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Il controllo sugli enti pubblici e sulle societ private per le quali lo Stato partecipa al capitale Corso Altalex Online

Corte dei Conti, modulo 14 del 06.02.2009

Corso Altalex OnLine Referendario della Corte dei Conti cons.Vittorio Raeli Modulo 14 Il controllo sugli enti pubblici sovvenzionati dallo Stato e il controllo sulle societ private per le quali lo Stato partecipa al capitale.

Sommario: 1. Cenni generali 2. La disciplina normativa. 3. .Le principali questioni in materia di enti.- 4. Il problema dellindividuazione degli enti. - 5. Le delibere della Sezione controllo enti. - 6. Cenni conclusivi

1. Cenni generali.

Scorrendo la Dichiarazione di Lima sui principi guida del controllo delle finanze pubbliche, elaborata nel 1977 dall INTOSAI , Organizzazione Internazionale delle Istituzioni Superiori di Controllo, alla Sezione 24, del paragrafo VII, rubricata Controllo degli enti sovvenzionati, si legge che : LIstituzione superiore di controllo deve essere autorizzata a controllare limpiego dei fondi forniti da sovvenzioni pubbliche. Quando le sovvenzioni sono particolarmente elevate, sia come valore assoluto sia in relazione alle entrate e al capitale dellente, il controllo pu, se cos stabilito, essere esteso fino ad includere lintera gestione finanziaria dellorganismo sovvenzionato. Nello stesso documento, alla sezione 23, rubricata Controllo delle imprese a partecipazione statale, si legge : Lespansione dellattivit economica dello Stato determina di frequente la costituzione di imprese regolate dal diritto privato. Anche queste imprese devono essere sottoposte al controllo delle Istituzioni superiori di controllo, qualora vi sia una rilevante partecipazione statale specialmente

quando la partecipazione maggioritaria - o qualora si concretizzi una influenza dominante dello Stato. Il controllo a posteriori costituisce la forma di controllo pi appropriata; tale controllo concerne gli aspetti delleconomicit, dellefficienza, e dellefficacia. Le relazioni presentate al Parlamento ed allopinione pubblica su queste imprese devono osservare le limitazioni richieste dalla tutela del segreto commerciale e industriale.

E sembrato opportuno riportare, in via introduttiva allargomento in esame, queste due disposizioni, riferite ai principi internazionali in materia di controllo per sottolineare limportanza e lattualit del tema , anche in rapporto alla disciplina vigente nel nostro Paese.

In Italia, il controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria esercitato dalla Corte dei conti a mezzo della Sezione del controllo Enti , istituita ai sensi dellart. 9 della legge 21 marzo 1958 n. 259.

Questa attribuzione della Corte dei conti si ricollega direttamente alla Costituzione , che allart. 100 prescrive che La Corte dei conti partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. Pertanto la legge 21 marzo 1958 n. 259 ( cos come la successiva conferma di tale funzione fatta salva dallart. 3, comma 7, della legge di riforma generale dei controlli affidati alla Corte, legge 14 gennaio 1994 numero 20) costituisce, oltre dieci anni dopo lentrata in vigore della Costituzione , attuazione del dettato costituzionale.

2. La disciplina normativa.

La legge n. 259 del 58 contiene la disciplina, le condizioni e le modalit di esercizio del controllo sulla gestione finanziaria degli enti pubblici e privati a valenza nazionale da parte della nuova Sezione, contestualmente istituita ed individuata dallordinamento per riferire al Parlamento circa lesito dei controlli eseguiti su questi enti che richiedono una contribuzione dello Stato in via ordinaria. La successiva legge n. 20 del 1994 , relativa alla riforma generale dellattivit di controllo della Corte dei conti, ha inoltre attribuito a questa stessa Sezione il controllo su tutti gli altri enti nazionali non rientranti nell'area applicativa della menzionata legge 259 del 1958 e non riconducibili nel novero delle pubbliche amministrazioni non statali. Per gli enti ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria, previsto laffidamento alla Corte dei conti di un controllo di tipo referente, vale a dire che riferisce ( in questo caso, al Parlamento ) sullandamento delle loro gestioni . Si tratta degli gli enti che godono di contribuzione periodica a carico dello Stato, degli enti che si finanziano con imposte, contributi, tasse che sono autorizzate ad imporre, degli enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni ovvero mediante concessione di garanzia, nonch delle societ derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici in societ per azioni con capitale in maggioranza pubblico. Una prima questione riguarda, dunque, la preliminare individuazione dei soggetti sottoposti a tale forma di controllo della Corte dei conti. Tra laltro, lart. 13 della legge 259/58 ne esclude

lapplicazione alle Regioni, alle Province, ai Comuni, alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza regolate dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni, ed agli Istituti di credito sottoposti a vigilanza dell'Ispettorato del credito. Gli enti , oltre ad una prima elencazione contenuta in allegati alla legge 259/58, distintamente per quelli sottoposti al controllo ai sensi dellart . 2 e per quelli sottoposti al controllo ai sensi dellart. 12, vengono individuati per legge o mediante decreto governativo di assoggettamento emesso anche su segnalazione della stessa Corte dei conti. Ad esempio, nel 2004, sono state trasformate in enti pubblici economici le stazioni sperimentali dell'industria , che sono state trasferite nell'area applicativa della legge 259 del 1958, nel novero degli enti assoggettati al controllo. Attualmente, sono sottoposte al controllo per specifico disposto normativo ed a seguito di decreto governativo, le singole gestioni di circa 360 enti, ( la delibera n.4 del 27 febbraio 2006 indica in 333 gli enti controllati in base alla legge 259/58 e 31 in base alla legge 20/94: il totale variabile in relazione anche ai provvedimenti di assoggettamento governativi ) spesso - come precisato dalla stessa Sezione controllo enti nelle proprie delibere - aventi natura e forme eterogenee e con differenziata disciplina ordinamentale , che possono essere raggruppati , in una prima approssimazione, nelle seguenti categorie: enti previdenziali, enti di assistenza e protezione sociale, enti che svolgono attivit di impresa, enti di studio, insegnamento , prestazione darte, enti di incentivazione, regolazione ,enti di ricerca enti portuali, enti operanti sul territorio. Lart. 2 della legge n. 259 del 1958, al fine di stabilire quali siano gli enti a contribuzione ordinaria, assume che devono essere considerate contribuzioni ordinarie: - i contributi che, con qualsiasi denominazione, una pubblica amministrazione o unazienda autonoma statale (questo tipo di organizzazione , peraltro, non pi attuale) abbia assunto a proprio carico, con carattere di periodicit, per la gestione finanziaria di un ente, o che da oltre un biennio siano iscritti nel suo bilancio; - le imposte, tasse e contributi che con carattere di continuit gli enti siano autorizzati ad imporre o che siano comunque ad essi devoluti. Lesistenza delle contribuzioni statali ordinarie sopradescritte rappresenta, dunque, il fondamento del controllo ex lege n. 259 del 1958 e il riferimento per la individuazione dei soggetti che debbono esservi sottoposti. La legge definisce, inoltre, allart. 3 quali siano le forme di contribuzioni escluse perch troppo tenui o perch lente rivesta esclusivamente carattere locale (art. 3, comma due: Dal controllo sono esclusi gli enti d'interesse esclusivamente locale e quelli per i quali la contribuzione dello Stato sia di particolare tenuit, in relazione alla natura dell'ente ed alla sua consistenza patrimoniale e finanziaria, nonch gli enti ai quali la contribuzione dello Stato sia stata concessa in applicazione di provvedimenti legislativi di carattere generale); allart 4 , definisce la natura consuntiva del controllo (Gli enti sottoposti alla disciplina della presente legge debbono far pervenire alla Corte dei conti i conti consuntivi ed i bilanci di esercizio col relativo conto dei profitti e delle perdite corredati dalle relazioni dei rispettivi organi amministrativi e di revisione, non oltre quindici giorni dalla loro approvazione e, in ogni caso, non oltre sei mesi e quindici giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario al quale si riferiscono. Egualmente sono trasmesse alla Corte dei conti le relazioni degli organi di revisione che vengano presentate in corso di esercizio); agli art 5 e 6 prevede lobbligo di fornire alla Corte tutte le informazioni da essa ritenute necessarie (di cui le principali vengono indicate nella determinazione che viene adottata dalla Sezione a seguito dellemanazione del decreto di sottoposizione a controllo per gli enti ex art. 2 ovvero a seguito della previsione normativa per gli enti ex art. 12 della legge medesima) e quale sia la forma in cui avviene il controllo cartolare. La Sezione di controllo, in sede istruttoria, pu comunque richiedere agli enti controllati e ai ministeri

competenti, informazioni, notizie, atti e documenti concernenti le gestioni finanziarie. In ogni caso, la giurisprudenza della Corte ritiene ammissibile il ricorso anche ai pi penetranti strumenti istruttori di cui alla legge n. 20 del 94. Il risultato del controllo eseguito va poi comunicato entro sei mesi dalla presentazione dei conti alle Presidenze della Camera dei Deputati e del Senato , per lesame, da parte delle Commissioni competenti per materia, secondo le disposizioni dei rispettivi regolamenti parlamentari, delle relazioni della Corte dei conti sugli enti sovvenzionati dallo Stato con la possibilit anche per le Commissioni delle Camere di richiedere alla Corte ulteriori informazioni ed elementi di giudizio. La legge, inoltre, prevede allart. 8 la possibilit di segnalare specifici rilievi al Ministro del Tesoro ( allora cos denominato, oggi il Ministero delleconomia e delle finanze) ed a quello competente. QQQqq uesta disposizione abilita la Corte dei conti ad effettuare su singoli atti rilievi che, pur non influendo sulla relativa efficacia, generano un onere di conformazione da parte degli enti destinatari e stimolano opportune iniziative degli organi di vigilanza ed era stata in un primo tempo abrogata dal primo comma dellart. 3 del d.lgs. n. 286 del 1999 e poi ripristinata dalla Corte costituzionale. La Corte costituzionale, infatti, con sentenza n. 139 del 17 maggio 2001, ha accolto il ricorso della Corte dei conti per violazione, tra laltro, degli articoli 76 e 100 della Costituzione, annullando la norma che abrogava lart. 8 della legge n. 259 del 58, rilevando che Lestraneit della materia del controllo sugli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria alla delega conferita con lart. 11, comma 1, lettera c), risulta confermata dai principi e dai criteri direttivi, previsti in materia dallart. 17 della stessa legge, che contiene tutte previsioni che, allevidenza, non possono che riguardare le amministrazioni" in senso proprio e che risulterebbero incongrue se riferite indifferenziatamente alla categoria degli enti cui lo Stato contribuisce invia ordinaria, enti che non fanno di per s parte della pubblica amministrazione e costituiscono un genus che comprende le pi svariate tipologie. (Labrogazione dell'art. 8, l. 21 marzo 1958, n. 259 era avvenuta ad opera del primo comma dellart.3 del d.lgs 30 luglio 1999 n.286 Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attivit svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della l. 15 marzo 1997, n. 59, la Corte costituzionale, con la sentenza citata, ha dichiarato che non spetta al Governo adottare tale disposizione e per conseguenza la ha annullata). Nei confronti degli enti che rientrano nella categoria di cui al predetto art. 2, la Sezione esercita il controllo in maniera indiretta. Il controllo svolto dalla Corte dei conti sugli enti si articola, infatti, in due distinte tipologie: la prima, prevede laffidamento dellistruttoria e la redazione del referto ad un magistrato della Sezione, il quale si avvale dei poteri previsti dagli artt. 5 e 6 della legge n. 259 del58 nei confronti dellamministrazione interessate o degli organi di vigilanza e revisione; il referto verr poi discusso e sar da approvarsi in sede collegiale da parte della Sezione. la seconda (la cd. forma diretta) prevede la partecipazione di un magistrato delegato al controllo, alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione dellente ( ex art. 12 della legge n. 259 del 58 ). (Va detto, peraltro, che si trovano nella dottrina e nella giurisprudenza indicazioni contrastanti nel definire ora diretta ora indiretta ciascuna delle due forme di controllo ex art . 2 ed ex art. 12 ). E bene ribadire, ad ogni buon conto, che la diversit nel modulo di controllo adottato (art. 2 o art. 12) non comporta una diversit o alternativit dello stesso :in entrambi i casi il controllo, che sia di legittimit che di merito, concomitante, cio si svolge nel corso della gestione dellente, e ha per

oggetto lintera gestione finanziaria e amministrativa dellente stesso. Il controllo sugli enti sovvenzionati differisce sia dal controllo di legittimit - preventivo o successivo - su atti, sia dal controllo sulla gestione, essendo partecipe dei caratteri sia delluno che dellaltro. Al termine di ogni esercizio finanziario la Corte dei conti adotta una pronuncia nella quale svolge le proprie valutazioni sulla gestione finanziaria dellente controllato. La relazione viene inviata al Parlamento per lesercizio del suo controllo politico finanziario; la relazione viene anche inviata allente controllato ed ai Ministeri vigilanti per far loro adottare i provvedimenti necessari a rimuovere le eventuali irregolarit contabili, amministrative e gestionali riscontrate. Questo tipo di controllo referente spetta unitariamente alla Sezione enti della Corte di conti che lo esercita nel suo naturale circuito istituzionale con Governo e Parlamento. Va aggiunto che Il controllo in forma di referto al Parlamento, trova anche un adeguato riscontro , come accennato in precedenza, nella previsione nei regolamenti della Camera dei deputati e del Senato dellesame delle relazioni inviate dalla Corte, da svolgersi da parte delle Commissioni competenti per materia. Nella forma di controllo ex art. 2, 3 e 6 della legge n. 259 del 58) gli enti hanno lobbligo di inviare i conti consuntivi e i bilanci di esercizio col relativo conto dei profitti e delle perdite corredati dalle relazioni dei rispettivi organi amministrativi e di revisione, non oltre quindici giorni dalla loro approvazione ed, in ogni caso, non oltre sei mesi e quindici giorni dalla chiusura dellesercizio finanziario al quale si riferiscono. Attualmente, gli enti sottoposti a tale forma di controllo sono oltre duecento, tra i quali si annoverano: le Ferrovie dello Stato s.p.a, la RAI-radiotelevisione italiana, il C.N.R.- Consiglio nazionale delle ricerche, lA.C.I.- Automobil club italiano, , il CONI-Comitato olimpico nazionale, l AS.I.- Agenzia spaziale italiana, lE.N.A.V.- Ente nazionale per lassistenza al volo, lE.N.A.C.Ente nazionale per laviazione civile, lE.N.E.A.,- Ente nazionale per lenergia e lambiente, le autorit portuali, i consigli di diversi ordini professionali, etc. per citare quelli di maggior rilievo. Laltra forma di controllo esercitata dalla Corte ( quella ex articolo 12 ) riservata ad unaltra categoria di enti, individuata dalla legge n. 259 del 58, ed quella degli enti nei confronti dei quali lo Stato contribuisce con apporti di patrimonio in capitale o di servizi o di beni ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria. Nei loro confronti il controllo di cui allart. 100 della Costituzione esercitato, oltre che con l'invio dei consuntivi e dei bilanci, mediante la presenza diretta di un magistrato della Corte, legittimato ad assistere alle sedute degli organi di amministrazione o di revisione. Tale magistrato designato dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti (organo di autogoverno dei magistrati contabili, assimilabile al Consiglio Superiore della Magistratura, dei magistrati ordinari) e nominato dal Presidente della Corte stessa. Attualmente, gli enti sottoposti a controllo, ex art.12, sono circa sessanta, tra cui vanno menzionati, fra quelli pi noti per la loro rilevanza: lI.N.P.S- Istituto nazionale della previdenza sociale , l'I.N.P.D.A.P- Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, lI.N.A.I.L - Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali , lISTAT- Istituto centrale di statistica, lANAS- Azienda autonoma per le strade statali, lENEL s.p.a, lENI s.pa. Dunque, riassuntivamente su questo punto, se lente pubblico o privato fruisce di contribuzioni continuative o periodiche, il controllo meramente cartolare in base all art. 2 , sugli atti trasmessi dallente alla Corte. Se invece lente destinatario di un apporto al patrimonio o digaranzie

finanziarie, il controllo avviene, ex art. 12 della legge n. 259 del 58, ad opera di un magistrato della Sezione di controllo, che assiste alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione , quali sono il consiglio di amministrazione e i collegi sindacali o di revisione. La legge 20 del 1994 ha confermato, come gi accennato, allart. 3 settimo comma, la persistenza di tale forma di controllo sugli enti di cui alla legge 259 del 58 ed anzi le Sezioni riunite della Corte dei conti nella deliberazione n. 2 del 18 gennaio 1995 , hanno ulteriormente affermato che spetta alla Sezione controllo enti il controllo sugli enti pubblici, nei modi, nei tempi e nelle forme da essa determinati, sugli enti pubblici non economici nazionali, vale a dire tutti quegli enti pubblici che ovunque abbiano la sede non perseguono fini racchiusi in un particolare ambito territoriale, non hanno la cura degli interessi di popolazioni locali e non traggano sostegno da finanze locali.

3. Le principali questioni in materia di enti.

Attraverso lesame delle delibere di programma della Sezione controllo enti, delle Corte, si possono ricostruire i principali temi di discussione in dottrina e giurisprudenza e ripercorrere le connesse vicende legislative che hanno portato, ad esempio, alla riorganizzazione di numerose categorie di enti pubblici e che hanno coinvolto, di riflesso , anche le competenze della Corte dei conti nella materia .

Un primo impulso per il riordino degli enti pubblici , si avuto con la legge 15 marzo 1997 n 59 ( di delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) , con la previsione (v. art. 11) della soppressione o della fusione di enti ovvero della trasformazione in enti economico o societ di diritto privato, al fine di razionalizzare e qualificare le risorse pubbliche utilizzate (riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza, le istituzioni di diritto privato e le societ per azioni, controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, che operano, anche all'estero, nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attivit svolta dalle amministrazioni pubbliche ... riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica nonch gli organismi operanti nel settore stesso .. ). Per taluni enti (C.N.R. - Consiglio nazionale delle ricerche; E.N.E.A. - Ente per le nuove tecnologie lenergia e lambiente; A.S.I.- Agenzia spaziale italiana; I.N.A.F.- istituto nazionale di astrofisica ) nel 1999 , con una serie di decreti legislativi (nn.19, 27 e 36 del 30 gennaio 1999 e n. 296 del 23 luglio 1999) veniva infatti disposto un controllo della Corte limitato al solo esame dei conti consuntivi , vale a dire, senza lesame della regolarit contabile, finalizzato alla sola relazione annuale al Parlamento. Si trattato in tal caso di un indirizzo legislativo che ha inteso parificare i grandi enti di ricerca al trattamento riservato alle autonomie universitarie. Tale indirizzo subiva successivamente un ripensamento con i decreti legislativi del 4 giugno 2003 ( nn. 127 riordino del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), 128 riordino dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.) e 138 riordino dell'Istituto nazionale di astrofisica (I.N.A.F.) e n. 257 del 3 settembre 2003 (riordino della disciplina dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente E.N.E.A., a norma dell' art .1 della legge 6 luglio 2002, n. 137 di delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonch di enti pubblici). Ma pi rilevante, per le conseguenze che successivamente determinarono un conflitto fra la

Presidenza del Consiglio dei ministri e la Corte dei conti, ( poi risolto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 466 del 17-28 dicembre 1993) era stata la vicenda legislativa conseguente alla trasformazione in societ per azioni di IRI, ENI, INA ed ENEL, avvenuta in base alla disposizione dellart. 15 del decreto legge 11 luglio 1992 n. 333, convertito con modifiche dalla legge 8 agosto 1992 n. 359, che sottraeva alla Corte dei conti il controllo su tali enti, poich i magistrati non venivano invitati a partecipare alla sedute dei consigli di amministrazione e il Ministro del tesoro , unitamente alla Presidenza del consiglio ritenne che le nuove societ non rientrassero nel rapporto con lo Stato, presupposto del controllo della Corte. La Corte costituzionale ritenne invece , nella sentenza n. 466 del 1993, che alla Corte dei conti continuasse a rimanere assegnato il controllo su tali societ, fino a che permaneva una partecipazione esclusiva o maggioritaria dello Stato nel capitale azionario. Daltra parte, come stato precisato, non .. la veste formale dellorganismo di diritto pubblico (s.p.a.) che pu escludere il controllo della Corte dei conti, ai sensi dellart. 100 della Costituzione, giacch la natura sostanziale dellorganismo che deve essere analizzata ed i modi di contribuzione da parte dello Stato alla sua gestione. Lelemento formale della semplice trasformazione degli enti pubblici in enti pubblici economici non veniva, dunque, ritenuto dalla Corte costituzionale sufficiente a determinare lestinzione del controllo finanziario dello Stato perch soltanto una modifica di carattere sostanziale nellimputazione, tale da sottrarre la gestione finanziaria degli enti trasformati alla disponibilit dello Stato, avrebbe potuto determinare leliminazione di tale forma di controllo. La Corte costituzionale ha precisato:Il controllo in questione verr, invece, a perdere la propria ragione d'essere, legata alla sua specifica funzione, nel momento in cui il processo di "privatizzazione", attraverso l'effettiva "dismissione" delle quote azionarie in mano pubblica, avr assunto connotati sostanziali, tali da de terminare l'uscita delle societ derivate dalla sfera della finanza pubblica. Inoltre, la semplice trasformazione degli enti pubblici economici di cui allart. 15 della legge n. 359 del 1992 non pu essere, infatti, ritenuto motivo sufficiente a determinare lestinzione del controllo finanziario dello Stato alla struttura economica dei nuovi soggetti in quanto soltanto laddove al mutamento formale faccia seguito anche una modifica di carattere sostanziale nellimputazione del patrimonio (.) tale da sottrarre la gestione finanziaria degli enti trasformati alla disponibilit dello Stato possono venire meno le ragioni che sono alla base del controllo in questione siccome disciplinato dallart. 12 della L. n. 259 del 1958 che risulta incluso nellambito della sfera disciplinata dallart. 100, secondo comma, della Costituzione. Daltra parte, la pronuncia della Corte Costituzionale risulta in linea con quanto dalla stessa precedentemente affermato circa la funzione propria del controllo previsto dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione, che stata da questa Corte collegata all'interesse preminente dello Stato (costituzionalmente rilevante per l'art. 100 Cost.) che siano soggette a vigilanza le gestioni relative ai finanziamenti che gravano sul proprio bilancio, sottoponendole in definitiva al giudizio del Parlamento" (sent. n. 35 del 1962). Ora, proprio la considerazione di tale finalit primaria che pu giustificare la permanenza del controllo in questione anche nei confronti delle nuove societ, se e fino a quando la gestione delle stesse resti nella disponibilit dello Stato e sia suscettibile, di conseguenza, di incidere, sia pure indirettamente, sul bilancio statale . Nel caso degli enti di ricerca C.N.R., A.S.I., E.N.E.A. , la Corte costituzionale con la sentenza n. 457 del 14-23 dicembre 1999 aveva poi dichiarato non spettare alla Corte dei conti il controllo su di essi nella forma diversa da quella prevista dai decreti legislativi del 1999, che prevedono il controllo solo sui conti consuntivi , con esclusione, quindi, del controllo di regolarit amministrativo- contabile e sui singoli atti singoli di gestione, finalizzandolo invece al referto al Parlamento. La Corte costituzionale, infatti, aveva ancorato tale controllo ai principi di cui all art. 3, sesto comma, della legge n. 20 del 1994 ( di riforma generale dei controlli della Corte dei conti ) adeguando ad essa il controllo della Sezione enti. Il ripristino del controllo della legge n. 259/1958 sui grandi enti di ricerca, per lE.N.E.A., veniva poi disposto nella forma pi incisiva di cui allart. 12 della legge

stessa. La sentenza della Corte costituzionale n. 457 del 14-23 dicembre 1999, ribadiva lambito di discrezionalit del legislatore ordinario con riferimento anche allart. 100, comma 2, della Costituzione sia pure con taluni limiti - Ha ritenuto, infatti, la Corte costituzionale che poich la determinazione dei casi e delle forme di partecipazione al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria rimessa alla legge le norme dei decreti legislativi in questione ( ) rappresentano per lappunto una forma possibile della partecipazione al controllo che la Costituzione rimette alle discrezionali determinazioni legislative () che () costituisce un legittimo svolgimento del rinvio che lart. 100, secondo comma, fa alla legge la quale non pu incontrare un suo limite nelle disposizioni dettate dalla L. n. 259 del 1958 le quali non possono condizionare scelte legislative successive le quali, in attuazione anchesse dellart. 100, secondo comma, della Costituzione, in generale o con riferimento a casi particolari, ridefiniscono i casi e le forme del controllo. La stessa Corte, peraltro, ha fatto richiamo allapplicabilit dei principi della legge n. 20 del 1994 ed al controllo della Corte dei conti europea . In particolare, quanto agli ulteriori rapporti di collaborazione da instaurarsi con le amministrazioni interessate circa linvio delle relazioni della Corte, la formulazione in qualsiasi momento delle sue osservazioni, la comunicazione alla Corte stessa delle misure conseguenzialmente adottate dalle amministrazioni (cfr. il sesto comma dellart. 3 della legge n. 20 del 94), essi hanno una loro autonoma ragion d'essere rispetto alla relazione al Parlamento e configurano, nell'insieme, un sistema non privo di una propria logica (si veda, per la Corte dei conti europea, l'analogo sistema previsto dall'art. 248, par. 4, del Trattato della Comunit Europea). Non essendo incisi dalle norme dei decreti legislativi, - secondo la Corte costituzionale tali rapporti restano pertanto salvi, in forza del richiamo fatto dall'art. 14 della legge n. 59 del 1997 allo stesso comma 6 dell'art. 3 della legge n. 20. Va ricordato peraltro, che anche nella sentenza n. 29 del 1995 (divenuta famosa e citata pi volte in diversi contesti riguardanti il controllo delle Corte dei conti in generale ) , la Corte costituzionale aveva pi volte posto in rilievo i nuovi principi di collaborazione del controllo ( ivi definito, appunto, collaborativo) della Corte dei conti e delle caratteristiche del controllo sulla gestione, finalizzato ad una visione complessiva degli andamenti e degli impieghi delle risorse pubbliche in riferimento ai principi del buon andamento, indicato nella Costituzione, dell efficacia, dell efficienza e delleconomicit della azione amministrativa. Dalla giurisprudenza formatasi sulla attivit della Sezione enti, si rileva come laffermata legittimit costituzionale del controllo sulla gestione delle pubbliche amministrazioni svolto dalla Corte dei conti, (di cui alla citata sentenza n.29 del 1995 e alla n. 470 del 1997 ,entrambe della Corte costituzionale) che prescinde dal decreto governativo di individuazione dellente , abbia tuttavia lasciato irrisolto il problema dell'ambito soggettivo dei destinatari di questa forma di controllo. In particolare nella sentenza n. 470 del 1997, la Corte costituzionale aveva dichiarata infondata la questione di incostituzionalit dell'art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), sollevata dalla Corte di Cassazione con ordinanze emesse a seguito di ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione, proposti dalla Federazione nazionale dell'Ordine dei farmacisti italiani, dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici, dei chirurghi e degli odontoiatri, dal Consiglio nazionale degli ingegneri, dal Consiglio nazionale del notariato, dal Consiglio nazionale degli architetti e dal Consiglio nazionale forense, nell'ambito di giudizi pendenti innanzi al TAR Lazio per l'annullamento della determinazione n. 43 del 20 luglio 1995, con la quale la Sezione controllo enti della Corte dei conti aveva sottoposto gli enti menzionati ai riscontri di cui alla legge 20 del 94 nella parte in cui affida alla Corte dei conti l'individuazione (non automatica e caratterizzata dalla ricerca di parametri di riferimento e di criteri valutativi) degli enti assoggettabili al controllo, per contrasto con l'art. 100 della Costituzione, in riferimento anche agli artt. 103 e 113 della Costituzione.

Secondo la Cassazione, suscitava perplessit il fatto che non fosse stato esteso, al pi ampio ambito di controllo contemplato dalla citata legge n. 20 del 1994, il procedimento gi previsto dalla legge n. 259 del 1958 per l'individuazione degli enti da assoggettare alle verifiche della Corte dei conti, secondo un meccanismo affidato all'autorit di governo ed espresso nella forma del decreto presidenziale. che l'individuazione degli enti assoggettabili a controllo avvenga sulla base di un'attivit "non automatica e caratterizzata dalla ricerca di parametri di riferimento e di criteri valutativi" e quindi, in definitiva, attraverso una procedura non conforme all'art. 100 della Costituzione. Inoltre, secondo la ricorrente, la procedura apprestata dalla disposizione censurata faceva s che il provvedimento di individuazione venisse attratto nella sfera di insindacabilit che caratterizza gli atti di controllo della Corte dei conti, con conseguente vanificazione di ogni garanzia giurisdizionale nei confronti degli enti assoggettati al controllo stesso,contrariamente a quanto disposto dagli articoli 103 e 113 della Costituzione. Sul primo punto, la Corte costituzionale osserv che la disposizione denunciata non prefigurava, in realt, nessuna specifica procedura, limitandosi ad enunciare un criterio generale che, facendo leva sulla nozione di pubblica amministrazione, di per s sufficiente a definire l'ambito delle competenze affidate alla Corte, alla stregua del potere proprio di ciascun organo dotato di garanzie procedimentali di accertare le situazioni che, in base alla legge, costituiscono il presupposto per l'esercizio delle sue funzioni. D'altro canto fondatamente da escludere che le modalit stabilite dalla legge n. 259 del 1958, per l'individuazione degli enti ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria, costituiscano un modello di riferimento costituzionalmente obbligato anche per il controllo previsto dalla disposizione dell'art. 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994 e che l'istituto qui in esame, lungi dal ricollegarsi all'art.100 della Costituzione, si pone, in effetti, come espressione della discrezionalit di cui gode il legislatore ordinario. A sostegno del denunciato vizio dell'art. 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994, non pare, dunque, possibile argomentare dal controllo contemplato dalla legge n. 259 del 1958 che, pur introducendo fondamentali innovazioni, venuta a ricalcare, quanto alle modalit di individuazione degli enti e alla imputazione della funzione, le linee ispiratrici di un ordinamento (legge 19 gennaio 1939, n. 129; regio decreto 8 aprile 1939, n. 720 e regio decreto 30 marzo 1942, n. 442) in base al quale, gi prima della Costituzione, la Corte dei conti concorreva alla funzione di controllo su enti individuati da un provvedimento del Ministro delle finanze (art. 1 del menzionato regio decreto n. 720 del 1939), previo accertamento delle condizioni stabilite dalla legge. La legge n. 259 del 1958 - in attuazione dell'art. 100, secondo comma, della Costituzione, secondo il quale la Corte dei conti "partecipa nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge al controllo sulla gestione finanziaria" dei c.d. enti sovvenzionati dallo Stato - prevede, come presupposto per l'assoggettamento a controllo, l'esistenza della c.d. contribuzione statale ordinaria (intendendosi per tale, l'assegnazione di contributi corrisposti con carattere di periodicit ovvero la fruizione, con carattere di continuit, da parte degli enti, di imposte, tasse e contributi, ai sensi di quanto contemplato dall'art. 2, ovvero, ancora, l'apporto al patrimonio in capitale da parte dello Stato, giusta l'art. 12) e, al tempo stesso, l'assenza di ipotesi configurate come ostative (art. 3, secondo comma), quali quelle di enti di "interesse esclusivamente locale" ovvero di enti destinatari di contribuzioni di "particolare tenuit", "in relazione alla natura dell'ente ed alla sua consistenza patrimoniale e finanziaria". La variet e molteplicit di situazioni considerate giustifica, perci, - sempre secondo la Corte costituzionale - la previsione, da parte del primo comma del medesimo art. 3 della legge n. 259 del 1958, di una specifica procedura di ricognizione e valutazione che si conclude con un apposito decreto, mentre analoga necessit non si riscontra per l'individuazione degli enti soggetti al controllo previsto dalla disposizione denunciata, risultando quest'ultimo subordinato al solo presupposto della riconducibilit dei medesimi enti alla nozione generale di pubblica amministrazione. Circa la questione della presunta insindacabilit delle determinazioni della Corte dei conti, s da non consentire agli enti stessi alcun rimedio giurisdizionale contro l'illegittimo assoggettamento a

controllo, la Corte costituzionale ebbe inoltre ad affermare che: dal richiamo fatto dall'ordinanza stessa a quella giurisprudenza che ha ritenuto gli atti della Corte dei conti non impugnabili in via giurisdizionale, non pu farsi discendere il corollario dell'insindacabilit anche della verifica delle condizioni e dei presupposti di esistenza del potere esercitato. Ne discende che le determinazioni della Corte dei conti, in ordine all'individuazione degli enti da assoggettare a controllo, non escludono, per gli enti stessi, la garanzia della tutela innanzi al giudice (art. 24 della Costituzione), restando, perci, in discussione non gi l'an, ma solo il quomodo di detta tutela e, quindi, un problema di interpretazione della normativa vigente, la cui soluzione, ovviamente, esula dall'oggetto del presente giudizio. Anche sotto questo profilo la questione da ritenere, dunque, infondata, non essendo dato scorgere nella disposizione denunciata alcun vulnus del diritto di agire in giudizio, da reputarsi comunque garantito. La questione dell'ambito soggettivo dei destinatari di questa forma di controllo costituisce tuttora oggetto di attenzione e di approfondimento da parte della Sezione controllo enti , poich per gli enti spesso incerta la natura giuridica pubblica, cosicch le iniziative di estensione dei programmi di controllo rimangono esposte al rischio di possibile impugnazione. In particolare per gli ordini e collegi professionali dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che ha attribuito la competenza giudice ordinario, sono intervenute sentenze di merito che hanno fermato la legittimit delle determinazioni adottate dalla Sezione controllo enti della Corte dei conti. Con riguardo agli effettivi destinatari del controllo, l'incompleta adozione dei prescritti decreti governativi di assoggettamento - si legge nelle recenti delibere di programma della Sezione enti continua tuttavia ad escludere dal controllo e dal conseguente referto al Parlamento numerose gestioni sovvenzionate dallo Stato, fra le quali alcune importanti imprese pubbliche che manifestano un ulteriore sviluppo e spesso assumono la forma di societ istituito partecipate in tutto in parte comunque posizione dominante dallo Stato. A tale proposito, i pi recenti documenti della Sezione hanno ripetutamente sottolineato l'esigenza , per un compiuto esercizio del controllo finanziario di propria competenza, di una aggiornata generale ricognizione da parte del Governo e ladozione dei richiesti decreti da parte della Presidenza del Consiglio ed il previo sollecito esercizio del potere dovere di proposta, spettante ai Dicasteri vigilanti o titolari dei diritti di azionista e quindi, principalmente, al Ministero delleconomia e delle finanze, per le societ in mano pubblica, per lassoggettamento al controllo delle gestioni sovvenzionate di pi rilevante impatto sulle finanze pubbliche da individuare sulla base di predeterminati parametri obiettivi. Lesigenza del controllo e del referto della Corte, funzionali al compiuto esercizio del controllo politico e finanziario spettante al Parlamento, risulta evidenziata , del resto, anche nei resoconti delle Camere ( ad esempio , in particolare con riguardo alla Sviluppo Italia s.p.a. ed al vasto arcipelago delle sue partecipate) dove viene sottolineato che restano ancora sottratte al controllo ed al conseguente referto al Parlamento, numerose gestioni sovvenzionate dallo Stato e, in particolare, talune importanti "imprese pubbliche". Negli stessi documenti programmatici della Sezione del controllo stato altres rammentato come, nellambito del progressivo processo di entificazione, siano state ricondotte nellarea di applicazione della legge n. 259/1958, gestioni statali in precedenza rientranti in quella della legge n. 20/1994: ad esempio, la Cassa depositi e prestiti, in base ad espresse e dirette disposizioni legislative e lAgenzia del demanio, in esito allesplicita attribuzione legislativa della natura di ente pubblico economico; lIstituto superiore di sanit e lIstituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, mediante specifici decreti governativi di assoggettamento. Significativa, al riguardo stata, ad esempio, la vicenda della costituzione di Ferrovie dello Stato S.p.A. derivata dalla scissione parziale della societ per azioni subentrata allEnte pubblico Ferrovie quale nuova Capogruppo del settore ferroviario .La Sezione controllo enti ,assunse la determinazione n. 28 del 30 aprile 2004 - ai fini delladozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di

cui alla legge n. 259 del 1958 - dando formalmente atto al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro delleconomia e delle finanze della sussistenza delle condizioni per lassoggettamento di Ferrovie dello Stato s.p.a. al controllo della Corte dei conti ai sensi dellart. 12 della legge n. 259 del 1958, con permanenza del controllo previsto dallart. 19 della legge 17 maggio 1985, n. 210, sul nucleo residuo della precedente Capogruppo, e cio su Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. Non essendo stato emesso, fino al febbraio 2006 dalla Presidenza del Consiglio il richiesto provvedimento dichiarativo dellassoggettamento, la Corte ha riferito sulla gestione di Ferrovie dello Stato s.p.a. per gli esercizi 2003 e 2004 con le modalit precedenti, in attuazione degli articoli da 5 a 9 della legge 21 marzo 1958, n. 259 e con ampi riferimenti alla gestione del Gruppo, sulla base dei dati del bilancio consolidato. Lelenco degli enti sottoposti a controllo subisce di anno in anno delle variazioni : ad esempio, a seguito delle trasformazioni in enti pubblici economici delle stazioni sperimentali per lindustria , tali soggetti si sono aggiunti ai ricordati precedenti . Nei casi in cui sono consentite comparazioni, i referti riguardano congiuntamente una pluralit di enti, ricompresi in una medesima categoria: enti lirici; stazioni sperimentali dellindustria; enti parchi nazionali; enti di sperimentazione agricola; automobil club nazionale e locali; consorzi fluviali; societ di navigazione di preminente interesse nazionale; associazioni combattentistiche; casse militari di assistenza e previdenza. Sempre dalle delibere della Sezione si ricava come nel sistema dei controlli, quello sulla gestione finanziaria degli enti sovvenzionati abbia assunto una connotazione particolare rispetto a quello preventivo, su singoli atti tassativamente individuati ed a quello successivo, sulla gestione delle pubbliche amministrazioni, di tipo generalizzato, che postula un esercizio selettivo e secondo criteri previamente definiti. Il controllo della legge n. 259 del58 resta infatti preordinato ad assicurare, anche nel corso dellesercizio, una compiuta azione di verifica su particolari gestioni sovvenzionate, che vengono di volta in volta singolarmente individuate, in ragione del loro impatto sulle finanze pubbliche e che si svolge con continuit, nella permanenza dei prescritti requisiti. Deve pertanto ribadirsi che la funzione programmatoria della Sezione della Corte per lattuazione della legge non ha la finalit - propria del controllo generalizzato- di selezionare gli stessi soggetti destinatari e le singole aree di volta in volta prescelte, ma piuttosto quella di identificare , nellambito dellindeclinabile attivit di controllo sulla intera gestione di ciascun ente, materie, temi e aspetti, sui quali focalizzare specifiche analisi e verifiche. Resta quindi fondamentale obiettivo prioritario la produzione di referti tempestivi ed attuali , sino a poter comprendere i preconsuntivi e le situazioni trimestrali di esercizio che evidenzino sinteticamente i profili di maggiore criticit emersi nellattivit di controllo, nonch le pi rilevanti e significative valutazioni, sui risultati programmati ed effettivamente conseguiti, sulle principali voci di costo e sugli equilibri di bilancio, sul funzionamento dei controlli interni e sulle misure conseguenziali comunicate ed adottate in esito alle osservazioni della Corte dei conti. La programmazione, daltra parte, si rende indispensabile considerato che, come rilevato dalla stessa Corte costituzionale, le verifiche della Corte dei conti non possono estendersi sulla generalit delle amministrazioni dovendosi, quindi, operare necessariamente controlli a campione. La Sezione controllo enti svolge , come detto, anche il controllo generale e per programmi, di cui alla legge n.20 del 1994 ex art. 3, comma 4, su enti pubblici selezionati in sede di programmazione annuale,diversi da quelli soggetti a contribuzione ordinaria dello Stato sulla gestione degli enti pubblici nazionali non rientranti nellarea applicativa della legge n. 259 del 1958, fatta eccezione per gli organismi facenti parte delle strutture ministeriali e delle Autorit indipendenti. Da tale orientamento non pu farsi derivare una estensione generalizzata a tutte le amministrazioni

del modello di controllo in argomento. La legge 20 del 94, e in particolare la disposizione dell art. 3, comma terzo ( Le Sezioni riunite della Corte dei conti possono, con deliberazione motivata, stabilire che singoli atti di notevole rilievo finanziario, individuati per categorie ed amministrazioni statali, siano sottoposti all'esame della Corte per un periodo determinato. La Corte pu chiedere il riesame degli atti entro quindici giorni dalla loro ricezione, ferma rimanendone l'esecutivit. Le amministrazioni trasmettono gli atti adottati a seguito del riesame alla Corte dei conti, che ove rilevi illegittimit, ne d avviso al Ministro) va comunque coordinata con la legge 259 del 1958 . La Sezione competente ha indirizzato negli anni scorsi questi controlli su tre categorie di enti: stazioni sperimentali dellindustria; istituti culturali di livello nazionale; ordini e collegi professionali. Tra gli aspetti generali oggetto di indagine da parte della Sezione, comuni a diverse categorie di enti si segnalano: la funzionalit complessiva e quella delle principali articolazioni organizzative; gli esiti dei processi di razionalizzazione degli organi e degli apparati; la costituzione di strutture unitarie, per un pi coordinato ed efficiente svolgimento di funzioni e servizi comuni a pi enti; lo sviluppo della informatizzazione e dellinnovazione tecnologica e le risorse ad esso dedicate; le iniziative di esternalizzazione dei servizi, anche attraverso societ partecipate e la comparazione dei relativi costi e benefici; la rilevazione dei costi del personale e del lavoro, e di quelli di formazione, nonch del loro andamento; il ricorso ad incarichi esterni, verificandone anche il rispetto dei tetti di spesa e dei prescritti requisiti di conferimento ed esecuzione; il contenimento delle spese per acquisti di beni e servizi e di quelle per i consumi intermedi, e la verifica dei tetti di spesa per autovetture, relazioni pubbliche e rappresentanza; il grado di conformazione ai principi desumibili dal d.lgs 30 luglio 1999, n. 286 ( sui controlli interni ), le modalit applicative e le risultanze conseguite; lapplicazione dei principi di riforma in materia contabile e di bilanci; il tasso di copertura, mediante la politica tariffaria, dei costi dei servizi finali resi allutenza.

4. Il problema dellindividuazione degli enti.

Per riprendere il problema accennato in precedenza dellambito soggettivo dei destinatari, soprattutto quando manchi una espressa qualificazione normativa che riguardi anche il livello nazionale e cercare di chiarire, poi, quale sia lampiezza dellespressione amministrazioni pubbliche di cui all art 3 comma terzo, va ricordato che il riferimento alle pubbliche amministrazioni contenuto in numerose leggi e disposizioni e una definizione legislativa rinvenibile nel decreto legislativo del 3 febbraio 1993 n. 29 (ora sostituito dal d.lgs 30 marzo 2001, n. 165). Allart. 2 primo comma, si legge(va): Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunit montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale. (ora vedasi comunque, il secondo comma dellart. 1, del d.lgs n. 165 del 2001: Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunit montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300).

Le Sezioni riunite delle Corte dei conti, nella deliberazione n. 2 del gennaio 1995 oltre a delineare il procedimento per la formazione del programma di controllo e i criteri di riferimento, hanno elencato i soggetti che rientrano nella categoria delle amministrazioni pubbliche ai fini del controllo, facendo ricorso alla definizione di cui al d.lgs n. 29 del 93, tuttavia, restringendone lutilizzabilit, nel senso di escludere che potessero considerarsi ai fini dellapplicabilit della legge n.20 del 94, le amministrazioni regionali espunte normativamente dalla categoria generale delle amministrazioni pubbliche ed assoggettate ad un particolare controllo, che tenga conto dell'ampia autonomia costituzionalmente attribuita alle regioni ( quello della verifica dei risultati degli obiettivi stabiliti dalle leggi regionali di piano e di programma : quinto comma dellart. 3). Sempre le Sezioni riunite della Corte dei conti chiarirono che amministrazione pubblica non sinonimo di amministrazione statale sia perch nel comma quarto dellart. 3 della legge n. 20 del 94 si fa riferimento esplicito alle amministrazioni statali e nel comma quinto a quelle regionali , differenziando queste ed escludendole dalla categoria delle pubbliche amministrazioni ai fini del controllo , sia per la ratio della norma, dal momento che il legislatore ha voluto chiaramente espandere il controllo successivo a tutte le gestioni i cui risultati possano incidere direttamente sulla finanza pubblica e indirettamente sulleconomia nazionale, mentre quando ha inteso limitare lambito di applicazione ha distinto specificamente le amministrazioni statali. Con riguardo agli enti pubblici, in particolare agli enti pubblici non statali, non di rilievo nazionale la citata delibera n.2 del 95 delle Sezioni riunite individuava i criteri permanenti per individuare la competenza delle strutture della Corte dei conti a svolgere il relativo controllo sulla gestione, nell'elemento del territorio e in quello della strumentalit finanziaria rispetto all ente territoriale che definisce programmi di attivit e che ha poteri di vigilanza (Regione , Province o Comune) . La competenza a svolgere il controllo da parte della Corte, veniva individuata nelle (allora) Delegazioni regionali (ora Sezioni regionali di controllo) con funzioni anche di collaborazione con le Sezioni riunite della Corte che riferiscono al Parlamento nazionale e alla (allora) Sezione Enti locali ( ora Sezione delle Autonomie ) per quegli enti che gravitano nell'ambito di legge territoriale locale e che perseguono anche con le sovvenzioni quest'ultimo lo scopo di promuovere lo sviluppo economico e sociale delle comunit locali . Con riguardo alle societ costituite o partecipate prevalentemente da regioni ed enti locali ed aventi scopi sociali di carattere spiccatamente territoriale, le quali non beneficino in genere ordinariamente ed in modo diretto di contributi statali, le Sezioni riunite della Corte dei Conti in sede di controllo, deliberazione n. 16/CONTR/Q. COMP. /01 del 26 luglio 2001 hanno successivamente affermato che il controllo su queste societ pu essere esercitato esclusivamente in via indiretta, sulla base delle norme della legge n. 20/1994. Vi provvederanno, pertanto, la Sezione delle Autonomie e le Sezioni regionali nei rispettivi ambiti di competenza, nel contesto dei controlli ad esse spettanti sulle amministrazioni pubbliche territoriali e limitatamente a quegli aspetti delle gestioni societarie, che hanno impatto sugli equilibri di bilancio degli enti regionali e locali e concorrono a determinarne le politiche di settore. Interessanti sono alcune notazioni generali sul sistema delle Autorit portuali, per i risvolti in ordine allavvenuto assoggettamento al controllo della Corte dei conti (da parte della Sezione enti). Lart. 105, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, ha sancito espressa deroga a detto conferimento in ordine alle attribuzioni proprie delle Autorit portuali che, dunque, continuano ad esercitarle in materia sia portuale sia di amministrazione del demanio marittimo. Da tale disposto derivata la prosecuzione dei controlli sulle Autorit portuali da parte delle Amministrazioni statali, come definiti dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, nonch da parte della Corte dei conti, secondo le modalit dellart. 8 bis della legge 27 febbraio 1998, n. 30 sulle autorit portuali, ai sensi dellart. 6,

quarto comma, della legge n. 84/1994, nel testo sostituito dallart. 8 bis, lettera c), della legge n. 30/1998, secondo il quale la Corte dei conti esercita il controllo sui rendiconti della gestione finanziaria. Le altre leggi principali che hanno innovato il sistema sono: il decreto legge 21 ottobre 1996, n. 535, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647 e il decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla gi citata legge 27 febbraio 1998, n. 30. Da tale quadro normativo discende per le Autorit portuali la compresenza di una duplice natura. La prima, prevalente, deriva dai poteri pubblicistici di regolamentazione e di controllo delle attivit di impresa nellambito portuale, volta ad assicurare lassoluta neutralit e la parit tra le imprese impegnate nelle operazioni portuali; esse infatti vigilano sullapplicazione della legislazione comunitaria e nazionale in materia di concorrenza intervenendo, nei confronti dei concessionari o dei soggetti autorizzati, per imporne il rispetto pena la decadenza o la revoca. La seconda consente loro, come detto, di esercitare direttamente o indirettamente attivit accessorie o strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati. Si verifica, pertanto, la singolare contitolarit di dette ultime attivit economico-commerciali con le funzioni autoritative e di garanzia. Sulla natura giuridica delle Autorit portuali il Consiglio di Stato (Sez. III, n.1641/ 02 del 9 luglio 2002) ha avuto modo di affermare che la prevalenza nellorganizzazione di un Ente delle attivit destinate a soddisfare bisogni di carattere industriale o commerciale non preclude la sua qualificazione come organismo di diritto pubblico, quando ne sussistano altre in relazione alle quali ricorrano i requisiti stabiliti dalla normativa comunitaria per tale qualificazione, e che la circostanza che le Autorit portuali, oltre allo svolgimento delle funzioni istituzionali, percepiscano anche compensi da terzi per servizi resi, non trasforma la loro natura di organismi di diritto pubblico, atteso che i relativi proventi rappresentano soltanto un mezzo per concorrere al finanziamento degli oneri sostenuti per la costruzione e la manutenzione delle infrastrutture, affinch non ricadano interamente sullerario e non gi un utile di impresa. Anche la Commissione europea , ha rilevato che in molti casi le Autorit esercitano una doppia funzione, e cio quella di ente gestore del porto e quella di fornitore di servizi portuali. Per tali ipotesi, nelle quali lAutorit portuale operi sul piano commerciale, la Commissione - pur senza voler restringere le funzioni di gestione di cui le Autorit sono titolari - ha evidenziato la necessit che la stessa non occupi una posizione privilegiata nei confronti degli altri fornitori di servizi.

5. Le delibere della Sezione controllo enti.

Si pu affermare - traendo spunto dalladelibera programmatica della Sezione enti - che nel sistema dei controlli, quello della legge 259 del 58 si posiziona ormai come strumento intermedio tra il controllo di legittimit sui singoli atti e quello successivo sulla gestione di tipo generale e per programmi e settori di attivit preordinato ad assicurare un'azione di verifica, continuativa e compiuta, su ciascuna delle gestione sovvenzionate, previamente individuate singolarmente ho a volte per categoria in ragione del impatto sulla finanza pubblica. In proposito, significativo richiamare il ripristino del controllo della legge 259 del 58 sui grandi enti di ricerca: in particolare, sulla questione che esso viene disposto direttamente dal legislatore ( ad esempio, col decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257 ) nella pi incisiva forma prevista

dall'articolo 12 della legge 259 del 58. Una pari significativit assume , inoltre, lo spostamento dall'area applicativa della legge 20 del 94 a quella della legge 259 del 58 operato per la Cassa depositi e prestiti a causa della sua trasformazione in societ per azioni ( in base allart. 5 comma 17 - relativamente al controllo della Corte dei conti - del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito dalla legge 24 novembre 2003 , n. 326 ) e attraverso altri decreti governativi per l'Istituto superiore di sanit e per l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro. Per l'attuazione della legge 259 del 58 la determinazione annuale degli indirizzi di programma del controllo - come si legge nelle delibere di programma della Sezione controlli enti - si atteggia di conseguenza non tanto quale autolimite quanto piuttosto quale mezzo per individuare le materie interni e gli aspetti delle singole gestioni sui quali focalizzare analisi verifiche. L'attivit di controllo da svolgere da parte della Corte dei conti deve mantenere quindi tra gli obiettivi prioritari quello di rendere un referto sempre pi aggiornato al Parlamento , che evidenzi sinteticamente per ciascuno degli enti controllati i profili gestionali di maggiore criticit ed attualit sino ai dati di preconsuntivo , delle situazioni trimestrali dell'esercizio in corso e le pi importanti e significative valutazioni sui risultati conseguiti, sui costi, sul funzionamento dei controlli interni e sulle misure consequenziali comunicate da adottare in essi dall'osservazione della Corte dei conti. Sia nella sentenza n. 457 del 23 dicembre 1999, che nella sentenza n. 466 del 28 dicembre 1993, la Corte costituzionale ha ritenuto che la Corte dei conti nellesercizio della funzione di controllo sugli enti, rappresentata dal Presidente della Corte dei conti, sia potere dello Stato legittimato a sollevare conflitto di attribuzione con gli altri poteri dello Stato. Va ricordato , altres, che importanti innovazioni sono state recate dal decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003 n. 97 sulla nuova disciplina concernente l'amministrazione e la contabilit degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 e dalle norme di riforma del diritto societario ( iniziata con la legge delega 3 ottobre 2001 n. 366 e i dd.lgs 5 e 6 del 17 gennaio 2003 e proseguita col d.lgs 30 dicembre 2003 n.394 e col d.lgs 28 febbraio 2005 n. 38). Va inoltre ricordato il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 , che reca la disciplina sulla responsabilit amministrativa delle persone giuridiche delle persone giuridiche, delle societ e delle associazioni anche prive di personalit giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 e delle associazioni non riconosciute, come conseguenza di determinate categorie di reato poste in essere nel loro interesse o a loro vantaggio da persone fisiche facenti parte degli stessi enti in posizione apicale o subordinata, attribuendo il potere di accertamento della responsabilit stessa al giudice penale, con profili che potrebbero rifluire anche in ipotesi di danno erariale - di competenza della giurisdizione contabile della Corte dei conti - quali l'irrogazione di una sanzione pecuniaria, che ne riduca sensibilmente le risorse finanziarie, compromettendone il funzionamento o lesistenza. In tal modo, si giustifica anche per la Sezione controllo enti della Corte dei conti , l'esigenza di vigilare attentamente sulle modalit di applicazione delle disposizioni recate dal citato decreto, in particolare sull'applicazione delle disposizioni rivolte alla prevenzione dei reati, all'esonero dalla responsabilit amministrativa ed alla riduzione degli effetti sanzionati. Vanno , per completezza , ricordate anche le seguenti norme modificate o contenute nei commi 172 e 173 della legge n. 266 del 2005: art 3 comma 6 legge n. 20 del 94, modificato dal comma 172 dellart.1 della legge n. 266 del 2005: La Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull'esito del controllo eseguito. Le relazioni della Corte sono altres inviate alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte formula, in qualsiasi altro momento, le proprie osservazioni. Le amministrazioni comunicano alla Corte ed agli organi elettivi, entro sei mesi dalla data di ricevimento della relazione, le misure conseguenzialmente adottate.

comma 173 dell art. 1 della legge n. 266 del 2005: Gli atti di spesa relativi ai commi 9, 10, 56 e 57 ( si tratta di spese per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, sostenute dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, esclusi le universit, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati e di spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicit e di rappresentanza, nonch di spese per indennit, compensi, retribuzioni o altre utilit comunque denominate, corrisposti per incarichi di consulenza, e i contratti di consulenza ) di importo superiore a 5.000 euro devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l'esercizio del controllo successivo sulla gestione. Altro tema dindagine in ambito societario costituito dalla nuova disciplina sulla tutela del risparmio (di cui alla legge 28 dicembre 2005, n . 262) che prevede - tra laltro - un maggiore spazio alla rappresentanza delle minoranze nel collegio dei sindaci; listituzione della figura del dirigente responsabile della redazione dei documenti contabili societari; la rotazione dei responsabili della revisione e alcuni divieti per lo svolgimento di altri servizi professionali, nonch alcune limitazioni al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo. A fronte del descritto assetto ordinamentale, in continua trasformazione, i principali parametri di riferimento del controllo che viene svolto a campione in relazione alle concrete disponibilit della Sezione, sono, comunque, tuttora identificabili: nelle norme nazionali ed in quelle comunitarie sugli equilibri di bilancio, sulla concorrenza, sugli aiuti di Stato ed in materia di appalti; nelle disposizioni generali e settoriali e negli strumenti programmatici governativi, volti a contenere indebitamento e debito ed a riqualificare la spesa del settore pubblico; nelle norme di riforma e di razionalizzazione degli enti pubblici e delle loro strutture organizzative ed in quelle dirette, sia ad introdurre una generalizzata applicazione della contabilit economico analitica, sia ad elevare il livello qualitativo dei prodotti e servizi finali resi all'utenza. Fermo restando il controllo sul rispetto degli indicati parametri, oltre ai pi generali riscontri di legalit e sulla regolarit delle procedure amministrative e contabili ed alle valutazioni di attendibilit e di affidabilit dei bilanci, da potenziare e sviluppare con metodologia a campione , le indagini - si legge sempre nelle delibere programmatiche della Sezione saranno focalizzate sulla corrispondenza dei risultati agli obblighi normativi ed alle linee programmatiche, accertando il grado di realizzazione delle "missioni" assegnate a ciascun Ente. Nei casi ove sia possibile e ritenuto significativo, verranno implementate analisi comparative e relazioni unitarie su pi enti, applicando indicatori di misurazione delle attivit o dei prodotti ( output ) o delle realizzazioni o di impatto ( outcome ).

6. Cenni conclusivi.

Conclusivamente, si pu anche affermare che sia stata proprio la legge 259 del 58, anche se intervenuta a dieci anni di distanza dalla previsione costituzionale, ad iniziare ad introdurre i concetti del controllo sulla gestione considerata nel suo insieme e che si svolgesse temporalmente in un momento successivo al suo compimento senza effetti interdittivi della efficacia del singolo atto. Con tale tipo di controllo si evidenziano gli esiti della gestione, in una valutazione complessiva dellazione e dellefficacia della attivit monitorata, di una sua efficiente ed economica realizzazione, attraverso la verifica di documenti economico finanziari, oltre che contabili, quali sono i bilanci desercizio ed i conti consuntivi. La Corte dei conti vigila affinch gli enti che gestiscono ingenti quote di risorse pubbliche, si attengano a parametri di legittimit ed improntino la loro gestione a criteri di efficacia ed economicit.

Nellesercizio della funzione di controllo sulla gestione finanziaria previsto dallart. 100 della Costituzione e dalla legge 21 marzo 1958 n. 259, la Corte controlla, come detto, : - gli enti che godono di contribuzione periodica a carico dello Stato; - gli enti che si finanziano con imposte, contributi, tasse che sono autorizzati ad imporre; - gli enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni ovvero mediante concessione di garanzia; - le societ derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici in societ per azioni, fino a quando permanga la partecipazione maggioritaria dello Stato o degli altri pubblici poteri al capitale sociale (sentenza 28 dicembre 1993 n. 466 della Corte costituzionale ).

Le deliberazioni delle relazioni ad opera della Sezione controllo enti in sede collegiale, che possono riportare i principali rilievi formulati nelle singole relazioni e le determinazioni e le relazioni vengono comunicate ai Presidenti delle Camere, al Presidente del Consiglio, al ministero dell economia e finanze, e ai ministeri ai quali attribuito il potere di vigilanza , nonch agli enti alle quali si riferiscono , proprio allo scopo di fornire indicazioni per la riqualificazione della spesa pubblica e di riflesso per la migliore ripartizione delle risorse finanziarie complessive.

Poter disporre di un patrimonio ricco di informazioni derivanti dallo svolgimento corretto ed adeguato dei controlli sui fenomeni e sulla complessiva attivit gestoria, strumentale a fornire al Parlamento il quadro necessario per assumere le decisioni utili per il controllo della finanza pubblica e, quindi, assumere anche le necessarie decisioni in termini di corretta allocazione delle risorse per il perseguimento dei pubblici interessi e per lerogazione dei beni e servizi da parte degli enti preposti, nellopera di ottimizzazione delle risorse e di definizione anche degli strumenti generali di fiscal policy.

Appendice bibliografica G. Ottaviano, Il controllo della Corte dei conti sulle societ risultanti dalla trasformazione degli enti pubblici privatizzati, in Riv. C. conti , n. 1/2002, pag. 311 e ss.

M. Ciaccia , Il controllo referente della Corte dei conti sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, in Amministrazione e Contabilit dello Stato e degli enti pubblici, luglio-agosto 2003; R. Coltelli, Loggetto del controllo della Corte dei conti sugli enti sovvenzionati dallo Stato, in Riv. C. conti n. 4/89;

A. Mingarelli, Il controllo pubblico sul processo di privatizzazione degli enti pubblici economici e sulle societ di capitali derivanti . In particolare: quale controllo esercitatile in m ateria dlala Corte dei conti( parte I e II ) ,in Riv. C. conti , n. 3/96, pag. 277 ss. e n.4/96, pag. 268 ss.;

R. Perez ,La disciplina finanziaria e contabile degli enti pubblici, Bologna 1991.

Appendice giurisprudenziale

C. cost., sent. n. 35 del 1962

(Omissis) Siccome, peraltro, il decreto impugnato si fonda sull'art. 12 della legge del 1958, che prevede, come si accennato, l'assoggettabilit al controllo particolare da parte della Corte dei conti degli enti pubblici con sovvenzioni al capitale, la risoluzione del conflitto implica necessariamente l'indagine se questa forma di partecipazione rientri o meno nell'ambito del precetto costituzionale, che non definisce quali siano le contribuzioni di carattere ordinario, n dai lavori preparatori si desumono al riguardo apprezzabili elementi.La Corte ritiene che al quesito debba darsi risposta affermativa. vero che, secondo la legge del 1958, art. 2, devono essere considerate contribuzioni ordinarie: lett. a, quelle assunte da una pubblica Amministrazione o da un'azienda statale, con carattere di periodicit, o che da oltre due anni siano iscritte nei bilanci; ed inoltre, lett. b, le imposizioni tributarie consentite in via continuativa agli enti sovvenzionati o ad essi devolute. A queste indicazioni, peraltro, non si pu attribuire importanza decisiva, come deduce la difesa della Regione a sostegno della sua tesi. Occorre, infatti, ricordate che, nel disegno di legge (che poi divenne la legge del 21 marzo 1958, n. 259) presentato al Senato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, l'art. 2, come risulta dalla relazione, oltre ai casi ora menzionati, comprendeva, fra le contribuzioni ordinarie, sotto la lett. b, gli apporti al patrimonio degli enti in capitale, servizi o beni. Queste ipotesi, eliminate nel testo approvato dal Senato, furono poi dalla Camera dei Deputati inserite non pi nell'art. 2, bens nell'art. 12 del testo definitivo, con specifico riferimento agli enti pubblici, comprendendovi anche la concessione di garanzie finanziarie e istituendo d'altra parte quella particolare forma di controllo alla quale si gi sopra accennato. Il fatto, peraltro, che queste ipotesi siano comprese in un articolo diverso non autorizza a ritenere necessariamente, come si sostiene, che esse debbano essere considerate come sovvenzioni di carattere straordinario, le quali per s stesse ed in vista delle finalit cui sono destinate, sono effettuate una tantum, in via eccezionale, quando si verifichino circostanze eccezionali e del tutto contingenti, ed alla gestione delle quali lo Stato non ricollega interessi pubblici di tale rilievo da sottoporla a particolare vigilanza. A questo tipo di sovvenzioni non possono equipararsi gli apporti al capitale, ora in discussione. Occorre considerare, infatti, che essi importano una partecipazione totale, o anche parziale, dello Stato, di solito con somme ingenti, alla formazione del fondo di dotazione, cui inscindibilmente collegato lo svolgimento dell'attivit dell'ente sovvenzionato per il conseguimento dei fini istituzionali di interesse generale che gli sono propri. Finalit che costituiscono la ragione determinante della partecipazione statale, i cui effetti, destinati a perdurare nel tempo, giustificano l'intervento da parte dello Stato, con un controllo continuo, anche di carattere politico, sulla gestione

dei fondi stanziati nel proprio bilancio. Non si pu, quindi, fondatamente disconoscere che le sovvenzioni al patrimonio in capitale, menzionate nell'art. 12 della legge statale del 1958, anche se non erogate secondo le modalit tipiche indicate nell'art. 2 della detta legge, tuttavia, data la loro portata sostanziale cui si accennato, l'incidenza e le ripercussioni nella vita stessa dell'Ente, non possono non ritenersi comprese nell'ambito dell'art. 100 della Costituzione, in relazione agli interessi costituzionalmente rilevanti che la disposizione ha inteso tutelare. C. cost., sentenza n. 470 del 1997

(Dichiara non fondata la questione di legittimit costituzionale dell'art. 3, quarto comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, nella parte in cui omette di estendere all'ivi previsto controllo successivo di gestione il meccanismo di individuazione degli enti gi disciplinato dalla legge n. 259 del 1958, affidando, invece, alla stessa Corte dei conti il relativo potere, non privo di profili valutativi, svincolati da criteri automatici e predeterminati, pur nella riconosciuta immunit dell'organo di controllo dal sindacato giurisdizionale). (Omissis). Le nuove competenze affidate dalla legge n. 20 del 1994 alla Corte dei conti non costituiscono attuazione dell'art. 100 della Costituzione, poich implicano la valutazione dell'attivit amministrativa non solo in rapporto a parametri di legalit, ma sotto il profilo dei risultati effettivamente conseguiti rispetto agli obiettivi programmati, tenuto conto delle procedure e dei mezzi utilizzati per il loro raggiungimento. Queste attribuzioni (delle quali la suddetta Corte apparsa naturale destinataria, per la sua posizione di organo al servizio dello Stato - comunit e garante imparziale dell'equilibrio economico - finanziario del settore pubblico) trovano applicazione tendenzialmente uniforme a tutte le pubbliche amministrazioni, proprio in ragione del fine ultimo dell'introduzione in forma generalizzata del controllo sulla gestione, che quello di favorire una maggiore funzionalit, attraverso la valutazione complessiva della economicit-efficienza dell'azione amministrativa e dell'efficacia dei servizi erogati.- Mentre i controlli ex l. n. 259 del 1958, attuativa dell'art. 100 Cost., investono situazioni varie e molteplici, si da imporre il previo esperimento dell'ivi disciplinata procedura amministrativa di individuazione degli enti ad essi assoggettati, nel nuovo sistema del controllo successivo di gestione non si rende necessario alcun meccanismo di selezione, poich la stessa legge n. 20 del 1994, facendo leva sulla nozione di "pubblica amministrazione" fornisce un criterio autoapplicativo, sufficiente a definire il limite delle competenze affidate alla Corte, cui non si richiede, quindi, di effettuare apprezzamenti discrezionali, ma soltanto di "accertare le situazioni che, in base alla legge, costituiscono il presupposto per l'esercizio delle sue funzioni". In altre parole il coacervo dei poteri valutativi, pur presenti nello schema del controllo ex art. 3, quarto comma della legge n. 20 del 1994, attiene esclusivamente al quomodo dell'esercizio, ma "non riguarda la sfera di competenza affidata alla Corte dei conti dalla disposizione denunciata, n la determinazione in astratto degli enti in essa rientranti, alla luce della nozione fornita dalla legge stessa".- Il principio della non impugnabilit degli atti della Corte dei conti si fonda su ragioni connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale, sicch non trova margini di applicabilit in relazione agli esiti della previa "verifica delle condizioni e dei presupposti di esistenza del potere esercitato " e, quindi, allorch si ponga la "questione di interpretazione della norma vigente", alla stregua della quale tale verifica deve essere condotta. (Omissis): Non maggior fondamento ha la seconda delle premesse dalle quali muove il rimettente nel ritenere che l'individuazione degli enti, rientrando, per effetto della contestata disposizione, nella competenza della Corte dei conti, venga attratta nella sfera di insindacabilit che ne assiste le determinazioni, s da non consentire agli enti stessi alcun rimedio giurisdizionale contro l'illegittimo assoggettamento a controllo.Dal richiamo fatto dall'ordinanza stessa a quella giurisprudenza che ha ritenuto gli atti della Corte dei conti non impugnabili in via giurisdizionale, non pu farsi discendere il corollario dell'insindacabilit anche della verifica delle condizioni e dei presupposti di esistenza del potere

esercitato. A parte l'ipotesi del conflitto di attribuzione, ove, beninteso, sussistano gli estremi per l'esperimento dello stesso, va considerato, a tacer d'altro, che l dove non vengano in rilievo le ragioni, connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale, che in passato la giurisprudenza ha ritenuto idonee a giustificare la sottrazione degli atti al sindacato giurisdizionale, non possono non riespandersi principi che la Corte ha ripetutamente annoverato fra quelli fondamentali dell'ordinamento costituzionale (v. sentenze n. 18 del 1982 e n. 100 del 1987). Ne discende che le determinazioni della Corte dei conti, in ordine all'individuazione degli enti da assoggettare a controllo, non escludono, per gli enti stessi, la garanzia della tutela innanzi al giudice (art. 24 della Costituzione), restando, perci, in discussione non gi l'an, ma solo il quomodo di detta tutela e, quindi, un problema di interpretazione della normativa vigente, la cui soluzione, ovviamente, esula dall'oggetto del presente giudizio. Anche sotto questo profilo la questione da ritenere, dunque, infondata, non essendo dato scorgere nella disposizione denunciata alcun vulnus del diritto di agire in giudizio, da reputarsi comunque garantito.

Cass. civ., Sez. Un., 9 agosto 1996, n. 7327.

(Afferma la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in sede di regolamento di giurisdizione per la Societ italiana autori ed editori per un diritto soggettivo dell'ente a non veder compressa la propria sfera giuridica nellambito del controllo sulla gestione della Corte dei Conti). (Omissis)Si osserva, in proposito, in primo luogo, che (salvo che per gli enti pubblici di cui all'art. 12, in cui il controllo previsto dall'art. 100 Cost. esercitato, anzich nei modi previsti dagli articoli 5 e 6, da un magistrato della Corte dei Conti, che assiste alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione) il disegno della nuova legge opposto, rispetto al disegno risultante dal r.d. del 1939. In quest'ultimo, vi era un controllo della corte dei Conti sui bilanci e sui consuntivi, ed inoltre, la partecipazione di un rappresentante della Corte dei Conti, ad integrazione dei collegi sindacali; secondo la legge del 1958, invece, come confermato dall'art. 12 citato, quella partecipazione (all'organo sindacatorio dell'ente) del magistrato della Corte dei Conti esclusa, quando il controllo della Corte dei Conti si esercita nelle forme previste dalla legge stessa.In terzo luogo, la dizione letterale dell'art. 11 della legge del 1958 tale da autorizzare la seguente interpretazione: si poteva pensare (cfr. Cass. n. 427 del 1975) che, poich la legge del 1958 stata emanata in sostituzione della legge del 1939, i regolamenti di esecuzione della prima legge, in ordine cronologico, potevano utilizzarsi come regolamenti di esecuzione della nuova legge (per la parte eventualmente da essa non regolata). La legge del 1958 ha chiarito che nessuna commissione possibile fra le due discipline: quella nuova esclude totalmente quella vecchia. Ci confermato dall'art. 15: se, in base alla vecchia disciplina, concernente il collegio sindacale e gli organi di revisione, in enti dichiarati soggetti alla nuova legge, esistevano rappresentanti della Corte dei Conti, questi dovevano essere esclusi, per adeguare i loro statuti alla nuova legge, giusta il criterio - base gi enunciato dall'art. 11, che cio fra le due discipline vi incompatibilit.L'abrogazione del r.d. n. 720-39 e del r.d. n. 442-42 - risulta in modo inequivocabile in base all'avvenuta abrogazione della legge n. 129-39, art. 15, ad opera, in alternativa (vedi supra, n. 3) degli articoli 81 e 100 comma 2 Cost. (a decorrere dal 1 gennaio 1948) o, in forza della XVI disposizione transitoria cost. (applicabile all'art. 15 cit., in quanto norma costituzionale, secondo l'ordinamento dell'epoca) a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 259 del 1958. Sotto questo secondo - subordinato - profilo, l'assoluta incompatibilit fra il sistema del 1939 e quello del 1958 emerge da numerosi argomenti, fra cui si citano i pi salienti: a) il sistema del 1958 si applica anche ad enti privati (cfr. anche Corte Cost. n. 466 del 1993), mentre quello del 1939 si applicava soltanto ad enti amministrativi, cio pubblici;b) dal

sistema del 1958 sono esclusi gli enti ai quali la contribuzione statale sia stata concessa in applicazione di provvedimenti legislativi di carattere generale (art. 3 comma 2), mentre il contrario doveva ritenersi in base alla legge del 1939; c) il concetto di contribuzione ordinaria (art. 100 cost., specificato dall'art. 2 legge del 1958) non coincide con quello di sovvenzione diretta od indiretta, non tanto sotto il profilo dell'esclusione della sovvenzione indiretta (nel nuovo testo), quanto sotto quello che la legge del 1939 non escludeva affatto le sovvenzioni straordinarie e non sistematiche; d) la procedura di controllo diversa e culmina in un intervento del Parlamento che di radicale diversit;e) la procedura per il riconoscimento dell'assoggettabilit alle due leggi pure diversa;f) i poteri della Corte dei Conti, in base alla legge del 1958, sono molto pi penetranti (cfr. gli articoli 4, 5, 6, 8 della legge del 1958; nonch l'inciso aggiunto dall'art. 3 comma 7 della legge n. 20 del 1994) rispetto a quelli di cui al sistema del 1939, nel quale la Corte veniva citata (dall'art. 2 del r.d. del 1939) soltanto "per le deliberazioni e relazioni di sua competenza"; alla stregua della normativa generale del 1936 n. 1214;g) radicalmente diversa disciplina (gi esaminata al n. 5 ed al n. 6) dell'art. 15 legge del 1958, rispetto a quella dell'art. 3 del r.d. del 1939.Neppure ha rilievo l'attivit di controllo che la Corte dei Conti ha attuato da vari anni: se essa stata intesa in esecuzione del sistema del 1939, manca di base normativa (almeno dal 1958) e costituisce attivit di fatto illecita (in quanto lesiva di un diritto); se stata intesa in attuazione del solo articolo 100 Cost., difetta il presupposto della legge che lo stesso art. 100 prevede come indefettibile presupposto del controllo, se stata intesa in attuazione della legge n. 259, manca il presupposto essenziale, nel quadro del funzionamento della legge, che non pu prescindere dalla tutela della posizione dell'ente controllato (art. 3 comma 1, secondo inciso), e cio da uno strumento provvedimentale che funge da passaggio necessario fra la previsione astratta dalla norma e l'attuazione di essa.Il provvedimento, pure in tal caso, non pu essere sostituito da un'attivit di fatto o da un accertamento compiuto in sede diversa (e cio nella sede stessa del controllo), perch questo accertamento deve essere compiuto dall'organo governativo a cui la legge (prevista indefettibilmente all'art. 100 Cost.) conferisce il potere di incisione sulla sfera giuridica degli enti.La suddetta lesione di fatto della sfera giuridica si presenta come lesione di una posizione di diritto soggettivo pieno, la cui tutela pertanto devoluta alla giurisdizione ordinaria. Concludendo, deve dichiararsi la giurisdizione del G.O.; P.Q.M:La Corte di cassazione a sezioni unite dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Cass. civ., Sez. Un., 10 giugno 1998, n.5762 (Afferma la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria per il Consiglio nazionale architetti sulla rivendicazione dell'estraneit dal novero delle amministrazioni assoggettate a controllo della Corte dei conti ex art. 3, comma 4, legge n. 20 del 1994). (Omissis) I convenuti, costituendosi innanzi al TAR, eccepivano il difetto assoluto di giurisdizione, per non essere sindacabili in sede giurisdizionale gli atti emanati dalla Corte dei conti nell'esercizio della funzione di controllo.Il Consiglio nazionale degli architetti proponeva, quindi, innanzi a questa Corte regolamento preventivo di giurisdizione, rilevando che l'art. 3, quarto comma, della legge n. 20 del 1994 presenta tratti di ambiguit per quanto concerne il procedimento da seguire ai fini della sottoposizione di un'amministrazione pubblica al controllo della Corte dei conti.Qualora si ritenga che la norma attribuisca alla Corte dei conti la funzione di determinare i singoli enti assoggettabili al controllo, risulterebbe assegnata alla corte stessa una funzione di "amministrazione attiva", con perdita della terziet-neutralit che ne caratterizza in generale le funzioni e conseguente assoggettabilit degli atti in questione al sindacato del giudice amministrativo. Ove, invece, si ritenga che, per sottoporre le amministrazioni pubbliche a controllo, sia necessario seguire l'iter di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 259 (che prevede l'individuazione degli enti merc un decreto presidenziale adottato su proposta della Presidenza del Consiglio, di concerto con il Ministro del tesoro e il Ministro competente), dovrebbe l'impugnata determinazione della Corte dei conti, in

quanto assunta in difetto di tale previa individuazione, considerarsi viziata da carenza assoluta di potere, donde la spettanza della giurisdizione al giudice ordinario.La Corte dei conti ed i litisconsorti si costituivano con controricorso ed opponevano che la individuazione delle amministrazioni da sottoporre a controllo non spetta n alla Corte stessa, n all'autorit di governo (attraverso il decreto presidenziale di cui alla citata legge n. 259 del 1958), ma contenuta nella legge n. 20 del 1994 (art. 4, quarto comma), ove il controllo riferito alle amministrazioni pubbliche in genere; e che la interpretazione di tale norma rientra, costituendone esplicazione interna, nella funzione attribuita alla Corte. Queste Sezioni unite, con ordinanza n. 34 del 22 gennaio 1997, sollevavano questione di legittimit costituzionale dell'art. 3, quarto comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, nella parte in cui omette di estendere all'ivi previsto controllo successivo di gestione il meccanismo di individuazione degli enti gi disciplinato dalla legge n. 259 del 1958, affidando, invece, alla stessa Corte dei conti il relativo potere, non privo di profili valutativi, svincolati da criteri automatici e predeterminati, pur nella riconosciuta immunit dell'organo di controllo dal sindacato giurisdizionale. La Corte costituzionale, con sentenza n. 470 del 1997, giudicava non fondata la questione. Nella configurazione che ne ha dato il giudice delle leggi e che non appare eludibile, per essere essa la sola idonea a consentire il superamento dei dubbi di incostituzionalit, gi sollevati nei sensi esposti in parte narrativa, il sistema del "controllo successivo sulla gestione" postula, dunque, l'assoggettabilit dei relativi atti di esercizio alla verifica giurisdizionale della loro legittimit. Il che pu avvenire sotto un duplice profilo: e cio, da un lato, in riferimento alla disciplina delle modalit di svolgimento dell'attivit riconducibile al potere attribuito alla a Corte dei conti; dall'altro lato, in riferimento alle condizioni cui la norma di previsione subordina la stessa attribuzione. (..) D'altra parte, nello stesso contesto del quarto comma dell'art. 3, l'attribuzione alla Corte dei conti del potere di definizione periodica dei "criteri di riferimento" attiene alle modalit di esercizio del controllo, cos distinguendosi dall'astratta determinazione ope legis dell'ambito soggettivo dell'estensione di questo, sicch anche, nella logica della norma di previsione alberga la duplice prospettazione di limiti interni alla competenza di nuova istituzione, diretti ad impedire che l'organo titolare individui a propria assoluta discrezione le aree del suo intervento, e limiti esterni nascenti dalla determinazione suddetta. (omissis.) D'altra parte, una volta esclusa la riconducibilit del "controllo successivo sulla gestione" al modello risultante dall'art. 100 Cost. e riconosciutane, pertanto, la compatibilit con la tutela giurisdizionale rispetto agli atti in cui si traduce, non dubitabile che essa (sempre che "non vengano in rilievo... ragioni connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale": Corte cost. n. 470 del 1997, n. 5 del "Considerato in diritto") si atteggi secondo le modalit proprie di quella istituita con riguardo all'azione amministrativa alla cui efficienza il controllo stesso finalizzato: sicch rispetto a quegli atti ripetibile lo schema consueto dell'affidamento della tutela giurisdizionale all'autorit giudiziaria ordinaria quante volte, in presenza di atti posti in essere in carenza di potere, si faccia questione di un diritto civile o politico; e, invece, all'autorit giudiziaria amministrativa, allorch si faccia questione di cattivo esercizio di un potere effettivamente esistente. (omissis.) Ci premesso, si osserva, come gi in altra occasione riconosciuto da queste Sezioni unite (sent. 9 agosto 1996, n. 7327) con specifico riguardo all'esercizio, in carenza del relativo potere, di controlli da parte della Corte dei conti, che: a) ogni ente pubblico, come persona giuridica, gode nei confronti di organismi sovrordinati, di una sfera giuridica che (anche se non si vuole qualificare status libertatis) non pu essere incisa dai pubblici poteri al di fuori dei casi e dei limiti previsti dalla legge; b) la qualit di soggetto giuridico, tanto pubblico che privato, conferisce un diritto al proprio stato e cio all'esercizio dei poteri e delle facolt consentite dalla legge e dallo statuto, con esclusione di ogni ingerenza estranea che non sia espressamente consentita da specifica disposizione, per cui anche il superamento dei presupposti condizionanti il potere attribuito ad organismi sovrordinati costituisce difetto di tale potere e non degrada quel diritto soggettivo; c) non rientrano, del resto, nell'ambito dell'esercizio del potere le condizioni di esistenza del medesimo, i suoi limiti esterni ed i suoi presupposti; d) n l'emanazione di un atto tipico dell'esercizio del potere costituisce di per s causa della degradazione suddetta, perch pu configurarsi carenza di potere anche in presenza di un atto emanato al di fuori dei casi tassativi per i quali il potere stesso stato conferito. Deve, poi,

ricordarsi che la giurisdizione si determina sulla base della domanda e che, ai fini del suo riparto tra giudice ordinario ed amministrativo, rileva non gi la prospettazione delle parti, bens il c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata in astratto a quest'ultima dal diritto positivo. Pertanto, quando tale posizione abbia la consistenza del diritto soggettivo, la domanda diretta alla sua tutela, salvo il caso di devoluzione della materia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, deve ritenersi riservata alla cognizione del giudice ordinario, senza che rilevi in contrario la richiesta di annullamento di un atto amministrativo e fermo restando, rispetto ad esso, il potere del giudice ordinario di provvedere alla sola disapplicazione, in coerenza col limite interno alle sue attribuzioni posto dall'art. 4 della l. 20 marzo 1865 n. 2248, all.E. (cfr., fra le numerose altre conformi, Cass. 10 agosto 1996, n. 7410; id., 4 novembre 1996, n. 9523; id., 5 dicembre 1995, n. 12523; id., 18 novembre 1994, n. 9754; Id. 14 febbraio 1994, n. 1432; Id., 26 agosto 1993, n. 9005) In considerazione di tutto ci agevole riconoscere, nel caso di specie, la sussistenza di un petitum sostanziale che comporta la devoluzione della controversia alla giurisdizione ordinaria, perch la domanda proposta dalla ricorrente tende a far valere, a fondamento delle sue pretese, vale a dire come causa petendi nel senso dianzi precisato, non gi l'interesse a che l'esercizio di sovrordinati poteri di controllo avvenga secondo la specifica disciplina legale delle relative modalit, ma bens una situazione di libert dai poteri stessi, la quale si connota, alla stregua delle superiori osservazioni, per la consistenza propria del diritto soggettivo; sicch la rivendicazione della estraneit al novero delle amministrazioni assoggettate a siffatti poteri si risolve in una questione interpretativa della norma di previsione, sotto il profilo dell'accertamento dei limiti esterni dei medesimi, non anche, al di l delle espressioni letterali usate dalla parte, in una impugnazione di provvedimenti amministrativi adottati in area compresa nell'ambito di tali limiti In conclusione, deve dichiararsi la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria. (omissis.) P.Q.M: Dichiara la giurisdizione dell'autorit giudiziaria ordinaria .

C. d. S, Sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1344

(Afferma che gli Ordini professionali non possono essere considerati imprese in quanto non possono intendersi imprenditori che esercitano una attivit economica organizzata al fine della produzione e scambio di beni e servizi. La legge (R.D. n.274 del 1929) affida loro esclusivamente la tenuta dellalbo e lesercizio del potere disciplinare degli iscritti.Non possono partecipare a gare pubbliche, in quanto ci concretizzerebbe proprio quella attivit imprenditoriale da ritenersi loro preclusa per i compiti istituzionali a cui sono chiamati, sia per i conseguenti effetti distorsivi che lesercizio di una tale attivit economica provocherebbe sul regime concorrenziale).

(Omissis)Al riguardo la Sezione sottolinea anzitutto che il Collegio dei Geometri pacificamente un ente pubblico associativo, esponenziale di una categoria di professionisti, che svolge una attivit di carattere pubblicistico ed opera con strumenti pubblici, sotto lalta vigilanza del ministero della Giustizia; ad esso la legge affida, appunto, la rappresentanza della categoria (nellambito della rispettiva circoscrizione territoriale) e numerose attribuzioni:curare la tenuta dellalbo, provvedendo alle iscrizioni ed alle cancellazioni secondo le prescrizioni di legge (articolo 3, comma 1, del Rd 274/29 Regolamento per la professione di geometra);provvedere alla disciplina degli iscritti (ibidem);curare che siano repressi luso abusivo del titolo di geometra e lesercizio abusivo della professione, presentando, ove occorra, denuncia al procuratore della Repubblica (articolo 26,

comma 1, lettera a), dello stesso Rd);compilare ogni triennio la tariffa professionale, che sar poi approvata dal ministro della Giustizia, di concerto col ministro per i Lavori pubblici (articolo 26, comma 1, lettera b), dello stesso Rd);determinare ed esigere il contributo annuale da corrispondersi da ogni iscritto per quanto si attiene alle spese occorrenti per la tenuta dellalbo e la disciplina degli iscritti (articolo 26, comma 1, lettera c), primo periodo, dello stesso Rd);curare altres la ripartizione e lesazione del contributo, che la Commissione centrale, costituita nel modo indicato dallarticolo 15, stabilir per le spese del suo funzionamento, giusta larticolo 18 del regolamento, approvato con Rd 2537/25 (articolo 26, comma 1, lettera c), secondo periodo, dello stesso Rd; ma vedasi in proposito anche larticolo 7 del D.Lgs luogotenenziale 382/44 Norme sui Consigli degli ordini e Collegi e sulle Commissioni interne professionali).Ordunque, se ben vero che impresa qualsiasi entit che esercita unattivit economica, a prescindere dal proprio status giuridico e dalle sue modalit di finanziamento e che ; unattivit economica costituita da qualsiasi attivit consistente nelloffrire beni o servizi su un determinato mercato, contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari connessi (Corte giustizia Ce, Sezione quinta, 35/1998), altrettanto vero fondato il rilievo che gli ordini professionali, come del resto tutti gli enti pubblici, possono agire solo nellambito dei poteri loro conferiti dalla legge e che non invero rinvenibile alcuna espressa previsione normativa, che legittimi lOrdine professionale (nella fattispecie il Collegio dei Geometri) ad esercitare unattivit economica, quale quella cui aspirano gli odierni appellati con la partecipazione alla gara de qua.Una tale attivit non infatti, con tutta evidenza, coessenziale alle attribuzioni innanzi indicate e non dunque funzionale al concreto espletamento dei compiti ed alla realizzazione dei fini istituzionali dellente stesso.Per vero, ove si aderisse alla pretesa di partecipazione alla gara de qua, di cui qui si discute, ne risulterebbe travisata e sconvolta la funzione e lesistenza stessa degli ordini professionali, che transiterebbero dalle funzioni di protezione delle professioni (esclusivamente loro devolute dal legislatore) a quelle di soggetti economici esercitanti, per il tramite dei loro iscritti, la professione medesima, secondo modalit e forme peraltro ignote al nostro ordinamento, tali da configurare, come esattamente rileva la difesa erariale, una associazione permanente di imprese: ossia una figura nuova e diversa rispetto ai consorzi (che costituiscono la forma esistente e regolamentata di raggruppamento stabile di imprese) e che abbisognerebbe di regolamentazioni e pertanto sottratta alla possibile valutazione della Commissione di gara (pag. 12 mem. in data 11 novembre 2003).Queste osservazioni preliminari gia impediscono, come si vede, di condividere la tesi, sostenuta dai Collegi appellanti, della loro legittimazione a rendersi aggiudicatari in pubbliche gare, in quanto ci sfocierebbe proprio in quella attivit imprenditoriale, da ritenersi loro preclusa sia in connessione con i compiti istituzionali ad essi affidati (che trovano la loro fonte esclusivamente nelle attribuzioni che la legge conferisce ai colleghi medesimi con il solo fine di dare effettivit alla protezione legale della professione), sia in ragione dei conseguenti ed inevitabili effetti distorsivi, che un tale esercizio di attivit economica provocherebbe sul regime concorrenziale.La mancata previsione, da parte del legislatore, della possibilit di esercizio di attivit economica da parte degli ordini (esercizio, si badi, che verrebbe a sovrapporsi alla stessa attivit esercitata dagli iscritti), seppur risalente nel tempo, rappresenta infatti ladozione di un criterio di scelta, che costituisce espressione di principi oggi pacificamente accolti dallordinamento.Tra questi certamente da annoverare il principio della libera concorrenza enunciato dagli articoli 81 e 82 del Trattato dellUnione europea, il quale, secondo la pluridecennale giurisprudenza della Corte di Giustizia e dei giudici nazionali regola il libero svolgimento delle attivit economiche, e quindi la produzione dei beni e dei servizi. Lordinamento italiano ha dato attuazione a tali principi con la legge 287/90, secondo una disciplina dalla quale, mediante la previsione di divieti di intese e di abusi, emerge palesemente come il prezzo del prodotto offerto rappresenti lo strumento essenziale della corretta competizione concorrenziale.La giurisprudenza amministrativa ha anche affermato che gli esercenti delle professioni intellettuali sono da considerare imprese ai fini specifici della tutela della libera concorrenza in quanto la loro attivit consiste nellofferta sul mercato di prestazioni suscettibili di valutazione economica e di acquisto delle stesse dietro corrispettivo, riconoscendosi conseguentemente il potere dellAutorit Garante del settore di sottoporre ad indagine le condotte

delle diverse categorie di professionisti, unitariamente considerate (v. Tar Lazio, Roma, Sezione prima, 466/00).In tale contesto ordinamentale, la discesa in campo degli ordini, non autorizzata dal legislatore, realizzerebbe allora, con tutta evidenza, una palese lesione dei principi che rgolano la disciplina sulla concorrenza, che mirano, com noto, a tutelare il mercato da intese, pratiche concordate ed abusi di posizione dominante: tutti casi, questi, in cui la concorrenza non viene semplicemente falsata, bens eliminata del tutto.Inoltre, vertendosi qui (com incontestato) in materia di appalti pubblici di servizi di rilevanza comunitaria, valga notare che la Dir. 92/50/Cee, pur riaffermando, al quinto considerando, la necessita di evitare intralci alla libera circolazione dei servizi, prevede che la presente direttiva non pregiudica lapplicazione, a livello nazionale, delle norme relative allesercizio di unattivit o di una professione purch esse siano compatibili con il diritto comunitario.Se ne evince, coordinando tale disposizione con quella di cui allarticolo 1, lettera c), della stessa direttiva (che include tra i prestatori di servizi gli enti pubblici che forniscono servizi), che gli enti pubblici (quali indubitabilmente sono gli ordini professionali) potranno partecipare alle gare per gli appalti di servizi (cos rientrando nel campo di applicazione della direttiva n. 93/36/Cee: V. Corte Giustizia Ce, Sezione sesta, 94/2000) solo se ed in quanto siano soggetti istituzionalmente preposti (e dunque, in tal senso, autorizzati) alla erogazione del tipo di servizio oggetto dellappalto; il che, come s visto, non pu dirsi degli ordini professionali.Pertanto, alla stregua e della natura di enti pubblici consociativi ad appartenenza obbligatoria propria degli ordini professionali (che ne fa degli organismi ausiliari della Pa, dotati di una posizione giuridica risultante dal complesso di poteri, funzioni e prerogative loro attribuiti dal legislatore) e della qualificazione, che del prestatore di servizi fornisce la sopra richiamata norma comunitaria, gli ordini stessi non possono essere annoverati tra le categorie di operatori imprenditoriali privati e pubblici abilitati a partecipare ai pubblici appalti di servizi indetti dalle Pp.aa, in quanto istituzionalmente preposti al raggiungimento di finalit di interesse generale, con unautonomia negoziale piena s (trattandosi di enti pubblici dotati di personalit giuridica), ma attenuata, con riguardo alla fattispecie negoziale che ne occupa, dal principio, secondo il quale tali enti possono concludere ogni tipologia contrattuale consentita dallordinamento, sempre che loggetto del contratto sia compatibile e coerente con i loro compiti e funzioni istituzionali. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, respinge lappello e, per leffetto, conferma la sentenza impugnata.

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