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Il futuro di chi non ha futuro


Valerio Millefoglie

Il futuro lo pu vivere in pieno chi ancora non ne ha uno. Chi ancora deve nascere. Tutti noialtri arriviamo in ritardo. Per questo motivo quando sono stato invitato a parlare di leadership futura, di come i giovani possono cambiare con la creativit il futuro, non mi sono sentito io quel giovane. Al massimo potrei parlare di una leadership passata, buona parte di quello che mi accadr domani fonda le basi sul mio passato. Per sapere invece come cambiare davvero il mondo ho pensato di chiederlo a dei veri esperti di futuro: dei bambini. Nelle scuole elementari si curiosi di tutto perch tutto sconosciuto. E anche io che sono sconosciuto vengo accolto con curiosit. Per prima cosa chiedo: Secondo voi quali sono i problemi del mondo?. Alzando la mano rispondono nellordine: la guerra, la mafia, leconomia, le tante domande senza risposte. Chiedo allora: Qual una domanda senza risposta?. Nessuno risponde. Noto quindi che effettivamente uno dei gravi problemi del mondo. Il problema della Guerra Li interrogo: Come facciamo a porre fine a tutte le guerre?. Dicendo parole belle, suggerisce una bambina. Quali parole belle?, le chiedo. Ciao, mi risponde. Chi dice ciao, penso, ha pi voglia di incontrarti e di conoscerti. E pi ti conosci e pi scopri che il nemico uninvenzione della lontananza. Altri bambini suggeriscono parole belle da dire in trincea: ti voglio bene, ti amo. Il problema della mafia Domando se il problema della mafia si pu risolvere con le stesse armi con cui abbiamo messo fine alle guerre. Si pu sconfiggere la mafia andando dai mafiosi e dicendogli: Ciao, ti voglio bene, ti amo? I bambini ridono e rispondono che no, se vai da un mafioso e gli dici che lo ami quello ti spara. La mafia, mi spiegano, nasce a Las
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Il futuro di chi non ha futuro

Vegas, dove falsificano i soldi, poi da Las Vegas arriva fino alla Sicilia. La soluzione per estirparla questa: cercare di non far parte della mafia in modo che cos le persone che ne fan parte invecchiano e muoiono e con loro muore anche la mafia. Il problema delleconomia Secondo qualcuno per uscire dalla crisi economica basterebbe diminuire lo stipendio. Secondo qualcun altro bisognerebbe invece diminuire il lavoro e aumentare lo stipendio. A ogni modo ci sono troppe banche, un paio vanno pi che bene. Il baratto impensabile perch poi c chi se ne approfitterebbe e scambierebbe un telecomando per un televisore. Un altro problema delleconomia che i giovani, mi dicono, non riescono a trovare lavoro perch gli anziani sono testardi e non vogliono andare in pensione. Una bambina per ha una proposta: Appena i tuoi figli lavorano smetti di lavorare. E se non hai figli?. Se non hai figli basta che hai unamica che ha figli e allora vale anche per te. Da grandi questi bambini sognano tutti di fare un doppio lavoro. Ballerina fino a trentadue anni e veterinaria fino a sessantaquattro anni, oppure calciatore fino a trentadue anni e poi il paleontologo fino alla pensione. Sanno gi che un sogno non basta, ce ne vuole uno di riserva. E la vita sembra contenere almeno due vite, puoi essere qualcosa fino a una certa et e dopo diventare qualcosaltro. Quando andavo io alla scuola elementare avevamo tutti un solo sogno per ciascuno perch il futuro per i nostri genitori era stato pi chiaro e sarebbe dovuto essere cos anche per noi. Le grandi scoperte scientifiche Fra le grandi scoperte scientifiche che facciamo stamattina c anche quella che forse riuscir a dare a tutti un milione di futuri: la medicina della vita infinita. Dopo un po vivere troppo a lungo non rischia di annoiare?. No, mi rispondono in coro. Un bambino mi spiega che per esempio tu giochi tantissimo, poi vai a dormire e quando dormi come se non ci sei, non esisti, cos ti risvegli e sei pronto a tornare a giocare tantissimo. Inventiamo anche la pillola Cura Tutto, una sola medicina nel mondo capace di curare qualsiasi male, e scopriamo anche la medicina che ti trasforma in un animale. Una bambina mi spiega che in questo modo se tu vuoi un cane, invece di prendere il cane prendi questa medicina e diventi tu il tuo cane di compagnia. A questet stanno gi met235

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tendo in conto la solitudine. Un altro ragazzino infatti propone una medicina per avere dei cloni di te stesso, cos sai con chi andare daccordo. Il futuro L invenzione della macchina del tempo non passa mai di moda. Nel futuro un bambino immagina di costruirne una per tornare nel passato. Dove vorresti andare?. Allasilo. Un altro bambino invece vorrebbe una macchina del tempo per andare nel futuro. Gi nel futuro si immagina in un altro futuro. C chi pensa che nel mondo ci sar pi tecnologia e chi dice che saremo tutti sterminati dalla guerra, dire ciao non funzioner. C anche chi invece pensa positivo e immagina di giocare a pallavolo con i suoi sei figli, tre maschi e tre femmine in modo da avere le squadre pari. La sedia a cavallo Nelle bancarelle dellusato trovi cose che continuano a parlarti nonostante siano piene di polvere o malandate. Tempo fa ho trovato un bellissimo libro dal titolo La felicit con il manico. Nella prima pagina lautore scrive che quando la sedia su cui ci sediamo non galoppa pi, quando perdiamo la capacit di immaginare un cavallo al posto della sedia, in quellesatto momento perdiamo una miracolosa ricetta di felicit. Guardo uscire dallaula tutti questi bambini con cui oggi abbiamo risolto i problemi del mondo, penso che ai loro occhi tutto possibile, sono in grado di immaginare qualsiasi cosa. Poi a un certo punto si diventa adulti e si perde il talento della fantasia. Osservo le sedie vuote e provo a immaginarle occupate dai bambini, ormai adulti, con in mano il proprio futuro. E le redini per galoppare.

(Valerio Millefoglie, musicista e scrittore)


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Oltrepassare il presente
Francesco Mutti

La leadership pubblica purtroppo non si accompagna necessariamente con un comportamento fondato sulletica, n tantomeno su un progetto di positivit sociale. La storia, da questo punto di vista, ci porta lesempio di grandi leader che sono spesso stati anche terribili dittatori. La leadership viene generalmente valutata secondo una misura di efficacia, dove conta pi un parametro di coerenza e di focalizzazione sul risultato piuttosto che sulla moralit delle azioni in s. Ogni volta che si va alla ricerca di una guida cui affidare un progetto ci porta in una zona ad alto rischio, se non si opera con piena consapevolezza e massima prudenza. Non ci si deve illudere troppo, la storia degli uomini soli al comando pi ricca di disastri che di successi. Credo che un Paese oggi debba essere guidato da una lite credibile fondata sulla competenza, ma ci richiede ai cittadini di non cedere alle suggestioni e alle scorciatoie del populismo. Il vero rinnovamento pu essere solo graduale e deve partire dalla base, qualunque sistema sociale complesso che vuole compiere un percorso evolutivo troppo rapido finisce per ottenere solo risultati effimeri e non sostenibili nel tempo. Il Paese deve ricominciare a fare progetti con lo sguardo rivolto alle generazioni future. Negli ultimi decenni, nonostante il benessere raggiunto, abbiamo dimenticato il concetto fondamentale che ha sempre guidato la storia umana e che consiste nel lasciare in eredit a una generazione successiva una condizione migliore di quella precedente. Una progressivit del disegno sul futuro, la fiducia nella possibilit di miglioramento costante nel tempo stato al centro dellazione delle generazioni che si sono succedute luna dopo laltra. Gli anziani che sanno fare rinunce nel presente per garantire il futuro ai figli agiscono con una logica altruistica che allo stesso tempo anche un istinto di sopravvivenza intrinseco della specie. Negli ultimi decenni per si operato un ribaltamento di questa prospettiva. Arrivando a preferire la propria sopravvivenza rispetto a quella dei propri successori si determina una frattura, una discontinuit in seno al meccanismo etico e vi237

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tale che ha ispirato nei secoli la storia dellumanit: si rompe anche quella disponibilit al proiettarsi oltre la propria esistenza personale in un orizzonte pi ampio. Dopo di me il diluvio la sintesi di un pensiero riduttivo, autoreferenziale e sordo al senso progressivo della Storia. Unindifferenza alle sorti dellumanit che arriva a bruciare i pozzi di approvvigionamento del futuro lasciando una eredit di aridit e desolazione e senza generare alcuna occasione di futuro. Esaurire tutte le risorse in un tempo di carestia pu anche essere il frutto di una necessit, ma averlo fatto in tempi di abbondanza rivela un assoluto appiattimento su un hic et nunc del tutto incurante del valore trans-generazionale della Natura e dei beni dei pianeta. Nichilismo da un lato e avviluppamento su se stessi dallaltro sembrano segnare, con il proprio tratto pessimista e autoreferenziale, il periodo di gran lunga pi prospero dellumanit che si sia fino a oggi conosciuto. Viviamo in un parossismo del consumo, incapaci di dialogare autenticamente con le generazioni a venire: si tratta di una sorta di ripiegamento antropologico sulla pura dimensione individuale. Al di l della semplice trasmissione genetica, il dono verso le generazioni future si configura come un fattore dinamico, espressione dello slancio vitale e della fiducia nelle sorti progressive del genere umano. Proprio nel momento in cui si arrivati a toccare lapice del benessere ci si unicamente e ulteriormente concentrati sul consumo e sulledonismo esasperato. Le ragioni di questa involuzione sono molteplici, quella pi significativa che stiamo seguendo questo consumismo autodistruttivo perch la percezione di essere troppo numerosi sul Pianeta porta con s una sorta di inconscia vocazione allautodistruzione o perlomeno a un calo del tasso di natalit nei Paesi pi avanzati. Dunque fino a quando non ci si decider ad aprirsi a una prospettiva di progetto a lungo termine, il Paese si vedr congelato in un immobilismo stagnante. Questa mentalit determina il fatto di sacrificare le occasioni che offre il futuro per concentrarsi ossessivamente sullimmediato. Ci sono innumerevoli esempi a questo proposito, come il condono fiscale o i provvedimenti di depenalizzazione come lamnistia o lindulto, che di fronte alle urgenze del presente decidono di posticipare le conseguenze negative in un futuro secondo una logica del tutto priva di saggezza. Del resto non possiamo dimenticare il macigno del debito pubblico, il nostro peccato originale di italiani, che si stratificato nel tempo proprio in funzione di questa traslazione in avanti del tempo della resa dei conti, che, come sappiamo, ora drammaticamente arrivata.
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Oltrepassare il presente

Un ulteriore fattore che ha contribuito a determinare il declino italiano stato quello del peggioramento della qualit dellistruzione. La scuola una funzione cardine del nostro sistema sociale e valoriale. La figura del maestro stata nel passato di massima centralit sociale e culturale, dotata di un sapere di inestimabile valore fondato su una conoscenza ampia e non solo teorica, capace di trasmettere il sapere fondante a educare le menti, e a istituire una logica profonda di relazioni tra i saperi. Scelto dalla comunit per trasmettere il sapere, il maestro ha rappresentato larchetipo della trasmissione della conoscenza necessaria a vivere in modo libero e consapevole. Oggi linsegnante attraversa un processo di perdita di identit e di riconoscimento sociale. Ci pregiudica la nostra capacit di generare sapere: si deve invertire la rotta e tornare a investire sulla qualit e la centralit dellistruzione come elemento decisivo dello sviluppo di una nazione moderna. Questo lelemento chiave per offrire vere prospettive in un mondo che si fonda sul valore sempre pi strategico e cruciale della conoscenza. fondamentale crescere nuove generazioni con menti ben strutturate da un pensiero che riesca a coagulare linfinit vastit del sapere in una dimensione pi euristica che nozionistica, per cercare di far convivere e interpolare paradigmi diversi di conoscenza in unarmonica fusione di umanesimo, tchne e dimensione del sacro, un sapere dal forte tenore sapienziale come un libro scritto nei valori sommi delletica filosofica, liberata dai dogmi ma ispirata da un principio di libert di coscienza e di ricerca. In un modello di questo tipo, diventa possibile anche costruire una cultura di etica pubblica e di civismo diffuso per le nuove generazioni. Solo unelevazione collettiva del livello di civilt e cultura delletica praticata in grado di portarci davvero fuori dalla crisi e aprire autentiche condizioni di sviluppo, in una prospettiva di ricerca dellautentico bene comune. La crisi da questo punto di vista unenorme palestra di apprendimento morale e sociale. Credo profondamente nel concetto di leadership anche se non posso negare la presenza di alcuni rischi, in fondo gli stessi che gi la filosofia antica aveva indicato, come la degenerazione possibile della tirannia. Il rischio di una leadership negativa purtroppo pi forte dellopportunit di una leadership positiva, e, se escludiamo personaggi della levatura morale di Gandhi, i leader hanno spesso mostrato pi il loro lato negativo ed eccessivo piuttosto che equilibrato e positivo. Se la leadership accompagnata da un popolo che si lascia trascinare senza consapevolezza verso una deriva assolutistica e populistica si corrono grandi rischi rispetto al mantenimento dellequilibrio
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del quadro istituzionale e democratico di una nazione. Ho molte riserve sugli effetti della seduzione populistica in una fase di grandi frustrazioni come quella che attraversiamo. La leadership alimenta se stessa in una dimensione assolutistica che travalica i grandi princpi etici. Pensiamo al leader che legittima lomicidio politico in nome del desiderio di potere. C un rischio di amoralit. Spesso il leader dotato di una personalit fuori dagli schemi, ridondante e di un carattere singolare. Il leader il frutto anche di unattesa messianica e carismatica e di un investimento esagerato di una comunit o di un popolo sulle virt e sul carattere individuale in grado di fungere da guida. Il leader deve essere in grado di autolimitarsi e contemporaneamente permettere la crescita di persone accanto a s capaci di interagire in modo etico, creativo e libero alzando continuamente il livello della sfida al perfezionamento e partecipando a un processo dialettico nella ricerca delle soluzioni ai problemi. Quando le istituzioni diventano autoreferenziali e si perde il dialogo indispensabile tra corpo politico e societ civile diventa difficile mantenere un tessuto vitale nella nazione. Un ruolo fondamentale quello della magistratura che deve garantire forse il compito pi delicato tra le funzioni dello Stato. La giustizia si fonda su un equilibrio difficile e precario: la norma giuridica pu essere aggirata, spesso la legge purtroppo assimilabile alla tela del ragno che cattura il piccolo ma viene tranciata dal grande, di questo abbiamo purtroppo infiniti esempi. Le norme giuridiche stanno alla base della possibilit del patto sociale che fonda la convivenza tra i cittadini. Una legge che tra le altre riveste un ruolo di assoluta rilevanza proprio perch al centro dello snodo del sistema politico la legge elettorale. Malauguratamente uno tra i peggiori sfregi al nostro Paese stata lapprovazione dellattuale legge elettorale. Il massimo sfregio stato quando lo stesso autore della legge, forse con una punta di ironia autobiografica, lha battezzata porcellum. Al di l dellironia, si deve riconoscere che quando si arriva al punto di approvare intenzionalmente una legge pessima solo per convenienza di parte si raggiunge un livello di decadenza senza pari. Errare umano, perseverare diabolico, ma celebrare in pubblico e coscientemente i propri errori davvero troppo. Fare lapologia dei propri errori il punto pi basso dal punto di vista delletica pubblica. Qui abbiamo gi oltrepassato la soglia dellabisso: in una societ dove nemmeno la vergogna ha pi la funzione di porre un freno di inibire lapologia del degrado. La comunit ormai talmente obnubilata dalla mancanza di rigore che perde la capacit di dirimere, di stabilire una soglia tra ci che accettabile o meno dal punto di vista
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Oltrepassare il presente

delletica e della decenza pubblica. Manca la capacit di segnare un limite invalicabile di fronte al declino morale. Si sono travolti gli argini anche di un minimo senso morale di una decenza pubblica. Viene a mancare una pubblica riprovazione, una stigmatizzazione collettiva di ci che inaccettabile, a causa di unopinione pubblica disorientata dai media e che non riesce a riflettere con profondit sul senso dei fenomeni che stiamo vivendo. C una incapacit di ritrovare una direzione in un contesto che ha smarrito la stella polare, le coordinate morali di riferimento. Troppi falsi allarmi hanno reso scettica una comunit che fa fatica a valutare il vero livello di pericolo morale. importante urlare allo scandalo quando effettivamente di scandalo si tratta e non urlare per il solo gusto di fare rumore. Bisogna ripartire da uneducazione collettiva al rispetto del bene pubblico. Bisogna ripartire dalla capacit di dare un senso morale a quello che accade. Il futuro davvero nelle nostre mani. Ci sono alcuni elementi che possono spingere ad aguzzare lingegno, in fondo la crisi motiva a un maggiore impegno e ad affinare lintelligenza come spinta atavica alla sopravvivenza. Il nostro Paese pu decidere di svegliarsi da questo torpore e cominciare ad agire. Il futuro non gi scritto, il futuro si costruisce nel presente. Tutto questo dipende dalla nostra capacit di provare a migliorarci dopo linconsistenza del governo degli ultimi anni e la sedimentazione di errori sia da destra sia da sinistra. Non basta un semplice colpo di reni per provare a risollevarsi ma occorre tutta la costanza di un impegno costante e tenace. Serve essere meno consumisti ed edonisti ma essere pi concentrati su quello che si sta facendo: questa la lunga marcia che dobbiamo fare, che non fondata sulla brillantezza dello scatto ma sulla tenacia della resistenza alla fatica. Non ci sono altre strade, la guida oggi pu essere solo quella di una leadership fondata sulla credibilit pragmatica dellesempio e sulla sobriet di uneducazione al sacrificio.

(Francesco Mutti, CEO Mutti)


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Energia di trasformazione
Heiner Oberrauch

La leadership richiede obiettivi precisi, idee chiare e mission ben delineata: quando si possiedono caratteristiche di questo tipo la leadership si manifesta immediatamente, si irradia dalla persona grazie a una assoluta determinazione nel ruolo guida. Quando un ruolo vissuto con intensit e dedizione assoluta, quando la leadership interpretata in modo serio, allora si comunica sempre, allora il messaggio arriva allesterno in modo incisivo. Ci che si vive sul serio viene comunicato con assoluta forza. Il miracolo della comunicazione autentica che la vera convinzione sa convincere. Per questo diventa indispensabile laver compiuto un percorso di autocritica interiore, di autoanalisi interiore da parte del leader che deve essere in grado di interrogarsi sulla intensit e la qualit della propria convinzione. Il leader deve chiedersi con assoluta sincerit se vuole davvero qualcosa fino in fondo senza margine di dubbio. Non si pu essere leader con una convinzione al 90%, lo pu essere solo se si crede al 100%. Ci sono tante aziende con belle idee e ottimi progetti, ma la differenza fa lesecuzione conseguente e il successo del leader. Il leader non solo colui che ispira, ma anche colui che conduce passo dopo passo il percorso dellimpresa verso gli obiettivi. Il leader il garante della coerenza dellorganizzazione, ed fondamentale il suo contributo alla costruzione dellidentit e della biografia organizzativa dellazienda. Le persone che circondano il leader, se non avvertono questa sincerit e trasparenza, questa onest, questa forte determinazione per uno scopo, non sono in alcun modo disposti a seguire una persona che non riconoscono come vero leader. Ci non deve essere confuso con popolarit: la leadership non deve per forza fondarsi sulla popolarit, lo vediamo in questo momento di crisi con Mario Monti che mostra un tratto molto asciutto con quasi nessuna concessione al circo mediatico ma assolutamente chiaro e intelligibile, esclusivamente concentrato sugli obiettivi e con una concezione del potere per cui il traguardo da raggiungere viene sempre anteposto alle scorciatoie della popolarit incentrate sulla personalizzazione della leadership. C una precisa
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Energia di trasformazione

scelta di lasciare da parte qualsiasi atteggiamento istrionico. Chi mette al primo posto la propria persona, creando un culto narcisistico del proprio io, in realt non ha la leadership ma spesso un debole destinato inesorabilmente a veder crollare il proprio potere. L obiettivo da raggiungere deve essere sempre sovraordinato rispetto alla propria persona. Serve una nuova sensibilit. In una situazione di crisi come quella attuale il popolo sente come sia stato a lungo raggirato da una leadership non autorevole e concentrata sul tentativo sistematico di nascondere i problemi dietro una cortina fumogena di disinformazione, architettata ad arte nel tentativo di ritardare il momento della resa dei conti con il disagio degli italiani. Normalmente in azienda i leader migliori sanno calamitare e mobilitare il talento delle persone pi dotate: ci moltiplica come un volano il potenziale di una organizzazione mobilitando una vera e propria sfida al fare meglio in una rincorsa di tutti verso leccellenza. A proposito della genesi della leadership, in una sua molto documenta ricerca, il professor Malik dellUniversit di San Gallo, dopo aver analizzato e comparato i profili di leader di primo piano dove nascono, che tipo di cultura possiedono, da che tipo di estrazione sociale provengono, in che tipo di famiglie vengono educati, che tipo di scuole frequentano, in che religione credono, che sport e che hobby praticano ha dovuto concludere che non esisteva nulla in comune tra tale insieme eterogeneo di personaggi se non due elementi di fondo: la precocit e la presenza di una figura esemplare. Cominciare il pi presto possibile ad avere la possibilit di guidare persone e assumere ruoli di responsabilit e management consente di sperimentare larte della motivazione e la gestione strategica delle persone leadership, perch si tratta di una attitudine che richiede esperienza e raffinamento di tecniche di ascolto e persuasione che richiedono esperienza e assertivit che si nutrono soprattutto di esperienza. Il secondo aspetto che si mostra come una vera propria costante nella genesi del leader quello di avere avuto accanto negli anni formativi una figura esemplare, una guida, un mentore, una figura simbolica molto significative per il leader in formazione. Serve una struttura intellettuale, una personalit forte in grado di plasmare il carattere e la struttura volitiva del leader. Ci sono personalit di tipo etero-motivate che ricevono la motivazione dallesterno e ci sono invece altre personalit di tipo auto-motivate che producono la motivazione dal proprio interno; ci sono persone fondamentalmente etero-dipendenti, e persone autonome; le persone autonome e che sono in grado di produrre la motivazione da s riflet243

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tono una tendenza naturale alla leadership. Si tratta di un modello psicologico che dipende in gran parte da esperienze profonde che hanno origine sin dalle esperienze infantili o dal periodo di metamorfosi delladolescenza in cui si modellano i tratti pi compiuti della personalit. La funzione del leader quella di assumersi la responsabilit e la tempestivit della decisione. Fondamentale per il leader in s la funzione delle antenne che devono funzionare per intercettare i messaggi, i segnali provenienti dal mondo ma anche dal futuro. Se il leader non coltiva il contatto con la base dellorganizzazione e le persone riceve informazioni non adeguate e perde il contatto con la realt e comincia il declino. Non si pu vincere il futuro con le armi del passato. La visione del leader per forza di cose frutto di un talento volitivo e di uno spirito individualistico, non democratica ma elitaria. Per essere leader ci vuole passione e coraggio, come seconda istanza c poi un filtro razionale di logica e calcolo di costi e benefici per raffinare una strategia efficace, ma se si parte solo da una analisi razionale di tentativo di controllo alla luce dellesperienza, la leadership non pu funzionare perch rimane agganciata a paradigmi del passato, a schemi gi realizzati e dunque per definizione obsoleti e inadatti ad affrontare il nuovo che arriva. Il coraggio fondamentale: perci lo abbiamo inserito nei nostri valori aziendali: abbiamo creato un premio per incentivare la propensione allinnovazione ma anche un riconoscimento a chi sa assumersi dei rischi anche senza aver ottenuto risultati positivi. L uomo un animale abitudinario che tende alla ripetizione: soprattutto tende a reiterare i comportamenti e le procedure che hanno ottenuto successo. Favorire lattitudine al cambiamento dei paradigmi richiede un grande impegno da parte del leader della trasformazione. Tocca al leader ispirare e perseguire strade non confortevoli ma creative e innovative. L etica nel passato stata diretta da una formazione religiosa ma in fondo tutto quello che conta davvero sono i rapporti umani, lautentico valore della vita. Credo che anche il turbo-capitalismo con il suo miope ragionare sul breve debba confrontarsi con linterrogazione sul proprio senso e anche sulla propria efficacia, visti i risultati distruttivi sul lungo periodo. Oggi c una eccessiva enfasi e inflazione della parola sostenibilit mentre sarebbe pi utile ripensare al concetto di responsabilit. Serve pi sensibilit e lungimiranza da parte dei leader ma anche da parte del mercato. Il consumatore valuter maggiormente tutto ci che vero e quello che sta dietro il prodotto. Serve una maggiore attenzione selettiva che sappia riconfigurare unetica della verit nel commercio e nello scambio economico. fondamentale la circolazione
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Energia di trasformazione

di informazioni corrette e verificate per mettere a prova la vera trasparenza dei valori delle aziende, non basta una spolverata di green image sulle aziende per ricostruire una autentica credibilit: serve piuttosto una analisi rigorosa e approfondita che tenga conto dellidentit reale e storica di un brand nel tempo, della sua moralit economica. Bisogna mettere in atto tutta lenergia di trasformazione operando un cambiamento strutturale, generazionale e morale nelle istituzioni: bisogna rivitalizzare le istituzioni con nuove idee e nuove persone. Quando un sistema politico marcio, quando si assiste impotenti alla polarizzazione estrema della ricchezza e allimpoverimento sistematico della classe media che il sale di una nazione, quando c una struttura istituzionale non pi in grado di dare risposta alle istanze di modernizzazione e di giustizia ed equit provenienti dalla societ civile, allora bisogna aver coraggio di cambiare. Perci si deve rompere questa struttura ormai incapace di rispondere alla trasformazione e al bisogno di futuro. Si deve snellire e accelerare il tempo dellapprovazione dei provvedimenti legislativi conservando tutto il coefficiente di democraticit del parlamentare. Si deve avere il coraggio di rivoluzionare una struttura che non funziona modificando radicalmente larchitettura dei poteri nel sistema politico, a partire da una riduzione del numero dei parlamentari: basterebbero a mio avviso cento parlamentari di qualit. Il politico deve godere della massima reputazione sia personale sia professionale: allora pu essere anche pagato profumatamente meritando la piena stima e la considerazione degli elettori e dei cittadini. La rappresentanza politica e il pluralismo sono certamente importanti, ma possono essere garantiti anche diminuendo il numero di parlamentari. Serve maggiore velocit e misurabilit dei processi decisionali della politica da attuare semplificando il modello di policy making e decision making. Senza cedere al populismo leghista, ma se il sistema cos marcio si deve rompere un meccanismo, certamente si deve essere saggi e capire cosa deve essere locale e cosa deve essere centrale. In una Europa coesa c spazio per un sano livello di sussidiariet: molte decisioni devono essere decise a livello locale perch non pu pi essere deciso tutto in base a un rigido modello centralistico. Il cittadino deve poter partecipare direttamente e controllare immediatamente loperato di chi amministra il territorio. Serve una maggiore percentuale di democrazia diretta: ci sono molti argomenti sui quali il popolo maturo e deve poter decidere direttamente in molte questioni ritornando a essere protagonista e riappropriandosi della propria dignit.
(Heiner Oberrauch, presidente Gruppo Oberalp-Salewa)
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Oltre lautoreferenzialit burocratica


Massimo Panzeri

Il ruolo di un leader allinterno di una PMI credo consista nel distribuire in modo efficace, razionale ed equo, mansioni e compiti tra i collaboratori, diritti e doveri, regole intelligibili e trasparenti, allinterno dellorganizzazione, determinando obiettivi realistici e motivanti secondo un livello adeguato di responsabilizzazione personale. La mia attivit essendo in posizione apicale fondamentalmente quella di gestire e correggere gli altri. Bisogna ammettere che le persone oggi tendono a non considerare i vincoli e le norme che li riguardano, questo porta inevitabilmente a far pagare a qualcun altro le propria mancanza di responsabilit determinando un circolo vizioso di scarico di responsabilit e un effetto di deresponsabilizzazione a catena che genera una entropia della macchina organizzativa del lavoro e dei servizi pubblici. Ripristinare un quoziente maggiore di responsabilit individuale un valore etico e insieme un veicolo di maggiore efficienza per arrestare una deriva sempre pi diffusa nel nostro Paese. Vedo con preoccupazione affermarsi questo atteggiamento sia in azienda sia allesterno. Si tratta di un costume deprecabile che investe non solo il mondo del lavoro ma una tendenza degenerativa del sistema nel suo complesso, frutto di una crisi del concetto di responsabilit che ha un tratto ormai di tipo generale e culturale. Farsi carico di un problema in prima persona, farsi parte attiva della risoluzione di una questione affrontandola proattivamente sta diventando sempre raro: lo scopriamo semplicemente vivendo in questo Paese. Ci avviene a tutti i livelli, nessun escluso: chi ha che fare con la Pubblica Amministrazione, con un istituto bancario, con un ospedale, con il call-center di una azienda. A volte, non dico risolvere un problema, ma solamente riuscire a prendere contatto, a parlare con una Pubblica Amministrazione, richiede una defatigante gimkana, un percorso tra funzionari e ostacoli procedurali e burocratici. La leadership funziona solo a partire da una processo di corrispondente empowerment o responsabilizzazione da parte dei collaboratori. Senza una reciproca relazione tra leadership ed empowerment non
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Oltre lautoreferenzialit burocratica

possibile istaurare una relazione di influenza e feedback che consente di crescere in una direzione coerente con una visione e una missione. Una questione fondamentale quella delle competenze e della vera professionalit. Le persone tendono ad appiccicarsi un titolo indipendentemente dalla reale competenza, con totale noncuranza rispetto a quello che oggettivamente sono in grado di fare: c una tendenza ad appropriarsi di titoli senza possedere alcuna professione. A furia di concentrarsi solo per titoli finisce per mancare la reale competenza e la conseguenza sono inefficienze macroscopiche: lospedale che non funziona, lazienda modello che di colpo inspiegabilmente fallisce, la banca che smette di erogare credito. Questo rapporto puramente nominalistico e non esperienziale con il lavoro genera un processo di crescita ipertrofica delle aspettative senza corrispondere a una reale capacit. Ci fermiamo ai titoli, il medico, lingegnere, larchitetto, questo crea una situazione che non sta in piedi e il mercato, che non guarda in faccia ai titoli di nessuno, ci punisce. Il titolo rende poi il professionista sempre pi autoreferenziale e non disponibile a collaborare in una organizzazione, sia privata sia pubblica. Certamente il ruolo del vero leader quello di attuare delle manovre correttive per ripristinare lo spirito di collaborazione nei confronti del gruppo attraverso una ricostruzione del senso dellazione collettiva. Il leader deve contribuire a ricreare un tessuto di connessione nei rapporti tra lorganizzazione e i collaboratori. Nel sistema pubblico, la tendenza ancora pi forte a causa della strutturazione altamente burocratica e parcellizzata dei processi di gestione amministrativa e di ripartizione delle competenze, che accentuano la separazione stagna tra uffici e fanno perdere il senso e lo scopo finale a cui indirizzata lazione amministrativa. Lo Stato ha perso il contatto con la realt sociale e produttiva. Il tentativo di semplificazione della burocrazia spesso attuato con poca convinzione si trasforma in una ulteriore complicazione burocratica e una ulteriore ridondanza di regole. Questa burocrazia insensata, opaca e irrazionale, sta distruggendo le possibilit di sviluppo di un intero Paese zavorrandolo al suolo in unepoca in cui il capitalismo leggero viaggia ai livelli pi alti dellatmosfera. Il problema principale del nostro sistema Paese non di mancanza di creativit o di non sapere confezionare un prodotto di alta qualit o di eccellente design, ma il fatto di non riuscire a poterlo realizzare in Italia a costi competitivi. Subiamo enormi vincoli burocratici che incidono negativamente e che oltretutto non ci pongono neppure al riparo
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dalla concorrenza sleale di produzioni di altri Paesi. una burocrazia autoreferenziale fatta di rigidit e controlli formali e priva di sostanza. La burocrazia ci chiede di adeguarci a essa, pretende che siamo noi cittadini ad adeguarci senza far nulla per adeguarsi alle istanze di modernizzazione e semplificazione. Ci affidiamo a una leadership esclusivamente mediatica e virtuale di annunci e manifesti: il banchiere che annuncia alla stampa una nuova politica di credito alle piccole aziende, mentre poi sul territorio non si trova una filiale disposta davvero a erogare credito alle aziende. Ci si avvale delleffetto annuncio per tranquillizzare lopinione pubblica, ma la realt del Paese tuttaltro, una rappresentazione pilotata dallalto e veicolata dai media. assente una guida autentica organica e integrata, una politica delle riforme strutturali. La leadership pubblica deve rappresentare un punto di riferimento di credibilit e una guida morale per un Paese smarrito. Quello che indispensabile e manca un riconoscimento collettivo delle nostre colpe a livello di etica pubblica: non c una vera autocritica, ma solo comprendendo dove abbiamo sbagliato possiamo provare a ripartire. Un simulacro di tutto questo rigore che ci manca linasprimento della lotta allevasione fiscale ma, pur meritorio, non sembra una svolta radicale, un cambiamento di marcia sul versante dello crescita. Si deve ripartire da una maggiore coerenza nelle scelte e nelle professioni; serve una seria politica meritocratica a partire dalle competenze professionali: si deve ripristinare il principio per cui si pu fare carriera sulla base delle proprie risorse e non grazie alle conoscenze e relazioni personali. Non tanto una questione dei livelli di retribuzione dei dirigenti pubblici e dei boiardi di Stato, ma piuttosto dellintroduzione del principio di misurabilit dei risultati e della comparabilit delle loro prestazioni professionali rispetto a quelle delle altre nazioni. In Italia ci troviamo di fronte alla situazione per cui persone spessissimo incompetenti occupano posizioni apicali nella Pubblica Amministrazione e dal vertice infondono la loro impronta negativa a tutta la struttura. In Italia le municipalizzate sono circa 11mila su 8mila comuni italiani, di queste soltanto lo 0,3 per cento sono in attivo, tutte le altre sono in perdita: si tratta di una inefficienza clamorosa e insostenibile. LItalia di oggi non si muove alla stessa velocit del resto del mondo: necessario un cambiamento, un percorso e una visione chiara di dove si vuole arrivare. Manca la certezza del diritto, manca il supporto a chi avviare una nuova impresa: c una pregiudiziale anti-industriale che demonizza limpresa a priori. Il Paese ha bisogno di riprendere un percorso anche lento, ma virtuoso, dove la leadership politica,
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Oltre lautoreferenzialit burocratica

economica, giudiziaria, amministrativa smetta le abitudini corporative e operi una credibile convergenza sul bene comune. C bisogno di certezze anche sul piano fiscale: chi non paga le tasse deve essere punito, ma chi le paga non deve vivere il terrore di errori dellAgenzia delle Entrate. La Pubblica Amministrazione tende troppo spesso ad agire in un rapporto di sovra-ordinazione e non in condizioni di parit rispetto ai cittadini che troppo spesso arrivano a percepirsi come sudditi inerti alla merc di un pubblico potere arbitrario. La speranza per L Italia quella di un ricambio a livello politico e industriale che sappia finalmente mitigare leffetto delle rendite di posizione. Purtroppo i parassiti sono resistenti e riescono a sopravvivere anche nelle condizioni estreme, riescono a perpetuarsi anche al cambio dei climi e delle ere geologiche. Siamo arrivati a un punto cos basso che diventa indispensabile ripartire da zero. Occorre prendere coscienza che lo sviluppo industriale la base da cui partire per creare lavoro, per contribuire allefficienza e al funzionamento dellapparato pubblico e del sistema della relazioni sociali e del welfare. La mia impressione che ben pochi abbiamo la percezione, la di l della crisi, di che cosa si vuole ottenere, e prevale il tentativo di puro maquillage con delle piccole correzioni superficiali. Singoli provvedimenti isolati a mio avviso non in grado di determinare una vera ripartenza del sistema. La crescita del PIL non si risolve con il taglio delle pensioni o con una variazione di qualche aliquota fiscale. Ci si accapiglia in un frontale muro contro muro sullarticolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, si parla di maggiore flessibilit del mercato del lavoro, ma dove oggi dove si pu trovare lavoro nel nostro Paese? Chi perde lavoro a Palermo dove pu ritrovarlo? Forse trasferendosi a Milano trover un istituto di credito disposto a concedere un minimo di credito per aprirsi un mutuo? Pu un giovane imprenditore con una brillante idea ottenere un fido bancario senza offrire solide garanzie immobiliari? Non mi sembra che ci sia un disegno globale integrato, una visione dinsieme. Vedo proposte spot su singoli temi, improvvise avanzate e poi timide ritirate, nonostante la tenacia del professor Monti. Mi piacerebbe che da questa crisi potesse aprirsi lo spazio per un nuovo Stato italiano con la progressiva correzione dei nostri principali difetti strutturali. Il vero problema che non si tratta solo di un impoverimento diffuso del Paese, ma il fatto che attraversiamo una crisi totale sistemica, che investe ogni settore produttivo del nostro Paese. In Italia gli investitori investono meno di quanto dovrebbero perch c troppa incertezza. Noi possiamo anche avere grandi idee ma poi manca il combustibile, lossigeno finanzia249

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rio, tutto diventa inutile. Siamo in un piccolo stagno quando gli altri Paesi sono in mari pi grandi dove nuotano pesci pi forti e pi aggressivi, e noi come industria andiamo a perdere occasioni su occasioni, investimenti, competenze. Leadership politica significa potere di indirizzo nel Paese e potere contrattuale in termini di politica industriale internazionale e in sede europea. Si deve come prima cosa incentivare il lavoro: lo Stato deve ridurre il carico fiscale sul lavoro, allargando la base occupazionale pi ampia: il benessere economico infatti condizione necessaria per rendere pi liberi. La mancanza di occasioni lavorative obbliga ad accettare qualunque proposta e induce a seguire come messia qualsiasi pifferaio magico o istrione della politica nei suoi incantamenti che ci portano ad annegare in un fiume di illusioni. Si deve poter arrivare a essere in grado di scegliere con razionalit e libert il nostro destino collettivo di nazione democratica ed evoluta, evitando le scorciatoie di facili promesse di leader incantatori.

(Massimo Panzeri, amministratore delegato Atala)


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Intelligenza emotiva del leader


Laura Parigi

In che modo possibile costruire un percorso di ricambio della classe dirigente del nostro Paese? Statistiche e studi approfonditi ci propongono da qualche tempo il ritratto di un Paese nel quale la classe dirigente presenta una presenza femminile risicata, un livello di istruzione meno elevato rispetto a quello delle classi dirigenti francesi o tedesche, giusto per citare un paio di esempi, e unet media elevata, tra le pi alte dEuropa. Dicevano Gary Hamel e Gary Getz: L innovazione il combustibile della crescita. Se una societ rimane senza innovazione, rimane senza crescita. La certezza che una societ che invecchia e stenta a trovare un equilibrio tra le generazioni nella sfera sociale, politica ed economica sia destinata a restare priva di partecipazione reale e conseguentemente di spinte innovative, dovrebbe spingere la classe dirigente attuale a intraprendere con urgenza misure atte a investire nella preparazione di una classe politica futura che possa guidare il Paese con lungimiranza. Partendo quindi dalla consapevolezza che in momenti di profondo cambiamento, come quelli che stiamo vivendo, vi la necessit di grande energia e visione illuminata da parte della classe dirigente attuale, occorre che essa predisponga attivit mirate al trasferimento delle conoscenze alle generazioni future, incentrate, anche allinterno del mondo politico, allaccompagnamento passo dopo passo dei giovani. A questo riguardo, in una recente intervista, il presidente Napolitano ha detto: Se i giovani rimangono lontani dalla politica questa andr sempre peggio. Egli si poi riferito alla politica come espressione dellimpegno collettivo generale di tutti i cittadini, augurandosi che il disinteresse e la sfiducia che i giovani spesso confessano di provare per la politica siano di stimolo ai partiti ad aprirsi sempre di pi a forze nuove che guidino il Paese verso un cambiamento strutturale, verso una visione della politica che ponga la persona sempre al centro. Un percorso quindi di responsabilizzazione progressiva, durante il quale prevalga un atteggiamento di coaching, di delega graduale ma pro251

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gressiva da parte della classe dirigente attuale, nel quale si infonda fiducia, si conceda la possibilit di sbagliare e si intervenga solo per evitare gli errori pi gravi, condurr senza dubbio ad aprire le porte a giovani di talento, proattivi, che sanno mettersi in gioco, educandoli a ricoprire le future posizioni di responsabilit, sia a livello economico sia politico. I giovani non dovrebbero essere soffocati dal confronto continuo e assillante con chi li ha preceduti ma guidati dalla classe dirigente attuale al cambio generazionale con la convinzione che solo il dialogo, il confronto, laccettazione delle nuove idee, il riconoscimento del merito e la valorizzazione dei talenti porteranno nuova linfa a un Paese che pu tornare a crescere e a essere rispettato sulla scena internazionale. Come trasformare un processo di inesorabile declino del paese in una opportunit di cambiamento? Famiglia e scuola, educatori e figure di riferimento per i giovani devono tornare a parlare, con il loro esempio, di senso di responsabilit, di diritti ma anche di doveri, di meritocrazia, di rispetto delle regole di convivenza civile, di valori positivi, di etica, di lotta alla corruzione, tornando a trasmettere valori essenziali ai giovani: rispetto degli altri, impegno, sacrificio, onest intellettuale, rispetto di se stessi. Trasmissione di valori cardine e capacit di progettare il domani dovrebbero portare innanzitutto la classe dirigente attuale a dare priorit a politiche che incidano sul sistema educativo e dellistruzione delle generazioni future, per riappropriarsi della funzione educativa, cos centrale per lo sviluppo e la crescita dei giovani. La speranza delle giovani generazioni risiede inoltre in un sistema distruzione in grado di fornire strumenti culturali e tecnici per eccellere nella competizione globale fondata sempre pi sulla bont delle conoscenze, sul saper fare e il saper innovare, e nel quale docenti preparati siano in grado di trasmettere conoscenze in modo accattivante, sintonizzandosi sul loro linguaggio. Per compiere un salto di qualit e formare una classe dirigente adeguata a guidare il Paese anche in periodi di turbolenza come questo occorrono nuovi strumenti. I politici italiani non provengono dalle Grandes coles francesi, n possono godere del ruolo formativo che a livello politico hanno avuto nel passato alcune grandi universit inglesi. Tuttavia sarebbe auspicabile non circoscrivere la formazione delle future classi dirigenti al mero ruolo formativo dei partiti politici, ma dotare in generale la scuola di un sistema distruzione che esalti la tenacia, la costanza, il senso di responsabilit in tutti i campi; che promuova il collegamento reale con il mondo delle imprese non solo attraverso forme
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Intelligenza emotiva del leader

come lo stage o lalternanza scuola-lavoro, ormai in vigore da anni, ma che sia in grado di implementare nella scuola alcuni concetti attinti dal mondo delle imprese come il lavoro per obiettivi, il lavoro in team, lo sviluppo di progetti specifici; un sistema che incentivi il dialogo tra culture diverse, inteso come ricchezza e non come pericolo, che dia visibilit ai giovani che hanno realizzato progetti interessanti, mettendosi in gioco ma non facendo notizia, che offra modelli diversi da quelli sovente proposti dai masse media e di cui poco si parla. Il sistema distruzione del futuro dovr essere in grado, a mio avviso, di coniugare il sapere classico con linnovazione, la tradizione con le nuove tecnologie, in un mondo in cui internet rende disponibile ogni sorta di informazioni a chiunque, in qualsiasi luogo e momento, in cui la conoscenza si diffonde istantaneamente su scala internazionale, dove tutto accade in tempo reale, dove siamo chiamati a essere sempre tutti connessi. Soprattutto in questo contesto e in questo momento storico sogniamo un paese nel quale la guida di persone di maturit e di esperienza, ma ancora troppo legate alla conservazione dello status quo e delle posizioni acquisite, ceda il passo a una nuova generazione preparata a raccogliere la sfida di una nuova leadership, che armonizzi tradizione e innovazione, che si attivi per porre in essere un cambiamento vero e per la quale la valorizzazione del talento e il riconoscimento del merito non siano uneccezione ma diventino la regola. Come donna non posso che augurarmi che si vincano presto alcune resistenze ancora presenti nel scegliere una donna per ricoprire incarichi di responsabilit in alcuni settori e che si veda presto il giorno in cui anche il nostro Paese possa avere lonore di avere una candidata donna alla Presidenza della Repubblica o alla Presidenza del Consiglio e che possa essere eletta. Anche questa scelta rappresenterebbe una svolta verso un cambiamento vero e profondo nella leadership e nella guida del Paese. Quali sono le caratteristiche personali e le competenze necessarie di un leader credibile? La perdita di fiducia nella leadership dellattuale classe dirigente va di pari passo con il cambiamento del concetto di autorit. L autorit un tempo era fondata in se stessa, per il solo fatto di esistere raramente veniva messa in discussione. Non pi cos. Non basta impartire ordini per vederli realizzati, sia in azienda che in altri contesti. Una riflessione sulla figura del leader si quindi imposta con il passare del tempo. Si pensi ai concetti introdotti da David Goleman sullintelligenza
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emotiva del leader: egli deve possedere empatia, cio deve essere in grado di sviluppare la capacit di mettersi in sintonia e in accordo con i propri interlocutori; autocoscienza, cio labilit di riconoscere e gestire i propri sentimenti, le proprie emozioni e capire limpatto che il loro manifestarsi potrebbe avere sugli altri; lautoregolazione, cio la capacit di sospendere il giudizio e di controllare i propri impulsi; la motivazione, che va oltre il denaro e lo status che dalla posizione di leader deriva, in una parola lenergia e la passione per raggiungere gli obiettivi prefissati; le capacit sociali, ossia labilit di gestire relazioni e costruire rete (networking). Avr successo, in futuro, il leader che sar in grado di saper costruire rapporti duraturi e trovare intese allinterno e allesterno della propria realt aziendale. E ancora Kjell Nordstrom e Jonas Ridderstrale nel loro Funky Business Forever dicono: Questa lepoca del tempo e del talento, lepoca nella quale stiamo vendendo tempo e talento, sfruttando tempo e talento, organizzando tempo e talento, confezionando tempo e talento. Il talento inteso come la somma di capitale intellettuale, capitale sociale e capitale psicologico, a sottolineare il fatto che oggi lindividuo per essere leader necessita un costante aggiornamento delle proprie competenze (talento). L apprendimento oggi in corso dopera, la scolarizzazione non si ferma quando una persona varca la soglia del mondo del lavoro, lapprendimento continuo, ed generato anche in contesti eterogenei, a volte non formali. Il leader oggi inoltre colui che gestisce il fattore tempo in modo ottimale, aumentando reattivit e flessibilit, mantenendo, pur in una societ che richiede di essere perennemente connessi, un equilibrio tra la sfera professionale e quella privata. Anche in questo contesto vi sono comunque alcune caratteristiche personali a mio avviso imprescindibili dalla figura del leader in campo economico, politico e sociale: il leader una persona che entusiasma e ispira, capace di influenzare altre persone, di guidare e orientare, grazie anche al suo ascendente, unorganizzazione. Il leader trasmette passione con entusiasmo. Il cattivo leader colui che gli individui disprezzano, il buon leader colui che gli individui onorano, il grande leader colui che fa dire agli individui labbiamo fatto noi. Lao Tsu Il buon leader colui che possiede vigoria intellettuale ed esuberanza emotiva, che in grado di cogliere le differenze allinterno di una squadra, saperle gestire, portando gli individui di quella squadra a raggiungere risultati che da soli non avrebbero saputo cogliere.
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Intelligenza emotiva del leader

Quali sono i valori/le caratteristiche non negoziabili che devono ispirare la leadership? L integrit morale, la trasparenza nei rapporti con gli altri, la credibilit sono valori strettamente connessi allesercizio della leadership. Essere autorevoli, determinati, curiosi, gestire i conflitti, avere una visione e lambizione di realizzarla, assumersi la responsabilit di decisioni solitarie e rischiose, essere affidabile, saper ascoltare e comunicare, avere passione e manifestarla con entusiasmo sono tratti fondamentali di un leader, in ogni campo. Ma non basta. Un buon leader, a mio parere, deve saper motivare i propri collaboratori, dare feedback, essere in grado di presidiare gli aspetti organizzativi della struttura nella quale opera e deve saper creare un clima di apprendimento e di progresso continuo dei propri collaboratori e delle future leve dirigenziali, grazie al proprio supporto e a specifiche azioni di coaching, orientate allassunzione di maggiori responsabilit. possibile parlare di leadership etica? A mio avviso si esercita una leadership etica nel momento in cui la stessa coerente con gli obiettivi e la mission che la struttura stessa si data, nel rispetto della storia, dellidentit e della cultura dellorganizzazione. Il leader etico manterr inoltre un rapporto di trasparenza con i sui collaboratori, ispirato da valori quali lonest intellettuale e la correttezza. La leadership etica antepone il bene dellorganizzazione al proprio, promuove il rispetto della res publica, intesa come il patrimonio che unorganizzazione, unazienda, una nazione devono salvaguardare a beneficio di tutti i suoi membri.

(Laura Parigi, presidente e direttore generale Parigi Group International)


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L Europa siamo noi


Giuseppe Pasini

Ognuno di noi, allinterno del proprio ruolo e nel rispetto reciproco delle competenze, deve sentirsi parte attiva di un processo collettivo e condiviso che deve aprire un cambiamento profondo della cultura civile, economica, sociale e politica del Paese. Gli imprenditori devono fare fino in fondo la propria parte, devono spingere ancora di pi lacceleratore dellinnovazione, impegnandosi al massimo, perch solo cos lItalia pu davvero trasformare la crisi epocale che sta attraversando in unoccasione per cambiare: disinvestire e lasciare il Paese al suo destino in un momento come questo sarebbe come decidere di abbandonare una nave che affonda. Non ci si salva da soli, la ricchezza collettiva, non c scampo se non si prende coscienza che a salvarsi deve essere innanzitutto il tessuto connettivo che rappresenta lanima della nazione. Dalle crisi si deve e si pu uscire, ma per farlo occorre reinventarsi. Lo spirito di un imprenditore deve essere quello di essere sempre pronto a rilanciare, a ristrutturare i processi, i business, a cambiare marcia, pensando a investire sulla formazione, sul futuro, sui giovani, sullinnovazione, a investire quindi sul cambiamento. Nel bilancio economico delle imprese ci sono degli elementi come linvestimento in formazione che purtroppo non vengono sufficientemente evidenziati e che pure rappresentano una risorsa fondamentale e un investimento sul futuro. Per questo, come Feralpi nel 2004 abbiamo intrapreso un cammino volto a rendicontare con trasparenza la nostra attivit ponendola sotto la lente della sostenibilit. Nel 2005 abbiamo pubblicato il primo bilancio di sostenibilit rendicontando il triennio precedente. Poi abbiamo lavorato su base biennale, pubblicando i bilanci nel 2007, nel 2009 e lultimo pubblicato nel dicembre 2011. La formazione del personale ricopre un ruolo fondamentale nella generazione, sviluppo e mantenimento delle conoscenze e delle capacit su cui si fonda il vantaggio competitivo di qualsiasi impresa. Leadership economica e politica rappresentano due poli fondamentali della vita del Paese che, mantenendo autonomia ed evitando commistioni e conflitti di interesse, devono evitare di delegittimarsi a
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LEuropa siamo noi

vicenda, ma collaborare assumendosi la responsabilit di contribuire a traghettare lItalia fuori da una crisi che non solo finanziaria e congiunturale, ma strutturale, sistemica e morale. La tanto vituperata politica solo la punta delliceberg di un Paese attraversato da una crisi che si somma a decenni di declino. Conosciamo tutti bene i limiti strutturali di un Paese che per anni si arroccato in una antistorica conservazione e proprio per questo siamo chiamati come classe dirigente ad assumerci gli oneri di abbandonare le rendite di posizione e contribuire al cambiamento. I limiti del Paese sono sotto gli occhi di tutti e il riconoscimento di ci fa parte di una necessaria operazione di verit a cui non possiamo sottrarci: come imprenditori non possiamo consolarci attribuendo tutte le responsabilit alla politica, dobbiamo farci carico delle nostre dirette responsabilit. L imprenditore gi per sua natura uomo di azione, di assunzione di responsabilit in prima persona perci chiamato a un ruolo anche simbolico ed esemplare: deve diffondere il senso e i valori della cultura dimpresa. Leadership significa innanzitutto responsabilit e assunzione di oneri in prima persona senza mai rinviare agli altri quello che si pu fare direttamente. Leadership significa anche fare da subito, senza procrastinare allinfinito, il peso delle decisioni in un attendismo tattico e troppo prudente. Come imprenditore e come Presidente della Federacciai sento di dovere questo impegno di dignit per la mia azienda, per il settore produttivo che rappresento e per il mio Paese, che ha bisogno di ritrovare una credibilit internazionale a partire dal rapporto con i partner europei. A questo proposito mi ritengo un europeista non solo convinto, ma superconvinto, perfettamente in linea con quanto efficacemente sostenuto da Mario Monti quando, interrogato a proposito del nostro rapporto con le istituzioni comunitarie, ha significativamente dichiarato: L Europa siamo noi. Credo che i supermanager strapagati, sia nel privato che nel pubblico rappresentino un pessimo esempio quando avulsi dai risultati concretamente raggiunti. un fatto che non solo urta la sensibilit collettiva, ma che si contrappone anche alle ragioni dellimpresa produttiva. Non mi riferisco certo allazzeramento dei compensi del top management legati alle stock options, ma alla necessit di assumere limpegno di moralizzare un sistema, spesso irrazionale, che arriva anche alleccesso di compensare persino pessime performance dei manager. indispensabile, al contrario, mitigare leffetto della macroscopica polarizzazione della ricchezza tutta a favore del top management. Oltre a essere iniqua e ingiusta, alimenta una distorsione della distribuzione della ricchezza che fomenta malesseri con il rischio, nei casi pi
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estremi, di incentivare sollevazioni sociali. La sensibilit delle democrazie occidentali nei confronti di questo modello cos sbilanciato sta erodendo lo spessore della classe media e si scontra con i ceti intellettuali e, soprattutto, lede gli interessi legittimi delle giovani generazioni, sempre pi indignate di fronte a questi meccanismi ingiustificati e inaccettabili di remunerazione finanziaria non legata ai reali valori della produzione. Servono buon senso e nervi saldi, la divisione sociale non fa bene a nessuno, non si possono rimuovere le ragioni del malessere facendo finta di nulla, le immagini che provengono dalla Grecia sono sotto gli occhi di tutti. La classe dirigente, la leadership politica, economica, le parti sociali devono collaborare per cercare di ascoltare, comprendere e cercare di dare risposta alle piazze sempre pi calde di questa crisi senza confini e di cui ancora nemmeno si intravede la fine. Non solo il settore pubblico, ma anche il privato a dover ridimensionare certe storture e privilegi. Da una parte la casta della politica, con i suoi mille privilegi immotivati, dallaltra i compensi fuori misura del top management delle grandi corporation: il sistema della leadership in se stesso ad avere perso il senso della misura e del confronto con la realt. Sempre pi i leader si trovano a vivere in un astratto iperuranio del privilegio che non si confronta con la dimensione concreta della realt e della responsabilit. Sono convinto che la politica, che il settore dellamministrazione pubblica non siano, come sostiene un certo qualunquismo antistatalista, un tuttuno da buttare. C molto da salvare, ma anche tanto da migliorare. Per parte pubblica, non si pu pi intendere il crocevia di mille conflitti di interesse, oppure un terreno di caccia per chi alla ricerca di affari vantaggiosi. Il settore pubblico non pu essere il trampolino di lancio delle carriere di opportunisti e parassiti. Il pubblico siamo tutti noi. Per questo chi governa la cosa pubblica deve essere dotato di convinzione autentica e privo di interessi personali. La leadership pubblica richiede una cultura delle istituzioni e della trasparenza amministrativa. La gestione della cosa pubblica non pu prescindere dalle doti di ascolto e mediazione, attitudine allinclusione, rispetto delle opinioni dissenzienti e capacit di prendere decisioni anche impopolari. In un Paese con un tale livello di economia sommersa, rappresenta un aspetto decisamente importante e fondamentale il ricominciare a partire da una riqualificazione del valore della legalit come fattore essenziale della qualit della vita economica del Paese. Noi con il bilancio sociale intendiamo dare una risposta anche a questo perch sentiamo il bisogno di lavorare nella pi completa trasparenza. L Italia non pu continuare a essere la maglia nera in Europa per quanto riguarda
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LEuropa siamo noi

il sommerso. C bisogno di rafforzare la nostra cultura sociale. Devono essere salvaguardate e premiate le imprese che da questo punto di vista hanno un approccio esemplare. Gli italiani devono riprendere a essere orgogliosi del valore della legalit come elemento decisivo e distintivo della dignit individuale e collettiva. Si tratta di essere rispettosi anche nei confronti di coloro che non possono sfuggire ai controlli e che sono la stragrande maggioranza del Paese: i dipendenti privati e pubblici su cui grava gran parte del carico fiscale del nostro Paese. Ormai le scuole di partito non ci sono pi. Con esse abbiamo perso la capacit di trasmettere il valore e la passione per la politica volta al bene del Paese, con visioni lungimiranti e intuizioni capaci di disegnare un futuro migliore per lItalia e per gli italiani. ovviamente pi che anacronistico pensare di tornare a un sistema di scuole di partito come ai tempi della Democrazia Cristiana e al vecchio Partito Comunista. Sarebbe solo frutto di una nostalgia immotivata che la fine della guerra fredda, il crollo del muro di Berlino e la fine della prima repubblica hanno consegnato definitivamente agli archivi della storia. Oggi, purtroppo, abbiamo davanti ai nostri occhi una classe politica fatta di persone senza alcuna esperienza o, peggio ancora, fieri di leggere in questa mancanza di cultura politica un elemento distintivo di pregio e garanzia di differenza costitutiva rispetto al ceto politico. Questo ci che abbiamo visto con lesperienza riconducibile allascesa della Lega Nord. Oggi, questa si rivelata una mera illusione. Dopo quasi un ventennio di potere locale e nazionale, ha mostrato il suo vero volto che non si discosta dal livello medio della classe politica. In realt ingenuo o arrogante pensare che chiunque, sprovvisto di cultura o di esperienza amministrativa possa svolgere con professionalit il difficile compito che spetta a un vero politico. Sarebbe solo unimprovvisazione dannosa per il Paese. indispensabile ripartire da una concezione nobile e qualificata della formazione politica e non invece da una immagine populistica e vernacolare della funzione politica, che tende ad allontanare i giovani talenti e le migliori risorse intellettuali e morali del Paese. Se si vuole crescere come leadership del Paese si deve partire proprio da una professione di umilt da parte di chi deve amministrare lo Stato nel riconoscimento che per gestire la cosa pubblica servono non poche, ma molte qualit: tecnica e competenza, moralit personale, etica pubblica, e una grande dose di capacit di ascolto.
(Giuseppe Pasini, presidente Federacciai)
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La rivoluzione nella normalit


Francesco Pesci

Secondo la mia esperienza la leadership fatta principalmente di tre componenti: la prima la competenza professionale intesa non come competenza specifica o specialistica ma come una solida conoscenza del settore in cui si opera, la seconda lattitudine allassunzione diretta di responsabilit in prima persona: per essere leader bisogna infatti sapersi assumere pienamente la responsabilit delle proprie decisioni e quindi sapersi esporre direttamente non limitandosi a svolgere il ruolo di camera di compensazione di decisioni che vengono prese ad altri livelli. Il leader deve assumersi il ruolo di forza motrice dellorganizzazione. Un leader deve possedere una propensione a un problem-solving di tipo dinamico e pragmatico. La terza componente della leadership consiste nella visione allargata a tutte le componenti dellorganizzazione: il leader deve essere in grado di raggiungere un punto di equilibrio tra tutte le componenti ottenendo una sintesi a costo di scontentare qualcuno. In realt spesso diventa necessario scontentare un poco tutti per riuscire a creare equilibrio tra le varie componenti. Il leader ha il dovere istituzionale di raggiungere il punto di migliore equilibrio possibile dellorganizzazione. Per quanto riguarda la leadership pubblica in Italia si sente la mancanza una istituzione formativa superiore di alto livello come lcole nationale dadministration francese. In Francia si percepisce un senso dello Stato molto pi forte e dunque si sente la necessit della presenza di una alta burocrazia con un alto senso dello Stato. Senso dello stato significa per il burocrate agire lealmente per conto dello Stato e non per conto di una parte politica che si trova al potere in un determinato momento. Questa impostazione morale e culturale dellalta burocrazia funge da argine rispetto a possibili sconfinamenti che la classe politica con al sua naturale bramosia di occupazione del potere pu avere avuto anche oltralpe: si tratta di un indispensabile contropotere tecnico che perci in grado di resistere alle pressioni indebite della classe politica al potere. Purtroppo in Italia non disponendo di una istituzione formativa superiore di tale livello difficile
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La rivoluzione nella normalit

creare una alta burocrazia tecnica in grado di rappresentare un bacino di competenze e di attitudine allimparzialit capace di resistere alle seduzioni e alla cooptazione del potere politico. La mancanza di una cultura tecnica della burocrazia rende gli apparati dello Stato meno autonomi e capaci di assertivit nella tutela della imparzialit dellazione amministrativa. In Italia la burocrazia amministrativa ai suoi vertici espressione diretta del potere politico, n troppo spesso una emanazione fondata sul principio della lottizzazione politica tranne alcune lodevoli eccezioni tra cui spicca la Banca dItalia, che proprio per leccellenza e limparzialit dei suoi uomini viene considerata una sorta di riserva della Repubblica a cui attingere nei momenti di crisi e impasse delle istituzioni. Io auspico che nel nostro Paese si avvii una seria e meditata riflessione sulla necessit di contribuire a conferire maggiore senso e dignit alle istituzioni e alle funzioni pubbliche: troppo a lungo si delegittimato e condotto campagne di comunicazione in cui si continuava a considerare lo Stato come un ingombro, un impiccio contro cui combattere oppure come un organismo da occupare a favore dei propri interessi politici. Delegittimare lo Stato un gesto suicida per una nazione. Troppo spesso si dimentica che lo Stato siamo noi, se lo Stato inefficiente o paralizzato nella sua azione la nostra stessa comunit nazionale che ne risente direttamente. Considerare lo Stato un corpo estraneo alla comunit rappresenta un fattore tanto demagogico quanto distruttivo. Mi sembra che questa insistenza su questo tasto demagogico di sistematica delegittimazione delle istituzioni riveli tutta la nostra immaturit di italiani rispetto su questo argomento. Occorre compiere su tali questioni una riflessione seria e ponderata svincolandosi dalle pulsioni pi emotive. Auspico anche che sia possibile nominare ai vertici della Pubblica Amministrazione delle persone provviste di comprovato possesso di un senso alto e nobile delletica pubblica ispirate dalla sola passione per il perseguimento dellinteresse collettivo. Oggi in Italia c un deficit di cultura morale a tutti i livelli: politico, professionale, imprenditoriale, amministrativo. Quando si occupa una posizione di potere allinterno di una determinata amministrazione si deve essere provvisti di una capacit di autocensura, di freno rispetto alle tentazioni del potere. La cronaca recente ci ha rivelato situazioni grottesche al limite del ridicolo che investe il ceto politico con una cortina di fango mai visto neppure nei momenti peggiori della storia del nostro Paese. C bisogno di una svolta significativa, un salto epocale di discontinuit con un costume morale da basso impero che travolge il senso della
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moralit pubblica. Persone ai vertici della politica incapaci di resistere ai privilegi e agli agi della casta conducendo vite dispendiose alle spese dello Stato che si fanno persino rimborsare vacanza extralusso in alberghi e centri di benessere a carico della collettivit. Questo un sintomo di un malessere pi profondo, che non semplicemente dovuto allinvadenza dei partiti ma che ha invaso le menti della casta. Lo spettacolo a cui abbiamo assistito recentemente desolante non solo dal punto di vista politico, ma umano: il livello di dignit espresso dai politici in questi tempi stato davvero inqualificabile. La soluzione un diverso meccanismo di selezione dei cittadini in Parlamento e questo rimanda alla questione del meccanismo della selezione della classe dirigente in Italia. Il carattere della dignit fondamentale. I comportamenti esecrabili sono diventati non leccezione deviata ma la norma sfacciata dellabuso sistematico e della totale assenza di pudore. A spaventare soprattutto questa assenza di vergogna, questa protervia disposta a tutto. Storicamente, gli interessi mercantili che hanno costituito la spinta propulsiva del sistema capitalistico europeo hanno sempre saputo trovare degli anticorpi per individuare al proprio interno dei limiti agli interessi della rapacit prettamente individuale. Per la borghesia odierna rispetto a quella del passato mi sembra essere pi in difficolt nel sapersi autolimitare allo scopo di mantenere il Paese coeso nel suo insieme come comunit di interesse. Se la borghesia vuole continuare ad assolvere un ruolo di classe dirigente come ha sempre fatto a partire dal momento in cui ha cominciato ad acquisire il potere dalla classe aristocratico monarchica, deve essere effettivamente in grado di farsi portatrice di interessi di classi che non appartengono esclusivamente a quella propria di riferimento. Per questo indispensabile esprimere una leadership illuminata. Una leadership che sia in grado di rappresentare un punto di equilibrio tra quelli che sono gli interessi in conflitto tra le varie categorie sociali che costituiscono il Paese. La borghesia italiana in passato stata in grado di rappresentare questo equilibrio, a partire da un certo periodo in poi non pi riuscita ad assolvere a questa funzione proprio perch si sempre pi manifestato uno scadimento in termini di motivazione ed etica pubblica e di senso dello Stato. L irruzione delle masse sulla scena politica ha de-soggettivato la responsabilit individuale determinando al contempo il prodursi di visione sempre pi opaca ed appannata rispetto alla necessit di assumere una responsabilit per il bene collettivo. Si deve costatare una difficolt da parte degli italiani di oggi di fare mea culpa e di assumersi la responsabilit dei propri insuccessi. Senza una presa di
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La rivoluzione nella normalit

coscienza non si pu arrivare a riconoscere la radice del problema, a individuarla con precisione e innestare efficaci azioni correttive. Quando ci sono state le manifestazioni per la ricorrenza dei 150 anni dellUnit di Italia, la risposta degli italiani di ogni genere, classe e generazione mi sembrata estremamente chiara dalle Alpi fino alla Sicilia, non solo da parte degli intellettuali o dei dirigenti di partito, ma dalla maggioranza delle persone comuni che hanno manifestato un profondo attaccamento nei confronti della storia e dellintegrit effettiva della nazione. Anche nel passato esistevano partiti contrapposti, ma i partiti si rendevano conto che quando erano al governo non potevano governare esclusivamente in funzione dei propri elettori ma dovevano agire in rappresentanza di tutti gli italiani. Una svolta capace di riassegnare alla politica una funzione di mediazione e sintesi darebbe un fortissimo contributo alla fiducia nei confronti delle istituzioni da parte dei cittadini comuni. La dialettica politica pu essere anche forte a partire dalla campagna elettorale, ma quando un partito arriva al potere perch stato voluto dalla maggioranza degli italiani, deve trasformarsi in rappresentante di interessi collettivi e nel protettore permanente di una sola parte. Noi da troppi anni viviamo un tasso di conflittualit permanente che impedisce la soluzione concreta dei problemi. La soluzione dei problemi non passa attraverso unottica di tipo conflittuale e della semplificazione, ma in unottica di mediazione e di comprensione della complessit e dellinterdipendenza delle soluzioni. A questo proposito la vicenda della TAV non mi sembra che abbia mostrato un deficit di discussione sullargomento; si pu continuare a discutere allinfinito, ma il principio che bisogna ristabilire la capacit di scegliere: se unopera pubblica viene approvata da una comunit nel suo complesso non si pu poi continuare a rimanere indefinitamente ostaggio dei veti e degli ostruzionismi estremistici di una parte o di una minoranza che impedisce lattuazione di un provvedimento legittimamente gi deciso. Se non usciamo da questa contrapposizione infinita e incapace di sintesi il Paese rimarr eternamente bloccato. In questa pessima Seconda Repubblica la classe politica e un sistema mediatico connivente hanno incoraggiato una forma perversa di politica-spettacolo, che ha determinato lo scadimento del livello del dibattito politico alla peggiore rissa: questo livello di abbassamento si replicato nella dimensione del dibattito tra semplici cittadini in una diffusione emulativa del dibattito rissoso a tutti i livelli di discussione collettiva sul territorio. Le passioni politiche vengono declinate seguendo il paradigma della discussione tra
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tifosi del calcio. Questa la conseguenza di una ventina di anni di tolleranza nei confronti dellimbarbarimento e impoverimento del dialogo politico, che abbiamo subito passivamente come italiani. Il governo tecnico il frutto non di una decisione sovrana del popolo italiano ma delle pressioni dei mercati internazionali e delle istituzioni politiche sovranazionali. La genesi del governo tecnico rivela perci il senso della effettiva gravit e patologia del momento che stiamo vivendo come sistema politico. Gli italiani hanno una responsabilit collettiva e diretta in quella deriva irresponsabile che ha determinato lacuirsi di una crisi morale su una crisi economico-finanziaria internazionale; bisogna assumersi la responsabilit di quello che accaduto in Italia negli ultimi venti anni senza scaricare le colpe sulla congiuntura economica internazionale. Serve una analisi approfondita che sappia trarre le dovute conseguenze. Il rischio altrimenti di ricadere nella condizione precedente, nei vizi di sempre del nostro Paese. Un rischio cui andiamo purtroppo incontro quello della rimozione del passato. Fino agli anni Ottanta i governi che si sono succeduti, nel bene o nel male, ma comunque una direzione al Paese hanno saputo indicarla. Dagli anni Ottanta in poi invece si manifestata una situazione di crisi di idee, di valori e di visione del futuro. Pensiamo alla costruzione delle grandi infrastrutture autostradali e alla situazione attuale del contenzioso sulla TAV. Se negli anni Sessanta, quando si costru lautostrada del Sole, ci fossero stati moti sul tipo di quelli che oggi vediamo contro la TAV, certamente non avremmo una grande rete autostradale capace di unire la Penisola. Il nocciolo della questione il tema dellautoreferenzialit dei partiti politici. Senza una trasformazione culturale, in grado di modificare la concezione dellagone politico come lotta per la sola ed esclusiva occupazione del potere senza ritornare alla concezione del potere come arte del governare la collettivit, non baster un maquillage della legge elettorale per dare una svolta effettiva. Sin dallinizio degli anni Ottanta Enrico Berlinguer evoc inascoltato la questione morale in questo Paese senza che nessuno sia arrivato a dare una risposta: un problema morale di etica pubblica che i partiti non sono stati in grado di risolvere. Gli Italiani hanno fiducia nei tecnici anzich nei governi politici. Ma il rischio cui andiamo incontro che la popolazione italiana arrivi a ritenere che dei partiti politici non ci sia davvero pi bisogno e quindi il Paese possa essere governato permanentemente dai tecnici: ma questo creerebbe un gravissimo vulnus per la democrazia che richiede una legittimazione con libere elezioni e una competizione tra partiti politici alternativi. Se, come Cincinnato,
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La rivoluzione nella normalit

dopo aver esaurito il suo compito, il presidente Monti allo scadere della legislatura dovesse ritornare al suo ruolo di Rettore della Bocconi, che cosa accadrebbe davvero in Italia? Ci troviamo innegabilmente infatti a un punto di svolta epocale, credo che i cittadini italiani non sopporteranno il ritorno a governi ispirati da partiti autoreferenziali dediti esclusivamente alloccupazione della cosa pubblica. Il tempo a disposizione breve, brevissimo rispetto ai compiti che il governo tecnico si prefisso, solo quello che resta fino alla naturale scadenza della legislatura. Daltra parte non si pu negare che reiterare un governo tecnico significa rischiare di uscire dal regime di democrazia parlamentare cos come labbiamo conosciuta per arrivare a una svolta di tipo elitario o tecno-autoritaria che, senza passare per un golpe violento, comunque significa un processo di formazione di governo di emergenza fondato sul principio di legittimazione per competenza e non per volont popolare. Una sorta di aristocrazia del potere come strumento di legittimazione politica del governo rappresenta un arretramento del concetto di democrazia come delineatosi nellOccidente. I partiti politici rappresentano il medium indispensabile per larticolazione del dibattito e delle proposte politiche. I movimenti sono importanti, lopinione pubblica altrettanto, ma poi indispensabile la funzione di raccordo dei partiti politici rispetto allattivit parlamentare. Per esempio il movimento viola ha mostrato una grande capacit di mobilitare persone e consenso dellopinione pubblica. Ma un movimento a-partitico quale tipo di risultati pu raggiungere? Se le proposte non possono essere raccolte da nessuno, dove si pu articolare una proposta politica in grado di intervenire efficacemente sulla realt? Questo brillante modello movimentista della politica rischia per la sterilit limitandosi a un fenomeno di protesta incapace di tradursi in azione concreta. Per questo serve una idea precisa, una visione precisa sul proprio Paese. Serve una autocoscienza nazionale circa il nostro ruolo a livello mondiale. Noi in Italia ci dimentichiamo di quale deve essere il nostro ruolo come Paese nel mondo. Quello che sono le nostre responsabilit nei confronti di noi stessi e della comunit finanziaria e industriale internazionale. Manca una leadership europea, siamo lontanissimi dallepoca di fondazione della comunit europea, non possiamo pi confidare in un leadership europea forte che supplisce alle nostre debolezze politiche nazionali. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare queste debolezze perch c bisogno di pi Italia in Europa. Siamo un decisivo per lEuropa perci abbiamo la responsabilit di contare di pi nelle istituzioni e nelle politiche comunitarie.
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Oggi in Italia c bisogno di persone che siano disponibili ad assumersi determinate responsabilit: purtroppo non pi vero quello che lironia pessimistica di Roberto Saviano ha detto sul nostro Paese e cio che: Per fare la rivoluzione in Italia occorre che ognuno faccia il proprio mestiere. Oggi forse non basta nemmeno questo, ognuno di noi deve andare oltre lordinario spendendo il proprio coraggio. Sempre per parafrasare Flaiano, Monti rischia di diventare come il Marziano a Roma in una citt disincantata della politica che non disposta a concedere a nessuno pi del tempo necessario, che pronta voltare le spalle a tutte le novit, anche le migliori: per questo il tempo il vero avversario del governo tecnico. Per questo serve una sorveglianza morale e un impegno serrato: bisogna tenere lItalia in una condizione di allerta permanente perch il debito pubblico, la mancanza di crescita economica, i problemi infrastrutturali, la diffusione della corruzione e la presenza di una criminalit organizzata in grado di controllare il territorio di molte aree del Paese unita al divario fortissimo tra Nord e Sud fanno dellItalia una nazione a rischio. Questo non come diceva Giulio Andreotti Il momento di tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia, oggi occorre fare uno scatto di orgoglio verso lideale oltre il cinismo della real-politik. Non possiamo pi permetterci di abbandonarci allautocompiacimento della decadenza neppure se dorata. Non pi tempo di vagheggiare lirresponsabilit.

(Francesco Pesci, amministratore delegato Brioni)


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Il ruolo pedagogico della leadership pubblica


Marina Debra Pini

L etica nella nostra azienda fondata su un codice di comportamento fatto di valori come onest, correttezza, trasparenza, assenza di discriminazioni di qualsiasi forma e valorizzazione della persona. Gore negli anni ha realizzato una vera e propria mappatura evolutiva del terreno simbolico dei valori aziendali che contraddistinguono la propria vision per arrivare a declinare un codice etico capace di abbracciare la complessit di una concezione moderna di azienda globale. Tutti i nostri collaboratori, a qualsiasi livello, prestano il proprio consento al nostro codice etico Associates Standard of Ethical Conduct non solo apponendo latto formale della propria firma, ma ricevendo una formazione, un training mirato per apprendere a confrontarsi con i dilemmi e le questioni pi rilevanti delletica applicata alla vita aziendale. L etica infatti non deve ridursi a posa intellettuale, a pura dichiarazione di intenti, ma deve tradursi in una prassi quotidiana di comportamento, un modus operandi vissuto allinterno delle dinamiche e dei processi aziendali e delle relazioni di lavoro. L etica allo stesso tempo un valore individuale, una modello di responsabilit in prima persona, ma deve estendersi anche a una forma collettiva, a un noi declinato in un costume collettivo. In questo senso decisivo trovare un punto di incontro, un comune sentire tra il sistema valoriale personale e quello aziendale. Sarei disposta a cambiare azienda domani se lazienda mi chiedesse di tenere comportamenti incompatibili con il mio personale modello etico. Non avrei nessun esitazione a mettere le mie dimissioni sul tavolo qualora venissi indotta a comportamenti contrari alla mia personale concezione di moralit; ma altrettanto sono convinta, per la mia esperienza che questo non avverr, del resto sono da ventanni in questa azienda che da sempre rispecchia il mio modo di interpretare i valori. Letica si trova in un punto di equilibrio delicato quando deve proiettarsi da una dimensione soggettiva, personale e fondata sulla convinzione e deve trovare una sintesi intersoggettiva, condivisa, allinterno di una dimensione allargata, collettiva di una organizzazione
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come limpresa, o di una comunit territoriale. L etica richiede impegno, coraggio e assertivit, perch per tenere comportamenti etici necessario disporre della forza di resistere a pressioni indebite: essere etici significa non prestare il fianco a comportamenti non lineari, alle scorciatoie ai bordi della legalit, agli sconfinamenti dentro zone grigie dove il confine tra moralit e immoralit si fa pi opaco. L etica dipende da una visione del mondo e da una educazione della volont, da una cultura e da una forza di resistenza alle chimere e alle tentazioni dellegoismo e della comodit. L etica uno sforzo di resistenza alle illusioni della banalit. Letica non pu essere imposta ma pu essere compresa e condivisa, per questo fondamentale il valore della comunicazione e della dialettica della diversit nel confronto razionale dei valori e dei sistemi culturali in una societ sempre pi globale. Solo dal confronto della diversit si pu arrivare allelaborazione di un modello universale dei valori etici condivisi. In una azienda fondata sulla qualit e il talento delle persone fondamentale il ruolo pedagogico ed esemplare del role model fondato sulla leadership. La leadership si fonda sulla capacit di autonomia morale e di resistenza alle pressioni in un contesto ad alta tensione al risultato. La leadership richiede contemporaneamente sia capacit di concentrazione e focalizzazione sul risultato sia larghezza di orizzonte di visione, capacit di interpretare in modo sistemico le complesse interdipendenze tra le varie dimensioni di un problema. Il leader si contraddistingue pi che per le competenze tecniche o hard competences per le soft skills, al punto che in alcune occasioni accaduto che collaboratori di grande livello sono stati allontanati proprio per disallineamento rispetto ai valori della gestione delle persone. Noi abbiamo valori che devono comunque essere adattati e modulati sulla variabile cultura presente in un determinato ambiente. La cultura di Gore negli anni si evoluta storicamente, altrimenti diventa sterile, diventa un limite alla crescita dellazienda, ma mantenendo pilastri fondamentali inalterati come trust, fairness, freedom, commitment, waterline, che significa mantenimento della linea di galleggiamento aziendale: ognuno deve godere della libert di sviluppare nuove idee e nuovi progetti commettendo eventualmente errori, limportante che lerrore non comprometta lazienda nel suo complesso, come nel caso di un buco sotto la linea di galleggiamento che fa naufragare lintera nave. Una leadership autentica emerge naturalmente e non deriva da investitura o cooptazione dallalto. Il leader non necessariamente la persona pi competente, il leader un facilitatore, non necessariamente colui che trova le idee ma certamente colui che favorisce lo
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Il ruolo pedagogico della leadership pubblica

scambio di idee, i processi di comunicazione e di condivisione. A volta prendiamo decisioni drastiche, come uscire da determinati business perch non si trovano in linea con i nostri princpi, oppure possono provocare potenziali rischi che lazienda non vuole assolutamente correre. Gore gode del privilegio di essere una azienda con una propriet privata, se fosse una azienda quotata in Borsa non potrebbe forse permettersi di essere cos rigorosa e intransigente dal punto di vista delletica. Ha la fortuna di poter perdere anche dei soldi in un trimestre piuttosto che andare contro i propri valori. La capitalizzazione esterna pu rendere meno forte lautonomia etica di una azienda. L autonomia finanziaria interna allazienda consente di concedersi momenti di aspettativa e di scegliere uno stile etico di governance. Etica degli affari non significa trasformarsi in una charity, ovviamente il business ricerca di profitti, ma certamente si possono fare affari garantendo i principi di lealt ed equit negoziale nei confronti degli stakeholder: dei clienti, dei fornitori, dei collaboratori e degli associati. Gore una azienda fondata sulla forza e liniziativa individuale, sulla libert, sul riconoscimento delle idee, sulla meritocrazia, sulla facolt di contaminare le conoscenze e uscire dal binario delle competenze esclusivamente settoriali. Si tratta di un modello organizzativo ispirato dalla flessibilit della mente creativa e innovativa. Una struttura organizzativa libera e de-gerarchizzata mobilita un modello creativo di pensiero e di dinamiche relazionali che si traduce in propensione al cambiamento e allinnovazione permanente. Oggi linnovazione non pi esclusivamente realizzata nel chiuso dallattivit del laboratorio ma dipende da cross-fertilization e scoperte anche casuali che dipendono da metodiche creative. L anima creativa non si ferma mai e vuole sempre migliorare e trasformare. Il leader di unorganizzazione creativa sa riconoscere e promuovere questo modello incentivando la collaborazione, il clima di fiducia e la disponibilit a costruire insieme un sistema di relazioni ispirato alla condivisione della conoscenza. Questo il modello di leader a cui ci ispiriamo in Gore e che ci piacerebbe che potesse essere applicato, con i dovuti aggiustamenti, anche al sistema dellorganizzazione e delle istituzioni pubbliche. Nel nostro Paese di estrema urgenza la necessit di una svolta radicale per far cessare lannosa e indecente pratica del nepotismo che pervade il settore delle carriere e delle professioni, sia nellambito pubblico che privato. Questo richiede di andare contro una deriva troppo a lungo accettata a tutti i livelli di responsabilit del nostro Paese. Eliminare il nepotismo significa ripristinare il valore del ta269

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lento e del merito, significa ripristinare equit nellaccesso al lavoro, significa dare spazio alle giovani generazioni impegnate nella ricerca di una realizzazione fondata sulle capacit individuale e non sulla rendita derivante dalla nascita e dal cognome che si porta o dallessere inseriti in un network di relazioni privilegiate. L Italia ha visto prevalere nella sua storia listinto primordiale del cosiddetto familismo amorale, latteggiamento della famiglia chiusa in se stessa che non crede in una comunit al di fuori di se stessa, sullapertura al senso civico di una cittadinanza matura. Se la leadership privata pu essere il risultato di una legittima ambizione di carriera, una leadership pubblica dovrebbe nascere esclusivamente dalla generosit di offrire la propria competenza e il proprio tempo al servizio esclusivo della nazione, ma proprio questa motivazione etica, questa gratuit in qualche modo assente: a mancare il senso dello Stato: chi viene eletto deve essere a disposizione dellinteresse generale della nazione e di interessi particolari o di gruppo di lobby dinteresse. Il paesaggio etico della nostra classe dirigente politica desolante da questo punto di vista: attraversiamo un momento orrendo. Si deve ripartire da un concetto di comunit, da una centralit della politica come gestione del bene collettivo, come qualit della vita pubblica, una dignit della vita in relazione alla comunit. L etica come prodotto della fiducia nelle relazioni comunitaria fondate sul rispetto reciproco. Il leader del futuro non pu limitarsi a possedere carisma, ma deve saper essere un role model, deve essere esemplare, deve essere un punto di riferimento pedagogico per valori che intende comunicare: non pu esistere una doppia verit, un doppio binario, una vita pubblica e una vita privata del leader, che deve essere trasparente e credibile in una coerenza che ne sappia permeare con una linea di continuit i valori dichiarati e i valori praticati. In questo momento nel nostro Paese c una necessit di coerenza, sobriet, trasparenza assoluta per i leader pubblici per ristabilire dei parametri ordinari di credibilit del sistema politico. La leadership pubblica non pu evidentemente prescindere dallonest, ma deve anche andare oltre i parametri di una stretta legalit in senso giuridico formale, arrivando a qualificare una forma mentis, una ampiezza morale della personalit, un profilo umanistico della sua azione. L arma segreta della leadership pubblica la cultura, lampiezza di orizzonti, lapertura mentale, la dialettica, la curiosit per il futuro, la cura della persona, linteresse per lAltro. La leadership pubblica deve avere come finalit principale della propria azione lattenzione alla dignit della vita. Ognuno sembra perseguire esclusivamente interessi privati o cor270

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Il ruolo pedagogico della leadership pubblica

porativi senza curarsi dello stato di salute dei beni collettivi, per questo una nazione cos ricca di qualit ed eccellenze si trova di fronte a un disastro non solo di solvibilit della finanza pubblica, ma di tracollo di reputazione e credibilit internazionale. Siamo riusciti solo dopo un lunghissimo tempo a cambiare la leadership politica del nostro Paese visto che la precedente ha la responsabilit non solo per quello che ha fatto ma anche per quello che non ha fatto: pur disponendo di una larghissima maggioranza in entrambi i rami del Parlamento non stata in grado di attivare alcuna riforma utile al Paese. Il piatto infame della politica degli ultimi anni ha offerto solo indignazione negli italiani onesti e vergogna per chi ogni giorno ha a che fare con un contesto internazionale del tutto incredulo rispetto allincapacit di reazione da parte del popolo italiano di fronte alle bassezze morali e al clima da basso impero che ha contraddistinto la leadership politica in questa grottesca stagione. Ci dobbiamo augurare che il sistema politico, nel suo insieme, consenta ai tecnocrati di varare le riforme ineludibili di cui il Paese ha assoluta necessit. Se non si realizzeranno queste ineludibili riforme, precipiteremo nel baratro. Mario Monti una personalit coerente di solida cultura liberale, di grande competenza tecnica e di comprovata onest intellettuale, il capo dello Stato Giorgio Napoletano ha saputo ricorrere a un saggio impiego del proprio potere di moral suasion per interpretare con coraggio una leadership fondata sulla fedelt ai princpi costituzionali e sul richiamo alla moralit della funzione politica. Viviamo una stagione di crisi, di transizione verso un nuovo equilibrio, un tempo che non pu essere affrontato solo con la competenza della conoscenza, ma che richiede anche la sapienza delletica. C un quid specifico, una qualit propria delletica, che consiste nella sua intrinseca dimensione salvifica: letica salva se stessi e la comunit, se comincio a migliorare io, allora migliora anche il mondo. L etica salva se stessi e anche la comunit. Nel nostro Paese stiamo trascurando la cura della democrazia, stiamo dimenticando che la democrazia un processo che richiede di essere alimentato dalla partecipazione dei cittadini e che la perdita di cultura civica rappresenta il terreno di coltura della deriva post-democratica che si alimenta nel distacco della societ civile rispetto alle decisioni collettive. Dobbiamo non solo cambiare la classe politica ma trasformare anche i cittadini. Ci richiede un enorme sforzo pedagogico di trasmissione ai giovani, con un codice di linguaggio vicino e appropriato, di valori nobili che sappiano sconfiggere la mediocrit dellopportunismo e la spietatezza del cinismo su cui la generazione dei padri ha cer271

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tamente troppo indugiato. La lezione del passato pu insegnare ma non pu bastare. Ai giovani dobbiamo insegnare a essere pi esigenti verso se stessi e verso i propri rappresentanti politici, dobbiamo educare le future generazioni a essere pi intransigenti, pi severe verso la qualit della gestione della cosa pubblica. Grazie ai nuovi media, grazie alla libera informazione priva di filtri e censure della rete, oggi possibile esercitare un controllo stringente e accurato delloperato dei leader politici. Ormai la rete uno spazio pubblico nuovo. Dalla rete possono venire anche nuove idee, la rete un prezioso catalizzatore di idee: oggi i politici pi avveduti sanno impiegare lo strumento del social network per attingere in tempo reale a un intero mondo di relazioni dando vita a un modello pluralistico di leadership innovativa e non gerarchica, aperta e non autoreferenziale. Viviamo in un mondo plurale arricchito dal valore della differenza, solo i leader che sapranno cogliere le immense opportunit offerte dalla complessit saranno degni di guidare quelluniverso in trasformazione che ci attende.

(Marina Debra Pini, presidente W.L. Gore & Associati Italia)


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Istanze di democrazia diretta


Giorgio Pisani

La leadership tende ad affermarsi sulla base della relazione che si riusciti a creare nel rapporto con gli altri e dei risultati ottenuti. Per essere riconosciuta la leadership richiede credibilit, professionalit e trasparenza. Nella mia azione ho privilegiato la delega, concedendo fiducia alle persone che intuivo essere in grado di accoglierla, e arrivando a costruire team di alto livello. La mia filosofia stata quella di creare partecipazione grazie a relazioni fiduciarie e solidi rapporti con la propria struttura, in modo da approdare a una sana gestione condivisa. Se le deleghe sono riposte nelle persone giuste, se sono posti obiettivi adeguati e realistici, se vi una riconosciuta capacit di condurre lazienda in funzione di risultati obiettivi, la leadership viene accettata in termini automatici, a prescindere dalla personalit del leader. Se il leader sa essere un buon direttore dorchestra in grado di esprimere correttezza e lealt di rapporti umani, perfetta trasparenza, fuori da un dirigismo isolato in una torre davorio inaccessibile, la leadership viene riconosciuta in modo chiaro. Personalmente ho avuto una esperienza professionale ad alti livelli manageriali sin da giovane: ci mi ha permesso di sperimentarmi nella gestione di squadre ad alto potenziale, imparando ad armonizzare risorse e talenti coinvolgendoli attorno a obiettivi condivisi. Il leader un direttore dorchestra a cui non sono consentite stonature, ma che deve saper armonizzare grandi musicisti dotati di talento per il singolo strumento in una polifonia perfettamente accordata e in grado di seguire lo spartito dei valori aziendali. Il leader deve possedere doti intuitive e un sesto senso da rabdomante nello stabilire progetti e strategie. Si deve possedere una spiccata capacit di visione e di ascolto: questa la competenza indispensabile che costituisce lessenza pi tipica della leadership. Non si tratta necessariamente di professionalit tecnica o culturale, ma consiste in una capacit di individuare il fattore chiave, il progetto giusto, la situazione giusta, una forma di sensibilit per le situazioni in divenire. Con un team giusto e ben coinvolto, il gioco di squadra consente di riflettere e confrontarsi con lo staff sul piano del realismo in un dialogo critico che in grado anche di mi273

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tigare gli errori e i margini di insuccesso insiti nellattivit del prendere decisioni. Gestire lazienda con ragionevolezza e buon senso la dote pi importante. La mission legata a obiettivi ideali ma non utopici che devono essere possibili sulla base delle proprie competenze e caratteristiche misurabili. Il leader un vettore di motivazione, per questo indispensabile comunicare impiegando con grande abilit la leva dellemozione e della seduzione di cui composto il carisma. Quando si tratta di una azienda, il bersaglio della comunicazione del leader non pu per essere solo la squadra, ma deve essere anche il mercato: perci il leader deve essere in grado di comunicare anche allesterno leccellenza che contraddistingue e identifica lazienda. Il leader deve possedere un talento raffinato per cogliere i punti di sensibilit su cui far leva per persuadere il proprio interlocutore. Il leader deve fare breccia, fare in modo che si apra la porta interiore, la chiave emozionale in grado di aprire una comunicazione empatica con il suo interlocutore. In Italia purtroppo abbiamo vissuto una perdita di qualit democratica, una perdita di cultura politica: a un modello eccessivamente rigido e ideologico, abbiamo sostituito per un modello troppo superficiale e demagogico che influenza e determina le scelte politiche. Rispetto alle passioni che la politica sapeva suscitare anche solo una ventina di anni fa, assistiamo oggi a una progressiva perdita di coinvolgimento diretto da parte dei cittadini. In questi anni si percepita una sempre maggiore enfasi su interessi particolari e individuali piuttosto che pubblici e collettivi: la politica non stata in grado di rispondere con una adeguata competenza alla deriva sempre pi privata e sempre meno sociale dei cittadini. Si sono esasperate tutta una serie di vizi della politica che hanno finito per tradirne la missione originaria di tutela della cosa pubblica. Come italiano che ha scelto di risiedere in Svizzera ho loccasione di sperimentare, al di l dei facili stereotipi e luoghi comuni, due sistemi politici molto diversi e con un differente grado di rispetto dei beni pubblici. C un diverso grado di pragmatismo nella Confederazione Elvetica: gli Svizzeri hanno superato questa fase che gli italiani stanno vivendo con il governo Monti e si pu dire che siano pi interessati a una formula di politica tecnica, piuttosto che alla versione tecnico-politica interpretata dallattuale governo italiano. Il tema dellautogoverno del territorio e di una applicazione di un vero decentramento federalista rappresenta un vero e proprio fiore allocchiello dellorganizzazione istituzionale della Svizzera. Il dibattito politico, pur rappresentato da diversi orientamenti e partiti, trova sempre un punto di mediazione ed efficienza nel nome di un efficiente pragmatismo e un
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Istanze di democrazia diretta

equilibrio di distribuzione delle decisioni tra il territorio e governo federale. Si trova sempre un punto di equilibrio nella mediazione politica per perseguire gli interessi della Confederazione. Il governo federale retto da un gabinetto di pochissime persone altamente competenti e ispirate da un modello di gestione dello Stato efficientista e pragmatico delle questioni di specifico interesse nazionale. Per quanto riguarda il territorio vi un rispetto molto forte dei margini di autogoverno locale, una gestione e un indirizzo molto sottile perch una democrazia diretta, con un controllo quotidiano dellelettorato sulle cose pi importanti: un sistema di governo che privilegia un approccio partecipativo di tutta la comunit alle scelte politiche. Non vero che lelettorato non in grado di affrontare direttamente certe questioni, lo strumento del referendum come viene impiegato in Svizzera si rivela infatti uno strumento di partecipazione e crescita democratica. Il senso della responsabilit cresce con il maggiore coinvolgimento del popolo. La Svizzera certamente facilitata nellimpiego dello strumento del referendum dallessere costituita da una piccola popolazione di solo nove milioni di abitanti. Il futuro certamente consentir ai sistemi informatici di esprimere al meglio con plebiscito permanente le proprie volont da parte dal popolo, in tempo reale: questa la dimensione di un ritorno a una forma antica di democrazia sul modello dellantica polis greca reso possibile dalla tecnologia. La credibilit di un leader pubblico si fonda sul fatto di non trovarsi a essere in una condizione personale di conflitto di interessi, n reale ne apparente, di offrire una trasparenza assoluta e un comportamento etico unanimemente riconosciuto, e poi evidentemente anche il fatto di essere una figura competente e dotata di una intelligenza aperta e capace di affrontare il processo di decision-making con equilibrio e pragmatismo. In questo momento storico il governo dei tecnici si assunto lonere della leadership del Paese non solo per una situazione congiunturale di estrema emergenza ma anche come surrogazione a una classe politica mai come oggi delegittimata da inchieste giudiziarie e comportamenti diffusi di palese amoralit che hanno generato profonda disaffezione per non dire nausea da parte dellelettorato. A mio avviso evidente che questa fase politica emergenziale segna un salto di discontinuit: a questo punto non torneremo pi indietro e la figura stessa delluomo politico sar costretta, volente o nolente, a compiere una svolta, una riconversione a una maggiore sobriet ed eticit per rispondere alle istanze degli elettori che sembrano ritornati a una maggiore severit etica nel giudicare i propri governanti. Un mondo sta terminando e sta cominciandone un altro dove letica
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finalmente ritorna ad assumere una nuova centralit e fonte di legittimazione come criterio fondamentale di giudizio sullintegrit della persona e della sua missione politica: davvero una svolta se si pensa a quanta irrisione vi stata in questi anni da parte della classe politica verso qualsivoglia istanza di moralizzazione della leadership pubblica. Si vota certamente dentro un quadro di riferimento politico-ideologico, ma chiunque sia a destra, al centro o a sinistra vuole votare per una persona in grado di offrire garanzie di correttezza, di punti fermi dal punto di vista morale, anteponendo, cosa non del tutto scontata dopo anni di degrado della politica, il bene pubblico allinteresse privato. L etica deve diventare il paradigma di riferimento, la coerenza e la genuinit delle scelte deve essere il parametro di misura ancor prima del giudizio sul merito della politica. Non si tratta di essere sognatori ma realisti, perch letica fatta di concretezza, lonesta un valore pratico e non teorico. Si deve dare garanzia di correttezza nellamministrazione dei beni pubblici. Guardarsi in faccia nello specchio della moralit della democrazia diretta. Moralit richiede rinuncia ai privilegi, a maggior ragione in un momento di crisi come lattuale che alimenta tensioni e diseguaglianze fortissime, e tutto ci viene percepito dai cittadini come fattore insostenibile e ingiustificato. Pensiamo alle auto blu della nomenclatura politica. C una reazione contro la casta nella forma quasi biologica di antigeneanticorpo. L antica polis greca si fondava su un dialogo serrato e una interrogazione sulla struttura etica del politico che mostrava il proprio volto nellagor senza sottrarsi allesame e alle domande. La politica deve essere razionale, essere troppo passionali comporta rischi e di cadere nellideologia che pu accecare lo spirito razionale. Ci sono dei valori non negoziabili per chi svolge attivit pubblica che sono il servire le istituzioni e il perseguire unicamente il bene collettivo. A questo aggiungerei la richiesta di una certa professionalit tecnica. Pensiamo al Ministero dellEconomia o a quello della Salute dove la competenza tecnica ormai diventata un requisito quasi indispensabile. Quando si comincia a entrare in unarea di emergenza come oggi non pi possibile consentire sprechi superficialit e mancanza di competenza. Facciamo molta fatica a inserire i giovani in posizioni di leadership quando potrebbero fare davvero molto bene. Ho sempre cercato di investire nei giovani anche perch ho avuto al fortuna di venire impiegato sin da giovane come leader, e se ho avuto la fortuna di fare una carriera rapida ci dipende dal fatto che qualcuno ha creduto in me quando non avevo ancora trentanni. I giovani hanno freschezza e sfrontatezza necessaria anche a superare timori reverenziali e gerarchie troppo rigide per arrivare al dunque. Chi giovane manca di espe276

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Istanze di democrazia diretta

rienza ma ha energia, voglia di arrivare e capacit di sintesi, noi di mezza et siamo pi ponderati, pi cauti e ci significa che tendiamo anche a perdere ogni tanto delle opportunit. Se noi leader maturi siamo affidabili come motori diesel, i giovani sono come sportivi motori a benzina ad alte prestazioni, perfettamente in grado di prendere decisioni con menti pi aperte al futuro e alla globalit. La nostra classe dirigente sia pubblica sia privata ormai troppo vecchia: i giovani di talento ci sono ma a essi viene concesso poco spazio di azione: ci determina unassenza di nuove idee che poi sono lunica vera risorsa che ci pu traghettare fuori dal declino italiano ed europeo. Siamo un continente che deve ritrovare una mission culturale nel mondo e deve avere il coraggio di non essere follower nella competizione con i Paesi del far east, ma deve ritrovare una leadership e unidentit allaltezza dei propri valori e della propria tradizione. necessario stabilire dei punti fissi sulle condizioni etiche del lavoro, sul modello di sviluppo sociale e della qualit del lavoro definendo standards e norme universali sui contratti di lavoro, gli orari e le condizioni di sicurezza, salute e dignit dei lavoratori. Siamo nel terzo millennio ma luomo sta ritornando schiavo in determinati paesi. Noi abbiamo aziende in Cina con circa 500 dipendenti che trattiamo come se fossero lavoratori europei, ovviamente non sui salari ma sulle condizioni contrattuali, e veniamo percepiti come anomali, come utopisti filantropi nel continente della manodopera a basso prezzo. A mio avviso noi europei dobbiamo avere il coraggio e lorgoglio della nostra differenza di tipo etico, esportando la qualit europea che dentro questo grande retroterra umanistico e filtrato attraverso la grande stagione culturale dei diritti umani: questa la chiave etica per avviare una nuova legittimazione di una leadership europea sul piano della civilt morale e politica, a partire dalla dimensione della tutela della qualit e della creativit del lavoro e dei lavoratori. Serve una internazionalizzazione dei diritti e non solo del lavoro, delle merci, dei capitali. Se fossimo in grado di arrivare a stabilire dei paletti di tipo etico-giuridico sulle condizioni irrinunciabili di lavoro, a quel punto la concorrenza del lontano Oriente perderebbe parte della sua forza dirompente e il costo del lavoro sarebbe in prospettiva destinato riequilibrarsi a livello mondiale, attenuando la forza destabilizzante della crisi globale e permettendo di ripristinare una relazione tra sviluppo economico e crescita della qualit dei diritti e delletica pubblica.
(Giorgio Pisani, presidente e amministratore delegato IBSA Farmaceutici Italia/Bouty)
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Politica come vocazione


Massimo Pizzocri

La leadership rappresenta un moltiplicatore di potenzialit nascoste o inespresse, quasi inconsce, del team. Il leader o direttamente capace di realizzare determinati risultati, oppure in grado di fare in modo che vengano ottenuti dagli altri: questi sono i due poli della leadership. C bisogno, come in tutte le pratiche di sviluppo personale, di training anche per la leadership. L allenamento consente di incrementare la prestazioni, ma, come anche un atleta, il leader, privo di prerequisiti innati, difficilmente pu ottenere risultati eccellenti. L appartenere alla categoria dei leader che tendono a fare in prima persona rispetto a quella di quelli che tendono a far fare agli altri, dipende dalla propensione individuale di un leader a essere pi accentratore o pi abituato a delegare. In una azienda un manager gestisce nella continuit e pu portare buoni risultati, ma un vero leader sa affrontare le discontinuit e le criticit dellimpresa riuscendo a trasformare una problematicit in una opportunit. Mentre il manager identifica ci che opportuno o inopportuno per raggiungere le proprie mete, al leader spetta di intuire qual la direzione. La qualit del leader pi rara, ci sono tanti manager in azienda, ma molti meno leader. Al leader serve intuizione e capacit di visione per cogliere la direzione giusta e il coraggio di perseverare spesso andando controcorrente. Un leader oggi deve essere disposto a sopportare livelli di stress intensi con grande frequenza. Il leader esiste in funzione di un gruppo: senza un gruppo funzionante la leadership da sola non pu bastare. Il requisito fondamentale per il lavoro del team la fiducia. Il rapporto fiduciario fondamentale per operare con velocit in un contesto ad alta competizione, la fiducia permette di potersi affidare senza perdere tempo in dubbi sugli altri appartenenti al gruppo. Il secondo requisito fondamentale per un gruppo ad alto potenziale il talento e la competenza dei singoli membri: al leader spetta perci di riconoscere e assegnare la risorsa giusta per ogni ruolo nel gruppo. La terza funzione, non indispensabile come le altre, ma in grado
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Politica come vocazione

di fare la differenza, la visione strategica: quando in un gruppo vi sono dei collaboratori che vivono lorganizzazione al di fuori di una dimensione di ripetizione della performance di routine e sanno vedere in prospettiva evolutiva il senso della direzione. In un gruppo se il clima emotivo positivo c la possibilit di esprimere fino in fondo il massimo potenziale. Il carisma un talento innato che generalmente si mostra nella capacit di esplicitare di comunicare e di trascinare, ma vi sono per anche leader che fondano il proprio carisma su una sorta di understatement con registro di comunicazione per sottrazione che si fonda non tanto su quello che si dice, ma su quello che si fa comprendere con ci che non si dice, ma che si sottintende. Il carisma del leader serve soprattutto a farsi seguire dal gruppo; laltro lato della questione, poi, che forza carismatica dipende a sua volta da quanto un gruppo in grado di seguire un leader: si tratta perci di una direzione non univoca, ma biunivoca quella tra leader e gruppo. Nel breve periodo limpatto energetico del carisma del leader pu avere un ruolo determinante nellessere da stimolo pungolando il team, ma nel lungo periodo il gruppo deve invece affrontare carichi di stress decisamente minori rispetto al leader, e proprio per poter dare il meglio, deve ritornare a un clima diffuso di serenit. Non sono favorevole allidea di un leader politico di mestiere, mi piace pi pensare a un politico che nel corso della propria carriera possa essere prestato, per competenza, per passione, per idealismo, per interesse verso il bene pubblico a un impegno politico. Ci che tende a far appassire e poi deteriorare la buona fede della passione politica in generale la durata, che, nel nostro Paese molto spesso tende a proseguire nel tempo indefinitamente. Se lesperienza politica viene vissuta lungo tempi anche medi come un decennio, c spazio sufficiente a servire il Paese. Una estensione oltre questa durata inevitabilmente impedisce un sano e fisiologico ricambio generazionale. Bisognerebbe avere la forza morale di porre autonomamente un limite temporale alla propria esperienza politica. Nel primo periodo della propria attivit si contribuisce con il massimo della propria energia innovativa per mutare lo status quo, successivamente si viene assimilati troppo dal sistema per volerlo ancora veramente riformare. C una differenza costitutiva, una differenza quasi ontologica nella fenomenologia della leadership aziendale rispetto a quella politica. La permanenza al top in azienda legata ai risultati misurati sul campo, mentre il percorso politico fondato sul mantenimento del consenso. Ci significa una prospettiva radicalmente diversa tra logica del mondo pubblico e logica del mondo del privato. Se chi entrasse in
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politica avesse di fronte una prospettiva temporale a termine, per esempio due mandati, allora si troverebbe di fronte una esperienza effettivamente misurabile rispetto ai risultati politici conseguiti. Ci darebbe alla variabile tempo una accelerazione fondamentale ai tempi lunghi, quasi infiniti della politica, dove non si percepisce lurgenza, la fretta che contraddistingue il mondo dellimpresa. La politica non sembra mai sentire lo scorrere del peso del tempo che invece la spada di Damocle che perennemente aleggia sopra la testa del leader dimpresa. Nella carriera pubblica sembra che limportante sia di rimanere sempre agganciati a un meccanismo di pura sopravvivenza nellarena politica, ci fa perdere di vista gli obiettivi ambiziosi. Manca una chiarezza temporale del mandato. C una tendenza ad appropriarsi di una posizione pubblica e mantenerla indefinitamente. Certamente in questo modo si pu incorrere nel problema del dover perdere le competenze di alcuni politici di grande esperienza e di lungo corso, ma del resto e si mettono a confronti costi e benefici di un eventuale provvedimento di dimissioni obbligatorie dopo la scadenza di due mandati politici; credo che i benefici in termini di ricambio generazionale siano decisamente maggiori rispetto ai costi. Il concetto fondamentale che deve accomunare il settore privato a quello pubblico deve essere quello della sostenibilit. La leadership deve essere imperniata sul dovere di compiere scelte in grado di aggiungere valore, nei confronti del mercato nel caso del settore privato, e nellinteresse pubblico nel caso del mondo pubblico. Costruire valore seguendo un parametro di sostenibilit di lungo periodo e di conseguenza eticit sia nellambiente privato sia pubblico il dovere categorico della leadership. La ricaduta della creazione di valore in una dimensione diffusa e non solo autoreferenziale lobiettivo di una leadership che sente una responsabilit sociale. Bisogna migliorare la razionalit complessiva dellorganizzazione del sistema paese puntato sulla selezione delle eccellenze, dobbiamo focalizzare gli sforzi sulle realt che esprimono il meglio dellidentit del nostro Paese: turismo, cultura, lusso, design, moda, gusto. difficile competere per noi in settori dove non c valore aggiunto, non siamo i produttori pi economici, non siamo i pi efficienti, ma siamo certamente i pi creativi, perci bisogna concentrarsi ed investire sul supporto a questi assets fondamentali del Paese. Occorre assegnare la priorit alla massimizzazione dellefficienza della rete infrastrutturale necessaria a sostenere la competitivit sul piano internazionale, ma per questo fondamentale una mobilitazione di energie fresche e uomini competenti e dinamici e consapevoli del re280

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Politica come vocazione

spiro internazionale e pragmatico che deve sempre pi assumere lItalia nel migliorare e snellire il sistema dellorganizzazione dello Stato. Un modello di relazioni corretto che esprime in modo esemplare la sinergia tra leadership politica e di impresa, dove linterfaccia tra rapporto pubblico e privato si svolge in modo fluido e razionale quello realizzato durante la presidenza Obama nel settore automotive degli Usa, dove, durante la crisi recente, tali imprese ritenute di rilevanza strategica vengono supportate dal pubblico ma relativamente per un periodo definito di tempo e non reiterando indefinitamente gli aiuti pubblici. Una volta che il settore supportato riprende vigore e autonomia, lo Stato ritira la propria tutela dal finanziamento del settore per evitare di creare occasioni di inefficienza sistemica. La filosofia dellamministrazione Obama che limpiego delle risorse pubbliche per salvaguardare settori in crisi deve rappresentare non la regola ma leccezione e deve essere attuato secondo garanzie di obiettivit, trasparenza ed equit nel rispetto allinteresse generale senza essere sbilanciato a favore di alcuni settori e a discapito di altri. Nel nostro Paese notorio che esistono imprese che hanno beneficiato per molti decenni di sussidi, di finanziamenti privilegiati e aiuti di ogni tipo: non con questo che si aiuta la impresa a competere sul libero mercato nel lungo periodo. L impresa deve darsi un modello di sostenibilit nel tempo altrimenti deve uscire dal mercato, a questo pu fare eccezione il caso di imprese che operano in settori strategici di interesse nazionale, ma si deve trattare di pochissimi esempi ben delimitati. Nellimpresa si risponde al proprio azionariato, pur con responsabilit ulteriori che riguardano pi in generale lambiente e la societ in cui opera, per evidente il nesso diretto che lega il top management alla propriet dellazienda. Il contesto della creazione di valore per lambiente pubblico legato invece alla comunit. Perseguono obiettivi diversi. L azionista da una parte, il cittadino dallaltra parte. Un leader imprenditore comanda in funzione del rischio che si assume investendo il proprio capitale. Un top manager che gestisce soldi altrui dispone esclusivamente del proprio capitale di reputazione e integrit che si costruito nella propria carriera: questo il suo vero asset, il suo bene fondamentale. Il politico, sotto questo aspetto, come un manager perch dispone esclusivamente della propria credibilit personale, pu spendere solamente il proprio volto. Il problema che non avendo una metrica chiara e oggettiva di misurazione sui risultati effettivi che consegue il politico viene misurato sulla base del consenso che porta piuttosto che in funzione di risultati effettivamente tangibili.
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Il valore autentico di riferimento su cui si misura la leadership, rispetto al mandato della rappresentanza politica, quello della dignit nel prendere impegni e mantenerli, nel rispettare le promesse, di avere una parola credibile, di stare ai patti stipulati secondo la massima pacta sunt servanda. Il leader pu avere lintuizione di una visione anticipatrice, pu offrire un sogno, ma quello che in fondo decisivo il riuscire a mobilitare persone ed espandere forze attorno al sogno che altrimenti rimane una promessa senza seguito. La coerenza nella vita un pregio, nella politica pu essere poco funzionale rispetto al trasformismo e allopportunismo che da sempre la alimenta, ma certamente dovrebbe sempre essere un valore di riferimento, un parametro fisso per lidentit e la credibilit della leadership pur nellagitarsi funambolico dellequilibrismo della politica. Il leader davvero tale solo se riesce a lasciare una impronta, chi incoerente e trasformista privo di identit e scrive una storia che non lascia tracce.

(Massimo Pizzocri, vice presidente Epson Europa e amministratore delegato Epson Italia)
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Leadership: cosa significa in tempi di guerra


Alessandro Politi

subito il caso di chiarire, anche a beneficio dei teorici della teoria situazionale o della contingenza situazionale, che gli anni dal 2006 al 2018 circa non sono semplicemente tempi di crisi, recessione o crisi economica globale senza precedenti. Sono tempi di guerra perch, senza quasi accorgercene per via della sua dimensione immateriale, stiamo vivendo la prima guerra finanziaria mondiale1. una guerra finanziaria (financial warfare) che non stata scatenata da Stati, come la vecchia economic warfare o guerre conomique, ma da un pugno di conglomerati finanziari e da un piccolo gruppo di manager di fondi altamente speculativi con pochi obbiettivi importanti: guadagnare plusvalenze, assaltando, con la leva debitoria, le economie pi vulnerabili delleuro; indebolire leuro come moneta commerciale alternativa al dollaro, per mantenere il pi a lungo lo status quo nellattesa di una soluzione al quasi inarrestabile declino del signoraggio del dollaro; permettere ai conglomerati finaziari (vulgariter banche) di rastrellare soldi freschi e beni comuni estrattivi, industriali e infrastrutturali per rimpiazzare la montagna di bit monetari finti generati in 30 anni di deregulation finanziaria ed economica. una guerra che, nel mondo delle democrazie opulente e indebitate, non mostra il suo volto tradizionale. Certo, alcuni Stati come lItalia o il Regno Unito sono costretti a un brutale disarmo militare silenzioso, in molti Paesi aumentano i suicidi e le depressioni causati dalleconomia, ma non si vedono le case distrutte, gli edifici bombardati, le persone uccise, i borsaneristi nelle piazze, i plotoni desecuzione. Si vedono per le file davanti agli ostelli caritatevoli diventare sempre pi lunghe e pi bianche di colore, la mobilit urbana sfoltirsi straordinariamente (come se aerei invisibili scoraggiassero con i loro
Le teorie situazionale o della contingenza situazionale (leadership situational theory or situational contingency theory) postulano che la leadership sia frutto di una situazione storica pi ancora che di un insieme di caratteristiche personali e caratteriali.
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mitragliamenti gli spostamenti non necessari), i negozi ridurre drasticamente il campionario e la sua qualit mentre altri falliscono, le raffiche di cartelle delle agenzie di recupero crediti private e pseudopubbliche, i consumi dalcolici, stupefacenti e giuochi dazzardo aumentare per compensare il nero quotidiano. La guerra economica come la bomba al neutrone, non distrugge gli edifici e lascia vivere gli esseri umani, sino a quando, nei Paesi pi poveri, la denutrizione li finisce a causa dellinnocente fluttuare di una commodity, e nei Paesi pi ricchi la disoccupazione, lo strozzinaggio legalizzato e la mafia non li inghiottono nelle loro spirali silenziose. In questo contesto tutte le vecchie strombazzate teorie e pratiche del management come arte suprema della governance economica, e dunque politica, si sono rivelate inutili e dannose. Al di l delle parole politicamente corrette, il succo del management si pu riassumere in pochi punti: prima il profitto, poi gli stipendi la legge non lo prevede le regole non valgono per nessuno (tanto meno per il capo) il lavoro una commodity, anzi lo il tempo di chi lavora (manager incluso, a seconda del grado di vassallaggio) non un mio problema la responsabilit un costo da ribaltare sino allultimo brainstorming = ascoltatemi e annuite. Questo insieme di regole ha creato dei veri e propri open space lager, dove la motivazione della manovalanza e della mentevalanza scende a livelli bassissimi e dove la legittimit del sistema finanzcapitalista viene quotidianamente smascherata e corrosa. il sistema che ha prodotto i capitani coraggiosi, i furbetti del quartierino, il nuovo miracolo italiano e linesorabile perdita di competitivit dellazienda Italia nonostante la spietata compressione di salari, tempo, pensioni, servizi pubblici e diritti di chiunque lavorasse. Oggi, quando si parla del fallimento della politica o, ancor pi in malafede di colpo di Stato, si dimentica che dal 1981 (deregulation Reagan-Tatcher) in atto uno strisciante sequestro della politica da parte delleconomia. Non quindi questione, come prezzolati opinionisti organici allestablishment dicono, di politica o antipolitica oppure di volti nuovi o di vecchi partiti: unintera classe dirigente (imprenditoriale e politica) ad aver fallito paradigmi, futuro e sostenibilit, spesso avvitandosi nel suo narcisismo tossico. Con una certa dose dumor nero da osservare che non ha fallito sinora la sua missione: estrarre ricchezza da larga parte del ceto medio e basso (cio dalle par284

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Leadership: cosa significa in tempi di guerra

tite IVA medie in gi) a profitto dell1 per 1000 della popolazione mondiale e nazionale. Rispetto agli anni della Resistenza, il mercato deregolato ha prodotto non libera concorrenza, ma oligopoli che hanno creato un totalitarismo dolce, decentrato, in rete e pluralista: mille piccoli fratelli, mentalmente clonati allideologia del finanzcapitalismo e del cosiddetto pragmatismo, ripetono il verbo e applicano le Standard Operating Procedures aziendali per dispiegare un management predatorio. I nemici sono sfuggenti, virtuali, pervasivi e spesso impersonali; le zone grigie di trasversalit contiguit acquiescenza complicit sono molto pi vaste e fluide e la contrapposizione dei valori oscurata dalla presenza di sistemi politici che garantiscono unalternanza per evitare ogni alternativa. Cosa dunque la leadership ai tempi del colera? Non quel frasario classificatorio che la distingue in achievement-oriented, directive, participative, supportive, un latinorum da Don Abbondio e nemmeno il sofisticato gioco della comunicazione che rende grande un personaggio solo sui pixel di uno schermo. Non nemmeno, con buona pace dei cavalieri antiqui, lardire di un Rommel o la quadrata semplicit di un John Wayne e neanche una leadership post-eroica, alla Dick Cheney per esempio. Anche il celebre motto britannico, che pure ha conservato intatta la sua forza direttiva Keep Calm and Carry On insufficiente allemergenza del periodo, proprio perch i quadri rassicuranti si stanno rapidamente sfarinando, insieme allaltrettanto famosa triade conservatrice Dio Patria e Famiglia (carry on what? quale famiglia?). L attitudine al comando si trova oggi confrontata da una triplice sfida nel definirsi: rete, isarchia e diffusione di responsabilit. La rete il brodo di cultura e il tessuto connettivo di ogni serio tentativo riformatore e/o rivoluzionario, ma anche il luogo in cui lemergere di guide ha un valore relativo sia in termini assoluti che relativi2. La rete e il sottoinsieme delle reti e dei media sociali funzionano su una combinazione di isarchia e anarchia sistemate come le strutture di una fibra composita e questo spiazza due volte le persone che naturalmente si pongono come capi. C infatti un alto grado di anarchia passiva che non frena solo perch c lumanissima inerzia ad agire, potente da secoli, ma perch listeresi tra impulso e reazione la difesa pi
2 Il riformismo solo la finzione del cambiamento, travestita da modernizzazione della gestione dellesistente, in quanto vuole assolutamente evitare di contrapporsi ai poteri forti.

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collaudata e immediata delle parti sociali pi angariate (giovani, donne, immigrati e pensionati depauperati) dalle pretese della globalizzazione. Poi ci sono i pregi e i limiti dellisarchia; lessere inter pares, sia pure a livelli di diversa primazia in un insieme di nodi di pari dignit e comparabile influenza, offre la creazione di fronti ampi in un tempo straordinariamente breve anche grazie a una diffusione di responsabilit che non una diluizione, ma pu essere un moltiplicatore di forze dellelemento guida di una moltitudine. Eppure tutto questo fermento didee, cos simile a quello generato dagli Enciclopedisti e dai pensatori socialisti nei secoli scorsi, rischia di scomparire appena si passa dallagor virtuale alla piazza reale e dalla caduta del regime oppressivo alla costruzione di una nuova realt. Da un lato si tratta di una storia gi vista: quasi nessuno dei grandi intellettuali ha avuto la forza di elevarsi al potere rivoluzionario e post-rivoluzionario. Dallaltro un dilemma del potere abbastanza inedito: come mantenere la spinta al cambiamento quando la piramide non ha pi un vertice? Una prima risposta stata data, sotto la sferza della necessit, dallantico e ormai fiaccato avversario qaedista. Al Qaeda ha saputo combinare per decenni con successo un gruppo dirigente rivoluzionario e terrorista con unattivit di rete a livelli dassoluta eccellenza, mettendo insieme delega, rete, franchising e volontarismo. In questo Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri hanno saputo applicare Lao Tze: Per guidare il popolo, camminagli accanto. In quanto per quel che tocca i capi migliori, il popolo non nota la loro esistenza. La migliore alternativa successiva che le persone onorino e lodino. Quella dopo, che temano ed in ultimo quella che odino i capi. (Eppure) quando il lavoro del miglior capo compiuto, la gente dice labbiamo fatto da soli. La parabola qaedista passa proprio dallo zenith al nadir durante la sua metamorfosi da dirigenza accanto a consistenti parti del mondo arabo e mussulmano a gruppo prima temuto e poi francamente odiato, innanzitutto dalle popolazioni irachene. La seconda paradossale indicazione jihadista viene invece proprio dai suoi punti di forza, quelli che tutte le popolazioni smarrite e oppresse confusamente sentono come necessari in unazione di guida convincente: etica, ideologia e responsabilit. Fortunatamente la maturazione delle condizioni sociopolitiche ha condotto al rovesciamento prodotto dalle Rivoluzioni Arabe in direzione di democrazie, invece che di nuovi emirati, evitando la trappola di un terrorismo sanguinario e fallimentare come strumento generale e come esperienza specifica.
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Leadership: cosa significa in tempi di guerra

Manca un passo decisivo, ma indispensabile per approfondire londata rivoluzionaria anche in contesti diversi dalloppressione che conosce il mondo arabo: la non violenza e la disobbedienza civile di massa. In questo aspetto il genere femminile, superata lubriacatura dellimitazione dei tipici modelli maschili (Baroness Thatcher e molte donne manager), pu riservare diverse sorprese sul piano politico. Precursore di questa sintesi di caratteristiche individuali e coerenze collettive possono essere la leader cilena studentesca, Camila Vallejo Dowling, e la guida politica birmana, Aung San Suu Kyi. Esse combinano diverse qualit: una base machiavelliana, filtrata dallesperienza sociopolitica marxista-leninista o un base di Realpolitik, combinata con unideologia gandhiana e buddhista; una visione del futuro elaborata; una combinazione da nativa digitale delle tecniche di comunicazione di massa, cura dellimmagine e del sentiment collettivo, delega e simultanea risonanza focalizzante sulla rete nel caso della prima e un tenace aggiramento con ogni mezzo digitale delle barriere imposte dalla dittatura nel caso della seconda; una forte carica etica e ideologica, corroborata da convincenti comportamenti privati e da un forte senso di responsabilit; il rischio di vedere nel loro futuro una democrazia ancora sotto tutela militare indiretta o diretta; luso della non violenza come metodo e discriminante politica. C un ultima caratteristica che dovrebbe diventare patrimonio diffuso di una classe dirigente imminente: il cosmopolitismo. Esso lesatto opposto dellomogeneizzazione alienante della globalizzazione perch parte dalle differenze, riconoscendole, e punta alla creazione di una nuova sintesi in cui le diverse culture si sinergizzano. Il Che, Gandhi, Mandela, San Suu Kyi e Vallejo sono ancora guide locali assunte a simboli mondiali, mentre invece un Alessandro il Grande stato capace di creare una koin intercontinentale essendo gi da vivo il simbolo di nuove unioni. Non sapremo se le nuove guide porteranno dalla guerra verso una pace democratica e libera o verso nuove forme di autoritarismo illuminato, ma siamo ragionevolmente sicuri che senza nuove etiche e nuove ideologie queste figure di riferimento non potranno n emergere, n dispiegare la loro azione nei confronti di popoli che vogliono fidarsi di nuovi contratti sociali.
(Alessandro Politi, saggista, direttore Osservatorio scientifico Nomisma)
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Codice donore, etica del rigore


Cristiano Portas

Il Paese attraversa una fase storica che dire non facile riduttivo, un puro eufemismo del tutto insufficiente a rendere la reale gravit della situazione: con i costumi da bagno della nostra azienda potremmo forse contribuire a vestire adeguatamente unintera classe politica ormai a mollo e con una credibilit affondata ben al di sotto il livello di galleggiamento. Leadership di una nazione significa slancio e visione strategica di lungo periodo, non tattica di breve o brevissimo termine. Leadership vera capacit di guidare con una visione ampia, con una idea forte e decisa da perseguire con entusiasmo e convinzione in una prospettiva collettiva. Il leader autentico deve mostrare comportamenti ispirati alla compostezza e alla sobriet, mai abusando della posizione di vertice per fini edonistici n abbandonandosi a decadenze da fine impero. La fuga dal confronto con la realt, il ritiro nella corte autoreferenziale dei compiacenti, inducono purtroppo troppo spesso la leadership a trasformarsi in una maschera tragica o patetica o farsesca, a seconda del copione che scelga di interpretare. Per seguire ancora una volta la metafora balneare, occorre auspicare un salutare bagno di realt da parte dei nostri politici. Sono molteplici e sedimentate nel tempo le cause che hanno determinato questa condizione comatosa nella quale sta sprofondando il Paese. Il proverbio dice il pesce puzza sempre dalla testa, per nel caso della politica occorre ricordare che la testa del pesce viene eletta dal popolo ed dunque innegabile la corresponsabilit tra societ civile e societ politica, e perci in definitiva in democrazia la puzza certamente viene anche dalla coda. Nel nostro Paese si cronicizzata una tendenza di fondo verso larte di arrangiarsi, verso luso o meglio labuso di bassi espedienti per sopravvivere in un contesto collettivo a basso tasso di etica pubblica. Una tendenza cosi diffusa nei comportamenti privati da intaccare il tessuto connettivo dei costumi nazionali. Una eredit storica, figlia del ritardo nella costruzione di una identit nazionale e di un ethos condiviso per un Paese troppo a lungo attraversato dalle prepo288

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Codice donore, etica del rigore

tenze e dalle scorribande delle dominazioni straniere e perci incapace di elaborare una coscienza collettiva forte e condivisa. Privilegi di nascita e disparit dei punti di partenza hanno caratterizzato troppo a lungo una Penisola segnata da profonde differenze di opportunit sociali. Secoli di dipendenza da sovrani stranieri e signorotti vari hanno determinato il diffondersi trasversale e pervasivo dellarte del servaggio e della compiacenza, che ha garantito alle masse una sopravvivenza fondata sulla sudditanza invece che sulla cittadinanza. Una dipendenza dal potente piuttosto che una relazione col potere ha caratterizzato lidentit italiana troppo a lungo. La ricerca di vantaggi e privilegi personali concessi dal potente di turno. Ci siamo abituati nei secoli a ossequiare il signorotto sulla carrozza, cos come oggi subiamo passivamente il parcheggio in seconda fila della Bentley di un paparazzo qualsiasi, in una Italia fondata sullostentazione che ha sostituito i privilegi della nobilt con la mitologia cafona del kitsch. Molti hanno posto nella massima gerarchia dellambizione non pi la cultura, la scienza, larte ma la figura nazional-popolare del calciatore o del fotografo di gossip. Una volta era chi stava davanti allobiettivo a rappresentare il mito, oggi chi vi sta dietro. In una Italia ossessionata dal voyerismo e dal presenzialismo a ogni costo, viene mitizzato il ruolo del paparazzo che, nellenfasi del vuoto assoluto, contribuisce a creare personaggi di cartapesta. Daltro canto, il Paese ha vissuto una fase di progresso economico assolutamente ingiustificato e immeritato negli anni Ottanta, il periodo del CAF, fase terminale della cosiddetta Prima Repubblica, dominata da politiche di bilancio irresponsabili, esclusivamente basate su fini elettorali. Tale follia gestionale, insieme al sistema della corruzione, hanno determinato il prodursi del fenomeno iperbolico del debito pubblico: una spada di Damocle che incombe sulle future generazioni. A questa decadenza etica della classe dirigente purtroppo corrisposta una perdita di ambizione e di motivazione morale a tutti i livelli. A mancare lo slancio, lo spirito di sacrificio, lambizione personale, lo sforzo allauto-perfezionamento quotidiano. venuta meno la cultura e letica dellimpegno fondata sullumilt, sul senso del dovere, sulla dignit del fare. La ricerca di scorciatoie per il successo riempie le file di una nuova figura antropologica: quella dellaspirante al reality e al talent show, che vanta un diritto al successo senza nessun talento da offrire. Troppo spesso le nuove generazioni sono figlie di genitori incapaci di trasmettere valori e insegnamenti semplici e fondamentali, capaci di strutturare un identit e un carattere morale. Una classe politica da avanspettacolo dove difficile distinguere
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la realt dalla caricatura della satira, come nel caso della vicenda dellacquisto della casa affacciata sul Colosseo da parte del noto ex ministro. Una situazione paradossale che offende il buonsenso dei comuni cittadini che conoscono bene lordinaria procedura di un rogito notarile. In Germania uno stimato ministro che aveva mentito circa una tesi di laurea maldestramente copiata ha ritenuto doveroso rassegnare il proprio incarico, ignorando le molteplici esortazioni a continuare. In Italia si pu scommettere che, dopo un breve periodo di basso profilo, il nostro eroe tenter a ogni costo di tornare al centro della scena politica. Il problema che i politici non danno certamente il buon esempio, ma siamo noi cittadini ed elettori a essere perversi e autolesionisti nel continuare a conferire consenso a questa casta politica, convincendola di essere davvero intoccabile. Una classe politica che ha mostrato un degrado culturale e morale, una forma di analfabetismo linguistico e istituzionale. ora di cambiare! Stiamo pagando una tale quantit di tasse da impedire qualsiasi rilancio dei consumi e delleconomia, mettendo il Paese in ginocchio per pagare un differenziale di spread sui titoli pubblici e finanziare gli errori perpetrati in anni di scempio politico e sociale. Destra, sinistra e centro sono riferimenti ormai privi di alcun significato. Ben altre sono le risposte che i cittadini si attendono: un sano liberalismo, contemperato da equit, giustizia e pari opportunit di partenza. Ci di cui abbiamo davvero bisogno un popolo informato, maturo e responsabile, capace di svolgere un ruolo pi attivo di critica e di controllo sul sistema politico. Senza questa azione forte e decisa, sar difficile, se non impossibile, scardinare i monopoli privati e la lobby dei poteri forti. Serve una leadership etica che favorisca e promuova la cultura, linformazione e il lavoro di squadra, oppure la speranza che un fiume in piena trascini via un intero sistema politico, consentendo un ricambio generazionale che ridefinisca anche antropologicamente il modello di politica, sperando che possa finalmente dimostrare consapevolezza, seriet, competenza e autentico interesse al bene comune.

(Cristiano Portas, amministratore delegato Arena Italia)


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Svolta sostenibile
Vittorio Prodi

Il modello energetico che ha alimentato leconomia del petrolio sta pericolosamente tendendo a impattare sullintero equilibrio del pianeta a causa di un potenzialmente devastante fenomeno come il riscaldamento globale. Il progressivo inarrestabile riscaldamento del globo terrestre dipende da un uso intensivo di combustibili fossili che si traducono in una concentrazione di gas responsabili del cosiddetto effetto serra. Siamo ormai prossimi a un punto limite, un cruciale turning point da non oltrepassare, prima del quale indispensabile prendere piena coscienza del fenomeno e operare una svolta radicale e una inversione di tendenza senza la quale la sostenibilit ambientale del Pianeta non garantita. Il tema del riscaldamento globale rappresenta perci non solo il sintomo, ma anche il simbolo pi evidente della dimensione olistica, transnazionale e interdipendente che caratterizza la complessit totalizzante e priva di confini delle grandi questioni del futuro del nostro Pianeta. La complessit inviluppata come un nodo gordiano in un rompicapo intricato di molteplici problemi, la forma in cui si presenta la cruciale questione energetico-ecologica-economica che richiede di essere affrontata con un metodo fondato su una visione di insieme, di largo orizzonte, nella consapevolezza della connessione reciproca tra le questioni della sostenibilit economica e le ragioni della sostenibilit ambientale. La questione ambientale richiede una nuova rivoluzione di paradigma che riporti la Terra al centro delle attenzioni. (Una sorta di paradossale e metaforico ritorno al modello Tolemaico, un nuovo modello geocentrico, non tanto dal punto di vista cosmologico, ma piuttosto da quello delletica ambientale). Salvaguardare il futuro del pianeta perci la vera e assoluta priorit geopolitica che assume anche una valenza di convenienza economica. L equilibrio ambientale del Pianeta si fonda sulla presa di consapevolezza della presenza di due ordini fondamentali di limiti dentro i quali deve modularsi limpatto trasformativo delle attivit umane: da una parte la Terra pu solamente offrire risorse naturali in quantit limitate, dallaltra parte esiste anche un limite rispetto alla capacit del Pianeta di
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accogliere gli scarti derivanti dai processi produttivi. Dal punto delle risorse energetiche, abbiamo un limite di disponibilit dei giacimenti di combustibili fossili: a questo proposito gi stato raggiunto il peak oil, il livello massimo di estrazione di petrolio da cui la produzione destinata a diminuire. Non pi possibile continuare a usare i combustibili fossili come nel passato a motivo del limite allapprovvigionamento ma anche in relazione allaffacciarsi sulla domanda globale di fabbisogno energetico dei Paesi di nuova industrializzazione. Una governance credibile e responsabile del futuro delle nuove generazioni deve prendere con coraggio consapevolezza di questi limiti invalicabili delleconomia del petrolio senza temporeggiare ulteriormente: il futuro comincia da ora. A fronte della progressiva scarsit dei giacimenti di petrolio abbiamo a disposizione lenorme e praticamente inesauribile fortuna dellenergia solare. Una leadership responsabile ha lonere di pianificare e approntare un percorso di avvicinamento verso la progressiva implementazione di energie rinnovabili in un arco di tempo rapido e realistico. La tecnologia a disposizione e certamente potr essere perfezionata anche grazie a investimenti e ricerca, quello che per assolutamente indispensabile un lavoro politico-culturale per coagulare un consenso e una volont politica su questa linea allinterno delle istituzioni comunitarie: Parlamento ma soprattutto Commissione europea. La roadmap europea prevede di raggiungere la piena indipendenza dai combustibili fossili entro la met del secolo arrivando a una sua totale sostituzione con le fonti rinnovabili. Nellattuale modello industriale il suolo, il mare, laria costituiscono gli inevitabili approdi terminali dei residui inquinanti nelle loro molteplici forme. Diventa perci determinante la decisione di ripensare i processi produttivi allo scopo di eliminare o attenuarne sensibilmente limpatto ambientale grazie a un processo intelligente di riuso e di riciclo dei processi. Si tratta di organizzare non solo una trasformazione dei processi industriali di produzione, distribuzione e allocazione dei beni e delle risorse, ma di stimolare un processo capillare e diffuso di cambiamento dei comportamenti personali e degli stili di vita e di consumo. Questa rivoluzione etica e comportamentale non dipende solo da una riconfigurazione sistemica dei processi di produzione, consumo e reimpiego dei beni, ma da un cambiamento intrinseco nella concezione stessa della parola rifiuto al punto da arrivare sino alla cancellazione stessa della parola rifiuto: infatti nulla inutile, ogni scarto pu essere intelligentemente e creativamente ritrasformato, ricollocato dentro un processo di circolarit ciclica. Sono maturi i tempi
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Svolta sostenibile

per una democrazia energetica fondata su un modello distribuito di produzione diffusa, fondato su una sempre maggiore partecipazione e responsabilizzazione individuale e collettiva nella questione energetica. Una nuova architettura del sistema di produzione energetica rappresenta una rimodulazione delle opportunit per i cittadini in un mondo sempre pi ecologicamente sensibile e responsabile. Questo nuovo paradigma economico e sociale si fonda sulla considerazione della sempre maggiore inattualit e insufficienza del parametro del PIL come strumento di misurazione del benessere collettivo. dunque diventato indispensabile trasformare il modello di rilevazione della ricchezza delle nazioni andando oltre il convenzionale strumento del PIL che rappresenta la variazione della produzione e quindi del consumo dei beni materiali. La scienza economica e di conseguenza la politica economica vittima dellerrore metodologico e della distorsione percettiva indotta da un paradigma che assume in dogma il PIL come valore macroeconomico di riferimento. Il Prodotto Interno Lordo, per definizione obbedisce allimperativo categorico della crescita a qualsiasi costo come valore assoluto. Il presupposto di fondo dunque di credere quasi fideisticamente allillimitato potere della crescita economica: ci significa coltivare una illusione di crescita illimitata che nega le leggi della fisica e della logica e che si scontra con la realt empirica e la storia delleconomia. Per questo occorre fare un salto metodologico ma anche etico e culturale, abbandonando una concezione pil-centrica e imparando ad attribuire significato economico a tutti quei valori di benessere e sviluppo umano che rivelano attinenza diretta con la qualit effettiva della vita come la conoscenza, la salute, la qualit delle relazioni sociali, la solidariet: si tratta di valori in grado determinare qualitativamente le condizioni esistenziali, il grado di felicit vissuta dalle persone sia nella dimensione privata sia sociale. La leadership pubblica ha il dovere morale di riconsegnare centralit politica a valori concreti e vitali come benessere e felicit, a lungo oscurati da concetti meccanicistici come produzione e consumo. indispensabile assegnare una nuova centralit al bene comune troppo a lungo oscurato dai miti del neoliberismo. Comunit e condivisione, solidariet e partecipazione sono le coordinate etiche e sociali della leadership futura. Nellinvocazione evangelica del Dacci oggi il nostro pane quotidiano, non a caso il bene simbolico ma anche essenziale alla nostra sopravvivenza il pane viene declinato al plurale, enfatizzandone il carattere di bene e diritto collettivo. Si deve anche riconfigurare il valore dei beni immateriali, culturali, spirituali, rispetto a quelli esclu293

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sivamente materiali; oltretutto, mentre non c limite alla crescita dei beni immateriali, ci sono evidenti limiti strutturali alla crescita dei beni dotati di una consistenza materiale, sia dal punto di vista dellapprovvigionamento di materie prime, sia dal punto di vista dellimpiego di energia per la trasformazione. Dunque la strada dovr essere una sempre maggiore concentrazione e valorizzazione sui beni immateriali, sociali e culturali rispetto ai consumi. Una leadership pubblica deve contribuire ad avviare un processo di sutura delle profonde ferite sociali determinate dal progressivo allargarsi della diseguaglianza e iniquit nelle opportunit, invertendo la direzione rispetto a un modello di relazioni sociali sempre pi fondato sullantagonismo, la competizione, laggressivit, invece che collaborazione, inclusione e condivisione. Il compito di una leadership autentica saper indicare un progetto di sviluppo sociale e di dignit a beneficio di tutto il corpo sociale e non solo di alcune soltanto delle sue componenti e classi. A questo proposito un precetto evangelico come: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non un generico auspicio ma una precisa indicazione circa limportanza di prevenire in radice i conflitti sociali ed economici, attraverso la capacit di perdonare e quindi di ricomporre la dicotomica polarizzazione sullasse delle relazioni di dare-avere, di debito-credito, imparando a convivere apertamente in un tessuto sociale fondato sulla fiducia, la buona fede e la tolleranza reciproca. La salute di una comunit passa attraverso una pacificazione, ri-tessitura della tela dei rapporti sociali ricostituendo una trama di relazioni interrotte. La relazione economica non pu essere esclusivamente ridotta alla sola matrice patrimoniale ma deve sottendere anche una relazione umana e morale, improntata al rispetto e alla fiducia e non al mero interesse utilitaristico. Quello che davvero conta la volont di lavorare assieme, di condividere un progetto fondato sulla reciprocit capace di superare la concezione dellAltro come un limite, come un antagonista o un nemico ma piuttosto come unoccasione di incontro e possibilit e crescita reciproca, fondata sul riconoscimento del valore della diversit come opportunit. Una leadership futura non pu che fondarsi su una concezione antropologica basata sullapertura allevento della comunicazione con lAltro come fonte di ispirazione per riuscire a improntare lo stile di convivenza tra differenze nella comunit. Una visione fondata su un modello di societ accogliente oltre una mera tolleranza e capace di vivere un futuro arricchito dallo stimolo della differenza e del valore della multiculturalit. La nozione di bene comune, il principio di solidariet, lequit,
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Svolta sostenibile

luguaglianza non solo formale ma anche sostanziale sono princpi sanciti in quel testo che rappresenta un patrimonio culturale imprescindibile e di grande equilibrio e modernit che la nostra Costituzione. L orientamento personalista presente nella Costituzione e il riconoscimento della dignit della persona come centro dellinteresse della politica rappresentano la pietra angolare dellarchitettura valoriale contenuta nella Carta Costituzionale. Dobbiamo riprendere e rafforzare i valori dei padri costituenti cercando di attuare pienamente il diritto di ogni persona allaccesso paritario alle opportunit costituite delle risorse naturali garantendone il godimento anche a favore delle generazioni future. indispensabile una trasformazione culturale che ristabilisca un maggiore equilibrio tra luomo e il suo habitat, necessaria maggiore umilt da parte delluomo rispetto alla Natura: una esasperata visione antropocentrica impedisce di mettersi in ascolto rispetto al linguaggio della natura. La Terra non destinata solo a un impiego produttivo e allo sfruttamento intensivo da parte delluomo. indispensabile un approccio alla Natura fondato sul rispetto della ricchezza della biodiversit vegetale e animale fondata su delicati equilibri che si sono formati, lungo un arco lunghissimo di tempo, come risultato di unazione di perfezionamento continuo lungo catene evolutive rette dal vitale principio metamorfico e adattivo della Natura. Nel libro della Genesi si descrive la Natura come un giardino che deve essere custodito, luomo non signore e padrone della Terra, ma piuttosto il custode della natura. Tutti i linguaggi sapienziali e di rivelazione evocano paradisi naturali, giardini delleden e luoghi di beatificazione non astrattamente metafisici, ma sempre associati a un immaginario naturalistico. Ci rivela un nesso profondo tra gli archetipi della Natura e la rappresentazione dei paesaggi della beatitudine. Dai paesaggi spirituali della perfezione ai paesaggi simbolici delleternit, sempre presente un legame inscindibile, una costante culturale tra limmaginario e la rappresentazione della felicit umana e il suo rapporto idilliaco con la Natura. La spinta alla realizzazione di una perfetta armonia tra uomo e Natura richiede a sua volta una maggiore sintonia ed empatia tra uomini. Abbiamo assoluta necessit di una societ pi accogliente per vivere lincontro con la differenza come occasione stimolante e arricchente. Perci indispensabile una leadership fondata sullinclusione e la partecipazione che sappia accrescere la dignit della dimensione umana. Bisogna operare una conversione della leadership trasformandola da pura gestione del potere a occasione di responsabilit che sappia raccogliere la sfide della ricerca del bene comune. Il potere stato
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troppo a lungo considerato come meccanismo autoreferenziale finalizzato solo al proprio vantaggio da parte di chi ne detiene le misteriose chiavi di accesso: si deve invece rovesciare questa condizione narcisistica del potere ritrovando le motivazioni autentiche di principale catalizzatore della trasformazione sociale, finalizzato alla creazione di un sistema valoriale che abbia al centro della propria azione la persona con le sue imprescindibili istanze materiali e spirituali. Il contributo al bene comune pu derivare da una leadership pluralista che rispetti e valorizzi il policentrismo degli attori e della molteplicit delle attivit della comunit: dallimpresa, alle istituzioni politiche, al terzo settore. Siamo stati troppo a lungo compressi come Paese, dominati e umiliati da una politica interpretata come mera gestione del potere e preoccupata delle alleanze, delle strategie, dei compromessi con gli ideali morali e non invece del destino delluomo. Allopposto la vera politica dotata di un profilo alto come le sfide che si prefigge: unantropologia in azione, una forma di conoscenza applicata e implicata nellazione di trasformazione delluomo. Una politica di alto respiro mira a porsi domande fondamentali su quale tipo di uomo nuovo contribuire a creare: una politica davvero degna aspira ad arricchire lesperienza dellumano nella sua dimensione sociale ed esistenziale. Dopo aver attraversato le sabbie mobili e limpasse di una politica autoreferenziale, distante e impossibilitata a rispondere alle istanze di trasformazione, il recente ritorno alla partecipazione diretta dei referendum ha rappresentato un segnale davvero significativo a fortiori in un momento cos attraversato da una diffusa sfiducia generalizzata verso la funzione della rappresentanza politica e dei suoi protagonisti. Dobbiamo tornare a questo significato originario, seguendo il senso etimologico della politica come cura degli interessi pubblici della citt piuttosto che della sua deriva populista sintonizzata sulle peggiori pulsioni incontrollate di una societ sempre pi sbandata, spaventata nevrotica e isterica. La politica deve rispondere alle tendenze alla paranoia e alla paura dellAltro e del nuovo con la forza della razionalit e di un ottimismo fondato sulla speranza nella inesauribile perfettibilit delluomo. Letica, sia nella sua ispirazione personalista che kantiana, ci spinge a rifiutare qualsiasi strumentalizzazione del valore della persona umana, che deve essere sempre interpretata come un fine e mai come un mezzo. Capacit critica e autocritica rappresentano i due poli in cui il pensiero etico in grado di fungere il proprio ruolo propedeutico di stimolo culturale e metodologico per la concretezza della prassi dellazione politica. Chi crede nellumanit non pu in alcun modo ri296

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Svolta sostenibile

nunciare a impegnarsi perch alla persona venga offerta lopportunit di crescere in consapevolezza e piena occasione di espressione. Il compito del politico in fondo quello di contribuire al massimo grado possibile alla felicit e al benessere della societ, svincolandosi da una visione esclusivamente utilitarista o economicista. La leadership magnanimit nei rapporti con gli altri senza ricorso allautoritarismo, equit e mitezza dellazione verso gli altri. La verit si fonda su una proposta che non pu essere unimposizione: il leader non pu essere il detentore esclusivo della verit imposta dallalto in nome della competenza, della superiorit intellettuale, della forza economica, ma deve convincere grazie al sapiente e paziente uso del dialogo. La leadership dovrebbe in fondo fondarsi su un atteggiamento di benevolenza non tanto nella variante di un buonismo ingenuo alla vogliamoci bene ma piuttosto nel senso del riconoscimento del presupposto che ciascuna persona ha una propria identit, dignit e ruolo indispensabile e deve essere messa in grado di viverlo pienamente. La qualit della leadership decisiva, in particolare in momenti di svolta come quello che stiamo vivendo, per contribuire a rifondare il sistema valoriale di una civilt, offrendo un contributo alla speranza di cambiamento collettivo. La paura si manifesta nella chiusura dei nazionalismi, negli arroccamenti e nei localismi, invece la speranza ci offre la dimensione dellapertura sullorizzonte globale: oggi non ci pi concesso di vivere isolati. Il modello di sovranit evolve in funzione della ormai irreversibile tendenza alla interdipendenza a livello globale: ci significa che dobbiamo imparare a trovare una modalit consensuale per gestire al meglio e senza prevaricazioni questa interdipendenza globale. Il concetto di sovranit non pi assoluto e unilaterale ma richiede un paradigma di sintesi politica di tipo consensuale e multilaterale rispetto alla soluzione di questioni globali. La leadership svolge un ruolo indispensabile nel superare linteresse individuale e trovare una sintesi nel bene comune. Il leader la figura chiave nello sforzo per cementare la nostra civilt attorno a un sentire comune. Il concetto di bene comune proprio quello su cui si pu aprire un ponte culturale tra lindividualismo della societ occidentale e la filosofia cinese, che tende a trascurare la persona e attribuire il ruolo fondamentale alla collettivit. Leadership capacit di mostrare una strada in cui tutta lumanit possa riconoscersi in un destino condivisibile.
(Vittorio Prodi, deputato, membro della Commissione per lambiente, la sanit pubblica e la sicurezza alimentare al Parlamento Europeo)
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Animali politici, tra branco e comunit


Giulio Properzi

Esiste una molteplice fenomenologia, e una ampia letteratura, sulla leadership che spazia in contesti tra loro molti diversi prendendo spunto dal comportamento animale e arrivando a descrivere il mondo umano. L etologia ci fornisce esempi interessanti sulla genesi del comportamento del leader: per esempio il ruolo assunto dal capobranco tra animali come i lupi, che si sottomettono alla forza del soggetto dominante riconoscendone il potere e lutilit per la sopravvivenza dellintero branco. Del resto la condizione ferina dellHomo homini lupus descritta da Hobbes non poi cos diversa da una umanit biologicamente e geneticamente poco lontana dagli antenati predatori. Nel mondo dellorganizzazione aziendale, gli stessi imprenditori vengono spesso associati ai cosiddetti animal spirits proprio per il modo intuitivo e spontaneo con cui praticano un comportamento economico seguendo limprinting dellistinto e la sensibilit rabdomantica del sesto senso che li avvicina pi al mondo istintuale che alla stretta razionalit deduttiva dellhomo sapiens. Ci sono modelli di leadership fondati sulla credibilit etica e il pieno rispetto delle regole e allopposto comportamenti di leadership fondati sulluso della forza o dellastuzia e dellinganno. Un vero leader non solo chi viene investito di un ruolo in virt del solo destino o del puro caso, ma anche colui che in grado di conquistare la credibilit della comunit di riferimento. Il leader vive una necessit intrinseca di riconoscimento, senza cui non si pu diventare leader a pieno titolo e si rimane in un perenne limbo del potere, eterna anticamera del comando. Tuttavia qualunque leader scelto o eletto deve avere un certo numero di poteri chiari per operare e farsi confermare la fiducia. I leaders senza poteri o pochi poteri passano il tempo in lotte di sottogoverno per la loro stessa sopravvivenza. Io ho cominciato il mio percorso alle soglie dei trentanni, quando mio padre mi consegn il simbolico bastone del comando con linvito a proseguire la storia dellazienda. Ricordo nel 70, dopo lUniversit come direbbe Heidegger gettato nella vita, da un padre che mi porta in azienda ancora fresco di studi, ad affrontare nella pi totale inespe298

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Animali politici, tra branco e comunit

rienza un momento storico come quello dellautunno caldo e relazioni industriali segnate da una conflittualit estrema. Sono stato fortunato nel potermi aggrappare alla cultura classica, alla filosofia che avevo coltivato grazie alla spinta e alla passione di mio padre. Non stata la laurea in ingegneria a formarmi di fronte al compito di imparare a vivere e ad agire nel mondo dellimpresa e nel terreno minato della relazioni industriali di una stagione calda diventata poi di piombo. Anni di formazione sul campo, imparando a riconoscere il valore e la qualit umana degli uomini, a leggere le intenzioni, la buona o cattiva fede negli altri: anni di scelte drammatiche e insieme appassionanti. Si diventa leader leggendo la vita dei cesari? O facendo corsi sulla leadership o in business administration? Le Vite parallele di Plutarco rappresentarono per me una grande scuola di vita, un itinerario conoscitivo sullinfluenza dei caratteri sul destino. La leadership in azienda richiede di imparare a valutare le persone, i collaboratori, trovare un giusto equilibrio tra assertivit e spirito collaborativo. Certamente non una forma mentis di tipo tecnico a risolvere i nodi intricati della leadership. richiesta la duplice attitudine a stare fianco a fianco alle persone e riuscire nel contempo a stare da soli: richiede una predisposizione e anche la voglia di soffrire perch fare il leader non divertente e complica di molto la vita. Richiede il coraggio di mostrare il proprio volto assumendosi responsabilit in prima persona. Molti preferiscono affrontare le certezze della routine o vivere sotto traccia protetti dalla comodit di non essere sempre esposti al giudizio. Molto dipende da una propensione di fondo: si pu essere primi violinisti o direttori dorchestra, ma quasi mai dato essere contemporaneamente entrambe le cose: si tratta di due attitudini, di due forme di protagonismo molto diverse. Viviamo un momento che sembra abdicare al dovere del comando, agli oneri della leadership pubblica di compiere scelte con coraggio e con decisione. Preferiamo come Paese avvolgerci nellambiguit di una nonscelta generalizzata. Sartre affermava che non possibile non scegliere. Invece lItalia che viviamo sembra volersi ostinare nel parossismo di una non scelta, nel paradosso di scelta di non scegliere: lossimoro non come figura retorica, ma come prassi di governo. Questa astensione dal dovere di scegliere rivela lintenzione nascosta di mantenere vie di fuga per non rischiare tutto, per non assumersi responsabilit. Si vuole tutto e il contrario di tutto, cos si arriva a pretendere: la botte piena e la moglie ubriaca. Vogliamo lindustria nazionale ma non rinunciamo ai vantaggi della de-localizzazione. Vogliamo pi benessere ma meno fabbriche; vogliamo pi traffici ma meno traffico; vogliamo pi libert ma pi leggi, regole e leggine; vogliamo pi privacy ma tutti i supercontrolli e
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si potrebbe continuare allinfinito. Vogliamo una cosa e il suo contrario: siamo avvinti nella spirito di auto-contraddizione. C troppa confusione, dovremmo ritornare ad Aristotele imparando ad apprendere da una logica rigorosa in grado di rispettare il principio di non contraddizione. La logica scomparsa dallorizzonte mentale dei governanti sopraffatta da un movimento anarcoide e cieco, irrazionale e individualista sino alla protervia. Mentre gli uomini del Risorgimento o del secondo dopoguerra furono una lite di idealisti illuminati, di romantici, di utopisti, di filantropi ispirati dalla cultura unita al coraggio dellavventura, oggi assistiamo alla distruzione delle belle lettere, alla rimozione sistematica della cultura e lostracismo dellarte autentica. Le nuove generazioni sono sempre pi lontane dallesperienza culturale ed esistenziale della grande esperienza formativa umanistica e del romanzo borghese che hanno caratterizzato le migliori classi dirigenti del passato prossimo. I giovani vengono allevati in un terreno di nichilismo, ribellismo acefalo o conformismo inerte. L indistinta moltitudine incolore sconta una preparazione banale, per questo tende a reagire ai problemi della vita con risposte univoche e troppo manichee, applicando un moralismo in bianco e nero lontano dalla verit e dalla complessit dellesperienza umana. In realt luomo attraversa difficili compromessi, il pi cruciale dei quali il compromesso con la propria coscienza. Viviamo la pi alta complessit e rispondiamo con la banalit riduttiva della semplificazione. Tutto dipende in fondo da un immiserimento della preparazione culturale, da unamnesia del passato e della lezione della storia. Assistiamo a una perdita della cultura politica del Paese che trova come principale nodo gordiano quello della leadership nellintrico dei fili confusi del comando. Solo un secolo fa un intera nazione veniva gestita nel chiuso di quattro stanze, con pochi leader che gestivano le scelte decisive dialogando e lottando tra di loro. Chi dimostrava nelle piazze veniva normalizzato con il pretesto dellordine pubblico. I centri di potere nel tempo si sono ampliati, ma con una tendenza delllite a prendere ancora decisioni tra un gruppo comunque ristretto di attori e protagonisti nei ruoli antagonisti di progressisti o conservatori. Oggi quel potere fatto di relazioni dellestablishment trova sempre pi difficolt. Ci significa forse maggiore democrazia, ma non maggiore efficienza rispetto allinteresse generale. Chi comanda si vuole ricamare una legge a maglie larghe, ritagliata sui propri interessi. C una pratica diffusa di voto di scambio fra corporazioni che inquina la politica e che nessuna formula elettorale comunque mai riuscita a debellare perch non una legge elettorale a poter mutare da sola una intera cultura di intrecci tra affari e politica. Una ricerca di un consenso fondata sulla concessione di pre300

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Animali politici, tra branco e comunit

bende per interessi personali o di categoria inficia alla base qualsiasi potere di leadership che diventa ostaggio del populismo. Un interesse esclusivo per il proprio particulare, senza alcuna prospettiva sullinteresse davvero generale. La svolta necessaria implica un disegno di riscrittura dei poteri istituzionali e della premiership in particolare. Il sistema di architettura costituzionale del nostro Paese, indubbiamente avanzato negli anni del primo dopoguerra, oggi sconta una certa inattualit in termini di pragmatismo ed effettivit di decision making. Il leader non deve essere cos forte da poter essere un Caligola ma abbastanza forte da esser un Augusto. Nella migliore tradizione romana il dittatore, extrema ratio di un potere eccezionale e limitato al compito di salvatore della patria, vedeva nella limitazione temporale del suo mandato il limite allabuso e alla tirannia autocratica. Purtroppo oggi in Italia ci sono troppi poteri in conflitto tra di loro che determinano una condizione di impasse. Siamo partiti dalla classica tripartizione dei poteri di Montesquieu per arrivare a una complicata ragnatela di poteri diffusi che si uniscono a quelle tradizionali dello Stato centrale e degli organi costituzionali: il potere dei Media, cio la casta dei giornalisti, del Sindacato, di Confindustria, dei Giudici, delle Regioni, dei Sindaci, delle Province, dei Cattedratici, degli Ambientalisti e perfino... dei tassisti. Tutti poteri senza una vera, precisa e individuata leadership e quindi senza responsabilit. Serve una riformulazione complessiva del quadro istituzionale del potere e del sistema decisionale del Paese e valutarne lefficacia effettiva in modo realistico e non propagandistico. Un leader senza sufficienti poteri si riduce a leader di facciata che persegue i propri interessi o interessi di parte o si perde nella lotta per superare i poteri che lo ostacolano. chiaro, invece, lesempio positivo delle aziende che ricevono da un forte capofamiglia un input verso il successo e la situazione perdente delle famiglie allargate o dei gruppi manageriali dove il conflitto interno sciupa molte opportunit potenziali o porta alla paralisi. Senza poteri effettivi si creano solo finti leader che sono molto pi pericolosi e infidi dei leader autentici. Senza un sistema in grado di conferire chiari poteri non si pu garantire un governo del Paese. In politica il potere centrale viene troppo spesso interdetto da gruppi di interesse e minoranze attive e organizzate. Serve un potere di decisione centrale per stabilire priorit di interesse pubblico. Scarsa leadership politica significa maggiore sottogoverno e mancanza di trasparenza. Trovo anche sbagliato quel tono della vulgata giornalistica per cui siamo sempre anno dopo anno sullorlo dellabisso, attraversiamo sempre il momento pi drammatico della storia. Gli stessi economisti hanno vaticinato crolli non sempre avveratisi e comunque mai in fondo
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letali per la storia di un capitalismo tuttora vivo seppure sempre pi disordinato e imprevedibile. La finanza mondiale talmente complessa che nessun soggetto in realt pi in grado di controllarla. Mentre i veri imprenditori vivono un sentimento di attaccamento affettivo e personale allazienda e detestano licenziare nei momenti di difficolt, i super managers global sono spesso freddi calcolatori che operano tagli e ridimensionamenti spinti dal solo interesse dellincremento degli indici borsistici. Spesso sono manager che sanno rispondere alle difficolt di una azienda con la sola leva dei licenziamenti. Questo un capitalismo dal volto inumano che alimentato anche da una cattiva informazione economica fatta da opinionisti irresponsabili. Ancora ieri i partiti riuscivano a influenzare il sistema mediatico, adesso invece il sistema mediatico a influenzare i partiti. La propriet dei grandi giornali spesso fondata su una governance a forma di scatole cinesi con partecipazioni incrociate, conflitti di interessi e patti di sindacato che determinano linee politiche e strategie e campagne di stampa a favore o contro determinate politiche per interesse di parte. La disinformazione un immorale furto di verit che comporta la distruzione della possibilit di determinare una scelta libera e dunque un furto di democrazia per i cittadini. Spesso non configura un vero illecito in senso stretto ma certamente rappresenta la violazione di una norma etica: quella del dire la verit e di esprimere opinioni secondo la regola della buona fede. Mentre un politico pu essere non rieletto, un autorevole opinionista rimane al proprio posto malgrado eventuali errori, faziosit e scorrettezze nel fornire informazione. La ripetizione della notizia diviene il criterio della verit secondo una logica per cui tutto ci che ripetuto viene creduto. La seriet nellinformazione un bene troppo importante per la democrazia che si fonda sulla regola fondamentale del conoscere per deliberare, se lopinione pubblica viene male informata o informata solo parzialmente (lassimetria informativa secondo i Nobel Stigliz e Spence) si viene a creare un vulnus fondamentale nella possibilit stessa di determinare un voto libero e consapevole. Pi che di norme giuridiche il Paese necessita di regole etiche, di una maggiore moralit nei governanti ma anche da parte dei governati, nella consapevolezza che viviamo in uno strano Paese che perdona qualsiasi malefatta ma vive una strana forma di irriconoscenza verso chi si comporta in modo corretto, come non perdeva occasione di ricordarmi mio padre dicendomi amaramente: Comportati bene, ma non fare buone azioni se non sopporti lingratitudine.
(Giulio Properzi, presidente e CEO Continuus-Properzi)
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Prova dorchestra
Vittorio Raschetti

Nel film Prova dorchestra, girato nei turbolenti e libertari anni Settanta, Federico Fellini mette in scena lallegoria grottesca della ribellione anarcoide di un gruppo di musicisti persi nei loro particolarismi individuali, riluttanti o incapaci di seguire gli ordini di un direttore nevrotico dallimplacabile accento teutonico. Solo il colpo di scena dellimprovvisa distruzione di una parete a opera di una sinistra enorme palla nera impone nel finale un ambiguo ritorno allordine inducendo i musicisti allubbidienza dellelitario maestro dorchestra tedesco. In tedesco i leider sono composizioni musicali, c una curiosa omofonia tra la parola inglese leader e quella tedesca leider che offre suggestioni circa il misterioso legame tra il comandare, il guidare e larmonizzare una canzone. Il direttore dorchestra si offre allo sguardo dei suoi musicisti, anticipando con gesti misurati il distendersi delle note, precedendo di qualche impercettibile istante il tempo che poi detta ai musicisti. Prevede e armonizza la polifonia della voci, trattiene le intemperanze dei solisti, le fughe in avanti dei primi violini, il borbottare dei tromboni, le dissonanze e le dissidenze. Il Maestro dorchestra legge i segni dello spartito, traduce la partitura adattandola alla sensibilit contemporanea, improvvisa come un jazzista, contribuendo a modificare la musica nel suo farsi. Saper leggere i segni del tempo come un sensitivo, saper decrittare messaggi ancora incastonati nel futuro: perch la musica estensione del passato ma anche anticipazione del futuro. Le mani, lo sguardo, la postura del direttore dorchestra scolpiscono la musica nello spazio solido afferrando lo spazio fluido del possibile e congelandolo in un presente insieme puro e sfuggente come il ghiaccio. Il carisma misterioso potere di attrazione, magnetismo ipnotico, istrionico occhio che cattura e fa accadere per azione a distanza, senza alcun contatto fisico: metafisico e si muove nel vuoto; il potere si muove in un vuoto pneumatico ma sempre sotto pressione. La fisiognomica del potere da sempre si esercita a interpretare i segni solo apparentemente pi superficiali del comando, cercando di decifrare i tratti che segnano il volto e lo sguardo insondabile del co303

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mando, ma tutto sa nascondersi in superficie. Elusivo, ignoto, meticoloso, presente e lontano come nella perfezione dei ritratti di Hans Holbein. Il potere policefalo, un mostro mitologico, un Leviatano implacabile, come una testa di Medusa velenosa insieme inguardabile e attraente. L occhio del potente vuoto e silente, come locchio del ciclone dove tutto fermo. L occhio del potere preistorico e predatorio, inespressivo e concentrato come quello dello squalo che si fa guidare dallodore del sangue. Il potere si muove protetto dalla notte diurna abissale e procede per istinto profondo. Il potere ambiguo e anfibio. Ha pazienza, attende in agguato nei fondi limacciosi e si nasconde sotto la sabbia. Il potere ubiquit, coazione alla presenza, insieme dappertutto e in nessun luogo. Si riposa in scena, si affanna dietro le quinte. Si sposa in nozze incestuose. Accende e spegne lattenzione a comando: gestisce il telecomando. Il mito dellinfallibilit, delluomo solo al comando, delluomo del destino, dellarchitetto del futuro, del demiurgo della nazione: luomo della provvidenza senza decenza n competenza, luomo che non centra. L uomo che non cera. L uomo ombra. L uomo senza qualit. Peter Sellers, nel film Oltre il giardino di Hal Ashby, interpreta il ruolo di un giardiniere timido e analfabeta che, venuto a contatto con llite americana, si trova a essere scambiato per grande intellettuale capace di fornire perle di saggezza. I silenzi vengono scambiati per pause ispirate, le risposte nave vengono interpretate come sentenze ironiche e oracolari. Sulla base di questo fraintendimento arriva a essere richiesto come nuovo genio della politica pronto al ruolo di eminenza grigia del Presidente. Gli snodi e gli snob del potere. Si diffonde una forma sempre pi ad assetto variabile del potere, un reticolo di complice solidariet, muri elastici e inaccessibilit tra conclavi segreti, udienze private e indulgenze plenarie controriformiste. L antica arte dellobbedienza tra intimidazione e convenienza, a suo agio tra i precetti manieristi del Castiglione del Cortegiano o tra i ciambellani della corte barocca della Versailles delle Memorie di Saint-Simon. I giardini del potere allitaliana o alla francese sono stucchevoli fondali nellarte della conversazione influente e nelle strategie dellascesa sociale, ma non pi tempo di arrampicate, piuttosto di cadute sociali: pi miserie che splendori tra illusioni perdute balzachiane e illusionisti al potere. Machiavellici prncipi senza princpi. Prncipi principianti da educare: delfini educati al potere da squali. Passaggi segreti, trame, intrighi, colpi di scena, politica da cappa e spada. Le verit pericolose, la ragion di stato come sonno della ragione che genera mostri. La diserzione della ragione. La vera autobiografia del potere lElogio della pazzia di Erasmo da Rot304

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Prova dorchestra

terdam. Leader-ship alla guida di una nave dei folli: un battello ubriaco, un vascello fantasma. Regicidi dovuti. Leader-shame. Il cursus dis-honorum di potenti recenti ha svelato una celebrazione di incompetenze. Nessuno specchio deformante, nessuna cosmesi in grado di restituire decenza ai volti bolsi e cadenti di chi ricorre allabuso di spezie per cercare di dare sapore a un comando insipido. Una catastrofe culturale, una regressione antropologica che ha consentito uno stupro di gruppo ai danni della speranza. necessario evirare questo modello di potere. indispensabile una metamorfosi radicale dellarchitettura funzionale e morale. Serve un inflessibile e razionale uso dellindignazione e dellorgoglio ritrovato per porgere nuove istanze a una nuova guida allaltezza della attese, un potere profetico allaltezza della libert. indispensabile riattivare i canali di formazione delle domande collettive, colmando la distanza sociale, il piano inclinato che apre il baratro alla declino economico, per riattivare un terreno fertile e creativo di produzione e disseminazione di onde di significati. Serve un leader-shock, una scossa ai mali profondi, al patto dissennato e dissoluto tra plutocrazia e populismo. Dispute dinastiche rese ormai inutili dai moti nei paesi del deserto: ormai il ghiaccio che ricopre il lago si sta sciogliendo, mentre i potenti cercano di guadagnare lultima sponda della salvezza. Lo scettro del comando giace seppellito indifferente in acque profonde incrostato come un relitto che nasconde tesori irrecuperabili. Il fantasma del potere aleggia tra le rovine reiterando a ogni alba un congedo solo provvisorio, pronto a siglare un inutile patto notturno tra giuramenti spergiuri e tradimenti. L aria del dissolvimento nel silenzio irrespirabile dei ritratti di corte di Diego Velzquez, lapatia del comando nel sudore freddo dellattesa dello svanire. Nessuna innocenza nel Ritratto di Innocenzo X di Velzquez. Francis Bacon cita Velzquez dipingendo un deflagrante e straniante urlo afono inascoltabile del Papa. Nel breve racconto di Kafka Il messaggio dellimperatore, limperatore, in punto di morte, affida a un suo ambasciatore un messaggio da consegnare a un suddito, ma il messaggero, malgrado gli sforzi, non potr mai consegnare il messaggio, perdendosi nellinfinit labirintica sconfinata maestosit del palazzo del potere. Il messaggio dellimperatore non potr mai essere ascoltato.

(Vittorio Raschetti, docente di diritto)


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Diventare aggressivi!
Lidia Ravera

I giovani sono come le donne. Tutti ne parlano esibendo propositi virtuosi. Sono contenitori a perdere di buone intenzioni elettorali, servono a darsi un tono, un voto, una patente. Livia Turco diceva in un talk show del mattino, a chi criticava il radicamento dei partiti sul territorio: vai a farti un giro nei circoli del PD, sono pieni di giovani. Rigurgitano ragazze e ragazzi. Vai e contali, vai e controlla. Vedrai tanti gggiovani. Vero? Falso? Non ha importanza. I giovani sono una medaglia da appuntarsi sul petto. I gggiovani. Spesso gli si raddoppia la G. Recitazioni retoriche. Con le donne uguale. Tutti sbandierano la democrazia di genere, la pari rappresentanza. Cinquanta e cinquanta? Socchiudono gli occhi, rapiti dalla tua attitudine al sogno. Beh, 50 e 50, magari, adesso, no...col tempo... forse... Come dire: oggi non siamo ancora pronti. Oggi viene considerato virtuoso chi riserva una quota alle donne. Una quota ai giovani. I giovani e le donne sono quote. Quote, elemosine, a disposizione del maschio bianco maturo, senile, longevo. Attaccato alla sedia con la colla. Quote di giovani, quote di donne. Se poi le donne sono anche giovani, la quota vale di pi. Puoi incorniciarla ed esporla e far venire le scolaresche a contemplarla. Guarda che bella quota. Le donne giovani, nello stile del governo precedente, subivano (o brandivano) meccanismi di selezione estetica. Poche ma bionde. I ggggiovani maschi meno, bruttini e obbedienti, carini e obbedienti, obbedienti. Essere gggiovani maschi sempre stato un po meglio che essere gggiovani donne. Ne ho conosciute tante che hanno pagato la loro naturale riservatezza con una decelerazione di carriera, quando non con lespulsione dai piani alti. Della politica. E non solo. Ma certamente dai piani alti della politica. Io, se fossi giovane, maschio o femmina, non vorrei essere scelta e piazzata e votata e mostrata in giro come una miracolata, la campionessa di una specie protetta. Non vorrei essere cooptata. Per meriti anagrafici, per occultare lingordigia degli anziani con qualche presenza delle generazioni seguenti. Io vorrei, se fossi giovane, maschio o femmina, conquistare un posto a sedere nei piani alti della politica scal306

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Diventare aggressivi!

zando chi seduto l da 40 anni o 30. Scalzare, scansare, sostituire. E non perch abbia nostalgia di tempi pi violenti, sarei, fra laltro, essendo io anziana, masochista. Ma perch penso che soltanto con la forza di una visione del mondo diversa, alternativa, con il vigore figlio della passione politica, i giovani si possono/devono affermare. I figli devono travolgere i padri. Ed logico che i padri facciano resistenza. sempre stato cos. Non si pu pretendere che uomini e donne ancora forti, sani e lucidi si facciano da parte. La natura condiziona le nostre azioni, le nostre idee, i nostri comportamenti. Il dato obbiettivo. Il dato lallungamento dellaspettativa di vita. Oggi a 60 anni hai ancora 30 anni da vivere davanti davanti a te. 30 anni fa non era cos. Non puoi chiedere a un uomo politico di suicidarsi a favore di un uomo pi giovane. Ed ecco che allora, luomo politico di 60 anni, messo alle strette dalla scarsa presenza giovanile, coopta un giovane, per fare buona figura con la storia, ma coopta un giovane che non gli dia ombra. Il gioco vinca il peggiore. Cari Giovani, mi spiace, dovete diventare aggressivi. Se la societ perfetta che avete in mente migliore di quella in cui viviamo (non difficile, no?), il nostro sacrificio avr un senso. La domanda : che societ avete in mente? Che relazioni fra i cittadini, quali priorit, quale organizzazione del lavoro, quali regole condivise, che giustizia, quali vie per luguaglianza e la libert. Che cosa vorreste abrogare, cancellare, distruggere? Qual il vostro sogno, lutopia, la speranza, il progetto? Dai giovani ci si aspetta il disegno di un nuovo assetto per la collettivit. Ci si aspetta una maggiore energia creativa, una libert mentale non inquinata da abitudini, meno irrigidita in cattive posture mentali o ideologiche. La domanda : quali agenzie di formazione esistono oggi, per costruire la leadership del futuro? Non penso tanto alle scuole. La Bocconi piuttosto che qualche altra fabbrica di master. Penso a una piazza. Una piazza, non un mercato. Agor. Penso a un luogo di discussione permanente. Un osservatorio sulla realt. Un luogo di confronto. Io credo che si forma facendo politica la leadership politica del futuro. Ma facendo politica dove? I partiti sono gusci vuoti, nomenclature, caste contrapposte o agglomerate. I giovani non fanno pi politica partendo dalla loro condizione. Di studenti, di operai, di immigrati, di precari, di disoccupati. Eppure la condizione giovanile mai come oggi stata tribolazione e discrimnazione. Al massimo del potere del corpo non corrisponde, oggi, la prevedibile ricchezza di occasioni, di offerte, di possibilit. I belli e dannati sono, oggi, belli e disoccupati. La bellezza, poi, viene sovrastimata per ghettizzarvi meglio, gio307

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vani. Siete sani siete carine siete forti siete integri siete atletici siete belli. Che altro volete? Facciamo finta che la transitoria bellezza dei corpi recenti sia importante, impegnamo tutti a perseguire addominali scolpiti, cos li distraiamo. Siete bellini, che cosa volete di pi? Anche contare qualcosa, eh s, ragazzi, che pretese! Andate in discoteca, chattate twittate tubate e non lamentatevi. Fate i giovani. Consumate i prodotti per giovani venduti mostrando quanto bella giovinezza. Tranquilli. Tanto il tempo passa e questa condizione di giovent vi cadr di dosso come lallegra livrea che certi uccelli vestono nei giorni dellaccoppiamento. Il tempo batte implacabile. Vi troverete a 40 anni ancora a fare i giovani. Senza un progetto, senza potere, senza potervi sposare duplicare riposare. Sarete giovani scaduti, prima di essere vecchi. E allora? E allora incazzatevi! Prendete in mano il vostro destino. Riunitevi in gruppi, in movimenti, in partiti. Fate come le donne 40 anni fa con il femminismo. Partite dal vostro disagio, dal dolore, dallumiliazione, dal senso di vuoto, unitevi fra esseri umani che vivono la stessa condizione, e organizzatevi e scendete in campo. Nel campo di battaglia. Perch di questo si tratta. Di una guerra. Questa organizzazione del lavoro, del consenso, questa distribuzione delle risorse, questa corruzione, questa societ a meritocrazia bloccata, vi ha nuociuto e pi ancora vi nuocer se non fate qualcosa. Imparate a combattere. Combattendo per il vostro diritto a vivere, combatterete per un mondo migliore. E imparerete quello che serve imparare per assumere la leadership. Io non vi star fra i piedi, la battaglia vostra. Rester nelle retrovie a lottare perch non vengano calpestati i diritti delle donne. Giovani, mature, vecchie. Rester a guardarvi con fiduciosa trepidazione. A fare il tifo.

(Lidia Ravera, scrittrice, giornalista)


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La complessit della crisi di oggi


Giovanni Reale

1. Radici spirituali della crisi contemporanea La crisi che oggi viviamo ha delle cause assai complesse che hanno profonde radici culturali e morali. La prima e pi profonda delle cause di carattere culturale e spirituale. Fino allinizio dellet moderna luomo credeva che il suo fine ultimativo consistesse nellal di l, nel raggiungimento di unaltra forma di vita nella dimensione spirituale delleterno. A partire dallet moderna e fino a qualche decennio fa, luomo ha mutato la sua fede, e ha posto il suo fine ultimativo nellal di qua. Ha creato la grandiosa idea del Progresso, considerandolo come una forza capace di creare il Paradiso proprio sulla terra. Da qualche decennio, invece, luomo ha incominciato a rendersi conto dellillusoriet di tale idea del Progresso, constatando in modo sempre pi forte e impressionante gli effetti collaterali negativi che esso comporta. L uomo ha compreso che gli effetti negativi che il progresso tecnologico comporta, superano, o comunque potrebbero superare, anche a breve termine, gli effetti positivi. Due psico-terapeuti francesi Miguel Benasayag e Grard Schmit, nel loro libro Lepoca delle passioni tristi, scrivono: L Occidente ha fondato i suoi sogni di avvenire sulla convinzione che la storia dellumanit sia inevitabilmente una storia di progresso. [] Oggi c un clima diffuso di pessimismo che evoca un domani molto meno luminoso, per non dire oscuro Inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, comparsa di nuove malattie: la lunga litania delle minacce ha fatto precipitare il futuro da unestrema positivit a una cupa e altrettanto estrema negativit. E precisano: Tutta la cultura moderna si fondata [] su una credenza fondamentale: il futuro era promesso come una specie di redenzione laica, di messianismo ateo. Ma questa promessa non stata mantenuta. Ecco perch la crisi attuale diversa dalle altre a cui lOc309

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cidente ha saputo adattarsi: si tratta di una crisi dei fondamenti stessi della nostra civilt. I giovani, entrando nel mondo, trovano anzich un paradiso terrestre, uno sconvolgente caos. Si pensi che in alcuni Paesi, addirittura il 50% dei giovani non trova lavoro. Per di pi, non poche volte, i giovani trovano il caos anche in famiglia (separazioni e divorzi, con tutte le conseguenze che questo comporta). I due terapeuti francesi dicono che non hanno mai avuto in cura tanti giovani come ora. E soggiungono che per curarli non ci sono se non cure limitate, in quanto la vera cura consisterebbe nelleliminazione delle cause, il che non possibile. Molto saggiamente il filosofo Nicols Gmez Dvila dice in un suo aforisma: Dubitare del Progresso lunico progresso. 2. Sostituzione dellidea di progresso con quella di crescita e sviluppo Tuttavia luomo ha trovato modo di mantenere fede a quellidea in altro modo, considerandola non pi in modo mitico, ma scientifico, e mutando il nome di Progresso i quello di sviluppo, considerato come la via che lumanit deve comunque seguire per migliorare le condizioni di vita e per raggiungere il benessere. Ora, non c sviluppo senza crescita, e, di conseguenza, si cerca di puntare in tutti i modi possibili su di essa. Ma ecco le osservazioni assai pertinenti che il filosofo-sociologo francese Edgar Morin fa a questo riguardo. Nel suo ultimo libro La via: Per lavvenire dellumanit (appena uscito in traduzione italiana), per confutare lidea assai diffusa che la crescita sia il motore dello sviluppo senza limiti, chiama in causa un pungente aforisma di Kenneth Boulding, che dice: Chiunque crede che la crescita esponenziale possa durare sempre in un mondo finito un folle o un economista. E lo commenta efficacemente nel modo che segue. Si calcolato che, se la Cina raggiungesse una media di 3 auto ogni quattro abitanti, come accade oggi negli Stati Uniti, ci comporterebbe un aumento del numero di automobili al punto tale che le infrastrutture necessarie (reti stradali, parcheggi) occuperebbero una superficie approssimativamente uguale a quella destinata alla coltivazione di riso. [] L idea fissa della crescita dovrebbe essere sostituita da un complesso che comporti diverse crescite, diverse decrescite, diverse stabilizzazioni. Perci Morin formula due efficaci paradossi analoghi a quello di Boulding: Lo sviluppo un viaggio che comporta pi naufraghi che
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La complessit della crisi di oggi

passeggeri; e: L idea di sviluppo unidea sottosviluppata. Naturalmente, si parla di sviluppo eslege, di uno sviluppo a crescita esponenziale, in cui, purtroppo, alcuni continuano a credere. Lo sviluppo dovrebbe trovare la giusta misura e rispettare la regola della sostenibilit. 3. Luomo di oggi ha perso il senso dellunit e dei fondamenti ultimativi della conoscenza In secondo luogo, la conoscenza delluomo ha perso lunit di fondo, e le varie scienze particolari lhanno parcellizzata in modo impressionante. Un grande amante delle scienze, ma vero filosofo della statura di Edgar Morin, con pungente ironia, scrive quanto segue sulle conseguenze dellintelligenza che si sviluppa solamente nelle direzioni delle scienze particolari: L intelligenza, parcellizzata, compartimentata, meccanicistica, disgiuntiva, riduzionistica rompe il complesso del mondo in frammenti disgiunti, fraziona i problemi, separa ci che legato, unidimensionalizza il multidimensionale. unintelligenza nello stesso tempo miope, presbite, daltonica, monocola; finisce il pi delle volte per essere cieca. Lintelligenza parcellizzata, pertanto, non comprende la realt nella sua profondit, e rimane quindi assai lontana dalla verit. 4. La trasformazione della scienza in idolo Inoltre, le conoscenze scientifiche sono state trasformate in idoli, e la considerazione dei loro asserti sono stati presi come oracoli. E questo costituisce un esito veramente tragico, come risultato dalle analisi degli epistemologi, da Lakatos a Popper a Kuhn. Tuttavia le loro conclusioni non sono state ancora recepite in modo adeguato, e non hanno ancora liberato la communis opinio da gravi errori. In particolare, sulla base delle conoscenze delle scienze particolari, sono stati messi in crisi i valori e gli ideali spirituali, che soli sono in grado di dare un preciso senso alla vita. Il grande sociologo Zygmunt Bauman scrive: Non la pressione soverchia di un ideale irraggiungibile che tormenta gli uomini e le donne del nostro tempo, quanto lassenza di ideali: la penuria di ricette eindeutig, univoche, per una vita decente, di punti di riferimento fissi e stabili, di una destinazione prevedibile per litinerario della vita. La depressione mentale questo sentimento di impotenza e di in311

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capacit di agire, e soprattutto di agire razionalmente, e di inadeguatezza rispetto ai compiti della vita diviene la malattia emblematica della nostra epoca tardomoderna o postmoderna. 5. Lideologia del tecnicismo Lideologia scientistica sorretta soprattutto dallideologia tecnicistica. L uomo moderno si convinto che con la scienza e con la tecnica potr risolvere tutti i problemi che lo assillano, e per questo si deve cercare di realizzare tutte le possibilit che la scienza e la tecnica offrono. Lorenz giustamente diceva: La semplice possibilit tecnica di realizzare un determinato progetto viene scambiata con il dovere di porlo effettivamente in atto. Si tratta di un vero e proprio comandamento della religione tecnocratica: tutto ci che in qualche modo realizzabile deve essere realizzato. In questo modo, sono venute meno le forze di controllo e di regolazione che dal punto di vista assiologico trascendono la tecnologia e dipendono da valori superiori, con tutte le conseguenze che questo comporta, le quali pi che mai pesano sulluomo di oggi. La grandezza delluomo consiste non nel fare tutto ci che si pu fare, ma nel saper fare la giusta scelta di ci che si deve fare, e quindi nel non fare molte cose che di per s, con le nuove tecnologie, si potrebbero fare. Ma, per poter realizzare questo, luomo deve saper dissacrare quellidolo della tecnologia che si costruito insieme allidolo dello scientismo. Deve pertanto riconquistare la regola della giusta misura, ossia del nulla di troppo, regola aurea consacrata dai Greci, di cui diremo. Esprime una verit incontrovertibile quello che dice al riguardo in un aforisma Nocols Gmez Dvila: L uomo finir per distruggersi, se non rinuncer allambizione di realizzare tutto quello che pu. 6. Smarrimento del senso delluomo come persona Si smarrito il senso delluomo come persona, e si sostituito quello delluomo come individuo, come singolo, con tutta una serie di conseguenze che ne derivano. Viene perduto il vero senso del sociale e del politico in senso forte, e lindividuo non pi in grado di essere un vero cittadino. Le vite degli uomini si riducono, come stato ben detto, a consorzi di egoismi.
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Bauman precisa: Se lindividuo il peggior nemico del cittadino, e se lindividualizzazione foriera di guai per la cittadinanza e per la politica basata su di essa, perch gli interessi e le preoccupazioni degli individui in quanto tali riempiono lo spazio pubblico proclamandosi i soli legittimi occupanti ed escludendo ogni altra cosa dal discorso pubblico. L uomo come individuo in senso estremo diventa un solitario, che sa vivere solo per s e non per gli altri. Perci, dice ancora Bauman: Gli individui oggi entrano nellagor solo per trovarsi in compagnia di altri individui solitari come loro, e tornano alle proprie case con una solitudine corroborata e ribadita. Ma il ricupero del senso della persona come rapporto dellio con il tu assolutamente necessario, a tutti i livelli. Particolarmente significativo il criterio adottato da alcune ditte americane, di costringere, almeno per un giorno alla settimana, i dipendenti a comunicare allinterno direttamente gli uni con gli altri, proibendo per quel giorno luso delle-mail e del computer. Il rapporto diretto con laltro diventato un vero e proprio dramma, conseguenza dellindividualismo spinto alleccesso. 7. Il doppio senso del sottosviluppo: quello dei sottosviluppati materialmente e quello dei troppo sviluppati Da qualche tempo stato giustamente rilevato, in particolare da Edgar Morin, che il sottosviluppo di due tipi diversi e addirittura opposti: c il sottosviluppo dei ben noti sottosviluppati del terzo mondo, e c anche il sottosviluppo degli sviluppati. Il primo caratterizzato soprattutto dalla malnutrizione cronica che provoca ogni anno milioni di morti per mancanza di cibo. Per il problema non si risolve solo cercando di mandare aiuti materiali, anche ingenti, come molti pensano, trattando il problema sulla base dei presupposti ideologici dellOccidente. La soluzione assai pi complessa. Un antico proverbio cinese recita: Se un uomo ha fame, non dargli il pesce, insegnagli a pescare. Ma se sta morendo, come stato giustamente osservato, devi intervenire immediatamente dandogli il pesce. Per, non appena si ripreso, deve dargli di pi. Continuare a dargli del pesce, significa dargli di meno, anzi addirittura danneggiarlo; bisogna insegnargli a pescare. E insegnargli a pescare vuol dire molto di pi di quello che di primo acchito si potrebbe pensare. Significa insegnargli le ragioni per cui deve
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farlo, con le implicazioni e con le conseguenze individuali e sociali che questo comporta. Se si continuasse a dargli il pesce invece che insegnargli a pescare, non lo si aiuterebbe, in quanto non lo si educherebbe. Dambisa Moyo, una sociologa nera nata e cresciuta nello Zambia, e formatasi culturalmente a Oxford e ad Harvard, ha scritto un significativo libro dal titolo emblematico, La carit che uccide, titolo ancora pi forte nelloriginale: Dead Aid (Aiuto inefficace o Aiuto morto), riedito da poco dalla BUR. Infatti, la carit rende gli aiutati dipendenti dagli aiutanti, e quindi incapaci di crescere, come in modo assai significativo dice il sottotitolo del libro della Moyo: Come gli aiuti dellOccidente stanno devastando il Terzo mondo. 8. La grande massima dei Greci che ci potrebbe aiutare a guarire molti mali La massima pi famosa e pi forte della saggezza dei Greci, scritta nel tempio di Delfi come aforisma dei Sette Sapienti, diceva: Nulla di troppo, dove per troppo da intendere sia il troppo tanto, sia il troppo poco. Ebbene, la situazione del mondo di oggi rispecchia in modo perfetto proprio una tragica realizzazione del contrario di ci che viene detto in tale massima. Nel terzo mondo prevale il troppo poco, nel mondo industrializzato il troppo tanto. E questo corrisponde esattamente a quello che, come sopra abbiamo spiegato, si verifica nel sottosviluppo nei suoi due sensi, nel sottosviluppo dei sottosviluppati e nel sottosviluppo degli sviluppati. Il primo quello di cui abbiamo detto, ed in prevalenza di carattere materiale, con le conseguenze morali che esso comporta. Il secondo di carattere prevalentemente morale e spirituale con una serie di conseguenze. Morin lo ha chiamato anche malessere o male della civilt, e lo ha spiegato nel modo che segue: Il sottosviluppo degli sviluppati un sottosviluppo morale, psichico e intellettuale. Certo, in ogni civilt vi una penuria affettiva e psichica pi o meno grande, e dappertutto vi sono gravi sottosviluppi dello spirito umano: ma dobbiamo vedere le miserie morali delle societ ricche, la mancanza damore delle societ sazie, la malvagit e laggressivit miserabile degli intellettuali e dei professori universitari, la proliferazione delle idee generali vuote e delle visioni mutilate, la perdita del globale, del fondamento, della responsabilit. Vi una miseria che non diminuisce con la diminuzione della miseria fisiologica materiale, ma aumenta con labbondanza e con il tempo libero. Vi uno
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sviluppo specifico del sottosviluppo mentale sotto il primato della razionalizzazione, dellastrazione, della perdita di responsabilit: e tutto ci provoca lo sviluppo del sottosviluppo etico. E ancora: Listruzione iperspecializzata rimpiazza le antiche ignoranze con una nuova cecit. Questa cecit mantenuta dalla illusione che la razionalit determini lo sviluppo, allorch questa illusione confonde razionalizzazione tecnologica e razionalit umana []. Il calcolo non ignora solo le attivit non monetizzabili [], gli aiuti reciproci, ma ignora anche e soprattutto, quello che non pu essere calcolato n misurato: la gioia, lamore, la sofferenza, il sentimento stesso della nostra vita. Il modo di uscire da questo malessere della civilt uno solo: riacquistare, dal punto di vista intellettuale e morale, il senso di quella grande massima ellenica del nulla di troppo. L uomo deve imparare a non volere sempre di pi. Si dir che questa solo una idea e che vale di pi qualcosa di reale. Ma la mia risposta quella che dava Dostoevskij: Nella storia ci che trionfa non sono le masse di milioni di uomini, n le forze materiali, che sembrano cos forti e irresistibili, n il denaro n la spada n la potenza, ma il pensiero, quasi impercettibile allinizio, di un uomo che spesso sembra privo di importanza. La realt oppone resistenza, ma non riesce a respingere e annullare idee forti che la contraddicono. Come stato giustamente detto, il reale non sempre la forza pi possente; anzi, chi vince nella dura lotta fra lidea e il reale, una lotta che pu essere anche lunga e dolorosa, alla fine proprio lidea.

(Giovanni Reale, filosofo)


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Capitani di ventura
Francesco Rezzi

La Marvell rappresenta un caso controcorrente in un panorama italiano cos segnato dalla stanchezza, dalla disoccupazione giovanile e dalla scarsa propensione alla ricerca nel campo delle tecnologie avanzate. Assumere giovani talenti in una fase recessiva non solo europea, ma mondiale, con mercati ovunque in contrazione, richiede di disporre di un orizzonte di credibilit a medio-lungo periodo. Fiducia nel futuro significa investire su un modello di innovazione autentica fondata su competenze avanzate e qualit di risorse umane altamente creative. Si tratta di un business model imprenditoriale che contiene, a mio avviso, importanti messaggi di ottimismo che possono rivelarsi utili anche in una dimensione allargata al contesto collettivo: insomma non solo una visione privata e aziendale ma anche un paradigma esportabile per molti aspetti anche al sistema pubblico. Indubbiamente una ricetta preziosa in una fase recessiva dove la priorit della crescita sembra essere diventata il problema cruciale per il nostro Paese. In Italia spesso ci si lamenta della mancanza di investimenti stranieri. perci utile tentare di comprendere a fondo le ragioni di chi scommette sul futuro del nostro Paese. Marvell in meno di 5 anni ha assunto 70 dipendenti, in gran parte ricercatori, e dispone di margini ancora rilevanti di crescita negli anni a venire a fronte delle criticit che i mercati globali stanno vivendo di questi tempi. Quello dellelettronica analogica e dei sistemi misti analogico-digitali pur sempre un settore di ricerca di nicchia ma ad alto potenziale e aperto a una dimensione globale di competizione. Una filosofia di alta focalizzazione e di grande innovazione, che non si rinchiude in un contesto protetto ma si apre alla competizione dei mercati raccogliendo la sfida di selezionare con cura nuovi temi di ricerca capaci di alimentare significativi filoni di sviluppo industriale. Il vero problema del nostro Paese, da questo punto di vista, quello di non riuscire a raccordare il sistema pubblico-privato, ottimizzando il sistema di relazioni e le sinergie tra la ricerca di base svolta in prevalenza nelle Universit e il settore industriale. Purtroppo,
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Capitani di ventura

ancor oggi, il modello europeo della ricerca tende a essere troppo burocratico ed eccessivamente fondato sulla priorit dellottenimento di sussidi e finanziamenti pubblici. Si arriva al paradosso di scrivere progetti con lunico obiettivo di ricevere finanziamenti a fondo perduto: si confezionano perci bandi ritagliati su misura dei soggetti che si intende finanziare con una decisione a priori. Il modello americano della ricerca invece si fonda su un approccio opposto, meritocratico, competitivo e incentrato su un libero mercato privato dei finanziamenti. Al di l dellAtlantico la filosofia della ricerca si fonda su una maggiore fiducia nel futuro e sulle virt di un mercato dei capitali aperto, dinamico, selettivo e competente dove lidea innovativa non mai svincolata da una legittima logica di ritorno sugli investimenti. In Europa la ricerca vive la dicotomia, la contrapposizione ideologica tra ricerca pura o di base e ricerca applicata legata allindustria; si tratta di un modello incompatibile col pragmatismo del sistema americano dove in base alla credibilit dellidea si ricevono finanziamenti e dove il progetto, prima ancora di essere di ricerca, deve essere di investimento e perci fondato su un piano industriale con un credibile business plan. Il venture capitalist rappresenta il motore finanziario dellinnovazione americana che consente di catalizzare grande energia e spinta propulsiva in idee avveniristiche, ad alto rischio ma di potenziale alta redditivit e che alla base di modelli di successo come quelli della Silicon Valley. Il sistema finanziario del nostro Paese da questo punto di vista rappresenta il fanalino di coda in Europa, con la sua scarsa propensione al rischio e scarsa attitudine allinvestimento in progetti innovativi. Cos facendo il sistema si regge prevalentemente su stanziamenti pubblici che diventano terreno di caccia per fondi da spendere senza realmente avere alla propria base un progetto innovativo che possa innescare processi di trasformazione virtuosi che vengano premiati dal mercato e che portino alla fine una crescita occupazionale. In Italia non c, da parte del sistema finanziario, alcuna vera propensione al rischio calcolato per cui si deve rientrare in breve per qualsiasi prestito, mentre invece la filosofia del venture capital si basa sul fatto che magari 9 investimenti su 10 vanno male ma poi quello che funziona remunera ampiamente il fallimento degli altri progetti. Non si tratta di temerariet imprenditoriale, ma di rischio calcolato e attitudine a misurarsi con il possibile, il futuro, con le grandi opportunit che nascono con i filoni di ricerca industriale in grado di generare grandi sbocchi. Negli anni Novanta anchio ero nella West Coast: si viveva un clima frenetico, una febbrile corsa al nuovo oro nella sabbia del silicio, una gold rush che spingeva giovani brillanti ingegneri a cercare il successo,
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nei garage della California si creavano laboratori e start-up alla ricerca di miracolose killer applications, tecnologiche in grado di rivoluzionare il mercato. Da questo spirito, da questa fiducia, da questo modello inventivo e imprenditoriale sono nate aziende multimiliardarie e visionarie come Google, Apple e Facebook ma anche centinaia di altre aziende forse meno note al grande pubblico come Marvell. Steve Jobs per molti aspetti rappresenta in modo esemplare larchetipo del leader ispirato, alternativo e creativo, in grado di trasformare una fredda tecnologia in un oggetto di culto user friendly denso di valori emozionali. Steve Jobs analizza intensamente un device elettronico con uno sguardo non tecnologico, ma estetico, emotivo, simbolico: cosi il suo brand da trademark si trasforma in lovemark. Jobs il modello del leader guru, ispirato e mistico, tiranno e filosofo, concentrato sui dettagli con un perfezionismo maniacale rivolto al raggiungimento del minimalismo delloggetto. Senza questa visionariet, senza questa capacit di interpretare i segni del futuro, il leader non va da nessun parte. Senza comprendere la psicologia profonda delle persone impossibile essere un leader in grado di muovere le leve e le motivazioni dei propri collaboratori e comprendere il senso e le dinamiche dei mercati che altro non sono che aggregati di scelte individuali. Jobs ha compreso questo fattore umano della tecnologia e questo ha fatto la differenza. La tecnologia deve essere intuita e meditata prima ancora di essere realizzata. Jobs, pur non essendo stato strettamente un tecnico, anzi forse proprio in virt del non esserlo, ha saputo cogliere al meglio questa bellezza intrinseca fatta di semplificazione della forma nella complicazione della funzione: la sua leadership soprattutto legata alla filosofia e alla coerenza che ha saputo ispirare ai suoi collaboratori. Senza avere una visione, una prospettiva, una filosofia, impossibile guidare con successo unazienda o unorganizzazione. Le dinamiche evolutive degli scenari tecnologici e di mercato procedono troppo velocemente per essere perfettamente comprese: non si dispone mai del giusto tempo per una riflessione analitica e accurata. Ci si dovrebbe fermare a riflettere pi spesso per interrogarsi sul senso di tutto questo processo di incessante sviluppo e metamorfosi continua. Chi lavora a ritmo frenetico non pu fermarsi a pensare, a riflettere, a cercare il senso. Perci c bisogno di qualcuno che possa comprendere con uno sguardo di sorvolo cosa si sta effettivamente facendo e dove si sta andando. Il leader ha il compito di fare questo, deve riuscire a indirizzare e vedere lontano al di l del singolo progetto. Deve comprendere in anticipo la direzione da prendere. Talvolta le strade per raggiungere una meta possono essere depistanti, ci
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si trova gettati in un labirinto inestricabile, in fondo anche un microchip un immenso labirinto microscopico, un crocevia di direzioni possibili in cui ci si pu perdere: facile smarrirsi nella ridondanza delle opportunit offerte dalla tecnologia se manca la guida di una leadership salda con una direzione. La leadership risponde a questo bisogno di sintesi, di semplificazione dei problemi dopo una accurata analisi. La leadership si esprime in questa capacit di compiere un salto in parallelo, uno swich-off, che consente di interrompere una impasse e riposizionarsi su un altro modello di soluzione di problemi. Ho sempre lavorato in una dimensione americana, la mia esperienza professionale di management mi porta a identificare come difficolt pi forte quella di incanalare le pulsioni individuali dei singoli collaboratori in una direzione univoca e coerente: si lavora con un gruppo di persone, ciascuna della quali ha legittime aspirazioni al fare e allesprimere. Si tratta di sviluppare talenti, di contribuire a dare motivazione a ciascuno, compensando i migliori ma anche sviluppando le competenze degli altri che si trovano in difficolt. Motivare tutti, quando ci si trova in una struttura dimensionale ancora limitata pi semplice e pu avvenire in un contatto diretto vis a vis, ma in una dimensione allargata questo diventa impossibile. Una azienda che comincia a crescere richiede una maggiore strutturazione di regole e norme per sostenere la motivazione, la tensione al risultato e massimizzare la gestione del potenziale e delle personalit. Quando per si impongono delle regole che tutti devono rispettare, senza motivare la loro finalit, si rischia di non farne comprendere il senso: tutto si trasforma allora in un sistema di norme formali calate dallalto che si devono solo rispettare passivamente senza alcuna partecipazione effettiva e autonomia interpretativa. Da questo punto di vista il modello americano pi individualista e incentrato sulla valorizzazione delle persone non appiattito su un egualitarismo che schiaccia la differenze e tende a uniformare la responsabilit. Estendere il modello di leadership di impresa al contesto della gestione dei problemi di una comunit territoriale o di una nazione complica per esponenzialmente la complessit delle questioni. Il leader politico deve valorizzare le individualit e indirizzarle verso un bene comune, questo credo che sia un principio valido a tutti i livelli, pi difficile da implementare su una macroscala e dunque a livello sociale, pi facile su microscala e dunque a livello di azienda, per nelle linee di fondo le dinamiche sono abbastanza simili. I grandi leader politici sono quelli che hanno saputo canalizzare le grandi pulsioni presenti nella societ e indirizzarle verso un obiettivo, riuscendo a
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mobilitare e catalizzare una comunit verso una nuova chimica dei rapporti sociali. Capire dove le persone vogliono andare e indirizzarle verso una direzione comune che possa realizzare il bene della societ lobiettivo di un leader di spessore. Il tema delletica della leadership poi unaltra questione, perch nella storia abbiamo avuto leader sia positivi sia negativi. Ci sono stati leader negativi che hanno incanalato le pulsioni della societ verso un male comune. Ci sono leader del male che hanno interpretato il desiderio autodistruttivo, limpulso di morte latente in alcune societ, di cui parlava Freud, incanalandolo verso la catastrofe (basti pensare al nazismo). Il leader pu rappresentare talvolta nella storia lo strumento che amplifica il destino tragico di un popolo, di una nazione o di una intera civilt. Non esiste una leadership per decreto, c un elemento per cos dire auto-generativo della leadership che poi viene formalizzato con una investitura di competenza e di responsabilit, ma si fonda su un processo di selezione quasi naturale allinterno della dinamica delle relazioni del gruppo. Un leader deve essere direttamente a contatto con i propri uomini, non pu ricevere uninvestitura dallalto ma deve essere accettato e riconosciuto dal suo gruppo di riferimento. A questo proposito ricordo che il mio ex capo americano, alla mia richiesta di assumere maggiori responsabilit e di crescere nellazienda mi rispose: Io ti posso mettere a capo di un gruppo di persone, ma fondamentale che siano quelle persone a riconoscerti come capo. Il leader deve rappresentare un role model, deve essere esemplare; solo se dimostra la propria eccellenza viene promosso direttamente sul campo dai suoi uomini, dipendenti o cittadini essi siano, senza bisogno di ulteriori investiture formali. indispensabile costruire una relazione reale ed emotiva, empatica, identificativa con il leader, che altrimenti diventa irraggiungibile, astratto, senza possibilit di identificazione con i suoi uomini. Pensiamo al leader che se sta nel grattacielo nel suo corner office lontano dalla vita dellazienda, che non partecipa alla vita di tutti. Nella nostra azienda tutto il management ha uffici open space con delle piccole pareti. I manager non vivono in un ufficio a parte ma stanno insieme ai propri collaboratori. Anche il presidente lavora in un spazio come gli altri impiegati. Limmersione nella vita aziendale fondamentale per assumere credibilit presso i propri dipendenti. Pensiamo, allopposto, al mondo finanziario dove la leadership astratta, separata, con una forte chiusura e nessuna trasparenza: spesso il top management imperscrutabile e autoreferenziale e agisce sulla base di decisioni improvvise ed difficile comprendere il merito effettivo da cui deriva la posizione di potere.
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In questi anni, nel mondo anglosassone, i leader che hanno sbagliato hanno anche pagato, mentre in Italia il sistema non ha punito chi ha sbagliato. Trovare una ispirazione etica in azienda sempre pi difficile, con uno sguardo sullutilit sociale, e sulla comunit territoriale. Il rappresentante, il leader di una comunit in America deve sottostare a dei canoni etici stringenti, alcuni incomprensibili per noi italiani, per comunque devi sottostare a dei parametri etici di valutazione e con il tuo comportamento devi dimostrare che sei coerente con te stesso, mentre tutto questo in Italia non esiste, anzi c una sorta di rassegnazione secondo la quale chiunque ci rappresenta in fondo peggio di noi cittadini, mentre in USA chi ti rappresenta deve essere meglio di noi o comunque eccellente. La questione etica pu essere complessa. C unetica di primo livello che si chiede se sia giusto o meno quello che si sta facendo, poi c unetica di secondo livello che si interroga sul come lo si sta facendo. Si pu dibattere se unimpresa che produce armi o tabacco realizzi un business morale o meno. Si pu discutere se vendere prodotti finanziari che si sa a priori che non renderanno sia etico o meno. Si possono discutere le finalit del business, lutilit per la comunit nel suo complesso. Ci si pu porre la questione relativa delleticit della mission di determinate aziende. Poi per vi anche una discussione di secondo livello sulla modalit, sul come si realizza un business. Ogni azienda si muove dentro un contesto di regole da rispettare: pagare le tasse, la correttezza commerciale, la libera concorrenza, la buona fede contrattuale, la tutela della salute dei lavoratori; questo per un altro livello che va al di l delle intrinseche finalit aziendali. Sono due livelli diversi che vanno distinti. A questo proposito le banche stanno certamente alle regole e rispettano le normative che le riguardano, ma le finalit che perseguono sono in molti casi ingiuste e fuorvianti perch in molti casi hanno perseguito fini che non sono quelli che avrebbero dovuto essere. Il sistema bancario ha tradito la sua missione di supporto al credito e volano delleconomia produttiva trasformandosi in un sistema finanziario autoreferenziale che ha creato un blocco di potere pi interessato alla speculazione internazionale piuttosto che al supporto dello economia reale. Al contrario, invece, le aziende non possono non perseguire il profitto che rappresenta il punto di riferimento ineludibile, senza raggiungere il quale le aziende non possono re-investire i capitali e generare ulteriore ricchezza. Sostenere che il profitto non sia etico conduce a un ragionamento che impedisce di creare sostenibilit nel modello di sviluppo capitalistico, che fondato sulla creazione di ca321

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pitale da investire in un nuovo ciclo di sviluppo. Per produrre ricchezza fondamentale realizzare dei beni, i servizi da soli non sono in grado di produrre una economia in grado di auto-sostenersi. In questo senso il sistema industriale di un Paese fondamentale per assicurare una sostenibile generazione di ricchezza: in un momento di fragilit del sistema come quello che sta attraversando lItalia da almeno un decennio, sarebbe bene porre maggiore attenzione verso la tutela e lammodernamento tecnologico degli impianti produttivi. In relazione al secondo livello della discussione sulletica, occorre rispettare tutte le regole imposte da leggi e regolamenti del diritto nazionale e internazionale. Nella gare di appalto, non solo nel sistema pubblico, bisogna concorrere rispettando regole etiche e di lealt e fairness: si deve competere ad armi pari nei confronti della concorrenza. La nostra esperienza di multinazionale si fonda su un network di relazioni che partito dal riconoscimento delleccellenza della nostra Universit, una eccellenza presente in molte Universit italiane, che per noi non sembriamo capaci di sfruttare. Perch in Italia non siamo in grado di dare occasioni a queste potenzialit? Credo che questo sia il problema della nostra classe dirigente. Investire e fare ricerca nel nostro Paese difficile perch manca lo spirito e lopportunit di raccogliere il necessario capitale di rischio. Se ci fosse questa propensione, se si dovesse dar spazio a queste realt, emergerebbero dei leader nuovi che minerebbero le posizioni dellattuale classe dirigente. Le eccellenze ci sono e perci indispensabile far conoscere e valorizzare questo talento potenziale affinch non rimanga sommerso. Marvell si insediata a Pavia con una sede nei pressi del Polo Universitario. Abbiamo fatto questa scelta per attrarre i talenti che si formano presso la Facolt di Ingegneria che nel campo della microelettronica ma non solo gode di una reputazione di eccellenza internazionale. C una storia consolidata nel campo della ricerca, ma non c purtroppo un sistema di infrastrutture e servizi. Fino a pochi anni fa le multinazionali interessate facevano un selettivo recruiting e poi si portavano i cervelli nella Silicon Valley. Noi, insieme ad altre aziende del settore, stiamo cercando di far rientrare cervelli sul territorio italiano: unoccasione certamente preziosa in un momento come questo. A questo punto spetta alla politica e ai suoi leader il compito di cogliere e valorizzare i settori trainanti dello sviluppo e del futuro dellinnovazione. Con un segnale di forte discontinuit con la storia politica del recente passato forse questo sar possibile.
(Francesco Rezzi, direttore Marvell Italia)
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Fabio Rossello

Il dibattito sul concetto di leadership e sulle basi forti, etiche e morali, su cui deve svilupparsi un tema di grande attualit. La leadership etica e socialmente responsabile si basa sullipotesi di interazioni orientate a un risultato che porti un vantaggio reciproco alle parti coinvolte. Dovrebbe, quindi, creare situazioni vincenti nei confronti di tutte le quattro dimensioni della leadership: il leader, gli altri, gli obiettivi e il sistema. Dunque interrogarsi su unetica del buon governo della res pubblica, e sugli strumenti indispensabili che a questo fine occorre possedere e applicare, un dovere e una responsabilit della classe dirigente. E questo interrogarsi sui valori dovrebbe partire dalle domande fondamentali, quelle che hanno guidato la storia del pensiero e la riflessione delluomo sui grandi temi spirituali. La filosofia si costituita prima del divario tra scienza moderna e religione, basti pensare a Democrito e allatomismo. Le matrici cattoliche o protestanti, lateismo anticlericale, lagnosticismo, il deismo e il culto nella natura sono tutte visioni del mondo di cui importante prendere coscienza in modo culturale e non dogmatico se ci si vuole aprire a una vera libert e apertura di pensiero. Accogliere e fare proprie le domande della filosofia il dovere intellettuale e morale di ogni futuro leader, perch solo la pratica del libero pensiero in grado di liberare dal pregiudizio dogmatico. Assistiamo da tempo a una progressiva perdita di livello della classe dirigente, che dipende in gran parte dalla scarsa frequentazione con il ragionamento sul senso della vita, sulle domande fondamentali dellesistere. Da qui il valore propedeutico e formativo dellinterrogarsi con profondit sui valori aldil delle risposte preconfezionate, dei dogmi forniti dal mito, dalle religioni positive o dalla fede incondizionata nella tecnologia. fondamentale trovare visioni comuni per costruire una leadership etica, anche se ci si scontra con un relativismo forte e concezioni molto distanti spesso fondate su religioni con visioni del mondo
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molto diverse. Viviamo in un tempo di crisi, ma crisi non vuol dire negativit. Significa trasformazione. Il cambiamento per deve partire dalla comprensione dei motivi della debolezza di questo sistema sociale. Stanno tramontando le grandi narrazioni metafisiche ed etiche: la religione, ma anche il mito della conoscenza, il mito della tecnica, il mito della crescita e dellespansione economica senza limiti. Di fronte alla perdita di punti di fondamento, per quanto preconfezionati o dogmatici, non disponiamo pi di punti di appoggio e si fa largo uno scetticismo radicale e il demone del nichilismo che uccide la speranza. LItalia attraversa un processo di declino che non certo recente. Siamo sulla linea di galleggiamento sempre prossimi a inabissarci, ma anche sempre pronti a riemergere: in fondo una condizione di instabilit permanente nella storia e nella realt del nostro Paese, con difetti strutturali endemici interrotti da improvvisi lampi di genialit ed eccellenza. Essere professionisti della politica dedicandosi a questo con una passione esclusiva per certi aspetti pu rivelarsi un limite. Cultura ed esperienza sono infatti gli strumenti indispensabili per costruire competenza in quel compito supremo della politica che la gestione della res publica. L uomo politico deve dunque possedere competenze e non deve trascorrere tutta la vita nelle istituzioni perch ci rischia di allontanarlo dalla societ civile e dalla vita quotidiana. Bisogna ritornare alla gratuit dellimpegno politico e alla ricerca del bene comune come missione disinteressata. Deve ritornare a prevalere linteresse collettivo dopo una stagione dominata dalla presenza di macroscopici conflitti di interesse e prevalenza dellinteresse privato. Il sistema politico non pu rinchiudersi a riccio in una difesa a oltranza del privilegio corporativo, delle guarentigie e delle immunit parlamentari, contribuendo a separare il divario tra lo status uomo politico parlamentare da quello di semplice cittadino. Siamo scesi sotto la soglia accettabile di etica pubblica a causa di un abbassamento della tensione ideale e di un sistematico uso privato della cosa pubblica. L intera classe politica deve rigenerarsi. Laddove non c ricambio e dove non ci sono regole per il ricambio il sistema si trasforma in gerontocrazia. Oggi, a causa del bicameralismo perfetto, siamo in presenza di un numero troppo elevato di parlamentari: un problema che oltre ai costi economici che comporta, investe anche la sfera della qualit dei politici eletti, ne inficia la trasparenza dellazione e la possibilit di un reale controllo politico da parte dellelettorato, favorendo le occasioni di trasformismo e i ribal324

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toni nelle alleanze. Si deve valutare lipotesi di porre limiti alla reiterazione degli incarichi politici e istituzionali, il mandato parlamentare non deve durare pi di un certo numero di legislature altrimenti il potere si fossilizza. Dobbiamo aprire le porte della politica e della leadership ai giovani, impendendo al sistema di auto-riprodursi al suo interno reiterandosi in cloni sempre uguali a se stessi. Ma il ricambio della classe dirigente e lapertura a una nuova leadership pu realizzarsi solo grazie a un lavoro di ricostruzione culturale in profondit a partire dalle nuove generazioni. Serve una nuova agor, una palestra formativa, emotiva e intellettuale, per alimentare un agone dialettico e crescere nel confronto leale della diversit delle visioni del mondo, discutendo insieme sul senso della vita e facendo scaturire attitudini proprie di una vera leadership. Possiamo scorgere un embrione della nuova agor in internet, il mezzo che pi di tutti consente alle minoranze di affiorare dal sommerso alla visibilit riequilibrando per certi aspetti il potere mediatico dallopinione di maggioranza. Internet consente alle minoranze di avere una voce, di esprimere un dissenso, di comunicare una interpretazione dissenziente e alternativa con la stessa forza di chi detiene il potere e controlla gran parte della comunicazione. La forza travolgente dellimpatto dei nuovi media nellinformazione e nella mobilitazione politica certamente il fattore pi innovativo che sta contribuendo in modo essenziale alla mutazione del sistema della comunicazione politica. Lunico limite quello della virtualizzazione della relazione tra persone. Lagor per definizione intessuta di contatto diretto personale e non pu essere pienamente surrogata da un suo simulacro come il web. I social network consentono alle persone di trovarsi virtualmente, ma viene a mancare la sostanza emotiva e fiduciaria che si pu sperimentare solo frontalmente in una relazione reale con laltro che si staglia frontalmente con la sua presenza. Il web una protesi della mente, un luogo di creazione di una mente collettiva, di una comunit oltreumana, di una intelligenza che trascende e supera lindividuo. una scintilla utile a innescare a provocare la discussione tra comunit di interessati ma deve poi trovare uno sbocco concreto in una azione in grado di unire le persone in modo reale. Una volta lo strumento di comunicazione e contatto per eccellenza del leader con la comunit era il comizio, il bagno di folla: la presenza del corpo del leader in mezzo alle persone sapeva creare suscitare emozione e aggregazione politica. La leadership non passa at325

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traverso lo spazio della scrittura, la mediazione di un testo: il leader agisce nello spazio delloralit, attraverso lemozione che riesce a muovere, lattrazione che riesce a mobilitare. Il leader si costituisce in modo relazionale e diretto. Nella societ digitale prossima ventura potremo forse passare dal voto al sentiment, dal voto alla valutazione giorno per giorno del leader, alla testabilit continua del consenso e del dissenso che, se opportunamente gestita in condizioni di assoluta trasparenza, potrebbe effettivamente mutare in modo radicale la relazione con la pubblica opinione. La misurazione tangibile dellopinione in un futuro non lontano potrebbe aprire spazi veramente innovativi al modello di rappresentanza politica e trasformarla in un referendum permanente in tempo reale. Ci comporterebbe valutazioni continue e limiti molto forti al potere politico che vedrebbe scalfita la regola fondamentale della delega in bianco per tutta la durata di una legislatura. Veniamo da un periodo di involuzione e deterioramento della pratica della discussione politica. Dobbiamo riappropriarci come Paese, come pubblica opinione, come rappresentanti del mondo della politica, dellonest intellettuale come criterio di qualit della libera discussione, dobbiamo riacquisire la virt dellapertura al dialogo come metodo e pratica del discorso pubblico. Il modello proposto dai format politici sempre pi intessuto di agonismo retorico e sconta lassenza di una libera discussione di idee. questo il grave limite di una politica desertificata dei suoi motivi ideali e vitali, inceppata su se stessa, che deve riattivare modelli di consenso non pi basati solo sul pregiudizio e la polemica ma capaci di offrire informazione e conoscenza. Assertivit non imporsi ma riconoscere di essere in una dimensione di rispetto reciproco cercando di far valere le idee e non la personalit. Oggi si vive di individualismo, di schematizzazioni e ideologie ereditate da modelli culturali preconcetti. Il rischio un relativismo morale utilizzato come alibi per il disimpegno e il qualunquismo. C bisogno di riconfigurare una pregnanza culturale della politica che attinga a un maggiore idealismo. La leadership si fonda sulla capacit naturale di un individuo di insegnare a chi lo ascolta a sognare e a desiderare, ad avere in sostanza degli obiettivi. Oggi le persone hanno sempre meno coscienza di cosa realmente desiderano. I nostri giovani esprimono una assenza di direzione e un diffuso disorientamento. La leadership fondata sulla abilit di ispirare e trasmettere fiducia. La fiducia a sua volta si sviluppa partendo dalla stima. Senza la
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stima il solo apparato ideologico non in grado di creare un consenso e una leadership. Il leader deve saper leggere e interpretare le persone e la realt, deve vivere in mezzo alle persone e accettare i rischi dei fischi conservando sempre una mente mobile. Soprattutto deve avere capacit di comprendere, perch la vera competenza la sensibilit e il sesto senso relazionale. Si arriva allora ad unaltra questione da sempre dibattuta. Qual il rapporto tra leadership e verit? Nella leadership si deve dire la verit? Certamente, ma non sempre tutta la verit. E qui si torna a un discorso etico. Chi stabilisce il limite di ci che opportuno dire o tacere? La leadership politica spesso si fonda sul tempismo, sullindividuazione del momento pi opportuno e su una verit figlia della opportunit. Il leader non pu dire sempre tutta la verit ma non deve nemmeno dire il falso, non deve tradire gli uomini e la verit stessa. La manipolazione della verit spesso dipende da un presupposta ragione di stato, che apre la porta allabilit manipolativa del potere politico e alluso strumentale della demagogia. L etica invece evoca un uso corretto e veritiero della parola fondato sul rigore del linguaggio e il rispetto della lealt e della buona fede dellinterlocutore. La buona politica si fonda sulla condivisione, sulla capacit di mettere in comune un linguaggio di valori, se non universali, quantomeno accettati da una comunit. La vera leadership energia di trasformazione non-violenta e creazione di una convergenza verso un obiettivo condiviso. Senza la tolleranza tra le persone non si costruisce una societ futura. Bisogna imparare ad aprirsi verso lincognita rappresentata dallaltro, dal diverso, altrimenti finiscono per prevalere solo gli aspetti pi oscuri e individualistici, le paure che albergano dentro ognuno di noi. Questa forma di meditazione non-violenta di matrice buddista che ci apre alla condivisione con il tutto deve ispirare lazione positiva per costruire una alternativa al crollo di valori e al nichilismo disperato.

(Fabio Rossello, amministratore delegato Paglieri)


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Azione pragmatica, relazione empatica


Carlo Salvatori

Quali sono le esperienze fondamentali per plasmare la personalit del leader? C una leadership che dipende dal destino, dalla nascita, specialmente nel nostro Paese. Limpresa familiare gioca un ruolo tuttora molto importante nelleconomia, diventa perci cruciale il momento del passaggio di consegne tra generazioni. I figli di famiglie importanti, pur se privilegiati e facilitati nella carriera spesso si trovano a dover affrontare responsabilit improvvise e comunque si trovano ad affrontare intricati nodi e complesse situazioni circa la costruzione della propria identit. Perci non raro che problemi di tipo esistenziale si sovrappongano a questioni di leadership: spesso lemancipazione dalla figura e dal fantasma della figura paterna si rivela un percorso tortuoso e mai completamente risolto. Gli esempi letterari da questo punto di vista sono innumerevoli, ma pochi scrittori come Thomas Mann hanno saputo analizzare e narrare la parabola ascendente e poi discendente della grande famiglia borghese. La sindrome Buddenbrook tuttora una costante allinterno dellevoluzione delle famiglie del grande capitale borghese, e anche in Italia si pu dire che la crisi della leadership dellimpresa attraversata da una pi generale crisi del modello culturale ed etico dei valori borghesi. Da questo punto di vista non si pu negare che al declino del nostro Paese contribuisce una sorta di eclissi della borghesia. Il tema della leadership non pu quindi essere separato da una questione pedagogica ed evolutiva della personalit e dei processi selettivi che determinano lemergere, a partire dallesperienza scolastica, dei futuri leader. La scuola il primo lavoro dove si pongono le premesse, le fondamenta di un futuro personale, dove la personalit comincia a delinearsi, il carattere comincia a confrontarsi con gli ideali e le prime difficolt attorno a cui si delinea la motivazione e la tenacia, che insieme alle doti intellettuali predispongono una personalit a un destino di leader. Dal liceo allUniversit c un spostamento dellasse della responsabilit. Mentre nelle scuole superiori il ruolo del docente
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Azione pragmatica, relazione empatica

fondamentale come mentore, come ispiratore emotivo in grado di suscitare interesse nellalunno allinterno di un contesto in cui la relazione fondamentale per la buona riuscita dellapprendimento, dallUniversit in poi il giovane deve organizzarsi autonomamente. Ci sono segni in grado di rivelare una predisposizione alla leadership? Ricordo che quando cominciai a lavorare nel mio primo impiego non sapevo quale fosse lorario di uscita, non me ne preoccupavo. Prolungare fino a tardi la permanenza in ufficio era il segnale di una dedizione assoluta al compito; una centralit assegnata alla professione; una immersione totale per cercare di apprendere in profondit i dettagli della professione. Sono questi gli anni in cui si pongono le basi di un apprendistato alla leadership. La scuola dovrebbe perdere astrazione ed eccesso nozionistico per preparare alla vita, consentendo di comprendere le strutture fondamentali della realt economica e dei rapporti di forza esistenti nel mondo e raccordando maggiormente lo studio alle professioni evitando questo gap ancora troppo forte. Si deve aggiungere pragmatismo, concretezza e immersione nella realt economico-sociale a solide basi di cultura umanistica. Quali sono le caratteristiche per un leader contemporaneo? La prima caratteristica di un leader la capacit di relazionarsi con gli altri. Nella relazione con i superiori gerarchici, anche in presenza di un dislivello gerarchico, non deve per in alcun modo manifestarsi una inferiorit culturale o psicologica. Con i pari grado credo ci si debba relazionare in modo collaborativo, reciprocamente vantaggioso e non invasivo in entrambe le direzioni: non invadendo e non facendosi invadere. Ogni uomo ha un cuore, unanima e un cervello. Bisogna tenerlo presente sia quando si lavora con i collaboratori di pari grado a livello orizzontale o di grado subordinato a livello verticale. Affrontare i problemi in maniera condivisa, collaborativa, facendo gioco di squadra credo sia il modo migliore per costruire una relazione positiva e una leadership aperta, credibile e carismatica. Credo che in tutte le aziende siano presenti persone di qualit che devono essere valorizzate in modo da essere in grado di esprimere al meglio le proprie capacit attraverso il sostegno alla motivazione e la moltiplicazione dellefficacia dei messaggi del leader verso lorganizzazione. Ci complesso quando si dirige aziende altamente strutturate con migliaia di persone: in questo caso necessario per il leader formare e diffondere una cultura di impresa veicolando il messaggio attraverso diversi livelli.
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Nella metodica che ho sperimentato attraverso la mia esperienza professionale quando ho guidato gruppi di 60-100mila persone, ho potuto constatare che un manager deve relazionarsi direttamente con un team di non pi di 10-15 individui e, attraverso una struttura ramificata che si irradia da ognuno di loro, raggiungere tutti i livelli della catena di comando del gruppo con un processo di propagazione degli input. Fondamentale il controllo periodico della cintura di trasmissione del comando. Nello direzione centrali necessario approntare idonei strumenti di monitoraggio della ricezione dellinput al terzo livello e dunque la misurazione dellefficacia della comunicazione del livello intermedio. Ho sempre attribuito importanza alla motivazione del personale e alla capacit di indurre motivazione da parte del management. Sono convinto che, a parit di qualit della risorsa umana, si possa ottenere il doppio o la met del rendimento grazie a unefficace o una scarsa motivazione. Non trovo esagerato quindi pensare che si possa ottenere un beneficio del 200% di produttivit grazie alla leva della motivazione. Il leader efficace sa pianificare e strutturare strategie avanzate di misurazione, sostegno costante, rinforzo della motivazione delle risorse umane. Ci sono aziende dove la gente lavora male e malvolentieri: ci quasi sempre dipende dalla mancanza di carisma del leader e dallassenza di elaborazione e interiorizzazione di una cultura aziendale. Quali sono le competenze indispensabili al leader? L alta formazione professionale un prerequisito, una condicio sine qua non, una piattaforma di partenza per il riconoscimento della leadership, senza una grande competenza non si pu diventare leader. La leadership richiede anche una grande capacit di sintesi, che non significa superficialit, ma che vuol dire essenzialit e velocit. Ci necessita di essere in grado di filtrare e selezionare le informazioni, altrimenti il leader cade nel pericolo dellimpasse, della paralisi per eccesso di analisi: il leader infatti un decision maker e non un analyst. Per esperienza sono portato a cogliere segnali significativi nei collaboratori come indici di maggiore o minore predisposizione alla leadership: quando vedo una scrivania troppo piena di carte ho limpressione che chi la occupa non possieda la capacit di delegare. Quando mi viene recapitato un report di troppe pagine ne deduco che il collaboratore non sa a sua volta delegare. I miei collaboratori sanno che non posso leggere lunghi testi integrali ma solo delle sintesi ben fatte, brillanti executive summary che mi consentono di prendere efficacemente e rapidamente decisioni. A un leader devono bastare riassunti di due cartelle, ma anche il suo collaboratore deve a sua volta ricevere un sunto in un processo di
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Azione pragmatica, relazione empatica

sintesi che raggiunge livelli sempre pi essenziali salendo di grado in grado lungo la scala gerarchica delle decisioni. Questa la base della delega che fondamentale nella capacit di leadership. Saper delegare, saper ascoltare e saper giudicare sono attitudini strettamente legate nellesercizio della leadership. Il leader deve anche saper valutare i risultati dei collaboratori non solo in termini assoluti ma in relazione alle loro potenzialit e alla loro adeguatezza: chi raggiunge 90 potendo dare 100 valutato meno di chi raggiunge 30 con una potenzialit di 30. Qual il rapporto tra declino del Paese e responsabilit della leadership pubblica? Venendo alla questione della leadership pubblica occorre fare una seria analisi sulle cause del declino del nostro Paese. Io credo ci sia una democrazia applicata male: al posto della sovranit popolare mi sembra si sia andata affermando un prevalenza di caste e di interessi privati sullinteresse generale. Si deve cambiare il campo di gioco dove praticare il sistema di regole democratico. necessaria una revisione del modello della giustizia: la giustizia civile e quella penale sono troppo lente. Il processo civile con la sua esasperante lentezza impatta direttamente sullefficienza delle aziende che si ritrovano a veder scarsamente garantiti i loro crediti. La mancanza di certezza del diritto e la lentezza del processo civile sono tra i primi deterrenti che scoraggiano le aziende straniere a investire in Italia. Urge una revisione della spesa pubblica per recuperare risorse per il bilancio dello Stato alleggerendo lonere di finanziamento del debito pubblico e liberando risorse per stimolare la crescita. Io credo ci siano gi oggi possibilit di far ripartire gli investimenti affidandosi a coperture che non devono necessariamente provenire dallo Stato, ma che possono essere finanziate dal settore privato e da capitali provenienti dallestero: ci possibile ma richiede appetibilit sul mercato mondiale dei capitali. Abbiamo una pubblica amministrazione costosa e ridondante con troppe duplicazioni con una catena amministrativa troppo lunga: Governo centrale, Ministeri, Regioni, Province, Comuni, e anche di quartieri nei comuni: una pletora assurda. Si ipotizzato di eliminare le Province, ma nessuno ci prova davvero. In unazienda privata di fronte allinefficienza si prova a ristrutturare lorganigramma della struttura. Negli enti territoriali si infiltra una parte considerevole del malaffare e della levitazione di costi con effetti paradossali: come si pu concepire che la sanit della Sicilia costi 12 volte di pi di quella dellEmilia-Romagna. Servono parametri certi sui costi dei servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione da uniformare in tutto il Paese come punto di riferimento per valutare comparativamente gli scostamenti dal modello
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e valutare la qualit dei servizi nella diverse regioni della Penisola. Nel nostro Paese non si percepisce la presenza di un disegno complessivo di sviluppo e di seria politica industriale come accade invece in Germania o in Francia. Noi abbiamo perso delle industrie di Stato che non abbiamo saputo sostenere. Talvolta abbiamo chiuso aziende o le abbiamo svendute allestero a prezzi doccasione. Una pessima politica ha acuito il declino industriale dellItalia dove ormai praticamente della grande industria non resta pi molto. Abbiamo aziende con importanti collegamenti internazionali, ma non abbiamo aziende che possono dirsi multinazionali in senso compiuto in termini di volumi ma anche di modalit di presenza sui mercati esteri: fare delocalizzazione non significa necessariamente diventare una multinazionale. necessaria una politica industriale che preveda una riduzione del gap con lEuropa in termini di investimenti in ricerca e sviluppo. Da noi linvestimento in ricerca meno della met rispetto ai nostri partner europei. Una seria politica industriale dovrebbe definire quali sono i settori sui quali investire di pi e sostenerli e quindi convogliare risorse verso quei settori. Noi abbiamo produzioni a basso valore aggiunto perch quelle ad alto valore aggiunto se le sono ormai accaparrate gli altri Paesi. Credo che occorra lavorare per una migliore qualit complessiva. Non si tratta di recuperi che si possono fare nel breve periodo; i benefici devono essere attesi nel corso degli anni. Qual il valore strategico di una maggiore inclusione dei giovani nel tessuto economico-sociale del Paese? Le statistiche dicono che il 30 per cento dei nostri giovani senza lavoro. I nostri giovani credo non siano meno preparati dei loro colleghi europei. Piuttosto da noi ci sono troppi vincoli alliniziativa privata. Dobbiamo riconoscere che in Italia abbiamo aziende che fanno miracoli per competere con altri Paesi. Siamo un Paese che ha una grande capacit trasformativa ma che sconta il vincolo di mancanza di materie prime e la totale dipendenza energetica. Si insiste sul tema dellarticolo diciotto dello Statuto dei Lavoratori, quando invece il quadro complessivo a essere carente. Qual lo stato di salute e il livello di credibilit della classe dirigente nel nostro Paese? In Italia c un profondo malessere legato alla scarsa qualit di gran parte della classe politica. Ci sono alcuni leader politici di qualit per ho limpressione che noi potremmo fare a meno dell80 per cento dei nostri parlamentari. Creano problemi, perch quell80 per
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Azione pragmatica, relazione empatica

cento di bassa qualit che condiziona gli andamenti della politica. Se questi fossero innocui potremmo anche pagare il prezzo della loro inconsistenza, ma il fatto che la loro attivit determina gli scompensi e porta a escludere pianificazioni di medio e lungo periodo che non paga in termini di consenso elettorale. Questi personaggi vivono in modo parassitario la politica. Vivono per assicurarsi il posto nella nuova tornata elettorale ed evidente a tutti che non hanno in mente nessuna idea di pianificazione di medio-lungo periodo, perch incompatibile con le loro personali esigenze di breve periodo: ci crea un danno enorme alla politica del Paese. Basta ricordare lo spettacolo dellignobile mercato dei voti e delle cariche da parte di parlamentari mercenari e trasformisti disposti a cambiare bandiera allultimo istante pur di partecipare alla spartizione di incarichi di sottogoverno. Bisogna restituire al Paese senso dellonore e dignit alla funzione politica altrimenti il qualunquismo dellindifferenza e il relativismo morale possono davvero distruggere lessenza della vita democratica. Quali valori necessario trasmettere ai giovani per stimolare una crescita di partecipazione e una prospettiva di ricambio generazionale? Oggi i giovani si affacciano alla vita e alla professione attraverso atteggiamenti sbagliati. Hanno punti di riferimento poco probabili: si diffonde la credenza che solo vie oblique o facili portino a far carriera. Se si entra nellorbita di un certo entourage politico e si disposti a rinunciare alla propria dignit si riesce a emergere subito. Oggi si pensa sempre pi allinteresse personale immediato, piuttosto che allorgoglio di partecipare alla costruzione di un grande Paese, di un ideale collettivo. Siamo immersi in un presente assoluto. Ai giovani credo si debbano dare questi insegnamenti: si pu avere successo, si possono, si devono conseguire risultati positivi operando in un quadro etico e morale. Credo poi che non ci si debba limitare a unetica meccanicistica basata solo sul rispetto di un insieme di regole convenzionali, io credo che bisognerebbe andare oltre e percorrere interamente un percorso di ricerca dei valori condivisi in un prospettiva di bene comune oltre lindividualismo dominante. L interesse collettivo dovrebbe essere alla base dellinteresse dei singoli, perch perseguendo linteresse collettivo in fondo si fa anche il proprio interesse ma non viceversa. Oggi si tende a massimizzare i risultati di breve periodo: c una attesa anomala e impropria da parte degli analisti, ci sono gli speculatori che perseguono unicamente il risultato di breve periodo: troppa enfasi sulla performance trimestrale rispetto a quella annuale, un disinteresse per una seria pianificazione, vittime del timore del giudizio della Borsa e dei Signori
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del rating. I regolatori dovrebbero intervenire per mitigare leccesso di enfasi sui risultati di breve periodo, contribuendo a limitare gli effetti devastanti prodotti da una deregulation e da una pratica speculativa che distrugge ricchezza e minaccia la solidit di Stati e di sistemi sociali. Come riqualificare il senso dellazione economica dentro una prospettiva di rifondazione morale del Paese? Il pensiero etico e il pensiero economico non sono opposti, etica ed economia devono poter convivere. La convivenza possibile tra questi mondi anche se, soprattutto per quanto riguarda la parte delleconomia finanziaria, spesso sembrano vivere una conflittualit insanabile. Pensiero etico morale ed etica non possono essere estraniate da nessuna attivit umana tanto meno da quella economica. Leadership politica e management economico richiedono di essere ispirati da principi etici nella propria funzione, altrimenti il rischio una deriva nichilistica senza fine a livello personale e sociale. L azienda un progetto di carattere collettivo che ha come fine intrinseco il raggiungimento di un profitto, concezione che oggi non pi messa in discussione nemmeno dalla cultura marxista, socialista, n dalla dottrina sociale della Chiesa: oggi tutto il pensiero socio-economico concorde nel riconoscere il profitto come legittimo riconoscimento del risultato imprenditoriale. Per bisogna che il profitto sia inserito in un percorso di soddisfacimento oltre che di interessi economici anche di interessi sociali e culturali della comunit, in una dimensione pi allargata di responsabilit sociale dellimpresa. Mi pare che molti responsabili aziendali, negli ultimi 10-20 anni, si stiano impegnando nella ricerca di una mission che superi lidea del puro profitto immediato, in nuovo paradigma fondato sulla sostenibilit del risultato economico nel tempo. Personalmente ho cercato nelle esperienze che ho fatto di coniugare il risultato economico con la necessit di renderlo sostenibile nel tempo dentro un quadro di ROI realistico e credibile: mi pare che tante aziende siano state distrutte proprio da questa logica, da comportamenti che non hanno tenuto conto che lazienda deve vivere nel tempo a beneficio di tutti gli stakeholder. Il modello da proporre quello che supera i limiti di una concezione solo economicistica, che considera lazienda solo dal punto di vista del risultato economico. Si tratta di sostituire una visione allargata agli interessi di tutti gli stakeholder e non ristretta nella visione di unico riferimento agli shareholder. Il risultato economico infatti sostenibile solo se si sta attenti a soddisfare le esigenze di tutti i portatori di interesse; sicuramente il capitale, c chi ha rischiato e ha diritto ad avere un proprio riconoscimento, ma anche i protagonisti del processo di creazione
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Azione pragmatica, relazione empatica

di valore che sono i dipendenti, i clienti, i fornitori e la societ civile nel suo complesso. L impresa deve venire percepita per ci che fa e non solo per ci che : per lazione e la ricaduta sociale che produce nella comunit allargata di riferimento. possibile una leadership etica? C da chiedersi a volte se la democrazia sia veramente il migliore dei sistemi politici possibili: forse meglio dire con Winston Churchill: Il peggiore dei sistemi possibili, esclusi tutti gi altri. Io non vedo un modello politico migliore, per deve essere aiutata nel suo percorso di crescita. Serve una manutenzione della democrazia, uno sforzo di adeguamento alle questioni contemporanee. Pensiamo a quello che accaduto sui mercati e che ha determinato il fallimento della Lehman Brothers e la crisi del 2008. Prima di arrivare al default della Leheman, si determinata una politica espansiva con tanti soldi sul mercato, tassi bassi, mancanza di controlli. Ci ha portato allesasperazione dellutilizzo della leva, leva di 40 o 50 volte il capitale con un rischio default dietro langolo: come poi accaduto. Queste esasperazioni hanno portato poi ai famigerati mutui subprime, concedendo spazio alla speculazione pi sfrenata e permettendole di entrare nei gangli vitali della vita economica con capitali che viaggiano a velocit vertiginosa a livello globale. I danni pi grandi sono stati provocati da usi anomali e immorali degli strumenti della finanza, che possono distruggere un Paese intero, unintera cultura, del resto lo abbiamo gi visto nella storia. La democrazia non sempre in grado di porre dei freni a questo sistema pervasivo e infetto. La democrazia deve essere adeguata e messa in grado di reagire alle trasformazioni creando anticorpi normativi a queste infezioni neoliberiste. Il liberismo porta a dare molto spazio ai comportamenti pi immorali. L ambizione individuale in s una molla motivazionale fondamentale, un fatto positivo e vitale fino a quando non si trasforma in spietato arrivismo amorale, quellutilizzo spropositato dellambizione che porta a impiegare qualsiasi mezzo per ottenere il massimo risultato. La politica deve essere in grado di porre un freno con norme certe ed efficaci. Stabilire regole per evitare che lambizione di pochi non debordi in tracotanza e si trasformi in autocrazia oligarchica. Il mondo come un fiume che scorre: senza argini solidi, la democrazia pu venire travolta dalla spinta egoistica, oligarchica e plutocratica. Per questo servono regole, non troppe, ma certe e rispettate, giuste ed equilibrate, eque e lungimiranti, per essere in grado di garantire tutti.
(Carlo Salvatori, presidente Lazard & Co.)
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La leadership e le banche: un possibile ossimoro


Giuseppe G. Santorsola

Il banchiere soggetto particolare per le sue caratteristiche, per il ruolo che svolge nel tessuto economico-sociale e per langolazione con la quale viene abitualmente valutato dallesterno. Svolge un ruolo necessario, antipatico (quantomeno in senso strettamente greco) e di contrapposizione rispetto ad altri. Dispone, peraltro per conto terzi, di uno strumento altamente ricercato e altrove raro (il denaro e/o il credito) e lo gestisce nellottica di una risorsa scarsa. Negli ultimi anni il relativo prezzo (tasso dinteresse) stato generalmente basso, ma stato corredato da componenti collaterali di costi per servizi e oneri annessi che ne hanno ridotto la trasparenza e la percepibilit. Peraltro, le considerazioni ora esposte non sono effettivamente riconducibili al banchiere quanto alla banca, azienda che opera spesso sul mercato senza una figura emblematica particolarmente rappresentativa. L azienda in quanto tale leader (anche per i motivi sopra citati), ma i suoi esponenti di vertice non evidenziano frequentemente leadership. Possiamo anzi affermare che quando si manifestino tali connotazioni, il banchiere leader trova difficolt nel suo agire. Le banche operano come sistema e non come singole entit; vivono un mercato certamente competitivo, ma debbono rispondere costantemente a crescenti vincoli di vigilanza, coefficienti patrimoniali e parametri operativi che condizionano gli spazi di iniziativa pienamente imprenditoriale. La rottura del complesso equilibrio, reso indispensabile dallo sviluppo di entit quali il Financial Stability Board, il Comitato di Basilea e le principali Banche Centrali (americana ed europea) determinerebbe riflessi insostenibili. Un banchiere effettivamente leader non convive in modo naturale con tale struttura e deve necessariamente condividere le sue scelte con omologhi dotati di altrettanto potere finanziario. In altri tempi, John Pierpoint Morgan, David Rockfeller e Mayer Amschel Rothschild seppero imporsi ai colleghi in virt della loro potenza finanziaria, della capacit decisionale e della competenza e lungimiranza che emergeva dalle loro pronte scelte davanti agli
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La leadership e le banche: un possibile ossimoro

eventi. Molte banche sono in realt invece originate dallalleanza fra due o pi banchieri (Henry S. Morgan e Harold Stanley per citare lesempio pi noto). La complessit dellistituzione sembra non coincidere frequentemente con la sostenibilit del controllo in capo a un solo soggetto; basta pensare alla ragione sociale di Lehman Brothers o di Solomon Brothers o alla natura composita di molte altre denominazioni (Bear-Stearns, Kidder-Peabody, Smith-Barney, fra gli altri). Passando a esaminare il fenomeno in un contesto pi generale e aziendalistico, la leadership presuppone una followship, quindi dei seguaci, come sottoline Peter Drucker. Nel contesto bancario trova invece maggior spazio un criterio gerarchico che determina obblighi e vincoli di relazione. Spesso la leadership non esiste e la subordinazione viene accettata senza riconoscimento. Per oltre cinquanta anni lo stesso contratto collettivo di lavoro del settore del credito in Italia ha determinato scale di inquadramento molto parcellizzate con numerose posizioni intermedie che hanno reso difficile anche leventuale (raro) riconoscimento della leadership. Esiste una correlazione quasi statistica fra andamento economico delle banche e continuit del management. opportuno citare il fatto che dopo la crisi del 2008 nelle prime 20 banche mondiali i massimi vertici sono stati tutti sostituiti (almeno uno fra il Presidente e il C.E.O), salvo il caso della Goldman Sachs. Si potrebbe intuire in tal modo una fattispecie di leadership in negativo, alla quale vengono intestate le responsabilit emerse, il che plausibile allinterno dellazienda e nel contesto del settore delle banche di investimento; non altrettanto per evidente sia nel contesto sociale (dove il soggetto avversato e visto come ingordo) sia nel contesto finanziario dove individuato come concorrente non evitabile, temuto, avversato, ma non leader. Ulteriore considerazione merita il riscontro che il banchiere ideale, soprattutto nel contesto europeo del passato, era figura poco nota e poco presente, leader allinterno del proprio contesto, ma non tale nella societ e nella gestione esterna del potere. I grandi banchieri americani, francesi ed ebrei attenuavano al massimo la loro presenza pubblica, rarefacevano le occasioni di dialogo, proprio per rafforzare il peso dei loro interventi quando svolti. Nel contesto italiano Toeplitz, Mattioli e Cuccia hanno rappresentato il modello ora citato. Gli stessi Governatori della Banca dItalia, per i quali peraltro non richiesta leadership nel ruolo, si esprimevano una o due volte lanno, fino almeno agli anni Novanta. Successivamente invece diventata usuale la presenza in occasioni istituzionali anche private, aumentan337

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done la visibilit. Anche questo aspetto peraltro non significa leadership, quanto, al contrario, la delega a un soggetto istituzionale in quale tale incaricato di gestire le situazioni pi complesse. Potremmo individuare, nel caso, lassenza della leadership quale variabile organizzativa, sostituita da quella di ruolo imposta per norma. Ritornando a valutare il contesto delle banche operative sul mercato, necessario distinguere quelle originanti dal capitale investito da famiglie storiche (Rothschild, Rockfeller, Worms, Lazard e quelle invece di emanazione pubblica o (solo recentemente) a capitale diffuso. Non possibile unanalisi congiunta dei diversi profili: le banche private, ad azionariato ristretto e orientate alla clientela pi esclusiva (quella unica del passato), si identificano con il fondatore e cercano nella famiglia la continuit della gestione, soffrendo quando nel fluire delle generazioni la leadership si attenua, manca o non dispone delle motivazioni necessarie; le banche di grandi dimensioni, originanti come strutture pubbliche e successivamente privatizzate, hanno a lungo allontanato la leadership per poter essere gestite con pi facilit dai poteri esterni; peraltro alcuni banchieri, tra i migliori, si sono formati in tali contesti e hanno saputo in casi non marginali gestire le situazioni in modo vincente, rovesciando grazie a competenze e qualit relazionali il modello gestionale che li vedeva solo esecutori ad alto livello; le banche ad azionariato diffuso sono una realt degli ultimi anni, spesso derivante da fusioni e non da sviluppo interno; la combinazione della governance rinviene spesso numerosi azionisti semiforti, necessariamente alla ricerca di alleanze; spesso il management pi abile ha tessuto le relazioni necessarie per la manifestazione dei patti e delle alleanze, ma ha spesso dovuto abbandonare quando il potere dei voti e il mutare degli accordi ha preso il sopravvento; le condizioni di crisi hanno agevolato la distruzione delle situazioni di leadership semiforte, sopportata di fronte alla bont dei risultati, prontamente eliminata nel momento della caduta dei corsi delle azioni e del calo degli utili e dei dividendi; dimostrazione palese che non era leadership effettiva e che la stessa non spesso stata in grado di governare gli stati critici della gestione. Pur in assenza di un adeguato riscontro statistico e scientifico, plausibile affermare che lesercizio della piena leadership sia parzialmente incompatibile con la struttura degli intermediari bancari. In particolare, fin dalla prima direttiva europea del 1985 stato incardinato
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La leadership e le banche: un possibile ossimoro

il principio dei Vier Augen (quattro occhi) che impone la compresenza di almeno due soggetti con poteri decisionali al vertice della gestione. Ne deriva che, qualora uno dei due sia dotato effettivamente di leadership, ci influenzi il rispetto del principio, mentre nel caso contrario il conflitto che ne deriva condiziona negativamente il percorso gestionale della banca. In realt, in numerose banche si verificato un ulteriore fenomeno meritevole di attenzione. La presenza di soggetti in posizione apicale, individuabili come leader, ha creato scaloni organizzativi nella gerarchia a motivo dellabbandono, da parte dei collaboratori pi vicini al vertice ricoperto da un soggetto leader, che dovendo rispettare i principi organizzativi deve conferire deleghe e soffre la condivisione del processo decisionale con soggetti di fatto in grado di sostituirlo e/o di ricoprire le stesse funzioni. L abbandono da parte dei potenziali leader, non soddisfatti delle condizioni non pienamente manageriali del proprio operato, ha comportato generalmente la sostituzione con soggetti pi fedeli al leader in carica, provenienti dai ranghi in posizione subordinata e che, almeno inizialmente, si comportano nel rispetto della distanza gerarchica preesistente. In tal modo si determina lo scalone con gradoni e non gradini indicato in premessa. Esiste peraltro una importante differenza tra lanalisi organizzativo-gestionale e quella comportamentale. Le banche sono tradizionalmente area non conforme per levidenziazione di fenomeni di piena leadership; il modello corrente nella letteratura sulla vita bancaria propone soluzioni del tutto contrarie, ma sono soprattutto la compliance alle prescrizioni di vigilanza e il rispetto dei vincoli normativi a determinare ripetitivit gestionali che frenano lo sviluppo delle potenzialit di leadership; ci avviene, inoltre, in modo crescente alla luce dei frequenti cambiamenti organizzativi e della separatezza dei processi decisionali, largamente dominati dalla gestione informatizzata e dalla divisione dei processi lavorativi. Ulteriore profilo di analisi quello relativo alla fase di selezione iniziale delle risorse. I requisiti tradizionali di studi ragioneristici, precisione, correttezza sono stati sostituiti negli anni 80 dalle attitudini tecnico-commerciali funzionali al modello distributivo. La leadership peraltro rimane estranea ai profili obiettivo degli assessment ed era sostanzialmente temuta al momento della selezione perch ritenuta pericolosa da gestire a fronte del modello distributivo di massa prevalente. evidente peraltro che la selezione delle risorse direttive non risponde solo a questi criteri, ma stata inizialmente direzionata verso specialisti di funzioni provenienti dal mondo industriale, inseriti nel
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contesto tradizionale e la cui eventuale leadership stata spesso frenata dalla convivenza con direzioni generali statiche. Solo verso la fine degli anni 80 alcune direzioni generali furono affidate a soggetti non provenienti da carriere interne (fattore invero ostacolante di fatto lo sviluppo pieno della leadership dovendo il soggetto apicale convivere con i suoi precedenti colleghi di posizione). Attualmente, la sostituzione di un direttore generale o di un amministratore delegato costantemente realizzata con risorse esterne, soprattutto nelle banche maggiori, a conferma della difficolt di individuare un primus inter pares. La leadership appare quindi uneccezione, limitata ai quei soggetti che proprio in quanto dotati del fattore emergono nonostante il contesto contrastante, sviluppando spesso carriere interne dai livelli minori e capaci di aggregare il consenso soprattutto in banche popolari, cooperative e casse di risparmio, laddove il controllo societario (oggi definibile governance) favoriva coloro che erano in grado di aggregare consenso senza il vincolo di posizioni finanziarie dominanti. Unulteriore provocatoria osservazione pone sotto critica la condizione, oggi dominante, di banche quasi tutte quotate in mercati regolamentati, quando invece il pieno dispiegamento delle capacit gestionali dovrebbe esigere la separatezza pi piena rispetto agli obiettivi principali della negoziazione continuativa delle azioni in un mercato nel quale si confondono (invero correttamente) gli interessi di molteplici soggetti. Daltro canto, nelle condizioni attuali, il potere del denaro (anche in senso meramente quantitativo) nettamente superiore a quello delle persone, soprattutto se queste non sono portatrici del capitale di rischio, quanto prevalentemente assorbitrici dello stesso per remunerazioni e premi legati a risultati di breve orizzonte. Le regole dei mercati peraltro impongono rendiconti, informazioni, comunicazioni e previsioni con cadenze brevissime e ravvicinate. Esiste un conflitto anche etico fra la riservatezza tipica del banchiere tradizionale e le esigenze di trasparenza dei mercati guidate dalle regole necessarie per rassicurare milioni di azionisti che non sono assolutamente banchieri nella logica che li spinge a partecipare al rischio di queste imprese, che restano differenti dalle altre, ma che non possono restare tali quando si misurano in termini di raccolta delle stesse risorse secondo parametri che le banche adottano quando svolgono il loro ruolo di finanziatrici, ma non verso se stesse. In conclusione poniamo allattenzione alcune incongruenze tra le condizioni teoriche strutturali della leadership e il playing field caratteristico delle banche. La leadership si basa sulla dinamica di gruppo e come influenza
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La leadership e le banche: un possibile ossimoro

della personalit, piuttosto che sulla capacit di spiegare e convincere in modo motivato; aspetti rari e talvolta incongrui nella gestione della risorsa denaro. La leadership definita come labilit di manipolare le persone cos da ottenerne il meglio con i minimi contrasti e la massima cooperazione attraverso il contatto tra leader e subordinati; viene quindi vista come un esercizio di influenza unidirezionale, il gruppo e i suoi membri vengono messi in secondo piano e considerati soggetti passivi; tale aspetto contrasta con le regole della compliance e della individuazione di comitati differenziati per molte funzioni decisionali allinterno dei board delle banche (come ovviamente anche delle imprese quotate). La leadership inoltre esercizio di influenza, comportamento, capacit di persuasione e relazione di potere, quattro termini che non collimano con le condizioni di efficienza delle banche. Il leader opera in un contesto di gruppo, ma deve guidarlo anche quando la persuasione non pu fondarsi su parametri, coefficienti e regole. Questi sono gli strumenti attuali per raggiungere obiettivi; evidente il contrasto con lutilizzo per lo stesso fine della leadership. Essa peraltro un fattore emergente dallinterazione; ci che differenzia questa affermazione dalle precedenti il nesso di causalit; in questa si nota che la leadership viene considerata un effetto dellazione del gruppo e non pi un suo elemento formante. La sua rilevanza risiede nellaver messo in evidenza che la leadership emerge dal processo di interazione tra individui e non avrebbe ragione di esistere senza di esso. La leadership anche un ruolo di differenziazione: rientra nella teoria dei ruoli, secondo la quale ogni individuo, interagendo con altre persone o con un gruppo, sviluppa una posizione, solitamente diversa, dagli altri individui. Diversi autori vedono infatti nella leadership un attributo che differenzia i membri allinterno di un gruppo. Infine, la leadership interpretabile come liniziazione di una struttura; con questa affermazione si vuole intendere che la funzione di leadership indispensabile per lavvio di una struttura e per il suo mantenimento. In tale conflitto strutturale si rileva la distanza principale che rende difficile immaginare in futuro la convivenza della leadership nel mondo bancario.

(Giuseppe G. Santorsola, docente di economia degli intermediari finanziari e di finanza aziendale presso lUniversit Parthenope di Napoli)
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La guida e il suo angelo. Adriano Olivetti


Giulio Sapelli

In questo mondo, che ignora la memoria storica, dove non esiste pi la cultura della comunit, la cultura della relazione associata degli uomini nel loro pi diretto particulare, si usano molto spesso parole a sproposito e si evocano uomini come Adriano Olivetti, di cui signora il reale pensiero. Il 27 febbraio del 1960, Adriano Olivetti moriva di trombosi cerebrale sul treno che lo portava da Milano a Losanna, dopo aver concluso, come primo imprenditore italiano, una grande avventura: quella di acquistare, da industriale canavesano, unimpresa americana, la Underwood, e di dare vita, in questo modo in modo pi concreto di quanto non avesse fatto sino ad allora alla filiera tecnologica dellinformatica. Qui per scriver del significato pi segreto della sua esperienza: la Sua vita interiore, i suoi riferimenti intellettuali, ci che un tempo si chiamava la Sua anima (per servirmi di un termine che oggi non si usa pi, ma che appartiene alla filosofia del personalismo cristiano, a cui faccio riferimento). Olivetti stato non solo un grande imprenditore, ma anche un grande editore. Ha creato una casa editrice, a cui ha dato nome Comunit, con laiuto di alcuni collaboratori preziosi che poi sono stati gli uomini che hanno fatto molta parte della cultura italiana: Alessandro Pizzorno, Geno Pampaloni, Paolo Volponi e tanti altri. Parler di questo cot nascosto, esoterico di Olivetti, perch, secondo la mia tesi, non si pu comprendere il significato che Egli dava alla parola e al concetto di comunit se non lo si legge in una guisa che anche Giuseppe Berta aveva enunciato nel suo libro, ma che non aveva ben sviluppato, perch esso si occupava delle realizzazioni pratiche di Olivetti: lurbanista, il teorico di una riformulazione delle relazioni umane e di unidea del management come riforma dellimpresa e come realizzazione delluomo libero nellimpresa. Questo lato di Olivetti per essenziale. E che cos questo cot? lOlivetti utopista. Egli era un utopista in un senso particolare. Che cos lutopia? lidea che si possa prefigurare qui e ora, nel mentre gli uomini vivono e
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La guida e il suo angelo. Adriano Olivetti

fanno, esercitano i loro doveri e i loro diritti, un mondo diverso che si pensa e si prevede sia migliore di quello in cui ora luomo vive associato con gli altri. Per capire qual il fondamento utopistico di Adriano Olivetti, bisogna comprendere la Sua formazione familiare, e soprattutto la figura di Suo padre Camillo Olivetti. Questi noto non solo nella storia dellimprenditoria italiana, poich il padre dellindustria meccanica di precisione, ma anche nella storia politica, perch organizz la fuga di Turati dallItalia fascista, consentendogli di raggiungere lesilio. un uomo che per tutta la vita si arrovella attraverso una problematica squisitamente religiosa. un ebreo che sul finire della Sua vita raggiunge una sorta di concezione sincretica tra le due religioni del Libro, tra 1a religione cristiana e la religione ebraica, e aderisce alla chiesa unitariana, il cui scopo era quello di unire lo spirito de1la cultura ebraica allo spirito della tradizione cristiana. Qual lidea della storia in Olivetti? unidea della storia che tipica della cultura ebraica. stato pubblicato qualche anno fa un libro di Stefan Moses, La storia e il suo angelo (tratto dalla frase famosa di Walter Benjamin), che racconta a un pubblico non esperto di pensiero ebraico come intendevano levento storico tre grandi sapienti di tale pensiero: Franz Rosenzweig, Walter Benjamin, Gershom Sholem. Qual lidea fondamentale? che alla visione ottimistica della storia di matrice post-hegeliana, di matrice anche marxista, si contrappone unidea diversa di questi tre pensatori, che fanno riferimento a tre filoni diversi del pensiero ebraico: Scholem alla cabala, Benjamin alla tradizione tedesca che passa per la scuola di Francoforte e Rosenzweig a quella tipicamente religiosa. Ho trovato nelle mie letture a cui mi dedico sempre pi spesso per disgusto verso la realt nel primo volume delle opere complete di Simone Weil, questo passaggio in un piccolo scritto che sintitola Morale e religione: L uomo virtuoso deve fare il suo dovere [e qui citava Pascal] e lasciar fare gli dei. E non deve desiderare il successo, ma deve volere il dovere. E prendere per il suo successo come oggetto del suo libero atto. contraddittorio volere unazione senza volere che questa azione sia efficace. Quello che veramente la virt non pu realizzarsi senza che lazione sia efficace, proprio perch unicamente dal fatto dellefficacia viene il valore dellazione. Volere lazione e non volerne leffetto volere senza coraggio, non volere. In questa frase c la chiave per capire la meteora Adriano Olivetti, che stata una delle pochissime persone ad aver avuto un enorme potere economico e intellettuale nelle Sue mani e ad averlo usato per cercare di modificare il senso della storia secondo quelli che erano, sostanzialmente, i Suoi punti di vista, le Sue idee. Simone Weil
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una scrittrice che Olivetti introduce in Italia. Mistica ebrea (allieva di uno dei grandi filosofi francesi, Alain), dopo aver fatto loperaia partecipa alla guerra di Spagna dalla parte dei repubblicani e muore durante la seconda guerra mondiale a Londra di stenti e di fame proprio per questo Suo impegno solidale: anchessa, come Olivetti, una persona dorigine ebraica che si sente vicina al cattolicesimo. In questo senso, Adriano Olivetti appartiene alla tradizione del messianismo ebraico perch concepisce lazione come inveramento della teodicea. Ma, per la maggioranza delle persone, cosa c di pi lontano dello spirito dallindustria? Se c qualcosa di meccanico, questo lattivit industriale. Lo scopo di Olivetti era invece di riempire di spiritualit lindustria, sicch si pu parlare di Lui come di un uomo che ha cercato di unire lazione con il volerne gli effetti, ma allinterno di una escatologia, di una visione messianica profondamente spirituale. Che cosa vuol fare Olivetti? Egli continua a operare nel campo in cui prima Suo padre e poi lui stesso avevano mietuto i primi successi: quello dellindustria meccanica di precisione. Successivamente, negli ultimi anni della Sua vita (che si spezza con un atto quasi divino, perch inaspettato e tragico) entra in quello straordinario campo che lindustria informatica. Ebbene, Egli voleva riformare profondamente il tessuto industriale del nostro Paese e il rapporto che esisteva tra lindustria e la societ, e chi ha espresso meglio di qualsiasi altro questo messaggio che Olivetti aveva in s, questa visione messianica della storia, stato Felice Balbo, un intellettuale indispensabile per capire questo Suo lato misterioso, utopico e religioso. Cosa scrive Balbo? Come si conclude la sua opera Le idee per una filosofia dello sviluppo umano? Si chiude con questo passo, che la definizione del contesto pratico di quella realizzazione nellazione a cui faceva riferimento Simone Weil e in cui opera Olivetti. Sembrano parole scritte oggi, ma sono del 62: In Italia non abbiamo la situazione industriale americana, che pone il problema delle relazioni umane e delleducazione sistematica di gruppi umani come naturale esigenza della continuit del dinamismo economico. Infatti, uno dei maggiori problemi delleconomia americana di oggi precisamente quello del mantenimento del livello dei profitti e della perpetuazione delle aziende. Abbiamo per noi, in Italia, problemi pi gravi e pi maturi in un altro senso. Dobbiamo proporci di suscitare liniziativa sociale della maggiore quantit possibile delle energie subalterne separate e isolate e aprire a questo problema le responsabilit dirigenti, le une e le altre per buona parte e in modi diversi estranee fino ad oggi agli aspetti pi vitali della civilt industriale, mentre ne subiscono ormai inarrestabil344

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mente alcune delle conseguenze peggiori [lumanizzazione del lavoro industriale]. La nostra economia, in luogo o in pi del problema che ha lAmerica, ha quello di ridurre le passivit sociali, ossia di rendere produttive le spese sociali, tanto pi in quanto queste spese sociali non sono eccezionali, ma tendono ad accrescersi, a diffondersi, a essere permanenti, perch ormai le masse umane o divengono energie attive e produttive, o debbono essere, nei modi pi diversi, mantenute sia pure ad un estremo livello di povert. L alternativa tra produttivismo e assistenzialismo, dice Balbo, ma il produttivismo pu essere raggiunto solo attraverso la realizzazione dei fini della persona umana a partire dallindustria: Il tema qui affrontato sembra essere tra quelli pi pertinenti allo studio di questi compiti ormai maturi. Egli aveva, come Olivetti, unidea dello sviluppo sociale e dello sviluppo economico coincidente con quella dello sviluppo umano. Scrive con questo suo periodare filosofico: Sviluppo umano e quindi realizzarsi dellumanit in quanto umanit. E, riferendosi a Feuerbach: Sviluppo sociale il realizzarsi della societ conformemente allessenza umana. L operare di Olivetti comincia da questo punto: come fare per organizzare la societ conformemente allessenza umana, allessenza della persona, alla difesa dellintegrit della persona e alla realizzazione della persona? Inizia la riflessione sulla comunit. Olivetti scrisse chiaramente che la comunit avrebbe dovuto possedere parte delle imprese, con unidea quindi socialista, autogestita della comunit. Non ha nulla a che vedere con le ipotesi di comunit di cui si parla oggi. Questa unidea di comunit antiliberista, non antiliberale (perch ricordiamoci sempre Benedetto Croce con la divisione tra liberalismo economico e liberalismo politico): i princpi liberali in politica sono una cosa, i princpi liberali in economia sono unaltra. Gestione del capitale, diceva Mounier, riassorbimento del capitale nelle mani dei lavoratori e degli organizzatori responsabili [cio dei dirigenti]. I benefici verranno ripartiti in quattro settori una volta garantiti i servizi generali dellimpresa (salario uniforme, scala mobile, partecipazione agli utili, usufrutti di rendite vitalizie che si accantonano per le pensioni, ecc. ecc., organizzazione e controllo del credito [che doveva essere effettuata su scala comunitaria], soppressione legale di tutte le forme di usura, di speculazione e in genere di ogni fecondit del denaro). E inoltre: Nella gestione della produzione: controllo collettivo, non statizzato, ma decentrato con partecipazione dello Stato di quelle imprese che per la loro importanza assumono il carattere di veri e propri servizi pubblici. Organizzazione di tutte le altre imprese in comunit federative di produzione. Orientamento delleconomia non gi
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verso il profitto e laccrescimento indefinito degli agi del benessere, ma verso i bisogni reali e la maggiore diffusione dei beni comuni. Queste sono le idee che il pensiero personalista cristiano aveva avuto gi negli anni Trenta: rispetto dellambiente, rispetto della natura, rispetto dellintegrit della persona, produzione non al solo scopo di produrre, ma per un fine sociale. Sono tutte idee che Mounier e Maritain avevano gi espresso, oltre la grande tradizione del pensiero socialista. La prima edizione de Lordine politico delle comunit fu pubblicata da una tipografia in Svizzera nel 45 per i tipi delle Nuove Edizioni Ivrea e a Roma nel 46 ne usc una seconda stampa per le Edizioni di Comunit. Il sottotitolo di questultima edizione recita Dello Stato secondo le leggi dello spirito e, in epigrafe a entrambe le versioni, c una frase molto significativa: Servire la pace, la civilt cristiana con la stessa volont, la stessa intensit, la stessa audacia che furono usate a scopo di sopraffazione, distruzione, terrore. Cosa scrive Olivetti nella Sua opera? Cerca di spiegare come si possa tenere assieme la volont di realizzare la libert: Tra il non giudicate del Vangelo e lamore della verit vive la libert. Parla cio di una terza via, economica, che comincia dallimpresa che va fino allorganizzazione dello Stato. Qual la terza via? Tra il socialismo di Stato che Olivetti vedeva gi fallito nellUnione Sovietica (perch era in contatto con gli ambienti trozkisti, con gli ambienti della sinistra socialista che avevano gi dato una giudizio estremamente critico), e il liberalismo economico pienamente dispiegato, cio il mercato senza controllo. Il presente piano scrisse Olivetti invece un tentativo di indicare completamente una terza via che risponda alle molteplici esigenze di ordine materiale e morale lasciate finora insoddisfatte. Alla base di questo piano di riforme vi la concezione di una nuova societ che per il suo orientamento sar essenzialmente socialista, ma che non dovr mai ignorare i due fondamenti della societ che lha preceduta: democrazia politica e libert individuale. Qual lessenza del contenuto di questo libro? N lo Stato da solo n lindividuo da solo possono rispondere ai grandi problemi del mondo industrializzato che nasce dalle rovine della guerra e che si affermer successivamente. L unico modo per rispondere a questi immani problemi ricostituire lunit delluomo tra azione, pensiero e spiritualit. E lunico modo per far ci riconsentire alluomo di vivere in quella che Olivetti chiama una Comunit concreta. Ma cos la Comunit concreta? Olivetti parte da un fatto semplice: c un abisso tra luomo e lo Stato. Bisogna creare pertanto un organo politico intermedio, che immediatamente la comunit in cui luomo vive, perch de346

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finita dai rapporti economici che si dispiegano nel tessuto locale e dai rapporti di tipo fiduciario, culturale, sociale che si dispiegano negli uomini che gestiscono quelleconomia. La comunit deve avere quindi una misura umana: non deve essere n troppo piccola, per stimolare sentimenti di egoismo e di concorrenzialit, n troppo grande, per reintrodurre un rapporto di spersonalizzazione. La grandezza nella comunit deve essere media e riferita alla possibilit organizzativa degli enti locali. Olivetti pensava fondamentalmente al comune e a gruppi di comuni che devono essere il perno, come strumenti di autoregolazione dal basso, degli organismi economici che agiscono nella comunit. La natura dello Stato quindi deve essere federalista e collettivista insieme: la superiorit della comunit consiste nellelevata efficienza che le viene dalla specializzazione resa possibile dalle competenze territoriali di ogni comunit, e dalla grande facilit con la quale i cittadini possono entrare in contatto con i suoi organi e controllarli. Quindi la comunit deve essere la cellula di un nuovo Stato federale, che per non federale in quanto regionale, ma perch formato da tutte le comunit, che sono dei comprensori economici. Olivetti passer (e compir quello che io ritengo un Suo grave errore) da questa idea, che poteva irrorare come un lievito tutte le forze politiche, alla creazione un movimento politico proprio. In realt Egli era un uomo troppo colto per voler creare una forza politica con il potere economico: us in effetti solo quello intellettuale e quindi non riusc a realizzare i propri scopi. Mentre organizzava questo movimento politico, addirittura giunse a promuovere una comunit (di operai e dirigenti) alla Fiat Mirafiori di Torino, perch pensava che una grande impresa dovesse essere gestita come una comunit. Ma lidea fondamentale della riforma di Olivetti era lidea di una nuova democrazia. E qual era questa idea? Lasciamo perdere larchitettura istituzionale che descritta nellopera e guardiamo alla sostanza. Qual era dunque la Sua idea di fondo? Le democrazie parlamentari avevano fallito, non avevano fermato n il fascismo n il nazismo. Per due diversi motivi: perch non si erano organizzate le forze politiche democratiche su base personalistica ed esse non avevano fatto delluomo, della persona, il centro dellattivit, cio non avevano fondato la politica sullelevazione e lemancipazione culturale della singola persona. E non avevano capito il rapporto che le nazioni industriali ponevano in forma nuova tra il meccanismo della competenza e quello della democrazia. Qual era stata la risposta agli autoritarismi degli anni 30? Era stata la limitazione della democrazia e Olivetti decide di non percorrere questa strada. Il principio fondamentale, per Lui, deve rimanere il suffragio uni347

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versale, deve rimanere le democrazia della maggioranza, ma si deve evitare la dittatura della maggioranza. E bisogna agire non sulla domanda politica, ma sullofferta politica. Occorre, cio, agire selezionando la classe politica sulla base della competenza. Nella vita della comunit, delle organizzazioni comunitarie, la democrazia deve essere una sorta di democrazia diretta (sullesempio di quella Svizzera), perch si tratta di comunit a misura duomo. L organizzazione dello Stato doveva essere fatta in modo che alle elezioni dei supremi organi dello Stato che Olivetti concepisce attraverso una complessa architettura istituzionale, secondo le funzioni principali che lo Stato dovrebbe avere, dallintervento nelleconomia alla regolazione urbanistica arrivassero solo le persone competenti. E come si poteva realizzare questo proposito? Attraverso la creazione di ci che egli chiama lIstituto politico fondamentale. Lo Stato doveva formare la possibile classe politica creando unistituzione alla quale potevano iscriversi gli individui di ogni ceto e di ogni classe, che dovevano perseguire e protrarre negli anni un periodo di formazione, formando in questo modo una sorta di ppinire, ossia di vivaio della classe politica. Gli alunni dovevano formarsi, fare degli esami, essere selezionati, essere in misura enormemente superiore ai possibili eletti. Quindi, unidea di restringimento della dittatura della maggioranza non alla base, ma al vertice. Potevano accedere al vertice dello Stato solo le persone competenti, selezionate per non dalla societ civile: Olivetti non parla mai della plebe imberbe e bambina, che alberga nella societ, dei mostri che girano tra le foreste moderne. Crede che la gente debba essere educata dalla libert e dalla democrazia diretta, e che poi debba esistere un meccanismo capace di formare la futura classe politica. Alcune societ lhanno fatto istintivamente. Pensiamo a come si forma la classe politica in Francia: i suoi componenti sono quasi tutti formati dallcole National Administracion o dallcole National Politecnique. Non c nessuna legge che lo imponga: la consuetudine. Si pu dire che una societ tanto pi civilizzata quanto pi istituzionalizza la formazione delle sue classi politiche, che non sono lasciate al dominio della plebe, ma hanno delle istituzioni di formazione. Olivetti insegna che quanto pi il grado di istituzionalizzazione della politica elevato, tanto pi elevato il grado di civilizzazione. Quanto pi esiste la formazione di una classe dirigente ampia e personalistica, tanto pi una societ evoluta. Ma ci non pu avvenire spontaneamente e Olivetti, nel suo libro, arriva ad analizzare la pratica istituzionale pi estrema, anche grazie alla Sua mentalit di imprenditore, di industriale. Il grado di civilt tanto pi alto quanto meno la formazione
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della classe politica affidata al potere economico, al controllo dei mass media, alla demagogia, a delle caratteristiche fisiognomiche (perch la gente vota anche secondo questi aspetti). Olivetti arriva a dire che questa istruzione doveva essere regolata da una legge dello Stato. Per questo il suo libro si chiama Lordine politico delle comunit, un ordine che tra la persona e lo Stato crea delle societ intermedie in grado di selezionare la classe politica al vertice attraverso il principio della competenza: Lo Stato federale delle comunit considera fondamentale la necessit di individuare, formare, organizzare una lite politica atta a dare un contributo alla formazione della nuova societ e ci senza caratteri di privilegio e di esclusivit. Tale lite sar costituita da una categoria di uomini che hanno sentito profondamente la vocazione della politica intesa nel suo vero significato di missione sociale. Ad essa dedicheranno la vita in modo esclusivo. Siamo di fronte al professionismo. Ma chi deve eleggere queste lite selezionate impersonalmente (dal merito)? Scrisse Olivetti: L individuo riposa sugli elementi materiali e dalla materia individualizzato e limitato. Esso quindi si muove secondo la risultante di un puro urto di forze, in un piano in cui le leggi spirituali non spiegano la loro invisibile potenza. Se il mondo che nasce vuole evitare nuove catastrofi e volgere verso mete superiori, occorre creare una societ in cui la Persona abbia la possibilit immediata di esplicare la propria umanit e spiritualit [cio trasformarsi da individuo a persona]. Come poteva avvenire questo? Olivetti, se da un lato continua a essere un illuminista, dallaltro un pratico, alla Simone Weil, perch sostiene che lunica via sia quella di costituire delle relazioni sociali in cui gli individui si emancipino e diventino persone. Relazioni sociali garantite secondo Lui dalla democrazia su piccola scala, dallauto-organizzazione e soprattutto dalleducazione e dalla cultura. Olivetti spendeva quote ingenti del Suo patrimonio per la biblioteca e riduceva lorario di lavoro degli operai per consentire loro di seguire volontariamente dei corsi di formazione, non strettamente professionale, in cui si affrontavano la storia romana, quella dellantica Grecia, del cinema, della filosofia e cos via: e oggi la biblioteca civica di Ivrea costituita per l80% dalla biblioteca Olivetti, nonostante la volontaria, voluta distruzione che di essa ordin Carlo De Benedetti appena impossessatosi dellazienda, in spregio alla stessa figura di Adriano. Egli, Adriano, era un pratico e un illuminista poich, secondo Lui, doveva sempre esservi una lite che mettesse in moto il meccanismo di passaggio dallindividuo alla persona. Ci doveva essere un gruppo dirigente originario che educasse le masse attraverso soprattutto la scuola.
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L idea di comunit portata avanti da Olivetti attuale in unepoca di globalizzazione economica? Egli pensava in un mondo in cui il mercato non era ancora globale e unidea per essere efficace deve poter essere estesa a livello continentale, perch altrimenti si avrebbero forme di dumping sociale. Tuttavia Olivetti fautore di unidea squisitamente moderna: il valore della persona. Se il destino dellEuropa oggi di puntare allindustria ad alto capitale intangibile (cio tecnologia e tutto ci che lincorporazione della scienza nel processo produttivo), il valore cognitivo dellattivit fondamentale. Antropologicamente siamo passati da un mondo in cui contavano i piedi, lagricoltura, a un mondo in cui contavano le mani, lindustria, e ora viviamo in un mondo post-industriale dove la mente centrale, dove ci deve essere una persona morale, giacch non si possono realizzare processi cognitivi complessi solamente attraverso una specializzazione. Pur assecondando la flessibilit, occorre avere una formazione personale ampia. Per questo credo che il personalismo comunitario olivettiano abbia un futuro: esso punta sul valore della persona. Potrebbe essere utile a questo riguardo riprendere i manoscritti economici e filosofici di Marx, nella vecchia edizione Einaudi curata da Luigi Firpo, dove presente il tentativo dellautore, sulla scorta di Hegel e di Feuerbach, di elaborare unidea di uomo come realizzazione non solo della specie e del genere, che la vita, ma, da giovane hegeliano, anche dello Spirito assoluto, quindi anche dellidea di ragione, di libert. L uomo si realizza solo se c lo Spirito assoluto. La grande molla dello Spirito assoluto stato il legame tra intellettuali e popolo, per dirla in termini gramsciani. Gli intellettuali potevano essere i monaci del medioevo barbarico, i Boezio, i preti dellOttocento, i predicatori socialisti, comunisti, i sacerdoti che andavano in mezzo ai lebbrosi a evangelizzare, cio coloro che avevano come fine la verit e che cercano di farla diventare senso comune: questo stato il legame tra intellettuali e popolo. Oggi il problema che non c pi questo legame.

(Giulio Sapelli, economista, ripropone per il concetto di guida illuminata lesemplarit della complessa figura di Adriano Olivetti. Il testo, tratto da un seminario sul grande imprenditore, inedito).
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Vettori dellinnovazione
Massimo Scaccabarozzi

Il leader ha il compito fondamentale di indicare una direzione, offrire un orizzonte da traguardare, supportare intellettualmente ed emotivamente le ragioni del cambiamento: per questo deve disporre del coraggio di cambiare, della forza di innovare. Tutto questo quando si attraversa una stagione di declino come accade nel nostro Paese. Il leader deve catalizzare il processo di trasformazione, favorendo la velocit di reazione, e avere non solo la velocit di riflessi di chi deve essere reattivo ma soprattutto la capacit di anticipare il mutamento, accompagnarlo con un atteggiamento proattivo. Lesercizio della leadership una funzione vettoriale del cambiamento, un processo dinamico sempre in ascolto e in progress. Se parliamo di leadership pubblica poi necessario stabilire una connessione imprescindibile tra lesercizio di un potere di gestione della res publica e la presenza di una sincera vocazione a testimoniare una leadership valoriale fondata sulla centralit del fattore esemplare. Tutti gli aspetti relativi alle competenze o allarte del comando sono nulla senza la presenza di valori decisivi come la credibilit, lintegrit, lautorevolezza. In questo difficile momento il nostro Paese vive proprio questo tipo di tensioni e contraddizioni, perci abbiamo il dovere di educare le nuove generazioni in un modo del tutto diverso da quelli che sono sembrati i valori di questa stagione. La classe dirigente ha il dovere di orientare nuovi valori segnando una decisa discontinuit con il passato. Il leader deve essere dotato di uninnata curiosit intellettuale perch su di essa si fonda la spinta al cambiamento, il piacere di innovare. La curiosit spinge i ricercatori a realizzare le scoperte rivoluzionarie: senza questa molla teoretica, impossibile dare slancio al pathos e allethos della ricerca scientifica e tecnologica in grado di ridisegnare il volto del mondo. Spesso chi dispone del potere di guida tende a evidenziare unazione di micro-management, ma certamente nella dimensione contemporanea questo approccio riduttivo ed in gran parte inefficace concentrarsi su elementi marginali del processo di innovazione. Il vero salto qualitativo, il solo pensiero capace di guardare
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in faccia lorizzonte del futuro, dipende da una visione di macro-management. Se ci si chiude nella stretta prospettiva riduzionista del micro-management si rischia di venire inviluppati in una spirale negativa che attira in un vortice discendente. Serve invece osare correndo il rischio di sbagliare: i piccoli sbagli non devono essere stigmatizzati dal leader perch se non si permette ai collaboratori di sbagliare non ci sar pi nessuno disposto a cercare di inventare qualcosa di nuovo e diverso. Senza innumerevoli fallimenti e senza lostinazione del ricercatore, la penicillina non si sarebbe scoperta. Non si sarebbe raggiunta questa straordinaria crescita dellaspettativa di vita del genere umano senza una straordinaria capacit di apprendimento dai propri errori: di questo deve essere perfettamente conscio un leader. Il leader deve sempre chiedere a se stesso e alla propria squadra: Cosa c di nuovo oggi?. Il settore della salute ha il privilegio di una leadership industriale nel Paese: le industrie del farmaco rappresentano il primo settore high-tech sia per numero di addetti che per investimenti in ricerca e sviluppo. Proprio per questo importante, da parte nostra, dotarsi di leader che abbiano visione e prospettiva, che sappiano convivere con il sistema di incertezze di uno scenario ad alta complessit: come dicono gli anglosassoni, limperativo master complexity, ovvero, affrontare e saper gestire la complessit. Attraversiamo un passaggio storico difficile con una crisi intensa che lItalia non ha mai vissuto. Stiamo vivendo una sorta di sotterranea guerra, o meglio, guerriglia economica che rischia di sfiancare il Paese nelle sue risorse e nella sua motivazione, depauperandone gli asset economici e morali. La leadership lo strumento indispensabile per traghettare con successo il natante fuori dalle acque stagnanti di una palude. un imperativo morale prima ancora che politico, che quanti lavorano nel pubblico o nel privato devono recepire e introiettare: oggi il settore pubblico non pu pi essere ancorato ai vecchi stereotipi perch venuto a mancare il fondamento della sostenibilit nelle politiche di finanza pubblica; per questo necessario fare uno sforzo collettivo per uscire dalle zone di comfort. Questo richiede di attrezzarsi, di addestrare la volont, la forma mentis a compiere una scomoda esplorazione del possibile dotandosi di coraggio. Ma il coraggio richiede emozioni: sono le emozioni che smuovono le masse. La leadership pubblica o privata che sia, per mobilitare uno sforzo epocale di questo tipo, deve mostrarsi innanzitutto credibile. Serve unassoluta sincerit nellassunzione di responsabilit. I tempi del decision making si sono fatti sempre pi stringenti, non si pu indugiare e ruminare idee, bisogna sperimentare
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Vettori dellinnovazione

velocemente e trovare continuamente alternative. Anche se oggi trovassimo una soluzione alla crisi occorre non fermarsi pi e continuare a pensare avanti, oltre la soluzione. Serve una mentalit pragmatica, una consapevolezza dellimportanza dellenergia che si sprigiona dalla trasformazione, della dinamica positiva scatenata da un approccio sperimentale ed empirico anche alle questioni sociali. Io credo che un governo tecnico debba applicare in modo determinato la sua matrice puramente tecnica, evitando che anche i tecnici facciano politica. Un governo tecnico al 100% deve trovare risposte caratterizzate da una particolare acutezza e abilit nel problem solving e nella soluzione tecnocratica dei nodi problematici che stringono il Paese. per questo che i tecnici del governo sono chiamati a compiere uno sforzo per trovare soluzioni innovative ai problemi endemici del Paese. Dopo le prime manovre di natura puramente di cassa, attraverso lintroduzione di misure probabilmente impopolari per governi politici, a mio avviso si deve ora virare verso lapplicazione di una nuova leadership pi tecnica. Un non politico deve portare avanti, nella sua azione, un simulacro di tecnicit guidato da un approccio veramente tecnico, caratterizzato da innovazione e cambiamento senza condizionamenti di natura politica per poi riconsegnare alla politica una fase nuova. E la politica lo deve sostenere per uscire dalla crisi. Il nostro un popolo straordinario, pronto a capire, ad accettare le sfide, a coglierle e a compiere sacrifici per risorgere. Questa la nostra storia, da sempre. E dal dopoguerra in poi lo abbiamo saputo dimostrare al mondo intero. Ha per bisogno di una leadership che sappia affrontare le problematiche per produrre qualcosa in cui credere, qualcosa che unisca e non divida. Mancando i soldi per la Previdenza costringiamo a lavorare pi a lungo gli anziani, ma siamo il Paese con la pi alta disoccupazione giovanile. Ecco, da un tecnico ci si aspetta ora la produzione di unidea che consenta di rilanciare loccupazione giovanile, magari chiedendo sacrifici a giovani e persone in et pensionabile sulla base di una soluzione innovativa e creativa del problema, che distribuisca equamente e razionalmente gli oneri di una riforma, una soluzione che unisca e non divida. Si deve poi trovare una osmosi naturale tra formazione e lavoro. Abbiamo un sistema formativo spesso inadeguato. I giovani italiani sono spaesati quando si accingono a entrare nel mondo del lavoro. Serve lintroduzione di temi come limpresa, il lavoro, la tecnologia, leadership e gestione (non solo di risorse economiche ma anche e soprattutto umane) gi nel mondo dellistruzione. Bisogna aver il coraggio di cambiare a partire dalla formazione. Oggi senza un master
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difficile inserirsi nel mondo lavorativo. Oggi la laurea un must have, un punto di partenza non di arrivo, un requisito di partenza di una carriera. Ecco, dobbiamo cominciare a parlare con gli studenti universitari di leadership. Abbiamo una classe dirigente molto avanzata come et media perch non riusciamo a formare i giovani. Il ricambio generazionale deve essere una priorit per il Paese. Un leader deve preferire chi lo sfida a chi lo rassicura. Io preferisco avere collaboratori pi bravi di me, che mi diano gli spunti giusti, che sappiano rilanciare sulle sfide. Bisogna uscire dalla zona di comfort, dallo status quo consolatorio e protettivo della quiete inerziale. I momenti pi difficili sono anche quelli pi formativi perch danno degli stimoli che ci chiedono di dare di pi, perch ci spingono a creare relazioni: partnership e relazioni, contaminazioni culturali dei saperi, creativit, cross fertilization delle scienze. Con la politica dei tagli non si va lontano, si fanno progressi solo con la politica della crescita. Si deve avere il coraggio di rischiare per crescere. Non si pu fare crescita solo con tagli indiscriminati e senza parametri. Al Paese servono stabilit e regole certe. Non possibile che non si riesca a fare un piano industriale perch ogni volta che si discute di questo argomento, il giorno dopo vengono cambiate le regole. Serve un assetto normativo pi stabile coerente e comprensibile. Giusto evitare gli sprechi ma importante puntare su settori chiave e importanti per crescita e sviluppo. I settori ad alta tecnologia come il nostro, poi, non possono che svilupparsi attraverso una struttura reticolare proprio perch anche la ricerca allinterno del sistema privato sta cominciando a porsi un problema di sostenibilit. Stanno nascendo sempre pi piccole aziende di ricerca biotecnologica avanzata perch lo sviluppo di un farmaco fino alla commercializzazione ha costi elevatissimi; solo un farmaco su 10.000 arriva al paziente e quindi la sostenibilit dei costi di sviluppo divenuta un aspetto critico, difficile trovare un investitore in grado di sostenere il binomio costi elevati e selezione severissima del mercato. Il piccolo comincia ad aprire linee di ricerca e quando arriva a scoprire un prodotto con una potenzialit importante stabilisce un rapporto di partnership con il grande player, che in grado di fornire il volume di investimento per il definitivo sviluppo evitando il rischio delle fasi di incertezza iniziali. La sinergia tra start up e incubatori di ricerca e grandi aziende la risposta per rendere sostenibile un settore sempre pi difficile ma fondamentale come quello della salute. Oggi nel settore del farmaco vi sono delle politiche regionali incentrate esclusivamente su dinamiche di appropriatezza economica, che impattano
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Vettori dellinnovazione

in modo devastante su un sistema industriale che ha un valore per il Paese. Il differenziale tra prestazioni erogate da un sistema incentrato sulle competenze regionali ha determinato effetti spesso discriminatori a danno dei cittadini, che si trovano ad avere un differente trattamento in funzione della regione di residenza; ci inaccettabile. Un cittadino italiano non pu subire una sostanziale discriminazione dal punto di vista della qualit di assistenza rispetto a un bene primario come la salute in relazione al differenziale del livello qualitativo di prestazioni regionali. E questo danneggia anche, per contro, un settore industriale ad alto valore di impiego e ad alto valore di export. Non possiamo neppure pensare di esportare il made in Italy a livello globale ed essere un Paese leader a livello europeo senza mantenere una solida e univoca dimensione unitaria nel modo di offrire la nostra identit al resto del mondo. Non ha senso che un Paese con la nostra tradizione culturale, scientifica, estetica e fatta di grandi innovazioni che hanno cambiato la storia del mondo possa essere frammentato da interessi polverizzati e concorrenti. C stata, negli anni, una sorta di volont di accanimento ideologico nei confronti del settore farmaceutico in Italia, come gi accaduto nel passato per altri settori importanti quali la chimica, la siderurgia, la microelettronica. Lideologia non deve cozzare contro la concretezza della realt fattuale: non si pu operare per una desertificazione di un settore cos cruciale allinterno dellindustria italiana. Chi intende depauperare il patrimonio industriale del Paese deve indicare dove intende creare occupazione per i giovani. Per questo una nuova classe dirigente deve essere capace di indicare strade nuove e non ripetere errori che stiamo ancora pagando.

(Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria)


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I giovani, la cultura, la rete, il teatro


Andre Ruth Shammah

I giovani mi interessano. Non mi interessa parlare di loro ma con loro. Io sono con i giovani. Lo sono sempre stata grazie alla mia esperienza di madre, di artista e direttrice di un teatro come il Franco Parenti. Per questo ho accettato volentieri linvito del professor Ivan Rizzi a partecipare al convegno/dibattito tenutosi lo scorso 31 maggio presso il teatro Dal Verme. Confesso di essere rimasta colpita dal primo intervento di un giovane ragazzo. Nella sua domanda non erano solo contenute le paure e le perplessit sul suo futuro, cera unaccusa al mondo adulto, unaccusa feroce: La volta scorsa avete parlato solo voi. Noi siamo venuti qui, abbiamo ascoltato ma non abbiamo avuto lopportunit di parlare. Di intavolare una discussione. Di dialogare con voi. A quel punto la mia natura registica stava per prendere il sopravvento e avrei voluto invertire fisicamente i ruoli in sala: i giovani seduti a parlare e gli adulti in platea ad ascoltare. Per questa ragione ho preferito cominciare proprio da loro, dalle loro domande, disarmanti per la loro semplicit. Credo sia latteggiamento pi corretto per affrontare il tema: porsi in una condizione di profondo ascolto mi rendo conto quanto sia difficile per un adulto, un problema di linguaggio. Mai come in questo periodo storico il mondo adulto distante anni luce da quello dei giovani, soprattutto nella modalit e nella condivisione dellesperienza comunicativa. Non possiamo dimenticarci che stiamo parlando con i nativi digitali. Cosa ne sappiamo noi di quel mondo? Suggerirei di tenere presente tutto ci se vogliamo entrare in reale contatto con loro. Che ruolo pu avere la cultura? Come pu essere daiuto ai giovani? I turisti vengono in Italia per lArena di Verona e sono una manna per i ristoranti, gli alberghi, i trasporti; migliaia di giovani vanno a Mantova per il Festival della Letteratura, a Modena per la filosofia,
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I giovani, la cultura, la rete, il teatro

a Spoleto per il Festival e in genere per decine di rassegne estive; leconomia di quelle aree notevolmente influenzata in tutte le componenti di servizi e di consumi e nelle grandi citt i teatri offrono occasioni di intrattenimento in grado di rendere pi gradevoli i soggiorni anche di affari. Credo che la cultura e la creativit, ancora una volta, possano essere elementi fondamentali per ricostruire un disegno generale di sviluppo del Paese, sia per risollevare leconomia sia per riaffermare e sviluppare i caratteri della nostra identit culturale. Mi riferisco a un universo identitario di circa seimila aziende distribuite sul territorio nazionale e di 200.000 lavoratori (artisti, tecnici, maestranze altamente qualificate, impiegati ecc.) che va dalle imprese creative alle giovani associazioni e che deve e vuole fornire lhumus culturale per il rilancio complessivo del Paese, per permettere allo spettacolo italiano di cogliere la sfida e porsi a livello globale come soggetto attivo in grado di dialogare e imporsi sui mercati internazionali, fornendo alle generazioni future un nuovo patrimonio da tutelare e valorizzare. Le imprese dello spettacolo dal vivo producono ricchezza, beni materiali e immateriali. Producono qualit del tempo e della vita, producono prospettive di emancipazione dal torpore dei modelli televisivi, producono diritti e senso civico svolgendo le loro funzioni di interesse pubblico nel presidiare e arricchire la vita delle nostre sfilacciate comunit. E nonostante la crisi ogni sera si aprono centinaia di sipari, si inaugurano decine di rassegne estive, ci si predispone alla condivisione. Se la montagna Italia non franata in questo momento di crisi perch c una rete basata sulla condivisione. questo il sistema che ha impedito allItalia di essere inghiottita dalla crisi. Rete e condivisione. Mi paiono due concetti estremamente legati alle attuali giovani generazioni. Il successo di un individuo dipende dalla sua capacit di cogliere i vantaggi provenienti dalla rete sociale che stato in grado di attivare intorno a s. Le reti sociali, amici, conoscenti, colleghi, familiari, amici di amici e il loro studio non sono questioni di oggi. Mi riferisco allanalisi delle reti sociali a fini sociologici degli anni Cinquanta (J.A Barnes) anche se tali studi risalgono a un passato ancora pi lontano se si considera il lavoro di Eulero e la sua teoria dei grafi del 1736, che alla base della teoria delle reti e se penso alla mia esperienza non ho dubbi sulla crucialit del loro ruolo. La gestione automatizzata delle reti sociali attraverso i social
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network per esempio, protagonista dellattuale rivoluzione del web, potrebbe rappresentare una via di salvezza e allo stesso tempo una soluzione alloppressione di noi vecchi. Devo infatti constatare con amarezza che la mia generazione ha una forte incapacit di allontanarsi dalle posizioni di potere e investire concretamente sui giovani, che dovrebbero imparare a cogliere e utilizzare lopportunit pi significativa che la rete offre: la meritocrazia. Oltre che democratica, la rete straordinariamente meritocratica e al suo interno il concetto di leadership tende a sgretolarsi e a perdere di significato. Tutti ad armi pari. Tutti ai nastri di partenza con le medesime possibilit. Chiunque pu trovare il suo modo di far fruttare questo rapporto. Dico ai giovani di investire l, nel loro mondo. il luogo delle loro idee e dove le passioni possono trasformarsi in magiche esperienze umane e professionali Partite da l. Sfruttate le occasioni che i vostri genitori non ha avuto la possibilit di cogliere. E quando ci sarete parlate di arte, cultura e teatro.

(Andre Ruth Shammah, direttrice Teatro Franco Parenti, Milano)


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Il vento del cambiamento


Roberto Siagri

Ci sono dei modelli allinterno della leadership dimpresa che possono essere estrapolati ed esportati anche al sistema pubblico; daltra parte ci sono delle imprese multinazionali che hanno strutture dimensionali paragonabili alla popolazione di grandi citt. Credo che a livello politico manchi una vera cultura della leadership, e non per caso. Il tema della leadership strettamente legato a quello dellinnovazione: il leader il catalizzatore di una dinamica trasformativa. Il termine classe dirigente rivela invece una dimensione pi decisamente statica e conservativa. Uno sguardo verso i Paesi che mostrano pi vitalit sociale rivela la presenza di meccanismi di funzionamento della leadership politica pi dinamici e trasparenti, che consentono una sufficiente fisiologia di ricambio, favorendo lo sviluppo di una dinamica sociale viva, vibrante, nella quale esiste un meccanismo di ricambio del potere sia politico che economico. Cercare di interpretare il futuro, e non conservare il passato, il compito vero del leader, che dunque lapripista su una via non ancora percorsa. Il leader non pu essere nominato dallalto ma deve emergere dal basso; ci per possibile solo in un contesto meritocratico e fondato sulla selezione delle qualit e non sulle rendite di posizione o di appartenenza a caste corporative. Un leader vero non deve seguire le scorciatoie del populismo e del facile consenso, ma si deve plasmare su un impasto di sana legalit e virtuosa eticit. Il potere che viene riconosciuto al leader pu trasformarsi in elemento pericoloso, come la storia ci ha purtroppo insegnato con esempi estremi di leadership che hanno condotto intere nazioni al disastro. Noi tutti ci muoviamo dentro lorizzonte di uno scenario mobile: letica storica, si trasforma nel tempo e contribuisce a dare una direzione alle coordinate morali di un popolo, di una nazione; ma anche la leadership si fonda sullattitudine al prefigurare la metamorfosi sociale e culturale, assecondando e stimolando i fattori pi produttori dinnovazione. per questo che la politica fondamentale: perch a essa spetta una supervisione sui modelli di societ a cui si va incontro. Alla po359

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litica spetta il primato nella funzione del trasformare la societ, e lo deve fare non disorientando ma motivando alle riforme, in un contesto di rispetto del valore dellequit e delle pari opportunit. Il rapporto tra tattica e strategia deve essere equilibrato e sostenibile: alla politica spettano le scelte tattiche per gestire nel modo pi efficace o pi indolore limpatto delle riforme necessarie sul sistema sociale. Si tratta di accompagnare e seguire con la massima cura il percorso verso un futuro di trasformazioni epocali per il Paese. Il percorso della politica spesso tuttaltro che lineare, spesso una sorta di detour, una circumnavigazione piuttosto che una linea retta. Servono dei sensori strategici sul futuro, ma anche grande pragmatismo tattico per gestire la tempistica della trasformazione. Spetta innanzitutto alla politica il compito non facile di sincronizzare levoluzione sociale con quella tecnologica, quella valoriale con quella economica. Il leader deve strutturale la propria forma mentis, la propria rete neurale, con la consapevolezza olistica dei rischi a cui si espone ogni sua decisione, ogni presa di posizione che investe una pluralit interconnessa di effetti interdipendenti. Coraggio ma responsabilit, velocit ma ponderazione di tutti gli eventuali corollari di ogni possibile opzione: questa deve essere la modalit di decision making, lintelligenza specifica della leadership. Si pu ricorrere alla metafora dellarrampicata: vi sono dei passaggi obbligati, con unalta probabilit di successo, che per comportano comunque un rischio. L importante riconoscere il rischio, misurarlo con dei parametri il pi possibile oggettivi, per arrivare ad agire consapevolmente. Il leader pu sbagliare, ma deve avere consapevolezza critica della modalit e della ragione dellerrore. fondamentale impiegare lerrore come strumento di apprendimento, imparando a calibrare degli aggiustamenti progressivi per non arrivare a commettere errori irreparabili. Connessa alla responsabilit c la questione di chi effettivamente paga il prezzo dellerrore del vertice. L errore di un leader tende a determinare effetti su uno spettro ampio, a volte enorme, di persone. In un caso, come quello che deve affrontare il governo tecnico del Presidente Monti, evidentemente lalternativa il default nazionale, per cui diventa quasi obbligato il percorso da compiere se non si vogliono subire determinate conseguenze. In scelte a chiara struttura binaria lonere della scelta diventa un dilemma meno ambiguo, anche se non meno duro: questa la struttura a imbuto del momento che lItalia sta vivendo. Una definizione che trovo perfetta quella secondo cui leader chi ti fa fare delle cose che non vuoi fare nel tuo stesso interesse. Questo tipo di leadership proprio quella che mancata in Italia negli ul360

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Il vento del cambiamento

timi anni e di cui oggi il Paese ha una necessit vitale. Una delle caratteristiche della leadership consiste nella necessit in molti casi di mantenere una discreta dose di asimmetria informativa: non necessaria, anzi potenzialmente deleteria, la libera circolazione di alcune informazioni particolarmente delicate che potrebbero contribuire a diffondere il panico. In determinate situazioni quasi doveroso da parte del leader il conservare nel chiuso delle segrete stanze del potere determinate informazioni. Una gestione selettiva della conoscenza indispensabile in alcuni settori o condizioni. Il leader ha bisogno di motivare le persone per ottenere il massimo, e a volte questo richiede una gestione selettiva delle informazioni secondo una scala di utilit. Mantenendoci nella similitudine tra leadership e arrampicata utile fare unulteriore considerazione: una scalata senza chiodi una performance individuale che richiede forte carattere, ma non necessariamente attitudine alla leadership. Per fare una grande arrampicata in solitaria non richiesto di essere leader: il leader invece colui che sa dare il meglio di s in un contesto di team. Il leader pi assimilabile alla guida in una salita in gruppo, che ha la responsabilit di condurre gli uomini in sicurezza, non perdendone per strada nemmeno uno e motivandoli a salire secondo un passo diverso per ciascuno. Anche qui vale una massima come quella secondo cui: se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai in gruppo. Per meno del cinquanta per cento la leadership dipende da fattori personali, caratteriali, di predisposizione, e per la maggior parte dipende dai vissuti esperienziali, dagli incontri fatti, dalle situazioni relazionali che ne agevolano con il tempo la maturazione. Il leader colui che porta la luce a un gruppo smarrito in una stanza buia. Cos come si viene riconosciuti dagli altri per diventarne leader, altrettanto si deve essere disposti a riconoscere con se stessi i propri limiti ed essere pronti ad accettare, al momento giusto, un nuovo leader in grado di sostituirci. Non bastano solo doti intellettuali per diventare leader, ma piuttosto opportuno il possesso di un buon equilibro tra quoziente di intelligenza cognitiva (Q.I.) e quoziente di intelligenza emotiva (Q.E.). In una impresa tecnologica la leadership condizionata dalla presenza di un minimo di competenze tecniche, altrimenti necessaria una reggenza duale, un magico duo retto da un perfetto equilibrio e riconoscimento reciproco, dove linventore ha capacit tecnica e linnovatore ha leadership vera e propria. L innovatore ha bisogno dellinventore perch questultimo che vede la strada; anche se non sa con quale strumento affrontarla, linventore prepara gli strumenti, i dispositivi che servono per entrare nel futuro; ma limplementazione spetta al361

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linnovatore. In assenza di una leadership di tipo duale, linnovatore deve disporre, perlomeno nella fase iniziale, di una sufficiente competenza tecnica e deve anche saper riconoscere i propri limiti, non rinunciando ad avvalersi delle competenze dei collaboratori. Oltre al fondamentale Q.E. indispensabile un livello di Q.I. per poter comprendere le chiavi fondamentali del business o del problema in esame. altrettanto importante per il leader non circondarsi da yes man o meri esecutori, ma di persone in grado di collaborare con una mentalit aperta e un piede gi nel futuro. indispensabile la presenza di sintonia, di una sorta di affinit elettive che rivelano una medesima visione del mondo tra leader e staff di collaboratori. Si tratta di persone in grado di rendersi conto se il leader sta deviando dalla coerenza con la propria visione del mondo. Il controllo e lo stimolo proveniente dai propri uomini rappresenta la migliore garanzia per continuare a mantenere la giusta direzione nel momento cruciale delle decisioni, senza cedere a compromessi o accomodamenti. La lettura degli elementi della storia, o del reale, dipende dalla lettura del futuro: la lettura nel presente di un segnale debole, capace di rivelare tendenze a venire, non viene interpretato da tutti nella stessa maniera; basti pensare che nel mercato finanziario sono sempre presenti contemporaneamente letture diverse e contraddittorie sui medesimi fenomeni, al punto che sulla base dello stesso fenomeno c chi decide di comprare e chi decide di vendere. Proprio per la natura ambigua nella lettura del futuro e nella predizione dei trend a venire diventa indispensabile per il leader il circondarsi di uomini con cui condividere una interpretazione e una progettualit del futuro. Il leader ha necessit di avvalersi di chi in grado di suggerire una correzione in corso dopera della direzione o delle decisioni prese. Per la parte pi tecnica invece si pu ricorrere a consulenti, che hanno expertise su un argomento ma con i quali non c necessariamente quella condivisione per la strategia finale. fondamentale che gli stretti collaboratori dello staff abbiano lonest intellettuale e il coraggio di dichiarare se il progetto deciso dal leader realistico o se una pura chimera irrealizzabile. A questo proposito, come diceva Roosevelt: Occorre guardare alle stelle ma con i piedi per terra. Si tratta di aprire la mente, di formarsi alla tolleranza alle soluzioni imperfette: se infatti dobbiamo misurare tutto con gli strumenti della percezione rischiamo di rimanere troppo incollati al presente e divenire schiavi del realismo e incapaci di contemplare il possibile. Si deve raggiungere un sano equilibrio tra lessere troppo ancorati al presente e lessere troppo sbilanciati sul futuro. L innovazione non tanto un fattore tecnologico quanto socio-cul362

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Il vento del cambiamento

turale. Se la societ non aperta al cambiamento e non dispone di una mobilit interna non pu ricevere linnovazione: sarebbe una contraddizione in termini. Per questo non detto che una societ con tante invenzioni sia necessariamente una societ innovativa. L innovazione uninvenzione che entra nel tessuto sociale ed economico ed in grado di trasformare abitudini, usi e costumi. In Italia le aziende a corto di denaro, con un credito di rischio troppo stretto, non possono permettersi la strategia a lungo termine fondata sul perseguimento dellobiettivo innovativo, ma devono concentrarsi esclusivamente sulla tattica di continui aggiustamenti per riuscire a sopravvivere. Unimpresa che vive nel flusso del day by day quotidiano pu mostrare grande capacit adattiva e di sopravvivenza, ma non pu rivoluzionare il mondo. Dobbiamo puntare pi sulle opportunit che sulle garanzie. Il Paese ancora troppo rigido e incapace di vera flessibilit per potere guadagnare sufficiente competitivit. troppo protetto dentro caste difensive che ne ingessano la dinamica sociale e lautentica meritocrazia. Serve maggiore mobilit nel mercato del lavoro, compensata da un sistema di reti di protezione sociale equo ed efficiente, che per non inibisca lo spirito di iniziativa degli assistiti. Bisogna riuscire a tracciare, in modo inequivocabile e non ideologico, le differenze tra un capitalismo buono e un capitalismo cattivo, incentivando il primo e sanzionando il secondo. Senza limpresa non c crescita e non c futuro per il Paese. L impresa ha assoluta necessit dellimpegno di uomini con senso del dovere e con una spiccata etica del fare. I motori effettivi dellinnovazione, che sono i giovani talenti, le universit, le piccole e medie imprese, sono stati penalizzati, sono stati lasciati ai margini da un Paese incentrato su poche grandi imprese, su aziende in mano pubblica, sullipertrofia della Pubblica Amministrazione, sullintoccabile privilegio del corporativismo diffuso. Il vero fattore dellinnovazione non la torre davorio della ricerca, ma la mobilit delle idee, il trasferimento di conoscenza, la contaminazione della conoscenza in una pluralit di settori disciplinari pronti ad aprire filoni innovativi di applicazioni a cascata. La piccola impresa stata lasciata sola, ma la si anche voluta senza controlli, potenzialmente anarchica. Si troppo spesso tollerata la sistematica violazione delle norme e delletica del buon capitalismo, con un impoverimento del tessuto economico ma anche di quello sociale. La leadership pubblica ha il dovere di ricominciare a offrire modelli positivi di riferimento. Purtroppo spesso i modelli innovativi vengono osteggiati proprio perch destabilizzanti, perch rompono equilibri consolidati nel tempo. Chi riuscito controllare il potere fino a quel
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momento vuole conservare la struttura e il blocco di potere al comando e tende a osteggiare i processi pi profondi di cambiamento che consentirebbero agli outsiders di ascendere al ruolo di nuova classe dirigente. In Italia sta scomparendo la classe sociale pi attiva e motivata, pi in grado di costruire il nuovo, che la classe media. Il nostro Paese stato troppo chiuso su se stesso, mentre noi apparteniamo a uno spazio aperto. I ragionamenti della politica sembrano riferirsi a una dimensione autarchica o separata dellItalia rispetto al contesto internazionale e globale. Non possiamo confinarci nellillusione di una prospettiva rinchiusa su se stessa e slegata dal contesto internazionale. Molti nostri politici sono abituati, e ci hanno abituato, a considerare il mondo da una prospettiva limitata e provinciale di piccola faziosit. In una fase come quella attuale il pragmatismo dobbligo e va superata la fase populistica della politica degli ultimi anni. Se il leader dispone di integrit morale, coerenza esemplare e un passato inoppugnabile, avendo dimostrato nella propria storia personale virt e credibilit, quando chieder dei sacrifici alla societ civile ci sar sempre qualcuno disposto a seguirlo in un percorso faticoso. Il problema principale degli Italiani come comunit collettiva sempre la scarsa volont ad assumersi in prima persona gli oneri dei sacrifici. Letica civile richiede unassunzione di responsabilit in prima persona: si deve partire da se stessi, sviluppando una coscienza quotidiana del fare fondata sullimperativo categorico kantiano del dovere assoluto. Invece si cerca sempre una giustificazione al mancato impegno, motivandolo con il supposto disimpegno degli altri. Si va alla ricerca della colpa esterna a s, si rivolge laccusa agli altri senza partire dallesame interiore e personale. La dietrologia, il complotto, la ricerca di un nemico esterno sfociano in una escalation paranoica, che trova sempre un capro espiatorio per tutte le colpe e le inefficienze: la finanza internazionale, gli extracomunitari, la burocrazia europea, le nuove economie emergenti. Invece di ripartire dalla rifondazione delle strutture portanti della coesione sociale e di un nuovo patto tra le generazioni, si tende a dividere, ad accusare. Il vero leader, invece, quello che riesce a unire e sintetizzare le differenze, non quello che apre un varco tra le classi, allarga le distanze tra gli interessi e divide i cittadini. Si devono affrontare a viso aperto i problemi e le loro cause. In questi anni si sono spesso esorcizzati i problemi con un ottimismo di facciata. In una prima fase era importante non generare il panico e cercare di evitare il disfattismo, ma si sarebbe dovuto al contempo cercare di porre rimedio alle questioni, operando con manovre anticicliche e di sostegno
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Il vento del cambiamento

congiunturale. Poi, a causa dellimmobilismo con cui non si risposto alla crisi del Paese, si dovuti ricorrere alla drastica terapia di affrontare i problemi strutturali del Paese. Non opportuno fare del populismo sulla questione delle tasse, agitando il popolo in una rivolta antifisco, quando ci si trova di fronte a una crisi finanziaria epocale e si deve salvare un Paese dal rischio default. poi paradossale il fatto che quelli che aizzano sono proprio coloro che hanno portato il Paese sullorlo del baratro. In Francia la cultura della leadership non vede quella dicotomia, quella frattura tra pubblico e privato. Oltre le Alpi c rispetto e legittimazione reciproca tra leadership pubblica e dimpresa. C consapevolezza dellimportanza di creare non rotture ma sinergie tra settore privato e pubblico, per il supremo interesse del Paese. Il settore pubblico altamente qualificato e viene rispettato proprio perch viene percepito come al servizio della collettivit e non come un luogo dellabuso di potere o del privilegio di casta. Il settore delle infrastrutture direttamente connesso alla visione strategica di un Paese. C bisogno di darsi un disegno, di costruire unagenda di priorit per il futuro assetto del Paese; c bisogno di ricompattare una dimensione di condivisione, per realizzare una sintesi finalizzata al bene comune. indispensabile superare questo modello di contrapposizione faziosa ed esasperata, incurante delle necessit collettive: abbiamo vissuto una sorta di guerra politica senza fine, che distrugge ogni possibile terreno dincontro con la razionalit. Il nostro sistema politico ha, negli ultimi anni, prodotto una politica de facto lontana dagli interessi collettivi del Paese, cha ha protetto lo status quo molto pi di quanto abbia promosso lapertura al nuovo, generando una perdita significativa di competitivit internazionale. Il mondo ormai interconnesso: non possiamo pi permetterci una politica che ci esponga a crisi di credibilit internazionale. L unica strada percorribile invece laprirsi con coraggio al mondo globale. Di fronte al vento del cambiamento c chi crea dei muri per difendersi dalla corrente del nuovo, laddove invece i migliori costruiscono dei mulini per sfruttare lenergia del cambiamento. Spetta a chi investito dellonere della leadership pubblica spingere il Paese a non rinchiudersi nelle garanzie del passato, bens a sfruttare il vento del cambiamento.

(Roberto Siagri, presidente e amministratore delegato Gruppo Eurotech)


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Ragionevole autorevolezza
Alessandro Varisco

Saper guidare un gruppo richiede di osservare il fondamentale principio etico del rispetto dellAltro, del riconoscimento della piena dignit dellinterlocutore. Non una questione di formalismo o cortesia, ma significa piuttosto consapevolezza dellidentit irriducibile e del valore dellAltro. Solo a partire da questo riconoscimento della differenza possibile conservare un giusto equilibrio dialettico e una costante curiosit verso la diversit delle opinioni che consente di arricchire la cultura della leadership in un mondo a elevata complessit e frammentazione delle competenze. Ognuno ha punti di vista, opinioni, sensibilit diverse: solo grazie alla capacit di ascolto e alla sintesi del leader si pu riuscire pienamente nel compito di armonizzare e mettere a fattor comune tutta la ricchezza plurale di una moderna organizzazione. Per essere un vero leader necessario essere dotati di una consistenza umana, di apertura mentale, di integrit morale. fondamentale possedere grande capacit di comunicare, di dialogare, di relazionarsi con empatia scambiando emozioni. Il ruolo principale del leader oggi consiste nella capacit di indurre le persone al cambiamento; per riuscirci indispensabile godere della fiducia necessaria che permette di rompere la resistenza psicologica inerziale che impedisce di avventurarsi nella trasformazione. Oggi le organizzazioni devono essere sempre pi flessibili e disposte a innovare processi e comportamenti, perch senza una autentica disponibilit al cambiamento impossibile cogliere le migliori opportunit: il leader rappresenta il catalizzatore di questa metamorfosi organizzativa. Il leader deve fornire quella affidabilit di forza tranquilla fondata sulla credibilit personale che favorisce la disponibilit ad attraversare un percorso di cambiamento. Energia positiva e apertura sono gli ingredienti indispensabili per disporti al cambiamento: lobiettivo raggiungere una sorta di stato di grazia, una risonanza fondata su una relazione di scambio circolare di emozioni con il leader in un processo che riesce a fondare proiezioni, identificazioni, inclusione e senso di appartenenza a una dimensione
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Ragionevole autorevolezza

collettiva e condivisa. Una linfa vitale, una forza di slancio verso il futuro: al leader spetta questo ruolo demiurgico di riuscire a plasmare la struttura sociale secondo i fini cui deve tendere lorganizzazione. La leadership per certi versi un fatto di personalit innata davvero poco dipendente da una tecnica ma che deriva da una costituzione della personalit intrinseca del leader. Spesso si tende a confondere autorevolezza e autorit. L autorit deriva dalla gerarchia, dalla posizione e il ruolo che si occupa. Il leader deve essere innanzitutto fiducioso nelle proprie capacit, non deve avere dubbi sugli obiettivi che vuole raggiungere. L autorevolezza invece proviene dallinterno della persona, da una confidenza in se stessi che si irradia positivamente sugli altri. Nella dimensione dellautorevolezza si gioca la credibilit e il senso di protezione che emana del leader. In realt si potrebbe decidere anche da soli ma la complessit di una azienda tale che diventa sostanzialmente impossibile farlo: si devono condividere le scelte. Oggi un genio universale e solitario come Leonardo non pi possibile. Il leader il direttore dellorchestra, che detta i tempi, ma ha anche bisogno dellapporto dei suoni degli altri per comporre la musica. La responsabilit delle decisioni deve essere del leader ma altrettanto fondamentale che nel processo decisionale partecipino tutte le persone coinvolte nel progetto. Il coraggio un elemento importante perch necessario a volte prendere decisioni che non sono popolari, a volte anche andando contro il consenso a tutti i costi. La capacit di andare controcorrente fa sempre pi parte della dimensione della leadership. Essere differenti la chiave vincente per un leader, rischiando oltre il conformismo. Un leader temerario stato sicuramente Steve Jobs ben caratterizzato da un imperativo come Be different. Aprirsi verso nuovi modelli di pensiero, nuovi paradigmi di azione, sapendo vedere oltre la chiave per interpretare una leadership visionaria in grado di trasformare la realt. La parte del calcolo, pur non essendo irrilevante, comunque marginale, lorganizzazione si gestisce oggi con lintuizione creativa. La parte razionale di controllo assume una rilevanza minore e comunque a seguire: senza sapere dove dirigere la propria direzione, le azioni di controllo e mera gestione perdono qualsiasi utilit. In Italia dal punto di vista delletica pubblica abbiamo visto un periodo atroce, sentiamo il bisogno di una catarsi collettiva. Nel sistema pubblico in questi ultimi anni hanno prevalso non gli interessi pubblici ma quelli privati o di lobby. La classe politica si trasformata in una casta di intoccabili avulsi da qualsiasi contatto con la realt dei pro367

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blemi dei cittadini. L assenza di ricambio nelle organizzazioni pubbliche rappresenta un fattore che incide sulla vitalit dellorganizzazione, che tende a perdere energie e capacit di adattamento al cambiamento. Manca il ricambio nel sistema politico: si parla di Prima o Seconda o addirittura di Terza Repubblica ma non si vede un ricambio dei volti al potere, che rimangono sempre gli stessi, solo pi invecchiati e imbolsiti nei loro privilegi: una decadenza quasi biologica dellorganismo politico ormai affetto da una sorta di malattia degenerativa e in crisi di lucidit. Le regole devono cambiare. Chi diventa parlamentare e non un leader di partito o di una corrente, si ritrova a essere ridotto alla riduttiva funzione di schiacciare un pulsante e votare troppo spesso secondo le indicazioni delle segreterie dei partiti o del gruppo parlamentare di appartenenza. La massima conoscere per deliberare rimane frequentemente inapplicata da parte dei nostri rappresentanti in Parlamento, dato che in molti casi votano senza sentire il dovere etico di documentarsi o senza disporre di sufficiente competenza sulle materie su cui esercitano il proprio voto. Si assistito a un progressivo decadimento del livello medio di qualit del personale politico, sempre meno competente, sempre meno disponibile ad approfondire e dibattere con cognizione di causa le questioni sottoposte allesame parlamentare. Quello della politica diventato un circolo, un club di habitu, sempre pi chiuso, dove si pu entrare solo su invito da parte dei membri del club. Il sistema dellattuale legge elettorale infatti funziona con un criterio di nomina dallalto da parte dei potenti del partito, piuttosto che secondo il criterio elettivo delle preferenze espresse dal popolo sovrano. In Inghilterra laccoppiata Cameron e Clegg raggiunge insieme pi o meno let dei nostri leader politici. Noi abbiamo un problema di ricambio generazionale che rappresenta un danno enorme alla democrazia e allo sviluppo di idee fresche e innovative per il Paese. La partitocrazia italiana ha contribuito scientemente a creare barriere allentrata per auto-conservarsi in un circolo di eletti conservatori, se non in quanto a idee, di fatto, per ragioni anagrafico-corporative. In un momento in cui si parla di villaggio globale, di apertura alla nuova tecnologia, noi abbiamo protetto e consolidato un sistema politico autoprotetto a chiusura stagna. Le liste dei partiti selezionano fedeli scudieri invece che nuovi potenziali leader. un problema che si auto-inviluppa in un circolo vizioso senza discontinuit. Se analizziamo la genesi di questo governo non possiamo non convenire sulla definizione di un quotidiano autorevole come il Financial Times che lo defin come governo del Presidente. Poco prima di venir incaricato da Napolitano, Mario Monti viene nominato Senatore a vita
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Ragionevole autorevolezza

dal Presidente con un tempismo certamente non casuale. Nel caso del governo tecnico devo dire che purtroppo non mi sembra si sia visto sin qui un grande sforzo per mobilitare crescita e sviluppo. Sono aumentate le tasse senza poter percepire un miglioramento dei servizi pubblici. Se le tasse sono il peso che grava sui cittadini per usufruire di servizi pubblici, allora in relazione alla pressione fiscale attuale dovremmo godere di servizi ai massimi livelli e invece accade esattamente contrario. Non si assistito a una svolta davvero significativa sul piano delle riforme strutturali del sistema pubblico. C bisogno di una rivoluzione culturale. Ci vuole un limite di tempo agli incarichi politici: la politica non un mestiere e come tale non deve essere interpretata. Il rischio che i partiti politici non possano assecondare fino in fondo la direzione imposta da Monti perch altrimenti diventerebbero degli esecutori testamentari della stessa classe politica. Serve una leadership moderna in grado di fondarsi su valori antichi come lonore e il rispetto, che insieme sono in grado di costituire un comportamento etico. Senza questo difficilmente possibile creare una vera cultura etica della leadership. A questo si deve aggiungere la capacit di dotarsi di obiettivi chiari, una visione lungimirante con un approccio pragmatico e sintonizzato sul cambiamento. Serve pro-attivit unita a ottima capacit anticipatoria per predisporsi con la massima flessibilit ai cambiamenti globali ed epocali. Da un lato dunque valori antichi come onore e rispetto e poi anche una olimpica serenit e coerenza rispetto alle pressioni di forze che derivano da lobby o da poteri forti. Abbiamo bisogno di reinventarci senza perdere la nostra identit. Non cambiare per cambiare ma con la convinzione dellindispensabilit della necessit del cambiamento per essere davvero in sintonia con i veri bisogni e le istanze della societ contemporanea. Dobbiamo partire dalla ripresa della nostra capacit italiana di influenza culturale sul mondo globale. Questa crisi come una tigre, per batterla bisogna solamente imparare a correre pi veloci dei nostri concorrenti.

(Alessandro Varisco, direttore generale Moschino)


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Lo scandalo della verit


Elio Veltri

Non ci pu essere leadership pubblica in assenza di visione: malauguratamente, in questo Paese, il progetto il grande assente. Nessuno dispone di una idea sulla societ a venire, e nemmeno di un conseguente programma di governo in grado di dare vita e concretezza alla visione. Al progetto spetta di indicare il traguardo, mentre al programma di stabilire percorso, tappe intermedie, priorit, scadenze in grado di valutare il raggiungimento di obiettivi intermedi e finali. A mancare prima di tutto un metodo, un modello razionale di decisione e di leadership. Un progetto deve infatti prevedere termini temporali, strumenti attuativi anche dal punto di vista amministrativo, indicando puntualmente come e dove reperire i finanziamenti necessari ad attuare il programma. Ogni vera riforma non mai indolore, non a costo zero, ma deve indicare con chiarezza con quali criteri e priorit distribuire finanziamenti e oneri: deve scegliere, senza vaghezza, a chi concedere e a chi togliere risorse, deve chiarire dove reperire i fondi necessari: serve innanzitutto onest intellettuale; ma tutto questo la politica lha volutamente dimenticato da anni. In Italia, nella politica e nella pubblica amministrazione, vale a dire nel governo centrale, regionale, negli enti locali e negli enti a partecipazione pubblica, il principio sacrosanto della presunzione di innocenza per stato enfatizzato e strumentalizzato fino a diventare un alibi e una copertura per tutte le nefandezze e i reati commessi dai pubblici funzionari. A questo proposito ricordo che nel periodo immediatamente seguente alla troppo breve stagione delle inchieste di Mani pulite, gi nei primi anni della Seconda Repubblica, si imposto un messaggio, per responsabilit non solo del centrodestra, ma anche della compiacente complicit del centrosinistra, secondo cui il sacrosanto pieno garantismo nei confronti degli imputati si dovesse estendere anche al ruolo del politico. La distinzione tra indagato, imputato e condannato , a mio avviso, legittima e necessaria nei confronti del semplice cittadino, ma non si deve estendere allesercizio delle funzioni del politico, per cui non dovrebbe bastare il fatto di
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non essere formalmente ancora condannato in via definitiva per sentire il dovere di rassegnare le dimissioni dal ruolo istituzionale. Il garantismo il fondamento della tutela del cittadino, ma il politico deve mostrare di essere al di sopra anche del semplice sospetto. Addirittura la retorica del garantismo verso i potenti, abilmente rinforzata ad arte da parte di campagne di stampa di parte orchestrate e gestite con finalit di tutela ad personam, arrivata a mostrare tolleranza invocando la presunzione di innocenza anche nel caso di politici condannati gi in due gradi di giudizio per associazione mafiosa, ancora del tutto comodamente seduti sulle poltrone di istituzionali pi prestigiose. Da una sana cultura liberale e garantista ci si spinti verso loltranzismo iper-garantista, incuranti del vilipendio perpetrato alla dignit delle istituzioni oltraggiate da simili reiterati comportamenti di mancanza di dignit morale e politica. Questa cultura ultragarantista nei confronti dei titolari di incarichi pubblici si rivelata alla lunga devastante, delegittimando il senso della dignit della funzione politica nel suo insieme e disorientando la pubblica opinione. Solo ora, sulla spinta di una nuova ondata di indignazione collettiva, i politici ricominciano di nuovo a temere la pubblica opinione, a vergognarsi nelle loro auto-tutele corporative fondate su una interpretazione estensiva del concetto di fumus persecutionis tutte le volte che una inchiesta penale lambisce la sfera della politica. diventato persino arduo tenere lesatta contabilit di quante sentenze di merito, primo e secondo grado, sono in attesa di conferma o rigetto presso la Cassazione: abbiamo un Parlamento pieno di politici con condanne in primo grado o in appello per reati gravi. Ma la sentenza da parte degli elettori dovrebbe, quanto alla candidatura di un politico, valere sin dal primo grado di giudizio salvo prova contraria. In tutti gli altri Paesi europei, essere scoperti a copiare una tesi di laurea o aver ottenuto un finanziamento agevolato comporta le dimissioni. Se invece dovessimo misurare il tasso di fiducia dei cittadini italiani nei loro rappresentanti in Parlamento, si dovrebbe dimettere in toto lintera classe politica, se ne dovrebbero andare tutti a casa, e invece non si muove mai nessuno, tutti a seguire letteralmente la massima: hic manebimus optime. L altro fattore devastante che ha contribuito ad amplificare in negativo la deriva e labbruttimento linguistico di questa pessima politica stata la banalizzazione operata dalla televisione. Il progetto politico e il programma di governo sono strumenti che sia nella loro elaborazione che nella loro gestione richiedono tempo, richiedono contributi intellettuali e tecnici di qualit e livello, richiedono riflessione accurata e razionalit, non si pu improvvisare il progetto di sviluppo di una
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nazione, di una regione, di una citt a uso e consumo di un format televisivo. La televisione con il suo populismo e il suo oblio in tempo reale diventa lo strumento non per mostrare le menzogne del potere, ma per consolidare la popolarit da avanspettacolo dei suoi protagonisti da caricatura. La politica volendo utilizzare la televisione alla fine ne finisce metabolizzata in un usa e getta quotidiano, che alla fine ridicolizza ogni pretesa di dignit e seriet della funzione politica. Le parole richiedono coerenza, indispensabile chiedere conto delle promesse non mantenute dalla politica. Secondo il premio Nobel Octavio Paz: La corruzione del linguaggio peggiore della corruzione politica amministrativa e imprenditoriale. Aggiunge poi lo scrittore messicano: Un paese si corrompe quando si corrompe la sua sintassi, perch finisce di comunicare. A questo proposito, un allievo domanda a Confucio: Maestro, se lei dovesse governare, quale sarebbe la sua prima legge?. La prima legge sarebbe sulla comunicazione e sul linguaggio perch se le parole perdono la corrispondenza con la concretezza delle cose, se i nomi non hanno pi significato, non si pu pi governare. Non possiamo negare che in Italia nel linguaggio televisivo e giornalistico e pi in generale dei media nellultimo ventennio si verificata davvero una tendenza alla corruzione del linguaggio che ha non solo rispecchiato, ma per certi aspetti amplificato, la corruzione della morale pubblica. Il nostro il Paese dellingratitudine politica che, mentre capace di assuefazione e di omert verso il degrado pi palese della vita pubblica, non disposto a concedere nessun riconoscimento per le persone che hanno denunciato con venti anni di anticipo il vilipendio morale delle istituzioni, limpasse dei partiti, il processo di illegalit pervasiva, la corruzione devastante, il controllo del territorio da parte della criminalit organizzata che infesta una parte consistente delleconomia e della struttura sociale del Paese. Non c stato nessun mea culpa, nemmeno da chi stato colto in flagrante: la negazione sistematica larma mistificatoria che insieme alla macchina del fango e della disinformazione organizzata ha ostacolato laffermarsi di un giudizio obiettivo sui fatti di questo Paese negli ultimi due decenni. Nel mio libro I soldi dei partiti affronto queste tematiche da un punto di vista pi freddo e sistematico. Il volume scritto con Francesco Paola si apre con le cifre a caratteri cubitali sui soldi che i partiti hanno ricevuto a partire dallistituzione del finanziamento pubblico, dal 74 a oggi: 8 miliardi di euro tra finanziamento ai gruppi parlamentari di Camera e Senato e finanziamenti ai giornali di partiti. L entit della cifra clamorosa, e lo a fortiori se si pensa che il finan372

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ziamento stato cancellato dal referendum del 93 e che poi stato disatteso con una operazione nominalistica, che chiamandolo in altro modo, come rimborso delle spese elettorali, lo ha di fatto resuscitato arrivando addirittura a quadruplicarlo in dispregio assoluto alla volont popolare. Nei partiti non ci sono nemmeno pi i contributi dei militanti perch i militanti stessi sanno che i partiti non ne hanno bisogno perch sono pieni di soldi. In Germania il finanziamento privato ai partiti pi consistente del finanziamento pubblico, in pi il finanziamento pubblico dipende dalla percentuale del finanziamento privato, cos se i militanti, i simpatizzanti, i sostenitori, non fanno donazioni ai partiti, questi non ricevono nemmeno finanziamenti pubblici: perch il finanziamento pubblico costituisce una aliquota dello 0,30% del finanziamento privato. In Francia il finanziamento privato consistente, vuol dire che sono partiti che hanno ancora una base militante e un legame reale con la loro base. Sono sostenuti dai loro elettori. In Italia ci sono situazioni diverse: partiti come la Lega o lItalia dei Valori che vivono interamente con il sistema del finanziamento pubblico e altre formazioni che vivono con il finanziamento pubblico per il 90% delle loro attivit. Uno dei motivi per cui era stato introdotto il finanziamento pubblico era quello di incentivare la partecipazione popolare alle scelte dei partiti, ognuno secondo le proprie convinzioni: tutto questo oggi scomparso. C stata una esplosione di familismo amorale allinterno dei partiti: si sistemano i figli, i parenti, gli affini. Si fanno affari e li fanno fare ai parenti, agli amici, allamante. C una sfrontata commistione tra famiglia, affari e politica del tutto inaccettabile e insostenibile. Contro il nepotismo nelle assunzioni o negli appalti pubblici non necessario lintervento del giudice penale, sarebbe sufficiente letica e la deontologia. La sanzione penale avviene solo quando il reato gi stato consumato, quando il fatto gi avvenuto. L etica non retroattiva come lazione penale ma preventiva rispetto alla coscienza dei cittadini e della classe politica. Il mio libro Milano degli scandali, scritto con Barbacetto, usc nel 91, un anno prima di Mani pulite. Stefano Rodot scrisse una introduzione bellissima per il libro. Nel volume era riportata una citazione da un straordinario apologo di Italo Calvino sullonest nel paese dei corrotti che mi piace ricordare: Cera un paese che si reggeva sullillecito, un paese in cui tutte le forme di illecito, da quelle pi sornioni a quelle pi feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilit, compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sen373

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tirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto dunque dirsi unanimemente felici gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti. Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione, erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso, insomma non potevano farci niente se erano cos, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto gli onesti erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare. Ogni Paese il risultato della sedimentazione della sua storia, noi non abbiamo fatto mai la rivoluzione come gli inglesi, gli americani, i francesi. Abbiamo avuto solo vani e sterili moti di ribellismo: in fondo la verit che nel nostro Paese limperio della legge non ha mai prevalso sullimperio degli uomini. C anche una componente controriformista nella storia italiana, abbiamo combattuto la riforma protestante e la sua etica puritana. Nel DNA della nostra storia moderna manca la lucidit illuministica e la razionalit e la liberta di giudizio individuale. I partiti che ci accusano di giustizialismo, termine improprio e di natura sudamericana, che non centra nulla con la nostra cultura della giustizia, non si sono resi conto che, invocando sempre lattesa delle sentenze definitive e passate in giudicato, per procrastinare la decisione di cacciare dal partito gli indagati, alla fine, proprio a causa del proprio tatticismo involontariamente, hanno finito per delegare in toto a un corpo esterno, come quello della magistratura, la selezione delle loro classi dirigenti. Proprio i partiti che si sono trincerati dietro lattesa del giudizio di Cassazione, con una micidiale nemesi della storia, si sono ritrovati a subire e a far dipendere dallazione della magistratura il destino delle proprie candidature: invece che fare da subito pulizia al proprio interno, in base a un codice etico, si dovuto subire la selezione del codice penale: questo il contrappasso di chi ha rifiutato di far pulizia dentro il proprio partito. L unico criterio che ha prevalso allinterno dei partiti negli ultimi trentanni stato quello della fedelt interna assoluta, del conformismo interno, perch le storie personali, la coerenza, le capacit, letica, la trasparenza nei comportamenti e il principio di assunzione di responsabilit non hanno contato per nulla: se arrivava la sentenza di condanna il politico di turno prudentemente lo si metteva in un angolo per poi venire ripor374

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Lo scandalo della verit

tato in auge non appena passata la bufera e lattenzione mediatica. Il sistema delle primarie pu costituire uno strumento di rinnovamento fondamentale per la democrazia interna dei partiti a patto di non rappresentare solo una facciata, il vestito buono da mostrare solo nei giorni di festa. Le primarie possono funzionare davvero solo se accompagnate da una continuit democratica nella vita interna dei partiti e unapertura vera nei confronti della societ civile, ripristinando la vitalit del dibattito con le istanze della comunit dei cittadini. Se i partiti invece vengono sono costituiti come oligarchie o addirittura partiti personali in cui il capo controlla le candidature, e attraverso di esse il destino politico dei membri del partito, a questo punto la ventata di novit e vitalit democratica delle primarie non pu essere in realt sincera e significativa. Monti un uomo di cultura, internazionale, sottilmente ironico e soprattutto rispettato. Si fatto un grande salto in termini di credibilit e seriet con Monti al governo. competente, sa di cosa parla, incisivo e diretto. Dopo lentrata in carica del governo Monti secondo me i comportamenti sono cambiati: Monti un tecnico ma soprattutto un finissimo politico che ha dato una svolta ai rapporti europei. Nonostante la durezza dei provvedimenti del governo, lopinione pubblica stata in gran parte favorevole al governo. Con il passare dei mesi per si rafforzata lazione di logoramento del governo da parte dei partiti che lo sostengono. Il rischio che lo stesso Monti venga imprigionato e isolato anche rispetto alla pubblica opinione, perch i partiti sono incapaci di riprendere un qualsiasi rapporto con il Paese reale. In ogni caso, dopo questa esperienza di governo, le cose non potranno pi rimanere uguali: niente rimarr come prima. Il problema che se anche Monti ci potr traghettare fuori dalla crisi, dovr riconsegnare il Paese a questi partiti e ci sarebbe una vera catastrofe. La legge elettorale i partiti forse la cambieranno, ma se i partiti rimarranno al loro interno invariati, anche con la migliore legge elettorale del mondo, non risolveranno i nodi cruciali della funzione politica. In Inghilterra la legge elettorale c dal dopoguerra, in Germania lha fatta Adenauer, in Francia De Gaulle. I partiti non sono il medico ma la malattia, abbiamo creduto di risolvere il problema cambiando ripetutamente la legge elettorale sperimentando modelli diversi ma senza sostanziali e tangibili soluzioni. Una buona legge elettorale pu aiutare ma non pu sostituirsi alla necessaria e urgente riforma dei partiti e della politica. L unico antidoto democratico a questa omologazione terrificante, a questa globalizzazione finanziaria che antepone le ragioni della finanza alleconomia reale e comprime i livelli di autonomia dei territori, un
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potere locale fondato su un sano equilibrio di sussidiariet e partecipazione delle comunit. Ci sono due concetti fondamentali: democrazia partecipata e democrazia diretta, se non si possono realizzare a livello centrale non siamo pi infatti nellAtene di Pericle, ma in una nazione di 60 milioni di abitanti per si possono concretizzare a livello di governo locale: democrazia partecipata, bilanci partecipati, strumenti di democrazia diretta a livello territoriale che si devono coniugare con risposte efficienti ma non isolate su se stesse. Questo a livello locale si pu realizzare, per questo invito sempre i giovani a candidarsi nei comuni, nei quartieri: si tratta di esperienze fondamentali per sperimentare la passione della politica autentica. La differenza tra un sindaco un ministro consiste nel fatto che il ministro produce carte mentre il sindaco opere. Bisogna ricominciare con volti nuovi, freschi, magari ingenui ma onesti. Una volta il cursus honorum della carriera politica cominciava da sindaco, consigliere provinciale, regionale, fino al parlamento, insieme alla militanza politica vera vissuta in sezione. In Francia non c un ministro che non abbia fatto il sindaco. Mitterrand, che stato per trentanni sindaco di un paese di tremila abitanti ricordava sempre: Non puoi stare bene allAssemblea Nazionale se non hai le scarpe impolverate della polvere della provincia. con questa polvere che si dovrebbe ricominciare a valutare lautenticit e la genuinit e la concretezza dei politici e degli amministratori delle future generazioni.
(Il testo completo su www.democrazialegalita.it)

(Elio Veltri, presidente Associazione Democrazia e Legalit)


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Piattaforme per lo sviluppo


Michele Vinci

La mia leadership ha avuto unorigine tecnica pi che aziendale e tuttora avverto linfluenza della mia formazione e del mio retroterra culturale: pur dirigendo la mia societ da decenni, sono ancora portato a seguire gli aspetti tecnici della produzione, a sentirmi pi un ideatore di soluzioni tecnologiche che un organizzatore di processi o un uomo di relazioni o di marketing. Credo che il leader non possa esimersi da precisione, focalizzazione, competenza: il leader deve prima di tutto conoscere e saper selezionare, deve avere in mente esattamente quello che vuole ottenere, perch il tempo gioca un ruolo fondamentale nelle scelte. Il leader un anticipatore, colui che sa aprire nuovi spazi, che lascia la polvere dietro ai cosiddetti followers, i suoi inseguitori: dovendo affrontare strade sconosciute deve possedere una predisposizione ad addentrarsi in luoghi ancora privi di certezze ma ricchi di potenziali opportunit. La credibilit e lautorevolezza del leader nascono dalla capacit di dare lesempio, richiamano persone e collaboratori di talento e al tempo stesso costituiscono gli ingredienti della gestione delle risorse umane. Infatti, nella misura in cui gode della stima e fiducia altrui, ricambiandole a sua volta, il leader non ricorre a toni imperiosi o atti prepotenti per affermarsi: il suo carisma passa attraverso un linguaggio diretto e rispettoso, a volte persino attraverso un semplice sguardo, e il suo punto di vista prende corpo in argomentazioni chiare e ben fondate. In questo modo il leader non solo ottiene unadesione convinta e consapevole, ma evita anche strascichi di incomprensioni o risentimenti che possono alla lunga ostacolare una leale e proficua collaborazione. Per promuovere un gioco di squadra vincente, il leader deve conoscere e scegliere con attenzione i suoi uomini. Da un lato, necessario che individui i caratteri che si amalgamano in maniera pi armoniosa, bilanciando le componenti pi accomodanti e pi aggressive in considerazione dellimpatto generato complessivamente sullazienda. Dallaltro lato, indispensabile che deleghi ciascun compito
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alla persona giusta, perch solo dando fiducia ai propri uomini e mettendoli alla prova sul campo pu stimolare il loro potenziale e la crescita del gruppo. Il leader deve dare unimpronta serena al clima relazionale, promuovere la convergenza di vedute, ma anche dar corso alle proprie decisioni se e quando si renda necessario per sbloccare una situazione. Anche in questo caso, anche quando assume posizioni dure, dovr offrire motivazioni chiare perch siano evidenti le finalit a cui mira e non si trascenda mai in rivendicazioni di potere o in sfoghi personali. Saper essere flessibili, essere resilienti, saper adattare e modulare il proprio atteggiamento in funzione di quanto richiesto dalle situazioni sono altre qualit che contribuiscono allefficacia dellazione di leadership. Il dovere del leader guidare processi di trasformazione e cambiamento, affrontando i rischi che a essi sono naturalmente correlati. Nessuna azione infatti esente dal pericolo di insuccesso e lequilibrio spesso frutto di un complesso esercizio di compromessi, per cui il percorso verso un determinato obiettivo fatto di piccoli passi, a volte anche di correzioni in corso dopera e di miglioramenti progressivi. Il leader quindi non conosce ricette infallibili, ma, individuata una strada, capace di rimodularla e perfezionarla fino a raggiungere la meta. La sua guida deve essere assimilabile a una visione, a un progetto meditato, deliberato seguendo una direzione conseguente di causa ed effetto, altrimenti si entra nel campo dellavventura e dellaleatoriet pura che somiglia pi a una scommessa che a un progetto e che non si basa pi sul principio di responsabilit del leader. Come imprenditore credo e investo nella ricerca, perch ritengo che sia fondamentale per lo sviluppo. Abbiamo contatti diretti con lUniversit, dove la ricerca, a mio avviso, troverebbe direzioni pi pragmatiche e applicazioni pi appetibili se fosse meno teorica e pi vicina alle istanze delle imprese. Inoltre tra linput dellideazione del progetto di ricerca, la stesura dei suoi protocolli e la sua sperimentazione, i tempi del sistema pubblico universitario sono troppo dilatati e incuranti del fattore competitivo, che rappresentato non solo dal risultato ma anche dalla tempestivit con cui si raggiunge. Perci occorre spronare come peraltro mi capitato di fare in convegni pubblici e sedi istituzionali le amministrazioni pubbliche a una sburocratizzazione dei processi amministrativi necessari ad attivare progetti, fondi per la ricerca e partnership con le imprese pi innovative e ad alta tecnologia. Disponiamo di un giacimento di grandi eccellenze nel manifatturiero, grazie a cui il nostro Paese primeggia sui mercati internazio378

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Piattaforme per lo sviluppo

nali: queste devono essere incentivate, perch uno sviluppo basato esclusivamente sul terziario, che pure importante, non sarebbe sostenibile nel tempo. Come presidente di Confindustria di Bari mi sono posto lobiettivo di dare maggiore visibilit proprio a quelle realt manifatturiere locali che rappresentano una ricchezza per leconomia e che solo negli ultimi anni hanno iniziato a essere conosciute e valorizzate come meritano. I primi insediamenti industriali in Puglia risalgono agli anni 60 e 70 e, sebbene inizialmente fossero simili a cattedrali nel deserto, hanno avuto il pregio di stimolare progressivamente la nascita di un indotto e, pi in generale, di una vera e propria cultura di impresa. La loro presenza, in altri termini, ha messo in circolo saperi, tecnologie, motivazioni e alimentato lo spirito di iniziativa di una classe di imprenditori capaci e dinamici. Cos intorno ai grandi colossi sono sorte piccole e medie aziende, che hanno saputo conquistare fette crescenti di mercato e in alcuni casi acquisire notoriet anche oltre i confini nazionali. Le istituzioni locali possono ricoprire un ruolo di primo piano nel rilancio dellimprenditoria, coordinando un insieme di iniziative che, attraverso lafflusso di capitali, facciano decollare le idee pi brillanti e innovative. Alla luce del contesto legislativo attuale, Regioni e Comuni possono incidere sullo sviluppo del territorio in maniera rilevante, mentre pi flebile lazione delle Province o del Governo centrale. In questa congiuntura storica, il modello del governo tecnico appare una sorta di pronto soccorso per rianimare una casta politica in stato comatoso. Il governo presieduto da Mario Monti nato sulla base della unanime constatazione di una totale incapacit di una politica diventata vuota, rissosa, inconcludente. Se da una parte questo governo potrebbe avere una durata insufficiente per trasformare radicalmente il volto politico del Paese, dallaltra sta dimostrando che una politica diversa possibile. I partiti, rimasti spiazzati e costretti a riorganizzarsi, potrebbero cogliere questa come unoccasione di svolta autentica, assumendo atteggiamenti pi seri e integrando persone nuove, credibili, competenti e tecnicamente preparate. Negli ultimi anni si assistito passivamente a un progressivo degrado del livello politico, con il passaggio dai leader al servizio dello Stato a figure asservite a interessi corporativi o di parte, in una deriva immorale fondata sulla ricerca di tornaconto personale. La legge elettorale in vigore ha favorito questa distorsione e ladozione di un modello elettorale di tipo uninominale potrebbe certamente attenuarla, ma non sarebbe sufficiente per recuperare la credibilit della classe politica, che dipende piuttosto dalla riscoperta delletica pubblica. Bisognerebbe tornare a
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guardare allonest, alla competenza, al senso del bene comune come a requisiti fondamentali delluomo politico. Il governo attuale sta cercando di rivitalizzare e rimettere in marcia leconomia agonizzante del Paese, ricorrendo a tutti gli strumenti possibili. Dal mio punto di vista, per il futuro sar fondamentale rafforzare le infrastrutture e, in particolare, colmare il gap che interessa il Mezzogiorno. A dimostrazione della rilevanza delle infrastrutture per il rilancio del territorio, cito lesempio virtuoso degli aeroporti di Bari e di Brindisi che, recentemente ristrutturati, hanno visto in breve tempo triplicare il numero dei passeggeri e crescere il turismo, gli scambi industriali e commerciali. Dal punto di vista delle infrastrutture immateriali, si sta lavorando alla realizzazione di importanti piattaforme per abbattere il digital divide e unire la penisola in una grande dorsale di banda larga diffusa su tutto il territorio. Mentre il livello di crescita del Nord dItalia ormai paragonabile alla media degli Stati europei avanzati, il Sud ha ancora ampi margini di sviluppo. Perci attrezzare questarea con infrastrutture idonee e moderne fondamentale per rimettere in moto leconomia, pi che gli incentivi allassunzione dei giovani o i nuovi contratti, perch significa superare le logiche assistenzialistiche del passato e scommettere sulla trasformazione del Paese.

(Michele Vinci, presidente Masmec)


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Leadershit
Andrea Vitullo

La parola leadership, come ho scritto nellultimo libro, mi provoca ormai da un po di anni un leggero imbarazzo. Sia attraverso il lavoro concreto allinterno delle organizzazioni sia con la ricerca e la scrittura di testi e articoli, il tema della leadership e della sua evoluzione mi sta particolarmente a cuore. Per me stata ed una parola importante; frequentata in pi di venti anni di studi, incontri, pratiche manageriali e formative. Me ne sento impregnato e anche un po avvelenato. Tutto cominciato con un disagio. Questa parola cominciava a mettermi in difficolt. A volte arriva un momento che una parola sembra non essere pi tanto sostenibile. E quando un termine ci provoca fastidio, lo sentiamo politicamente non pi tanto corretto, allora necessario guardarci dentro. L etimologia una scienza perfetta. come se questa parola fosse invecchiata tutta di un colpo. La Leadership di quali percepiti ammantata? Oggi se penso al leader e ai suoi simboli, alliconografia a cui questa parola legata, desumo significati e spesso pratiche un po desuete e meno utili alla contemporaneit. Sento il peso di un intero paradigma che, con molta fatica, riusciamo a scrollarci di dosso. Per esempio: leader come essere a capo, guida, il fuhrer, ovvero colui che mi e ci trascina. Solitamente la figura del leader quella del conquistador di terre sconosciute. colui che conquista, seduce e crea ricchezza per s e per gli altri. C sempre un oggetto da conquistare e una ricompensa. Ma per conquistare necessario eliminare tutti gli ostacoli, i concorrenti, le relazioni inutili. una leadership guerriera e conquistatrice quella che si manifesta, utile per inglobare, divorare e raggiungere lobiettivo. un agire sulla realt spesso forzando i ritmi e i tempi della realt medesima, un modificare e plasmare a piacimento del leader. Dentro questa metafora c il corpo di un uomo. Il corpo del leader quello di un uomo; un maschio il soggetto che conquista mondi. Questa metafora ha effetti sulla realt da cui non ci possiamo scostare; altrimenti, forse, non c pi il leader, non c pi una forma di dominio sulle persone, sulle cose.
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C lautorit pi che lautorevolezza, c una gerarchizzazione della societ, una piramidalizzazione del mondo. Un modo di percepire il potere e di usarlo per intervenire sul mondo come desiderio spesso egoistico di pochi. Il potere, per come lo percepiamo e interpretiamo, di fatto fortemente legato alla parola leadership. Potere come brama, comando, controllo, governo, ricerca di consenso e di folle plaudenti. Esibizione di corpi, esaltazione e affabulazione attraverso proclami. Leadership una parola abusata, sovraesposta, ipercelebrata da stampa, TV e giornali. Il Time da pi di 80 anni celebra la Person of the Year e la mette in copertina (solo 3 volte il riconoscimento stato assegnato a una donna); in giro la ricerca del leader ossessiva in qualsiasi ambito: sociale, spirituale, politico, organizzativo. Un proliferare di modelli e profili a cui ispirarsi e a cui aspirare. Disegni di profili ideali di leader, tecniche per diventarlo, trucchetti e competenze per acquisire quellallure e quelle doti carismatiche. Non siamo mai abbastanza, NOI, dobbiamo sempre rivolgerci allesterno, a ci che ci manca per diventare pi adeguati, per stare meglio con se stessi e con gli altri, per diventare pi smart, adaptable, powerful, pi capaci e ammirati. Pi capobranco. In una parola, pi leader. Logiche aspirazionali che caratterizzano tanta letteratura manageriale, profili potenziati a cui tendere. sicuramente difficile non cedere alle male della leadership come promessa di successo, importanza personale, superiorit, affrancamento e negazione della fragilit, potere. elaborare un lutto; si rischia di perdere un bel po di adrenalina. Dunque la faccenda, forse, non del tutto indolore. Unideologia da cui non sono immuni le tante scuole di business. Fabbriche sempre meno successful di eroi potenzialmente salvifici, di caste allenate a sedurre, influenzare, risolvere problemi pi o meno complessi. Sembriamo tutti in preda di un esorcismo collettivo. Sembra quasi che questa parola, leadership, leader proprio non si possa o si voglia perdere. Ma da un po di tempo su testi, seminari e interventi che ce la propinano sono comparsi sostantivi e aggettivi ad affiancarla, quasi ossimorici. Leadership aperta, piatta, distribuita, riflessiva ecc. Modi per renderla oggi pi possibile, contemporanea, commestibile. Modi per affiancarla modernizzandola senza perderla. Ecco, si ha paura di perderla. La leadership e il leader potenziano qualcosa e qualcuno e dunque vendono. O forse non abbiamo ancora disponibili parole alternative a essa. Nuove parole, nuove metafore, nuovi riferimenti simbo382

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Leadershit

lici. Anche qui, oggi, discutiamo di leadership futura. Quindi in futuro sar ancora questo paradigma a funzionare. Vogliamo darlo per scontato? Siamo proprio sicuri di avere in futuro ancora bisogno di questa ideologia? Se dico Leadership, in fondo mi sento ancora al sicuro. Mi metto tranquillo. Mi illudo, ancora una volta, di poter governare e controllare tutto. Credo che il paradigma che questa parola si trascina appresso stia scricchiolando. E che dunque questa parola non sia pi adeguata per cercare cosa ci serve veramente oggi. Anzi, limpressione che ci porti proprio fuori pista! Anche le scuole di management e i loro adepti hanno cominciato ad accorgersene. Florence Noiville, una giornalista proveniente dalle alte scuole di formazione francesi nel suo libro Ho studiato economia e me ne pento si chiede: come mai questi master che dovrebbero preparare le classi dirigenti del futuro hanno invece sempre alimentato in generazioni di studenti e manager un rampantismo fallimentare, una cultura della prestazione ossessiva e della competitivit sfrenata? Cosiddetti leader che ci hanno portato nel baratro di crisi profonde? Perch continuiamo a credere che queste greggi, questi gregari dorati siano il simbolo dello spirito imprenditoriale, del coraggio e del successo? Anche i testi di leadership hanno cominciato a questionare lideologia della leadership e del leader. Uno fra tutti, Henry Mintzberg che sul Financial Times nel 2006 scriveva che quando usiamo la parola leadership isoliamo un uomo per far s che quelli che stanno intorno a lui diventino dei follower. Ma vogliamo davvero un mondo fatto da eserciti di seguaci? Sempre Mintzberg: Lossessione per la leadership ci porta a costruire organizzazioni totalmente dipendenti dalliniziativa individuale; cos se queste falliscono, sappiamo a chi dare la colpa e iniziamo a cercare un leader migliore. Anche nelle mie pratiche allinterno delle aziende avevo sempre di pi limpressione, parlando di leader e leadership con manager e imprenditori, che si manifestasse un certo fastidio. Meglio organizzare workshop e seminari evitando luso di questa parola, poich questa storia di potenziare solo alcuni con delle competenze speciali, in un mondo in cui si proclamano limportanza dellintelligenza collettiva e dei social network sempre pi anacronistico. Nuovi mantra, We economy, partecipazione collettiva, contribuzione, co-creazione, che centrano con il leader, la leadership? La net generation sta cambiando il modo di relazionarsi, di interagire, di intendere lautorit; un mutamento antropologico dove tutti vogliono essere non pi spettatori passivi, meri gregari, follower.
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Un mondo dove la saggezza delle folle e non solo dei singoli. Meno leader, organizzazioni senza leader, partiti senza leader, aziende senza troppi capi e capetti. E poi con lentrata massiccia del femminile e non solo delle donne nel nostro mondo del lavoro, di pratiche femminili legate alla cura, allascolto, alla leggerezza dellintuizione: chi sono le nuove guide? ancora possibile definire queste guide come nuovi leader? Lidia Ravera, durante questo ciclo di interventi, ci ha parlato di leadership mancate nelle cui mani ci troviamo, ci ha parlato di un paradigma, di unepoca, di un sistema di segni fatto di persone con unet media altissima, dove non esiste la possibilit di esercitare un doppio sguardo sulla nostra societ e sul mondo dove i giovani come le donne, come le quote rosa, sono dei contenitori a perdere, dei fiori allocchiello per prendere consenso e voti. Se fossi un giovane o una donna non vorrei essere cooptato da questo sistema, da questi leader, meno che mai per una questione di gender o di meriti anagrafici. La cooptazione non meritocratica appunto. I leader attuali, lo vediamo con le difficolt nella nostra politica, cooptano solo chi non disturba troppo. Chi non mette in crisi un vecchio paradigma. I figli devono travolgere i padri! C necessit di cosmogonie alternative. Se penso al leader, penso a una persona che non sa e che non vuole lasciare. Essere leader vuol spesso significare essere avvinghiato a qualcosa. Lasciare una parola chiave nel passaggio da una generazione allaltra. Dalla vita alla morte. Rimanda al latino laxus, quel che sallenta, che si fa spazioso; indica anche la capacit di abbandonare, di abbandonarsi, di allontanarsi. Tutto questo centra con la mistica del leader e tutto ci che si porta dietro. Nellaffermare strenuamente questa parola c una ripetizione ossessiva di un modello unico di visione del mondo. Leadership stato veramente un mantra ispiratore di una mistica in grado di guarire qualunque tipo di malattia economica, sociale e politica. Questa parola ha giustificato tanti inganni. In conclusione: c bisogno di follower? Abbiamo bisogno di ripensare un paradigma e di cambiare le parole. indispensabile entrare in un nuovo paradigma con un linguaggio pulito. Meno contaminato. Abbiamo bisogno di muoverci al di l delle ideologie. Abbiamo sostituito lesperienza con lorganizzazione e oggi abbiamo bisogno di persone, di guide che siano dentro allesperienza, alla pratica.
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Leadershit

Dobbiamo poter guardare altro. Spostare il cono di luce per illuminare saggezze e pratiche, guide, esempi, testimonianze viventi e nuovi paradigmi gi presenti, da valorizzare e illuminare. Non possiamo cambiare la casa del padrone con gli stessi strumenti del padrone. E poi una serie di passaggi paradigmatici. Dal comando alla guida, dalle certezze e risposte alluso efficace di domande. Dal dominio e controllo alle relazioni, alle connessioni, allesplorazione di possibilit. Dalla visione di uno solo allesperienza condivisa. Dallanticipazione allo stare nel presente. Dallossessione per il carisma, dal centro della scena al mettersi a servizio. Esistono nuove sapienze possibili, nuovi saperi pi efficaci che si possono mettere in luce per capire chi sono le nuove guide di oggi. Esistono nuove forme di efficacia dentro laboratori economici, politici, sociali, nelle aziende. Esistono alcune sapienze importanti da recuperare. Saper osservare, saper stare, saper lasciare, saper aspettare, saper abilitare le possibilit che sono gi in circolo, saper accogliere laltro per contaminarsi e impollinarsi. Saper perdere dunque un po della propria identit. Saper riunire tutto ci che abbiamo diviso: vita e lavoro, corpo e spirito, forza e fragilit, ricerca e azione, pubblico e privato, maschile e femminile, tecnica e senso, efficienza e affettivit, crescita e limite, economia e spirito. Sapere che il pi delle volte la conoscenza gi dentro di noi e che dunque un ennesimo modello, unaltra ideologia, unaltra ricerca che poco ci appartiene o che lontano da questo sapere interiore e atavico rischia di allontanarci. Facciamo crescere delle responsabilit di gruppo. Non cerchiamo pi il leader salvifico che, morto uno, se ne deve subito cercare un altro. Il senso oggi non pi predefinito ma si va cercando e facendo. Non si trova bello e pronto. un processo faticoso quello di uscita dal paradigma della leadership, della sua ricerca ossessiva. E noi siamo solo dei ponti tra ci che cera e il nuovo che sta emergendo e che ci sar. Non tanto interessante delineare caratteristiche teoriche e ideali delle nuove guide quanto invece chiedersi chi sono e cosa fanno oggi, quelli che potrebbero farci da guida. E osservare bene a occhi aperti. Credo che sia tutto gi presente e disponibile. In fondo il vero tema : avere gli occhi ben orientati e allenati per saperlo scovare.
(Andrea Vitullo, fondatore Inspire, coach, scrittore)
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Perch lItalia torni a essere un Paese per giovani


Eleonora Voltolina

La gavetta labbiamo fatta tutti. Trentanni? Ma sei ancora giovanissimo! Adesso pensa a imparare, per guadagnare avrai tempo. Aspetta il tuo turno, non ancora il tuo momento. L Italia non un Paese per giovani, scriveva il demografo Alessandro Rosina qualche anno fa. E a ragione: secondo una ricerca commissionata nel 2012 dai giovani della Coldiretti, let media dei dirigenti impegnati in politica, economia e nella Pubblica Amministrazione pari a 59 anni. I professori universitari, per esempio, in media hanno 63 anni. Qualcuno potrebbe affermare che questo va bene, che per accumulare competenze serve tempo e per insegnare serve saggezza, che let avanzata garanzia di esperienza. Peccato che dappertutto nel mondo industrializzato chi insegna sia pi giovane. Anche perch, come ormai innumerevoli studi dimostrano, lapice delle capacit intellettuali viene raggiunto fra i trenta e i quarantanni. Eppure dei 18mila professori ordinari che insegnano negli atenei italiani, meno di 100 sono quelli le cui cellule cerebrali sono al top cio gli under 40. Oltre la met, per contro, ha passato la boa dei 60 anni. Pressoch identica la situazione in politica. Chi ci rappresenta in Parlamento? L media dei deputati 54 anni, quella dei senatori 57. et Siamo peraltro lunico Paese che pone vincoli anagrafici di accesso alle cariche di rappresentanza. Questo status quo equivale a un sostanziale potere di veto degli over 40 sulle scelte politiche dellintero Paese. Non solo politologi ma anche economisti di peso, come Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, ormai da tempo invocano provvedimenti radicali che sblocchino la gerontocrazia che domina lItalia, e che contribuisce a bloccare la crescita economica del Paese, proponendo di abbassare a 16 o 17 anni let minima per votare o mettere limiti di et (per esempio 72 anni) ai politici, ai burocrati, ai membri dei consigli di amministrazione delle societ quotate. Gli italiani vivono in media 84 anni. Si nasce, si cresce, si invec386

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Perch lItalia torni a essere un Paese per giovani

chia, si muore. Nei primi anni si bambini, non si sa parlare, non si provvede a se stessi, non si possono prendere decisioni per s o per gli altri. Per questo non si pu votare. Anche negli ultimi anni di vita nella maggior parte dei casi cos: ma dirlo un tab. E gli anziani conservano i loro diritti di voto attivi e passivi fino allultimo. Non solo quelli che restano lucidi: tutti. Rompere questo tab vorrebbe dire ritagliare spazi ampi per i giovani, per farli entrare nelle stanze dei bottoni ed essere finalmente rappresentanti della loro generazione. Chi lha detto che la decisione di un 30enne sia peggio di quella di un 70enne? I vincoli che in Italia avvantaggiano i pi anziani nellaccedere a cariche e incarichi di potere non rappresentano soltanto una discriminazione verso chi anagraficamente pi giovane e un blocco della crescita del Paese, in ragione del fatto che si tengono fuori migliaia di venti-trentenni che potrebbero rinnovarlo. Sono anche un silenziatore alla competizione. I ruoli chiave vengono assegnati sulla base del mero dato anagrafico, facendo sempre prevalere lanzianit, quando invece a vincere dovrebbe essere semplicemente chi ha lidea migliore, il pi capace che pu essere il 70enne, certo. Ma pu essere anche il 25enne. Ma qualche giovane gi c!, si affretteranno a dire i cerchiobottisti. Gi, c. Di solito si chiama come un vecchio e la cosa non casuale perch di quel vecchio politico, o imprenditore, o professore, o medico il figlio o il nipote. Oppure molto bello/a, o molto disponibile. Al di fuori di queste categorie i giovani di potere sono pi unici che rari. I deputati al di sotto dei trentanni per esempio sono quattro. Aggiungendo quelli sotto i quarantanni si arriva a quota 53. Peccato che gli italiani tra i 18 e i 39 anni siano 17 milioni, il 28% della popolazione. Quelli potenzialmente eleggibili alla Camera, con la legge attuale, 12 milioni e mezzo: grossomodo il 21% dei cittadini. Eppure in Parlamento ci sono soltanto quei 53 under 40, cio il 9% del totale dei deputati. Al Senato sono completamente assenti, per effetto della norma di cui sopra. Questo il motivo per cui le leggi vengono costruite e approvate pensando quasi esclusivamente alla difesa dello status quo, senza attenzione per i bisogni e i problemi delle giovani generazioni. E per cui le grandi riforme si pensi solo a quelle degli anni Novanta sul sistema pensionistico e sul mercato del lavoro sono state pensate espressamente per non toccare alcun diritto acquisito, lasciando invariati tutti i privilegi a chi allepoca era gi adulto, e scaricando tutte le innovazioni peggiorative (metodo contributivo anzich retributivo
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per il calcolo della pensione, contratti temporanei senza tutele anzich contratti a tempo indeterminato) sui nuovi entranti. Oggi le giovani generazioni vivono immerse in un mondo in continuo cambiamento, difficilmente comprensibile salvo poche luminose eccezioni a chi nato prima o durante la seconda guerra mondiale, o nel periodo del boom degli anni Cinquanta-Sessanta. Un mondo sempre pi digitale, basato sul web, sulla comunicazione istantanea e non mediata. Un mondo senza frontiere: alcune abbattute davvero, come quelle fra Stati europei dove fino a solo ventanni fa si doveva viaggiare col passaporto e adesso si circola liberamente e si paga addirittura con la stessa moneta, altre abbattute grazie alla tecnologia e agli strumenti che oggi consentono di scambiare informazioni, lavorare, partecipare a migliaia di chilometri di distanza. Oggi le giovani generazioni hanno accesso ai percorsi formativi molto pi di prima. Studiare un diritto che tutti i Paesi civili difendono e proteggono. Allinizio degli anni Cinquanta il 12,9% degli italiani era analfabeta, i diplomati erano il 3,3%, i laureati soltanto l1%. Il censimento del 2001 rivela unItalia profondamente cambiata: analfabetismo ridotto ai minimi termini, 25,9% di persone diplomate, 7,5% laureate. Ma malgrado queste nuove generazioni siano le pi istruite di sempre, esse vivono immerse in una condizione occupazionale e salariale mai vissuta forse nemmeno immaginata da genitori e nonni. Intrappolate in un precariato che impone loro tipologie contrattuali svantaggiose e stipendi da fame. Costrette a dipendere dalle famiglie dorigine ben oltre let della formazione, e a rimandare tutte le scelte tipiche della vita adulta vivere da soli, creare nuclei familiari, fare figli per mancanza di prospettive. Uno dei pi importanti articoli della Costituzione, il numero 36, prevede che ogni lavoratore debba essere pagato in misura proporzionata alla quantit e qualit del lavoro svolto, e comunque abbastanza da poter vivere unesistenza libera e dignitosa. La verit conclamata che in Italia milioni di giovani vedono calpestato ogni giorno questo diritto, prima lavorando gratis per mesi o anni, per poi guadagnare cifre misere, addirittura al di sotto della soglia di dignit dei mille euro al mese. Il sistema composto di imprese private cos come di enti pubblici si approfitta di loro allungando a dismisura, contro ogni ragionevolezza, il periodo di transizione dalla formazione al lavoro, costringendoli a restare il pi possibile in questo limbo, sfruttando lescamotage della formazione per non qualificarli come lavoratori e quindi non doverli pagare.
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Perch lItalia torni a essere un Paese per giovani

Ma il meccanismo di welfare familiare che interviene come correttivo, benedetto da una grande parte della politica e generalmente accettato dalla tradizione socio-culturale italiana, salva i giovani solo in apparenza. In realt, oltre ad azzerare la loro possibilit di mobilit sociale e dopare il mercato del lavoro, questo sistema li distrugge, impendendo loro di entrare a tutti gli effetti nellet adulta. E quindi di poter diventare pienamente cittadini, poter agire nel loro Paese e per il loro Paese. Mantenere i giovani eternamente figli, fino a 30 anni o addirittura 40, vuol dire frenare il ricambio generazionale di cui lItalia ha bisogno in tutti i settori. Digitalizzazione, sburocratizzazione, nuove forme di rappresentanza, lavoro e welfare del nuovo millennio. Su tutto questo e molto altro i giovani avrebbero da dire, proporre, cambiare. Forse mancano di esperienza, ma non sar che lesperienza un po sopravvalutata? Coinvolgerli in prima persona nei processi decisionali, rinnovare le strutture apicali della politica, delluniversit, della sanit, del sindacato, degli ordini professionali, dellimprenditoria, della cultura, equivarrebbe per lItalia a una scommessa sul futuro. I giovani potrebbero portare nuove competenze, duttilit, visioni innovative, entusiasmo. Potrebbero rompere gli schemi, inventare nuove soluzioni a vecchi e nuovi problemi. Invece restano al guinzaglio. Oppure fuggono. Secondo una recente indagine promossa dal Forum nazionale dei giovani e realizzata dal Cnel, 10mila professionisti sono scappati dallItalia negli ultimi 13 anni. Pi in generale, i giovani italiani allestero sono due milioni: quanto lintera popolazione della Calabria. Il numero stato calcolato dallassociazione Italents a partire dai dati Istat e Aire pi recenti (risalenti al 2010), secondo cui i 18/24enni residenti oltreconfine sono pi o meno 350mila; quasi 600mila gli italians nella fascia di et 25/34, e oltre 650mila tra i 35 e i 40. La somma algebrica dei tre numeri fa 1 milione e 600mila: ma questi dati sono fortemente deficitari perch malgrado sia un obbligo sancito dalla legge non tutti si iscrivono allAire, lanagrafe dei residenti allestero. In realt comunque i due milioni di giovani italiani allestero non sarebbero un problema di per s. Allontanarsi dal proprio Paese per fare nuove esperienze o cercare opportunit migliori fa parte della natura umana e non un disvalore. Il problema la bilancia tra i cervelli che si perdono e quelli che si acquistano. Purtroppo lItalia perde molti profili alti, persone con istruzione universitaria che scappano e portano le proprie competenze altrove, mentre riesce ad acquisire solo profili bassi: limmigrazione composta quasi esclusivamente di ma389

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novalanza (anche quando sono laureati nella loro patria, raramente gli immigrati svolgono nel nostro Paese mestieri correlati alla propria istruzione) e lItalia non viene percepita, a livello internazionale, come un luogo attraente per i giovani cervelli. Andarsene spesso vuol dire cercare una salvezza individuale. Si tratta di una scelta rispettabile, addirittura lodevole perch denota audacia, spirito di iniziativa, refrattariet alla rassegnazione. Ma fuggire non pu essere la soluzione per unintera generazione. Bisogna che alcuni che molti restino, oppure vadano e poi tornino. Per rifondare questa Italia. Invertire i meccanismi malati. Trovare alleanze generazionali, convincere i giovani a fare fronte comune, a sostenere e votare i propri coetanei pi capaci, a non piegarsi alle logiche di cooptazione e di sottomissione. Se non ha senso lidea di un partito dei giovani, perch essi non sono un tuttuno e hanno pensieri e convinzioni anche molto diverse, bisogna per lavorare perch allinterno di ciascun partito i giovani comincino a contare davvero, a decidere, a sostituire i vecchi. A rispondere. La gavetta lavrete pure fatta anche voi: ma alla vostra epoca aveva una durata accettabile, non era eterna come adesso. Non siamo giovanissimi a trentanni. Alla nostra et voi avevate gi un lavoro, un contratto a tempo indeterminato, una casa, un paio di figli. Alla nostra et, voi non eravate giovanissimi. Non vogliamo imparare, vogliamo lavorare: abbiamo studiato per molti anni, ora siamo produttivi e in grado di entrare appieno nel mercato. E a ogni nostro giorno di lavoro deve equivalere un guadagno, il lavoro gratuito si chiama volontariato. Non vogliamo aspettare il nostro turno se il criterio di regolazione dei turni quello dellanzianit: vogliamo che il criterio stia nel merito delle idee, nella forza delle proposte, non nella lista dattesa. La leadership non devessere concessione ereditaria n esercizio di cooptazione. Devessere frutto di merito, competenza, audacia. Ma questo tipo sano di leadership non pu esistere se non in un sistema sano, che non mette bastoni tra le ruote di chi ha talento e rivendica legittimamente uno spazio. Creare questo sistema non n pu essere compito dei pi anziani, per la semplice ragione che difficilmente qualcuno taglia il ramo dov seduto. L unica soluzione, per i giovani, dunque quella di entrare sgomitando nelle stanze dei bottoni, e prendere il comando.
(Eleonora Voltolina, giornalista La Repubblica degli Stagisti)
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Cultura delle istituzioni


Alberto Zanatta

Per ricoprire il ruolo di leader in azienda necessaria la presenza di competenze indispensabili, una sorta di abc professionale senza il quale non si pu essere in grado tecnicamente di esercitare un ruolo guida: i manager devono possedere una preparazione completa e ben strutturata che frutto della sintesi virtuosa di conoscenze ed esperienze sul campo unite al possesso di un metodo, di una forma mentis che rappresenta una sorta di imprinting cognitivo, un modo di porsi orientato alla soluzione pragmatica dei problemi che qualifica il leader come dotato di una attitudine trasversale piuttosto che strettamente tecnica o verticale. Questo lidentikit che permettere di riconoscere i tratti del leader indipendentemente dalla provenienza settoriale. Un leader deve possedere acuta capacit di analisi, ma anche attitudine alla focalizzazione sulle priorit. Il leader possiede una visione dinsieme, e sa affrontare le situazioni in unottica globale integrata di tutte le implicazioni di scenario. L eccellenza che deve esprimersi in una leadership si rivela anche in aspetti che attengono a tratti di carattere mostrando una motivazione oltre la media. Le conformazione del leader una combinazione di energia e carisma immediatamente riconoscibile dai collaboratori. Il leader possiede una straordinaria e naturale predisposizione alla relazione personale, capace di esercitare influenza grazie alla credibilit e alla coerenza esemplare. Il leader sa essere un motore per il gruppo inducendo motivazione e sempre nuova spinta allazione. importante la qualit della passione, del talento emotivo, dellempatia che caratterizza il legame profondo tra collaboratori e leader. Il coinvolgimento, il dialogo, la capacit emotiva, sono fondamentali perch una azienda non deve essere asettica e anonima, ma deve offrire il volto delle proprie persone sapendo creare un legame profondo e una identit riconoscibile in uno stile e in un modo di agire. Le relazioni tra le persone, il modo di lavorare, creano il legame che contraddistingue le persone di una squadra ad alto potenziale guidata da un leader autorevole. Un compito fondamentale nel leader quello di essere in grado di
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scegliere i talenti e svilupparne le potenzialit nascoste. Il leader dispone di una capacit di lettura profonda allinterno dellanima degli uomini e sa valorizzare i tratti non ancora manifesti di un collaboratore svelandone i talenti latenti. La leadership manifesta tutta la propria efficacia quando riesce a sostenere il morale e la motivazione del gruppo nelle fasi pi critiche e difficili mantenendo la coesione della squadra. Il leader ha il compito di mantenere la giusta tensione al risultato e lequilibrio emotivo nel team di lavoro. Essere leader significa volere essere dei numeri uno: la leadership fortemente connessa allambizione, al desiderio di proiettarsi in una dimensione dinamica e futura. La leadership richiede di compiere un passo ulteriore oltre alleccellenza di un pur ottimo dirigente: richiesta una marcia in pi che non pu essere scritta in un curriculum ma che dipende da unattitudine profonda e insopprimibile. Il livello di ambizione, la capacit di gestire un alto livello di stress e il coraggio accettare la sfida, la curiosit, la voglia di fare sempre meglio, sono tutti indici della presenza di leadership. La capacit di gestire le riunioni, di gestire il tempo, dipendono dagli usi e consuetudini che costituiscono il modus operandi, lo stile operativo dellazienda, il capo deve, da una parte, mostrare un forte spirito di adattamento alla specificit, al codice genetico dellazienda, introiettando in breve tempo la visione e i valori del gruppo, ma deve poi anche saper essere portatore di nuove idee e fonte di ispirazione per linnovazione e il cambiamento. Senza la capacit di delineare traguardi ideali e steps intermedi non si pu riuscire a essere leader efficaci. L azienda fatta di persone e di motivazioni che spingono a eccellere e ottenere risultati con proattivit, senza subire passivamente i cambiamenti ma imparando ad anticiparli. I giovani dispongono di una riserva infinita di energia che deve per essere abilmente gestita e indirizzata da parte di una dirigenza in grado di parlare il linguaggio delle opportunit e della responsabilit. Il leader ha il dovere morale di non dissipare la grande forza energetica e intellettuale presente in loro, istituendo un rapporto di assoluta lealt e imparando a corrispondere in misura corretta alle loro inclinazioni, alla loro passionalit e al loro slancio esistenziale verso un percorso di realizzazione: un leader che sa parlare ai giovani riuscendo a interpretare le istanze di trasformazione aumenta notevolmente la propria chance di successo. Il leader una superficie riflettente: deve rispecchiare e restituire come uno specchio lenergia che gli altri gli conferiscono. La leadership si fonda sulla generosit, sul saper restituire moltiplicata lenergia positiva dei collaboratori; il leader che invece vuole solo assorbire energia diventa come un buco nero che finisce per spegnere ed esaurire la vita di un universo organizzativo.
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Cultura delle istituzioni

Siamo una azienda internazionale che ha aperto le porte a dirigenti e risorse umane provenienti da tutto il mondo. Cerchiamo di vivere una cultura globale fatta di stimoli e diversit culturale. Approcci e metodi di lavoro ricchi di contaminazione culturale e fondati sulla valorizzazione delle differenze e della multiculturalit sono indispensabili per una azienda contemporanea aperta alle sfide di una cultura sempre pi globale e senza confini. L etica fondamentale per una azienda che si fonda su un modello di responsabilit sociale, con attenzione al tema della sostenibilit ecologica, alla lotta contro limpiego della manodopera minorile nei paesi in via di sviluppo, al rispetto delle regole di trasparenza commerciale nei confronti della rete distributiva. L assoluta seriet nei confronti del mercato e la capacit di resistere alle seduzioni di un business privo di regole ci che contraddistingue la presenza di una leadership fondata sui valori e sulla moralit degli affari. Nel nostro Paese c assoluta urgenza di ricondurre anche la classe politica ad alti livelli di competenza, per questo necessario educare una classe politica a una leadership fondata su unidea di rispetto della cosa pubblica. Come vicepresidente della Confindustria a Treviso mi sono lungamente posto la questione di come sia possibile che la classe politica sia cos ottusamente sorda agli appelli del mondo economico e produttivo. Da anni ci chiediamo cosa fare per richiamare alle proprie responsabilit istituzionali le forze politiche. La rappresentanza politica, purtroppo, negli ultimi anni ha visto una pericolosa decadenza morale e di qualit antropologica, culturale ed etica. Non possiamo pi accettare che le istituzioni vengano vilipese da politici non allaltezza del compito. Serve professionalit, competenza, imparzialit, trasparenza. Ci troviamo rappresentati da politici di scarso livello, con modeste attitudini, senza conoscenze e preparazione. Serve una politica di livello, fatta da personaggi di ambizioni nobili, non quella dei piccoli interessi di parte o addirittura personali. Una politica capace di attirare personaggi virtuosi di alto livello con una visione strategica, con un progetto di rilancio delle istituzioni e dellimmagine internazionale. Esiste una pessima pratica di duplicazioni amministrative e politiche create ad hoc per consentire alla partitocrazia di occupare ogni poltrona disponibile allappetito di potere centrale o locale. Le aziende municipalizzate seguono una logica rigida di spartizione partitocratica fino allultima briciola di potere. Assistiamo al patetico aggrapparsi alla poltrona dei politici che si unisce alla amoralit di una pratica costante del trasformismo come strumento di conservazione del potere al di l di ogni ragionevole livello di rispetto della coerenza con la propria ideologia. Nel sistema pubblico c bisogno di maggiore professionalit, le istituzioni devono essere ser393

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vite da uomini con idee chiare e una cultura precisa dellistituzione che vanno a dirigere. I politici devono possedere una cultura istituzionale. Chi occupa le istituzioni deve spogliarsi delle proprie personali ambizioni ed esclusivamente servire il bene pubblico. L obiettivo di un leader aziendale, la produzione di ricchezza per gli azionisti, pi chiaro anche se non certo semplice, ma gli obiettivi di un leader pubblico sono molto pi complessi e difficili da definire. Rappresentare diverse posizioni e mediare interessi tra loro diversi compito veramente complicato e richiede preparazione e assoluta trasparenza a pena di generare discredito della funzione politica e della carica pubblica. Personalmente dirigo un gruppo da 1700 dipendenti, ma se venissi eletto sindaco, anche di un piccolo centro, da subito cercherai di apprendere a svolgere il nuovo compito: serve maggiore autocritica e umilt al momento delloccupare posizioni istituzionali. Le istituzioni non sono per tutti. Non da tutti essere leader pubblico: quella del governo della cosa pubblica larte pi difficile. Per troppo tempo si svalutato il concetto di carica amministrativa considerandola come una funzione di esclusiva espressione politica e priva di indispensabili competenze specifiche. Serve seriet e onest se si vuole essere credibili e utili alle istituzioni pubbliche. Servono persone di livello che sappiano cooperare e non gareggiare in vanit. Il bene della comunit deve essere il fine unico ed esclusivo dellazione amministrativa. Il leader pubblico deve possedere nel proprio intimo gli efficaci anticorpi alla voglia di presenzialismo e di personalistico culto della personalit. A questa diagnosi impietosa della decadenza del sistema di leadership pubblica del Paese occorre per aggiungere che siamo sorpresi, non solo noi in Italia, ma anche in molti Paesi stranieri, dalla rapidit della svolta rappresentata del governo tecnico di Mario Monti. Dallestero ci chiedono come sia stato possibile, dopo essere stati immobili per decenni di fronte al declino economico, etico e culturale del Paese, trasformarsi negli europei pi solleciti a varare riforme epocali in meno di cento giorni. Neanche i Paesi pi strutturati riescono a varare riforme come le stiamo mettendo in cantiere noi. Anche nel calcio siamo cos, sappiamo agire solo nella cosiddetta Zona Cesarini, vicino, se non oltre, il 90 minuto. Da sempre gli italiani, quando il gioco si fa davvero duro, sanno dare il meglio di s: forse era necessario arrivare sullorlo dellabisso, del rischio del default finanziario, per riprendersi dal torpore morale e ricominciare a dare priorit al bene del Paese.
(Alberto Zanatta, direttore generale Tecnica Group)
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Etica pubblica: timore, convinzione e responsabilit


Luigi Zoja

Si venuta sedimentando nel tempo, diventando una costante culturale nellinconscio collettivo italiano, una forma di monoteismo ereditata dalla pregnante tradizione cattolica del Paese, che nel corso del secolo XX stata poi parzialmente rimpiazzata da un simmetrico assolutismo di matrice marxista, non solo dialetticamente antitetico, ma, per molti tratti, segnato da insospettabili continuit con alcuni caratteri di fondo della visione del mondo cattolica. Con il marxismo si sperimentato un tentativo di ricreare ideali di comunit in senso laico, egalitario e materialista. Il fondamento dellethos comunista si incentrato sullidealismo delle intenzioni e dunque su una forma di etica della convinzione. Nei paesi protestanti, in linea con linterpretazione fornita da Max Weber, la dicotomia tra etica della convinzione ed etica della responsabilit si declina sul modello dellassunzione personale di responsabilit. Ci trova origine nella pratica protestante dellammissione solitaria della responsabilit dei propri peccati per cosi dire, direttamente davanti a Dio senza alcuna mediazione da parte del confessore e pi in generale dellautorit ecclesiastica. A ci si deve aggiungere lelemento dellapproccio diretto ai testi sacri reso possibile dalla traduzione lingua in tedesca della Bibbia. La Sacra Scrittura cos pienamente a disposizione della lettura del popolo e non pi destinata allinterpretazione dellautorit religiosa cui spetta di determinare in via esclusiva il canone ermeneutico da applicare alla Bibbia. Nei paesi cattolici, seguendo il paradigma di Max Weber, tende ad affermarsi un modello di etica della convinzione piuttosto che di etica della responsabilit. Muovendo dal piano personale alla fondazione di unetica pubblica ci si traduce in una sostanziale impermeabilit del carattere degli italiani al rigore delletica della responsabilit modellata sui valori delluniverso culturale dei paesi attraversati dalla Riforma protestante. Come italiani siamo per certi versi alieni dallintransigenza giansenista dellethos protestante. Nella Penisola prevale una tendenza alleteronomia etica piuttosto che una forma di autonomia della responsabilit e della coscienza riflessiva di stampo in395

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dividualista e protestante. In Italia si affermata uneccessiva tendenza alla delega verso le istituzioni che ha finito per espropriare la coscienza individuale del cittadino dellindispensabile funzione di diritto di critica verso i propri rappresentanti che hanno cos sempre pi assunto la condizione di intoccabili. Ci determina anche una tendenza a una sorta di passivit e assuefazione verso il potere; questo conformismo si combina anche con una forma di trasformismo conformistico a ogni cambio di regime. Nel nostro Paese prevale la tendenza al conformarsi a quanto indicato dallautorit ecclesiastica o dal partito, basti pensare alla formula del cosiddetto centralismo democratico che ha ispirato fino a pochi anni fa le strategie e la leadership delle diverse correnti, delle diverse anime interne del partito comunista, determinando una sintesi forzosa nelle scelte del PCI. Devo ammettere che decisamente mi colp la nota di chiusura della Critica al programma di Gotha di Karl Marx (letta tra laltro in una edizione della vecchia DDR che contribuiva alleffetto quasi vintage di quella straniante citazione): un esergo dal tono paradossalmente quasi teologico: Dixi et salvavi animam meam. Quasi fosse un teologo, Marx conclude il proprio scritto indicando, da una parte la presenza stringente della Verit, e dallaltra le necessit degli affari del mondo; da un lato i metafisici dogmi astratti delletica e dallaltro la materialit vivente delle scelte e dellesistenza concreta. Nella tradizione monoteista del nostro Paese (cattolica ma in parte rieccheggiata da una sovrapposizione marxista) innegabile il peso della storica carenza di correlazione tra assunzione del potere pubblico e responsabilit personale. I Paesi dellEuropa continentale e del Nord certamente assumono spesso toni moralisti, venati da un puritanesimo a volte eccessivo e pedante oltre che da uneccessiva tendenza al manicheismo, ma altrettanto noi italiani cediamo troppo allindulgenza generalizzata e a una forma di tolleranza auto-assolutoria che impedisce di distinguere con sufficiente nettezza il limite tra lecito e illecito, tra etico e immorale, tra tollerabile e intollerabile. Lungo questo retaggio culturale non proprio intransigente del nostro Paese avanzano anche diffusi comportamenti economici border-line e sconfinamenti nellillegalit da parte non solo di una minoranza criminale, ma di alcune categorie sociali che ispirano la propria attivit economica alla malafede e vivono la disonest fiscale verso lo Stato come prassi quotidiana addirittura con ostentazione. Evasione ed elusione fiscale come diserzione di una larga fetta della popolazione dai doveri verso lo Stato e la comunit: si tratta di una tendenza che mette in discussione gli stessi fondamenti del patto sociale e di lealt reciproca tra i cittadini.
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Etica pubblica: timore, convinzione e responsabilit

Questo dualismo ingiustificato tra Europa nord-continentale ed Europa mediterranea richiede un confronto permanente per poter superare il pregiudizio e consentire un percorso di avvicinamento, un dialogo finalizzato a una mediazione per superare le barriere culturali e la incommensurabilit dei modelli morali che alimenta una cultura del sospetto e della diffidenza reciproco impedendo un processo di ulteriore integrazione europea fondata su modelli di etica pubblica se non identici (ci significherebbe infatti un pensiero unico) quantomeno convergenti. La mancanza di investimento nella cultura civica e in un modello evoluto di etica della responsabilit dipende da un atteggiamento di fondo che si limita a frequentare un livello moralistico o superficiale di etica della convinzione che si riduce a una sola dichiarazione di intenti. Una ulteriore elaborazione delle categorie Weber si ritrova nel discepolo di Jung Erich Neumann che, negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, scrive un saggio solo apparentemente psicoanalitico dal titolo: Psicologia del profondo e nuova etica, dove si sostiene che, una volta acquisito che la psicologia del profondo o psicologia dellinconscio trascende la dimensione superficiale della coscienza di quello che la persona convinta di essere, allora non si pu pi ragionevolmente credere in una forma di etica della convinzione fondata su una visione ingenua incentrata sul presupposto illusorio della piena trasparenza del soggetto a se stesso: a questo punto diventa indispensabile il richiamo a un modello di etica della responsabilit. Si sempre convinti di avere compiuto la scelta eticamente corretta e solo dopo un complicato e doloroso processo di approfondimento delle pulsioni e delle ragioni e motivazioni inconsce si arriva a scoprire quanto invece spesso dominante la stretta relazione col negativo e il compromesso col male. Lambiguit morale della persona si nasconde sotto la superficie di una adesione alle forme spesso convenzionali e rassicuranti di unetica della convinzione. Si pu essere ritenuti responsabili non solo per quello che si compie sulla base di quanto coscientemente raccolto come informazione ed elementi di giudizio, ma anche di quello che la psicoanalisi chiama lombra del s, fatta di tendenze inconsce e dunque non immediatamente conosciute, ma gradualmente riconoscibili e intuibili con un processo di disvelamento e acquisizione di consapevolezza. L inconscio profondo rappresenta una componente decisiva nelle motivazioni della condotta e non possibile ricostruire lintegrit della struttura identitaria, psicologica e morale del soggetto rimuovendone la presenza. Molto prima di Freud e della psicoanalisi, due millenni fa, San
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Paolo, nella Lettera ai romani, con una affermazione che potremmo qualificare come antesignana della psicoanalisi, riconosce come il soggetto, in realt, non tanto faccia il bene che vuole quanto piuttosto il male che non vuole. Tutti desideriamo e compiamo azioni che rivelano qualcosa di sempre pi egoistico e trasgressivo rispetto a quello che dichiariamo di volere agli altri, ma anche a noi stessi. Sulla base di questo riconoscimento, affidarsi alletica della convinzione diventa problematico, se non ipocrita o ingenuo. Abbiamo attraversato quasi un ventennio dominato dalla ricerca di un leader carismatico cui affidare una delega in bianco ad amministrare le sorti dello Stato. Questa lunga fase sembra ormai definitivamente terminata, come testimoniato dagli eventi politici pi recenti, ma anche dallanalisi di alcune tendenze di fondo rispetto ai c.d. sentiment o percezioni, e allinconscio collettivo che sembra animare i desideri pi profondi degli italiani in questa fase dominata dalla percezione e dallattesa di un momento epocale di trasformazione che si avvicina. Il rapporto pubblicato congiuntamente dal Censis e dallassociazione 50 e pi che rappresenta gli italiani ultracinquantenni, che ormai rappresentano quasi la met della popolazione, ha recentemente condotto unindagine dove stato riscontrata, rispetto alla serie di precedenti rilevazioni, un trend che mostra il crollo della rilevanza del carisma come elemento fondamentale per la leadership del Paese. Si tratta di una netta discontinuit con il quindicennio precedente e segnala una brusca inversione di fiducia nella retorica del decisionismo. Quella del leader carismatico rappresenta una scorciatoia, una semplificazione rispetto alla questione della crisi della rappresentativit: un tentativo di sintesi autoritaria che non tiene conto della complessit e del pluralismo della societ contemporanea. Il recente rapporto Istat segnala una svolta verso una netta prevalenza del fattore razionale piuttosto che in quello emozionale nel caratterizzare il modello di decisione per le scelte cruciali. Si tratta di un vero e proprio abbandono del favore verso il tipico modello di decision making adottato dalla leadership di Berlusconi. Dunque un rifiuto, una saturazione verso questo modello di leadership che ha caratterizzato lapparato politico che ha dominato questa lunga stagione politica italiana. C poi da aggiungere un dato che sempre lo stesso rapporto indica e ci che, a fronte di ancora una forte influenza dellambiente familiare nel determinare le preferenze politiche, si mostra anche sempre meno rilevante linfluenza delle convinzioni di tipo religioso o lappartenenza sociale nel determinare le scelte di tipo politico. In questo senso si avverte uno spostamento sullasse delle convinzioni apparentemente individuali
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nella determinazione delle scelte politiche che sembra segnare una certa discontinuit con quella tradizione alletero-determinazione largamente presente nei paesi a tradizione cattolica. Come psicoanalista, e a fortiori come psicoanalista junghiano che fa riferimento a un paradigma che riconosce significativa centralit al concetto di inconscio collettivo, devo mantenere un certo scetticismo metodologico di fronte a queste dichiarazioni che sembrano il prevalere di una forte istanza individualistica e di forte autonomia soggettiva. Immagino infatti che gli individui siano in fondo abbastanza inconsapevoli di quanto lappartenenza determini le loro convinzioni in una prospettiva del profondo. A questo proposito pu essere utile ricordare come il legame simbolico con il territorio, con unarea geografica, sia stato in grado di determinare una trasformazione nelle preferenze politiche: basti pensare alla categoria della classe operaia del Nord, che aveva una vocazione naturale a votare per il partito comunista e che ora ha spostato le sue preferenze verso la Lega Nord sentendosi maggiormente tutelata contro la paura della concorrenza da parte dei lavoratori extracomunitari. La categoria della paranoia diventa uno strumento ermeneutico estremamente utile per comprendere molti atteggiamenti e comportamenti collettivi. La paranoia come elemento sottostante e strutturante comportamenti sociali e indirizzi politici. Anche qui si assistito a una importante metamorfosi delle principali direzioni e proiezioni paranoiche su nuovi bersagli. Prima cera lidea ossessiva della congiura del complotto del capitalismo internazionale che pi recentemente ha preso come direzione il mondo dei migranti e degli extracomunitari oppure degli islamici. Evidentemente esiste una innegabile responsabilit del sistema mediatico che contribuisce a moltiplicare lossessione e la percezione di accerchiamento da parte di chi vive una predisposizione verso lossessione paranoica. I mass media di cattiva qualit, come ha insegnato la storia, moltiplicano la paura: limpiego della radio nella prima met del XX secolo ha contribuito a mobilitare leffetto emotivo sulle masse nei regimi totalitari del nazionalsocialismo e del fascismo, ma anche la stampa nellOttocento, seppur impiegando linguaggi differenti, ha diffuso nellopinione pubblica il contagio della malattia del nazionalismo. La paranoia come sentimento diffuso nellinconscio collettiva stata nella storia il precursore dei regime totalitari: pensiamo agli anni della repubblica di Weimar con il fenomeno delliperinflazione galoppante e il mood di disperazione che ha preparato il montare della paranoia anticapitalista e antiebraica con la sua teoria del complotto da parte di una fantomatica plutocrazia internazionale. L elemento manipolativo dei mezzi di comunicazione, analizzato artisti399

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camente da Orson Welles con il monologo La guerra dei mondi rendeva palese quanto la paranoia dellalieno contribuisse ad alimentare linconscio collettivo di attese ma anche paure profonde. Ancora Welles con quel capolavoro del cinema che Quarto potere rendeva manifesto il legame stretto tra potere mediatico, potere politico, istrionismo del potere e struttura inconscia del desiderio ipertrofico del potere. Giorgio Galli con la sua acuta teorizzazione del bipartitismo imperfetto ha delineato le ragioni e gli effetti dellanomalia politica italiana durata per tutta la Prima Repubblica e fondata sullassenza di una reale alternativa al blocco centrista. Un partito moderato e un partito di alternativa sostanzialmente gi inserito nel sistema a livello consociativo e a livello di governo nelle regioni e negli enti locali ma escluso automaticamente dal governo centrale in virt di una c.d. conventio ad excludendum determinata dalla realpolitik di un mondo diviso nei blocchi dal trattato di Yalta e destinato a mantenere in vita un accordo non scritto di esclusione dei partiti comunista dal governo del Paese. I comunisti in Italia crescevano ma non potevano andare al governo per rispettare la divisione geopolitica del mondo in due blocchi. Al crollo del sistema del socialismo reale si determinata la diaspora di una sinistra dispersa in un arcipelago di piccoli partitini minori di una sinistra identitaria di testimonianza nostalgica e massimalista in grande difficolt a presentarsi come forza in grado di strutturare una alternativa di sinistra per un paese tradizionalmente conservatore e centrista. Il crollo del muro di Berlino ha visto disgregarsi la sovrastruttura ideologica della lotta di classe riportando il PCI e i suoi eredi mutanti dentro il sistema della socialdemocrazia europea. A questo processo di metamorfosi del partito di Gramsci si contrapposta una simmetrica implosione della geografia culturale della destra italiana che nata a sua volta come anomalia e congelata in un reducismo inattuale stata risucchiata dentro il contesto di una nuovo modello elettorale e un sistema di alleanze che lha riportata al centro di un nuova dinamica politica. Quella del sistema politico italiano dunque unanomalia perfetta, nel senso etimologico del termine: ormai completata, quasi simmetrica a sinistra e a destra, unanomalia che non pi imperfetta perch lo diventata da entrambi i lati dello schieramento parlamentare. Un centrodestra che nato grazie alla fusione fredda con un partito di destra prima escluso da una reale partecipazione alla vita politica del Paese in virt dellambigua relazione con il divieto costituzionale di ricostituzione del partito fascista, e un partito azienda, nato in seno a quella cosiddetta maggioranza silenziosa conservatrice del Paese che ha trovato il proprio portavoce nella leadership di Berlu400

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sconi, limprenditore carismatico di un impero mediatico. Un leader azienda che ha venduto la propria proposta politica alimentando la paranoia di un anticomunismo post-moderno, a guerra fredda conclusa, con gli strumenti di un marketing ossessivo e fondato sul mito del self made man e dellostentata immagine di uomo nuovo, di parvenu prestato alla politica italiana con la missione di liberarla dalle incrostazione della burocrazia e dello statalismo. Una maggioranza silenziosa che paradossalmente urla per mezzo della voce mediaticamente amplificata di un leader populista di stampo sudamericano che, quando in difficolt, evoca il pericolo di una congiura internazionale e trasforma gli avversari in nemici e presunti cospiratori. In questo ventennio abbiamo assistito in Italia a un processo di progressiva regressione infantile degli italiani sullonda di un impulso difensivo, di un meccanismo di difesa fondato sul regime ossessivo della paranoia. Ora il Paese deve riscattarsi dando prova di essere in grado di emanciparsi dalle paure maturando un sano rapporto con il principio di realt. La verticalizzazione di un comando scenico e prevalentemente mediatico ha influito a fondo sulla nostra prospettiva anche mentale. C, sembrerebbe, una ripulsa verso lunico personaggio al comando. Occorre ridisegnare le categorie e i concetti, le parole della leadership. Un momento drammaticamente e potenzialmente rifondativo e di ripartenza. Per questo servono strumenti concettuali e culturali con cui operare la trasformazione. In questo momento c uno spazio riflessivo e una possibilit che il cittadino medio mostra con una disaffezione alle risposte di tipo carismatico e vuole una leadership riflessiva. Si apre fortunatamente uno spazio potenziale di risposta razionale e realistica rispetto alla drammaticit che la seriet del momento richiede. C un profondo rigetto del sistema di copertura illusoria delle questioni, c voglia di tornare a parlare il linguaggio della complessit e della realt contro le mistificazioni ideologiche e propagandistiche. Si affaccia sul nuovo millennio una nuova generazione critica dei giovani da contrapporre a quella che la vecchia generazione critica come quella del 68. Per utilizzare le ormai quasi abusate categorie junghiane di estroverso-introverso, quella del 68 si mostrava come generazione estroversa, mentre i giovani critici di oggi appaiono come introversi. Non si pu generalizzare descrivendo i giovani come lontani dai libri e totalmente assorbiti dai nuovi media o condannati alla povert culturale o allappiattimento televisivo. C una nuova classe di giovani di forti lettori: quelli che leggono, leggono ancora pi di prima. C una nuova generazione che non vede una contrapposizione tra lettura e new
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media, tra letture di qualit e immersione nel web. Ci sono dei ventenni che leggono pi dei trentenni, ci determina una tendenza alla crescita del pubblico dei lettori forti nei prossimi decenni. Alcuni giovani sono introversi e si incontrano solo in una dimensione virtuale ma poi ci son i casi come quelli degli indignados o di occupy wall street. Il concetto di indignati ancora troppo vago e generico come progetto, gli indignati dovrebbero trovare una dimensione ricostruttiva nei confronti della cultura economica del capitalismo occidentale. Nella generazione critica del 68 il modello intellettuale era quello del guerrigliero come Che Guevara, adesso la giovane generazione ha Roberto Saviano: un modello di passione civile unita a introversione e solitudine che vive per i libri e fra i libri rinchiuso forzatamente per le minacce che ha ricevuto. una figura simbolica di una condizione di riscatto attraverso il rischio della verit e leffettiva capacit di cambiare la realt attraverso limpiego simbolico delle parole in un contesto dove regna il silenzio imposto dalla paura e dellomert. E poi ci sono le nuove generazioni laiche e democratiche che hanno cambiato in pochi mesi il volto dei paesi del Nord Africa. Impiegano i social network come strumento non solo di comunicazione e controinformazione ma anche di mobilitazione. Dopo lattentato dell11 settembre lAmerica dellamministrazione Bush si dedicata alla politica della paura e della paranoia. Bush ha lanciato la homeland security e nuovi sistemi di spionaggio creati sottraendo risorse alla sanit pubblica e al sistema sociale di welfare. Otto anni di Bush con investimenti colossali in strumenti per difendersi da un nemico islamico e poi tutto il dipartimento di Stato e lapparato di intelligence viene sorpreso dallinfiammarsi delle rivoluzioni nel Nord Africa. Dunque lidea stessa del complotto islamico e dello scontro di civilt ha visto un ridimensionamento e si dovuto riconoscere un ruolo residuale del consenso verso Al-Quaeda e pi in generale dei fondamentalismo nelle societ arabe. Queste rivoluzioni non sono nate da una congiura di questi estremisti radicali, casomai hanno rivelato la debolezza di questi movimenti fondamentalisti. Per la creazione di un nuovo leader diventano importanti i meccanismi decisionali, i percorsi, i tempi. Entro determinato tempo si deve prendere una decisione, si deve prendere una decisione: questo non molto confacente rispetto alla mentalit italiana, con una forte differenza rispetto al modello di decision making pragmatico del mondo anglosassone che sa organizzare una metrica e una tempistica del processo di decisione. La leadership deve fare ricorso allo strumento dei sondaggi solo in momenti particolari, il sondaggio deve essere un mo402

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Etica pubblica: timore, convinzione e responsabilit

mento di verifica delle strategie e non pu essere un ispiratore del programma: altrimenti si va incontro agli istinti pi populistici, basti pensare al terreno della politica fiscale e del rigore finanziario. Mi sembra che ora, dopo aver attraversato una vera e propria orgia di mucillagine, con il suo impasto di effimero e di detriti di sogni, come descrive con la consueta precisione il sociologo De Rita, possiamo finalmente tornare a riflettere e provare a pazientemente ristrutturare il tessuto sociale e relazionale perduto in questi ultimi decenni a partire da un rinnovato rapporto con la nostra libert, con la nostra mente razionale ma anche emozionale e simbolica, consapevoli che non pu essere una delega in bianco a un leader decisionista con un ego ipertrofico e narcisista a rassicurarci contro la paura collettiva del futuro, ma deve soccorrere la consapevolezza che i saggi sono tali quando sanno parlare il linguaggio di una forza mite fondata su una assertivit razionale e convincente senza mai indulgere nella seduzione, ma sapendo raccogliere il Paese attorno a narrazioni capaci di ispirare ragionevole speranza.

(Luigi Zoja, psicanalista e saggista)


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