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CON MANO TREMANTE DIRA: LA GUERRA CIVILE COME PROBLEMA DI RAPPRESENTAZIONE

ESTEBAN ECHEVERRA, EL MATADERO

di Amanda Salvioni

Envenenados....................4 Degollados....3765 Fusilados............1393 Asesinados......722 Muertos en acciones de armas.....14920 Total.......22.030 Jos Rivera Indarte, Tablas de sangre, 1843

Quando nel 1871 il poeta e critico letterario argentino Juan Mara Gutirrrez decise di pubblicare un racconto inedito dellamico Esteban Echeverra, scritto pi di trentanni prima, lArgentina si trovava nel pieno del cosiddetto processo di organizzazione nazionale. Da soli dieci anni si era ufficialmente posto fine alla guerra civile tra unitari e federali che aveva insanguinato il paese fin quasi dal momento dellIndipendenza; si era appena conclusa la guerra contro il Paraguay, la pi devastante e sanguinaria delle guerre mai combattutesi nel continente latino, e la Repubblica Argentina si accingeva a sferrare lultimo attacco alla frontiera interna meridionale, completando quella Conquista del Deserto che avrebbe comportato lo sterminio di un numero imprecisato di nativi e di gauchos meticci. Il conflitto, interno ed internazionale, aveva segnato il primo mezzo secolo di vita della nazione e per la verit minacciava di rimanere un orizzonte costante nella vita e nellimmaginario degli argentini. Ci rendeva delicata la ricezione di testi ancorati, per il loro carattere inevitabilmente referenziale, a contesti bellici scabrosi, e per ci stesso profondamente coinvolti, a tutti i livelli, dallorrore e dalla violenza. Tuttavia, se Gutirrez si era deciso a dare alle stampe El matadero era presumibilmente perch avvertiva che qualcosa fosse cambiato. Alle soglie dellunit nazionale, dello Stato centrale e della modernit, il sogno romantico di realizzare un progetto di paese e di cultura nazionale che era stato concepito nella voragine della guerra civile si era ormai trasformato in un sogno diverso, come diversi erano la veglia e perfino i suoi

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sognatori1. Dunque, quanto di perturbante conteneva il racconto di Echeverra poteva finalmente essere affrontato dal pubblico lettore con sufficiente distacco, pur se con qualche cautela. In effetti, la prefazione che Gutirrez anteponeva al racconto si profilava come unautentica excusatio volta a legittimare il testo e il suo editore. Largomentazione era articolata in tre punti: il valore storico, di mera testimonianza, che il racconto rivestiva in virt di una tecnica di scrittura istantanea, senza mediazioni fra la percezione degli eventi e la loro rappresentazione; il suo valore come avantesto rispetto allopera maggiore il poema Avellaneda , che avrebbe fornito lopportunit di meglio comprenderne lautore; infine, una timida ammissione della bellezza per se del racconto destinata a giustificarne limbarazzante turpiloquio. Il primo argomento di Gutirrez era sviluppato in modo da rendere la realt rappresentata nel testo un oggetto passibile di ricostruzione storica, con leffetto di allontanarla prudentemente nel tempo generando il dovuto distacco emotivo e ideologico. La negazione della contemporaneit della violenza si spingeva fino ad affermare che i tipi sociali [descritti nel testo] sono scomparsi cos fugacemente come il tempo2. Ma la conseguenza pi notevole di questo argomento era la negazione del carattere di finzione del testo, che lo sottraeva al dominio della letteratura propriamente detta, o delle belle lettere, ambito dal quale potevano provenire le critiche maggiori. Senza contare che la narrativa di finzione, le menzogne dellimmaginazione secondo Sarmiento, non godeva ancora di sufficiente prestigio rispetto alla scrittura militante e alla sua esigenza di verit. Il secondo argomento aveva analogamente lo scopo di negare autonomia estetica al racconto, decretandone la sua natura ancillare rispetto alle opere poetiche gi consacrate. Il terzo argomento, invece, si avvaleva proprio di una categoria estetica, per quanto enunciata incidentalmente, per giustificare il mancato ricorso alla censura: Questo bel bozzetto apparirebbe scolorito se [] sopprimessimo frasi e parole veramente scurrili (M, p. 562). Di fatto, El matadero un racconto sulla violenza dei corpi che punta a provocare con le parole leffetto di violentare il lettore3. Ci sono due livelli di violenza nel testo. Uno appartiene allordine delle azioni rivolte contro il corpo delleroe, che colpiscono il lettore in quanto
Julio Schvartzman, La lucha de los lenguajes, in La lucha de los lenguajes, a cura di J. Schvartzman, Buenos Aires, Emec, 2003, p. 10. 2 Juan Mara Gutirrez, Advertencia, in Esteban Echeverra, El matadero, Revista del Ro de la Plata: peridico mensual de Historia y Literatura de Amrica, Buenos Aires, Imprenta y Librera de Mayo, 1871, t. I., p.557. Dora in avanti M nel corpo del testo. Le traduzioni, ove non indicato altrimenti, sono mie. 3 Cristina Iglesia, Mrtires o libres: un dilema esttico. Las vctimas de la cultura en El Matadero de Echeverra y en sus reescrituras, in Letras y divisas. Ensayos sobre literatura y rosismo, a cura di C. Iglesia, Buenos Aires, Santiago Arcos, 2004, p. 24.
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spettatore di un dramma. Laltro quello del linguaggio, che punta a colpire il lettore in quanto destinatario della violenza verbale: nella percezione del pubblico coevo era ugualmente violento leggere della vessazione del protagonista, che tra laltro pu difendersi dallattacco fisico solo con le parole, che leggere certe frasi scurrili e contundenti come altrettante percosse. Questo doppio binario su cui corre la violenza nel testo fa di El matadero non tanto un racconto sulla guerra bens un racconto di guerra, e pi specificamente di guerra civile, la quale non soltanto il suo referente extratestuale o il contesto situazionale che ne determina le condizioni di scrittura, bens luniverso ideologico di cui il testo parte in causa, essendo al contempo rappresentazione e strumento di offesa. El matadero narra un episodio brutale, immaginario e ai limiti della verosimiglianza nella sua natura emblematica, occorso durante la dittatura di Juan Manuel de Rosas, il feroce fautore della Federazione. In uno dei mattatoi della citt di Buenos Aires viene finalmente macellata una piccola quantit di vitelli, dopo la prolungata inattivit determinata da unalluvione di eccezionale intensit e dallastinenza imposta dalla Chiesa nel periodo della Quaresima. La ripresa della macellazione, per mano di unumanit degradata fin quasi allo stato bestiale, genera una vertigine di violenza che arriva a coinvolgere anche gli esseri umani. Dapprima un bambino che giocava nel recinto viene decapitato, con la velocit di un lampo, da un lazo lanciato per catturare un torello ribelle. Poi un inglese, che circolava ignaro nei pressi del mattatoio, viene fatto oggetto di scherno violento, ma comunque risparmiato. Infine un giovane ed incauto borghese, che reca su di s i segni evidenti della sua fede politica ( un unitario e veste come tale) viene sottoposto a tortura e muore sul tavolaccio dellintendente del mattatoio, sopraffatto da una sete di sangue che sembra ormai aver contagiato tutti, vittima compresa. La sola fabula, come si vede, basta a rivelare quale sia il racconto occulto4 di El matadero, dove lo spazio recintato destinato alla carneficina non che un microcosmo, una rappresentazione metonimica della patria che la barbarie federale ha fatto precipitare in un caos sanguinario. Tuttavia gli esiti formali del racconto, la sua complessa semantica nonch la storia della sua ricezione indicano che El matadero si spinge in realt molto oltre la semplice allegoria politica per toccare nel profondo il tema della guerra civile e le sue conseguenze sul piano della rappresentazione. La letteratura di guerra pu definirsi quale eterologia per eccellenza, per usare una categoria cara a Michel de Certeau, poich laltro in essa rappresentato ostenta unalterit radicale e irriducibile: infatti il nemico. In modo pi eviPer Ricardo Piglia Un racconto racconta sempre due storie. [] Un racconto visibile nasconde un racconto segreto, narrato in modo ellittico e frammentario. Tesis sobre el cuento, in Formas breves, Buenos Aires, Temas, 1999, p.92.
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dente rispetto ad altri tipi di scrittura, la rappresentazione della guerra trasforma lalterit in differenza, una differenza significativa e codificata allinterno di schemi ben precisi e condivisi culturalmente. Ma la letteratura della e sulla guerra civile pone il non semplice problema di rappresentare un altro che abita, in realt, il medesimo corpo sociale. La sua , dunque, unalterit clandestina, che occupa il luogo dellidentit minacciandone lintegrit, e che per ci stesso deve essere espulsa, annientata. I tratti identitari da essa condivisi devono essere negati per esaltare quelli differenziali, spesso rappresentati nei termini dellinversione. Laltro finisce per essere, allora, unimmagine rovesciata di s, il lato oscuro del volto luminoso della patria. Questo ci che generalmente esprime il racconto segreto che soggiace alla narrazione della guerra interna. Tuttavia, ricorda de Certeau, anzich unazione esercitata unicamente verso e sullaltro allo scopo di cancellarne la voce, leterologia anche sempre un richiamo da cui si interpellati e che dallaltro proviene5. Pu dirsi infatti che, un po come avviene per il perturbante freudiano, laltro si faccia presente nella scrittura come un rimosso che riaffiora alla coscienza proprio per rivelare qualcosa in pi sullidentit. Pi semplicemente, la sua apparizione nel testo costituisce di per se stessa unaffermazione sconcertante della sua esistenza. daltronde vero che la fondazione di uno spazio testuale determina sempre una serie di distorsioni rispetto ai valori che lhanno dettato in origine, e che laddove si esprima scientemente una negazione possa annidarsi esattamente il suo contrario. Dunque negazione, attrazione, desiderio mimetico, impulso distruttivo, costituiscono lintreccio destabilizzante di cui portatrice la rappresentazione della guerra civile, in ogni societ e in ogni sistema letterario in cui faccia la sua comparsa. E pu anche accadere che da tale intreccio destabilizzante emergano le possibilit espressive pi dirompenti di una letteratura nazionale. Il racconto di Echeverra , in questo senso, emblematico. La letteratura argentina si assume fin dalle origini, con una consapevolezza disarmante, il ruolo di orientare la comunit immaginata e porre le fondamenta del patrimonio simbolico della nazione che chiamata a consolidare. Posta di fronte al dilemma della presenza di soggetti differenti allinterno della medesima comunit, ovvero di soggetti non rispondenti al progetto di paese di cui si portatori, tale ruolo esplode in tutte le sue contraddizioni dando luogo, paradossalmente, agli esiti pi riusciti della tradizione letteraria nazionale. Nelle parole di Ricardo Piglia, La narrativa di finzione in quanto tale nasce in Argentina [] nel tentativo di rappresentare il mondo del nemico, del diverso, dellaltro (che si chiami barbaro, gaucho, indio o immigrante)6. Negli interstizi del discorso sulla
Cfr. Michel de Certeau, La scrittura dellaltro, Milano, Raffaello Cortina, 2005, passim. Ricardo Piglia, Echeverra y el lugar de la ficcin, in La Argentina en pedazos, Buenos Aires, Ediciones de la Urraca, 1993, p. 10.
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guerra civile si aprono inedite possibilit semantiche e formali, tanto da indurre la critica novecentesca a rintracciare in quel discorso lorigine fondante dellintero sistema letterario e il filo conduttore del suo canone, inaugurato, appunto, da El matadero. Non a caso sono stati i nomi pi rilevanti dellintelletualit argentina degli ultimi decenni del XX secolo, soprattutto negli anni bui della dittatura e della guerra civile, a misurarsi nuovamente col racconto di Echeverra, trasformandolo nel banco di prova di tutta la loro critica culturale e sociale. Se per David Vias la letteratura argentina costruita intorno alla violenza carnale come metafora, per Ricardo Piglia El matadero manifesta una posizione paranoica nei confronti del mondo popolare, espressione del conflitto tra le masse e lintellettuale, dove la morte di questi simbolica o meno si rivela come unica via duscita; se No Jitrik ha segnalato la ricchezza di significazioni e la rottura estetica della scrittura disintegrata di El matadero, Beatriz Sarlo e Carlos Altamirano vi hanno invece visto un dramma di frontiera, essendo il mattatoio uno spazio di penetrazione del mondo rurale in quello urbano che comporta lopposizione irrisolta di contrari; Cristina Iglesia, infine, si sofferma sulla rappresentazione del proletariato intesa come denuncia dei crimini impuni verso le vittime della cultura7. Sta di fatto che El matadero, pur muovendosi allinterno della dicotomia civilt/barbarie laddove la civilt identificata con la societ urbana, dispirazione liberale e unitaria, e la barbarie con il mondo rurale di cui sarebbe espressione il federalismo costruita dalla saggistica e dalla narrativa argentina del XIX secolo per spiegare il conflitto interno, sembra convogliare tutta la potenza di tale dicotomia e le sue implicite contraddizioni verso la ricerca di una forma, di un modello di rappresentazione. Nelle parole di No Jitrik, ci che deriva dalle scelte filosofico-politiche dellautore o ci che manifestazione delle sue necessit psichiche pi profonde non riesce a prendere una direzione univoca8 generando, di fatto, un modello formale del tutto inedito. La novit consisterebbe proprio nella creazione di una struttura instabile, al cui interno si scatenano veri e propri conflitti formali: la lotta fra poetiche, quella romantica e quella realista; la lotta fra linguaggi, quello colto ed ironico della voce narrante, quello volgare, mimetico e violento dei lavoratori del mattatoio, quello rarefatto, artificioso e stridente del giovane unitario; la lotta fra diverse identit di genere testuale, cronaca, quadro costumbrista, racconto fantastico,
David Vias, Literatura argentina y realidad poltica, Buenos Aires, CEAL, 1982; Ricardo Piglia, Echeverra y el lugar de la ficcin, cit.; No Jitrik, Forma y significacin en El matadero, in La crtica literaria contempornea, vol II, Buenos Aires, CEAL, [1971] 1981; Beatriz Sarlo y Carlos Altamirano, Esteban Echeverra, el poeta pensador, in Ensayos argentinos. De Sarmiento a la vanguardia, Buenos Aires, Ariel, 1997; Cristina Iglesia, Mrtires o libres: un dilema esttico, cit. 8 No Jitrik, Forma y significacin en El matadero, cit., p.23.
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pamphlet, e cos via. Da tali oscillazioni, da tali conflitti testuali, segnato tutto il racconto, a testimonianza di una ricerca formale particolarmente tormentata da parte di Echeverra. Lo stesso Juan Mara Gutirrez ne intuisce lo spasmo quasi fisico quando, nel riferire la calligrafia nervosa che rende praticamente illeggibile il manoscritto, immagina la mano dellamico tremante dira, pi che di paura (M, p. 560) nellatto di scrivere quel racconto ambiguo e spietato. Lincertezza nella definizione di genere pu essere esemplificativa del conflitto formale in atto nel testo, giacch riaffiora pi volte al suo interno rivelando unintenzionalit metapoetica. Lambiguit di genere esplicitata peraltro dallo stesso Gutirrez che, nel concludere il prologo, ne offre una definizione tripartita: Il suo scritto, come si vedr una pagina storica, un quadro di costumi e una protesta che ci fa onore (M, p. 562, corsivo mio), escludendo significativamente dalla sua enumerazione la narrativa di finzione. Su tale ambiguit torna pi volte il testo stesso, fin dal suo esordio:
Nonostante la mia sia storia, non comincer dallarca di No e dalla genealogia dei suoi antenati come solevano fare gli antichi cronisti spagnoli dAmerica che devono essere i nostri modelli. Ho molti motivi per non seguire il loro esempio, che tacer per non essere prolisso. Dir soltanto che gli eventi narrati si verificavano negli anni di Cristo del 183 (M, p. 563)

Come si vede, allincipit affidata una enunciazione di genere che contraddice subito se stessa, consegnata com ad una subordinata concessiva. Altrettanto accade con limmediato riferimento alla tradizione discorsiva della storiografia americana, cui si vorrebbe ascrivere il testo, e alle sue auctoritates, messe laconicamente in discussione. La definizione cronologica rimanda ad una stretta contemporaneit, gli anni 30 del XIX secolo, che comporta la simultaneit dei fatti narrati e della loro ricostruzione, sufficiente a mettere in crisi il modello storiografico tradizionale. Pi avanti nel testo, quando allincipit segue un segmento descrittivo la pioggia incessante sulla citt, la processione per scongiurare il diluvio, i caratteristici personaggi di una Buenos Aires preda della superstizione pi vicino al modello del quadro costumbrista piuttosto che al discorso storiografico simulato al principio, compare un altro registro straniante, introdotto da una frase che prepara al cambiamento creando unattesa indefinita: accaddero cose che sembrano sognate (M, p. 566). La frase separa il segmento costumbrista, pittoresco ed ironico, da un nuovo segmento dal tono decisamente diverso, in cui fa la sua comparsa lo scenario macabro del mattatoio e i suoi abitanti: topi morti e negre raccoglitrici di fratta-

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glie che in assenza di macellazione invadono allo sbando la citt come avvoltoi, peggio, come arpie pronte a divorare quanto trovassero di commestibile (ivi). Il passaggio dalle tinte brillanti a quelle fosche affidato allenunciazione incidentale del carattere allucinatorio, come ebbe a classificare Borges il racconto di Echeverra9, degli eventi narrati, che si proietta sulla narrazione stessa gettando unombra sulle sue pretese di realismo e verosimiglianza. Le cose sognate, o allucinazioni, escludono rapidamente il testo tanto dal discorso storico quanto da quello costumbrista, per assegnargli uno statuto inedito, intermedio, ma certamente fluttuante nelle acque della finzione. La vertigine narrativa che segue segnata da molte rotture di registri, fra il pittoresco e lironico, il realismo macabro, e il registro ideologico che spesso interviene come coscienza ordinatrice10 di una materia narrativa che minaccia di diventare ingovernabile. La cosa notevole che spesso la rottura avviene allinterno di una sola frase: Lo spettacolo che offriva allora [il mattatoio] era animato e pittoresco bench riunisse tutto lorribilmente brutto, immondo e deforme di una piccola classe proletaria peculiare del Rio de la Plata (M, p. 568). Oppure mediante interventi di una rapidit sconcertante, quale lepisodio della decapitazione del bambino, risolto in appena tre righe e chiuso altrettanto rapidamente: abbagliati e attoniti fecero silenzio, perch tutto fu come un lampo (M, p. 576). La decapitazione non lascia altre conseguenze che una pozza di sangue e un vuoto narrativo che non rallenta il ritmo del racconto ma che obbliga il lettore a tornare al paragrafo anteriore per accertarsi di aver ben compreso laccaduto. Quando tutto compiuto, quando il climax allucinatorio si conclude con la morte dellunitario, Echeverra, che avrebbe potuto interrompere il racconto in quel punto lasciando che fosse lallucinazione a prevalere, conclude invece con il ritorno alla coscienza ordinatrice dellideologia che rende esplicito il carattere di allegoria politica del testo: A quel tempo i macellai sgozzatori del Mattatoio erano gli apostoli che propagavano col bastone e col pugnale la federazione di Rosas [] e dallavvenimento precedente si pu vedere chiaramente come il centro della Federazione fosse nel Mattatoio (M, p. 585). Se al livello formale il racconto della guerra civile si risolve in una sorta di conflitto strutturale che d luogo a un nuovo modello di rappresentazione, al livello delle significazioni profonde esso manifesta tutte le contraddizioni inerenti il conflitto interno di una coscienza, prima ancora che di una comunit. Le vittime di quello che a tutti gli effetti un rito sacrificale11 gli animali
Jorge Luis Borges, Prlogo a El matadero, in El crculo secreto, Buenos Aires, Emec, 2003, p.280. Cfr Jitrik, Forma y significacin en El matadero, cit., p. 25 e sgg. 11 Il tema del sacrificio e del capro espiatorio stato sviluppato, tra gli altri, da Mara Rosa Lojo in El matadero, la sangre derramada y la esttica de al mezcla, in La barbarie en la narrativa argentina del
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(quali simulacro e anticipazione degli esseri umani), il bambino, lunitario sono espressione di una componente scissa del s che non solo soccombe ma finisce anche per identificarsi con laltra componente, quel rimosso affiorato che al tempo stesso familiare e mostruoso. Unanalisi del racconto orientata dallipotesi freudiana del perturbante noterebbe unaderenza non superficiale del testo alla ricerca di tale effetto sul lettore, generata dalla presenza, nella materia narrativa, di elementi familiari che ostentano un lato mostruoso, e dalla commistione di gesti consueti e necessari la macellazione vitale per la sopravvivenza della comunit e di crimini raccapriccianti. Che il conflitto messo in scena nel testo sia tutto interno ad una coscienza, individuale o collettiva che sia, appare chiaro dallepisodio dellinglese. Questo personaggio, la cui comparsa rimarrebbe altrimenti inspiegabile, la prova che la furia del testo rivolta non gi al nemico esterno, bens contro se stessi. Linglese viene risparmiato in virt del fatto che egli non appartiene alla dialettica che inchioda i membri della comunit allodio reciproco. Investito dalla fuga del toro scappato dal mattatoio, linglese cade da cavallo e, immerso nel fango, mostra il suo lato pi vulnerabile agli sgozzatori. Ma in questi la vista del gringo indifeso ed esposto suscita solo sarcasmo e indifferenza: Questincidente [] non interruppe n rallent la corsa dei persecutori del toro, anzi al contrario, scoppiando in risate sarcastiche: Se l presa, il gringo; alzati, gringo esclamarono, e attraversarono il pantano impastando di fango con le zampe dei cavalli il suo povero corpo. (M, p. 568). La ciurmaglia si arresta soltanto alla vista del giovane unitario, anzi, al semplice richiamo della parola che lo definisce: Allimprovviso la voce di un macellaio grid: Arriva un unitario! , e al sentire una parola tanto significativa tutta quella ciurmaglia si ferm come ferita da unimpressione subitanea (M, p. 579). Questa volta il cavaliere disarcionato fa convergere su di s lattenzione morbosa dellintero gruppo di sgozzatori. Contrariamente a quanto accadeva per il biondo inglese, chiaramente percepito come altro dal gruppo, i segni distintivi che agli occhi dei macellai federali rendono riconoscibile lunitario sono veramente esigui: Non vedete la basetta a forma di U? Non porta la divisa sul frac n il lutto sul cappello. [] Monta in sella come i gringos (ivi), tanto da rendere necessaria la loro breve enumerazione. Lunitario dunque diverso per i segni esteriori e intenzionali della sua fede politica. Per il resto, mentre la caratterizzazione del federale viene realizzata esplicitamente nel testo con un grande dispiegamento di risorse espressive, la costruzione dellidentit dellunitario tutta affidata al livello occulto del testo.
siglo XIX, Buenos Aires, Corregidor, 1994, pp. 107-129, e Hugo F. Bauz, El Matadero: estampa de un scarificio ritual, Revista de crtica literaria latinoamericana, XXV, n. 51, Lima-Hanover, 2000, pp. 191-198.

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Per Ricardo Piglia un racconto racconta sempre due storie. Larte del narratore consiste nel saper cifrare la storia 2 negli interstizi della storia 1. Un racconto visibile nasconde un racconto segreto, narrato in modo ellittico e frammentario. Leffetto sorpresa si verifica quando la fine della storia segreta appare in superficie. 12. Ebbene, nel caso di El Matadero un racconto segreto sembra affiorare tutte le volte che avviene un cambiamento di registro. Quando dalla pseudo storia passa sorprendentemente al quadro costumbrista e da questo allallucinazione e infine al pamphlet, sembrano svelarsi in successione diverse storie segrete: la storia della nazione, la storia del mattatoio, la storia della guerra civile, la storia dellunitario e della sua morte incredibile. Tuttavia, a ben vedere, decisamente questultima a prevalere poich questa a creare la vera sorpresa, il vero effetto perturbante. Dopo essere stato disarcionato e catturato dallo stesso macellaio che aveva sgozzato il toro ribelle, lunitario, su ordine dellintendente del mattatoio, viene trasportato nella casupola che funge da ufficio di questi. Il dialogo fra lunitario e lintendente un duello verbale presieduto dalla coscienza ordinatrice dellideologia, ma scosso da un fremito che sembra ricadere al di fuori dellambito strettamente politico:
Tremi? - gli disse lintendente. Di rabbia, perch non ti posso soffocare tra le mie braccia. [] Perch non porti la divisa? Perch non voglio. Non sai che lo ordina il Restauratore? La livrea per voi, schiavi, non per gli uomini liberi. Ai liberi gliela si fa portare con la forza. S, la forza e la violenza bestiale. Queste sono le vostre armi, infami. Anche il lupo, la tigre, la pantera, sono forti come voi. Dovreste mettervi a quattro zampe come loro. Non hai paura che la tigre ti faccia a pezzi? Lo preferisco a che con le mani legate mi strappino come il corvo, una ad una, le budella. Perch non porti il lutto sul cappello per leroina [la defunta moglie di Rosas, ndr]? Perch lo porto nel cuore per la Patria, per la Patria che voi avete assassinato, infami! (M, p. 583)

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R. Piglia, Formas breves, cit. p. 92.

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Pi ancora che un contrasto ideologico, il dialogo un contrappunto di linguaggi diversi costruito intorno al tema del corpo e della sua violazione. E a proposito del corpo, col procedere dellazione lunitario perde sempre pi i suoi connotati umani: gli occhi sono usciti dalle orbite, i lisci capelli neri si sono increspati, i denti digrignano stridendo orribilmente, la spina dorsale divenuta mobile come quella di un serpente, esce schiuma dalla bocca e le vene disegnano linee nere e in rilievo sulla superficie della pelle. un corpo interamente posseduto dallira. Quando infine lintendente perde la pazienza e ordina di spogliare lunitario per frustargli le terga, ha luogo il dramma finale e con esso laffiorare della storia occulta con tutto il suo potere perturbante. Un perturbante dovuto non solo allevidente paura dellevirazione, di freudiana memoria, ma allangoscia assoluta di cui portatrice la storia segreta:
In un momento legarono le gambe ad angolo ai quattro piedi del tavolo con il corpo prono. Bisognava fare altrettanto con le mani, per cui slegarono i lacci che le stringevanno sulla schiena. Sentendosi libero il giovane, con un movimento brusco nel quale sembr esaurirsi tutta la sua forza e vitalit, si sollev dapprima sulle braccia e poi sulle ginocchia, per crollare subito dopo mormorando: Sgozzatemi, piuttosto che spogliarmi, infame canaglia. Le sue forze si erano esaurite; immediatamente fu legato in croce e cominciarono lopera di denudarlo. Allora un torrente di sangue sgorg zampillando dalla bocca e dalle narici del giovane e spargendosi cominci a cadere a fiotti da entrambi i lati del tavolo. I carnefici rimasero immobili e gli spettatori stupefatti. (M, p. 585)

La morte dellunitario, che dovrebbe costituire lo scandalo del testo, il crimine orrendo perpetrato dallaltro bestiale il macellaio federale che usurpa il cuore della patria, in realt una sorta sconcertante di suicidio. La morte non , infatti, diretta conseguenza delloltraggio bens un ritorcersi dellira delleroe contro se stesso. La vittima realizza il desiderio del carnefice, anticipandone gli effetti. Lunitario contagiato dalla stessa sete di sangue dei suoi torturatori in modo forse ancora pi bestiale, tanto esacerbato da compiere un atto inaudito di violenza: la morte senzaltre armi che la propria rabbia, lautoimmolazione sullaltare della patria di cui simulacro il tavolo della tortura. La morte dellunitario stata spesso interpretata nei termini del sacrificio, secondo le categorie derivate dallanalisi di Ren Girard, ovvero come rito destinato a ristabilire la pace e lordine in una comunit in preda al caos violento: il sacrificio il tentativo di ingannare il desiderio di violenza fingendo, nel limite del possibile, che la vittima pi pericolosa e pi affascinante sia quella del

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sacrificio, piuttosto che il nemico che ci ossessiona nella vita quotidiana13. Il proletariato rioplatense vittima della ferocia e del caos della dittatura, individuerebbe nellunitario il capro espiatorio capace di esorcizzare e riparare la violenza subita, depositando in esso tanto lodio che dovrebbe essere altrimenti rivolto a Rosas, quanto la fascinazione e il desiderio mimetico nei confronti della vittima immolata. Tuttavia, una simile interpretazione non tiene in debito conto il fatto che, in realt, il sacrificio non avviene. Si tratta, piuttosto, di una negazione del sacrificio: gli esecutori vengono privati della possibilit di perpetrare il crimine, di celebrare il sacrificio rituale. In questo punto dincontro tra le diverse storie segrete di El matadero emerge, forse, la pi occulta di esse. La morte il vero atto di violenza compiuto dallunitario, che priva la comunit del rito catartico e propiziatorio, della possibilit stessa di esorcizzare la violenza. La storia occulta della morte dellunitario unaffermazione tout court della violenza e della sua ineluttabilit: nessuno, nella comunit, si pu sottrarre ad essa. Le poche parole che seguono la morte dellunitario esprimono proprio il senso di vuoto improvviso che quella morte impone alla comunit, il senso di smarrimento provocato da quellatto incompiuto: chiusero a chiave la porta e in un momento si disperse la ciurmaglia in cerca del cavallo dellintendente col muso chino e taciturno (ivi). Tutti si dileguano, il quadro si scompone, dissolvenza. Sar necessario il ritorno della voce narrante, o della coscienza ordinatrice dellideologia, per ricucire lo strappo, tornando al tono e alla forma del pamphlet, e per simulare una via duscita, quella politica, al vicolo cieco che il racconto allucinatorio ha appena rivelato.

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Ren Girard, Il sacrificio, a cura di P. Antonello, Raffaello Cortina, Milano, 2004, p. 60.

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