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1. Introduzione.

Fonti erasmiane e loro peculiarit


Cera un gruppo, fra i riformati, a cui Erasmo era pi affine che ai rigidi e
dogmatici zuingliani: gli anabattisti. Egli rigettava la dottrina da cui essi
derivavano il loro nome ed aveva orrore dellelemento anarchico che era
in essi. Troppo vivo era il suo senso del decoro spirituale perch egli potesse
sentirsi allunisono con quegli sregolati. Tuttavia non era cieco di fronte
alla seriet delle loro aspirazioni morali, condivideva il loro orrore per la
violenza ed ammirava la pazienza con cui sopportavano loppressione di cui
erano oggetto. Essi sono ritenuti migliori di tutti gli altri per linnocenza
della loro vita, scrive nel 1529. Lepisodio del violento moto rivoluzionario
degli anabattisti fanatici coincide proprio collultimo periodo della sua vita;
e non c bisogno di dire che Erasmo non ne parl che con orrore.
Uno dei migliori storici moderni della Riforma, Walter Khler, chiama
Erasmo uno dei padri spirituali dellanabattismo. Ed certo che questo
movimento nel suo successivo pacifico sviluppo ebbe molti notevoli tratti
in comune con Erasmo: la propensione a riconoscere il libero arbitrio, certe
tendenze razionalistiche, lavversione contro un concetto esclusivo della
Chiesa. Parecchie idee di Hans Denk, anabattista della Germania meridio-
nale, sembrano prese direttamente a prestito da Erasmo. Ma laffinit delle
idee di Erasmo e degli anabattisti in gran parte dovuta alla loro comune
derivazione da alcuni caratteri della coscienza religiosa dei Paesi Bassi,
patria di Erasmo, dove lo spirito anabattista trov un ricco nutrimento.
Erasmo certamente non si rese mai conto di questa correlazione.
1
Erasmo e il battesimo:materiali di
lavoro e spunti di riflessione
Desidero ringraziare Chiara Franceschini e Adriano Prosperi, con i quali ho discus-
so lelaborazione di questo testo. Rimango naturalmente responsabile di ogni errore
a cattiva interpretazione.
1
Cito dalled. italiana: J. HUIZINGA, Erasmo, Torino, Einaudi 1975, pp. 257-258.
256 Cecilia Asso
Una delle cose che non possiamo fare in questa sede seminaria-
le analizzare questa pagina dello storico olandese Jan Huizinga,
pubblicata nel 1924, alla luce della storiografia che il XX secolo ha
dedicato alla figura di Erasmo da Rotterdam. Possiamo per osserva-
re genericamente che in quegli anni una lettura di Erasmo in chiave
antiluterana (una costante della storiografia novecentesca) poteva
assumere con grande facilit laspetto di una lettura in senso radicale,
di una collocazione di Erasmo fra gli ispiratori di quella che sarebbe
in seguito stata chiamata lala sinistra della riforma protestante. Il
che pu risultare sorprendente se ci si accosta al problema partendo
dalla storiografia che ha in sostanza segnato il cinquantennio che
va dal secondo dopoguerra ad oggi e che ha invece letto Erasmo in
chiave antiluterana per accostarlo alla Roma della riforma cattolica.
Limitiamoci a ricordare, sempre genericamente, cosa Lutero abbia
significato nel XIX secolo nella formazione dellidentit nazionale
tedesca, e cosa la Germania abbia significato (in termini di fratture,
ma anche di ricomposizioni) nella storia dEuropa del XX secolo. E
questo ci serva per mettere per adesso da parte rispettosamente
una storiografia quanto mai segnata dalle vive e dolorose vicende
storiche delle tre generazioni che ci precedono.
Dal punto di vista storiografico, dunque, accostare Erasmo alla
tradizione anabattista, anzi porlo tra le sue stesse fonti, non unere-
sia
2
. E non lo neanche dal punto di vista del metodo, perch la
documentazione ricca in questo senso, sebbene vada sottoposta a
un esame critico ad hoc.
Erasmo, come noto, non pu definirsi un filosofo, n comun-
que un pensatore sistematico. Una sua collocazione manualistica
allinterno della tradizione morale e dialogica di modello platonico
(come si fa, ad esempio, con Montaigne) non rende daltra parte
giustizia, n conto, della grande maggioranza dei suoi numerosissimi
scritti. Accanto alla massa dominante di edizioni di autori antichi,
classici e cristiani, allimponente epistolario, e ad alcuni libri scola-
stici, lautore dellElogio della follia ha prodotto quasi esclusivamente
composizioni retoriche (conciones, orationes), per lo pi di argomento
2
Si vedano altre indicazioni in U. GASTALDI, Storia dellanabattismo, I, Torino,
Claudiana 1992, pp. 179 e 238.
257 Erasmo e il battesimo
morale e religioso
3
, la cui antica caratteristica di rendere forte il
discorso debole impiegata allo scopo costruttivo di rivelare la vera
natura del cristianesimo
4
. Va inoltre tenuto presente che lepoca tur-
bolenta in cui visse e le numerose accuse di eresia, o quanto meno di
arroganza di fronte alla tradizione e allautorit ecclesiastica, spinse-
ro continuamente Erasmo a protestare la propria lealt allortodos-
sia, senza daltra parte sopprimere o correggere mai gli scritti che nel
corso degli anni suscitavano critiche o scandalo. Capire perci quali
fossero le sue posizioni riguardo a un tema teologico ben definito,
quale il dogma del peccato originale e il sacramento del battesimo,
risulta piuttosto complicato, anche se non impossibile. anzitutto
utile un approccio a volo daquila ai testi, per poi chiarire paziente-
mente i nessi, i confini e le caratteristiche delle zone messe a fuoco.
Qui proveremo soltanto ad avviare la prima fase, scorrendo alcuni
testi al centro dei quali metteremo la traduzione e il commento a un
passo di san Paolo basilare nella storia del dogma del peccato origi-
nale. Ne otterremo una trama piuttosto leggera, e non molto estesa,
che possa costituire tuttavia un punto di partenza per una pi solida
ricerca. Qualche saggio di critiche e censure, che i contemporanei
non gli risparmiarono, ci servir sia per chiarire il problema, sia per
avanzare qualche risposta.
2. 1516. Una lettera di Lutero a Spalatino
Salve. Quel che mi trova contrario in Erasmo (uomo eruditissimo) que-
sto, mio caro Spalatino: primo, nellinterpretazione dellApostolo, con
lespressione giustizia delle opere, sia della legge, sia propria (cos infatti
la chiama lapostolo) egli intende losservanza delle cerimonie esteriori e
3
Lunica eccezione probabilmente lEcclesiastes, sive de ratione concionandi,
stampato per la prima volta nel 1536 (Basilea, H. Froben e N. Episcopius). Se ne
veda ledizione critica di J. Chomarat in DESIDERII ERASMI ROTERODAMI Opera omnia,
Amsterdam, New York, Oxford, Tokyo, Elsevier (dora in poi ASD), voll. V-4,
1991, e V-5, 1994.
4
Su questo problema sempre necessario partire da J. Chomarat, Grammaire et
rhetorique chez Erasme, 2 voll., Paris, Les Belles Lettres, 1981.
258 Cecilia Asso
simboliche; poi, egli sostiene che nel capitolo V ai Romani lapostolo non
parla chiaramente del peccato originale (che comunque egli ammette). Se
Erasmo leggesse quei libri di Agostino che furono scritti contro i Pelagiani,
soprattutto De spiritu et littera, De peccatorum meritis et remissione, Contra duas
epistolas Pelagianorum, Contra Iulianum, opere che si trovano quasi tutte nel-
lottavo volume delle sue opere, e osservasse che quel Padre non si basa sulle
proprie opinioni, ma su quelle di Padri eccellenti, ossia Cipriano, Gregorio
Nazianzeno, Reticio, Ireneo, Ilario, Olimpio, Innocenzio, Ambrogio, allo-
ra forse, non soltanto capirebbe correttamente lApostolo, ma riterrebbe
Agostino degno di una considerazione maggiore di quella che gli ha finora
accordato.
Io certamente non esito a dissentire da Erasmo nel preferire, nellinterpre-
tazione delle Scritture, Agostino a Girolamo, tanto quanto egli preferisce
Girolamo ad Agostino sotto ogni punto di vista. E non perch io sia portato
ad adeguarmi ad Agostino per amore dellordine religioso a cui appartengo
(prima di incontrare i suoi libri, egli non godeva del minimo favore ai miei
occhi) ma perch vedo che san Girolamo percorre per partito preso la strada
del senso storico e sorprendentemente egli fornisce interpetazioni della
Scrittura pi corrette quando lo fa incidentalmente, come per esempio nelle
epistole, di quando le tratta programmaticamente, come negli opuscula.
La giustizia della legge, dunque, ovvero delle opere, non si trova affatto solo
nelle cerimonie, ma anche nelle opere che adempiono allintero decalogo.
E quando queste opere vengono compiute al di fuori della fede di Cristo
anche se a compierle sono dei Fabrizi, dei Regoli, uomini integerrimi agli
occhi umani non sanno comunque di giustizia pi di quanto una sorba
sappia di fico. Non diventiamo, infatti, giusti compiendo azioni giuste, come
pensa Aristotele, se non allapparenza, e ipocritamente. Ma diventando ed
essendo, per cos dire, giusti, compiamo azioni giuste. necessario che prima
sia mutata la persona, e poi cambiano le opere. Abele piace a Dio prima
delle sue offerte. Ma di questo discuteremo altrove.
Ti prego dunque di farmi il favore di amico e di cristiano di dire con chia-
rezza a Erasmo queste cose. Io spero vivissimamente che la sua autorit si
imponga e si diffonda, ma temo che molta gente possa trovare in essa un
pretesto per difendere quellinterpetazione letterale e cio morta della
quale pieno il commento di Niccol da Lira e tutti i commenti dopo
Agostino. Anche a Lefvre dEtaples, infatti uomo Dio sa quanto limpido
e spirituale nellinterpretare le sacre scritture manca quella capacit di
capire (intelligentia) che egli possiede invece abbondantemente nel vivere la
sua vita, e nellesortare gli altri a vivere la propria.
Mi diresti temerario nel vedermi sottoporre alla verga di Aristarco uomini di
259 Erasmo e il battesimo
questo calibro, se non sapessi che lo faccio nellinteresse della teologia e per
la salvezza dei fratelli. Sta bene, mio caro Spalatino, e prega per me.
In fretta, da un angolo del nostro monastero, il giorno dopo la festa di san
Luca, 1516.
Frate Martino Lutero Agostiniano
5
Anche su questo testo non potremo soffermarci in modo esaustivo,
in questo caso a causa della quantit e della complessit di problemi
storici e teologici che esso pone. Possiamo tuttavia servircene come
palestra per cominciare ad affrontare il nostro problema. Partiamo
dal contesto. Il 1516 un anno cruciale per la storia teologica della
Riforma, perch vede al tempo stesso Lutero al lavoro sul commento
dellEpistola ai Romani, e la stampa della prima edizione del Nuovo
Testamento (testo greco e nuova traduzione a fronte, pi annotatio-
nes, ossia commento) curata da Erasmo. Al momento della stesura
di questa lettera, il 19 ottobre, Lutero doveva certamente aver gi
studiato il commento erasmiano, almeno per la parte relativa alle
epistole di san Paolo, cos come doveva avere costantemente sulla
scrivania ledizione latina delle medesime epistole curata da Jacques
Lefvre dEtaples pochi anni prima
6
. Linterlocutore di Lutero qui
Giorgio Spalatino, consigliere di Federico il Saggio di Sassonia, il
5
Vedi loriginale latino in D. MARTIN LUTHERS Werke, kritische Gesamtausgabe,
Briefwechsel, 1 Band, Weimar, Hermann Bhlaus, 1930, n. 27, pp. 69-72. La tra-
duzione della scrivente. Vedi anche J.D. TRIGG, Baptism in the theology of Martin
Luther, Leiden-New York-Kln, Brill, 1994, p. 128, n.69, che a proposito dellin-
fluenza di Staupitz su Lutero, cita un passo delle Tischreden: Ex Erasmo nihil habeo.
Ich habe all mein ding von Doctor Staupitz (1532, WA Ti 1, 173).
6
Alla fine del 1512 apparve per la prima volta a Parigi, stampata da Henri
Etienne, unedizione latina con commento delle epistole di Paolo, a cura di Jacques
Lefvre dEtaples. In essa al testo della Vulgata si affiancava (in carattere minore)
la traduzione del curatore, dal titolo Intelligentia ex graeco. La traduzione di Rom 5.12
identica alla Vulgata, ma il commento se ne discosta: [...] Illud . . et in quo
ambiguum est an neutrum sit, idem significans ac in eo in quo, insinuans sicut
Adam in peccato quo peccavit mortem incurrit et hic est primus mortis ingressus
in mundum, ita omnes qui peccaverunt, in eo in quo peccaverunt, id est in proprio
peccato et ob proprium peccatum mortem incurrerunt. Neque videtur velle omnes
peccasse, ut statim subiungit regnavit mors ab Adam usque ad Mosen etiam in
260 Cecilia Asso
principe al quale i professori delluniversit di Wittenberg dovevano
obbedienza. Teniamo a portata di mano un buon atlante storico e
ricordiamo che chi in quegli anni aspirasse, come Federico il Saggio,
al titolo imperiale doveva presentarsi come un uomo che avesse a
cuore unautentica riforma della Chiesa, pronto ad assumersi il ruolo
che era stato di Costantino, ma anche degli imperatori tedeschi del
secolo precedente. Lutero mostrava di avere tutte le doti per soste-
nere teologicamente e nellazione pastorale una riforma del principe.
E daltra parte Erasmo era visto in quel momento in Germania come
il vero e proprio astro della causa tedesca, che non solo con gli scritti
satirici, ma anche con le opere di teologia (nel suo caso le edizioni
del Nuovo Testamento e dei Padri della Chiesa) stava mettendo a
nudo le gravi carenze morali e intellettuali della Chiesa governata
da Roma. Non perci insignificante neanche dal punto di vista
politico che Spalatino chiedesse a Lutero le sue opinioni su Erasmo,
nella speranza forse di una collaborazione fra i due. E anche in questa
lettera potremmo leggere un messaggio di carattere pi strettamente
politico: lapproccio di Erasmo alla Scrittura mette fortemente in
discussione il ruolo dellautorit umana nella rivelazione, e questo
era incompatibile con una riforma istituzionale, ovvero con un con-
cetto di Chiesa fortemente controllata dal potere del principe. Ma
per questa strada non possiamo addentrarci.
Con la capacit scultorea di centrare e delimitare sinteticamente i
problemi che gli propria, Lutero manda a dire a Erasmo che il suo
problema linterpretazione di Rom. 10.3 (Ignorantes enim iustitiam
Dei, et suam quaerentes statuere, iustitiae Dei non sunt subiecti): la giu-
stizia degli uomini di cui qui si parla quella delle cerimonie esterio-
ri, come vorrebbe Erasmo
7
, o quella di qualunque opera umana, per
quanto santa, che si compia fuori dalla legge di Cristo? La risposta di
Lutero netta e brillante. Leggiamola in latino: Nequaquam igitur
iustitia legis seu factorum tantum est in ceremoniis, sed rectius etiam
eos qui non peccaverunt. Igitur qui non peccaverunt et mortui sunt, non in quo
peccaverunt mortui sunt, sed in similitudinem praevaricationis Adae. Christus: fons
iustificationis omnis. Adam: sentina praevaricationis omnis. Similitudo Christi:
vita. Similitudo Adae: mors.
7
Cfr. Novum Testamentum in DESIDERII ERASMI ROTERODAMI Opera omnia, Leida,
Peter Vander Aa (dora in poi LB), vol. VI, 1705, coll. 617-618.
261 Erasmo e il battesimo
in universi decalogi factis. Quae quando fiunt extra fidem Christi,
etiamsi faciant Fabricios, Regulos et plane integerrimos viros apud
hominem, non tamen plus sapiunt iustitiam quam sorba ficum.
Non enim, ut Aristoteles putat, iusta agendo iusti efficimur, nisi
simulatorie, sed iusti (ut sic dixerim) fiendo et essendo operamur
iusta. Prius necesse est personam esse mutatam, deinde opera. Prior
placet Abel quam munera eius
8
. A questa divergenza teologica di
base che porter nel 1524 allo scontro sul libero arbitrio Lutero
collega con grande lucidit il problema dellapproccio alla Scrittura,
il mezzo principe della Rivelazione. Se questo approccio si basa
esclusivamente sullinterpretazione grammaticale e storica (il senso
letterale della tradizione medievale), porta allottusit teologica.
questo il caso del commento di Erasmo a Rom 5.12, sul quale ci
soffermeremo diffusamente pi avanti. Qui dice Lutero Erasmo
pretende che san Paolo non stia parlando del peccato originale.
Ora, Lutero prende atto delle ripetute proteste di fede nel dogma in
questione fatte da Erasmo nel suo commento, ma mette in evidenza
che presupponendo che il dogma deve comunque fondarsi nelle
Scritture se si segue solo il senso letterale qui ci si trova di fronte
a unimpasse. Quando avremo anche soltanto scorso il cumulo di
argomenti raccolti con mirabile dispendio di intelligenza ed energie
dalle menti pi brillanti della storia del cristianesimo per spiegare
quel passo di Paolo, ci renderemo meglio conto della potenza insita
in questa paginetta scritta celeriter in un angolo del monastero
agostiniano di Wittenberg. Qualsiasi cosa abbia scritto lapostolo, ci
dice in sostanza Lutero, nel rispetto o meno delle regole grammati-
cali, non pu essere in contrasto col presupposto fondamentale che
Dio a plasmare la natura umana in modo da renderla atta a compiere
il bene, ovvero il male. Abele piace a Dio prima delle sue offerte: la
morale che emerge dalla storia del primo omicidio non facile da
accettare. In Gn 4.3-5 leggiamo che Dio gradiva le offerte di Abele
e non gradiva quelle di Caino, indipendentemente dal loro com-
portamento
9
. Si coglie bene la differenza tra la teologia erasmiana e
quella luterana se andiamo a prendere uno dei tanti esercizi giovanili
8
Ep. 27 cit., ll. 25-32.
9
Factum est autem post multos dies ut offerret Cain de fructibus terrae munera
Domino. Abel quoque obtulit de primogentis gregis sui et de adipibus eorum. Et
262 Cecilia Asso
di Erasmo che abbiamo sotto forma di lettera in cui questa sto-
ria letta come una variante del mito classico di Prometeo, e dove
risulta chiaro che per il futuro esegeta del Nuovo Testamento questo
uno dei tanti passi del Vecchio che vanno interpretati come favole
allegoriche
10
. Per Lutero non cos. Per Lutero lAntico Testamento
sta alla pari del Nuovo in dignit, e in esso sono chiari e numerosi
gli esempi di come Dio intervenga arbitrariamente nei destini degli
uomini. Le storie di coppie di fratelli destinati a strade diverse e
opposte sono esemplari in questo senso: Abele e Caino, appunto,
Isacco e Ismaele, i gemelli Esa e Giacobbe
11
. Storie che leloquente
prosa di Agostino aveva utilizzato per segnare una tappa fondamen-
tale nella storia delle dottrine cristiane sul libero arbitrio
12
.
respexit Dominus ad Abel et ad munera eius. Ad Cain vero et ad munera illius non
respexit [...].
10
Ep. 116 a John Sixtin, scritta da Oxford probabilmente nel novembre 1499 (in
DES. ERASMI ROTERODAMI Opus epistolarum, ed. P.S. Allen, Oxford, 1906-1958). Cfr.
R. BAINTON, Erasmo della cristianit, ed. it. Firenze, Sansoni 1970, pp. 54 e sgg.
11
Gn 25. 22 e 24-25.
12
Cfr., per esempio, S. AURELII AUGUSTINI Enarrationes in Psalmos. LI-C, Turnholt,
Brepols 1956, In Ps. LXXVII, p. 1074, ll. 42-51: Sic Abel iustus maiori praelatus
est fratri, sic Ismaeli Isaac, sic Esau congemino suo, sed tamen prius nato, ipse Iacob
[...] et propter quod istae omnes atque alia similes, non solum dictorum, sed etiam
factorum parabolae praecesserunt, sic populus Iudaeorum praelatus est populus chri-
stianus, pro quo redimendo, quemadmodum Abel a Cain, sic a Iudaeis occisus est
Christus; e, su Esa e Giacobbe, Sermones I-L de Vetere Testamento, ed. C. Lanbot
O.S.B., Turnholt, Brepols 1961 (Corpus Christianorum, Series Latina, 41), Sermo IV,
par. 14, in part. p. 31: Sed non posset ad nos pervenire benedictio nisi iam mundati
a peccatis per nativitatem regenerationis aliorum peccata per tolerantiam portemus.
Genuit enim mater ambos filios. Intendite fratres. Genuit unum pilosum, alterum
lenem. Pili peccata significant, lenitas autem mansuetudinem, id est munditiam a
peccatis. Duo filii benedicuntur, quia duo genera benedicit ecclesia. Quomodo duos
peperit Rebecca, generantur in utero ecclesiae duo, unus pilosus, alter lenis, quo-
rum diversitatem exposuimus. Sunt enim homines qui nec post baptismum volunt
dimittere peccata sua, et ea volunt facere quae antea faciebant [...]; e vedi A.
PROSPERI, Dare lanima. Storia di un infanticidio, Torino, Einaudi 2005, soprattutto pp.
160 e sgg. anche importante da sottolineare la valenza antigiudaica che emerge
263 Erasmo e il battesimo
Questultima considerazione pu servirci a capire meglio il ruolo
che lautorit di Agostino esercita nella nostra lettera. Lutero lo
chiama in causa dapprima in quanto autore degli scritti coi quali,
alla fine della sua vita, il vescovo africano aveva confutato gli
eretici pelagiani. Ma vedremo come questa scelta possa rivelarsi
debole se come Erasmo fa nel suo commento si storicizza questa
parte dellopera di Agostino e la si riduce a unarma polemica utile
essenzialmente in uno specifico momento di crisi ecclesiastica, ma
non particolarmente autorevole nellintero arco della storia della
chiesa
13
. La figura di Agostino spicca invece nello scritto di Lutero
soprattutto come quella del grande antagonista di san Girolamo, il
Padre (vissuto nei suoi stessi anni) al quale si era contrapposto in
una famosa discussione epistolare
14
. Mentre Girolamo traduceva i
testi sacri dalle lingue originali in un contesto di ascesi eremitica,
Agostino governava la turbolenta diocesi di Ippona, combattendo
quotidianamente non solo con le correnti eretiche, ma anche con la
superstizione popolare
15
. Si poneva perci concretamente il proble-
ma se fosse meglio diffondere nelle chiese i testi sacri restituiti alla
nel primo dei passi appena citati, e che qui appare strettamente legata alla dottrina
della predestinazione. Interessante a questo proposito il confronto (sempre som-
mario) con il trattato anti giudaico di Lutero Von den Juden und ihren Lgen, che si
pu leggere in italiano nelledizione Degli Ebrei e delle loro menzogne, a cura di A.
Malena, introd. di A. Prosperi, Torino, Einaudi, 2000, per es. a p. 18: [...] Esa non
stato cacciato dal popolo di Dio per il fatto che a un certo punto era diventato
malvagio; e cos, poi, Giacobbe non entrato a far parte del popolo di Dio per aver
condotto una buona vita. Fu invece per mezzo della parola di Dio che essi furono
separati quando entrambi erano ancora nel ventre materno: Giacobbe fu chiamato
ed Esa no, secondo il passo biblico Il maggiore servir il minore [...]. Dobbiamo dun-
que dedurne che la carne, il sangue, il latte, il corpo, la madre, anche se erano del
tutto identici, non hanno potuto giovare a Esa e neppure impedire a Giacobbe la
grazie per la quale si diventa figli o popolo di Dio [...].
13
Vedi avanti, p.
14
Che si trova pubblicata nelledizione Les Belles Lettres delle epistole geroni-
miane, voll. V e VI (SAINT JERME, Lettres, ed. J. Labourt, Paris 1955 e 1958).
15
Per una efficace ricostruzione storica dellattivit episcopale di Agostino in
Africa un ottimo punto di partenza mi sembra ancora P. BROWN, Agostino dIppona,
ed. it. Torino, Einaudi, 1971.
264 Cecilia Asso
loro forma filologicamente corretta, rischiando di scandalizzare la
gente comune, o piuttosto conservare le versioni che si erano affer-
mate nei secoli, che gli Apostoli avevano avuto fra le mani, e sulle
quali si era formata e consolidata la dottrina cristiana
16
. evidente
come il problema dellautorit dovesse presentarsi ai due santi uomi-
ni in modo assai diverso.
Lutero vede nella contrapposizione di questi due modelli antichi
lorigine di due strade differenti per interpretare la Scrittura e fare
teologia. La strada sterile dellinterpretazione letterale (illius lite-
ralis, id est mortuae intelligentiae), che parte da Girolamo, passa
per Niccol da Lira (vedremo quanto provocatorio potesse essere per
Erasmo fare questo nome) e arriva fino a Jacques Lefvre dEtaples
ed Erasmo stesso; e la strada di Agostino, dopo di lui dice Lutero
abbandonata, e per noi difficile da definire. Ne esamineremo tra
poco un breve saggio. Concludiamo intanto questa parte della nostre
considerazioni sulle fonti di Lutero osservando che, consigliando a
Erasmo di leggere le opere antipelagiane di Agostino, e segnalan-
dogli premurosamente che omnes in parte operum octava fere
16
Vedi lepistola di Agostino, numerata CIV in SAINT JERME, Lettres cit., t. V, in
part. pp. 98-99: Ego sane te mallem Graecas potius canonicas nobis interpretari
scripturas quae Septuaginta interpretum perhibentur. Perdurum enim, si tua inter-
pretatio per multas ecclesias frequentius coeperit lectitari, quod a Graecis ecclesiis
Latinae ecclesiae dissonabunt, maxime quia facile contradictor convincitur Graeco
prolato libro, id est linguae notissimae. Quisquis autem in eo quod ex Hebraeo
translatum est aliquo insolito permotus fuerit, et falsi crimen intenderit, vix aut
nunquam ad Hebraea testimonia pervenitur quibus defendatur obiectum. Quod si
etiam perventum fuerit, tot Latinas et Graecas auctoritates damnari quis ferat? [...]
Neque enim parvum pondus habet illa [scl. la versione dei Settanta] quae sic meruit
diffamari, et qua usos apostolos non solum res ipsa indicat, sed etiam te adtestatum
esse memini. Agostino si riferisce qui, per difenderla, alla traduzione greca del-
lAntico Testamento detta dei Settanta, che circolava nelle comunit cristiane fin
dallet apostolica e sulla quale furono condotte le pi antiche traduzioni latine.
Anche il problema che abbiamo qui sfiorato pi complesso di quanto risulta dalla
mia esposizione, e impossibile da affrontare in modo esauriente in questa sede. Per
una sintetica introduzione ad esso mi permetto di rimandare a una mia nota in
ERASMO DA ROTTERDAM, Scritti religiosi e morali, a cura di A. Prosperi e C. Asso.,
Torino, Einaudi, 2004, pp. ###.
265 Erasmo e il battesimo
habentur, il giovane professore di teologia mette a segno unaltra,
consapevole provocazione. Ledizione delle opere di Agostino cui si
fa qui riferimento quella uscita a Basilea nel 1506 dallofficina di
Johannes Amerbach, lo stampatore che alcuni anni dopo avrebbe
affidato a Erasmo la direzione delledizione delle opere di Girolamo,
che sarebbe uscita per i tipi di Johann Froben, sempre a Basilea, nel
1516, pochi mesi dopo il Nuovo Testamento
17
. La scelta di pubbli-
care Girolamo era stata per Erasmo fortemente ideologica (per usare
unaltra parola dei nostri tempi). Egli laveva pubblicizzata alcuni
anni prima in una famosa lettera nella quale dichiarava che ripulire
e pubblicare i testi sacri e quelli patristici costituiva la sua personale
forma di devozione, essendo fisicamente e caratterialmente negato
per la vita monastica
18
. E questa scelta comportava la consapevole
esclusione almeno per il momento di Agostino dalla sua attivi-
t editoriale
19
. Esclusione basata ovviamente (per Erasmo) su una
completa, attenta e approfondita lettura delle opere di quel Padre,
come emerge bene dal commento al Nuovo Testamento, e dal car-
teggio
20
.
17
Vedi in proposito il bel libro di B. CLAUSI, Ridar voce allantico Padre.Ledizione
erasmiana delle Lettere di Gerolamo, Soveria Mannelli (Catanzaro), Rubbettino,
2000.
18
Ep. 296 a Servatius Rogers, dell8 luglio 1514. Ho raccolto alcuni dati su questo
punto in una recensione a CLAUSI, Ridar voce allantico Padre cit., in Adamantius,
10, 2004, pp. 489-494.
19
Gli Opera omnia di Agostino curati da Erasmo uscirono nel 1529, a Basilea,
stampati da Hieronymus, figlio di Johannes Froben: vedi Ep. 2157, di introduzione
e dedica.
20
Vedi per esempio lEp. 844, del 15 maggio 1518, dove unautentica lavata di
capo a questo proposito se la prese niente meno che il consummatissimus theolo-
gus Johannes Eck: [...] Imo si tu iuvenis adhuc, ut audio, in Durandis, Gabrielibus,
in palestris scholasticis assidue versans Augustinum legere potuisti, mihi quinquage-
nario, qui semper veterem illam theologiam magis sum amplexus, nunquam vacavit
Augustinum legere? Quid? Cum hunc toties citem in libellis ante complures annos
editis, non videor legisse quicquam Augustini? Isti, puto, credunt me non legisse
libros Hieronymi priusquam ederem illius opera! Imo Augustinus primum omnium
legi, et relego cotidie, quoties res postulat. Et quo magis lego, hoc magis mihi placet
meum de utroque iudicium (ll. 179-188).
266 Cecilia Asso
Verrebbe dunque da pensare che, in queste righe, latteggiamento
di Lutero verso luomo eruditissimo, pi anziano di lui di quasi
ventanni, sia quello di temeraria provocazione di un ricercatore
che, in ununiversit italiana di oggi, segnalasse a un professore
ordinario alcuni canti di Dante utili da leggere. Non dimentichia-
mo per la grande importanza che nella societ del Cinquecento
rivestiva lappartenenza a un corpus, e il senso forte dei confini che
da questo derivava (lo vedremo pi avanti a proposito di un tema
ben pi grave). In questo del tutto simile ai suoi colleghi che attac-
cheranno Erasmo in nome dellortodossia romana, Lutero qui ben
consapevole di essere un professore di teologia, dentro la struttura
preposta a studiare, nel migliore dei modi, Dio e la sua Parola. Chi
gli sta davanti in questo momento nientaltro che un grammaticus,
uno che scrive note sui genitivi e gli accusativi, in sostanza un mae-
stro di scuola
21
.
2.1. Uno sguardo ad Agostino
Prendiamo soltanto un paio di pagine di uno dei testi consigliati
dal professore di Wittenberg, per ricavarne un saggio del metodo
esegetico di santAgostino che possa andar bene per chiarire il pro-
blema che abbiamo sul tavolo.
Nel De peccatorum meritis et remissione, scritto nel 412, ai capitoli
VIII-XI del libro primo lesposizione della dottrina del peccato ori-
ginale si articola intorno allesegesi di Rom 5.12-14:
(12) Propterea sicut per unum hominem peccatum in hunc mundum intra-
vit, et per peccatum mors, et ita in omnes homines mors pertransiit, in quo
omnes peccaverunt. (13) Usque ad legem enim peccatum erat in mundo:
21
Queste considerazioni portano a sfiorare limportante problema del rapporto tra
umanesimo e scolastica che, a partirte dagli studi di Paul Oskar Kristeller, stato al
centro dellattenzione soprattutto degli studiosi nordamericani. Si veda per esempio
A. GRAFTON e L. JARDIN, From Humanism to the Humanities. Education and the Liberal
Arts in Fifteenth and Sixteenth-Century Europe, London, Duckworth, 1986.
267 Erasmo e il battesimo
peccatum autem non imputabatur, cum lex non esset. (14) Sed regnavit
mors ab Adam usque ad Moysen etiam in eos qui non peccaverunt in simi-
litudinem praevaricationis Adae, qui est forma futuri.
La discussione con i pelagiani, ma non frontale: il trattatello,
in forma epistolare indirizzato allamico Marcellino, che si suppone
latore delle opinioni di questi eretici. Queste ultime (non sopravvis-
sute nei testi originali) arrivano dunque al lettore doppiamente sfu-
mate. Emerge comunque che i pelagiani interpretavano questo passo
intendendo con mors la morte dellanima, conseguente al peccato, e
con peccatum i peccati personali, che gli uomini hanno commesso e
commettono imitando il loro progenitore. Su questa interpretazione
i pelagiani basano la loro dottrina, che nega lesistenza del peccato
originale
22
. Con quali argomenti (se grammaticali o filosofici) essi
sostenessero questa interpretazione e questa dottrina non sappiamo.
Nella sua confutazione Agostino si serve del metodo che consiste
nel cercare, o chiarire, il significato delle parole di un passo con-
frontandole con luso che delle medesime parole si fa in un altro
passo biblico. Vediamo cosa accade in questo caso. Cosa vuol dire
qui mors? Si tratta della morte spirituale indotta dal peccato, o della
morte fisica derivata agli uomini dal peccato originale? In 1 Cor 15.
21-22 scritto: [...] per hominem mors et per hominem resurrectio
mortuorum. Et sicut in Adam omnes moriuntur ita et in Christo
omnes vivificabuntur. Qui anche i pelagiani intendono che si parli
della morte del corpo, perch mors usata accanto a resurrectio che,
secondo la logica delle scuole, il suo contrario
23
. Dunque anche
nel passo in questione della lettera ai Romani mors deve significare la
22
S. AURELII AUGUSTINI, De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvu-
lorum ad Marcellinum libri tres, l. I, cap. IX, in Patrologiae cursus completus. Series
Latina, a c. di J.-P. Migne, vol. 44, Parigi 1865, col. 114: Hinc enim etiam in par-
vulis nolunt credere per Baptismum solvi originale peccatum, quod in nascentibus
nullum esse omnino contendunt.
23
Ibid., cap. VIII, coll. 113-114: Quid est ergo quod hic [Paolo] ait ad Corinthios
[...], nisi quod ait etiam ad Romanos [...]? Hanc illi [i pelagiani] mortem non corpo-
ris, sed animae intelligi volunt, quasi aliud dictum sit ad Corinthios, per hominem
mors, ubi omnino animae mortem accipere non sinuntur, quia de resurrectione
corporis agebatur, quae morti corporis est contraria.
268 Cecilia Asso
morte fisica, se non si vuole cadere in contraddizione. Cosa vuol dire
peccatum? Se qui lApostolo avesse voluto riferirsi al peccato che
entrato in questo mondo non come tara genetica (propagatione), ma
per imitazione, avrebbe nominato come suo iniziatore non Adamo,
ma il diavolo, perch nella prima epistola di Giovanni scritto,
Ab initio diabolus peccat (1 Gv 3.8.)
24
. Dunque Paolo, volendo
parlare di quel peccato e di quella morte che si sono trasmessi come
tara ereditaria da un uomo a tutti gli altri, ha nominato come loro
iniziatore colui dal quale il genere umano ha tratto origine
25
.
vero continua Agostino che chi trasgredisce i comandamenti di
Dio imita Adamo: ma un conto essere di esempio per coloro che
peccano volontariamente, e un conto essere lorigine di coloro che
nascono avendo in s il peccato (ossia lintera umanit)
26
. Anche
i santi imitano Cristo, come lApostolo esorta a fare in 1 Cor 11.1
(Imitatores mei estote, sicut et ego Christi), ma indipendentemente da
questa imitazione, la grazia di Cristo produce illuminazione e giusti-
ficazione anche dallinterno, con unoperazione che sempre Paolo
esemplifica dicendo, Non colui che pianta, n colui che irriga ad
essere importante, ma Dio, che fa crescere le cose
27
.
Anche da questo breve stralcio possiamo farci unidea del rapporto
che in Agostino c tra esegesi e teologia. Qui evidente che listan-
za di spiegare un passo controverso di san Paolo si appoggia solo
inizialmente allo studio letterale del testo, per volgersi sempre di pi
alla riaffermazione aprioristica dei principi teologici che si vogliono
24
Ibid., col. 114: Sed si Apostolus peccatum illud commemorare voluisset quod
in hunc mundum, non propagatione, sed imitatione intraverit, eius principem non
Adam, sed diabolum diceret, de quo scriptum est Ab initio diabolus peccat.
25
Ibid.: Proinde Apostolus cum illud peccatum ac mortem commemoraret quae
ab uno in omnes propagatione transisset, eum principem posuit a quo propagatio
generis humani sumpsit exordium.
26
Ibid.: Imitantur quidem Adam quotquot per inobedentiam transgrediuntur
mandatum Dei: sed aliud est quod exemplum est voluntate peccantibus, aliud quod
origo est cum peccato nascentibus.
27
AUGUSTINI, De peccatorum cit., l. I, cap. IX, col. 114: Sed praeter hanc imi-
tationem gratia eius illuminationem iustificationemque nostram etiam intrinsecus
operatur illo opere de quo idem praedicator eius dicit Neque qui plantat est aliquid,
neque qui rigat, sed qui incrementum dat Deus [1 Cor 3.7].
269 Erasmo e il battesimo
difendere. Concludiamo questa analisi sommaria con il quadro gene-
rale che segue i brani appena visti:
Infatti, con questa stessa grazia vivificante Dio innesta nel proprio corpo
anche i bambini battezzati, che certamente non sono ancora in grado di
imitare chicchessia. Dunque, come colui nel quale tutti sono vivificati, oltre
ad offrirsi come esempio di giustizia a chi lo voglia imitare, d anche ai fedeli
la grazia occultissima del suo spirito, che infonde nascostamente anche nei
bambini, allo stesso modo colui nel quale tutti muoiono, oltre ad essere
esempio per coloro che trasgrediscono volontariamente i precetti di Dio, ha
contaminato in s, con locculta infezione della sua concupiscenza carnale,
tutti coloro che appartengono alla sua stirpe.
28
Non possiamo fare a meno di rilevare anche qui la presenza di
un grande scrittore, di un uomo capace di farsi ascoltare da tutti.
indubbio per che questa prosa affascinante era quanto di pi
lontano si potesse concepire dal metodo di studio dei testi che, al
momento in cui Lutero scrisse quella lettera a Spalatino, gli umani-
sti avevano elaborato e diffuso da quasi due secoli. Per rendercene
pienamente conto dobbiamo accostarci di pi al vivo del nostro
problema.
3. In quo omnes peccaverunt. Lesegesi di Rom. 5.12-14 e la dottrina
del peccato originale
Torniamo al passo di san Paolo che abbiamo visto sopra:
28
Ibid., coll. 114-15: Hac enim gratia baptizatos quoque parvulos suo inserit
corpori, qui certe imitari aliquem nondum valent. Sicut ergo ille in quo omnes
vivificantur, praeter quod se ad iustitiam exemplum imitantibus praebuit, dat etiam
sui spiritus occultissimam fidelibus gratiam quam latenter infundit et parvulis, sic
et ille in quo omnes moriuntur, praeter quod eis qui praeceptum Domini voluntate
transgrediuntur imitationis exemplum est, occulta etiam tabe carnalis concupiscen-
tiae suae tabificavit in se omnes de sua stirpe venientes.
270 Cecilia Asso
(12) Propterea sicut per unum hominem peccatum in hunc mundum intra-
vit, et per peccatum mors, et ita in omnes homines mors pertransiit, in quo
omnes peccaverunt. (13) Usque ad legem enim peccatum erat in mundo:
peccatum autem non imputabatur, cum lex non esset. (14) Sed regnavit
mors ab Adam usque ad Moysen etiam in eos qui non peccaverunt in simili-
tudinem praevaricationis Adae, qui est forma futuri.
Questo , allincirca
29
, il testo dei versetti 12-14 del capitolo V
dellEpistola ai Romani secondo la Vulgata, quale si presentava ai
tempi di Erasmo, e sul quale si basava largamente la dottrina del
peccato originale
30
.
Non possiamo qui tracciare il complesso percorso evolutivo di
questa dottrina dallet apostolica al Cinquecento. Dopo essersi
soffermati su Agostino, per importante per tenerne presente
una seconda tappa fondamentale, costituita dalla sistemazione che
Tommaso dAquino diede al problema posto dal nostro passo paoli-
no. Si tratta di uno snodo storico molto significativo, a met strada
tra la forte interpretazione antipelagiana di Agostino e la rinascita
di pelagianesimo e agostinismo nel secolo della Riforma. E poich
allimportanza dottrinale questo passo dellEpistola ai Romani unisce
anche unoscurit la cui difficolt interpretativa proverbiale, pu
essere utile cominciare a leggerlo sotto la guida limpida e metodica
del grande domenicano
31
.
29
Per lesattezza, il testo qui citato quello sisto-clementino, appartenente, cio,
alledizione riveduta della Vulgata patrocinata alla fine del XVI secolo da Sisto V
e portata a compimento sotto il pontificato di Clemente VIII. Nel nostro caso, il
controllo dobbligo su unedizione pre-clementina, che non ho potuto fare, non
essenziale.
30
S. LYONNET, Le pch originel en Rom 5,12. Lexgse des Pres grecs et les decrts
du Concile de Trente, Biblica, XLI, 4, 1960, pp. 325-355, p. 325.
31
Faccio qui riferimento soltanto a S. THOMAE AQUINATIS Super epistolas S. Pauli
lectura, cura P. Raphaelis Cai, O.P., vol. I, Torino-Roma, Marietti, 1953, pp. 69-79.
Sulloscurit del passo in questione si veda LYONNET, Le pch originel cit., pp. 337-
338.
271 Erasmo e il battesimo
3.1. Tommaso e lortodossia.
Va anzitutto specificato che gi il primo versetto presenta una
difficolt sintattica, perch il sicut iniziale rimane in sospeso, senza
il secondo termine di paragone nelle frasi subito seguenti. Perci
Tommaso spiega subito di cosa si sta trattando ma sar solo Erasmo
a mettere in evidenza che il problema unincongruenza testuale:
prima di lui dichiarare pubblicamente che nella Scrittura ci sono
degli errori era inaudito, ed ogni difficolt testuale veniva vista
come una palestra teologica per linterprete.
Dunque, spiega Tommaso, qui il paragone paolino tra Adamo
e Cristo: come grazie a Cristo avvenuta la riconciliazione del-
lumanit con Dio (versetti precedenti), cos per colpa di Adamo
era avvenuta la frattura. Tramite Adamo il peccato entrato nel
mondo, e tramite il peccato la morte, e cos la morte si propagata
a tutti gli uomini: questo accaduto in Adamo (in quo), nel quale
tutta lumanit ha peccato. Tommaso avverte immediatamente che
le parole in quo hanno una storia tuttaltro che pacifica alle spalle.
Gli eretici Pelagiani, che negavano lesistenza del peccato originale
nei bambini piccoli (in parvulis) leggevano queste parole come rife-
rite al peccato attuale. Per cui, secondo loro, il peccato entrato nel
mondo tramite Adamo nella misura in cui tutti hanno peccato
32
. A
costoro ha gi risposto Agostino: se qui lApostolo parlasse dellen-
trata del peccato attuale, che si compie per imitazione, non direbbe
che il peccato entrato in questo mondo tramite luomo, ma piutto-
sto tramite il diavolo, modello di coloro che peccano
33
.
Bisogna perci intendere che tramite Adamo il peccato entrato
in questo mondo non solo perch egli ha costituito un modello per
i suoi discendenti, ma anche perch ha trasmesso loro una sorta
di malattia genetica (propagatione), che ha viziato la carne umana
allorigine
34
.
32
THOMAE AQUINATIS Super epistolas S. Pauli lectura cit., p. 74, par. 407.
33
Ibid. Cfr. sopra, p.###.
34
Ibid.: Est ergo intelligendum quod per Adam peccatum in hunc mundum
intravit, non solum imitatione, sed etiam propagatione.
272 Cecilia Asso
Il dottore angelico procede a consolidare questa lettura col metodo
scolastico delle risposte ad alcune possibili obiezioni, che in questo
caso potrebbero essere due. Primo: sembra impossibile che il peccato
possa trasmettersi da un uomo allaltro per ereditariet materiale,
corporea, perch il peccato unattivit dellanima razionale, anima
che non si trasmette geneticamente, ma infusa da Dio in ciascun
uomo. E a questo si pu dare una risposta razionale. vero che nel
seme paterno non c lanima. Esiste per una capacit (virtus) del
corpo ad accogliere lanima, tale che, quando questa viene infusa
in quello, gli si adatta in modo peculiare: perch ogni contenuto
ha bisogno di un contenitore adeguato. E questa virtus si trasmette
s col seme paterno: per questo vediamo che i figli rassomigliano
ai genitori non soltanto nei difetti del corpo, ma anche nei difetti
dellanimo
35
.
Seconda obiezione: un difetto ereditario non ha le caratteristiche
della colpa, alla cui natura appartiene lessere frutto della volont.
Esso merita pi commiserazione che punizione. Bisogna pertanto
dire che se il peccato attuale proprio di un individuo, e si commet-
te per volont della persona che pecca, il peccato originale, com-
messo per volont del capostipite del genere umano, un peccato di
natura
36
. Tommaso ricorre qui a Porfirio, lillustre commentatore di
Aristotele: linsieme dellumanit pu essere considerato come un
grande organismo, come un unico uomo, del quale i singoli individui
sono le membra. In base a ci, possiamo dire che quel particolare
peccato di Adamo ha viziato la natura umana, mentre gli altri pec-
cati che egli ha commesso come individuo non pesano sui posteri.
E daltra parte la sua penitenza non ha potuto cancellare il peccato
originale
37
.
Si potrebbe anche osservare che il peccato originale non entrato
nel mondo tramite luomo, ma tramite la donna. Ma, intanto nella
Bibbia le genealogie sono descritte per via paterna e non materna, e
qui Paolo vuole tracciare una genealogia del peccato
38
. E poi, come
stato detto, la natura umana natura viziata dal peccato predi-
35
Ibid., par. 408.
36
Ibid., par. 409.
37
Ibid., pp. 74-75, par. 410.
38
Ibid., p. 75, par. 413.
273 Erasmo e il battesimo
sposta ad accogliere lanima viene trasmessa dal padre (per virtutem
activam viri), mentre la madre fornisce solo la materia prima (muliere
naturam ministrante). Perci, se Adamo non avesse peccato, ed Eva
s, il peccato non sarebbe stato trasmesso ai posteri. Ed questo il
motivo per cui Cristo non ha contratto il peccato originale, avendo
egli ricevuto la carne soltanto da una donna, senza seme maschile
39
.
Poi Paolo procede Tommaso tocca il tema della morte, quando
dice et per peccatum mors. evidente per che la morte non deriva
dal peccato, ma dalla natura, in quanto legata alla necessit della
materia. Il corpo umano, infatti, composto di elementi contrari,
per cui naturalmente corruttibile. Va detto per che la natura
umana pu essere considerata sotto due aspetti. Uno, secondo i
suoi principi intrinsechi, e sotto questo aspetto la morte per essa
naturale. La natura umana si pu per considerare anche in un
altro modo, in base a ci che stato previsto per essa dalla divina
provvidenza, in base alle regole che Dio aveva stabilito al momento
della creazione (per iustitiam originalem). Queste regole prevedevano,
secondo giustizia, che la mente delluomo fosse subordinata a Dio,
le sue forze inferiori (inferiores vires) fossero subordinate alla mente,
e il corpo fosse subordinato allanima, che lo tiene in vita. Le cose
esterne, infine, dovevano essere subordinate alluomo, in modo cio
che tutto fosse al suo servizio, ed egli non ne ricevesse alcun danno.
39
Ibid., par. 414. Sullimmunit di Cristo dal peccato originale si torna anche
pi avanti, chiarendo ulteriormente questo argomento: Sed cum Christus etiam
originem ex Adam traxerit, ut patet Lc. III, 23 ss, videretur quod etiam ipse, eo
peccante, peccaverit. Ad hoc respondet Augustinus Super Genesim ad litteram,
quod Christus non omnimodo fuit in Adam quo nos fuimus: nos enim fuimus et
secundum corpulentam substantiam et secundum seminalem rationem. Christus
autem fuit in eo solum secundum corpulentam substantiam. [...] Secundum hoc ergo
intelligendum est quod cum in nostra generatione sit et materia corporalis quam
foeminam ministrat et vis activa quae est in semine maris, utrumque per originem
ducitur ab Adam sicut a primo principio. Et ideo dicitur in eo fuisse secundum ratio-
nem seminalem et secundum corpulentam substantiam: quia, scilicet, utrumque ab
eo processit. In generatione autem Christi fuit corpulenta substantia quam traxit de
virgine: loco autem rationis seminalis fuit virtus activa Spiritus Sancti, quae non
derivatur ab Adam, et ideo non fuit in Adam secundum seminalem rationem, sed
tantum secundum substantiam corpulentam (ibid., p. 76, par. 419).
274 Cecilia Asso
Questo la divina provvidenza lo predispose a favore della dignit
dellanima razionale, alla quale, essendo per natura incorruttibile,
spettava un corpo incorruttibile. Ma poich il corpo, che composto
di contrari, doveva essere lo strumento della sensibilit, e un corpo
simile non pu essere incorruttibile secondo la propria natura, la
potenza divina ha sopperito a ci che mancava alla natura umana,
dando allanima il potere di tenere insieme (continendi) il corpo in
modo incorruttibile come un fabbro che, se potesse, darebbe al
ferro col quale fabbrica il coltello il potere di non prendere la rug-
gine. Dunque, quando la mente delluomo si distolta da Dio per il
peccato, ha perduto il potere di tenere sotto controllo (continendi)
le forze inferiori, e il corpo, e le cose esterne, e cos va incontro alla
morte naturale, dovuta alle cause intrinseche, e alla morte violenta,
dovuta ai danni che gli infliggono le cose esterne
40
.
Dunque, quando Paolo dice Et ita in omnes [...], mostra luniversali-
t di questo processo sia relativamente alla morte, sia relativamente
al peccato, ma in ordine retrogrado. Infatti sopra ha trattato per
prima cosa dellingresso del peccato, che la causa dellingresso della
morte. Adesso invece parla prima delluniversalit della morte, in
quanto la cosa pi evidente, quando dice e cos la morte cio il
peccato del progenitore si trasmessa a tutti: perch gli uomini
dallorigine viziata contraggono la necessit di morire
41
.
Di fronte a questa spiegazione possono nascere per altre difficol-
t. Per esempio, appare strano che gli uomini battezzati, mondati
dal peccato originale, continuino a trasmetterlo ai propri figli. Ma,
come dice Paolo, Io, con la mente sono soggetto alla legge di Dio,
ma con la carne sono soggetto alla legge del peccato, e i figli non si
generano con la mente, bens con la carne
42
.
Ricapitolando, secondo Tommaso il versetto 12 va tradotto cos:
[Come tramite Cristo la riconciliazione entrata nel mondo]
cos tramite un unico uomo (cio Adamo) il peccato entrato nel
mondo, e tramite il peccato la morte, e la morte si trasmise a tutti gli
uomini: questo accadde in Adamo, nel quale tutti hanno peccato.
40
Ibid., pp. 75-76, par. 416.
41
Ibid., p. 76, par. 417.
42
Ibid., par. 420. Vedi Rom. 7.25: Ego ipse mente servio legi Dei, carne autem legi
peccati.
275 Erasmo e il battesimo
Restano da spiegare i versetti 13 e 14, non meno oscuri.
Nel versetto 13, le parole Usque ad legem indicano quel periodo
della storia umana che va dalla caduta di Adamo fino alla legge di
Mos compresa (ut usque teneatur inclusive). La prima perci
significa che in quel periodo nel mondo cera il peccato originale,
insieme al peccato attuale
43
. E sebbene la legge non abbia eliminato
il peccato, tuttavia lo ha reso noto, mentre prima non lo si conosce-
va. Perci si aggiunge peccatum autem non imputabatur
44
.
Di conseguenza, nel versetto 14 Paolo parla della morte dicendo
che sebbene prima della legge i peccati non venissero imputati, tut-
tavia la morte, quella spirituale, cio il peccato, ovvero la dannazione
eterna, ha regnato, cio ha esercitato il suo potere sugli uomini
portandoli alla dannazione, da Adamo, tramite il quale il peccato
entrato nel mondo, fino a Mos, sotto il quale fu data la legge.
Ed essa ha regnato non soltanto su coloro che avevano commes-
so peccati attuali, ma anche su quelli che non avevano peccato a
somiglianza di Adamo (che, quanto a se stesso, commise un peccato
attuale), dal momento che anche i bambini erano dannati
45
.
La spiegazione che sembra pi vicina alle intenzioni dellAposto-
lo comunque la seguente. Poich il peccato una trasgressione
della legge divina; esso stato reso noto, ma non creato, dalla legge
di Mos: essendo appunto entrato nel mondo tramite Adamo
46
.
LApostolo infatti conclude la nostra guida vuole cautelarsi con-
tro coloro che credevano (come Aristotele), che la legge naturale
non esiste, e che il giusto e lingiusto sono definiti solo dalla legge
(umana). Ma poich questa opinione umana falsa, Paolo mostra
tramite leffetto che la morte ha regnato da Adamo (tramite il quale
43
Ibid., p. 77, par. 422.
44
Ibid., par. 423.
45
Ibid., par. 424: Consequenter agit de morte, dicens: Quamvis peccata ante
legem non imputarentur, tamen mors, scilicet spiritualiter, id est peccatum, vel
aeterna damnatio [...] regnavit,, id est potestatem suam exercuit in homines, ducen-
do eos in damnationem, ab Adam, per quem peccatum intravit in mundum, usque
ad Moysen, sub quo data est lex [...]. Non solum in eos qui peccaverunt actualiter,
sed etiam in eos qui non peccaverunt in similitudinem praevaricationis Adae, qui
actualiter peccavit [...], quia etiam pueri damnationem incurrebant.
46
Ibid., p. 78, par. 427.
276 Cecilia Asso
entrato il peccato originale nel mondo) fino a Mos, sotto il quale
fu data la legge; e siccome la morte la conseguenza del peccato,
soprattutto quello originale, chiaro che prima della legge il peccato
originale era nel mondo
47
. Infine, perch qualcuno non dica che gli
uomini morivano per colpa dei peccati attuali, ad escludere questa
obiezione si aggiunge che la morte regn anche su coloro che non
peccarono nelle loro azioni, e cio i bambini, e anche gli uomini
giusti che non commisero peccati mortali: tutti costoro peccarono
infatti, come si visto, nel primo uomo. E per questo Paolo aggiunge
le parole in similitudinem praevaricationis Adae, perch la somiglianza
(conformit, imitazione) col peccato di Adamo derivava originaria-
mente agli uomini da una somiglianza genetica (similitudinem illius
peccati traxerunt per originem simul cum similitudine naturae). come
se lApostolo dicesse che il fatto stesso che gli uomini morissero senza
aver personalmente peccato dimostra che avevano contratto geneti-
camente (per originem) la somiglianza col peccato di Adamo
48
.
3.2 Erasmo: traduzione e note.
Erasmo, in base ai suoi principi esegetico-teologici, parte dal testo
greco, dove il punto che ho sopra inserito tra parentesi quadre costi-
tuisce una difficolt. La preposizione greca . . insieme al dativo
non indica infatti uno stato in luogo, ma una circostanza. Vediamo
la traduzione erasmiana nel suo insieme:
(12) Propterea, quemadmodum per unum hominem peccatum in mundum
introiit, ac per peccatum mors, et sic in omnes homines mors pervasit,
quatenus omnes peccaverunt. (13) Usque ad legem enim peccatum erat in
mundo: porro peccatum non imputatur quum non est lex. (14) Imo regna-
vit mors ab Adam usque ad Mosen, in eos quoque qui non peccaverant ad
similitudinem transgressionis Adam, qui typum gerit illius futuri
49
.
47
Ibid., par. 428.
48
Ibid.
49
LB VI, coll. 584B-586A.
277 Erasmo e il battesimo
Perch, come tramite un solo uomo il peccato entrato nel mondo, e tra-
mite il peccato la morte, cos la morte si propagata a tutti gli uomini, nella
misura in cui tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti il peccato era nel
mondo: ma il peccato non viene imputato quando non c legge. Eppure
la morte ha regnato da Adamo fino a Mos, e poi anche su coloro che non
avevano peccato imitando Adamo.
Il commento, secondo una caratteristica peculiare delle annotatio-
nes di Erasmo, ha lo scopo esclusivo di spiegare le scelte testuali e,
solo in seconda istanza, di difendersi dalle accuse di eterodossia che
esse possono causargli. Cercheremo di seguirlo nel modo pi largo
possibile, eliminando per i riferimenti alle discussioni patristiche,
che sono in questa sede al di sopra delle nostre forze, e senza cercare
di rendere coerente unesposizione che spesso spezzata, e dove
risulta dominate listanza di seguire alla lettera la Scrittura, a costo
di trovarsi in gravi difficolt interpretative. Chiediamo al lettore di
avere pazienza ancora una volta, e di seguirci in una lettura generale
di questo testo spinoso.
Alcuni riferiscono in quo ad Adamo, nel quale si nascondeva in
potenza la posterit (in quo velut in massa latebat posteritas): in lui
peccarono tutti
50
. Altri interpretano in quo nel senso di eo quod,
ovvero quatenus, nella misura in cui
51
. Quelli che sostengono il
primo significato fondano soprattutto su questo passo la dottrina del
peccato originale (Hinc potissimum adstruunt peccatum originis), della
quale santAgostino acerrimo difensore, soprattutto dopo che si
infiamm la disputa con Pelagio e Giuliano. E simpatizza con questa
interpretazione anche Ambrogio, che seguendo, come sua abitudi-
ne, Origene, aggiunge a questo proposito unulteriore speculazione
filosofica, e cio che lApostolo non ha detto . , in qua, ma .
. , cio in quo, cio nelluomo, non nella donna: perch luomo il
principale generatore (auctor) della posterit, sebbene sia stata la
donna a cadere per prima
52
.
50
LB VI, col. 585 B.
51
Ibid.
52
Ibid. Cfr. Tommaso.
278 Cecilia Asso
Quelli che preferiscono il secondo significato non riferiscono . .
n ad Eva n ad Adamo, ma lo leggono in senso assoluto (referunt [...]
ad rem ipsam absolute), cio nella misura in cui tutti hanno peccato
(in eo quod omnes peccaverunt). Questa seconda lezione non esclude
senzaltro il peccato originale: la si pu infatti intendere nel senso
che tutti hanno peccato in Adamo, nel quale sono morti ancora
prima di nascere
53
. Ma qui la contraddizione inevitabile, perch
bisognerebbe ammettere, cos, da un lato che coloro che non agisco-
no peccano, e che muoiono coloro che ancora non esistono. Inoltre,
poich al peccato di Adamo si dovrebbe attribuire non solo la morte
del corpo ma anche la morte eterna (mors gehennae), non sarebbe
vero che questo peccato si trasmesso a tutti, e che la morte eterna
si trasmessa agli infanti che muoiono senza il lavacro rigenerante
se vogliamo credere ai teologi dei nostri tempi. Se seguiamo questa
strada ci troviamo davanti a conseguenze assurde. Infatti, sia secondo
la definizione dei teologi, sia in base al senso comune il peccato o
detto o fatto, e non si pu dire niente del genere degli infanti appe-
na nati. Se invece per peccato intendiamo qui la sottrazione della
grazia divina, che era presente in Adamo prima che peccasse, oppure
una certa naturale tendenza al peccato che si osserva presente in tutti
(anche se, a mio parere, questa tendenza deriva molto pi dallesem-
pio che dalla natura), tutto questo costituisce la pena del peccato,
pi che il peccato in s. Se Adamo non avesse violato lordine di Dio
avrebbe generato i propri simili immortali, pieni di conoscenza (noti-
tia), di timor di Dio, di carit, e fede, disponibili e solerti a fare il bene
mentre continua a generarli oppressi da tutti i mali che sappiamo.
Tutte queste cose, per, non si possono definire peccato, dicono gli
scolastici che, pur fra le obiezioni di altri teologi (aliis reclamantibus)
non ammettono che neanche il desiderio di peccare (concupiscentia)
sia chiamato peccato. Per di pi, il battesimo non toglie agli infanti
tutti questi mali: rimane loro infatti linevitabilit della morte, un
corpo gravato di mali, e linclinazione a peccare sebbene entrambi
questi difetti, ossia la debolezza fisica e morale, per gli uomini pii
possano volgersi in bene. Degli altri mali secondo loro ci si libera
tramite a una buona inclinazione infusa per grazia, tramite i sacra-
menti (Caetera excusant per habitus gratiarum infusos)
54
.
53
Ibid., B-C.
54
Ibid., C-D.
279 Erasmo e il battesimo
Ma non il caso prosegue Erasmo di addentrarsi ulteriormente
in questo labirinto. Si voluto soltanto sfiorare quanto basta a dimo-
strare che questo discorso dellApostolo non manca di oscurit
55
. E
prosegue con la veste del grammatico. Non sono sicuro osserva
quasi tra parentesi che questo significato, ossia che in Adamo tutti
hanno peccato come latenti, contenuti potenzialmente in lui, venga
ammesso dalle regole della lingua greca. Infatti qui non c scritto . |
. , ma . . : di una donna gravida si dice . | ,cct,. . ..|, non . .
,cct,.
56
;. Dunque non c niente in queste parole che non si possa
riferire (accomodari) al peccato dimitazione (peccatum imitationis).
Lunico ostacolo a questa interpretazione erano quelle due sillabe,
. . , ma si mostrato che esse rendono a mala pena il significato
che secondo alcuni lunico possibile. E anche se ci fosse scritto (si
esset) . | . , questo non sarebbe un grosso ostacolo per chi pensa che
qui Paolo sta parlando dei peccati dei singoli uomini, commessi ad
imitazione di Adamo
57
.

Io non dico queste cose per mettere in dubbio che esista il peccato originale,
ma per chiarire che mentono quelli che dicono che io sono lunico a soste-
nere (meminisse) questa interpretazione, e che questo commento ce lho in
comune soltanto con Pelagio. Io condanno lopinione di Pelagio, e ho ben
presente il consenso degli antichi su questo argomento: questa discussione
riguarda soltanto il significato di questo passo, se sia esatto riferirlo in modo
peculiare al peccato originale
58
.
Prima di tutto, generalmente riconosciuto (in confesso est) che linizio di
tutto questo discorso di san Paolo nasce da un problema diverso (aliunde)
dal peccato originale, e che la sua conclusione d risultati di altro genere.
Infatti: nel primo capitolo rimprovera ai Gentili di essere degenerati in ogni
genere di peccato, nonostante la legge di natura e la conoscenza filosofica;
nel secondo rimprovera i Giudei perch non osservavano la legge della
quale si gloriavano; nel terzo conclude che sia i Gentili sia i Giudei, gravati
entrambi dal peccato, necessitano della grazia di Dio; nel quarto insegna
che n i Gentili n i Giudei si salvano per le opere, ma per la fede, e che la
55
Ibid., D.
56
Ibid., D-E.
57
Ibid., col 586 B.
58
Ibid., col. 587 B.
280 Cecilia Asso
promessa fatta ad Abramo riguarda tutti coloro che lo imitano nella fede;
nel quinto insegna la remissione dei peccati e che il dono della giustizia,
ovvero dellinnocenza, destinato a tutti per il gratuito amore di Dio, che
col sangue del suo Unigenito lava i peccati di tutti. Fino a questo punto, non
c niente che non sia relativo ai peccati personali, per usare lespressione
che adoperano gli scolastici
59
. Le parole che vengono subito dopo, Usque
ad legem enim peccatum erat in mundo, peccatum autem non imputabatur,
etc., mi risulta che la maggior parte dei Dottori le interpretano come rife-
rite al peccato di imitazione
60
.
Daltra parte, coloro che usano questo passo per sostenere il dogma
del peccato originale parlano un linguaggio oscuro, e non vale la
pena stare ad esaminare i loro argomenti. Quello che certo per
ribadisce Erasmo che nessuno di essi attribuisce il peccato ori-
ginale agli infanti: dicono invece che una qualche parte della pena
si trasferita sui posteri.
61
.
Rimane da vedere quella polemica secondo la quale io sosterrei i Pelagiani
disarmando la Chiesa: strappandole cio questarma che, dicono, sarebbe
la pi solida di tutte. Primo: ho spiegato che ce ne sono altre di pi valide.
Secondo: come sarebbe che sostengo i Pelagiani, se condanno apertamente
le loro opinioni? Ma dicono rendo noto che entrambe le interpretazioni
sono coerenti. Anche se io avessi taciuto rispondo sarebbe vistosamente
evidente di per s che il passo sacro si intende meglio se riferito al peccato
individuale. Bastava che ci fosse un unico passo contro Pelagio, e la Chiesa
era al sicuro, anche se privata di questarma. Ma tutta la Chiesa dicono
interpreta cos questo passo. Forse che tre o quattro Dottori sono tutta la
Chiesa? Tutta la Chiesa insegna che tutti i posteri di Adamo nascono grava-
ti dalla pena del peccato di Adamo: ma che questo passo non si possa inter-
pretare se non come riferito al peccato originale, questo la Chiesa universale
non lo insegna da nessuna parte. Eppure, io avevo annotato solo questo. Ma
dicono in un concilio africano (il Milvetano, mi pare) si anatemizzano
coloro che interpretano diversamente questo passo di Paolo. Invece, in quel
concilio si anatemizzano coloro che insegnavano che gli infanti non ave-
59
Ibid., B-C.
60
Ibid., C. Cfr. Lutero.
61
Ibid., E.
281 Erasmo e il battesimo
vano bisogno del battesimo, perch non avevano contagiato alcun male da
Adamo: e dopo lanatema si aggiunge quia non debet aliter intelligi. Non
voglio esaminare qui quanti anatemi ci siano in quei concili provinciali,
che Ilario ha tradotto, e non penso di essere obbligato fino a questo punto a
concili di questo genere. Ma se qualcuno insistesse che tutti i decreti in essi
contenuti vanno osservati, potrei elencarne alcuni che contengono dogmi
che oggi la chiesa condanna come eretici, o istituti che oggi la chiesa non
conserva in nessuna regione; potrei anche portare un decreto di un sinodo
universale che proibisce di spiegare questo passo diversamente da come ho
fatto io. Che il concilio Milvetano condanni pure linterpretazione pelagia-
na: la cosa non mi riguarda
62
.
Erasmo prende qui le distanze da Pelagio insistendo, pi che su
questioni teologiche, sul proprio comportamento. Pelagio, leggiamo,
aveva eliminato linterpretazione tradizionale allo scopo di sostenere
quella che la chiesa disapprovava. Aveva cio, potremmo chiosare,
assunto latteggiamento del vero eretico, di colui che si separa osti-
natamente dallinsegnamento della chiesa (non colui che sostiene
pacificamente dottrine diverse da quelle comunemente accettate)
63
.
Erasmo, al contrario, si pone come difensore della verit ecclesiasti-
ca proprio perch dimostra che questo passo non serve a confutare i
Pelagiani. La sua opera dice non consiste nellaprire breccie per
far entrare il nemico, ma anzi nel segnalare i punti deboli, sui quali
si pu essere pi facilmente attaccati
64
. Daltra parte, anche i Padri
dei quali Erasmo si serve continuamente erano soggetti allerrore
65
,
e soprattutto va ricordato che essi si trovarono spesso a combat-
tere contro scismi ed eresie. I Pelagiani non risorgeranno certo di
62
Ibid., coll. 588 E-589 A. Cfr. Lyonnet.
63
Ibid., col. 589 A: ille sic tollit hanc interpretationem ut adstruat quam impro-
bavit Ecclesia. Riguardo alla definizione di eretico, ho potuto analizzare altri passi
delle annotationes in La teologia e la grammatica. La controversia tra Erasmo ed Edward
Lee, Firenze, Olschki, 1993, pp. ###.
64
Ibid., 589 A-B.
65
Ibid., B: Fatemur Ecclesiam habere auctoritatem interpretandi Scripturas, sed
Ecclesiae Doctores, quamlibet celebres, in multis Scripturae locis haesitant, multa
varie, nonnulla etiam perperam sunt interpretati.
282 Cecilia Asso
punto in bianco solo perch Erasmo si distacca dallinterpretazione
di Agostino, che la scrisse mentre si trovava nel bel mezzo di una
guerra
66
.
Diranno forse che bisognava dissimulare che questo luogo si pu spiegare
in due modi. Ma pensano che, se io avessi taciuto, gli eretici non se ne
sarebbero accorti, o meglio, pensano che non se ne siano gi accorti, da
pi di mille anni? E poi, se affidiamo la salvaguardia della fede al silenzio,
che senso hanno tutti quei volumi di quaestiones coi quali i teologi recenti
hanno riempito il mondo, e che propongono argomenti che mettono tutto
in dubbio soprattutto Scoto, nei cui scritti gli argomenti che si oppongo-
no alla verit, che loro chiamano ante oppositum, sono spesso pi robusti di
quelli che li contraddicono? Perch in questi casi non temono che si porga
il fianco agli eretici? Ma quegli argomenti dicono vengono discussi tra
gli Scolastici. E i miei vengono letti, se pure lo sono, negli studi privati (in
cubiculis). Io scrivo infatti per i teologi, non per i maestri di grammatica
(grammaticis). Per me (nobis) sufficiente un unico testimone della Scrittura
e spesso, anche senza la Scrittura, basta lautorit (auctoritas) della Chiesa.
Ma contro gli eretici a cosa serve affermare che questo passo non si deve
interpretare diversamente, quando evidente di per s (quum ipsa res cla-
mitet) che si pu interpretare diversamente? E infine, se in tutto questo c
qualcosa che pu arrecare scandalo, a chi va imputato? A chi aveva scritto
tre parole di commento, o a quelli che, sventolando sulla scena popolare
quelle povere noterelle, hanno suscitato atroci tragedie?
67
Quanto al secondo punto nevralgico di questo passo, le parole in
similitudinem del versetto 14, ecco linterpretazione che se pu dare:
la morte ha regnato anche su coloro che non hanno peccato, e che
ha regnato non a causa dei loro peccati ma a somiglianza della
trasgressione di Adamo, cio come se anchessi avessero peccato
come Adamo
68
.
Ora, poich altrove si dice conclusit Deus omnia sub peccato, et
omnes peccaverunt et egent gloria Dei
69
, come si pu dire qui che alcuni
66
Ibid., F.
67
Ibid., coll. 589 F-590 B.
68
Ibid., 590 D-E.
69
Rom.
283 Erasmo e il battesimo
non hanno peccato? In realt, non hanno peccato a somiglianza del
primo uomo, cio non cos mortalmente, perch non hanno trasgre-
dito un ordine ben preciso, che il senso esatto della parola praeva-
ricatio. Ad Adamo infatti stato giustamente imputato il peccato in
quanto gli era stato prescritto con esattezza cosa doveva e cosa non
doveva fare. Ma prima della legge di Mos il peccato non veniva
imputato agli uomini cio non sembrava imputabile perch non
cera una legge che lo proibisse
70
.
Daltra parte e ci avviamo alla conclusione ho ben presente che
alcuni riferiscono tutto questo passo al peccato originale. Non voglio certo
contraddirli, ma mi sembrato giusto indicare anche laltra interpretazione
[...]
71
. Dovremo perci stare attenti a non odiare pi del giusto i Pelagiani.
Non perch io non voglia che si attacchi lopinione di chi nega che vi sia
mai stato un peccato originale, ma che non vorrei che [questo dogma] si
tirasse in causa pretestuosamente ad ogni occasione, anche dove non il
caso di farlo, o per il gusto di dire cose acute nellambito di quella discus-
sione, o per labitudine sbagliata di rifugiarvisi quando fa comodo, come gli
astrologi che hanno trovato gli epicicli per sbrogliarsi da molte difficolt. A
meno che non vogliamo permetterci di discutere con un avversario solo per
sconfiggerlo, e non per istruirlo, e di distorcere cos ai nostri fini le parole
della Scrittura. Cosa che Girolamo a volte fa discutendo con Gioviniano,
e che a volte fanno anche Agostino e Ambrogio
72
.
Ho detto queste cose dicevo non perch io sostenga coloro che nega-
no lesistenza del peccato originale, ma perch non voglio, se possibile,
che venga fatta nessuna violenza alla Scrittura. Analizziamo piuttosto, sulla
base della logica dellesposizione (ex ipsa disputationis consequentia), che cosa
voleva dire Paolo, cercando di capire di cosa stia parlando, da dove parte il
suo discorso, a cosa mira, e se non sia probabile che egli volesse rivelare alle
Genti questo mistero, che oggi oggetto pi di fede che di comprensione,
poich contrario al senso comune
73
.
Ed inutile che alcuni mi calunnino dicendo che con questa annota-
zione io mino alla base il peccato originale, quando in tanti passi dei miei
70
590 E.
71
Ibid., coll. 590 F-591 C.
72
Ibid., 591 C.
73
Ibid., C-D.
284 Cecilia Asso
scritti io lo professi e lo affermi in tutta buona fede. In verit mi sembra che
questo passo si spieghi pi facilmente se riferito ai peccati individuali dei
discendenti di Adamo, anche se non voglio respingere aprioristicamente
lopinione di nessuno
74
.
4. Le annotazioni di Edward Lee e le condanne della Sorbona.
Dopo essersi dedicati a questo genere di scritti, analitici e poli-
morfi, non c niente di pi rilassante, nellambito degli studi, che
prendere in mano un elenco di censure stilate da unistituzione
solida e stimata e ritrovarvi, ben ritagliati, schedati e stigmatizzati, i
punti sui quali tanto si discusso. Come storici, abbiamo la fortuna
di possedere una serie di proposizioni tratte dalle opere di Erasmo e
sistematicamente e ufficialmente censurate nel 1527 dalla Sorbona
nome con cui per antonomasia si designava la prestigiosissima
Facolt di Teologia dellUniversit di Parigi. Vediamo il punto che
nella lista va sotto il titolo De peccato originali
75
. Vi troviamo citato
letteralmente un periodo delle annotationes ai Romani, capitolo V, e
di seguito la sua censura:
PROPOSIZIONE ad Rom. 5
Il male sorto dal capostipite del genere umano si propag in tutta la posterit,
in quanto nessuno riesce a non imitare lesempio del nostro progenitore.
CENSURA
Il Commentatore spiega qui quel passo dellApostolo che dice In Adamo
tutti hanno peccato, ovvero, nel quale tutti hanno peccato. Questo passo non lo
si pu intendere come riferito al peccato attuale, perch non tutti peccano
di peccato attuale. I bambini piccoli infatti, che non hanno ancora luso di
ragione, non sono mai stati gravati dal peccato attuale. Motivo per cui
vano e distorto il modo in cui il Commentatore riferisce il suddetto luogo al
peccato attuale, e tale spiegazione favorisce lerrore pelagiano.
74
Ibid., D.
75
Collectio judiciorum de novis erroribus qui ab initio duodecimi seculi post
Incarnationem Verbi usque ad annum 1632 in Ecclesia proscripti sunt et notati [...] opera
et studio Caroli Duplessis DArgentre, t. II, Parigi, Andr Cailleau, 1728, p. 68.
285 Erasmo e il battesimo
Nel lungo commento a Rom 5.12 che sopra abbiamo scorso Erasmo
ripete pi volte che i teologi dei suoi tempi non attribuiscono agli
infanti la macchia del peccato originale. Non possiamo addentrarci
certamente neanche su questo tema
76
. Sembra comunque chiaro che
almeno i teologi della Sorbona non erano daccordo.
La storia della censura di Erasmo nel corso del Cinquecento un
intreccio di interventi ufficiali e di attacchi sistematici condotti da
singoli individui
77
. possibile dimostrare che i censori istituzionali
si basarono largamente sulla letteratura polemica che ebbe come
bersaglio Erasmo soprattutto nellarco degli anni venti del secolo.
Alla Sorbona, per esempio, sembra siano arrivate, intorno al 1519,
le annotationes, non ancora date a stampa, del giovane teologo ingle-
se Edward Lee, che era intervenuto sui passi delledizione erasmiana
del Nuovo Testamento che gli apparivano devianti dai canoni
interpretativi stabiliti dalla tradizione. Ed ecco cosa leggiamo nelle
Annotationes in annotationes Erasmi che videro la luce nel dicembre
1519:
E cosa c nella fede cattolica che non sia contrario al senso comune, anche
se Isaia non avesse detto Se non crederete non capirete? E cosa poteva dire
di meglio Paolo, soprattutto in un passo in cui ammonisce in continuazione
che sia Giudei che Greci avevano bisogno della grazia di Dio? E ne avevano
bisogno proprio e soprattutto perch avevano contratto dal loro progenito-
re la macchia dalla quale non potevano liberarsi se non tramite la fede di
Ges Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, che il motivo per cui dice
che essi erano salvi per la grazia, e per natura figli dellira. Cosa si poteva
dire di pi magnifico per predicare la grazia, se non che essa sola quella
che ci toglie senzaltro il difetto innato che proviene dai genitori, un vizio
che da solo, anche se non ce ne fosse nessun altro, ci condanna allinferno?
Non riguardava forse la loro salvezza far loro sapere quanto fossero inutili
al momento della prima nascita, e come non potessero essere degni di Dio
se non si fossero rigenerati con la seconda nascita? [...] Tu dici Non voglio
76
Pu darsi che Erasmo si riferisca alle aperture dellambiente domenicano verso
uninterpretazione morbida del problema dei bambini morti senza battesimo: su
questo punto vedi il saggio di C. Franceschini contenuto in questo volume.
77
Vedi in proposito E. RUMMEL, Erasmus catholic critics, 2 voll., Toronto-Buffalo,
Toronto U.P., 199?
286 Cecilia Asso
con questo negare il peccato originale. Se credi davvero nel dogma eccle-
siastico sul peccato originale, non hai nessun motivo di temere che sia stato
inventato dai teologi, poich i teologi lo hanno preso questo dogma dalla
santa Chiesa. Ma non sei molto lontano dal negare il peccato originale,
se strappi alla Chiesa questarma, con la quale soprattutto ha combattuto
contro i Pelagiani: arma costituita da questa interpretazione, sulla quale si
basano costantemente tutti i teologi, anche gli antichi, interpretazione che
ricavano dalle parole di Paolo. [...] Credo che tu abbia unopinione ortodos-
sa sul peccato originale, ma la tua discussione si preoccupa che non venga
fatta violenza alla Scrittura, come se temessi davvero questa eventualit. Ma
se temi questo, hai una cattiva opinione degli antichi, e ti fai carico di una
mala difesa a favore dei pessimi Pelagiani. E guarda, Erasmo, se ti sembra
equilibrato pensare che sia tu lunico ad essere sapiente, contro tante seris-
sime testimonianze patristiche. Per lamore di Cristo, ti prego e ti scongiuro,
Erasmo, di non introdurre nella santa Chiesa questo modo nuovo e strano
di trattare le sacre lettere, calunniando gli antichi
78
.
78
Cito dalledizione di Basilea (Froben, maggio 1520), pp. 95-96: [...] Et quid
est in fide catholica quod non abhorreat a sensu communi, etiamsi non diceret
Esaias Nisi credideritis, non intelligeritis? Imo, quid magis conveniebat a Paulo
dici, praesertim eo loco quo sedulo commonebat Iudaeos et Graecos omnes egere
gratia Dei? Quippe quod nulla alia ratione magis egeant quam quod contraxerint a
protoplasto genitalem maculam, a qua liberari non possent nisi per fidem mediatoris
Dei et hominum Christi Iesu, hoc est quod gratia salvos factos dicit, natura vero
filios irae. Quid magnificentius dici potuit ad gratiae praeconium quam quod ea
sola est quae innatum nobis ex parentibus vitium prorsus tollit, et tale vitium quod
solum, etiam si aliud non insit, ad inferos pessundat? Non hoc pertinebat ad eorum
salutem, ut scirent quam essent a prima nativitate inutiles, nec vero possent digni
Deo esse nisi secunda nativitate regenerarentur? [...] Sed dicis, Non hoc dixerim
quod negem peccatum originis. Si tenes ecclesiasticum dogma de peccato originis,
nihil quicquam opus est timeas ne inventum sit theologorum, cum theologi ab
Ecclesia sancta hoc dogma susceperint. Sed parum abest quin neges peccatum ori-
ginis, qui hunc gladium eripis Ecclesiae, quo maxime hactenus depugnavit contra
Pelagianos, imo hanc interpretationem, cui constanter innituntur theologi omnes,
etiam veteres, quam eliciunt ex verbis Pauli. [...] Credo te bene sentire de peccato
originis, sed huc tendit disputatio tua quod nolis vim fieri Scripturis, quasi id timeas.
Si id times, non bene sentis de veteribus et malum suscipis patrocinium pro pessimis
Pelagianis. Et vide, Erasme, an hoc aequum sit ut tu solus sapias contra tot patrum
287 Erasmo e il battesimo
Da questo brano emerge qualcosa di simile a quanto abbiamo
osservato leggendo la lettera di Lutero a Spalatino. Anche per
Edward Lee, lerrore di Erasmo sta soprattutto nel voler partire
esclusivamente dal testo sacro, e nel voler seguire a tutti i costi
linterpretazione letterale. E lerrore di metodo porta allerrore teo-
logico. Ma nel testo dellinglese la tradizione (ecclesia sancta) a
mostrare la strada, mentre per Lutero il presupposto filosofico della
natura viziata delluomo a guidare linterpretazione, sulla scorta di
santAgostino.
In realt, sullo sfondo di queste critiche c la condanna di Lorenzo
Valla e delle sue Annotationes in Novum Testamentum. Fermiamoci
dunque a vedere brevemente cosa questo significasse per il nostro
autore.
5. [...] questo modo nuovo e strano di trattare le sacre lettere
[...] Posso prevedere che certa gente, data appena unocchiata al titolo, e
prima di avere unidea del contenuto, comincer a strillare, come nelle
tragedie antiche, O cielo! O terra!. E con tutta probabilit quelli che
pianteranno le grane pi odiose saranno proprio quelli a vantaggio dei quali
soprattutto rivolta questopera, cio i teologi. uninsolenza intolle-
rabile che un grammatico, dopo aver passato al vaglio tutte le discipline,
osi mettere la sua penna petulante perfino sulle lettere sacre!. Eppure, a
Niccol da Lira viene dato ascolto: non voglio dire che sia un ignorante,
ma certo uno scrittore molto vicino a noi, che si permette di modificare
radicalmente il testo di Girolamo (uomo venerabile) e molto altro che ha
ricevuto la comune approvazione dei cristiani per molti e molti secoli. E
oltretutto, lo fa basandosi sui libri dei Giudei che, anche ammesso che siano
la fonte delledizione vulgata (nostram hanc editionem), non sono per sicuro
che non siano stati scientemente corrotti. Dunque, che orrendo delitto sar
mai, se Lorenzo Valla, collazionati alcuni antichi esemplari greci ha scritto
alcune note al Nuovo Testamento (che sicuramente deriva completamente
gravissima testimonia. Per Christi charitatem obsecro atque obtestor te, Erasme, ut
nolis inferre in Ecclesiam sanctam hoc novum genus tractandi sacras literas, cum
calumnia veterum.
288 Cecilia Asso
dalle fonti greche) in cui si rileva che [nella Vulgata] ci sono alcune cose
che stridono con loriginale, o che appaiono tradotte in modo inesatto, per
distrazione del traduttore, o che vengono dette meglio nelloriginale infi-
ne, in cui si rileva che nei codici latini ci sono passi corrotti? Diranno forse
che il grammatico Valla non ha gli stessi diritti del teologo Niccol? Anche
senza contare che grandi uomini annoverano Valla tra i filosofi e tra i teolo-
gi, quando Niccol da Lira discute su una parola svolge forse la funzione del
teologo, o non piuttosto quella del grammatico? Anzi, tutta questa materia,
il tradurre le sacre scritture, un lavoro da grammatico. [...] E penso che,
da parte sua, la regina delle scienze, la teologia non si offender se viene
accudita col dovuto ossequio dalla sua ancella grammatica. La quale, pur
essendo meno nobile di alcune altre discipline, svolge senzaltro un ruolo
che il pi necessario di tutti. Si occupa di problemi minimi, ma nessuno
pu primeggiare se quel tipo di problemi non sono risolti; tratta di scioc-
chezze che ci introducono alle cose serie. E se protestano che la teologia
troppo grande per venire costretta dalle leggi della grammatica, e che tutta
lattivit interpretativa dipende dallinflusso dello Spirito Santo davvero
una strana nobilt quella dei teologi, avere il privilegio di esprimersi senza
grammatica! Ma riflettano bene sul significato della parole che Girolamo
scrive a Desiderio: Una cosa essere profeta, unaltra essere traduttore.
Nel primo caso, lo Spirito predice ci che accadr; nel secondo, si traduce
ci che lerudizione e la conoscenza della lingua riescono a capire. A cosa
sarebbe servito che sempre Girolamo dettasse le regole per tradurre le sacre
scritture, se questa capacit si consegue per grazia divina? E infine, perch
Paolo pi eloquente in ebraico che in greco? [...]
79
Non ci soffermeremo sullopera neotestamentaria di Erasmo, che
ormai largamente oggetto di studi, soprattutto in area anglosasso-
ne
80
. Ricordiamo per che ledizione delle Annotationes in Novum
Testamentum di Lorenzo Valla, curata da Erasmo e pubblicata per
la prima volta a Parigi (Josse Bade) nel 1505, viene considerata la
79
Ep. 182 a Christopher Fischer Parigi, marzo 1505, ll. 108-146.
80
Mi limito a due titoli di riferimento: J. BENTLEY, Humanists and Holy Writ. New
Testament Scholarship in the Renaissance, Princeton N.J., Princeton U.P., 1983; M.
OROURKE BOYLE, Erasmus Annotationes ... Per una breve introduzione in italiano
si veda Erasmo, Scritti religiosi e morali cit., nota ai testi, pp. 485-489.
289 Erasmo e il battesimo
prima tappa del progetto che porter alle cinque edizioni (1516,
1519, 1522, 1527, 1535) del testo con annotationes del Nuovo
Testamento. La lettera da cui abbiamo estratto il passo qui sopra
citato lintroduzione alledizione di Valla, e viene considerata un
testo programmatico del metodo che Erasmo adott per studiare e
spiegare la Scrittura. Anche dalla rapida lettura che abbiamo propo-
sto risulta chiaro che Niccol da Lira e il suo lavoro di interpretazio-
ne costituisce un contraltare al lavoro di Lorenzo Valla. Il problema
non sta infatti, agli occhi di Erasmo, nel perseguire esclusivamente
il senso storico-letterale della tradizione medievale, bens nellappli-
care le regole che gli uomini hanno stabilito per capire testi scritti
dagli uomini. Sebbene sia infatti indiscutibile che per Erasmo Dio
si rivelato agli uomini tramite la Parola, ci avvenuto tramite la
scrittura umana, soggetta alle debolezze e alle vicende di ogni cosa
umana. Si pu davvero dire che anche la Scrittura possiede un corpo
e unanima, e che gli scrittori sacri sono gli strumenti che lo Spirito
ha usato per esprimersi
81
. Chi, come Niccol da Lira, non si dimostra
padrone delle humanae literae non pu dunque considerarsi neanche
un buon interprete della Parola di Dio, come si legge a chiare lettere
nellepistola a William Warham, larcivescovo di Canterbury, che
nel 1516 fu pubblicata come dedica e prefazione delledizione delle
opere di Girolamo e nella quale si trova un vibrante quadro della
progressiva decadenza del corpo sacerdotale:
[...] Valeva davvero la pena lasciare invecchiare e dimenticare Clemente,
Ireneo, Policarpo, Origene, Arnobio, per mettere al loro posto Occam,
Durando, il Capreolo, il Lirano, il Burgense permettere che la gente
leggesse autori come questi, e anche pi ignoranti! Sotto la lunghissima
81
Cfr. avanti, p. ### , il paragone tra il rapporto anima-corpo umano e il rapporto
musico-strumento musicale. Tutto questo problema (che necessita di unanalisi pi
complessa) va affrontato a partire dallo scritto che Erasmo concep come intru-
duttivo allo studio del Nuovo Testamento, la Ratio verae theologiae (LB V, coll.
-------; trad. it. in Scritti religiosi e morali cit., pp. 137-248). Vedi anche ladagio
Sileni Alcibiadis, ed. it. con testo a fronte in ERASMO DA ROTTERDAM, Adagia. Sei
saggi politici in forma di proverbi, a c. di S. Seidel Menchi, Torino, Einaudi, 1980, in
part. alla p. 75.
290 Cecilia Asso
tirannide di costoro c stata una tale catastrofe delle buone lettere e dei
buoni autori, che veniva espulso dallordine dei dottori chiunque avesse
anche solo assaggiato un pochino di buona letteratura
82
.
Nel difendersi contro laccusa di aver sottratto, con la sua tradu-
zione e il suo commento, larma scritturistica pi valida per soste-
nere il dogma del peccato originale, Erasmo aveva rimandato chi
volesse farlo a passi scritturistici di pi sicura interpretazione
83
. Ma
nel chiedersi quali siano i luoghi del Nuovo Testamento sui quali si
fonda la dottrina del peccato originale, ci si rende conto di quanto
importante sia Rom 5.12. I passi sulla pratica del battesimo e sul
concetto di rinascita ad esso collegata non lo presuppongono, in
realt, necessariamente
84
. Non li scorreremo, soprattutto perch il
commento di Erasmo su di essi di solito assente o estremamente
tecnico. interessante rilevare per, per completezza di informazio-
ne, il trattamento che il nostro esegeta-traduttore riserva al verbo
greco ct. .. Nellinsieme delledizione del Nuovo Testamento
esso viene regolarmente tradotto col calco baptizo, usato dalla
Chiesa come termine tecnico, e nel commento non viene, a quanto
pare
85
, messo esplicitamente in evidenza che il suo significato ori-
ginario il generico tingere, bagnare. Tuttavia, nelle opere e nel
carteggio (come potremo osservare pi avanti) la traduzione tingo
usata con indifferenza accanto a baptizo. nel commento al primo
versetto del Vangelo di Giovanni che troviamo la chiave interpre-
tativa del problema. Nellambito della rovente discussione che segu
la sua scelta di tradurre la parola , con sermo invece che con
verbum, Erasmo protest che la sua opera neotestamentaria non era
82
Ep. 396, a William Warham, Basilea, 1 aprile 1516, ll. 89-94: [...] Scilicet
tanti erat antiquari Clementem, Hirenaeum, Polycarpum, Origenem, Arnobium,
ut horum vice Occam, Durandum, Capreolum, Lyranum, Burgensem et his etiam
indoctiores legeret orbis. Sub horum igitur diutina tyrannide tanta fuit bonarum
litterarum ac bonorum authorum c|.-,. c ut e doctorum ordine pelleretur qui
vel paulum litteraturae melioris attigisset.
83
Vedi sopra, p. ###.
84
Vedi PROSPERI, Dare lanima cit., p. 149.
85
Non ho potuto fare un controllo sistematico.
291 Erasmo e il battesimo
rivolta al volgo, a quello che noi chiameremmo il grande pubbli-
co, ma solo agli studiosi. Perci una traduzione filologicamente pi
corretta, ma estranea alla tradizione, non correva il rischio, a suo
modo di vedere, di scandalizzare nessuno. E, con un passaggio un po
incongruo, argomentava: So che bisogna essere molto rispettosi di
fronte a consuetudini cos radicate: ma quante volte mai si recita la
commedia davanti al popolo? tradizione che quando si battezza si
dica Io ti battezzo, con unespressione semigreca. E io non sostengo
che di fronte ai semplici si debba dire Io ti bagno sebbene davanti
a Dio questo non faccia nessuna differenza. Io non auspicherei (per
come adesso stanno le cose) che nelle chiese si leggesse In principio
erat sermo, se sospettassi fondatamente che ci fosse qualcuno che
potesse scandalizzarsi gravemente [...]
86
. Rimane per aperto lin-
teressante problema del perch Erasmo se la sia sentita di affrontare
(e senza cedere di un millimetro nella sostanza) la tempesta che
scaten la traduzione di logos con sermo, e non sostitu invece baptizo
con tingo.
6. Anabattisti
Diamo unocchiata rapidamente a unaltra fonte basilare per par-
lare di Erasmo: il suo vastissimo epistolario. Anchesso presenta pro-
blemi di critica non indifferenti, dal momento che costituito per
una gran parte da testi accuratamente elaborati e curati per la stam-
pa gi dal loro stesso autore
87
. Oggi che completamente raccolto
86
LB VI 336B: Scio plurimum esse tribuendum tam inveteratae consuetudini.
Sed quoties apud populum agitur fabula? Receptum est ut tingentes semigraece
loquamur baptizo te. Nolim apud idiotas dicere tingo te, quum tamen apud Deum
nihil referat. Nolim, ut nunc res habent, in templis recitare In principio erat sermo,
si probabiliter suspicarer fore qui vehementer offendantur [...]. Vedi la traduzione
italiana in ERASMO DA ROTTERDAM, Scritti religiosi e morali, Torino, Einaudi, 2004, p.
254. Idiotae sono, pi propriamente, i non addetti ai lavori.
87
Su questo problema vedi limportante lavoro di L. JARDINE, Erasmus Man of
Letters. The construction of charisma in print, Princeton N.J., Princeton U.P., 1993.
292 Cecilia Asso
in una celebre edizione critica
88
, comunque possibile tenere conto
della natura di ciascuna epistola e delle circostanze in cui fu scritta,
e costituisce cos la finestra pi completa attraverso la quale ci
permesso di cogliere il rapporto tra Erasmo e i suoi contemporanei.
I contatti che vi sono attestati sono spesso ricordati nella letteratura
per il largo raggio che coprono in tuttEuropa e per il gran numero
di personaggi illustri che consideravano un onore corrispondere
con lui. Questi testi pieni di richieste, trasmissione di informazioni
e discussioni, esplicite o allusive, con gli uomini che tra il 1510 e il
1536 avevano la coscienza di tenere in mano vescovi, borgoma-
stri, ministri o consiglieri imperiali che fossero le sorti del popolo
cristiano, costituiscono una straordinaria fonte per la storia politica
del Cinquecento, che, dopo gli studi magistrali di Percy S. Allen e
di Marcel Bataillon, non sembra aver trovato finora unadeguata
comprensione e utilizzazione.
Anche in questa ricca e complessa massa di materiale non
fruttuoso andare a cercare una volta di pi il concetto teologico di
battesimo: ci troveremmo davanti alle stesse dichiarazioni minima-
liste che si trovano nelle altre opere. pi interessante e fruttuoso,
a mio parere, cercare le epistole in cui si parla di gruppi e persone
in azione, per usare unespressione di Delio Cantimori, che fecero
del tema del battesimo uno dei punti fondamentali della riforma
radicale
89
. Dunque gli anabattisti in generale, e in particolare quei
contadini che seguivano le dottrine anabattiste e fecero per di pi,
sulla loro scorta, la guerra ai loro principi.
Una volta di pi, dobbiamo limitarci soltanto ad alcuno conside-
razioni di massima, e a pochi saggi documentari.
Grazie allormai classica sistemazione sintetica compiuta da
Augustin Renaudet (Parigi 1880 Roma 1958) sullepistolario
erasmiano, ben noto che latteggiamento di Erasmo nei confronti
della rivolta contadina che infiamm lEuropa centrale a partire
88
Quella pubblicata da Percy S. Allen a partire dal 1906, per la quale vedi sopra,
nota 10.
89
Faccio riferimento a D. CANTIMORI, Gli Anabattisti, in Grande antologia filosofica,
Milano, Marzorati, 1964, vol. VIII, p. 1407. Lespressione riforma radicale deriva,
come noto, da G. Williams, The Radical Reformation, pubblicato per la prima volta
nel 1962.
293 Erasmo e il battesimo
dagli anni venti del suo secolo non ebbe affatto la durezza e la vio-
lenza dei famosi interventi di Lutero su questa vicenda
90
.
Per spiegare questo atteggiamento, per, la tolleranza (intesa come
benevolenza fra gli uomini) di questuomo stizzoso
91
, fisicamente
fragile e perci perennemente preoccupato per la propria incolumit
fisica, appare qui come una categoria storiografica francamente trop-
po debole. Leggiamo un breve passo di una lettera scritta da Basilea
a un amico inglese nel settembre 1525, nel pieno della feroce repres-
sione che segu la battaglia di Mlhausen (maggio 1525):
Qui in scena uno spettacolo crudele e cruento. I contadini si precipitano
incontro alla morte. Ogni giorno ci sono scontri atroci tra signori e villani,
e sono talmente vicini che possiamo sentire lo stridio delle macchine di
tortura e delle armi e quasi i gemiti di quelli che soccombono. Immagina
tu quanto io sia al sicuro in questo posto. un male fatale, che si spande
con mirabile velocit per tutte le regioni del mondo [...] I principi applicano
soltanto rimedi brutali. Temo che esasperino ulteriormente il male [...]
92
.
Si ha piuttosto limpressione che a mitigare gli accenti di Erasmo
nei riguardi dei contadini ribelli siano una forma di simpatia (accu-
ratamente velata) riguardo alle motivazioni della rivolta e la solita
sostanziale indifferenza nei confronti delle dottrine contestate
90
Vedi A. RENAUDET, Etudes rasmiennes (1521-1529), Paris, Droz, 1939, pp. 116-
21. Si tratta a tuttoggi di un eccellente punto di riferimento, sebbene sia necessario
prendere con cautela e riesaminare attentamente in sede di storia della storiografia
il significato dellespressione rforme economique et sociale usata dallo storico
francese.
91
Vedi anche, per es. Ep. 1548 a John de Hondt, Basilea, 11 feb. 1525, ll. 9-15.
[...] Evangelium hoc novum, cuius hic mirus est successus. Iam multi repudiarunt
baptismum et revocarunt circumcisionem. Missam abominantur plurimi; sunt qui
publice doceant in Eucharistia nihil esse nisi panem et vinum. Velum et cucullam
deponitur passim. Nubunt et ducunt uxores monachae et monachi. Iam mihi tutum
non est hic diutius vivere. Mores istorum qui hic docent magis mihi displicent quam
ipsa dogmata. Si pensi allo spietato trattamento riservato a Ulrich von Hutten.
92
Ep. 1606, a Polidoro Vergil, da Basilea, il 5 settembre 1525, ll. 17-28: Hic agi-
tur crudelis et cruenta fabula. Agricolae ruunt in mortem. Quotidie fiunt conflictus
atroces inter proceres et rusticos, adeo in propinquo ut tormentorum et armorum
294 Cecilia Asso
(compresa quella relativa al battesimo). Interessante a questo pro-
posito un passo di sfogo contro i monaci contenuto in una lettera
del settembre 1527:
Se l da voi [in Inghilterra] i monaci stiano zitti, non so: certo in Spagna
suscitano una tale quantit di tumulti rivoluzionari che n limperatore, n
gli arcivescovi di Toledo e Hispaliensi sono riusciti a soffocarli. Sono una
razza spudorata, che non obbedisce n alle leggi sacre n a quelle profane,
n a quelle divine, n a quelle umane. Qui, a metterli in riga ci sono riusciti
solo i contadini la cui insurrezione mi sempre dispiaciuta tanto quanto
male finita per loro, e il cui risultato avevo previsto
93
.
Risulta in sostanza che di fronte alle dottrine anabattiste e alle
rivolte che ad esse si ispiravano dalla guerra dei contadini alla
repubblica di Mnster il tema che veramente sta a cuore a Erasmo
sia quello dellobbedienza ai principi e ai magistrati, sul quale egli
non sembra ammettere discussioni.
Ecco un importante passo di una lettera del 1523 ad uno dei poten-
ti amici inglesi di Erasmo, il vescovo di Londra Cuthbert Tunstall:
[...] Speriamo che le tue previsioni siano sbagliate. Io, che sono meno sagace
di te, ho gli stessi timori. Se dovesse accadere temo che, buttati fuori ponte-
fici, vescovi e principi, ci ritroveremo dei sordidi padroni, molto pi crudeli
dei precedenti. Gi da un po, infatti, quella gente che chiamano anabattisti
94

crepitus ac prope cadentium gemitus exaudiamus. Nos hic quam simus in tuto, tu
coniectato. Fatale malum est, mira celeritate pervagans omnes mundi plagas. [...]
Principes tantum agunt vulgaribus remediis. Metuo ne magis exasperent malum
[...].
93
Ep. 1871 a Marco Laurino, Basilea, 1 settembre 1527, ll. 3-10: An isthic
sileant monachi nescio; certe in Hispania tantos excitant tumultus, eosque subin-
de novos, ut nec a Caesere nec Archiepiscopis Toletano et Hispaliensi compesci
quiverint: liberum genus, quod nec sacris nec prophanis nec divinis nec humanis
legibus parere novit. Soli rustici potuerunt illos hic in ordinem redigere: quorum
tumultus tam mihi semper displicuit quam ipsis male cessit, eumque exitum semper
divinaram.
94
Nota Allen che una delle prime attestazioni della parola.
295 Erasmo e il battesimo
pensa allanarchia: alimentano anche un fiume di altre dottrine stravaganti,
che se dovesse straripare, Lutero ci sembrerebbe quasi ortodosso. Si va anche
dicendo che il battesimo non necessario n negli adulti, n nei bambini. Se si
affermasse lidea che alcuni sostengono che nellEucaristia non c altro
che pane e vino, non vedo cosa ci lascerebbero dei sacramenti ecclesiastici.
sorto anche un altro genere di follia: vogliono apparire profeti, ma tutti
ridono di loro. Va detto che non ancora sorta una setta che parli di Cristo in
modo empio: tuttavia, questo ribollire di opinioni (hic opinionum tumultus)
ha dato ad alcuni il coraggio, non solo di parlare in modo blasfemo della
natura divina di Cristo, ma di mettere addirittura in dubbio lautorit di tutta la
Scrittura. cos che va: una volta che, abbattuto il recinto (effractis repagu-
lis), la temerariet umana dilaga nel campo della licenza, non c fine alla
follia, finch la rovina non travolge tutto
95
.
Analizzeremo queste righe nel prossimo paragrafo. Vorrei che
intanto qui servissero come un frammento di puzzle, da accostare a
quanto troviamo scritto in un frammento di lettera databile a circa
dieci anni dopo. Si tratta di una sorta di professione di fede, in forma
di bilancio di quanto aveva agitato durante gli anni venti del secolo
la vita religiosa europea, ed ecco le righe che ci interessano:
95
Ep. 1369, a Cuthbert Tunstall, vescovo di Londra, Basilea, fine giugno 1523, ll.
34-52: Utinam de exitu rei tua te fallat divinatio! Mihi non admodum sagaci iam
dudum idem subolet. Quod si eveniat, vereor ne pro excussis pontificibus, episcopis
et principibus, sordidos quosdam dominos recipiamus multo illis inclementiores.
Nam aj narciv an iam pridem mussant ii quos Anabaptistas vocant: aluntur et alia dog-
matum monstra, quae, si proruperint, efficient ut Lutherus propemodum orthoduxus
videri possit. Mussatur et illud, baptismum nec in adultis nec in parvulis esse necessarium.
Quod si persuaserint, id quod moliuntur quidam, in Eucharistia nihil esse nisi panem
et vinum, non video quod nobis reliquum faciant de sacramentis ecclesiasticis.
Extitit aliud insaniae genus: prophetae volunt videri, sed ridentur ab omnibus.
Nulla quidem adhuc exorta est secta quae de Christo praedicet impie: multis tamen hic
opinionum tumultus addidit animos ut ausint non solum de Christi divina natura
blasphaema loqui, verum etiam de Scripturae totius autoritate dubitare. Ita fit: quoties
semel effractis repagulis sese in licentiae campum effudit hominum temeritas, nullum
facit insaniendi finem, donec omnia secum involvat exitio. Il corsivo mio.
296 Cecilia Asso
Riguardo al battesimo, bisogna aderire a quanto ha insegnato la Chiesa
nel corso di tanti secoli. Tuttavia, si potrebbe lasciare a ciascun genitore
la libert di scegliere se battezzare (tingi) immediatamente il proprio bam-
bino, oppure rimandarlo alladolescenza purch nel frattempo egli venga
istruito accuratamente nei fondamenti della fede ortodossa ed educato in
modo santo. Gli anabattisti non possono essere in nessuno modo tollerati:
gli Apostoli ci ordinano di obbedire ai magistrati, e costoro trovano pesante
obbedire a dei principi cristiani. La comunit dei beni deve derivare dalla
carit, e si deve conservare il diritto a possedere beni e a decidere se donarli
agli altri
96
.
Gli editori del carteggio ricavano la datazione del testo da cui
sono tratte queste righe dalla sua sostanziale coincidenza con la
parte finale del De sarcienda ecclesiae concordia, stampato per la prima
volta nellagosto 1533. In quei mesi nasceva la repubblica dei santi
di Mnster, che nel giro di due anni sarebbe finita anchessa con una
spaventosa repressione. Erasmo ricevette accurati resoconti dellas-
sedio della citt e della spietata carneficina che segu la capitolazio-
ne, ma da parte sua non ci sono arrivati commenti. Erano i mesi in
cui anche gli amici inglesi avevano cominciato a salire il patibolo,
ed Erasmo entrava nella fase in cui ci si sente dei sopravvissuti in
attesa della morte
97
. Varrebbe la pena di consolidare con argomenti
scientifici limpressione che nellultimo volume del carteggio aleggi
la coscienza e il timore di una grave sconfitta politica. Ma limitia-
moci per adesso soltanto a leggere le righe del De sarcienda ecclesiae
concordia che due anni prima erano state dedicate agli anabattisti:
Quale spirito maligno ha stregato gli infelici anabattisti? Mi dicono infatti
che essi sono spinti a precipitare verso la propria rovina pi dallerrore che
96
Ep. 2853 <Friburgo, ago. 1533>, ll. 38-46: De baptismo servetur quod tot
saeculis servavit Ecclesia. Posset tamen unicuique parenti relinqui liberum utrum
malit statim tingi infantem suum, an differri usque ad adolescentiam, modo interim
diligenter instituatur in dogmatibus orthodoxis et sanctis moribus. Anabaptistae
nullo modo ferendi sunt. Apostoli iubent nos obedire magistratibus, et isti gravan-
tur obedire Principibus Christianis. Communio bonorum sit ex charitate, possessio
et ius dispensandi maneat penes proprietarium.
97
Vita Erasmi.
297 Erasmo e il battesimo
dalla volont di far del male. Non basta loro il battesimo che da pi di
mille anni bastato alla chiesa universale? Ai tempi di Agostino bagnare
gli infanti era infatti una consuetudine tanto vecchia che se ne ignora-
va lorigine e sembrava probabile che fosse stata istituito dagli Apostoli.
Sebbene, infatti, nei libri sacri non sia scritto chiaramente che gli Apostoli
battezzavano i bambini, se ne pu tuttavia trarre argomento per una non
insignificante congettura
98
.
Se questa non certamente unapologia degli anabattisti, non pu
neanche definirsi unapologia del sacramento del battesimo.
7. [...] de Scripturae totius autoritate dubitare
Esaminiamo pi attentamente il passo della lettera a Tunstall che
abbiamo citato qui sopra. Esso ci presenta in forma retorica (un cli-
max) limmagine di Chiesa che Erasmo aveva presente e, in ordine
bruscamente crescente, quali fossero i pericoli che a suo parere pote-
vano effettivamente minacciarla. Come noto, nel Cinquecento la
Chiesa (ossia linsieme dei cristiani) continuava ad essere concepita,
come allinizio della sua storia, come un locus conclusus (un ovile, una
nave, una citt murata, pi che una casa) che coi suoi repagula pro-
tegge da una minaccia esterna, e al tempo stesso tiene sotto controllo
il lato oscuro della natura umana. Nel corso di quel secolo il terrore
del disfacimento della recinzione, la preoccupazione della definizione
dottrinale dei confini (cio della definizione delle regole che poteva-
no permettere di identificare chi stava dentro e chi rimaneva fuori)
e del rafforzamento delle difese (dottrinali tanto quanto militari e
98
De sarcienda ecclesiae concordia (1a ed. Basilea, Froben, 1533), ASD V-3, pp.
311-12, ll. 891-898: Quis autem malus genius effascinavit infelices anabaptistas?
Nam audio hos errore falli magis quam incitari malitia, ut ad istum modum in
proprium ruant exitium. Non sufficit illis baptismus qui mille quadringentis annis
suffecit ecclesiae catholicae? Nam temporibus Augustini tam vetus erat consuetudo
tingere infantes ut huius exempli autor ignoraretur, admodumque probabile esset ab
ipsis Apostolis fuisse inductum. Quamquam enim non est expressum in sacris libris
quod apostoli baptizarint infantes, tamen ex his sumitur non levis coniectura.
298 Cecilia Asso
poliziesche) contro le aggressioni dei nemici (eretici, Ebrei, Turchi,
ma anche devianti in generale) divennero dominanti in Europa e
portarono a importanti modifiche nella societ cristiana
99
.
Quel che qui preoccupa Erasmo lanarchia, intendendo quella
che oggi chiameremmo perdita dellidentit, che esplode quan-
do, effractis repagulis, la natura bestiale prende il sopravvento sulla
natura umana. Domina perci il timore del pericolo interno, pi
che di quello esterno. Il timore che il popolo cristiano rimanga
abbandonato a se stesso, senza punti di riferimento e senza regole.
E sembra chiaro dal testo che la cintura pi importante di repagula
per i cristiani la sacra scrittura, il mezzo tramite il quale Dio ha
parlato direttamente agli uomini. La prospettiva di ritrovarsi senza
sacramenti non sembra propriamente tragica: limportante che
nessuna setta sostenga opinioni empie su Ges Cristo. E fare dichia-
razioni blasfeme sulla divinit della sua natura non evidentemente
cosa empia
100
. C, invece, ben di peggio. C chi arriva a dubitare
dellautorit della Scrittura tutta intera.
Leggendo una pagina come questa si ha la forte impressione che
per Erasmo la nozione di chiesa catholica fosse estremamente debo-
le, o meglio, larga, insofferente a definizioni che non fossero la fede
in Ges Cristo, ossia la Parola di Dio rivelata dalla sacra scrittura.
99
Si pensi, per fare lesempio pi immediato, allimmagine del cinghiale che fa
irruzione nella vigna del Signore usata nella bolla Exsurge Domine pubblicata contro
Lutero nel 1520. Per affrontare questo importante e non del tutto esplorato tema
di storia della cultura sempre opportuno partire dalle pagine che Delio Cantimori
ha dedicato al De amplitudine beati regni Dei dialogi sive libri duo (pubblicato probabil-
mente a Basilea nel 1554) delleretico italiano Celio Secondo Curione: vedi Eretici
italiani del Cinquecento, ed. a cura di A. Prosperi, Torino, Einaudi (Tascabili),
2002, pp. 188 e sgg. In questo senso meriterebbe unadeguata analisi anche il dialo-
go Lepicureo, che, prendendo a spunto il De finibus bonorum et malorum di Cicerone,
si apre proprio con una riflessione sui significati della parola finis: confine, fine,
termine, obiettivo (vedi ERASMO DA ROTTERDAM, Colloquia, a c. di A. Prosperi e C.
Asso, Torino, Einaudi, 2002, pp. 1302 e sgg.).
100
Erasmo pensa probabilmente alle dottrine di Thomas Muntzer. Sulla morbi-
dezza delle sue opinioni riguardo a chi metteva in discussione la divinit di Cristo
mi si permetta di rimandare, per praticit, al mio saggio La teologia e la grammatica
cit., pp. ###.
299 Erasmo e il battesimo
Unimpressione di questo genere dovettero averla anche i censori
della Sorbona che misero sotto il titolo De Ecclesia un passo delle
annotationes al Vangelo di Marco
101
:
Sulla Chiesa
Proposizione nel commento al Vangelo di Marco, capitolo 3
La Chiesa di Cristo non comprende in s i ciechi, n gli infermi, n gli
zoppi: questi sono invece membri della Sinagoga.
CENSURA
Questa proposizione, posta cos in modo assoluto, sembra insinuare che solo
i giusti appartengono alla Chiesa militante: di questa infatti che si parla in
quel passo evangelico. Ma questo non si accorda con la dottrina evangelica,
che paragona il regno dei cieli che la chiesa militante ad una rete
gettata in mare, che raccoglie ogni genere di pesci, e al campo del Signore,
nel quale insieme al grano si trova la zizzania.
Si apre qui un altro dei grandi temi che non possiamo esplorare.
Quel che ci interessa comunque constatare che lidea di una Chiesa
dei santi (in terra), che era e avrebbe continuato ad essere in gravis-
simo contrasto con lesistenza stessa delle istituzioni ecclesiastiche,
era ben identificabile negli scritti di Erasmo anche agli occhi degli
esperti del suo tempo. Si potrebbe certo pensare che il progresso
della Riforma luterana e il fiorire dei movimenti radicali portassero,
nel corso degli anni, il prudente Erasmo a rivedere, o almeno a non
ripetere le sue affermazioni a questo proposito.
Proviamo perci a fare una verifica di quanto abbiamo appena
affermato alla luce di unaltra fonte: lExplanatio Symboli Apostolorum,
unopera didascalica in forma di dialogo pubblicata nel 1533, a tre
anni dalla morte
102
.
Che il Simbolo degli Apostoli sia il denominatore comune su cui
i cristiani possono e devono accordarsi affermato nel dialogo
Inquisizione del 1524
103
. Non aspettiamoci per, neanche in questo
caso, una serie di chiare definizioni teologiche. Un catechista e un
101
Collectio judiciorum, cit, t. II, p. 71.
102
ASD V-1, 1977, ed. J.N. Backhuizen van den Brink, pp. 177-320.
103
Vedi ERASMO, Colloquia cit., pp. 516-517.
300 Cecilia Asso
catecumeno discutono qui di un testo portatore dei fondamenti della
tradizione cristiana, sebbene non stilato dagli Apostoli (lo aveva
chiarito Lorenzo Valla); lobiettivo comprendere al meglio la fede
cristiana, il metodo quello della moderna critica storica. eviden-
te che, per Erasmo, in quellantico testo un cristiano deve cercare
i propri punti di riferimento per armonizzarsi con la comunit dei
suoi fratelli, non certamente dogmi di fede determinanti per la sal-
vezza eterna. Interessante in particolare la spiegazione delle parole
sanctorum communio, comunione dei santi. probabile, spiega
il catechista, che si tratti di una glossa marginale, finita nel testo
col tempo e le trascrizioni, glossa che originariamente spiegava pi
esattamente cosa si intendesse con le parole che subito precedono,
cio sanctam ecclesiam catholicam
104
. Esse vogliono dire che la Chiesa
una societ e comunit non di persone qualsiasi, ma di santi
105
. I
teologi pi recenti continua diligentemente il catechista riten-
gono che la Chiesa sia la comunit (societas) di coloro che sulla
terra militano sotto il comando di Cristo, e che la comunione dei
santi sia la comunit dei santi trionfanti in cielo; oppure interpreta-
no comunione dei santi come linsieme dei suffragi che vanno a
vantaggio di tutti coloro che stanno nel corpo della Chiesa; oppure
come i sacramenti della Chiesa, che non possono giovare se non a
coloro che si uniscono alla Chiesa; oppure con la parola comunione
chiamano specificamente leucaristia [...]
106
Tutto questo verissi-
mo, tuttavia
104
Pu essere utile sottolineare qui che allepoca di Erasmo lespressione ecclesia
catholica significa ancora, per lo pi, chiesa universale, senza uno specifico riferi-
mento alla chiesa di Roma.
105
ASD V-1 cit., p. 280, ll. 224-29: KA. Quid sibi vult quod ecclesiae annectitur
sanctorum communio? CA. Haec particula non additur apud Cyprianum nec apud
Augustinum ac ne per occasionem quidem horum verborum faciunt mentionem,
unde probabile est eam fuisse adiectam abs quopiam qui studuit explanare quid
intelligendum esset per sanctam ecclesiam. Ecclesia societas et contubernium est
non quorumlibet, sed sanctorum.
106
Ibid., pp. 280-82, ll. 231-41. Per i riferimenti ai recentiores vedi laccurato com-
mento di Bakhuizen Van Den Brink a queste righe. Nonostante il plurale, tuttavia,
qui come in altri casi essi sembrano ridursi al solo Tommaso dAquino.
301 Erasmo e il battesimo
a mio parere con questo non si esprime esattamente il significato di queste
parole: tutte queste definizioni si limitano a esplicitare ci che contenuto
nella parola Chiesa. Il significato delle parole comunione dei santi
senza dubbio che nella chiesa universale (catholica) non esiste alcun dono
che non le derivi dal suo capo Cristo, sebbene le altre membra abbiano
ciascuna le proprie funzioni.
107
A questo punto il catecumeno obbietta che in tutto luniverso
mondo ogni bene deriva da Cristo
108
. vero, risponde il suo maestro,
ma noi adesso stiamo parlando di quei particolari beni che confe-
riscono la vera piet tramite la fede in Cristo e i sacramenti della
Chiesa, altrimenti dobbiamo ammettere che Dio elergisce molti
doni anche agli empi, e ai bovi, e agli asini [...]
109
Qui il catecumeno
mostra di aver capito rapidissimamente un passaggio tuttaltro che
ovvio (tanto da far pensare a una lacuna che non esiste), e pone
una domanda cruciale:
Se nella Chiesa non esistono uomini che vivano empiamente, e dal
momento che noi, nella maggior parte dei casi, non possiamo stabilire con
certezza se un uomo buono o cattivo qual mai quella societ umana i
cui membri non si conoscono luno con laltro?
110
Non conosciamo neanche gli angeli, che pure ci proteggono, n la
nostra stessa anima, che pure ci tiene in vita, risponde il maestro:
107
Ibid., p. 282, ll. 241-46: Haec, inquam, qui commenti sunt, vera quidem
praedicant, sed quod his verbis proprie declaratur meo quidem animo non expri-
munt, nisi quod in vocabulo sanctae ecclesiae haec omnia tecte comprehenduntur,
Illud extra controversiam est nihil donorum esse in ecclesia catholica quod illi non
defluat a capite Cristo, licet aliis membris aliae sint functiones.
108
Ibid., p. 282, l. 247.
109
Ibid., p. 282, ll. 248-50: [...] sed nos de his bonis loquimur quae per fidem in
Christum et ecclesiae sacramenta conferunt veram pietatem, Alioqui multa com-
moda largitur Deus et impiis, et asinis et bubus.
110
Ibid., p. 282, ll. 251-53: Si non sunt in ecclesiae consortio qui vivunt impie
nec nobis constat de plerisque boni sint an mali, qualis est illa societas hominum
qui se mutuo non noverunt?.
302 Cecilia Asso
Nessuno obbligato a sapere se questo o quello sia un membro vivo della
Chiesa. sufficiente credere che sulla terra c una societ di persone prede-
stinate alla vita, societ che stata aggregata da Cristo col suo Spirito, che
sia fra gli Indi, o fra gli Ispani, o fra gli Iperborei, o fra gli Africani. infatti
possibile che nel mondo ci siano terre, isole, o continenti che non sono stati
ancora scoperti dai naviganti, n dai geografi, ma dove fiorisca tuttavia la
fede cristiana. Scrutare nel fondo del cuore umano prerogativa esclusiva di
Dio, per cui accade che i giudizi degli uomini sono per lo pi incerti.
111
E allora perch insiste il catecumeno alcuni vengono cacciati
dalla Chiesa?
Ci sono alcuni delitti manifesti che, come dice Paolo [1 Tim 5.24; 1 Cor
5.5], devono essere giudicati. Su di essi gli uomini si pronunciano, per quel
che possono capire, per conservare lordine pubblico. E tuttavia a volte suc-
cede che un uomo che pende dalla croce come ladro sia innocente, e che il
giudice che lo ha condannato sia degno della forca. E pu accadere che uno
scomunicato sia di fatto nella comunione della Chiesa, e che lo scomunica-
tore ne sia tagliato fuori. E anche pu accadere che un uomo trascinato al
rogo come eretico sia una vittima gradita a Dio, e che coloro che ce lhanno
trascinato siano degni del fuoco.
112
111
Ibid., p. 282, ll. 254-62: [...] Nemo cogitur scire an hic aut ille sit vivum
ecclesiae membrum. Satis est credere in terris esse talem quandam societatem ad
vitam praedestinatorum, quam Christus suo spiritu conglutinavit, sive apud Indos,
sive apud Ganditanos, sive apud Hyperboreos, sive apud Afros. Fieri autem potest
ut in orbe sint aliquae terrae, vel insulae, vel continentes quae nondum a nautis aut
geographis repertae sint, in quibus tamen vigeat fides Christiana. Intueri recessus
cordium solius est Dei unde fit ut plerumque incerta sint hominum iudicia.
112
Ibid., p. 282, ll. 263-70: [...] Sunt quaedam crimina manifesta quae, ut Paulus
loquitur, praecedunt ad iudicium. De his, ut possunt, homines pronunciant ob con-
servandum ordinem publicum. Et tamen interdum fit ut fur qui in crucem agitur
sit expers criminis, iudex qui illum condemnavit sit dignus laqueo. Et fieri potest
ut excommunicatus sit in communione ecclesiae, excommunicator resectus sit ab
ecclesia. Item fieri potest ut qui pro haeretico pertrahitur ad ignem sit victima Deo
gratissima, qui pertraxerunt sint incendio digni.
303 Erasmo e il battesimo
Ma questo vale anche quando un reo confesso di omicidio o di
sacrilegio viene cacciato dalla Chiesa? Certo che vale:
Pu infatti accadere che prima che il vescovo scagli il fulmine contro il
colpevole questi si sia riconciliato con Dio con unautentica contrizione del
cuore. E questo, essendo nascosto agli uomini, non gli impedisce di essere
cacciato dalla Chiesa.
113
Ma, insomma, perch Dio non ha voluto rivelare agli uomini chi
sono i veri buoni, coloro che sono predestinati alla vita eterna?
Perch i cattivi, disperati, non pecchino anche pi atrocemente, e perch i
buoni si comportino moderatamente e modestamente. Se si pensa ai dissidi
che ci sono oggi tra i cristiani, quale terribile guerra non scoppierebbe se
il discrimine fra buoni e cattivi fosse manifesto? Il Signore non ha voluto
rivelare ai suoi discepoli neanche il nome del suo traditore. Ora, poich non
si sa chi siano coloro che Dio ha eletto alla beata immortalit, coloro che
stanno saldi nella fede fanno attenzione a non cadere, e coloro che striscia-
no si sforza di risollevarsi. Inoltre, coloro che ardono di carit si sforzano di
fare del bene parimenti ai cattivi e ai buoni: a coloro che sono vistosamente
cattivi, perch si ravvedano, e a coloro che sono buoni cos cos, perch
diventino migliori se sono buoni veramente. Sebbene cos la carit perda
il suo tempo, essa non perde tuttavia il premio che le spetta.
114
113
Ibid., p. 282, ll. 271-75: [...] Nam fieri potest ut priusquam episcopus fulmen
in nocentem torqueat ille vera cordis contritione redierit in gratiam cum Deo. Nec
ea res, quoniam homines latet, illi prodest quominus arceatur ab ecclesiae limine.
114
Ibid., pp. 282-83, ll. 276-85: [...] Ne mali desperantes atrocius peccent, ut
boni cautius ac modestius agant. Quum nunc sint tanta dissidia, quale bellum esset
si manifestum esset discrimen? Dominus nec proditorem suum reliquis discipulis
prodere voluit. Nunc quoniam ignotum est qquos Deus elegerit ad beatam immor-
talitatem et qui stant solliciti sunt ne cadant, et qui iacent annituntur ut resurgant.
Denique qui charitate fervent, de malis pariter ac bonis student bene mereri, de
aperte malis, ut resipiscant, de dubie bonis ut fiant meliores, si boni sunt, Ut hic
charitas perdat officium non amittit tamen praemium.
304 Cecilia Asso
Riassumendo: la Chiesa la comunione dei santi. Con santi si
intendono gli uomini che Dio ha predestinato alla salvezza, ovvero
coloro che da lui ricevono i doni peculiari dei cristiani: la fede in
Cristo e i sacramenti, che li aiutano ad essere pii. Siamo riusciti a
trovare un paio di definizioni
115
. Nellambito di queste definizioni,
comunque, risulta che i sacramenti sono strumenti per rafforzare la
fede dei membri della Chiesa, i cui veri confini sono sconosciuti
agli uomini; dunque impossibile che essi svolgano una funzione di
accesso alla strada della salvezza. Il catechista spiega poi, su richiesta
del discepolo, cosa e quali siano i sacramenti della Chiesa. Non lo
seguiremo ulteriormente. Chiudiamo questo testo leggendo soltanto
le poche righe che riguardano il battesimo:
Del battesimo non c bisogno di dire nulla. Tutti sanno che in esso muore
il vecchio uomo, perch si elimina ogni peccato, che lo si chiami originale o
personale, e che nasce luomo nuovo, lavato da ogni macchia tramite la fede in
Cristo, quello che Paolo chiama nuova creatura.
116
8. 1529. Il bambino e la natura umana. Forme di materialismo
Completiamo questo lacunoso collage con unocchiata ai testi,
centrali nella produzione erasmiana, sulleducazione delluomo.
A ben guardare, lintera opera di Erasmo pu essere considerata
di genere pedagogico. Anche senza considerare gli scritti dedicati
specificamente alleducazione dei bambini e quelli concepiti come
libri di scuola o modelli per esercizi di retorica, e anche lasciando
da parte la grande impresa lessicografica degli Adagia, le edizioni di
115
Cfr. linteressante provocazione socratica nel dialogo Inquisizione, (ERASMO,
Colloquia cit., pp. 530-31): A. Credi nella santa Chiesa? B. No. A. Che dici?
Non ci credi? [...].
116
ASD V-1 cit., p. 284, ll.329-32: De baptismo non est necesse loqui. Nemo
nescit illic perire veterem homine extincto omni peccato, sive dicas originale, sive
personale, et exoriri novum ab omni labe purgatum per fidem in Christum, quem
Paulus appellat novam creaturam. La cit. da Paolo 2 Cor 5.17. Il corsivo
mio.
305 Erasmo e il battesimo
classici, dei Padri della Chiesa e del Nuovo Testamento sono tutte
esplicitamente consacrate allo scopo di migliorare la societ cristia-
na tramite leducazione dellindividuo. E questultima concepita
come educazione alla piet tramite la lettura e lassimilazione della
Parola di Dio, con gli strumenti intellettuali che il cristianesimo ha
ereditato dalla cultura greco-romana.
Il titolo della pi famosa opera di Erasmo sulleducazione non
facilissimo da tradurre in italiano: De pueris statim et liberaliter insti-
tuendis
117
. Il verbo riecheggia Quintiliano
118
, e insieme al secondo
avverbio potrebbe aprire la strada a un altro dei temi che qui dob-
biamo tralasciare. il primo avverbio che invece riguarda da vicino
il problema che ci siamo posto. Perch educare i bambini subito
tanto importante da comparire nel titolo, e addirittura prima del
liberaliter (da uomini liberi) tanto caro alla cultura umanistica?
Perch luomo neonato come un pezzo di cera, o un vasetto dargil-
la appena uscito dalle mani del vasaio: qualcosa che non ha ancora
ricevuto forma, che non ha ancora assorbito alcun odore, e perci
non pu esprimere unimmagine di s. Ci sono molte affermazioni
di questo tipo negli scritti di Erasmo, ma quella pi impressionante
la leggiamo in questo passo del De pueris:
Si dice che le orse partoriscono una specie di ammasso informe, che model-
lano dandogli forma a forza di leccarlo; ma nessun orsacchiotto cos infor-
me quanto grezzo lanimo con cui nasce luomo. Se non ti impegni molto
a modellarlo e formarlo, sarai padre di un mostro, non di un uomo.
119
117
Si veda ledizione critica in ASD I-2, 1971, pp. 1-78, a cura di J.-Cl. Margolin.
Una recente traduzione italiana sceglie per il titolo la seguente soluzione: ERASMO
DA ROTTERDAM, Per una libera educazione, a c. di L. DAscia, Milano, Rizzoli, 2004
(dora in poi BUR).
118
Institutio oratoria. Questo titolo dellopera di M. Fabio Quintiliano (ca. 35-10
d.C.) presente gi nei codici antichi, e in questa forma noto in et umanistica.
119
Ursae dicuntur massam informem aedere quam diu lambendo fingunt forman-
tque: verum nullus ursae catulus tam informis est quam homo nascitur rudis animo.
Hunc nisi multo studio fingis ac formas, portenti pater eris, non hominis. (ASD,
I-2 cit., p. 32, ll. 20-23). La traduzione di Luca DAscia, BUR, p. 75.
306 Cecilia Asso
La fonte di questo passo senzaltro Plinio il Vecchio, che a sua
volta si basava su Aristotele
120
: le basi delle scienze naturali nel
Cinquecento. Ma trovarlo adoperato in un autore cristiano per defi-
nire, tramite un paragone, lanimo umano alquanto sorprendente.
Dunque, urgentissimo intervenire al pi presto su questo quid, sia
fisicamente sia moralmente, perch il corpicino si sviluppi in modo
da poter accogliere ed esprimere Cristo.
Ma, e lanima? Essa presente, per carit, certamente, ma come
unarte che non pu esprimersi se gli strumenti di cui ha bisogno
per esprimersi sono assenti o difettosi: Forse che quando tagli la
verdura non ti lamenti se la lama del coltello non taglia [...]? E non
butti forse via un ago spuntato, anche se questo non significa che tu
non sappia cucire? Non che non so cucire, ma non posso farlo
con uno strumento inadatto
121
La puerpera, un dialogo di grandissi-
mo interesse inserito nella raccolta dei Colloquia nel febbraio 1526,
verte al tempo stesso sul tema della cura dei neonati e su quello
della natura dellanima. E limpressione che domini qui soprattutto
una forma di materialismo aristotelico fortissima: Allora, che
differenza c tra lanima di un bue e quella di un uomo? chiede
larguta Fabulla a un certo punto
122
. E (a parte il fatto che possibile
osservare in natura uomini meno savi di un bue [...])
123
il suo inter-
locutore d una risposta non poi cos decisa. Non possiamo seguirlo,
ma interessante rilevare come, a un certo punto, si sia portati a
pensare che gli infanti siano senzanima, tanto che lautore sembra
volersi cautelare contro unobiezione in questo senso:
120
Vedi Plinio il Vecchio, Historia naturalis, ed. it. con testo a fronte diretta da G.
B. Conte, Torino, Einaudi, 1983, libro VIII, a c. di E. Giannarelli, 54, 36, nel vol.
II, pp. 222-223: [...] pariunt xxx die plurimum quinos. Hi sunt candida informisque
caro, paulo muribus maior, sine oculis, sine pilo; ungues tantum prominent. Hanc
lambendo paulatim figurant. Erasmo doveva avere per nelle orecchie Ovidio:
Nec catulus, partu quem reddidit ursa recenti / Sed male viva caro est; lambendo
mater in artus / Fingit et in formam, quantam capit ipsa, reducit (Metamorfosi, XV,
379-81).
121
La puerpera in ERASMO, Colloquia, ed. it. cit., p. 721.
122
Ibid., p. 735.
123
Ibid.
307 Erasmo e il battesimo
[...] A noi sembra pi probabile che lanima razionale venga infusa insieme
alla vita, ma in modo tale che essa, come un focherello, immersa in una
materia eccessivamente umida e non pu ancora esplicare le sue forze
124
.
La nozione di peccato originale appare in conflitto con questa
concezione delluomo. E in particolare sembra esserlo lidea che gli
infanti morti senza battesimo non abbiano salvezza. Daltra parte,
lidea che il battesimo, in quanto sacramento che conferisce la gra-
zia, sia utile se somministrato a persone adulte, o almeno formate,
sembra inserirsi con tutta naturalezza in questo quadro.
Nel De pueris, dopo un serie nutrita di esempi di questa conce-
zione della natura umana, si fa rientrare nel discorso la nozione di
peccato originale (nel senso di inclinazione al male) col seguente
ragionamento. Osservando un bambino leggiamo si nota che egli
tende ad assorbire con la stessa facilit il male come il bene, anzi,
forse pi il male che il bene. Ed pi facile che egli dimentichi le
cose buone che ha imparato, piuttosto che si divezzi a quelle cattive.
Questo fenomeno lo hanno osservato con stupore i filosofi pagani, e
non riuscirono a trovarne la causa, che ci ha invece fornito la filoso-
fia cristiana. Essa ci dice che questa inclinazione passiva al male ci si
radicata a causa di Adamo, progenitore del genere umano. Questo
non pu essere falso (perch un dogma): comunque, verissimo
che la maggior parte di questo male si esplica se si viene allevati in
modo impuro e se si riceve uneducazione corrotta
125
.
Sembra certo trapelare qui la lettura di Agostino
126
. Per, il
rimedio alla corruzione insita nella natura umana sembra limpegno
educativo, non il lavacro rituale. Ed proprio su questo punto, nella
124
Ibid., p. 741.
125
ASD I-2 cit., p. 50, ll. 16-24: [...] aetas illa, quoniam naturae sensu potius
quam iudicio ducitur, pari facilitate, aut fortassis maiore imbibit prava atque
recta. Quin et recta facilius veniunt in oblivionem quam dediscimus viciosa.
Deprehenderunt hoc et admirati sunt ethnicorum philosophi: nec potuere causam
pervestigare quam christiana philosophia nobis prodidit, quae dicet hanc ad mala
pronitatem insedisse nobis ex humanae gentis principe Adamo. Quod ut falsum
esse non potest, ita verissimum est maximam huius mali partem manare ex impuro
convictu pravaque educatione, praesertim aetatis tenerae et in omnia flexilis.
126
Vedi sopra, p. ###.
308 Cecilia Asso
lettura di Agostino, che Erasmo si divide da Lutero. Per Erasmo
interessante solo la riflessione filosofica, mentre le rigide conclusioni
dogmatiche del grande Padre sono solo gli storicizzabili provvedi-
menti di un vescovo alle prese col separatismo pelagiano
127
, un feno-
meno storico di passaggio che come tale va trattato. Come emerge
chiaramente dalla controversia sul libero arbitrio, lantropologia
erasmiana non , tutto sommato, pi ottimistica di quella di Lutero:
la divergenza sta nei modi in cui si manifesta e agisce la grazia nel
rapporto tra Dio e storia umana.
Daltra parte, proprio la sicurezza che il rituale del battesimo d
alla famiglia e agli educatori, la certezza di aver fatto tutto quello che
si poteva fare, che costituisce il pericolo e il danno principale: ungi-
tur, salitur, tingitur ci si lamenta in un altro passo dei Colloquia
e, salvo ripetere qualche cerimonia analoga durante il resto della
vita, della salvezza dellanima non c pi da preoccuparsi
128
.
9. Conclusione
Dunque i repagula della Scrittura non ci obbligano a credere nel
dogma della trasmissione genetica del peccato originale, e della
necessit del battesimo per eliminarlo e stornare cos la dannazione
eterna. Smontando al tempo stesso la traduzione tradizionale e lese-
gesi medievale di Rom. 5.12-14 in questo caso soprattutto quella
di Tommaso Erasmo riapre, per dir cos, i cancelli alla controversa
interpretazione di un passo oscuro e dottrinalmente delicato. In que-
sto senso, hanno ben ragione (se vogliamo permetterci questespres-
sione) sia Edward Lee, che lo accusa di sottrarre unarma alla Chiesa
contro gli eretici (e questo chiaro), sia Lutero, che con peculiare
intelligenza fiuta il pericolo, molto maggiore, di voler anteporre
esclusivamente la Scrittura alla riflessione teologica. Lepistola a
Spalatino taglia senzaltro la testa al toro della controversia. Fermo
restando il sottinteso rifiuto della sistemazione tomista, chiaro che
127
Vedi sopra, p. ###.
128
Un pranzo religioso in ERASMO, Colloquia cit., pp. 282-283.
309 Erasmo e il battesimo
secondo Lutero le discussioni su questo passo hanno senso soltanto
se si ammette che luomo sia capace anche di una sola azione giusta
al di fuori (nel tempo come nello spazio) della fede cristiana (extra
fidem Christi)
129
. Lesortazione a leggere con pi considerazione
Agostino rimanda pi alle riflessioni sulla natura umana, radical-
mente pessimistiche, che il vescovo africano elabor nellultima
parte della sua vita, che alla specifica esegesi di Romani, 5.12. E
daltra parte la diffidenza nei confronti dellinterpretazione letterale
porta Lutero ad accomunare san Girolamo, Erasmo e (alquanto pro-
vocatoriamente, come abbiamo visto) Niccol da Lira.
Dobbiamo ammettere che non possiamo evitare, una volta di
pi, il senso di disagio che prende quando si cerca di trovare una
risposta di carattere teologico direttamente negli scritti di Erasmo.
Le sue dichiarazioni solenni riguardo alle decisioni della chiesa sono
inficiate, prima dalle espressioni contraddittorie che regolarmente vi
si trovano inserite, e poi dal forte dubbio che, come abbiamo visto,
il suo concetto generale di chiesa non coincida con quello che ave-
vano le gerarchie ecclesiastiche del suo tempo, e tanto meno con
quello che si defin pi esattamente dopo Trento.
Linsieme della sua opera, di editore, commentatore, precettore,
narratore di storie brevi opera tutta fortemente improntata ad un
intento educativo religioso reagisce per positivamente, e assume
spessore, messa di fronte ai commenti, di solito sfavorevoli, di colo-
ro che nel suo secolo ebbero intenti simili ai suoi, seppure di segno
diverso, fossero modesti teologi di formazione umanistica, come Lee,
o menti geniali formate alla scolastica, come Lutero.
Alla fine di quel secolo un ennesimo, autorevolissimo, lettore,
che univa tutte le caratteristiche che abbiamo detto a un sommo
grado di consapevolezza riguardo alleredit religiosa e culturale del
129
Da notare che Erasmo riprende questo stesso tema nel De sarcienda ecclesiae
concordia, del 1533: [...] Non est absurdum quod divus Augustinus interpretatur
pullos [in Sal. 83.4] bona opera nostra, quae nisi ponas in nido ecclesiae catholicae
frustranea sunt. Phocion et Aristides, Traianus et Antoninus, aliique complures
multa fortiter, iuste ac pie gesserunt erga patriam. Laudatur Zenonis continentia,
Xenocratis integritas, Socratis patientia, sed quoniam extra Christum facta sunt,
non contulerunt veram felicitatem [...] (ASD V-3, 1986, p. 282, ll. 834-839).
310 Cecilia Asso
suo tempo rispose con chiarezza decisiva alla domanda An Erasmus
haereticus sit, che era stata rivolta alla Congregazione dellIndice
con lintento di appurare se le opere del grande divulgatore (che ave-
vano vastissima utilizzazione soprattutto nella didattica) potessero in
qualche modo essere sottoposte ad unespurgazione: a una selezione,
cio, di ci che era dottrinalmente errato e dannoso da ci che pote-
va continuare ad essere letto e soprattutto utilizzato
130
.
Roberto Bellarmino che, come gi Girolamo Aleandro, parlava
la lingua umanistica di Erasmo e respingeva radicalmente i suoi idea-
li di riforma del cristianesimo ci ha lasciato una pagina limpida e
sintetica in cui si dichiara che per Erasmo lunica purga possibile
il fuoco:
[...] Respondeo [...] multa tamen eius opera ita esse perniciosa, ut non sit
operae precium ea nisi igne purgare
131
.
Lidea di essere haereticus, cio uno che si separa dalla Chiesa, dal
corpo di Cristo, era per Erasmo, come per tutti i suoi contempora-
nei, angosciosa. Questo non lo spinse, naturalmente, ad adeguarsi
senzaltro alle dottrine teologiche correnti e vincenti: anche il
130
Archivio del SantUffizio, Roma, Indice, Protocolli B, fogli 406-424 (400-418).
Il testo del parere di Bellarmino stato pubblicato da P. GODMAN, The Saint as
Censor. Robert Bellarmine between Inquisition and Index, Leiden, Brill, 2000, p. 237.
necessario per rilevare che nel libro di Godman una cattiva lettura delloriginale
(tanto pi sorprendente in quanto nel volume meritoriamente compresa, a p. 111,
una fotografia piuttosto chiara del documento) inficia la trascrizione (nulla tamen
eius opera ita esse perniciosa ut non sit operae pretium ea nisi igne purgare, p.
237), la limpidezza del latino e, di conseguenza (o forse il contrario? limmagine
di un Erasmo organico alla tradizione cattolica romana tenace) la pagina di sintesi
dedicata dallautore a questo problema: The aim of this votum was to draw a clear
distinction between the man and his works. They might be accorded the privilege
of a purge not, however, in the flames, added Bellarmine, perhaps with a touch
of satire, p. 110.
131
ASU, Indice cit., foglio 411 (405).
311 Erasmo e il battesimo
problema dellautorit, ovvero di dove si possa e si debba trovare
la verit alla quale conformarsi, un problema del suo tempo. E
abbiamo visto quanto potesse essere largo il suo concetto di chiesa.
Tuttavia, i suoi scritti polemici provano (accanto a una sostanziale,
sempre sorprendente inflessibilit delle posizioni teologiche) quan-
to importante fosse per lui essere ed essere considerato dentro la
comunit dei cristiani.
Ci premesso, e sottolineato, possiamo forse permetterci un finale
romantico e anacronistico, riflettendo su come, a volte, gli omaggi
pi lusinghieri si ricevano dai nemici.
CECILIA ASSO

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