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Calogero Di Giuseppe

PROSA

RACCONTI E FAVOLE

PIOLTELLO, MARZO 1999, COPIA DA COMPUTER.

Quarto premio al Concorso seconda edizione premio Meliusum. Montagnareale 1998.

IL PIATTO VOLANTE Spaghettina Di Calogero Di Giuseppe Una volta non cera UNICEFCITY, ma un grandissimo campo incolto, di solito verde, e una piccola casetta con cucina e un camino, una camera da letto, un salottino e una cameretta per una bambina sempre allegra. Lisetta vedeva la TV quando i genitori lo permettevano. A cena guardavano insieme il telegiornale e, una sera, capit di vedere dei bimbi mal vestiti, scheletriti e affamati. Lisetta ne rimase sconvolta. Per la prima volta cap che non tutti hanno cibo in abbondanza e arross pensando a tutti i capricci che ha fatto con la mamma per mangiare. Pens anche ai suoi compagni e compagne di classe della terza Aa come sciupano labbondante colazione. Da quel giorno divenne sempre pi pensierosa e non dimentic mai quei volti macilenti, imploranti e tristi. Un giorno la mamma le apparecchi a tavola un bel piatto di fumanti spaghetti con il rag invitandola a mangiarli subito prima che si freddassero. Lisetta assorta, quasi in estasi, vide il piatto che gli stava davanti girare lentamente in senso orario.. staccarsi da tavola e girare, girare, sempre pi forte e uscire dalla finestra,assieme ai piatti dei genitori. In un attimo (come in sogno) i piatti furono diecicento millee a stormo sparirono sempre piin alto tra lazzurro del cielo. Poi li vide posare (atterrare come un UFO) in quelle terre sconosciute dove aveva visto tutti quei bambini tristi e affamati e per un attimo li vide felici. Lisetta coshai oggi? Stai male? Perch non mangi? La voce della mamma la stup e ancor pi trasal quando vide che il suo piatto era ancora davanti a lei. Fulminea prese il piatto, scese di corsa la piccola scala, velocissima percorse la stradetta verso una baracca occupata da extraeuropei e in un attimo la raggiunse. Trafelata bussla porta si apr e una piccola bimba con lunghi riccioli bruni venne fuori: in silenzio prese il piatto ed entr accennando un saluto. Spaghettata (cos la chiamarono dallora i bimbi) convinse la sua ed altre classi a raccogliere risparmi per lUNICEF. Riusc anche a parlare in una TV privata, fu invitata dalle radio locali e in poco tempo divenne popolare, il campo incolto divenne un cantiere edile, poi villaggio ed ora U N I C E F C I T Y che ha per stemma un piatto volante. Pioltello 25/12/1997

CATERINA Di Calogero Di Giuseppe Tanti anni fa, quando lItalia era in pieno conflitto per la seconda guerra mondiale, e le truppe alleate non avevano ancora invaso la Sicilia, in un paese del centro dellisola, fra tante povere famiglie, ve ne era una pi povere delle pi povere. Il capofamiglia era andato a lavorare in Africala terra promessa mentre in casa era rimasta Caterina con i loro figli Tanina (Gaetana),Pina, Giovanni e Mario. La fame in quella casa si svegliava prima ancora degli abitantiil profumo della verdura era sempre per aria e lo annusava anche il vicinato. La pasta e il pane erano gli unici sostegni in quella casa, quando cerano. Della carne ne avevano sentito parlare vagamenteQualche uovo (ogni tanto) faceva festa in tavola e ne tritavano la scorza con la scusa che il calcio gli rinforzava le ossa. Nei paesi del sud i bambini stanno a giocare pi fuori che in casa e il portinaio non li rimprovera perch non ce non ci sono neanche i cortilima strade e prati secchi senza erba, con tanta libert da svolazzare liberi come uccelli . Tante volte i bambini andavano a mangiare verdura per i campi o a rubare frutta nei dintorni per riempire lo stomaco, ma l'appetito era perenne: non correte dicevano le mamme- non sprecate energia se no vi tocca mangiare di pi. Caterina, un giorno, chiese compagnia ad una vicina di casa con la scusa di fare alcune compere, quando con lamica furono fuori, per le vie del paese, non si decideva ad entrare in nessun negozio, e la compagna spazientita le chiese perch girassero a vuoto senza comprare nulla . Caterina, piangendo, rispose che laveva chiamata perch in casa stava per impazzire sapendo che non aveva soldi e che si avvicinava mezzogiorno e aveva solo lacqua per cucinare per s e per i propri figli i quali, come al solito, erano affamatie non erano i soli n in paese n altrove. Disse che il fidanzato della figlia Tanina non poteva salire su in casa perch non avevano una sedia in pi per farlo sedere; disse anche tante e tante altre cose Caterina, grazie alla vicina di casa, che le diede l'occorrente per cucinare, non impazz, n dal dolore n dalla fame perch poterono mangiare tutti anche quel mezzogiorno ma la sera era imminente e con lo stesso problema di prima: sopravvivere. Pioltello 27 Gennaio 1980

DUE POVERI SULLA TERRA (Lasino e il mugnaio) Di Calogero Di Giuseppe Tutti giorni (1)Cicciu col suo padrone,(2) Turiddu u Mulinaru, facevano il giro del paese. Cicciu, con la campana al collo camminava avanti e il padrone dietro avviandosi per quelle straducce in cerca di qualche cliente che avesse grano da macinare. Le clienti, sentendo la campana, si facevano trovare col sacco pieno di grano gi pronto davanti alluscio di casa e u Mulinaru li caricava sul suo vecchio asino senza piet dopo aver ringraziato Dio per la provvidenza. Al contrario Cicciu, non ringraziavaper la rabbia mostrava al padrone quei pochi denti rimastigli pensando che per lui , caricandolo, non aveva nessuna pietnessuna compassione. Colmo sul colmo, quel giorno, le clienti erano troppe (per Cicciu) e Cicciu si trov un bel peso da portare al mulino. La via del mulino era irta e sassosa: uno stradone bianco pieno di pietruzze taglienti come quelle del Carso e per ci anche le auto di allora facevano fatica a salire. Per il povero asino quella strada fino al mulino era il proprio calvario. Camminando si chiedeva spesso, la povera bestia, perch avevano costruito il mulino fin lass, si dava sempre la stessa risposta: per torturarlo. Cos, strada facendo, si sent appesantire il carico e si ferm sulla piazzola sul ciglio del burrone che conosceva da anni e, come il solito, gli venne la tentazione di buttarsi da l gi in mare con tutto il grano che aveva sulla groppa. U Mulinaru, vedendolo sostare pi del consueto, cominci a sgranare il rosario: Adesso ti guardi pure il panorama! Vuoi il binocolo per vedere pi lontano?Fai pure il turista eh?Ti porto a Taormina o vuoi andare a Venezia? Alcune persone che, scese dalle auto, si guardavano davvero il panorama da quel naturale terrazzo, nel sentire il povero diavolo del mugnaio si incuriosirono e cominciarono a godersi gratis lo spettacolo. U Mulinaru, esasperato, inizi a frustare il povero asino che si intestard come un mulo (notare la differenza) e non volle pi camminare. Il Mugnaio non controllandosi pi aument la dose fra le risate dei presenti. Tutto quel trambusto dest lattenzione di una pattuglia di carabinieri che passava di l per un normale giro dispezione e, dopo averlo fatto smettere, gli chiese i documenti dicendogli: La denunciamo per maltrattamento di animali Intanto lanimale unoed pure mio e gli faccio quello che mi pare. Se non state zitto vi denuncio per resistenza a pubblico ufficiale. Ma che resistenza a pubblico ufficialesemmai sottufficiale brigadiere. Giusto risposero le persone che prima non avevano mosso un dito per non far picchiare lasino- gli animali non si toccano- e cos dicendo se ne andarono sdegnati lasciando quei poveri diavoli (Cicciu e u Mulinaru) n in cielo n in terra. Venne il giorno della causa e dato che la notizia si sparse come laria, laula era gremita di curiosi pronti a ridere delle pene altrui. Salvatore Baccal di anni quaranta, detto il Mugnaio, di professione non ben definita, siete imputato per aver frustato e torturato il povero asino che vi ha servito fedelmente per quasi ventanni! Vergognatevi! Non si d il ben servito con la frusta o con pungoli ad una povera bestia indifesa. Nominatevi un avvocato dufficio, considerando la vostra povert! Signor Giudice, non voglio nessun avvocatoneanche a pagamentoci mancherebbe, sarei fritto. Ditemi alloravi par giusto picchiare un povero asino?perch lo avete fatto? Perch, signor Giudice, non potevo mai immaginare che il mio asino avesse cos tanti parenti in questo paese per difenderlo, specialmente in questaula di tribunale. Tra le risate e le lagrime, per il tanto ridere, il buon Giudice perdon limpertinenza assolvendo il Mugnaio il quale se ne torn pentito a casa per consolare il suo Cicciu amico di sventura. (1) Cicciu nome comune che in Sicilia si dava a gli asini. (2) Salvatore Baccal detto il Mugnaio.
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Pioltello ottobre 1974. LASINO SUL NAVIGLIO Di Calogero Di Giuseppe Se ho il pelo lungo non certo per bont del mio padrone. No; non credetelo. E che per tirare i barconi pieni di sabbia (1) adoperano il trattore. E per questo che noi asini,anche i cavalli perla verit, ci troviamo bene. Specialmente io poicon i bambini ci sto bene nei giardini pubblici. Loro, come si suol dire, mi mi coccolano, ecco! Da quando ho letto sui giornali quando costa il carburante un pensiero mi assilla: e se gli uomini tornano ai vecchi sistemi? Non mi toccher proprio adesso che sono di mezza et tirare i barconi,spero! Se cos fosse povero me, altro che pelo lucido. Meno male che ho i bambini che mi tengono allegro con delle domande ingenuesono fanciulli sintende ma, con i loro perch, mi fanno pensare. Pensieri da asino logico. Uno di loro mi fa: Ciucciu a che serve la televisione? io imbarazzato per non fare la figura del somaro, in quanto asino rispondo: O bella per reclamizzare i detersivi. E sai dirmi qual la coppia damanti pi celebre? Antonio e Cleopatra. No.- Alfa e Romeo?- No.- Dante e Beatrice? Noo.- Allora e Petrarca? Cio? Laura e Petrarca? non lo sai proprio. E qual ? dico io mortificato. Lui con aria sapiente esclama: La coppia pi celebre il Dollaro e la Lira da tanto che si fanno la corte. Sentite bambini, per favoreio sono un asino e come ogni intellettuale che si rispetti di domande non me ne faccio: quando noto qualche problema giro alla larga. Tascapane si fa avanti con quegli occhietti discoli e mi dice: Cicciu ti faccio una domanda da intellettualeche cosa un critico? Il critico colui che confonde le idee di chi legge, esalta gli scrittori del proprio editore e qualche volta scrive quello che pensa. Ma che cosa dici Cicciu fa seccato Gigino sei proprioseisei- sei sette otto e novefece quella spiritosa di Girella. Cosa volete che vi dica ..con queste orecchie, grandi come sono, ne ho sentito tantema ora per, quando esco dal giardino per andare nella stalla, mi metto le cuffie, cosi non sento n voci e n il rumore delle auto. A proposito delle autoquel cocomero del mio padrone, nei giorni seguenti lacquisto della sua cinquecento, mi mandava avanti e lui arrivava dopo in auto. Lo aspettavo sempre allingresso del giardino. Una volta, forza dellabitudine, non lega mica la 500 allalbero che di solito legava me?! Poverino. Per io, per fargli vedere che avevo capito, addento il fieno che avevo avanti e glielo poso davanti alla "500, Segu una reciproca occhiata e mogi mogi ci avviammo al solito trasporto dei bambini nel parco. Ci pensarono gli uccelli a distrarci con il loro cinguettio che si mescolava a quello dei bambini. Ancora non avevo visto Tascapane. Di questo ne ero contento. Ma la mia contentezza dur poco sentii la domanda che mi fece da sopra la mia groppami squill, come si dice, a brucia pelo: Che cos la lira? Ed io pavoneggiandomi risposi come un vocabolario: La lira un uccello dellordine dei passeracei e il maschio ha la coda di una particolare forma simile ad un antico strumento musicale appunto chiamato lira. Ma tascapane mi canzona ancora a Ciucc buonasera un uccello s ma vola da tasca in tasca Suona s ma chi la fa suonare sono gli altrihai capito? Oooh! Certo meglio subire queste domande bambinesche che tirare barconi contro corrente lungo i navigli, cos almeno vivo da intellettualeo no?! (1) Sino alla prima met del XX secolo Milano era attraversata da molti canali dacqua, detti navigli, i quali , con luso di grossi barconi tirati contro corrente da animali da soma, erano utilizzati per il trasporto di qualsiasi merce o altro. Aeroporto E. Forlanini 2/2/1976.

LA RAGAZZA DI CERNUSCO Di Calogero Di Giuseppe

Mariapia vagava nei giardinetti vicino alla metropolitana di Cernusco S.N. come automanon sapeva cosa farei pensieri si intrecciavano lun laltro, ma i pensieri non laiutavano a risolvere i problemi, n tanto meno poteva chiedere consigli alle sue amiche, diciottenni pure loroanzi, pensava che proprio la loro giovinezza le aveva causato il guaio. Nonostante ci, tutto intorno parlava della primavera; in quel mattino di Maggio pieno di sole lei si sentiva fredda come non maiA stento si sentiva viva. Seduta sulla panchina, con lo sguardo fisso verso il vuoto, pensava pensava come risolvere il proprio problemanon soltanto fisico ma anche interiore. Leiuna brava ragazza come aveva potuto far questo... Quante volte la mamma le aveva raccomandato di prestare attenzione alle cattive compagnieed invece Lei era lcome tantecome le tante innumerevoli ragazze nelle sue condizioni. La voce della sua mamma le martellava il cuore: come fare ora che tutto era accaduto? Allimprovviso sent un bambino piangere e gridare mamma. Mariapia rimase l, non si mosse, era come in comanon vide la dolcezza duna mamma mentre cercava di pulire col fazzoletto il ginocchio del figlio, che si era graffiato cadendo sulla ghiaia. Il bambino smise di piangere, si sciolse dalla affettuosa stretta della mamma e cominci a saettare tra gli alberi e le panchine, nel correre urt le ginocchia di Mariapia che si scosse sussultando. Il bambino si spavent e invoc ancora una volta la propria mamma. Mariapia sent questo nome immortale di donna e pens che anche lei ne aveva unae che forse era il caso di rivolgersi a lei e di confidarle tutto. Quante volte aveva letto nei romanzi storie come la sua. Quante voltee che gira e rigira si erano risolte nel modo migliore tra le braccia della mamma, proprio come quel bambino poco primagi quel bambino. Anche lei adesso aspetta un bambinocon quanta faciloneria le sue cosiddette amiche lavevano portata tra le braccia di Paoloun rogatoanche Lei quella maledetta volta aveva fumato. Fumato. Fuma e sarai in estasinon avere dubbi da provinciale, vivi, devi saper vivere, vedrai com bello. Cos le avevano detto. sar stato bello? Non credo- pensa Mariapia- non ricordo nulla. Confusamente ricorda quel ragazzo presentatole: Ecco aveva detto Dorotea- questo Paolo, il bel Paolo. Gli altri occupanti lappartamento se li ricorda come in sogno, senza volto, dietro la nebbia del passato inverno; di quel giorno. Si alza dalla panchina e va ora cammina sul marciapiede di Viale Assunta sotto i piccoli alberi con le nuove foglie che sanno di primavera. Poi, allimprovviso, arriva a casa vuol tornare indietro ma il dito lentamente preme il campanello e la porta si apre. Sente la propria voce come un eco, lontanissima, quasi non sua: Posso entrare mamma? Certo che puoi entrare, stai male? che ti succede? che hai? perch non sei andata a scuola? Possiamo entrare mamma? siamo in due: aspetto un figlio- La mamma non cap subito un lungo abbraccio le immobilizz. Luna non vide le lagrime dellaltra mentre i singulti erano pi che parole. Cosa cera da dire? Non vi era da fare nessun commento- racconta adesso Mariapia a me che sto scrivendo il suo dramma, per la radio locale R C S, seduto accanto a Lei sulla stessa panchina di allora Mia mamma cap il dramma ,e mi aiut senza rimproveri, come mio padre. Avevo fumato una sola voltae fu lultima. Ma mi rester il segno per tutta la vitaMarco porta il mio cognome e questo lo fa soffrire, per le ingiurie e gli insulti degli altri bambini, perch speso sono pesanti , cattive e ci fanno soffrire. Pioltello 28/1/1979

IL FUNERALE DI BEPPE CALZETTA (Racconto quasi funebre) Di Calogero Di Giuseppe -Poverinonon gliene andata mai bene unapersino da morto sfortunato. Hai ragione, se oggi fosse stata meno afosa la giornata ci sarebbe pi gente e il corteo sarebbe riuscito meglio. La gente preferisce stare in casa, al fresco, anche se gli volevano bene non vogliono sudare accompagnandolo al cimitero. Hai sentito la predica? Si che lho sentitae sotto sotto ridevo. Ti confesso che anche io ridevodel resto era cos naturale ridere mentre predicava il pretepovero caro Beppe, proprio per il suo funerale doveva capitare il prete balbuziente. Balbuziente lui, il postino, balbuziente la predica per il suo elogio funebre Parla piano ci sentono Stai tranquilla, quelle dietro a noi parlano di moda e qui davanti a noi parlano del derby Inter Milan. Dicevi? Affermavo che quella predica sarebbe stata ottima, come contenutoma detta cos con le parolesincopate mi sembrava una canzone di Natalino Otto. Il discorso del prete in chiesa te lo ricordi? E come no; ascolta: Fraaaaa fraaa fraaatelli, oooggi uuun trii triiste giorno peer noi; mancato iiil caro pooostino Beppe Caalzetta e ci e ci (salute) e ci lascia assieme ai ai suoi figli Cos ciarlando le due pettegole, Maria e Brunetta, soprannominate le comari del paese seguivano il feretro che aveva lasciato la chiesa e si avviava verso il cimitero lungo il viale, ancora bianco, che lo collegava al paese. Dalla periferia al cimitero il vialone era fiancheggiato da vecchissimi cipressi e da un piccolo muretto dove, al ritorno, i becchini sostavano a riposare, quando le bare (tempo addietro) erano portate a spalla. Ma ora la tecnica fa miracoli: i morti vanno da soli (si fa per dire) senza fatica: vanno in auto. E non poco per chi da vivo non mai andato. I cittadini di Moerteallegra amavano Beppe il balbuziente, era un postino esemplare e soprattutto simpatico. Le donne andavano pazze per lui. anche se ti amo glielo diceva arate, a sillabe. Ma, come accade a tanti, purtroppo, port una sola donna allaltare: fu sposo perfetto. Le altre donne dovettero accontentarsi di guardarlo solamente. Nonostante lafa di Luglio le, sue innamorate hanno fatto la fatica di ordinare le corone di fiori per lui. Vi erano pi fiori che gente al funerale. Il gestore delle pompe funebri ebbe il suo da fare per sistemare i fiori dignitosamente e con alcuni addobb i finestrini della corriera del paese destinata a condurre i partecipanti in paese al ritorno. Il pullman cos sembrava sistemato per una festa invece che per il triste evento. Altri mazzetti di fiori erano portati a mano. Tante ragazze preferirono rimanere a casa per non svelare il loro amore per il povero Beppe: il paese piccolo e la gente mormora La moglie, poverina, sembrava una delle tante statue che rappresentano laddolorata ai piedi della croce di Ges: vestita di nero, la camicetta di pizzo bianca sotto la giacchetta ed il viso coperto dal velo faceva davvero piet. Nella fretta si era vestita male: la sottoveste verde con la frangia rosa facevano capolino da sotto la gonna mettendo in risalto la ridicola variet dei colori. Nessuno osava aggiustargliela: Non stava bene in quelloccasione. Ma intanto qualcuno rideva coprendosi la bocca con le mani o nascondendosi col velo e qualche

risatina era scambiata per pianto. La salma era situata in una vecchia automobile, una balilla apppena verniciata e ornata dangioletti e darabeschi.
Sopra il tetto ad urna ,un bellangelo teneva una croce e un nastro in cui stava scritto: REQUIESCAT IN PACE. Il che non era facile con questo movimentato funerale poi in sosta come vedremo. Quattro impiegati delle pompe funebri stavano ai lati della carrozza mortuaria proprio con la faccia da funerale a pagamento. I chierichetti (gratis) erano davanti alle figlie di Maria, mentre alcuni preti ordinavano il corteo. La banda del paese suonava la solita marcia funebre.Il corteo procedeva sempre verso il cimitero: non si potevano sbagliarela strada la sapevano perch a Morteallegra si moriva spesso. All'improvviso, proprio a met strada, in mezzo al vialone con i cipressi, si sentito "tossire" il motore della balilla mortuariasussultare e poi fermarsi. L'autista scese per individuare il guasto. Apr il cofano dell'auto e cominci ad armeggiare. La processione per i primi dieci minuti fu quasi composta (si fa per dire), ma poi, per il caldo, i fazzoletti invece di asciugare le lagrime asciugarono il sudore. I preti si sedettero sul muretto, i chierici con gli altri bambini si fecero la guerra con le bacche dei cipressi tirandoseli come proiettili. Le donne recitarono il rosario a modo loro all'ombra e gli uomini, dopo aver appoggiato i fiori ai margini della strada, si misero a lodare il povero Beppe Calzetta, buon'anima, pensando a quanto era stato sfortunato: anche il funerale gli stava andando male. Dopo vennero altri argomenti da trattare mentre l'autista soloin mezzo alla strada col morto, tentava d'avviare il motore. Un gregge di capre che pascolava nei dintorni si incurios e si avvicin al corteo annusando i fiori e mangiando le fogliein breve le corone furono disfatte e la strada fu piena di "ceci neri" caduti da sotto la coda dei ruminanti. quando se ne accorsero era troppo tardi. Tra i fiori per terra con le bacche,i bambini che vociavano, il parroco che gridava state zitti, le capre che belavano qua e l, il funerale si era tramutato in una festa campestre. Se poi teniamo conto delle persone sedute all'ombra dei cipressi che mangiavano frutta, rubata nel frutteto vicino, possiamo tranquillamente dire che sembrava un pic nic di fine settimana un vero week end. Il morto e l'autista erano gli unici a soffrire in mezzo alla strada. L'autista era sudato: per la rabbia pensava parolacce ma non osava dirle per rispetto a Beppe buon'anima. Era quasi mezzo giorno quando il motore si avvi facendo sentire il suo rullio. Un lungo applauso premi la fatica dell'autista come se fosse un divo in pieno successo teatrale. Il corteo, finalmente, si avvi verso il funesto traguardo a passo di bersagliere. La polvere ormai si era posata sui vestiti neri e bianchi. Le calze delle donne si erano smagliate con lerba secca dove si erano sedute e il trucco ormai si era sciolto sui loro visi sudati. I loro volti stanchi tra i capelli scarmigliati mettevano allegria mentre si guardavano sorpresi luna con laltra. Ma il povero Beppe dovette aspettare una settimana per essere inumato: una frana aveva coperto la sua fossa ed i muratori erano in sciopero con i becchini. Peggio di cos non si pu morire Cos fu scritto sulla sua lapide: Qui giace BEPPE CALZETTA ad egli cos calmo tocc morire in fretta. A gli amici len il dolore per lui neppure un salmo. Nellultima via si ferm il motore pregate per lui nostro Signore. Qui giace CALZETTA BEPPE neanche morire in pace purtroppo egli seppe. Qui tace BEPPE CALZETTA ad egli cos calmo tocc morire in fretta.
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Novembre 1979 AMORE E CRISANTEMI

Di Calogero Di Giuseppe Era uno splendido mattino di Aprile e mi ero alzato felice e contentoavevo appena finito di leggere Romeo e Giulietta, la magnifica storia damore scritta da Shakespeare finita in tragedia. Quel famoso giorno dAprile gironzolavo nei prati presso la periferia del paesino dove sono natoil profumo dellerba e il canto degli uccelli che saettavano in cielo, mi rendevano felice e leggero come il vento primaverile. Ah!comero contentoche bel ricordo di quel giorno che conservo ancora. Camminavo senza metacos, tanto per camminaresognando tra terra e cielo, felice di essere al mondo. Il vento giocava con un pezzo di giornale, il quale, con un soffio pi forte fu spinto contro il mio petto. Lo presi e lo guardai e vidi i segni delloroscopo e mi affrettai a leggere il mio. Agli oroscopi non credo ma lo lessi ugualmente. Cera scritto: AFFARI, Oggi la tua giornata, approfittane. AMORE: incontrerai la tua met, non far caso dove. Lasciai il pezzo di giornale al vento e risognai ad occhi aperti camminando Fu cos che mi trovai davanti al cancello del cimiteroe senza accorgermene entrai, vagando tra la selva di croci e lapidi di marmo con relative epigrafi. Ad un tratto, come per incanto, vidi inginocchiata davanti ad una tomba una dolcissima figura di donna vestita di nero che pregava sembrava unopera del Canova, immobile e belladi un rosa bellissimo che spiccava tra le statue di marmo bianco. Per quella visione mi sentii venir meno (il solito colpo di fulmine), mi tremarono le gambe, mi trovai in ginocchio senza saper come roteando gli occhi vidi girare tutto intorno a mepoi pi nullaNon so dopo quando tempo mi svegliaie mi trovai disteso su un tavolo di marmo, proprio su quello che sezionano i cadaveri per fare lautopsia. Attorno a me vi erano corone di fiori (che allegria) e odor di crisantemi marci credetti di essere allaldil, ma riconoscendo il custode del cimitero e un paio di becchini con il medico del paese mi convinsi che ero ancora sulla terra. Vidi anche quella bella figura di donna vestita di nero che avevo notato prima e ci mi consol. Il medico spieg: Lei svenuto e i becchini lhanno portata qui, nella camera mortuaria non sapendo dove portarla per visitarla comodamente. Ma ora abbiamo di meglio da fare, la lasciamo in compagnia della signorina Funebrinapotreste fare la strada insieme sino al paese se vi garba. Mi alzai un poco impacciato e, con una certa dignit goffa mi presentai: permette?, Funesto Pietro. Camposanto Funebrina rispose rispose lei. Fu cos che per la prima volta le strinsi la mano mentre il cuore mi batteva forte, i cui battiti sembravano i rintocchi dellorologio della torre del mio paese. Il luogo era adatto per morire damore e il panorama non era certo allegro. Insieme a Lei quel luogo tetro mi sembr bellissimo e per la prima volta la baciai fissandola negli occhi, e Lei, credendo che stessi per svenire di nuovo, mi trattenne e ci adagiammo su dei cuscini di crisantemi: amandoci con trasporto (non funebre), teneramente, tra l'odore dei fiori del cimitero. Un letto con materassi di piume di canarino sarebbe stato meno sofficeche delizia ragazzi! Che ricordo! Ora, dopo cinque anni, il nostro bambino (frutto di quellamore) ha sempre la tendenza di andare verso il cimiterodiventer tradizione di famiglia? chiss!non si sa mai. Pioltello 11 Marzo 1980

IL CHIODO (La scommessa) Di Calogero Di Giuseppe In un paesino sperduto, situato sulle faldedi una montagna dove per la giovent non esisteva nessun circolo sociale, n cinema n qualsiasi altro passatempo, (la televisione non cera ancora) ci si divertiva con degli scherzi, talora pesanti. Dapprima suscitavano allegria e poi, spesso, si tramutavano in vere e proprie tragedie. Fin da bambini si era impauriti per quanto si raccontava circa le cose strane che succedevano nel cimitero e, in special modo, nel castello medievale situato a circa un chilometro dal centro abitato. Naturalmente i fantasmi circolavano solo di notte e mai di giorno. Forse i fantasmi avevano paura ad andare di giorno tra i vivi come noi adolescenti avevamo paura di loro la notte. Se non era fredda laria, queste fesserie erano raccontate e ascoltate, con grande attenzione in gruppo, seduti per terra appoggiati ad un muro o seduti sui gradini davanti agli usci, che sono caratteristici nei paesini meridionali come Montemiele. Assieme alla paura regnava la spavalderia e con essa il desiderio, nellanimo di alcuni, di dimostrare di essere uomini senza paura, anche se nessuno superava i quindici anni. Naturalmente ognuno di noi aveva nome e cognome ma erano sprecati perch le ingiurie (soprannomi) avevano il sopravvento. Piscialetto raccont che nella cantina di sua zia ogni notte vi era un fantasma vestito da monaca che stillava vino dalle botti e glielo versava sulla tavola tramutandolo in acqua. Ogni mattino trovavano la tavola bagnata di acqua mentre il vino spariva gradatamente dalle botti. Dopo si saputo che il vino lo rubava la sorella che vendendolo comprava cosmetici e qualche paio di calze di seta. Lu Fimminaru (il donnaiolo) raccontava che di notte vedeva lu diavulu, il diavolo, e strillava cos forte che lo sentiva tutto il vicinato. Giurava e spergiurava che lo vedeva sul serio il diavolocol tridente in mano, la barbetta, le corna e i piedi di caprone. Il diavolo lo vedeva se era nel suo letto, o se doveva andare a lavorare, ma se era in giro per il paese sotto il balcone di qualche ragazza non lo vedeva pi. Da grande mi ha confidato che si era inventato tutto per vendicarsi dei genitori perch non gli davano soldi per sperperarli con gli amici o per qualche regalino destinato alle ragazze. Pino Mela suonava la chitarra ad orecchio (senza conoscere la musica) ed aveva una bella voce, per questo guadagnava qualche lira quando faceva le serenate sotto i balconi delle nostre ragazze. Quando morta la mia ragazza decisi scioccamente, dopo qualche giorno, di farle la serenata al cimitero e lo dissi a Pino Mela. Lui impallid per la paura ma non lo disse. Anche io avevo paura ma lamore che sentivo per quella ragazza era pi forte. Gli amici mi chiamavano lInnamorato per il temperamento romantico e sentimentale, facilmente individuabile in me, che mi distingueva dagli altri. Per avere pi coraggio abbiamo invitato Marsalaun ragazzo bassissimo: quasi nano, che beveva molto e aveva tanta forza quanta poca intelligenza, inzuppata nel marsala. Per ad ascoltare cera Volpe Rossa che si dava arie di chi non ha paura, in realt ne avevamo tutti. Non lo abbiamo invitato ma lui, il furbo, venne lo stesso, come il solito in modo originale: vendicandosi. Decidemmo di andare un bellissimo sabato notte, con le stelle nel cielo azzurrissimo e lo zefiro che alitava ricordandomi ancor pi il tempo passato insieme con lei. Insieme per modo di dire: Lei al balcone e io sottoguardandola innamoratissimo, pago di qualche parola, di qualche gesto. Verso le ventitr eravamo gi l: io, Marsala e Pino Mela, davanti allurna del mio amore dopo aver scavalcato il muro di cinta del cimitero.Lurna funeraria era solitaria su due
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pilastri ben distinta dalle altre tombe. Alle nostre spalle vi era una tomba gentilizia con i loculi bassi occupati, mentre quelli al disopra delle nostre teste erano vuoti. Pino Mela dopo un arpeggio con la chitarra inizia a cantare un motivo attribuito a Vincenzo Bellini: Finesta ca luciva e mo nun luce quando allimprovviso si sent un chiasso infernale provocato da latte, barattoli di ogni tipo (lo sapemmo poi) che anche il diavolo avrebbe avuto paura. In un batter docchio fummo aldil del muro di cinta e via a gambe levate verso il paese, che mai quel chilometro che lo separava dal cimitero era stato cos corto. Dopo lo spavento venne la febbre e, dopo le febbre venne la convalescenza, la ragione e la logica conclusione: dentro qualche loculo vuoto cera stato la Volpe Rossa. Lastuto era venuto a visitarci mentre eravamo a letto: ad uno ad uno. Noi dapprima non pensammo a lui ma poi abbiamo capito e decidemmo di vendicarci. Dopo diversi mesi facemmo cadere il discorso sul Castello delle dicerie, dei fantasmi e di tante e tante altre cose. Discutendoabbiamo messo in palio una somma per chi fosse stato capace, a mezzanotte, (n un minuto in pi n un minuto in meno) di piantare un chiodo sul portone di legno pi alto del Castello quello in cima alla rocca. La Volpe Rossa abbocc allamo e si offr per andare luiil primo dei furbi. Vi and una sera dinverno da solo. Per essere sicuri che Volpe Rossa piantasse veramente il chiodo nel portone, gli abbiamo dato un martello e un chiodo, di quelli che i maniscalchi usano per ferrare i cavalli, con dei segni fatti da ciascuno di noi per riconoscerlo dopo lestrazione del portone. Essendo quella sera molto fredda dopo averlo salutato andammo a letto. Il mattino dopo, quando i suoi familiari vennero da noi a cercare la Volpe Rossa, perch non era tornato a casa, siamo andati insieme con mezzo paese al Castello e lo abbiamo trovato morto di pauravicino al portone. Il chiodo Aveva la punta del suo mantello (a scapuccina) inchiodata al portone, proprio col nostro chiodoquello che gli avevamo dato noi. Gli occhi li aveva spalancati dalla paura: terrorizzato dagli immaginari fantasmi. Per un bel po di tempo a Montemiele e nei paesi del circondario non si parl daltro. Noi non dicemmo una sola parola della scommessa fatta con la Volpe Rossa ma la gente intu ugualmente quanto era accaduto. I vecchi del paese erano daccordo con i risultati dellinchiesta dei carabinieri e commentavano che nella fretta, la povera vittima, aveva fissato al portone col chiodo anche il mantello: credendo che qualche fantasma lo trattenesse per una falda dello stesso mor di paura. Pioltello 21 Gennaio 1980

TROPPI GIRI PER UN CADAVERE Di Calogero Di Giuseppe Come di consueto Giovanna La Bionda (detta anche lo Scoiattolo dei boschi) fece il solito giro, dove aveva spaccato legna per vedere se cerano arnesi rimasti da qualche parte. Cera unascia vicino ad un tronco di pino tagliato poco prima, la raccolse e la mise assieme alla sega meccanica, alla scure piccola e a tutta laltra attrezzaturaprese un fascio di rami secchi e glielo mise sopra nascondendo tutto, assicurandosi che nessuno la vedesse. Faceva ci per non portare lattrezzatura avanti e indietro affaticandosi inutilmente. Poi, fece quello che doveva fare dietro ad un cespuglio, si alz, si rassett bene il vestito, una lisciatina ai capelli, si tir su i calzettoni di lana, fece un fischio per richiamare un altro boscaiolo e si avvi verso la strada carrabile per incontrarsi col suo anziano collega. Giunta al muretto della strada si sedette e aspettnon venne nessuno. Impensierita and a cercarlo e lo trov morente sotto un pino abbattuto da lui stesso. Aveva la testa tra un sasso e il tronco dellalberorespirava appena. Lo Scoiattolo dei boschi rimase un attimo stupita poi con la forza dei suoi ventanni, e i muscoli di un sollevatore di pesi, senza fatica sollev il tronco e liber il suo compagno di lavorose lo caric sulle spalle e si avvi verso la strada sperando che qualcuno la aiutasse a portarlo a casa in qualche modo. Per fortuna (si fa per dire) proprio mentre stava arrivando in strada, pass di l quel merlo di Gino Fischietto o meglio: el Ginet Sifulin, come al solito fischiettando, mentre guidava il suo furgone. Fischietto, lo sapevano tutti in paese, aveva un debole per lo Scoiattolo dei boschi e non gli parve vero di poterla aiutare. Adagiarono con cura il vecchio boscaiolo nel furgone ma si accorsero che le cautele erano inutili: il vecchio era morto. Fischietto sud freddo e cominci a balbettare non sapendo cosa fare. Lei, Giovanna, un po per la fatica, un po per laffetto al vecchio, un po per lemozione per la presenza di quel merlo di Fischietto (un poco lo amava anche lei), non sapendo fare altro svenne e al Merlo tocc adagiarla sul sedile con emozione e delicatezza. Si mise alla guida e si avvi verso il paese. E inutile dire che era preoccupatissimo. Come in coma si trov davanti ad un Bar Trattoria; a tre o quattrocento metri dal paese e non gli venne in mente altro rincuorarsi con un buon bicchiere di grappa. Ferm il mezzo, scese e invit Giovanna (ancora mezza intontita) che accett per rimettersi in forze. Appena usciti non trovarono pi traccia del furgone. Si misero le mani ai capelli per la disperazione: Mamma miae cosa facciamo adesso?- disse Fischietto- E il morto?- fece eco Giovanna. - Stai tranquilla perch non si far male- fece il Merlo. - Prendi quella moto- disse Giovanna. - Ma non mia- fece lui. - Non fa nienteprendila - disse lei. Cavalcarono la moto e si misero alla ricerca del morto col furgone, anzidel furgone col morto dentro insomma di tutti e due. Giovanna pensava al morto e il Merlo, anche se fischiettando, pensava al furgone e a quando gli era costato. - Ma ti pare il caso di fischiettare? - Hai ragione- meglio smettere- rispose il Merlo- e continu a fischiare. Il furgone lo avevano rubato due ladri di pellicce, i quali si avviarono verso il magazzino della ditta SCACCIAFREDDO situata in VIA NON CE N. 81 a RIDINPOPOLI. I due furfanti parcheggiarono il furgone col morto, ignari del contenuto e dopo aver forzato la
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saracinesca si intrufolarono dentro per arraffare le pellicce. Dopo aver fatto man bassa uscirono e rimasero meravigliati: il furgone non cera pi. Vi era a Ridinpopoli una cricca di ragazzi denominata La Banda Del Macello perch tutti i venerd sera rubavano nelle macellerie della cittadina. Proprio quel venerd sera decisero di cambiare e andare a rubare al macello comunale per non farsi beccare dalla polizia che li aspettavano nelle altre macellerie. Per questo rubarono il furgone davanti alla pellicceria e andarono rubare al macello comunale. Ma quando il capo banda Giuseppe Testadura, con mezzo maiale sulle spalle apr lo sportello posteriore del furgone, per scaricare la carne, si trov il morto davanti: con un urlo animalesco cadde a terra privo di sensi col mezzo porco addosso. Ad uno ad uno i giovani ladri seguirono la stessa sorte del loro capo giacendo a terra svenuti e insanguinati. Qualcuno aveva sopra mezzo agnello, chi mezzo vitello e qualche atro mezza capra. La scena era ed indescrivibile. Tanta agitazione attorno a s, da vivo, il mite boscaiolo, non laveva mai vista. Il primo a rinvenire fu Giuseppe Testadura che senza aspettare i compagni se la squagli col furgone velocemente, senza neanche chiudere lo sportello posteriore che sbatteva ad ogni sterzata mentre il povero morto rotolava, a destra e a sinistra, urtando contro le sponde del mezzo di trasporto. Giovanna e il Merlo, sempre con la moto rubata, giravano per il paese. Giovanna non trovando il furgone pens di andarlo a cercare nella vicina Ridinpopoli e fu cos che ad un incrocio riconobbero il furgone e si misero ad inseguirlo. Testadura, vedendosi inseguito, pens bene di andare verso la campagna per non farsi prendere n dai due in moto n da eventuali pattuglie della polizia. - Accelera Merlo- disse Giovanna se no ci semina. Lascia fare a me un attimo e lo raggiungiamo. Invece di raggiungere il furgone, Fischietto, fece una una curva dritta e in men che non si dica si trovarono contro un albero. Lo so, per loro che di mestiere facevano i boscaioli non cera nulla di strano essere vicino % % Troppi giri per un cadavere. ad un albero, a parte il modo che lo raggiunsero. Quel furbo di Testadura si accorse dellincidente e fil via tranquillo. Giunto a quel famoso Bar Trattoria lasci l davanti furgone e cadavere per ristorarsi con un buon bicchierino. Mentre beveva consider che il cadavere sul furgone stava girando troppo e sper che almeno la tomba riuscisse a tenerlo fermo. Lo Scoiattolo e il Merlo, in altre parole Giovanna e Sifulin, spingendo la moto, giunsero anche loro al Bar Trattoria e si stropicciarono gli occhivedendo il furgoneincreduli guardarono dentro e videro il cadavere tale e quale, a parte qualche ammaccatura e relativi lividi. Si guardarono, si abbracciarono e guardarono di nuovo il morto e risero di gioia con le lagrime tra lo stupore dei presenti, che facevano capannello e non capivano perch erano cos contenti davanti al morto. Come potevano immaginare quanto era accaduto? Mesi dopo si ud in chiesa la voce del parroco dire: - Vuoi tu Giovanna La Bionda, detta Scoiattolo, prendere per tuo legittimo sposo, il qui presente Merlo Gino, detto el Sifulin? un filo di voce rispose.- Si lo voglio. Dopo circa un anno i merli di quel nido fischiarono contenti: ne era nato un altro. Pioltello 23/12/1980.

LONOREVOLE TAGLIA IL NASTRO. Di Calogero Di Giuseppe Lunica personalit di rilievo e della maggiore importanza nella regione era lui, limpeccabile elegantone onorevole Farfalla. In verit non si chiamava Farfalla ma Franco Burlone, nipote del pi celebre uomo della nazione: cio dellex Primo Ministro e dellattuale Ministro dellIngiustizia Carmelo Pentola, sposato a Maria Burlone, sorella del pap di Farfalla. Lo chiamavano Farfalla perch era molto abile nel passare da un partito allaltro, con la disinvoltura e la naturalezza che le farfalle hanno quando si posano da un fiore allaltro. Nel giro di pochi anni aveva cambiato quattro partiti e a sentirlo aveva le sue buone ragioni e il vero politico era solo lui. In ogni modo la maggiore personalit, il pi temuto e il pi ossequiato di tutti: Non si muove foglia che Farfalla non voglia era il motto. Per questo avevano invitato lui a presenziare la cerimonia della inaugurazione del Monumento ai caduti nella seconda guerra mondiale. La lapide per ricordare i caduti, gli eroi, era stata riscritta perch la prima dicitura era sbagliata; avevano scritto: AI CASCATI PER LA PATRIA IL COMUNE DI PILLOLA. Poi corretta con: AI CADUTI PER LA PATRIA IL COMUNE DI PILLOLA. Il monumento doveva essere inaugurato qualche anno primagli eventi storici e politici del microscopico comune non lo avevano consentito: Cos si era in pieno Lugliopochi giorni prima delle elezioni comunali, cio amministrative, quindi era necessario che il monumento fosse eretto prima per testimoniare lefficienza di quellamministrazione. Negli ultimi giorni i lavori furono accelerati in modo particolare ed il monumento fu eretto. Ed l insigne testimonianza. La piazza dove lopera darte fu istallata stata asfaltata e terminata il giorno prima dell'inaugurazione, nell'anno di grazia 1999 add 14 luglio per disgrazia ricevuta. L'indomani nella piazza, gli abiti estivi belli, eleganti e delicati vestivano bellissime donne: signore, signorine e vecchiotte, tutte calzavano eleganti scarpe col tacco a spillo perch di moda e, secondo loro abbellivano i loro piedini. fioriti cappellini ornavano bei visi rosei, paciocconi e felici, Anche la giovent maschile non era da meno e neanche il resto dei "tromboni" del paese sfigurava. Parl il sindaco con le spalle e il torace cinti della fascia tricolore; parl "l'opposizione"; ed in fine, dopo tanta attesa, parl l'onorevole Farfalla. Gli stava accanto, elegantissima, la moglie con un abito bianco e un grande cappello che superava le dimensioni di un normale sombrero e di un usuale ombrello femminile. La cerimonia iniziata alle dieci del mattino, si protrasse sino alle tredici sotto un sole infuocato. Fu un vero evento storico. Tutti ascoltavano a bocca aperta estasiati (anche perch respiravano meglio) l'onorevole Farfalla. Dopo che il nastro fu tagliato, e il monumento scoperto, fecero l'atto di andare a casa...ma invano perch i tacchi a spillo si erano affondati nell'asfalto e fu arduo spostarsi con facilit: tirando su un piede se ne affondava un altro. Le donne, prese dal panico, non trovarono di meglio che togliersi le
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scarpe ed avviarsi a casa scalze e con le scarpe in mano sporche di catrame, affondando i delicati piedini (calli a parte) nell'asfalto. Gli uomini avendo le suole larghe ebbero la meglio ma anche loro hanno avuto il suo bel da fare. I maschi presero i bimbi, donne e vecchi in braccio o sulle spalle cercando di "guadare" il lago di asfalto cocente per guadagnare il marciapiede. Il che equivaleva ad un vittoria: sembrava un esodo dopo una calamit terrestre. Chi era sul marciapiede dava l'impressione di chi assisteva ad un salvataggio in mare forza nove: le ingitazioni si sprecavano. L'onorevole (con la faccia tosta forza dieci) non seppe fare altro che prendersela , con grande filosofia, con le "eccessive condizioni atmosferiche imprevedibili e non dirottabili" da parte della ditta costruttrice. Fu per questo incidente asfaltato che nessun membro del partito dell'onorevole Farfalla fu eletto nel successivo consiglio comunale. Milano 9 Gennaio 1981

IL PRESEPIO VIVENTE (Terremoto in Irpinia) Favola di Calogero Di Giuseppe

Due bambini, un maschietto e una femminuccia, gironzolavano per le vie di un paesino del Sud, proprio nellIrpinia dove lo scorso anno vi stato un terremoto che tanto lutto ha seminato da quelle parti. Il maschietto, di nome Nicola, e la femminuccia di nome Bettina erano fratello e sorella e non avevano n padre n madre, perch deceduti entrambi sotto le macerie di quel terremoto Non avevano pi neanche la casa e nemmeno un parente per ospitarli. I servizi sociali non sapendo della loro esistenza logicamente non potevano aiutarli. Dopo aver vagato a lungo erano stanchi e decisero di dare unultima occhiata alle povere vetrine con dei giocattoli, per loro meravigliosi, e dopo trovarsi un rifugio dove passare la notte. La temperatura era gelidissimanon nevicava pile stelle, nel cielo blu, erano scintillanti e belle (per i bimbi fortunati ben vestiti e al calduccio) non si curavano certo delle creature che in terra soffrivano in quella notte, compleanno di Ges. Nicola e Bettina trovarono rifugio in una vecchia cantina ancora sotto le macerie con lingresso sbarrato dalle autorit comunali. Vi sono entrati da una fessura con grande agilit Nella cantina vi erano dei grossi scatoloni di cartoni e dei vecchi stracci con qualche vecchio giornale con i quali si approntarono un giaciglio. Segu un silenzio durante il quale pensarono gli anni scorsi assieme ai genitori sotto lalbero con i regali, povere cose ma per loro molto utili e importanti. Nicola si decise a parlare: - Si potrebbe fare un presepio ma non abbiamo statuine. - Io potrei fare la Madonnina- rispose Bettina. - Ed io san Giuseppe. - E lasinello? Eccolo lBettinae le indic un cane randagio appena entrato e che scodinzolava nella speranza di essere bene accolto. Daccordo- disse Bettina- e il bue? Questa volta fu il cane ad indicare chi doveva fare la parte del bue nel presepio vivente. Il cane abbaiando and ad annusare un gattone rosssiccio col pelo lungo. Contenti i due ragazzi fecero confidenza con i due animali e cercarono di insegnare loro a recitare la propria parte. La loro allegria si arrest di colpo: e Ges bambino chi lo fa? fece Bettina. Nicola non rispose, rimase triste e pensieroso La cattiveria degli adulti tanta e qualche volta li spinge a compiere atti disumani innaturali ad abbandonare in mezzo alla strada le proprie creature appena natetra mille e mille pericoli: vicino alla morte. Bettina e Nicola sentirono dei vagiti, uscirono fuori e videro un reale Ges bambino (era una femminuccia) infagottato in una coperta lisalo presero e lo depositarono in una scatola di cartone piena di carte appositamente tagliuzzate per rendere pi soffice lincredibile culla. Completarono il presepio e (a modo loro) affrontarono il grande mistero della vita volendosi bene, incominciando dagli orfanotrofi. Quel Ges bambino divenne loro fratello, anzi la loro sorella, e spart con loro gioie e dolori. (Da i racconti del Sud)

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Pioltello 23 Dicembre 1981 LARISTOCRAZIA DEL TUBO Di Calogero Di Giuseppe Appena finita la guerra il lavoro continu a mancare in paese e la giovent di Montemiele poteva sbizzarrire la propria fantasia come voleva: il tempo non gli mancava. I ragionamenti si sviluppavano logicamente e qualche volta, come si suol dire, non stavano n in cielo n in terra. Ogni discorso metteva tutti daccordo nel concludere che bisognava lavorare per vivere e che un Uomo senza lavoro non tale ma un essere inutile. I soldi mancavano del tutto, o quasi, e ogni azione condizionata del pensiero assillante della mancanza di danaro. Anche innamorarsi era proibito senza soldi: un uomo senza soldi e senza lavoro non pu comporsi una famiglia con moglie e figli e conquistarsi il relativo affetto. Gli animali di queste preoccupazioni non ne hanno, (almeno apparentemente) per vivere gli basta una tana saccoppiano e basta, senza pensare allaffitto n ai mobili n a qualsiasi altro arredamento. Queste ed altre erano le chiacchiere che si facevano in compagnia seduti sui gradini che portano agli usci delle caratteristiche case del paese. Il pi fornito di argomenti era Rinuccio, ladolescente sognatore e romantico che non vedeva lora di spiccare il volo e lasciare il bel suol natio. Bello s ma pieno di pregiudizi e di falsi valori ma soprattutto di povert, quando non era miseria. Emigrare era il desiderio di tutti. Ma anche la tortura delle mamme, specialmente per quelle che i loro figli andavano in America o in Australia. In certi casi significava separarsi per sempre. Tra i valori da conservare i genitori raccomandavano lonest e la fierezza di una povert dignitosa, scevra dalle sottigliezze machiavelliche rifiutate per principio. I discorsi seri erano interrotti quando passava qualche ragazza che timidamente, vedendosi osservata, faceva finta di niente dandosi un portamento dignitoso, contenta in cuor suo di essere osservata. I pochi giovanotti fortunati che lavoravano dopo il lavoro cenavano in fretta e raggiungevano gli amici per la solita passeggiata che, spesso, si prolungava sino alla Madonna Del Riparo, lontana circa un chilometro dal centro del paese. Quando s'incontravano delle ragazze gli occhi brillavano di desiderio e di ammirazione insieme, sognando l'amore, non ancora offuscato dalla propaganda volgare erotico sessuale. un solo bacio, uno sguardo, un sorriso e rinuccio si sentiva felicee non era il solo: anche i coetanei sotto sotto erano dei romantici, un romanticismo nascosto dietro la spavalderia dell'adolescenza.

Vi erano dei gradini, davanti ad un negozio di via Palermo, che quei ragazzi preferivano pi degli altri, per questo si amareggiarono quando li trovarono bagnati e sulla vetrina scritto a chiare lettere: VIETATO SEDERSI SUI GRADINI. Il significato era chiaro: se i giovanotti stavano l seduti a chiacchierare le donne non si fermavano a vedere la merce in vetrina n natomeno si fermavano per comperare. Fu per questo che si radunarono davanti al "Circolo dei Civili" (chiamato anche dei galantuomini) proprio nello spiazzo dell'entrata principale. Questo locale titolato ad un famoso letterato del paese era il ritrovo della "aristocrazia cittadina"secondo alcuni, per altri invece non era altro che il raduno dei presuntuosi. Gli associati erano di vario ceto sociale, quali nobili blasonati, dottori medici, possidenti e nullafacenti, avvocati, avvocaticcchi,qualche impiegato e altri professionisti quali geometra, chiamati ingegneri, e qualche insegnante chiamato professore. La gente che apparteneva ad altri ceti aveva denominato quel ritrovo, ironicamente, IL CIRCOLO DEI CIVILI. Per rilevare che non aveva l'aria di esserlo e che la maggior parte dei "galantuomini" sono tra la gente pi umile. L'adunata dei disoccupati ormai era sempre l d'inverno, (dopo il famoso il famoso divieto di sedersi sui gradini del negozio di via Palermo) sullo spiazzo del Circolo Dei Galantuomini: l faccia al sole si discute meglio. Questo spiazzo permette ai privilegiati soci di sedersi, d'estate, davanti all'ingresso del Circolo (locale a piano terra del vecchio palazzo Trabia) per pavoneggiarsi e chiacchierare del pi e del meno, mentre il "popolo" stava in piede sulla piazza antistante. E' inutile affermare che un buon osservatore notava subito l'ironia del contrasto delle posizioni: distinte per ceto e per pregiudizio. I giovani pensavano ad altropensavano sempre al lavoro che mancava e che proprio quelli del Circolo ne erano la causa indiretta: per il loro egoismo, per la loro ignoranza o per la loro incapacit non investivano i soldi in attivit produttive. Un giorno (storico per il paese) i cervelloni del direttivo del circolo si unirono e deliberarono di istallare una ringhiera di ferro battuto intorno allo spiazzo, davanti al Circolo, alta pi di un uomo in modo tale che quei perdigiorno di ragazzi non poterono pi starvi su a parlare. I ragazzi pensarono bene di appoggiarsi alla ringhiera e continuare i loro discorsi facendoli sentire con il loro disprezzo anche ai Cervelloni. Per non venire meno alla tradizione ironica del paese, la gente, soprannomin quello spiazzo recintato (con tutta llite dentro) LA PARA DI LI PUARCIun nomignolo che tutto un poemacio lovile dei porci, in altre parole il porcile. Naturalmente con alcune eccezioni. Il tempo passa; gli iscritti a quel circolo anche: la vecchia nobilt del paese non pu pagare le spese e non guarda pi per il sottile, accetta persone che prima non avrebbe accettato. La ringhiera, per, sempre l a dimostrare e a ricordare LARISTOCRAZIA DEL TUBO. Pioltello 5 Giugno 1981

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BULLONCINO Io e Bulloncino siamo traduttori simultanei del satellite Medio-Quattro situato tra la Terra e Marte. Come il nostro satellite ve ne sono altri tre nella stessa linea. Medio-Quattro il pi vicino alla Terra. Siamo due impiegatucci; niente di speciale. Lavoriamo assieme da sei anni, cio dal 2126. Lui pi vecchio di me di quindici anni. Lo chiamiamo Bulloncino perch ha la testa esagonale e le gambe tutte e due rimesse a nuovo. E' un ammasso di viti e bulloni. Come minimo va in "manutenzione" due o tre volte al mese per farsi cambiare qualche pezzo. In laboratorio si ride spesso di lui. Del resto anch'egli sta al gioco. L'ha raccontata lui stesso la storiella che gli capitata durante il fidanzamento con la moglie. Si trovava seduto su una panchina ad aspettarla, quando l'ha vista lontano si alzato per correrle incontro, nello slancio, per via dei bulloni lenti alle ginocchia, si afflosciato per terra. Cos Rontella ( questo il nome della moglie ) lo trova per terra come un burattino buttato l dopo lo spettacolo. Rontella, tutta premurosa , lo solleva e gli stringe i bulloni come fa un pittore col cavalletto dopo sistemata la tela. Noi, colleghi di lavoro, per le risate siamo state un bel poco a lacrimare e a trattenere la pancia con le mani per paura che scoppiasse. Ma Bulloncino ha sempre la battuta pronta: "La mia fata vera non come quella di Pinocchio". Bulloncino abbastanza colto. A noi piace stuzzicarlo, sa essere un bravo narratore. Ci racconta dei suoi viaggi sulla terra ( sempre per lo stesso vizio) e delle meraviglie che ha visto. Tutto che a noi hanno insegnato i cervelli elettronici e che riguarda la terra ce lo spiega a voce (1) con un calore quasi umano del ventesimo secolo. Dice di aver visto i famosi stadi dove migliaia di persone si lasciavano prendere in giro da una "piccola sfera" e che spesso morivano d'infarto se le cose non andavano secondi i propri desideri. Ma la cosa pi buffa che ventidue persone in mutande correvano dietro a quella sfera come matti e che uno col fischietto voleva fermarli. Ha persino visto tanti famosi campi di battaglia dove gli uomini, da veri e propri cretini, si facevano la guerra. Ma per fortuna noi figli della tecnica abbiamo riparato e viviamo si sincronizzati ma anche in pace.

Lo ha sorpreso di pi l'ospedale in cui stato fatto il primo trapianto meccanico e che ora una delle pi potenti fabbriche esistenti di pezzi di ricambio per uomo con assistenza completa. Ma ci pensate - ci dice meravigliato - come sarei io ( e l tutti a ridere) senza quel primo trapianto? - Si pi leggero2 - rispondiamo in coro. Certo a quei tempi dovevano soffrire molto poverini proprio molto. con tutte le malattie che pativano. E s, noi siamo fortunati, ma tanto fortunati. Fino agli ultimi decenni del ventesimo secolo avevano bisogno di dormire gli esseri viventi, ora gente come noi pu non farlo. E con poca spesa possiamo anche cambiare il cuore. A questo punto ci racconta come ha fatto innamorare di s una famosa attrice di prosa. Mi trovavo per caso nel magazzino-scorta, da dove mi avevano chiamato urgentemente per tradurre i dati dell'inventario in vari codici. Come per magia apparve Viterella, la famosissima diva, la divina come avrebbero detto nel millenovecento. Mi chiese ( vi ero solo io dietro il banco): " per favore vorrei cambiare un rene e possibilmente anche il cuore". Subito signorina, abbiamo due tipi di rene. Uno con filtro automatico d'alluminio e l'altro d'oro bianco con dieci per cento di uno speciale assorbente che permette una precisa filtrazione degli umori. Di cuore ne abbiamo una vasta gamma. abbiamo persino dei cuori surgelati di due secoli fa, i quali sono riattivati dopo l'installazione con una frequenza di impulsi che via via danno al cuore la sua naturale funzione. . Per rischia di innamorarsi ed facile che ci avvenga con la prima persona che vede. Credo che per una attrice sia il peggio che le possa capitare. "Sono stufa di avere cuori di alluminio, di acciaio.. e poi quando recito quel ticchettio metallico mi da fastidio, voglio il cuore ibernato". "Come desidera signorina em". "Viterella". "Certo certo signorina Vitella oh scusi Viterella". Naturalmente Bulloncino non si spost di un dito dal capezzale di Viterella durante le operazioni del rene e del cuore. Quando Viterella si svegli si trov quell' "esemplare" bullonato e gli butt le braccia al collo accarezzandolo dove c'era carne e tamburellandolo con le dita deve questa era sostituita con pezzi di lamiera. Le recite della diva non piacevano pi come prima e il pubblico ha individuato in Bulloncino il "marchio" della truffa. Una sera vedendolo uscire dal teatro assieme a lei lo svitarono tutto come tanti meccanici impazziti lasciandolo con la maggior parte del corpo appoggiato al muro e gli altri pezzi sparsi sul marciascarpe mentre lei, affranta dal dispiacere, andava di qua e di l raccogliendo i pezzi per il pi grande amore della sua vita. Con molto orgoglio ci racconta: Io, dico io, ho visto Roma la pi celebre citt del mondo terrestre. Ho visto l'unico albero che rimasto in una grande metropoli. E poi ho visto una grande estensione di acqua scura, un tempo azzurra come il cielo3. Ma oramai, cari amici, ha perso la bellezza di una volta. Non specchia pi i colori del cielo e da fastidio agli occhi e al cuore. 1. Bulloncino e i suoi colleghi sono abituati a comunicare fra loro con mezzi meccanici. 2. Pi leggero perch con meno metalli addosso. 3. Azzurra come il cielo perch all'altezza dove sono loro non stato ancora inquinato.

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Pioltello 1972

LA DISGRAZIA IN BOCCA Di Calogero Di Giuseppe Appoggiato alla porta del compartimento, senza potersi muovere, Lillo Berrettone, pensava alla moglie Pippina e ai bambiniNinuzza e Mario. Nudi come lucertole li vedeva giocare al sole in quella viuzza acciottolata. Di solito, incuranti del caldo e della polvere, stavano seduti per terra da solicome lebbrosi nessuno voleva giocare con loro, figli del pi povero del paese. La moglie, Pippina la criata (la cameriera tuttofare) si dava da fare facendo i servizi pi umili purch riuscissero a mangiare i figli, che per poco non provavano la fame. Berrettone, pur guardando dal finestrino, non vedeva gli alberi nelle campagne e i paesi che correvano veloci e che il treno si lasciava dietro. Lui sognava ad occhi aperti le cose appena lasciate: Pippina giovane e bella ma con i vestiti smessi della padrona scoloriti dal tempo e dal sole. E sognava anche i bambini, che sono il suo unico orgoglio, lo fanno sentire cristianu (Uomo) come gli altri: i ricchi del suo paese non possono dire adesso faccio un figlio pi bello di quelli di Lillo Berrettonee nemmeno la padrona pu dire faccio una bambina come quella di Pippina la mia cameriera. Tutte queste cose pensava Berrettone e non sentiva nemmeno la puzza di sudore, su quel treno del sud zeppo di persone e stipato di bagagli, sacchi e pacchettini. Giungere sino al cesso era impossibile, anzi qualcuno asseriva che il gabinetto era pieno di valige. Sceso dal treno Berrettone si sent addosso laria appiccicaticcia come colla e decise subito di cambiarsi. Non guard le colossali navate con pilastri e volte in ferro, si chiuse dentro un gabinetto, si lav, si cambi canottiera e mutande gi lavate dalla moglie alla fontana comunale: risuscit. Era lanno del boom economico 1960. Presto trov lavoro e alloggio, ospite di un amico, nelle case popolari, in via Pascarella n.20 a Quarto Oggiarotra tanti e tanti immigrati provenienti da tutte le parti dItalia e oltre. Era una Piccola Babele la famosa periferia di Milano. Era un quartiere a perdere allora Nonostante la brava gente del luogo, linserimento sociale era difficile occorreva pazienza e spirito di sacrificio. E tanta, tanta buona volont. Dalla periferia, quando era possibile, andava a piedi sino al posto di lavoro per risparmiare. Faceva molto straordinario finch, dopo tanti sacrifici, mise da parte trecentomila lire. Pens di dare la caparra e in pi lanticipo di tre mesi daffitto, per un locale pi servizi, ma non lo trovava., poi, con l'aiuto del capo cantiere ne trov uno e il padrone gli fiss lappuntamento per lindomani sera per stipulare il contratto daffitto. Felice and a letto a fantasticare: vedeva gi sua moglie, la splendida Pippina (esempio del fascino terrone) con un bel vestito e i bambini lindi e allegri, anche loro col primo vestito nuovo. Qua a Milano nessuno gli diceva Berrettone con scherno e non sembrava pi uno spaventa passeri con gli abiti da Arlecchino e con quel maledetto cappellaccio, che aveva bruciato e che prima gli aveva fatto affibbiare quel soprannome buffo di Berrettone.

A Milano si era migliorato: usava una bustina di carta (tipo bustina militare in uso nel vecchio esercito) strappata a qualche sacco di cemento. Cont di nuovo le trecentomila lire e si addorment. Lindomani si svegli con un gran mal di denti e una mascella gonfia. Invece di andare a lavorare fu costretto ad andare dal dentista il quale, dopo avergli visitato la bocca disse: Bisogna pulire tutto e tirar via i denti guasti, prima che la carie roda gli altri e, poi, sostituirli se vuoi. E maquanto mi viene a costare? Compresa la visita di oggi trecentomilalire Berrettone sud freddo e pensando alla frase detta prima dal professionista disse a fil di voce: bisogna proprio pulire tutto e pens al suo portafogli e a tutto il resto per ricominciare a soffrire avendo in mente la sua famiglia e la disgrazia in bocca. Pioltello 1979

D IE OD S S A IV T I O T C lo e oD G s p e a g r i iu e p Q a d il m a ic to uno io m o rn d fa us r a ( i ri u d tu d fa il m re i re ilita ) a c sa tro la situ z n fa ilia u u le a q e d p a T tto a v a io e m re g a u lla i rim . u g se b d e o I d b li m r iv rs . e iti c n u m n a z d la o la o tin a a c n a i v ro le e z d u a d n a d a a e d e e a a . L sig n a i n o n a m re i ss re m to a c n p v le z d n np te s o re p r m n a z d so i, s v o sa e o z a i o o rsi p sa , e a c n a i ld e e n e lo c s n , e ta te a e ra c a io e n ltre c s e n p b m m lto se o e ra o ro le i o ri, a c e s c m n T tte q e nh e o u i. u u ste d o iffic lt g se b ro o li m ra n in u e b D c d e ig re d a d re a M n o e tro s p ra ili. e ise i m ra i n a ila o v v la o e e e re . v ro b n sse A p n e b q a h lira d c e d re d re la p te te p r p e a b e u lc e e is i p n e a n e la to o ile As m a p te te Bp r la to p s q e Ap r u m b . s ie e lla a n e u re e u lla e la v : q a d c n b e il se n le d D IE O D S S A si ita u n o o o b ga i IV T I OT a c rsec en nloris e v u si n ssu o C m n nris e v co h o p tta a q a e n . o e o p tta a q a n ss n le le g d lloS to C m n nrisp tta q a i n ss n u si e u o gi e ta . o e o e us e uo le le g d D a lu ta to c re q e d lla n tu e c e c A c e g i i io i n a , u lle e a ra c . c . n h se lu a p rte e a a u si c m m , d e ta a p r le g i p a n v l q a , o e e iv n v e g e n tu le in q a to U m , (C in e A e in ie e il q a i d l a ra , un o o a o b le s m ) us e q a C stre , s o m lg d , a tra ire se ste e i su i p c i. u si. o tto u a ra o d sso o rin ip Q e m c n u g rn il m a ic . u sto i o fid n io o io m o P r n i lA ic ia il p b l se tim n d l m n o p rc e o m iz i e n e to e o d e h a c e a o , p r q e c d e c rc d c p tu q e c e m n h m re e u sto re o e o i a ire tto u llo h i ra c n D o o v ro K l G n Io m se to ig o n in c o ta in , v e a s h ro . i n n ra te c n n a lu E p re e tra b a b m fre u n to g o fro to i. p u n m i b ia o q e ta li e m n ri in m le u ic e sc o c e a b m fa . L i p n a le e ta sie i, n h u le h b ia o tto u e s tro p . Ose a stu ia e c n e tu . F d lla o sc n a p o s rv , d o sid ra tto in a d le e z p n v a m rte n l se s c e E e sa a lla o e n o h ssa liv lla a tu . D e e v tto ic sp s : e so in fin d i c n n h i ric h h n u u ta u d ste e o ti a c i ci an b lo a ssa ra n za . n iz O v ro a c ei ric h h n olab rad llaste m ra ve : nh ci an a e ssa isu . F lio d p ra D o n c u u p io d a n p a d lla se o d ig o e i, in , a q e n a i n i rim a cna g e m n ia , p a d e ig re h se p a u p b m d u rra o d le rim i m ra a m re v to ro le i i d n ro p r m n a z d la o . G a t d u d i a n la o v e a e a c n a i v ro i lle i n ic n i v ra a c m a p n ista n tu lm n g tis, e im a re il m stie o e p re d , a ra e te ra p r p ra e re . N n s n la p v rt a b m a u u in n ia m lto fe e o o ta te oe b ia o v to n fa z o lic . O g c stu ia o n n sta te le e n a d lla v , c e a u i g i i p m, o o n sp rie z e ita h lc n

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b m in ra a z a o sc n e g v n n n s n fe ip u a b i, g z i, d le e ti io a i o o o lic e p re h n o d tu d p , an i tto i i c m c ric rd Mm aR i. o e i o a a m a S b il m a ic si re c n c e lu ic c s iu e , e u ito io m o se o to h n a o a g sta ra , sa la m rte r o . Io p n o e c e o c e la G stizia n n e iste su es rd h iu o s q e te a u sta rr d e lu In tti, le p rs n a u n nfa n a c e ic i. fa e o e d lte o n o ltro h la e ta i: q e ru a la sc n a il lim d l te n . Q e m n rs u llo b , ltro o fin ite e rre o u llo p rd u a c u p r a e d ra io e U a e e n a sa u v n o g n . n ltro a c ra su isc to no b e rti p rc d b le o p rc n n h s ld p r la v c to I n stri e h eo e h o a o i e voa . o g n ri n n c sa e a o sp g re lin iu tiz d lla g e e e ito o i p v n ie a g s ia e u rra n a c e q e in tu la T rra E c i p fa ? a a ti a n i e n h u lla tta e . h u rlo D v n o ra a z i s p rla a a d g z in i a v d irittu d m fia (m ro n l m ro d lla ra i a iste e iste e v , p r n i) e d p litic q a fo se la ste c s c n o ita e o i o i u si s ro ssa o a fa e d n m e c g o i, c m se la g n a fo se u a c s o i onm o e rro a z s n oa n c ss ria e te n rm le I n stri g n ri c d e a oc p r u o e e a mn o a . o e ito i ic v n i e n sc p b n p c o s re lo ta o d e g n P r a rirc g o o e re is : ta n n a c rta e te . e p i li o c i fa i c p g sv lg e ti d lla v . c h e rc a ire li o im n e ita 1 L b m e c d v n d l c lo a g p o e q a h a re d e o b a e a o a ie ra p li u lc e e o i ric g iz n o n ta to s ra a i c m n li d l p e e o n io e g i n fio v o ig o e as. L pe a p tito e u v c b lo in d s d n i: si p rla a s lo d ra n o a o isu o a o a v o i fa e L fa e q a d n n e p re n si d g e a in d iu o m . a m u n o o ra e n e istin u v ig n se le m ttu o o sa d a z u rn (m z o io o P r e ra , a tin lto i m z ia a u e z g rn ). e ra p rm sso d m n ia in q a ia i m m n : S q e to p n e e i a g re u ls s o e to u u s u to a e a o to le lib rt v v m ta e , m c ia ie c n n s p tiv tr v ri a in h ta ra a u i u a u a nn d m e ti i ittiri n mc a . uc Il p b m e c e n n si p te a ro le a ra h o o v tro a n n d m tte inb c a v re ie te a e re oc. Q a d fin la g e , e fe b e te c m c la ric stru io e d l uno u rra b rilm n o in i o z n e P e , la c la io e il p n o e la c n c m c ro o a a e u a se o z n, ra z e a o in ia n d v re n ritm q a re o re C s c n la d re d l te p , se z fre , si o u si g la . o o n a e m o n a tta c m c a fa ta a d m re d c m d u u p lo ta a d o in i n stic re i e n a o e i n to ia n n a a v n . O g i b m in h n o la p p s n a o a p g io v e ire g i a b i a n ro ria ta z , , lla e g , c n iv c n i p p fra lli, (n i, u a s la o d e p r tu e p r o d isa o ro ri te o n o u e tti e tu ) m se p p n d g c tto c sto iss i b lo c i, sp ss tto a m re ie a i io a li, o s im a c h e o in tili e d e u a i. E n n s lta to q e s ili a a i o a u is d c tiv o o n u lli im lle rm ltre c se istig n a v le z . A n i b sta a p c issim : q a h o a ti lla io n a o a v oh o u lc e p z o d le n o d ta o . C c i d p stre d m io a p z i d e z i g o i v la o c i ia lle i a lic , e z i c ra c a e c e c e la c , c . c . S p ttu c p c v la illa d n i a b n a te C n e a o ra tto i ia e a rg a o b o d n . o ss fa b a a o te o e m tto i p r le iliz . L c ta si p s a a b ric v n g le a n e d ia a re la m v fa ilm n e si p te a fa d tu . E v m c p c d fa c e te o v re i tto ra a o a a i i re b lliss e sta e ra p se ta ti p rs n o c se m so ra tto e im tu tte p re n n e o e o a p ttu a im li. L m c h e i c v lli e n q e c e c riu c a o n a e uc e aa ra o u lle h i s iv n m g . I c n e n i p fa ili e i p ric rc ti d g a b m in e lio a i ra o i c i e a a li ltri a b i. C m d e a D o te c v li (te c v o ). C m sp ss o e ic v in sta i o sta i u le o e e o a c d c i h la te ta n n h i so i e c i h q e n n h la te . cae h a s o a ld h a u sti o a sta Q a h te p p a a ti, il m c ro a ic fe e u a o e u lc e m o i v n io a m o c n sc p rta c e q e d C lo b in c n n d e t u a b rz lle . D o h u lla i o m o o fro to iv n n a e tta in v n e a c n s e z c e s e , a c e i ric h a n u S li n en o o c n a h , p sso n h c i hnu a te , h n o il s le n lla z c a q in i so o a v n g ia e n n d sta a n a e u c , u d n v a ta g ti, o i p c In p ro p v re e p r d in b v , c p m d e re oo a le o e e irla re e a im o i sse u m li sc c h : v ri e p p a in fig ti p r la o re Iro ia ca u e c i e ro ri s i lia e v ra . n d lla s rte c to c v so e o , i c a a ffrire p rc il la o n n lo tro a a o e h v ro o v v m. P fo n ti d c s n n s p n s e . L d o c p z n si i rtu a i o o i u a c re a is c u a io e p te a m u re fa e d il g d lle p z e d l p e . In b s a o v is ra c n o iro e ia z e a se a e lle c p o s d te s lle p n h e e i d b a c m la d i b tte a s o p le e u u a c in e iti c u u ti a o g i i p te ad d rrelaS A IS IC o c p z n le o v eu T T T A c u a io a .

M to lim u a c rio it g c ie c i m c ia v o d a g i n u s , li h si, h in h u l ire sta tistic ? a O telos ie o N l n s op e sia od io m a ita ti ra p g . e o tr a se m ic tto ila b n c n v n m c lla O n n v n e v n a im li il m se m c h , o e ti a e i. g u o e d e ti n a e , uc e c p e g llin , g lli, ta c in m ia p r e i d d , c n li ar, a e a c h i, a li, o c llin In ia o ig e c Vn p r m fa v n ila il m se d id n o p r d io c . e ti e ille e tim e iv e d li e ic tto m a ita ti ris lta c e o n a ita te d l n s o p e si m n ia ila b n u h g i b n e o tr a se ag u a im lee c n u d i m s i d c rn m n e te n n a e to n ic ille im i a e e silm n . M sea c sam lac rn d l m c lla u s g o a a ia a e e a e io n o n ? A p n o il p llo e q a h c n lio li m n ia q a d p u to v i o , u lc e o ig a g te u n o c so o G a i n , li ltri, in te r in h tto o p d u a im le d c rn o ia g io n i i n n a i a e m c lla a lo o p c r .. M n n fin q i: a a u i to c la a e ta r ia e e a o ita u d lc n c a q a tit d u o o d e b o a a q e d l c p e e a a un i n u u i, d ltri u lla e a r tto d d ltri a c raq e d l p llood l u in e c s v h r ? n o u lla e o e p lc o o ia C ia o 2 S lod i tu m am g late ta D o n nc p c n n . e ic a e ira s in : o a is o ie te D o c e e il e s to tra n i, s ra in h ra p n a re o i ttrist d e n b io in , iv n e u v lto e c m il s lito d v tu le c lp a m fia a m la v o o e o a a tte o e lla a , lla a ita in g n re a g n g , a q e d l irc lo d i g la tu m i o e e , lla e ta lia u lli e c o e a n o in p s n n b c e a e a o ta to d n ro e n n fa e a o n lla p r re u ti o ili h v v n n a a o cvn u e a v re le o o ia N n in e tiv n i lo so i in fa b h o v ia c nm . o vs a o ro ld b ric e a : n n a v v n p r n lla il c m e io c m l n rd . C l ltro o v ia a o e u o m rc o e a o o se n d p i, d d lti p n n o a ra io a e ti d q e n o i o a a u , e sa d i g n m n i u l fa c llo rim n o p s o b s la d p a c m fa e a a n iu a g i c m u so to i rim : o e c v c p c se si ta te in a u lia e a c ie e i tu q e m d a ire o n g rb g te h d rs tta u lla iria e d p rc v ro m ro d lla v ? L g e a q a ia i c sa sc i e h e iste e ita e g v u ls s o ritta su u p z od c rta T ttoloin re sa a P r q e c riu iv . n ez i a . u te s v . e u sto i sc a Ao a n c m c a s d re m sic p r d e ta a n tto n i o in i tu ia u a e iv n re b n istra , o ssia c m o e te d l c rp m s a d l p e . V riu a d c o p n n e o o u ic le e a se i sc ie i a n e e il p p c lo d i se n e m n c e lo c stitu a o n i d ra i ic o e ssa ta le e ti h o iv n . S g a a d d e ta c m o ito c m Vrd B llin D n e o n v i iv n re o p s re o e e i, e i, o iz tti, Ms a n e c M d v tte fa i c n c nlam ria d llafa ig . ac g i c . a o e re o ti o ise e m lia A s n h n o p tu c m ra u flic rn c n lto in m te to a n o to o p re n o o o tra i b m lle d s c n a m n e m la d to Il c n rv to e u a e o i eod ao a na . o se a rio ra n c im ra N tu lm n la p ssio e p r la m sic g rim se P g h e . a ra e te a n e u a li a . ie v rs la m sic le g ra e sc se q a h c n o e p ro e m sic , e o u a ge ris u lc e a z n , a le u a m se z o c sio i p r a e s c e so S d m s a n s p v p c a n a c a n e v r u c s . e i u ic e a e a o o d p ro n d e a ta te m ta te E u c ia c ie n . U i a le e ic v n a n . ra n h c h ro e n p c v lec ia c ie n p i d e u q a i ta itu o ia e o h c h ro e o iv n to u s c rn . L tto (in se u , c n listru io e d a to id tta se p o sfo rio g ito o z n a u d a , pe c e s c ia a sa , iro ia o sa a o ) e il su fo . Q a h h i h m tira n rc sm , ra o rte u lc e v lta risc i la rissa p rc liro ia n n e o h , e h n o ra a c tta c e ta d llin rlo u re C s d l g n re su c d n a c ra o g tu i a te c to . o e e e e c e o o n o g i tti g rn e n ns lotra s m lic c d i, m a c e tra c lo c e c io i o o e p i itta in a n h o ro h i g v rn n . O n ta to s a p n e c e q a h p rla e ta rid , o e a o g i n i p re d h u lc e a m n re e q a d la s tira riv lta a li a m d n n ia la to , q a d la uno a o g ltri, a e u c u re u n o sfe a riv lta a lu c n u a sc sa m g ific : rz ta o i o n u an a c u a v ta p r lo s r e u v in b n fic n , (su o d l a s in e ffe a ic v ta a e e e za a e pr ? . a tito ) U c p la o d ip c n a o v ro i o risia . N n sta m i s p rb K lo (D o n in id s , a z u ile o to a u e o a s, in ), e v io o n im a p n g s . C rc v se p d e u re(n nim re q e c e l u to iu to e a a m re i m la o ita ) u lli h lasa e a op lu g d lu p v n i n a i i. F q e ta a o a ic c e a a a o sc e a e sfo re c m n i. re u n v m m i h m v n h rz re tte o e o Mi c n c ttiv ria s lo p r il g sto d lla b ttu . P lita ra a o a e : o e u e a ta u , rissim e v lte v lg re S m re p r d e e to p r p ss te p . N n c o o a . e p e iv rtim n e a a m o o i
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Il ric v to d lla aa e

rite e a o in llig n m n a c e c tin G d a o s e te n v m te e ti a e n h re i. ia a d le c n D o d e n u b v in g to d p tre p i m ra re Io in iv n e n ra o ta lia re i ie , o u to . e n o u c n d o q a d p te o g fa e o d m n v le e sse d n o ta in u n o o v li c v a a o a d e v m fe i in m . G sc e i, le b rz lle , le m ra h lle e ra a o lic sie e li h rz a e tte a ce la v g d s p v iv re c h n o fa d e tic re le u ilia io i, o lia i o ra v e i a n tto im n a m z n le ta te m rtific z n a u p r la m n a z d lle lire U a v d n o a io i v te e a cna e . n ita a p v ri fe ia n o in e u e n o A m m n d oe lic d lla im gno itid . l o e to i sc g re d fro te a b io a b m p fe e lie , i n l iv , b ia o re rito la v d i n stri ia e o g n ri: e ito M g p v ri e o e c c sc n d tu p lia d ia liu o e n sti a u a tu a p u ta i n tti d c rr b n r o i a a u ea . Mg p v ri e o e c e v e c n la e lio o e n sti h iv re o p u d se tire b ss rei c ra in ri, p r e re a sta d n tte a ra i n u a a b ie e sse rre ti i o . Aq e te p inS iliaea v , g a sti e n sp tta o ri. u i m i, ic ltro e li rre ra o e c la I m lfa ri e n a sta a m n tta e in a n ti tu in ie i in a tto ra o rre ti, m a e ti c te a tti s m u ic c te a lu g p p rz n lm n a n m ro d g a s ti e n a a n , n a ro o io a e te l u e e li rre ta a lu g e z d l c m nc eli tra o v . lla n h z a e a io h sp rta a 3 N n c m o c e c n le o o e ra h o m g ific e s r e p o r ss e a n h o ti r g e iv a ssin sp ss , c o n lib ra e te ssa i, e o irc la o e m n . N ssu o to c i C in ... e n ch a o m a A e d m g led sa tara io e a d b le ia o lie i n g n . U a ic ia p r n i fo n ta s ta q e d E z e h n m iz , e o rtu a , ta u lla i n o p rc fre u n n o a b m im a to ta te c s . U ra a z b v , q e ta d lo b ia o p ra n o e n g z o ra o stu io o c e c fe e a p z a il g n issim G v n i Vrg , il d s h i c p re z re ra d o io a n e a fa o m sissim L ig P n e o u i ira d llo e m lti a o ltri c e fu n lin h ro o fa c ltu le p r D o e p r m . E se d fig d b n sta te E z , u ra e in e e s n o lio i e e n , n o v le te so e in llig n e b la p s ilit d stu ia , p r n i fu o n ro te e te b e o sib i d re e o la m n a d l C lo L a o v m a n m n , m n c a n e ie . o sc lta a o tte ta e te e tre i sp g v le c s c n m lta b v ra O a s ie a i S a e p a ie a a oe o o ra u . ltre p g rc h k s e re c fe e c p a c e c e c sa s n b rsa , le a io i e a i c a ire n h h o o o la o z n ltro a c ra O , E z u fa o o d c n u iv rsita c e fa la n o . ra n o n m s o e te n e rio h sp la tra T rin e R m . Io n n s n n ss n , a p n so sc e o o o o a o oo e uo pea riv re q e s ra m tic to ra c n a s a ito d D o L i, a c n rio u sto g m a a c o to c p i in . u l o tra , p r n n e n o u le ra , d a to id tta d e ta u u o sse d n tte to a u d a iv n to n g rn lista u c n u re ra io n o e q e c e c n d p , u o io a , n o d tto d fo ic , u l h o ta i i n d llo e n a m re d o ti d l n stro P e . E li, c p rb , e c a ic a a i p e e o a se g a a io riu c a s re a g lla s n a sa a e te e a e se in rito in s ito ta a , e z lv g n , d d s re se m ltea to g e inu p iod e tra i p g n i d llale ra ra o n lo ie , n a i sse i ra d e tte tu d l o e e to . C m re i p m N b l e a c n a n m fa o e n v c n o p si re i o e c a to o i m si d re isti, g rn listi, a to e a ri. H c n sc to m lti d q e i g io a u ri d tto a o o iu o i u sti p rs n g i p rs n lm n . A c ra o g fre u n g p i d p e e e o a g e o a e te n o g i q e ta ru p i o ti c o le ra m n si e v p rte ip a sid a e te irc li tte ri ila e i a c a s u mn . T i m lti p m ric v ti, D o h g d il ra o re i e u in , a ra ito P e io s e ia p r r m p c le e lir n e la c m it o ia o ic , p r u lib tto d c n e ig m i s tiric e n re i e to p ra m a i, v ri e p p c io i tra e ro ri h d fitti n l c rv llo d lle p rso e c e s e e e e e n h i rite g n g n li. Oc e o n n la lo c ltu p r u ilia g n o o e ia h ste ta o ro u ra e m re li a ltri. Ap n rc b n u s c n e z n m fa n b n a n o e e sa i e e q e te o sid ra io i i n o e e lla im a c rp . C n ta re c e v e n l c n u ism , e o tic m n , l o o o s ta h iv re e o s m o g is a e te n n p rta fe it m ra o o lic i ttrista p r u a c n rm c e a b m e n o fe a h b ia o sc lto la v g s . M rie p d rg g p rc lo a b m e ia iu ta i m ie o o lio e h b ia o d sid ra a e te e te e c p c a c n n rc d l n c ss rio e e to rd n m n i ia e c o te ta i e e e a o n too e ta e te b llov e d c s se p i c nlA o , tte u n s m n . e iv re i o e m lic o m re laS e n a elA ic ia p ra z m iz . H d c o d sc e o q e to ra c n , p r ric n sc n a a D o o e is i riv re ra u s c o to e o o e z in e p r in ita li u ili are iste e a e s m re sp ra z , p rc e c re g m s re d v r e p e na e h p tre b m n a i il te p d sc e p a a ti. o b e a c rm m o i riv rlo i v n g li

N n si sa m i m rte p tre b v n in tte p n e i o a la o o b e e ire a sa re d rm c m tu g a o e tti li ltrin h se s n im o le ace o o m rta .

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Calogero Di Giuseppe Indirizzo e recapito telefonico: tel. 02 36545481 Via George Bizet n.5 20096 Pioltello (MI) Indirizzo di posta elettronica: calogero.digiuseppe@fastwebnet.it Indirizzi internet: www.bernardiweb.it/santeustorgio digilander.iol.it/stirpes

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