Sie sind auf Seite 1von 8

Storia ed uso della barite in fotografia Con il crescente interesse del collezionismo privato e pubblico per la fotografia del

novecento, numerosi centri di ricerca e singoli conservatori hanno rivolto la loro attenzione verso la carta fotografica baritata promovendone lo studio approfondito dei materiali costitutivi e delle sue qualit. Lo strato di barite lultima novit nella composizione fisica della stampa fotografica prima dellapparizione sul mercato della carta politenata negli anni settanta. Consiste in uno strato di solfato di bario disperso in un legante interposto tra il supporto cartaceo e lemulsione, quasi unimprimitura pittorica. Si potrebbe dire, infatti, che entrambi abbiano la funzione di rendere la superficie omogenea e liscia, di controbilanciare i movimenti fisici degli strati del manufatto e di dare una tonalit cromatica allimmagine finale. Lintroduzione dello strato di barite nella struttura delle carte fotografiche nella seconda met del XIX secolo ha marcato un netto cambiamento nella storia del materiale fotografico tanto da poter distinguere, oggi, tre principali tipologie di supporti fotografici cartacei secondo la loro struttura ad uno, a due e a tre strati. Questa generale distinzione ha una grossa utilit didattica nellidentificazione dei procedimenti fotografici storici. Larticolo intende presentare un sunto dello studio sulluso della barite come terzo strato (e di altre sostanze usate con la stessa funzione nellarco del novecento) condotto presso la George Eastman House di Rochester tra il 2006 e il 2007. Lintroduzione di uno strato tra il supporto cartaceo e lemulsione fotografica si avuta nei primi anni cinquanta dellottocento grazie a due fotografi spagnoli. Questa novit fu resa nota con diversi nomi commerciali: carta leptografica (Papier Leptographique), carta porcellana (Porcelain Paper), carta patinata (Enamel Paper) o, anche, carta aristotipica, carta Aristo (nome commerciale brevettato in America) e carta celloidina. La letteratura specialistica di lingua inglese e francese comincia a darne notizie pi dettagliate un decennio pi tardi descrivendone le tipologie disponibili sul mercato, i vantaggi rispetto alla carta albuminata e gli usi per i quali risultava ideale. Subito dopo la presentazione del nuovo prodotto furono disponibili sul mercato tre tipologie. La prima opaca emulsionata al collodio cloruro dargento su carta semplice Saxe, la seconda lucida sempre al collodio cloruro dargento su carta ricoperta di uno strato di barite e la terza ricoperta da uno strato di solfato di bario da entrambe le parti conosciuta con il nome di carta leptografica porcellana. Queste carte venivano vendute gi sensibilizzate offrendo un enorme vantaggio dal punto di vista pratico ed una omogeneit di risultati. Lapplicazione di un rivestimento coprente e bianco di solfato di bario, ma anche di caolino, gesso e argilla1 sul supporto, poteva avvenire con modalit diverse. Il British Journal of Photography riferisce di un metodo secondo il quale la carta veniva immersa in un bagno di gelatina tiepida addizionata di caolino finemente polverizzato e poi sensibilizzata come le carte salate. Tra le diverse cariche usate nel tempo la barite fu scelta perch molto coprente e perch poteva essere prodotta in forma pura. Con i grani della giusta dimensione e forma si poteva ottenere una superficie liscia e con buone propriet ottiche mentre il caolino fu abbandonato per la sgradita tendenza ad assorbire i ritocchi.
1

Della presenza di queste cariche si ha certezza analitica grazie alla X-Ray Fluorecence (XRF).

Allinizio si adott lalbumina come legante, ma fu trovata subito molto insoddisfacente. Furono testati anche altri leganti organici come la caseina e, pi tardi, quelli sintetici. Il pi adatto fu ritenuto la gelatina che poteva non necessariamente essere di alta qualit come quella destinata a costituire lemulsione. Il solfato di bario (BaSO4), un sale che si forma dal carbonato di bario, fu estratto per la prima volta in Inghilterra nel 1808. Disponibile in natura anche Italia, Romania e Stati Uniti cominci ad essere sintetizzato a partire dal 1874. Il suo uso come pigmento bianco comincia allinizio dellottocento con il nome di bianco fisso2, in francese Blanc Fixe e in inglese Fast White. un pigmento corposo adatto allaffresco, alla tempera e agli oli; ha una grande stabilit alla luce e al calore ed un alto indice di rifrazione. Per questultima caratteristica utilizzato nella manifattura del vetro, ma le sue applicazioni spaziano dai motori ai giochi dartificio (d un colore verde), alle lampade fluorescenti, dalla produzione di vernici ad applicazioni mediche. La tecnica del baritaggio di un supporto cartaceo viene accreditata a Brinkerhoff gi nel 1865; la sua provenienza , quindi, legata al mondo delle tecniche fotomeccaniche3. Lo stesso Poitevin, ben noto per le numerose migliorie apportate nel campo dellindustria tipografica e delleditoria per immagini, present nel 1866 alcune sue stampe su questo nuovo tipo di carta alla Societ francese di fotografia. Le stampe, eseguite diciotto mesi prima, mostravano grandi variet tonali e notevole permanenza dellimmagine specie nei casi in cui erano stati eseguiti viraggi al solfo-cianuro o al cloruro doro. Le qualit del nuovo tipo di carta fotografica erano le seguenti: lestrema purezza dei toni, la bianchezza delle luci, linsolubilit della superficie, la facilit di manipolazione, la suscettibilit ad essere colorata e sottoposta a pressione per ottenere notevole lucentezza, la permanenza dellimpressione, la mancanza di sbiadimento durante lasciugatura e il pi breve tempo necessario al lavaggio. In pi, limmagine rimaneva maggiormente in superficie anche rispetto alle carte preparate con grande quantit di albumina . I vantaggi del nuovo prodotto furono ben descritti anche sulla letteratura specializzata in lingua francese dove venne messo a confronto con la carta albuminata ampiamente conosciuta e usata. Al contrario di questultima, la carta porcellana non ingialliva ed era di una permanenza superiore; dal punto di vista estetico presentava un tono bianco puro, i chiari avevano una singolare brillantezza e limmagine appariva su una superficie simile al vetro smerigliato; era adatta allacquarello, allolio e a pastello senza la necessit di una preparazione e si ritoccava con la stessa facilit con la quale di dipingeva sullavorio. Elemento estetico di grande importanza era il tono rosa o violaceo molto gradito al pubblico del tempo e molto utile a nascondere leventuale scolorimento dovuto al deterioramento dellemulsione al collodio. Il nitrato dargento con cui era sensibilizzata lemulsione rimaneva sulla superficie facilitando la rimozione dei prodotti chimici dei bagni cosicch, a fronte di un prezzo ancora elevato, si poteva compensare con un risparmio su altri prodotti. Nonostante una strato intermedio potesse costituire un elemento di separazione tra le impurit della carta e lemulsione si ribadiva la necessit che la carta fosse pura e libera della minima traccia di ferro.

Anche bianco permanente, bianco costante, bianco di barite, bianco nuovo, bianco neve. Brinkerhoff diede il suo contributo al miglioramento della tecnica della collotipia, inventata in Francia da Auguste Albert, e che in ambito tedesco prese il nome di Lichtdruck.
2 3

Qualche perplessit veniva espressa a proposito della facilit alle abrasioni delle emulsioni al collodio, preoccupazione gi nota per le immagini al collodio su vetro per le quali si provvedeva, proprio per questo motivo, ad una verniciatura. Negli anni novanta dellottocento si intensificano gli articoli sulla carta aristotipica pubblicati su riviste specializzate come lAnthonys Photographic Bulletin che presentava tavole fuori testo con fotografie. Su questo Bollettino si trovano descritte altre tipologie di carta baritata ad annerimento diretto; si parla, per esempio, di stampe rivestite di uno strato spesso di gelatina insolubile staccata da un vetro con aspetto molto lucido e di altre separabili dal supporto attraverso il dissolvimento di uno strato di gelatina solubile alla maniera di un procedimento al carbone. verosimile che le prime carte aristotipiche siano state solo al collodio. Bench riconosciute pi belle, vennero a poco a poco sostituite dagli aristotipi alla gelatina a causa di una migliore stabilit meccanica della struttura e, probabilmente, per la facilit di emulsionatura. Il supporto cartaceo baritato con emulsioni al collodio tendeva, infatti, ad imbarcarsi e a determinare distacchi tra lemulsione e il supporto stesso. La terminologia non sembra adoperare, almeno allinizio, termini distinti per indicare carte baritate alla gelatina e al collodio. Nonostante la mistura di barite e legante usata per carte ad annerimento diretto e a sviluppo fosse diversa, la composizione base era costituita da grani fini di barite in sospensione nella gelatina. Si poteva aggiungere glicerina, allume o formaldeide come induritori, amido di riso come agente opacizzante, latte o essenza di garofano come antischiumogeni, coloranti per dare una tinta alla superficie ed altri agenti chimici per creare effetti speciali. Potevano essere aggiunti anche preservanti come formalina, agenti umettanti e miglioratori della sensibilit fotografica oltre che brillantanti ottici fotoluminescenti di cui si parler oltre. Il tono dellimmagine dipendeva dalla tinta della carta, ma soprattutto dallo strato di barite usualmente leggermente colorato. I coloranti dovevano rispondere a certi requisiti chimici di purezza e di inerzia nei confronti dei sali sensibili, di stabilit ai bagni chimici e alla luce. Questo tono risultava essere pi stabile di quello dato alle carte albuminate grazie al fatto che il bario formava composti stabili con i coloranti4. Per dare delle sfumature rosa, lilla e lavanda (pi evidenti nelle zone chiare) veniva usata la cocciniglia o, dal 1901 in poi, il colorante sintetico dellindantrene di colore blu-violetto. Confrontando aristotipi europei ed americani si constatato come le tinte europee risultino pi scure di quelle rinvenute in carte di fabbricazione americana. I coloranti addizionati alla barite sembrano, comunque, essere sensibili alla luce e soggetti a scolorimento. Il successo del baritaggio dipendeva da diversi fattori, primo fra tutti il grado di purezza e la dimensione dei grani di barite, ma anche dalla tecnica di applicazione che pass ben presto dallimmersione allapplicazione meccanizzata. Il procedimento con cui si otteneva barite adatta a scopi fotografici era lungo e prevedeva numerose reazioni chimiche, lavaggi e filtraggi. Allinizio del ventesimo secolo numerose compagnie europee avevano proprie sezioni per il baritaggio. Gli Stati Uniti furono grandi importatori della carta baritata europea 5 fino alla Seconda Guerra mondiale la quale ne tagli drasticamente il rifornimento. A causa delle difficolt di approvvigionamento le compagnie americane furono costrette a migliorare la propria produzione risolvendo i numerosi problemi tecnici incontrati nellapplicazione
4 5

Questa caratteristica lo rende, anche, incline a macchiarsi in modo irreversibile. La carta tedesca era la Schoeller e la francese la Rives

della mistura di barite sulla carta. I problemi dipendevano dalla scarsa qualit della carta nazionale costituita in parte da stracci e in parte da pasta al solfito ricca di impurit che interferivano con i sali sensibili; anche la qualit dellacqua aveva un peso e quella europea era migliore di quella americana. La Kodak Company di Rochester, N.Y., fu lunica compagnia a poter investire, durante e dopo la guerra, sul miglioramento tecnico della catena produttiva della carta baritata testando differenti agenti collanti, controllando il ph della pasta e creando ambienti filtrati dagli agenti ossidanti dellatmosfera 6. Alla Kodak la produzione di carta baritata (Paper Based) convisse con la produzione di carta politenata (Resin Coated) a partire dagli anni sessanta fino alla dismissione definitiva di tutte le sezioni di manifattura di carta fotografica nel 2005. La grammatura della carta baritata dipendeva dalla quantit di strati che si applicavano attraverso luso di spatole sistemate in opposte direzioni per mantenere gli stessi omogenei. La carta (in rotoli) cos ricoperta asciugava appesa come un festone su appositi sostegni in ambienti ad aerazione forzata. Per un baritaggio leggero si usava un rullo in acciaio, lo stesso usato per la calandratura ad alte pressioni. I rulli attraverso cui passava la carta erano riscaldati, assolutamente puliti e omogenei per creare una superficie estremamente liscia7. Una seconda calandratura poteva essere effettuata per imprimere motivi decorativi sulla superficie baritata ideale da modellare con dei disegni in rilievo. I rulli erano incisi con pattern decorativi intercambiabili ispirati alla trama di stoffe (seta, tweed, lino). Questa trama potrebbe essere considerata limpronta digitale della manifattura8 e quindi rappresentare un indizio sulla sua provenienza9. La carta poteva ricevere unimpressione anche prima del baritaggio per goffrature pi profonde e creare diverse tipologie che prendevano denominazioni diverse a secondo delle compagnie produttrici. Gli anni trenta furono gli anni in cui si ebbe la maggiore variet di carte fotografiche sul mercato. Dopo il baritaggio la carta era pronta per essere emulsionata. Lemulsione non contribuiva alla formazione di un motivo a rilievo perch lo spessore nellordine dei micron, consentiva un perfetto adeguamento alla superficie sottostante, tranne nel caso di aggiunta di agenti opacizzanti come amido o particelle di silice che creavano una microstruttura al di sopra dellimmagine. Lo studio delle caratteristiche superficiali delle carte baritate con laiuto dei Sample Book delle case produttrici e lapplicazione di strumenti di analisi ottica potrebbe contribuire ad una mappatura delle carte di questo genere allinterno di un periodo storico o di una manifattura. Il Getty Conservation Institute ha lanciato recentemente lidea di un atlante mondiale delle carte fotografiche baritate (non impressionate) del novecento per una sorta di mappatura della produzione. Si era accennato, poco prima, agli agenti brillantanti, in inglese Optical Brightener Agents (OBA). Questi additivi sono stati largamente investigati negli ultimi anni per la possibilit che danno di datare approssimativamente le stampe fotografiche. Secondo evidenze analitiche, infatti, gli OBA vennero incorporati nella barite intorno alla met del 1950 e la loro individuazione tramite lapplicazione di strumenti a raggi X (XRF) e UV
Negli anni 50 fu necessario montare dei filtri per evitare la contaminazione dovuta a test nucleari nell'atmosfera. 7 Secondo un procedimento di lucidatura detto in inglese ferrotyping. 8 K. Pollmeier, 2001. 9 La carta Polylure, per esempio, ha uno strato di barite in cui distinguibile la traccia lasciata dai rulli di calandratura.
6

consentirebbe di capire, per esempio, se si in presenza di un vintage o di una ristampa. Precauzione necessaria nellinterpretazione dei dati analitici per della possibilit degli OBA di risultare esauriti a causa della luce ricevuta, di essere dilavati o di migrare durante il processo fotografico o trattamenti di restauro per immersione. Questi studi hanno portato allindividuazione di altri additivi presenti nella barite come lo stronzio e il titanio. Questi due elementi hanno un indice di rifrazione superiore al bario e si trovano molto spesso in quantit notevoli. Secondo studi appena avviati la quantit di questi additivi sarebbe caratteristica della casa di produzione e di certi periodi storici. Lossido di titanio un pigmento bianco con un alto potere coprente; venne prodotto sinteticamente a partire dal 1920 e pu essere considerato un additivo sbiancante per la carta. Il solfato di bario viene sostituito dal biossido di titanio durante lintroduzione sul mercato delle carte a colori insieme al passaggio dalla carta baritata alla carta politenata. Nella transizione le Cibachrome e le Dye Transfer, lanciate nel 1945, avevano una base in triacetato e uno strato di barite sul verso10. Le Polaroid dei primi anni sessanta, invece, contengono gi uno strato di biossido di titanio Il solfato di bario non fu ritenuto adatto alla carta politenata la quale fu indirizzata alla produzione di carta fotografica a colori (cromogena) che di l a poco avrebbe superato il consumo di carta baritata in bianco e nero. Le carte RC hanno una struttura composta da unanima in carta ricoperta recto/verso da uno strato di polietilene e da uno strato di biossido di titanio disperso nella stessa resina sul quale poggia lo strato recante limmagine. Il vantaggio della carta politenata rispetto alla baritata era soprattutto il minor tempo necessario per il lavaggio e lasciugatura grazie alla minore penetrabilit ai prodotti chimici. Vantata era anche la maggiore stabilit dimensionale, qualit che nel tempo si rivelata illusoria. Presto fu evidente il problema della maggiore penetrazione dei liquidi ai bordi i quali ingiallivano precocemente rispetto al resto, e il problema, ben peggiore, di crettature sullemulsione. Le case produttrici si accorsero ben presto che il polietilene tendeva a fratturarsi e a trasmettere le crettature allimmagine; le fratture erano dovute alla rottura delle catena polimerica della resina catalizzata dalla presenza del titanio che, deteriorandosi alla luce, rilasciava radicali ossidanti. Largento, suscettibile ad attacchi ossidanti, dava vita a fenomeni di red spot o reddox blemishing. Si cerc di porre rimedio utilizzando una formula di biossido di titanio stabilizzata. Dal punto di vista della sua durabilit lo strato di barite sensibile a danni dovuti al prolungato contatto con lacqua. I suoi leganti, generalmente organici, si disaggregano facilmente a causa di immersione accidentale o a causa di muffe rendendo lo strato friabile e pronto a staccarsi dal supporto e creando, anche, grosse lacune. In genere il suo consolidamento avviene con applicazioni di sostanze compatibili11 a pennello o ad ultrasuoni. Va tenuto conto dellaspetto finale della parte consolidata in relazione alla superficie integra per avvicinarsi il pi possibile alla sua opacit o lucentezza. Dopo il consolidamento si applica uno strato intermedio che favorisce la reversibilit di finiture ed eventuali ritocchi successivi. Di fronte a vaste lacune di barite in carte goffrate il restauratore deve in qualche modo porsi il problema di riprodurre i pattern decorativi delle superfici. Qualche esperimento
Anche le Minicolor o Kotavachrome, commercializzate durante gli anni quaranta e dai caratteristici bordi arrotondati, aveva questa struttura.
10 11

In genere gelatina fotografia tenera. 5

stato condotto presso il laboratorio di restauro della George Eastman House per ricreare attraverso luso di calchi siliconici di superfici sacrificali membrane da applicare sulle parti lacunose. Il metodo appare complesso e lungo. Lapplicazione del solfato di bario disponibile oggi sul mercato si fa a pennello o a spatola. Si pu addizionare un pigmento in polvere se necessario uniformarsi al tono della stampa. In questo tipo di reintegro non scontato raggiungere una superficie perfettamente omogenea e compatta. Luso di carta baritata non fotografica per i reintegri strutturali pu essere una buona soluzione, ma la sua scarsa reperibilit sul mercato rende questa opzione rara. Larghi reintegri cos fatti possono essere colorati con luso dellaerografo. Le qualit che hanno reso luso della carta baritata dominante per circa un secolo di storia della fotografia si devono alla funzione che la barite svolge nel sandwich della stampa fotografica. La sua funzione pu essere cos riassunta: offre un substrato stabile e liscio allemulsione, forma una barriera inerte contro possibili residui metallici nella carta, impedisce allimmagine di essere assorbita dalla carta, aumenta il grado di rifrazione della luce donando maggiore nettezza e lucidit allimmagine, assicura una base dalla tinta uniforme, adatta ad essere colorata e goffrata, richiede minor tempo di lavaggio e asciugatura nel processo di stampa. , inoltre, chimicamente pi stabile della politenata grazie alleffetto barriera che la barite ha rispetto ai contaminanti esterni o elementi ossidanti che si possono sviluppare per cause intrinseche. Attualmente la carta baritata prodotta in quantit progressivamente minori avendo ceduto il posto, prima, alla politenata e, poi, alle carte per stampe digitali. Nonostante sia sempre pi difficile reperirla e trovarne variet diverse rimane una scelta obbligata per chi lavora in camera oscura e per chi si dedica alla ristampa analogica di negativi storici.

Ringrazio per il loro aiuto Grant Romer, direttore del programma residenziale dei cicli didattici in conservazione di fotografie della George Eastman House Museo Internazionale di fotografia e cinema di Rochester, e Luisa Casella, borsista del quarto ciclo didattico. BIBLIOGRAFIA The British Journal of Photography [November 10, 1865] PORCELAIN PAPER AN AMERICAN NOVELTY The British Journal of Photography, [December 1, 1865] PORCELAIN PAPER Bulletin de la Socit Franaise de Photographie, Vol XII (1866) The British Journal of Photography, [October 5, 1866] PORCELAIN PAPER The Photographic News [January 4, 1867] PAPIER LEPTOGRAPHIQUE. Anthonys Photographic Bulletin [October 25, 1890] ARISTOTYPE, OR PRINTING ON CHLORIDE OF SILVER EMULSION Anthonys Photographic Bulletin, [February 27, 1892] COLLODION AS A SUBSTITUTE FOR ALBUMEN IN POSITIVE PRINTING (by Walter E. Woodbury) Anthonys Photographic Bulletin, [December 9, 1893] CELLOIDIN PAPER I (by Alex. Lainer) Whittenberg L. E., BARYTA COATING FOR PAPERS, in The Complete Photographer, 1941.

Wentzel F., MEMOIRS OF A PHOTOCHEMIST, American Museum of Photography, Philadelphia 1960. Neblette C. B., Neblettes Handbook of Photography and Reprography: Materials, Processes and Systems, 1977. Woodward I., THE EVOLUTION OF PHOTOGRAPHIC BASE PAPERS, in Journal of Applied Photographic Engineering 7: (1981) 117 120. Gray Glen G., FROM PAPYRUS TO RC PAPER: HISTORY OF PAPER SUPPORTS, in Ostroff E., Pioneers of Photography, 1987. Hendriks Klaus B., THE STABILITY AND PRESERVATION OF RECORDED IMAGES, 1989. Long C., MENDING OF FIBER BASED SILVER GELATIN PHOTOGRAPHS, in Topics in Photographic Preservation, Vol. 3 (1989). Montagna G., I pigmenti, 1993. Coote J. H., THE ILLUSTRATED HISTORY OF COLOUR PHOTOGRAPHY, 1993. Preservation of Photographs, EXPERT BOX GELATIN & COLLODION POP, Rochester Institute of Technology, August 13-17, 1994. Kennedy N., ISSUES RELEVANT TO THE COMPENSATION OF PHOTOGRAPHS, MET, post 1994. Lavedrine B., DETERIORATION OF SOME CONTEMPORARY PRINTS, in Topics in Photographic Preservation, Vol. 6 (1995). Ctein, ARE BALCK-AND-WHITE RESIN-COATED PAPERS AS PERMANENT AS FIBER PAPERS? in PHOTO Techniques, MAR/APR 1998. Wagner Sarah S., AN UPDATE ON THE STABILITY OF B/W RESIN COATED PAPERS, in Topics in Photographic Preservation Vol. 8 (1999). Wagner S., Mc Cabe C., Lemen B., GUIDELINES FOR EXHIBITION LIGHT LEVELS FOR PHOTOGRAPHS, August 2000. Messier P., A METHODOLOGY FOR DATING PHOTOGRAPHS RELATIVE TO 1950, 2001. Pollmeier K., DOCUMENTATION AND CHARACTERIZATION OF PHOTOGRAPHIC SURFACES BY EDGE REFLECTION ANALYSIS, 2001. Mayns P., LEPTOGRAPHIC PAPER: THE EVOLUTION OF COLLODION PRINTING-OUT PAPER, The Collodion Journal, Vol. VIII, No. 24 (2002). Argonedo P., Diaz C., THE EFFECT OF AQEOUS TREATMENT ON THE PROPERTIES OF SILVER GELATIN PRINTS, in Topics in Photographic Preservation, Vol. 10 (2003). Masson O. and Ritter M., FRULEIN HUTH AND THE RED SEAWEED: CONSOLIDATION OF A COLLAGE BY KURT SCHWITTERS WITH JUNFUNORI , in The Paper Conservator, Vol. 28 (2004). Dune A., Grinde L., Wiegandt R., CHARACTERIZATION OF BLACK-AND-WHITE SILVER GELATIN FIBER-BASED PHOTOGRAPHIC PRINTS, in Topics of Photographic Preservation, Vol. 11 (2005). Messier P., NOTES ON DATING PHOTOGRAPHIC PAPER, in Topics in Photographic Preservation, Vol. 11 (2005). Wetzel R., OPTICAL BRIGHTENERS - A STUDY OF WATER SOLUBILITY, in Topics in Photographic Preservation, Vol. 11 (2005).

Buzit C., THE USE OF ULTRAVIOLET-INDUCED VISIBLE FLUORESCENCE FOR EXAMINATION OF PHOTOGRAPHS, 2005. Price B, Sutherland K., LOOKING AT ATGET, 2005. Funderburk K., HISTORY OF THE PAPERMILLS AT KODAK PARK, Rochester 2006.

Das könnte Ihnen auch gefallen