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ISTITUTO UNIVERSITARIO

SUOR ORSOLA BENINCASA

NAPOLI

FACOLTA DI LETTERE CORSO DI LAUREA IN CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI TESI DI LAUREA IN ANTROPOLOGIA CULTURALE

IMMAGINE SACRA, IMMAGINE PROFANA. LO SGUARDO ANTROPOLOGICO


RELATORE CH.MO PROF. DOMENICO ANTONINO CONCI CANDIDATO STEFANO ESPOSITO MATR. 002902869

ANNO ACCADEMICO 2003-2004

Indice

Presentazione........3
1. Modi altri di stare al mondo...7 2. Coscienza-Spazio-Tempo.31 3. Lartista e il canale rivelativo...53 4. Luce rivelativa, ombra egocentrata...76 5. Alcune consonanze.......97

Conclusioni..117 Riferimenti bibliografici...122

Presentazione
Quale stato di coscienza, tale stato di vita. Jan van Rijckenborgh

In questa Tesi mi prefiggo di discutere, mediante unanalisi contrastiva, due modi di percepire e rappresentare totalmente altri, due tipologie coscienziali non riconducibili ad una comune interpretazione, due forme rappresentative che hanno ben poco in comune. La prima la coscienza egocentrata che ci caratterizza in quanto occidentali. La seconda detta postura rivelativa, una posizione di coscienza non influenzata dal soggetto-osservatore, una posizione in cui, non essendovi un soggetto, non v labituale (abituale per noi occidentali) percezione delloggetto proiettato al di fuori. Non essendo definito un dentro, di conseguenza non v nemmeno un fuori determinato, un fuori determinato dal soggetto interno. La coscienza egocentrata caratterizzata dalla frattura tra noesis e hyle: v in essa una noesis soggettiva separata da una hyle oggettiva.

La postura rivelativa invece caratterizzata da una fusione, una nonscissione tra la noesis e la hyle: nella noesis non v il soggetto, essa come uno specchio che riflette i dati iletici del momento presente; una coscienza impersonale, non autoreferenziale. Bisogna comunque chiarire una cosa importante: in ogni caso, senza la noesis, la hyle non potrebbe costituirsi come vissuto dell'elemento intenzionale, e, senza la hyle, fonte primaria di ogni visualizzazione, la noesis e quindi l'intero Erlebnis [il vissuto] non potrebbero mai pervenire a manifestazione fenomenologica. 1 Coscienza ed io, quindi, non sono sinonimi in tutte le culture. Tali posizioni coscienziali altre, differiscono solo a causa di una inculturazione che reciprocamente altra. Sia luomo rivelativo che luomo egocentrato hanno un centro di coscienza. Lalterit va ricercata nella sintassi coscienziale propria di ciascuna forma culturale. In generale, l'aver coscienza implica la coscienza del mondo e la coscienza del s, l'eterocoscienza e l'autocoscienza. L'autocoscienza, ora, pu configurarsi, a causa di differenze culturali, come diretta o come indiretta. Quella diretta di matrice culturale occidentale l'autocoscienza noetica, cio autoriflessiva, quella indiretta tipica
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D.A. Conci 1978b: 8 in S. Romeo, Hyle, Glossario in www.hieros.it

delle culture a fondamento mitico-rituale l'autocoscienza iletica, non autoreferenziale. In questo caso la coscienza acquisisce coscienza di s solo tramite la hyle, che agli indigeni di queste culture sembra elargire non solo l'esistenza del mondo, ma anche quella stessa del s. La coscienza impersonale, dunque, tale perch iletizzata. Nel vissuto originario tutto iletizzato: la noesi iletizzata. Caratteristico di una noesi iletizzata appunto il fatto che non pu mai tornare su s stessa e personalizzarsi, in modo autoreferenziale. Essendo iletizzata, funziona secondo una logica anch'essa iletizzata, che ignora, ad esempio, il principio di identit puramente noetico, vuoto, parmenideo. Coscienza e soggetto (io), dunque, non sono necessariamente sinonimi. Tecnicamente, la coscienza personale si identifica in un polo egologico, il soggetto, che intenzionando una hyle intesa come "materia" pone e coglie un noema oggettivo (astratto o empirico che sia). La coscienza impersonale, invece, in quanto noesi non egocentrata e non autoreferenziale, intenziona una hyle non intesa come materia, ponendo e cogliendo un noema hyletico. 2

S. Gonnella, S. Romeo, S. Zacchini, Coscienza impersonale, Glossario in www.hieros.it

Luomo rivelativo non ha nel suo vocabolario concetti quali mondo, natura, in quanto, assente il soggetto nella sua coscienza, altres assente lattivit proiettiva ed estroflettente propria al soggetto. Tali attivit della coscienza determinate da un processo di inculturazione che varia a seconda della cultura di appartenenza influenzano il modo di rappresentarsi e quindi di rappresentare il dato percepito. Tenendo presenti tali fondamentali concetti, ci possibile capire pi approfonditamente i motivi e la logica dellaltro senza cadere in sterili paragoni, in futili giudizi, senza proiettare la nostra cultura sullaltro, senza vederlo attraverso le nostre lenti colorate, tinte dalla Scienza egocentrata. Soprattutto, capire le ragioni dellaltro vuol dire non vedere nel suo agire qualcosa di patologico o inesatto (si pensi qui al giudizio artistico sulla mancanza di prospettiva operato su popoli e civilt che non lhanno usata e tuttora non la usano). In unanalisi contrastiva necessario un atteggiamento n selettivo n partecipativo, ma una epoch radicale, una sospensione

dellassolutezza della nostra cultura, della normalit delle nostre ragioni. Un atteggiamento selettivo proietta lerrore sullaltro impedendoci di scorgere la sua genuinit e freschezza.

Lepoch radicale si rivela un indispensabile strumento per capire e soprattutto per capirsi: comprendendo le vere ragioni dellaltro, comprendiamo meglio anche le nostre.

Capitolo 1

Modi altri di stare al mondo


Tutti sanno che la goccia si perde nell'oceano, ma pochi sanno che l'oceano si perde nella goccia. Ramana Maharshi

Un trattato di Fenomenologia dello spazio-tempo non pu prescindere da uno studio che chiarisca il modo in cui la specie umana percepisce, vede ed eventualmente rappresenta il dato percepito. Sar infatti lo studio delle modalit di percezione e, in conseguenza, di rappresentazione del dato che chiarir le alterit intercorrenti tra le varie culture. Il modo di stare al mondo infatti diverso per ogni cultura. Lorgano della vista quello che pi usiamo per orientarci nello spazio: tramite locchio, la mente si organizza ed capace di muovere il corpo e far s che agisca in un determinato modo.

mediante locchio che la mente sviluppa limmaginazione ed noto che il pensiero si muove per immagini. In questo capitolo porr laccento sullattivit intenzionale della percezione: non tanto sul modo di percepire dellocchio, ma sul modo di usare locchio da parte della coscienza. infatti la coscienza ad essere determinante nellinterpretazione dei dati iletici, dei fenomeni che accadono nel campo visivo. Ogni cultura ha il suo modo di organizzare la percezione del dato, e le modalit di coglimento sono le stesse modalit di rappresentazione: l'uomo quindi "si trova" sempre con ci che impara a percepire perch lo trova logico a causa dell'inculturazione ricevuta sin da bambino. I conti gli tornano non perch egli veda veramente il mondo per come , ma perch egli percepisce in base alla stessa modalit con cui rappresenta. Tale meccanismo passa inosservato in ogni cultura. Compito della fenomenologia gettar luce su tali processi. inoltre importante considerare che la coscienza plasmata dallerlebnis il vissuto coscienziale della propria cultura di appartenenza. Mentre la cultura plasmata da una determinata serie di reazioni agli stimoli sensoriali, la coscienza a sua volta modellata dalla cultura. Allorigine del processo formativo di una cultura, lattivit sensoriale un fattore essenziale: essa d forma alla

memoria, la quale plasma la coscienza che organizza un sistema linguistico prima elementare, poi sempre pi complesso. Sistema che sar necessariamente influenzato dalle circostanze, ad esempio dalle condizioni morfologiche (territorio, clima, ecc.); tale linguaggio influenzer e former un determinato tipo di mente il cui sviluppo determiner la nascita di uno specifico tipo di cultura la quale garantir la sopravvivenza di tutti gli indigeni. Tale processo si rinnova costantemente: pi tardi, sar la cultura stessa a influenzare e a dare forma alla struttura della coscienza dellindigeno neo-nato. in tal modo che una cultura trova il suo centro e, perpetrandosi, garantisce la sopravvivenza fisica e coscienziale degli uomini che ne fanno parte. Ogni cultura, oltre a provvedere alla crescita e al mantenimento del nucleo popolare, garantisce, mediante i suoi riti, i suoi miti, la salutare certezza di essere al centro del mondo, la sicurezza dellessere dalla parte giusta, di essere al centro della Creazione. Inoltre, il Rito serve anche come strumento di scansione ritmica della vita: si pensi ai fondamentali riti di passaggio che avvengono nelle culture rivelative. Senza il rituale di passaggio dallinfanzia alladolescenza, ad esempio, il ragazzo non potr crescere ed essere considerato un vero uomo.

Il Rito quindi una forma di ripartizione ritmica del tempo: un vero e proprio strumento del Mito. Tutte le culture possono essere paragonate a delle calamite che attirano a s determinate idee, le sviluppano, ne fanno un sistema di credenze. Ogni calamita, finch non vede le altre, crede di essere lunica, di stare al centro dello spazio, centro assicurato dai suoi miti sacri o dalla propria tecnologia. Quando avviene lincontro con laltro, con unaltra cultura, si aprono due strade, due possibilit: quella del rifiuto totale dellaltro, ribadendo quindi la centralit nellaltro, della propria cultura; sua cultura, quella che

dellassorbimento

nella

processo

rappresenta una vera e propria sconfitta, una vera e propria crisi di identit culturale e quindi coscienziale. Tale processo motivato dal fatto che quasi impossibile rimanere lucidi, imperturbabili nellincontro con laltro da noi, con lalieno. In un tale incontro-confronto (a livelli profondi v sempre un confronto di tipo gerarchico con laltro) non ci possibile evitare di manipolare lalieno, di ridurlo alle nostre idee, di giudicare il suo modo di vivere usando il metro del nostro modo di vivere. Un antropologo fenomenologico, in fase di analisi, deve mettere tra parentesi il proprio imprinting culturale proprio per evitare sia di

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cadere in uno sterile giudizio qualitativo il quale sempre relativo alla propria cultura-visione sia di cadere in unanalisi di tipo partecipativo (si pensi qui a Carlos Castaneda, il quale si inizi alle pratiche di stregoneria degli Sciamani sudamericani) che toglie ogni obbiettivit allanalisi. da tali esigenze che nasce la tecnica dellepoch radicale: una messa in parentesi di tutto ci che fa parte della propria cultura. Tale tecnica investigativa si spinge pi avanti rispetto allepoch husserliana in quanto questultima dava per scontato lesistenza del soggetto in tutte le culture mentre lepoch radicale relativizza anche il concetto di soggetto. Lunico assunto che lepoch radicale pone che tutti i popoli abbiano una coscienza, quindi siano mossi da un perch logico e sensato nei loro atti, nelle loro consuetudini. Bisogna quindi chiarire la differenza tra coscienza e soggetto: tutti abbiamo una coscienza, ma la forma che questa assume varia a seconda dellinculturazione ricevuta. Vi sono ad esempio delle culture quindi delle coscienze in cui assente il soggetto. Tali coscienze sono quindi definite impersonali: in esse non presente lio-noesis invariante che fa da sfondo a tutte le attivit, ma una coscienza sempre cangiante che si adatta al dato iletico percepito nel momento presente.

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Bisogna dunque ricordare che, dopo il periodo della prima infanzia, ogni uomo si affaccia nel mondo con un bagaglio coscienziale che simile a quello dei suoi compagni-autoctoni e altro da quello di un indigeno di una cultura altra. Ogni uomo quindi vede e percepisce in base allinfluenza della propria cultura, ed anche il linguaggio, imparato sin dai primi anni di vita, a determinare il successivo modo di interpretare il dato e quindi di agire. Ci implica che anche il modo con cui la coscienza intende e impagina il mondo varier a seconda della propria cultura di appartenenza. Larchetipo culturale [] non solo dirige, come un campo magnetico, gli istinti, orientando il comportamento inconscio della personalit, ma appare anche come pattern of vision, ordinando il materiale psichico in immagini simboliche. 3 Se proviamo a riportare le concezioni cosmologiche in uso presso vari popoli, troveremo un modo altro di rappresentarsi linsieme universale. Tale alterit, come abbiamo detto, varia in base allinculturazione ricevuta. Secondo gli Aborigeni australiani, ad esempio, il canto a creare tutto ci che esiste: tutta la realt che ci circonda stata cantata. Il canto
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E. Neumann, La Grande Madre, Astrolabio Ubaldini, Roma, 1981, p. 18

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rituale aborigeno, chiamato Corroborees, comprende danza, mito, storia, preghiera e ritualit. Ecco alcuni versi di tali canti: Non lasciate che i desideri divengano i vostri padroni; non coltivate legoismo: esso causa sofferenza a voi e a tutte le persone con cui siete in contatto. Quando donate, scegliete sempre il cibo migliore e date sempre due volte di pi rispetto a quello che avete ricevuto. E soprattutto Il pensiero deve essere limpido: mentire a s stessi costituisce un pesante imbarazzo. Ma tali pensieri non sono assimilabili ad una legge cos come la conosciamo nella nostra cultura, n tanto meno sono permeati dallo spirito di giudizio morale tipico dei principali sistemi religiosi, i cui precetti implicano per lo pi una relazione causa effetto ben precisa; questi sono cantati, perch col canto che divengono realt: gli aborigeni dividono gi il cibo, non c, o non sembra che ci sia il bisogno di una legge che lo imponga o suggerisca. Sottoposto a questo appunto, un vecchio Wirinum (uomo medicina) una volta rispose: certo che dividiamo: la condivisione stata cantata! 4
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M. Mondini, Vita Primitiva (la visione come creazione del mondo), in www.movimentoarcaico.com

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Notiamo quindi che per gli Aborigeni il canto, oltre ad aver creato il cosmo, provvede a rinnovare la Creazione anche nel momento presente: essi cantano continuamente per vivificare in se stessi la Legge sacra, per rendere viva la creazione, per partecipare attivamente al lavoro cosmico. Se essi, ad esempio, non la cantassero, la condivisione non sarebbe possibile. Tra gli Aborigeni il Sole visto come una donna che si sveglia ogni giorno nel suo accampamento a est, accende un fuoco, e prepara la torcia di corteccia che porter attraverso il cielo. Prima di esporsi, ama decorarsi con ocra rossa, la quale, essendo una polvere molto fine, viene dispersa anche sulle nuvole intorno, colorandole di rosso, (l'alba). Una volta raggiunto l'ovest, rinnova il trucco, colorando ancora di giallo e rosso le nuvole nel cielo (il tramonto). Poi la DonnaSole comincia un lungo viaggio sotterraneo per raggiungere nuovamente il suo campo nell'est. Durante questo viaggio sotterraneo il calore della torcia induceva le piante a crescere.

La Luna, al contrario, considerato un uomo. A causa dell'associazione del ciclo lunare con il ciclo mestruale femminile, la Luna collegata con la fertilit ed considerata come un simbolo

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altamente magico. Uneclisse di Sole interpretata come l'unione tra la Luna-Uomo e il Sole-Donna. Per gli Antichi Egizi il cielo la Da Nut, una donna che, piegata ad arco protegge e avvolge la terra illuminandola e fecondandola con i raggi del Sole, il quale il suo ventre; la Luna la sua bocca.

Anonimo egiziano La da Nut

interessante soffermarsi sullimpaginazione non prospettica di tale dipinto: le braccia della da partono dalla sua testa, non v volume

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alcuno nella rappresentazione, le proporzioni infrangono i comuni canoni occidentali. La testa di uomo al centro del dipinto presentata frontalmente, con le orecchie interamente a vista; tale testa inoltre inserita in un tempio; la terra che contiene luomo presentata come un avvallamento delimitato da entrambi i lati da piccoli rialzi su cui vi sono alberi; i raggi del sole hanno una solidit che ci sembra quasi materiale, essi sono potenti, intensi, quasi elettrici. Un altro interessante esempio di concezione cosmologica ci dato dalla mitologia induista, la quale divide il tempo in quattro grandi fasi:

Krita Yuga o Et dellOro; Treta Yuga o Et dellArgento; Dvapara Yuga o Et del Bronzo; Kali Yuga o Et del Ferro.

Notiamo che il tempo ha una qualit molto specifica nella cosmologia induista. Esso rappresenta un moto circolare, che nasce con un atto potente iniziale (Urzeit) e muore con un altrettanto atto potente finale (Endzeit). Il tempo induista infatti diviso in vari Kalpa: lunghissimi periodi in cui avvengono varie manifestazioni caratterizzate da una

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diversa qualit a seconda del momento cosmico in cui ci si trova a vivere. Il Krita Yuga (lEt dellOro) un periodo di altissima qualit: tutti gli uomini fanno le giuste scelte illuminati dal sacro dharma, la sublime Legge universale che sovrintende allequilibrio delluniverso; non presente il karma (la Legge di causa-effetto che determina la distribuzione del carico di debito cosmico da espiare, carico accumulato in vite passate); tutti sono in pace. Tutti gli esseri viventi si consacrano completamente al mantenimento dellordine sacro. Il vocabolo krita si riferisce allinizio, al primo lancio del gioco dei dadi. Il numero quattro esprime completezza. Il primo periodo si regge su se stesso. Esso poggia su quattro gambe. Nel Treta Yuga, il ritmo del mondo accelera. Tre quarti del dharma sacro ancora presente, le sante leggi non sono pi spontaneamente messe in pratica, ma devono essere insegnate e imparate. Lordinamento divino si regge solamente su tre gambe. Il Dvapara Yuga (dva: due) il periodo in cui stabilito lequilibrio tra la perfezione e limperfezione. La conoscenza diretta dellordine divino sempre meno accessibile. Nel Kali Yuga (kali: nero, scuro) la trasmissione delle norme sacre totalmente perduta. Nel gioco dei dadi, kali il lancio del perdente.

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Secondo il Vishnu Purana, il Kali Yuga comincia quando nella societ il potere la ricchezza, il possesso la sola virt, lunico legame tra uomo e donna la passione, linganno la base del successo nella vita, la sola fonte di piacere il rapporto sessuale La perdita del divino, del dharma, dellinsegnamento, la ragione per cui il Kali Yuga dura per un breve periodo. Questo il periodo in cui si trova attualmente lumanit; esso avr una durata di 432 mila anni e inizi alla morte del divino Krishna (intorno al 3120 a.C.) 5 Altri esempi cosmologici di rilievo per la nostra analisi sono quelli cosiddetti primitivi, quelli che si rifanno allidea-archetipo della Grande Madre. Lemergere di tale archetipo pu essere osservato nel corso di tutta la storia umana: la grande generatrice di vita emersa essa stessa dalloceano primordiale, carattere originario, notturno, da cui nasce il colle primordiale (la terra) in cui prendono forma, da pi semplice al pi complesso, tutti gli esseri. Tale colle primordiale unisola nelloceano cosmico.

Anonimo, Lillusione del passato, del presente e del futuro, Pentagramma, n. 1, Lectorium Rosicrucianum, Forl, 2004, pp. 21, 22

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Anonimo Venere Lespugne (Paleolitico inferiore)

Tale statuetta del Paleolitico non ha tratti del volto delineati, non ha le braccia e i piedi. Ha invece un enorme ventre e dei seni smisurati: essa la Grande Madre, da generatrice di vita, da impersonale, che non ha volto, presentata per quella che la sua funzione, il dare la vita a tutti gli esseri. Lessenza di tale figura presentata direttamente, senza altri particolari in quanto non utili ai fini presentativi della funzione, particolari che potrebbero distrarre luomo che vi si rivolge. Addirittura potremmo dire che ci che per i canoni estetici occidentali incompleto e disarmonico (la mancanza di volto, braccia, piedi), per la cultura rivelativa completo, armonico e assolutamente necessario: altri particolari apparirebbero come una stridente dissonanza perch

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non utili alla presentazione. Tale scultura quindi la vita stessa presentata direttamente nella sua funzione principiale. La mente delluomo della rivelazione ha una forma altra da quella delluomo egocentrato: la noesis soggettiva, invariante, viene a instaurarsi in Grecia verso il V secolo a.C. Se analizziamo la filosofia greca, notiamo un progressivo processo di scissione, di separazione della ragione dai sensi. I Greci imparano a non fidarsi dei sensi, ma a fare affidamento soltanto sulla ragione: tale processo di scissione porter la cultura occidentale verso una sempre pi evidente separazione dal dato, separer sempre pi la Noesis dalla Hyle. Democrito, un noto Filosofo greco, scrive: Miserabile mente, tu cerchi ancora di sconfiggerci, tu che trai da noi le tue testimonianze? La nostra sconfitta sar la tua caduta 6. Socrate, nel Fedone, parla di cecit, di perdere locchio della propria mente, quando mette in guardia contro il rischio di fidarsi dei propri sensi. Luomo egocentrato impara a cercare lanello mancante, ci che nascosto. Egli si avvia quindi su una strada di ricerca dellessere della vita e delle cose: non crede pi alla rivelazione delle cose in s ma ne cerca lessenza nascosta. Tale processo lo porter su un
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R. Arnheim, Il pensiero visivo, Einaudi, Torino, 1974, p. 9

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percorso di osservazione scientifica il cui alimento sar (lo ancora) il dubbio. La natura, nella concezione greca, non si d per come ma si nasconde, si vela costantemente. In natura c sempre un aspetto occultato, come sono occultati due lati di un solido quando lo si osserva soltanto da un punto di vista. Compito del filosofo quello di svelare lessenza dellessere che si occulta alla visione. Per luomo egocentrato tale realizzazione si ottiene dopo un processo lungo e faticoso, dopo una ricerca. Per luomo rivelativo la realizzazione avviene mediante il Rito il quale uno strumento di vivificazione dellUrzeit, il tempo potente, un tempo realizzativo. Queste due posizioni coscienziali sono totalmente altre: la prima prevede un movimento dellio-noesis verso un oggetto (la realizzazione); la seconda non prevede un movimento verso qualcosa ma un atto (il Rito) che porter al livello del quotidiano il tempo forte. Luomo rivelativo non ha bisogno di cercare nulla perch ci che ha tutto: egli non concettualizza un mondo che fuori dal suo recinto culturale, mondo che potrebbe esplorare per trarne qualche vantaggio. Egli non viaggia se non per motivi di utilit cultuale o comunitaria.

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Luomo della rivelazione non si sforza di individuare alcuna essenza dellessere in quanto questo gli si offre spontaneamente nel semplice dato percepito. La cultura rivelativa conosce il fenomeno chiamato realismo segnico: nel segno stesso presente lente. Il segno non un simbolo o un richiamo allente, ma lente stesso o la cosa stessa. Per meglio esemplificare la comprensione dellalterit fra questa modalit impaginativa e quella propria di una cultura egocentrata, presento qui il dipinto di Ren Magritte Ceci nest pas une pipe.

Ren Magritte Ceci nest pas une pipe

In tale opera Magritte pone la differenza tra la rappresentazione della cosa e la cosa stessa, quindi ribadisce implicitamente la scissione tra la noesis e la hyle. Nella cultura occidentale egocentrata un disegno non

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la cosa, ma soltanto una sua rappresentazione. Nelle culture miticorituali, invece, il disegno una presentazione in carne ed ossa della cosa stessa. Il disegno della pipa, per continuare con il nostro esempio, la pipa stessa, non una sua rappresentazione. Nelle culture mitico-rituali Un dio pu trovarsi contemporaneamente in due o pi posti, come una melodia o come una la forma di una maschera tradizionale. E dovunque arrivi, limpatto della sua presenza sempre lo stesso: non ridotto dalla moltiplicazione delle sue forme. Inoltre, in una cerimonia primitiva, la maschera viene adorata e vissuta come una vera apparizione dellessere mitico che essa rappresenta, anche se tutti sanno che un uomo lha costruita e che un uomo la sta indossando. Colui che la porta viene identificato con il dio per tutto il periodo del rituale. Egli non rappresenta semplicemente il dio; il dio 7. Questa citazione di Joseph Campbell spiega molto bene cosa sia il realismo segnico. Il realismo segnico non va visto quindi come una forma di infantilismo primitivo, ma come una logica presentazione vivificata di un tempo, di una figura potente o non, che ritorna per mezzo del Rito o, ad esempio, di un dio che si manifesta per mezzo di unicona o unimmagine sacra.
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J. Campbell, Mitologia primitiva, Mondadori, Milano, 1990, p. 35

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In un rituale rivelativo tutti sanno come scrive Campbell che la maschera fatta da un uomo e chi la indossa parimenti un uomo. Tuttavia il Rito, compiuto per riportarsi nella sfera mitica, ha un valore trasfigurante per i partecipanti: nel momento del Rito, gli uomini che vi partecipano non sono pi mortali, ma coevi del tempo mitico, del tempo potente, dellUrzeit. Nel rito rivelativo, gli uomini che vi partecipano sono, durante il periodo del rituale, allo stesso livello degli di primordiali. La creazione del mondo si ripresenta quindi ogni volta che il rito viene celebrato: in tal modo luniverso va avanti, viene spinto dalluomo rivelativo il quale collabora alla sua rivelazione. La creazione, nella cultura rivelativa, non allora immobile, non un fatto del passato lontano o vicino che sia ma un atto rinnovabile ogni volta che la situazione o la qualit del tempo presente lo renda necessario. Il Rito serve la vivificare magicamente la potenza del Mito: con il Rito, lindigeno pu immergersi direttamente nella sfera mitica. Il Rito quindi strumento del Mito e nel Mito gi presente tutta la conoscenza necessaria alla sopravvivenza; nelle culture mitico-rituali non sono presenti fattori inutili per la vita degli uomini, ecco perch in tali contesti assente lEstetica o la Scienza. Nella sfera del Mito, la

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Scienza inutile perch questultima si propone di provare dei fatti che sono gi: il volerli certificare sarebbe una mancanza di fiducia nel Sacro e uninutilit assolutamente non funzionale. quindi molto discutibile il concetto secondo il quale i popoli rivelativi siano arretrati: essi rimangono sempre allo stesso livello culturale perch questo da loro considerato completo. Non c bisogno di migliorare alcunch, tutto gi come devessere; soprattutto non c bisogno di cercare alcunch perch tutto qui, si ha gi tutto. LOccidente egocentrato ha sempre visto in tali culture una stasi, unarretratezza da curare in quanto, a causa di unignoranza fenomenologica, ha proiettato il continuo movimento della propria cultura influenzata dalla Scienza su culture che non ne hanno bisogno. Tali culture non hanno bisogno della cultura mobile occidentale. La fenomenologia di Husserl ha molto discusso su questi processi di movimento-ricerca da parte della nostra cultura attribuendone le cause a una grave crisi. Quando una cultura smarrisce il proprio centro, perde

contemporaneamente il proprio senso di stare al mondo. Perso il centro e il senso, deve ricercare le cause, lessenza dellEssere in un

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clima di disagio generale. La perdita del centro culturale comporta, di conseguenza, una grave destabilizzazione coscienziale. Se tuttavia passiamo velocemente in rassegna la concezione e le teorie cosmologiche dellOccidente egocentrato possiamo notare uno strano processo di aggiustamento che si orienta sempre pi verso posizioni rivelative. Pensiamo qui a Fritjof Capra, David Bohm ed altri fisici che, con le nuove teorie della fisica, unite alle nuove conoscenze scientifiche, si avvicinano incredibilmente alle concezioni

cosmologiche rivelative, soprattutto ai Miti dellInduismo. Un valido esempio fornito dalla teoria dellUniverso Olografico. Secondo tale concezione, provata dai nostri fisici con sofisticati macchinari, ogni atomo contiene in s la totalit delluniverso, in ogni punto del tutto presente il tutto stesso. Tale assunto, provato scientificamente, non pu che sembrarci assurdo, tuttavia, se leggiamo i testi sacri dellInduismo, ma anche dellErmetismo di Ermete Trismegisto si pensi al principio ermetico Come in alto, cos in basso possiamo trovare gli stessi assunti, formulati circa 5000 anni fa. NellInduismo luniverso visto come la Danza di Shiva, un moto continuo delle particelle pi elementari del grande tutto.

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Anonimo indiano La Danza di Shiva

Assiomi quali Tutto Uno o Tutto Brahman testimoniano unassonanza a dir poco sorprendente con i risultati della Fisica moderna. La fondamentale unicit delluniverso non solo la caratteristica dellesperienza mistica, ma anche una delle pi importanti rivelazioni della fisica moderna. Essa diviene evidente a livello atomico e si manifesta tanto pi chiaramente quanto pi si penetra nelle particelle subatomiche. [] Studiando i vari modelli della fisica subatomica vedremo che essi esprimono ripetutamente, in modi diversi, la stessa intuizione: i costituenti della materia e i fenomeni fondamentali ai quali essi prendono parte sono tutti in rapporto reciproco, interconnessi e interdipendenti; non possono essere compresi come entit isolate, ma solo come parti integrate del tutto. 8
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F. Capra, Il Tao della fisica, Adelphi, Milano, 2003, p. 149

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Potremmo ipotizzare che una cultura egocentrata necessiti di pi tempo per arrivare, a lungo andare, agli stessi esiti i quali, in fin dei conti, si rivelano essere mitico-rituali! Luomo egocentrato ri-scopre, con laiuto della Scienza proprio ci che luomo rivelativo sapeva gi fin dallinizio! Sembrerebbe che luomo egocentrato compia un lunghissimo giro per tornare, alla fine, al punto iniziale, la sfera del Mito e del Rito. Le nuove teorie della Fisica hanno messo in parentesi lesistenza stessa della materia, relativizzandola proprio come fa la cultura Ind: per lInduismo Il mondo Maya, illusione rappresentativa. Riporto qui una breve storia che, a mio avviso, sintetizza la concezione non-duale dellInduismo oggi avvalorata dalla nuova Fisica. Un giorno, a Varanasi, egli [Sankara] stava camminando verso il Gange, accompagnato dai suoi discepoli. In lontananza, scorse un intoccabile venire verso di lui, seguito da quattro feroci cani. Rivolgendosi all'intoccabile, egli disse: Allontanati, allontanati!. L'intoccabile chiese, in risposta: Che cosa dovrebbe allontanarsi, e da che cosa? E' il corpo fisico che dovrebbe allontanarsi oppure il S? Se fosse il corpo, tutti i corpi sono fatti della stessa sostanza, e perch dovrebbe un corpo allontanarsi da un altro corpo? Se fosse il S, come

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pu allontanarsi e da che cosa, poich esso non-duale? un corpo fatto di cibo da un altro corpo fatto di cibo, o la coscienza dalla coscienza che, o migliore tra gli asceti, vuoi che si allontani, dicendo: "Allontanati, allontanati"? Dimmelo, ti prego!.

L'intoccabile pass, quindi, a spiegare la trascendente unit del S: Nella realt interiore che l'oceano di naturale beatitudine e conoscenza, libero da onde, quale grande illusione di differenza : "questo un brhmana" e "quello un mangiatore di carne di cane"! C' differenza nel sole che riflesso nelle acque del Gange e nei pantani delle strade dove vivono gli intoccabili, o nell'etere che presente in un recipiente d'oro e in un vaso di fango? 9. La Fisica moderna arrivata alle stesse conclusioni: nulla separabile da nulla, tutto unito a ogni altra cosa: Una sola Vita pervade ogni cosa e nessuna cesura spezza la divina continuit dell'Universo 10. Luomo, malgrado le differenti forme di inculturazione e di acculturazione, resta pur sempre un essere che cerca la stabilit, stabilit coscienziale che trover nei suoi riti, miti o dovr faticosamente ricercare, come fa tuttora lOccidentale, mediante la sua Scienza. Luomo egocentrato cerca ancora una risposta, una soluzione

10

T.M.P. Mahadevan, Samkaracarya, National Book Trust, New Delhi, 1971, pp. 61, 62 Plotino, Enneadi, Mondadori, Milano, 2002, p. 225

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che ponga fine alla sua situazione di collasso interiore, di conflitto perenne. Vale qui ricordare che si capaci di vedere solo ci che rientra nel proprio recinto culturale e coscienziale. Ogni attivit speculativa far sempre riferimento a uno schema precedente insito nella stessa cultura che lha generato. Tale attivit di richiamo e continuo rimando, sebbene consenta lapporto di un maggiore sostegno allidea che si vuol presentare, circoscrive lindagine in quanto la delimitazione di un concetto lascia sempre numerose porte chiuse: ogni idea nuova viene presto considerata non ortodossa.

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Capitolo 2

Coscienza-Spazio-Tempo
Come nel film tutto luce, cos la coscienza diventa il mondo. Nisargadatta Maharaj

LErlebnis coscienziale
La fisica moderna ha confermato nel modo pi drammatico una delle idee fondamentali del misticismo orientale: tutti i concetti che usiamo per descrivere la natura sono limitati; non sono aspetti della realt, come tendiamo a credere, ma creazioni della mente; sono parti della mappa, non del territorio. Ogni volta che estendiamo il campo della nostra esperienza, i limiti della nostra mente razionale diventano
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evidenti e siamo costretti a modificare, o persino ad abbandonare, alcuni dei nostri concetti. Le idee di spazio e di tempo hanno un posto preminente nella nostra mappa della realt. Esse servono a ordinare cose ed eventi nel nostro ambiente e sono quindi di capitale importanza non solo nella vita quotidiana, ma anche nei nostri tentativi di comprendere la natura attraverso la scienza e la filosofia. Non c legge della fisica che per la sua formulazione non richieda luso dei concetti di spazio e di tempo 11. Questo pensiero di Fritjof Capra ci suggerisce che non sembra possibile separare la percezione dello spazio-tempo dalla coscienza. Senza una coscienza percipiente lo spazio-tempo non pu essere; senza soggetto non v oggetto in quanto la mente funziona per dicotomie. Ma cos lo spazio? E soprattutto, cosa vuol dire rappresentarlo? E in quale contesto? Pavel Florenskij a tale proposito ha scritto: Tutta la cultura pu essere interpretata come lattivit

dellorganizzazione dello spazio. In certi casi si tratta dello spazio delle nostre relazioni vitali, e allora lattivit corrispondente si chiama tecnica. In altri casi si tratta dello spazio mentale, di un modello
11

F. Capra, Il Tao della fisica, Adelphi, Milano, 2003, p. 186

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mentale della realt e la realt della sua organizzazione si chiama allora scienza o filosofia. Infine la terza classe di casi si trova fra i primi due. In essi lo spazio, o meglio gli spazi, sono visibili come gli spazi della tecnica, ma allo stesso tempo non ammettono lingerenza della vita, come gli spazi della scienza e della filosofia. Lorganizzazione di questi ultimi spazi si chiama arte 12. Noi occidentali ci percepiamo immersi in un mondo di oggetti e, nel campo visivo della coscienza si alternano un mucchio di immagini fugaci; a fare da sfondo a questa funzione coscienziale lidea di spazio. Lo spazio, nellesperienza empirico-percettiva la distanza che c tra lio e le cose, tra lio e loggetto (dal latino ob-jectum, gettare via, proiettare fuori). Loggetto una proiezione ideale della cultura occidentale, di una coscienza egocentrata. Loggetto il polo opposto del soggetto. Dagli Antichi Greci in poi, lesperienza

percettiva del mondo viene ad assumere una tipologia duale: soggetto-oggetto, io-mondo. Lo spazio o meglio il concetto di spazio ci che viene a colmare la distanza che tale divisione coscienziale viene a determinare nella coscienza occidentale a partire dai Greci. Nelle culture di tipo mitico-rituale caratterizzate dalla postura rivelativa invece, assistiamo ad un ordine dello spazio-tempo
12

P. Florenskij, Lo spazio e il tempo nellarte, Adelphi, Milano, 1995, p. 15

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totalmente altro. Alcune culture mitico-rituali, ad esempio, non hanno il soggetto, n il concetto di natura, n quello di mondo. chiaro che gli individui appartenenti a quella cultura dovranno

necessariamente pensare in un altro modo, vedere se stessi e le cose in un altro modo, rapportarsi al mondo in un modo totalmente altro. La nostra coscienza si muove per concetti, in tal modo si adatta ad una vita pratica e funzionale allefficienza richiesta dalla propria cultura. Se quindi, da bambini impariamo a vedere la vita come una rivelazione, lesperienza percettivo-concettuale che avremo del mondo sar totalmente altra da quella di chi impara a vedere il fuori-da-s come un complesso sistema inanimato e organizzato geometricamente, una natura velante il cui essere va ricercato. Non v dubbio che i sensi di tutti gli uomini percepiscano le stesse cose; ma attenzione: il come vengono elaborate un processo sintetizzato dalla coscienza. Tutti gli occhi vedono lo stesso albero, ma le varie coscienze lo interpretano in modo differente: ognuno lo vedr in base alle proprie conoscenze e credenze, ognuno lo creder vivo o inanimato a seconda della propria cultura, a seconda del proprio retaggio coscienziale. La coscienza quindi interpreta il dato percepito secondo il criterio sempre logico della cultura di appartenenza.

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Nel seguente schema esplicativo sono presentate le due modalit coscienziali proprie alle culture egocentrate e alle culture aventi una postura rivelativa. Lalterit tra queste due modalit coscienziali fondamentale ed evidente. Nei due schemi il cerchio rappresenta la noesis.

Spazio lineare e spazio fratto

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Come abbiamo visto, il motivo di questalterit coscienziale va ricercato in un diverso processo di inculturazione determinatosi negli individui componenti il ceppo in questione. Noi rappresentiamo in base a come ci percepiamo. La cultura quindi plasma la nostra coscienza la quale, a sua volta, determina il nostro modo di rappresentare la realt da noi percepita. La cultura stabilisce il come vedere della coscienza; la coscienza determina il come rappresentare il dato percepito. Potremmo essere portati a concludere che, nella cultura egocentrata, lo spazio-tempo percepito assume la forma datagli dalla mente concettuale: coscienza, spazio e tempo sarebbero tre parametri non separabili, non vi sarebbe cio separazione tra la mente e lidea che essa si fa dello spazio. Senza soggetto non v oggetto alcuno, senza soggetto non pu quindi sussistere lidea di mondo: senza lio, il mondo non pu essere fuori-da-me; senza lio, non v dentro n fuori, senza lio v solo la vita unica che si esprime nei suoi vari livelli. la coscienza, quindi, ad ordinare in base allinculturazione e allacculturazione ricevute tutti i processi percettivi organizzandosi un mondo in cui spazio e tempo varieranno a seconda del modo di pensare caratteristico della propria cultura.

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Di conseguenza, anche la rappresentazione del percepito varier in base al modo di vedere caratteristico del proprio retaggio culturale. Un esempio ci dato dalle differenze che intercorrono tra un dipinto di Piero della Francesca e un dipinto aborigeno.

Piero della Francesca La flagellazione

Nel primo possiamo osservare la presenza di una percezione dello spazio continua, lineare, come se fosse unistantanea. In questo dipinto vi un solo momento spazio-temporale. Ci riesce quindi facile identificarci con losservatore che lo ha dipinto, con lio che osservava. La hyle ben distinta dalla noesis, il dato oggettivo ben separato dal soggetto che proietta il punto di fuga e crea una prospettiva assolutamente delineata. Il gioco di luci e ombre chiaro e

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coerente; tutti gli oggetti e le figure sono solidamente impiantati e inscritti nellorbita spazio-temporale di un preciso istante. Altra aborigena. la situazione rappresentata in questa scena di pesca

Anonimo Aborigeno Scena di pesca

Qui in un solo spazio abbiamo la coesistenza di pi tempi: possiamo notare la presenza di vari punti di osservazione nel medesimo tempospazio. Non possibile determinare il centro di osservazione n alcuna prospettiva. Questa una situazione che potremmo definire pluripercettiva: lo spazio-tempo diviso, fratto, paratattico; gli omini stilizzati sembrano poggiare sul nulla, sul vuoto; inoltre non v

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ombra alcuna; la barca lunico elemento di sfondamento e di unione tra i piani principali. Ogni cosa sembra essere contornata da unaura che lavvolge. I pesci sono dipinti con gli organi interni a vista: inevitabile anche qui riconoscere la simultanea presenza di due spazi per noi incompatibili, cio quello interno e quello esterno i quali, coesistendo, rivelano una percezione-rappresentazione del tutto estranea alla visione egocentrata di un solo punto-momento. Per molti anni unantropologia ancora giovane ha creduto (e talvolta crede ancora) di vedere in questi esempi figurativi un errore, una mancanza di prospettiva, una deficienza tecnica o un infantilismo. chiaro che tale valutazione non pu essere esatta: proiettando la propria cultura sullaltro non si arriva a capirlo ma solo a credere di cogliere ipotetiche mancanze in realt assenti. Solo attuando unepoch radicale, possibile condurre a buon fine unanalisi contrastiva, soltanto sospendendo il concetto di assolutezza ed esclusivit della propria cultura, possibile cogliere le ragioni dellaltro, il perch delle sue azioni, azioni sempre sensate, sempre caratterizzate da un perch logico ma di una logica altra dalla nostra. La nostra cultura che, come abbiamo visto, influenza il nostro modo di osservare non pu quindi essere il metro per misurare il livello delle altre. importante ricordare che, nellanalisi

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contrastiva, non possibile sospendere loggettivo senza mettere tra parentesi anche il polo egologico. Questi vari modi di rappresentare lo spazio-tempo ci suggeriscono che la chiave del modo di osservare e, quindi, del modo di rappresentare, la coscienza. Non vediamo le cose come sono ma come siamo13, scrive Leo Rosten.

Anonimo induista Brahma

Anche nella cultura Ind si possono trovare esempi lampanti di raffigurazioni in cui lo spazio-tempo, per come concepito da noi, si rivela alterato. Questa raffigurazione di Brahma, la divinit pi prossima a Brahman (lAssoluto inqualificato e quindi non
13

L. Rosten, Oy oy oy! Umorismo e sapienza nel mondo perduto dello yiddish, Mondadori, Milano, 1999, p. 120

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raffigurabile perch senza attributi), rivela inscindibile di coscienza-spazio-tempo,

una visione di unit una visione totale,

onnipercettiva. Brahma ha numerose facce rivolte ai quattro punti cardinali, brilla di luce propria, copre ogni tempo spazio perch onnipresente. Anche in questo caso, lo spazio e il tempo si rivelano fratti e uniti al tempo stesso; confitti in un solo punto e trascesi allo stesso tempo, in quanto la divinit raffigurata per sua natura ovunque, qui e ora ma anche nel sempre, nellassoluto, in Brahman. Questo tipo di spazio non impaginato noeticamente, n costruito prospetticamente in quanto assente il soggetto-testimone oculare. Tale spazio iletizzato, paratattico, discontinuo, ubiquo, definito a partire da contenuti iletici e non dalla noesis soggettiva, assente in tali contesti. La propria cultura dappartenenza, quindi, influenza la coscienza nellorganizzazione del dato percepito, lErlebnis spazio-temporale. Potremmo riassumere in tal modo:

Cultura

Attivit

Coscienza

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Erlebnis

Il percepito quindi un accadimento che sorge allinterno della stessa coscienza. Nei contesti culturali rivelativi sono assenti alcuni concetti a noi molto familiari, per non dire indispensabili. Ad esempio il concetto di mondo non presente allinterno di questi contesti. chiaro che lindigeno appartenente a tale cultura non potr vedere le stesse cose che vediamo noi, non potr sperimentare il mondo come lo sperimentiamo noi. Di conseguenza, non essendo presente una modalit soggettiva della coscienza, assente anche il vissuto di un mondo che sta di fronte al soggetto stesso. Io e mondo sono i due poli di un medesimo processo mentale che avviene ritmicamente, costantemente nella coscienza egocentrata. Cosa avviene quindi in una coscienza di tipo rivelativo? Lo spazio nelle culture rivelative uno spazio iletico, metamorfico: non essendo presente il soggetto, non v linvariante in base al quale loggetto muta. Lo spazio metamorfico presenta un mutamento del permanere e un permanere del mutamento.

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In una tale coscienza avviene un processo di rivelazione in cui lEnte stesso a manifestarsi-svelarsi: tutto, ogni essere, non separato dallAssoluto (che un concetto egocentrato). Non v quindi una separazione tra ci che qui e ci che oltre (come potremmo dire noi), ma la manifestazione rivelazione, esse non sono separate riguardo alla dicotomia tra apparire ed essere che regna in Occidente: sono assenti concetti sintetici quali mondo, io, natura, come assenti sono tutte le dicotomie dualistiche presenti nella coscienza personale. Nella cultura cinese, ad esempio, possiamo trovare una concezione non-duale della vita: Tre grandi parole: onnicomprensivit, universalit, totalit; nomi diversi per indicare ununica realt 14. Questa realt viene chiamata Tao ed sintomatico che per questo nome non vi sia unappropriata traduzione in occidente. Tao pu essere definito come la Via, il procedere delluniverso, un procedere per rivelazione. Questo Tao lequivalente del Brahman degli Ind nelle cui Upanisad affermato lassioma: In verit, tutto questo mondo Brahman15, cio tutto il Sacro, un Sacro non distante ma

14

Chuang-tzu, Inner Chapters, Vintage Books, New York, 1974 in F. Capra, Il Tao della Fisica, cit., p. 129 15 L. Rapelli (a cura di), Chandogya Upanisad, Demetra, Colognola ai Colli (VR), 2001, p. 41

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incredibilmente vicino, pi vicino dei piedi e delle mani, come affermato anche nel Vangelo. Nella visione rivelativa, dunque, il processo coscienza-spazio-tempo non separabile dal Sacro il quale non distante dalluomo, ma ne la sua stessa essenza, il suo componente primario. Secondo la concezione Ind, il mondo degli opposti Maya, unillusione, un modo errato di vedere la sola realt che Brahman, lAssoluto, il Sacro. Questo un tipo di esperienza della realt altro da quello obiettivato dalla mente concettuale e dicotomica che proietta il soggetto e loggetto; inoltre un tipo di esperienza percettiva che non sembra possibile separare dallesperienza mistica. Se tutto Brahman, lo sono anche io in quando uomo, se tutto Sacro, lo sono anche lo spazio in cui mi muovo e il tempo in cui fluisco; gli esseri che mi circondano sono allora unespressione sacra del divino, e anche io sono composto da luce rivelativa che, come la trama di un arazzo, lunica realt. Le differenze percepite sono solo disegni-illusione, parti non separabili, non isolabili dallUno-Tutto.

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Ci che lanimo percepisce come essenza assoluta lunicit della totalit di tutte le cose, il grande tutto che tutto comprende Asvaghosa, un saggio buddista. Appare quindi logico che la rappresentazione rivelativa delloggettospazio non pu contenere un soggetto n un oggetto, ma ingloba pi spazi e pi tempi in quanto non v alcun punto di vista. E non essendovi punto di vista, non pu esserci uno spazio-tempo autonomo, separato dal soggetto. Unulteriore riflessione: pu essere osservato solo ci che viene visto come separato da s, quindi per una coscienza rivelativa anche il concetto osservare si rivela inappropriato in quanto losservare un atto soggettivo che ha una direzione soggetto oggetto. Nel moto coscienziale egocentrato c un soggetto che osserva un oggetto il quale pu essere una casa, un albero ecc.; ma se il soggetto assente, lo sar anche loggetto. Quindi, per la coscienza rivelativa, parlare di osservazione o di percezione come la intendiamo nella nostra cultura egocentrata mi sembra inappropriato. Queste
16

scrive

rappresentazioni rivelative con spazio fratto, con la coesistenza di pi tempi, senza un punto di vista, implicano una percezione a noi

16

Asvaghosa, The Awakening of Faith, Open Court, Chicago, 1900 in F. Capra, Il Tao della Fisica, cit., p. 235

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estranea, costituiscono la prova di un Erlebnis totalmente altro dal nostro. Mi viene in mente limmagine di Babele: tutte le lingue divennero diverse, ognuno parlava a suo modo e non ci si comprendeva pi. Qui si pu parlare di lingue coscienziali, modi di percepire e quindi rappresentare lerlebnis.

Il tempo irreversibile e il ritorno al futuro rivelativo

Anche per quanto riguarda la percezione del tempo possiamo notare una fondamentale alterit tra queste due posizioni coscienziali. La coscienza impersonale una modalit peculiare di aver coscienza che, a differenza della coscienza personale, diretta e riflettente per autoreferenzialit impostasi saldamente in Occidente a partire soprattutto dalla modernit si costituisce e si fonda solo per una via indiretta e mediata, come "di rimbalzo", cio tramite l'acquisizione dei molti e vari modi intenzionali (cognizioni, sentimenti, volizioni, valutazioni, ecc.) che si mostrano sempre indissolubilmente

sedimentati nelle varie realt che rivelativamente si danno. Sono queste, con il loro manifestarsi, ad elargire alla coscienza impersonale non solo il senso del mondo, ma anche il senso di se medesima 17.
17

S. Gonnella, S. Romeo, S. Zacchini, Coscienza impersonale, Glossario in www.hieros.it

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Lo spazio lordine della contemporaneit, il tempo lordine della successione. Questa definizione pu essere universalmente valida. Tuttavia le differenze si presentano quando ci si volge ad analizzare come le culture hanno scelto, inteso e vissuto tali principi dordine e di misura 18. Nella coscienza impersonale non v un concetto generale e permanente del dato temporale: il mondo appare e scompare al sorgere e tramontare del sole; i cicli stagionali non sono assicurati da una scienza esatta che garantir il loro naturale riapparire; il tempo non una linea che scorre da un inizio indeterminato a una fine immaginata ma un cerchio-ciclo che devessere costantemente vivificato mediante il Rito. Luomo rivelativo determina il ritorno del tempo del Mito, il tempo del Divino Inizio (lUrzeit, tempo forte perch sacro), mediante il Rito. Il tempo rivelativo quindi un tempo non lineare, non concettualizzato, non oggettivato dal soggetto, fratto come lo spazio. Vi sono quindi tanti tempi quanti sono i dati iletici. Possiamo notare anche alcune fondamentali differenze nella disposizione percettiva del tempo nello spazio: ad esempio, in Occidente, laddove la coscienza si presenta in modalit egocentrata, presente la tendenza a disporre il futuro in avanti e il passato indietro,
18

D.A. Conci, Tempi sacri e tempi profani di culture a fondamento rivelativi. Analisi fenomenologiche, in AA.VV., Annuario filosofico, Mursia, n. 17, 2001, pp. 135-189 in www.hieros.it

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alle nostre spalle; alcune culture mitico-rituali, invece, si comportano al contrario, ponendo il passato avanti e il futuro indietro. Tale fondamentale alterit denota una differente concezione e quindi percezione del tempo-spazio. In effetti, il passato posso ricordarlo, lentamente si allontana da me; il futuro invece ignoto, non possibile vederlo e mi coglie di sorpresa, alle spalle. Noi e gli Aborigeni camminiamo in due modi opposti sulla strada della vita e ci la testimonianza del fatto che queste due concezioni del percepire il tempo sono reciprocamente altre. Noi proiettiamo il futuro in avanti in quanto egocentrati: c un io che deve conquistare, afferrare il domani, c un io che deve realizzare da solo, senza laiuto del Divino i suoi compiti, un io che deve costantemente trasmutare lignoto in noto. Nella cultura rivelativa, il futuro alle spalle in quando ignoto, deciso dal Sacro e quindi non determinabile senza di esso. Qui non c un io-noesis che va verso qualcosa, piuttosto c una coscienza che si riempie di contenuti iletici sempre differenti, quindi non determinabili dalluomo il quale, lo ricordiamo, non ha una noesis soggettiva. Nelle culture rivelative, essendo il tempo reversibile, possibile operare un ritorno al futuro tramite il passato: lo sciamano, ad esempio, tramite un auto-rivolgimento operato tramite sostanze

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psicoattive considerate sacre, dono degli stessi Dei, pu cogliere aspetti del futuro che non altro che il passato mitico che ritorna, lUrzeit e determinare precisamente la loro manifestazione. Lo sciamano, indispensabile componente della trib, rivela quindi al popolo ci che dovr accadere e non solo. Egli riveler anche il come dovr accadere, visto che la popolazione non rester ferma ad aspettare levento in modo passivo ma lo vivificher tramite il Rito. Mentre per noi occidentali egocentrati il futuro un evento che si abbatte su di noi, autonomo e inevitabile, frutto di un fato inesorabile (si pensi agli oracoli delle culture pre-greche), nelle culture rivelative non si aspetta mai un evento in modo passivo, ma sempre collaborativo, anche perch, non dimentichiamolo, non c un soggetto invariante a cui accade qualcosa, ma una noesis-specchio che, sempre cangiante, si adatta in modo partecipativo allevento in manifestazione. Una coscienza che non pu essere separata dallevento stesso in quanto assente in essa un soggetto che si separa dallesperienza. Quando al mattino sorge il sole, io sorgo insieme ad esso. Egli mio Padre ed io sono suo figlio. Affinch questo grande Padre sorga, c bisogno della mia partecipazione e di quella di tutti i miei fratelli, i

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suoi figli. Senza il Rito del mattino, non v auspicio, senza linno a nostro Padre, non vi pu essere un inizio degno di un giorno sacro. Questo potrebbe essere il modo di pensare di un uomo indigeno di una cultura rivelativa. Forse il lettore occidentale potr leggere in queste parole un certo infantilismo, una parossistica dipendenza dal Sacro nella vita quotidiana. Ma proprio qui necessaria, attraverso unanalisi fenomenologica, la massima attenzione e vigilanza per non cadere in giudizi errati. Siamo fin troppo abituati a vedere il patologico nellaltro senza comprenderlo veramente, senza cogliere le sue sensate ragioni. Infatti, luomo rivelativo compie questi riti con la massima seriet, la stessa seriet che un manager occidentale impiega per portare a termine i suoi affari. Potremmo dire che, come luomo

tecnologico-civilizzato-egocentrato vede con un tono di superiorit luomo rivelativo, allo stesso modo luomo rivelativo potrebbe cogliere il buffo e nevrotico comportamento delluomo occidentale da unalta posizione. Cito qui un pezzo da un libro a mio avviso molto interessante, Papalagi di Tuiavii di Tiavea, delle isole Samoa il quale vede leuropeo del primo 900 con occhi mitico-rituali. Il Papalagi [lEuropeo egocentrato] ama il metallo rotondo e la carta pesante, ama introdurre nella sua pancia molto liquido ricavato da

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frutta uccisa, e carne di maiale, bue e altri orribili animali, ma pi di tutti ama quel che non si lascia afferrare e che tuttavia esiste: il tempo. Fa tanta scena e discorsi ridicoli, e anche se non ce ne potr mai essere di pi di quanto non ce ne sia tra l'alba e il tramonto, per lui non mai abbastanza. Il Papalagi sempre scontento del tempo che ha a disposizione, e accusa il Grande Spirito di non avergliene dato di pi. Bestemmia contro Dio e la sua grande saggezza dividendo e ridividendo ogni nuovo giorno secondo un piano preciso. Lo spezza proprio come si farebbe con una noce di cocco servendosi di un coltello da boscaglia. Tutte le parti hanno un nome preciso: secondi, minuti, ore. Il secondo pi piccolo del minuto, che pi piccolo dell'ora; tutti insieme fanno un'ora, e sono necessari sessanta minuti, e ancora pi secondi, per arrivare a un'ora. Questa una cosa che ho assimilato male, che non ho mai capito bene, perch mi fa star male pensare pi del necessario a cose cos infantili. Il Papalagi fa di questo un gran sapere. Gli uomini, le donne e i bambini stessi, che ancora non si reggono sulle loro gambe, portano nei loro panni una piccola e piatta macchina rotonda [lorologio], che pende sul collo legata a spesse catene di metallo, oppure allacciata al polso con strisce di pelle, dalla quale sanno leggere il tempo 19.
19

Tuiavii di Tiavea, Papalagi, Stampa Alternativa, Roma, 1998, p. 34

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Come abbiamo visto, anche il termine futuro pu rivelarsi inadeguato nel contesto dellanalisi contrastiva perch, essendo il tempo circolare nelle culture rivelative, il suo corso prevedibile e determinabile dalluomo con atti rituali. Un pattern che pu essere ripetuto con unevocazione precisa e determinata. Un esempio pu essere dato dalla musica rituale che caratterizza le culture rivelative. Il ritmo costante, oltre a produrre una trance estatica una fondamentale forma di contatto con gli Dei simbolizza e determina il costante ritorno della stessa frase-evento. Se paragonato alla frase musicale, lUrzeit ritorna costantemente e ritmicamente grazie allevocazione della civilt rivelativa proprio come la frase ritmica-musicale ritorna costantemente grazie allatto determinante del percussionista rivelativo. il Sacro stesso a rivelarsi attraverso il ritmo e ad ispirare qualsiasi composizione. Anzi, il Sacro stesso a comporre attraverso luomo rivelativo che ne il canale. Luomo mitico-rituale che opera in tal modo, pu essere detto Canale rivelativo.

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Capitolo 3

LArtista e il Canale rivelativo


Invano, o artista pretendi di essere il creatore delle tue creazioni esse vagano da sempre sulla terra, inattingibili allo sguardo Pavel Florenskij

Un aspetto molto importante da chiarire in unanalisi contrastiva che coinvolga due culture del tutto altre, come la cultura occidentale egocentrata e le culture mitico-rituali, di chiara matrice rivelativa, quello dellazione. Lazione figlia dellintenzionalit che sta a monte di ogni atto, egocentrato o rivelativo che sia. Se analizziamo attentamente queste due posizioni coscienziali, scopriamo che la differenza non sta tanto nellazione in s, nellazione compiuta, n nel motivo che la genera. La fondamentale alterit va vista piuttosto nel concetto stesso dellagire. In un contesto mitico-rituale luomo non compie da solo unopera, egli sempre sostenuto dalla comunit.

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Lazione non compiuta dallio, ma accade tramite luomo. Non v quindi un soggetto che si appropria dellazione, sempre il Sacro ad agire. Ci vale anche per la produzione del manufatto artistico che attenzione nei contesti mitico-rituali non mai Arte ma sempre un catalizzatore cultuale. Esso non inventato ma canalizzato. Per poter parlare dell artista rivelativo mi sembra quindi doveroso e necessario introdurre un termine che gli sia appropriato, un termine che abbia una connotazione pi adatta alle sue caratteristiche e che nel contempo non ci faccia cadere in equivoci nella fase di analisi. Essendo luomo della rivelazione prettamente un canale attraverso cui il Sacro viene a manifestazione, lo si potrebbe definire Canale rivelativo, canale impersonale attraverso cui il Sacro si rivela. Il canale rivelativo non realizza quindi alcuna opera, egli piuttosto permette allo Hieros di incarnarsi attraverso di lui. Tale visione ci allontana dalla tradizionale concezione dell arte dellaltro: il canale rivelativo esattamente lopposto dellartista. Questultimo il facitore, il realizzatore di unopera che, pensando, ha inventato; un soggetto che, osservando, ha cercato di imitare la Natura; una noesis soggettiva che, elaborando i dati della hyle, ha cercato di rappresentare il pi fedelmente possibile la Natura, loggetto estroflesso, il fuori-da-s. Luomo rivelativo invece il

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canale che il Sacro ha scelto per incarnarsi. La raffigurazione, la quale non rappresentazione ma vera e propria incarnazione, avviene per intuizione-rivelazione, mai per invenzione. Non luomo a dipingere ma il Sacro stesso: Esso si rivela mediante uno strumento rivelativo, il canale rivelativo. Lartista egocentrato, invece, come si comporta? Egli figlio della sua propria ispirazione e padre di uninterpretazione operata sui propri sensi e sulla propria conoscenza. un operaio razionale. Lartista, metabolizzando il proprio erlebnis egocentrato, d al fruitore dellopera la sua personale interpretazione della realt. Questo processo di individualizzazione si andato sempre pi acuendo negli ultimi secoli in Occidente: se pensiamo alla fondamentale differenza che intercorre tra un dipinto medievale e un dipinto impressionista o cubista, assistiamo a un progressivo processo di personalizzazione. Dal Medioevo ad oggi, gli artisti, individualizzandosi

progressivamente, hanno posto il proprio inconfondibile marchio sulle loro opere. Tutta la produzione medievale caratterizzata da impronte distintive regionali o cronologiche e non facile distinguere un autore dallaltro: distinguere un dipinto di

Cimabue da quello di un Duccio di Buoninsegna unimpresa pi ardua di quanto lo sia la distinzione tra un Klimt e un Chagall.

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Duccio di Buoninsegna Madonna Rucellai

Cimabue Madonna con Bambino

Gi in Grecia si pu gi avvertire un

processo di progressiva

personalizzazione degli artisti di cui un sintomo lapposizione della propria firma sullopera: i vasai, ad esempio, appongono la firma sulle proprie opere. Vale qui ricordare anche lesempio di Esiodo il quale firma la sua Teogonia affermando: Lho scritta io. Nellarte rinascimentale possiamo distinguere pi facilmente che per larte medievale gli autori delle opere: il Rinascimento chiama lartigiano fuori dallanonimato ponendo i presupposti per la nascita

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della figura dellartista moderno. Maestri come Botticelli, Andrea del Sarto, Giorgione, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Tiziano, Michelangelo, Raffaello, Rosso Fiorentino, Pontormo, Bronzino e

altri, mostrano delle particolarit stilistiche molto pi pronunciate di quelle degli artisti medievali.

Sandro Botticelli La nascita di Venere

Pontormo Deposizione del Cristo

Tiziano Danae

Masaccio Crocifissione

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Facendo un salto in avanti, vediamo che lArte dellOtto-Novecento ancora pi particolarmente individualizzata: in essa, oltre alle gi citate impronte personali, possiamo vedere le impronte psicologiche dei singoli artisti. Non pi presente il tentativo di imitazione della Natura, di ci che allesterno, ma unattenzione, una ricerca di ci che allinterno. Gli artisti, dallOttocento in poi, sono totalmente orientati sulla rappresentazione e la scoperta dellinconscio, sullimpressione, sui moti segreti dellanima, sui movimenti inavvertibili della psiche umana e sulla sua rappresentazione, sul funzionamento del vedere e il suo collegamento con la coscienza. Un Magritte evidentemente riconoscibile e facilmente

differenziabile da un Dal. Anche locchio meno esercitato capace di distinguere gli stili dei due pittori.

Salvador Dal Donna, cavallo paranoico Ren Magritte Il Donatore

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facile riconoscere la diversit intercorrente tra le sintassi figurative di Gauguin e Renoir i quali, pur avendo la stessa radice culturale e vivendo nello stesso paese e nello stesso periodo storico, presentano delle fondamentali differenze stilistiche, differenze che riflettono un processo di individualizzazione delloccidentale che andato molto avanti.

Paul Gauguin E loro dei loro campi

Auguste Renoir Le Moulin de la Galette

Gli stili degli artisti pi recenti sono pi facilmente identificabili proprio perch lego dellOccidentale si particolarizzato ed cresciuto in modo davvero rilevante. Ogni ego diverso dagli altri, ogni ego ha il suo particolare vissuto e le sue particolari reazioni, ogni ego come unisola separata dalle altre da chilometri di mare.

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Di conseguenza, la rappresentazione che lego occidentale d del proprio vissuto varier in base al proprio personale background. Ancora pi avanti, uscendo dai periodi Impressionista e Simbolista e andando verso larte dei nostri giorni, si pu vedere come lartista occidentale abbia assunto posizioni prettamente filosofiche e sempre pi personali. Possiamo qui citare lesempio di Lucio Fontana, artista che usa soltanto imprimere tagli sulle proprie tele. Tale atto motivato dallidea filosofica dello sfondamento del piano. Lartista cerca cos di creare una discontinuit del piano spaziale squarciandolo. C in tal modo unapertura al nuovo, un invito tutto filosofico: larte in tal caso strumento della filosofia, di unidea concepita da un artista o da una corrente.

Lucio Fontana Concetto spaziale, Attese

Alberto Burri Sacco 5

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Particolare anche il caso di Alberto Burri, un artista che usa materiali di reimpiego quali sacchi vecchi, stracci, ecc., tutti cuciti insieme. Egli cos non raffigura la materia ma la esibisce direttamente. Questi due stili, entrambi caratterizzati da forti impronte personali, sono assolutamente facili da attribuire ai rispettivi autori. Da ci si evince che, negli ultimi secoli, lOccidente ha vissuto un processo di individualizzazione che lo ha portato alla situazione presente. La psicologia, studiando linconscio e il particolare modo di funzionare di ogni singolo individuo, ha stimolato gli indigeni dellOccidente a differenziarsi, a crearsi un personaggio, una personalit. Oggi in Occidente si tende a rifiutare ogni forma di tradizione per sfuggire allomologazione, per non contaminare le proprie idee. Difendere le proprie idee un imperativo per loccidentale egocentrato. Questultimo agisce partendo da un centro, egli si sente quindi padre delle proprie azioni e delle proprie idee. Come si arrivati a tale situazione? A partire dagli Antichi Greci in poi, la cultura occidentale subisce una singolare deviazione: luomo non si affida pi al Sacro rivelato, non si fida pi dei fenomeni che ha davanti, cerca ci che v dietro. Da questo momento in poi, dopo la frattura tra lapparire e lessere nasce

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la Filosofia, il tentativo di indagare e pervenire alle radici del Reale, alla fonte del Vero, della Verit che sta sempre dietro la vita, la quale va scoperta. Ci implica che questa verit separata dalla vita. Lo sviluppo di tali metodi di indagine ha sempre pi separato lOccidentale dalla semplice vita a contatto con la Natura, come si dice oggi. Tale posizione di ricerca ha separato luomo dal contatto con il Sacro nella vita stessa. In seguito alla nascita della Filosofia, nasce la Scienza la quale si assume il compito di spiegare il perch del mondo, il suo funzionamento, le sue cause, ecc. Gli innumerevoli sviluppi del sapere hanno portato alla nascita di nuove branche quali la Psicologia, che ha dato nuovo incremento alla scoperta e allindagine di se stesso alloccidentale. Tale tortuoso percorso ha caratterizzato per forza di cose anche il modo di percepirsi e di percepire delluomo egocentrato,

determinandone anche gli sviluppi nellarte. Se quindi oggi larte presenta al suo interno una grande differenziazione e caratterizzazione egologica, la causa da attribuire al grande giro compiuto dalluomo occidentale per scoprire la Verit, per seguire la Natura che si nasconde.

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A differenza di questultimo, luomo rivelativo non ha bisogno di scoprire la Verit in quanto essa gli costantemente elargita dalla grazia del Sacro. Egli non ha nulla da scoprire perch ha tutto. Non ha quindi bisogno di alcuna Scienza che gli dia conferme: egli non ha dubbi. Questo il motivo per cui a un occidentale medio le culture rivelative sembrano arretrate. Il motivo di tale interpretazione fornito dalla nostra totale identificazione del progresso umano con il progresso scientifico-tecnologico: tale sovrapposizione venuta in essere in quanto, separati dal Sacro, abbiamo avuto bisogno di una stampella resistente che potesse sostenerci. Questa stampella rappresentata dalla Scienza, una scienza orfana della rivelazione e quindi raminga alla ricerca di qualche valore che possa dirsi autentico. Con tale scissione dal Sacro, loccidentale pone i presupposti per la nascita in s di un agente separato che fa a prescindere da ci che fuori (il mondo) e a prescindere dallo Hieros (il Sacro). proprio in questo periodo a partire dal V secolo a.C. che si assiste alla nascita della prospettiva, tecnica usata dapprima per creare illusioni scenografiche teatrali, poi sempre pi in uso per motivi pittorici. Lentamente, loccidentale arriva ad appropriarsi di tale tecnica fino a ritenerla indispensabile e a vederla come il solo giusto modo di dipingere.

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Il grande studioso e filosofo Pavel Florenskij a tal proposito ha scritto: proprio vero che la prospettiva, come sostengono i suoi fautori, esprime la natura delle cose e pertanto deve sempre e comunque essere considerata come presupposto assoluto di veridicit artistica? O piuttosto solo uno schema (e per di pi uno dei possibili schemi di rappresentazione) che corrisponde non alla percezione del mondo nellinsieme, ma solo a una delle possibili interpretazioni del mondo, legata a un ben determinato modo di sentire e di comprendere la vita? O ancora: forse la prospettiva, limmagine prospettica del mondo, linterpretazione prospettica del mondo, unimmagine naturale, della stessa essenza del mondo e da esso scaturita, autentica parola del mondo, o piuttosto soltanto una particolare ortografia, una costruzione fra le tante, caratteristica di coloro che lhanno creata, appartenente al secolo e alla concezione di vita di coloro che lhanno inventata, e che esprime il loro stile, ma che non esclude affatto la possibilit di altre ortografie, di altri sistemi di trascrizione, che corrispondano alla concezione di vita e allo stile di altri secoli? E per di pi, forse, sistemi di trascrizioni pi legati alla sostanza pi vera di questa, perch, in ogni caso, la trasgressione di quella trascrizione

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prospettica, alla fine turba cos poco la verit artistica della rappresentazione, quanto gli errori di grammatica nella scrittura di un santo turbano la verit vitale dellesperienza da lui riportata 20. La prospettiva la prova materiale dellesistenza dellosservatore, del testimone oculare quale unico punto di vista. Un dipinto prospettico pu essere visto perfettamente soltanto da un punto, il punto di vista del soggetto, separato dalloggetto. La prospettiva quindi una tecnica di rappresentazione soggettiva del dato iletico: un soggetto fa da sfondo ai dati sensoriali, li organizza in funzione dellio osservante, dellio paralizzante che rende immobile e ordinata la realt sempre mutevole e variegata del dato. I dipinti non prospettici, invece, sono sempre caratterizzati da una postura rivelativa in quanto non presente un soggetto, un testimone oculare. Una sintassi figurativa non prospettica ha una logica totalmente altra da quella egocentrata: non v illusione ottica e le cose sono presentate (non rappresentate) per come sono nella loro totalit. Inoltre, i dipinti rivelativi non sono un segno-simbolo della cosa raffigurata, ma la cosa stessa incarnata nel segno. Apparire ed essere non sono separati ma coincidono in un realismo segnico: nel segno presente lEnte stesso.
20

P. Florenskij, La prospettiva rovesciata e altri scritti, Gangemi, Roma 2003, pp. 79, 80

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Il Libro dei Morti Egizio Pesatura dellanima

Possiamo fare lesempio di questa pagina del Libro dei Morti Egizio: qui coesistono pi livelli spazio-temporali. Limpaginazione, come direbbe un Occidentale, caratterizzata in modo paratattico: le gambe e i piedi sono visti di profilo con entrambi gli alluci a vista, il busto ripreso frontalmente, la testa nuovamente di profilo ma locchio presentato di prospetto. Tutti questi dati sono visti in contemporanea, in un medesimo spazio. Vediamo quindi pi tempi ad animare un solo spazio; numerosi tempi e quindi numerose posizioni, come se

losservatore avesse occhi dappertutto. In realt, in tali presentazioni non v osservatore alcuno. Non si tratta di rappresentazione, infatti,

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ma di presentazione senza soggetto, senza io osservante, senza il punto di fuga, immagine proiettata dallio sulla superficie pittorica. Come abbiamo visto, nella cultura rivelativa il Sacro ad agire attraverso il suo Canale rivelativo. Questultimo non si pone alcun problema di ispirazione in quanto non lui a compiere lopera; egli ci che ne consente lespressione manifestativa. Luomo rivelativo paragonabile a una radio che trasmette fedelmente e integralmente il messaggio del Sacro. Lartista egocentrato, invece, come un giornalista che fa un reportage su quanto ha visto e vissuto, reportage che sar necessariamente influenzato dalla sua interpretazione, dalla sua particolare sintesi noetica dei dati della hyle.

In ogni caso, luomo, che si parli di artista o di canale rivelativo, imprime sempre la propria impronta su ci che fa, unimpronta coscienziale, limpronta della propria cultura. Tutti gli stimoli e le reazioni personali e culturali sedimentati in noi, i dati che si riferiscono alla nostra specie, alla nostra razza e, in ultimo, alla nostra cultura di appartenenza, influenzano la nostra modalit di approccio al mondo. Tali dati sono presenti allinterno e generano una risposta quando luomo stimolato in qualche modo. quindi la cultura-in-noi a rispondere a uno stimolo, anche se naturale; la cultura a determinare quale sar la nostra risposta alla continua sfida a cui ci

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invita lesistenza. La qualit della nostra azione-reazione dipende dal nostro background coscienziale e quindi culturale, ed tale background a determinare se latteggiamento comportamentale sar di tipo egocentrato o rivelativo. NellAntica Cina, il grande saggio Lao Tze introdusse il termine Wuwei, non-agire, letteralmente nulla (wu) agisce (wei): questo concetto ci indica che lazione non egocentrata, una non-azione, unazione in cui non presente un soggetto che si appropria dellesperienza dellagire stesso. In Wu-wei non c attore, ma solo azione libera dal soggetto. In tale azione nulla agisce perch non c un soggetto, il pensiero Io che fa da sfondo e d tono allagire; non v un attaccamento allazione. Il non-agire non quindi lo star fermi ad attendere qualcosa ma lagire privo di ego, lagire non egocentrato, senza un soggetto determinante e condizionante lesperienza. Il non-agire quindi un continuo moto-cangiamento della hyle senza un soggetto-sfondo, senza un quadro di riferimento continuo che crei il soggetto. C noesis, ma non c soggetto in quanto noesis e hyle non sono separate. Gli Ind, parlando dellego, non lo considerano unentit a s stante ma una sensazione, un fenomeno: nei testi sacri dellInduismo soprattutto nelle Upanisad, si parla di ahamkara, cio di senso

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dellio. Questo senso dellio descritto come una percezione fallace, illusoria come lo un miraggio. Questa cultura non considera lio come un blocco solido ma come un fenomeno passeggero, discontinuo e assolutamente impermanente. Bisogna comunque notare che nellInduismo la dissoluzione dellio lo stadio finale del Sentiero della Liberazione dalla catena delle continue rinascite, il Samsara. Tale liberazione porta allo stato ultimo, definito Nirvana. Se quindi c liberazione da un ahamkara, ci implica che questo ahamkara (il senso dellio) era presente gi precedentemente: la differenza sta proprio nel fatto che loccidentale si considera un io, si percepisce come un blocco unico, unentit solida esistente di per s mentre lindigeno di una cultura rivelativa vede lio come ahamkara, una sensazione, una nuvola passeggera che va dissolta e non sviluppata, particolarizzata, premiata o punita. Un soggetto non potr quindi mai unirsi ad alcun oggetto per quanto vicino esso sia: il soggetto non potr mai essere unito al Sacro in quanto pieno di s. Solo un centro vuoto sar capace di contenere il Divino, e tale centro la coscienza in postura rivelativa: una noesisspecchio, impersonale. Finch c un soggetto, ci sar sempre divisione e separazione a tutti i livelli della coscienza.

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il soggetto stesso a proiettare unazione e un attore: se non c il soggetto, non c neppure unazione n un fine da realizzare in quanto senza centro non v perseguimento alcuno. Senza colui che compie lazione, il concetto stesso dellagire non ha senso: chi agisce se non c un io? Anche il concetto di agire soggettivo si rivela inappropriato se sovrapposto a una cultura rivelativa. Il soggetto-attore sempre in relazione duale con loggetto-evento, e senza soggetto non v alcun evento testimoniato n un attore-agente: v soltanto un essere agito da figure potenti o non a seconda del caso. Lesperire un evento quindi unattivit proiettiva del soggetto. Lio obbiettivante, la mente semantizzante chiude e apre, resta impressionata, si protende e rievoca momenti vissuti ed esperienze. Lio proietta un evento, poi ordina e mette insieme i dati sensoriali esperiti e cos crea la memoria. Questattivit potrebbe essere definita ripartizione noetico-percettiva. come se si volesse arbitrariamente dividere in parti una sinfonia musicale che un tuttuno; cos si comporta il soggetto nei riguardi della vita: scinde la sinfonia-vita la quale senza cesure in varie tracce laddove non v alcuna divisione. Cos accade con gli eventi, piccoli vagoni formanti lunico treno-vita la cui motrice nel caso delluomo egocentrato la mente-soggetto.

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tuttavia sintomatico che anche in Occidente, nel 900, alcuni artisti cerchino la naturalezza del gesto senza soggetto, dellazione senza mente, del Wu-wei, appunto. Pensiamo qui alla corrente inaugurata da Wassily Kandinsky, Der Bleu Reiter, la quale si prefisse di trovare e rappresentare la freschezza, la naturalezza del bambino privo di conoscenza mediante luso del Segno improvvisato. Lartista doveva semplicemente svuotarsi di ogni soggettivit e lasciare che la mano agisse, senza sapere cosa stesse accadendo.

Wassily Kandinsky Improvisation 26

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Tale tecnica rivel dei risvolti quasi terapeutici per gli artisti, i quali lasciavano affiorare i contenuti del proprio inconscio senza porre barriera alcuna. Questi anni furono di grande fermento per tutta la cultura occidentale, anni in cui, grazie alla stampa e allinvenzione di nuovi mezzi mediatici, loccidentale cominci ad avere accesso a qualsiasi tipo di informazione, ad ogni tipo di cultura. Fu lOriente a fare un pi grande effetto sugli intellettuali occidentali i quali restarono fortemente colpiti dalla sua genuinit e dal suo diverso approccio alla realt, approccio che elude la mente, elude il processo intellettuale, indispensabile per noi. Anche i filosofi, come Arthur Schopenauer (si pensi allinfluenza esercitata su di lui dalla Baghavad Gita, il Vangelo indiano), furono affascinati da questo altro mondo e in Europa e in America si cominci a delineare unoriginale sintesi tra Occidente egocentrato e Oriente rivelativo. Tale processo di sintesi tocc e coinvolse gli artisti i quali, come Wassily Kandinsky, Jackson Pollock e Franz Marc, introdussero nel proprio modo di fare Arte i concetti e le filosofie altre.

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Franz Marc Due gatti

Soprattutto Franz Marc cerc di catturare la naturalezza e la spontaneit degli animali nei suoi dipinti: egli, in tal modo, stimolava il fruitore a orientarsi verso un livello pi autentico del vivere, pi vicino a una condizione dellessere che i filosofi occidentali hanno definito primeva, non contaminata. Luomo occidentale prova una sorta di anelito verso una condizione che sente di aver perso, una condizione naturale che stata compromessa dalla presenza e da uno sviluppo ipertrofico del suo ego.

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Edward Munch LUrlo

Il grido di denuncia a una societ corrotta si pensi alleloquenza dellEspressionismo testimonia una notevole presa di coscienza della crisi vista e vissuta dallinterno della cultura stessa. NellOttocento numerosi artisti parigini, tra i quali Paul Gauguin, emigrarono in terre lontane e incontaminate per ritrovare l la condizione naturale che sentivano di aver smarrito a causa di uneccessiva coazione culturale.

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Paul Gauguin Te tamari no Atua

Essi provarono a ricominciare una nuova vita e chi fra loro ritorn in patria fu accolto come un eroe, come un uomo che aveva saputo dire no al condizionamento della rigida cultura occidentale. Lo sfaldamento di tale cultura, linizio del processo di perdita del centro culturale occidentale, cominciava a dare i suoi primi segnali.

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Capitolo 4

La luce rivelativa e lombra egocentrata


Era come se case, porte, templi, e ogni cosa fosse completamente svanita, come se non ci fosse nulla da nessuna parte! E ci che vidi era un mare di luce, infinito e senza sponde; un mare che era coscienza. Ramakrishna

In seguito alla nascita e allo sviluppo della prospettiva, in Occidente si sviluppano altre tecniche di illusionismo visivo, quali il chiaroscuro, il gioco di luci ed ombre. Tale esigenza stilistica ha dato incremento alla ricerca tecnico-scientifica: elaborando i principii di Aristotele fu creata la Camera oscura, un importante mezzo di osservazione e rappresentazione del dato percepito. Gli artisti si orientarono sempre pi sullillusionismo prospettico e ci comport una tipologia rappresentativa alquanto particolareggiata. Se infatti la

rappresentazione pittorica aveva una prospettiva, essa aveva anche un punto di vista e un punto di fuga, doveva essere inscritta in un contesto spaziale ben determinato, condizionato dai riflessi della luce che tocca gli oggetti e, di conseguenza, dalle ombre che questi proiettano in seguito allesposizione alla fonte illuminativa.

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Lentamente, si assiste ad uno sviluppo illusionistico sempre pi particolareggiato, sempre pi usato dagli artisti e sempre pi stimato dai fruitori delle opere stesse: chi meglio d lillusione del vero, meglio capace di dipingere. Nel periodo dellarte moderna gli artisti pi bravi sono quelli che sanno illudere meglio losservatore, quelli che meglio riproducono latto del vedere di un solo attimo e da un solo punto (la visione prospettica, appunto); quelli che meglio sanno ricreare le sfumature del colore degli abiti, delle frange dei corsetti, delle onde agitate dei panneggi. Alcuni artisti tra i quali il Mantegna, Cosm Tura o il Foppa sembrano dipingere con materiali scultorei quali il marmo o il bronzo.

Mantegna Compianto sul Cristo Morto

Foppa La Madonna del Libro

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Lo scopo di ogni pittore che sia degno di tale epiteto quello di rappresentare il pi fedelmente possibile il reale, ci che viene visto ed esperito dalla mente-soggetto. Giorgio Vasari a tale proposito, nelle sue Vite , scrive dei pittori competenti: [...] arecarono grande utile e perfezzione nel disegno et invenzione della prospettiva e nello sfumare et unire de' colori riservando sempre la maniera di Giotto 21. Artisti come Paolo Uccello compiono dei notevoli studi prospettici, delle straordinarie ricerche per risolvere i pi disparati problemi geometrico-figurativi.

Paolo Uccello Presentazione di Maria al tempio


21

G. Vasari, Le vite de pi eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a tempi nostri, Einaudi, Torino 1986, p. 234

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Ogni dipinto prospettico deve avere per forza lombra al suo interno; in un dipinto prospettico presente sia una fonte di luce esterna al soggetto rappresentato sia una fonte coscienziale, rappresentata dal punto di fuga, che una proiezione dellosservatore. Il punto di fuga infatti la diretta proiezione del punto di percezione, rappresentato dal nostro centro percettivo, il cui strumento sono i nostri occhi. Nellarte prospettica (quindi tridimensionale), sempre presente una luce laica, esterna agli oggetti in quanto tali dipinti sono delle rappresentazioni, dei links che ci rimandano alloggetto-esperienza. Tale luce esterna proietta unombra che sinterseca alle invisibili linee prospettiche, lombra di un solo momento, di un solo pomeriggio autunnale, lombra di un solo giorno, un giorno irripetibile e che non ritorner mai pi. Tale ombra-luce, crea insieme al soggetto-oggetto cio al rapporto intercorrente tra losservatore-punto di fuga e gli oggetti rappresentati una griglia tridimensionale in cui presente lillusione di uno spazio reale, processo che logico soltanto per un occidentale egocentrato.

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Rembrandt Studioso in meditazione

Nelle presentazioni rivelative, la luce invece sempre dentro gli oggetti, emana da essi. Il dipinto rivelativo non ha tempo, in quanto offre la presenza continua dellEnte presentato. Nelle presentazioni rivelative anche lo spazio altro dalla sintassi figurativa egocentrata: esso paratattico, mostrato per intero (in tutti i suoi lati visibili e non visibili dalla posizione immobile del soggetto), non scortato prospetticamente. In alcune icone i santi sono presentati di prospetto, frontalmente, con tutti i lati del volto a vista in modo che tali immagini sembrino vive. Un esempio ci fornito dalle Icone russe del XIV e XV secolo: in esse possiamo vedere uno spazio non tridimensionale, quindi non

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illuminato da una fonte ma auto-illuminato, v una luce interna, una luce che fuoriesce dallo stesso dipinto.

Anonimo russo St. Nicolas

A una analisi pi accurata delle icone, risulta evidente che anche i corpi compresi entro superfici curve sono resi con scorci esclusi dalle regole della rappresentazione prospettica. Sia nelle figure curvilinee che in quelle rettilinee, licona mostra spesso dei dettagli e dei piani che non possono essere visibili simultaneamente, come si apprende in modo ovvio da un qualsiasi elementare manuale di prospettiva. Di conseguenza sono visibili entrambi le pareti laterali delle facciate di edifici rappresentati in una visione perpendicolare; del Vangelo si

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vedono, simultaneamente, tre lati e persino la costa, il viso rappresentato con tempie, orecchie e sommit cranica voltati in avanti e quasi dispiegati sulla superficie dellicona, con alcune parti della superficie del naso e di altre parti del viso, che non dovrebbero essere visibili, voltate verso lo spettatore, e persino con superfici che invece dovrebbero essere naturalmente voltate in avanti, rivoltate in senso inverso 22. Di conseguenza, in tali dipinti la luce interna, non v alcuna rappresentazione di una fonte di luce esterna in quanto non v nemmeno la fonte coscienziale, perch non v osservatore alcuno. Senza osservatore (quindi senza prospettiva), la luce non pu essere manipolata in funzione di un punto di fuga o di un centro: essa deve essere per forza onnidiffusa e onnicentrata in quanto la presentazione rivelativa ha vita propria. Si pu dire che il pittore egocentrato dipinge con lombra portata, con il modellato, mentre il canale rivelativo dipinge con la luce, luce che non ha punto di diffusione in quanto in esso assente la fonte coscienziale, il punto di fuga. In Occidente soprattutto a partire dal 600, si assiste allo sviluppo di una maniera pittorica che ha la caratteristica di venire fuori
22

P. Florenskij, La prospettiva rovesciata e altri scritti, Gangemi, Roma 2003, pp. 73, 74

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dallombra, quasi per via di levare. Si pensi alle opere del Caravaggio, uno dei pi grandi artisti di tutti i tempi dellOccidente. Nelle sue opere le forme affiorano dal buio, un buio tenebroso che d risalto alla luce stessa, un buio che caratterizza la particolarit della forma e ne esalta il carattere. Nel dipinto La vocazione di San Matteo c una fonte di luce che proviene dalla parte destra del dipinto: tale impaginazione caratterizza tutta la sintassi pittorica dellopera.

Caravaggio La vocazione di San Matteo

La luce proviene dalle spalle del Cristo e sembra seguire il suo dito che indica Matteo, il quale nellombra, con gli occhi fissi sul banco. Tale luce pomeridiana caratterizza i personaggi, mette in risalto le loro

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particolarit psicologiche, le loro espressioni, la loro indole. Il moto delle mani dei personaggi un gioco di molteplici spinte spaziali tutte convergenti in un solo punto: il futuro Apostolo Matteo. Il verismo, a un tempo mitico e quotidiano, che tale Maestro riesce a esprimere, la qualit indiscutibile dellattenzione psicologica con cui sono rappresentati i personaggi di tale atto resa efficace dalluso del gioco di luci ed ombre per mettere in risalto proprio la luce. Lombra indefinita definisce e caratterizza tridimensionalmente la forma-luce definita per via di levare. Tale tecnica, dopo Caravaggio, fu usata da numerosi artisti occidentali tra cui Jan Vermeer. Un capolavoro di questartista fiammingo di fine 600 La ragazza col turbante, un volto di donna che ci guarda girata di spalle, un volto che viene fuori da un fondo scuro, unoscurit che testimonia lincertezza dellignoto, lignoto che circonda il conosciuto, che lavvolge e lo penetra in modo sempre nuovo e misterioso. Questo il mistero espresso da tale dipinto: la luce si mantiene grazie allombra, il noto sostenuto e messo in risalto dallignoto in unatmosfera di sospensione che desta unemozione senza nome. Tali tecniche sono la diretta proiezione della filosofia occidentale: c sempre un mistero che va svelato, un ignoto che non si sa e non si d, un ignoto-oggetto che va svelato facendo un passo pi avanti, andando

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Jan Vermeer La ragazza col turbante

un po pi oltre; un ignoto che va reso noto mediante un atto di scoperta, un atto dellio che si appropria dellignoto per convertirlo in scienza-conoscenza. Lio-Perseo sconfigge e asservisce a s la NaturaMedusa. Il soggetto-conoscenza sconfigge e si appropria loggetto-ignoto. Tali dipinti sono delle rappresentazioni, delle raffigurazioni di un tempo passato, di un tempo irreversibile che fu e che non torner. In essi presente lombra in quanto in Occidente si tende a raffigurare il percepito nel modo il pi fedele possibile: il soggetto che osserva da un determinato punto, vede giochi di ombre, di luci, vede le linee

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convergere prospetticamente, percepisce grazie a una luce di cui non pu vedere la fonte ma di cui intuisce la presenza.

Caravaggio La cena di Emmaus

In un contesto rivelativo non vi sono tali condizioni: non essendovi il soggetto, non v punto di fuga, quindi non v prospettiva e non v fonte di luce alcuna. La luce emana dalloggetto stesso. Possiamo fare lesempio di questa icona russa che presenta il Figlio Unigenito. In tale presentazione possiamo notare lassenza assoluta dellombra. Tutto luce, luce sfumata a vari gradi, ma lombra assente dai personaggi che scandiscono limpaginazione del dipinto.

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Il Figlio Unigenito (Russia, XIV XV sec.)

Le zampe del leone cavalcato dalla Morte in basso a sinistra non poggiano su un solido piano spaziale n la figura proietta ombra; il Figlio Unigenito al centro dellicona poggia su un podio non scortato prospetticamente, un solido di cui sono mostrati pi lati allo stesso tempo; le rocce sembrano quasi abeti dorati, che scendono gradualmente con una scansione a punta di ramo; gli edifici, oltre a non essere proporzionati alle figure, presentano anchessi pi lati allo stesso tempo, sintetizzati paratatticamente in una sola visione impossibile secondo i dettami prospettici. Anche la croce al centro

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del dipinto presentata in pi lati insieme, scortata come se fosse dipinta sia frontalmente che di lato. Tale sintassi pittorica anche se occidentale non va vista come una deficienza tecnica: dovendo presentare e non rappresentare un evento, i pittori di icone preferiscono evitare di usare una tecnica che immobilizza e caratterizza in modo univoco un evento che invece devessere continuamente rinnovato ogni volta che lo si osserva. Il fedele coevo di quel tempo ogni volta che gli davanti. Ci reso possibile anche grazie allassenza di prospettiva, allassenza del soggetto. Levento presentato sempre vero e attuale, non quindi un simbolo o un richiamo; non , come ho detto sopra, un link per usare un linguaggio informatico a noi familiare ma levento stesso che si d per come sempre. La non-prospettiva consente quindi di non determinare

soggettivamente un evento che proprio per tale motivo non da raccontare, ma da rivivere ogni volta che lo si osserva. Non un caso che le icone servissero da strumento meditativo ai monaci cristiani: essi, infatti, cercavano non di ricordare un evento storico passato, ma di riattualizzare levento del tempo forte, il sacro Urzeit, nella propria vita religiosa.

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Licona, non essendo caratterizzata da un piano spaziale continuo, dava loro lopportunit di arrivare inconsciamente ad una sorta di relativizzazione dello spazio, ad uno sfondamento che voleva essere anche uno sfondamento interiore, unapertura ad altre dimensioni interiori mediante la meditazione su un dipinto che non fosse caratterizzato da una dimensione univoca. A prescindere dal tema trattato, possiamo notare delle fondamentali alterit nellimpaginazione e nella presentazione o rappresentazione di uno stesso soggetto. Ad esempio, larte moderna, pur trattando soggetti simili, presenta una tipologia di impaginazione del tutto differente: la prospettiva vincola ad un preciso spazio-tempo il soggetto il quale, per tale motivo, non pu pi essere presentazione, ma semplicemente la rappresentazione di un tempo-ricordo, una commemorazione culturale di un evento gi trascorso. Il periodo dellarte moderna occidentale pieno di simili casi. Il seguente esempio, fornitoci da Masaccio, la rappresentazione di un tempo che non pi: non si tratta una presentazione, questo dipinto non ci rende coevi di quel tempo, esso esprime la drammaticit dellaccadimento, scorta tridimensionalmente il fatto come un evento storico, anche se mitico.

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Masaccio La cacciata dei progenitori dal Paradiso terrestre

La prospettiva assolutamente delineata, la rotondit dei corpi, le loro ombre lasciate sul sacro terreno del Paradiso terrestre, la sintatticit tutta egocentrata dello spazio, luso sapiente del realismo figurativo e coloristico, ormai saldamente impiantato in Occidente, determinano una certa immobilit sia spaziale che temporale. Tale situazione immobile pu essere vista da un solo punto-momento, presenta un solo spazio-tempo, una griglia ben precisa, con le sue coordinate.

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Pavel Florenskij chiama arte pura larte non prospettica proprio per sottolineare la genuinit di questultima. Ma strano: queste scorrettezze del disegno che apparentemente dovrebbero irritare profondamente qualsiasi osservatore che capisca levidente assurdit di questa rappresentazione, non destano invece nessuna sensazione spiacevole, ma sono accettate come qualcosa di necessario, anzi, addirittura piacevole. Non solo: quando sono messe una accanto allaltra due o tre icone di versione iconica pi o meno simile e, pi o meno, di pari qualit di esecuzione, losservatore ravvisa con assoluta certezza lenorme superiorit artistica dellicona in cui maggiore la trasgressione delle regole prospettiche, mentre le icone di disegno pi corretto appaiono fredde, senza vita e prive del bench minimo legame con la realt in esse rappresentata. Le icone pi creative per una immediata percezione artistica risultano sempre quelle prospetticamente erronee. Invece le icone che pi rispondono a un manuale di prospettiva, sono noiose e senzanima. Se permettessimo a noi stessi di dimenticare per un attimo le regole formali della prospettiva, uno spontaneo intuito artistico porterebbe chiunque a riconoscere la superiorit delle icone che trasgrediscono la prospettiva 23.
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P. Florenskij, La prospettiva rovesciata e altri scritti, cit., p. 74

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Unarte, quindi, che non d fastidio senso estetico, unarte che vivifica il dinamismo del soggetto presentato. La canalizzazione rivelativa non d origine a un tempo storico, lineare, proprio perch non v n inizio n fine, ma soltanto un ciclo infinito, un ciclo che, pur tornando sempre allinizio, non pu mai concludersi. La canalizzazione rivelativa non ha un punto di vista, non agisce per esprimere unemozione in quanto non c nessuno a provare alcuna emozione. Larte rivelativa (una contraddizione in termini, come abbiamo visto) non di un soggetto, in essa non v spazio per legotismo tanto noto allarte occidentale, soprattutto degli ultimi tempi. Larte pura, non prospettica, luce dinamica che si esprime da s, dipinto non fatto da mani duomo, come il caso dellIcona Acheropita del Salvatore. LIcona del Volto del Salvatore Acheropita, cio non fatta da mani duomo, come il Cristo stesso che si incarnato, nel grembo verginale di Maria, senza concorso duomo (cf. Mt 1,25; Lc 1,34-35); ed risuscitato, senza concorso duomo, per la sola potenza dello Spirito (1Pt 3,18).

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La tradizione lega leffigie del Volto


Anonimo Volto del Salvatore Acheropita

di

Cristo

Acheropita, al re Abgar, di Edessa, che la ricevette direttamente da Ges, al quale aveva inviato dei messi, per chiedergli la guarigione o per averne un ritratto. Cristo si bagn il volto e lo asciug con un telo di lino = il Mandylion, su cui miracolosamente simpressero i suoi lineamenti. Abgar, ebbe, cos la prima Acheropita = unimmagine non dipinta da mano duomo. Licona taumaturgica da Edessa fu portata a Costantinopoli il 15 agosto del 944, dove fu conservata fino al 1204, quando la capitale bizantina venne saccheggiata dai crociati. Tramite questi, licona giunse a Roma, dove veniva venerata in Vaticano col titolo di Veronica. LOriente cristiano conosce due feste riguardanti licona:

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il 16 agosto, festa della icona del Salvatore non dipinta da mano duomo; la prima domenica di Quaresima, che celebra il Trionfo dellOrtodossia, cio la vittoria degli iconoduli (coloro che venerano le immagini) sugli iconoclasti (coloro che distruggono le immagini). In questoccasione le raffigurazioni del Volto Acheropita di Cristo vengono esposte solennemente in tutte le chiese ortodosse. La venerata Icona non dipinta da mano duomo diventa il prototipo di tutte le rappresentazioni del Volto di Cristo, s da renderlo riconoscibile in ogni icona. Il fatto che tutte le icone si rifacciano il velo di lino con il Volto di Cristo, chiamato la Veronica (la vera Icona), fa parte della traditio, della trasmissione dellimmagine di quel Volto che, forse, ha lasciato traccia sulla Sindone, ora venerata a Torino. In questo modo il divieto del decalogo: Non ti farai idolo, n immagine alcuna di ci che lass nel cielo, n di ci che quaggi sulla terra, n di ci che nelle acque sotto la terra (Es 20,4), viene superato dallIcona stessa, perch essa non unimmagine fatta dalluomo, ma la raffigurazione del Volto che Dio stesso si dato per essere, tra noi, vero uomo. La funzione protettiva delle raffigurazioni dellIcona Acheropita del Salvatore spiega il motivo per cui esse trovavano frequentemente posto sui vessilli militari imperiali, e nella tradizione occidentale venisse riprodotta nei labari

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processionali (cf. lo studio di O. LILLIU, Il Volto Santo e la Sardegna). AllIcona Acheropita ci si rivolgeva con preghiere per ottenere la guarigione del corpo e dellanima: Noi peccatori tuoi servi, in balia delle nostre debolezze spirituali e corporali, cerchiamo il tuo Volto, o Signore, e con Davide tinvochiamo umilmente: Non distogliere da noi il tuo Volto, deponi la tua ira contro i tuoi servi. Vieni in nostro aiuto, non respingerci e non abbandonarci. O Signore molto misericordioso, Salvatore nostro, imprimi la tua immagine nelle anime nostre 24. Analogamente, in India si crede che gli di, in risposta a formule di consacrazione, scendano benignamente ad infondere la loro sostanza divina nelle immagini dei templi, che sono chiamati a quel punto troni e sedi (ptha) di quelle divinit 25.

24 25

Anonimo, Icona del Salvatore Acheropita in http://web.tiscali.it/sorres/Icsalv.htm J. Campbell, Mitologia primitiva, Mondadori, Milano, 1990, pp. 38, 39

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Anonimo indiano - Brahma

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Capitolo 5

Alcune consonanze
I pesci sono uccelli dentro il cielo oceanico, gli uccelli sono pesci nelloceano del cielo. Stefano Esposito

Dopo aver analizzato e messo in evidenza le alterit intercorrenti tra le modalit coscienziali egocentrate e quelle rivelative, opportuno segnalare alcune significative consonanze che, dal XX secolo in poi, possiamo ritrovare in gran parte dellarte di matrice occidentale. Lartista occidentale, pienamente in crisi a causa della suddetta perdita del proprio centro culturale, cerca una soluzione, una via duscita da questa stasi, adottando la maniera artistica dellaltro la quale, come abbiamo visto, arte non . Vi sono artisti occidentali che rimangono molto affascinati dalla cosiddetta Arte etnica. Molti approfondiscono la conoscenza della storia dei vari popoli, ne studiano la religione e i modi di rappresentare le cose o i propri di. Un grande artista occidentale che si sperimenta con le forme e lo spazio altri rispetto alla concezione occidentale Pablo Picasso: in numerose sue opere possiamo cogliere un approfondito studio dei modi di rappresentazione rivelativi. Anche nel rifacimento di famosi

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dipinti, egli adotta la maniera che da un certo punto in poi della sua vita, caratterizzer il suo stile. Dopo i due periodi Rosa e Blu egli si lancia in una nuovissima (per lOccidente) forma darte: stridente, fratta, non impaginata secondo i criteri estetici greci. Un valido esempio di questo nuovo approccio allo spazio da parte di Picasso il dipinto Les demoiselles dAvingon.

Pablo Picasso Les demoiselles dAvignon

In tale dipinto lo spazio fratto e spigoloso; le superfici sono stridenti, spezzate allimprovviso; vi sono come dei cubi che scandiscono la sintassi pittorica, ecco il perch del nome Cubismo.

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Anche il dipinto chiamato Guernica richiama immediatamente un tipo di maniera pittorica simile a quello mitico-rituale.

Pablo Picasso Guernica

Tale opera presenta le figure scortate da pi lati, come se non vi fosse il soggetto. I vari punti, i lati, le superfici e lo spazio-tempo sono mostrati in modo paratattico, iletizzato, non v ripartizione soggettiva in tali rappresentazioni (non si tratta infatti qui di presentazioni, in quanto Picasso resta pur sempre un Occidentale inculturato soggettivamente). Anche George Braque dipinge in modo paratattico, sovrapponendo gli spazi, rendendo gli oggetti trasparenti affinch possa essere visto ci che v dietro.

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Georges Braque Le Portugais (The Emigrant)

Se confrontiamo tali opere con una qualsiasi immagine prodotta da una cultura a fondamento mitico-rituale, vedremo una singolare consonanza di impaginazione. Tale sintassi figurativa , come abbiamo visto, una forma di impaginazione iletica, senza la presenza di un punto di vista continuo, senza un soggetto che osserva. Vale qui chiarire, tuttavia, che nel caso dei Cubisti artisti occidentali egocentrati tale tecnica dimpaginazione di tipo emulativo: essi non esperimentano il mondo in tal modo, ma si ispirano, prendono spunto dallo stile rivelativo. Il canale rivelativo, invece, sperimenta il mondo in tal modo, lo impagina cos e, forse, vedendo unopera

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occidentale che risponde a tutti i canoni estetici occidentali (per noi una bella opera, quindi), provi disgusto e disapprovazione verso di essa. possibile che lindigeno di una cultura rivelativa non digerisca unopera egocentrata proprio come lindigeno egocentrato ha difficolt a interpretare e a digerire lopera rivelativa. Tuttavia, proprio luomo egocentrato, a causa del suo lungo giro di ricerca scientifica del vero, si ritrova a tangere in alcuni punti larte rivelativa. Lartista francese Seurat, scopre che pu meglio rappresentare il reale usando la tecnica del puntinismo: tale modalit pittorica gli consente di rappresentare pi verosimilmente la stesura eterogenea dei colori sulla superficie, proprio come fa locchio per vedere.

Seurat Una domenica pomeriggio all'isola della Grande Jatte

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Possiamo notare questa modalit pittorica a puntini anche in numerosi dipinti della cultura aborigena.

Anonimo aborigeno Tartarughe nel fiume

La sintassi pittorica di tale dipinto aborigeno risulta molto meno fitta di quella di Seurat, tuttavia la matrice tecnica la stessa. C da dire che, comunque, il dipinto di Seurat resta unopera di chiaro stampo egocentrato, con il senso dellosservatore ben delineato e chiaramente proiettato. Le tartarughe aborigene, invece, restano pur sempre un dipinto di matrice non prospettica, non soggettiva, ma metamorfica. Lo spazio iletizzato e fratto, senza ombre, senza chiaroscuro, senza la nostra impaginazione spazio-temporale. Non v in esso ombra, e le tartarughe sembrano un po in acqua e un po fuori dallacqua. Non possibile determinare, con il nostro sguardo
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egocentrato, la posizione degli oggetti nel dipinto e non ci facile metabolizzare la sintassi figurativa di tale opera. In Seurat, invece, presente lombra; presente il punto di vista dellosservatore, anche se nel dipinto i puntini sembrano atomi che fanno da sfondo ad ogni cosa, resta pur sempre la presenza di un soggetto, di un osservatore, di una sintassi figurativa di tipo soggettivo, non iletizzata. Altri sorprendenti esempi ci sono forniti dagli studi compiuti da Futuristi quali Umberto Boccioni e Giacomo Balla sul processo dinamico del moto.

Umberto Boccioni La citt che sale

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Giacomo Balla Orbite celesti

Anche Marcel Duchamp, nella sua prima fase, si propone di rappresentare loggetto nella sua fase motoria infrangendo i comuni canoni occidentali dellimmobilit del soggetto rappresentato. Nel dipinto Nu descendant un escalier, ad esempio, possiamo vedere una rappresentazione della spazio-tempo del tutto nuova: pi momenti temporali e spaziali sono presentati sulla stessa superficie. Il corpo del soggetto rappresentato non si vede nei suoi abituali limiti, limiti immobili, ma esso in pi punti temporali del medesimo spazio.

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Marcel Duchamp Nu descendant un escalier

Un esempio simile lo possiamo ritrovare nella cultura assirobabilonese, dove le sculture raffiguranti i leoni e i tori ai lati degli stipiti delle porte hanno apparentemente cinque zampe. Tale interpretazione non sarebbe tuttavia corretta: lanimale, se visto a tre quarti, si presenta con cinque zampe. Tuttavia, tali presentazioni furono concepite per essere viste frontalmente o di profilo. Quindi, quella che ci sembra la quinta zampa, larto che doveva essere aggiunto alla vista di profilo: in tal modo, il leone o il toro non sembrava privo di zampa quando veniva osservato.
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Anonimo assiro Leone alato con testa umana

Anonimo assiro Toro alato con testa umana

Dato che tali figure erano concepite come vere e proprie presentazioni di esseri mitici, potenti, non si poteva presentare un dio mutilato, privo di un attributo. Ci avrebbe comportato unoffesa molto grave al dio in questione. Un altro artista occidentale che nel suo stile presenta qualche assonanza con i contesti mitico-rituali , a mio avviso, Vincent van Gogh: tale pittore adotta una tecnica di rappresentazione

dellimmagine da alcuni definita eterica. Tale inquieto artista sembra dipingere con un occhio che penetra la materia fino a trasfigurarla. come se egli vedesse le emozioni e le rappresentasse nelle tonalit coloristiche che inserisce nelle sue opere, soprattutto i ritratti.

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Vincent van Gogh Ritratto del dott. Gachet

Il dipinto La notte stellata, suo capolavoro, presenta anchesso tutte le caratteristiche eteriche di cui detto sopra. Il cielo sembra uno sconfinato oceano in cui le stelle sembrano boe sparse qua e l da una divina mano ricolma di intensit. Il tutto sembra fatto di luce, e qui possiamo ricollegarci alle opere di matrice rivelativa, alla luce rivelativa che permea tutto. Anche in van Gogh tutto luce. I materiali con cui dipinge le case restano luce, il cielo, pur se notturno, luce; le stelle sembrano soli, numerosi soli di mezzanotte e non v ombra.

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Vincent van Gogh La notte stellata

Abbiamo parlato del modo di dipingere con la luce tipico del canale rivelativo nel capitolo precedente. Tale maniera motivata dal fatto che, senza un soggetto, non v punto di vista; senza punto di vista, la luce dappertutto, onnidiffusa, effulgente dalla figura stessa nel suo presentarsi. Io personalmente non credo che van Gogh facesse eccezione rispetto agli occidentali egocentrati, piuttosto potrebbe essere possibile che Vincent vedesse qualcosa delle energie elettromagnetiche, lorgone eterico-elettrico diffuso nellaria. Molti pittori moderni si sentono chiamati a smascherare e a rappresentare la spregevole radiazione eterica che circonda certi uomini come una corazza aurale. Alcuni pittori dipingono come

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filosofi, esprimendo cos in immagini i loro pensieri interiori o ispirandosi al loro modo di sentire; altri, essendo visionari, dipingono cose che percepiscono realmente con i sensi. E tutti si sentono spinti a mostrare agli uomini che hanno una visione borghese della vita e dunque una coscienza unilaterale la terribile degenerazione del mondo e dellumanit come in uno specchio accusatore 26. Tale sinestesia percettiva, il vedere le emozioni, sembra ricorrere anche in alcuni popoli dellAfrica, delle Americhe, dellAustralia, in cui possiamo rilevare alcuni dipinti a raggi X, come vengono chiamati. Su tali modi presentativi gli studiosi sono ancora incerti. Il canale rivelativo presenta lente per come , quindi anche con la spina dorsale e gli organi interni a vista: tali attributi sono ci che d la vita allente, quindi indispensabili ai fini presentativi. Ricordiamo che, secondo la logica del realismo segnico, la figura lente stesso, ed un ente senza i propri organi vitali sarebbe morto. Tuttavia, tale modalit presentativa potrebbe essere anche motivata da una reale visione a raggi X: mi azzardo qui ad ipotizzare che gli Aborigeni non solo rappresentino ci che logicamente allinterno, ma che vedano effettivamente gli organi interni a causa dellassunzione di funghi, radici ed altre sostanze psicotrope. Tale interpretazione non nega la
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J. van Rijckenborgh, Dei Gloria Intacta, Lectorium Rosicrucianum, Milano, 1994, p. 179

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logica del realismo segnico: vuole essere soltanto una possibile interpretazione che va a completare il quadro della presentazione rivelativa. Tale supposizione non trova riscontro scientifico alcuno, ma non dimentichiamo che la Scienza occidentale d conferme soltanto a ci che essa stessa ipotizza. Quindi una tale ipotesi non viene proprio presa in considerazione dalla Scienza. Come abbiamo visto, possibile determinare il modo di impaginare il vissuto tramite il processo di inculturazione: il bambino impara a vedere ci che gli si racconta; egli impara a percepire il dato per come glielo si presenta. I sensi quindi colgono semplicemente ci che la logica sensata della propria cultura permette loro. Ci che vero non ci che la nostra Scienza pu provare, ma ci che viene ritenuto logico dalla propria coscienza culturale. In fase danalisi, usare la Scienza occidentale come termine di paragone vorrebbe dire non mettere davvero in parentesi la nostra cultura, ma continuare a misurare laltro con il nostro metro. Ecco un esempio tratto dalla cultura aborigena.

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Anonimo aborigeno Uccelli

Tali uccelli hanno gli organi interni e le ossa tutti a vista; non v alcuna messa in opera della tecnica prospettica; tutti i corpi sono presentati dallalto, sovrapposti e alcuni fuoriescono dai limiti del riquadro. Osservando il campo della scultura, notiamo la presenza di alcune assonanze generate perlopi da moti emulativi da parte del mondo occidentale nei riguardi delluniverso rivelativo. Questa statuetta, che a prima vista potrebbe ingannarci

nellattribuzione, non un prodotto della cultura rivelativa ma unopera in ceramica smaltata della Scuola Art Dec: uno stile che,

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Anonimo Art Dec (XX sec.)

influenzato dalle culture esotiche, volto alla decorazione degli ambienti interni.

Costantin Brancusi Il Bacio

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Anche nellarte scultorea di Costantin Brancusi possiamo trovare uno slancio verso lessenzialit delle presentazioni mitico-rituali. Risulta chiaro che, nonostante gli spigoli e lo spazio fratto, non vi siano punti culturali in comune con le rappresentazioni rivelative. V soltanto unadesione allo stile rivelativo, stile che nella maggior parte dei casi, non compreso nella sua totalit.

Statuette antropomorfe (Neolitico)

Un artista occidentale che sembra tracciare numerosi parallelismi con la presentazione di una modalit spaziale fratta M.C. Escher. Nel seguente dipinto vediamo uno spazio che possibile interpretare in pi direzioni, uno spazio che sembra caratterizzato da una modalit di onnivisione, una visione delloggetto da tutti i lati possibili. Escher ci fa percorrere tutte le direzioni possibili rendendo lo spazio aperto a innumerevoli possibilit direzionali.

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M.C. Escher Relativity

Anche in Escher lo spazio appare fratto: il dipinto pu essere osservato ad qualsiasi punto di vista, da qualsiasi direzione, poco importa come venga disposto. Escher arriva a rappresentare, con la logica matematico-geometrica, lestremamente variegata gamma direzionale della percezione senza soggetto. La sua indiscutibilmente unarte razionale, la quale sfiora per il tipo di percezione-presentazione onnidiffusa propria delle culture mitico-rituali.

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Infine, un altro esempio di consonanze significative ci dato anche dalla musica: nel contesto musicale occidentale, negli ultimi 50 anni, si assistito a manifestazioni sempre pi numerose di vera e propria ispirazione ritmica dalle culture mitico-rituali. Vale qui ricordare la World Music, un genere chiaramente ispirato ai ritmi e alle culture altre dalla nostra. Anche il ritmo di numerosi brani coevi alla nostra cultura, richiama e ricorda fortemente il ritmo mitico-rituale. Tuttavia, tale assonanza solo nella manifestazione formale del dato: dietro il richiamo degli artisti occidentali a sintassi musicali tribali, non v il movente miticorituale presente nei contesti rivelativi. In Occidente, la musica resta pur sempre unarte di intrattenimento mentre, come abbiamo visto, nei contesti mitico-rituali essa non arte ma strumento cultuale. La musica, in contesti rivelativi, Rito non arte da godere. Le influenze musicali tribali in Occidente restano quindi soltanto manifestazioni formali, richiami superficiali a qualcosa che ha radici molto pi vaste di quanto si possa credere. Come abbiamo visto, tali assonanze restano ad un livello di superficie, non vanno nel profondo in quanto i motivi logici delle nostre reciproche culture non combaciano. Non v quindi una concordanza di intenzionalit, di impaginazione noetica; e se i nostri artisti si

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entusiasmano a comporre (musica, quadri, ecc.) come gli artisti tribali che non esistono, in quanto nelle culture mitico-rituali non esiste larte, lo ripetiamo lo fanno soltanto per puro godimento estetico, per intrattenimento o per trarre nuovi stimoli, per fare meglio, per la propria carriera. Il canale rivelativo non ha carriera alcuna: egli uno con la propria Comunit; egli non commette errori nella messa in opera della propria attivit cultuale in quanto sostenuto dalla struttura del Rito; la sua musica non obbedisce a nessuna legge che non sia sacra, perch non soggetta a leggi di mercato, non deve vendere. I prodotti derivanti da tali posizioni coscienziali reciprocamente altre la coscienza egocentrata e la postura rivelativa , pur presentando assonanze di forma, restano profondamente altri gli uni rispetto agli altri in quanto, come detto sopra, sono le intenzionalit a determinare le alterit.

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Conclusioni
[Un] boscimane australiano non sarebbe capace di riconoscere il soggetto di unUltima cena; in lui evocherebbe solo lidea di un pranzo movimentato. Erwin Panofsky

Guardavo i miei mobili, non come lutilitarista che deve sedere sulla sedia, scrivere alla scrivania e alla tavola, e non come il fotografo o lo scienziato che registra, ma come lesteta puro il cui interesse solo per le forme e per i loro rapporti entro il campo visivo o lo spazio del quadro. Mentre guardavo, per, questa vista puramente estetica da cubista fu sostituita da ci che posso descrivere soltanto come la visione sacra della realt. Ero tornato dove ero stato quando guardavo i fiori, ero tornato in un mondo dove tutto brillava di Luce Interiore, ed era infinito nel suo significato. Per esempio, le gambe di quella sedia, comera miracolosa la loro lucida levigatura! Passai diversi minuti o erano secoli? non soltanto a fissare quelle gambe di bamb, ma essendo effettivamente quelle gambe o piuttosto essendo io stesso in loro; o per essere ancora pi preciso (perch Io non ero implicato nella questione, n in un certo senso lo erano esse) essendo il mio Non-io nel Non-io che era la sedia 27.

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A. Huxley, Le porte della percezione, Mondadori, Milano, 1958, p. 17

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Questo interessante brano tratto dal libro Le porte della percezione di Aldous Huxley. LAutore vi compie un esperimento su se stesso, unosservazione dettagliata sulle reazioni coscienziali che si determinano in seguito allassunzione della mescalina, una droga psicotropa. Huxley, colmo di meraviglia, descrive uno stato che pu essere definito come vergine dal noto, uno stato che di l dai confini dellio. Da quando nella nostra cultura si aperta la voragine coscienziale della consapevolezza di non abitare il centro del mondo, gli intellettuali e i teorici della nostra societ hanno provato a cercare una soluzione, una via duscita da tale condizione a volte emulando gli schemi comportamentali, a volte adottando le tradizioni dei popoli a fondamento mitico-rituale. Il ritorno al Rito, il bisogno di condurre una vita pi a contatto con la Natura non sono altro che una proiezione distorta che luomo con la coscienza in modalit egocentrata sovrappone alluomo con la noesis-specchio. Luomo, a differenza dellanimale, non ha attributi fisici che gli garantiscano la sopravvivenza nel mondo. Di conseguenza, a prescindere dalla propria cultura di appartenenza e dal proprio Erlebnis, il proprio modo di impaginare il mondo, ha sempre

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adottato delle protesi culturali che gli consentissero di vivere, che gli garantissero la sopravvivenza. LOccidentale adotta una protesi laica; luomo con la coscienza in postura rivelativa impiega una protesi sacrale. Oggi molti Occidentali, con la coscienza in modalit egocentrata, osservano con una certa nostalgia gli uomini che vivono in postura rivelativa. Tale fenomeno motivato dallestrema difficolt nel vedere laltro senza inforcare le lenti colorate della propria cultura. Queste lenti sono sovente sfocate o curve, tali da distorcere la condizione delluomo e quindi della cultura che stiamo osservando. molto facile cadere in giudizi di relazione, in prese di posizioni pro o contro laltro. molto facile credere di vedere nellaltro il matto, il malato o allopposto il santo o il redentore, il vero uomo. per tale motivo che in questa analisi fenomenologica bisogna sempre tenere presente che le due coscienze-culture che abbiamo analizzato non hanno un sostrato comune. Non quindi possibile fare paragoni n manifestare preferenze per luna o per laltra: soltanto tra due realt simili, che hanno un rapporto di relazione, si pu dire qual la migliore, la pi valida. Lo sguardo antropologico non deve n pu fare preferenze: uno sguardo senza scelta.

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NellOccidente odierno possiamo osservare un intenso anelito, presente soprattutto in certi intellettuali, di ritornare alle origini, di sperimentare una vita fuori dai canoni della nostra cultura, fuori dai condizionamenti dellego. cos che nasce linteresse per le culture a fondamento mitico-rituale. Alcuni intellettuali ne abbracciano la filosofia, altri si limitano ad adottarne i mezzi espressivi. Numerosi antropologi cadono nella critica o nella adesione partecipativa, la quale pu cadere nel rischio della nebulosit nel cogliere laltro cos com. Sulla scia del mito del Buon Selvaggio, numerosi pittori si ispirano a quella che impropriamente chiamano Arte etnica, termine che, alla luce delle spiegazioni precedenti, si rivela una contraddizione in termini: i popoli a fondamento mitico-rituale, non avendo nella propria coscienza una noesis invariante, non hanno neppure unEstetica; e non avendo unEstetica non hanno nemmeno unarte: la loro attivit non esce dalla sfera del Mito, del Sacro, dello Hieros. Tutta la produzione, che sia scultorea, architettonica o figurativa non intenzionata come arte ma sempre intenzionata come strumento cultuale.

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Se

si

fraintendono

le

intenzioni

dellaltro,

si

fraintender

inevitabilmente anche tutta la sua produzione culturale, il suo modo di vivere e la sua filosofia. Il risveglio dellinteresse verso i popoli etnici, se in alcuni casi si manifesta come proficuo e stimolante confronto, spesso assume aspetti caricaturali in quanto, nella maggior parte dei casi, si adottano solo le forme esteriori delle culture mitico-rituali senza comprendere fondamentalmente lintenzionalit che le ha generate. In questo periodo storico assistiamo al fiorire di moltissime associazioni che si propongono di vivificare la vita interiore, la vita spirituale, lasciandosi talvolta ispirare dal fascino esotico delle culture a fondamento miticorituale. Tale attivit, che a partire dalla seconda met del 900 ha visto in primo piano la New Age, uno dei tanti segnali dellinquietudine e della crisi delluomo occidentale che, in alcuni casi, non riesce pi a mediare gli ambiti della propria cultura e del proprio assetto sociale.

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