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Universit degli Studi di Padova Corso Post-Lauream in Psicologia dell'orientamento

Elaborato finale

Sapere potere. Il potere di scegliere!


Come gli stereotipi di genere influenzano la presenza delle donne nel mercato del lavoro

d.ssa Nicoletta De Col Anno accademico 2011

D.ssa Nicoletta De Col

A i miei genitori

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INDICE
A i miei genitori.........................................................................................................................................................2 INDICE.....................................................................................................................................................................3 PREMESSA - I have a dream...................................................................................................................................3 INTRODUZIONE.....................................................................................................................................................5 GLI STEREOTIPI.....................................................................................................................................................8 Stereotipi di genere e stereotipi professionali.......................................................................................................9 Piccole donne crescono a scuola dove andranno?..........................................................................................12 Il nostro percorso professionale un destino gi scritto?...................................................................................17 Gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro...................................................................................................22 LA DONNA NEL MERCATO DEL LAVORO i dati..........................................................................................27 Figli , maternit e doppio ruolo...........................................................................................................................32 Gap salariale di genere e segregazione del mercato............................................................................................35 CONCLUSIONI......................................................................................................................................................40 Ricordi.................................................................................................................................................................41 APPENDICE...........................................................................................................................................................42 Bibliografia..............................................................................................................................................................44

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PREMESSA - I have a dream


Il mio sogno che le nostre figlie possano vivere in un mondo in cui non saranno giudicate per la categoria sessuale a cui appartengono, ma per le loro abilit, capacit e competenze. Sogno che possano scegliere di

intraprendere la strada che conduce a qualsiasi professione esse desiderino svolgere, senza che questo comporti l'essere derise, demotivate, disprezzate per non aver seguito le aspettative sociali dettate dagli stereotipi. Sogno che fatta una proposta non si sentano dire: "No, perch tu sei una femmina!", che non rinuncino alla palestra perch devono cucinare la cena. Sogno che esse possano avere pi opportunit di scelta e di carriera di quante ce ne siano oggi, che il "soffitto di cristallo" venga sollevato e distrutto. Sogno che ogni persona conosca le debolezze del nostro cervello nella costruzione di opinioni, idee e giudizi. Spero che ogni donna di oggi e domani sappia di poter compiere delle scelte lontane da quanto si aspetta il contesto culturale in cui inserita, consapevole delle difficolt da affrontare, volenterosa nel volerle abbattere, decisa nel perseguirle. Spero che tutte le azioni compiute affinch tutto questo si avveri non siano dimenticate: la storia fatta di persone, per cui sar nostra responsabilit mantenere vivi conoscenza e interesse riguardo gli ostacoli che le donne possono incontrare.

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INTRODUZIONE
Inizio con lo spiegare la scelta del titolo. Valutare una serie di informazioni implica esserne a conoscenza, ancor prima vuol dire essere capaci di raccoglierle. Sapere cosa, come e dove cercare fuori e dentro noi stessi permette di compiere una scelta adatta a s. La vita di ognuno di noi determinata dalle scelte che si compiono in ogni giorno del suo trascorrere. Scelte ritenute pi o meno importanti, dal momento in cui sono state prese, determinano un tratto del nostro percorso di vita. Decidere di coltivare un'amicizia piuttosto che un'altra, svolgere un'attivit sportiva, seguire un percorso formativo, il lavoro da intraprendere, il partner con cui stare, cambiare o meno un nostro atteggiamento, esprimere il proprio dissenso, ecc. sicuramente andranno a definire il nostro futuro. Ogni opzione considerata valida dalla nostra ragione frutto di un processo lungo che considera molteplici elementi. Cosa abbiamo preso in considerazione per scegliere la scuola superiore da frequentare? Cosa ha condotto il nostro essere in un'attivit lavorativa piuttosto che un'altra? Buona parte delle informazioni usate, per prendere delle decisioni cos rilevanti per la nostra vita, non sono raccolte in modi cos razionali e metodici come crediamo, ma sono intaccate da influenze socio-culturali, sentimenti, emozioni, concetti di s. In questo testo considerer nello specifico di stereotipi di genere come incidano nella scelta formativa e soprattutto lavorativa, in particolare porr delle riflessioni sulla posizione lavorativa delle donne, risultato di un insieme di scelte, che si insinuano gi dalla scuola materna. In questo scenario, gli stereotipi la fanno da padrona: il loro bagaglio di informazioni influenzano fortemente i nostri atteggiamenti, comportamenti, linguaggio, di conseguenza quello che noi siamo e come pensiamo. Essi si basano sul processo di categorizzazione, che comporta l'uso di scorciatoie per attribuire delle

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caratteristiche alle categorie a cui appartiene un elemento. Le categorie pi ampie e immediatamente percepibili sono: uomo e donna. Le attribuzioni, che impariamo dal contesto socio-culturale in cui siamo, ci permettono velocemente di avere delle informazioni a portata di mano (anzi "di mente") dalle quali partire nel relazionarci con una persona appartenente all'una o all'altra categoria. In questo modo, non consideriamo le informazioni che vanno a smentire quanto sappiamo, anzi ci concentriamo su quello che le confermano. Considerato questo, un/a adolescente hanno le stesse probabilit di intraprendere una professione, percorso scolastico? Di assumere gli stessi ruoli in azienda e in famiglia? Ci sono le stesse opportunit? L'Art. 37 della Costituzione italiana risponde in questo modo: "La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione". Si deve aspettare la legge n. 66 del 9 febbraio 1963 per ottenere, in Italia, lammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni: la donna pu accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge. L'arruolamento della donna nelle forze armate e nei corpi speciali regolato da leggi particolari. La legge del 9 dicembre 1977 n 903: vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalit di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attivit, a tutti i livelli della gerarchia professionale [] E' vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quanto riguarda l'attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera [] Nelle aziende manifatturiere, anche artigianali, vietato adibire le donne al lavoro dalle ore 24 alle ore 6 (n.d.r. divieto abrogato solo nel 1999).

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Il codice delle Pari opportunit esprime in ogni sua forma la mancanza di discriminazione nell'accesso al lavoro e formazione, indipendentemente dal genere, dalla razza, religione. Le ricerche non rispondono in modo positivo alle domande poste sopra, nonostante le tutele riportate, infatti la presenza della donna nel mercato del lavoro sembra non essere rilevante nelle posizioni manageriali, per lei il salario pi basso a parit di mansioni e titolo di studio, il suo lavoro viene considerato di supporto alla famiglia, percepisce il conflitto di ruolo. Sicuramente non dobbiamo considerare queste ricerche come "le risposte giuste", ma come un inizio per degli approfondimenti e fondamenta per progetti di prevenzione. Molte delle ricerche sono state implementate su campioni unicamente femminili, che prevedevano l'utilizzo di interviste strutturate e non, escludendo in tal modo la possibilit di fare un reale confronto tra i generi. L'argomento delle "pari opportunit" sta prendendo sempre pi piede (purtroppo spesso confuso con la parit tra i generi), eppure nelle mie ricerche ho fatto molta fatica trovare delle specifiche, dei dettagli, degli approfondimenti. Infatti, poco, se non per nulla, si parla degli stereotipi dei datori di lavoro nei confronti delle donne, oppure di interventi preventivi nelle scuole, piuttosto che nei contesti lavorativi. Insomma, c' ancora molto da fare! Questo non pu che accrescere l'interesse verso le aree inesplorate.

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GLI STEREOTIPI
Gli stereotipi sono forme di semplificazione e schematizzazione della realt a cui ricorre la persona per far fronte alla sovrabbondanza di informazioni provenienti dall'ambiente esterno, si basano sul processo di categorizzazione, ossia la tendenza a raggruppare in insiemi gli elementi che ci circondano. In questo modo, il processo di categorizzazione fa s che gli elementi appartenenti ad una stessa categoria sembrino molto pi simili di quanto non siano in realt e si accrescano le differenze fra i diversi insiemi. Oltre a questo effetto, la categorizzazione permette alle persone di ricavare informazioni anche laddove se ne possiedono poche, attraverso un processo di induzione sulla base dell'appartenenza di un membro in un dato gruppo, e non di caratteristiche personali, ma assegnando "caratteristiche" della categoria di cui fa parte. Inoltre, le stesse informazioni che confermano i nostri pregiudizi saranno ricordate pi facilmente (Sherif e Hovland, 1961). Se incrociamo una donna per strada, anche senza averci parlato, in quanto donna, ci sentiremmo in grado di supporre che sia una persona emotiva, sensibile e attenta alle relazioni familiari. Tutti usiamo gli stereotipi, dato che sono modelli precostituiti derivanti da un bagaglio culturale, assegnazioni collettive di significato socialmente e culturalmente determinate, condivisi da tutti quelli che si sentono appartenenti a una data cultura e appresi anche da chi non li condivide. Da questo, si capir come siano difficili da debellare, controllare ed evitare: gli stereotipi sono schemi che funzionano in modo automatico e divengono pi solidi quanto pi utilizzati. Sono processi naturali e necessari per il funzionamento della mente e della societ, per far fronte al bombardamento delle informazioni, ma risultano essere un problema nel momento in cui molte persone vengono giudicate negativamente in modo infondato o discriminate unicamente per la loro appartenenza categoriale. Basti pensare alle implicazioni che hanno durante le selezioni per unassunzione lavorativa, la promozione o il licenziamento.

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Una distinzione importante da fare quella tra stereotipo, pregiudizio e discriminazione. Lo stereotipo ha una componente cognitiva ed indispensabile; il pregiudizio ha una componente affettiva e consiste nel valutare negativamente tutti i membri di un gruppo solo per il fatto che vi appartengano al gruppo stesso, avendo, cos, una reazione affettiva negativa di fronte a tutte le persone che saranno categorizzate come appartenenti al gruppo stigmatizzato; la discriminazione ha una componente comportamentale che pu produrre un danno agli individui per il solo fatto che appartengono al gruppo discriminato, con negazione dei loro diritti e convinzione che sia giusto discriminare quel gruppo (Zanna e Rempel, 1988).

Stereotipi di genere e stereotipi professionali


Gli stereotipi ci dicono cosa giusto e cosa no, secondo la nostra cultura di appartenenza, influenzando le nostre scelte durante tutto il nostro arco di vita. Sono strutture cognitive che ci permettono di andare oltre alle semplici informazioni ricevute, inducendone altre; facile capire come pervadono tutta la nostra vita sociale, basti pensare a quelli legati allet, alletnia, alloccupazione, al sesso. Infatti, il nostro contesto socio-culturale influenza le aspettative sui ruoli professionali che gli uomini e le donne dovrebbero assumere, in base al loro genere sessuale di appartenenza (White e White, 2006). Al riguardo si pu pensare al film, ambientato negli anni Cinquanta, Mona Lisa Smile dove le ragazze del campus di Wellesley, prestigioso college femminile, sono educate e cresciute per ricoprire i ruoli per i quali sono nate: crescere figli, cucinare, tenere la casa pulita, pensare alla felicit del marito. Tutto questo in modo impeccabile, dovuto alla perfetta educazione: casalinghe con il ferro da stiro in una mano e un libro nellaltra, capaci di tenere i conti di casa, gestendo leconomia domestica in maniera eccelsa.

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Queste donne, nel film, avevano alle spalle delle famiglie ricche che potevano investire sullistruzione delle figlie, con lunico fine di fornire delle mogli perfette e aumentare le possibilit in un matrimonio facoltoso. Considerata la forte presenza dello stereotipo che le donne siano predisposte alleducazione dei figli ci si pu aspettare che si inseriscano pi facilmente in percorsi formativi e professionali inerenti allinsegnamento. Cinquantanni di storia non sono sufficienti per debellare le idee stereotipiche, per cui siamo ancora legate al concetto della donna in casa anzich al lavoro. Altro esempio di stereotipo quello riguardo le donne che sarebbero meno abili in matematica; se ne pu intuire le conseguenze: ci si aspetta che una ragazza si iscriva a un liceo classico piuttosto che scientifico, oppure che sia uneccezione la sua bravura in tale materia, e via dicendo. Gli stereotipi professionali permettono di formarsi dei giudizi complessivi sulle professioni, facendo in modo che si insinui la credenza che chi svolge lo stesso lavoro condivida tratti di personalit, caratteristiche e comportamenti (Carpenter, 1995; Turner, 1999), in questo modo si vedono ancora pi contrastanti quei tratti

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considerati prettamente femminili nei contrasti lavorativi predominati dal genere maschile. Da dove arrivano le informazioni sulle professioni? Le prime informazioni sul mondo del lavoro arrivano ai bambini proprio dai genitori. Gli stereotipi di genere sicuramente forniscono delle informazioni, ma queste sono distorte e poco funzionali. Sembra che gi alla scuola materna siano presenti stereotipi di genere sulle professioni e che siano propri soprattutto delle bambine (Hartung et al., 2005). Pamela Davis-Kean e colleghi (2005) hanno condotto uno studio volto ad analizzare quanto i valori e le attitudini dei genitori influiscono sullo sviluppo delle competenze matematiche dei figli e se tali attitudini varino sulla base del genere di appartenenza del bambino (studio su 800 bambini e le rispettive famiglie, longitudinale: 1987 -2000). L'analisi dei dati ha evidenziato che le attitudini e gli stereotipi di genere dei genitori, in modo particolare quelli del padre, incidono in modo significativo sulla scelta dei figli di intraprendere un percorso di studi e professionale in ambito scientifico. Tra queste una delle pi rilevanti costituita dal maggiore incoraggiamento e supporto offerto ai figli maschi nella formazione e nella preparazione in campo matematico rispetto alle figlie femmine. Tale incoraggiamento trova espressione nella tendenza da parte dei genitori allacquisto di un numero pi elevato di giocattoli inerenti allambito scientifico per i bambini piuttosto che per le bambine e nel fatto che dedichino pi tempo a svolgere giochi ed attivit inerenti al settore scientifico con i figli maschi.

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Gli stereotipi di genere dei genitori, ed in modo particolare del padre, sono altamente influenti nel ridurre la scelta delle figlie di intraprendere gli studi o una carriera in ambito matematico e scientifico. Ladesione da parte dei/delle bambini/e a visioni stereotipate delle professioni, quindi, pu ridurre le opzioni che vengono considerate nel momento in cui si accingeranno a pensare al proprio futuro. Questo significa che la scelta scolastico-professionale degli adolescenti pu essere condizionata dalle caratteristiche stereotipiche, scoraggiandoli ad intraprendere percorsi formativi o professionali ritenuti non adeguati al loro genere (Gysbers, Heppner, Johnston, 2009). Ovviamente non sono solo i genitori ad impartire uneducazione, ma anche la scuola ha la sua parte in tutto questo.

Piccole donne crescono a scuola dove andranno?


C differenza fra essere cameriera ed essere un cameriere? Teoricamente, oltre alla differenza di genere nel sostantivo, non ne dovrebbero esistere di altro tipo. Eppure, le immagini stereotipate che si trovano sono di questo genere:

Il cameriere inserito in un contesto, probabilmente un ristorante di lusso, con abiti formali, clienti appartenenti a un ceto sociale alto. La cameriera rappresentata

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con abiti pi adatti ad una locanda, senza contatto diretto coi clienti, quindi probabilmente con un ruolo meno influente e con un salario pi basso. Considerando che la formazione degli stereotipi occupazionali avviene gi allet di due- tre anni (Gettys e Cann, 1981), che ricerche condotte sui materiali ad uso didattico nelle scuole, in particolare nelle antologie e libri di testo, hanno dimostrato la presenza diffusa di immagini stereotipiche delle donne e degli uomini, in cui le donne sono sottorappresentate e lorientamento dei contenuti pi vicino agli interessi maschili (Lobban, 1975), non dovrebbe stupire che alla domanda Cosa vuoi fare da grande? ci sia una differenza nel numero e nel tipo di risposte fornite da ragazzi e ragazze. Unger e Crawford (1992) hanno posto questa domanda a 33 femmine e a 33 maschi: i primi hanno elencato 18 professioni, le seconde solo 8. I numeri nel libro di Irene Biemmi Educazione sessista: stereotipi di genere nei libri delle elementari, una ricerca condotta su un campione di testi delle principali case editrici del settore, mostrano come la discriminazione esista anche nella letteratura per bambini. Tra i personaggi delle storie ci sono 16 maschi ogni 10 femmine, le professioni attribuite ai maschi sono 50, quelle attribuite alle femmine 15 (e spesso improbabili: strega, principessa, la bella addormentata); gli aggettivi riferiti a maschi e femmine sono distinti e continuamente squalificanti per le seconde. I personaggi maschili viaggiano per mari isole boschi e deserti, le femmine al massimo si affacciano sul terrazzo o nel giardino di casa. Preso per acquisito che tutti siamo vittime di questi processi mentali chiamati stereotipi, dobbiamo allora considerare limportanza che hanno nel momento in cui parliamo di educazione dei figli da parte dei genitori, ma anche degli insegnanti. Gli atteggiamenti e le aspettative degli insegnanti sono diversi nei confronti degli allievi dei due sessi. Secondo una ricerca di Walkerdine (1993) gli insegnanti tendono a spiegare la riuscita delle ragazze in matematica come frutto di impegno pi che di intelligenza e a considerare gli scarsi risultati dei ragazzi effetto non di mancanza di intelligenza, ma di altri fattori quali laggressivit. I ragazzi e le ragazze sono puniti e premiati in modo diverso: i primi premiati per il loro lavoro e puniti per il

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loro comportamento, le seconde, viceversa, premiate per il loro comportamento punite per il loro lavoro. Gli atteggiamenti discriminatori sono alla base di differenti valutazioni del potenziale che gli insegnanti riservano a ragazzi e ragazze e delle scelte formative intraprese dagli/dalle studenti/esse. Un risultato riportato da molteplici studi riguarda la maggiore attenzione prestata dagli insegnanti ai loro allievi di sesso maschile e il maggior tempo da essi speso nellinterazione; lo studio, attraverso videoregistrazioni, di Spender (1982) dimostra che nonostante limpegno consapevole degli insegnati di cercare di dedicare agli allievi la stessa quantit di tempo, si arriv a dedicare alle ragazze solo il 38% del tempo, dovuto anche alla maggiore irrequietezza da parte dei maschi, richiedendo cos maggiori attenzioni da parte degli insegnanti, soprattutto se le materie di insegnamento sono di tipo scientifico. anche vero che le ragazze comunicano meno interesse verso le materie scientifiche arrivando in ritardo, partecipando poco a discussioni, evitando di fare domande, chiacchierando tra di loro. Sta di fatto che leducazione impartita da piccoli crea delle diversit che si ripercuotono nella scelta dei percorsi formativi nella scuola secondaria superiore e nelluniversit, momenti importanti poich la specializzazione nei settori scientifici, tecnologici e informatici, ambienti stereotipici maschili, d accesso alle occupazioni e alle carriere meglio pagate e di maggior prestigio (Burr, 2000). A titolo di esempio, di seguito riportato un esercizio per insegnare le professioni a bambini/e della scuola materna, dove ci sono solo due professioni rappresentate da donne (ballerina e cantante) su ventotto professioni totali. A questo punto non stupiscono i risultati delle ricerche scritte sopra. Si noti il titolo dellesercizio: La gente.

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http://www.columbia.edu/itc/italian/resources/italiansite/VOCAB/PROFESSIONI/PROFESSIONI-IMPARARE,%20GIOCO.htm

Se allinsegnamento di questo tipo si aggiungono gli atteggiamenti degli insegnanti di cui si parlava nel paragrafo precedente e gli atteggiamenti dei compagni di classe, capiamo che non si incoraggia molto la sfera femminile ad intraprendere la scelta professionale come un momento entusiasmante in cui si possano elencare molte possibilit di scelte professionali.

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Tenendo presente che gli stereotipi sono un fenomeno strettamente collegato al contesto culturale in cui si formano, bene considerare anche il tipo di cultura in cui si cresce. Hofstede G. (1996) ha studiato le differenze culturali, dividendole attraverso due dimensioni: mascolinit e femminilit. Con la prima si riferisce a una cultura in cui gli uomini dovrebbero essere assertivi e focalizzati sul successo economico, mentre le donne dovrebbero essere modeste e focalizzata sulla qualit delle relazioni. La dimensione femminile sarebbe presente invece in quelle societ dove uomini e donne dovrebbero essere modesti e focalizzati sulle relazioni. Per cui le culture femminili e maschili tenderebbero ad assumere le seguenti caratteristiche:

Femminilit
(per es. Finlandia, Svezia, Costa Rica, Tailandia) Prendersi cura degli altri un valore dominante Le relazioni sono importanti Le persone dovrebbero essere modeste Sia uomini che donne dovrebbero parlare di fatti e sentimenti Le persone lavorano per vivere I manager puntano al consenso Equit, solidariet e qualit sono le cose importanti al lavoro I conflitti si risolvono attraverso il compromesso

Mascolinit
(per es. Giappone, USA, Germania, Messico) Il successo materiale il valore dominante Le cose sono importanti Gli uomini sono assertivi Le donne parlano di sentimenti Le persone vivono per lavorare Ci si aspetta che i manager siano decisi La competizioni a la performance sono importanti al lavoro I conflitti si risolvono con la forza

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Il nostro percorso professionale un destino gi scritto?


Maschi e femmine continuano ad effettuare scelte formative differenti. Nello specifico le ragazze privilegiano gli studi umanistici rispetto a quelli tecnicoscientifici, malgrado ottengano risultati mediamente superiori ai loro coetanei maschi, scelta che potrebbe essere dovuta alla persistenza di modelli culturali tradizionali che ancora distinguono fra una propensione femminile alla cura, alle relazioni e alle materie umanistiche e una propensione maschile per la tecnologia, la scienza e la manualit (Fox Keller, 1987; Correll, 2001).

Si fatta molta strada da quando in Italia, nel 1874, venne permesso alle donne lacceso ai licei e alle universit, e nel 1900, le donne iscritte alluniversit erano 250, 287 ai licei, 267 alle scuole di magistero superiore, 1178 ai ginnasi e quasi 10.000 alle scuole professionali e commerciali. Dagli anni Settanta si registra un aumento della partecipazione allistruzione della sfera femminile, arrivando negli anni Novanta a superare le iscrizioni alluniversit rispetto a quella maschile (si consiglia il sito http://www.archiviolastampa.it/ per trovare articoli di giornale che parlano della donna, dal 1867 ad oggi). Nonostante questi successi esistono fenomeni di segregazione educativa ben visibili (Bianco 2004): maschi e femmine non si distribuiscono in maniera omogenea tra le diverse aree formative. Anche se, sempre pi ragazze scelgono percorsi non tradizionali da un punto di vista di genere, la grande maggioranza continua a privilegiare le discipline umanistiche (Zajczyk 2007). La minor tendenza, da parte delle femmine, ad iscriversi a corsi di laurea scientifici porterebbe ad una sorta di

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auto-esclusione volontaria dai percorsi professionali scientifici, perch ritenuti, dalle ragazze, troppo impegnativi e difficili e non conformi alle proprie aspettative di realizzazione e di riconoscimento sociale (Correll et al., 2001; Stake, 2005). Il fatto che le competenze scientifiche siano una caratteristica maschile induce le ragazze a percepirsi meno adeguate e sicure rispetto alle proprie abilit (Oswald, 2003), attivando la conferma inconsapevole degli stereotipi (Minaccia legata allo stereotipo1). Lattivazione degli stereotipi di genere, durante una prova di abilit di matematica da parte di donne e uomini ugualmente capaci, implica una prestazione peggiore da parte delle donne (Spencer, Steele e Quinn, 1999). Come ogni scelta della nostra vita sia concatenata allaltra, lo si pu capire dal fatto che frequentare un istituto professionale piuttosto che un liceo, influisce sulla scelta di proseguire gli studi in un determinato settore piuttosto che in un altro, con probabilit diverse a seconda che si sia femmina piuttosto che maschio, infatti tra i maschi frequentare un liceo significa accrescere in maniera rilevante la propensione relativa ad intraprendere studi scientifici rispetto a chi frequenta scuole professionali, tra le femmine, essere liceali appare una condizione molto meno significativa (Deluigi & Santangelo, 2009). La situazione Europea dimostra che le femmine pi difficilmente dei maschi sono soggette allabbandono scolastico, di conseguenza percentualmente hanno un titolo scolastico superiore ed escono con voti pi alti (studio EACEA P9 Eurydice , 2010). Appartenere alluno o allaltro genere sessuale (tralascio in questa sede le implicazioni legate allomosessualit, sullargomento ci sono studi specifici), per noi talmente scontato da non farci notare come influenzi la nostra crescita e quello che siamo: si notano meno le sottili implicazioni rispetto a quanto si pu fare con lappartenenza culturale, di classe sociale e simili.

Stereotype threat lesperienza ansiosa legata a situazioni in cui una persona giudicata per una sua abilit, attraverso la quale ha la possibilit di confermare uno stereotipo negativo inerente il gruppo sociale di appartenenza, pressione che interferisce sulla prestazione

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Considerati i risultati degli studi, proviamo a verificarli ad oggi con le statistiche, di seguito si riporta quanto esposto dalla commissione europea in Le cifre chiave dellistruzione in Europa 2009 e Almalaurea 2010. Le donne costituiscono la grande maggioranza degli iscritti e diplomati in tre principali ambiti di studio: educazione, lettere e arte e sanit e assistenza sociale. All'altro estremo, gli uomini superano di gran lunga le donne negli ambiti ingegneria, manifattura ed edilizia e scienze, matematica e informatica, e questa situazione non cambiata molto dal 2002. Nella scuola primaria e secondaria, le donne rappresentano la maggioranza degli insegnanti (oltre il 60%). Le donne costituiscono la maggior parte del personale docente a livello primario e secondario, ma la loro presenza nel corpo docente diminuisce molto con lelevarsi del livello di insegnamento, in tutti i paesi per i quali i dati sono disponibili le funzioni e gli atteggiamenti, che tradizionalmente erano considerati come maschili o femminili, hanno influito nel collocare gli uomini e le donne in settori diversi della produzione ed in cariche e posizioni differenti nel posto di lavoro. Almeno il 70% dei diplomati del settore istruzione sono donne, tranne a Malta e Turchia, rispettivamente con il 69% e il 54%. In Estonia, Italia e Lettonia la proporzione di donne supera il 90%. Questa preponderanza di donne si trova anche nel settore salute e assistenza sociale, rappresentato da oltre il 75% nella maggior parte dei paesi europei. La tendenza di accettare impieghi sotto-qualificati riferibile in particolare alle donne laureate. Nel corso del 2007, la percentuale di donne laureate che hanno svolto lavori riconducibili alla categoria professionale tecnici e professionisti associati stata pi elevata rispetto a quella degli uomini in tutti i paesi ad eccezione di Belgio, Repubblica ceca e Cipro. Inoltre, le donne accettano, in media due volte pi spesso degli uomini, posti di lavoro come impiegate, addette ai servizi e vendite in alternativa ai posti dirigenziali.

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In Italia, la tendenza a scegliere lambito professionale in base alle aspettative stereotipiche sembra confermata dalle statistiche recenti di Almalaurea (2010) delle iscrizioni alluniversit.

Ricordandoci che il percorso formativo solo linizio di una serie di scelte che ci conduce al mercato del lavoro, dovremmo pensare che inserirsi in un contesto formativo piuttosto che un altro implica maggiori o minori possibilit economiche, di carriera, di viaggi allestero, di tempo da dedicare al lavoro, di aggiornamento professionale, flessibilit, e via dicendo. Sicuramente levitamento del ramo scientifico-matematico da parte del genere femminile comporta un restringimento di possibilit lavorative, di carriera e di conseguenza disparit salariale (il settore tecnologico-scientifico tra i pi retribuiti). Le aspettative e la percezione che le bambine si creano sul lavoro influenzano quello che saranno e faranno da donne, a seconda della cultura e della classe a cui appartengono. Le donne di colore nutrono laspettativa di lavorare e di sostenersi, spiegato probabilmente dal fatto che il marito generalmente non guadagna abbastanza da mantenere la famiglia. Gli uomini di classe operaia di

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cultura latina e bianca americana hanno pi probabilit dessere considerati come capi famiglia rispetto a quelli di colore. Sembra che anche linfluenza religiosa cattolica incida sui valori legati al lavoro. In questi differenti contesti le aspettative delle figlie crescono in maniera differente. La maggioranza delle donne di classe media difficilmente considerano di non lavorare, probabilmente dovuto alleducazione impartita dai genitori, che ritengono la formazione come una marcia in pi per le loro figlie per avere successo. Allinterno della classe media c da distinguere le donne bianche e latine dalle altre, infatti, le prime pi facilmente hanno avuto in famiglia una madre che, se lavorava, era considerata solo di supporto alla famiglia, senza ruolo cruciale, senza soddisfazione per se stessa. Questo fa s che le ragazze cresciute con quelle madri poi scelgano un lavoro part-time piuttosto che full-time o occasionale piuttosto che continuativo (Damaske, 2011). Qui si sono considerati gli aspetti educativi familiari e scolastici, per semplicit in questa sede non si andr a trattare tutta leducazione sociale che arriva attraverso i film, cartoni animati, pubblicit, mass-media, giocattoli.

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La strada percorsa da queste piccole donne, finora, le conduce a contesti in cui si possano prendere cura degli altri, dare importanza alleducazione e alle relazioni e che non tolgano tempo alla famiglia. Arriviamo a parlare del mercato del lavoro.

Gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro


Gli stereotipi legati alla donna contestualizzata nel luogo di lavoro non sono elementi semplici, processi che dirigono gli atteggiamenti in ununica direzione, infatti si diramano in forme complesse come i contesti reali in cui si insinuano. Nei luoghi di lavoro, le idee su come le donne lavorano, sulle caratteristiche richieste per il successo e chi dovrebbe svolgere il lavoro sono elementi spesso in contrasto con le idee su come sono le donne e come dovrebbero essere.

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Gli stereotipi descrittivi sono quella costellazione di tratti e attributi che si crede descrivano unicamente gli uomini o le donne. Questi stereotipi fanno in modo che si presentino degli errori di inferenza: solo perch una persona appartiene a una categoria generale come quella di uomo o donna, le si attribuiscono caratteristiche personali stabili e interne, per esempio, aggressivo, sensibile, emotivo, coraggioso, ecc. Gli stereotipi prescrittivi si riferiscono alla serie di attribuzioni e caratteristiche che descrivono come uomini e donne dovrebbero essere. Le percezioni delle persone sono quindi guidate simultaneamente da rappresentazioni cognitive dei loro tratti e attribuzioni di categoria, e le loro opinioni normative riguardo cosa appropriato e inappropriato per loro fare, data la loro categoria di genere. Entrambi i tipi di stereotipi possono minare obiettivi decisionali allinterno delle aziende, a causa dellincapacit del processo basato sugli stereotipi di favorire unanalisi accurata delle competenze, motivazioni e capacit, creando una disparit di trattamento nei luoghi di lavoro quando si svolgono selezioni, promozioni, assegnazioni di premi, licenziamenti, e simili. La discriminazione si pu presentare facilmente gi nel momento della selezione per assunzione, se non svolta con adeguate procedure che evitino gli errori basati sugli stereotipi. Uno studio ha valutato le situazioni in cui i bias si presentano pi facilmente, ovvero quando la valutazione dei candidati viene fatta in separata sede, piuttosto che in valutazione di abilit svolta in contemporanea. Nella prima situazione, infatti, intervengono fenomeni come gli stereotipi di genere, le emozioni, le euristiche distorcendo loggettivit della selezione (Bohnet, van Geen, Bazerman, 2011). Limportanza degli stereotipi evidente nel momento in cui associare un tratto con forma maschile o femminile ad un lavoratore determina la strategia con cui si valuteranno le sue capacit e abilit. Per esempio, gli uomini, pi delle donne, sono considerati decisi e orientati ai compiti, mentre, alle donne, pi degli uomini,

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vengono associati tratti come quello di cura e lorientamento alle relazioni (Hheilman, Martell & Simon, 1988). In riferimento al fatto che gli stereotipi creano delle aspettative, non difficile di conseguenza ritenere che una persona abbia tutto il necessario per il successo quando gli stereotipi di genere si adattano al lavoro considerato di uno o laltro sesso, per cui la congruenza crea delle aspettative sulla performance del soggetto: ci si aspetta che la donna abbia successo nellinsegnamento pi che nellingegneria, perch ritenuto adatto a lei. Anche quando le qualifiche e i risultati ottenuti sono equivalenti tra uomini e donne, le donne hanno meno probabilit dessere considerate di talento e capaci rispetto ai colleghi uomini, dai quali ci si aspetta maggiori capacit; questo stereotipo tende ad essere ripreso durante valutazioni di selezione, nelle promozioni e pone le donne in condizione di svantaggio per l'avanzamento di carriera (Eagly, 2002). Inutile il tentativo di alcune donne di mostrare caratteristiche stereotipiche maschili, dato che implica piacere meno e comunque avere meno probabilit dessere considerate per una promozione o nuove opportunit, anche se valutate competenti tanto quanto la concorrenza maschile. Tra i tratti considerati maschili presente quello di assertivit, per le donne si trovano costrette a modulare il loro comportamento a seconda del contesto, dato che sono viste come "non assertive abbastanza" o "troppo assertive" (Flynn, 2006). Le donne, che sono in condizione minoritaria allinterno di un posto di lavoro, sono pi probabilmente inserite in mansioni pi stereotipicamente femminili, come per esempio il lavoro di supporto (Boldrey, 2001), ignorando pi facilmente le loro capacit, con conseguenti implicazioni a livello salariale, il loro peso nella presa di decisioni aziendali, possibilit di carriera.

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Quando si di fronte a unopportunit di promozione, tendenzialmente si presenta una discriminazione di genere: pi facile che gli uomini siano scelti rispetto alle donne, considerando intelligenza ed esperienza di pari livello (Furnham, 2005). Considerate posizioni equivalenti, gli uomini sono percepiti come pi influenti rispetto alle donne, le quali hanno bisogno di mostrare una competenza di livello maggiore per essere prese sul serio (Eagly, 2007), oltretutto le donne che piacciono meno sono meno influenti: ci si trova in una situazione in cui per essere considerate competenti le donne devono essere assertive e dominanti, ma esibendo questi tratti causa loro il disprezzo e la minore abilit nellinfluenzare gli altri. Quando le donne riescono a raggiungere una posizione di leadership le cose non si semplificano, dato che possono violare lo stereotipo prescrittivo: possono essere percepite piacevoli e competenti a patto che dimostrino di possedere quei tratti che sono parte del loro stereotipo, per esempio, comprensive e sensibili. Riassumendo, il ruolo di manager visto pi allineato con le caratteristiche attribuite agli uomini piuttosto che alle donne, in particolare in Cina, Germania, Giappone e Regno Unito (Schein, 2001). A causa di questi stereotipi, il genere femminile si trova in difetto gi in uno stato di partenza: da loro ci si aspetta qualcosa di diverso, a loro si attribuisce qualcosa che magari non possiedono, oppure non si considera qualche capacit che possono avere e/o se la si considera essa risulta uneccezione. Uno dei pi comuni stereotipi di genere quello di credere che le donne non abbiano elevate capacit di problem solving come la controparte maschile, si pu capire come sia ostacolante nel momento in cui si consideri che questa ritenuta una delle pi importanti capacit per il successo di un manager (Catalys, 2005). Se a tutto questo aggiungiamo altri studi secondo i quali le donne hanno maggiori probabilit di essere considerate come persone che pensano principalmente alla famiglia,

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disposte a viaggiare meno (Blum, 1988), si capisce come la possibilit di diventare manager si allontani ancora di pi. Le donne che trasgrediscono alle aspettative date dalle norme sociali attraverso gli stereotipi attraverso il successo in quei lavori considerati prettamente maschili vengono penalizzate con valutazioni negative sui loro tratti personali. Quando le donne sono riconosciute come donne che hanno avuto successo, esse piacciono meno e sono discreditate a livello personale rispetto agli uomini. Il successo delle donne viene accettato solo per quei contesti considerati adatti a loro, in linea con le norme stereotipate. Le persone meno piacevoli hanno meno possibilit dessere considerate competenti e premiate aumentando lo stipendio o cambiando posizione lavorativa (Madeline E., 2004).

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LA DONNA NEL MERCATO DEL LAVORO i dati


Si sono considerati i vari aspetti che possono influenzare le scelte femminili in merito alla partecipazione al mercato del lavoro. La presenza delle donne nel mercato del lavoro dipende, oltre che da caratteristiche dellofferta di lavoro femminile quali, ad esempio, le credenziali educative, anche da caratteristiche proprie del regime di welfare italiano e dalle politiche per la famiglia, come la presenza di asili nido. Altri fattori, come il trattamento fiscale dei nuclei famigliari, la legislazione in merito alla tutela della maternit e la regolamentazione del mercato del lavoro, che rivestono un ruolo fondamentale lentrata al lavoro di una donna. Il tutto aggiunto al condizionamento di quei modelli culturali e normativi scritti sopra riguardo la divisione sessuale del lavoro allinterno del nucleo famigliare. Di seguito si elencano i punti salienti riportati dallo studio Isfol 2009 sul mercato del lavoro Italiano: 1. Esistono gap di genere in tutti gli indicatori del mercato del lavoro (occupazione, disoccupazione, inattivit); 2. Le donne sono pi soggette allo scivolamento dalloccupazione allinattivit; 3. Persiste una strutturale segregazione di genere nel mercato del lavoro, per settori e professioni (orizzontale e verticale); 4. Esiste una prevalenza femminile nei lavori non standard ed una diversa incidenza della classe di et per genere; 5. Esiste una stretta correlazione di genere tra occupazione e presenza di figli, con andamenti diversi per uomini e donne; 6. Esiste una discontinuit occupazionale femminile legata allevento maternit; 7. Sussistono forti squilibri tra uomini e donne nella gestione dei tempi di lavoro e di cura (conflitto di ruolo).

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Nel 2009, la disoccupazione femminile si attesta al 9,3%, contro un 6,8% maschile, ma il dato allarmante quello dellinattivit2 femminile al 61,7% contro il 40% maschile su base nazionale3. In Europa, a parit di diploma, le donne in media sono pi colpite dalla disoccupazione rispetto agli uomini, anche se la differenza tra i sessi diminuisce con il livello di qualifica. A livello di EU-27, il tasso di disoccupazione delle donne superiore a quello degli uomini indipendentemente dai livelli di diploma considerati. Scelta delle donne o del mercato? In Italia, le donne tra i 25 e i 45 anni registrano un tasso allarmante di inattivit: 64,8%, il quale sostiene di aver scelto tale condizione. Il dato sensibile alle caratteristiche territoriali: al nord-ovest solo il 19,8%, al nord-est solo il 13,5%, al centro il 16%, mentre ben il 50,6% del Mezzogiorno ha scelto tale condizione4. E le inattive involontarie? Al nord-ovest sono il 15,6%, al nord-est il 10,2%, al centro il 14,4%, nel Mezzogiorno il 59,8%. Lo studio ha voluto approfondire il dato verificando la convinzione che la scelta di inattivit fosse propria della persona, in questo modo la percentuale si abbassata al 23%, introducendo il concetto di copione territoriale: le aspettative comportamentali che si hanno verso la donna legate ai modelli culturali e alle rappresentazioni sociali di un territorio; il copione un ruolo assunto gi dallinfanzia, rinforzato dai genitori, dal contesto educativo e sociale (Berne, 2000). Considerando il tasso di occupazione, la situazione non risulta pi positiva.

Linattivit il rapporto tra le persone non appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di

riferimento
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Isfol Mercato del lavoro e politiche di genere 2009-2010 Coerenza e dissonanza nei percorsi di vita delle donne. Unanalisi psicosociale delle cause dellinattivit femminile Studi Isfol anno 2009

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Interrompendo la tendenza favorevole degli anni precedenti, il tasso di occupazione delle donne (15-64 anni) sceso nel 2009 al 46,8%, un valore molto lontano da quello dellUnione europea (58,2%). Le conseguenze sono state particolarmente evidenti nel Mezzogiorno, che ha assorbito quasi la met del calo complessivo delle occupate e che gi presentava bassi tassi di occupazione femminile. In questarea, il tasso di occupazione del 30,6%, contro il 57,3% del Nord-est.

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La tabella sopra riportata espone come lItalia sia uno dei paesi pi indietro in merito alla partecipazione femminile nel mercato del lavoro, con progressi minimi negli ultimi trentanni. Si ulteriormente abbassato il tasso di occupazione delle donne con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore: nel Mezzogiorno raggiunge un livello che supera di poco il 20%. Solo le laureate riescono a raggiungere i livelli europei, se si escludono le giovani, che incontrano difficolt allingresso nel mercato del lavoro. LItalia il paese europeo con la pi bassa percentuale di donne occupate con istruzione primaria, ed al terzultimo posto (meglio di Grecia e Spagna) per quelle occupate con istruzione secondaria e universitaria.

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In questo scenario di indicatori con squilibri, si evidenzia anche la persistenza di un mercato segregato per professioni e settori in termini di genere. Circa la professione emerge la prevalenza maschile su tutte le posizioni, legata anche ai valori pi alti di presenza nel mercato.

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Figli , maternit e doppio ruolo


Rispetto al tema degli squilibri di genere tra tempo di lavoro e di cura, tutte le donne europee tra 20 e 54 anni trascorrono pi tempo degli uomini per il lavoro domestico e di cura, ma le donne italiane sono tra le prime. Le donne italiane che lavorano occupano maggior tempo dei partner nelle attivit familiari (4 ore e 40 minuti al giorno a fronte di 1 ora e 54 minuti). Lasimmetria di genere nella divisione domestica del lavoro non facilita di certo la presenza e la permanenza della donna nel mercato. Le disuguaglianze di genere permangono anche a parit di occupazione: dirigenti, imprenditori e liberi professionisti, ad esempio, trascorrono unora al giorno a svolgere le faccende domestiche contro le quasi due ore delle colleghe.

La cura della famiglia un elemento che grava sulla donna: la presenza di persone anziane non autosufficienti o disabili e il numero di figli influenza notevolmente la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e la sua inattivit. Le donne che lavorano con figli sono meno rispetto a quelle senza figli, e lo scarto aumenta allaumentare del numero dei figli stessi, ma mentre in altre paesi europei (per esempio in Francia) lo scarto particolarmente evidente al terzo figlio, dimostrando, che fino al secondo, la presenza della donna nel mercato del lavoro pi probabile, in Italia lo scarto gi tra donna senza figli e primo figlio (4,5% in meno di occupate con figli rispetto a quelle senza), con 2 figli (10% in meno) e con terzo figlio (22% in meno). Le donne che lavoravano prima della nascita del figlio e che subito dopo la sua nascita non lavoravano pi, motivano labbandono del lavoro per poter stare con il figlio in pi dell87% dei casi. In questa occasione

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sarebbe da chiedersi se la scelta sia influenzata (e se s, di quanto) dalle aspettative legate allo stereotipo di genere, secondo il quale la donna dovrebbe occuparsi dei figli e della famiglia pi che del lavoro. Ovvero, con un andamento come negli altri paesi europei, in cui loccupazione femminile ha una rapida discesa nei tre anni immediatamente successivi alla nascita del figlio e un successivo graduale ritorno al lavoro (andamento a U), in Italia, invece, continua a diminuire. Il fattore che maggiormente caratterizza strutturalmente la partecipazione al mercato del lavoro delle donne la discontinuit occupazionale legata allevento della maternit. Al 2010, la maternit continua ad essere il principale motivo di abbandono del lavoro da parte delle donne, che comporta una perdita secca dal mercato del 16%. In oltre la met dei casi interrompere il percorso lavorativo in occasione di una gravidanza non il risultato di una libera scelta: sono state licenziate o messe in condizione di lasciare il lavoro perch in gravidanza. Le possibilit di lavorare tra i 18 e i 21 mesi dopo la nascita del figlio di quasi il 50% (Casadio et al., 2008), dato legato allet della madre: le madri meno giovani rientrano pi frequentemente al lavoro, mentre quelle sotto i 25 anni sperimentano maggiori difficolt. Per le donne non occupate la probabilit di entrare nel mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio praticamente nulla. Sono le donne con elevata istruzione a rientrare nel mercato del lavoro a pochi mesi dalla nascita del figlio, mentre quelle con bassa e media istruzione spesso non rientrano affatto. Infatti, a 4 anni dalla nascita del figlio il 60% delle donne con bassi titoli di studio ancora fuori dal mercato del lavoro (Pronzato, 2006). Le donne con un titolo di studio pi elevato sono in grado di utilizzare pi risorse, quali beni e servizi di mercato e tempo dei familiari, inclusi i partner che collaborano di pi nelle coppie pi istruite, e di utilizzarle in maniera pi efficiente e razionale. Queste strategie affiancate al dedicare maggior tempo ai figli e meno al lavoro domestico riducono gli effetti negativi sui bambini piccoli dovuti allassenza di ambedue i genitori (Del Boca e Saraceno, 2005).

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Lincidenza maggiore del peso per le cure familiari nella classe det tra i 30 e i 39 anni, da molti economisti definita sandwich generation, ossia il momento anagrafico in cui la donna viene simultaneamente compressa da esigenze di cura di figli e di anziani. Si consideri che in questa classe det si riscontrano, solitamente, le maggiori opportunit lavorative, di carriera, aumenti di salario. Per cui la donna si trova fuori dal mercato del lavoro per la maternit, che richiede minimo tra i 6 e i 12 mesi alle cure del figlio, comportandone lesclusione in un momento cruciale per la sua carriera e le opportunit lavorative. Senza contare che il periodo di interruzione implica la riduzione di quei contatti e di quelle relazioni che possono facilitare linserimento lavorativo; si pu affermare che la maternit sia un momento di stallo per la donna, che rischia dessere sorpassata, senza contare che le continue interruzioni dovute alle lunghe pause comportano future difficolt nel percepire una pensione. In queste condizioni la donna si trova a dover fare i conti con la possibilit di dover ricorrere allaiuto di terzi o meno, consapevole che se vuole avere dei figli, o anche solo uno, comporta uninevitabile interruzione dellesperienza lavorativa, con le relative conseguenze. Da segnalare che, anche in quelle condizioni ritenute sicure, ovvero donne dipendenti con contratti a tempo indeterminato e/o inserite in contesto di pubblico impiego, il rientro al lavoro dopo la maternit non sinonimo di garanzia di continuit di copertura del proprio ruolo e svolgimento delle stesse mansioni. Durbin e Tomilnson (2010) hanno intervistato donne manager ad orario parttime del Regno Unito per analizzare il percorso lavorativo da loro intrapreso: l81.25% di loro erano in una posizione diversa prima della maternit, ovvero con orario full-time (la riduzione dorario stata una trattativa non volontaria) e successivamente si sono trovate, al rientro, con un ruolo diverso e di minor spessore, che diminuiva il numero di prospettive e di opportunit. Considerando linterruzione obbligata in caso di maternit e lo stereotipo di genere che disegna il lavoro della donna come una cosa extradomestica, ci si pu

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aspettare che il suo ingresso nel mercato sia posto in secondo piano rispetto a quello delluomo, che garantirebbe continuit, presenza e forza fisica.

Gap salariale di genere e segregazione del mercato


Ricordando che alla donna solo nel 1963 stato concesso di poter intraprendere qualsiasi professione, lItalia il paese europeo pi male breadwinner: le coppie con donne tra 25 e 54 anni, in cui lavora solo luomo sono il 37,2%. Vicini a questo target sono Grecia, Spagna, Lussemburgo e Polonia. Invece, Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia si attestano al di sotto del 10%. La collocazione geografica dei modelli male breadwinner in Italia concentrata, per oltre il 50%, al Sud ed Isole. Anche per le coppie in cui entrambi lavorano, la donna contribuisce comunque meno delluomo al reddito familiare (in misura inferiore al 40%). In Europa, incide generalmente il part-time. In Italia, invece, dove il part-time comunque basso, ad incidere la segregazione orizzontale5 del mercato che colloca le donne in basse posizioni professionali e settori economici meno rimunerativi. Questo dovrebbe farci riflettere in modo particolare sugli studi e i dati delle sezioni precedenti, in cui si evidenzia la tendenza del genere femminile a scegliere alcuni tipi di percorsi formativi, e sullimportanza della presenza della madre lavoratrice, che sia di modello per trasmettere il valore del lavoro femminile non solo come supporto alla famiglia e di seconda importanza rispetto a quello del padre. La cultura italiana, abbiamo capito, non permette molta libert di scelta per la donna nello svolgere un ruolo che sia diverso dalla cura della famiglia. A questo contribuiscono le misure politiche che non hanno previsto maggiori servizi per bambini in et scolare e pre-scolare e quelli volti ad incentivare la conciliazione di tempi di vita e lavoro, impedendo alle madri di de-famigliarizzarsi e di liberarsi dai lavori di cura e assistenza allinterno della famiglia, potendo spendere le loro
La segregazione orizzontale riguarda la diversa presenza delle donne e degli uomini in determinati settori professionali.
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competenze sul mercato. Sono state compiute delle scelte che hanno privilegiato le misure di sostegno al reddito piuttosto che incentivare i servizi. La religione ha rafforzato a tutelare il modello di famiglia tradizionale: netta separazione di ruoli e compiti fra i genitori, dove la donna ha un ruolo centrale nelle attivit di cura di tutta la famiglia. Ritornando ai dati, in Italia, si presenta una segregazione verticale del lavoro, ovvero la presenza di disparit di prestigio e retribuzione fra i sessi nonostante le donne presentino curricula formativi analoghi ai colleghi maschi. In Italia, le donne guadagnano il 13% in meno degli uomini (Rosti, 2006). Inoltre i differenziali salariali tra gli uomini e le donne italiane crescono al crescere delle retribuzioni e allaumentare del livello gerarchico. I due fenomeni di segregazione verticale e orizzontale sono legati, tanto che anche in quei settori considerati femminili (quali linsegnamento, sanitario infermieristico, parrucchiere) gli uomini che vi accedono ricoprono le posizioni pi prestigiose: non difficile trovarsi in un salone in cui ci si trova a parlare con tutte dipendenti donne, mentre il titolare un uomo.

Gli unici profili in cui la presenza femminile superiore a quella maschile sono le coadiuvanti familiari, i collaboratori o prestatori dopera occasionali, le impiegate e, con il valore pi elevato, le lavoratrici a domicilio. Totalmente inversa la

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situazione per i profili quali imprenditori, liberi professionisti, lavoratori indipendenti, dirigenti, lavoratori in proprio. Circa la segregazione orizzontale per settori economici (fig. 5) ossia la concentrazione femminile in ambiti specifici, il discorso complesso: come scritto nelle pagine precedenti, le aspettative legate allo stereotipo comportano che il genere femminile scelga di svolgere quelle professioni ritenute a loro pi adatte, che richiedono la cura e lassistenza della persona, la cura delle relazioni.

Al 2009, continuano ad esistere settori tipicamente maschili (industria, costruzioni e trasporti) e settori tipicamente femminili (servizi, istruzione, sanit e assistenza). Un trend consolidato da circa 30 anni. Abbiamo gi considerato nei precedenti capitoli le possibili ragioni di queste tendenze: stereotipi di genere, stereotipi professionali, selezioni aziendali, scelte personali. Meccanismo che porta effetti sui differenziali salariali: i settori in cui si collocano le donne sono settori a bassa rimunerativit, ed allinterno degli stessi settori continua a persistere la segregazione verticale di genere, per cui non scontato che una maggiore presenza femminile corrisponda ad unequa distribuzione allinterno dei luoghi di lavoro. Ovvero, le donne si trovano in quei settori meno retribuiti, considerando che non raggiungono facilmente le posizioni pi elevate

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nella scala gerarchica, comporta un ulteriore ribasso delle speranze in un pi elevato dello stipendio. Altra caratteristica del mercato del lavoro italiano lelevata concentrazione femminile nei lavori non standard6 (fig.6). In tutti gli aspetti considerati (titolo di studio, territorio, et) la presenza femminile superiore a quella maschile. In particolare, la pi colpita let giovanile 18-29 anni, dove vi la maggiore concentrazione. Diventa particolarmente critica la situazione se si combinano le variabili: laurea, et giovanile e residenza nel Mezzogiorno ed Isole.

Lelevata presenza femminile nei lavori non standard presenta degli effetti di medio periodo, in cui si evidenziano delle differenze di genere in termini di trasformazioni del contratto nel corso di un biennio di riferimento. Tra gli uomini che nel 2006 avevano un contratto di lavoro non standard, il 59,4%, due anni dopo, ha visto una trasformazione in contratto standard. Lo stesso fenomeno ha riguardato solo il 48,4% delle donne. Per le donne, il contratto non-standard diventa una trappola da cui si scappa con meno probabilit. Quello di cui i dati statistici non tengono conto, sono le motivazioni e i bisogni delle persone, si potrebbe dire che questi sono numeri senza una voce che li spieghi.

Per lavoro non standard si intendono: contratto a tempo determinato, contratto in somministrazione e part-time (subordinato) e co.co.co, lavoro a progetto (non subordinato)

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Di sicuro, aumentare la partecipazione femminile nel mercato del lavoro, come dimostrato, comporterebbe un aumento del PIL e di una maggiore sicurezza famigliare per nuclei con doppio reddito. Secondo le stime della Banca dItalia (2008) la domanda di nidi sarebbe del 40% che non copre totalmente lofferta. I paesi Nord Europei dimostrano come la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia cresciuta di pi quando c stata anche una crescita dei nidi per linfanzia.

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CONCLUSIONI
Non tutte le donne vogliono lavorare, non tutte vogliono fare carriera, ma quelle che vogliono entrare nel mercato del lavoro si trovano in una lotta in cui giocano sfavorite, in cui pochi puntano le scommesse su di loro. E per quelle che non vogliono da chiedersi se sia leducazione sociale impartita a condizionare le loro scelte. Fattori personali, sociali e culturali sono cos intrecciati tra loro da non poter essere considerati singolarmente, rendendo la questione pi complessa di quanto sembri. Un uomo non pu permettersi, socialmente, di non avere un lavoro, una donna pu ancora scegliere se lavorare o no. Luomo deve lavorare e portare i soldi a casa e mantenere la famiglia, la donna deve pensare a tenere salde le relazioni famigliari. Ad oggi, non ci sono pari possibilit di scelta per luno e laltro sesso, non ci sono le basi per poter pensare a pari opportunit finch non forniremo uneducazione impari ai nostri figli: le nostre basi del futuro. Per facilitare laccesso delle donne nel mercato del lavoro non da prendere in esame solo attivit di prevenzione nei luoghi di lavoro sugli stereotipi, sulla violenza, mobbing, ecc, ma anche nelle scuole, al fine di favorire la consapevolezza degli stereotipi e delle sfumature nelle professioni, pi tutte le azioni politiche che dovrebbero creare dei servizi e una flessibilit a favore della produzione e non della presenza della persona. Far crescere i nostri figli e le nostre figlie con lidea che i sogni non hanno un genere sessuale non pu che condurre ad una crescita sociale, in cui le differenze sono dei valori personali e di genere.

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Ricordi
Sono giovane, eppure quandero piccola mi ricordo che gli amici dei miei genitori si lamentarono del fatto che le donne stavano rubando (anni 80) il lavoro agli uomini, che luomo doveva garantire col suo lavoro mangiare per tutti: la moglie che andava a lavorare era una sconfitta per la famiglia, soprattutto per luomo. Assieme a queste considerazioni, quando iniziai a scegliere il mio percorso formativo, si aggiunsero le idee che dovevo studiare per cultura personale, che il lavoro sarebbe stato importante come soddisfazione personale, se non lo avessi trovato non importava in caso mi fossi sposata con un buon partito. Ricorder tutti i giochi preclusi (no, perch sei femmina): a calcio, ai giochi di ruolo, alle macchinine, ai soldati/pirati. Ricorder sempre quando, in terza elementare (scuola privata cattolica), scendendo le scale, due compagni di classe mi presero a calci la cartella che avevo sulle spalle, ed io, dopo aver chiesto pi volte di smetterla, mi girai dando a uno di loro un pugno sulla tempia. La maestra riprese la mia aggressivit e non la loro, portandomi via, e tenendomi per mano continu a rimproverarmi, mentre io giustificavo la mia azione spiegando laccaduto. In seguito, ovviamente, io fui costretta a chiedere scusa e loro furono lasciati liberi di rifarlo le volte successivead altre compagne di classe: io non fui pi disturbata. Ricorder volentieri tutto questo quando crescer i miei figli/le mie figlie e parler con quelli degli altri, in attivit di orientamento o meno.

Chi trascura di imparare in giovinezza perde il passato ed morto per il futuro. (Euripide)

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APPENDICE
Promozione delle pari opportunit Art.42 - Adozione e finalit delle azioni positive (L.10 aprile 1991, n.125, art.1, commi 1 e 2) 1. Le azioni positive, consistenti in misure volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunit, sono dirette a favorire l'occupazione femminile e realizzate l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro. 2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo scopo di: a) eliminare le disparit nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilit; b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; c) favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici; d) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo; e) promuovere l'inserimento delle donne nelle attivit, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilit; f) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilit familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilit tra i due sessi;

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f-bis) valorizzare il contenuto professionale delle mansioni a pi forte presenza femminile.

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