). D) Della Musica religiosa (nn. 54-55). 3. Dei libri di canto liturgico (nn. 56-59). 4. Degli strumenti musicali e delle campane. A) Alcuni princpi generali (n. 60). B) Dellorgano classico e strumenti simili (nn. 61-67). C) Della Musica sacra strumentale (nn. 68-69). D) Degli strumenti musicali e delle macchine automatiche (nn. 70-73). E) Delle azioni sacre da trasmettersi per radio e televisione (nn. 74-79). F) Del tempo nel quale proibito il suono degli strumenti musicali (nn. 80-85). G) Delle campane (nn. 86-92). 5. Delle persone che occupano una parte rilevante nella Musica sacra e nella sacra Liturgia (nn. 93-103). 6. Della cultura della Musica sacra e della sacra Liturgia. A) Della formazione generale del Clero e del popolo nella Musica sacra e nella sacra Liturgia (nn. 104-112). B) Degli istituti pubblici e privati per promuovere la Musica sacra (nn. 113-118). Premesse dunque alcune nozioni generali (Capitolo I), si danno norme parimenti generali circa luso della Musica sacra nella Liturgia (Capitolo II); posto questo fondamento, tutta la materia viene trattata nel Capitolo III; nei singoli paragrafi poi di questo capitolo si fissano dapprima alcuni princpi pi importanti, dai quali discendono poi ovviamente le norme speciali.

*** Capitolo I NOZIONI GENERALI 1. La sacra Liturgia costituisce il culto pubblico integrale del Corpo mistico di Ges Cristo, cio del Capo e delle sue membra1. Sono perci azioni liturgiche quelle azioni sacre, che, istituite da Ges Cristo o dalla Chiesa, vengono eseguite in loro nome secondo i libri liturgici approvati dalla Santa Sede da persone a ci legittimamente deputate, per rendere il dovuto culto a Dio, ai Santi e Beati (cfr. can. 1256); le altre azioni sacre, che vengono compiute sia in chiesa che fuori, anche alla presenza o sotto la presidenza del sacerdote, vengono chiamate pii esercizi. 2. Il sacrosanto sacrificio della Messa un atto di culto pubblico, reso a Dio in nome di Cristo e della Chiesa, in qualsiasi luogo e in qualunque modo venga celebrato; la denominazione perci di Messa privata si deve evitare. 3. Due sono le specie della Messa: Messa in canto e Messa letta. Dicesi Messa in canto, se di fatto il celebrante canta quelle parti che deve cantare secondo le rubriche; altrimenti dicesi Messa letta. La Messa in canto, inoltre, se celebrata con lassistenza dei sacri ministri, chiamata Messa solenne; se celebrata senza ministri sacri, detta Messa cantata. 4. Sotto il nome di Musica sacra qui si intende: a) Il canto gregoriano. b) La polifonia sacra. c) La Musica sacra moderna. d) La Musica sacra per organo. e) Il canto popolare religioso. f) La Musica religiosa. 5. Il canto gregoriano da usarsi nelle azioni liturgiche il canto sacro della Chiesa romana, il quale per antica e veneranda tradizione, religiosamente e fedelmente coltivato e

ordinato o modulato anche in tempi pi recenti secondo esemplari dellantica tradizione, viene proposto per luso liturgico nei rispettivi libri approvati dalla S. Sede. Il canto gregoriano per natura sua non richiede che venga eseguito con accompagnamento di organo o di altro strumento musicale. 6. Col nome di polifonia sacra si intende quel canto misurato a pi voci, senza accompagnamento di alcuno strumento, che, sorto dalle melodie gregoriane, cominci a fiorire nella Chiesa latina durante il Medioevo, nella seconda met del sec. XVI ebbe come massimo cultore Pierluigi da Palestrina (15251594), e viene coltivato anche oggi da insigni maestri della stessa arte. 7. La Musica sacra moderna quella musica, a pi voci, non escluso laccompagnamento di strumenti musicali, la quale in epoca pi recente composta secondo i progressi dellarte musicale. Essa per, essendo ordinata direttamente alluso liturgico, deve ispirarsi a sentimenti di piet e di religione, e a questa condizione ammessa nelluso liturgico. 8. La Musica sacra per organo quella musica composta per solo organo, la quale, fin dal tempo in cui lorgano tubolare fu reso pi adatto a sostenere un concerto, venne molto coltivata da maestri insigni, e, qualora siano accuratamente rispettate le leggi della Musica sacra, pu servire non poco a dare maggior decoro alla sacra Liturgia. 9. Il Canto popolare religioso quel canto che sgorga spontaneamente dal senso religioso di cui la creatura umana fu arricchita dal Creatore stesso, e perci universale, lo si ritrova cio presso tutti i popoli. Dato poi che lo stesso canto adattissimo a permeare di spirito cristiano la vita dei fedeli, privata e sociale, esso fu molto coltivato nella Chiesa fin dai tempi pi antichi2 e viene raccomandato vivamente anche oggi per fomentare la piet dei fedeli e a dare maggior decoro agli esercizi pii, che anzi talvolta pu essere usato anche nelle azioni liturgiche3. 10. La Musica religiosa finalmente quella che, sia per lintenzione dellautore, sia per largomento e il fine dellopera,

si propone di esprimere e suscitare sentimenti pii e religiosi e perci molto utile alla religione4; dato per che non ordinata al culto divino ed ha un carattere pi libero, nelle azioni liturgiche non ammessa. *** Capitolo II NORME GENERALI 11. Questa Istruzione ha vigore per tutti i riti della Chiesa latina; pertanto, ci che detto del canto gregoriano vale anche per il canto liturgico proprio degli altri riti latini, qualora esista. Col nome poi di Musica sacra in questa Istruzione si intende talvolta il canto e il suono degli strumenti, talvolta soltanto il suono degli strumenti, come pu dedursi facilmente dal contesto. Finalmente con la parola chiesa ordinariamente si intende ogni luogo sacro, e cio: la chiesa in senso stretto, loratorio pubblico, semipubblico e privato (cfr. cann. 1154, 1161, 1188), a meno che dal contesto non apparisca trattarsi delle sole chiese in senso stretto. 12. Le azioni liturgiche devono essere eseguite a norma dei libri liturgici legittimamente approvati dalla Sede Apostolica, sia per la Chiesa universale, sia per qualche chiesa particolare o famiglia religiosa (cfr. can. 1257); gli esercizi pii invece si svolgono secondo le consuetudini e le tradizioni dei luoghi o di ceti di persone, approvate dalla competente autorit ecclesiastica (cfr. can. 1259). Non lecito frammischiare azioni liturgiche ed esercizi pii; ma, se occorra, gli esercizi pii o precedano o seguano le azioni liturgiche. 13. a) La lingua delle azioni liturgiche la latina, a meno che nei sopraddetti libri liturgici, sia generali che particolari, per alcune azioni liturgiche sia esplicitamente ammessa unaltra

lingua, e salve quelle eccezioni che vengono appresso indicate. b) Nelle azioni liturgiche celebrate in canto, non lecito cantare alcun testo liturgico tradotto letteralmente in lingua volgare5 salvo concessioni particolari. c) Le eccezioni particolari, concesse dalla S. Sede, alla legge di usare unicamente nelle azioni liturgiche la lingua latina, restano in vigore; non lecito per, senza licenza della stessa Santa Sede, dare ad esse una interpretazione pi larga o trasferirle ad altre regioni. d) Negli esercizi pii si pu usare qualsiasi lingua pi opportuna ai fedeli. 14. a) Nelle Messe in canto si deve usare unicamente la lingua latina, non soltanto dal sacerdote celebrante e dai ministri, ma anche dalla Schola cantorum o dai fedeli. Peraltro, l dove per una secolare o immemorabile consuetudine, nel solenne Sacrificio Eucaristico [cio nella Messa in canto], dopo le sacre parole liturgiche cantate in latino, vengano inseriti alcuni canti popolari in lingua volgare, gli Ordinari dei luoghi potranno permettere che ci si faccia, "se per le circostanze locali e di persone, stimeranno che detta [consuetudine] non possa essere prudentemente rimossa" (can. 5), ferma restante la legge per la quale stabilito che le stesse parole liturgiche non siano cantate in volgare6. b) Nelle Messe lette il sacerdote celebrante, il suo ministro e i fedeli che insieme al sacerdote celebrante partecipano direttamente allazione liturgica, e cio che dicono a voce alta quelle parti della Messa che loro spettano (cfr. n. 31) devono usare unicamente la lingua latina. Tuttavia se i fedeli, oltre questa partecipazione liturgica diretta, desiderano aggiungere, secondo la consuetudine dei luoghi, alcune preghiere o canti popolari, lo possono fare anche nella propria lingua. c) strettamente proibito recitare ad alta voce, insieme al sacerdote celebrante, le parti del Proprio, dellOrdinario e del Canone della Messa in lingua latina o in traduzione verbale,

tanto da parte di tutti i fedeli che di qualche commentatore, eccezione fatta per ci che viene indicato al n. 31. desiderabile per che nelle domeniche e nei giorni festivi, nelle Messe lette, il Vangelo e anche lEpistola vengano letti da qualche lettore in lingua volgare, per utilit dei fedeli. Dalla Consacrazione poi al Pater noster si consiglia un sacro silenzio. 15. Nelle sacre processioni descritte nei libri liturgici, si usi quella lingua che gli stessi libri prescrivono o ammettono; nelle altre processioni, invece, che vengono fatte a modo di pii esercizi, si pu usare quella lingua che sia pi opportuna ai fedeli che vi intervengono. 16. Il Canto gregoriano il canto sacro, proprio e principale della Chiesa romana; pertanto esso non solo si pu usare in tutte le azioni liturgiche, ma, a parit di condizione, da preferirsi agli altri generi di Musica sacra. Perci: a) La lingua del canto gregoriano, come canto liturgico, unicamente la lingua latina. b) Quelle parti delle azioni liturgiche che secondo le rubriche sono da cantarsi dal sacerdote celebrante e dai suoi ministri, si devono cantare unicamente secondo le melodie gregoriane, quali sono proposte nelle edizioni tipiche, con la proibizione dellaccompagnamento di qualsiasi strumento. La schola e il popolo, quando rispondono secondo le rubriche al sacerdote e ai ministri che cantano, devono usare anchessi unicamente le stesse melodie gregoriane. c) Finalmente, l dove fu permesso con Indulti particolari che nelle Messe in canto il sacerdote celebrante, il diacono o il suddiacono, o il lettore, dopo il canto nella melodia gregoriana dellEpistola o della Lezione o del Vangelo, possano proclamare gli stessi testi anche in lingua volgare, ci deve esser fatto leggendo a voce alta e chiara, con esclusione di

qualsiasi melodia gregoriana, autentica o imitata (cfr. n. 96 e). 17. La Polifonia sacra si pu usare in tutte le azioni liturgiche, ma a questa condizione: che vi sia una schola che la possa eseguire a regola darte. Questo genere di Musica sacra conviene specialmente alle azioni liturgiche che si vogliono celebrare con maggiore splendore. 18. Parimente la Musica sacra moderna pu essere ammessa in tutte le azioni liturgiche, se in realt risponde alla dignit, alla gravit e santit della Liturgia, e vi sia una schola che la possa eseguire a regola darte. 19. Il Canto popolare religioso si pu usare liberamente negli esercizi pii; nelle azioni liturgiche invece si osservi strettamente ci che sopra stato stabilito, nn. 13-15. 20. La Musica religiosa poi sia esclusa assolutamente da tutte le azioni liturgiche; negli esercizi pii peraltro si pu ammettere; quanto ai concerti in luoghi sacri, si osservino le norme che vengono date appresso, nn. 54 e 55. 21. Tutto ci che, a norma dei libri liturgici, deve essere cantato, sia dal sacerdote e dai suoi ministri, sia dalla schola o dal popolo, appartiene integralmente alla stessa sacra Liturgia. Ci posto: a) strettamente vietato cambiare in qualsivoglia modo lordine del testo che si deve cantare, alterare le parole od ometterle, o ripeterle inopportunamente. Anche nelle melodie composte in forma di polifonia o di musica sacra moderna, le singole parole del testo devono potersi percepire chiaramente e distintamente. b) Per la stessa ragione, in qualsiasi azione liturgica esplicitamente vietato di omettere, in tutto o in parte, qualsiasi testo liturgico che si deve cantare, a meno che sia disposto diversamente dalle rubriche. c) Se tuttavia per ragionevole causa, ad esempio per il numero ristretto di cantori o per la loro imperfetta perizia nellarte del canto o anche talvolta per la prolissit di qualche rito o

melodia, luno o laltro testo liturgico che appartiene alla schola non si possa cantare come notato nei libri liturgici, permesso soltanto che quei testi possano essere cantati integralmente o in retto tono o a modo di salmo, con accompagnamento, se si vuole, di organo. *** Capitolo III NORME SPECIALI 1. DELLE PRINCIPALI AZIONI LITURGICHE NELLE QUALI ENTRA LA MUSICA SACRA A) DELLA MESSA a) Alcuni princpi generali intorno alla partecipazione dei fedeli 22. La Messa richiede, per sua natura, che tutti i presenti vi partecipino nel modo proprio a ciascuno. a) Questa partecipazione deve essere in primo luogo interna, attuata cio con devota attenzione della mente e con affetti del cuore, attraverso la quale i fedeli strettissimamente si uniscano al Sommo Sacerdote... e con Lui e per Lui offrano [il Sacrificio] e con Lui si donino7. b) La partecipazione per dei presenti diventa pi piena se allattenzione interna si aggiunge una partecipazione esterna, manifestata cio con atti esterni, come sono la posizione del corpo (genuflettendo, stando in piedi, sedendo), i gesti rituali, soprattutto per le risposte, le preghiere e il canto. Di questa partecipazione il Sommo Pontefice Pio XII, nella Lettera enciclica sulla Liturgia Mediator Dei, parlando in generale raccomanda quanto segue: Sono da lodarsi coloro che si studiano di far s che la Liturgia anche esternamente sia unazione sacra, alla quale tutti i presenti in realt prendano parte. E ci pu avverarsi in vari

modi: quando cio tutto il popolo, secondo le norme dei sacri riti, risponde, conservando il giusto ordine, alle parole del sacerdote, o eseguisce dei canti che rispondano alle varie parti del Sacrificio, o fa luno e laltro, o finalmente quando nella Messa solenne risponde alle preghiere del celebrante e partecipa anche al canto liturgico8. Tale armonica partecipazione hanno di mira i documenti pontifici quando parlano di attiva partecipazione9, di cui lesempio principale offerto dal sacerdote celebrante e dai suoi ministri, i quali servono allaltare con la dovuta piet interna e con lesatta osservanza delle rubriche e cerimonie. c) Finalmente la partecipazione attiva diventa perfetta, quando vi si aggiunge anche la partecipazione sacramentale, per la quale cio i fedeli presenti partecipano non solo con affetto spirituale, ma anche con la sacramentale Comunione, affinch su di essi scendano pi copiosi i frutti di questo santissimo Sacrificio10. d) Dato per che una cosciente e attiva partecipazione dei fedeli non si pu ottenere senza una loro sufficiente istruzione, giova ricordare quella sapiente legge emanata dai Padri Tridentini, con la quale si prescrive: Il sacro Concilio ingiunge ai pastori e ai singoli aventi cura di anime, che frequentemente durante la celebrazione della Messa [cio nellomelia dopo il Vangelo, ossia quando si impartisce al popolo cristiano la catechesi], per se stessi o per mezzo di altri, espongano una qualche parte di ci che vien letto nella Messa, e fra laltro si spieghi un qualche mistero di questo santissimo Sacrificio, specialmente nei giorni di domenica e festivi11. 23. Occorre per ordinare i vari modi con i quali i fedeli possano partecipare attivamente al sacrosanto Sacrificio della Messa, in maniera che venga rimosso il pericolo di ogni abuso e si possa raggiungere il fine principale della stessa partecipazione, il pi pieno culto cio di Dio e ledificazione dei fedeli. b) Della partecipazione dei fedeli nelle Messe in canto

24. La forma pi nobile della celebrazione eucaristica la si ha nella Messa solenne, nella quale la congiunta solennit delle cerimonie, dei ministri e della Musica sacra rende manifesta la magnificenza dei divini misteri e conduce la mente dei presenti alla pia contemplazione degli stessi misteri. Ci si dovr preoccupare perci che i fedeli abbiano una adeguata stima di questa forma di celebrazione, partecipandovi in modo opportuno, come viene in appresso indicato. 25. Nella Messa solenne dunque, lattiva partecipazione dei fedeli pu essere di tre gradi: a) Il primo grado si ha, quando tutti i fedeli danno cantando le risposte liturgiche: Amen; Et cum spiritu tuo; Gloria tibi, Domine; Habemus ad Dominum; Dignum et iustum est; Sed libera nos a malo; Deo gratias. Si deve cercare con ogni cura che tutti i fedeli, di ogni parte del mondo, possano dare cantando queste risposte liturgiche. b) Il secondo grado si ha quando tutti i fedeli cantano anche le parti dellOrdinario della Messa: Kyrie, eleison; Gloria in excelsis Deo; Credo; Sanctus-Benedictus; Agnus Dei. Si deve poi cercare di far s che i fedeli imparino a cantare queste stesse parti dellOrdinario della Messa, soprattutto con le melodie gregoriane pi semplici. Se daltra parte non sapessero cantare tutte le singole parti, nulla vieta che i fedeli ne cantino alcune delle pi facili, come il Kyrie, eleison; Sanctus-Benedictus; Agnus Dei, riservando il Gloria e il Credo alla schola cantorum. Si deve cercare inoltre di far s che in tutte le parti del mondo i fedeli imparino queste pi facili melodie gregoriane: Kyrie, eleison; Sanctus-Benedictus, e Agnus Dei secondo il numero XVI del Graduale Romano; il Gloria in excelsis Deo con Ite, Missa est-Deo gratias, secondo il numero XV; il Credo poi secondo il num. I o III. In questo modo si potr ottenere quel risultato tanto desiderabile, che i fedeli in tutto il mondo possano manifestare, nellattiva partecipazione al sacrosanto Sacrificio della Messa, la loro fede comune anche con uno stesso festoso concento12. c) Il terzo grado finalmente si ha quando tutti i presenti

siano talmente preparati nel canto gregoriano da poter cantare anche le parti del Proprio della Messa. Questa piena partecipazione alla Messa in canto si deve sollecitare soprattutto nelle comunit religiose e nei seminari. 26. da tenersi in gran conto anche la Messa cantata, la quale, sebbene sia priva dei ministri sacri e della piena magnificenza delle cerimonie, adornata per della bellezza del canto e della Musica sacra. desiderabile che nelle domeniche e giorni festivi la Messa parrocchiale o quella principale siano in canto. Tutto ci poi che stato detto intorno alla partecipazione dei fedeli nella Messa solenne vale anche pienamente per la Messa cantata. 27. Nelle Messe in canto si tenga presente inoltre quanto segue: a) Se il sacerdote con i ministri fa lingresso in chiesa per una via pi lunga, niente impedisce che, dopo che sia stata cantata lantifona dellIntroito con il suo versetto, si cantino diversi altri versetti dello stesso salmo; nel qual caso, dopo ogni versetto o ogni due versetti, si pu ripetere lantifona e, quando il celebrante giunto allaltare, interrotto se il caso il salmo, si canta il Gloria Patri e per ultimo si ripete lantifona. b) Dopo lantifona allOffertorio si possono cantare le antiche melodie gregoriane di quei versetti, che una volta venivano cantati dopo lantifona. Se per lantifona allOffertorio desunta da qualche salmo, lecito cantare altri versetti dello stesso salmo; nel qual caso, dopo ogni versetto o ogni due versetti, si pu ripetere lantifona e, terminato lOffertorio, il salmo si chiude col Gloria Patri e si ripete lantifona. Se invece lantifona non presa da un salmo, si pu scegliere un altro salmo adatto alla solennit. Terminata poi lantifona allOffertorio, si pu cantare anche qualche breve canto latino, che sia intonato per a questa parte della Messa e non sia protratto oltre la Secreta.

c) Lantifona alla Comunione di per s si deve cantare mentre il sacerdote celebrante si comunica. Se per ci sono dei fedeli da comunicare, il canto della stessa antifona si cominci mentre il sacerdote distribuisce la santa Comunione. Se la stessa antifona alla Comunione desunta da qualche salmo, lecito cantare altri versetti dello stesso salmo; nel qual caso, dopo ogni versetto o ogni due versetti, si pu ripetere lantifona e, terminata la Comunione, il salmo si chiude col Gloria Patri e si ripete lantifona. Se invece lantifona non presa da un salmo, si pu scegliere un salmo intonato alla solennit e allazione liturgica. Terminata poi lantifona alla Comunione, soprattutto se la Comunione dei fedeli si prolunga molto, lecito cantare anche un altro breve canto latino, adatto allazione sacra. I fedeli inoltre che si accostano alla sacra Comunione, possono recitare insieme al sacerdote celebrante il triplice Domine, non sum dignus. d) Il Sanctus e il Benedictus, se sono cantati in gregoriano, devono essere cantati senza interruzione, altrimenti il Benedictus si canti dopo la Consacrazione. e) Durante la Consacrazione ogni canto deve cessare e, dove c la consuetudine, anche il suono dellorgano o di qualsiasi altro strumento musicale. f) Dopo la Consacrazione, se non c ancora da cantare il Benedictus, si raccomanda un sacro silenzio fino al Pater noster. g) Mentre il sacerdote celebrante, alla fine della Messa, benedice i fedeli, lorgano deve tacere; il sacerdote celebrante poi deve pronunziare le parole della Benedizione in modo che da tutti i fedeli possano essere intese. c) Della partecipazione dei fedeli nelle Messe lette 28. Si deve cercare accuratamente di far s che i fedeli assistano anche alla Messa letta non come estranei o muti spettatori13, ma con quella partecipazione che richiesta da un tanto mistero e che reca frutti copiosissimi.

29. Il primo modo col quale i fedeli possono partecipare alla Messa letta si ha quando ciascuno, di propria industria, vi partecipa sia internamente, facendo attenzione cio alle principali parti della Messa, sia esternamente, secondo le diverse approvate consuetudini delle varie regioni. Sono degni soprattutto di lode coloro che, usando un piccolo messale adatto alla propria capacit, pregano insieme al sacerdote con le stesse parole della Chiesa. Dato per che non tutti sono egualmente preparati a comprendere adeguatamente i riti e le formule liturgiche, e atteso inoltre che le necessit spirituali non sono per tutti le stesse, n restano sempre in ciascuno le medesime, per questi fedeli vi unaltra forma di partecipazione, pi adatta e pi facile, quella cio di meditare piamente i misteri di Cristo o di fare altri pii esercizi e dire altre preghiere, che, sebbene differiscono per la forma dai sacri riti, nella loro natura per si accordano con essi14. Si noti inoltre che, se in qualche luogo vi la consuetudine di suonare lorgano durante la Messa letta, senza che i fedeli partecipino alla Messa con preghiere comuni o con il canto, da riprovarsi luso di suonare quasi senza interruzione lorgano, lharmonium o qualche altro strumento musicale. Questi strumenti dunque devono tacere: a) Dallingresso del sacerdote allaltare fino allOffertorio; b) Dai primi versetti del Prefazio fino al Sanctus incluso; c) Dove esiste la consuetudine, dalla Consacrazione fino al Pater noster; d) Dal Pater noster fino allAgnus Dei incluso; durante la confessione prima della Comunione dei fedeli; mentre si recita il Dopocomunione e si d la Benedizione alla fine della Messa. 30. Il secondo modo di partecipazione si ha quando i fedeli partecipano al Sacrificio eucaristico con preghiere e canti in comune. Si deve far s che le preghiere e i canti siano strettamente intonati alle singole parti della Messa, fermo restando quanto prescritto al n. 14 c. 31. Il terzo e pi completo modo di partecipazione si ottiene

finalmente quando i fedeli rispondono liturgicamente al sacerdote celebrante quasi dialogando con lui, e recitando a voce chiara le parti loro proprie. Di questa pi completa partecipazione si possono distinguere quattro gradi: a) Primo grado, quando i fedeli danno al sacerdote celebrante le risposte liturgiche pi facili: Amen; Et cum spiritu tuo; Deo gratias; Gloria tibi, Domine; Laus tibi, Christe; Habemus ad Dominum; Dignum et iustum est; Sed libera nos a malo. b) Secondo grado, quando i fedeli recitano inoltre quelle parti che secondo le rubriche sono da dirsi dal ministrante; e, se la Comunione distribuita durante la Messa, recitano anche il Confiteor e il triplice Domine, non sum dignus. c) Terzo grado, se i fedeli recitano insieme al sacerdote celebrante anche le parti dellOrdinario della Messa, cio: Gloria in excelsis Deo; Credo; Sanctus-Benedictus; Agnus Dei. d) Quarto grado, finalmente, se i fedeli recitano insieme al sacerdote anche le parti appartenenti al Proprio della Messa: Introito; Graduale; Offertorio; Comunione. Questo ultimo grado pu essere usato degnamente, come si conviene, solo da scelte collettivit pi colte e ben preparate. 32. Nelle Messe lette tutto il Pater noster, dato che una preghiera adatta e usata fin dallantichit come preparazione alla Comunione, pu essere recitato dai fedeli insieme al sacerdote, ma solo in lingua latina, e collaggiunta da parte di tutti dellAmen, esclusa ogni recitazione in lingua volgare. 33. Nelle Messe lette i fedeli possono cantare canti popolari religiosi, a condizione per che questi siano strettamente intonati alle singole parti della Messa (cfr. n. 14 b). 34. Il sacerdote celebrante, soprattutto se la chiesa grande e il popolo numeroso, tutto ci che secondo le rubriche deve essere pronunziato a chiara voce, lo pronunzi con tale voce che tutti i fedeli possano opportunamente e comodamente seguire la sacra azione.

d) Della Messa conventuale detta anche Messa in coro 35. Tra le azioni liturgiche che eccellono per speciale dignit, giustamente da annoverarsi la Messa conventuale o in coro, quella cio che si deve celebrare ogni giorno in connessione con lUfficio divino, da parte di coloro che per legge della Chiesa sono obbligati al coro. La Messa infatti e lUfficio divino costituiscono linsieme di tutto il culto cristiano, cio quella piena lode che ogni giorno viene tributata, anche con solennit esterna e pubblica, a Dio onnipotente. Siccome per non possibile compiere ogni giorno in tutte le chiese questa pubblica e collegiale offerta di culto divino, essa viene compiuta, quasi come sostituzione vicaria, da coloro che sono a ci deputati, in forza della legge del coro; ci vale soprattutto per le chiese cattedrali rispetto a tutta la diocesi. Pertanto tutte le celebrazioni in coro, ordinariamente devono essere eseguite con particolare decoro e solennit, adornate cio di canto e di musica sacra. 36. La Messa perci conventuale di per s deve essere solenne o almeno cantata. Dove per per leggi particolari o per speciali Indulti stato dispensato dalla solennit della Messa in coro, si eviti almeno strettamente che durante la Messa conventuale siano recitate le Ore canoniche. raccomandato, invece, che la Messa conventuale letta sia eseguita nella forma proposta al n. 31, escluso per qualsiasi uso della lingua volgare. 37. Intorno alla Messa conventuale, si osservi inoltre quanto segue: a) Ogni giorno si deve dire una sola Messa conventuale, che deve concordare con lUfficio recitato in coro, a meno che sia disposto altrimenti dalle rubriche (Additiones et Variationes in rubricis Missalis, tit. I, n. 4). Lobbligo tuttavia di celebrare altre Messe in coro, in forza di pie fondazioni o per altra legittima causa, resta immutato.

b) La Messa conventuale segue le norme della Messa in canto o letta. c) La Messa conventuale si deve dire dopo Terza, a meno che il superiore della comunit, per grave causa, non ritenga opportuno che sia celebrata dopo Sesta o Nona. d) Le Messe conventuali fuori coro, prescritte talvolta fino ad ora dalle rubriche, sono soppresse. e) Dellassistenza dei sacerdoti al sacrosanto sacrificio della Messa e delle cosiddette Messe sincronizzate. 38. Premesso che la concelebrazione sacramentale nella Chiesa latina limitata ai casi stabiliti dal diritto; richiamata poi in mente la risposta della Suprema S. Congregazione del S. Offizio del 23 maggio 195715, con la quale si dichiara invalida la concelebrazione del sacrificio della Messa da parte di sacerdoti, che, pur indossando i paramenti sacri e avendo qualsiasi intenzione, non proferiscono le parole della consacrazione: non proibito che, se pi sacerdoti si riuniscono insieme in occasione di Convegni, uno solo celebri, gli altri invece (o tutti o parecchi) assistano a questa sola celebrazione e in essa ricevano la santa Comunione dalle mani del celebrante, purch ci si faccia per giusto e ragionevole motivo, e il Vescovo, per evitare lammirazione dei fedeli, non abbia stabilito diversamente, e purch sotto questa maniera di agire non si nasconda lerrore ricordato dal Sommo Pontefice Pio XII, che cio la celebrazione di una Messa, alla quale assistono piamente cento sacerdoti, equivalga alla celebrazione di cento Messe da parte di cento sacerdoti16. 39. Sono poi proibite le cosiddette Messe sincronizzate, vale a dire quelle Messe celebrate in questo modo particolare, che cio due o pi sacerdoti, in uno o pi altari, celebrano la Messa cos simultaneamente da eseguire allo stesso tempo tutte le azioni e proferire tutte le parole, adoperando anche, specialmente se il numero dei sacerdoti che cos celebrano grande, alcuni strumenti moderni, con i quali si possa pi facilmente ottenere questa assoluta uniformit o sincronizzazione.

B) DELLUFFICIO DIVINO 40. LUfficio divino pu essere recitato o in coro, o in comune, o da solo. Si dice in coro se la recita dellUfficio divino fatta da una comunit, che per legge ecclesiastica sia obbligata al coro; in comune invece, se fatta da una comunit che non obbligata al coro. LUfficio divino, per, in qualunque modo venga recitato, sia in in coro, sia in comune, sia da solo, quando viene recitato da coloro che per legge ecclesiastica sono incaricati della recita dellUfficio, si deve sempre ritenere come un atto di culto pubblico, reso a Dio in nome della Chiesa. 41. LUfficio divino per natura sua cos ordinato da doversi dire a cori alterni; anzi alcune parti di per s dovrebbero essere cantate. 42. Ci posto, la recita dellufficio in coro si deve conservare e favorire; la recita poi in comune, come anche il canto almeno di qualche parte dellufficio, a seconda delle condizioni dei luoghi, dei tempi e delle persone, vivamente raccomandata. 43. La salmodia in coro o in comune, sia che si faccia in canto gregoriano che senza canto, sia grave e dignitosa, con tono conveniente, con le dovute pause e con piena concordanza delle voci. 44. Se i salmi di unOra canonica si debbano cantare, parte almeno devono essere cantati in gregoriano, o un salmo s e laltro no, o un versetto s e laltro no. 45. Lantica e veneranda consuetudine di cantare i Vespri nelle domeniche e nei giorni festivi insieme al popolo, a norma delle rubriche, dove esiste la si conservi; dove non esiste, per quanto possibile, la si introduca, alcune volte almeno durante lanno. Cerchino inoltre gli Ordinari dei luoghi di far s che, a causa della Messa vespertina, non vada in disuso il canto dei Vespri

nelle domeniche e nei giorni festivi. Le Messe vespertine, infatti, che lOrdinario del luogo pu permettere se lo richieda il bene spirituale di una notevole parte di fedeli17, non devono essere a detrimento delle azioni liturgiche e degli esercizi pii, con i quali il popolo cristiano us santificare le feste. Per la qual cosa luso di cantare i Vespri o di fare altri pii esercizi con la Benedizione eucaristica, dove in vigore, lo si mantenga, anche se si celebra la Messa vespertina. 46. Nei Seminari poi di chierici, sia secolari che religiosi, si reciti spesso in comune almeno una qualche parte dellUfficio divino, e possibilmente in canto; nelle domeniche poi e nei giorni festivi si cantino almeno i Vespri (can. 1367, 3). C) DELLA BENEDIZIONE EUCARISTICA 47. La Benedizione eucaristica una vera azione liturgica; perci si deve fare come descritta nel Rituale Romano, tit. X, cap. V, n. 5. Se tuttavia in qualche luogo esista per tradizione immemorabile un altro modo di impartire la Benedizione eucaristica, questo modo, con la licenza dellOrdinario, pu essere conservato; si raccomanda per di introdurre con prudenza luso romano della Benedizione eucaristica. 2. DI ALCUNI GENERI DI MUSICA SACRA A) DELLA POLIFONIA SACRA 48. Le opere di autori di polifonia sacra, sia antichi che pi recenti, non si introducano nelle azioni liturgiche, se prima non consti con certezza che sono composte o adattate in modo da rispondere realmente alle norme e ai consigli adatti al riguardo nella Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina. (18) Nel dubbio si consulti la Commissione diocesana di Musica sacra. 49. Gli antichi monumenti di questa stessa arte, che giacciono ancora negli archivi, siano diligentemente ricercati, si provveda opportunamente, se necessario, alla loro conservazione, e siano preparate da esperti le loro edizioni, sia

critiche che per luso liturgico. B) DELLA MUSICA SACRA MODERNA 50. Le opere di Musica sacra moderna non si usino nelle azioni liturgiche, se non sono composte secondo le leggi della liturgia e della stessa arte di musica sacra, secondo lo spirito della Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina19. Sulla qual cosa il giudizio sar dato dalla Commissione diocesana di Musica sacra. C) DEL CANTO POPOLARE RELIGIOSO 51. Il Canto popolare religioso deve essere molto raccomandato e promosso; per suo mezzo infatti la vita cristiana viene permeata di spirito religioso e la mente dei fedeli viene elevata a cose pi alte. Tale canto popolare religioso ha un suo posto in tutte le solennit della vita cristiana, sia pubbliche che domestiche, od anche tra i prolungati lavori della vita quotidiana; una parte per ancor pi nobile loccupa in tutti i pii esercizi, da farsi sia in chiesa che fuori; talvolta infine ammesso nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme date sopra (nn. 13-15). 52. Affinch poi i canti popolari religiosi raggiungano il loro fine, necessario che siano conformi pienamente alla dottrina della Fede cattolica, che la presentino e spieghino rettamente, che usino una lingua piana e una melodia semplice, che siano immuni da sovrabbondanza di parole gonfie e vuote, e infine che, sebbene brevi e facili, abbiano una certa religiosa dignit e compostezza20. Gli Ordinari dei luoghi abbiano sollecita cura perch queste prescrizioni siano osservate. 53. Si raccomanda perci a tutti coloro cui spetta che i canti popolari religiosi, anche dei tempi passati, tramandati per iscritto o a voce, siano opportunamente raccolti e, con lapprovazione degli Ordinari dei luoghi, siano stampati per uso dei fedeli. D) DELLA MUSICA RELIGIOSA

54. Si deve anche stimare molto e opportunamente coltivare quella musica che, sebbene per la sua particolare indole non pu essere ammessa nelle azioni liturgiche, ci nondimeno tende a produrre negli ascoltatori affetti religiosi e a favorire la stessa religione, e perci a buon diritto chiamata musica religiosa. 55. Le sedi proprie per lesecuzione delle opere di musica religiosa sono gli auditori destinati ai concerti di musica o le sale destinate a spettacoli o congressi, non al certo le chiese, consacrate al culto di Dio. Se peraltro in qualche luogo mancasse un auditorio musicale o altra sala conveniente, e nondimeno si ritenesse che il concerto di musica religiosa possa essere di utilit spirituale ai fedeli, lOrdinario del luogo potr permettere un tale concerto in qualche chiesa, osservando per quanto segue: a) Per ogni singola esecuzione di concerto si richiede il permesso scritto dellOrdinario del luogo; b) Per ottenere questo permesso necessario farlo precedere da una domanda scritta, nella quale si devono specificare: il tempo del concerto, gli argomenti delle opere, i nomi dei maestri (dellorganista e del direttore del coro) e degli artisti; c) LOrdinario del luogo non conceda il permesso se, dopo aver sentito il parere della Commissione diocesana di Musica sacra e se mai anche il consiglio di altri esperti in materia, non gli consti chiaramente che le opere da eseguirsi sono rilevanti non solo per vera arte, ma anche per sincera piet cristiana; e inoltre che le persone deputate ad eseguire il concerto sono dotate delle qualit di cui ai nn. 97 e 98. d) A tempo debito si porti via il Ss. Sacramento dalla chiesa e si riponga in qualche cappella od anche, con decoro, in sacrestia; altrimenti si avvertano gli ascoltatori che il Ss.mo Sacramento presente in chiesa, e il rettore della chiesa curi con diligenza che non avvenga alcuna irriverenza allo stesso Sacramento; e) Se si debbono acquistare i biglietti dingresso o distribuire i

programmi del concerto, tutto ci si faccia fuori della chiesa; f) I musicisti, i cantori e gli ascoltatori si comportino e siano vestiti in modo tale che non si venga meno a quella gravit, che assolutamente si conviene alla santit del luogo sacro; g) A seconda delle circostanze conviene che il concerto si chiuda con qualche pio esercizio o meglio ancora con la Benedizione eucaristica, e ci affinch la elevazione spirituale delle menti, che il concerto intende procurare, venga quasi completata con unazione sacra. 3. DEI LIBRI DI CANTO LITURGICO 56. I libri di canto liturgico della Chiesa Romana di cui finora si ha ledizione tipica sono: Il Graduale Romano, con lOrdinario della Messa. LAntifonale Romano per le Ore diurne. LUfficio dei Defunti, della Settimana Santa e della Nativit di N. S. G. C. 57. La Santa Sede rivendica a s tutti i diritti di propriet e di uso su tutte le melodie gregoriane che sono contenute nei libri liturgici della Chiesa Romana da essa approvati. 58. Ritengono il loro valore il Decreto della S. Congregazione dei Riti dell11 agosto 1905, ossia lIstruzione sulla edizione e approvazione dei libri contenenti il canto liturgico gregoriano21, nonch la susseguente Dichiarazione circa ledizione e lapprovazione dei libri contenenti il canto liturgico gregoriano del 14 febbraio 190622, e laltro Decreto del 24 febbraio 1911 su alcune questioni particolari circa lapprovazione dei libri di canto Propri di qualche diocesi o famiglia religiosa23. Le disposizioni poi che la stessa S. Congregazione dei Riti fiss il 10 agosto 1946 Sulla facolt di pubblicare i libri liturgici24 valgono anche per i libri di canto liturgico.

59. Il Canto gregoriano autentico dunque quello che viene presentato nelle edizioni tipiche vaticane, o che dalla S. Congregazione dei Riti stato approvato per qualche chiesa particolare o famiglia religiosa, e pertanto dagli editori, muniti della debita facolt, deve essere riprodotto con ogni fedelt in tutto, nella melodia cio e nel testo. I segni, poi, detti ritmici, introdotti nel canto gregoriano per autorit privata, sono permessi, purch si conservi integro il valore e la natura delle note che si trovano nei libri vaticani di canto liturgico. 4. DEGLI STRUMENTI MUSICALI E DELLE CAMPANE A) ALCUNI PRINCPI GENERALI 60. Circa luso degli strumenti musicali nella sacra Liturgia si tengano presenti questi princpi: a) Attesa la natura, la santit e la dignit della sacra Liturgia, luso di qualsiasi strumento musicale di per s dovrebbe essere perfettissimo. Perci meglio che un concerto di strumenti (sia di solo organo, sia di altri strumenti) venga omesso del tutto, piuttosto che eseguirlo male; e generalmente meglio fare bene qualche cosa anche se limitata, piuttosto che tentare cose maggiori per le quali manchino i mezzi proporzionati. b) Si deve poi tener conto della differenza che passa fra la musica sacra e la profana. Vi sono infatti degli strumenti musicali che per loro natura e origine come lorgano classico sono ordinati direttamente alla Musica sacra; o altri che facilmente si adattano alluso liturgico, come alcuni strumenti ad arco; ci sono invece altri strumenti che, a giudizio comune, sono cos propri della musica profana, che non si possono affatto adattare ad uso sacro. c) Finalmente sono ammessi nella sacra Liturgia solo quegli strumenti che vengono trattati con azione personale dellartista, non quelli invece che vengono suonati in modo meccanico o automatico.

B) DELLORGANO CLASSICO E STRUMENTI SIMILI 61. Il principale e solenne strumento musicale liturgico della Chiesa latina fu e rimane lorgano classico o tubolare. 62. Lorgano destinato al servizio liturgico, anche se piccolo, sia costruito con arte, e sia dotato di quelle voci che convengono alluso sacro; prima di usarlo sia ritualmente benedetto; e, quale cosa sacra, sia custodito con ogni diligenza. 63. Oltre lorgano classico, ammesso luso anche di quello strumento che vien chiamato harmonium; con questa condizione per, che, per il timbro delle voci e lampiezza del suono, risponda alluso sacro. 64. Quellorgano per imitato, detto elettrofonico, si pu tollerare provvisoriamente nelle azioni liturgiche quando non ci siano i mezzi per procurarsi un organo tubolare, anche piccolo. Tuttavia nei singoli casi occorre il permesso esplicito dellOrdinario del luogo. Questi poi consulti prima la Commissione diocesana di Musica sacra o altri esperti in materia, i quali cerchino di suggerire tutti quegli accorgimenti che rendano tale strumento pi rispondente alluso sacro. 65. I suonatori degli strumenti, di cui ai nn. 61-64, necessario che siano sufficientemente esperti nella loro arte, sia per accompagnare i canti sacri, sia per una esecuzione strumentale, sia per suonare degnamente lorgano solo; che anzi, siccome molto spesso occorre di dovere improvvisare, durante le azioni liturgiche, delle sonate che si addicano ai vari momenti della stessa azione, gli stessi suonatori devono conoscere in teoria e in pratica le leggi che riguardano lorgano e la Musica sacra in generale. Questi suonatori cerchino di custodire religiosamente gli strumenti loro affidati. Tutte le volte poi che siedono allorgano, nelle sacre funzioni, siano consci della parte attiva che esercitano a gloria di Dio e a edificazione dei fedeli. 66. Il suono dellorgano, sia che accompagni azioni liturgiche o pii esercizi, deve essere diligentemente adattato alla qualit

del tempo o del giorno liturgico, alla natura degli stessi riti ed esercizi, come anche alle loro singole parti. 67. Se non vi sia unantica consuetudine o una qualche ragione particolare, riconosciuta dallOrdinario del luogo, che consigli diversamente, lorgano sia collocato presso allaltare maggiore, nel luogo pi adatto, ma sempre in modo che i cantori o i musicisti che stanno nella cantoria non siano veduti dai fedeli radunati in chiesa. C) DELLA MUSICA SACRA STRUMENTALE 68. Nelle azioni liturgiche, specialmente nei giorni pi solenni, si possono adoperare anche altri strumenti musicali oltre lorgano in primo luogo quelli ad arco con o senza lorgano, per un concerto musicale o per accompagnare il canto, osservando per strettamente le norme che derivano dai princpi sopra esposti (n. 60), le quali sono: a) Che si tratti di strumenti musicali che veramente si possano adattare alluso sacro; b) Che il suono di questi strumenti venga emesso in tal modo e gravit e quasi con religiosa purezza, da evitare qualsiasi clamore di musica profana e favorire la piet dei fedeli; c) Che il direttore, lorganista e gli artisti conoscano bene luso degli strumenti e le leggi della Musica sacra. 69. Gli Ordinari dei luoghi, per mezzo specialmente della Commissione diocesana di Musica sacra, vigilino attentamente affinch le dette prescrizioni intorno alluso degli strumenti nella sacra Liturgia siano realmente osservate; n tralascino, se ne sia il caso, di emanare su tale argomento norme particolari, adattate alle condizioni e alle provate consuetudini. D) DEGLI STRUMENTI MUSICALI E DELLE MACCHINE AUTOMATICHE 70. Gli strumenti musicali che, secondo il senso comune e luso, appartengono soltanto alla musica profana siano

completamente esclusi da ogni azione liturgica e dagli esercizi pii. 71. Luso degli strumenti e delle macchine automatiche, come: lautoorgano, il grammofono, la radio, il dittafono o magnetofono, e altri simili, assolutamente proibito nelle azioni liturgiche e negli esercizi pii, sia che si facciano in chiesa che fuori di chiesa, anche se si tratti soltanto di diffondere discorsi sacri o musica sacra, oppure di sostituire o anche di sostenere il canto dei cantori o dei fedeli. lecito tuttavia usare queste macchine, anche in chiesa, fuori per delle azioni liturgiche e dei pii esercizi, quando si tratta di ascoltare la voce del Sommo Pontefice, dellOrdinario del luogo, o di altri oratori sacri; od anche per istruire i fedeli nella dottrina cristiana, oppure nel canto sacro o religioso popolare; e infine per dirigere e sostenere il canto del popolo nelle processioni da farsi fuori di chiesa. 72. lecito peraltro luso degli strumenti detti amplificatori, anche nelle azioni liturgiche e pii esercizi, se si tratta di amplificare la viva voce del sacerdote celebrante oppure del commentatore o di altri che, secondo le rubriche o per ordine del rettore della chiesa, possono parlare. 73. Luso nelle chiese delle macchine da proiezione, specialmente poi di quelle cinematografiche, sia che le proiezioni siano mute che sonore, e per qualsiasi motivo per quanto pio, religioso o benefico, assolutamente proibito. Nel costruire inoltre o nellapprontare le sale per convegni e specialmente per spettacoli, presso o, in mancanza di altro luogo, sotto la chiesa, si eviti che vi sia accesso dalle stesse sale alla chiesa, e che il rumore da esse proveniente disturbi in alcun modo la santit e il silenzio del luogo sacro. E) DELLE AZIONI SACRE DA TRASMETTERSI PER RADIO E TELEVISIONE 74. Per trasmettere attraverso la radio o la televisione azioni liturgiche o pii esercizi, fatti sia dentro che fuori di chiesa, si richiede il permesso espresso dellOrdinario del luogo; questi

non conceda tale permesso se prima non gli consti: a) Che il canto e la musica sacra rispondano pienamente alle leggi sia della Liturgia che della Musica sacra; b) Inoltre, se si tratta di trasmissione televisiva, che tutti coloro che svolgono una parte nella funzione sacra siano cos ben preparati, da risultarne una celebrazione veramente conforme alle rubriche e del tutto degna. LOrdinario del luogo pu concedere questo permesso in modo abituale per le trasmissioni che si eseguiscono regolarmente dalla stessa chiesa, quando, tutto considerato, sia sicuro che sono osservate diligentemente tutte le condizioni richieste. 75. Gli apparecchi per la trasmissione televisiva, per quanto possibile, non si introducano nel presbiterio; comunque mai si collochino tanto vicino allaltare da intralciare i riti sacri. Inoltre gli operatori addetti a questi apparecchi si comportino con quella compostezza che conviene al luogo e al rito sacro e non disturbi affatto la piet dei presenti, specialmente in quei momenti che richiedono il massimo raccoglimento. 76. Le norme stabilite nellarticolo precedente devono essere osservate anche dai fotografi: ed anzi con maggior diligenza, attesa la grande facilit con la quale possono portarsi con le loro macchine su qualunque punto. 77. Tutti i rettori di chiese curino che siano fedelmente osservate le prescrizioni dei nn. 75-76; gli Ordinari dei luoghi non tralascino di impartire quelle pi accurate norme che le circostanze per caso richiedessero. 78. Poich la trasmissione radiofonica esige per natura sua che gli ascoltatori la possano seguire senza interruzione, nella Messa trasmessa per radio bene che il sacerdote celebrante, specialmente se manca qualche commentatore, pronunci con voce alquanto pi elevata quelle parole che, secondo le rubriche, dovrebbero recitarsi sottovoce; similmente con voce pi forte quelle che dovrebbero dirsi ad alta voce, di modo che gli ascoltatori possano seguire comodamente tutta la Messa.

79. opportuno finalmente che, prima della trasmissione della santa Messa per radio o per televisione, gli ascoltatori o gli spettatori siano avvertiti che tale audizione o visione non sufficiente a soddisfare il precetto di ascoltare la Messa. F) DEL TEMPO NEL QUALE PROIBITO IL SUONO DEGLI STRUMENTI MUSICALI 80. Poich il suono dellorgano e pi ancora degli altri strumenti costituisce un ornamento della sacra Liturgia, luso degli stessi strumenti deve essere regolato secondo il grado di letizia con la quale si distinguono i singoli giorni o tempi liturgici. 81. In tutte le azioni liturgiche quindi, eccetto soltanto la Benedizione eucaristica, il suono dellorgano e di tutti gli altri strumenti musicali proibito: a) Nel tempo dAvvento, cio dai primi Vespri della prima domenica di Avvento fino a Nona della Vigilia di Natale; b) Nel tempo di Quaresima e di Passione, ossia dal Maturino del mercoled delle Ceneri fino allinno Gloria in excelsis Deo nella Messa solenne della Veglia pasquale; c) Nelle ferie e nel sabato delle quattro Tempora di settembre, se si fa lUfficio e la Messa di esse; d) In tutti gli Uffici e le Messe dei defunti. 82. Il suono degli altri strumenti, eccettuato quello dellorgano, proibito inoltre nelle domeniche di Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima e nelle ferie che fanno seguito ad esse. 83. Tuttavia nei giorni e nei tempi proibiti, di cui sopra, si stabiliscono le seguenti eccezioni: a) Il suono dellorgano e degli strumenti permesso nelle feste di precetto e giorni feriati (eccetto le domeniche), nonch nelle feste del patrono principale del luogo, del titolare o

dellanniversario della dedicazione della propria chiesa e del titolo o fondatore della famiglia religiosa, oppure se occorra una qualche solennit straordinaria. b) Il suono dellorgano soltanto o dellarmonio permesso nelle domeniche terza di Avvento e quarta di Quaresima; inoltre nella Missa chrismatis del Gioved santo, e allinizio della Messa solenne vespertina in Cena Domini fino alla fine dellinno Gloria in excelsis Deo; c) Parimente permesso il suono dellorgano e dellarmonio, ma solo per sostenere il canto dei fedeli, nella Messa e nei Vespri. Gli Ordinari dei luoghi possono determinare con maggior precisione queste proibizioni o permissioni, secondo le provate consuetudini dei luoghi o delle regioni. 84. Per tutto il Triduo sacro, cio dalla mezzanotte nella quale comincia la feria quinta in Cena Domini fino allinno Gloria in excelsis Deo nella Messa solenne della Veglia pasquale, lorgano e larmonio tacciano assolutamente, e non si usino neanche per sostenere il canto, salvo le eccezioni sopra stabilite al n. 83 b. Il suono poi dellorgano e dellarmonio durante questo triduo proibito senza alcuna eccezione, anche nei pii esercizi, nonostante qualsiasi consuetudine in contrario. 85. I rettori di chiese, o chi di dovere, non tralascino di spiegare bene ai fedeli la ragione di questo silenzio liturgico, n dimentichino di adoperarsi perch negli stessi giorni e tempi si osservino anche le altre prescrizioni liturgiche di non ornare gli altari. G) DELLE CAMPANE 86. Tutti coloro cui spetta sono tenuti a mantenere religiosamente nella Chiesa latina luso antichissimo delle campane. 87. Le campane non si mettano in uso per le chiese se prima non siano state solennemente consacrate o almeno benedette;

da questo momento siano conservate con la dovuta cura come cose sacre. 88. Le provate consuetudini e i vari modi di suonare le campane, a seconda dei diversi scopi di tale suono, siano diligentemente mantenute; e non tralascino gli Ordinari dei luoghi di raccogliere le norme tradizionali e usuali a questo riguardo, o di prescriverne, qualora mancassero. 89. I nuovi sistemi tendenti a rendere pi ampio il suono delle campane o pi facile il suonarle, sentito il parere di competenti, possono essere approvati dagli Ordinari dei luoghi; in dubbio, poi, si proponga la questione a questa S. Congregazione dei Riti. 90. Oltre ai diversi usuali e provati modi di suonare le campane, di cui sopra al n. 88, esistono, in qualche parte, apparati di pi campanelle sospese nella stessa torre campanaria, attraverso le quali vengono eseguite varie melodie e concerti. Un tale gioco di campanelle, che comunemente chiamato carillon (in tedesco Glockenspiel), escluso assolutamente da ogni uso liturgico. Le campanelle poi destinate a tale uso non possono essere n consacrate n benedette secondo il solenne rito del Pontificale Romano, ma solo con la semplice benedizione. 91. Occorre far di tutto perch ogni chiesa, oratorio pubblico e semipubblico, sia fornito di almeno una o due campane anche piccole; strettamente proibito per di adoperare, in luogo delle sacre campane, qualsiasi macchina o strumento con i quali si imiti o si amplifichi meccanicamente o automaticamente il suono delle campane; lecito tuttavia usare questo genere di macchine o strumenti, quando si adoperino a modo di carillon, secondo quanto prescritto sopra. 92. Del resto si osservino scrupolosamente le prescrizioni dei cann. 1169, 1185 e 612 del Codice di Diritto Canonico. 5. DELLE PERSONE CHE OCCUPANO UNA PARTE NELLA MUSICA SACRA E NELLA SACRA LITURGIA
RILEVANTE

93. Il Sacerdote celebrante presiede a tutta lazione liturgica. Tutti gli altri vi partecipano alla propria maniera. Pertanto: a) I chierici che, nella maniera e nella forma stabilite dalle rubriche, ossia in quanto chierici partecipano allazione liturgica, sia che fungano da ministri sacri o da ministri inferiori, o svolgano una parte anche in coro o nella schola cantorum, esercitano un servizio ministeriale proprio e diretto, e ci in forza dellordinazione o dellassunzione allo stato clericale. b) I laici invece prestano una partecipazione liturgica attiva, e ci per il carattere battesimale, in forza del quale anche nel sacrosanto Sacrificio della Messa offrono a Dio Padre, col sacerdote, nel modo loro proprio, la vittima divina25. c) I laici per di sesso maschile, sia fanciulli che giovani o adulti, quando vengono deputati dalla competente autorit ecclesiastica al ministero dellaltare o ad eseguire la Musica sacra, se assolvono tale ufficio nel modo e nella forma voluta dalle rubriche, esercitano anchessi un servizio ministeriale diretto, ma delegato, a condizione peraltro, se si tratta del canto, che costituiscano un coro o una schola cantorum. 94. Il sacerdote celebrante e i ministri sacri, oltre allosservanza accurata delle rubriche, necessario che si studino di assolvere, per quanto possono, correttamente, distintamente e con grazia, le parti che devono essere cantate. 95. Quando si pu fare una scelta di persone per celebrare unazione liturgica, bene che si preferiscano quelli che sono pi abili nel canto; specialmente se si tratti di azioni liturgiche pi solenni, e di quelle che esigano un canto pi difficile, o che vengano trasmesse per radio o per televisione. 96. La partecipazione attiva dei fedeli, specialmente alla santa Messa e ad alcune azioni liturgiche pi complesse, si potr ottenere pi facilmente, se vi intervenga un qualche commentatore, il quale, al momento opportuno e con poche parole, interpreti gli stessi riti o le preghiere o le letture, sia del sacerdote celebrante che dei sacri ministri, e diriga la

partecipazione esterna dei fedeli, cio le loro risposte, le preghiere e i canti. Un tale commentatore pu essere ammesso osservando per le seguenti norme: a) Conviene che lufficio del commentatore sia assolto da un sacerdote o almeno da un chierico; in mancanza di questi si pu affidare ad un laico commendevole per costumi cristiani e ben preparato a tale ufficio. Le donne per non possono mai assolvere lufficio di commentatore; questo solo si permette, che, in caso di necessit, una donna guidi, in certo modo, il canto o le preghiere dei fedeli. b) Il commentatore, se sacerdote o chierico, sia vestito della cotta, stia nel presbiterio o alla balaustra o nellambone o sul pulpito; se invece laico, stia davanti ai fedeli nel luogo pi opportuno, ma fuori del presbiterio o del pulpito. c) Le spiegazioni e gli avvertimenti da darsi dal commentatore siano preparate in scritto, poche, molto sobrie, proferite a tempo opportuno e con voce moderata; mai si sovrappongano alle preghiere del celebrante; in una parola: siano cos disposte da essere di aiuto, non di impedimento alla piet dei fedeli. d) Nel dirigere le preghiere dei fedeli, il commentatore ricordi le prescrizioni di cui sopra al n. 14 c. e) Nei luoghi ove la Santa Sede ha permesso, dopo il canto del testo latino, la lettura dellEpistola e del Vangelo in lingua volgare, il commentatore non si pu sostituire, per questa proclamazione, al celebrante, al diacono, al suddiacono o al lettore (cfr. n. 16 c). f) Il commentatore tenga conto del celebrante e accompagni la sacra azione cos che essa non debba essere n ritardata n interrotta, di modo che tutta lazione liturgica riesca armonica, degna e devota. 97. Tutti coloro che hanno una parte nella Musica sacra, come i compositori, gli organisti, i maestri di coro, i cantori, o anche i suonatori di strumenti musicali, dato che partecipano direttamente e immediatamente alla sacra Liturgia, devono

rifulgere, innanzi tutto, sopra gli altri fedeli per lesempio di vita cristiana. 98. Gli stessi, oltre alla detta esemplarit di fede e di vita cristiana, debbono possedere una maggiore o minore formazione nella sacra Liturgia e nella Musica sacra, a seconda della loro condizione e partecipazione liturgica. E cio: a) Gli autori o compositori di Musica sacra devono avere una conoscenza abbastanza completa della scienza della stessa sacra Liturgia, sotto laspetto storico, dogmatico o dottrinale, pratico o rubricale; devono conoscere anche la lingua latina; finalmente siano profondamente periti nelle leggi dellarte della Musica sacra e insieme profana, e nella storia della musica. b) Anche gli organisti e i maestri di coro abbiano una scienza abbastanza ampia della sacra Liturgia e una sufficiente cognizione della lingua latina; finalmente ciascuno sia cos ben istruito nella propria arte, da poter compiere il proprio ufficio con dignit e competenza. c) Anche ai cantori, tanto fanciulli che adulti, sia impartita, a seconda delle loro capacit, una tale istruzione sulle azioni liturgiche e sui testi che devono cantare, da poter eseguire il canto stesso con quella intelligenza di mente e affetto di cuore, che richiesto dal razionale ossequio del loro servizio. Si istruiscano anche nel pronunziare rettamente e distintamente le parole latine. I rettori di chiese, o chi di dovere, vigilino attentamente che nel luogo dove stanno i cantori regni il buon ordine e una sincera devozione. d) Finalmente i suonatori di strumenti musicali, che devono eseguire la Musica sacra, non solo devono essere periti ciascuno nel proprio strumento a regola darte, ma devono saperne adattare luso anche alle leggi della Musica sacra, e devono essere forniti di tale cognizione di cose liturgiche da saper armonicamente congiungere lesercizio esterno dellarte con una devota piet. 99. molto desiderabile che le chiese cattedrali, e almeno quelle parrocchiali o altre chiese di maggiore importanza, abbiano un proprio e stabile coro musicale o schola

cantorum, la quale possa prestare un ministeriale, a norma dellarticolo 93 a e c.

vero

servizio

100. Se in qualche luogo poi un tal coro musicale non si pu costituire, si permette di costituire un coro di fedeli, sia misto, sia solo di donne o di fanciulle. Un coro per di questo genere sia collocato in un luogo proprio, fuori del presbiterio o della balaustra; gli uomini poi stiano separati dalle donne o fanciulle, evitando scrupolosamente qualsiasi inconveniente. Gli Ordinari dei luoghi non tralascino di emanare delle norme precise su questa materia, della cui osservanza sono responsabili i rettori di chiese26. 101. desiderabile e raccomandabile che gli organisti, i maestri di coro, i cantori, i musicisti e gli altri addetti al servizio della chiesa, prestino la loro opera in spirito di piet e di religione, per amore di Dio senza alcun stipendio. Che se non potranno prestare la stessa opera gratuitamente, la giustizia cristiana e la carit al tempo stesso esigono che i superiori ecclesiastici, a seconda delle diverse e provate consuetudini locali, tenendo conto anche delle prescrizioni delle leggi civili, diano ad essi la giusta retribuzione. 102. inoltre conveniente che gli Ordinari dei luoghi, sentito anche il parere della Commissione di Musica sacra, fissino una tabella nella quale si stabilisca per tutta la diocesi lo stipendio da dare alle diverse persone nominate nel precedente articolo. 103. necessario finalmente che per le stesse persone sia accuratamente provveduto a tutto ci che concerne la cosiddetta Previdenza sociale, tenendo conto delle leggi civili se esistano o, in mancanza di esse, secondo le norme da emanarsi opportunamente dagli stessi Ordinari. 6. DELLA
CULTURA DELLA

MUSICA

SACRA E DELLA SACRA

LITURGIA

A) DELLA FORMAZIONE GENERALE DEL CLERO E DEL POPOLO NELLA MUSICA SACRA E NELLA SACRA LITURGIA 104. La Musica sacra strettamente connessa con la Liturgia; il canto sacro poi appartiene integralmente alla stessa Liturgia (n. 21); il canto religioso popolare infine usato

largamente negli esercizi pii, talvolta anche nelle azioni liturgiche (n. 19). Di qui si comprende facilmente, che listruzione nella Musica sacra e nella sacra Liturgia non si pu separare, e che luna e laltra appartengono alla vita cristiana, in misura certamente diversa, secondo i vari stati e ordini dei chierici e dei fedeli. Tutti pertanto devono avere almeno una qualche formazione, adatta al proprio stato, sulla sacra Liturgia e la Musica sacra. 105. La scuola di educazione cristiana, prima e naturale, la stessa famiglia cristiana, nella quale i fanciulli sono condotti insensibilmente a conoscere e praticare la fede cristiana. Bisogna dunque far s che i fanciulli, secondo la loro et e capacit, imparino a partecipare ai pii esercizi e anche alle azioni liturgiche, specialmente al Sacrificio della Messa, e incomincino a conoscere ed amare il canto religioso, in famiglia e in chiesa (cfr. sopra nn. 9, 51-53). 106. Nelle scuole, quindi, che si soliti chiamare primarie o elementari, si osservi quanto segue: a) Se sono dirette da cattolici e possono seguire ordinamenti propri, bisogna provvedere che i fanciulli apprendano pi largamente nelle stesse scuole i canti popolari e sacri, in modo particolare per che siano pi accuratamente istruiti, a seconda delle loro capacit, sul santo Sacrificio della Messa e sul modo di parteciparvi, e imparino a cantare le melodie gregoriane pi semplici. b) Se poi si tratta di scuole pubbliche, soggette alle leggi civili, gli Ordinari dei luoghi cerchino di emanare delle opportune norme, con le quali si provveda alla necessaria educazione dei fanciulli nella sacra Liturgia e nel canto sacro. 107. Le norme stabilite per le scuole primarie o elementari a maggior ragione si devono inculcare nelle cosiddette scuole medie o secondarie, nelle quali gli adolescenti dovrebbero conseguire quella maturit che si richiede per condurre rettamente la vita sociale e religiosa. 108. Leducazione liturgica e musicale finora descritta finalmente da portare pi in alto in quei sommi istituti di

lettere e scienze che si chiamano universit degli studi. infatti sommamente importante, che coloro i quali, compiuti gli studi superiori, sono assunti ai pi gravi uffici della vita sociale, abbiano anche raggiunto una pi completa formazione in tutta la vita cristiana. Si studino perci tutti i sacerdoti, alle cui cure sono affidati in qualsiasi modo gli studenti universitari, di condurli teoricamente e praticamente ad una pi profonda conoscenza e partecipazione alla sacra Liturgia, usando anche per questi studenti, se le circostanze lo permettano, quella forma della santa Messa, di cui ai nn. 26 e 31. 109. Se una qualche conoscenza della sacra Liturgia e della Musica sacra richiesta da tutti i fedeli, necessario che i giovani candidati al sacerdozio acquistino una piena e solida formazione tanto nella sacra Liturgia in generale come nel canto sacro. Perci quanto stabilito al riguardo nel Diritto Canonico (cann. 1364, 1, 3; 1365 2) o ordinato pi particolarmente dalla competente autorit (cfr. specialmente la Cost. Apost. Divini cultus sulla Liturgia e sul canto gregoriano e sulla Musica sacra da promuoversi sempre pi, del 20 dic. 1928), (27) dovr essere osservato esattamente da coloro cui spetta, onerata la loro coscienza. 110. Anche ai Religiosi dambo i sessi, nonch ai sodali degli Istituti secolari, si dia una solida e progressiva formazione fin dal probandato e noviziato, sia nella sacra Liturgia come nel canto sacro. Si provveda inoltre che nelle comunit religiose dambo i sessi e nei Collegi da esse dipendenti vi siano maestri idonei, che possano insegnare, dirigere ed accompagnare il canto sacro. Abbiano cura i Superiori degli stessi Religiosi e Religiose che nelle loro comunit non soltanto dei gruppi scelti, ma tutti i sodali vengano sufficientemente esercitati nel canto sacro. 111. Ci sono poi delle chiese nelle quali, per la loro qualit, conviene che la sacra Liturgia e la Musica sacra si svolgano con particolare decoro e splendore, cio le chiese parrocchiali maggiori, le collegiate, le cattedrali, le abbaziali, le religiose, o i santuari maggiori. Coloro che sono addetti a tali chiese, sia chierici che ministranti, o artisti musicali, si studino con ogni

cura e sollecitudine di rendersi atti e preparati a compiere egregiamente il canto sacro e le azioni liturgiche. 112. Infine si deve avere un particolare criterio nellintrodurre e nel disciplinare la sacra Liturgia e il canto sacro nelle Missioni estere. Anzitutto si deve distinguere tra i popoli dotati di una cultura, talvolta millenaria e ricchissima, e popoli privi ancora di una cultura superiore. Ci posto bisogna tener presenti alcune norme generali, e cio: a) I sacerdoti che vengono inviati alle Missioni estere devono avere una adeguata formazione nella sacra Liturgia e nel canto sacro. b) Se si tratta di popoli che si distinguono per una propria cultura musicale, si studino i missionari, adottando tutte le precauzioni necessarie, di servirsi nelluso sacro anche della musica indigena; cerchino soprattutto di disporre gli esercizi pii in modo che i fedeli indigeni possano effondere la loro anima religiosa anche nella propria lingua e con melodie adattate allindole della loro gente. N si dimentichi che, come comprovato, gli indigeni alle volte possono cantare con facilit le stesse melodie gregoriane, perch molto spesso esse hanno una certa affinit con le loro cantilene. c) Se si tratta poi di popoli meno colti, ci che viene sopra proposto sotto la lettera b), bisogna temperarlo in modo da adattarlo alla particolare capacit e indole di quei popoli. Dove poi la vita familiare e sociale di questi popoli pervasa di un grande sentimento religioso, i missionari usino una diligente cura, non solo per non spegnere lo stesso spirito religioso, ma, allontanate le superstizioni, renderlo piuttosto cristiano, per mezzo specialmente di esercizi pii. B) DEGLI ISTITUTI PUBBLICI PROMUOVERE LA MUSICA SACRA E PRIVATI PER

113. I parroci e i rettori di chiese curino diligentemente che per compiere le azioni liturgiche e gli esercizi pii si abbiano a disposizione fanciulli o giovani o anche degli uomini

ministranti, che si raccomandano per la piet, ben istruiti nelle cerimonie, e abbastanza esercitati anche nel canto sacro e popolare religioso. 114. Al canto sacro e popolare si ricollega in modo particolare quella lodevole istituzione, denominata Pueri cantores, pi volte raccomandata dalla Santa Sede28. certamente desiderabile e bisogna adoperarsi perch tutte le chiese abbiano un proprio coro di fanciulli cantori, i quali siano egregiamente istruiti nella sacra Liturgia e specialmente nellarte del cantare bene e con devozione. 115. Si raccomanda perci che in ogni diocesi si abbia un istituto o una scuola di canto e di organo, nella quale si formino debitamente gli organisti, i maestri di coro, i cantori o anche i suonatori di altri strumenti. Talvolta sar assai meglio che un tale istituto venga eretto, unendo gli sforzi, da pi diocesi. I parroci o i rettori di chiese non trascurino di indirizzare a tali scuole giovani scelti e favorirne opportunamente gli studi. 116. Assai opportuni sono da considerarsi infine quegli istituti superiori o accademie che hanno espressamente lo scopo di promuovere pi largamente la Musica sacra. Tra questi istituti poi occupa il primo posto il Pontificio Istituto di Musica sacra, fondato in Roma da San Pio X. Gli Ordinari dei luoghi abbiano cura di mandare alcuni sacerdoti che abbiano particolare disposizione e amore per questa arte ai detti istituti, e specialmente al Pontificio Istituto romano di Musica sacra. 117. Oltre agli istituti per linsegnamento della Musica sacra, sono state fondate diverse associazioni che, sotto il nome di S. Gregorio Magno o di S. Cecilia o di altri Santi, si propongono in vari modi di coltivare la stessa Musica sacra. Dal moltiplicarsi di queste associazioni e dalla loro confederazione, nazionale o internazionale, la Musica sacra potr ottenere grandi vantaggi. 118. In ciascuna diocesi, gi fin dai tempi di S. Pio X, deve

esserci una speciale Commissione di Musica sacra29. I membri di questa Commissione, sia sacerdoti che laici, devono essere nominati dallOrdinario del luogo, il quale scelga uomini competenti per dottrina ed esperienza nei vari generi della Musica sacra. Niente impedisce che gli Ordinari di pi diocesi costituiscano una Commissione comune. Siccome poi la Musica sacra strettamente connessa con la Liturgia, e questa con lArte sacra, si devono costituire in ciascuna diocesi anche le Commissioni di Arte sacra30 e di sacra Liturgia31. Niente vieta per, anzi talvolta consigliabile, che le tre ricordate Commissioni non si riuniscano separatamente, ma insieme e, consultandosi a vicenda, cerchino di trattare e di risolvere i problemi comuni. Del resto, gli Ordinari dei luoghi sorveglino che le predette Commissioni si riuniscano frequentemente a seconda delle circostanze; auspicabile anche che gli stessi Ordinari presiedano qualche volta queste adunanze. *** Questa Istruzione sulla Musica sacra e la sacra Liturgia stata sottoposta dallinfrascritto Cardinale Prefetto della S. Congregazione dei Riti al SS.mo Signor Nostro Pio Papa XII. Sua Santit si degnata di approvarla in modo speciale, in tutto e nelle singole parti, e di confermarla con la Sua autorit, ed ha ordinato di promulgarla perch sia osservata con diligenza da tutti coloro cui spetta. Nonostante qualsiasi cosa in contrario. Roma, dal Palazzo della Sacra Congregazione dei Riti, nella festa di S. Pio X, 3 settembre 1958. G. Card. CICOGNANI, Prefetto A. Carinci, Arciv. di Seleucia, Segretario

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(1) Lettera enciclica Mediator Dei, del 20 nov. 1947; A. A. S. 39 (1947) 528-29. (2) Cfr. Ef. 5, 18-20; Col. 3, 16. (3) Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina, del 25 dic. 1955: A. A. S. 48 (1956) 13-14. (4) Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1950) 18. (5) Motu proprio Tra le sollecitudini, del 22 nov. 1903, n. 7: A. S. S. 36 (1903-04) 334; Decr. auth. S. C. R. 4121. (6) Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1956) 16-17. (7) Lettera enciclica Mediator Dei, del 20 nov. 1947: A. A. S. 39 (1947) 552. (8) A. A. S. 39 (1947) 560. (9) Lettera enciclica Mediator Dei: A. A. S. 39 (1947) 530-537. (10) S. Conc. Trid. Sess. 22, cap. 6. Cfr. anche la Lettera enciclica Mediator Dei (A. A. S. 39 [1947] 565): molto opportuno, ci che del resto stabilito dalla Liturgia, che il popolo acceda alla sacra Eucaristia, dopo che il sacerdote avr gustato della Mensa divina. (11) S. Conc. Trid. Sess. 22, cap. 8; Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1956) 17. (12) Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1956) 16. (13) Costituzione Apostolica Divini cultus, del 20 dic. 1928: A. A. S. 21 (1929) 40. (14) Lettera enciclica Mediator Dei: A. A. S. 39 (1947) 560-561. (15) A. A. S. 49 (1957) 370. (16) Cfr. I Discorsi del Sommo Pontefice Pio XII agli E.mi PP. Cardinali e ai Vescovi, del 2 nov. 1954 (A. A. S. 46 [1954] 669-670) e ai partecipanti al Congresso internazionale di Liturgia Pastorale di Assisi, del 22 sett. 1956 (A. A. S. 48 [1956] 716-717). (17) Costituzione Apostolica Christus Dominus, del 6 genn. 1953 (A. A. S. 45 [1953] 15-24); Istruzione della Suprema S. Congregazione del SantUffizio dello stesso giorno (A. A. S. 45 [1953] 47-51); Motu proprio Sacram Communionem, del 19 marzo 1957 (A. A. S. 49 [1957] 177-178). (18) A. A. S. 48 (1956) 18-20. (19) A A. S. 48 (1956) 19-20. (20) Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1956) 20. (21) Decr. auth. S. C. R. 4166. (22) Decr. auth. S. C. R. 4178. (23) Decr. auth. S. C. R. 4260. (24) A. A. S. 38 (1946) 371-372. (25) Lettera enciclica Mystici Corporis Christi, del 29 giugno 1943: A. A. S. 35 (1943) 232-233; Lettera enciclica Mediator Dei, del 20 nov. 1947: A. A. S. 39 (1947) 555-556. (26) Cfr. Decr. auth. S. C. R. 3964, 4210, 4231, e Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1956) 23. (27) A. A. S. 31 (1929) 33-41. (28) Costituzione Apostolica Divini cultus: A. A. S. 21 (1929) 28; Lettera enciclica Musicae sacrae disciplina: A. A. S. 48 (1956) 23. (29) Motu proprio Tra le sollecitudini, del 22 nov. 1903: A. A. S. 36 (1903-1904) n. 24; Decr. auth. S. C. R. 4121. (30) Lettera circolare della Segreteria di Stato del 1 sett. 1924, Prot. 34215. (31) Lettera enciclica Mediator Dei, del 20 nov. 1947: A. A. S. 39 (1947) 561-562.

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LITTER APOSTOLIC
MOTU PROPRIO DAT

RUBRICARUM INSTRUCTUM
CON LA QUALE SI APPROVANO LE NUOVE RUBRICHE DEL BREVIARIO E DEL MESSALE ROMANO

di Sua Santit B. PAPA GIOVANNI XXIII


La Sede Apostolica, specialmente dopo il Concilio Tridentino, ha sempre avuto cura di definire nel modo pi preciso e di ordinare nel modo pi compiuto il codice delle rubriche che ordinano e regolano il culto pubblico della Chiesa. Poich nel corso del tempo sono state introdotte molte correzioni, modifiche ed aggiunte, l'intero sistema delle rubriche si abbondantemente accresciuto, non sempre rispettando un vero ordine logico, e non senza nuocere alla chiarezza e alla semplicit originarie. Non c' dunque da stupirsi se il Nostro Predecessore Papa Pio XII, di felice memoria, accogliendo le richieste di molti Vescovi, stabil che le rubriche del Breviario e del Messale Romano, in certi punti, dovessero essere redatte in forma pi semplice, il che avvenne mediante un Decreto generale della S. Congregazione dei Riti il 23 marzo 1955.

Il successivo anno 1956, mentre si stavano compiendo gli studi preparatori per una riforma liturgica generale, lo stesso Nostro Predecessore pens di chiedere il parere dei Vescovi circa una revisione liturgica del Breviario Romano. Dopo aver soppesato le loro risposte, decise che si doveva intraprendere una riforma sistematica e generale delle rubriche del Breviario e del Messale, e ne confer l'incarico a quella Commissione speciali di uomini competenti, alla quale erano stati affidati anche gli studi per una riforma generale della liturgia. Noi, per quanto Ci riguarda, dopo che, ispirati da Dio, decretammo la convocazione di un Concilio ecumenico, abbiamo molto riflettuto su ci che bisognasse fare circa l'opera intrapresa dal Nostro Predecessore. Esaminata la questione a lungo e con coscienza, siamo giunti alla conclusione che i pi importanti princpi concernenti la riforma liturgica generale dovessero essere proposti ai Padri durante il prossimo Concilio ecumenico; la correzione delle rubriche del Breviario e del Messale, invece, non poteva essere rimandata oltre. Questo corpus di rubriche del Breviario e del Messale Romano, preparato da uomini competenti della S. Congregazione dei Riti e diligentemente curato dalla suddetta Pontificia Commissione per la riforma liturgica generale, Noi stessi, di moto proprio e certa scienza, in virt della Nostra Autorit Apostolica, abbiamo deciso di approvare, ordinando quanto segue: 1. Il nuovo codice delle rubriche del Breviario e del Messale Romano, diviso in tre parti, e cio: Rubriche generali, Rubriche generali del Breviario Romano, e Rubriche generali del Messale Romano, che sar presto pubblicato dalla Nostra Sacra Congregazione dei Riti, stabiliamo che debba essere osservato da tutti coloro che seguono il rito romano a partire dal 1 gennaio del prossimo anno 1961. Coloro che osservano un altro rito latino, poi, sono tenuti a conformarsi il pi possibile sia al nuovo codice che al

calendario, in tutto ci che non strettamente proprio del loro rito. 2. Il 1 gennaio dell'anno 1961 cessano di essere in vigore le Rubricae generales del Breviario e del Messale Romano e le Additiones et variationes apportate alle rubriche del Breviario e del Messale Romano a norma della Bolla Divino afflatu del Nostro Predecessore S. Pio X, che finora erano poste all'inizio di tali libri. Parimenti cessa di essere in vigore il Decreto generale della S. Congregazione dei Riti del 23 Marzo 1955 De rubricis ad simpliciorem formam redigendis, ripreso in questa nuova redazione delle rubriche. Sono infine abrogati i decreti e le risposte a dubbi della medesima S. Congregazione che non concordino con questa nuova forma delle rubriche. 3. Allo stesso modo, statuti, privilegi, indulti e concessioni di qualsiasi genere, per quanto secolari e immemorabili, ancorch specialissimi e degni di particolare menzione, ma che non sono conformi a queste rubriche, sono revocati. 4. Gli editori dei libri liturgici, regolarmente approvati e autorizzati dalla Santa Sede, possono preparare le nuove edizioni del Breviario e del Messale Romano ordinati secondo il nuovo codice delle rubriche; per preservare la necessaria uniformit delle nuove edizioni, la S. Congregazione dei Riti dia istruzioni particolari. 5. All'inizio delle nuove edizioni del Breviario e del Messale Romano, omessi i testi delle rubriche di cui al n. 2, si ponga il testo delle nuove rubriche: nel Breviario le Rubriche generali e le Rubriche generali del Breviario Romano; nel Messale le Rubriche generali e le Rubriche generali del Messale Romano. 6. Infine, tutti coloro a cui spetta abbiano cura di conformare al pi presto i Calendari e i Propri, sia diocesani che religiosi, alla norma e allo spirito della nuova redazione delle rubriche e del calendario, e di farli approvare dalla S. Congregazione dei Riti. Stabilite dunque queste disposizioni, riteniamo sia Nostro dovere Apostolico aggiungere alcune esortazioni.

Con questa nuova disposizione delle rubriche, se da un lato tutto il codice delle rubriche del Breviario e del Messale Romano stato redatto in forma migliore, suddiviso in ordine pi chiaro e riassunto in testo unico, dall'altro sono state introdotte alcune modifiche speciali che riducono un poco la durata dell'Ufficio divino. Ci, del resto, era nel desiderio di molti Vescovi, soprattutto in considerazione di quei numerosi sacerdoti che di giorno in giorno sono sempre pi gravati dai loro impegni pastorali. Nondimeno, Noi con animo paterno esortiamo costoro e tutti quelli che sono tenuti alla recita dell'Ufficio divino a compensare la diminuzione della durata dell'Ufficio divino con una maggior diligenza e devozione. Poich, inoltre, anche la lettura dei santi Padri stata un poco alleggerita, esortiamo vivamente tutti i chierici ad avere sottomano le opere dei Padri, cos ricche di saggezza e di piet, per leggerle e meditarle assiduamente. Ci che abbiamo deciso e ordinato con questa Nostra Lettera in forma di motu proprio, sia scrupolosamente rispettato ed eseguito, nonostante qualsiasi cosa in contrario, ancorch degna di specialissima e singolare menzione. Dato in Roma, presso S. Pietro, il 25 luglio dell'anno 1960, secondo del Nostro Pontificato.

SACRA RITUUM CONGREGATIO

DECRETUM GENERALE
COL QUALE SI PROMULGA IL NUOVO CODICE DELLE RUBRICHE DEL BREVIARIO E DEL MESSALE ROMANO
Il nuovo codice delle rubriche del Breviario e del Messale Romano, che la Santit di Nostro Signore Papa Giovanni XXIII ha approvato con la Lettera Apostolica in forma di motu proprio: Rubricarum instructum il 25 luglio dell'anno corrente, affidandone la promulgazione a questa S. Congregazione, la S. Congregazione dei Riti, con questo Decreto generale, promulga e dichiara promulgato, perch venga inserito nelle nuove edizioni del Breviario e del Messale romano e sia osservato da tutti coloro a cui spetta a partire dal 1 gennaio del prossimo anno 1961. Affinch i libri liturgici tuttora in uso possano continuare ad essere impiegati, al codice delle rubriche si aggiungono alcune "Variazioni" per adattare i Breviari ed i Messali, come pure il Martirologio. Ex dibus S. Rituum Congregationis, die 26 iulii anni 1960. Caietanus Card. CICOGNANI, Ep. Tusculanus, Prfectus. L. S. Henricus Dante, a secretis.

LITTER APOSTOLIC
MOTU PROPRIO DAT

SUMMORUM PONTIFICUM
SULLUSO DELLA LITURGIA ROMANA ANTERIORE ALLA RIFORMA DEL 1970

di Sua Santit BENEDETTO XVI


I Sommi Pontefici fino ai nostri giorni ebbero costantemente cura che la Chiesa di Cristo offrisse alla Divina Maest un culto degno, a lode e gloria del Suo nome ed ad utilit di tutta la sua Santa Chiesa. Da tempo immemorabile, come anche per lavvenire, necessario mantenere il principio secondo il quale ogni Chiesa particolare deve concordare con la Chiesa universale, non solo quanto alla dottrina della fede e ai segni sacramentali, ma anche quanto agli usi universalmente accettati dalla ininterrotta tradizione apostolica, che devono essere osservati non solo per evitare errori, ma anche per trasmettere lintegrit della fede, perch la legge della preghiera della Chiesa corrisponde alla sua legge di fede1.

Tra i Pontefici che ebbero tale doverosa cura eccelle il nome di san Gregorio Magno, il quale si adoper perch ai nuovi popoli dellEuropa si trasmettesse sia la fede cattolica che i tesori del culto e della cultura accumulati dai Romani nei secoli precedenti. Egli comand che fosse definita e conservata la forma della sacra Liturgia, riguardante sia il Sacrificio della Messa sia lUfficio Divino, nel modo in cui si celebrava nellUrbe. Promosse con massima cura la diffusione dei monaci e delle monache, che operando sotto la regola di san Benedetto, dovunque unitamente allannuncio del Vangelo illustrarono con la loro vita la salutare massima della Regola: Nulla venga preposto allopera di Dio (cap. 43). In tal modo la sacra Liturgia celebrata secondo luso romano arricch non solo la fede e la piet, ma anche la cultura di molte popolazioni. Consta infatti che la liturgia latina della Chiesa nelle varie sue forme, in ogni secolo dellet cristiana, ha spronato nella vita spirituale numerosi Santi e ha rafforzato tanti popoli nella virt di religione e ha fecondato la loro piet. Molti altri Romani Pontefici, nel corso dei secoli, mostrarono particolare sollecitudine a che la sacra Liturgia espletasse in modo pi efficace questo compito: tra essi spicca S. Pio V, il quale sorretto da grande zelo pastorale, a seguito dellesortazione del Concilio di Trento, rinnov tutto il culto della Chiesa, cur ledizione dei libri liturgici, emendati e rinnovati secondo la norma dei Padri e li diede in uso alla Chiesa latina. Tra i libri liturgici del Rito romano risalta il Messale Romano, che si svilupp nella citt di Roma, e col passare dei secoli a poco a poco prese forme che hanno grande somiglianza con quella vigente nei tempi pi recenti. Fu questo il medesimo obiettivo che seguirono i Romani Pontefici nel corso dei secoli seguenti assicurando laggiornamento o definendo i riti e i libri liturgici, e poi, allinizio di questo secolo, intraprendendo una riforma generale2. Cos agirono i nostri Predecessori Clemente VIII, Urbano VIII, San Pio X3, Benedetto XV, Pio XII e il B. Giovanni XXIII. Nei tempi pi recenti, il Concilio Vaticano II espresse il desiderio che la dovuta rispettosa riverenza nei confronti del culto divino venisse ancora rinnovata e fosse adattata alle necessit della nostra et. Mosso da questo desiderio, il nostro Predecessore, il Sommo Pontefice Paolo VI, nel 1970 per la Chiesa latina approv i libri liturgici riformati e in parte rinnovati. Essi, tradotti nelle varie lingue del mondo, di buon grado

furono accolti da Vescovi, sacerdoti e fedeli. Giovanni Paolo II rivide la terza edizione tipica del Messale Romano. Cos i Romani Pontefici hanno operato perch questa sorta di edificio liturgico [...] apparisse nuovamente splendido per dignit e armonia4. Ma in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, le quali avevano imbevuto cos profondamente la loro cultura e il loro spirito, che il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dalla cura pastorale nei confronti di questi fedeli, nellanno 1984 con lo speciale indulto Quattuor abhinc annos, emesso dalla Congregazione per il Culto Divino, concesse la facolt di usare il Messale Romano edito dal B. Giovanni XXIII nellanno 1962; nellanno 1988 poi Giovanni Paolo II di nuovo con la Lettera Apostolica Ecclesia Dei, data in forma di Motu proprio, esort i Vescovi ad usare largamente e generosamente tale facolt in favore di tutti i fedeli che lo richiedessero. A seguito delle insistenti preghiere di questi fedeli, a lungo soppesate gi dal Nostro Predecessore Giovanni Paolo II, e dopo aver ascoltato Noi stessi i Padri Cardinali nel Concistoro tenuto il 22 marzo 2006, avendo riflettuto approfonditamente su ogni aspetto della questione, dopo aver invocato lo Spirito Santo e contando sullaiuto di Dio, con la presente Lettera Apostolica STABILIAMO quanto segue: Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI la espressione ordinaria della lex orandi (legge della preghiera) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa lex orandi e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della lex orandi della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella lex credendi (legge della fede) della Chiesa; sono infatti due usi dellunico rito romano. Perci lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo ledizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per luso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori Quattuor abhinc annos e Ecclesia Dei, vengono sostituite come segue: Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, pu usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962, oppure il Messale Romano

promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ci in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo luno o laltro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso, n della Sede Apostolica, n del suo Ordinario. Art. 3. Le comunit degli Istituti di vita consacrata e delle Societ di vita apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella celebrazione conventuale o comunitaria nei propri oratori desiderano celebrare la Santa Messa secondo ledizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunit o un intero Istituto o Societ vuole compiere tali celebrazioni spesso o abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti particolari. Art. 4. Alle celebrazioni della Santa Messa di cui sopra allart. 2, possono essere ammessi osservate le norme del diritto anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volont. Art. 5. 1. Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del can. 392, evitando la discordia e favorendo lunit di tutta la Chiesa. 2. La celebrazione secondo il Messale del B. Giovanni XXIII pu aver luogo nei giorni feriali; nelle domeniche e nelle festivit si pu anche avere una celebrazione di tal genere. 3. Per i fedeli e i sacerdoti che lo chiedono, il parroco permetta le celebrazioni in questa forma straordinaria anche in circostanze particolari, come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi. 4. I sacerdoti che usano il Messale del B. Giovanni XXIII devono essere idonei e non giuridicamente impediti. 5. Nelle chiese che non sono parrocchiali n conventuali, compito del Rettore della chiesa concedere la licenza di cui sopra. Art. 6. Nelle Messe celebrate con il popolo secondo il Messale del B.

Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche nella lingua vernacola, usando le edizioni riconosciute dalla Sede Apostolica. Art. 7. Se un gruppo di fedeli laici fra quelli di cui allart. 5 1 non abbia ottenuto soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco, ne informi il Vescovo diocesano. Il Vescovo vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Se egli non pu provvedere per tale celebrazione, la cosa venga riferita alla Commissione Pontificia Ecclesia Dei. Art. 8. Il Vescovo, che desidera rispondere a tali richieste di fedeli laici, ma per varie cause impedito di farlo, pu riferire la questione alla Commissione Ecclesia Dei, perch gli offra consiglio e aiuto. Art. 9 1. Il parroco, dopo aver considerato tutto attentamente, pu anche concedere la licenza di usare il rituale pi antico nellamministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dellUnzione degli infermi, se questo consiglia il bene delle anime. 2. Agli Ordinari viene concessa la facolt di celebrare il sacramento della Confermazione usando il precedente antico Pontificale Romano, qualora questo consigli il bene delle anime. 3. Ai chierici costituiti in sacris lecito usare il Breviario Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962. Art. 10. LOrdinario del luogo, se lo riterr opportuno, potr erigere una parrocchia personale a norma del can. 518 per le celebrazioni secondo la forma pi antica del rito romano, o nominare un cappellano, osservate le norme del diritto. Art. 11. La Pontificia Commissione Ecclesia Dei, eretta da Giovanni Paolo II nel 19885, continua ad esercitare il suo compito. Tale Commissione abbia la forma, i compiti e le norme, che il Romano Pontefice le vorr attribuire. Art. 12. La stessa Commissione, oltre alle facolt di cui gi gode, eserciter lautorit della Santa Sede vigilando sulla osservanza e lapplicazione di queste disposizioni. Tutto ci che da Noi stato stabilito con questa Lettera Apostolica data a

modo di Motu proprio, ordiniamo che sia considerato come stabilito e decretato e da osservare dal giorno 14 settembre di questanno, festa dellEsaltazione della Santa Croce, nonostante tutto ci che possa esservi in contrario.
______________________ Institutio generalis Missalis Romani, Editio tertia, 2002, 397 2 IOANNES PAULUS PP. II, Litt. ap. Vicesimus quintus annus (4 Decembris 1988), 3: AAS 81 (1989), 899. 3 Ibid. 4 PIUS PP. X, Litt. Ap. Motu proprio datae Abhinc duos annos (23 Octobris 1913): AAS 5 (1913), 449-450; cfr IOANNES PAULUS II, Litt. ap. Vicesimus quintus annus (4 Decembris 1988), 3: AAS 81 (1989), 899. 5 Cfr IOANNES PAULUS PP. II, Litt. ap. Motu proprio datae Ecclesia Dei (2 iulii 1988), 6: AAS 80 (1988), 1498.
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LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI VESCOVI DI TUTTO IL MONDO


PER PRESENTARE IL "MOTU PROPRIO"
SULLUSO DELLA LITURGIA ROMANA ANTERIORE ALLA RIFORMA DEL 1970

Cari Fratelli nellEpiscopato, con grande fiducia e speranza metto nelle vostre mani di Pastori il testo di una nuova Lettera Apostolica "Motu Proprio data" sulluso della liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970. Il documento frutto di lunghe riflessioni, di molteplici consultazioni e di preghiera. Notizie e giudizi fatti senza sufficiente informazione hanno creato non poca confusione. Ci sono reazioni molto divergenti tra loro che vanno da unaccettazione gioiosa ad unopposizione dura, per un progetto il cui contenuto in realt

non era conosciuto. A questo documento si opponevano pi direttamente due timori, che vorrei affrontare un po pi da vicino in questa lettera. In primo luogo, c il timore che qui venga intaccata lAutorit del Concilio Vaticano II e che una delle sue decisioni essenziali la riforma liturgica venga messa in dubbio. Tale timore infondato. Al riguardo bisogna innanzitutto dire che il Messale, pubblicato da Paolo VI e poi riedito in due ulteriori edizioni da Giovanni Paolo II, ovviamente e rimane la forma normale la forma ordinaria della Liturgia Eucaristica. Lultima stesura del Missale Romanum, anteriore al Concilio, che stata pubblicata con lautorit di Papa Giovanni XXIII nel 1962 e utilizzata durante il Concilio, potr, invece, essere usata come forma extraordinaria della Celebrazione liturgica. Non appropriato parlare di queste due stesure del Messale Romano come se fossero "due Riti". Si tratta, piuttosto, di un uso duplice dellunico e medesimo Rito. Quanto alluso del Messale del 1962, come forma extraordinaria della Liturgia della Messa, vorrei attirare lattenzione sul fatto che questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, rest sempre permesso. Al momento dellintroduzione del nuovo Messale, non sembrato necessario di emanare norme proprie per luso possibile del Messale anteriore. Probabilmente si supposto che si sarebbe trattato di pochi casi singoli che si sarebbero risolti, caso per caso, sul posto. Dopo, per, si presto dimostrato che non pochi rimanevano fortemente legati a questo uso del Rito romano che, fin dallinfanzia, era per loro diventato familiare. Ci avvenne, innanzitutto, nei Paesi in cui il movimento liturgico aveva donato a molte persone una cospicua formazione liturgica e una profonda, intima familiarit con la forma anteriore della Celebrazione liturgica. Tutti sappiamo che, nel movimento guidato dallArcivescovo Lefebvre, la fedelt al Messale antico divenne un contrassegno esterno; le ragioni di questa spaccatura, che qui nasceva, si

trovavano per pi in profondit. Molte persone, che accettavano chiaramente il carattere vincolante del Concilio Vaticano II e che erano fedeli al Papa e ai Vescovi, desideravano tuttavia anche ritrovare la forma, a loro cara, della sacra Liturgia; questo avvenne anzitutto perch in molti luoghi non si celebrava in modo fedele alle prescrizioni del nuovo Messale, ma esso addirittura veniva inteso come unautorizzazione o perfino come un obbligo alla creativit, la quale port spesso a deformazioni della Liturgia al limite del sopportabile. Parlo per esperienza, perch ho vissuto anchio quel periodo con tutte le sue attese e confusioni. E ho visto quanto profondamente siano state ferite, dalle deformazioni arbitrarie della Liturgia, persone che erano totalmente radicate nella fede della Chiesa. Papa Giovanni Paolo II si vide, perci, obbligato a dare, con il Motu Proprio "Ecclesia Dei" del 2 luglio 1988, un quadro normativo per luso del Messale del 1962, che per non conteneva prescrizioni dettagliate, ma faceva appello, in modo pi generale, alla generosit dei Vescovi verso le "giuste aspirazioni" di quei fedeli che richiedevano questuso del Rito romano. In quel momento il Papa voleva, cos, aiutare soprattutto la Fraternit San Pio X a ritrovare la piena unit con il Successore di Pietro, cercando di guarire una ferita sentita sempre pi dolorosamente. Purtroppo questa riconciliazione finora non riuscita; tuttavia una serie di comunit hanno utilizzato con gratitudine le possibilit di questo Motu Proprio. Difficile rimasta, invece, la questione delluso del Messale del 1962 al di fuori di questi gruppi, per i quali mancavano precise norme giuridiche, anzitutto perch spesso i Vescovi, in questi casi, temevano che lautorit del Concilio fosse messa in dubbio. Subito dopo il Concilio Vaticano II si poteva supporre che la richiesta delluso del Messale del 1962 si limitasse alla generazione pi anziana che era cresciuta con esso, ma nel frattempo emerso chiaramente che anche giovani persone scoprono questa forma liturgica, si sentono attirate da essa e vi trovano una forma, particolarmente appropriata per loro, di

incontro con il Mistero della Santissima Eucaristia. Cos sorto un bisogno di un regolamento giuridico pi chiaro che, al tempo del Motu Proprio del 1988, non era prevedibile; queste Norme intendono anche liberare i Vescovi dal dover sempre di nuovo valutare come sia da rispondere alle diverse situazioni. In secondo luogo, nelle discussioni sullatteso Motu Proprio, venne espresso il timore che una pi ampia possibilit delluso del Messale del 1962 avrebbe portato a disordini o addirittura a spaccature nelle comunit parrocchiali. Anche questo timore non mi sembra realmente fondato. Luso del Messale antico presuppone una certa misura di formazione liturgica e un accesso alla lingua latina; sia luna che laltra non si trovano tanto di frequente. Gi da questi presupposti concreti si vede chiaramente che il nuovo Messale rimarr, certamente, la forma ordinaria del Rito Romano, non soltanto a causa della normativa giuridica, ma anche della reale situazione in cui si trovano le comunit di fedeli. vero che non mancano esagerazioni e qualche volta aspetti sociali indebitamente vincolati allattitudine di fedeli legati allantica tradizione liturgica latina. La vostra carit e prudenza pastorale sar stimolo e guida per un perfezionamento. Del resto le due forme delluso del Rito Romano possono arricchirsi a vicenda: nel Messale antico potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi. La Commissione "Ecclesia Dei" in contatto con i diversi enti dedicati all "usus antiquior" studier le possibilit pratiche. Nella celebrazione della Messa secondo il Messale di Paolo VI potr manifestarsi, in maniera pi forte di quanto non lo spesso finora, quella sacralit che attrae molti allantico uso. La garanzia pi sicura che il Messale di Paolo VI possa unire le comunit parrocchiali e venga da loro amato consiste nel celebrare con grande riverenza in conformit alle prescrizioni; ci rende visibile la ricchezza spirituale e la profondit teologica di questo Messale. Sono giunto, cos, a quella ragione positiva che mi ha motivato ad aggiornare mediante questo Motu Proprio quello del 1988. Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno

della Chiesa. Guardando al passato, alle divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, si ha continuamente limpressione che, in momenti critici in cui la divisione stava nascendo, non stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e lunit; si ha limpressione che le omissioni nella Chiesa abbiano avuto una loro parte di colpa nel fatto che queste divisioni si siano potute consolidare. Questo sguardo al passato oggi ci impone un obbligo: fare tutti gli sforzi, affinch a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dellunit, sia reso possibile di restare in questunit o di ritrovarla nuovamente. Mi viene in mente una frase della Seconda Lettera ai Corinzi, dove Paolo scrive: "La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si tutto aperto per voi. Non siete davvero allo stretto in noi; nei vostri cuori invece che siete allo stretto Rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!" (2 Cor 6,1113). Paolo lo dice certo in un altro contesto, ma il suo invito pu e deve toccare anche noi, proprio in questo tema. Apriamo generosamente il nostro cuore e lasciamo entrare tutto ci a cui la fede stessa offre spazio. Non c nessuna contraddizione tra luna e laltra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ci che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non pu essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto. Ovviamente per vivere la piena comunione anche i sacerdoti delle Comunit aderenti alluso antico non possono, in linea di principio, escludere la celebrazione secondo i libri nuovi. Non sarebbe infatti coerente con il riconoscimento del valore e della santit del nuovo rito lesclusione totale dello stesso. In conclusione, cari Confratelli, mi sta a cuore sottolineare che queste nuove norme non diminuiscono in nessun modo la vostra autorit e responsabilit, n sulla liturgia n sulla pastorale dei vostri fedeli. Ogni Vescovo, infatti, il

moderatore della liturgia nella propria diocesi (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 22: "Sacrae Liturgiae moderatio ab Ecclesiae auctoritate unice pendet quae quidem est apud Apostolicam Sedem et, ad normam iuris, apud Episcopum"). Nulla si toglie quindi allautorit del Vescovo il cui ruolo, comunque, rimarr quello di vigilare affinch tutto si svolga in pace e serenit. Se dovesse nascere qualche problema che il parroco non possa risolvere, lOrdinario locale potr sempre intervenire, in piena armonia, per, con quanto stabilito dalle nuove norme del Motu Proprio. Inoltre, vi invito, cari Confratelli, a scrivere alla Santa Sede un resoconto sulle vostre esperienze, tre anni dopo lentrata in vigore di questo Motu Proprio. Se veramente fossero venute alla luce serie difficolt, potranno essere cercate vie per trovare rimedio. Cari Fratelli, con animo grato e fiducioso, affido al vostro cuore di Pastori queste pagine e le norme del Motu Proprio. Siamo sempre memori delle parole dellApostolo Paolo dirette ai presbiteri di Efeso: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si acquistata con il suo sangue" (Atti 20,28). Affido alla potente intercessione di Maria, Madre della Chiesa, queste nuove norme e di cuore imparto la mia Benedizione Apostolica a Voi, cari Confratelli, ai parroci delle vostre diocesi, e a tutti i sacerdoti, vostri collaboratori, come anche a tutti i vostri fedeli. Dato presso San Pietro, il 7 luglio 2007 BENEDICTUS PP. XVI

Rubric Generales Rubric Generales Missalis Romani

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RUBRIC GENERALES
Missale Romanum, Typis Poliglottis Vaticanis 1962

I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX

NORME GENERALI IL GIORNO LITURGICO IN GENERALE LE DOMENICHE LE FERIE LE VIGILIE LE FESTE E IL CALENDARIO LE OTTAVE I TEMPI DELL'ANNO SANTA MARIA IN SABATO LE LITANIE MAGGIORI E MINORI LA PRECEDENZA DEI GIORNI LITURGICI L'OCCORENZA DEI GIORNI LITURGICI OCCORENZA ACC. E TRASLAZIONE DEI GIORNI LITURGICI OCCORENZA PERP. E RIPOSIZIONE DEI GIORNI LITURGICI LA CONCORRENZA DEI GIORNI LITURGICI LE COMMEMORAZIONI LA CONCLUSIONE DELLE ORAZIONI IL COLORE DEI PARAMENTI IMPIEGO E NATURA DEI PARAMENTI

CAPITOLO I NORME GENERALI


1. Le seguenti rubriche riguardano il rito romano. 2. Per calendario sintende sia il Calendario ad uso della Chiesa universale, sia i calendari particolari. 3. Le seguenti rubriche generali valgono tanto per il Breviario quanto per il Messale. Eventuali eccezioni sono specificate nelle rubriche particolari che si trovano nel Breviario e nel Messale redatti conformemente a queste rubriche.

CAPITOLO II IL GIORNO LITURGICO IN GENERALE


4. Il giorno liturgico il giorno santificato dalle azioni liturgiche, in particolare dal Sacrificio eucaristico e dalla preghiera pubblica della Chiesa, ossia lUfficio divino; e decorre da mezzanotte a mezzanotte. 5. La celebrazione del giorno liturgico decorre, di per s, da Mattutino a Compieta. Vi sono per alcuni giorni solenni in cui lUfficio comincia dai I Vespri, il giorno precedente. Vi infine una celebrazione liturgica non completa, costituita soltanto da una commemorazione nellUfficio e nella Messa del giorno liturgico in corso. 6. Ogni giorno si celebra una domenica, una feria, una vigilia, una festa o unottava, secondo il calendario e la precedenza dei giorni liturgici. 7. La precedenza tra i diversi giorni liturgici determinata unicamente dallapposita tabella di cui al n. 91. 8. I giorni liturgici sono di prima, seconda, terza o quarta classe.

CAPITOLO III LE DOMENICHE


9. Per domenica sintende il giorno del Signore che cade allinizio di ogni settimana. 10. Le domeniche sono di I o di II classe. 11. Sono domeniche di I classe: a) le quattro domeniche dAvvento; b) le quattro domeniche di Quaresima; c) le due domeniche di Passione; d) la domenica di Resurrezione o di Pasqua; e) la domenica in albis; f) la domenica di Pentecoste. Le domeniche di Pasqua e di Pentecoste sono al tempo stesso feste di I classe con ottava. 12. Tutte le altre domeniche sono di II classe. 13. LUfficio della domenica comincia dai I Vespri, il sabato precedente, e termina dopo Compieta della domenica stessa. 14. La domenica si celebra nel suo giorno, secondo le rubriche. LUfficio e la Messa della domenica impedita non si anticipano n si riprendono. 15. Una domenica di I classe, in caso di occorrenza, prevale su qualsiasi festa. Tuttavia, la festa dellImmacolata Concezione della beata Vergine Maria prevale sulla domenica dAvvento occorrente. Per quanto riguarda la concorrenza, si osservi la norma di cui ai nn. 104105. 16. Una domenica di II classe, in caso di occorrenza, prevale sulle feste di II classe.

Tuttavia: a) una festa del Signore di I o II classe, che cade in una domenica di II classe, prende il posto della domenica, con tutti i suoi diritti e privilegi: della domenica, quindi, non si fa alcuna commemorazione; b) la domenica di II classe prevale sulla Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. Per quanto riguarda la concorrenza, si osservi la norma di cui ai nn. 104105. 17. La domenica, di per s, esclude lassegnazione perpetua delle feste. Fanno eccezione: a) la festa del Ss. Nome di Ges, che va celebrata la domenica che cade tra il 2 e il 5 gennaio (altrimenti il 2 gennaio); b) la festa della S. Famiglia di Ges, Maria, Giuseppe, che va celebrata la prima domenica dopo lEpifania; c) la festa della Ss. Trinit, che va celebrata la prima domenica dopo Pentecoste; d) la festa di N. S. Ges Cristo Re, che va celebrata lultima domenica di ottobre; e) le feste del Signore di I classe che, nei calendari particolari, sono assegnate ad una domenica di II classe. Queste feste prendono il posto della domenica occorrente, con tutti i suoi diritti e privilegi: della domenica, quindi, non si fa alcuna commemorazione. 18. Le domeniche dopo lEpifania impedite dalla Settuagesima si trasferiscono dopo la XXIII domenica dopo Pentecoste, in questo ordine: a) se vi sono 25 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sar quella indicata come VI dopo lEpifania; b) se vi sono 26 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sar quella indicata come V dopo lEpifania; e la 25a quella indicata come VI; c) se vi sono 27 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sar quella indicata come IV dopo lEpifania; la 25a quella indicata come V; e la 26a quella indicata come VI; d) se vi sono 28 domeniche dopo Pentecoste, la 24a sar quella indicata come III dopo lEpifania; la 25a quella indicata come IV; la 26a quella indicata come V; e la 27a quella indicata come VI.

Per ultima si pone sempre la domenica indicata come XXIV dopo Pentecoste, omettendo, se ce ne fosse bisogno, le domeniche che non possono avere luogo. 19. Per prima domenica del mese sintende quella che cade per prima nel corso del mese, cio dal primo al settimo giorno del mese; e per ultima domenica quella che precede immediatamente il primo giorno del mese successivo. Allo stesso modo, per computare la prima domenica dei mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre, onde regolare la lettura delle Scritture, si considera prima domenica del mese quella che cade dal primo al settimo giorno del mese. 20. La prima domenica dAvvento quella che cade il 30 novembre o che pi vicina a questa data.

CAPITOLO IV LE FERIE
21. Per feria sintende ciascuno dei giorni della settimana, esclusa la domenica. 22. Le ferie sono di prima, seconda, terza o quarta classe. 23. Sono ferie di I classe: a) il mercoled delle Ceneri; b) tutte le ferie della Settimana santa. Queste ferie prevalgono su qualsiasi festa e ammettono una sola commemorazione privilegiata. 24. Sono ferie di II classe: a) le ferie dAvvento dal 17 al 23 dicembre; b) le ferie delle Quattro Tempora dAvvento, di Quaresima e di settembre.

Queste ferie prevalgono sulle feste particolari di II classe; e, se sono impedite, se ne deve fare commemorazione. 25. Sono ferie di III classe: a) le ferie di Quaresima e di Passione, dal gioved dopo le ceneri al sabato che precede la II domenica di Passione compreso, eccetto quelle menzionate al numero precedente; esse prevalgono sulle feste di III classe; b) le ferie dAvvento fino al 16 dicembre compreso, eccetto quelle menzionate al numero precedente; esse cedono il posto alle feste di III classe. Se queste ferie sono impedite, se ne deve fare commemorazione. 26. Tutte le ferie non menzionate ai nn. 23-25 sono ferie di IV classe, delle quali non si fa mai commemorazione. 27. LUfficio della feria comincia dal Mattutino e termina, di per s, dopo Compieta; ma lUfficio del sabato, eccetto quello del sabato santo, termina dopo Nona.

CAPITOLO V LE VIGILIE
28. Per vigilia sintende il giorno liturgico che precede una festa ed ha il compito di prepararla. La vigilia di Pasqua, tuttavia, non essendo un giorno liturgico, si celebra in un modo suo proprio, che quello della veglia. 29. Le vigilie sono di prima, seconda o terza classe. 30. Sono vigilie di I classe: a) la vigilia della Nativit del Signore, che, in caso di occorrenza, prende il posto della IV domenica dAvvento, della quale, quindi, non si fa alcuna commemorazione;

b) la vigilia di Pentecoste. Queste vigilie prevalgono su qualsiasi festa e non ammettono alcuna commemorazione. 31. Sono vigilie di II classe: a) la vigilia dellAscensione del Signore; b) la vigilia dellAssunzione della beata Vergine Maria; c) la vigilia della Nativit di S. Giovanni Battista; d) la vigilia dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo; Queste vigilie prevalgono sui giorni liturgici di III e IV classe e, se sono impedite, se ne deve fare commemorazione, secondo le rubriche. 32. Vigilia di III classe la vigilia di S. Lorenzo. Questa vigilia prevale sui giorni liturgici di IV classe e, se impedita, se ne deve fare commemorazione, secondo le rubriche. 33. Una vigilia di II o III classe si omette del tutto se cade in una domenica qualsiasi o in una festa di I classe, oppure se la festa che precede stata trasferita ad un altro giorno o stata ridotta a commemorazione. 34. LUfficio della vigilia comincia dal Mattutino e termina quando comincia lUfficio della festa seguente.

CAPITOLO VI LE FESTE E IL CALENDARIO


A) Natura e propriet delle feste 35. Per festa sintende il giorno liturgico nel quale il culto pubblico della Chiesa specialmente rivolto al ricordo dei misteri del Signore o alla venerazione della beata Vergine Maria, degli Angeli, dei Santi o dei Beati. 36. Le feste sono di prima, seconda o terza classe.

37. Le feste si celebrano in questo modo: a) le feste di I classe sono annoverate tra i giorni pi solenni; il loro Ufficio comincia dai I Vespri, il giorno precedente; b) le feste di II e III classe hanno un Ufficio che, di per s, decorre da Mattutino a Compieta del giorno medesimo; c) tuttavia, le feste del Signore di II classe acquistano i I Vespri ogni volta che, in caso di occorrenza, prendono il posto di una domenica di II classe. 38. Le feste sono universali o particolari; le feste particolari sono proprie o concesse. 39. Le feste universali sono quelle iscritte dalla Santa Sede nel calendario della Chiesa universale. Queste feste devono essere celebrate, secondo le rubriche, da tutti coloro che seguono il rito romano. 40. Le feste particolari sono quelle che, per diritto o per indulto della Santa Sede, sono iscritte nei calendari particolari. Queste feste devono essere celebrate, secondo le rubriche, da tutti coloro che seguono tale calendario, e solo per speciale indulto della Santa Sede possono essere espunte dal calendario o cambiate di grado. 41. Le feste particolari che per diritto devono essere iscritte nel calendario sono le feste proprie: a) di ogni nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile (n. 42); b) di ogni diocesi o territorio ecclesiastico governato da un Ordinario del luogo (n. 43); c) di ogni luogo, paese o citt (n. 44); d) di ogni chiesa od oratorio pubblico o semi-pubblico che tiene il posto della chiesa (n. 45); e) di ogni Ordine o Congregazione (n. 46). 42. Le feste proprie di ogni nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, sono: a) la festa del Patrono principale regolarmente costituito (I classe);

b) la festa del Patrono secondario regolarmente costituito (II classe). 43. Le feste proprie di ogni diocesi o territori ecclesiastico governato da un Ordinario del luogo sono: a) la festa del Patrono principale regolarmente costituito (I classe); b) lanniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale (I classe); c) la festa del Patrono secondario regolarmente costituito (II classe); d) le feste di Santi e Beati, regolarmente iscritti nel Martirologio o nella sua Appendice, che hanno relazioni particolari con la diocesi, come lorigine, il soggiorno prolungato, la morte (II o III classe, o commemorazione). 44. Le feste proprie di ogni luogo, paese o citt sono: a) la festa del Patrono principale regolarmente costituito (I classe); b) la festa del Patrono secondario regolarmente costituito (II classe). 45. Le feste proprie di ogni chiesa od oratorio pubblico o semi-pubblico che tiene il posto della chiesa sono: a) lanniversario della Dedicazione, se sono consacrati (I classe); b) la festa del Titolare, se sono consacrati o almeno solennemente benedetti (I classe); c) la festa del Santo, regolarmente iscritto nel Martirologio o nella sua Appendice, di cui ivi si conserva il corpo (II classe); d) la festa del Beato, regolarmente iscritto nel Martirologio o nella sua Appendice, di cui ivi si conserva il corpo (III classe); 46. Le feste proprie di ogni Ordine o Congregazione sono: a) la festa del Titolare (I classe); b) la festa del Fondatore canonizzato (I classe) o beatificato (II classe); c) in tutto lOrdine o Congregazione: la festa del Patrono principale regolarmente costituito di tutto lOrdine o Congregazione; nelle singole province: la festa del Patrono principale regolarmente costituito di ciascuna provincia religiosa (I classe); d) la festa del Patrono secondario, come sopra (II classe); e) le feste dei Santi o Beati che furono membri di quellOrdine o Congregazione (II o III classe, o commemorazione).

47. Le feste particolari concesse sono quelle che si iscrivono nei calendari particolari per indulto della Santa Sede. B) Il calendario e le feste da iscrivervi 48. Il calendario universale oppure particolare, cio proprio. 49. Il calendario universale il calendario ad uso della Chiesa universale, posto allinizio del Breviario e del Messale. 50. Il calendario particolare, cio proprio, diocesano o religioso; e si redige inserendo nel calendario universale le feste particolari. Tale calendario particolare perpetuo devessere redatto rispettivamente dallOrdinario del luogo o dal Superiore generale dellIstituto religioso su consiglio del proprio Capitolo o Consiglio generale, e devessere approvato dalla S. Congregazione dei Riti.
51. Ogni diocesi e ogni altro territorio ecclesiastico governato da un Ordinario del luogo ha un calendario diocesano.

52. Nel calendario diocesano, oltre alle feste universali, si devono iscrivere: a) le feste proprie (n. 42) e concesse di tutta la nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile; b) le feste proprie (n. 43) e concesse di tutta la diocesi. 53. Sulla base di tale calendario diocesano si redige: a) il calendario di ciascun luogo, aggiungendovi le feste proprie (n. 44) e concesse; b) il calendario di ciascuna chiesa od oratorio, aggiungendovi le feste del proprie (n. 44) e concesse del luogo, e le feste proprie (n. 45) e concesse della chiesa stessa; c) il calendario delle Congregazioni religiose o Istituti di diritto pontificio che non sono tenuti alla recita dellUfficio divino, e delle Congregazioni di diritto diocesano, aggiungendovi le feste proprie (n. 44) e concesse del luogo, nonch le feste proprie (nn. 45 e 46) e concesse delle stesse Congregazioni o Istituti. 54. Hanno un calendario religioso:

a) gli Ordini regolari, e le Monache e le Suore del medesimo Ordine, come pure i Terziari ad esso aggregati che vivono in comune ed emettono i voti semplici; b) le Congregazioni religiose o Istituti maschili e femminili di diritto pontificio, retti da un unico Superiore generale, se sono tenuti, per qualsiasi titolo, alla recita dellUfficio divino. 55. Nel calendario religioso, oltre alle feste universali, si devono iscrivere le feste proprie (n. 46) e concesse del medesimo Ordine o Congregazione. 56. Sulla base di tale calendario religioso si redige: a) il calendario di ciascuna provincia religiosa, aggiungendovi le feste proprie (n. 46) e concesse; b) il calendario di ciascuna chiesa od oratorio, aggiungendovi le feste proprie (n. 45) e concesse, nonch quelle di cui al numero seguente: si tratta del calendario di una casa religiosa. 57. In ogni diocesi e luogo, i religiosi, anche coloro che seguono un rito diverso da quello romano, sono tenuti a celebrare, insieme al clero diocesano: a) la festa del Patrono principale della nazione, della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, della diocesi, del luogo o paese o citt (I classe); b) lanniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale (I classe); c) le eventuali altre feste attualmente di precetto, con lo stesso grado che hanno nel calendario diocesano. 58. I Religiosi, nella celebrazione delle feste dei Santi dellOrdine o della Congregazione, sono tenuti a conformarsi al clero diocesano per ci che riguarda il giorno e lUfficio pi proprio, laddove questi Santi sono venerati come Patroni principali (n. 57 a). Parimenti, se le feste di Santi o Beati di qualche Ordine o Congregazione sono celebrate dal clero di qualche diocesi o luogo con grado superiore o Ufficio pi proprio, possono essere celebrate con lo stesso grado superiore o con lUfficio pi proprio anche dai Religiosi del medesimo Ordine o Congregazione, purch queste feste, in entrambi i calendari, siano iscritte allo stesso giorno.

C) Il giorno proprio delle feste 59. Le feste gi introdotte nei calendari si celebrano nel giorno loro assegnato. 60. Per le nuove feste universali, si osservi quanto segue: a) le feste dei Santi saranno di norma assegnate al giorno natalizio, cio al giorno in cui il Santo nato alla vita eterna; se questo giorno, per qualsiasi ragione, impedito, tali feste saranno assegnate ad un giorno stabilito dalla Santa Sede, che sar considerato come giorno quasi-natalizio; b) per le altre feste, il giorno sar assegnato dalla Santa Sede. 61. Per le nuove feste particolari, si osservi quanto segue: a) le feste proprie di Santi o Beati saranno di norma assegnate al giorno natalizio, a meno che questo non sia impedito o che la Santa Sede non disponga diversamente. Tuttavia, le feste proprie di un luogo o di una chiesa, che sono iscritte con grado inferiore anche nel calendario universale o diocesano o religioso, devono essere celebrate nello stesso giorno assegnato nel calendario universale o diocesano o religioso; b) se signora il giorno natalizio, le feste saranno assegnate, previa approvazione della Santa Sede, ad un giorno che nel calendario perpetuo diocesano o religioso sia di IV classe; c) se invece il giorno natalizio perpetuamente impedito per tutta la diocesi, Istituto religioso o chiesa propria, in tale calendario particolare le feste, se sono di I o II classe, saranno assegnate al primo giorno seguente che non sia di I o II classe; se sono di III classe, saranno assegnate al primo giorno seguente che sia libero da altre feste o Uffici di grado pari o superiore; d) le feste particolari concesse per indulto saranno iscritte nel calendario al giorno assegnato dalla Santa Sede nellatto di concessione. 62. I Santi o i Beati che, per qualsiasi ragione, sono iscritti nel calendario in ununica festa, quando sono dello stesso grado si celebrano sempre insieme come si trovano nel Breviario romano, anche se uno o qualcuno di loro fosse pi proprio. Quindi:

a) se uno o alcuni di tali Santi dovessero essere celebrati con una festa di I classe, si celebra lUfficio solo di questi, omettendo i compagni; b) se uno o alcuni di tali Santi o Beati fossero pi propri e dovessero essere celebrati con grado superiore, si celebra lUfficio dei pi propri, con la commemorazione dei compagni.

CAPITOLO VII LE OTTAVE


A) Le ottave in generale 63. Lottava la celebrazione delle feste maggiori protratta per otto giorni consecutivi. 64. Si celebrano soltanto le ottave della Nativit del Signore, di Pasqua e di Pentecoste; tutte le altre, sia nel calendario universale che nei calendari particolari, sono abolite. 65. Le ottave sono di I o di II classe. B) Le ottave di I classe 66. Sono ottave di I classe quelle di Pasqua e di Pentecoste. I giorni durante queste ottave sono di I classe. C) Lottava di II classe 67. Ottava di II classe quella della Nativit del Signore. I giorni durante questa ottava sono di II classe, mentre lottavo giorno di I classe. 68. Lottava di Natale ordinata in modo particolare, e cio: a) il 26 dicembre si celebra la festa di S. Stefano Protomartire (II classe); b) il 27 dicembre si celebra la festa di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista (II classe); c) il 28 dicembre si celebra la festa dei Ss. Innocenti Martiri (II classe); d) il 29 dicembre si fa commemorazione di S. Tommaso Vescovo e Martire;

e) il 31 dicembre si fa commemorazione di S. Silvestro Papa e Confessore; f) quanto alle feste particolari, sono ammesse soltanto quelle di I classe e in onore di quei Santi che nel calendario universale si celebrano in questi giorni, anche come semplice commemorazione; le altre si trasferiscono dopo lottava. 69. Della domenica fra lottava di Natale, cio quella che cade dal 26 al 31 dicembre, si celebra sempre lUfficio con commemorazione della festa eventualmente occorrente, a meno che tale domenica non cada in una festa di I classe: in questo caso si dice lUfficio della festa, con commemorazione della domenica. 70. Le norme particolari per ordinare lUfficio e la Messa durante lottava di Natale si trovano nelle rubriche del Breviario e del Messale.

CAPITOLO VIII I TEMPI DELLANNO


A) Il tempo dAvvento 71. Il tempo del sacro Avvento decorre dai I Vespri della I domenica dAvvento fino a Nona compresa della vigilia della Nativit. B) Il tempo natalizio 72. Il tempo natalizio decorre dai I Vespri della Nativit fino al 13 gennaio compreso. Questarco di tempo comprende: a) il tempo della Nativit, che decorre dai I Vespri della Nativit del Signore fino a Nona compresa del 5 gennaio; b) il tempo dellEpifania, che decorre dai I vespri dellEpifania del Signore fino al 13 gennaio compreso. C) Il tempo di Settuagesima

73. Il tempo di Settuagesima decorre dai I Vespri della domenica di Settuagesima fino a dopo Compieta del marted della settimana di Quinquagesima. D) Il tempo quaresimale 74. Il tempo quaresimale decorre dal Mattutino del mercoled delle ceneri fino alla Messa della Vigilia pasquale esclusa. Questarco di tempo comprende: a) il tempo di Quaresima, che decorre dal Mattutino del mercoled delle ceneri fino a Nona compresa del sabato che precede la I domenica di Passione; b) il tempo di Passione, che decorre dai I Vespri della I domenica di passione fino alla Messa della Vigilia pasquale esclusa. 75. La settimana che va dalla II domenica di Passione o delle palme fino al sabato santo compreso si dice Settimana santa; gli ultimi tre giorni di tale settimana si chiamano Triduo sacro. E) Il tempo pasquale 76. Il tempo pasquale decorre dallinizio della Messa della Vigilia pasquale fino a Nona compresa del sabato nellottava di Pentecoste. Questarco di tempo comprende: a) il tempo di Pasqua, che decorre dallinizio della Messa della Vigilia pasquale fino a Nona compresa della vigilia dellAscensione; b) il tempo dellAscensione, che decorre dai I Vespri dellAscensione del Signore fino a Nona compresa della vigilia di Pentecoste; c) lottava di Pentecoste, che decorre dalla Messa della vigilia di Pentecoste fino a Nona compresa del sabato seguente. F) Il tempo per annum 77. Il tempo per annum decorre dal 14 gennaio fino a Nona compresa del sabato che precede la domenica di Settuagesima, e dai I Vespri della festa della Ss. Trinit, cio della I domenica dopo Pentecoste, fino a Nona compresa del sabato che precede la I domenica dAvvento.

CAPITOLO IX SANTA MARIA IN SABATO


78. Nei sabati di IV classe si celebra lUfficio di santa Maria in sabato. 79. LUfficio di santa Maria in sabato comincia dal Mattutino e termina dopo Nona.

CAPITOLO X LE LITANIE MAGGIORI E MINORI


A) Le Litanie maggiori 80. Le Litanie maggiori sono assegnate al giorno 25 aprile; se per in tale giorno cade la domenica o il luned di Pasqua, si trasferiscono al marted seguente. 81. Le Litanie maggiori non riguardano lUfficio, ma soltanto la Messa. La loro commemorazione non devessere considerata una commemorazione del Tempo 82. Secondo le condizioni e le consuetudini delle chiese e dei luoghi, di cui solo giudice lOrdinario, in questo giorno si fa una processione nella quale si dicono le Litanie dei Santi (che per non vanno duplicate) con le relative preghiere. 83. Ma se tale processione non pu avere luogo, gli Ordinari istituiscano delle suppliche particolari, nelle quali si dicano le Litanie dei Santi e le altre preghiere che ordinariamente si fanno durante la processione. 84. Tutti coloro che sono obbligati alla recita dellUfficio divino e non assistono alla processione o alle suppliche particolari di cui al numero precedente, sono tenuti a dire in questo giorno le Litanie dei Santi con le relative preghiere, in latino. 85. Se durante la processione o le altre suppliche particolari, secondo la consuetudine del luogo, le Litanie dei Santi con le relative preghiere

vengono recitate in lingua volgare insieme ai fedeli, coloro che sono tenuti alla recita dellUfficio divino e partecipano a queste suppliche non sono tenuti a ripetere tali preghiere in latino. 86. La Messa delle Rogazioni si dice normalmente dopo la processione, secondo quanto stabilito ai nn. 346-347. Tuttavia, opportuno che la Messa delle Rogazioni venga celebrata anche dopo le suppliche particolari che sostituiscono la processione, anche se hanno luogo nelle ore pomeridiane. B) Le Litanie minori o Rogazioni 87. Le Litanie minori o Rogazioni, di per s, sono assegnate al luned, al marted e al mercoled prima della festa dellAscensione del Signore. Agli Ordinari dei luoghi, tuttavia, si concede la facolt di trasferirle ad altri tre giorni consecutivi pi adatti, secondo la situazione, la consuetudine o la necessit delle diverse regioni. 88. Le Litanie minori non riguardano lUfficio, ma soltanto la Messa che legata alla processione o alle altre suppliche particolari. 89. Per quanto riguarda la processione o le altre suppliche particolari e la Messa o la commemorazione, si osservi quanto stabilito a proposito delle Litanie maggiori (nn. 81-83 e 86). 90. In questi giorni, le Litanie dei Santi con le relative preghiere vengono recitate solo durante la processione o le altre suppliche (cfr. n. 85). Pertanto, coloro che sono obbligati alla recita dellUfficio divino e non assistono alla processione n alle altre suppliche particolari, in questi giorni non sono tenuti a dire le Litanie dei Santi con le relative preghiere.

CAPITOLO XI LA PRECEDENZA DEI GIORNI LITURGICI


91. La precedenza dei giorni liturgici, abolito qualunque altro titolo o regola, regolata unicamente dalla seguente

TABELLA DEI GIORNI LITURGICI


DISPOSTI SECONDO LORDINE DI PRECEDENZA

Giorni liturgici di I classe 1. Festa della Nativit del Signore, domenica di Resurrezione e domenica di Pentecoste (I classe con ottava). 2. Triduo sacro. 3. Feste dellEpifania e dellAscensione del Signore, della Ss. Trinit, del Ss. Corpo di Cristo, del S. Cuore di Ges e di Cristo Re. 4. Feste dellImmacolata Concezione e dellAssunzione della beata Vergine Maria. 5. Vigilia e ottavo giorno della Nativit del Signore. 6. Domeniche dAvvento, di Quaresima, di Passione, e domenica in albis. 7. Ferie di I classe non menzionate sopra, e cio: mercoled delle ceneri; luned, marted e mercoled della Settimana santa. 8. Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, che per cede il posto alla domenica occorrente. 9. Vigilia di Pentecoste. 10. Giorni durante lottava di Pasqua e Pentecoste. 11. Feste di I classe della Chiesa universale non menzionate sopra. 12. Feste proprie di I classe, e cio: 1) Festa del Patrono principale regolarmente costituito: a) della nazione, b) della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, c) della diocesi. 2) Anniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale. 3) Festa del Patrono principale regolarmente costituito del luogo, paese o citt. 4) Festa e anniversario della Dedicazione della chiesa propria, o delloratorio pubblico o semi-pubblico che tiene il posto della chiesa. 5) Festa del Titolare della chiesa propria. 6) Festa del Titolare dellOrdine o Congregazione. 7) Festa del Fondatore canonizzato dellOrdine o Congregazione. 8) Festa del Patrono principale regolarmente costituito dellOrdine o Congregazione, e della provincia religiosa. 13. Feste concesse di I classe, prima quelle mobili, poi quelle fisse.

Giorni liturgici di II classe 14. Feste del Signore di II classe, prima quelle mobili, poi quelle fisse. 15. Domeniche di II classe. 16. Feste di II classe della Chiesa universale che non sono del Signore. 17. Giorni durante lottava della Nativit del Signore. 18. Ferie di II classe, e cio: ferie dAvvento dal 17 al 23 dicembre compreso, e ferie delle Quattro Tempora dAvvento, di Quaresima e di settembre. 19. Feste proprie di II classe, e cio: 1) Festa del Patrono secondario regolarmente costituito: a) della nazione, b) della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, c) della diocesi, d) del luogo, paese o citt. 2) Feste di Santi o Beati di cui al n. 43 d. 3) Feste di Santi propri di una chiesa (n. 45 c). 4) Festa del Fondatore beatificato dellOrdine o Congregazione (n. 46 b). 5) Festa del Patrono secondario regolarmente costituito dellOrdine o Congregazione, e della provincia religiosa (n. 46 d). 6) Feste di Santi o Beati di cui al n. 46 e. 20. Feste concesse di II classe, prima quelle mobili, poi quelle fisse. 21. Vigilie di II classe. Giorni liturgici di III classe 22. Ferie di Quaresima e di Passione, dal gioved dopo le ceneri fino al sabato che precede la II domenica di Passione compreso, eccetto le ferie delle Quattro Tempora. 23. Feste di III classe iscritte nei calendari particolari, prima le feste proprie, e cio: 1) Feste di Santi o Beati di cui al n. 43 d. 2) Feste di Beati propri di una chiesa (n. 45 d). 3) Feste di Santi o Beati di cui al n. 46 e; e poi le feste concesse, prima quelle mobili, poi quelle fisse. 24. Feste di III classe iscritte nel calendario della Chiesa universale, prima quelle mobili, poi quelle fisse. 25. Ferie dAvvento fino al 16 dicembre compreso, eccetto le ferie delle Quattro Tempora.

26. Vigilia di III classe. Giorni liturgici di IV classe 27. Ufficio di santa Maria in sabato. 28. Ferie di IV classe.

CAPITOLO XII LOCCORRENZA DEI GIORNI LITURGICI


92. Si dice occorrenza lincontro di due o pi Uffici nello stesso giorno. Loccorrenza si dice accidentale quando un giorno mobile e un giorno fisso coincidono solo in certi anni; e perpetua quando due giorni liturgici coincidono ogni anno. 93. Per effetto delloccorrenza, lUfficio del giorno liturgico di grado inferiore cede il posto allUfficio di grado superiore, il che pu avvenire per omissione, commemorazione, traslazione o riposizione dellUfficio meno nobile, secondo quanto indicato nei numeri successivi. 94. Una commemorazione assegnata ad un giorno fisso non pu essere trasferita o riposta insieme alla festa da trasferire o riporre, ma si fa nel suo giorno proprio oppure si omette, secondo le rubriche.

CAPITOLO XIII OCCORRENZA ACCIDENTALE E TRASLAZIONE DEI GIORNI LITURGICI


95. Il diritto di traslazione ad un altro giorno, a causa delloccorrenza accidentale con un giorno liturgico che nella tabella della precedenza di rango superiore, spetta solo alle feste di I classe. Le altre feste, accidentalmente impedite da un Ufficio di grado superiore, si commemorano oppure per quellanno si omettono del tutto, secondo le rubriche.

Ma se due feste della medesima Persona divina o dello stesso Santo o Beato cadono nello stesso giorno, si celebra la festa che nella tabella della precedenza di rango superiore, e laltra si omette. 96. Una festa di I classe, impedita da un giorno che nella tabella della precedenza di rango superiore, si trasferisce al primo giorno seguente che non sia di I o II classe. Tuttavia: a) la festa dellAnnunciazione della beata Vergine Maria, quando va trasferita dopo Pasqua, si trasferisce, come suo giorno proprio, al luned dopo la domenica in albis; b) la Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, quando cade in domenica, si trasferisce, come suo giorno proprio, al luned seguente. 97. Se nello stesso giorno cadono pi feste di I classe, quel giorno si celebri la festa che nella tabella della precedenza di rango superiore, e le altre si trasferiscano secondo lordine con cui sono iscritte nella suddetta tabella. 98. Allo stesso modo, se si devono trasferire contemporaneamente pi feste di I classe, si osservi lordine con cui sono iscritte nella tabella della precedenza; in caso di parit, ha la precedenza lUfficio impedito per primo. 99. Le feste traslate hanno lo stesso grado della loro originaria collocazione.

CAPITOLO XIV OCCORRENZA PERPETUA E RIPOSIZIONE DEI GIORNI LITURGICI


100. Il diritto di riposizione ad un altro giorno, a causa delloccorrenza perpetua con un giorno liturgico che nella tabella della precedenza di rango superiore, spetta a tutte le feste di I e II classe, come pure alle feste particolari di III classe che non cadano in Avvento o in Quaresima, quando sono impedite in tutta la diocesi, in tutto lOrdine o Congregazione o nella propria chiesa.

Invece, le feste di III classe della Chiesa universale perpetuamente impedite in un calendario particolare, come pure le feste di III classe della diocesi, o dellOrdine o Congregazione, perpetuamente impedite solo in alcune chiese, si commemorano oppure si omettono del tutto, secondo le rubriche. 101. Le feste da riporre, se sono di I o II classe, sono assegnate al primo giorno seguente che non sia di I o II classe; se sono di III classe, sono assegnate al primo giorno seguente che sia libero da Uffici di grado pari o superiore. 102. Il giorno in cui si ripongono le feste perpetuamente impedite considerato come giorno proprio, e la festa riposta ha lo stesso grado della sua originaria collocazione.

CAPITOLO XV LA CONCORRENZA DEI GIORNI LITURGICI


103. Si dice concorrenza lincontro dei Vespri del giorno liturgico in corso coi primi Vespri del giorno liturgico seguente. 104. In caso di concorrenza, hanno la precedenza i Vespri del giorno liturgico di grado superiore, e gli altri si commemorano, secondo le rubriche. 105. Tuttavia, quando i giorni liturgici i cui Vespri sono in concorrenza sono della stessa classe, si dicono integralmente i Vespri dellUfficio in corso e si fa commemorazione dellUfficio seguente, secondo le rubriche.

CAPITOLO XVI LE COMMEMORAZIONI


106. Quanto si stabilisce qui a proposito delle commemorazioni vale sia per la Messa che per lUfficio, tanto in caso di occorrenza che di concorrenza.

107. Le commemorazioni sono privilegiate od ordinarie. 108. Le commemorazioni privilegiate si fanno alle Lodi e ai Vespri, e a tutte le Messe; le commemorazioni ordinarie si fanno solo alle Lodi, alle Messe conventuali e a tutte le Messe lette. 109. Sono commemorazioni privilegiate quelle: a) della domenica; b) di un giorno liturgico di I classe; c) dei giorni durante lottava di Natale; d) delle ferie delle Quattro Tempora di settembre; e) delle ferie dAvvento, di Quaresima e di Passione; f) delle Litanie maggiori, alla Messa. Tutte le altre commemorazioni sono commemorazioni ordinarie. 110. NellUfficio e nella Messa di S. Pietro si fa sempre commemorazione di S. Paolo, e viceversa. Tale commemorazione si dice inseparabile; e le due orazioni devono ritenersi fuse in una sola, cos che, nel computare il numero di orazioni, le si considerino come una sola. Pertanto: a) nellUfficio di S. Pietro o di S. Paolo, alle Lodi e ai Vespri, si aggiunge allorazione del giorno lorazione dellaltro Apostolo con una sola conclusione, senza antifona n versetto; b) nella Messa di S. Pietro o di S. Paolo, si aggiunge allorazione del giorno lorazione dellaltro Apostolo con una sola conclusione; c) quando lorazione di uno di questi Apostoli deve aggiungersi a modo di commemorazione, a questa orazione si aggiunge immediatamente quella dellaltro Apostolo, prima di ogni ulteriore commemorazione. 111. Le norme per ammettere le commemorazioni sono le seguenti: a) nei giorni liturgici di I classe e nelle Messe in canto non conventuali, ammessa una sola commemorazione privilegiata; b) nelle domeniche di II classe ammessa una sola commemorazione, cio quella di una festa di II classe, che per si omette se si deve fare una commemorazione privilegiata; c) negli altri giorni liturgici di II classe ammessa una sola commemorazione, o una privilegiata o una ordinaria;

d) nei giorni liturgici di III e IV classe sono ammesse due sole commemorazioni. 112. Per quanto riguarda le commemorazioni e le orazioni, si osservi inoltre quanto segue: a) lUfficio, la Messa o la commemorazione di una festa o mistero di una Persona divina esclude la commemorazione o lorazione di unaltra festa o mistero della medesima Persona divina; b) lUfficio, la Messa o la commemorazione della domenica esclude la commemorazione o lorazione di una festa o mistero del Signore, e viceversa; c) lUfficio, la Messa o la commemorazione del Proprio del Tempo esclude unaltra commemorazione del Proprio del Tempo; d) lUfficio, la Messa o la commemorazione della beata Vergine Maria, di un Santo o di un Beato esclude unaltra commemorazione od orazione nella quale si invochi lintercessione della stessa beata Vergine Maria, dello stesso Santo o dello stesso Beato; questo per non vale per lorazione della domenica o della feria nella quale sinvochi lo stesso Santo. 113. Si fa per prima la commemorazione del Proprio del Tempo. Per ammettere e ordinare le altre commemorazioni, si osservi lordine della tabella della precedenza. 114. Qualsiasi commemorazione che oltrepassi il numero stabilito per ciascun giorno liturgico si omette.

CAPITOLO XVII LA CONCLUSIONE DELLE ORAZIONI


115. La conclusione delle orazioni, sia alla Messa che allUfficio, questa: a) se lorazione rivolta al Padre, si conclude: Per Dminum nostrum Iesum Christum Flium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitte Spritus Sancti, Deus, per mnia scula sculrum. Amen; b) se lorazione rivolta al Padre, ma allinizio si menziona il Figlio, si conclude: Per endem Dminum nostrum, ecc. come sopra;

c) se lorazione rivolta al Padre, ma alla fine si menziona il Figlio, si conclude: Qui tecum vivit et regnat in unitte Spritus Sancti, Deus, per mnia scula seculrum. Amen; d) se lorazione rivolta al Figlio, si conclude: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitte Spritus Sancti, Deus, per mnia scula sculrum. Amen; e) se nellorazione si menziona lo Spirito Santo, nella conclusione si dice: ... in unitte eisdem Spritus Sancti, ecc. 116. Si mantengano le conclusioni particolari riportate a suo luogo nei libri liturgici.

CAPITOLO XVIII IL COLORE DEI PARAMENTI


A) Il colore dei paramenti in generale 117. I paramenti dellaltare, del celebrante e dei ministri devono essere del colore richiesto dallUfficio e dalla Messa del giorno o da unaltra Messa che si celebra fuori dallordine dellUfficio, secondo la consuetudine della Chiesa romana, che utilizza cinque colori: bianco, rosso, verde, viola e nero. Tuttavia, gli indulti e le legittime consuetudini circa luso di altri colori restano in vigore. Nei paesi di Missione dove, a causa di una comprovata e autentica tradizione dei popoli indigeni, il significato che la Chiesa romana ha attribuito a questo o a quel colore non si accorda col significato tradizionalmente inteso da tali popoli, la Conferenza Episcopale della regione ha facolt di sostituire il colore inadatto con un altro pi adeguato; questo, per, non avvenga senza consultare la S. Congregazione dei Riti. 118. Per quanto riguarda il colore dei paramenti alle Messe votive lette di IV classe, ci si attenga alle prescrizioni di cui al n. 323. B) Il colore bianco 119. Il colore bianco devessere usato allUfficio e alla Messa del Tempo:

a) dalla festa della Nativit del Signore fino al termine del tempo dellEpifania; b) dalla Messa della Vigilia pasquale fino alla Messa della vigilia di Pentecoste esclusa. 120. Il colore bianco devessere usato allUfficio e alla Messa delle feste: a) del Signore, eccettuate le feste dei misteri e degli strumenti della Passione; b) della beata Vergine Maria, anche alla benedizione e alla processione delle candele il 2 febbraio; c) dei Ss. Angeli; d) di Tutti i Santi (1 novembre); e) dei Santi non Martiri; f) di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista (27 dicembre); della Cattedra di S. Pietro (22 febbraio); della Conversione di S. Paolo (25 gennaio); della Nativit di S. Giovanni Battista (24 giugno). 121. Il colore bianco richiesto alle Messe votive: a) che corrispondo alle feste di cui al numero precedente; b) di N. S. Ges Cristo sommo ed eterno Sacerdote; c) dellincoronazione del Sommo Pontefice e degli anniversari del Sommo Pontefice e del Vescovo diocesano; d) per gli sposi. 122. Infine, il colore bianco devessere usato il gioved santo alla Messa crismale e alla Messa della Cena del Signore; parimenti devessere usato dal diacono per il canto del preconio pasquale e dal celebrante per il rinnovo delle promesse battesimali, nella Vigilia pasquale. C) Il colore rosso 123. Il colore rosso devessere usato allUfficio e alla Messa del Tempo dalla Messa della vigilia di Pentecoste fino a Nona del sabato seguente. 124. Il colore rosso devessere usato allUfficio e alla Messa delle feste: a) dei misteri e degli strumenti della Passione del Signore; b) dei Santi Apostoli ed Evangelisti nel loro giorno natalizio, eccetto che nella festa di S. Giovanni (27 dicembre); c) della Commemorazione di S. Paolo Apostolo (30 giugno); d) della Commemorazione di tutti i Ss. Sommi Pontefici;

e) dei Santi Martiri, quando se ne celebra il martirio, linvenzione o la traslazione; f) delle Sante Reliquie. 125. Il colore rosso richiesto alle Messe votive: a) della Passione del Signore; b) dello Spirito Santo; c) dei Misteri e dei Santi di cui al numero precedente; d) per lelezione del Sommo Pontefice. 126. Infine, il colore rosso devessere usato nella II domenica di Passione o delle palme per la benedizione e la processione dei rami. D) Il colore verde 127. Il colore verde devessere usato allUfficio e alla Messa del Tempo: a) dal 14 gennaio al sabato prima della Settuagesima; b) dal luned che segue la I domenica dopo Pentecoste al sabato prima dellAvvento. Fanno eccezione le ferie delle Quattro Tempora di settembre e le vigilie di II e III classe, fuori dal tempo pasquale. E) Il colore viola 128. Il colore viola devessere usato allUfficio e alla Messa del Tempo: a) dalla I domenica dAvvento fino alla vigilia della Nativit compresa; b) dalla domenica di Settuagesima fino alla Vigilia pasquale, eccetto che: alla benedizione e alla processione delle palme nella II domenica di passione; il gioved santo alla Messa crismale e alla Messa della Cena del Signore; nellAzione liturgica del venerd santo fino alla Comunione esclusa; al canto del preconio pasquale (per il diacono) e al rinnovo delle promesse battesimali (per il celebrante) nella Vigilia pasquale; c) nelle ferie delle Quattro Tempora di settembre; d) nelle vigilie di II e III classe, fuori dal tempo pasquale. 129. Il colore viola richiesto alle Messe votive: a) per la propagazione della Fede; b) per la difesa della Chiesa;

c) per lunit della Chiesa; d) in tempo di guerra; e) per la pace; f) per evitare la pestilenza; g) per la remissione dei peccati; h) per i pellegrini e i viaggiatori; i) per i malati; l) per domandare la grazia di ben morire; m) per qualunque necessit. 130. Il colore viola devessere usato anche: a) alla processione e alla Messa delle Litanie maggiori e minori; b) alla benedizione delle ceneri; c) alla Comunione nellAzione liturgica del venerd santo; d) alle Messe della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti che si celebrano durante lesposizione del Ss. Sacramento per la preghiera delle Quarantore. 131. I paramenti di colore rosa si possono utilizzare la III domenica dAvvento e la IV domenica di Quaresima, ma solo allUfficio e alla Messa della domenica. F) Il colore nero 132. Il colore nero devessere usato: a) nellAzione liturgica del venerd santo, fino alla Comunione esclusa; b) allUfficio e alla Messa dei defunti, eccettuato il caso di cui al n.130 d.

Capitolo XIX IMPIEGO E NATURA DEI PARAMENTI


133. Alla Messa il sacerdote celebrante porta sempre la pianeta o casula. 134. Il Vescovo e gli altri godono delluso delle insegne pontificali, quando celebrano solennemente, portano la pianeta sopra la dalmatica e la tunicella. Il Vescovo porta la pianeta sopra la dalmatica e la tunicella anche alla Messa letta: a) per la consacrazione di un Vescovo;

b) per il conferimento dei sacri Ordini; c) per la benedizione di un Abate; d) per la benedizione di una Badessa; e) per la benedizione e la consacrazione delle Vergini; f) per la consacrazione di una chiesa o di un altare. Tuttavia, i Vescovi e gli altri di cui sopra possono astenersi, per una giusta causa, dal portare la dalmatica e la tunicella sotto la pianeta. 135. Il piviale si usa: a) allUfficio delle Lodi e dei Vespri, quando si celebrano solennemente; b) alle benedizioni che si fanno allaltare; c) alle processioni; d) allassoluzione sul cadavere o sul tumulo; e) alla Messa pontificale, da parte del prete assistente; f) alle orazioni solenni, nellAzione liturgica del venerd santo; g) nella Vigilia pasquale. 136. Quando il celebrante porta il piviale non usa mai il manipolo; e se non pu avere il piviale, alle benedizioni che si fanno allaltare, il sacerdote sta in camice e stola, senza pianeta n manipolo. 137. Il diacono e il suddiacono indossano rispettivamente la dalmatica e la tunicella quando servono il sacerdote: a) alla Messa; b) alle benedizioni allaltare; c) alle processioni. Tuttavia, quando il sacerdote sta senza piviale, anche i ministri stanno senza dalmatica e tunicella. Le pianete piegate e lo stolone non si usano pi.

RUBRIC GENERALES MISSALIS ROMANI


Missale Romanum, Typis Poliglottis Vaticanis 1962
NOZIONI E NORME GENERALI CALENDARIO DA USARSI NELLA MESSA LA MESSA CONVENTUALE LA MESSA NELLE DOMENICHE E NELLE FERIE LE MESSE FESTIVE LE MESSE VOTIVE A) Messe votive in generale B) Messe votive di prima classe C) Messe votive di seconda classe D) Messe votive di terza classe E) Messe votive di quarta classe VII LE MESSE DEI DEFUNTI A) Le Messe dei defunti in generale B) Le Messe dei defunti di prima classe C) Le Messe dei defunti di seconda classe D) Le Messe dei defunti di terza classe E) Le Messe dei defunti di quarta classe o quotidiane VIII LE DIVERSE PARTI DELLA MESSA A) Il salmo, la confessione, l'incensazione B) L'antifona d'Introito e il Krie C) L'inno di Gloria D) Le orazioni E) Dalle letture al Vangelo F) Il simbolo G) L'antifona d'Offertorio e le orazioni secrete H) Il prefazio I) Dal canone della messa fino a dopo comunione L) La conclusione della Messa IX COSA BISOGNA DIRE AD ALTA O SOTTOVOCE X PER INGINOCCHIARSI, SEDERSI E STARE IN PIEDI XI LA PREPARAZIONE DELL'ALTARE PER LA MESSA I II III IV V VI

CAPITOLO I NOZIONI E NORME GENERALI


269. Il santo Sacrificio della Messa, celebrato secondo i canoni e le rubriche, un atto di culto pubblico, reso a Dio in nome di Cristo e della Chiesa. Lespressione Messa privata dunque da evitarsi. 270. La Messa insieme allUfficio divino costituisce il vertice di tutto il culto cristiano; perci la Messa, di per s, devessere conforme allUfficio del giorno. Esistono tuttavia alcune Messe fuori dallordine dellUfficio, cio le Messe votive e quelle dei defunti. 271. Vi sono due tipi di Messe: la Messa in canto e la Messa letta. La Messa si dice in canto se il sacerdote effettivamente canta quelle parti che le rubriche prescrivono di cantare; altrimenti si dice letta. La Messa in canto, poi, se celebrata con lassistenza dei sacri ministri, si dice Messa solenne; se celebrata senza sacri ministri, si dice Messa cantata. Infine, la Messa solenne che viene celebrata dal Vescovo o da altri che hanno questa facolt con le solennit prescritte dai libri liturgici, si dice Messa pontificale. 272. La Messa, per sua natura, richiede che tutti i presenti vi partecipino, ciascuno nel modo suo proprio. Le diverse modalit con cui i fedeli possono partecipare attivamente al santo Sacrificio devono essere opportunamente regolate, in modo da evitare il pericolo di qualsiasi abuso e ottenere il fine principale di tale partecipazione: maggior pienezza del culto di Dio ed edificazione dei fedeli.

Di questa partecipazione attiva dei fedeli si ampiamente trattato nellIstruzione sulla Musica sacra e la sacra Liturgia, promulgata dalla S. Congregazione dei Riti il 3 settembre 1958. 273. Le seguenti rubriche valgono sia per le Messe in canto che per le Messe lette, salvo diversa specificazione.

CAPITOLO II IL CALENDARIO DA USARSI NELLA CELEBRAZIONE DELLA MESSA


274. La Messa devessere detta secondo il calendario o della chiesa od oratorio in cui viene celebrata, o del luogo, o dello stesso sacerdote celebrante, o della Chiesa universale, come qui di seguito spiegato. 275. In una chiesa od oratorio pubblico, ogni sacerdote, sia diocesano che religioso, tenuto a celebrare secondo il calendario di tale chiesa od oratorio pubblico. Questa norma va osservata anche nelloratorio semipubblico principale di un seminario, casa religiosa, collegio, ospedale, carcere e simili. 276. Negli oratori secondari di un seminario, casa religiosa, collegio, ospedale, carcere e simili, ogni sacerdote pu seguire o il calendario di tale oratorio o il proprio calendario. 277. Negli oratori privati e quando celebra su un altare portatile fuori da un luogo sacro, ogni sacerdote pu seguire o il calendario del luogo (n. 53 a) o il proprio calendario. 278. Ogni sacerdote, anche se ha facolt di seguire il proprio calendario, deve celebrare la Messa delle feste del Patrono principale della nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, della diocesi, paese o citt, come pure lanniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale e le eventuali altre feste attualmente di precetto.

279. Loratorio stabilito in modo permanente sulle navi un oratorio pubblico, e vi si deve impiegare il calendario della Chiesa universale. Ma quando un sacerdote celebra fuori da tale oratorio, su un altare portatile, pu impiegare o il calendario della Chiesa universale o il proprio calendario. Pu fare altrettanto chi celebra legittimamente durante un viaggio aereo, fluviale o ferroviario. 280. Nei seminari e nei collegi di chierici diocesani affidati a Religiosi, come pure nei seminari e collegi di chierici interdiocesani, regionali, nazionali ed internazionali affidati a Religiosi, si deve usare lo stesso calendario prescritto per la recita dellUfficio divino (nn. 154-155). [154. Nei seminari e nei collegi di chierici diocesani affidati a Religiosi, per la recita dellUfficio divino in comune, sia i chierici sia i religiosi che recitano lUfficio con i chierici, devono seguire il calendario del luogo (n. 53 a), aggiungendovi le feste della chiesa del seminario o del collegio (n. 45), con la facolt di aggiungere anche la festa del Titolare e del santo Fondatore dei Religiosi ai quali affidato il seminario. 155. Nei seminari e nei collegi di chierici interdiocesani, regionali, nazionali ed internazionali di chierici, per la recita dellUfficio divino in comune si deve seguire il calendario della Chiesa universale, aggiungendovi le feste del Patrono principale della nazione, regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, diocesi, paese o citt, lanniversario della Dedicazione della chiesa cattedrale della diocesi e le eventuali altre feste attualmente di precetto, come pure le feste della chiesa del seminario o collegio (n. 45). Se tale seminario affidato a Religiosi, anchessi devono osservare il calendario della Chiesa universale quando recitano lUfficio divino in comune con i chierici, con la facolt di aggiungervi la festa del Titolare dellOrdine o Congregazione e del santo Fondatore dei Religiosi ai quali affidato il seminario.] 281. Nei collegi e nelle case interprovinciali, nazionali e internazionali di Religiosi, si deve usare il calendario proprio di tutto lOrdine o Congregazione (n. 55), aggiungendovi solo le feste di cui al n. 57. 282. Il calendario diocesano, con laggiunta delle feste proprie del luogo e della chiesa od oratorio, devessere utilizzato:

a) nelle chiese cattedrali, anche se affidate a Religiosi; b) nelle chiese e oratori del clero diocesano, anche se hanno annesso un coro di Religiosi che comunica con la chiesa solo per mezzo di grate; c) nelle chiese e oratori dei Religiosi di entrambi i sessi che non hanno un calendario proprio, aggiungendo in questo caso le loro feste proprie e concesse; d) nelle chiese e oratori dei Religiosi che sono affidate al clero diocesano o hanno annesso un coro di Canonici; non per se la chiesa o loratorio fosse affidato a un sacerdote in particolare; e) nella chiesa e oratorio principale di un seminario, anche se affidato a Religiosi, con la facolt di aggiungere le feste di cui al n. 154. 283. Il calendario religioso, con laggiunta delle feste di cui al n. 57 e delle feste proprie della chiesa od oratorio, devessere utilizzato: a) nelle chiese e oratori principali dei Religiosi che hanno un calendario proprio, anche se sono parrocchiali; b) nelle chiese e oratori del clero diocesano che sono affidati a Religiosi o nei quali i Religiosi recitano lUfficio divino, anche se sono parrocchiali; non per se la chiesa o loratorio fosse affidato a un Religioso in particolare; c) nelle chiese e oratori dei Terziari di entrambi i sessi, anche se recitano soltanto il piccolo Ufficio della B. Vergine Maria; d) negli oratori secondari di un seminario affidato a Religiosi, se tali oratori servono solo per i Religiosi. 284. Il sacerdote che celebra in una chiesa od oratorio in cui vige un rito diverso dal proprio, deve attenersi al calendario di tale chiesa od oratorio per quel che riguarda le feste e il loro grado, le commemorazioni e la colletta imperata. Nellordinare la Messa deve prendere le parti variabili proprie dellaltro rito, mantenendo le cerimonie e lOrdinario del proprio rito.

CAPITOLO III LA MESSA CONVENTUALE

285. Per Messa conventuale sintende la Messa conforme allUfficio divino che devessere celebrata quotidianamente da coloro che, per le leggi ecclesiastiche, hanno lobbligo del coro. 286. Ogni giorno si dice una sola Messa conventuale, che deve corrispondere allUfficio recitato in coro, salvo i giorni di cui ai nn. 289294. Resta in vigore, tuttavia, lobbligo derivante da pie fondazioni o altra legittima causa, di celebrare in coro altre Messe. 287. La Messa conventuale devessere celebrata dopo Terza, a meno che il superiore della comunit, per una grave causa, non decida di trasferirla dopo Sesta o Nona. Nella vigilia di Pentecoste, la Messa conventuale si dice dopo Nona. 288. La Messa conventuale di per s devessere solenne o almeno cantata. Dove per per leggi particolari o speciali indulti si dispensati dalla solennit della Messa in coro, opportuno che i corali prestino una partecipazione liturgica diretta alla Messa conventuale letta, recitando almeno le parti dellOrdinario della Messa. Inoltre agli stessi corali proibito continuare coralmente le Ore canoniche durante la Messa conventuale. 289. In tutte le ferie di IV classe, se non prescritto altrimenti, al posto della Messa conventuale conforme allUfficio del giorno, si pu dire, senza commemorazione della feria: a) o la Messa corrispondente ad una commemorazione eventualmente occorrente nellUfficio del giorno; b) o la Messa del Mistero, Santo o Beato il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese; c) o una delle Messe votive che nel Messale sono disposte secondo i giorni della settimana per la Messa conventuale; d) o qualunque altra Messa che pu essere celebrata come votiva. 290. La Messa conventuale per i defunti sacerdoti, benefattori ed altri, fuori dal tempo natalizio e pasquale: a) devessere detta ogni mese, eccettuato il mese di novembre, nella prima feria di IV classe;

b) pu essere detta, ogni settimana, nella prima feria di IV classe. Si prende la Messa quotidiana con lorazione Deus, vni largtor. 291. Nei giorni delle Litanie maggiori e minori, dove ha luogo la processione o altre suppliche particolari, come Messa conventuale si deve dire la Messa delle Rogazioni (nn. 346-347). 292. Nel giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari dello stesso Sommo Pontefice e del Vescovo diocesano, nelle chiese cattedrali e collegiate come Messa conventuale si deve dire la Messa di tali anniversari, secondo i nn. 362-363. 293. Nellanniversario dellultimo Vescovo defunto, come pure nellanniversario che si celebra nellottavario dei defunti per le anime di tutti i Vescovi e Canonici defunti della chiesa cattedrale, nella stessa chiesa cattedrale come Messa conventuale si deve dire la Messa di tali anniversari. 294. Negli anniversari di tutti i defunti di qualche Capitolo o Ordine o Congregazione obbligata al coro, come Messa conventuale si deve dire la Messa di tali anniversari. 295. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, come Messa conventuale si dice la prima di quel giorno; e i corali sono tenuti a partecipare solo ad essa. 296. Nella festa della Nativit del Signore, in coro si dicono due Messe conventuali: quella della notte e quella del giorno. 297. Quando il Vescovo celebra solennemente la Messa o vi assiste, oppure quando in coro si canta una Messa non conforme allUfficio, in occasione di qualche solennit esterna, i corali sono tenuti a partecipare soltanto a tale Messa, quantunque non applicata per i benefattori, fermo restando lobbligo di applicare per essi unaltra Messa da parte di colui al quale spetta.

CAPITOLO IV

LA MESSA NELLE DOMENICHE E NELLE FERIE


298. Tutte le domeniche, sia di I che di II classe, hanno una Messa propria. Tuttavia, le domeniche dopo lEpifania che vengono trasferite tra la XXIII e la XXIV domenica dopo Pentecoste prendono le antifone dIntroito, Offertorio e Comunione, nonch il graduale e lAllelia col suo versetto, dalla XXIII domenica dopo Pentecoste, mantenendo orazioni, Epistola e Vangelo propri. 299. Hanno una Messa propria tutte le ferie del tempo di Quaresima e Passione, come pure le ferie delle Quattro Tempora dAvvento e di settembre. Nelle altre ferie si dice la Messa della domenica precedente, a meno che le rubriche non dispongano altrimenti. 300. Nei sabati delle Quattro Tempora e nel sabato Sitintes, la Messa nella quale si conferiscono gli Ordini sacri devessere del sabato, anche se coincidesse con una festa di I o II classe.

CAPITOLO V LE MESSE FESTIVE


301. Per Messa festiva in senso stretto sintende la Messa del Mistero, Santo o Beato celebrata secondo lordine dellUfficio. 302. In senso lato si dicono Messe festive anche: a) la Messa di una festa di III classe impedita da unaltra festa del medesimo grado; b) la Messa di una commemorazione occorrente nellUfficio del giorno; c) la Messa del Mistero, Santo o Beato il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese. 303. Le Messe festive di cui al numero precedente godono di tutti i diritti liturgici che avrebbero se la festa fosse celebrata con Ufficio completo. Tuttavia:

a) la Messa di una festa di III classe impedita si pu dire nel suo giorno solo se la festa che la impedisce pure di III classe; b) la Messa di una commemorazione occorrente nellUfficio del giorno, e la Messa del Mistero, Santo o Beato il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese, si pu dire solo se coincide con un giorno liturgico di IV classe. 304. Le Messe festive in senso lato sono proibite nelle chiese che hanno una sola Messa: a) quando urge lobbligo della Messa conventuale che non possa essere soddisfatto da un altro sacerdote, a meno che la Messa, secondo il n. 289, non possa essere detta come conventuale; b) quando nei giorni delle Litanie si deve dire, secondo le rubriche, la Messa delle Rogazioni. 305. Per scegliere il formulario della Messa festiva non conventuale, si osservi quanto segue: a) per le feste che si trovano nel Proprio del Santi, si prende la Messa assegnata dal Messale al suo giorno. Tuttavia, al posto della Messa del Comune si pu prendere, a scelta del sacerdote celebrante, la Messa propria della medesima festa che si trovasse tra le Messe per alcuni luoghi; b) per le feste che non si trovano nel Proprio dei Santi, si prende la Messa del Comune. Quando nel medesimo Comune vi sono diversi formulari, la scelta spetta al sacerdote celebrante. Nei singoli Comuni, inoltre, le Epistole e i Vangeli che si trovano nelle Messe stesse o al termine di tutto il Comune, possono essere impiegati in qualunque Messa del medesimo Comune.

CAPITOLO VI LE MESSE VOTIVE


A) Le Messe votive in generale

306. Per Messa votiva sintende la Messa che si dice al di fuori dellordine dellUfficio o della commemorazione del giorno corrente, o che non del Mistero o del Santo il cui elogio si trova quel giorno nel Martirologio. 307. La Messa votiva pu essere: a) dei misteri del Signore; b) della beata Vergine Maria; c) degli Angeli; d) dei Santi; e) per diverse intenzioni. 308. Come Messe votive dei misteri del Signore si possono celebrare: a) nella Chiesa universale, quelle: 1. della Ss. Trinit; 2. del Ss. Nome di Ges; 3. del Ss. Cuore di Ges; 4. del preziosissimo Sangue di N. S. G. C.; 5. di Cristo Re; 6. del Ss. Sacramento dellEucaristia; 7. di N. S. Ges Cristo sommo ed eterno Sacerdote; 8. della santa Croce; 9. della Passione del Signore; 10. della santa Famiglia di Ges, Maria, Giuseppe; 11. dello Spirito Santo. b) nelle singole chiese, oltre alle Messe sopra menzionate, tutte le Messe delle feste del Signore che sono iscritte nei calendari particolari, e le altre Messe votive specialmente concesse. Tuttavia, non si possono celebrare come votive le Messe che si riferiscono ai misteri della vita del Signore. 309. Come Messe votive della Beata Vergine Maria si possono celebrare: a) nella Chiesa universale, le Messe di santa Maria in sabato assegnate nel Messale secondo i diversi tempi dellanno, nonch tutte le Messe delle feste della B. Vergine Maria che sono iscritte nel calendario universale;

b) nelle singole chiese, oltre alle Messe sopra menzionate, tutte le Messe delle feste della B. Vergine Maria che sono iscritte nei calendari particolari, e le altre Messe votive specialmente concesse. Le parti che devono essere variate a seconda dei diversi tempi dellanno e mancano in queste Messe, si prendono dal Comune delle feste della B. Vergine Maria. Tuttavia, non si possono celebrare come votive le Messe che si riferiscono ai misteri della vita della B. Vergine Maria, eccetto la Messa della sua Immacolata Concezione. 310. Come Messe votive degli Angeli si possono celebrare: a) le Messe delle singole feste degli Angeli; b) la Messa votiva degli Angeli assegnata al marted. 311. Come Messe votive dei Santi si possono celebrare le Messe di qualunque Santo canonizzato il cui elogio si trova nel Martirologio romano o nella sua Appendice approvata per le rispettive Chiese. 312. Le Messe votive dei Beati sono permesse, per Indulto Apostolico, unicamente durante il triduo che si celebra in loro onore nellanno che segue la beatificazione. 313. Le Messe votive per diverse intenzioni si trovano nel Messale o nella sua Appendice approvata per qualche chiesa, e devono essere celebrate in particolari circostanze o necessit. 314. Come Messa votiva dei misteri del Signore si prende la Messa della rispettiva festa, a meno che non sia espressamente indicato di utilizzarne unaltra; oppure si prende lapposita Messa votiva. 315. Come Messa votiva della B. Vergine Maria, degli Angeli e dei Santi si prende la Messa della rispettiva festa, se si trova nel Messale, sia nel Proprio dei Santi che tra le Messe per alcuni luoghi, a meno che nel Messale non vi sia unaltra Messa espressamente indicata come votiva. Se la festa non si trova nel Messale, la Messa si prende dal Comune. Quando nel medesimo Comune vi sono diversi formulari, la scelta spetta al sacerdote celebrante. Nei singoli Comuni, inoltre, le Epistole e i Vangeli che si trovano nelle Messe stesse o al termine di tutto il Comune, possono essere impiegati in qualunque Messa del medesimo Comune.

Si osservino le rubriche per cambiare quelle parti o parole che variano a seconda dei tempi dellanno e del carattere puramente votivo di queste Messe. 316. Per una particolare necessit si prende la Messa votiva propria, se si trova nel Messale; se manca, si prende la Messa per qualunque necessit, utilizzando, al posto delle orazioni di tale Messa, le orazioni adeguate alla necessit occorrente, se presenti tra le Orazioni diverse. 317. Qualunque Messa votiva dei misteri del Signore, della B. Vergine Maria o di un Santo, proibita quando occorre un giorno liturgico di I o II classe in cui si celebra lUfficio della stessa Persona. In questo caso, al posto della Messa votiva, si deve dire la Messa dellUfficio occorrente. Se invece occorre un giorno liturgico di III o IV classe, si pu scegliere tra la Messa dellUfficio del giorno e la Messa votiva, senza la commemorazione dellaltra. 318. Lorazione della Messa votiva impedita si aggiunge, con una sola conclusione, allorazione della Messa del giorno solo nel caso in cui la Messa votiva sia di I o II classe e non occorra un giorno di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza. Della Messa votiva di III classe impedita non commemorazione nella Messa dellUfficio occorrente. si fa alcuna

319. Per ammettere e ordinare le orazioni nelle Messe votive, si osservi quanto stabilito per le singole classi di Messe votive (nn. 330 b, 343 b, 386 b, 389 b). 320. Per quanto riguarda linno angelico e il simbolo alle Messe votive, si osservi quanto stabilito per le singole classi di Messe votive, e ai nn. 431432 e 475-476. 321. Nelle Messe votive si omette leventuale sequenza. 322. Si dice il prefazio proprio di ciascuna Messa votiva; in mancanza, si dice il prefazio del Tempo o il prefazio comune, secondo le norme generali. 323. Il colore dei paramenti alle Messe votive devessere quello proprio di ciascuna Messa; ma alle Messe votive lette di IV classe non conventuali, si

pu utilizzare anche il colore dellUfficio del giorno, mantenendo tuttavia il colore viola e nero per le Messe che di per s lo richiedono. 324. A meno che in rubriche particolari non si stabilisca diversamente, la Messa votiva pu essere in canto o letta. 325. Le Messe votive sono di I, II, III o IV classe; delle singole classi si tratta nei numeri seguenti. 326. Qualunque Messa votiva proibita nelle chiese che hanno una sola Messa: a) quando urge lobbligo della Messa conventuale che non possa essere soddisfatto da un altro sacerdote, eccettuate le Messe votive che in alcuni giorni possono (n. 289) o devono (nn. 290-294) essere dette come Messe conventuali; b) il 2 febbraio, se si fa la benedizione delle candele; c) nei giorni delle Litanie maggiori e minori, se si dice la Messa delle Rogazioni (n. 346). 327. Quando, nelle rubriche o in un indulto particolare, una Messa votiva indicata come votiva di una certa classe, va ordinata secondo le norme e i privilegi stabiliti per tale classe di Messe votive. B) Le Messe votive di I classe I - Le Messe votive di I classe in generale 328. Per Messa votiva di I classe sintende la Messa votiva che si pu celebrare in tutti i giorni liturgici, esclusi quelli di cui ai nn. 1-8 nella tabella della precedenza, e salvo quanto stabilito al n. 332. 329. Le Messe votive di I classe previste dalle rubriche generali sono: a) le Messe della Dedicazione nellatto di consacrazione di una chiesa (nn. 331-334); b) le Messe in canto del Ss. Sacramento dellEucaristia nelle solenni celebrazioni di un Congresso eucaristico (n. 335); c) le Messe in canto dei misteri del Signore, della B. Vergine Maria, di un Santo o Beato, in occasione di una celebrazione straordinaria (n. 340 a).

330. I privilegi delle Messe votive di I classe sono i seguenti: a) si dicono con Glria e Credo; b) escludono tutte le commemorazioni non privilegiate e la colletta imperata dallOrdinario del luogo; c) lorazione della Messa votiva impedita si aggiunge, con una sola conclusione, allorazione della Messa del giorno, purch non occorra un giorno di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza; d) se sono celebrate in canto, si usa il tono solenne. II - La Messa della Dedicazione nellatto di consacrazione di una chiesa 331. La consacrazione delle chiese pu essere compiuta, per diritto, in qualsiasi giorno, ma preferibile compierla nelle domeniche e nei giorni festivi. Essa, tuttavia, proibita nella vigilia e nella festa della Nativit del Signore, nelle feste dellEpifania, dellAscensione e del Corpo di Cristo, nei giorni che vanno dalla II domenica di Passione o delle palme fino alla domenica di Resurrezione comprese, nella domenica di Pentecoste e nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. 332. La Messa della dedicazione nellatto di consacrazione di una chiesa od oratorio parte integrante di tutto il rito della consacrazione; pertanto la si deve celebrare ogni volta che una chiesa o un oratorio viene consacrato, anche nei giorni in cui le altre Messe votive di I classe sono proibite. 333. Nella Messa della Dedicazione nellatto di consacrazione di una chiesa si aggiunge, con una sola conclusione, lorazione del Mistero o del Santo in onore del quale la chiesa od oratorio viene consacrato, e non ammessa nessuna ulteriore commemorazione, neppure privilegiata. 334. Le altre Messe che si celebrano nella chiesa od oratorio nel giorno della consacrazione, dopo il compimento del rito, possono essere della Dedicazione, come votive di I classe. III - Le Messe nei Congressi eucaristici

335. Nei singoli giorni di un Congresso eucaristico diocesano, regionale, nazionale o internazionale, la Messa principale, purch sia in canto, pu essere del Ss. Sacramento dellEucaristia, come votiva di I classe. 336. Nelle altre pubbliche funzioni di tali Congressi, la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia pu essere celebrata come votiva di II classe. 337. I singoli sacerdoti che partecipano al Congresso eucaristico possono celebrare la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia come votiva di III classe. IV - Le Messe votive in alcune celebrazioni straordinarie 338. I privilegi indicati in questo paragrafo spettano alle Messe: a) del triduo o dellottavario che si celebra in onore di qualche Santo o Beato nellanno che segue la canonizzazione o beatificazione; b) di alcune celebrazioni straordinarie, protratte per un triduo o per un ottavario, in occasione, per esempio, di un centenario. Sono per escluse le celebrazioni straordinarie in onore dei Beati. 339. Per compiere le celebrazioni di cui al numero precedente necessario uno speciale indulto della Santa Sede. 340. Nei singoli giorni di queste celebrazioni sono permesse: a) una sola Messa in canto del mistero del Signore, della B. Maria Vergine, del Santo o Beato in onore del quale si compiono le celebrazioni, come votiva di I classe; b) tutte le Messe lette, di cui al punto precedente, come votive di II classe. C) Le Messe votive di II classe I - Le Messe votive di II classe in generale 341. Per Messa votiva di II classe sintende la Messa votiva che si pu celebrare in tutti i giorni liturgici di II, III e IV classe.

Tuttavia, la Messa per gli Sposi e la Messa di ringraziamento nel 25 o 50 anniversario del matrimonio sono proibite in tutte le domeniche. 342. Le Messe votive di II classe previste dalle rubriche generali sono: a) la Messa in occasione della benedizione solenne di una chiesa od oratorio, e della consacrazione di un altare (n. 345); b) la Messa delle Rogazioni nei giorni delle Litanie maggiori e minori (nn. 346-347); c) le Messe votive in occasione della preghiera delle Quarantore o di unaltra esposizione del Ss. Sacramento (nn. 348-355); d) le Messe della solennit esterna delle feste (nn. 356-361); e) la Messa nel giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari del Papa e del Vescovo diocesano (nn. 362-365); f) la Messa per una causa grave e pubblica (nn. 366-368); g) la Messa per la propagazione della Fede (n. 369); h) le Messe per alcune occasioni particolari (nn. 370-372); i) le Messe votive nei santuari (nn. 373-377); l) la Messa votiva per gli Sposi e la Messa di ringraziamento nel 25 o 50 anniversario del matrimonio (nn. 378-382). 343. I privilegi delle Messe votive di II classe sono i seguenti: a) si dicono col Glria, salvo quando si usano paramenti di colore viola; ma senza il Credo, a meno che non lo si debba dire in ragione della domenica o dellottava occorrente; b) ammettono una sola commemorazione ed escludono la colletta imperata dallOrdinario del luogo; c) lorazione della Messa votiva impedita si aggiunge, con una sola conclusione, allorazione della Messa del giorno, purch non occorra un giorno di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza, e salvo quanto stabilito n. 380; d) se sono celebrate in canto, si usa il tono solenne. 344. Le Messe votive di II classe sono regolate dalle norme generali esposte al n. 343; le norme particolari relative a ciascuna Messa sono qui di seguito indicate. II - La Messa votiva in occasione della benedizione solenne di una chiesa od oratorio, e della consacrazione di un altare

345. In occasione della benedizione solenne di una chiesa od oratorio e della consacrazione di un altare, terminato il rito, si dice, come votiva di II classe, la Messa del Mistero o del Santo in onore del quale stata benedetta la chiesa o loratorio, oppure stato consacrato laltare. III - La Messa delle Rogazioni nei giorni delle Litanie maggiori e minori 346. Nei giorni delle Litanie maggiori e minori (nn. 80-90), nelle chiese in cui si fa la processione o, secondo le prescrizioni dellOrdinario del luogo, si celebrano suppliche particolari (n. 83), si dice, come votiva di II classe, la Messa delle Rogazioni (cfr. n. 86). 347. La Messa delle Rogazioni, oppure la Messa del giorno che sostituisce la Messa votiva impedita, va considerata come parte integrante di tutta lazione liturgica; e normalmente si celebra alla fine della processione o delle altre suppliche particolari. IV - Le Messe votive in occasione della preghiera delle Quarantore o di unaltra esposizione del Ss. Sacramento 348. Prima di esporre e riporre il Ss. Sacramento per la preghiera delle Quarantore, sia continua che interrotta, allo stesso altare dellesposizione si celebra in canto, come votiva di II classe, la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia. 349. Nel giorno intermedio dellesposizione, ad un altare in cui non esposto il Ss. Sacramento, si pu celebrare in canto, come votiva di II classe, o la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia o unaltra Messa votiva adatta alle particolari necessit del luogo. 350. Nei giorni in cui le rubriche consentono le Messe votive di IV classe, conveniente che le Messe celebrate nella chiesa in cui si svolge la preghiera delle Quarantore siano del Ss. Sacramento dellEucaristia. 351. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti: a) lesposizione del Ss. Sacramento deve seguire e la riposizione precedere la Messa in canto o principale;

b) durante lesposizione, le Messe dellUfficio del giorno si dicono coi paramenti viola, e non allaltare dellesposizione. 352. Il 2 febbraio, il mercoled delle Ceneri e la II domenica di Passione o delle palme, se si compie la benedizione rispettivamente delle candele, delle ceneri o delle palme, il Ss. Sacramento esposto per ladorazione delle Quarantore, durante la benedizione, la processione o limposizione delle ceneri, o si trasferisce ad un altro altare dove ladorazione pu essere continuata senza detrimento della piet dei fedeli, oppure si ripone e ladorazione si riprende al termine della benedizione, processione o imposizione delle ceneri. opportuno che queste norme siano osservate anche nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti per la Messa principale del giorno e per la seguente assoluzione al tumulo. 353. Prima di esporre il Ss. Sacramento per una pubblica adorazione che duri unintera giornata, si pu dire, come votiva di II classe, la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia. 354. Prima di esporre il Ss. Sacramento per una pubblica adorazione che duri soltanto alcune ore, si dice la Messa del giorno, senza commemorazione del Ss. Sacramento. Tuttavia, nei giorni in cui sono consentite le Messe votive di IV classe, pi opportuno dire la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia. 355. Nelle Messe che, durante ladorazione, si celebrano per indulto allaltare dellesposizione, si aggiunge, con una sola conclusione, lorazione del Ss. Sacramento dellEucaristia, purch non occorra una domenica o lUfficio o la Messa o una commemorazione di N. S. Ges Cristo. V - Le Messe votive della solennit esterna delle feste 356. Per solennit esterna di una festa sintende la celebrazione della stessa festa senza Ufficio, per il bene dei fedeli, o nel giorno in cui la festa impedita, o in domenica, quando tale festa cade durante la settimana, o in un altro giorno stabilito. 357. La solennit esterna spetta per diritto ad alcune feste, ad altre viene concessa per indulto. 358. La solennit esterna spetta per diritto soltanto:

a) alla festa del Ss. Cuore di Ges; b) alla festa della B. Vergine Maria del Rosario, nella I domenica di ottobre; c) alla festa della Purificazione della B. Vergine Maria, se lazione liturgica di questo giorno trasferita, col permesso della Santa Sede, alla domenica, ma solo per la Messa che segue la benedizione e processione delle candele; d) alla festa del Patrono principale regolarmente costituito della nazione, della regione o provincia, sia ecclesiastica che civile, della diocesi, del luogo, paese o citt; e) alla festa del Patrono principale regolarmente costituito dellOrdine o Congregazione, e della provincia religiosa; f) alla festa del Patrono regolarmente costituito di associazioni o istituzioni, nelle chiese e oratori dove i fedeli si riuniscono per celebrare il loro Patrono; g) alle feste dellanniversario della Dedicazione e del Titolare della propria chiesa; h) alle feste del Titolare e del Fondatore canonizzato dellOrdine o Congregazione; i) alle feste o commemorazioni, iscritte nel calendario della Chiesa universale o in un calendario proprio, che si celebrano con particolare concorso di popolo: il giudizio spetta allOrdinario del luogo. 359. La solennit esterna, se spetta per diritto, salvo quanto stabilito al n. 358 per alcune solennit esterne, si pu celebrare o nello stesso giorno in cui la festa impedita, o nella domenica che immediatamente precede o segue lUfficio della festa impedita, o in un altro giorno da stabilirsi dallOrdinario del luogo, secondo le rubriche. Se invece viene concessa per indulto speciale, la solennit esterna assegnata a un giorno stabilito. 360. Della festa di cui si celebra la solennit esterna si possono celebrare, come votive di II classe, una Messa in canto e una letta oppure due Messe lette, eccettuato il caso di cui al n. 358 c. 361. Le solennit esterne gi concesse per indulto speciale a diocesi, chiese o famiglie religiose restano in vigore con le seguenti restrizioni: sono proibite nei giorni liturgici di I classe e non si possono mai celebrare pi di due Messe della medesima solennit.

VI - La Messa votiva nel giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari del Papa e del Vescovo diocesano 362. Nel giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice, nellanniversario dellincoronazione del Sommo Pontefice, nellanniversario o dellelezione o della consacrazione o del trasferimento del Vescovo diocesano (nel giorno da scegliersi una volta per tutte dal Vescovo stesso), nelle chiese cattedrali e collegiate, come Messa conventuale, si dice la Messa propria di tali anniversari, come votiva di II classe. 363. Se tale Messa fosse impedita, si osservi quanto segue: a) se lanniversario dellincoronazione del Sommo Pontefice impedito in perpetuo per tutta la Chiesa, o se lanniversario del Vescovo impedito in perpetuo per tutta la diocesi, si ripone stabilmente nel primo giorno non impedito. Similmente si ripone lanniversario del Vescovo diocesano, se occorre nello stesso giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice o nel suo anniversario; b) se sono impediti soltanto accidentalmente da uno dei giorni di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza, si trasferiscono al primo giorno che non sia di I classe. 364. Negli stessi giorni di cui al n. 362, in tutte le chiese e in tutte le Messe, eccettuate quelle dei defunti, si aggiunge lorazione per il Papa o per il Vescovo, come indicato al n. 499. Questa orazione, tuttavia, si trasferisce ogni qualvolta si trasferisce la Messa nelle chiese cattedrali e collegiate. 365. Nelle singole chiese, nel giorno in cui si svolgono particolari celebrazioni in onore del Sommo Pontefice, permessa, previo consenso dellOrdinario del luogo, una sola Messa Nellanniversario dellincoronazione del Papa, come votiva di II classe. VII - La Messa votiva per una causa grave e pubblica 366. Per Messa votiva per una causa grave e pubblica sintende la Messa che, per comando o con il consenso dellOrdinario del luogo, si celebra con concorso di popolo per qualche grave necessit o utilit spirituale o temporale, che riguarda tutta la comunit o notevole parte di essa.

367. In ciascuna chiesa si pu dire una sola Messa votiva per una causa grave e pubblica; si prende la Messa adatta alla necessit o, in mancanza, la Messa per qualunque necessit, secondo quanto indicato al n. 366. 368. Quando occorresse una grave necessit o una calamit pubblica e non ci fosse tempo di ricorrere allOrdinario del luogo, il parroco pu comandare nella sua parrocchia la Messa votiva di cui al n. 366. VIII - La Messa per la propagazione della Fede 369. In ciascuna chiesa, nel giorno in cui si compiono particolari celebrazioni per le Missioni e in occasione di un Congresso missionario, si pu celebrare, come votiva di II classe, una sola Messa per la propagazione della Fede. IX - Le Messe votive per alcune occasioni particolari 370. Le Messe di cui si tratta in questo paragrafo riguardano le celebrazioni particolari proprie di alcune associazioni o di una parte soltanto di fedeli. Queste celebrazioni particolari sono: a) per le parrocchie: linizio e la fine della sacra Missione al popolo; i principali giubilei della parrocchia, del parroco o di un altro sacerdote dimorante nella parrocchia; le solenni celebrazioni straordinarie e simili; b) per scuole, collegi, seminari e altri istituti di questo genere: linizio e la fine dellanno scolastico; i giubilei straordinari, come il cinquantesimo o il centesimo anniversario della loro fondazione; c) per le case religiose: le solennit della vestizione e della professione; linizio e la fine del Capitolo generale e provinciale; i principali giubilei della Religione, della provincia e della casa; il venticinquesimo o cinquantesimo anniversario della professione o dellordinazione sacerdotale dei membri; d) per varie associazioni, come confraternite, pie societ, unioni professionali e simili: i convegni generali annui; i convegni straordinari di pi associazioni dello stesso genere; i principali giubilei e simili occasioni;

e) per le case di esercizi spirituali: linizio e la fine del corso di esercizi o un convegno straordinario; f) per ospedali, caserme, carceri e istituti simili: le celebrazioni religiose straordinarie e le altre festivit da celebrarsi in modo o in tempo straordinario. 371. Questa Messa, unica per le singole occasioni, votiva di II classe, e pu essere celebrata per comando o con il consenso del rispettivo Ordinario. 372. Per le suddette circostanze si scelga la Messa adatta, secondo le diverse occasioni: per esempio, la Messa dello Spirito Santo, di ringraziamento, di un mistero del Signore, della B. Vergine Maria o di un Santo, oppure una delle Messe votive per diverse intenzioni. X - Le Messe votive nei santuari 373. Per santuario sintende una chiesa o edificio sacro dedicato al pubblico esercizio del culto divino che, per un particolare motivo di piet (per esempio unimmagine sacra ivi venerata, una reliquia ivi custodita, un miracolo che Dio vi ha operato, una particolare indulgenza che vi si pu lucrare), divenuto per i fedeli meta di pellegrinaggi per ottenere grazie o adempiere voti. 374. Le Messe votive concesse o da concedersi, per indulto della Santa Sede, ai santuari e ad altri luoghi pii sono Messe votive di II classe. 375. Tale Messa votiva si pu celebrare ad ogni altare del santuario nei singoli giorni in cui sono permesse le Messe votive di II classe, ma solo da parte dei sacerdoti pellegrini, oppure quando la Messa si dice in favore dei pellegrini. 376. Parimenti, i sacerdoti che visitano un luogo pio vi possono celebrare una Messa votiva di II classe. 377. Allinfuori dei casi previsti ai nn. 375 e 376, la Messa votiva si pu celebrare solo come votiva di IV classe. XI - La Messa votiva per gli Sposi e la Messa di ringraziamento nel 25 o 50 anniversario del matrimonio

378. La Messa votiva per gli Sposi o almeno la sua orazione nella Messa del giorno impediente, permessa ogni qualvolta si celebrano le nozze, sia al di fuori dei tempi proibiti, sia nei tempi proibiti, se lOrdinario del luogo, per una giusta causa, ha permesso la solenne benedizione nuziale. 379. Oltre che nei giorni in cui sono proibite le Messe votive di II classe, la Messa per gli Sposi proibita anche nelle domeniche e quando, secondo il n. 381 c, non si pu dare la benedizione nuziale. 380. Quando proibita la Messa per gli Sposi ma permessa la benedizione nuziale, si dice la Messa dellUfficio del giorno, alla cui orazione si aggiunge, con una sola conclusione, lorazione della Messa votiva impedita, anche nei giorni in cui, secondo il n. 343 c, proibita la commemorazione della Messa votiva di II classe impedita; e durante tale Messa si d la benedizione nuziale come al solito. Quando sono proibite sia la Messa per gli Sposi che la benedizione nuziale, la Messa insieme alla benedizione pu essere trasferita al giorno pi opportuno non impedito dopo la celebrazione del matrimonio. 381. Per quanto riguarda la Messa per gli Sposi e la benedizione nuziale, si osservi inoltre quanto segue: a) la benedizione nuziale inseparabile dalla Messa. Pertanto non pu essere data fuori dalla Messa, se non per Indulto Apostolico; in tal caso, va impartita secondo la formula che si trova nel Rituale romano, tit. VIII, cap. III; b) la benedizione nuziale durante la Messa devessere impartita dal sacerdote che celebra la Messa, anche se al matrimonio avesse assistito un altro sacerdote; c) la benedizione nuziale si omette se gli sposi non sono presenti, e se entrambi o uno dei due hanno gi ricevuto la benedizione, fatta salva, dove vige, la consuetudine di impartire di nuovo la benedizione se solo luomo lavesse gi ricevuta; d) nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti e nel Triduo sacro, sono proibite sia la Messa votiva, sia la sua commemorazione nella Messa del giorno, sia la benedizione nuziale durante la Messa. 382. Per il ringraziamento nel 25 o 50 anniversario del matrimonio, si pu dire, come votiva di II classe, la Messa della Ss. Trinit o della B.

Vergine Maria, aggiungendo alla prima orazione, con una sola conclusione, lorazione per il rendimento di grazie. Terminata la Messa, si dicono per i coniugi le preghiere che si trovano nel Rituale romano, tit. VIII, cap. VII. XII - Altre Messe votive di II classe 383. Oltre alle Messe votive di II classe elencate ai numeri precedenti, vanno ricordate le Messe votive lette che sono permesse, come votive di II classe, nelle celebrazioni di un Congresso eucaristico (n. 336) e in alcune occasioni straordinarie (n. 340 b). D) Le Messe votive di III classe 384. Per Messa votiva di III classe sintende la Messa votiva che pu essere celebrata nei giorni liturgici di III e IV classe. 385. Le Messe votive di III classe previste dalle rubriche generali sono: a) una sola Messa di N. S. Ges Cristo sommo ed eterno Sacerdote, il primo gioved o il primo sabato di ogni mese, nelle chiese e oratori dove quel giorno si compiono particolari esercizi di piet per la santificazione del clero; b) due Messe del Ss. Cuore di Ges, il primo venerd di ogni mese, nelle chiese e oratori dove quel giorno si compiono particolari esercizi di piet in onore del Ss. Cuore; c) una sola Messa del Cuore Immacolato della B. Vergine Maria, il primo sabato di ogni mese, nelle chiese e oratori dove quel giorno si compiono particolari esercizi di piet in onore del Cuore Immacolato della B. Vergine Maria. A queste bisogna aggiungere la Messa del Ss. Sacramento dellEucaristia che concessa ai singoli sacerdoti nei giorni di un Congresso eucaristico (n. 337). 386. Le Messe votive di III classe sono ordinate nel modo seguente: a) si dicono col Glria, ma sempre senza il Credo; b) ammettono due commemorazioni, o una commemorazio-ne e la colletta imperata dallOrdinario del luogo;

c) se sono celebrate in canto, si usa il tono solenne; d) quando sono proibite, non si commemorano nella Messa del giorno. E) Le Messe votive di IV classe 387. La Messa votiva di IV classe la Messa votiva che si pu celebrare soltanto nei giorni liturgici di IV classe. 388. Come Messa votiva di IV classe si pu prendere qualsiasi Messa che le rubriche permettono di celebrare come votiva. Si richiede, tuttavia, una giusta causa, come la necessit, lutilit o la devozione del sacerdote celebrante o dei fedeli. 389. Le Messe votive di IV classe sono ordinate nel modo seguente: a) non si dice il Glria, eccetto che alla Messa degli Angeli, in qualsiasi giorno, e alle Messe della B. Vergine Maria che si celebrano in sabato; b) oltre allorazione della Messa, si possono dire altre due orazioni, tra le quali bisogna annoverare sia le commemorazioni dellUfficio del giorno o occorrenti nellUfficio del giorno, sia la colletta imperata dallOrdinario del luogo, sia lorazione votiva; c) il Credo si omette sempre; d) se sono celebrate in canto, si usa il tono feriale.

CAPITOLO VII LE MESSE DEI DEFUNTI


A) Le Messe dei defunti in generale 390. Le Messe dei defunti che si celebrano nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti sono conformi allordine dellUfficio; tutte le altre Messe dei defunti sono al di fuori dellordine dellUfficio. 391. Nelle Messe dei defunti non si fa alcuna commemorazione dellUfficio del giorno corrente.

392. Le Messe dei defunti sono di I, II, III o IV classe; delle singole classi si tratta nei numeri seguenti. 393. Qualsiasi Messa dei defunti, compresa quella esequiale, proibita: a) nelle chiese e oratori dove, per qualunque ragione, in corso lesposizione del Ss. Sacramento, per tutto il tempo dellesposizione. Fanno eccezione le Messe nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti (n. 352); b) nelle chiese che hanno una sola Messa, quando urge lobbligo della Messa conventuale che non possa essere soddisfatto da un altro sacerdote, a meno che la stessa Messa dei defunti non possa o debba essere detta come conventuale; c) nelle chiese che hanno una sola Messa, il 2 febbraio e il mercoled delle Ceneri, se si fa la benedizione rispettivamente delle candele e delle ceneri; e nei giorni delle Litanie maggiori e minori, se si deve dire la Messa delle Rogazioni. 394. La prima Messa tra quelle riportate nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, con le orazioni proprie assegnate nel Messale tra le orazioni diverse per i defunti, si prende: a) per il Sommo Pontefice, i Cardinali, i Vescovi e i Sacerdoti defunti, in tutte le Messe di I, II e III classe; b) negli anniversari di tutti i defunti di un certo Ordine o Congregazione clericale. 395. La Messa Nel giorno della morte o della deposizione del defunto si dice per i defunti non sacerdoti: a) nella Messa esequiale; b) nella Messa per il giorno della morte; c) nelle Messe dopo larrivo della notizia della morte; d) per la definitiva sepoltura del defunto; e) nel 3, 7 e 30 giorno, utilizzando le orazioni proprie. 396. La Messa Nellanniversario dei defunti si dice negli anniversari dei defunti che non sono sacerdoti. 397. La Messa quotidiana si dice per tutti i defunti di ogni ordine e grado, fuori dai giorni sopra elencati.

398. Per quanto riguarda le orazioni alle Messe dei defunti, si osservi quanto segue: a) in tutte le Messe dei defunti, sia in canto che lette, si dice normalmente una sola orazione, a meno che non si debba aggiungere lorazione imperata per i defunti, secondo il n. 458, o si possa aggiungere lorazione votiva per i defunti, secondo il n. 468; b) nelle Messe dei defunti di IV classe, se sono applicate per determinati defunti, si dice lorazione conveniente, da prendersi nel Messale tra le orazioni diverse per i defunti; se invece sono applicate per i defunti in generale, o se signora lintenzione, si dice lorazione Fidlium; c) nelle Messe dei defunti proibita qualsiasi orazione che non sia dei defunti. 399. La sequenza Dies ir: a) obbligatoria solo nelle Messe dei defunti di I classe. Tuttavia, nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, quando si celebrano tre Messe senza interruzione, la sequenza si deve dire solo nella Messa principale o nella prima Messa; nelle altre Messe, a meno che non siano in canto, si pu omettere; b) si pu omettere nelle Messe dei defunti di II, III e IV classe. 400. Qualsiasi Messa dei defunti pu essere in canto o letta. 401. Lassoluzione sul cadavere o sul tumulo: a) devessere impartita dopo la Messa esequiale; b) pu essere impartita dopo le altre Messe dei defunti; c) pu essere impartita, per una causa ragionevole, anche dopo le Messe che non sono dei defunti. B) Le Messe dei defunti di I classe I - Le Messe dei defunti di I classe in generale 402. Le Messe dei defunti di I classe sono: a) le Messe nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti;

b) la Messa esequiale. II - Le Messe nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti 403. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti ogni sacerdote pu celebrare tre Messe, quelle cio assegnate nel Messale per questo giorno. 404. Nel celebrare le Messe di questo giorno, si osservi quanto segue: a) chi celebra una sola Messa, usa la prima; chi ne celebra due, usa la prima e la seconda; b) chi celebra la Messa in canto o conventuale usa la prima, con la facolt di anticipare la seconda e la terza; c) chi celebra pi Messe in canto in chiese diverse, deve sempre usare la prima; d) se invece si celebrano pi Messe in canto nella stessa chiesa, si usa innanzi tutto la prima, poi la seconda e infine la terza. III - La Messa esequiale 405. Per Messa esequiale sintende lunica Messa dei defunti che direttamente connessa con le esequie di un defunto. Questa Messa, di per s, devessere celebrata presente il cadavere; ma, per una causa ragionevole, si pu anche celebrare assente o gi sepolto il cadavere. 406. La Messa esequiale proibita: a) nei giorni di cui ai nn. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 nella tabella della precedenza; b) nelle feste di precetto comprese tra quelle di cui al n. 11 nella tabella della precedenza; c) nellanniversario della Dedicazione e nella festa del Titolare della chiesa in cui si svolge il funerale; d) nella festa del Patrono principale del paese o citt; e) nella festa del Titolare e del Santo Fondatore dellOrdine o Congregazione cui appartiene la chiesa nella quale si svolge il funerale.

407. Se lUfficio di una festa di cui al n. 406 viene trasferito accidentalmente a un altro giorno, secondo le rubriche, la Messa esequiale proibita nel giorno in cui la festa impedita, ed permessa nel giorno in cui viene trasferito lUfficio; se la solennit esterna di una festa si celebra in domenica, la Messa esequiale proibita nel giorno in cui si celebra la solennit esterna, non per nel giorno della festa. 408. Quando la Messa esequiale proibita o, per una causa ragionevole, non si pu celebrare contestualmente alle esequie, la si pu trasferire al primo giorno non impedito. 409. Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti, come Messa esequiale si prende la prima Messa del giorno con le orazioni che si sarebbero dette alla Messa esequiale per il rispettivo defunto. Se per la prima Messa si celebra per lUfficio del giorno, come Messa esequiale si prende la seconda o, se anche questa fosse gi stata celebrata, la terza. C) Le Messe dei defunti di II classe I - Le Messe dei defunti di II classe in generale 410. Le Messe dei defunti di II classe sono: a) le Messe per il giorno della morte; b) la Messa dopo larrivo della notizia della morte; c) la Messa per la definitiva sepoltura del defunto. 411. Tutte le Messe dei defunti di II classe si dicono come nel giorno della morte; sono permesse purch: a) si applichino per il defunto stesso; b) non occorra un giorno liturgico di I classe o una domenica. Se la Messa per il giorno della morte viene detta dopo pi di otto giorni dalla morte o sepoltura del defunto, nellorazione e nella dopocomunione si omette lavverbio hdie. II - Le Messe per il giorno della morte

412. Per Messe per il giorno della morte sintendono le Messe che vengono celebrate per un defunto dal giorno della morte fino al giorno della sepoltura: a) sia nelloratorio privato dello stesso defunto, purch il cadavere sia fisicamente presente in casa; b) sia nella chiesa od oratorio del luogo dove il defunto morto, seppellito o ebbe il domicilio; c) sia nella chiesa od oratorio dove si celebra la Messa esequiale, anche separata dal funerale del defunto. III - La Messa dopo larrivo della notizia della morte 413. Per Messa dopo larrivo della notizia della morte sintende lunica Messa che pu essere celebrata per un defunto in qualsiasi chiesa od oratorio, nel giorno pi opportuno dopo larrivo della notizia della morte. IV - La Messa per la definitiva sepoltura del defunto 414. Per Messa per la definitiva sepoltura del defunto sintende lunica Messa che pu essere celebrata nella chiesa od oratorio del luogo in cui il corpo del defunto, gi inumato, viene trasferito alla definitiva sepoltura, nello stesso giorno della definitiva sepoltura. D) Le Messe dei defunti di III classe I - Le Messe dei defunti di III classe in generale 415. Le Messe dei defunti di III classe sono: a) la Messa nel 3, 7 e 30 giorno dalla morte o sepoltura del defunto; b) la Messa nellanniversario; c) le Messe dei defunti nelle chiese e cappelle dei cimiteri; d) le Messe dei defunti durante lottavario della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. 416. Le Messe dei defunti di III classe sono proibite nei giorni liturgici di I e II classe; si usa il formulario qui di seguito indicato per le singole Messe,

a meno che, secondo il n. 394, non si debba prendere la prima Messa della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. II - La Messa nel 3, 7 e 30 giorno dalla morte o sepoltura 417. Nel 3, 7 e 30 giorno dalla morte o sepoltura del defunto, in qualunque chiesa od oratorio pu essere detta per lo stesso defunto una sola Messa come nel giorno della morte, utilizzando le orazioni proprie che si trovano alla fine di tale Messa. Quando questa Messa impedita dalle rubriche, pu essere trasferita al giorno pi vicino non impedito. Tali Messe possono essere anche pi di una nei giorni in cui sono permesse le Messe dei defunti di IV classe. III - La Messa nellanniversario 418. Per anniversario in senso stretto sintende la ricorrenza annuale del giorno della morte o sepoltura di un defunto; in senso lato sintende o lanniversario che si celebra per fondazione, una volta allanno, in un giorno che non quello della morte o sepoltura, o la celebrazione che si svolge una volta allanno per tutti i defunti di un ceto di persone, nel giorno stabilito per fondazione o per consuetudine del ceto, oppure nel giorno da stabilirsi dal ceto o dal sacerdote celebrante. 419. In questi giorni, in qualsiasi chiesa od oratorio permessa una sola Messa, che devessere dellanniversario; e quando proibita dalla rubriche, pu essere trasferita al giorno pi vicino non impedito. Tali Messe possono essere anche pi di una nei giorni in cui sono permesse le Messe dei defunti di IV classe. IV - Le Messe nelle chiese e cappelle dei cimiteri 420. Per chiese o cappelle dei cimiteri sintendono: a) la chiesa o loratorio pubblico principale di un cimitero nel quale attualmente si seppelliscono i cadaveri, purch tale chiesa od oratorio non abbia annesso lonere del coro o la cura di anime;

b) la cappella di un sepolcreto particolare, regolarmente eretta entro i confini del cimitero. 421. Le Messe che si celebrano in questi luoghi, purch siano applicate per i defunti, possono essere de requie; si dice la Messa quotidiana con lorazione conveniente. V - Le Messe dei defunti durante lottavario della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti 422. Durante lottavario che decorre dal giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli defunti compreso, tutte le Messe che si applicano per tutti o per qualche defunto possono essere de requie; si dice la Messa quotidiana con lorazione conveniente. E) Le Messe dei defunti di IV classe o quotidiane 423. Le Messe dei defunti di IV classe sono le altre Messe dei defunti quotidiane, che si possono celebrare, al posto della Messa conforme allUfficio del giorno, solo nelle ferie di IV classe, fuori dal tempo natalizio. assai opportuno che queste Messe dei defunti di IV classe siano dette solo quando sono veramente applicate per i defunti, sia in generale che in particolare.

CAPITOLO VIII LE DIVERSE PARTI DELLA MESSA


A) Il salmo Idica me, Deus, la confessione e lincensazione dellaltare 424. Il salmo Idica me, Deus con la sua antifona e la confessione con relativa assoluzione si dicono, davanti ai gradini dellaltare, in qualsiasi Messa sia in canto che letta; per si omettono, insieme ai versetti seguenti e alle preghiere Aufer a nobis e Ormus te, Dmine, nei seguenti casi:

a) nella Messa della festa della Purificazione della B. Vergine Maria che segue la benedizione e processione delle candele; b) nella Messa del mercoled delle Ceneri che si dice dopo la benedizione e imposizione delle ceneri; c) nella Messa della II domenica di Passione o delle palme che segue la benedizione e processione dei rami; d) nella Messa della Vigilia pasquale; e) nella Messa delle Rogazioni che segue la processione delle Litanie maggiori e minori; f) nelle Messe che seguono alcune consacrazioni, secondo le rubriche del Pontificale romano. 425. Il salmo Idica me, Deus si omette: a) nelle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione fino al gioved della Cena del Signore; b) nelle Messe dei defunti. 426. Le incensazioni che si devono fare alla Messa solenne, si possono fare anche a tutte le Messe cantate. B) Lantifona dIntroito e il Krie, elison 427. AllIntroito si dice lantifona con il versetto del salmo e il Glria Patri; al termine si ripete lantifona. Lantifona dIntroito con il salmo e il Glria Patri manca nella Messa della Vigilia pasquale. 428. Il Glria Patri allIntroito si omette nelle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione fino al gioved della Cena del Signore, e nelle Messe dei defunti. 429. Nel tempo pasquale, dopo lantifona dIntroito si aggiungono, se non ci fossero gi, due Allelia. Al contrario, in qualunque antifona dIntroito, lAllelia si omette quando la Messa viene detta fuori dal tempo pasquale, a meno che per certe Messe non sia indicato diversamente. 430. Il Krie, elison si dice nove volte dopo la ripetizione dellantifona dIntroito, cio tre volte Krie, elison, tre volte Christe, elison, e tre volte Krie, elison.

C) Linno Glria in exclsis 431. Linno Glria in exclsis si dice: a) nelle Messe conformi allUfficio del giorno, quando a Mattutino si detto linno Te Deum; b) nelle Messe festive di cui al n. 302; c) nelle Messe del gioved della Cena del Signore, e nella Messa della Vigilia pasquale; d) nelle Messe votive di I, II e III classe, a meno che non si usino i paramenti viola; e) nelle Messe votive di IV classe degli Angeli, in qualsiasi giorno, e nelle Messe della B. Vergine Maria che si celebrano in sabato. 432. Linno Glria in exclsis si omette: a) nelle Messe conformi allUfficio del giorno, quando a Mattutino non si detto linno Te Deum; b) in tutte le Messe in cui si usano i paramenti viola; c) nelle Messe votive di IV classe, eccettuate quelle di cui n. 431 e; d) nelle Messe dei defunti. D) Le orazioni I - Le orazioni in generale 433. Per orazioni, alla Messa, sintendono: a) lorazione della Messa che si celebra; b) le orazioni di un Ufficio commemorato e di una commemorazione occorrente; c) le altre orazioni prescritte dalle rubriche (nn. 447-453); d) lorazione imperata dallOrdinario del luogo (nn. 454-460); e) lorazione votiva che, in alcuni giorni liturgici, pu essere detta a scelta del sacerdote celebrante (nn. 461-465). 434. Nel numero delle orazioni stabilito per i singoli giorni liturgici sono comprese tanto lorazione della Messa e le commemorazioni quanto le

altre orazioni prescritte dalle rubriche o imperate dallOrdinario del luogo o votive. Pertanto, dopo lorazione della Messa: a) nei giorni liturgici di I classe, nelle Messe votive di I classe e nelle Messe in canto non conventuali, non ammessa nessuna altra orazione, eccetto lorazione da dirsi con una sola conclusione e una sola commemorazione privilegiata, salvo quanto prescritto al n. 333; b) nelle domeniche di II classe non ammessa nessuna altra orazione, eccetto la commemorazione di una festa di II classe, che tuttavia si omette se si deve fare una commemorazione privilegiata; c) negli altri giorni liturgici di II classe e nelle Messe votive di II classe, ammessa una sola altra orazione, cio o una privilegiata o una ordinaria; d) nei giorni liturgici di III e IV classe e nelle Messe votive di III e IV classe sono ammesse soltanto due orazioni. 435. Qualsiasi orazione che superi il numero stabilito per i singoli giorni liturgici si omette; in ogni caso, non lecito per nessun pretesto oltrepassare il numero di tre orazioni. 436. Lorazione propria della Messa si dice sempre con la sua conclusione, a meno che non vi si debba unire, con una stessa conclusione, unaltra orazione, come spiegato ai nn. 444-445. 437. Si dicono sempre con una seconda conclusione: a) le commemorazioni; b) lorazione imperata dallOrdinario del luogo; c) lorazione votiva. 438. Se due orazioni, nella prima o nella seconda parte, sono composte pi o meno dalle stesse parole, lorazione che viene per seconda: a) se del Tempo, si sostituisce con lorazione della domenica o della feria seguente; b) se di un Santo, si sostituisce con unaltra orazione dello stesso Comune o di un Comune simile; c) se si tratta dellorazione imperata, si omette. 439. Nelle orazioni di un Ufficio traslato o riposto non si devono cambiare le parole hanc o hodirnam o prsntem diem, o simili.

440. Quando nel Messale si trovano le parole Flectmus gnua, Levte, queste devono essere proferite dal diacono nella Messa solenne, dal celebrante nelle altre Messe; e dopo le parole Flectmus gnua, tutti, insieme al celebrante, singinocchiano e pregano in silenzio per un po di tempo; detto Levte, tutti si alzano e il celebrante dice lorazione. 441. Per quanto riguarda la qualit e il numero delle orazioni alle Messe dei defunti, si osservi quanto riportato al n. 398. II - Le orazioni alle Messe con pi letture 442. Alle Messe con pi letture (nn. 467-468) le commemorazioni e le altre orazioni vanno poste dopo lorazione che precede lultima lettura, ossia lEpistola; e questa orazione la sola da computare per definire il numero complessivo delle orazioni. 443. Per commemorare una feria la cui Messa ha pi letture, si prende la prima orazione, cio quella che si detta alle Lodi. III - Le orazioni che si devono unire con una sola conclusione allorazione della Messa 444. Allorazione della Messa si aggiunge, con una sola conclusione, unaltra orazione, solo se si tratta: a) dellorazione rituale (n. 447); b) dellorazione di una Messa votiva di I o II classe impedita (nn. 330 c, 343 c); c) di unaltra orazione che le rubriche espressamente prescrivono o consentono di unire con una sola conclusione allorazione della Messa (nn. 110, 355, 449, 451, 453). 445. Allorazione della Messa si pu unire con una sola conclusione una sola altra orazione. Se allorazione della Messa si dovessero unire, secondo le rubriche, pi orazioni con una sola conclusione, se ne mantiene una sola, secondo lordine indicato al n. 444; le altre si omettono.

446. Lorazione da unirsi con una sola conclusione allorazione della Messa si conta come una sola con la prima; e devessere detta anche alle Messe in canto. IV - Le orazioni rituali 447. Per orazione rituale sintende lorazione da dirsi nella Messa che connessa con le seguenti benedizioni o consacrazioni: a) consacrazione di un Vescovo; b) conferimento dei sacri Ordini; c) benedizione di un Abate; d) benedizione di una Badessa; e) benedizione e consacrazione delle Vergini; f) benedizione di un cimitero; g) riconciliazione di una chiesa; h) riconciliazione di un cimitero. Queste orazioni, che si trovano tra le Messe votive per diverse intenzioni, devono sempre essere unite con una sola conclusione allorazione della Messa. 448. Nelle Messe in cui si aggiunge lorazione rituale sono escluse tutte le altre orazioni, salvo le commemorazioni privilegiate. V - Le orazioni nel giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice e negli anniversari del Papa e del Vescovo diocesano 449. Nel giorno dellincoronazione del Sommo Pontefice e nel suo anniversario, e nellanniversario o dellelezione o della consacrazione o del trasferimento del Vescovo diocesano (nel giorno da scegliersi una volta per tutte dal Vescovo stesso), in tutte le Messe, eccettuate quelle dei defunti, allorazione della Messa si aggiunge con una sola conclusione lorazione per il Papa o per il Vescovo, purch non occorra un giorno liturgico di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza (cfr. n. 363). 450. Quando impedita, lorazione per il Papa o per il Vescovo si trasferisce al giorno pi vicino non impedito, nello stesso modo in cui si trasferisce la Messa conventuale per gli stessi anniversari nelle chiese cattedrali e collegiate (n. 364).

VI - Lorazione per il sacerdote celebrante nellanniversario della propria Ordinazione sacerdotale 451. Nellanniversario della propria Ordinazione sacerdotale, ogni sacerdote pu aggiungere allorazione della Messa, con una sola conclusione, lorazione per se stesso, purch non occorra un giorno liturgico di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza. 452. Quando impedita, lorazione per il sacerdote celebrante pu essere trasferita al giorno pi vicino non impedito. VII - Lorazione per la propagazione della Fede 453. Nella penultima domenica dottobre, o in unaltra domenica fissata dallOrdinario del luogo per le Missioni, in tutte le Messe, allorazione della Messa si aggiunge con una sola conclusione lorazione per la propagazione della Fede, purch non occorra un giorno liturgico di cui ai nn. 1, 2, 3 e 8 nella tabella della precedenza. VIII - Lorazione imperata 454. Per orazione imperata sintende lorazione che lOrdinario del luogo pu prescrivere per una grave e pubblica necessit o calamit. 455. LOrdinario del luogo pu prescrivere come imperata qualsiasi orazione desunta dalle Messe che si possono celebrare come votive o dalle orazioni per diverse intenzioni o dalle Messe e orazioni per i defunti. 456. molto opportuno che lOrdinario del luogo non prescriva lorazione imperata in modo permanente, ma solo per una causa veramente grave e per un periodo di tempo che non ecceda la durata della vera necessit. 457. Lorazione imperata: a) devessere una sola; b) devessere detta da tutti i sacerdoti che celebrano la Messa nelle chiese ed oratori, anche esenti, della diocesi;

c) non si aggiunge mai con una sola conclusione allorazione della Messa, ma si dice dopo le commemorazioni privilegiate; d) proibita in tutti i giorni liturgici di I e II classe, nelle Messe votive di I e II classe, nelle Messe in canto, e quando le commemorazioni privilegiate completano il numero di orazioni stabilito per i singoli giorni liturgici. 458. Lorazione imperata per i defunti si dice soltanto nelle ferie di IV classe e nelle Messe votive o dei defunti lette di IV classe. 459. Nel caso di una pubblica necessit o calamit che, per sua natura, duri lungo tempo (per esempio una guerra, una pestilenza e simili), lOrdinario del luogo pu prescrivere unorazione imperata conveniente per tutto il tempo dellinfausto evento; per tale orazione: a) si dice soltanto il luned, il mercoled e il venerd; b) proibita negli stessi giorni e Messe di cui al n. 457 d. 460. Se occorresse una grave e pubblica necessit o calamit particolarmente urgente e non ci fosse tempo di ricorrere allOrdinario del luogo, il parroco, entro i limiti della sua parrocchia, anche per le chiese ed oratori esenti, pu prescrivere unorazione conveniente da dirsi per tre giorni consecutivi. Tale orazione proibita negli stessi giorni e Messe in cui proibita lorazione imperata dallOrdinario del luogo (n. 457 d), che, se fosse prescritta, si omette. IX - Lorazione votiva 461. Nei giorni liturgici di IV classe ogni sacerdote pu aggiungere una sola orazione a sua scelta in tutte le Messe lette non conventuali. 462. Lorazione votiva pu essere desunta o dalle Messe che si possono celebrare come votive o dalle orazioni per diverse intenzioni o dalle Messe e orazioni per i defunti. 463. Tale orazione si pone allultimo posto, dopo le altre orazioni, e non deve superare il limite delle tre orazioni. 464. Lorazione votiva per i defunti si pu aggiungere solo alle Messe lette non conventuali dei defunti di IV classe.

465. Nellorazione A cunctis si pu nominare o il Titolare della propria chiesa, o qualsiasi Patrono principale, o il Fondatore o il Titolare dellOrdine o Congregazione. Si osservino inoltre le rubriche che si trovano nel Messale a proposito di questa orazione. E) Dalle letture al Vangelo 466. Dopo le orazioni si dice lEpistola, al termine della quale si risponde Deo grtias. 467. LEpistola preceduta da una sola lettura: a) nei mercoled delle Quattro Tempora; b) nel mercoled della IV settimana di Quaresima; c) nel mercoled della Settimana santa. Alla fine di tale lettura si risponde Deo grtias. 468. LEpistola preceduta da cinque letture nei sabati delle Quattro Tempora; alla fine di ogni lettura, eccettuata quella del profeta Daniele, si risponde Deo grtias. Alle Messe conventuali e alle Messe nelle quali si conferiscono i sacri Ordini, si devono dire sempre tutte le letture con le orazioni e i versetti; alle altre Messe, sia in canto che lette, si pu dire soltanto la prima orazione (quella conforme allUfficio), preceduta dal Flectmus gnua, se va detto, e la prima lettura con i suoi versetti; quindi, detto come al solito Dminus vobscum, Et cum spritu tuo e Ormus, si dice la seconda orazione senza Flectmus gnua, cui fanno seguito la altre commemorazioni eventualmente occorrenti e, omesse le letture successive con i loro versetti e orazioni, si passa direttamente allultima lettura (ossia lEpistola), seguita dal tratto e, nel sabato dopo Pentecoste, dalla sequenza. 469. Dopo lEpistola si dice il graduale, lAllelia con i suoi versetti o il tratto, come indicato nel Messale a suo luogo. 470. La sequenza si dice prima dellultimo Allelia o dopo il tratto. Si omette nelle Messe votive. Per quanto riguarda la sequenza Dies ir, si osservino le norme di cui al n. 399.

471. Allinizio del Vangelo si dice Dminus vobscum e si risponde Et cum spritu tuo; quindi Sequntia (o Intium) sancti Evanglii secndum N., e si risponde Glria tibi, Dmine; alla fine si risponde Laus tibi, Christe. 472. Nella Settimana santa, prima della lettura della storia della Passione del Signore non si dice Dminus vobscum, n Sequntia sancti Evanglii secndum N., Glria tibi, Dmine, bens Pssio Dmini nostri Iesu Christi secndum N., e alla fine non si risponde Laus tibi, Christe. 473. Alle Messe in canto, tutto ci che il diacono, il suddiacono o il lettore cantano o leggono in forza del proprio ufficio, viene omesso dal celebrante. 474. Dopo il Vangelo, specialmente nelle domeniche e nelle feste di precetto, si tenga, secondo lopportunit, una breve omelia per il popolo. Lomelia, se tenuta da un sacerdote diverso dal celebrante, non deve sovrapporsi alla celebrazione della Messa, impedendo la partecipazione dei fedeli; in questo caso, quindi, si deve sospendere la celebrazione della Messa e riprenderla solo dopo il termine dellomelia. F) Il simbolo 475. Dopo il Vangelo o lomelia, si dice il simbolo: a) in tutte le domeniche, anche se il loro Ufficio cede il posto a qualche festa o si celebra una Messa votiva di II classe; b) nelle feste di I classe e nelle Messe votive di I classe; c) nelle feste di II classe del Signore e della B. Vergine Maria; d) durante le ottave della Nativit del Signore, di Pasqua e di Pentecoste, anche nelle feste occorrenti e nelle Messe votive; e) nelle feste natalizie degli Apostoli e degli Evangelisti, e nelle feste della Cattedra di S. Pietro e di S. Barnaba Apostolo. 476. Non si dice il simbolo: a) nella Messe crismale e nella Messa della Cena del Signore, il gioved santo, e nella Messa della Vigilia pasquale; b) nelle feste di II classe, eccettuate quelle di cui al n. 475 c ed e; c) nelle Messe votive di II classe; d) nelle Messe festive e votive di III e IV classe; e) a motivo di una commemorazione occorrente nella Messa;

f) nelle Messe dei defunti. G) Lantifona dOffertorio e le orazioni secrete 477. Dopo il simbolo o, se non bisogna dirlo, dopo il Vangelo o lomelia, si dice Dminus vobscum e si risponde Et cum spritu tuo; quindi si aggiunge Ormus e lantifona dOffertorio, che manca solo nella Messa della Vigilia pasquale. 478. Nel tempo pasquale allantifona dOffertorio si aggiunge, se non ci fosse gi, un Allelia. E si mantiene lAllelia che talvolta si trova al termine dellantifona dOffertorio fuori dal tempo pasquale, eccetto che dalla Settuagesima a Pasqua. 479. Lofferta dellostia e del calice e ci che segue si svolgono come indicato nellOrdinario della Messa. 480. Lorazione secreta si dice sottovoce, senza Dminus vobscum n Ormus. E si dicono tante orazioni secrete quante sono le orazioni che sono state dette allinizio della Messa. Si dicono nello stesso ordine e si concludono come le altre orazioni. 481. La conclusione dellultima orazione secreta si dice sottovoce fino alle parole Per mnia scula sculrum, che si proferiscono ad alta voce. H) Il prefazio 482. Si dice il prefazio proprio di ciascuna Messa; in mancanza, si dice il prefazio del Tempo, altrimenti il prefazio comune. 482. Non si dice mai il prefazio proprio di una commemorazione occorrente nella Messa. 484. Il prefazio della Nativit del Signore si dice: a) come prefazio proprio alle Messe della Nativit del Signore e della sua ottava, e della Purificazione della B. Vergine Maria; b) come prefazio del Tempo, durante lottava di Natale, anche alle Messe che avrebbero un prefazio proprio, eccettuate quelle Messe che

hanno un prefazio proprio dei misteri o delle Persone divine; e dal 2 al 5 gennaio. 485. Il prefazio dellEpifania del Signore si dice: a) come prefazio proprio alle Messe della festa dellEpifania e della Commemorazione del Battesimo di N. S. Ges Cristo; b) come prefazio del Tempo dal 7 al 13 gennaio. 486. Il prefazio della Quaresima si dice: a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dal mercoled delle ceneri fino al sabato che precede la I domenica di Passione; b) come prefazio del Tempo alle Messe che si celebrano in questo tempo e non hanno prefazio proprio. 487. Il prefazio della santa Croce si dice: a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dalla I domenica di Passione fino al gioved della Cena del Signore; alle Messe sia festive che votive della santa Croce, della Passione del Signore e degli strumenti della Passione del Signore, del preziosissimo Sangue di N. S. Ges Cristo, del Ss. Redentore; b) come prefazio del Tempo, dalla I domenica di passione fino al mercoled santo, a tutte le Messe che non hanno prefazio proprio. 488. Il prefazio della Messa crismale si dice nel gioved della Cena del Signore, alla sua Messa. 489. Il prefazio pasquale si dice: a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dalla Messa della Vigilia pasquale fino alla vigilia dellAscensione del Signore; b) come prefazio del Tempo alle altre Messe che si celebrano in questo tempo e non hanno prefazio proprio. 490. Il prefazio dellAscensione del Signore si dice: a) come prefazio proprio nella festa dellAscensione; b) come prefazio del Tempo, dal venerd dopo lAscensione fino al venerd prima della vigilia di Pentecoste, a tutte le Messe che non hanno prefazio proprio.

491. Il prefazio del Ss. Cuore di Ges si dice alle Messe festive e votive del Ss. Cuore di Ges. 492. Il prefazio di N. S. Ges Cristo Re si dice alle Messe festive e votive di N. S. Ges Cristo Re. 493. Il prefazio dello Spirito Santo si dice: a) come prefazio proprio alle Messe del Tempo dalla vigilia di Pentecoste fino al sabato seguente, e alle Messe festive e votive dello Spirito Santo; b) come prefazio del Tempo alle altre Messe che si celebrano in questo tempo e non hanno prefazio proprio. 494. Il prefazio della Ss. Trinit si dice: a) come prefazio proprio alle Messe festive e votive della Ss. Trinit; b) come prefazio del Tempo nelle domeniche dAvvento, e in tutte le domeniche di II classe fuori dal tempo natalizio e pasquale. 495. Il prefazio della beata Vergine Maria si dice alle Messe festive e votive della beata Vergine Maria, eccetto che nella festa della Purificazione. 496. Il prefazio di S. Giuseppe si dice alle Messe festive e votive di S. Giuseppe. 497. Il prefazio degli Apostoli si dice alle Messe festive e votive degli Apostoli e degli Evangelisti. 498. Il prefazio comune si dice alle Messe che non hanno prefazio proprio e non devono prendere il prefazio del Tempo. 499. Il prefazio dei defunti si dice alle Messe dei defunti. I) Dal Canone della Messa fino alla dopocomunione 500. Dopo il prefazio e il Sanctus si dice sottovoce il Canone della Messa, come nellOrdinario della Messa.

501. Quando nel Canone si devono cambiare Communicntes, Hanc gitur e Qui prdie, ci indicato a suo luogo nelle Messe proprie. 502. Il momento proprio per distribuire la santa Comunione ai fedeli durante la Messa, dopo la Comunione del sacerdote celebrante, che deve distribuirla personalmente a coloro che la richiedono; tuttavia, se il numero dei comunicandi grande, conviene che sia aiutato da uno o pi altri sacerdoti. assai sconveniente che, allo stesso altare in cui si sta celebrando la Messa, la santa Comunione sia distribuita da un altro sacerdote fuori dal momento proprio della Comunione. Per una causa ragionevole, permesso distribuire la santa Comunione anche immediatamente prima o dopo la Messa, e anche al di fuori della Messa: in questi casi si utilizza il formulario prescritto nel Rituale Romano, tit. V, cap. II, nn. 1-10. 503. Quando si distribuisce la santa Comunione durante la Messa, il celebrante, dopo aver consumato il preziosissimo Sangue, omesse la confessione e lassoluzione, dice Ecce Agnus Dei e tre volte Dmine, non sum dignus, e procede immediatamente alla distribuzione della santa Eucaristia. 504. Terminati il Canone e la Comunione, si dice lantifona di Comunione, al termine della quale, nel tempo pasquale, si aggiunge, se non ci fosse gi, un Allelia; e si mantiene lAllelia che talvolta si trova al termine di tale antifona fuori dal tempo pasquale, eccetto che dalla Settuagesima a Pasqua. 505. Le orazioni dopo la Comunione si dicono nello stesso numero, modo e ordine delle orazioni allinizio della Messa. 506. Nelle Messe delle ferie di Quaresima e di Passione, eccettuato il Triduo sacro, terminata lultima orazione dopo la Comunione si aggiunge lOrazione sopra il popolo, che si dice sempre con la sua conclusione ed preceduta da Ormus, Humilite cpita vestra Deo. Questa orazione devessere detta anche quando fosse preceduta da tre orazioni dopo la Comunione. L) La conclusione della Messa

507. Alla fine della Messa si dice Ite, missa est e si risponde Deo grtias. Tuttavia: a) alla Messa vespertina della Cena del Signore seguita dalla solenne riposizione del Ss. Sacramento e alle altre Messe seguite da una processione, si dice Benedicmus Dmino e si risponde Deo grtias; b) durante lottava di Pasqua, alle Messe del Tempo, allIte, missa est e al seguente Deo grtias si aggiungono due Allelia; c) alle Messe dei defunti si dice Requiscant in pace e si risponde Amen. 508. Dopo aver detto il Plceat, si d la benedizione, che si omette soltanto quando si detto Benedicmus Dmino o Requiscant in pace. 509. Come ultimo Vangelo, in tutte le Messe, si dice normalmente linizio del Vangelo secondo Giovanni. Tuttavia, nella II domenica di Passione o delle palme, in tutte le Messe che non seguono la benedizione e processione dei rami si dice un ultimo Vangelo proprio. 510. Lultimo Vangelo si omette del tutto: a) alle Messe in cui si detto Benedicmus Dmino, secondo il n. 507 a; b) nella festa della Nativit del Signore, alla terza Messa; c) nella II domenica di Passione o delle palme, alla Messa che segue la benedizione e processione dei rami; d) alla Messa della Vigilia pasquale; e) alle Messe dei defunti seguite dallassoluzione sul tumulo; f) alle Messe che seguono certe consacrazioni, secondo le rubriche del Pontificale romano.

CAPITOLO IX CHE COSA BISOGNA DIRE AD ALTA VOCE O SOTTOVOCE NELLA MESSA
511. Alla Messa letta, si dicono ad alta voce:

a) le parole In nmine Patris, ecc.; il salmo Idica me, Deus con la sua antifona; la confessione e ci che segue fino a Ormus compreso; le orazioni Aufer a nobis e Ormus te, Dmine si dicono sottovoce; b) lantifona dIntroito con il suo versetto e il Glria Patri; e il Krie, elison; c) linno Glria in exclsis; d) Dminus vobscum, Ormus, Flectmus gnua - Levte, e le orazioni; e) le letture, lEpistola, il graduale, il tratto, lAllelia col suo versetto, la sequenza e il Vangelo; f) il simbolo; g) Dminus vobscum, Ormus, lantifona dOffertorio, e le parole Orte, fratres; h) il prefazio e il Sanctus-Benedctus; i) le parole Nobis quoque peccatribus; la preghiera del Signore con la sua introduzione; Per mnia scula sculrum e Pax Dmini sit semper vobscum; Agnus Dei, ecc.; le parole Dmine, non sum dignus prima della Comunione del sacerdote celebrante; le formule della Comunione dei fedeli; lantifona di Comunione, Dminus vobscum e le orazioni dopo la Comunione; le parole Humilite cpita vestra Deo e lorazione sopra il popolo; l) Ite, missa est o Benedicmus Dmino o Requiscant in pace; la benedizione e lultimo Vangelo. Il resto si dice sottovoce. 512. Il sacerdote abbia cura di pronunciare ci che va detto ad alta voce in modo chiaro e distinto, non troppo velocemente, per poter comprendere ci che legge, n troppo lentamente, per non annoiare gli ascoltatori; n a voce troppo alta, se celebra a un altare secondario, per non disturbare coloro che nel medesimo tempo celebrassero nella stessa chiesa; n a voce talmente bassa da non poter essere udito da chi gli sta vicino. Pronunci invece ci che va detto sottovoce in modo da poter essere udito solo da se stesso e non da chi gli sta vicino. 513. Alla Messa solenne, il celebrante: a) dice in canto: Dminus vobscum, ogni volta che occorre, eccetto che nei versetti dopo la confessione; le orazioni; Ormus prima dellantifona dOffertorio, Per mnia scula sculrum e il prefazio; Per mnia

scula sculrum con il Pater noster e la sua introduzione; Per mnia scula sculrum col Pax Dmini; b) intona il Glria e il Credo, quando vanno detti; c) dice ad alta voce le formule della Comunione dei fedeli e le parole della benedizione alla fine della Messa; d) dice con voce conveniente le parti alle quali i sacri ministri devono rispondere; e) dice sottovoce tutte le altre cose che nella Messa letta si dicono ad alta voce; f) omette tutto ci che viene detto dai sacri ministri o dal lettore. 514. Alle Messe cantate, cio senza sacri ministri, il celebrante tenuto ad osservare quanto stabilito al numero precedente e, inoltre, a dire in canto le parti proprie dei sacri ministri. LEpistola pu essere cantata da un lettore. Se non cantata da un lettore, sufficiente che sia letta senza canto dallo stesso celebrante, che tuttavia pu cantarla nel modo consueto. 515. Il tono solenne, nel canto delle orazioni, del prefazio e del Pater noster, si usa: a) nelle domeniche; b) nelle Messe festive e nella Messa dellUfficio di S. Maria in sabato; c) nelle vigilie di I classe; d) nel gioved della Cena del Signore e nella Messa della Vigilia Pasquale; e) durante le ottave; f) nelle Messe votive di I, II e III classe. 516. Il tono feriale si usa: a) nelle ferie; b) nelle vigilie di II e III classe; c) nelle Messe votive di IV classe; d) nelle Messe dei defunti.

CAPITOLO X

NORME PER INGINOCCHIARSI, SEDERSI E STARE IN PIEDI DURANTE LA MESSA


517. Alla Messa letta, il sacerdote celebrante singinocchia a) quando il Ritus servandus in celebratione Miss o lOrdinario della Messa o il Proprio di ciascuna Messa prescrivono dinginocchiarsi; b) quando il Ss. Sacramento presente sullaltare (fuori dal tabernacolo), ogni volta che va al centro dellaltare o se ne allontana. 518. Alle Messe in canto, il sacerdote celebrante singinocchia: a) quando deve inginocchiarsi alla Messa letta. Tuttavia, alle parole che devono essere cantate da altri, non singinocchia quando egli stesso legge tali parole, ma quando esse sono dette in canto, secondo le rubriche, dai ministri o dal coro; b) per alle parole Et incarntus est, nel simbolo, il sacerdote celebrante singinocchia sempre quando egli stesso recita tali parole; quando esse sono cantate, se non seduto singinocchia di nuovo, se invece seduto non singinocchia, ma china profondamente il capo, dopo averlo scoperto, eccetto che alle tre Messe della Nativit del Signore e alla Messa dellAnnunciazione della B. Maria Vergine, nelle quali, al canto di queste parole, tutti singinocchiano. 519. I ministri, alle Messe in canto, singinocchiano sempre insieme al sacerdote celebrante, eccettuati il suddiacono, quando tiene il libro per il Vangelo, e gli accoliti, quando portano i candelieri: essi, in tal caso, non singinocchiano. E quando il diacono canta quelle parole che richiedono la genuflessione, egli singinocchia verso il libro, il celebrante e tutti gli altri verso laltare. Alla Consacrazione, poi, i ministri genuflettono su entrambe le ginocchia. 520. In coro, coloro che non sono Prelati singinocchiano alla confessione col suo salmo e alla benedizione del celebrante al termine della Messa. I Prelati e i Canonici, alla benedizione, chinano profondamente il capo. 521. In coro, inoltre, tutti, anche i Prelati, singinocchiano: a) alla Consacrazione; b) durante la Comunione dei fedeli;

c) nelle Messe delle ferie dAvvento, di Quaresima e di Passione, delle Quattro Tempora di settembre, delle vigilie di II e III classe fuori dal tempo pasquale e nelle Messe dei defunti: alle orazioni che precedono lEpistola, dopo il Dminus vobscum; dal termine del Sanctus fino al Pater noster con la sua introduzione escluso; e alle orazioni dopo la Comunione e sopra il popolo; d) quando i ministri o il coro cantano parole che richiedono la genuflessione. 522. Parimenti in coro tutti genuflettono su un solo ginocchio: a) quando il celebrante, nel simbolo, recita le parole Et incarntus est, ecc.; b) quando, nellultimo Vangelo, dice le parole Et Verbum caro factum est. 523. Alla Messa solenne il celebrante pu sedere tra il diacono e il suddiacono su uno scanno collocato presso laltare, dalla parte dellEpistola, mentre si cantano il Krie, elison, il Glria in exclsis, la sequenza e il Credo; negli altri momenti sta in piedi allaltare o singinocchia, come sopra spiegato. 524. In coro, coloro che effettivamente cantano non siedono mai; gli altri, invece, possono sedere: a) quando siede il celebrante; b) mentre si cantano le letture, lEpistola, il graduale il tratto, lAllelia col suo versetto e la sequenza; c) dallOffertorio fino allincensazione del coro o, se il coro non viene incensato, fino al prefazio; b) dal termine della Comunione fino al Dminus vobscum che precede le orazioni dopo la Comunione. Negli altri momenti stanno in piedi o singinocchiano, come sopra spiegato.

CAPITOLO XI LA PREPARAZIONE DELLALTARE PER LA MESSA

525. Laltare su cui si celebra il santo Sacrificio della Messa devessere tutto in pietra e regolarmente consacrato; o almeno avere una tavola di pietra, detta pietra sacra, pure regolarmente consacrata, che sia abbastanza grande da contenere lostia e la maggior parte del calice; o anche, per Indulto Apostolico, un antimensium regolarmente benedetto. 526. Laltare sia coperto da tre tovaglie regolarmente benedette, di cui una sia tanto lunga da arrivare, ai lati, fino a terra. 527. Sopra laltare deve trovarsi, al centro, una croce piuttosto grande col Crocifisso e, da una parte e dallaltra, i candelieri richiesti dal tipo di Messa con i ceri accesi. Vi si pongano anche le cosiddette tabelle delle secrete o carteglorie, ma solo per il tempo della Messa; e, al lato dellEpistola, un cuscino o leggio su cui appoggiare il Messale. 528. Dalla parte dellEpistola, sopra una credenza a ci predisposta, si preparino le ampolline del vino e dellacqua, la bacinella e il manutergio, il campanello e il piattello per la Comunione dei fedeli. 529. Sullaltare non si ponga nulla che non serva al sacrificio della Messa o allornamento dellaltare stesso. 530. Si conservi, dove vige, luso di accendere un cero presso laltare dalla Consacrazione alla Comunione.

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