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DIC 2011 N.

4 anno IV

Il Magazine ManpowerGroup di Economia e Cultura del Lavoro

CE 20 LE 08 ED BR -2 IT AT 011 IO IO N N

PRONTI A RIPARTIRE!

2011 ManpowerGroup. All rights reserved.

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Experis la nuova talent company di ManpowerGroup specializzata nella ricerca e selezione di professionisti di alto profilo. experis.it

MIL A NO ROM A TORINO PA DOVA BOLOGN A

Francesco Maria Gallo francescomaria.gallo@manpower.it

prefa zione

QUATTRO ANNI VISSUTI CORAGGIOSAMENTE

tag cultura del lavoro / rete di pensiero / economia / societ / futuro


Buon compleanno Lavori in Corso! Il magazine di ManpowerGroup compie quattro anni. Complessi, intensi, sfidanti. E abbiamo voluto celebrare questo anniversario con unedizione speciale: una raccolta dei maggiori contributi di pensiero che hanno animato le pagine del nostro trimestrale di economia e cultura del lavoro, dalla sua nascita a oggi. Un progetto celebrativo sicuramente ambizioso per un magazine cos giovane, bench possa gi vantare un consolidato consenso tra gli operatori del settore, che non a caso avviene in un momento cruciale - economico, politico e sociale - della storia del nostro Paese. Nato nel 2008, allalba di una crisi mondiale la cui entit e impatto non erano ancora immaginabili e tantomeno prevedibili, Lavori in Corso ha attraversato i cosiddetti anni della turbolenza fino ad approdare alla fine del 2011, quando il futuro delleconomia mondiale appare ancora instabile e incerto, e ancor pi quello del nostro Paese agli albori di una nuova legislatura che sta muovendo i suoi primi passi. E lo ha fatto attraverso la voce di interlocutori prestigiosi e importanti - dal panorama istituzionale a quello accademico, dalluniverso imprenditoriale a quello politico, non dimenticando la voce della gente comune - di tutte quelle persone che con il loro pensiero e il loro operare hanno definito il mondo e la cultura del lavoro in questi anni. Una pluralit di visioni - indipendenti e molteplici, obiettive ed esperte - che hanno contribuito ad alimentare quella rete di pensiero, come amo sempre definirla, fatta di confronto e relazioni, che oggi vi proponiamo in questa celebration edition. Le analisi, gli approfondimenti, le visioni controcorrente, le riforme auspicate, le proposte risolutive, le practice esemplari per vivere e sopravvivere negli anni complessi della contingenza, limpegno nella ricerca di vie duscita alternative, la capacit di tenera alta la testa anche quando le onde appaiono sempre pi alte. E, da qui, ripartire. La crisi di fiducia forte, la volont di tornare a crescere deve esserlo ancora di pi. Sfogliando le pagine di questo numero speciale di Lavori in Corso, in molti degli articoli proposti troverete degli appunti esclusivi. Abbiamo infatti arricchito le tematiche trattate nel corso di questi quattro anni con punti di vista attuali e contestuali ai nostri giorni, affidando commenti e aggiornamenti alla sapiente penna del professor Giulio Sapelli, docente di storia economica alluniversit statale di Milano, alla prestigiosa voce di Enrico Sassoon, direttore responsabile di Harvard Business Review Italia, e alla vision esperta di Francesco Guidara, caporedattore centrale di Class CNBC. Ancora una volta, a me il piacere di augurarvi buona lettura!

Francesco Maria Gallo External & Internal Relations Manager ManpowerGroup

Abst
2008-2011: Lavori in Corso celebra i suoi quattro anni con unedizione speciale che raccoglie i maggiori contributi di pensiero che hanno animato la cultura del lavoro in questi anni

somm ario
prefazione
N4 anno IV, dicembre 2011 1 di Francesco Maria Gallo
Lavori in Corso un trimestrale ManpowerGroup di Economia e Cultura del Lavoro. Registrazione Tribunale di Milano: n. 620 del 16/10/2008
Presidente

Quattro anni vissuti coraggiosamente

editoriale
4

Stefano Scabbio
Direttore responsabile

Cambia lItalia cambia il lavoro?


di Stefano Scabbio

Francesco Maria Gallo


Redazione

controeditoriale
6 8

Antonella Guidotti, Silvia Bordiga, Sara Malgrati


Segreteria di redazione

Italia, tempo di agire


di Antonella Macchi

Angelica Durante angelica.durante@manpower.it 02.230037100


Hanno collaborato a questo numero

Appunti da unItalia che non innova


di Tito Boeri

Paolo Bertelli, Tito Boeri, Vincent Boland, Angelo Marcello Cardani, Marco Donati, Maria Donnoli, Francesco Guidara, Pietro Ichino, Caroline Jenner, Jeff Joerres, Antonella Macchi, Pierluigi Magnaschi, Antonio Marzano, Paolo Morosini, Cristiano Napolano, Loretta Napoleoni, Maria Noldoli, Walter Passerini, Simone Pedretti, Serena Scarpello, Luigi Tivelli

Welfare: il promemoria delle priorit


di Walter Passerini

contrappunti
Foto

iStockphoto
Progetto grafico, copertina e impaginazione Distribuzione

10

Caterina Martinelli - Bologna / kappaproject@katamail.com Distribuito in tutte le edicole italiane in allegato a Italia Oggi Sette Class Editori

Il capitale umano tra cura intensa delle aziende e incuria dello Stato
di Luigi Tivelli

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Lanno della centrifuga


di Francesco Guidara

ManpowerGroup

Per un welfare pi mirato al bisogno reale, pi inclusivo e universale


di Pietro Ichino

Via Rossini 6/8 20122 Milano www.manpowergroup.it

16

Come reagire alla crisi


di Francesco Guidara

hr allo specchio
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo periodico pu essere riprodotta con mezzi grafici e meccanici, quali la fotoriproduzione e la registrazione. Manoscritti e fotografie, su qualsiasi supporto veicolati, anche se non pubblicati, non saranno restituiti.

18

Linnovazione, elisir di giovinezza per le aziende


di Serena Scarpello

22

Lintegrazione delle donne nel lavoro passa per la cultura


di Serena Scarpello

somm ario
societ e territori
26

Welcome to the Human Age


di Jeff Joerres

workshop opinion leader


48

Diritto al lavoro: nessuno escluso


di Paolo Bertelli

28

La follia economica americana


di Loretta Napoleoni

50

29

La crisi del credito che si aggira per lEuropa


di Vincent Boland 52

Le direttrici della finanza: regole per un giusto equilibrio


di Antonio Marzano

30

Per una politica di immigrazione pi integratrice

Questo non un Paese per giovani


di Maria Noldoli

di Angelo Marcello Cardani

hr talent
53

32

Una governance comunitaria per unEuropa competitiva


di Paolo Bertelli

Sperimento la concretezza nelle risorse umane


di Maria Donnoli

34

Insegnare il business nelle scuole: una priorit per il futuro


di Caroline Jenner

56

Leadership? Passione, curiosit e ossessione!


di Francesco Guidara

59

controtendenze
36

La passione per linnovazione


di Marco Donati

pronti a ripartire!
2008-2011 CELEBRATION EDITION

La crisi sconfitta dal capitale umano


di Francesco Guidara

letture ascolti visioni


62

A cosa serve la politica


di Antonella Guidotti

38

Il potere del talento diversamente abile


di Paolo Morosini

postfazione
64

40

Il coraggio di mettersi in discussione


di Simone Pedretti

di Pierluigi Magnaschi

Conflitti di interesse e rifiuto della meritocrazia

42

Fuori dal carcere: i detenuti tornano al lavoro


di Cristiano Napolano

45

Verso un futuro sostenibile

di Antonella Guidotti

edito riale

Stefano Scabbio

CAMBIA LITALIA... CAMBIA IL LAVORO?


tag riforme / flessibilit / complessit / giovani / ascensore sociale
Il 2011 si chiude con la percezione chiara che, finalmente, al libro del Lavoro sta per aggiungersi un capitolo importante.
Stefano Scabbio Amministratore Delegato ManpowerGroup Italia e Iberia

Abst
Nel nostro Paese, negli anni, le annunciate riforme si sono spesso risolte in provvedimenti volti pi a rincorrere somme di istanze individuali piuttosto che a formulare strategie di medio lungo periodo

In questi mesi si parlato di riforme, di flessibilit, di statuto dei lavoratori e di articolo 18, di diritti e di opportunit. Se ne parlato troppo, e poco si fatto. Lo scontro politico, che ha animato buona parte del 2011, e le posizioni spesso ideologiche hanno distolto gran parte dellattenzione che il tema avrebbe invece meritato, lasciando in ombra la dimensione pi operativa e programmatica. Adesso lesecutivo guidato da Mario Monti si appresta a portare fino in fondo alcune annunciate riforme del mercato del lavoro, a cominciare da un ammodernamento dei sistemi di welfare. Saluto ovviamente con piacere le parole che il nuovo Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero, ha pronunciato in questa sua prima fase del mandato. Ma debbo, dalle pagine di Lavori in Corso, come ho fatto pi volte durante gli ultimi quattro anni, formulare alcune osservazioni che sarebbe un peccato lasciar fuori dal perimetro dellintervento. La prima annotazione riguarda la flessibilit. Necessario che sia prevista in ingresso ma rischia di essere lettera morta se uno sforzo

analogo non si concentrer su quella in uscita. In questo scenario di instabilit e bassa crescita, le aziende hanno infatti compreso che, per muoversi con efficacia e rispondere in tempi rapidi alle mutevoli evoluzioni del mercato e a una domanda che continua a rimanere altalenante, hanno bisogno di soluzioni agili e flessibili, evitando di rimanere imbrigliate in modelli organizzativi troppo complessi e macchinosi. Gestire la complessit rappresenta una nuova frontiera delle aziende, e dotarle come si fatto in passato - di un solo modello di rapporto, penso qui al contratto unico, rischia di essere fortemente penalizzante. Siamo, infatti, nella societ dei lavori e quindi fondamentale una pluralit di forme contrattuali che si adattino alle esigenze della domanda. chiaro che necessaria una riduzione di queste forme: dalle 49 circa oggi esistenti bisogna scendere a non pi di cinque o sei, privilegiando quelle forme che risultano maggiormente eque e tutelano il sistema e il lavoratore sia durante il rapporto di lavoro che durante i momenti di non lavoro. Anche la direttiva comunitaria 104/2008 ci invita ad andare in tale direzione attraverso il suo recepimento con una

editoriale

in termini di competenze e conoscenze che si verifica quando devono sostituire un lavoratore anziano. Purtroppo la recente fotografia di Bankitalia fissa davanti ai nostri occhi un quadro desolante. La crisi continua ad abbattersi sui giovani italiani e ad accrescere tristemente le fila dei cosiddetti Neet, termine ormai entrato a pieno titolo nel nostro vocabolario: gli under 30 che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi formativi. Una situazione frutto anzitutto di un sistema del mercato del lavoro che tutela troppo i padri e che tiene fuori i figli, offrendo spesso poche tutele a questi ultimi e fortezze di protezione per i primi. Non funziona per niente lascensore sociale che fermo da anni perch la sua fune che rappresentata dal merito non ben oliata, a cominciare dal sistema educativo. Ecco allora che se non ricominciamo seriamente nei fatti e non solo nelle parole a mettere in pratica la meritocrazia, non emergeranno mai i talenti e quindi non potremmo avere una leadership di nuova classe dirigente adeguata al contesto economico di riferimento. Lequilibrio appare ancora molto lontano, le classi dirigenti continuano a proteggere se stesse e i propri privilegi impedendo linserimento dei nostri giovani di talento e lo sviluppo di unoccupazione sana e sostenibile. Avvicinandosi al mercato del lavoro italiano la prima impressione che si ricava quella di una ingessatura non pi giustificabile, dove anzich il curriculum, le competenze o i meriti a pesare restano le origini. Siamo ancora, purtroppo, un Paese dei figli di e dei nipoti di.

semplificazione delle regole della flessibilit oggi vigente. La seconda riflessione riguarda il sistema di welfare. Abbiamo bisogno di ridisegnare il nostro sistema in modo tale che si accompagnino i lavoratori che escono dal mercato attraverso percorsi formativi di ricondizionamento e gli si permetta di ritornare occupabili, e quindi di rientrare nel mercato. Ovviamente durante questo percorso devono ricevere delle tutele che permettano loro unadeguata sussistenza. necessario che aumentiamo loccupazione femminile e anche quella dei pi senior (over 50) attraverso una pi efficace ed efficiente gestione degli strumenti di conciliazione e della programmazione dei percorsi di carriera e di flessibilit.

La terza riflessione relativa alla questione giovanile. Qualunque riforma, pur animata dalle migliori intenzioni, si dissolver se non intercetter e migliorer stabilmente le aspettative dei lavoratori pi giovani. Di strada davanti a noi ce n moltissima se si pensa che in Italia llite era e resta anziana: un quarto di tutti i nostri dirigenti ha pi di settanta anni. Ancora nel 2011 non pu non destare stupore che il 40% dei farmacisti italiani sia figlio di farmacisti, cos come il 42% dei notai e il 44% degli architetti. Cifre che probabilmente non troveremmo in nessun altro Paese del mondo. LItalia continua a pagare una scarsa programmazione per il ricambio generazionale anche da parte dei datori di lavoro e, allo stesso tempo, una carenza di talenti. Le aziende mettono a rischio la loro competitivit dallimpoverimento vistoso

contro edito riale

Antonella Macchi

201

italia, tempo di agire


tag cura / disciplina / imperfezione / cambiamento / potere
Mentre la Germania rischia di allontanarsi da unEuropa che le sta sempre pi stretta, lItalia - uscita dalla crisi meglio del previsto potrebbe commettere lerrore pi grave: rilassarsi. Per Mario Monti sono questi i mesi in cui lItalia dovrebbe assumere decisioni importanti e disegnare il proprio futuro di crescita. Tuttavia leconomista e due volte Commissario europeo non nasconde la propria preoccupazione: nelle agende della classe politica lorientamento resta concentrato sul breve periodo. Vede - spiega Mario Monti - lItalia ha retto molto meglio del previsto alla crisi. La sua finanza e le sue banche sono state dagli interessati e dal Governo sorvegliate e gestite con attenzione. Ma oggi non possiamo non rimboccarci le maniche per avere una maggiore crescita e competitivit. Per 15 anni siamo cresciuti meno non solo rispetto alle economie emergenti, ma anche nei confronti della zona delleuro. Se questo lobiettivo fondamentale, non lo si pu certo ricercare attraverso la droga del disavanzo pubblico: e del resto non mi pare questa lintenzione di nessuno. Quindi cosa pu stimolare questa presa di coscienza e questo senso di urgenza? LEuropa qui ci offre una buona occasione, come la offre ad altri Paesi: entro la fine dellanno ogni stato dovr presentare a Bruxelles il proprio piano nazionale di riforme, da qui al 2020. Ebbene, io credo che questo potrebbe alimentare un grande dibattito nazionale su come lItalia vede se stessa nel futuro e nel lungo periodo, ma la cui preparazione comincia oggi. Mentre lattenzione del mondo politico mi sembra concentrata oggi su questioni - un filino - pi di breve periodo. Professore Monti parliamo della situazione economica in Europa. La Germania, rispetto agli altri Paesi, sembra avere una marcia in pi, mentre buona parte del vecchio continente resta sotto stretta osservazione. Come valuta lo stato di salute generale? Credo che la situazione sia esattamente come lei lha descritta. Cio un quadro abbastanza diviso in termini di performance: la Germania riuscita brillantemente a ristrutturare il suo apparato produttivo e si incredibilmente integrata con i cosiddetti Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Quello tedesco un Paese che sta traendo un grande profitto dalla globalizzazione, dal fatto che il resto del mondo - e soprattutto i Paesi che ho citato - sta crescendo molto velocemente. Questo da

Mario Monti

2011
Esiste una divaricazione tra necessit di rigore finanziario e necessit di inclusione sociale attraverso la diminuzione della disoccupazione. Questo il dilemma evocato alla fine dellintervista del nostro Presidente del Consiglio - rilasciata, invece, dallallora Presidente della Bocconi - Mario Monti. La dimensione europea, con le sue rigidit e le sue opportunit, costituisce il contesto in cui si opera e che forse rende quella alternativa ancora pi drammatica se lEuropa non cambia la sua governance. Giulio Sapelli

contro editoriale

Tuttavia deve accelerare sul fronte delle misure strutturali per diventare realmente competitiva: ricerca, scuola, universit, flessibilit del mercato del lavoro. Anche laddove la ripresa iniziata in maniera ancor pi marcata rispetto allItalia, i posti di lavoro non aumentano. Dobbiamo abituarci a tassi di disoccupazione pi alti oppure ci sono strade per accompagnare la ripresa con la creazione di occupazione? Questo un problema non solo europeo ma anche americano. Verrebbe da dire persino americano. La modalit delloccupazione ovviamente cambia e sar difficile immaginare in futuro mestieri che durano per tutta la vita, come avveniva ancora recentemente. Quello che secondo me sempre pi indispensabile fare adottare elementi di quella prassi, di quel modello molto ben collaudato nel Nord dellEuropa, della cosiddetta flexsecurity, che associa alla sicurezza data al singolo lavoratore - ma non al posto di lavoro - la grande flessibilit per le imprese, che possono considerare la forza lavoro come qualcosa di molto mobile. Questo richiede naturalmente mezzi finanziari, oltre che una grande capacit da parte dei governi di gestire le transizioni fra unoccupazione e laltra. Mezzi finanziari che mal si conciliano con lesigenza che politicamente tanti Paesi avvertono, lItalia fra questi, di ridurre le tasse e di ridurle presto.

una parte spinge inevitabilmente il resto dEuropa a fare di pi, dallaltra offre unindicazione su quanta attenzione andrebbe posta alle misure strutturali per la crescita e per la competitivit. Ma attenzione: sarebbe un po pericoloso per tutti se la Germania perdesse interesse nellintegrazione europea considerando che i suoi mercati sono sempre pi al di fuori dellEuropa. Che cosa serve allora per uscire dalla crisi pi uniti anzich pi divisi? Credo che servano esattamente le cose che si stanno facendo, e che stanno procedendo positivamente

anche grazie al trattato di Lisbona che dopo mesi di discussioni entrato in vigore a gennaio. Si sempre detto, ad esempio, che occorre un governo delleconomia, una governance non solo monetaria come quella che stata condotta brillantemente dalla Banca Centrale Europea. Ebbene in questi mesi sotto legida del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, presidente permanente, figura che non esisteva fino alla fine dellanno scorso, si sono fatti grossi passi avanti. Addirittura i singoli governi sono chiamati a sottoporre i loro progetti di bilanci nazionali a Bruxelles, alla valutazione collegiale prima ancora di presentarli ai rispettivi Parlamenti. unEuropa che si sta integrando sempre di pi.

contro edito riale

Tito Boeri

200

APPUNTI DA UNITALIA CHE NON INNOVA


tag stipendi / produttivit / Europa / tasse / lavoro
Gli italiani si sentono sempre pi poveri. Dal 2000 la percentuale di famiglie che ritengono di trovarsi in condizioni di povert aumentata di quasi 25 punti percentuali.
Tito Boeri Economista e professore di Diritto del Lavoro allUniversit Bocconi di Milano

fasi del processo produttivo in altre economie. Simultaneamente, abbiamo investito poco in capitale umano. Le nostre universit e i nostri ricercatori operano con pochi incentivi a produrre eccellenza a livello internazionale. Allo stesso tempo, le imprese richiedono pochi lavoratori con alta specializzazione. Questo circolo vizioso ha finito per autoalimentarsi, con ovvie conseguenze sulla produttivit. Landamento della produttivit spiega anche perch, nonostante la moderazione salariale, il costo dei lavoratori italiani continuato ad aumentare, soprattutto dal punto di vista fiscale. Abbiamo uno dei pi alti costi del lavoro per unit di prodotto, un indicatore che riflette la convenienza a impiegare e ad assumere lavoro. Il risultato che fra i Paesi che fanno parte dellOcse, siamo al sesto posto in termini di peso fiscale che grava sulle aziende per ogni lavoratore impiegato e siamo crollati ormai al ventitreesimo posto per le retribuzioni. Non soltanto dietro la Francia o la Germania, ma anche dietro la Spagna e la Grecia. Come titolarono i giornali a commento del rapporto diffuso dallorganizzazione parigina, siamo un Paese con tasse svedesi e stipendi greci.

2011
Produttivit una di quelle parole che nel gergo di una certa politica italiana suonano come una parolaccia, seconda forse solo a profitto. La vicenda Fiat degli ultimi mesi lo dimostra: quali che siano i limiti delle scelte impostate da Marchionne, ovvio che se la produttivit del lavoro in un Paese o in una fabbrica di un terzo inferiore a quella che si ottiene altrove, sar laltrove a prevalere. proprio quello che sta accadendo. Enrico Sassoon

Il calo degli stipendi ha colpito soprattutto i pi giovani. Nel 1992 il salario dingresso per un giovane si aggirava attorno a un milione e 200mila lire. Dieci anni dopo, sceso mediamente di 100 euro. I dati dicono che le radici dellimpoverimento del Paese sono antiche: cominciato dalla met degli anni Novanta, quando la crescita economica si arrestata e lItalia ha iniziato a distanziarsi dai Paesi europei. Il quadro completato dalla scarsa crescita della produttivit. Il confronto con Francia e Germania spietato. Tra il 1993 e il 2006, la crescita della produttivit per ora lavorata accumulata dai tedeschi, secondo i dati dellOcse, del 25,7 per cento, quella dei francesi del 25,5 per cento. Quella italiana si ferma solo al 14,3 per cento. Il nostro Paese ha purtroppo mantenuto il vecchio vizio di investire molto poco in ricerca e innovazione. Cos le imprese italiane hanno continuato a specializzarsi in prodotti a scarso contenuto tecnologico. Hanno cio continuato a produrre sedie, scarpe o maniglie, che, in diretta concorrenza con i prodotti asiatici, si sono dimostrate meno competitive. Quando possibile, hanno anche spostato

Walter Passerini*

200

contro edito riale

welfare: il promemoria delle priorit


tag infrastrutture \ impiego \ formazione \ indennit
Si scoprono i problemi nel momento della loro esplosione e questo non depone a favore della lungimiranza delle classi dirigenti. Sul tema lavoro, welfare e crisi si rischia la ripetizione del fenomeno, a causa della farraginosit e della lentezza dei processi legislativi e decisionali. Avendo sempre sostenuto che la riforma del lavoro un cantiere aperto, proviamo a tracciare un promemoria delle priorit. Con la premessa che molto stato fatto, ma molto resta ancora da fare. 1- Sul fronte delle infrastrutture del mercato del lavoro in una dozzina di anni sono entrate le Agenzie private del lavoro, che oggi costituiscono larchitrave del sistema. Lindice di penetrazione ancora relativamente basso e quindi ampie sono le potenzialit di sviluppo. Quello che manca un modello di competizione con le Agenzie pubbliche, che in generale sono assenti, e che quindi rischia di esaurirsi nella concorrenza tra le sole Agenzie private, su tutte le fasce di mercato, soprattutto quelle pi basse, limitando lo sviluppo dei privati nellintermediazione pi pregiata delle fasce alte e dei talenti. 2- Lo spostamento del diritto al lavoro dal posto di lavoro ai servizi allimpiego e al territorio ancora in corso e non del tutto passato nelle culture del lavoro di massa. Si tratta di un limite culturale, che dipende per dalla relativa debolezza delle reti dei servizi allimpiego, pubblici e privati. Non si intravede, se non in nuce, un sistema di offerta misto pubblicoprivato, che costituirebbe il migliore e pi efficace ammortizzatore dei cicli del mercato. Senza la presenza di reti di accompagnamento delle imprese e delle persone che, adattivamente, fanno fronte al ciclo della domanda, il mercato del lavoro continuer a vivere il paradosso di persone che cercano un lavoro e di aziende che cercano persone, con gravi difficolt di reperimento. E il paradosso si moltiplica nelle crisi, durante le quali proseguono, in forme e misura variegate, le job vacancies. 3- Un altro residuo passivo di questo quindicennio di riforme quello della formazione. Acclamata, evocata, osannata, insieme il totem e il tab della crisi. Totem, perch indicata come chiave di volta, toccasana, soluzione miracolosa alle difficolt occupazionali. Tab perch la riforma della formazione non s mai fatta, perch vige il fai da te, perch non c sufficiente chiarezza della nobilt e pari dignit tra formazione e istruzione.

Come in amore, anche con il Welfare dobbiamo imparare a dire che stato bello finch durato. Il grosso equivoco stato che pensavamo di potercelo permettere, ma in realt non era vero nemmeno nei grassi anni Ottanta. Ora paghiamo i debiti accumulati. Peccato che i giovani senza lavoro (da un terzo alla met del totale a seconda delle zone geografiche) non abbiano nemmeno un reddito, figurarci pagare debiti di altri. Allora va messa la formazione al primo posto. Non solo un dovere morale, unesigenza economica. Enrico Sassoon

2011

4- Ovviamente, nellattesa di ritrovare un posto, le persone vanno sostenute. Servono nuove risorse. Le indennit e i sostegni al reddito si sfrangiano e si infrangono di fronte a un sistema centralistico che oggi alla prova del decentramento. La massa di risorse per gli ammortizzatori sociali tra Stato e Regioni, sulla carta, cospicua. Ma i criteri e, soprattutto, i tempi di erogazione delle risorse sono ancora incerti. Ci che apre le porte alle nostalgie dei prepensionamenti in deroga, di nuovo agli interventi tampone e emergenziali. Abbiamo invece bisogno di un sistema vero. Non abbiamo pi alibi.
*Giornalista e opinionista

Contra ppunti

Luigi Tivelli*

200

Il capitale umano tra cura intensa delle aziende e incuria dello Stato
tag diversificazione \ congiuntura \ know how \ formazione \ investimento
Molto probabilmente il secondo decennio degli anni 2000 sar in futuro ricordato come il decennio della qualit, dopo la sbornia di quantit che ha caratterizzato il decennio in corso. Lubriacatura dei mercati finanziari da cui maturata la crisi stata infatti la sbornia tipica di milioni di operatori che credevano di poter moltiplicare e inseguire allinfinito le quantit finanziarie, a prescindere dalle condizioni reali delleconomia. Su un altro piano la sbornia della quantit di prodotti inquinanti, artatamente moltiplicati a prescindere da ogni forma di valutazione dellimpatto ambientale, ha moltiplicato leffetto serra, pregiudicando lo stesso futuro del pianeta. Per fortuna nei sistemi complessi ad un certo punto scatta lautocorrezione o la correzione obbligata. Se guardiamo alle risultanze provvisorie dei vari G8, G14, G20 alternatisi negli ultimi mesi, la nuova parola chiave che emerge, e il nuovo fattore su cui si punta sembra essere la qualit, qualit delle banche e della finanza, qualit dello sviluppo, qualit dellambiente, etc. . Non solo. Alcune organizzazioni internazionali hanno messo al lavoro pool di economisti e di ricercatori, per elaborare un nuovo indicatore di sviluppo, che, diversamente dallattuale prodotto interno lordo, possa incorporare anche gli aspetti qualitativi dello sviluppo. Se questo avviene a livello macro sembra che una tendenza analoga si stia affermando a livello micro, intendendo qui con esso le singole aziende. La risposta pi intelligente che molte aziende stanno dando alla crisi mi sembra quella di puntare oggi pi di prima sulla qualit. Questo assume varie sfaccettature, ma quella che qui ci interessa lattenzione alla qualit delle risorse umane, di quellinsostituibile capitale di persone di cui sono fatte le aziende. Proprio mentre molte aziende sono costrette a liberarsi di un po del loro capitale umano, i loro responsabili si accorgono ancor di pi di quanto il capitale umano sia in assoluto il primo fattore di una azienda. Questo nella piccola azienda familiare significa prestare sempre pi attenzione da parte dei titolari alla motivazione,

2011
vero: la supplenza dellimprenditore consapevole sostituisce una assoluta incapacit dello Stato di ritirarsi dalloccupazione dei sistemi di sostegno sociale che, tuttavia, non riescono a essere efficienti e solidali proprio per il ruolo distorto dello Stato medesimo. Laccento sulla responsabilit dimpresa nei confronti delle sue persone fondamentale per cambiare il nostro modello di relazioni interne e porre in primo piano le persone: esse sono il bene pi prezioso dellimpresa medesima. Ma occorre una vera e propria rivoluzione culturale. Giulio Sapelli

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Contrappunti

di una parte limitata delle risorse umane a disposizione delle aziende. Inoltre, per fortuna, mi sembra che siamo in presenza di un trend di disoccupazione aggiuntiva tendenzialmente pi limitato, rispetto allimpatto originariamente previsto a seguito della insorgenza della crisi economico-finanziaria (pur rimanendo in sospeso il destino di molti contratti di lavoro di tipo flessibile). E questo certamente perch molti imprenditori e CEO si sono adoperati per ridurre il pi possibile il numero dei disoccupati. Si tratta di quegli stessi responsabili aziendali che oggi pi di ieri guardano negli occhi o leggono i need assessment relativi ai loro lavoratori con lapproccio di chi intende mantenere e valorizzare il pi possibile la qualit del capitale umano di cui lazienda dispone. E cos si affinano o si introducono ex novo sistemi premianti e aumenta la parte variabile in seno alle retribuzioni. C poi il caso di ulteriori aziende che si attrezzano per apprestare servizi alla persona per le famiglie dei loro dipendenti, come ad esempio asili nido. Soprattutto (ma non solo) in tempi di vacche pi grasse di quelle attuali si intensificano poi le attivit di formazione, anche al fine di riconversioni professionali dei singoli lavoratori e di far avvicinare il pi possibile il loro potenziale alle prestazioni ad essi richieste. La supplenza delle aziende rispetto allo Stato Daltronde, spesso le aziende devono supplire alle carenze del nostro Welfare, del sistema degli ammortizzatori sociali e di una seria rete di formazione professionale esterna. Mentre, ad esempio, un imprenditore danese, in presenza in quel Paese di un modello di

alla soddisfazione, al benessere dei loro collaboratori. Nella media e grande azienda significa attivare pi appropriate, sofisticate, ma anche pi umane forme di gestione del personale. Questo pu significare maggior apertura del management sulla flessibilit dellorario di lavoro, maggiore attenzione a collocare le singole persone in posizioni di lavoro pi adatte alle loro attitudini, capacit e motivazioni, o altri aspetti di gestione delle risorse umane. Unazienda non solo una unit di produzione, ma anche e soprattutto cellula di vita sociale, fatta di tante qualit umane, e certamente in questa fase, proprio questi stessi imprenditori o CEO hanno vissuto o vivono con difficolt la necessit di liberarsi

flexsecurity che prevede cicli di formazione o riconversione professionale durante le fasi intermittenti di disoccupazione che possono caratterizzare la vita professionale media del lavoratore in Danimarca, pu reperire nel mercato professionalit adeguate, formate allesterno dellimpresa e in sintonia con i fabbisogni delle aziende, molto spesso invece, limprenditore italiano deve provvedere in proprio. Certo, le agenzie private per il lavoro, anche in Italia, coprono egregiamente una parte di questo tipo di fabbisogni, ma il modello pubblico di gestione del mercato del lavoro quanto di pi obsoleto si possa immaginare. Eppure, proprio i momenti di crisi potrebbero essere i pi opportuni per condurre una seria riforma del mercato del lavoro, del sistema degli ammortizzatori sociali e della formazione professionale. In Italia, invece, sembra che, in presenza della crisi, non si debba muovere foglia, e si accantonano somme ingenti a valere sul bilancio dello Stato per alimentare un sistema di ammortizzatori che, cos come congeniato, non copre alcuni milioni di lavoratori, specie giovani o con contratti di tipo flessibile. In questo quadro le aziende sono chiamate a svolgere funzioni di supplenza per aree di intervento cui nei Paesi pi evoluti provvede il sistema di Welfare e di gestione del mercato del lavoro. Quasi che la cura del capitale umano debba essere solo un problema dellazienda e non anche una missione fondamentale dei pubblici poteri.
*Consigliere parlamentare e saggista

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Contra ppunti

Francesco Guidara*

201

lanno della centrifuga


tag lavoro \ cambiamento \ occupazione \ economia
Il 2010 sar lanno della centrifuga. Un anno che permetter di definire con maggiore precisione la nuova geografia economica del mondo.
Maurizio Sacconi Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo Berlusconi

Per il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, lerrore pi grave per il nostro Paese sarebbe ignorare questo processo. Siamo entrati in un vorticoso cambiamento spiega il Ministro a Lavori in Corso quella maggioranza dellumanit disorganizzata fino ad oggi si organizzata ed entrata nella storia. La geografia dei consumi e delle produzioni sono state modificate. Tutto questo ci impone, come Italia, di misurarci con cambiamenti straordinari ed epocali. Dobbiamo avere piena consapevolezza dei nostri punti di forza e di debolezza. Fra questi ultimi vedo il declino demografico e il debito pubblico. Ma attenzione: dallaltra parte ci vuole piena coscienza di ci che di meglio sa offrire il nostro sistema: penso al basso indebitamento delle famiglie, che sono fra le pi patrimonializzate al mondo, della robusta base manifatturiera e della spiccata attitudine alla imprenditorialit. Molti economisti in giro per il mondo ancora non hanno capito cos lItalia. Fra i punti di debolezza c anche una disoccupazione che cresce e torna ai livelli del 2004. Ed uno spaccato sul mondo

2011
Lauspicio di conoscere meglio la nuova geografia del mondo non rimasto insoddisfatto. Il biennio 2010-11 ha profondamente mutato i rapporti di forza, non sempre lungo la direzione attesa. Se la forza dei cosiddetti Paesi BRIC si consolidata, pur con qualche ombra, pochi avrebbero immaginato di vedere allangolo Europa e Stati Uniti. Dalleurocaos del vecchio continente alle difficolt di crescita della prima economia del mondo, costretta a subire - per la prima volta nella storia - lonta di un declassamento di rating e la perdita della tripla A. Francesco Guidara

del lavoro giovanile sempre pi preoccupante. Cosa ne pensa? Intanto ci si determina in tutti i Paesi industrializzati sopratutto europei, loccupazione segue i cambiamenti e inevitabilmente poi le ristrutturazioni che si producono depositano disoccupazione aggiuntiva. Eppure in Italia il livello resta inferiore alla media di Eurozona. La priorit oggi investire sulle competenze, affinch siano sempre pi funzionali ai nuovi processi economici. Non dimentichiamo che lItalia ha sempre avuto tassi bassi di occupazione. Una carenza cronica non giustificabile solo con il sommerso. Partiamo da quello che stato fatto durante la crisi: abbiamo fatto bene a dare priorit alla stabilit della finanza pubblica, abbiamo fatto bene a proteggere le persone colpite attraverso un sostegno al reddito. Oggi possiamo dire che il Paese ha tenuto, la coesione sociale si mantenuta: avrebbe potuto esserci un fortissimo processo di deindustrializzazione che per fortuna non si visto. Osservando pi da vicino il rapporto fra giovani e mondo del lavoro, cosa la colpisce e non le piace? Non mi piace lesito in termini di competenze e conoscenze che

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Contrappunti

e delle competenze. Anche qui abbiamo chiesto alle Regioni di partire subito, sperimentalmente, in sussidiariet, chiedendo alle parti sociali, alle organizzazioni della rappresentanza, di certificare - a domanda del lavoratore - ci che sa fare, non la certificazione formalistica di aver partecipato ad un corso, che strumento e non fine, ma la certificazione di ci che sa fare. Cos si aiuta lincontro fra domanda e offerta e si rafforza la buona formazione. Quali riforme vorrebbe che vedessero la luce nel 2010? Abbiamo in agenda un processo riformatore fatto di vari cambiamenti: dal fisco, al sistema educativo, alla giustizia. Tutti aspetti che rientrano in quello che io definisco il capitale organizzativo del Paese. Per quanto mi riguarda vorrei sviluppare ulteriormente la fuoriuscita dal conflitto distributivo di quel sovraccarico ideologico che ha viziato il nostro mercato del lavoro e contratto la nostra base di occupazione. Questo potrebbe rendere fluido il rapporto di lavoro, cooperativo, soprattutto a livello di relazioni industriali collettive che devono essere cooperative. Significa condividere le fatiche di questa transizione, sapendo per che domani saranno condivisi anche gli eventuali utili che si potranno produrre. E per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali li immagino come strumenti pi diffusi e su base finalmente assicurativa rispetto a quelli di cui oggi disponiamo in via ordinaria, e che abbiamo integrato in via straordinaria. Questo quello che vorrei, non soltanto proteggere passivamente i lavoratori.

offre il nostro sistema educativo. Perch la debolezza dei giovani nel nostro mercato del lavoro innanzi tutto determinata dalle fragili conoscenze e competenze che - non per loro colpa, ne sono vittime - ha generato il processo educativo. Le debolezze dei servizi di orientamento, la debolezza dei percorsi educativi, per non parlare delle difficolt di molte nostre universit che costringono a percorsi inutilmente lunghi e separati dal mondo del lavoro. Pi nel dettaglio, cosa significa? I nostri giovani se aiutati potrebbero scegliere meglio, senza cadere nel disadattamento scolastico: ragazzi che fanno scelte per convenzioni sociali, che poi vanno avanti per anni e con fatica nella loro carriera scolastica, finendo con il laurearsi, senza aver mai lavorato magari verso i 30 anni in qualcosa che non vale niente. Questa una generazione bruciata dai cattivi educatori, da famiglie distratte, dallassenza di adeguati servizi di orientamento. Credo

che tutto venga dai peggiori anni della nostra vita, quegli anni 70 nei quali una generazione viziata e viziosa non andata a fare impresa, si nascosta nella scuola, nella giustizia, nel giornalismo. Qualunque cosa pur di non lavorare. La separatezza fra educazione e lavoro spiega la bassa occupabilit dei nostri giovani e su questo dobbiamo agire attraverso gli strumenti di transizione dalla scuola al lavoro, con istituti tipici come il contratto di apprendistato. Da dove partire per rendere pi fluido ed efficace questo passaggio? fondamentale unanalisi dei fabbisogni professionali sui territori regionali, una cosa di cui abbiamo bisogno subito e che chiediamo in sussidiariet alle parti sociali, diciamo loro di darci informazioni, di fare indagini campionarie su richiesta delle Regioni e dirci di cosa c bisogno per sostenere lorientamento per i pi giovani. Un altro strumento per spingere sulla domanda quella della certificazione dei mestieri

OP

*Caporedattore centrale Class CNBC

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Contra ppunti

Pietro Ichino

200

PER UN WELFARE PI MIRATO AL BISOGNO REALE, PI INCLUSIVO E UNIVERSALE


tag sostegno \ assistenza \ collocamento \ formazione \ occupazione
Pietro Ichino Senatore e giuslavorista

2011
Pietro Ichino rappresenta il sogno di fare dellItalia un Paese avanzato socialmente, unitamente alla crescita della produttivit del lavoro che da una maggiore sussidiariet - in luogo delleccesso di statalismo di cui soffriamo - scaturirebbe, grazie alle sue iniziative parlamentari e culturali. Sogno che dobbiamo far divenire, nella discussione pubblica, realt. Giulio Sapelli

Lo Stato italiano versa ogni anno oltre 70 miliardi di euro per far fronte al fabbisogno dellInps, cio per mantenere in equilibrio il nostro sistema pensionistico attuale. questo il modo migliore in cui interpretare il fondamentale debito di sicurezza dello Stato verso i suoi cittadini pi deboli? Certamente no. Le situazioni di maggior debolezza e bisogno coincidono solo in parte con le situazioni nelle quali tipicamente vengono erogate dallInps le pensioni di anzianit e di vecchiaia. davvero difficile sostenere che meritino un sostegno del reddito a carico della fiscalit generale i cinquantottenni o sessantenni in quanto tali, senza distinzione tra chi svolge un lavoro manuale o usurante e chi no; eppure, anche per consentire a questi ultimi di andare in pensione precocemente che lo Stato versa quei 70 miliardi ogni anno (col risultato, oltretutto, di contribuire a mantenere patologicamente basso il nostro tasso di occupazione nella fascia di et tra i 55 e i 65 anni). Lo Stato stesso invece inerte di fronte a situazioni nelle quali lintervento pubblico a carico della fiscalit generale sarebbe giustificatissimo, anzi indispensabile: si pensi, per esempio, alle famiglie che devono

dare assistenza continuativa a un proprio membro non autosufficiente, oppure alle situazioni di povert infantile, che sono destinate a segnare in modo per lo pi irreversibile il destino di centinaia di migliaia di futuri adulti. Su entrambi questi fronti si potrebbe fare fin dora moltissimo con le risorse che si otterrebbero mediante un aumento di uno o due anni dellet del pensionamento di anzianit. In particolare, con 7 miliardi allanno (meno di un decimo di quello che lo Stato spende oggi per far fronte al fabbisogno dellInps!) si potrebbe incominciare a imitare seriamente il sistema di assistenza domiciliare agli invalidi non autosufficienti di Paesi avanzati come la Svezia o la Norvegia, mettendo in moto un meccanismo di formazione e lavoro nel settore dellassistenza che, a regime, darebbe lavoro a circa 100 mila persone, in prevalenza donne, e non necessariamente in forma di lavoro alle dipendenze di enti pubblici. Con lo stesso stanziamento si potrebbe attribuire a tutte le persone di et fino a 16 anni una sorta di primo reddito di cittadinanza fruibile in servizi

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Contrappunti

di assistenza e istruzione. Non sarebbe questo un modo migliore di spendere il denaro pubblico oggi destinato al sistema del welfare? Poi c il problema del sostegno del reddito di chi perde il posto di lavoro: oggi dei lavoratori dipendenti meno della met gode di un trattamento di disoccupazione degno di questo nome. Qui, per, la questione non soltanto e neppure principalmente - quella del reperimento delle risorse necessarie per il sostegno del reddito. Qualsiasi potenziamento di un trattamento di disoccupazione presenta il problema del suo possibile effetto, su chi lo riceve, di addormentamento dellattivit di ricerca della nuova occupazione. Universalizzare il sostegno del reddito per il lavoratore dipendente che perde il lavoro necessario, sia dal punto di vista della sicurezza sociale, sia da quello della stabilizzazione del ciclo economico: la sicurezza data al disoccupato significa, infatti, anche stabilit della domanda di beni e servizi alle famiglie nella congiuntura economica negativa. Ma una strategia credibile di generalizzazione del trattamento di disoccupazione deve saper coniugare il sostegno del reddito con servizi di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, che consentano un controllo efficace dellattivit di ricerca svolta dal lavoratore e della sua disponibilit effettiva per le occasioni che gli si presentano. Oggi nel nostro Paese il trattamento di disoccupazione condizionato a questa disponibilit soltanto in linea teorica: in realt i servizi pubblici nel mercato del lavoro

non sono in grado di garantire leffettivit di questo carattere condizionale del trattamento. Si pone dunque la questione cruciale: come rendere davvero sostenibile luniversalizzazione del sostegno del reddito ai disoccupati, dando vita in tempi non geologici a un sistema di servizi nel mercato del lavoro davvero efficiente? Una soluzione credibile di questo problema, in Italia oggi, non sembra poter passare attraverso un potenziamento dei servizi pubblici di collocamento e formazione professionale, che sono sottoposti alla competenza legislativa e amministrativa delle Regioni: dopo un quarto di secolo di discussioni e impegni in proposito, i risultati in questo campo sono troppo scarsi. Una soluzione credibile pu passare, invece, attraverso una responsabilizzazione forte delle imprese su questo terreno. Si pu pensare a una prima fase sperimentale, nella quale si consente alla contrattazione collettiva di attivare, nellimpresa o gruppo di imprese disponibili, un nuovo sistema di sicurezza di tipo nord-europeo: in cambio di una maggiore libert nei licenziamenti per motivi economici e organizzativi, le imprese si impegnano ad assicurare ai dipendenti eventualmente licenziati, per mezzo di un apposito ente bilaterale o consortile, una forte garanzia di continuit del reddito e servizi efficienti di riqualificazione professionale e assistenza nella ricerca della nuova occupazione. Se il sistema di sostegno del reddito interamente finanziato dalle stesse imprese, queste sono fortemente incentivate a porre in essere servizi di riqualificazione e collocamento efficienti, in modo che i periodi di disoccupazione ne

risultino il pi possibile ridotti. Dopo qualche anno di sperimentazione, questo nuovo assetto potrebbe essere generalizzato, obbligando tutte le imprese a consorziarsi per la costituzione degli enti bilaterali o consortili capaci di garantire a tutti i lavoratori sostegno del reddito e servizi - necessariamente efficienti, proprio in conseguenza del sostegno del reddito di assistenza nei processi di mobilit interaziendale. In questa ottica appare evidente il nesso che corre tra universalizzazione del trattamento di disoccupazione e riforma della disciplina dei licenziamenti. La perdita del posto non costituisce pi per il lavoratore una catastrofe economica, comportando perdita del reddito e dispersione di professionalit: nel nuovo sistema la continuit del reddito garantita e il processo di aggiustamento industriale diventa un momento in cui si compie un cospicuo investimento sul capitale umano del lavoratore, al fine della sua migliore ricollocazione nel tessuto produttivo. Il lavoratore sicuro che la soluzione occupazionale migliore non tarder, anche perch sa che allimpresa un ritardo indebito costerebbe troppo. Questo, in estrema sintesi, il progetto contenuto nel disegno di legge per la transizione a un regime di flexsecurity, presentato il 25 marzo scorso da 30 senatori: sostituire, per le nuove generazioni, al vecchio modello mediterraneo di sicurezza fondato sullingessatura del singolo rapporto di lavoro, un modello nord-europeo nel quale la sicurezza del lavoratore si fonda sulla garanzia di assistenza integrale nel mercato, quando i processi di aggiustamento del tessuto produttivo lo richiedono.

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Contra ppunti

Francesco Guidara*

200

COME REAGIRE ALLA CRISI


tag crisi \ ripresa \ opportunit \ riforme
Un anno vissuto pericolosamente quello di Federica Guidi, eletta presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria nellaprile del 2008.
Federica Guidi Past President Giovani Imprenditori di Confindustria

Ricevuto il testimone da Matteo Colannino, si dovuta misurare con la coda velenosa della peggiore crisi degli ultimi 90 anni. La nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac. Il fallimento di Lehman Brothers, la pi esplosiva politica di tagli dei tassi mai vista da parte delle banche centrali mondiali. E poi il crollo dei mercati e la caduta delle economie di mezzo mondo. Era il 24 aprile di un anno fa ricorda ma come se fossero passati 15 anni per la nostra economia, questi pochi mesi hanno modificato lo scenario nel profondo. In che modo? Questo ancora sfugge alla nostra lettura e alle nostre analisi. Per quanto qualche segnale ci fosse gi, quello che successo era per noi e per tutti qualcosa di inimmaginabile. cambiato lo scenario di riferimento, sono cambiate le nostre aziende. Non soltanto una crisi, qualcosa che ha gi cambiato il modo di fare impresa e il panorama, oltrech lo scenario industriale mondiale. come se fosse terminata unera geologica.

E adesso da dove si riparte? Qual il messaggio che arriva dai Giovani Industriali? Innanzitutto partiamo dal dato di fatto che questa crisi verr superata ed in fase di superamento. Non mi fermerei tanto sulla rilettura critica e storica di ci che abbiamo

2011
Restano valide oggi come allora le parole dellex presidente dei Giovani Industriali, Federica Guidi. Il richiamo a un lavoro comune fra banche e imprese, lassenza di un confronto-scontro e limpegno per una gara che si vince soltanto arrivando al traguardo insieme. Fra le priorit del 2012 quella di una condivisione di obiettivi e di sforzi fra chi presta denaro e chi lo impiega per far crescere la propria azienda e, di riflesso, il Paese. Nella speranza che i tassi delle ultime settimane restino una foto del passato. Francesco Guidara

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Contrappunti

alle spalle, o delle ragioni che hanno provocato quanto visto soprattutto negli Stati Uniti. Vogliamo staccarci dal contingente e dal quotidiano, avanzare proposte, contributi. Su quelle - che dal nostro punto di vista - sono le cose che servono per ricominciare e per accelerare luscita definitiva dalla crisi. Davanti al crollo dei mercati e agli affanni delleconomia hanno risposto meglio, a suo avviso, il governo, le imprese o le banche? E chi ne esce pi malconcio? Non porrei la domanda in questo modo: queste sono tre componenti indispensabili del sistema, un sistema che ha reagito un po meglio degli altri in Europa. A

cominciare dalla politica che deve mettere a disposizione gli strumenti pi efficaci. Abbandonerei il dualismo banche-imprese: non possiamo pensare che oggi tutto quello che riguarda il fisco e la finanza sia per forza negativo. La crisi stata innescata da una cattiva finanza, ma c un pezzo di credito e di sistema bancario che non solo indispensabile, ma rappresenta leccellenza, una gamba essenziale di questo Paese, un sostegno per le imprese che si muovono sui mercati. Non c nessun confronto fra finanza, da un lato, ed economia reale, dallaltro. una gara che si vince soltanto arrivando al traguardo tutti insieme. Questo non significa dimenticare o archiviare le singole responsabilit e i singoli comportamenti. Il mondo politico si diviso sullutilit di varare riforme in questo momento storico. Secondo lei corretto rimandare il varo delle principali riforme o ha ragione chi - come recentemente ha affermato il Fondo Monetario Internazionale - ritiene che ci stiamo perdendo unopportunit? chiaro che ci sono delle ragioni contingenti che non si possono ignorare e forse oggi complicato affrontare quelle grandi riforme di cui questo Paese ha bisogno. Ma non farle oggi non significa che non si possa adesso iniziare ad impostarle, anche perch dal nostro punto di vista scontato che si uscir dalla crisi. Parlare di riforme oggi ha senso. LItalia dopo la crisi ne avr bisogno, anche perch saremo pi deboli rispetto a un anno fa. Ma chiaro che abbiamo bisogno di riforme, di sciogliere quei nodi strutturali che questo Paese aveva gi prima che

la crisi producesse i suoi effetti. Crescevamo poco anche prima che Lehman Brothers implodesse. Le riforme vanno impostate proprio in questi momenti, in cui si mette in discussione molto se non tutto. Il problema caso mai un altro. Quale? Quando usciremo, quando tutto sar alle spalle il ritmo della ripresa dovr essere robusto. Dovremo crescere con lUnione europea, non allo zero virgola, ma all1%, al 2%, al 3%. LItalia del dopo crisi non pu permettersi di essere fra i Paesi che crescono meno. La gravit di questa crisi non si misura soltanto nei numeri del conto economico, ma anche valutando le conseguenze sul lato delle risorse umane. Anche qui, da dove si riparte? Credo che quello che stato fatto fino ad oggi dal Governo e che stato suggerito e stimolato anche da parte di Confindustria sia sostanzialmente positivo. Pensare di fare di tutto per limitare gli effetti negativi di questa crisi sul fronte delloccupazione, credo fosse qualcosa di sacrosanto e giusto, da un punto di vista sociale ma anche per preservare il capitale umano, una delle principali leve del nostro sistema. Perdere il know how e le competenze delle nostre imprese avrebbe comportato un depauperamento drammatico, che non si recupera facilmente. Preservare e mantenere nel circuito questi valori stato necessario, in attesa che la ripresa cominci concretamente a mostrarsi.
*Caporedattore centrale Class CNBC

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hr ? allo specchio

Serena Scarpello*

201

LINNOVAZIONE, ELISIR DI GIOVINEZZA PER LE AZIENDE


tag flessibilit / innovazione continua / competitivit / confronto / sviluppo dei talenti
La strategia dimpresa sta cambiando insieme al mondo in cui le imprese stesse si trovano ad operare ogni giorno. Un mondo in cui la globalizzazione dei mercati, linstabilit finanziaria, le dinamiche tecnologiche ed istituzionali spingono le aziende a reinventarsi e a cercare nuove concezioni di strategia. Secondo Elena Panzera, Direttore Risorse Umane di SAS, societ leader nel settore del software e dei servizi di business analytics che nel mondo conta pi di 11.000 dipendenti in oltre 400 sedi, lultimo anno di difficili scenari economici ha posto le imprese di fronte ad un mutato mercato del lavoro, quelle italiane in primis. Il nostro sistema meno flessibile di quello presente in altre realt europee, a partire da quelle anglosassoni. In Italia troppo spesso gli unici strumenti per superare questo momento di crisi sono stati gli ammortizzatori sociali, per alcune aziende la riduzione dellorganico, mentre i casi di partecipazione allutile da parte dei lavoratori oltre ad una leva forte sulla meritocrazia sono ancora sporadici. In questo contesto tuttaltro che roseo Panzera sottolinea come SAS rappresenti un po uneccezione, in quanto la sua strategia improntata sulladozione di logiche globali e sulla flessibilit intesa come cultura. La strategia competitiva vincente quella di mantenere un difficile equilibrio tra la focalizzazione sul core business e linnovazione. Che vuol dire concentrarsi su un contenimento dei costi e sulla realizzazione delle economie di scala che permettono a SAS di aumentare la produttivit e lefficienza senza per perdere di vista il coinvolgimento di attori esterni allorganizzazione. Una realt leggermente diversa quella di Easypack Solutions, societ nata nel 2001 per il coordinamento e la consulenza in progetti turn-key dellimballaggio generico che negli anni si focalizzata nellambito del mercato dellimballaggio monodose, creando il progetto Easysnap che ne diventato il core business. Dunque una realt nuova e in continua crescita che parte da un processo industriale innovativo e con un prodotto unico, come racconta Andrea Taglini, Vice Presidente del Gruppo. In questo caso non parliamo pi di ristrutturazione quindi, ma di vera e propria costruzione. Una realt giovane guidata da proprietari giovani che fanno dellinnovazione, della ricerca e dello sviluppo le leve principali attraverso cui superare le difficolt del mercato del lavoro. Per Taglini costruire una strategia dimpresa nuova vuol dire creare una squadra di persone che vogliono investire sul loro futuro, persone dinamiche e pronte a scoprire qualcosa di nuovo mettendosi in gioco. Non avendo una storia molto lunga alle spalle, Easypack vuole scommettere sul futuro, trovare sempre pi risorse che vogliono vincere insieme puntando su un progetto nuovo e su un

Abst
In un mondo che va alla velocit della luce, in cui tutto tecnologia e ogni prodotto innovativo gi vecchio prima di essere esposto nelle vetrine, le idee restano lunico modo per salvaguardare linnovazione

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h ?r hr allo specchio

mercato molto aperto e in grande espansione. Anche Damiano Cagna viene da una realt ben precisa: Group HR Manager della Pietro Fiorentini, azienda leader nel settore oil&gas che progetta, realizza e commercializza componenti, sistemi e servizi per la regolazione e la misura del gas naturale. Cagna daccordo con chi riconosce che il mercato del lavoro italiano quasi del tutto privo di contratti che diano spazio a una vera elasticit. La Pietro Fiorentini soffre un po meno delle altre aziende questo fenomeno. Proprio per la peculiarit del settore in cui opera, lazienda ha necessit di assumere risorse a tempo indeterminato: questo vale per il 90-95% dei casi.

Una fortuna che non tutti hanno. E che spinge sempre di pi le aziende italiane a guardare le realt che le circondano, realt dinamiche che vanno pi veloci e producono di pi. LEuropa ha ripreso a crescere, ma a due velocit. Il modo migliore per rispondere a questo dualismo, secondo Panzera stringere il legame tra innovazione e competitivit. Innovare vuol dire prima di tutto rafforzare la propria competitivit. Dobbiamo quindi guardare a quei Paesi in cui il sistema pubblico agisce in sinergia con il sistema privato per aumentare la capacit delle imprese di poter competere. Ma anche per permettere alla crescita economica di essere sostenuta in modo tale da poter arrivare ad un sistema sociale che possa diffondere il benessere allinterno della comunit. Il ruolo degli interlocutori politici e istituzionali, delle scelte di politica economica, sociale e culturale viene quindi visto come fonte di sviluppo e non solo di vincolo per le scelte strategiche. Il modello a cui ci siamo ispirati fino a qualche anno fa stato quello statunitense. Oggi se guardiamo le tante classifiche a partire da quella dellIstituto sullinnovazione dimpresa troviamo ai primi posti Paesi fino a pochi anni fa inaspettati: Finlandia, Israele, Regno Unito, Singapore e anche Giappone. In questi Paesi fondamentale che limpresa operi in un ecosistema dinamico e in un contesto in cui linnovazione del singolo pu trovare amplio spettro in un network sia formale che informale. Oggi questa realt in Italia non c. pur vero che dobbiamo fare i conti con una serie di costrizioni date da un sistema pubblico che ancora non supporta

le imprese n dal punto di vista della fiscalit n da quello di un equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Possiamo per iniziare a prendere degli spunti dai nostri vicini di casa. A partire dalla Germania che ha fatto molta leva sulla partecipazione meritocratica dei dipendenti allimpresa per creare un PIL in crescita, quindi un maggiore potere di spesa per i lavoratori, creando un circolo quasi virtuoso. Esplorare i casi eccellenti in Europa per superare le nostre criticit rappresenta un punto di partenza importante anche per Taglini. Creare un modello nuovo per lItalia in modo da far crescere le nostre aziende fondamentale, ma problematico: non bisogna dimenticare la nostra storia. Il nostro Paese sempre Stato distinto dagli altri per tante peculiarit industriali. Sicuramente lo stato ha il dovere di creare un welfare pi equo soprattutto per i giovani e sgravare lazienda da tante responsabilit sociali che oggi si sta sobbarcando in maniera sempre pi importante. Responsabilit che inevitabilmente sfociano in forme di contratto poco flessibili. Un circolo virtuoso in questo caso non da imitare ma che deve essere interrotto partendo da una riforma del welfare che possa poi consentire senza troppi traumi sociali una maggiore flessibilit del lavoro. Le imprese in questo possono intervenire ben poco. Secondo Taglini bisogna quindi chiedere allo Stato di rivedere la cassa integrazione, cambiare tante forme di ammortizzatori sociali che ormai sono superati, ricalcolare le pensioni. Se da un lato rifarsi a quei modelli di flexsecurity che funzionano in Paesi come la Danimarca pu essere uno spunto

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i protagonisti
notevole, dallaltro dobbiamo cercare di costruire un modello che si aggancia agli altri ma che sia un po diverso anche per la peculiarit delle nostre aziende. Taglini spera che le aziende italiane riescano a trasmettere al Governo un p di quella capacit di innovazione che hanno avuto in tutti questi anni e che continuano instancabilmente a cercare, cos da poter costruire un modello sociale diverso e davvero innovativo. Fare i conti a livello di impresa e di sistema Paese per far leva su quello che il pubblico pu recepire partendo da best practices sul privato serve alla strategia dimpresa per stare al passo con i tempi. Cagna non aspetta le istituzioni. La Pietro Fiorentini si arrangia come pu per rispondere alle esigenze dei lavoratori: al suo interno ci sono 35 orari diversi. Unattenzione particolare va allequilibrio tra vita privata e vita lavorativa, soprattutto per le donne: il prossimo anno prender vita il progetto di un asilo nido interno dellazienda. Un modello costruito proprio guardando ai Paesi del nord ma anche a grandi aziende che operano nel settore dellautomotive in Germania dove lo stesso Cagna ha potuto constatare, prima di entrare nella Fiorentini, che possibile puntare a una maggiore flessibilit partendo dalla stessa azienda. Il cantiere di lavoro sostanzialmente lo stesso: linnovazione continua a tutto campo uno dei fattori che permettono il successo di unazienda. Innovazione che non pu essere vista come un processo separato, vissuto da funzioni aziendali dedicate ma deve essere distribuita a 360 gradi in tutta lazienda. E la Fiorentini ci va a nozze con linnovazione. Ogni giorno deve confrontarsi con un settore in cui levoluzione tecnologica gioca un ruolo determinate. Oltre al continuo controllo e a una precisione che non mai troppa in un settore come quello dellenergia (come il disastro di aprile nel Golfo del Messico insegna) linnovazione messa ormai parte dei contenuti della strategia stessa di Pietro Fiorentini. Linnovazione in information technology e il vantaggio competitivo sono la base di partenza per una moderna concezione di strategia anche per la SAS. Panzera sottolinea limportanza che questo legame ha assunto negli anni e mette in evidenza una cosa diversa rispetto al passato: si tratta oggi di un legame non solo quantitativo ma anche e soprattutto qualitativo. Investire nellinnovazioe per unimpresa vuol dire rinnovare non solo la tecnologia ma proprio il modo di governance dellimpresa stessa. SAS punta alla creazione di soluzioni per orientarsi nella revisione del business ed essere in grado di agire in maniera innovativa sulla struttura stessa del fare business. Taglini convinto che alla base di tutto questo ci sia sempre il confronto con le altre realt. La capacit di guardare diversi settori, portare diverse strategie nella nostra realt, per osservare e confrontarci unoccasione importante. Linnovazione rappresenta il leit motiv di Easypack: come spiega lo stesso Taglini la ragione stessa per cui siamo riusciti a fare unazienda partendo da niente. Osservare il mondo con curiosit, esplorare aree diverse, imparare dalle altre realt: tutte variabili indispensabili per rinnovarsi continuamente. Il prodotto di Easypack trasversale, un prodotto che abbraccia tanti settori diversi che vanno dalla cosmetica allalimentare. Questo ci consente di vedere il mondo in una maniera un po pi ampia di tante realt che hanno un focus pi specifico. Quindi innovazione per Taglini vuol dire soprattutto attenzione al prodotto, ma anche ai clienti ai quali dare un servizio che sia competitivo rispetto ai pi moderni. Ed proprio sul coinvolgimento dei clienti che si basa la strategia di SAS. Continuare ad investire nellinnovazione in un sistema aperto che secondo Panzera deve coinvolgere in maniera partecipativa sicuramente i partner ma di pi i nostri clienti. Laltra area sicuramente di leva per lo sviluppo dellinnovazione per creare valore lo sviluppo dei talenti. Da sempre noi investiamo tantissimo in ricerca e lavoriamo con le universit. Promuovere linnovazione allinterno delle stessa popolazione aziendale attraverso il coinvolgimento dei dipendenti unarma assolutamente fondamentale per essere competitivi sul mercato ma anche per fare da catalizzatori nei confronti dei talenti e delle risorse di valore. SAS lavora su tutta la comunicazione aziendale per alimentare questo coinvolgimento. Creiamo progetti innovativi come quello che abbiamo chiamato Generazione Y che si concentra su 60 giovani sotto i 30 anni di SAS Italia e che prevede la scelta finale dei due progetti pi innovativi tra quelli presentati. Tutto questo network diventa

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SAS
SAS leader nei software e servizi di Business Analytics ed la pi grande societ indipendente nel mercato della Business Intelligence. Attraverso soluzioni innovative fornite nellambito di un framework integrato e con oltre 45.000 installazioni, SAS aiuta le imprese a migliorare le performance e a veicolare valore aiutando i manager a prendere decisioni migliori in tempi brevi. SAS fornisce dal 1976 alle aziende di tutto il mondo THE POWER TO KNOW. Elena Panzera HR Director SAS, Psicologa del Lavoro si laurea nel 1999 allUniversit Cattolica di Milano, inizia la sua carriera in McKinsey & Company con il ruolo di Training & Internal Communication Administration per lItalia. Nel 2002 passa in KPMG Advisory Service come Training & Internal Communication Manager, nel 2004 coglie lopportunit di seguire il Professional Development per la sede italiana di SAS. Dal 2009 HR Director a riporto del Direttore Generale. Ha un Master in coaching ed responsabile del progetto di Talent Management di SAS Europe.
Elena Panzera

EASyPACk SOLUTIONS
Societ nata nel 2001, creata per il coordinamento e la consulenza in progetti turn-key dellimballaggio generico, nellarco degli anni la mission aziendale si focalizzata nellambito del mercato dellimballaggio monodose, creando il progetto Easysnap, fino a diventarne il core business. La societ oggi presente commercialmente con il progetto monodose in 12 paesi, mediante agenzie dirette/indirette, macchine automatiche vendute e societ controllate. Andrea Taglini socio dellEasypack Solutions Srl per la quale si occupa inoltre di relazioni con il pubblico. Specializzato in start-up e strutture aziendali, coordina la rete commerciale Italiana e gestisce la societ che commercializza il prodotto Easysnap in ambito cosmetico-parafarmaceutico. Fonda nel 2007 con Christian Burattini e Gianluca Giorgi la societ dedicata a Easysnap nellambito alimentare e nel 2008 crea la Joint Venture per lofferta del servizio nellambito cosmetico.
Andrea Taglini

PIETRO FIORENTINI
Pietro Fiorentini SpA da 80 anni leader mondiale del settore Oil&Gas. Ha 750 dipendenti e un indotto notevole di societ terze. Il quartier generale storico a Vicenza, ma ha sedi in tutto il nord Italia, Europa, Cina e Stati Uniti. Dalla bocca estrattiva sino alle singole utenze industriali e domestiche Pietro Fiorentini copre tutta la filiera del trattamento del gas naturale, e prodotti e servizi nel settore petrolifero. Nel 2009 Mediobanca ha dichiarato Pietro Fiorentini azienda pi dinamica dItalia, con il 50,8% di aumento dei ricavi. Damiano Cagna Group HR Manager della Pietro Fiorentini. Dopo la laurea alla Rice University di Houston TX - Department of Economics e un MBA nel medesimo ateneo (settimo Campus per importanza degli USA), inizia la carriera nel settore automotive rimanendo per 10 anni allestero: General Motors a Detroit USA e poi Toyota UK con ruoli crescenti nellambito della funzione HR. Nel 2008 il rientro in Italia dove viene ingaggiato da Pietro Fiorentini. Ha 37 anni.
Damiano Cagna

indispensabile per accedere anche a risorse potenziate che fino a pochi anni fa era difficile mettere in contatto. Lo sviluppo dei talenti il vero motore dellinnovazione secondo Cagna. La continua crescita delle risorse allinterno del gruppo fondamentale. Tutti i giovani che passano da Fiorentini sono giovani

ingegneri che entrano nella Pietro Fiorentini Academy, fanno un percorso di crescita, spesso seguono un master e in alcuni casi continuano una parte degli studi negli Stati Uniti. Puntare sui giovani talenti per avere sempre nuove idee e nuove sfide il segreto di Easypack. Noi cerchiamo di coinvolgere al massimo tutti quelli che fanno parte della nostra realt aziendale. Ogni venerd ci incontriamo e discutiamo le nostre proposte. Ogni idea che

viene presentata viene sempre considerata valida. Le idee. In un mondo che va alla velocit della luce, in cui tutto tecnologia e ogni prodotto innovativo gi vecchio prima di essere esposto nelle vetrine, le idee restano lunico modo per salvaguardare linnovazione, vero elisir di giovinezza per le aziende di oggi.
*Giornalista Class CNBC

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Serena Scarpello*

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Lintegrazione delle donne nel lavoro passa per la cultura


tag gender gap / breadwinner / conciliazione / diversity / approccio olistico
La situazione del mercato del lavoro continua a preoccupare tutto il mondo. La ripresa si dimostra tuttora fragile e a diverse velocit. Le perdite di posti di lavoro sono state enormi e le disuguaglianze sociali si sono acuite. Se analizziamo complessivamente gli ultimi dati sulloccupazione e disoccupazione maschile e femminile, vediamo come sia gli uomini sia le donne abbiano peggiorato la loro posizione strutturale. Ma il dato rilevante un altro: le donne continuano a essere in netto svantaggio rispetto agli uomini. In controtendenza rispetto allUnione Europea, dove la disoccupazione maschile ha superato quella femminile, in Italia il tasso di disoccupazione resta pi elevato per le donne. Questo perch il gap fra il tasso maschile e femminile era talmente elevato prima dellavvento della crisi che non si registrato un sorpasso degli uomini sulle donne. In Italia il gender gap un problema culturale dice Patrizia Sangalli, HR Manager Italy, Spain & EMEA Services di Lenovo, societ leader a livello mondiale nella produzione di PC allavanguardia. proprio un problema che affonda le sue radici nella nostra tradizione. chiaro che alluscita da un periodo di crisi loccupazione privilegia lassunzione maschile perch tradizionalmente sono i famosi procacciatori di cibo per la famiglia. Quelli che in America chiamano pi pragmaticamente breadwinner. La differenza per sta nel fatto che i procacciatori di pane a stelle e strisce sono sempre pi spesso le donne, addirittura le mamme. In Italia si parla invece di auto-esclusione culturale come ricorda Michele Riccardi, direttore risorse umane di Edenred, azienda leader mondiale nei buoni e nelle carte di servizio, presente in 40 paesi. Nel nostro Paese di solito si pensa erroneamente che le donne italiane possano rimanere a casa per occuparsi dei figli, un po per scelta e un po per necessit. Questo un concetto non corrispondente alla realt soprattutto se si pensa al bassissimo tasso di natalit in Italia. un paradosso perch la donna italiana ha un numero di figli inferiore a quella francese, ad esempio, ma lavora meno. Se la donna avesse maggiore supporto sul piano famigliare, sicuramente avrebbe la possibilit di scegliere di lavorare in un numero maggiore di casi evitando di doversi dedicare solo alle cure famigliari. La famiglia incarica la donna come babysitter da giovane e la promuove a badante quando matura. Ancora troppo spesso le donne rinunciano a immettersi nel mercato del lavoro. La met di loro si trova prima o poi a dover scegliere tra pargoli e carriera. Secondo Riccardi il problema della maternit un problema serio, reale, ed il vero collo di bottiglia che fa escludere

Abst
Le donne devono essere integrate nel percorso di crescita e di ripresa economica come lavoratrici che sanno vedere lontano

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e autoescludere le donne o dalla crescita professionale, intesa come occupazione di posti di responsabilit, o addirittura dal mercato del lavoro. Marta Bussola, Responsabile del Personale di Cerin S.p.A., una delle pi affermate e solide realt italiane nel settore della utensileria di precisione in metallo duro, crede fermamente che le aziende devono partecipare a questo processo di integrazione attraverso strumenti di conciliazione come gli asili nido. Solo cos si pu arrivare a cambiare una certa mentalit. La grande crisi ha dato il via a uninfinit di studi, ricerche e dibattiti in cui le donne vengono citate come soluzione. In generale infatti sembra emergere una correlazione positiva tra presenza di donne e performance aziendale. La crisi dunque ha dato il via a una nuova lotta di genere che si combatte sulleconomia. Riccardi sottoscrive ma aggiunge: non solo una questione di uomini e donne ma di diversity in generale, et, nazionalit, bagaglio culturale, e quindi quanto pi si diversi tanto pi si ricchi. Ma la diversit va gestita, pi impegnativa, ma come tutte le cose difficili, alla fine si rivelano le pi efficaci. La donna una leva importante anche per la Sangalli: proprio la capacit empatica che le donne hanno nella gestione della relazione che le rende fondamentali. Nelle relazioni riescono ad avere un approccio un po pi olistico della realt e pertanto possono essere pi sensibili agli andamenti di clima, ai segnali deboli, pi abili nella mediazione. C un grosso lavoro che ogni singola donna deve fare,

senza scimmiottare latteggiamento maschile nel mondo del lavoro perch snaturerebbe quello che sono i valori pi importanti. La donna deve cercare di essere se stessa. I team dove la presenza femminile e maschile equa sono anche i team dove si respira un clima migliore e dove le cose funzionano meglio e con prospettive diverse. Ma per crearsi il loro spazio allinterno delle aziende, per concentrare il potere nelle loro mani e riuscire a mantenerlo una volta ottenuto con tanta fatica, la donna deve puntare sulla sua professionalit, come sottolinea la Bussola. Anche se questo comporta un lavoro doppio rispetto a quello delluomo. La donna professionalmente deve dare e d un contributo importante soprattutto nel lavoro di squadra. E le aziende stesse sono le prime a perdere in competitivit nel momento in cui sottovalutano o mettono da parte la donna con tutte le sue caratteristiche. Prima di tutto la leggerezza con cui sanno affrontare anche le questioni pi importanti. La donna vede lontano, rischia di meno ed pi realista. Al momento di insediarsi al vertice di Confindustria Emma Marcegaglia aveva ricordato che, se loccupazione femminile fosse allineata ai tassi medi europei, il nostro PIL crescerebbe di quasi 7 punti. Ma mentre negli USA si parla di Mr. MOM per indicare il pap che sta a casa con i figli, in Italia le donne continuano a correre e a scrivere sulle loro agende comprare il latte tra un cda e un volo per Londra. Da noi le donne sono al 45%, ci tiene a far notare la Sangalli.Lenovo Italia unazienda piccola, siamo in 25. Abbiamo una percentuale alta

rispetto a Lenovo Europa, dove al 30%. Lenovo una societ multinazionale che affonda le sue radici in IBM. Abbiamo ereditato e ci portiamo dietro questo tipo di cultura che quella di grande apertura verso la popolazione femminile. Ce ne sono tante anche in posizioni di responsabilit, per

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i protagonisti
aziende che iniziano a muoversi per aiutare le famiglie nota con compiacenza la Bussola. I servizi di conciliazione rappresentano la base da cui partire. Solo nel momento in cui le donne si sentiranno davvero accompagnate nel loro percorso di vita, oltre che di lavoro, riusciranno a considerare la maternit come una fase di passaggio e non pi come un rischio per la loro professione. Per la Sangalli la maternit sempre un periodo di interruzione. Sia per lazienda piccola che grande si tratta di gestire la microrganizzazione del lavoro con unattenzione particolare perch non sempre gli asili nido sono sufficienti. Se parlo per me, dopo tanti anni di lavoro, nessuno si ricorda che io tanti anni fa ho avuto dei figli. Cio, bisogna anche smitizzare questa cosa della maternit e dire anche capita a tutti. E lItalia ha bisogno che capiti a tutti. Il nostro Paese rischia di diventare un paese per soli vecchi. Le donne devono essere integrate nel percorso di crescita e di ripresa economica come lavoratrici che sanno vedere lontano e che sono pi realiste per loro natura. Ma anche e soprattutto come mamme, in quanto senza di loro tra qualche decennio non potremmo pi parlare non solo di una popolazione di lavoratori, ma di una popolazione di italiani.
*Giornalista Class CNBC

esempio manageriali: sono tre, e non sono poche. Lintegrazione della popolazione femminile allinterno delle aziende deve passare per un sistema di strumenti di conciliazione. Una legislazione nuova che faccia in modo che, sia il pubblico che il privato, diano le stesse opportunit a uomini e donne di affermarsi nel mondo del lavoro sicuramente importante. Ma le stesse aziende possono fare tanto in questa direzione. Per quanto riguarda le pari opportunit, per esempio, Riccardi spiega come la cura

dei lavoratori/genitori (il progetto Genitori in Ederned prevede counseling di un esperto, bilancio di competenze al rientro dalla maternit, informazione costante sulla vita aziendale durante la loro assenza, un tavolo annuale sulla genitorialit e la presenza di un maggiordomo aziendale che si preoccupa delle incombenze classiche tra cui lavaggio indumenti, pagamento bollette, ritiro documenti) pu aiutare a far conciliare al meglio lo stare in azienda con lo stare a casa. Sono sempre di pi le grandi

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CERIN
La Cerin S.p.A. inizia la propria attivit nel 1971 e oggi rappresenta una delle pi affermate e consolidate realt italiane nel settore della utensileria di precisione in metallo duro. Nel corso degli anni Cerin divenuta leader nel settore e si affermata nei mercati di tutto il mondo grazie alla qualit di prodotto, allefficienza e flessibilit della sua struttura interna e a un forte impegno in Ricerca e Sviluppo mirati alla progettazione di nuovi prodotti. Le lavorazioni sono effettuate da personale altamente specializzato addestrato internamente. La Cerin certificata ISO 9001/2000. Marta Bussola, acquisita trentennale esperienza nella Cerin S.p.A. con competenza specifica nel settore delle Risorse Umane. Lambiente di lavoro, tipico della piccola-media azienda, ha inoltre consentito una formazione ancora pi vasta e completa con particolare riferimento al Sistema Qualit e Sicurezza Ambientale. Mamma di un ragazzo ormai studente universitario, ha sempre saputo coniugare limpegno famigliare con quello professionale.
Marta Bussola

EDENRED
Edenred, leader mondiale nei buoni e nelle carte di servizio, propone soluzioni prepagate destinate al benessere individuale e al miglioramento delle performance di organizzazioni e aziende. Presente in 40 paesi con 6.000 collaboratori, al servizio di 500.000 imprese ed enti pubblici, e con 33 milioni di utilizzatori e 1,2 milioni di esercizi affiliati, Edenred propone progetti di servizio destinati al benessere individuale e al miglioramento della produttivit di aziende pubbliche e private. Nel 2009, Edenred ha emesso buoni per 12,4 miliardi di euro, di cui oltre il 50% nei paesi emergenti. Michele Riccardi laureato in giurisprudenza. Sposato, due figli. Nel 1996 entra nella Direzione Risorse Umane del Gruppo Accor, occupandosi di gestione e sviluppo, ricerca e selezione, formazione, relazioni sindacali, sicurezza e certificazione di qualit per tutte le attivit del Gruppo. Dal 2007 ha la responsabilit dei processi HR di Accor Services Italia (ora Edenred), di cui Direttore Risorse Umane. In questi tre anni ha assunto la responsabilit dei processi di amministrazione, gestione e sviluppo delle Risorse Umane, e si occupato di progetti e processi in linea con la veloce evoluzione dellazienda, con unattenzione particolare alle tematiche della conciliazione e delle pari opportunit. coinvolto attivamente in attivit di associazioni e community professionali.

Michele Riccardi

LENOVO
La societ nata dallacquisizione della Divisione Personal Computer IBM da parte di Lenovo Group nel 2005. uno dei principali vendor mondiali di PC, lunico a controllare lintera catena del valore: dalla progettazione alla produzione dei personal computer. Dallimpegno di 7 centri di ricerca e sviluppo situati in Cina, Giappone e Stati Uniti, sono nati 2000 brevetti depositati e numerosi primati nel settore. Lofferta Lenovo comprende i notebook ThinkPad e i desktop ThinkCentre, i netbook, i monitor ThinkVision, la famiglia Lenovo Value per le esigenze delle piccole aziende, la workstation ThinkStation e nuovi ThinkServer Lenovo per le piccole imprese. Patrizia Sangalli, Lenovo HR manager per lItalia, Spagna e la Service Division in Emea. Dopo una lunga e diversificata esperienza in IBM e in Societ Affiliate IBM come HR manager, approdata in Lenovo, una sfida importante nel mondo dellIT, una societ internazionale a capitale cinese, una integrazione perfetta di alcuni dei fattori da lei preferiti: linternazionalit, la componente multiculturale (pi accattivante che mai, per via del mondo orientale) e la societ che si deve costruire.

Patrizia Sangalli

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Jeff Joerres

201

WELCOME TO THE HUMAN age


tag cambiamento / potenziale umano / innovazione /
talent mismatch / passione
Al World Economic Forum 2011 abbiamo annunciato lingresso del mondo in una nuova era, una realt caratterizzata da caos, complessit e opportunit. Linesorabile pressione del fare di pi con meno, indice della pi grave recessione degli ultimi ottantanni, continua. Sar la nostra abilit nellattingere al potenziale umano a determinare chi sar in grado di adattarsi con successo alla nuova realt. E lessenza di questo potenziale il talento delle persone rappresenta ci che potr fare la differenza in termini di competitivit. Lineguagliabile rete mondiale e lesperienza a livello locale di ManpowerGroup ci hanno permesso di riconoscere per primi questa nuova epoca e di codificare la Human Age per aziende e individui. Unera incredibilmente differente, in cui linnovazione, la creativit e la passione delle persone hanno aiutato il mondo a rialzare la testa dalla recessione nel momento in cui venivano richiesti nuovi approcci, nuove prospettive e nuova ingegnosit. A differenza di altre epoche, la Human Age non trae ispirazione da scoperte, invenzioni o materie prime. Le precedenti ere sono state contraddistinte dalla materia prima che luomo trasformava per i suoi bisogni pietra, bronzo, ferro. In seguito, i popoli conquistarono il dominio grazie a tecnologie sempre pi avanzate industria, spazio e informazione. Oggi sar lo stesso potenziale umano a fare da catalizzatore per il cambiamento, forza trainante mondiale a livello economico, politico e sociale. Le persone stanno affrontando la sfida per conquistare il posto che compete loro quale unica fonte di ispirazione e innovazione nel mondo. Il crescente sviluppo dei mercati emergenti rispetto ai mercati maturi al quale stiamo assistendo frutto di un boom in questi paesi del ceto medio della popolazione e il conseguente aumento delle richieste di prodotti e servizi ha implicazioni profonde, perch queste nazioni attrarranno un maggior numero di candidati qualificati e potranno quindi sfruttare sempre di pi il potere del potenziale umano. E con le persone giuste al posto giusto, le aziende potranno ottenere maggiori risultati rispetto al passato. Il divario fra dati demografici e talenti unaltra tendenza identificata da ManpowerGroup: a fronte di una disoccupazione che rimane alta, le aziende non riescono a trovare il personale pi

Jeff Joerres CEO ManpowerGroup

2011
Che sollievo leggere le prospettive che la Human Age apre dinanzi ai giovani del mondo, di tutti i mondi! S: cresce la ricchezza, e con essa crescono le opportunit di lavoro per professioni idonee a rispondere a richieste di beni e servizi sempre pi qualificati. Si elimina la povert e i paesi del Terzo Mondo sono ora i paesi emergenti: ecco una risposta possibile al declino demografico dellOccidente attraverso linclusione di differenti persone e culture per arricchire le competenze e le capacit, realizzatrici di interi nuovi mondi di vita e di lavoro. La Human Age non uno slogan: deve divenire una realt nella rivalutazione continua della dignit del lavoro e della passione che sempre deve accompagnarlo per trasformare le capacit e le competenze in Talenti. Giulio Sapelli

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compenso, seppur importante, non lunico fattore che le persone considerano. La reputazione di unorganizzazione e il suo approccio verso un soddisfacente work-life balance assumono un ruolo sempre pi importante. La recente trasformazione di Manpower Inc in ManpowerGroup la nostra risposta alla Human Age. Abbiamo reinventato la nostra organizzazione per aiutare aziende e persone a destreggiarsi tra le sfide di questa nuova realt e anticipare le loro esigenze con una famiglia pi solida e connessa di brand atta ad alimentare sempre meglio il mondo del lavoro. Aziende, governi e istituzioni ricoprono un ruolo decisivo nello sviluppo della prossima generazione di Talenti. I governi nel definire le abilit che potrebbero essere maggiormente richieste, le aziende nella preparazione dei loro futuri lavoratori, il sistema dellistruzione nei programmi e nella didattica affinch gli studenti conservino le capacit di apprendimento e sappiano sviluppare un pensiero critico nel corso delle loro vite lavorative. Dando loro gli strumenti giusti, i giovani costituiranno la prossima ondata di imprenditori che guider la crescita economica. La Human Age iniziata. La vecchia realt scomparsa per sempre. Il mondo sta cambiando cos rapidamente e profondamente che solo la curiosit intellettuale, la passione, lempatia, limmaginazione, limpegno e il potenziale della stessa umanit potranno liberare il potenziale delle aziende.

idoneo a ricoprire posizioni chiave. Un divario destinato ad aumentare in molti mercati man mano che la popolazione in et lavorativa diminuir e sar insufficiente il numero di nuovi lavoratori in possesso delle giuste competenze. Il talento insito nelle persone con specifiche competenze, specifici comportamenti e modi di operare, ad esempio in contesti caotici e globali che rispecchiano le necessit di unazienda. Non c solo carenza di giovani, ma anche di persone che mancano delle abilit fondamentali. chiaro che allaumentare della ricca classe media nei mercati emergenti corrisponde anche la crescita della richiesta interna: questi mercati hanno bisogno di un maggior numero di individui altamente qualificati e formati su standard internazionali rispetto a quelli attualmente disponibili. In questa nuova era, gli individui in possesso di tali competenze si ritrovano saldamente al posto di guida. Mentre in passato erano le persone a cercare il lavoro, dora in poi saranno questi talenti a dettare le proprie condizioni

alle aziende. Emerge la scelta individuale da parte dei lavoratori che possono decidere per quale impresa lavorare. Una scelta basata sul potenziale dellazienda nel soddisfare le loro richieste in termini di retribuzione, di work-life balance, di avanzamenti di carriera. Il potere della scelta sta decisamente passando nelle mani degli individui di talento. Nella Human Age sar la capacit di cavalcare tutti questi cambiamenti a determinare il successo di aziende e persone. Le imprese vincenti saranno quelle che comprenderanno come liberare la passione e il potenziale umano, quelle che adegueranno il proprio mindset per dimostrare di possedere modelli professionali e people practices atti ad attrarre e trattenere i talenti, fondamentali per il successo attuale e futuro. Perch attrarre e trattenere i migliori talenti non dipende esclusivamente da remunerazione e benefit. La Human Age impatta su tutte le motivazioni che inducono un lavoratore a scegliere unazienda e rimanervi: avanzamenti di carriera, opportunit di crescita, lapprezzamento del proprio contributo di valore, un ambiente di lavoro coinvolgente, stimolante e gratificante. Il

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Loretta Napoleoni*

200

LA FOLLIA ECONOMICA AMERICANA


tag mercato globale \ finanza \ morsa \ neo liberismo

2011
vero, lo Stato siamo noi, ma siamo anche leconomia e la finanza. La febbre dei rendimenti crescenti ha colpito un po tutti e finch andava bene nessuno si lamentato, anzi la tendenza stata di aspettative sempre crescenti. Non trovo utile cercare il capro espiatorio e dunque identificare in un Bush o nella malvagia finanza lorigine di tutti i mali. Le responsabilit sono molto pi larghe e diffuse e non potremo evitare il ripetersi di una crisi con formule consolatorie. Il lavoro da fare di costruzione di un nuovo modello pi equilibrato di fare finanza ed economia, non semplicemente di indicare con virtuosa indignazione chi ha magari gravi colpe nellavere approfittato di una situazione, ma che non lha necessariamente generata, o comunque non in modo esclusivo. Enrico Sassoon

Le statistiche dimostrano che pi facile essere colpiti da un fulmine che trovarsi coinvolti in un attentato terroristico, lo stesso non si pu dire della crisi del credito e della recessione, che ormai dilagano un po dovunque. Tutti ne siamo vittime. Per anni ci stato detto esattamente il contrario. Ebbene si trattata di menzogne. Lo scopo? Impaurirci per farci perdere la percezione della realt. E mentre ci trovavamo in questo stato confusionario lalta finanza, quella che viaggia in jet privati e socializza solo con i super ricchi, ci derubava e lo faceva grazie alle politiche economiche della guerra contro il terrorismo. La risposta finanziaria di Bush all11 settembre la deflazione, una politica aggressiva che nel giro di due anni abbatte i tassi dinteresse che passano dal 6 all1,5%. Il Congresso non finanzia il costo astronomico della guerra quindi lo si fa vendendo buoni del tesoro sul mercato internazionale; e per renderli competitivi necessario tagliare drasticamente i tassi. Cina, Giappone e Paesi Arabi produttori di petrolio ne sottoscrivono quantit ingenti senza battere ciglio. De facto finanziano la guerra di Bush. Pi i tassi scendono e pi questa

politica si rivela una vera cuccagna per Wall Street che ne approfitta vendendo prima il credito e poi tutti i suoi accessori, i cosiddetti prodotti strutturati, un po dovunque. Il fenomeno dei muti subprime, il dilagare dei derivati anche nei nostri fondi pensione e modesti portafogli di investimento sono fenomeni che appartengono al mondo del dopo il crollo delle Torri Gemelle. Ecco in sintesi lagghiacciate genesi della crisi, la morsa che ci schiaccia. Il neo liberismo, la dottrina che fino a pochi mesi fa tutti decantavano, facilita questo ladrocinio ma non lo crea. A derubarci in realt stato proprio lo Stato, quellistituzione che avrebbe dovuto difenderci e che oggi non sa bene come gestire le conseguenze della follia economica di due amministrazioni Bush. Che fare? Svegliarsi dal lungo sonno, smettere di avere paura e difenderci: lo Stato in fondo siamo noi.
*Economista

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Vincent Boland*

9 200

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LA CRISI DEL CREDITO CHE SI AGGIRA PER LEUROPA


tag credito \ dimensione \ europa \ regolamentazione \ istituzioni
La crisi finanziaria mondiale sta causando grande devastazione. La gente perde il lavoro, le banche falliscono, le aziende chiudono per mancanza di credito e i mercati azionari sono crollati, dando il via a una distruzione di ricchezza senza precedenti. Prevedo che la crisi far unaltra vittima: lera delle fusioni bancarie transfrontaliere in Europa. Gi diverse banche nate dal solo mercato europeo sono crollate. La prima stata Fortis, gruppo di bancassicurazione belga-olandese, estesasi rapidamente in Europa negli ultimi anni, che ha dovuto essere salvata e smantellata dai governi delle sue parti costituenti. Poi stato il turno della Royal Bank of Scotland che ha richiesto un aiuto finanziario da parte dello stato. I suoi problemi sono legati allacquisizione insieme a Banco Santander e Fortis di ABN AMRO, il gigante bancario olandese. Con il senno del poi, possibile affermare che laffare ABN sia stato per le banche europee lultima goccia. Anche i prezzi delle azioni di altre potenziali banche europee hanno subito una batosta, compreso Unicredit Italia. Negli ultimi anni questa banca si estesa a passo velocissimo in Germania e nellEuropa sud orientale fino a diventare una delle cinque migliori banche europee quasi senza che nessuno lo notasse. Unicredit non ha dovuto richiedere laiuto da parte dello Stato almeno non ancora ma landamento dei prezzi delle sue azioni, che nel 2008 hanno perso il 75 per cento del loro valore, suggerisce che gli investitori hanno perso fiducia nel suo business model. La cosa che accomuna tutte queste banche, a parte la loro espansione geografica, la loro enorme dimensione. In molti casi esse fanno apparire ridotta la dimensione delle economie dei loro Paesi. La loro dimensione le rende estremamente difficili da regolamentare, e io direi quasi impossibili da amministrare. Basti pensare a Citigroup per vedere come la grande dimensione, lestensione geografica e la cattiva amministrazione possano cospirare in un lungo arco di tempo per mettere in ginocchio una grande organizzazione di fronte a una crisi finanziaria mondiale. Nessuna delle pi grandi banche al mondo sembra essere in grado di opporsi alla crisi. Ognuna di esse sar colpita ancor di pi dalla recessione cui stiamo per andare incontro, che probabilmente solo ai suoi inizi. In tali circostanze, necessario chiedersi se sia saggio permettere alle banche di crescere fino a che il loro stato patrimoniale abbia raggiunto il miliardo e pi di euro, come successo con molte di queste istituzioni.

2011
Il tempo sta dando ragione a Vincent Boland. Il business model di banca universale impegnata su tutti i fronti e senza confini ha mostrato di reggere nei periodi di forte congiuntura ma si frantumato di fronte alla crisi. Ma credo che non per questo il modello sparir. Il principio too big to fail tecnicamente infondato ma socialmente no. Lo dimostra il salvataggio in atto della finanza europea, privata e statale. Che ci piaccia o no. Enrico Sassoon

gi stato detto molte volte durante questa crisi che le pi grandi banche sono troppo grandi per fallire. Ci, ovviamente, una sciocchezza bella e buona. RBS, Fortis, Citigroup e ogni banca che ha richiesto o richieder fondi statali durante questa crisi praticamente fallita. Sembra improbabile che, una volta finita questa crisi, banchieri europei, policymakers e regolatori possano impegnarsi in politiche di boosterism transfrontaliere, almeno fino a quando non miglioreranno nel costruire, amministrare e regolamentare le istituzioni da loro create.
*Giornalista Financial Times

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Angelo Marcello Cardani

201

PER UNA POLITICA DI IMMIGRAZIONE PI INTEGRATRICE


tag capacit di crescita / forza lavoro / produttivit /
occupazione / sviluppo
Nel 2000 i paesi ricchi dominavano la scena economica mondiale, contribuendo a creare circa due terzi del PIL mondiale. Oggi questa quota passata alla met, e nel 2020 potrebbe scendere al 40%. La quota maggiore della produzione mondiale passer al resto del mondo, principalmente per lo slancio economico dei paesi emergenti. Le cause sono molteplici. Sicuramente un ruolo importante giocato dalla recessione del 200809. Ma un fattore determinante la diminuita capacit di crescita dei paesi ricchi, un malessere ormai di lungo periodo che ha colpito tutti, ma in particolare lEuropa, e in Europa in modo molto serio il lato sud, Italia, Spagna e Grecia. La crescita dipende da tre variabili: loccupazione, la quantit di capitale e la produttivit. A sua volta loccupazione dipende dalla forza lavoro disponibile e dal tasso di partecipazione. Le variabili demografiche sono quindi una condizione necessaria, anche se non sufficiente, della crescita: il Giappone un esempio di produttivit elevata incapace di generare crescita se non modestissima a causa di un invecchiamento e contemporanea diminuzione della forza lavoro. Gi dagli anni 70 del secolo scorso la tendenza al rovesciamento della piramide delle et in Europa aveva segnalato un tendenziale restringimento della base produttiva, che si puntualmente verificato verso il 2000, in maniera differente nei vari paesi, ma sostanzialmente centrato sulla diminuzione media del tasso di fertilit: perch la popolazione resti costante necessario un numero di figli pari a 2,14 per donna, al di sotto del quale la popolazione si riduce. Con meno nascite la popolazione invecchia, ed una massa crescente di anziani, la cui vita attesa si allunga grazie ai progressi di una medicina sempre pi costosa, dipende per il proprio sostentamento da un numero decrescente di lavoratori giovani: il problema della crescita si allarga cos al problema della sostenibilit dei sistemi pensionistici. Tralasciando il peraltro rilevante discorso su produttivit e investimenti, la battaglia sul fronte della crescita si combatte con due gruppi di interventi. Il primo concerne il tasso di fertilit: vi tutta una gamma di interventi sociali che possono essere realizzati per rendere compatibile un maggior numero di figli con un
Angelo Marcello Cardani Docente di Economia Politica allUniversit Bocconi di Milano

2011
La globalizzazione ha in s lopportunit - e non solo la minaccia - dellemigrazione. Sempre le migrazioni hanno contrassegnato i grandi cambiamenti strutturali delleconomia e della cultura mondiale. Occupazione, quantit di capitale e produttivit sono strettamente uniti allofferta di lavoro domestico per carenza di manodopera in grado di assolvere alle funzioni produttive. Di qui leffetto sostitutivo, non solo demografico, delle migrazioni. Giulio Sapelli

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tempo appannaggio di quei paesi come lItalia o la Spagna che pi avrebbero bisogno, mentre allestremo opposto abbiamo proprio Germania e Francia (vedi S. Fumagalli e T. Boeri Strictness of immigration policies in 12 EU countries Fondazione Rodolfo Debenedetti, 2011). Questa gestione economicamente suicida della politica dimmigrazione deriva dallarrendevolezza dei policy makers ai rigurgiti xenofobi che emergono in modo differente in tutti i paesi europei. Alla domanda Limmigrazione un male per leconomia del paese? in uninchiesta del 2008 rispondono di s il 31% dei tedeschi e il 36% dei francesi, ma il 37% degli spagnoli e il 43% degli italiani. da notare che gli inglesi hanno unavversione maggiore, con il 45% di risposte positive, ma mentre nel tempo considerato (2002-2008) la loro risposta resta costante al 45%, per gli italiani passa dal 27 al 43%. poi da notare che la partecipazione degli immigranti alleconomia del paese ospite non si limita alla fornitura di forza lavoro. I lavori della Conferenza sullimprenditorialit e creazione di occupazione degli immigranti nei paesi OCSE tenuta a Parigi nel giugno del 2010 hanno dimostrato come limprenditorialit degli immigranti di poco ma pur tuttavia pi alta che non quella degli indigeni, con una percentuale del 12,7% contro il 12%. Tali percentuali variano poi da paese a paese, ma mostrano come, nonostante le innegabili e diffuse difficolt spesso artificiali poste a barriere dellimmigrazione, gli immigrati costituiscano mediamente gruppi dinamici, economicamente coraggiosi e portatori di sviluppo.

adeguato tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro. Per lItalia si tratta di un problema molto acuto: il tasso di fecondit nel nostro paese ha un andamento fortemente decrescente, fino a 1,2 figli per donna nel 1995, con una lieve risalita a 1,4 figli nel 2008, il valore minimo tra le maggiori economie europee. necessario abbassare let del concepimento del primo figlio, che spesso non lascia spazio temporale sufficiente per un secondo o terzo, aumentare le opportunit di lavoro part-time, che in Italia rappresenta il 28% nel 2008, contro il 48% in Germania, aumentare lofferta di asili nido che soddisfa in Italia il 6% della domanda potenziale contro il 40% in Francia (fonte: studio di C. Rondinelli, A. Aassve e F. Billari Womens Wages and Childbearing Decisions: Evidence from Italy,

Centro Dondena - Universit Bocconi, 2011). Il secondo fronte quello dellimmigrazione. Senza un influsso di lavoratori economie come quella italiana sono condannate a languire. Linflusso necessario a qualsiasi livello, fintanto che mette a disposizione forza lavoro, ma evidentemente i benefici sono tanto maggiori quanto maggiore la quota di immigranti che tende a divenire residente e poi cittadini a tutti gli effetti, creando quindi un ordinato e regolare aumento della popolazione. La rilevante differenza demografica tra Italia, Grecia e Spagna da un lato e Francia, Olanda e Svezia dallaltro, dipende sicuramente da politiche sociali pi favorevoli alle famiglie, ma anche dalla politica di immigrazione pi integratrice realizzata in questi paesi. Allo stesso tempo, la regolamentazione pi restrittiva dellimmigrazione stata per lungo

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Paolo Bertelli

201

UNA GOVERNANCE COMUNITARIA PER UNEUROPA COMPETITIVA


tag Europa / internazionalizzazione / innovazione/ competitivit /
formazione
Antonio Tajani Vicepresidente della Commissione Europea

Un merito la crisi finanziaria sembra averlo avuto: quello di rafforzare lidea di unEuropa pi integrata. Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione Europea, non vede segni di cedimento ed anzi si dice ottimista guardando al futuro dellUnione. Come Commissione Europea spiega a Lavori in Corso - siamo convinti che serva adesso una migliore governance comunitaria per cercare di uscire definitivamente dalla crisi e costruire unEuropa che nei prossimi anni sia realmente competitiva. Che cosa intende per realmente competitiva? Intendo unEuropa capace di contare su un sistema imprenditoriale e industriale forte, completamente diverso da quello degli anni 80 e 90, quando lindustria si affidava agli aiuti di Stato. Oggi invece chiamata a impegnarsi nella lotta contro il cambiamento climatico, cercando allo stesso tempo di avere un mercato internazionale sempre pi aperto. Pi che sulla delocalizzazione, ora di insistere sulla internazionalizzazione, dobbiamo spingere perch i nostri piccoli e medi imprenditori si organizzino meglio e siano capaci

di andare a vendere in quei mercati dove oggi semplicemente si guarda per delocalizzare la produzione. Dopo la crisi quali priorit vede nellagenda degli imprenditori? Senza dubbio lesigenza di

2011
Dalla ricerca di una migliore governance allurgenza per la sopravvivenza. Dopo oltre due anni di crisi, con un capitolo finale ancora da scrivere, alla classe politica delle grandi capitali richiesto di definire cosa resta e cosa sar dellEuropa. Quali dimensioni, quale ruolo, quali rapporti di forza, quali opportunit per i Paesi membri. Con lipotesi, mai prima dora contemplata, che dallUnione e dallarea Euro si possa anche uscire (traumaticamente), non solo sperare di entrare. Francesco Guidara

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societ& territori

innovazione. Ecco perch la Commissione Europea chiede che ci sia un investimento pari al 3% del prodotto interno lordo per linnovazione. Le nostre industrie e le nostre imprese non possono essere competitive se non sono anche innovative. Naturalmente servono interventi sulla ricerca da parte delle istituzioni pubbliche, ma serve anche la possibilit di accedere al credito, laltro grande nodo. Non si pu fare innovazione senza denaro. Noi siamo impegnati su due fronti: il primo cercando di agevolare laccesso al credito, il secondo facendo in modo che i crediti acquisiti possano essere riscossi

pi velocemente. Sono ottimista e mi auguro che in tempi brevi il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo, cio gli Stati membri, approvino il testo della direttiva sul ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Oggi molti imprenditori sono costretti ad attendere decine se non centinaia di giorni, oltre qualsiasi limite. Non un mistero che nella sanit dellItalia del sud si arriva ad aspettare fino a 500 giorni. Questo significa per una impresa essere condannata alla morte. Dal suo osservatorio come misura la competitivit dellItalia rispetto agli altri paesi dEuropa? LItalia un paese che ha luci e ombre, ma certamente un paese uscito dalla crisi pi difficile a testa alta. Il governo stato capace di affrontare lemergenza con provvedimenti oculati. In pi lItalia ha dalla sua un sistema bancario solido, che resta ben collegato al territorio. Certo nessuno ignora il debito pubblico enorme, pur in presenza di un debito privato contenuto. Il risparmiatore italiano ha permesso al paese di superare il momento difficile della crisi. Mi lasci aggiungere una cosa. Oggi lItalia schierata pi di altri a favore di una governance economica europea per uscire dalla crisi e per puntare sulla crescita per i prossimi anni. Anche il presidente Manuel Barroso ha dato atto di questo al presidente Berlusconi in pi occasioni. Guardando invece ai singoli, su che cosa dovrebbero puntare i lavoratori italiani per competere con quelli degli altri paesi, probabilmente pi economici in termini di costo? La formazione uno degli elementi fondamentali per la crescita del

nostro paese a livello europeo. Dobbiamo investire sulla formazione professionale dei lavoratori. Esiste per esempio un settore del quale si parla troppo poco, il turismo. un vero pozzo di petrolio per noi italiani. Se saremo capaci di avere unindustria turistica competitiva e con giovani formati, potremo trasformare questo potenziale pozzo di petrolio in un giacimento destinato a contribuire fortemente allincremento della nostra economia. Eppure sul mondo del lavoro italiano, sembra ancora allungarsi lombra di un rapporto a volte difficile fra datori di lavoro, azionisti e rappresentanze sindacali. Cosa ne pensa? Credo che una parte importante del sindacato abbia compreso che oggi il ruolo quello di essere compartecipe di una sfida che si chiama competitivit, si chiama innovazione, si chiama nuova politica industriale. Lappello che continuo a lanciare ai sindacati, non solamente italiani, quello di essere tutti insieme protagonisti di una nuova stagione. Se vogliamo vincere possiamo farlo tutti insieme. Il principio questo: limpresa o lindustria non una questione privata dei datori di lavoro, qualche cosa che riguarda tutti coloro che vi lavorano, e le loro famiglie. Ecco perch non guardo con occhio negativo allipotesi di partecipazione agli utili dei dipendenti, di cui si sta discutendo proprio in questi mesi in Italia. Un progetto che seguo con attenzione e che mi pare possa essere utile per lo sviluppo di un sistema imprenditoriale sano capace di coinvolgere tutti i lavoratori e le loro famiglie.

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societ& territori

Caroline Jenner*

201

INSEGNARE IL BUSINESS NELLE SCUOLE: UNA PRIORIT PER IL FUTURO


tag europa \ business \ istruzione \ innovazione
Il contesto politico europeo nel documento New Skills for New Jobs evidenzia la difficolt nel riuscire a immaginare e delineare oggi quale sar il futuro del mercato del lavoro e delle professioni pi richieste. chiaro invece che lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze dovr essere sempre pi transdisciplinare. Da un punto di vista pedagogico per riuscire a sviluppare maggiormente questa propensione nelle persone dovremo trasformare il nostro approccio educativo promuovendo utilizzando unespressione di Dirk Van Damme del CERI/OCSE - la pedagogia del fallimento in alternativa alla pedagogia del successo. Da tempo ai giovani che si affacciano al mercato del lavoro non richiesto pi solo un titolo accademico, ma un mix di competenze: lavorare con efficienza, sapere analizzare e gestire informazioni e situazioni complesse, assumersi responsabilit, gestire criticit, rischi e prendere decisioni. Non da ultimo, un desiderio sincero e profondo a volere imparare. La recente crisi economicofinanziaria ha ridimensionato in modo considerevole le opportunit di occupabilit per i giovani in Europa evidenziando ancora di

Abst
La recente crisi economicofinanziaria ha ridimensionato in modo considerevole le opportunit di occupabilit per i giovani in Europa evidenziando ancora di pi i bisogni emergenti del mercato del lavoro

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societ& territori

pi questi bisogni emergenti del mercato del lavoro. Proprio per questo alle nuove generazioni si chieder di essere job shaper invece che job seeker. Ma anche il successo professionale di noi adulti gi inseriti nel business dipender sempre pi da quanto saremo pronti a comprendere e adottare cambiamenti, lavorare in modo collaborativo ed essere creativi nella risoluzione dei problemi. Disponibili ad affrontare positivamente sfide reali, motivate a trovare soluzioni innovative alla complessit dei cambiamenti sociali ed economici. Riuscir a innovare chi possieder un solido bagaglio fatto di identit personale, strumenti e conoscenze. In questo contesto diventa urgente porre fine alla lunga fase ideologica che ha portato in Europa a separare mondo del business e mondo dellistruzione. Scuola e impresa hanno davvero bisogno di lavorare in partnership poich la formazione delle giovani generazioni riguarda entrambi. Abbiamo bisogno di attivare il pi possibile occasioni di incontro tra persone del business e professionisti della scuola, condividere progetti ed esperienze gi a partire dalle scuole primarie. Il dispositivo formativo delle minicompany adottato da 37 paesi aderenti a JA-YE Europe stato identificato in Europa quale migliore strategia educativa di lungo periodo a favore della crescita e della occupabilit dei giovani. Questo modello pedagogico pu essere adottato in tutte le popolazioni scolastiche a partire dai bambini

Nel nostro Paese, il dispositivo pedagogico delle mini-company o imprese di studenti viene sviluppato nellambito del programma Impresa in azione per le scuole superiori di Junior Achievement Italia. Junior Achievement Italia lorganizzazione nonprofit leader per la promozione delleconomia nella scuola. In collaborazione con aziende e istituzioni, opera nel campo dellistruzione offrendo alle scuole, dalle primarie alle superiori, percorsi innovativi di educazione economica per preparare i giovani al mondo del lavoro. Secondo la tipica pedagogia dellimparare facendo, le classi che partecipano alle iniziative di Junior Achievement Italia sperimentano concretamente alcuni concetti di finanza personale, imprenditorialit, mercato del lavoro, etica degli affari, sostenibilit ambientale, cittadinanza. La presenza di un esperto dazienda in aula manager volontario di una delle aziende partner dellassociazione arricchisce le proposte didattiche, trasferendo lesperienza aziendale alla scuola. Questa contaminazione tra scuola e impresa, unita a contenuti e metodologie dapprendimento concrete ed esperienziali rendono Junior Achievement una realt inedita del panorama scolastico italiano.

fino ad arrivare agli universitari. Richiede formazione specifica per i docenti. Coinvolge attivamente imprenditori, professionisti e manager in qualit di mentori o advisor. Diversi Ministri dellIstruzione lo hanno accolto e inserito nel curriculum scolastico del loro Paese. Se consideriamo inoltre il problema della dispersione scolastica e della demotivazione a stare a scuola che affligge un numero significativo di studenti di alcuni paesi europei, tra cui lItalia, ladozione urgente di progetti formativi come quello sopra descritto diventa davvero imprescindibile. nostro dovere, infatti, ridurre questa tendenza le cui conseguenze sociali ed economiche tra laltro sono tuttaltro che trascurabili. Esistono strade di successo che sono gi state sperimentate quali valide alternative allapprendistato che spesso si trasforma in unesperienza avvilente che non forma e non facilita lingresso nel

mercato del lavoro. Dispositivi formativi basati sul learning-bydoing come le mini-company sono una fonte di motivazione e ispirazione, rendono pi stimolante lo stare a scuola sia agli studenti sia agli insegnanti. Un progetto come quello delle mini-company per avere successo richiede lattivazione di costruttive partnership tra business e scuola i cui effetti sono riscontrabili solo nel lungo periodo. Il World Economic Forum nellEducating the next Wave of Entrepreneurs ha ribadito limportanza della promozione dellimprenditoria e delleconomia nei sistemi scolastici. Alcuni governi hanno gi accolto questo messaggio e stanno apportando significativi cambiamenti nei loro sistemi di istruzione. Il coinvolgimento reale del business in questa esperienza fondamentale poich non rende lesperienza una simulazione o un business game ma unesperienza reale.
* CEO JA-YE Europe - Senior Vice President JA Worldwide

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Contro tendenze

Francesco Guidara*

200

LA CRISI SCONFITTA DAL CAPITALE UMANO


tag regole \ leadership \ meritocrazia \ education
Sar il capitale umano a salvarci da una crisi nata dal mancato rispetto delle regole. Ne convinto Roger Abravanel, per oltre 30 anni luomo che ha rappresentato McKinsey in Italia, alla cui corte si sono formati i pi prestigiosi manager italiani. Oggi Abravanel si occupa di Private Equity e ha deciso di guardare la competitivit del nostro Paese con i soli occhiali della formazione e della meritocrazia. L iniziano e l finiscono i ritardi dellItalia ed il gap con i principali modelli internazionali. Come esce da questa crisi il capitale umano? Ha saputo mantenere in vita le aziende migliori? Non dimentichiamo che il capitale umano stato fondamentale per contrastare questa crisi. Le aziende si sono affidate alle risorse pi capaci di confrontarsi con queste difficolt, quindi se vogliamo anche pi conservative. Penso a politiche incentrate sul taglio dei costi, sul contenimento delle spese, cose che negli ultimi dieci o quindici anni le aziende avevano smesso di fare. La parola dordine stata la crescita, le acquisizioni. Questa crisi probabilmente ha cambiato il concetto stesso di leadership. Le specializzazioni e le competenze rispetto - ad esempio - alle capacit relazionali, pi classiche delleconomia italiana, escono rafforzate da quanto avvenuto in questi mesi? Lei mi invita a nozze su un tema che a me sta molto a cuore. La chiave di tutto oggi pi di ieri la meritocrazia, legata a doppio filo al sistema educativo. Meritocrazia significa pari opportunit. A cosa serve la scuola? Serve ad azzerare i privilegi della nascita. Prenda Barack Obama: era poverissimo, ha avuto la capacit di superare un test alla maturit, ha ottenuto una borsa di studio, andato a Harvard ed oggi il presidente degli Stati Uniti. La scuola ha molti compiti: innanzi tutto serve a selezionare leccellenza, individua i pi bravi indipendentemente dalla nascita e li fa crescere. Ma ha altri due obiettivi: prepararli al lavoro e soprattutto al civismo. Il nostro sistema educativo crollato miseramente: lo dicono numerose ricerche e lo testimonia la carenza di quelle che si chiamano le competenze della vita. Cosa sono queste competenze della vita? Sono state studiate dagli scienziati del sistema educativo e definite con criteri oggettivi. Le competenze della vita sono la capacit di osservare un grafico e capirlo, leggere un estratto conto e capirlo, vedere dei numeri e afferrare il

Roger Abravanel Director emeritus McKinsey e saggista

2011
il progetto illuminista di misurare tutto dellessere umano, anche la sua intelligenze, le sue competenze, la sua affettivit. Certo, dinanzi alla prospettiva illuministica, lItalia emerge come una nazione di analfabeti terribilmente esposti al declino. Il tutto si lega con una concezione del merito molto precisa: quella che collega il merito allavvento di una totale identificazione delle relazioni umane o con il mercato dispiegato - e quindi con la competizione oppure con la collusione oligopolistica e quindi la disgregazione del merito medesimo. Un progetto coeso che ha molti sostenitori. Giulio Sapelli

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contro tendenze

che esporta pi dirigenti, senza avere in cambio manager cinesi o americani. Se per un italiano eccellente che va vedessi un cinese eccellente che arriva non avrei niente in contrario. Purtroppo non cos: ho tre che vanno e nessuno che viene. Lei dava alle stampe il libro Meritocrazia nel maggio del 2008 poco prima della fase pi cruenta della crisi. Da allora sui mercati successo di tutto. Dalla geografia finanziaria sparita una banca come Lehman Brothers. Milioni di lavoratori sono stati lasciati a casa in Europa e negli Stati Uniti. Cosa cambiato da allora ad oggi? La premessa non cambiata: senza libert economica non c meritocrazia. Ovviamente tutta questa colossale crisi ha portato un rigurgito anti-liberismo, si parlato di capitalismo selvaggio, di far west liberista, di eccessiva deregulation. Alle presentazioni del mio libro in giro per lItalia ho sentito spesso frasi del tipo: ma guarda dove ci ha portato questo liberismo di stampo anglosassone. Non un problema di liberismo economico, senza regole: libert economica vuol dire avere tante regole. Adam Smith diceva che devono esistere fortissime regole, Milton Friedman sosteneva che la cosa che pi conta per la libert economica sono le regole, il principio del Rule of Law. Pensate che lo stesso Friedman, che fu consulente dellUnione Sovietica allepoca delle liberalizzazioni, un giorno disse: ho sbagliato tutto perch ho continuato a ripetere: privatizzare, privatizzare, privatizzare. Invece avrei dovuto dire: regole, regole, regole.
*Caporedattore centrale Class CNBC

messaggio, avere una elementare capacit di problem solving. Non vuol dire, in altre parole, saper leggere ma saper leggere e capire. L80% degli italiani da questo punto di vista oggi analfabeta. Siamo al livello del Nuevo Len in Messico, lontanissimi dai migliori del mondo, i norvegesi. Non avendo le competenze della vita a noi mancano di conseguenza le competenze del lavoro, intendo qui il lavoro complesso non quello pi semplice delle piccole e medie aziende. Mancando questa educazione civica, manca la capacit dei nostri giovani di poter dibattere, anche al fine di far emergere le regole migliori del capitalismo. Noi abbiamo un colossale problema di sistema educativo e di scuola, che nessuno ha riconosciuto ancora, colossale. Per noi una emergenza senza la quale non potremo creare e assicurare il libero mercato, non si rispetteranno mai le regole e continueremo il declino. Il nostro problema economico non legato a questa crisi, un problema strutturale e non congiunturale.

Purtroppo da almeno venti anni che cresciamo meno degli altri. In quale misura questa fragilit amplificata da un fenomeno imponente come la globalizzazione, soprattutto per il mercato italiano? La globalizzazione ha aspetti positivi e negativi: positivi perch rende pi facile lesercizio della libert, cos come riduce linflazione. Per la globalizzazione significa anche pi concorrenza. Una volta io potevo essere protetto, adesso ho concorrenza non soltanto nelle attivit manifatturiere, con la Toyota o la Nissan contro la Fiat, ma anche nel mondo dei servizi. sufficiente guardare cosa avvenuto nelle telecomunicazioni: gli operatori di telefonia mobile in Italia sono oggi egiziani, svizzeri, inglesi. La globalizzazione per il mondo del capitale umano una minaccia: non perch, come dicono molte persone che ci governano, larrivo dei cinesi o degli immigrati porta via il lavoro agli italiani, ma perch globalizzazione significa, per noi, perdere i migliori talenti. Il nostro capitale umano migliore emigra, emigrano i ricercatori scientifici pi bravi, emigrano i dirigenti. LItalia il Paese al mondo

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Contro tendenze

Paolo Morosini

201

IL POTERE DEL TALENTO DIVERSAMENTE ABILE


tag impegno / condivisione / leadership / integrazione / innovazione
Neppure il buio della cecit spegne o affievolisce il talento. Anzi pare affinarlo, renderlo pi luminoso e metterlo a disposizione di un pubblico pi ampio. Come dimostra la storia di Francesco Levantini, monzese di 55 anni, di cui quasi trenta trascorsi in IBM. Una storia straordinaria di tenacia e di lavoro quotidiano, di volont di fare e allo stesso tempo di far sapere, di condividere risultati che hanno permesso ad altri disabili di confrontarsi in modo nuovo con il mondo del lavoro. Fino ai ventuno anni Francesco conduce una vita normalissima: gli amici, gli studi, i viaggi, la passione per la moto. In pochi mesi, una retinite pigmentosa congenita lo immerge in un buio progressivo fino alla cecit completa. La mia prima preoccupazione ricorda oggi fu quella di non poter leggere e studiare come facevo prima. Allinizio non fu facile, come ovvio. Ma poco dopo capii che era un problema tecnicamente facile da superare, avrei dovuto solo trovare gli strumenti adatti. Tutto sommato la cecit mi capit in un buon momento della mia vita: avevo molto amici e mi ero gi appassionato alla ricerca. Una passione, quella per la ricerca e linformatica, che ha accompagnato Francesco Levantini in tutti questi anni. Oggi uno dei migliori formatori di IBM. Una vita in continuo movimento, da una citt allaltra, da unaula allaltra. A Milano docente sia presso il Politecnico che presso la Sda Bocconi. Impegnato inizialmente in progetti di informatica sullIntelligenza Artificiale, Decision Support System e Object Oriented Technology, Levantini presto comincia a concentrarsi sui progetti relativi allaccessibilit dei sistemi informatici, alla formazione di base per linserimento professionale dei disabili, del loro aggiornamento e della formazione continua. La cecit ha spiegato recentemente a Mauro Marcantoni, autore del volume I ciechi non sognano il buio. Vivere con successo la cecit (Franco Angeli editore) non un problema, ma una seccatura. Il segreto per affrontarla al meglio il lavoro di gruppo. Solo cos il disabile pu mettere davvero a frutto le sue competenze. Io oggi mi sento allaltezza e sicuro di ci che faccio. Le uniche tecnologie assistive veramente efficaci per un disabile sono le altre persone.

2011
La storia di Francesco Levantini poteva esser stata raccontata da Tolstoj: egli ne avrebbe tratto un insegnamento di speranza nella fede nelluomo e non solo nel Creatore. Qui la sua storia diventa una mirabile parabola aziendale, descrivendo come la disabilit talentuosa unita alla volont ferrea e allamore che si crea in un gruppo al lavoro, ci dia la prova - unaltra volta! - che limpresa pu essere libert. Giulio Sapelli

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Secondo lOrganizzazione Mondiale di Sanit in tutto il mondo i non vedenti sono 37 milioni e 124 milioni le persone con problemi di vista. In Italia i numeri diffusi dallInail parlano di 350 mila non vedenti e pi di un milione e mezzo di persone con problemi di vista. Non vedenti e ipovedenti spiega Francesco Levantini hanno molti problemi nella vita comune e spesso servizi e ambienti pubblici (specialmente nella pubblica amministrazione) sono loro preclusi. Nonostante da anni sia forte questa consapevolezza, sono in atto pochi progetti per cercare di affrontarla e trovare le soluzioni adatte; di questi un numero esiguo utilizza software

vocali su strumenti mobili come palmari o smartphone. Da qui lidea di Levantini, insieme ad altri due colleghi di IBM, di sviluppare una nuova soluzione: lMWA, acronimo di Mobile Wireless Accessibility. Nasce come progetto pilota dellIBM Italia nel 2004: 10 persone tra non vedenti, ipovedenti e vedenti hanno cominciato a lavorare insieme per cercare di cambiare radicalmente il modo di comunicare, accedere e condividere le informazioni. Ci stato possibile utilizzando un unico strumento mobile con lobiettivo di concentrare nello stesso dispositivo tutte le attivit normalmente svolte dal tradizionale computer e dal telefono cellulare. Oggi lMWA rappresenta una delle pi avanzate tecnologie

disponibili per non vedenti e ipovedenti messa a punto da IBM Italia, in collaborazione con Cisco e Nokia, per coniugare la mobilit delle persone, le tecnologie wireless e laccessibilit dei disabili visivi alla tecnologia. Cos da consentire a quanti fino ad oggi sono rimasti professionalmente ai margini di superare la disabilit e accedere ai pi comuni sistemi di comunicazione aziendale come internet, intranet e tutte le applicazioni pi comuni dufficio. Inoltre MWA in grado di contribuire alla riduzione dei costi per lazienda spostando i servizi di telefonia su ununica architettura (per esempio la rete wireless). Francesco Levantini oggi riconosciuto come uno dei maggiori esperti nelle applicazioni informatiche in tema di disabilit, spesso viene chiamato come consulente nella stesura di decreti attuativi di legge che riguardano soluzioni tecnologiche, come la legge 4 del 2004 (Disposizioni per favorire laccesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici). Nel 2007 gli stato assegnato il Premio per il Lavoro di ManpowerGroup per la straordinaria capacit di portare innovazione in azienda, lattitudine al coinvolgimento, alla motivazione del team e alla valorizzazione dei talenti. Ha usato la sua leadership per superare lhandicap e favorire nel tempo una piena integrazione degli altri disabili.

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Simone Pedretti

201

IL CORAGGIO DI METTERSI IN DISCUSSIONE


tag eclettismo / flessibilit / comunicazione /
confronto / creativit
Se leadership significa sapersi imporre in ogni campo, con regole del gioco mutevoli e contesti sempre diversi, Giorgio Faletti pu - a buon titolo - essere preso ad esempio. Comico, cabarettista, cantante, attore, autore e infine scrittore: in ogni ambito Giorgio Faletti ha saputo imporre la propria leadership, diventando spesso un punto di riferimento. Ha sfiorato la vittoria al Festival di Sanremo nel 1994 (dove arriv secondo con la canzone Signor Tenente, vincendo il Premio della Critica), apprezzato come attore (i film pi recenti sono stati Notte prima degli esami e Cemento armato) e autore (ha scritto canzoni, fra gli altri, per Mina e Branduardi). Ma nelle vesti di scrittore e romanziere che Faletti ha spiazzato pubblico e colleghi: con cinque libri ha venduto quasi quindici milioni di copie. Un dato che lo rende lo scrittore pi letto in Italia, subito alle spalle di Umberto Eco. Un esordio nella narrativa recente, appena nove anni fa, con il thriller Io Uccido pubblicato da Baldini Castoldi Dalai, bestseller che nei primi mesi ha venduto un milione e trecentomila copie. Un fenomeno per molti incomprensibile e che ha provocato non poche ruvidezze fra Faletti e alcuni critici letterari, poco abituati a raccontare e interpretare fenomeni cos esplosivi. Ma ci che sorprende nel curriculum di questo poliedrico artista, 61enne originario di Asti, laureato in lettere, la capacit di anticipare i tempi, interpretare i mercati e non sbagliare quasi mai il colpo. Le stesse doti che si richiedono ai leader e ai manager a capo delle grandi organizzazioni. Vivo la mia vita in modo emotivo ed epidermico - ha osservato recentemente Faletti, che per buona parte dellanno vive allisola dElba. Da anni mi sto battendo perch un artista italiano eviti di essere etichettato. Negli Stati Uniti gli artisti quando sono eclettici, vengono esaltati, mentre in Italia si tende ancora oggi ad affossarli. Se qualcuno si esprime in campi diversi, come nel mio caso sempre con riscontri abbastanza positivi, perch impedirlo?. del resto la stessa diffidenza che si ritrova in Italia intorno ai manager che scelgono di cambiare settore e confrontarsi con nuovi mercati e nuovi clienti. Eppure, centinaia di esperienze dimostrano come leclettismo e la flessibilit, se

Giorgio Faletti Attore, scrittore, musicista, paroliere e compositore

Abst
Quello che ti rende competitivo la capacit di mettere in dubbio le cose che fai, anche nel momento di maggior successo

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da zero o quasi, come a lei capitato? Non voglio scomodare la parola talento, ma sicuramente inclinazione s. Nella vita riconosco di aver avuto una gran fortuna, qualit che ho poi avuto voglia e coraggio di seguire. Il mio carattere mi ha messo nelle condizioni di fare tutto questo con la pi grande naturalezza. Per il resto stato lavoro, lavoro duro, lavoro giornaliero, spesso non esaltante. Lo stesso a cui tutti i leader sono chiamati nella loro attivit. Ho avuto la mia crescita, a tratti sinusoidale, discontinua. E in ogni momento ho cercato persone con le quali confrontarmi, a cominciare da mia moglie. Ogni leader ha bisogno attorno a s di persone che non si limitino a dirti quanto sei bello e quanto sei bravo. Ma costantemente ti suggeriscano dove migliorare. Cosa porta al cambiamento e allinnovazione? Ogni cosa ripetuta nel tempo rischia di inaridirsi e diventare mestiere. Anche la comicit obbedisce a questa regola, una stagione creativa che prima o poi si esaurisce e inizia a diventare abitudine. Non ho mai inseguito il successo a tutti i costi. Per questo penso che la cosa migliore, in queste condizioni, sia prendere atto della situazione e cambiare, senza poi pensarci troppo. La mia pi grande angoscia quella di perdere la creativit. Tutto il resto so che potrei affrontarlo, ma quello no. Mi sono spesso ripetuto in passato: voglio che la gente, pensando a Giorgio Faletti, magari dica chiss dove finito piuttosto che osservare guarda come finito. Ho avuto un mio processo in testa e ho fatto molti errori. Anche se qualche tappa stata sbagliata, forse il percorso stato quello giusto.

supportati da un metodo e una dedizione rigorosa, rappresentino un valore raro nella cassetta degli attrezzi dei grandi manager. Sono arrivato a Milano alla fine degli anni 70 cercando di fare cabaret, da l e dallesperienza straordinaria del Derby cominciato il mio percorso - racconta Faletti. In realt una persona che vive facendo il comunicatore, come io mi sento oggi, deve essere preda di un costante delirio di onnipotenza. E del resto, tutte le tecniche di comunicazione che

ho appreso nella mia vita, in tutte le vesti che ho indossato, sono presenti allinterno della scrittura e della struttura di un romanzo. Quello che ti rende competitivo la capacit di mettere in dubbio le cose che fai, anche nel momento di maggior successo. Dalla fonte pi insospettabile puoi avere sempre uno stimolo utile, qualcosa da migliorare. Tutte le volte che costruisci una vittoria, anche in modo istintivo e anche la pi difficile, devi sempre essere pronto ad ascoltare i consigli, rimettere in discussione le certezze. Come si diventa leader in campi cos diversi? Come si riesce ad arrivare alleccellenza partendo

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Cristiano Napolano

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FUORI DAL CARCERE: I DETENUTI TORNANO AL LAVORO


tag normativa / agevolazioni / formazione / professionalit / futuro
Il Carcere di Bollate, in provincia di Milano, rappresenta uno dei pochi esempi di realt penitenziarie italiane in grado di offrire ai detenuti numerose opportunit di lavoro e quindi di crearsi una professionalit in grado di garantire loro un futuro una volta scontata la pena. Noi abbiamo 80 lavoratori allesterno su 1010 detenuti complessivi, non sono pochi spiega Cosima Buccoliero, vicedirettore del carcere di Bollate aggiungendo inoltre come, per aumentare il numero dei detenuti occupati allesterno del carcere bisognerebbe che ci fosse una maggiore conoscenza delle capacit professionali che ci sono in carcere. Ci dovrebbe essere una banca dati. Noi - racconta - lo scorso anno abbiamo accolto un appello del presidente dellassociazione nazionale dei panificatori che lamentava come non ci fossero pi panettieri in Italia, mentre noi, in carcere, avevamo molti detenuti con quelle caratteristiche professionali. Le aziende esterne che occupano gli 80 detenuti del carcere di Bollate, il pi famoso dei quali Renato Vallanzasca, beneficiano degli sgravi fiscali concessi dalla legge Smuraglia, e in particolare dallarticolo 21. Noi siamo molto aiutati dagli enti locali che hanno al loro interno degli sportelli per inserire questa gente ha aggiunto Buccoliero, rilevando che questo percorso funziona molto bene e si riescono a fare delle segnalazioni ad aziende private. Se si lavora bene si costruisce un percorso prima della dimissione del detenuto, sia per quanto riguarda laspetto lavorativo sia per quanto riguarda laspetto abitativo. Da un anno a Bollate opera lAgenzia 27, unagenzia creata per volont del Provveditorato regionale allamministrazione penitenziaria della Lombardia che si ripropone di essere un tramite fra aziende ed Enti Locali. Elena Paradiso il direttore dellUfficio esecuzione Penale esterna di Ancona. Questo genere di uffici ricopre un ruolo essenziale di indirizzo, controllo e ricognizione dei detenuti soggetti a misure alternative al carcere e destinati al mondo del lavoro. Noi - spiega Paradiso - siamo il raccordo con il mondo esterno e siamo anche il referente della Magistratura di Sorveglianza quando vengono concesse delle misure alternative. Informiamo costantemente i magistrati sul comportamento del detenuto, su come si comporta sul posto di

Abst
Manca una legislazione pi specifica a sostegno del reinserimento lavorativo dei detenuti che consenta maggiori sgravi fiscali alle aziende

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lavoro, se lavora, insomma su tutti gli elementi che ne caratterizzano il reinserimento allinterno del mondo lavorativo. Non solo luniverso lavorativo a essere oggetto dellattenzione e dellanalisi dellufficio guidato dalla Dottoressa Paradiso ma anche la situazione familiare del detenuto, in quanto costituisce una parte fondamentale del panorama rieducativo. Per chi ha avuto una condanna penale e ha saldato il debito con la giustizia la via migliore sarebbe lingresso nel mondo delle aziende private. Linserimento pi efficace per un condannato - ha sottolineato Paradiso - in unazienda privata o, al limite la costituzione di un lavoro autonomo. Le cooperative sociali sono un passaggio che a volte necessario perch sono dei luoghi protetti in grado di affrontare anche le eventuali problematiche

personali del soggetto, cosa che ovviamente lazienda privata non assolutamente tenuta a fare. Sostanzialmente, lamenta Paradiso, carente la legislazione di riferimento, per consentire maggiori sgravi fiscali alle aziende. Manca - ha spiegato - una legislazione pi specifica al sostegno del lavoro dei condannati. Lunica disposizione di legge la 193 del 2000, la cosiddetta legge Smuraglia. E lunica norma che prevede sgravi contributivi a favore di quelle aziende che occupano detenuti o cooperative sociali che assumo affidati, semiliberi o detenuti domiciliari. Le aziende hanno sgravi se aprono delle attivit allinterno di un carcere. Il sovraffollamento delle carceri e il conseguente disagio delle condizione carceraria e della gestione stessa delle strutture penitenziarie, paradossalmente, rendono quasi impossibile

linsediamento di attivit di questo tipo. Le carceri sono sovraffollate - spiega il direttore - il disagio per aprire unattivit al loro interno massimo, quasi impossibile. Lideale sarebbe prevedere agevolazioni per assunzioni di condannati a fine pena da parte delle aziende. Trovare un lavoro stabile a quanti escono dal carcere dopo avere scontato la propria pena ha una rilevanza non solo sociale, ma anche, inevitabilmente, economica. Se non si d una chance a queste persone, e per chance intendo un lavoro, la recidiva diventa molto probabile. Sarebbe importante che vi fosse un intervento normativo che renda allettante lassunzione di un condannato rispetto a un libero cittadino. I costi sarebbero riassorbiti grazie ai mancati costi sociali connessi ai possibili reati commessi dal recidivo. Alla societ non conviene tenere fuori un condannato che non riesce a trovare lavoro. Il vicedirettore Buccoliero meno propenso a una incentivazione del lavoro degli ex detenuti. Il lavoro - ha spiegato - un elemento fondamentale ma non tutto. Non sarebbe giusto che una persona che viene dal carcere abbia un incentivo che gli consenta di tenere o avere il posto di lavoro mentre una persona che non viene dal carcere resta disoccupato. La recidiva non dipende solo dal lavoro. Paradiso opera in una realt, le Marche, che in passato era considerata unisola felice per quanto riguarda linserimento dei detenuti. Oggi la situazione molto pi difficile di un tempo. Certamente possiamo dire che per chi finisce in carcere e cerca un lavoro la crisi attuale ancora pi forte che per gli altri. In questo contesto abbiamo come unico appoggio

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le cooperative sociali. Si tratta di soluzioni temporanee in quanto non riescono a garantire uno stipendio adeguato al mantenimento del condannato e della sua famiglia. La permanenza in carcere o meno durante la pena ha un impatto non secondario sulla vita lavorativa successiva del condannato. Chi ha avuto la possibilit di scontare la pena fuori dal carcere ha una recidiva minore di chi invece ha passato tutta la detenzione allinterno della struttura carceraria. Anche riguardo ai risultati e al sostegno, maggiore o minore da assicurare alle cooperative le opinioni non sono unanimi. Secondo lesperienza di Buccoliero qui a Bollate ci sono delle cooperative che vanno benissimo: ad esempio, la cooperativa, che ha in appalto il call center della 3 va benissimo, ha assunto 90 detenuti allinterno del carcere. Cos come va molto bene la cooperativa che si occupa di Botanica. Certo le

cooperative ricevono un sussidio per lavvio, dopodich devono stare sul mercato da sole. E quindi risentono anche loro dei cicli delleconomie come tutte le aziende del mercato. E il caso della Ecolab, una delle cooperative collegata al carcere di Bollate, assurta allonore delle cronache per avere accolto il detenuto Vallanzasca e che si occupa di articoli di pelletteria. Nellesperienza del suo responsabile, Massimo DAngelo, la maggior parte dei detenuti giunti a fine pena passati dalla sua cooperativa trovano lavoro in realt familiari, da piccoli padroncini. Noi siamo in vita da dieci anni. Se la cooperativa non lavora non riesce a creare lavoro. E noi siamo in un mercato che in crisi da anni. Abbiamo trasformato la produzione utilizzando e riciclando gli striscioni pubblicitari in Pvc utilizzati per realizzare borsette. Oggi se ne sono accorti tutti, ma cinque anni fa nessuno ci filava. Spiega ancora

DAngelo Le cooperative sociali sono delle fisarmoniche sociali. Non solo insegnamo ai detenuti a lavorare, ma li educhiamo a stare nel mondo del lavoro e si tratta a volte di persone che fino a quel giorno non hanno mai svolto una giornata di lavoro e che da noi imparano un mestiere. Questo sforzo - spiega il titolare della cooperativa Ecolab - non viene considerato. Questo differenziale di costo per la formazione non ce lo paga nessuno. Una borsa che noi attualmente vendiamo a 9 euro dovrebbe essere venduta a 15, ma a quel punto non ce la comprerebbe nessuno. Anche per questo DAngelo dichiara che bisognerebbe sostenere le cooperative sociale con la defiscalizzazione totale. Questo consentirebbe, tra laltro, di aumentare la retribuzione dei detenuti che oggi prendono dai 700 ai 1200 euro al mese. Se un detenuto arrivasse a un congruo livello di reddito, questo potrebbe essere interessante sia per lui sia per la societ. Sarebbe interessante infatti trasformare un soggetto da passivo ad attivo da un punto di vista economico. Quello che le cooperative come Ecolab chiedono al mondo produttivo delle aziende interesse che si traduca, per, in commesse. La presenza di Vallanzasca allinterno della cooperativa ha generato un picco di attenzione che per non si tradotta in un impatto sui ricavi. Tutte le aziende fanno gadget. Se un numero congruo di queste decidesse di farli con noi questo sarebbe il migliore modo di autare noi e quindi chi nella cooperativa lavora.

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Antonella Guidotti

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VERSO UN FUTURO SOSTENIBILE


tag legalit / imprenditoria sociale / giovani / riscatto /
economia sana
Il sapore della legalit, del riscatto, della libert. questo lo spirito che anima il progetto Libera Terra, modello deccellenza di imprenditoria etico-sociale nel nostro Paese, nato a seguito dellapprovazione della Legge di iniziativa popolare 109/96 sul riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai boss della mafia. La richiesta di reimpiego delle terre confiscate arriv da una grande mobilitazione promossa da Libera, lassociazione fondata nel 1995 da Don Luigi Ciotti oggi, come noto, Presidente con lintento di sollecitare la societ nella lotta alle mafie e diffondere legalit e giustizia. Promuovendo un ruolo della societ civile che affiancava la necessaria opera di repressione propria dello Stato e delle forze dellordine con attivit e progetti mirati alla prevenzione culturale. Usare i terreni confiscati significava, da quel momento in poi, affermare la presenza sul territorio dello Stato, che reprimeva e confiscava, ma dello Stato inteso nella sua interezza, perch anche la gente doveva sentirsi padrona di quei beni utilizzandoli per dare vita a una societ pi giusta sottolinea Francesco Galante, responsabile comunicazione di Libera Terra Mediterraneo, soggetto imprenditoriale partecipato dalle cooperative di Libera Terra nato nel 2008. Quei terreni generano oggi prodotti alimentari unici, nel rispetto delle tipicit e tradizioni del territorio, frutto del lavoro di giovani che si sono riuniti nelle cooperative sociali che fanno capo a Libera Terra e che coltivano gli ettari confiscati alla mafia. Terreni che sono stati restituiti alla collettivit e che sono tornati a essere produttivi, fino a diventare fulcro di un circuito economico sano e virtuoso, anche grazie alla partecipazione degli agricoltori biologici del territorio che condividono lo stesso progetto di riscatto. Quello di Libera Terra un progetto che, per sua stessa natura, ha dovuto affrontare ostacoli sia in termini burocratici che socioculturali. Le terre confiscate alla mafia sono di propriet dei comuni in cui ricadono, e sono assegnate mediante contratto di comodato duso gratuito alle cooperative sociali che le coltivano e le rendono produttive. chiaro che, avendo a che fare con uno strumento normativo nuovo, abbiamo annoverato tutte le esperienze possibili: dallimpreparazione delle amministrazioni allo sviluppo poi di partnership e piattaforme amministrative tali da permettere il riuso dei beni confiscati in maniera anche estremamente

Francesco Galante Responsabile Comunicazione di Libera Terra Mediterraneo

Abst
Il modello di imprenditoria sociale Libera Terra: la rivincita sulle mafie per costruire un circuito socioeconomico sano e virtuoso

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contro tendenze

veloce continua Galante. Nel Corleonese siamo arrivati ad avere lassegnazione di un bene 28 giorni dopo il passaggio nelle mani dellAmministrazione: un tempo record, ma un tempo che dimostra quanto veloce possibile andare quando si hanno idee e pratiche chiare. Sta a tutta lItalia guardare alle esperienze che hanno funzionato parlo delle amministrazioni provinciali, regionali e comunali del Paese che si trovano a gestire un bene confiscato e capire che altrove il problema stato affrontato e risolto. Anche limpatto socio-culturale ha generato situazioni diverse, come ad esempio lesperienza di totale isolamento vissuta a Corleone nel 2002 nellimpossibilit di avere mezzi e persone per la prima trebbiatura. Esperienze che abbiamo visto ripetersi altrove anni dopo, quel senso di tab, di non avvicinabile che spesso i territori mafiosi hanno nei confronti della nuova realt che si prende cura per prima dei beni confiscati. Ma qualcosa che riteniamo normale, qualcosa gi messo a preventivo in un progetto di questo tipo. Ogni territorio ha avuto la sua storia e i suoi accadimenti, comunque superati. Da allora, il progetto Libera Terra ha affermato un metodo di lavoro che coinvolge i soggetti sani del territorio facendo dei beni confiscati una risorsa per lo sviluppo dellintero circuito socio-economico che comprende gli agricoltori e altri settori produttivi attraverso accordi di produzione e strutture artigianali per la trasformazione dei prodotti. Perch confiscare le terre significa anche creare le condizioni per trattenere quanta pi ricchezza possibile sul territorio e

offrire cos maggiori opportunit di occupazione. Limpatto in termini economicooccupazionali ancora in divenire ma gi molto promettente spiega Galante. La sola nascita del consorzio Libera Terra Mediterraneo, che raggruppa tutte le cooperative e offre servizi, ha permesso di cominciare a calcolare in maniera omogenea il prodotto e il risultato economico di queste cooperative. Parliamo di un bilancio 2010 che sfiora i quattro milioni di euro per Libera Terra Mediterraneo, oltre a quello delle singole cooperative che si vedono retribuite in maniera giusta lavoro e materie prime. E questo a tutto vantaggio del territorio, sia in termini di ricchezza creata e diffusa, sia in termini di occupazione: parliamo di circa cento persone che aprono le diverse cooperative in quattro regioni dItalia. Un impatto occupazionale che investe principalmente i giovani, in prima linea anche nellaccogliere il valore etico-sociale del messaggio trasmesso da Libera Terra. Dai giovani abbiamo avuto le pi importanti risposte. Sono quelli che non hanno mai approcciato questa opportunit come un qualcosa destinato a soccombere, proprio perch i giovani di 25-30 anni appartengono alla generazione che ha visto la mafia superata, non

pi come qualcosa di desiderabile n come carriera n come mito di potere, e che quindi cominciano a opporsi e trovano normale fare qualcosa che sia lesatto opposto, ovvero uneconomia sana e giusta. Vediamo questa tendenza nelle domande di lavoro che ci arrivano da parte di professionisti, di chi ha fatto percorsi di studi anche eccellenti; la vediamo tra coloro che non hanno trovato nulla di sbagliato nellapprocciare un lavoro agricolo. Il forte impegno insito nel progetto Libera Terra si traduce nella condivisione di uno spirito di legalit, riscatto e libert che anima persone e attivit. C un fortissimo presupposto sociale non pu essere sottovalutato percepito da chi ci guarda dallesterno e vissuto da noi spiega Francesco Galante. Non puoi fare questo lavoro se non hai unaspirazione, un proposito che sia totalmente aderente alla nostra mission. Quindi, fare qualcosa per il bene comune, fare qualcosa per la mutualit e per la costruzione di una societ pi giusta, pi equa. Difficile pensare di arricchirsi approcciando un progetto simile, ma la crescita professionale e la crescita motivazionale sono sicuramente ci che prima di tutto muove chi lavora con noi.

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contro tendenze

Ladesione ai valori etico-sociali del progetto dunque gi presente in chi entra a far parte delle cooperative, ma a Libera Terra conoscono bene limportanza del coinvolgimento delle persone, aspetto determinante per il successo dellattivit, e non smettono di alimentarlo. Lo facciamo attraverso i nostri percorsi interni di formazione che riguardano soprattutto il vivere in cooperativa, il vivere lambiente imprenditoriale cooperativo e anche la simbiosi con il movimento e la rete di associazioni che Libera. E questo significa mai trascurare la comunicazione, in tutti i suoi aspetti, del senso complessivo di quello che stiamo facendo, anche per saperlo raccontare allesterno. Anche questo parte del progetto di Libera Terra. Le cooperative di Libera Terra sono di tipo b, ovvero utilizzano le proprie attivit produttive per effettuare inserimenti lavorativi di ragazze e ragazzi con vario tipo di svantaggio. E lapproccio umano, ancor pi in questo caso, acquista particolare importanza. Lapproccio umano irrinunciabile sottolinea Galante. Pu arrivare pi tardi in termini di tempo, ed anche bene che sia cos, perch chi approccia la cooperativa pu farlo sulla base di motivazioni economiche o personali. Ma poi la leva del guadagno pulito responsabilizza chi al primo contratto di lavoro. Chi viene da anni di lavoro nero e di sfruttamento capisce dove si trova una volta che vede riconosciuto il

proprio diritto di lavoratore in toto, e si responsabilizza. E continua: Le aziende arrivano a diversi stadi di maturit. Nelle varie fasi della vita di unimpresa pu essere diverso il modo di accogliere il giovane inesperto e il giovane preparato, e di permettere una crescita e dirigerlo a responsabilit sempre maggiori. In Libera Terra tutto parte da una forte motivazione e da un percorso che sia pertinente a una figura aziendale, poi possono avvenire diversi sviluppi in un ambiente di lavoro vivace. E questo il caso di Libera Terra. Per il 2011-2012 sono in corso progetti per tre nuove cooperative su terreni confiscati a Trapani, Agrigento e Capo Rizzuto in provincia di Crotone, questultimo con bando gi uscito per la selezione dei soci della cooperativa.

Ci naturalmente non vuol dire raggruppare delle persone, affidargli dei beni e augurargli buona fortuna, ma significa supportare i soci in tutta la parte della formazione dazienda e delle figure professionali. Uno sguardo al futuro. Sostenibile. Cosa c nel domani pi ambizioso di Libera Terra? Il grande sogno di un numero enorme di esperienze e realt, anche non necessariamente cooperative, che utilizzino i terreni confiscati con grande ascolto nei confronti del territorio e nei confronti delle esigenze economiche delle comunit, e che in maniera giusta diano un senso alla riutilizzazione di questi beni che sono un valore enorme e possono diventare qualcosa di ancora pi ricco nel dare vita a uneconomia sana e un consumo consapevole.

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Workshop Opinion Leader

Paolo Bertelli

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diritto al lavoro: nessuno escluso


tag disuguaglianze / sostegni sociali / learnfare / investimenti /
formazione
Giovani, donne e anziani. Linclusione di queste tre categorie nel mondo del lavoro resta unemergenza nazionale. Lopinione di Tiziano Treu, senatore del Pd, pi volte Ministro e ordinario di diritto del lavoro presso lUniversit Cattolica di Milano. Si sbaglierebbe - spiega Treu a Lavori in Corso - a ritenere che il problema della cosiddetta inclusione riguardi solo le donne. Noi abbiamo in generale strumenti di politica sociale che non sono inclusivi: spendiamo abbastanza ma alla fine della spesa il grado di inclusione non aumenta a sufficienza, anzi. Secondo Treu le disuguaglianze oggi sembrano peggiorate e quindi abbiamo donne, soprattutto donne e madri sole, aree territoriali e giovani o gi esclusi o a rischio di esclusione perch si avvicinano alla soglia critica dei 35 anni. Sappiamo bene che dopo questa et linserimento nel mercato del lavoro regolare diventa molto pi difficile. Quale linea dazione suggerisce al Governo? La prima cosa da fare migliorare il sistema dei nostri sostegni di tipo sociale in modo che siano mirati maggiormente, invece noi spendiamo ancora inutilmente una montagna di soldi a pioggia. Per ognuna di queste popolazioni che ho indicato prima occorre disegnare interventi specifici: per le madri, soprattutto se madri sole, garantire i servizi allinfanzia che sono fondamentali e noi ne abbiamo pochi. Siamo sempre pi lontani degli impegni assunti in sede europea. Ma linfanzia non la sola difficolt. A cosa si riferisce? Penso a tutte quelle famiglie con figli adolescenti. Una cosa che noi abbiamo proposto il cosiddetto learnfare: cio sussidi ai nuclei familiari dati a particolari condizioni, la prima di tutte che i ragazzi frequentino la scuola. Ai giovani vanno garantiti livelli di istruzione di base e professionale pi elevati e meglio raccordati con le esigenze delleconomia moderna, per questo le famiglie vanno aiutate a farli studiare bene e a renderli autonomi. Gli ultimi dati sono preoccupanti: la disoccupazione giovanile a livello triplo rispetto a quella registrata fra gli adulti: al 23,5%, significa essere al 18 posto in Europa. Oggi abbiamo purtroppo un grado di abbandono scolastico alto, soprattutto in certe regioni. Gli Stati Uniti hanno adottato recentemente misure di questo genere che trovo molto utili per quelle fasce di et. Tuttavia mi pare - vedendo quello che dice e fa il Governo - che non

Tiziano Treu Vicepresidente XI Commissione Lavoro, Senato della Repubblica

2011
Lascensore sociale italiano, ossia quella mobilit verso lalto che stato il segreto della crescita e dello sviluppo culturale italiano sino a venti anni or sono - si bloccato. Occorre provvedere anche con riforme legislative che qui sono bene illustrate. La disuguaglianza alla radice della mancata crescita quando non consente dincludere risorse preziose nei sistemi nervosi delleconomia e della societ in cambiamento. Giulio Sapelli

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Workshop Opinion Leader

vi sia molta voglia di portare avanti certe battaglie. Come si presenta oggi il mercato del lavoro per una donna? chiaro che soprattutto le madri rischiano di uscire e confermare cos un tasso di occupazione che resta basso. Questo le rende a rischio e impone loro una grande fatica per rientrare in una fase successiva. Oggi loccupazione delle donne ferma al 46,1%: siamo al 26 posto in Europa. Qui bisogna offrire servizi ma anche sostegno: perch una donna che deve andare a lavorare per 900 euro al mese e si deve pagare la baby sitter o un asilo che ne costa altrettanti, chiaro che sceglier di non andare a lavorare: la conciliazione lavoro-famiglia non si fa con queste condizioni. Occorrono sostegni a chi lavora, anche sotto forma di detrazione fiscale.

Ci sono altri provvedimenti che dal suo osservatorio - potrebbero essere rapidamente introdotti? Sicuramente il reddito minimo di solidariet. Uno strumento che gi impiegano, e con successo, molti paesi a cominciare dalla Francia e dallInghilterra. Sia chiaro per: questi sono soldi spesi necessariamente per persone che sono gi fuori dal circuito. Lobiettivo prioritario resta quello di spendere di pi per evitare che i lavoratori restino esclusi. Per concludere qual lo stato di salute, in questo momento, per il mercato del lavoro in Italia? E che tipo di conseguenze sta determinando la crisi? Sinceramente vedo una situazione grave perch se leconomia continua a stagnare non c possibilit di creare occupazione. Quella che si creata negli anni passati, nonostante la crescita pur bassa, stata una occupazione di cattiva qualit. La prima cosa sostenere le imprese che

investono, noi abbiamo investimenti che sono letteralmente crollati in questi ultimi mesi. chiaro che poi dopo, che si sar rimessa in moto leconomia, sar necessaria una occupazione buona. Quindi una occupazione con pi formazione e maggiormente garantita. Con la sicurezza che se si perde il lavoro, anche precario, poi si verr aiutati a ritrovarlo. Occorrono risposte immediate: sostegno ai redditi, rafforzamento ed estensione degli ammortizzatori sociali, credito delle imprese. Questo per contrastare la precariet, le incertezze e le disuguaglianze dei lavori; ricercare la ricomposizione del mondo del lavoro, non solo delle sue tutele, ma anche delle sue opportunit. La debolezza e la precariet dei lavori dipendono da un sistema produttivo che vive ancora troppo di risparmio sul costo del lavoro e quindi non pu permettersi di garantire salari equi e prospettive ai giovani.

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Workshop Opinion Leader

Antonio Marzano

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Le direttrici della finanza: regole per un giusto equilibrio


tag globalizzazione \ strategia \ regolamentazione \ produttivit \
economia reale
La globalizzazione ha determinato negli anni scorsi una mobilitazione senza precedenti del credito e dei finanziamenti tra i Paesi. Economie avanzate come gli Stati Uniti e il Regno Unito ed economie in ritardo ne hanno tratto grande giovamento. Ma si sono affermate con i derivati tecniche di gestione del rischio che hanno paradossalmente comportato, con i sub-prime, laumento del coefficiente marginale della rischiosit. Certo, questo accaduto con il coinvolgimento di operatori finanziari non sottoposti agli stessi vincoli patrimoniali delle banche. Ma il coinvolgimento avvenuto perch avallato da queste. Si potrebbe dire ecco il paradosso che proprio le tecniche di riduzione (frammentazione) del rischio ne abbiano accresciuto la propensione. Le transazioni annuali di titoli azionari e obbligazionari mondiali sono quattro volte il PIL mondiale, quelle sul mercato dei cambi superano di quindici volte il PIL mondiale, il mercato dei prodotti derivati pari a dodici volte il PIL mondiale. Laumento della propensione al rischio dovuta anche ad un altro fattore, laumento del prezzo degli immobili che una specie di garanzia aggiuntiva per il mutuante. Cessato quellaumento, la crisi divenuta pi manifesta. LItalia meno esposta a queste eventualit, come dimostrano i bilanci, di regola migliori rispetto a quelli delle pi grandi banche estere. Inoltre, la propensione al risparmio degli italiani li rende meno propensi al debito e al rischio connesso. Il comportamento delle banche ed il ruolo degli operatori non bancari stato daltronde diverso, con qualche eccezione pur significativa di cui bene non trascurare il significato didattico. Ma anche le banche italiane operano, direttamente o meno, sullinterbancario internazionale. Le conseguenze si avranno sotto forma di effetto disponibilit e di effetto costo; sia pure con intensit sperabilmente minore. Il contagio alleconomia reale avvenuto. Ci sono segni di rallentamento in tutti i Paesi. In Eurolandia la fiducia delle famiglie e delle imprese si ridimensionata. Si contrae a ritmi elevati lattivit produttiva. In Italia il dato della produzione industriale a novembre 2008 il peggiore dal 1991. La difficolt economica pesa anche
Antonio Marzano Presidente Cnel

2011
La crisi economica e finanziaria ha imposto lezioni severe alla classe politica, imprenditoriale e manageriale dei Paesi del G20. Ma non riuscita a insegnare una corretta e responsabile gestione del rischio, errore fatale e causa - molto spesso - dei crack di molti istituti finanziari. Resta forse questa la grande occasione mancata del biennio nero dei mercati e delle borse. E sono di poca consolazione le parole profetiche di Antonio Marzano che ammoniva circa un probabile effetto costo per le banche italiane. Francesco Guidara

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Workshop Opinion Leader

sul mercato del lavoro: il numero dei disoccupati salito ancora in Eurolandia, gli indici PMI sulloccupazione nellindustria e nei servizi segnalano lintenzione delle imprese di diminuire limpiego di manodopera in un contesto di forte riduzione della domanda e contrazione dei margini. Nel 2009 diminuir lespansione dei Paesi emergenti che hanno contribuito per oltre il 50% alla crescita del PIL mondiale nel 2008. Negli USA la diminuzione della ricchezza, causata dalla riduzione dei valori azionari e dei prezzi delle case, spinger le famiglie a minori consumi. Ripercussioni negative anche sul mercato del lavoro statunitense: disoccupazione al 6,5%, il massimo dal 1993. Questa nuova realt globale e le conseguenze a cui ha portato richiedono lintroduzione di nuove regole, in luogo della discrezionalit, per la gestione del credito e della finanza. La stessa autonomia delle autorit che vi sono preposte sarebbe cos rafforzata, mentre sarebbe messa a repentaglio dallassenza di queste regole. Questo spinge a due riflessioni generali. La prima rimanda la necessit di nuove regolamentazioni, specialmente per lattivit degli operatori non bancari. In questa direzione si sta orientando lAmministrazione degli Stati Uniti, ed il Financial Stability Forum, con la sua richiesta di maggiore trasparenza e controllo di alcuni strumenti strutturati del credito non da meno. Anche il Parlamento di Strasburgo impegnato in questa

direzione. La seconda riflessione riguarda la necessit di riequilibrio tra la destinazione finanziaria e quella reale dellattivit bancaria. Interpreto in questo senso le istanze espresse dai rappresentanti dei vari settori produttivi. Regolamentazioni nuove, coordinamento e maggiore impegno a sostegno delleconomia reale: auspico che queste siano le due nuove direttrici di marcia. Per quanto riguarda lItalia, il rallentamento della crescita italiana rispetto a quella europea inizia negli anni novanta: il PIL nel decennio cresce in media dell1,5% in Italia contro il 2,1% nellUE15. un fatto strutturale. Questo indebolimento dellItalia imputato allinsufficiente dinamica della produttivit oraria, che passa da un incremento medio annuo del 2,5% degli anni 70 all1,8% degli anni 90 e allo 0,1% tra il 20002006. Ma vi sono anche altri fattori, di cui bisognerebbe tener presente. LItalia un Paese senza materie prime: dobbiamo importarle, e

quando il relativo mercato entra in tensione, questo pesa sul PIL italiano pi che sugli altri. Il tasso di sviluppo del Sud ha inciso negativamente su quello medio italiano. La pubblica amministrazione complessivamente costa agli italiani 328 miliardi di euro, cio il 22% del PIL. anche vero che occorre affinare le statistiche. Con la globalizzazione molte imprese hanno puntato sulla qualit dei prodotti. Ma i dati sul PIL tengono conto dellaumento delle quantit prodotte e non dellaumento di valore derivante dal miglioramento della qualit: c un problema statistico. Con la globalizzazione, molte imprese hanno inoltre delocalizzato le produzioni: ci significa che imprese italiane producono PIL allestero. Le statistiche nazionali, di nuovo, non colgono questo fenomeno. La correzione dei fattori negativi, e di altri della stessa natura, dovrebbe tuttavia essere la base di qualsiasi strategia di politica economica.

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Workshop Opinion Leader

Maria Noldoli

201

QUESTO NON UN PAESE PER GIOVANI


tag governo \ formazione \ lavoro \ riforme
Attraverso quali strumenti immagina sia possibile unazione di contrasto ai recenti cali sul fronte occupazionale? Occorre agire su due versanti. Da un lato, la gestione delle situazioni di emergenza, a tutela dei tanti che in questi mesi hanno perso o stanno perdendo il lavoro. A tal proposito, abbiamo depositato in Parlamento una proposta di legge volta a riformare in senso universalistico il sistema degli ammortizzatori sociali in modo che tutte le categorie contrattuali possano trovare una forma di sostegno e strumenti per il reinserimento in caso di perdita di occupazione. Il secondo punto fondamentale il contrasto alla precariet. Da questo punto di vista, la proposta Boeri-Garibaldi sul contratto unico mi sembra una soluzione pi che condivisibile. Ritiene che sia corretto oggi parlare di una emergenza giovani nel confronto con il mondo del Lavoro? corretto e doveroso. Mutuando il titolo del bel libro di Alessandro Rosina, questo non un paese per giovani. Precariet, scarsa mobilit sociale, metodi di selezioni incentrati ancora sulla cooptazione scoraggiano i migliori, condizionano ogni progetto per il futuro, inducono molti ad abbandonare il Paese. un problema normativo, certo, ma soprattutto culturale. Difficile, al Nord come al Sud, anche superati i trentanni, decidere autonomamente quando il proprio turno, quasi impossibile prendere in mano le redini della propria vita senza avere le spalle coperte. 1000 euro al mese se va bene, affitti alle stelle, carriere spesso bloccate da logiche baronali o clientelari: se non emergenza questa. Perch resta ampia la distanza fra scuola e mondo del lavoro? La distanza resta ampia perch mancano, o sono scarse, forme di collegamento tra il mondo del lavoro e le agenzie formative. Tutte, non solo la scuola superiore. Basti pensare alle difficolt incontrate da molte universit nel sistematizzare attivit di placement in grado di far incontrare la domanda con lofferta di lavoro. Quanto alle soluzioni, evidente che esse vanno modulate in funzione del titolo di studio conseguito. Oltre a un rafforzamento degli strumenti di placement, penso a nuove, pi efficaci, forme di orientamento al lavoro, a un ridisegno dellapprendistato o a un maggiore impulso alla formazione professionale nelle scuole superiori. Pi in generale, limpressione che molti osservatori hanno dellItalia di un paese dove il potere saldamente nelle mani degli ultracinquantenni. Questo che conseguenze ha? Lo dicevo prima: ha conseguenze gravissime soprattutto perch pregiudica la speranza e le aspettative di tanti giovani. come se non fossimo in grado di tutelare un diritto fondamentale, quello a progettare un futuro migliore. La societ ha bisogno, invece, di respirare e di ricominciare a costruire, mattone dopo mattone, un nuovo pi ambizioso progetto Paese. Senza giovani questo progetto semplicemente non avrebbe senso.
Enrico Letta Vice segretario del PD

Onorevole Letta la ripartenza dei mercati e il miglioramento del quadro economico complessivo, si accompagnano a dati ancora preoccupanti sul fronte delloccupazione (che si attesta oggi in Italia all8,6%). Che anno sar quello che si da poco aperto per il mondo del lavoro in Italia? Dipender dalle risposte che governo e Parlamento saranno in grado di mettere in campo nei prossimi mesi. Finora tutti gli indicatori confermano che, a dispetto dei segnali di ripresa che arrivano dalla finanza, la crisi tuttaltro che alle spalle e proprio il mondo del lavoro ne paga oggi il prezzo pi alto, soprattutto nel Mezzogiorno che rischia di staccarsi definitivamente dal resto del Paese e dellEuropa. Detto questo, i segnali dellultima ora lasciano purtroppo intuire che il governo non ha alcuna intenzione di creare quel clima favorevole per fare le riforme che davvero servono per rendere giusto ed efficiente il nostro sistema di welfare. Piuttosto si trincera, di nuovo, nellideologia. E questo fa male a tutti, lavoratori e imprenditori.

I giovani e la questione giovanile sono sempre stati al centro dei processi di cambiamento. positivo che anche la classe politica ponga il problema nel contesto del grave periodo che stiamo attraversando, collegandolo alla necessit, appunto, di far respirare la societ. Giulio Sapelli

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Maria Donnoli

8 200

hr talent

SPERIMENTO LA CONCRETEZZA NELLE RISORSE UMANE


tag mobilit / sostenibilit ambientale / performance /
integrazione / retribuzione
Dalla colorata e possente esposizione di auto e motori nel museo al restyling degli spazi aziendali, in Lamborghini Holding SpA si respira la tensione alla contemporaneit miscelata con le basi solide di un gruppo che nasce in Italia nel 1963. Dal corridoio a vetri si vedono le linee di produzione e lufficio di Umberto Tossini, Human Resources and Organization Director approdato a SantAgata Bolognese nel 2006 per esprimere una visione delle Risorse Umane updated, a supporto del business. Strategie e prassi di innovazione rese possibili dallaumento delle public companies, senza nulla togliere alle grandi famiglie capitalistiche italiane, che hanno dato opportunit a tanti professionisti di entrare nel mondo dellimpresa in modo concreto. Ed proprio una di queste aziende del grande capitalismo familiare a scoprire il talento per le Risorse Umane di Tossini: candidatosi per entrare in Fiat dalla porta degli affari legali, viene invece selezionato per gestirne dal lato HR lo stabilimento di Melfi: Durante la pratica forense avevo capito che quella professione non mi interessava. Cercavo la dimensione del fare integrata a quella del pensare. E ancora oggi credo che la si possa trovare solo in un mestiere dazienda. Globalizzazione e adattamento culturale Da Melfi - scuola concreta di elementi cardine: come comunicare con le persone, come sviluppare un sistema premiante efficace - a Torino e infine in Svizzera. Due anni allestero, e lacquisizione della consapevolezza che allontanarsi dalla comfort zone dei confini nazionali sia unesigenza fondamentale per lo sviluppo a tutto tondo delle qualit manageriali, particolarmente per chi si occupa di persone. Lavorare allestero alimenta la comprensione di quanto ladattamento professionale sia la qualit prioritaria da sviluppare in azienda. Subito dopo un ascolto attento alle necessit del contesto in cui ci si trova a operare. Lintegrazione, come tutti i processi culturali, richiede un dialogo continuo i cui risultati sono costantemente in costruzione. Gi Machiavelli diceva che il nuovo genera resistenza, prima che entusiasmo.
Umberto Tossini Human Resources and Organization Director di Lamborghini Holding SpA

Abst
Tra lavoro e privato, un ritratto di Umberto Tossini, lantiburocrate di Lamborghini

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hr talent

Senza alcun timore per la fuga dei cervelli, e certo della forte capacit di attraction, della fascinazione naturale di Lamborghini sulle risorse eccellenti, Tossini spiega cos il richiamo delle aziende estere sui talenti nazionali. In Italia impariamo a gestire un livello di complessit che difficile riscontrare in altri Paesi. Questo uno dei motivi per cui i nostri professionisti sono cos ambiti. Una mobilit dei talenti auspicata e che spesso si completa con flussi di ritorno, con competenze rinnovate: si impara a gettare a mare le sovrastrutture, e resta solo ci che realmente utile. Levoluzione professionale passa anche dalla ricerca di esperienze aziendali in cui lambito HR organizzato in maniera meno tradizionale, come in Omnitel/ Vodafone, dove il giovane HR Director di Lamborghini approda

attratto dalla fucina dei talenti e dalla sfida dello sviluppo di un settore in importante evoluzione. Qui ricopre anche lincarico di Responsabile delle Relazioni sindacali e, quindi, delle Relazioni Industriali. La mia formazione giuridica mi rendeva benchmark per i rapporti con gli interlocutori sindacali. Il sindacato sta facendo degli sforzi per capire la direzione delleconomia contemporanea, soprattutto rispetto al tema della globalizzazione, di cui la maggior parte degli imprenditori utilizza le possibilit. Un sindacato autorevole un interlocutore prezioso nella gestione delle aziende, se non incorre in tentazioni ideologiche, che rovinano la possibilit di un dialogo chiaro. Quella sostenibile etica dimpresa Un dialogo, una partecipazione,

che vanno alimentati prima di tutto allinterno dellazienda, verificando, ad esempio con il processo bottom-up del survey, le esigenze maggiormente condivise per proporre soluzioni che in Lamborghini sono sempre improntate al principio forte della concretezza. Azioni rivolte al benessere e alla salute allinterno dellazienda, come il Programma Check Up per la prevenzione gratuita delle malattie cardiovascolari e posturali e un sistema forte di convenzioni esterne per agevolare la fruizione di una gamma di servizi, a partire dalla realizzazione di impianti GPL. La sostenibilit ambientale infatti uno dei principi che ispirano le politiche della Holding: un progetto ambizioso e ben avviato che

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hr talent

prevede di rendere autonomo dal punto di vista energetico lo stabilimento di SantAgata Bolognese, con la realizzazione di un impianto fotovoltaico che ne copra totalmente il fabbisogno. La gestione del day by day, non solo in questo ambito ma nella professione in generale, ci che ha ucciso le iniziative con visione, a vantaggio di un equilibrio che per solo di breve periodo. In Lamborghini vogliamo lavorare su una crescita, che sia sostenibile. E sullintegrazione di processo, che ha portato a decuplicare la produzione in quattro anni. Il caring a misura duomo: le strategie HR Ma quali sono le chiavi di azione progettuale sulle Risorse Umane? LHR di Lamborghini la vede cos. La nostra dimensione, circa 1000 dipendenti, ci aiuta a lavorare sul caring. Cerchiamo di fare una progettazione molto vicina alla nostra realt, piuttosto che realizzare iniziative standardizzate ed elefantiache. A partire da un focus sulle competenze, sui talenti e sulle performance. Penso ad esempio a percorsi personalizzati in collaborazione con AlmaWeb (ndr: School dellUniversit di Bologna che organizza corsi per laggiornamento e la riqualificazione del management dazienda) o con il Politecnico di Torino. Tra le soft skills che la casa automobilistica, dal 1998 di propriet del Gruppo Audi, ritiene indispensabili ci sono innanzitutto quelle linguistiche e relazionali: Se un ingegnere particolarmente brillante ha problemi con linglese o con le presentazioni, investiamo in corsi full immersion intensivi di lingua

e public speaking racconta lHR Director della Holding. La motivazione di lungo periodo data invece dalla condivisione del senso delle cose. E da una formazione che non si arresta e che riguarda le competenze orizzontali ma anche per i basic, rafforzando la capacit di delivery. Diamo gli strumenti perch ognuno possa esprimere il proprio valore distintivo e personale, anche a livello internazionale. Penso agli Stati Uniti, dove il nostro Regional Office composto da dieci persone. Una dimensione che non ha la struttura della grande organizzazione e che rappresenta una sfida sul piano personale e professionale. Requisito di base: la flessibilit. Ma non solo attraverso la componente culturale che si esprime la strategia di retention di Lamborghini. Dalle parole di Tossini emerge limportanza delle condizioni materiali del lavoro, come la retribuzione, la cui competitivit monitorata costantemente rispetto al settore di riferimento, e i benefit di carattere economico, delle volte erogati trasformando in opportunit dei vincoli normativi, sempre con

grande trasparenza nei confronti dei dipendenti. Passioni. Antiche e nuove Esperimenti di concretezza in Lamborghini, che occupano gran parte della giornata dellHR Director di origine avellinese. Quarantun anni compiuti da poco, a cosa si dedica nelle (poche) ore libere? Alla lettura, una passione antica. Divoro libri, i pi diversi. Dalla mia biblioteca personale non pu mancare Lettera al mio giudice, di Georges Simenon e, recentemente, anche Cinque stagioni di Abraham Yehoshua. Nella libreria del mio ufficio, invece, c Good to Great di Jim Collins. Magari in pi copie, perch amo regalarle. Collins ci dice che senza obiettivi straordinari non si ottengono risultati straordinari. E lobiettivo di lavorare per migliorarsi giustifica il numero di ore dedicate al lavoro. Un pilastro anche The HR Value Proposition di David Ulrich, una sintesi perfetta delle dimensioni strategiche e di azione dellHR Manager. E poi, ho scoperto la bellezza del golf. Ti fa sgombrare la mente e ti educa alla non aggressivit. Perch la forza non sempre ci che serve per vincere nella vita.

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hr talent

Francesco Guidara*

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LEADERSHIP? PASSIONE, CURIOSIT E OSSESSIONE!


tag visione / comunicazione / valori / condivisione / credibilit
Monica Possa Responsabile Risorse Umane e Organizzazione di RCS MediaGroup

Capace di comunicare e scegliere le persone giuste, dotato di visione e valori, dai quali mai abdica, sicuro di incidere - con il proprio lavoro - sui risultati dellazienda. Ma soprattutto ossessionato. Ecco limmagine del Leader che tratteggia Monica Possa, da sette anni responsabile delle risorse umane e organizzazione del gruppo Rcs MediaGroup. Formatasi in Bocconi, MBA allInsead di Fontainebleau, Monica Possa ha iniziato in Boston Consulting Group, dunque Omnitel (oggi Vodafone) e ha scoperto relativamente tardi la sua vocazione per le risorse umane. Oggi una delle pi attente osservatrici delle evoluzioni del management internazionale. Che cosa oggi la leadership e quanto importante per una organizzazione? Comincerei dalla visione, in un contesto dove la capacit strategica divenuta indispensabile. Nel passato il leader poteva galleggiare anche senza visione, forte del fatto che potesse essere acquisita nel corso degli anni. Adesso se non la si possiede tutto rischia di crollare. Deve quindi avere la capacit di scegliere le persone giuste. Non

Abst
A me piacciono le persone portatrici di passione. Quelle fanno la differenza: non sono persone che si seggono e rimangono a ingessare le organizzazioni, creando poi strutture ferme rispetto al mercato che cambia e cresce

pi possibile agire secondo la catena di comando e di controllo tradizionale. Devi fidarti delle persone, senza imbrigliarle con sistemi di comando e di controllo troppo stretti che fanno solo perdere tempo allorganizzazione. Prima ancora della delega, la capacit di costruire una squadra uno degli elementi chiave. Quando qualcuno ti dice io sono uno che delega bisogna sempre stare attenti. La delega la cosa pi difficile, perch non deve essere scarico, per molto tempo nel mondo del business ha funzionato una sorta di delega-scarico. La delega innanzi tutto una condivisione di valori e chi delega deve sempre essere pronto, nel momento del bisogno, a lavorare a fianco del collaboratore, andando ad esaminare fino allultima cosa fatta, capendo se stata giusta o sbagliata. Questa credibilit. Quali sono le altre caratteristiche? Vedo indispensabile la capacit di comunicazione: il leader non pu pi essere quello che sta allinterno della torre eburnea e comunica ai suoi fidi i messaggi da trasmettere. Deve essere visibile, deve sapersi

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di passione. Quelle fanno la differenza: non sono persone che si seggono e rimangono a ingessare le organizzazioni, creando poi strutture ferme rispetto al mercato che cambia e cresce. E si riescono facilmente a convincere? Sono disposta ad aspettare, per questo tipo di persone. Mi considero una grande corteggiatrice, molti dei collaboratori che lavorano con me sono stati corteggiati per molto tempo! Scherzi a parte, chiaro che nella fase di selezione si va alla ricerca anche dellesperienza, che non pi n necessaria n sufficiente, ma fa parte di una serie di qualit che vanno pesate e osservate insieme. Sono molto difficile ed esigente nella fase di scelta, perch portare una risorsa allinterno dellazienda il mio modo di contribuire al business. Come si forma un leader, questione genetica o ha un peso anche il contesto ambientale? Il tema dibattuto. Per essere un grande leader sono necessarie caratteristiche che possiamo definire genetiche, devi in altre parole avere un potenziale di partenza. Per queste non sono sufficienti. Ormai non esiste pi una leadership che non sia frutto di lavoro, di coltivazione. Personalmente non conosco nessun grande leader, in Italia e allestero, che non sia una persona che lavora su di s, sul suo approfondimento per molte ore al giorno. Tutte le maggiori figure con cui ho avuto la fortuna di lavorare, oltre a quelli che studio, perch a me piace molto

confrontare con il mercato e rendere azienda e mercato pi fluidi e interconnessi. Il quarto elemento la capacit di impatto e di generazione dei risultati. Se nel passato poteva limitarsi ad indicare la direzione, perch qualcun altro avrebbe portato avanti il lavoro, oggi le cose non stanno pi cos. Lultimo elemento, imprescindibile, sono i valori. Lazienda deve lavorare come un corpo umano, muoversi e reagire come fosse un solo organismo. Questo frutto di una condivisione profonda non solo della visione ma soprattutto dei valori, di cui il leader il massimo rappresentante. Significa chiaramente eliminare la pi piccola ombra. Nel mondo interconnesso che conosciamo lesistenza di unombra colta da tutti, perch tutti guardano costantemente cosa c dietro al vetro. In unazienda di 6.000 persone ci sono 12.000 occhi che ti guardano e devono vedere che tu dici le cose che fai e fai le cose che dici. Scegliere il leader sbagliato significa correre il rischio di distruggere valore allinterno della propria organizzazione. Per questo la prima cosa che cerco in un candidato

lesistenza di valori forti e chiari. La penso come Jacques Welch, storico amministratore delegato di General Electric, quando diceva noi paghiamo la persona sulle performance, ma la promuoviamo sui valori. Come ha affinato la sua capacit di selezione dopo molti anni di professione? Il motore per me rappresentato dalla curiosit. Nel passato i responsabili delle risorse umane, ma anche i cacciatori di teste, hanno spesso cercato e premiato i profili lineari, perfetti, che avessero una tabella di marcia chiara: responsabile marketing prima, direttore marketing poi, esperienza allestero e cos via. Oggi credo francamente che il percorso lineare sia una debolezza dellindividuo, perch gli impedisce di vedere la lateralit del mercato. A me piacciono persone curiose che abbiano sperimentato molto e che abbiano passione, apertura e amore per quello che fanno. Persone che riescono a realizzare quei collegamenti trasversali di cui ogni azienda ha bisogno. Io chiedo sempre alle persone che cosa leggono, quanto leggono e che cosa approfondiscono. A me piacciono le persone portatrici

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l della conventional wisdom. Non necessariamente sono persone simpatiche e gradevoli. Come lo immagina il leader del futuro? In parte lho gi detto, lo immagino come una persona ossessionata che avr per la capacit di andare fino in fondo al processo. Non per farlo tutti i giorni ma per essere in grado, se necessario, di entrare nellufficio di uno qualsiasi dei suoi collaboratori, sedersi a fianco e ricostruire fino in fondo un processo, conoscendone i singoli dettagli. Questo probabilmente non render il leader simpatico o necessariamente bello, perch lossessione mette una pressione pazzesca sullintera struttura. Il fondatore di Apple, Steve Jobs, ad esempio, ha lossessione per le persone giuste. Sono noti i suoi lunghi corteggiamenti. Per mesi e mesi Steve Jobs andato personalmente a incontrare quelli che lui riteneva pedine fondamentali, cercando di convincerli a seguirlo in Apple. In questo ho trovato un grande parallelismo con Warren Buffet, limprenditore e finanziere americano. Buffet cerca sempre di conoscere fino in fondo le persone che lavorano nelle compagnie dove investe, perch comprendere le persone fa la differenza quando si decide di investire. Il messaggio di Warren Buffet proprio questo: la necessit di guardare negli occhi e riconoscere chi gestisce unazienda.
*Caporedattore centrale Class CNBC

leggere di leadership, hanno come caratteristica fondamentale quella di lavorare costantemente su s stessi. Al di l di una genetica e di una natura che li ha aiutati, sono persone curiose, che approfondiscono e non si fermano mai alla prima risposta. Quanto rilevante, in questa fase di coltivazione, passare attraverso una business school, come ha fatto anche lei? Non lo trovo indispensabile. Certo pu aiutarti perch ti permette di creare un network di valore, approfondire e consolidare certe conoscenze. Tuttavia ho visto persone passare attraverso business school senza che rimanesse loro niente attaccato. Quello che devi avere dentro, a costo di ripetermi, passione, curiosit, fatica e impegno. I fuoriclasse non smettono mai di lavorare su di s, con umilt, con curiosit e con trasversalit. Occorre leggere di tutto, andare

in profondit, creare una rete di persone che siano sempre pronte a dirti le cose reali. Perch i grandi leader vogliono raccogliere costanti feedback. Ci illustri meglio questo concetto. Ho molti amici allinterno dalluniversit Bocconi che hanno lavorato con imprenditori e manager carismatici, penso a Jeff Bezos di Amazon.com o Steve Jobs di Apple. Si tratta di persone quotidianamente alla ricerca della pi piccola e rilevante informazione, che hanno sempre letto lultimo aggiornamento. Uno dei tratti che pi mi colpiscono lossessione. A volte su testi e manuali capita di leggere che i leader sono persone equilibrate, persino piacevoli, aperte al confronto. Non vero, spesso non sono persone equilibrate! Hanno dentro un fuoco che arde e le sbilancia. Sono persone che hanno delle ossessioni e delle convenzioni, al di

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Marco Donati

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La passione per linnovazione


tag cambiamento \ formazione \ competenza \ efficienza \
coinvolgimento
Senza la squadra giusta non si progredisce. Non ha dubbi Pierluigi Bernasconi, fondatore e amministratore delegato in Italia di Mediamarket SpA - la catena di elettronica di consumo che nel nostro Paese opera attraverso i brand Media World, Saturn e Media World Compra On Line. E non un caso che lazienda, in crescita costante, navighi in assoluta controtendenza rispetto alla congiuntura economica globale, generando valore in termini economici, come pure occupazionali e sociali, per lintero Paese. Competenza, passione, efficienza e organizzazione sono i fattori principali del successo del Gruppo che in Italia ha conquistato la posizione di leadership nel suo mercato di riferimento, guidato da un uomo che ha saputo creare un impero dal nulla, introducendo innovazioni vincenti e rivoluzionando il mondo della distribuzione dellelettronica di consumo. Ritengo innanzitutto che la passione per il lavoro che si fa sia essenziale dichiara Bernasconi, e in un settore come il nostro la passione data dal senso di appartenenza e condivisione dei valori aziendali, anche di tipo etico, dallattenzione alleccellenza, dalla volont di fare bene e di distinguersi dagli altri, dal rispetto delle persone che operano nellazienda. Naturalmente poi c la passione specifica per il proprio ruolo: vorrei sempre sentir dire dai miei collaboratori questo il mio lavoro, individuando nella propria attivit quotidiana quellinteresse e quella motivazione che fa diventare un lavoro il mio lavoro, al quale dedicare risorse, interesse ed entusiasmo, quella passione di fondo che dar la forza per superare i momenti difficili, di indecisione e insoddisfazione, che inevitabilmente incorrono. Il senso di attaccamento allazienda, la partecipazione e la condivisione sono gli aspetti principali per alimentare tale passione, ma importante anche avere la possibilit di crescere e di cambiare un ruolo che magari non pi fonte di soddisfazione. In unazienda come la nostra gli sbocchi possibili sono molti e differenti, ma bisogna essere in grado di non cristallizzarsi sulla propria posizione, pensare positivamente e saper intraprendere senza timore nuovi percorsi, rimboccandosi sempre le maniche perch nessuno regala niente. E i percorsi di crescita sono ampiamente riconoscibili, basti pensare che la stragrande maggioranza dei direttori di punti vendita proviene dai reparti, sono

Pierluigi Bernasconi Fondatore e AD di Mediamarket SpA

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O tutti o nessuno: il cambiamento in azienda non possibile se non si condividono obiettivi e metodologie

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spesso persone entrate in azienda come semplici addetti vendita, con contratti di formazione, che in breve tempo hanno saputo far valere il proprio potenziale. Siamo molto attenti a quanto avviene allinterno dellazienda piuttosto che guardare allesterno, perch sappiamo che riconvertire persone con unesperienza consolidata pu essere molto pi difficile e incerto rispetto a un percorso di crescita interno, dal basso verso lalto, che pu contare su una risorsa gi in possesso di una cultura aziendale molto forte e sentita. Lindividuazione del talento inoltre facilitata dalla stessa struttura aziendale che, nonostante conti quasi 8.000 persone, suddivisa in tante imprese da 70-80 elementi - i punti vendita - che rendono molto pi semplice individuare il potenziale di una singola risorsa e saperlo sfruttare al meglio. Dalla formazione alla competenza La competenza uno degli elementi maggiormente distintivi dei punti vendita di Mediamarket, retailer di beni di consumo di alta complessit, che contribuisce al suo posizionamento su livelli pi elevati rispetto alla

concorrenza. Nonostante oggi il consumatore disponga di strumenti di informazione e indagine personale sul prodotto (principalmente Internet), lazienda consapevole della fondamentale importanza del rapporto che si crea in negozio, basilare per arrivare alla fase conclusiva di vendita e naturalmente per creare i presupposti per una continuazione del rapporto, la fidelizzazione del cliente. Ma la competenza frutto della formazione, che per Bernasconi essenziale, da non considerare assolutamente un costo ma un investimento sicuro, formazione che in un settore in costante aggiornamento come quello in cui opera Mediamarket deve necessariamente essere continua. La competenza si crea sulla base di due principali fattori. Uno la formazione, che oggi non pi esclusivamente di tipo tecnico. Anche per noi che vendiamo elettronica, esistono molte componenti aggiuntive e complementari nel rapporto di vendita e di interazione col cliente, e quindi c bisogno di una interdisciplinariet degli elementi: ad esempio, se un nostro addetto completa la vendita di un prodotto dopo aver illustrato le sue funzionalit, cercando di capire e interpretare i bisogni del cliente, ma poi non in grado di fornire dei servizi aggiunti quali il finanziamento, il ritiro di un vecchio prodotto e il relativo smaltimento secondo le normative vigenti, la garanzia o lestensione di una garanzia, il servizio non sar completo. Le nostre risorse devono saper dare una serie di informazioni aggiuntive non strettamente tecniche legate al prodotto, che forniscano un quadro dinsieme il pi possibile preciso ed

esaustivo dei servizi che il cliente sta acquisendo. E questo richiede uno sforzo notevole, perch si tratta di una formazione che si svolge su tre fronti, quello del rapporto con il cliente (la capacit di interloquire, lanalisi dei bisogni, la capacit negoziale), la conoscenza tecnica del prodotto, la conoscenza dei servizi complementari alla vendita che completano la formazione di addetti e collaboratori. Il secondo fattore che contribuisce a creare competenza la conoscenza della macchina interna, di come funziona lazienda, cosa pu fare e cosa non pu fare, quali sono le regole e quali le eccezioni, insieme alla capacit di interpretare tali eccezioni secondo la cultura e lapproccio generale dellazienda. E laspetto formativo che dovr fornire alle risorse gli strumenti per affrontare situazioni impreviste, interpretando leccezione secondo la filosofia aziendale. E le risorse sono al centro dei numerosi percorsi formativi previsti dallazienda che nel 2009 ha investito il 20% in pi rispetto allanno precedente per formare il personale: formazione in aula, soprattutto nella fase iniziale, considerando che a volte le risorse assunte sono alla loro prima esperienza di lavoro; affiancamento direttamente nel punto vendita da parte di addetti in possesso di unesperienza consolidata; corsi di apprendimento on line disponibili nella intranet (le-learning prevede quasi un centinaio di corsi di varia natura destinati ai vari ruoli aziendali); a livelli pi alti, un master in collaborazione con il Politecnico di Milano, che ha valore legale; interventi formativi ad hoc

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per lavorare su bisogni precisi e sulle potenzialit specifiche di una singola persona. Innovare per rimanere competitivi Il cambiamento e linnovazione sono determinanti per la sopravvivenza di unimpresa, ma come individuare il momento giusto nella storia di unazienda per innovare? Bernasconi non ha esitazioni: Sempre. Continuamente. Non esiste un momento preciso, ma linnovazione deve essere un fatto congenito allazienda. Naturalmente tale innovazione varia secondo la tipologia di impresa, il settore in cui opera, gli obiettivi che persegue, il posizionamento che vuole ottenere, la pressione esercitata dalla concorrenza nazionale e globale. Ma linnovazione deve essere un elemento insito nella mentalit dellazienda, nella cultura delle persone che ad essa appartengono e che in essa operano tutti i giorni. Ed grazie alla sua capacit di innovare costantemente che Mediamarket, nonostante la forte contrazione dei consumi che il Paese sta attraversando ormai da mesi, continua ad aumentare il proprio fatturato, ad aprire nuovi punti vendita e ad assumere personale, investendo anche

nelle regioni del Centro e Sud Italia, in controtendenza rispetto alla maggior parte dei retailer. Volgendo lo sguardo verso la ripresa economica, Bernasconi consapevole che sar una sorta di ripartenza, perch non si ricomincer dai livelli pre-crisi, ma da un livello molto pi basso. Ma come affrontare lauspicata ripartenza evitando di lasciarsi trovare impreparati? Le aziende per cavalcare la ripresa dovranno fare quello che non hanno fatto in passato: strutturarsi bene, farsi domande precise sul senso della propria mission, ridefinire gli obiettivi strategici, trovare efficienze che ieri sembravano impossibili ma che in realt sono davanti agli occhi, basta pensarci e coglierle, individuarle e saperle realizzare. Senza il timore di cambiare: La nostra societ sta cambiando molto, pensare di continuare a operare allo stesso modo ma un po meglio di quanto fatto fino a ieri non la strategia giusta, non baster, ma bisogner fare cose diverse, trovare risorse diverse e sbocchi diversi. Il nostro il Paese della piccola e media impresa, ma possibile che il futuro sia invece quello di un Paese che pu andare su dimensioni aziendali differenti, con un mercato finanziario che sostiene le attivit imprenditoriali che probabilmente richiederanno un approccio molto diverso da quello che c stato

fino ad oggi. Daltra parte anche il processo di concentrazione delle aziende porta in quella direzione. E conclude dichiarandosi assolutamente in accordo con quanto spesso sostenuto da Montezemolo sul potenziale inutilizzato del nostro Paese che dovrebbe invece darsi una scossa, perch il futuro che ci attende non la continuazione del passato, ma sar un futuro diverso e le aziende dovranno essere pronte e disposte al cambiamento, non dimenticando che tutte le persone dellimpresa sono importanti perch oggi non si fa nessun cambiamento in azienda se non si condividono obiettivi e metodologie. Mediamarket Pierluigi Bernasconi il fondatore e attuale CEO di MEDIAMARKET SpA, la catena di elettronica di consumo che in Italia opera attraverso i brand Media World, Saturn e Media World Compra On Line. Con 96 punti vendita su tutto il territorio nazionale (83 Media World e 13 Saturn), oltre 7.500 collaboratori e un fatturato 2008 che supera i 2 miliardi di euro (2.094 milioni NET VAT) MEDIAMARKET oggi la prima azienda italiana della distribuzione del settore no food. A livello internazionale, lazienda fa parte di MEDIAMARKT Saturn Holding GmbH, appartenente al Gruppo METRO AG, il primo retailer di elettronica di consumo in Europa con 768 punti vendita presenti in 16 Paesi. LItalia rappresenta il 11% del giro di affari complessivo del Gruppo ed al secondo posto per fatturato e numero di dipendenti dopo la Germania.

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letture ascolti visioni

Antonella Guidotti

A COSA SERVE LA POLITICA?


tag ricchezza / motori di sviluppo / valori /
rispetto delle regole / giovani
mai abbiamo visto dibattiti politici o manifestazioni a favore di un miglior funzionamento dellecosistema artificiale? afferma il pi famoso divulgatore della conoscenza del nostro Paese dalle pagine di Lavori in Corso, in unintervista esclusiva rilasciata in occasione delluscita del suo libro fresco di stampa. Se ci occupiamo solo di distribuire ricchezza e non di fare in modo che questo ecosistema artificiale che crea ricchezza sia in equilibrio e si sviluppi bene, che non sia inquinato da politica e cultura sbagliate o educazioni insufficienti - perch sono questi oggi i veri inquinamenti, non solo le polveri sottili - non alimentiamo lo sviluppo del Paese. Come salvaguardare linfinito capitale umano che lItalia vede disperdersi, giorno dopo giorno? Uno dei mali di questi ultimi anni sembra essere laver dato troppa importanza al reale potere della politica. In Italia oggi c un forte risentimento contro la classe dirigenziale per i suoi troppi privilegi, il malcostume diffuso, i costi, larroganza e la corruzione. Ma esiste una questione molto pi profonda e che riguarda il ruolo stesso della politica nella societ, come spiega lo stesso Angela. A cosa dovrebbe servire la politica? Un Paese ha due pilastri. Si basa da una parte sulla distribuzione di ricchezza, e questo il ruolo principale della politica. Mentre dallaltra si fonda sulla produzione della ricchezza, perch se non si produce ricchezza non la si pu distribuire. Nel nostro Paese quasi tutto concentrato sulla distribuzione della ricchezza: i dibattiti, le polemiche, gli scioperi, le iniziative parlamentari. evidente che si tratta di un aspetto importante, ma ci si occupa troppo poco di come sviluppare il Paese, tralasciando che se la torta rimane piccola le fette rimarranno piccole. I veri motori dello sviluppo non sono i ricambi di maggioranza o di leader, ma la capacit della politica di far funzionare questi motori di sviluppo. Quali sono? Naturalmente da un lato c la politica che si occupa di incentivare o disincentivare certi comportamenti, attraverso leggi che possono aiutare la crescita economica e lo sviluppo delle aziende, e dallaltro lato c un ambito molto pi importante che permette davvero a un Paese, a medio-lungo termine, di avere il tessuto economico, industriale, culturale ed educativo per svilupparsi. Faccio lesempio dellOlanda: se fosse colpita da uno tsunami che investisse le terre basse e buttasse sul lastrico due milioni

Non solo cura dellecosistema naturale, ma anche e soprattutto difesa dellecosistema artificiale, quello che produce ricchezza e determina lo sviluppo di un Paese. questa una delle testi esposte da Piero Angela nel suo ultimo lavoro editoriale A cosa serve la politica pubblicato a novembre da Mondadori. Oggi esiste una grande difesa dellambiente - associazioni, manifestazioni, gruppi ecologici, pressioni dei media, persino un Ministero - per mantenere in equilibrio lecosistema naturale, ma non c niente del genere per lecosistema artificiale in cui viviamo, altrettanto sensibile e vulnerabile: quello creato dalluomo, fatto da industrie, fabbriche e scuole, che vive di energia, tecnologia, management, capacit di educazione. Nessuno si preoccupa del rispetto delle regole, che leducazione e le nostre universit siano agli ultimi posti delle classifiche internazionali. Quando

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letture ascolti visioni


di olandesi, se si portassero questi due milioni di olandesi in qualunque parte del mondo e si tornasse l dopo 25 anni, si troverebbero scheletri oppure universit e campi da tennis? Io propendo per la seconda ipotesi. Del resto c anche un esempio storico: la Germania nel 45 era un deserto fumante, e 25 anni dopo tornata ad essere una potenza economica. Questo vuol dire che non sono i ricambi di maggioranza che rendono possibile un boom economico o una ripresa, ma labilit di un Paese di ridefinire e sostenere leducazione, la scuola, la capacit organizzativa, limprenditorialit, il rispetto delle regole, i valori, il riconoscimento del merito. Sono questi gli elementi che fanno un Paese, e il Paese poi spontaneamente produce ricchezza perch ha i mezzi per farlo. Allora, se la politica non si occupa di ci, evidente che tirer sempre la corda da una parte o dallaltra, tanto pi se fa debiti per vivere al di sopra dei propri mezzi. Nel suo libro si parla di una politica che diventata protagonista della scena, oscurando quasi tutto il resto. Dove ha origine questo posizionamento che la societ ha dato alla politica? Deriva dal fatto che ognuno vuole di pi. E quindi la lotta per ottenere una distribuzione pi equa. Ma ognuno interpreta a suo modo il concetto di equit. E la politica diventa larena in cui ci si scontra. Se vediamo i dibattiti in televisione, tutto concentrato sulla distribuzione di ricchezza, e quindi sul potere: ovvero, chi prevale per poter distribuire la ricchezza secondo le sue logiche. Questo colpisce notevolmente lemotivit delle persone, mentre questioni come leducazione, i valori e il rispetto delle regole rimangono troppo astratte e non coinvolgono emotivamente, non motivano le azioni. Si mai visto uno sciopero perch il merito non viene riconosciuto? Eppure in Italia riconoscere il merito significherebbe far fare un grande balzo in avanti al Paese e alla sua economia, perch oggi i posti vengono assegnati non in funzione delle capacit ma in funzione dellappartenenza a qualche area politica. Ma se non si opera una selezione degli uomini giusti al posto giusto, non si potr mai ottenere una societ efficiente e che crea ricchezza. Questo vale anche per la ricerca scientifica: non c la selezione dei migliori, i migliori se ne vanno allestero. LItalia sempre in ritardo perch non sviluppa la qualit delle universit. E questo si inserisce in un discorso pi ampio di attrattivit degli investimenti. LItalia occupa lottantesimo posto per lattrattivit degli investimenti. Perch ci sono una serie di aspetti ben noti, non solo la burocrazia e i ritardi, ma anche la criminalit, e soprattutto una inaffidabilit insita nellimmagine stessa del Paese. Nel mio libro richiamo lattenzione su questo volto nascosto della societ, quelli che chiamo motori invisibili: invisibili perch non vengono alimentati e quindi non funzionano bene. Lesempio dellOlanda esplicativo: sono persone che possiedono valori, capacit, educazione e rispetto delle regole, tutti elementi che fanno s che ovunque li mettiamo daranno vita a una societ fiorente. I giovani possono ancora sperare in un Paese che riconosca il loro valore? E su cosa devono puntare per riuscire ad affermarsi nella societ? Parliamo del futuro di una generazione. Il mondo completamente cambiato nel giro di mezzo secolo. Quello che era valido anche solo venti o trentanni fa, con la globalizzazione diventato obsoleto. In passato, quando un lavoratore entrava ad esempio in Fiat, restava l tutta la vita. E cos avveniva in tante altre aziende. Oggi ci sono correnti fortissime che continuano a cambiare le situazioni, tutto si accelerato in maniera tale che nessuno pu pi pensare di rimanere nelle stesse condizioni di anni fa. vero, ci sono ancora posizioni fisse, in particolare nelle amministrazioni pubbliche, ma tutta leconomia viaggia a velocit che in passato erano impensabili. Ci significa che non ipotizzabile fare uno stesso lavoro per tutta la vita, ma ci si dovr adattare continuamente e imparare a fare cose nuove per evitare di trovarsi in estrema difficolt. Se i motori invisibili vengono fatti funzionare, i giovani avranno pi chance di trovare una societ pi mobile, pi attenta, pi flessibile e capace di svilupparsi. Oggi la nostra societ troppo rigida anche dal punto di vista culturale - rispetto alle esigenze di un mondo che cambia cos rapidamente. In tal senso, i destinatari del mio libro sono in particolare i giovani, perch loro dovrebbero difendere queste prospettive di sviluppo.

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post fazione

Pierluigi Magnaschi*

CONFLITTI DI INTERESSE E RIFIUTO DELLA MERITOCRAZIA


tag regole / fiducia / crescita / etica sociale / impegno
Il 2011 certifica il precario stato di salute del nostro Paese e individua in queste due malattie le cause che hanno portato lItalia a conoscere il periodo pi buio degli ultimi trentanni: conflitti di interesse e rifiuto della meritocrazia. Tanto da far pronunciare alle due pi alte cariche dello Stato parole di rara gravit: rischio di insolvenza e catastrofe. Due malattie socialmente pericolose. Innanzitutto perch hanno agito indisturbate per anni su un tessuto reso sfilacciato e irregolare dalla crisi economica, ammorbato da una scarsissima sensibilit alle regole. Pericolose anche perch hanno intaccato i nervi pi periferici del Paese, avvicinando le malgestioni del centro e della periferia. LItalia che si specchia non scopre pi capitali morali o esempi di eccellenza e di virt civiche. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, si riassume nella scarsa fiducia che gli italiani ripongono nelle istituzioni e nella politica intesa come strumento di servizio, in un progressivo rafforzamento delleconomia sommersa, del nondichiarato, delleluso. Non sar il rigore fiscale imposto, il rimbalzo dei mercati finanziari e obbligazionari, n il ritorno sotto il livello di attenzione degli spread, a guarire lItalia da queste due malattie. Saranno condizioni di contesto necessarie ma certamente non sufficienti. Ci che la classe dirigente, intendendo qui quella economica e quella politica, dovr mettere in agenda sar un intenso lavoro di ricostruzione del rapporto di fiducia fra i cittadini e il Paese. Certo, tutto questo trover terreno facile se preceduto da un ritrovato e condiviso percorso di crescita. I sacrifici, lo sappiamo bene, uniscono molto meno delle gioie. Il 2012 alle porte sar un anno di grandi opportunit per edificare una nuova etica sociale. Leconomia, oggi in recessione, sar chiamata ad offrire il proprio contributo, con un dinamico e robusto mercato del lavoro, una domanda dei consumi non asfittica, una rinnovata voglia di fare impresa e di esportare anche in una Europa smarrita e confusa modelli ed esperienze di successo. Ma lo sforzo in pi che dobbiamo chiedere a tutti noi quello di voler ri-costruire questo Paese facendo di meritocrazia, trasparenza, condivisione di obiettivi le nuove parole dordine. Per questo scuola, famiglia e organizzazioni sociali sono chiamate a un identico e vigoroso impegno. questa lItalia che dalle pagine di Lavori in Corso vorremmo raccontare nel 2012. Ricordando, come abbiamo fatto in molte occasioni, che anche nei momenti pi difficili nessuno deve dimenticarsi la cifra del Paese. Che resta la settima economia del mondo, costituito da famiglie fra le pi patrimonializzate allinterno del G20 e che ha saputo fare dellinnovazione la leva della propria crescita e della propria competitivit.
* Direttore di ItaliaOggi

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LItalia non scopre pi capitali morali o esempi di eccellenza e di virt civiche. Il risultato si riassume nella scarsa fiducia che gli italiani ripongono nelle istituzioni e nella politica intesa come strumento di servizio

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