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University of Toronto

http://www.archive.org/details/ilvelenokantianoOOmatt

IL

VELENO KANTIANO

GUIDO MATTIUSSI

S.

I.

Il

Veleno
Kantiano

SECONDA EDIZIONE

ROMA
TIPOGRAFIA PONTIFICIA NELL'ISTITUTO PIO IX
(artigianelli
S.

GIUSEPPE)

1914

IMPRIMI
Romae, 5 novembris 1913

POTEST
OcTAVius Turchi
S.
I.

praep. prov. ront.

IMPRIMATUR
Fr.

Albertus Lepidi, O.

P., S. P. /V>

Magister

IMPRIMATUR
Franciscu&,iMMSm. Vicar. Urbis Adsessor

CAPITOLO
L'agnosticismo
di

I.

Emm. Kant

radice dei moderni errori

Confusione
Inutilmente
dell'
ci

d' idee pel

kantismo.
i

affatichiamo a far conoscere


i

pregi
scuole

antica sapienza presso

nuovi maestri e

le

profane.

Perocch
l'

fra loro si

ha per indubitato che


;

perpetua

evoluzione della natura e degl' ingegni


alla vita
il

parrebbe un rinunciare
degli avi, ed presa a

ritener le sentenze
filosofia
la

sdegno una

che

si

professi umile ancella della fede,

con che

ragione

sembra rinunciare
l'anima
segreto

a'

suoi diritti e pare distrutta la

sincera ricerca della verit.


il

V' poi

nel fondo

del-

proposito d ribellarsi a qualun-

que evidente principio, che porti come vicina o re-

mota conseguenza
sit di
il

la verit della religione e la

neces-

credere.

Riguardo a quei lontani


dirla filosofia mistica
(?)

avversari,

fatto di

non voler neanche esaminare


;

la Scolastica

manifesto

con
1'

credono

di

mostrare che

hanno studiata

e capita (??) e a

buon

diritto

condannata.

l'agnosticismo di EMM. KANT

Ma

perch mai

avviene

che pur

tra

coloro

ai

quali santa la religione cattolica, ed posta innanzi

r eccellente,
losofia,

la

sempre
e nelle

viva, la quasi

dogmatica
;

fi-

gi formata

dai

nostri

teologi

fondata

nel
s

buon senso

prime e pi note esperienze,


rivelazione
di-

irradiata dalla luce superna della

vina,

quella filosofia che, salvo qualche locuzione


il

mutabile secondo

tempo

paesi, o qualche opinell'

nione suggerita dalle illusioni dei sensi


la natura,

osservar

la perenne filosofia del genere

umano,

non pochi

restino dubbiosi e volgano lo sguardo


li

altrove,

cercando una luce diversa che


i

quieti?
li

Che

cosa tiene sospesi

loro animi

che cosa

rende

incapaci di scorgere la lucente verit?

non
lano

sopratutto

il

veleno
scuole

kantiano.
profane,

una grande
ove
grosso-

sventura che nelle

dapertutto
il

prevale, o per stanchezza caduto,

materialismo,

siasi

acclamato

come sovrano
quasi
il

maestro Emmanuele Kant, ed


nio
riori

egli sia
altri

geinfe-

dominatore,

dopo

il

quale

maestri

sono

pensiero.

come interpreti e difensori del suo Dunque secondo quelle avviluppate e nebsorti
s'

biose concezioni

formata la

nuova

filosofia delle

moderne
revano

universit,
savi,

anzi di coloro che in esse paelevati sopra


il

piiJ

come

fango

della

brutta materia. Poco male, se la cosa fosse rimasta


l,

ma

gran

danno che

gli errori kantisti

pren^

dendo aspetto
finati

di qualche onest

non restino conqualche macattolici.

_^

in quelle aule,

e omai

allettino in

niera

anche
in

le

menti di

alcuni

Perocch
mostrarsi
i<^{

sempre

molti di noi c' la smania di

RADICE DEI MODERNI ERRORI


condiscendenti a quella che dicesi scienza moderna,
e di ridurre al

minimo

la diversit fra le nostre dot;

trine e le opinioni correnti

sperando, col cedere in

qualche punto, col dissimular qualunque verit


accetta, di rendere

meno
cam-

pi

breve e pi

facile

il

mino a

quelli

che volessero tornare dei nostri, e vo-

lendo dar prova di mente larga (che abbraccia con


disinvoltura
gli

errori),

e di sapere e di

ammirar

tutto ci che appartiene alle

nuove

dottrine.
:

Ora

il

Kant

oggetto
si

di universale

ammirazione
il

d' altra

parte non

vuol vedere che tutto

suo sistema

maligno e

falso.
:

Dunque
cos

dicono, uniamoci agli altri


efficacia,

neir ammirarlo

avremo maggiore

per

trarre gli avversari della nostra fede a riconoscerne


la verit.

Pare a molti
rendo
al

di porsi in

un giusto mezzo, adel'

^^Sn^^AJc

kantismo, che esclude


;

ingenua fiducia del


positivo

medio evo
la
i

che

d' altra

parte

non

come

scuola del Comte, non materialista

nuovi epicurei (turba

infinita),

non

come sono scettico come


o confui

Hume, non panteista come sta come Locke, quali sono


i

Spinoza, non sensitutti ripresi

tati

dal filosofo di Koenigsberg,


greci dallo
Stagirita
:

come

gi

pi an( ^^m^^^^^^^

tichi

anzi

sembra partire da

ragionevole, un dubbio, e procedere con


roso. Sovratutto
si

metodo

rigo- \y^jC&ch

giudica opera assai gloriosa del


facolt

Kant
tavia,

la critica delle nostre

conoscitive.

Di

questo appunto sembrava, e non pochi ripetono tut-

che

ci

fosse bisogno

sospettando che quel sel'

condare troppo semplicemente


avesse

istinto

della natura

portato ad accettare le illusioni dei

sensi e

l'agnosticismo di EMM. KANT

a porre fuori di noi quello che era soltanto nel nostro

modo
il

di concepire.

Era

illusione,

dicono,
s

non

soltanto l'immaginar che gli astri fossero

piccoli

e che

sole girasse intorno alla


il

terra;

ma
le

ancora
qualit

e molto pi profondamente,

credere che

diverse dei corpi dovessero costituirsi in natura,

come

appaiono
zio e
il

ai

sensi

pi ancora e peggio, che lo spatutti

tempo, onde paiono misurati


i

senza ecin

cezione
fuori

fenomeni
nostra

corporei,

esistessero

verit

della

percezione e

indipendentemente

dalle forme innate alle nostre facolt.

Se

le

troviam
noi
:

dappertutto, segno

che ce

le

mettiamo
accorto

oh

che non se ne accorsero quei semplicioni di Aristotele e di

S.

Tommaso ? Se
ci

n'

finalmente

Emm.
del

Kant, che

avvert dell' inganno. Questa fu


esterni
:

critica radicale dei sensi

infatti
?

che rimane
^ancora pi
;

mondo,

senza spazio e tempo


istitu
ci

Ma

profondamente
spetto ad essa
ritto di

la critica della

ragione

ri-

fece accorti che

non abbiamo
ordine

di-

attribuire alle

cose, o

all'

realmente
necessaria

oggettivo,

quello che

sorge

in

noi

per
il

inclinazione della nostra mente. Solo

senso o

l'

e-

sperienza esteriore, da parte nostra


getti che

attinge gli ogportati a


cos

veramente esistono.
nello

Come siamo
alle nozioni

figurarci ogni cosa

spazio e nel tempo,

r anima nostra determinata


cipi

ed

ai

prin-

universali dell' ente.

pure ponendo, che quesia

sta naturale

determinazione
realt
di

conforme

in alcun

modo

alla

un

oggetto,
si

dovremo ancora
fermano aV a?ialzsi
si

tener per veri quei giudizi che


del soggetto
;

ma

qualunque

nota

componga,

il

RADICE DEI MODERNI ERRORI


giudizio divien smtetico,
gettiva disposizione dell'
di attribuirlo a

ed

da tenere come sogintelletto,

umano

senza osare

un termine da noi

distinto, o di trae'

scendere r atto

medesimo
filosofia.

della cognizione. Cos

in-

segna

la

nuova

E
todo,

aggiungono a gran lode del Kant,


procedendo
che par rigoroso, e molto

che

egli,

partito da' suoi principi e

con un me-

atto a convincere

gl'ingegni dei nuovi professori, arrivato a riconoscere


del

r immortalit
volere,
l'

della

nostra

anima,

la

libert

esistenza di

Dio

che

di

pi

molto

nobilmente ha parlato della legge morale, del dovere


al

quale ogni
il

uomo dee
bene

soggettarsi, della virt che

supremo

dell' essere

ragionevole.

Vedete

dunque che anche


laiche
le

la filosofia pi
il

stimata nelle scuole

moderne, anche
recenti
s'

ragionamento che secondo


agi' intelletti,

idee pi

impone

bench
vien
fi-

sfiduciati del sillogismo e ritrosi alla

fede,

nalmente a conchiudere
quelle che

le verit

pi

importanti,
quali

sempre furono designate


alla religione

prolego-

meni necessari

soprannaturale.

Come
non

non

accettare, o

almeno una

come non

riverire o

guardar

con favore

tale filosofia?

Sarebbe da
prevalersi
di

parte nostra una sciocca tenacia dei vetusti pregiudizi


;

sarebbe

anche

un

delitto

non

un'

arma

cos adatta ai presenti bisogni e cos efficace

per

vincere gli

avversari,

non

fittizi

o morti,

ma
osti-

veri e vivi, coi quali

dobbiam
gli

trattare.

Se

ci

niamo a pensare con pereremo Parmenide


roe

Scolastici,

inutilmente su-

e Melisso,

Avicenna ed Aver-

quali, se possibile,

dormano

in

pace;

l'agnosticismo di EMM. KANT /


,\f.
,

<

e saremo impotenti contro


dei

vivi e desti

avversari,

quali

sono

ora

contrastate e negate la nostra


religione.

filosofia e la

nostra

Se

ci

adattiamo

in-

vece

alle idee kantiane,

saremo

forti

contro la molle

tiforme
nazini.

incredulit

che ora

devasta

scuole e le

L'

anima

immortale e Dio,

la

legge e la
le

virt

ecco

dove Kant arrivato,


lui

ecco
a'

grandi
molti
si

verit

che con

potremo

imporre

suoi

ammiratori e a quelli che


fessano suoi seguaci.

in tutto

o in parte

pro-

Per queste e per


qualche

altre

ragioni,

il

kantismo da

tempo

trae a s l'attenzione di

non pochi
tale

scrittori cattolici:

anzi accolto con

favore e con

ammirazione. La quale per molti giunta a


porre
torit

da

Emm. Kant
con

ad una medesima altezza


sant'

di au-

Platone e Aristotele, con

Agostino
di

e san

Tommaso. Davvero
misura.

troppo, e molto al
ci

l dalla giusta

Sappiamo che
di
le

vuole in-

gegno per concepire


dar loro qualche

errori nuovi e originali, e per


verit,

apparenza

e per

com-

porre un vasto sistema, ove

contraddizioni sieno

dissimulate (l'errore senza contradirsi non fa lunga


strada) e le parti paiano sostenersi a vicenda,

come
infine,

>>'

una ben contesta travatura, e per diventare a molti


oggetto di ricerca e di studio, e per influire

come
Kant

fece

il

kantismo, su molte parti

dello scibile

K^

umano. Ci guarderemo
fosse

adunque dal
potente

negare che

il

dotato di un

intelletto,

e che

RADICE DEI MODERNI ERRORI


sarebbe stato
se avesse
fra
i

capace

di

far cose

forse

ammirabili,

seguito la retta via.


siasi

Ma
1'

di qui al
ci

porlo
corre

sommi, onde
tratto.

onorata

umanit,

un gran
la

Temiamo che

la

stima

dell'

autore

apra una gran porta all'ammirazione per l'opera di


lui,

quale deve essere detestata, e disponga


in parte
i

1'

a-

nima ad accogliere almeno


menti
;

suoi insegna-

poich

ci

sembra impossibile

ammirare una
assur-

dottrina, di cui appieno sia sentita la totale


dit.

Ora

noi pretendiamo che nell' opera del filosofo


alla fine

di

Koenigsberg dal principio


il

ogni cosa
,

impossibile e

disegno

n'

contradittorio
si

che tutto
di

rovina, e che

qualunque asserzione

ammetta

quello che

egli

da s novamente

disse,

ne rimane

tronco alla radice V ordine conoscitivo, ed veleno,


del quale

basta una
all'

goccia per dar

la

morte

alla

scienza e

intelletto.

Procureremo
*

di

dimostrarlo.

Intanto osserviamo
leno
si

come

dalla filosofia quel


il

ve-

diffuso a guastare

giudizio

nell' altre

scienze, se

pure v' scienza umana, che in tutto

di-

stinguasi dalla filosofia.

Da
1'

qualche

tempo va

ser-

peggiando r idea che


dio che dee preparare

1'

apologetica, ossia quello stu-

anima a ricever

la fede,

sciogliendo le difficolt che alla religione


gl'increduli, stabilendo le verit

oppongono
all'ac-

prolegomene
l'

cettazione della divina parola,

persuadendo
v'

uomo

che

v'

ragione di credere, anzi

obbligo di ac-

cettar

come soprannaturale

e rivelata la dottrina cat-

8
tolica,

l'agnosticismo di EMM. KANT

si

debba

tutto rinnovarsi e stabilire su altri


gli

fondamenti da quelli che


antichi,
dice,

antichi

ponevano. Gli
davvro,

hanno

creduto di provar
,

oh poveretti!
che
la

che

Dio

che Ges

Cristo Dio,

Chiesa divina.

Fu

illusione portata dal

me-

todo sillogistico e dalla

fiducia

posta nel

ragiona-

mento o
r ordine

in

una vera proporzione


l'

di somiglianza tra

obbiettivo e

ideale.

corti dell'inganno, e le
ste

Kant ci ha fatti acmenti non sono pi dispod'

ad accettar come
i

veri quei vani giochi

inge-

gno,

quali

come

il

grande
d'

filosofo disse bene, tutti

appoggiati alla punta

un

capello,
sulla

non

poterono
per-

mai esercitare veruna influenza


suasione degli

comune
si

uomini. Cos tra molti

va

ragio-

nando, in Francia,
dottrina, in Italia

anche
tra
le
si

tra

persone
vogliosi
e
i

illustri

per

giovani

di

mostrar

che non ignorano


recenti.

nuove sentenze

metodi pi

Dunque,

attenda bene, da san Giustino

che

s'

immaginava
i

di
libri

mostrare efficacemente

la cor-

rispondenza tra
di

profetici dei giudei e la vita


I,
i

Ges Nazareno
il

(Apol.

n.
.

29

e segg.)

fino a

quasi tutto

secolo

cero opera
chi
s'

vana,

XIX,
con

dottori della Chiesa feutile

o soltanto
essi,

per

muovere

illudeva

insieme

n conchiusero

efficacemente e assolutamente nessuna verit, n son


riusciti a

portare un valido

argomento per convin-

cere un severo ragionatore o che Dio esiste, o che

Ges Cristo
per salvarsi.

Dio, e che necessario esser cattolici

Ora con

la teoria

dell' ininaiienza

ri-

cominceremo

r opera pi felicemente. Per conchiu-

der che cosa? Che

assolutamente vera la nostra

RADICE DEI MODERNI ERRORI


religione?

Oh

sarebbe pretensione eccessiva!

Rimafuori

nendo
di

in noi,
?

che

si

pu sapere

di

ci che
gli

noi

Baster

avere

con che indurre

uomini

del nostro secolo a ricevere la fede cristiana,

come

la

pi conforme

al

modo umano

ora accettato di pen-

sare e di sentire. Per coloro che questo

tempo

chia-

meranno
Forse

antico, converr

ugualmente tornar da capo,


incolume
dall' infezione

e chi vivr ci
la

penser.
teologia
?

resta

di cotesto veleno

In nessuna maniera.

Come

n'

ha
ad

patito la previa

dimostrazione delle

verit
resta

che

essa conducono, cos essa


nata.

medesima

contami-

Viene a

soffrire di quella mutabilit,


il

che necesattri-

sariamente

accompagna un sistema,
del

quale

buisce importanza eccessiva alla cultura del


alla disposizione
l'

tempo,

soggetto,

all'

inclinazione del-

anima, o nativa, o volontariamente indotta. Queste

cose son mutevoli, a seconda di

molte circostanze,

poste negli uomini

nelle

cose.

Ne

viene

che

la
^

stessa dottrina, o rivelata o connessa con la rivelazione, segue le variazioni delle

umane
che

vicende.

Non ^
dire,

vowtv*^

sono forse molti

a'

nostri

gran parte

dell' antica

teologia
si

sorgono a
anche

in ci

che

da

tutti

comunemente

teneva, anche

nelle

asser-

zioni riputate

certissime

Se

essere stato
peripatetico,

un adattae

mento
marsi

della fede al sistema

doversi

abbandonare come opinione antiquata, per conforai

nuovi pe

^eri ?
il

cos

non

fosse,

come

mai, sembra a loro,

Concilio di Vienna nel 1311


1'

avrebbe potuto definire che

anima umana vera,


?

per s ed essenziale forma del corpo

Evidentemente

IO

l'agnosticismo di EMM. KANT

questa una

impressione

della

filosofia

scolastica.

La

Scolastica pi

non corre

tra noi.

Dunque
che
i

quella

definizione

da prendere

in altro

modo

Padri

del Concilio allora

Dottori del

non intendessero. Similmente i Tridentino pensavano con le idee, parlinguaggio della Scuola antica, ond'

lavano con

il

che per grazia santificante e per virt infuse e per

mozione
vano

della volont, per materia e

forma dei

sa-

cramenti, per le specie eucaristiche e per tutto, avealtri

concetti
la

da

quelli

che or

ci

formiamo. Chi

pretender che
il

predestinazione, di cui disputava


la

'

Molina nel secolo XVI, fosse


1'

medesima
?

di cui
I

trattava

Aquinate nel secolo XIII, o sant'Agostino

nel V, e che

prima nominava T Apostolo


sono
teologi

Cos

essi,

ed sembrato a qualcuno che questi argomenti,


torno
ai

in-

quali

si

affaticati

dei

secoli

cristiani, e

sublimi Dottori e Santi gloriosi, non sieno

altro che detriti o incrostazioni del

dogma,

e molto

meglio sarebbe, se affatto se ne liberasse


cattolica.

la dottrina

Ma
resta

con

tali

idee siamo sempre al principio,

modo
al

di progredir nella scienza.


il

Sar cortese

opinione che avremo di noi stessi


pi vicini
vero, che

credere d'esser
antichi
;

non fossero

gli

ma A

che fondamento ne abbiamo? Muteremo

ancora col

tempo

con

le

impressioni recate dai nuovi avveni-

menti: perch muteremo in meglio?


questa una grande sventura,
stabiliti

Ma

senza dubbio

che
il

mai non sieno


g'

gl'immobili principii. Se

senso delle espresintendimenti,


dei

sioni cambia, se altri

ed

altri
?

sono

che

abbiamo

d'

immutabile

G' insegnamenti

RADICE DEI MODERNI ERRORI


Padri e
le

H
si

laboriose ricerche dei Dottori che

sono

succeduti nei secoli, non


nella Chiesa

valsero

dunque a fermar
era

una certa dottrina:

un modo di
secondo
il

rappresentarsi le cose

soprannaturali

bi-

sogno dei tempi

e la preparazione delle menti,


realt.

non

era un' affermazione sicura di alcuna


il

Quindi
dice e

vago e r indeterminato
ascolta,

in tutto ci

che

si

si

pensa; quindi l'aver ragione o torto, solo relati-

vamente a chi
la

non assolutamente prendendo


;

norma

dalla oggettiva realt

quindi

1'

andare
alle

in-

nanzi,

non aggiungendo nuove cognizioni


ad
altre,

anti-

che, sibbene

correggendo queste come erronee, per


che oggi

dar posto

son buone,
si

domani
voltano

saranno antiquate. Saremo banderuole che

ad ogni vento, che or vien quinci ed or vien quindi,

muta nome perche muta lato. Saremo come quegli stolti, i quali andavan ne sapevan dove. Saremo come quelli che sempre imparano e mai non sanno la verit semper discentes et nunquam ad scientiam verie
:

taiis

pervenientes (II Tim.


il

Ili,

7).

Quando

Bossuet credeva
il

d'

argomentare cos
dicendo
:

efficacemente contro

protestantesimo,

tu

changes ; donc tu es Verreur; quando per la magnifica

sua opera Les variations

riceveva
;

tanti

plausi

dai cattolici di tutta


nel clero cattolico d'

Europa Europa e
1'

non sospettava che


della sua Francia sa-

rebbe sorto pi

tardi

chi
dell'

avesse

trovato

eccezioni

da opporre

alla forza
gli

inespugnabile

entimema.

Non sapeva che

avrebbero rimproverato di non


il

aver saputo distinguere tra

cambiare che

svi-

luppo e quello eh' alterazione.

Oh

chi penser che

12
il

L AGNOSTICISMO DI EMM.

KANT
nulla

gran Vescovo

di

Meaux

cui

manc
al

neldi-

r erudizione degli antichi Padri, abbia

tutto

menticato r aureo scritto di san Vincenzo


il

Lerinese,

quale riguardava

come nemico

dell'

umanit chi
di concepir

negasse ogni nuovo acquisto di verit, ogni maggiore


esattezza di termini, ogni

nuova maniera

cose antiche e di dirle, non 7iova sed nove? Grande


ingiuria

faremmo
cos,

al

Bossuet, e senza nessun appiglio

per giudicar
sciuto.

e contrariamente al

merito cono-

Ma nemmeno
il

c'era bisogno che, usando d'una


si

frase chiarissima, l'autore


i

fermasse ad allontanarne
s

sensi che

medesimo contesto escludeva,


pensiero

dalla

sua mente,

dall'intendimento di chiunque l'udisse.


il

nessuno viene
e

che

sia

un cambiare
delle

r ampiamento
cognizioni.

la

maggior certezza

prime

dice esser

Non cambia un novizio geometra che la somma degli angoli in un triangolo


retti,

uguale a due

e poscia

impara esser quello un


la

caso particolare della relazione che unisce


degli angoli al

somma
poli-

numero

dei lati

in

qualunque

gono. Cambia invece colui che da prima crede quel

teorema assolutamente vero


che
le

poi viene nell' opinione

geometrie non euclidiane abbiano ragione di


il

dubitarne. Questo e non altro

cambiamento per-

petuo che
protestanti
;

il

Bossuet mise in mostra nelle dottrine


questo
si

presenta

al

pensiero di ognuno
tu
es

che

sente

il

dire:

hi

changes ;

do7ic

Verreur,

Questo

cambiamento impossibile

nei

dogmi
gli

di fede e in tutta la dottrina cattolica.

Che

avi

versari increduli,

bestemmiando quello che ignorano,


d'

vengano a rimproverarci

aver

cambiato pel ma-

RADICE DEI MODERNI ERRORI


gnifico svolgimento che
rit
si

I3

fece nei

secoli

delle

ve-

religiose

prima

implicite

poi

esplicite,

prima
secon:

enunciate con qualche voce che poteva essere oscura,


poi con chiarezza
;

prima, in

qualche punto

dario incerte, poi certissime, non meraviglia

e se

coloro volessero
capir la risposta.

udirci,

forse

avrebbero

mente da
sospetto
tra noi

Ma

dolorosa meraviglia a vedere


in alcuni dei nostri
s
il

che

il

kantismo induca
tutt' altro

che un

cambiamento dal

al

no

come
rarsi.

cattolici e nella nostra fede

possa

mai avve-

Come
E
porta

sia indebolita

1'

apologetica.

poich
al

la

comune tendenza
procurando
ragione

degli animi ora


di

ci

naturalismo,

allontanare

diminuire quanto possibile tutto ci che supera le


forze del

mondo
i

la

dell'

uomo, ecco

lo

studio di parecchi nuovi apologeti cristiani rivolto a

umanizzare

dogmi, a considerare nella Sacra


1'

Scritscrit-

tura quasi esclusivamente


tore,
I

opera umana dello


si

ad ammollire quanto
si

pu, e talora pi che


ispirati,

non

possa,

il

senso dei

testi

specialmente

se toccano dei castighi eterni, a far pi rari o a togliere del tutto


i

miracoli,

insomma
Gli

a cessar daperantichi,

tutto lo stupore del


essi
i

sovrumano.

tra

Dottori e

Santi, e tutti nella


li

Chiesa hanno
questo

pensato altrimenti? Dicono che


}

portava a

l'indole semplice e religiosa unita all'ignoranza delle


naturali cagioni
;

la

poca

critica e la filosofia d'Ari-

14

l'agnosticismo di EMM. KANT


li

stotele

tenevano securi nelle loro


sia

illusioni.

Or

si

pretende che l'ingegno

pi

svegliato e

pi

ac-

corto

si

spiegano ora naturalmente tante cose che


ai

facevano
racolo
;

vecchi inarcar le ciglia e gridare


le

al

mi-

ora
la

leggende

sono

passate

sfumate, (m

Dunque

teologia deve acconciarsi ai nuovi tempi, ut


s

e anche in questa parte di veder


prannaturale, accettare la pi

facilmente
luce

il

sodai

viva

recata

moderni

studi.

Diranno che

1'

inspirazione

dei sacri

scrittori consiste soltanto

nell'aver
;

Dio voluto che


naturalis-

scrivessero quello che scrissero

scrissero

simamente, secondo quel che sapevano e trovavano.

Perch dovremo credere che


miracolo per guarire quei

ci

volesse

proprio

un
il

paralitici,

ove peraltro

Vangelo sembra accennare a miracolo vero? Era

la

comune

opinione, che

a'

nostri

non pi
in

corre.

I'

proprio da credere che fossero ossessioni diaboliche


tutte quelle

che

il

Vangelo nomina
il

quel

modo

Sembrava
comune, e
realt

di vedere

diavolo nelle stranezze


nel parlare alla

d'un

epilettico, e

Ges s'adattava
il

maniera

Vangelo ritenne
altro

lo stesso stile:

ma

in

non erano

che convulsioni nervose, che

pel ribrezzo faceano pensare al demonio. Perch pa-

reva fuor di natura tutto ci che veniva da una ca-

gione ignorata. Ora noi


assai

da una parte conosciamo


dall' altra

meglio

il

poter naturale,

riflettiamo
ci
ri-

di pi e

sappiamo che molte forze


:

corporee

mangono scerete per ambedue casi, il magnetismo e l'ipnotismo e occulte irradiazioni spiegano la
i

levitazione

la

comunicazione

dei

pensieri

lo

spiritismo e ogni cosa.

RADICE DEI MODERNI ERRORI


Cos
essi,

I5

con

tale

adattamento delle verit


voleva render pi

speculative dovranno
le

pure adattarsi e naturalizzarsi


e le
altre

pratiche.

Le une

umane
le

quello che fu chiamato americanismo, e trasse

simpatie di molti, e molti ancora non sanno perla S.

ch

Sede

siasi

affrettata a riprovarlo.

Preten-

deva appunto che alcuni antichi insegnamenti devono


modificarsi
della

secondo
sono

le

nuove idee;
ci

che alcuni usi


i

Chiesa

da
in

temperarsi secondo

nuovi

bisogni, specialmente
giosi,

che

tocca

voti reli-

meno conformi
;

all'amore d'indipendenza ora

svolto negli animi


tica,

che alcune virt dell'antica ascemortificazione,

devozione, modestia,

non sono
si

d'avere in cos gran pregio,

come una

volta

ave-

vano, perch

tempi richiedono maggiore

attivit e

libert d'azione e scioltezza di spirito, a cui

troppa

pazienza e umilt e dipendenza tolgono

le forze;

che

sopratutto la personale iniziativa d'ognuno da preferire agli

eccessivi

legami

una volta imposti e


interna
vi

lo

Spinto Santo dirige immediatamente ciascun'anima


buona,
nelle
s

nella

tendenza

all'

perfezione,
sia

opere

esteriori,

senza

che

bisogno di

consiglio e guida

de' superiori.

Tutto questo vuol


ia'v*^

dire che un po' di protestantesimo, senza gerarchia,

t>acM

senza pastoie di voti, senza fervori ascetici, con libero

esame e con libera azione d'ognuno, deve temperare


i

rigori dei vecchi Santi e dar l'andatura pi disin?

volta alla Chiesa cattolica. Perch no

Le

idee d' un

tempo convenivano
inesperta
nel

alla religione

ancor fanciulla e
conviene dopo

mondo;

altro

modo

l'esperienza dei secoli agli animi pi maturi.

La

ci-

l6
vilt

l'agnosticismo di EMM. KANT

progredita

importa
le

che

tutti

vivano con pi

/U/vn-d/A

agiatezza:

dunque

penitenze

d'altri

tempi non

sono pi da consigliare a nessuno, n tanta frugalit

o rigidezza. L' immanenza

kantiana, per cui la

verit,

piuttosto che trasce^idere con uscir dell'uomo

e regolarsi secondo l'oggetto, misurata dall'uomo


stesso e ne va

seguendo

le

varie disposizioni^ spiega

ogni cosa.

noteremo

di volo,

che

fra

medesimi
s'

ammiratori
insinuata
s,
l'

del

kantismo

dell'americanismo,

idea

1'

hanno espressa, copertamente

per un po' di rossore,


capire

ma

pi

del

bisogno per

farsi

che

forse presto sar cosa vieta,

come
-"

non pi conforme
del clero.

all'indole

dei

tempi,

il

celibato

Similmente, poich

il

socialismo occupa tanto le

menti, che anche parecchi de' suoi contradditori ne

prendono qualche tintura

perch non s'avr da amparte,


e,

mettere che convenga cedere in alcuna

mo' d'esempio riconoscere che


stabili

la

propriet dei beni

non un

diritto naturale dell'

uomo,

ma

conri-

cesso dalla societ, la quale potr in pari


toglierlo
?

modo
il

Perch non ammettere che un' uguale

divi-

stribuzione di beni render pi quieto e felice

vere cittadino, e saranno tolte due piaghe, la miseria


e l'odio degli uni,
il

lusso e la superbia degli altri?


la

Perch non dire che


che
il

limosina ingiuriosa,

ma
tutti

pane necessario all'onesto mantenimento a


si

dovuto, e per
s

di giustizia?

dee dare, non a

titolo di carit,

vero

che di limosina hanno


della

sempre

parlato

Dottori

Chiesa, e

l'

hanno

tanto esaltata

come feconda

di benedizione le sacre

RADICE DEI MODERNI ERRORI


Scritture;

17

ma

fu

un parlare conveniente a quei tempi

e alle condizioni del

mondo
si

di allora,

adesso tutto
all'enciclica

cambiate.

vero che

fa

gran plauso
l'

Rerum novarum, ove

assegnata

intrinseca e im;

mutabile ragione del diritto di propriet

ma

si

suole

attendere in quel sapientissimo documento solo ad un

periodo che piace, trascurando

il

resto

poi anche negli


quell' enciclica

anni posteriori alla pubblicazione


gli

di

studi sociali

poterono progredire, e nuova luce

s'accrebbe.

Insomma Emm. Kant ha


che
la

distrutto la pretensione

natura delle cose

ci sia

manifesta in s stessa e
esperienza non provi
la
:

sia pi costante

che

la positiva

di verit necessarie

ed eterne, che solo

mente,

trascendendo

l'esperienza,
certi.

siamo esser

pu formulare, non posParticolarmente egli ha tolto ogni


uomo,
da
e posta per unica ragione

legge superiore
la dignit della

all'

persona, per
tutti

unica

norma

ci che

fatto

non

fatto

tornerebbe a bene o a

male

dell'

umanit. Cos finalmente ogni morale neessi

cessit

dipende dagli uomini, e pu con

mutare.

Che
e'

se altri voglia
il

sorgere a considerazioni divine,

Kant non essere la religione altro che un sentimento un istinto che porta pi o meno alte le nature pi ingenue e pi immaginose puro miinsegna
;

sticismo che risulta da un

certo

bisogno

infinito

indeterminato.

lo

ammirano

e in parte lo seguono.
il

Chi disse mai che


y^t*Tagione, ne svel la

Kant, facendo

la critica della

./^

debolezza, rese cos pi parvente ^


?

^ ^*'^

la necessit della fede

Che

il

Kant

col suo sistema

l8

l'agnosticismo di EMM. KANT

abbia mostrato soggetta ad errore la povera

umana

ragione, facendone egli stesso un pessimo uso, l'am-

mettiamo
servi

onde segue, come gi avverte l'Angelico

nei primi capitoli della sua opera Cojitra gentes, es-

gran bisogno che


la verit

Dio

ci

aiuti,

insegnandoci

anche

che assolutamente T
guai se
il

uomo dovrebbe
effi-

trovar da s.

Ma

Kant avesse potuto

cacemente conchiudere che nell'umana natura

la ra-

gione cos sproporzionata ad attingere ogni verit


oggettiva,

come porta

il

sistema

da

lui

proposto.

Come

il

coltello
;

anatomico distrugge l'organismo che


ch'essa va

analizza

cos la critica kantiana della ragione ne fu


infatti

omicida e distruggitrice. Conchiuse

sognando raccolta e

stretta in se

stessa,

senza mai

esser certa di ci che esiste fuori dell'


lui

uomo.

per
il

dunque una
esiste,

illusione

il

comune

giudizio

che

mondo

come

noi lo vediamo.

credette qual-

che anima troppo buona, se non era

segretamente

maligna, che quindi venisse grande onore alla fede,


la quale
rit.

par rimanere unica norma di indubitata vepulpito


1'
;

Signori, sclam dal


la critica della

un oratore, Kant ha riconosciuta im-

istitu

ragione

potente; e cos ha mostrato la necessit della fede.

A
gione?

che molti plaudirono.

Pessimamente.

Infatti,

con quale facolt pot

Con
il

la

ragione

Emm. Kant stessa. Ma


l'intelletto

giudicar la rase impotente,


la

che vale
fede?

suo giudizio? Poi, come sar possibile

Questa suppone
la

capace del vero,

come
a

grazia suppone la natura buona e aspirante


Inoltre, qual

felicit.

maniera resterebbe possibile


il

d'arrivare alla fede, constatando

fatto

della rive-

RADICE DEI MODERNI ERRORI

I9

lazione, e l'obbligo di accettarla, se l'esistenza stessa


di

Dio non
la

certa all'intelletto speculativo, se ignola

riamo

proporzione tra

cagione e
abbia
la

gli

effetti,

se

non
nale
sofia,

vera virt quella

che

verun

principio

fuori dello stesso dovere,


e'

che

sola dignit perso-

impone ? Via da noi cotesta chimera di filoche con la promessa di liberarci dalle istintive
ci

illusioni,

toglie

ogni

facolt

d'accertare

il

vero;
sof-

via cotesto fantasma di critica

rigorosa, ond'

focata la ragione e resa impossibile la fede.

E
Il
:

s'

induce inevitabilmente universale scetticismo.

Kant non volle esser detto n scettico n idealista ma come non chiamar fuoco un gaz incandescente? Di fatto, se non sappiamo qual corrispondenza esista tra
il

nostro dire e l'oggetto a cui

ci

sembra

di

riferirci,

convien disperare di saper nulla.

Se dopo un necessario convincimento, sospettiamo


che questo sia portato dall'animo, non dall'evidenza
obbiettiva,
filosofia

vano ogni sforzo


si

di ragionare.

Qui

la

kantiana

perde

in

un

abisso.

Ed

essa nella

sua vasta complicazione,


s

nell'

incertezza del pensiero,


all'altra edizione

perch l'autore cambi dall'una


s

della sua opera principale,

perch nella lingua e

nell'esposizione e nell'ordine egli lontano assai dalla

chiarezza desiderata, dar luogo a dispute infinite su


quello che di fatto
dire.
il

maestro ebbe

in

mente o volle
osservare,

Ma

importa a noi grandemente


il

di

preghiamo
pensiero di

lettore di ricordare, che del personale

Emm. Kant

qui non

ci

curiamo, n

fac-

ciamo

in

modo

alcuno un'opera

critica.

Agli ammi-

20

L AGNOSTICISMO DI EMM. KANT

ratori di quel filosofo o sofista noi lasciamo la cura,

e l'altra ancora, se

v'

luogo, di sostenere ch'egli

non ha insegnato
attribuiti.

gli

errori

da noi o da

altri

a lui

noi dispiace di veder serpeggiare e lar-

gamente

diffondersi le ree conseguenze del kantismo;


le

combattiamo
ce ne cale.

idee che per

comune opinione por-

tano quel nome: lo portano a diritto o a torto, non

Lasciando ogni storica discussione, voagli effetti dannosi,


;

gliamo opporci

onde molti

fra

cattolici si risentono

e sono

grande mancanza

di

principi assoluti, totale sfiducia nella forza della ra-

gione, vaghezza eccessiva di novit, e sperar meglio

da ogni nuova opinione, e mettere nuovamente

in

dubbio ogni pi certa dottrina e dopo qualunque


evidentissimo argomento, tornar sempre alla desolata
riflessione
sia la
:

Noi pensiamo
?

cos

ma

chi sa

mai come

cosa in se stessa

Eccellenza della Scolastica.

Sono appunto

le

opposte qualit di principi imdeter-

mobili, di ragionamento sicuro, di asserzioni

minate per sempre


altre
ai

e questo

non impedisce che


secondi,

ed

altre verit

debbansi aggiungere, quasi come


i

primi teoremi geometrici tengono dietro

che danno vita perpetua

alla

Scolastica, ed alla

scienza dell'Angelico in particolare, e la fanno degna


di appartenere alla Chiesa,

come vera

figlia del

suo

insegnamento immutabile, e ben dotata


tezza,

di quella cer-

con

la

quale a noi

conviene procedere.

Sa-

RADICE DEI MODERNI ERRORI

21
il

premo

certamente

distinguere,

secondo

comune

consenso dei teologi, quella che necessaria dottrina,


e quella che rimane libera opinione
;

ma penseremo
s'

con riverenza, che per mezzo della Scuola

rac-

colta e ordinatamente disposta la scienza stessa della

Chiesa, che delle espressioni correnti fra

teologi la

Chiesa

si

valse nelle sue definizioni, e alcune ne con-

sacr con

legge

inviolabile.

Tali

concetti, espressi
i

con

tali

voci,

debbono
le

ritenersi in tutti

secoli ugualil

mente, e rimarrannc

parole e rimarr

loro senso,

come
Cristo

fu

inteso nel definire. del

Che

l'evidente ragione

e l'autorit
ci

Concilio Vaticano e del


di

Vicario di
la

avvisano concordemente

abbominare

stranezza del Gnther, per cui la


termini da prima usati nei
varia intelligenza che
rit
i

significazione dei

dogmi deve

adattarsi alla

nuovi studi indurranno. In veoynjii vento

questo sarebbe circuryiferri

docU'mae ;
debolezza

sarebbe un soggettare la divina parola


e agi' inganni dell'
Poi,
sia

alla

umano
nell'

intelletto.

credendo che un raggio della luce di Dio

segno impresso
la

anima nostra, accetteremo

per vero quello che

ragione efficacemente dimostra,

come connesso con la fede divina o coi principi evidenti. Quindi avremo un corpo di scienza teologica
e filosofica

non soggetto

al

mutar

delle sentenze nelle

scuole profane,
verit metafisica.
la

ove non fede e non certezza di

E a questo

ci

conforter

il

vedere che

suprema autorit
nostri
il

della Chiesa, ripetutamente

anche

a' d

commend

e inculc lo studio antico,

non

curando
d'

disprezzo degli

avversari
O-h-a-lx- /?

le timidit

alcune anime fiacche.

22

l'agnosticismo DI EMM. KANT


Certi diciamo
i

sommi

capi della dottrina scola-

stica.

Col grande Aquinate teniamo per assolutamente


la

vero che

mutabilit delle cose

finite

dimostra

la
;

necessit d' un primo immobile, motore dell' universo

che

la

diminuita

ma

varia perfezione delle cose sup-

pone un primo

illimitato e per s costituito nell' as:

soluta pienezza dell' essere

che

1'

ordine della natura

manifesta un intelletto distinto dal


infallibile

ordinatore d' ogni cosa.

mondo corporeo, Con lui siamo certi

che r essenza corporea non semplice,

ma
;

consta di
e che la

un doppio

principio,
di

potenziale e attuale
d' atto

composizione

potenza e

ragione della

mu-

tabilit manifesta nella creatura,


alle quali

di tutte le passioni

vanno soggette
lui

le

sostanze materiali. Te1'

niamo certamente con


ziale dell'

che

anima

atto sostan-

orgamsmo

vivente, e che una perfetta unit


il

di sostanza avverasi pur nell'uomo, ove


di vita spirituale.

principio

vero ed certo che noi dob-

biamo
ligibili,

trarre dai sensi e dai fantasmi le specie intel-

quaggi possiamo
;

esercitar

l'intelletto

senza
dietro

il

concorso della fantasia

che

alla

ragione tien
l'a-

come

propriet necessaria la libert; che

nima nostra naturalmente incorruttibile e per immortale per r intrinseca indipendenza


nell'essere della materia.
asserzioni,
nell'

operare e

Secondo queste indubitate


le

sorge un edificio intellettuale, che n

mutate

ipotesi,

le

nuove esperienze varranno mai


d'

ad abbattere.

Non importa
denza.

che molti neghino

averne

evi-

Troppo poco sapremmo


tutti

se dovessimo limitarci
il

a quello che

ammettono. N

comune consenso

RADICE DEI MODERNI ERRORI


vien

23

meno per
si

solo difetto di luce nella verit og-

gettiva,
i

per molte cagioni che rendono indisposti

soggetti. Tali sono le prevenzioni contrarie e la


la scarsezza
1'

manl'afaltri

canza d'attenzione e
fetto
fra
i

d'ingegno, e
di

che r intelletto lega, e


quali
si

uso

seguire gli

vive, e

il

non volere essere


la particolare

trascinati

a conseguenze temute, e

inclinazione a

studi pi materialmente determinati nei fatti storici

o nei fenomeni

sensibili,

apprendendo quasi
si

av\'olto

di nebbia tutto ci
astratta.

che

presenta

come ragione
ci

Eppure senza queste


applicarsi a ci che

ragioni, le quali certo


l'

debbono

esperienza

mette

innanzi e assicura, non v' filosofia n scienza verace.

Non pretenderemo adunque


ben provate asserzioni
tutti
;

di

aver consenzienti alle


ai

coloro
il

quali

propo-

niamo
al

nostri

argomenti

che

doverli aspettar tutti


ci
i

renderebbe lunghissimo

il

viaggio, anzi

fermerebbe
passi.

punto

di

partenza, o certo

dopo

primi

Che
l'

se la stima crescente o del positivismo


gli

o del-

idealismo kantiano inclina


logica e
il

animi a disprezzare
sapienza cristiana
;

la

fermo

dell' antica

71021

tenue scintilla di quel Verbo che s infinito


est in ilio

EST

et

(II

Cor.

I,

19);

NON^

sed

EST

in

ilio

fuit
asse-

non faremo opera buona,

condando
felice

l'ingiusto giudicio e adattandoci alla


s

men

tendenza,
le

piuttosto con lo sforzarci di richia-

mar

menti

all'

immortale

verit.

Ma
cattolici

r agnosticismo, radice avvelenata degli errori

nei quali

sono caduti

molti

pure,

che

prima eran

la

dopo
fede,

no, che con lo scetticismo

non

si

compone

ha poi

figliato

altri

mostri

si-

24

L AGNOSTICISMO DI EMM. KANT


s,

mili a

se

pur non vuoisi

dire

che

erano

lui

stesso, vestito in
tatosi

maniera alquanto diversa, e presen-

con altro nome.

nel

nuovo aspetto

con

il

nome

rinnovato, pot anche dissimulare la sua bruts

tezza, coprire la sua empiet,

da illudere molti

quali pur volevano, con quel veleno nel sangue, persistere nel professarsi cattolici.

Venne prima
pensieri

dal cri-

ticismo kantiano,
soggettive,

pel

quale

sono forme
inteso

r immanentismo,

variamente
nel

da

molti
la

quali vogliono trovar

s'aggetto

umano
e

ragione o adeguata o quasi di tutto ci che l'uopensa, e di tutto ci


le

mo

che

in

esso

si

avvera,

di tutte

sue aspirazioni. Chi non sente


il

come

sva-

nisca cos

soprannaturale
il

Ed

manifesta la con-

nessione di questo con

soggettivismo kantiano, e

pi accuratamente
Poi,

1'

esporremo a suo luogo.


di potere e di

come parve ad Emm. Kant


nell'

dover mostrare
glior

ordine morale un nuovo e misuperiori


in

fondamento
il

delle verit

che par

convenire
fra
i

genere

umano
che

cos
sia

sembrato a molti

recenti

scrittori

da respingere come
l'in-

quasi inutile, o certo sia da deprimere in basso,


telletto,

sempre incerto
;

di

quello che

pensa o che
in
alto,

crede di vedere

ma

sia

da porre

quale

principale facolt e qual sola dominatrice della vita

umana, anche
trina,

della vita del pensiero e di ogni dot-

la volont.

Chi bene agisce e ben vuole, con-

seguentemente pensa bene, e volentieri sorge a sentimenti sublimi, e accetta Iddio e la religione e ogni

legge di onest. Chi


trover mai argomenti

male sente e mal


efficaci
:

vive,

non

certo quelli del

me-

RADICE DEI MODERNI ERRORI


dio evo sono superati e inutili da lungo tempo.

25

Ma
Ne

altri

migliori sa suggerire

il

solo
la

intelletto.

va libera e

non ne ha bisogno
a
se

volont

onde
ri-

acquista indipendenza da ogni

norma
l'

esteriore e

mane
senza

sola

norma
e

stesso

uomo

superbo.
il

Ma
cuor

prova

senza

freddi

ragionamenti,

puro e l'anima umile vede e sente Iddio.

Oh

bene! oh bello! hanno gridato alcune anime

semplici.

Se pur non erano maligne,

non tende-

vano con questo a distruggere ogni necessit obiettiva di

ammettere Iddio, ogni positiva dimostrazione


rivelazione,
di

della verit della

ogni
viene

obbligazione

di

credere. Questo

fatto

si

ad asserire con

quella perfida sembianza di umile piet; a far l'uo-

mo
tiva,

indipendente, e a dargli diritto di pensare e di

agire

come
con
la

gli

sembra, togliendosi ogni norma obietil

la

quale debba regolare

suo giudizio. Di

nuovo,

rivelazione e ogni fede diventa


l'

un sogno

soggettivo, secondo
anzi

indole e la cultura di ciascuno,

come

piace alla sua pi o


?

men

retta volont.
dall' in-

Ma
in

perch dicemmo retta

Se non riceve

telletto la

norma, essa legge a se

stessa, e

siamo

una indipendenza, che non pi sovranit


e perci n pure a
i

ma

follia,

Dio

la

possiamo
di

attribuire.

Oh! dicono
sto

moderni ammiratori
!

Kant, noi quebene,


si

non vogliamo

Lo sappiamo
Il

chi

mai

vuol essere assurdo

male

che

pu

essere,

senza volerlo.

Di queste cose sommariamente accennate rende-

remo

nei seguenti capitoli pi accurata ragione.

CAPITOLO

II.

Critica kantiana della ragione

Gli antichi parvero

illusi.

L' idea che primeggi sulle altre nella mente di

Emmanuele Kant,

e die ragione al

nuovo maestro
di

di singoiar compiacenza, fu

quella

por

fine

ad

un'antica illusione, in cui s'erano smarriti, cos egli


credette,
sofi,

perdendo

il

tempo

e la fatica, tutti

filo-

e gli Scolastici particolarmente. L'illusione era


il

stata nel credere che

primo studio

della

filosofia

potesse rivolgersi alle cose poste realmente fuori di


noi,

o avesse per oggetto


Il

il

problema
ad

dell'

essere

reale.

Kant contrariamente giudic che


l
:

fosse

grande
avvert

errore incominciar di
tutti
i

egli

alta

voce

presenti e

futuri studiosi

che
il

v' era indecli-

nabile necessit d'esaminar

prima

problema della
istitu

conoscenza
egli stesso

per

farsi

altrui

guida sicura,

con nuovo ordine

la critica della ragio7ie.

Di che

fece plauso a s stesso, e volle


i

che

gli

rendessero lode

suoi seguaci, e

consentissero

alla

modesta lode ch'ei giudic

essergli dovuta,

quando

CRITICA KANTIANA DELLA RAGIONE


al

27

mondo

si

dichiar

per

un

secondo e migliore
inganno,

Copernico. Poich nella stessa guisa che Nicol Copernico fece accorto
il

genere umano

dell'

a che

si

era lasciato trarre dai sensi, attribuendo al

sole ed agli astri l'assoluto

movimento, onde pro-

viene la mutata posizione riguardo a noi nel periodo


del giorno e in quello dell'anno; similmente

Emmaumane
tutti
i

nuele Kant s'accorse d'una pi profonda ed universale

allucinazione

che
di

opprimeva
conoscenza.

tutte

le

menti in ogni grado


mortali,

Poich

come
i

gli

altri

anco

sapienti,
i

s'erano

persuasi che

loro concetti,

massime

pi spontanei

e pi luminosi, prendessero
cose che son nel
al contrario essi

norma

dalle entit delle

mondo; n s'accorgevano che


medesimi creavano
il

tutto
este-

il

mondo
alla

riore,

seguendo l'indole e

modo

dell'anima o delle
le

sue facolt, e con esse ponevano


tura, e

leggi

na-

da

formulavano

principii,
al

che poi cre-

devano

in realt necessari.
i

Tutto

pi, se dobbia-

mo
sensi,

accettare

feiomeni

attestati

dall'immediata
si

esperienza, o dall' intuizione che in noi

limita

ai

non
i

altro che

inganno

il

fidarci dei

numeni,
rela-

secondo
zioni e

quali per

naturale

istinto

poniamo

modi

universali, senza poterli in alcuna guisa

verificare, solo portati dall' intima nostra costituzione

a pensar cos.
certo
il

Il

nuovo

e miglior

Copernico ha
illusione,

fatto
trofa-

genere

umano

della

comune

vando ed insegnando pel primo

la critica

delle

colt conoscitive, e sopratutto della

ragione.

Che cotesta critica della ragione? Non ci assumiamo d' entrare in minute ricerche di ci che

28

CRITICA KANTIANA
e volesse dire
si

veramente pensasse

Emmanuele Kant.
un maestro
di

Ce

n'

importerebbe, se

trattasse d'
ci

verit, s

che
e'

il

giudizio di lui
di

fosse guida a pi

sapere; non

importa

conoscere con grande esat-

tezza gli errori d'alcuno.

noi basta riferirne quel


dal

tanto che cagione a molti di sviarsi

sentiero

antico e d'andar smarriti; quel tanto in cui conven-

gono
mente
poi
s'

tutti

g' interpreti

del Kant, e che

caratte-

ristico del

suo sistema, ossia di quello che

volgar-

denominato come proveniente da


sta l'idea
:

lui;

onde

avvelenano quanti vi partecipano.

Ora qui
e
s

importante

nel

Kant s originale chiamar ad esame le facolt


che parve
al
atti

conoscitive, per determinare rigorosamente che cosa


sia lecito

dedurre dagli
stimar
gli

loro,

o qual

diritto

ci

spetti

di

verace

la

conformit
e
di

che paiono

avere con

oggetti esteriori,

giudicare
le

che

questi siano realmente disposti,


razioni,
tarli.

come

nostre ope-

o sensitive o pi
critica e

alte,

sembrano rappresencritica

Questa
i

questo esame della conoscenza,


della

dicono

kantisti,

e particolarmente la

conoscenza
ci

intellettuale,
il

non

fu

mai

fatta
al

prima che
neces-

pensasse

Kant
la

eppure sembra
del

tutto

saria,

per poterci dar conto

nostro
di ci

operare,

per acquistare
fuori
certi

di

noi.

minima contezza Che ne sappiamo,


dalla

che esiste

finch

non

siam

che l'atto intellettivo risponde

alla realt?

Conil

viene

dunque incominciar
1'

questione:

Se

sentire e

intendere, di che quali

abbiamo coscienza

in

noi stessi, e pei


esistano in

siamo portati a stimar che


distinto oggetti corri-

un mondo da noi

DELLA RAGIONE
spendenti a quei medesimi
atti,

29
in verit corrispon-

dano ad una reale disposizione


riferendoci la esistenza e
il

di

cotesti

oggetti,
delle cose

proprio

modo

end' costituito l'universo; ovvero restino nel conoscente (che pi non sarebbe tale,

ma

cos

detto)

come sue soggettive

disposizioni.

Materia e forma per ogni conoscenza.

Non nega Emmanuele Kant che


verse facolt, con
le
le

sieno in noi di-

quali siam
i

portati a giudicare

cose esteriori.

Abbiamo
percettivi
colpiti,

sensi,

che sono o paiono


quali
',

immediatamente
crediamo d'esser

dei

fenomeni, dai

e che certo in noi sono,

come da esterne mutazioni, almeno come parvenze. Ab-^*


cui

biamo qualche interna potenza, per


scienti a

siamo coalterato e
le

noi

stessi

del

nostro

soggetto

mosso, e cos pure raccogliamo o formiamo


presentazioni fantastiche. Sopra questi sensi
ci al
sisti

rap-

e per
dei senin

Kant venne

lode,
l'

come ad avversario
intelletto,

egli riconosce

che

apprende

modo
zioni,

astratto e universale le cose sentite, e le clas-

sifica in

certe categorie, e le unisce con varie rela-

ne

giudica

scientificamente.
altra
facolt,
la

Dall' intelletto

egli

distingue,

come

ragione, che

stabilisce principi

necessari e assoluti, tendendo inessi

sieme ad ammettere che

debbano avverarsi, non


intellettuali,

pur nell'ordine dei concetti


negli enti reali, che

ma

ancora
;

supponiamo

esistere fuor di noi

anzi in ogni possibile ordine di entit.

Non badando

30

CRITICA KANTIANA

a cotal tendenza,

pura

la

ragione. Pura vuol dire

che
cos
alle
:

fa

da

s,

per indole propria,

come nata ad operar


applicando
i

imprudente se vuol
a'

trascejidere,
atti,

cose ci che spetta

suoi

valicando
critica

limiti

della conoscenza e del soggetto.

La

mira a

moderare quella tendenza e a


alla

fissar

bene che cosa


sia.

ragione sia lecito affermare, che cosa non

Ora, qualunque sia la maniera di conoscenza della

quale abbiamo esperienza in noi

stessi, essa

richiede
si

due condizioni

la

materia e

la

forma.
d'

Qui non
;

pensi a due principi

costitutivi

un composto

le

due cose restano separate.

La

materia, e ci che

dato alla facolt. Pei sensi, l'oggetto dell'esperienza.

Non

cercate se cotesto oggetto esista fuor di voi. Vi


:

pare di percepirlo

chiamatelo materia. Poscia diremo

principio materiale riguardo alle facolt superiori ci

che dato dalle


l'

inferiori,

per esempio dal senso

al-

intelletto,

come

eccitatore dell'operazione seguente.

Per eccitamento dobbiamo concepire un impulso, od

una condizione,
noscitivo,

a cui tien dietro l'atto che par co-

come il campana, o come


non
senti
si

martello che batte fa sonare una


tolto

un ostacolo

scatta

una molla
si

ha

diritto di

credere

che l'eccitante
d'

prein s

con

quel

proprio

modo
gli

un oggetto

percepito, che pensavano

antichi.

Pare dunque
;

che fenomeni esterni sieno eccitatori del senso

an-

che

ci

pare d'essere
l'

consapevoli che

le

impressioni

del senso eccitano

intelletto a formare,

secondo

il
^

suo modo, giudizi e concetti, con qualche parvenza


di universalit e di

necessit

giudizi

alfine ecci-

tano la ragione a formulare principi astratti ed as-

DELLA RAGIONE
siomi, ch'essa per
ci
istinto

31

tenta

d'applicare a tutto

che

in

ogni

modo

conosce o pensa,

ma

che real-

mente hanno
natura o
nell'

tutta la

determinazione

nella propria

indole della stessa

ragione.

quello

che ciascuna facolt soggettivamente importa, perch


essa cos costituita,

come
la

il

senso_pone

gli oggetti

suoi nello spazio e nel tempo,


concetti
universali,

come

l'

intelletto astrae

come

ragione

inclinata

porre necessit di principi dove non forse contin^^

genza

di

fenomeni

quello
il

l'elemento

formale

"quella la

forma che

conoscente

aggiunge del

suo alla materia proposta. Ben discernere cotal forma,


che soggettiva, dalla realt oggettiva, lo studio,
l'opera della

Critica

senza la quale o tutto

il-

lusione, o

almeno

illegittima ogni affermazione, e


scientifico.

certo
Il

si

va a gran distanza dal rigore

Kant pretendeva con questo di aver condannato l'antico dogmatismo e di mettere a morte per
sempre quella metafisica, che
da s
e
i

s'era illusa,
le

enunciando
conclusioni,

suoi principi e
di

deducendone
la

presumendo
di

conoscere

natura e

le cose.

Pro-

metteva poi
la

por mano ad una metafisica nuova,


i

quale avrebbe riconosciuto

propri limiti, contedelle nostre ope-

nendosi discretamente
razioni
intellettuali,

nell'ambito

senza trascendere
:

con indebito

passaggio agli oggetti


"giato

era

1'

ultimo termine vaghegdella

dalla

sua

Critica.
il

Invece, o l'evidenza

percezione fantastica, o

timore di sentirsi chiamar


tra
gli

nemico della scienza, anzi demente

uomini,
i

come dovettero

rassegnarsi a parere Pirrone e

suoi

seguaci, r inducevano ad accettare

per scienze vere

32 e

CRITICA KANTIANA

ben formate

la

matematica e

la fsica.

accettan-

dole,

almeno

in guisa di postulati, sui quali

non volea
dentro

disputare, perch
col suo
nite,
gli
il

sentiva

che, a cercar

pi

metodo, anche quelle scienze sarebbero sva-

nuovo maestro insegnava doversi ordinare


conoscitivi in tal maniera che dieno ragione
sensibili e delle

atti

dei

fenomeni
i

misure geometriche.
in guisa

Perci

sensi

debbono percepire ogni cosa


il

da render

possibili l'estensione e

moto, e son de

terminati a collocar tutto nello spazio e nel tempo.

Similmente

tutti

principi dell' intelletto puro

(ri-

feriam sue parole) non

sono altro che


:

principi

a priori della possibilit dell'esperienza

vuol dire

che noi abbiamo


i

la

mente foggiata
1'

cos

da formare
:

giudizi corrispondenti ai dati della

scienza fsica

perci siam portati a confrontare


effetto,

uno con un

altro

apprendiamo

fenomeni con una certa midiversamente


la in-

sura di quantit, e con le qualit


tese e con alcune
costituisce
i

relazioni.

Finalmente

ragione

principi siffattamente che mostrinsi con-

sentanei a que' giudizi e a quelle esperienze.


suadersi, a

Ma

per-

mo' d'esempio, perch ogni nuovo


dipendenza
delle

effetto

a noi sembra dipendere da una cagione gi prima


in atto,

che

tal

si

debba realmente av-

verare nell'ordine

cose,

un esorbitare dalla

propria cerchia, un'asserzione tutta gratuita, un


trascendere illegittimo.

DELLA RAGIONE

33

Forme
Anzi
il

sensitive e categorie intellettuali.

guardo

alla

Kant vuol provare direttamente che, risensibilit, lo spazio e il tempo non sono

oggetti percepiti, sibbene forme a priori imposte dalla

nostra costituzione soggettiva.

Non

dubbio, ei dice,

che

le

qualit sentite, per naturale istinto attribuite

dal senziente a un oggetto esteriore,


il

come

il

colore,

suono,

il

sapore, la durezza,
;

l'

impenetrabilit,

non

sono altrove che nel senso

il

quale cos costituito


affettiva e
tal

da ricevere
in cotal

tal

modificazione

da patire
il

maniera, quando per

fenomeno

suo

organo mutato. Ora, prescindendo da coteste qualit,

che abbiam dette, restano l'estensione e la figura,


quelle, e tali

diverse da

per conseguenza che non

possono essere oggetto della sensazione.


col senso interno noi
altro simile
;

Parimente
o dolore o

percepiamo

diletto

dalle quali affezioni distinta, e per

non
lo

oggetto

per s sentito,

la

successione delle

medesime
e

varie disposizioni che sentiamo.


si

Adunque
la figura,

spazio in cui l'estensione o


il

limita

tempo

in cui si
alla

succedono
che

le varie affezioni,
all'

sono
e

presupposti

sensazione
:

esterna e

interna,

non ne sono oggetto


quali oggettive realt

per

son

da prendere

quali condizioni imposte dalla natura sensitiva, e


:

non

sono forme che


perci

il

senso ag-

giunge

alla
tesi

materia in qualsiasi fenomeno eccitatore.


importante
:

La

il

maestro

si

fa a
:

provarla con maggior cura. Per lo spazio egli dice


3

34

CRITICA KANTIANA
possibile percepire

Non

un corpo qualumque, senza


fuori di noi
;

attribuirgli

una posizione

or alla posi-

zione presupposto lo spazio.


dello spazio in noi precede

Dunque

l'apprensione

ogni

esperienza, e

non
il

veramente empirica,

ma

soggettiva.

Forse

concetto di spazio pu sorgere in noi per discorso?

No, perch ragionando noi arriviamo a concetti universali,

che nella realt discendono a molti individui,


ragione astratta di
lo

come

la

uomo
uno

a molte persone.

Al contrario
infinito, di

spazio

e immoltiplicabile e

cui

sono parti

gli spazi

occupati da questo

o da quel corpo. Dunque lo spazio non concetto


elaborato per nostro discorso
al
;

ma

forma ingenita

soggetto, e
;

supposta

qual

fondamento ad ogni
priori.

esperienza

una intuizione a

una
;

intui-

zione che rende possibili le sintesi geometriche

per-

ch posta a

priori, fa le conclusioni della

geometria

necessarie e universali.

perch cotesto spazio geosoggettiva, senza


riesce
sensi,
la

metrico
ogni

la

condizione
dei

quale

esperienza

corpi

impossibile, ed

r intrinseca forma dei nostri

ne viene inelutpercepita

tabilmente che ogni cosa da

noi

come

posta nello spazio, e siamo certi che nessuna percezione potr mai farsi altrimenti.
In egual maniera, l'esperienza impossibile senza
darci le modificazioni
cessive,

come simultanee o come


la

suc-

e questo implica

ragion di

tempo: anAnch'esso
del

ch'esso

adunque presupposto ad ogni intuizione


il

empirica di ci che altera


uno, indistinto, infinito
nell'

soggetto.

universale

andamento

mondo,

e dee precedere ogni

cosa

che per noi ce

DELLA RAGIONE
ne formiamo
versali,
il

35
delle

concetto a guisa
cose

essenze uni-

che ravvisiamo nelle

concrete.

una

forma a priori della nostra

facolt,

ed

la
i

condi;

zione presupposta alla possibilit di tutti


anzi

fenomeni

sembra

anteriore
il

alla

stessa

immagine
reali,

dello
si

spazio.

Lo

spazio e

tempo sono
l'

quanto

dee prendere per reale


rienza, alla quale
e

intuizione dei sensi o l'espe-

sono intrinseche quelle due forme,

son

presupposti
tali,
:

Come
stulati

come condizioni di possibilit. dobbiamo ammetterli, quasi necessari poil

se poi sieno reali nella realt oggettiva, e se

questa abbia
il

modo

di esistenza che noi percepiamo,

Kant n pu sapere n vuol


la

cercare.
sia lo

Noi penvero,

siamo cos

geometria;

come
il

spazio

indovini chi pu.

il

Lobatckewski e

Rieman,
si

e gli

altri

che

pensano spazi non

euclidiani,

vantino

del

puro

kantismo, che hanno introdotto in geometria.

Sopra
pone r

sensi,

per

s recettivi e passivi,

Kant

intelletto

che
1'

giudica, e pel

quale
il

diventa

perfetta e scientifica
farsi

esperienza.

Ora
di

giudizio suol

universale,

con

apparenza
d'

necessit e di
:

universalit,

dicendo a mo'
ci
si

esempio

ogii corpo

grave.

Come

arriva

L' esperienza
:

non pu mai
per quanto

esser altro che singolare e contingente


si

ripeta,

non pu

fornire nozione pi alta, n alcun

processo logico ne trarr legittimamente ci eh' essa

non contiene. Rimane adunque che

l'

universalit e

36
la necessit, e

CRITICA KANTIANA

molto pi

la

ragione astratta d

so-

stanza o la relativa di causa, ed ogni altra non per


s sensibile, gettiva della
telletto.
Il

debbano richiamarsi dalla natura sognostra mente, e attribuirsi al puro in-

quale deve possedere una special facolt


delle sintesi, fuor di quello che oggetto

di formar

dell' intuizione.

Le forma

in

guisa da

dare unit a

diversi oggetti dei sensi, riunendo


lore e tal durezza e tale figura,

poniamo tal coo ponendo una reil

lazione fra
calore, o
rie

il

ricevere

raggi del sole e

concepir
alle

pensando un comune fondamento


e
alla
d'

va-

qualit

successione di parvenze
solo,

diverse,

che sembrano

un soggetto
in guisa

o altrimenti giualla scienza

dicando

sempre

da conformarsi

delle naturali sensazioni

ed
la

alla serie dei

fenomeni.

Cos

l'intelletto,
le

secondo

sua natura e in connes-

sione con

facolt sensitive che in noi

ad esso

s'

a-

dunano, trae dalla propria virt varie maniere di giudizi, alle quali

conseguono diversi

concetti, che ven-

gono

a disporsi in dodici

categorie.

Che

giudizi

possono variamente formarsi secondo


la qualit

la quantit e

(come pur dicevano

vecchi logici), o sequantit,


il

condo

il

modo.

Secondo

la

giudizio

pu essere singolare, particolare, universale: conseguentemente il concetto pu avere unit, oyv ero pluralit, ovvero totalit. Vuol dire che dov' unit, si avvera nell' oggetto appreso una relazione simile a quella che l' intelletto pone nell' attribuire qualche
predicato ad un singolare
.

similmente pel resto.

Secondo

la

qualit,
:

il

giudizio,
il

gare o distinguere

quindi

pu affermare o neconcetto pu essere di

DELLA RAGIONE
realt,

37

di negazione,

di limitazione; e quest'ultima
in

ha luogo se un attributo
mato, in
agli astri

qualche parte
se voglio

affer-

altra negato,

come

attribuire
la re-

Tesser da se luminosi.
giudizio

1'

Secondo

lazione,
il

il

pu essere categorico,

e ne segue

concetto di sostanza^ in quanto


sostanziale,
al

accidente sta al
assoluto
il

principio

come
Il

nel giudizio

predicato
tico,

soggetto.
il

giudizio

pu essere
dalla

ipote-

e gli risponde

concetto di causa, dalla quale


il

r effetto dipende come


zione.
di

condizionato

condi-

Pu essere disgiuntivo, e importa un concetto Finalmutua dipendenza, ossia di reciprocit.

mente

il

giudizio

varia

nel

modo, secondo che


concetti
della possi-

dubbioso o che
apodittico
bilit di
;

semplicemente detto vero, o che


i

quindi abbiamo

ci

che non
ci

contingeiza di

che

ma potrebbe essere, della ma potrebbe non essere,


Emsi

e della necessit immutabile.

Tali sono le famose categorie, per le quali

manuele Kant
sent superiore.
le

si

misur con

lo

Stagirita e a lui
ito

Disse Aristotele
al

caso,
;

come
nuove

idee

si

presentavano

suo pensiero

le

categorie esser dedotte con rigoroso processo.


tiche erano dieci, senz' ordine e ragione
;

Le

an-

queste avere

una mirabile simmetria, essendo


quattro

tre in ciascuno dei

gruppi,

siffattamente che la prima esprime


la

sempre una condizione,


la terza

seconda

il

condizionato,

un complesso
credette

di quella e di questo. Aristoei

tele

stim vere realt tutte quelle forme diverse eh'

concepiva;

Emm. Kant

di dar

meglio
dell'

il

va-

lore delle sue categorie, dicendole frutto

espe-

38
rienza interna,

CRITICA KANTIANA

come

quelle che

danno l'ordine
aggiungono
dalla

dei

fenomeni

sensibili

conosciuti dall'intelletto; ai quali


s'

per conseguenza, come a materia,

le

forme

fluenti

per necessit

soggettiva
agli

natura

dell' intelletto.

si

riferiscono

oggetti

da noi

percepiti, in

quanto sono condizioni indissociabili dal


:

nostro conoscere. Ora non pu alcuno dire

io

penso,

senza apprendere o porre fuor di s un termine pensato.

Cos

il

termine viene ad essere costituito nella

sua unit

distinta

da quella del pensante:

l'u-

nit della coscienza, che sola costituisce la relazione

delle rappresentazioni conoscitive

ad un soggetto,
:

con ci pone
del Kant.

il

loro valore obbiettivo


si

son parole

Come dunque non


appartenga

che

il

concetto

all'

pu pensare, senza una o all' altra catein

goria

cos le categorie son reali,

quanto

si

ap-

plicano agli
il

oggetti

sentiti,

ne rendono possibile
interna

pensiero.

Sono schemi
altrimenti.
la

creati dalla nostra


le

attivit,

capace di ricevere

cose esteriori cos


basta
all'
;
:

mo-

dellate e
di dettar

non

Ma

chi pretendesse

con quelle
i

legge

universo, di molto

eccederebbe
inculca
il

limiti a lui concessi

questo sovratutto
la

maestro, per procedere sicuri e seguir

via che conduce ad una metafisica non menzognera.

Sopra l'esperienza sensitiva e sopra coteste forme


di concetti,
si

eleva pel
i

Kant
e

la

ragione, alla quale

spetta di stabilire

principi,

necessariamente veri in
giudicare
nei
nella

ordine a poter concepire maniera, eh'


categorie. Si

nostra

quella

esposta

fenomeni e nelle
as-

poneva un tempo come principale


d'

sioma e fondamento

ogni scienza quello che chia-

DELLA RAGIONE

39

mavasi principio
in esso

di contraddizione.
:

Ma

non abbiamo
ac-

che un' inutile tautologia

non vale ad

quistare

veruna conoscenza.

universalmente, non

posson valere a formar veruna scienza, n ad acquistar cognizioni,


i

giudizi

analitici,

nei quali

il

pre-

dicato

non
nei

fa

che ripetere ci che formalmente


;

concepito nel soggetto


tetici,

soli

valgono

giudizi

sin-

quali

il

predicato

aggiunge alcuna cosa.


ter-

Ma
dine

non possiamo aggiunger nulla per intuizione


sensibile,

minata immediatamente all'oggetto, se non


al

nell'or-

quale limitata

la

nostra espe-

rienza: l soltanto possiamo vedere che qualche attributo conviene alle cose, pi che
lor concetti.
sintetico,

non dicano da s formiamo adunque qualche giudizio Se


i

che non

sia di

sola

esperienza
ci

sensitiva,
s, e

conviene dire che la nostra mente


vi

va da

che

portata,

quando non pu
senza

fare a
di

meno,
riputar
di

dalla

propria
giudizi

costituzione,

diritto

quei
In-

conformi a ci
r intima natura

che esiste fuori


ci
i

noi.

somma
nostro,

spinge ad operare a

modo

come determina
ogni cosa
a'

sassi a cadere, le piante a

svolgersi,

suoi

moti

quindi

veniamo

irresistibilmente a por gli

assiomi in guisa da ren-

der legittime

le

forme delle categorie prima asseconcetti,

gnate

ai

nostri
all'

come

le

categorie

si

con-

formano
delle

esperienza che abbiamo dei fenomeni e

sensazioni.

Per necessit

di

natura

dobbiamo

pensare innanzi tutto, che Ogni oggetto


condizioni necessarie per

e legato alle

V unit

sintetica del diverso


:

dalV intuizione in qualunque esperienza possibile

il

tal

primo

assioma,

fondamento e regola

d'

ogni

40
scienza,

CRITICA KANTIANA

posto da

Emmanuele Kant. Chi


;

noi

trova

chiarissimo, abbia pazienza

pensando, riuscir forse

ad intendere che

in

ogni realt sottoposta alla pers'

cezione dei sensi, con ci che

intuisce deve potersi


il

comporre
cosa,

il

diverso,

ossia

tutto

resto eh' nella


Il

ma

che non per s appreso.


infine,

nuovo enigma
che un'
e-

non

altro

se

ha qualche senso,

spressione complicata e oscura del vecchio principio


di contraddizione.

Poi dai singoli gruppi di categorie


i

si

trarranno

principi proporzionati.
il

Dal gruppo della quantit


le iituizioni si

viene

principio che tutte

terminarlo
si

ad un
coglie,

oggetto esteso.

Dal gruppo della qualit

rac-

che in ogni feyiomeno v' u?ia certa

misura

d' intensit.

Per quello della relazione dobbiamo am-

mettere che
di percezioni.

r esperienza

esige

una
:

certa coines sione


la sostanza

particolarmente

cl)

nei

vari fenomeni rim.ane immutata; b) nei cambiamenti

v' dipendenza di

effetto

da cagione (^);

^)

tra

le

so-

stanze percepite come simultanee v'

mutua

azioTie (^).

il Kant assuma come evidente il prinGuai se si osasse prenderlo come obbiettivo! Infatti un giudizio sintetico; ma non d'immediata esperienza, che l'esperienza ci attesta solo che dopo un fenomeno succede un altro, e non si pu dir che il secondo dipenda dal primo. Dunque il principio di causalit deve assumersi dai kantisti come legge dei nostri

(^)

Pare che qui

cipio di causalit.

pensieri;
(^)

non come norma

reale della natura.

e soggettivamente.

Qui poi l'evidenza manchevole e oggettivamente Il Kant apporta come argomento, che se due cose non hanno influenza mutua, non resta motivo di giudicarle simultanee. Buio pesto. E non pu bastare

DELLA RAGIONE Dal quarto gruppo abbiamo che


si

4I

deve ammettere
ci

come
sta
;

possibile e reale ci

che

l'

esperienza

atte-

come

necessarie le leggi che nell' esperienza ape

paiono

universali

perpetue

il

postulato

delle

scienze fisiche.

Ma

il

Kant ha cura d'ammonirci


Tutti
i
i

e in principio

e in fine

principi dell' intelletto

puro non

altro sono che


dell' esperienza
;

supposti a priori della possibilit


alla

quale esclusivamente
sintetiche

devono
priori
in
;

riferirsi
n

tutte le proposizioni

queste
.

sono

possibili, se
le

non

riferite

quel

modo

vero che

mtuiziom puramente sendi conoscenza,

sitive

non hanno piena ragione

se

non unite a un concetto formato secondo qualche categoria; ma n queste categorie son vere, se non
sono quasi
senso
in
;
.

fatte concrete

in

qualche

intuizione

del

principi

hanno valore

e verit, se

non

quanto sono applicati

alle categorie

ed

alla espe-

rienza.

Cos fu stabilita la nuova dottrina, eh' ebbe dal

suo autore

la

propria denominazione, essendo detta


.

idealismo trascende7itale
della metafisica, che

Messa da parte
col

1'

illusione

da Platone a Leibnitz fece percercare


e
col

dere tanta fatica e tanto tempo,


credere d' aver trovato

una sincera ontologia, non


che
e

penseremo

d'

avere altra scienza


i

della

natura,

in quanto conosciamo

fenomeni

V ordine

con cui

ch'io le veda insieme

Ma

il

maestro

si

compiaceva nella
for-

simmetria

questa dovette essere la segreta ragione di mulare cotale assioma^ terzo nel gruppo.
:

42
si succedono.
tire

CRITICA KANTIANA

La nuova
realt

filosofia e' inseo^na

ad awerri-

che non per questo


nella delle

conosciamo che cosa


cose
alle

sponda

apparenze che
realt

noi percepiamo.

Eppure a
qual

cotesta

noi

pen-

siamo, distinguendola ddl feno77te7io ; perci la diremo

numeno. Con
com'
e'

la

voce

Kant
in

designa
il

la

cosa

in

s stessa, pensata in

quanto
qualche
sia.

fenomeno

inclina

ad ammettere che
dire di
alti
i

modo
di

sia

dobbiamo
intelletti

non saper come

Forse per
cono-

pi

numeni sono oggetto


all'

scenza

pel nostro, limitato

esperienza

sensitiva,
i

non possono essere. N le categorie n debbono riferirsi ad altro che ai fenomeni numeni dobbiamo
sapienza.
altrimenti

principi
;

n dei
per
ri-

occuparci
;

che

conoscere la nostra

ignoranza

saper

questo,

Vero
colt

che

siamo

inclinati

a trascendere.
la ragione

suprema

eh' in noi

La

fa-

le

par-

ticolarmente portata a sorgere da ci che

sem-

bra

condizionato
;

ad

una

condizione

onde

quello

dipenda

e,

se questa condizione paia ancora dipen-

dere, la ragione tende a pensarne im' altra anteriore,

finch le sembri di ravvisare nell' ordine

delle

cose

un principio assoluto
dine
la

e primo.

in

un

triplice or-

ragione aspira a cotal principio. Nelle affer-

mazioni categoriche tende a trovare un soggetto che

non

sia pi

predicato

1'

anima. Nella via dei giu-

dizi ipotetici

tende ad una totalit assoluta che non

supponga
esempio

nulla fuori e

prima

di

l'

universo.

Nella via delle disgiunzioni (con


:

le quali

diciam per
;

le

cose

son

corruttibili

non sono

il

DELLA RAGIONE

43

mondo
Dio.

prodotto o
si

non

),

la

ragione tende ad un
d'esistere:

primo che

opponga
che

al resto

come causa
s'

Or
non
s'

la

ragione

per sillogismi

adopera a
cose e gli
le

conchiudere l'uno o l'altro di cotesti incondizionati, accorge che invece di analizzar


analizza gli atti propri
e
le

enti reali,

trova
il

leggi

delle sue percezioni.

Ma
:

questo sar

compito della

rinnovata metafisica

dar

la ragione di tutto ci che

ne appare, secondo la naturale esigenza del soggetto

umano
quanto

che inte?ide e che


sia

ragiona.
del

Cos

intendiamo
per noi

pi

importante
il

problema

vanissimo deV essere

grande problema sommamente

a noi necessario del conoscere.

E
sia

vaglia

il

vero, se pretendessimo che

la realt

conforme
o

ai

discorsi della ragione, in quali con-

traddizioni

antinomie

non
per

si

avvolgerebbe essa

mai
d'

Vorremo
un mondo
lo

ammettere,

esempio,
stessi
?

1'

esistenza

esteriore a noi

Da una
il

parte

non

conosciamo altrimenti che come


ci

sostrato
2.

dei fenomeni, in quanto questi

conducono

penil

sare una realt, onde in noi sieno prodotti. Cos

mondo non
dall' altra

altrimenti
il

che come pensato.

Ma

parte,

senso intimo non ha che una di-

mensione, quella del tempo.


cipio d'

Come pu

esser princi si

immaginar
tre

fuori di noi

un mondo, che
il

mostra con

dimensioni? Pare dunque che

mondo

debba
Il

esserci.

materialismo vero o

falso
i

Vero non pu

essere,

perch niuno pu negare

fenomeni, che sono

44
atti

CRITICA KANTIANA

d'un senso e d'un pensiero opposti

alla materia.

Ma come
ma

ammettere
?

lo spirito, se appartiene ai

numeni
oggetto

inconoscibili

L' io

da

me

pensato non

soggetto soltanto: non ne so nulla.


totalit

C' una

di

cose

universale,

che tutto

comprenda? Su

questo, da una parte diremo: L'u-

niverso ebbe principio ed limitato, che un


infinito gi trascorso e

tempo
si

un' estensione

senza termini
:

paiono assurdi.
assegnare

Dall' altra

diremo

Non

pu
e

principio

confine
vi

all'universo,

poich
;

prima del principio non


allora,

sarebbe

stato
fiior

nulla
del

come

l'universo incominci?

mondo

vi

sarebbe spazio, che non pu

dirsi nulla.

Di nuovo

le parti

dell'

universo

sono semplici
v'

o composte? Se devono esser composte,

pro-

cesso indefinito. Se arriviamo a realt semplici,

come
?

posson essere nello spazio, ove tutto esteso


Pi

gravemente diremo:

Oltre

la

causalit
la libera.

di

natura conviene ammetter nel


altrimenti

mondo

Che
feno-

dovremmo presupporre una


or succede.

serie

infinita

di cagioni e di fatti

onde penderebbe l'ultimo

meno che
al

Ma

non
si

si

pu passare una
tutto

serie infinita.
fatto

Dunque non

sarebbe potuto giungere


:

presente.

D' altra parte diremo


;

nel

mondo

necessario

che una causa libera romtoglierebbe

perebbe ogni collegamento di fenomeni, Pare ancora che


dell'

ogni ordine ed ogni possibilit di scienza.


si

debba ammettere come parte


necessario
:

universo

un

essere

che

la

stessa

serie delle contingenze include qualche

necessit,

questa dee provenire da un ente che sia necessaria-

DELLA RAGIONE

45

mente quello che


si

Pare

al

contrario

che non
stessa

debba

ammettere,

perch

la

natura

ha
ai

un' intrinseca necessit

che se fuor

d' essa ci

fosse

un suo
garne

principio, questo col dar


si

cominciamento
si

fenomeni

sarebbe mutato, con che

viene a ne-

la necessit.

Coteste che paiono contraddizioni, dice Kant, non

sono che prove della debolezza nostra


e dell* indebita confusione

nell'

intendere,

che facciamo dell'ordine

dei fenomeni con quello dei numeni, pretendendo di

poter ragionare anche sui secondi

come

sui

primi.

Perci stesso che le medesime


plicarsi all'uno

nozioni vogliono ap-

ed

all'altro ordine,
:

diventano affatto

equivoche e disparate
qualche
zioni,
letto,

nell'

ordine sensibile sono in


;

modo a noi accessibili non vere ma sofismi da sciogliere col dire che
quale concepisce secondo
i

contraddifra

V intel-

il

suggerimenti dei

sensi, e la ragione

pura,

la

quale da s sola procede,


nell'

formando principi non contenuti

esperienza, o sol-

levandosi a idee astratte pi alte nel

mondo
le
tesi

corporeo,
e le an-

non v' nulla


titesi

di

comune; che per


si

or ora enunciate non


false insieme,
le

oppongono,

ma
le

posin

sono esser

o insieme vere,

une

un ordine,
ultimi

seconde

nell' altro.

Cos particolarmente importa di

considerare

gli

due gruppi d'antinomie. V' nel


libert
si
?

mondo o
fenomeni,

non

v'

Stando

all'

ordine
fisiche e

dei

ove tutto

regge con leggi

matematiche,

ossia per necessit d natura, la libert

non non

pu
pen-

concepire.
sati

Riferendoci

all'

ordine

dei

nume7ii,
ci

da

noi,

ma non

conosciuti, poich

son

46

CRITICA KANTIANA

messi innanzi
ragione di

come
la

oggetto,
libert
:

negare

non troviamo solida pu esserci, bench

non ne sappiamo

nulla.

Pu

darsi che l'uomo,


al

come
sia

fenomenale, ossia legato alla materia e

tempo,

soggetto alla necessit;


si

come numeno, che pensando


nuovo principio d'azione
natura,
ci

eleva fuori del tempo, sia

non prima determinata


libero.

nella

in

ci sia

Similmente, se noi

teniamo a ci che

possiam sapere, e per non usciamo dal mondo sensibile,

non dobbiam riconoscere alcun ente necessa-

rio

fuor di questo

mondo che

solo

oggetto

di

scienza, nessuna ragione ci stringe vuoi

ad affermare

vuoi a negare un Primo che da s esista.

Ma

non v' forse un'

invincibile tendenza a cer-

care e ad ammettere una

Cagione

di

queste
?

cose,
e

che paiono tutte mutabili e contingenti

S,

ne

conchiuderemo legittimamente che

tal'

la

natura

della nostra mente, che essa arriva cos alla

massima
tocca
la

unit de' suoi pensieri, ossia che logicamente e astrat-

tamente cos procede nel miglior


sua perfezione;

modo

un vuoto
r unit
fine
si

ma ordine logico non d che formalismo, ma non possiam presumere che trovi nell' universo, ma non sappiamo in1'

che

la

realt

corrisponda

alla

nostra

intima

disposizione, l
rienza,

dove non vediamo, n abbiamo espedel nostro ci che ci pare.

e sol
al

poniamo

quanto

principio di causalit,

potremo
stessi

forse assuricor-

merlo nella sfera dei

fenomeni

(ossia,

diamoci bene, delle parvenze che sentiamo e pren-

dono forma

in

noi),

chi

non

si

contenti
il

della

lor

successione che sola certa;

ma

passaggio da ci

DELLA RAGIONE
che sentiamo ad

47

una cagione
concepire

d' altro

ordine,
stessa

ove
sia

nemmeno possiam
appaga di una falsa
riposarsi.

come

in s

cotesta cagione, al tutto illegittimo.


conteyitezza, dice
il

La ragione si Kant, quando


ignoto
e
l

crede di poter salire a

quel

principio
s

Del

resto,

per cessar
oscurit,

grande
tra

illusione,
1'

pensi le invincibili

rifletta
si

altro

Come immaginare dall' eternit ? Ed


stesso

che quell'Ignoto

dica: Io sono

ogni altra cosa da


pi, chi capisce

me
?

ma

io

onde sono? Di

come un Dio
Finora

buono sopporti tanto


nessuno

male

nell'

universo

riusc a spiegarlo.

Da
1'

tutto questo raccoglieremo

l'

impotenza della
por nelle cose
1'

ragione a

trascender
atti,

stessa

col

ordine de' suoi

e a trascendere
i

ordine dei

fenomeni che cadono sotto


alte,

sensi.

Per

le verit

pi

faremo

la metafisica delle nostre operazioni,


;

non

dell'

esterna realt
ci

n affermeremo n oseremo nesorpassa. Perci la libert nell'or-

gare quello che

dine spirituale, l'anima immortale, Dio


delle cose,

sommo

autore

rimangono problemi
ad
essi
fissi
i

insoluti per la nostra

scienza, che innanzi

deve rimanere sospesa.


limiti

sapere che qui son

per noi, e dubi-

tare di

quanto

al

di l, frutto

non dispregevole

della vera filosofia.

un

altro vantaggio forse


si

magla

giore della critica kantiana


il

che rimane libero

campo

alla metafisica

della
l'

credenza; rimane

superiorit del volere sopra

infruttuosa speculazione,

e la volont di accettare qualche principio superiore


supplir per avventura al difetto incorreggibile della

48

CRITICA KANTIANA

mente,

che vuole e non pu

speculare. Cosi vol-

garmente
da

pensata la filosofa speculativa proposta

Emm.

Kant, o dedotta da' suoi principi.

Ragione pratica.
Sembra dunque che attenendosi
si

alla

ragione pura
la

cada nello scetticismo.

Ma

sopravviene

grande

idea del dovere a salvarci da quelle tenebre.

Con

la

chiarezza e con la certezza d* un assioma matematico,


la coscienza ci

dice:

ciascuno

quello

che

suo

ovvero
il

la

verit.

Questo V imperativo
motivo da un
fi.iga si

categorico,

quale non prende


raggiungere,
dal

fine

che

si

voglia

dalla

di

qualsiasi

male temuto,
chicchessia
;

riguardo

che

voglia

avere a

ma

assoluto in s stesso e indipendente


a cui sentiamo legata la volont
:

mostra

il

dovere,

non

la

volont di un particolare individuo,


esistere.
le

ma

qua-

lunque volont possa

Di qui subito abbiamo


vita.

massime

direttrici della

Poich, se

il

dovere lega ogni volont, io sono


7i

obbligato

modo da vie tenuto divenga legge imiversale. E siccome non pu essere legge universale quella che non tende al bene comune, si pu enunciare il principio di dover
guisa che
il

ad operare sempre

agire

7i

guisa che

V iimaiit
come
fiyie,

in

qualu7ique persona
m,ezzo.

sempre

sia trattata

non 7nai come

Questo concetto

di dovere si differenzia

radicalsi

mente da

tutto ci che 7iatura.


il

Che non
il

dir
;

mai che cosa

fuoco o che cosa

leone debba fare

DELLA RAGIONE

49
della

ben

si

dice dell'

uomo. Le leggi
le

natura enu7ici

ciano ci che ;

leggi morali

enuncia7io

che

deve essere; e deve essere, non

come un

fisico

im-

pulso

irresistibile, e
;

nemmeno
del

il

pi delle volte

come

un' inclinazione
alle pi vive

anzi molto spesso senso.

andando contro

inclinazioni

Onde

neces-

sario conchiudere che in un ordine superiore a quello dei fenomeni


l'

uomo

libero. Perch libero, sotassoluti e al


il

tomesso
libero,

agi' imperativi
i

dovere

perch

prova

rimorsi e
gli

pentimento, quantunque
eccitamenti
la
1'

sieno stati fortissimi


fare.

esterni

mal
in

Cos divien certo quello che con


si

pura ra-

gione non

poteva determinare,

che

uomo,
all'

quanto con

le

sue facolt superiori appartiene

or-

dine dei numeni e

non legato

alla

necessit
tale,

dei

fenomeni, gode di una vera libert.


principio in s stesso ad operazioni,

Come
le

quali

nelle

leggi comuni
dei sensi

del

mondo

e nello

stato

antecedente
le

non aveano causa o motivo che


la

deter-

minasse di necessit. Ecco


liberi.

gran conquista:

siam

conquista dovuta

alla
la

ragione pratica, la

quale vince e compie cos

speculativa.

Forse
gli
altri

la

ragione pratica

determina ugualmente
insoluti
:

due grandi problemi


?

Dio

1'

im-

mortalit

Pare a molti di
il

s,

perch fiacco e nullo stimano

dovere, che non abbia sanzione in

un premio o
imposto da un dovere pi
principio

in

un castigo

futuro, e che

non

sia

Dio Legislatore e Rimuneratore. Emmanuele Kant


protesta che convien sentire intorno
al

altamente assai. Egli

pone come

sommo

50

CRITICA KANTIANA

nella Metafisica dei costu^ni,

non poterci essere


che
s'

in

ninna parte

dell'

universo cosa alcuna,

abbia

da ritenere per assolutamente buona, eccetto


volont.

la buoiia
sia,

Che questa volont

sia felice

o non

che

ne segua uno od altro

effetto,

che
l'

abbia
abbia,

riguardo

ad una volont esteriore o non


porta:

non imnulla.

come
buona

volont, che sta sopra ogni altra cosa,

deve essere buona da s e non dipendere da

Ora

la

volont conforme
fine,

al dovere.

Dunque

queir indipendenza da ogni

da ogni legislatore
bene per riguardo
1'

esterno, da qualsiasi distinta ragione, appartiene alla


stessa idea del dovere.

Se

volessi

ad una futura
che
la

felicit,

subordinerei

ottima

cosa,
:

non
s,

sarei

buona volont, a quello che molto meno semplicemente buono. Se volessi bene per
puramente
il

ubbidire a Dio, non vorrei

bene per
lonci

ma

per una causa distinta, e

ancora sarei
fa

tano dalla perfezione. Poi, chi mi

conoscere

che Dio mi comanda? Nessuno. Ci che pu coman-

darmi

La

ragione.

Dunque

infine

alla
il

stessa

raalla

gione, che immediatamente manifesta

dovere

mia volont, necessario


cercar altro fuori di noi.

ridursi

non giova dunque


la
l'

Dobbiamo
talit

dir

veramente che nemmeno

ragione

pratica ha diritto di affermare con certezza

immortali

dell'anima e l'esistenza di Dio

che senza
l'

condizioni rimane austera ed immobile


vere
:

idea del do-

anzi per avventura tanto migliore, quanto pi


il

scevra d'ogni esterno motivo. Pure

Kant riconosce
compimento.

che, sotto altro aspetto, la morale da quelle ipotesi

riceve

qualche

maggiore fermezza e

DELLA RAGIONE
Poich par manifesto che convenga
alla

5I

buona vosuo
desi-

lont raggiungere quella perfezione di vita e di go-

dimento, a cui necessariamente


derio.

aspira

il

Cotal perfezione e
;

felicit

non otteniamo certo


morte
di-

nella vita presente

e,

se l'ottenessimo, la

struggerebbe ogni cosa. Dunque sembra tornar meglio


e
il

dire che allo stato


al

terrestre

sopravvivremo,
nuovo, chi pu
la virt di

potremo

di l esser felici.

Ma

di

costituirci nella sperata felicit, se

non

un

primo Ente, dal quale ogni


la

altro

dipenda? Dunque

ragion pratica, per mettere la morale nell'ultimo


ci

suo compimento,

persuade l'esistenza di Dio.


ci

Ci persuade, non

costringe
si

apoditticamente.

Prima perch codeste conclusioni


l'

appoggiano

al-

ipotesi

che
;

il

dovere

ci

porti alla felicit, e

non
bi-

necessario

poi perch cotesta felicit potrebbe sornatura,


alto.

gere spontanea della sola nostra

senza

sogno

di ricorrere

ad un agente pi

Se non
in

manifesto che esista


siamo, perch

un autore

del

mondo

cui
di-

dovremo ammettere una cagione


il

stinta della felicit?

E
vieni.

poi ancora, tutto

complesso

di

dovere,

di

legge morale, di libert, rientra nella sfera dei mi-

non sono oggetto d'intuizione. Dunque che ne sappiamo? Ceito il Kant s'adira contro
questi
ci

Or

coloro, che pretendono di provare la libert con la

testimonianza della coscienza, che


sentirci liberi

fa

credere di

ad operare come

ci

piace. Perch sar

pi sicura la coscienza di sentirci

responsabili e di

dover fare questo o quello?

Ma

in verit,

come amdelle

mettiamo spazio e tempo per dar conto

sen-

52
sazioni,

CRITICA KANTIANA

bench non siamo


;

certi della reale esistenza


le

d'alcuna cosa
sificare
i

come formiamo
i

categorie per clas-

concetti che l'esperienza


principi,
i

ci

suggerisce
i

come
cos,

la ragione stabilisce

secondo

quali essa
;

nata a discorrere intorno

dati dell' intelletto

supponendo verace
libert.

il

sentimento del dovere e della


noi
l'affermazione
della

legge, divien congruente a

Poste

le

quali cose, che dire della religione


le

In

quanto essa sottomette l'anima a Dio, e


di

persuade
pei

ben

fare per ossequio alla


;

Divinit,

buona

rozzi e pei deboli

non

giova a chi sente

l'umana

dignit, che basta a s stessa, e la forza del dovere,

che assolutamente perfetto quando non ha ragione


fuori di s.

Nella rivelazione cristiana, incominciata


antico, ci

col

Testamento
tutti
i

sono verit
intesi

eccellenti, pur-

ch
si

racconti sieno
altra

simbolicamente, n

ammetta

caduta originale
;

che

la

nativa in-

clinazione del senso

si

creda che veruna grazia

divina faccia buona la volont,


sola sforzarsi verso
si
il

che

si

deve

da

bene; n in Ges di Nazaret

voglia ravvisar altro che un sublime esemplare di


;

moralit fatto reale in una bella finzione


si

n insomma

cerchi la religione fuori

dell'umana ragione, sola


rinunciare
alla

norma dell'uomo,
gnit di persona.

sotto pena di

di-

DELLA RAGIONE

53

Tali sono per

sommi

capi,

e riguardo alla parte


la critica della

che importa a noi di sapere,

ragione
tro-

pura, e quella della ragione pratica,


j

novamente

vate dal migliore Copernico,

Emmanuele

Kant. Al

quale sorgono ogni giorno, purtroppo anche in una


*

schiera infiacchita dei nostri, fervidi ammiratori, che

gridano

Non

conosce

Kant

chi

sospetta
;

eh' egli

pecchi di scetticismo o d' idealismo


bitori

a lui siam de-

d'una buona dottrina che

Dio, la sua morale elevata e


fi

ammette Tanirna e un sentimento pro-

fondo

di

religione la informa e la compie.

CAPITOLO

III.

Assurdit della nuova critica

Questione impossibile.
Noi crediamo che per chiunque ha senno
sizione della
l'espo-

nuova

critica istituita dal

farla sentire strana

ed assurda

d'

Kant basti a immensa stranezza


quelli

ed assurdit. Eppure scriviamo per


mente,
ai

principal-

quali l'ammirazione

comunemente

professata
di rive-

pel filosofo di

Knigsberg
a

ispira

un senso

renza, o almeno un dubbio che tale


ritata.

stima sia med'unirsi


in

Per riguardo

costoro,

tentati
ci

quel plauso ingiusto, giover che presente


capitolo

tratteniamo nel
volta
alcuni

ad esporre

un'altra

principali punti, pei quali la


zi

nuova dottrina radig'

calmente

falsa,

o a mostrarne
l'alloro,

immani

errori,

di

e/^

che rimarr sfrondato


ronare
il

ond'altri

vollero co-

maestro.
si

Emmanuele Kant
misurare
il

propose

di

esaminare e di
:

valore conoscitivo della ragione

Dob-

biam fare la critica, egli dice nella prefazione alla

ASSURDIT DELLA NUOVA CRITICA

55

Ragion pura, non

dei libri e dei


ai

sistemi

(non

vuol cercare se sieno conformi

principi e se pro-

cedano con buona logica),


noscenze ch'essa l'esperienza .

ma

quella

del

potere

della ragione in generale, riguardo a tutte le co-

cerca di raggiungere
egli

fuori

del-

Qui veramente

sembra supporre
;

indiscutibili e certe le

cognizioni

esperimentali

or

vedremo che anche queste irreparabilmente

distrusse.
il

Ma
atti

lasciando per ora correre questo


il

punto,
:

pro-

blema che

Kant

si

propone

il

seguente

Quegli

della ragione, che per loro intrinseca natura pa-

iono rappresentativi di qualche


i

oggetto, e ponendo

quali noi

siamo irresistibilmente portati ad appren-

dere fuor di noi un termine distinto, o che realmente


esista o

che possa esistere; son

essi

veramente rapdiritto di

presentativi di

un oggetto, e abbiam noi

giudicar le cose in s disposte, e obiettivamente vere,

come necessariamente le giudichiamo Or diciamo che se tal questione

sia

posta sol-

tanto per riflettere sul nostro procedere, e dare or-

dine e metodo allo studio dell'anima nostra,


bito
si

su-

risponda che

s,

e che

non

lecito dubitare
;

di ci che la natura

determina invincibilmente

la

^'^^

questione pu correre.
in realt dubitare,

Che

se invece altri

ne voglia

da principio ignori quel che dee

dire; la sola posizione del

problema

distruggitrice
ri-

d'ogni conoscenza, e per rende impossibile ogni


sposta.
Infatti,

se l'ingenita tendenza dell'atto intella

lettivo al
far altro,

suo oggetto, e

coscienza eh' io ho di non


il

intendendo, che rappresentarmi


il

proprio
il

modo, secondo

quale dice ordine all'essere

ter-

56

ASSURDIT
d' intendere,
1'

mine che mi par

non mi
;

bastano

ad
al-

avere certezza che

atto obiettivo

non resta

cuna via per assicurarmene, o per sapere che difatto


quell'operazione conoscitiva, ossia
di

rappresentativa
riferirsi,

quello a che sembra naturalmente


al

come
il

immagine
vero in
tal

suo tipo. Per giungere ad appurare

dubbio, non basta l'evidenza, non la ne-

cessit di consentire
sistibile

ad alcun principio,

non

l'

irre-

inclinazione della

mente

che importa tutto


altro che un'as-

cotesto, se per caso quell'atto

non

soluta modificazione dell'anima,

senza

riguardo

al-

l'oggetto
qualsiasi

nulla giova qualunque riflessione, a nulla


di

argomento che con lampo


altri

straordinario
l'i-

ingegno
stanza
:

adducesse: che sempre tornerebbe


il

come

giglio bianco, senza

mai poter deanche


la

durre dalla sua bianchezza che


neve, cos dal sentirmi in
tal

bianca

modo

disposta l'anima
di

o la ragione, mai non trarr che altra cosa fuori

me

sia disposta similmente.

Per poter conchiudere questa similitudine, non

si

aprono che due

vie,

storte

ugualmente

e senza meta.

Ovvero assumiamo che


mente conoscitivo,
noi
s

l'atto

dell' intelletto

real-

che per esso abbiam

diritto e

necessit di giudicare l'oggetto appreso, e in tal guisa

diam soluzione al posto problema, ma lo dichiariamo mal posto, gi assumendo quello che dovevamo provare la verit della conoscenza. Ovvero lo
:

prendiamo davvero come un problema, del quale da


principio convenga dubitare
pi.

Converrebbe

infatti

non se n'esce per iscioglierlo, istituire un


;

e allora

confro nto tra Tat to intellettivo e

il

suo oggetto,

ri-

DELLA NUOVA CRITICA

57

guardando prima
a dichiarare

l'atto

in

s e poi la cosa che par

da quello rappresentata.

Ma

perderemo

forse

il

tempo
?

come questo nemmeno possa


il

concepirsi

Troppo

manifesto che per istituire

paragone, ciaalla

scuno dei termini dev'essere presente

ragione.

La ragione ha

presenti gli atti suoi, sui quali ripiega

se stessa e g' intuisce;

ma

l'altro

termine come pu

essere presentato, se noji^ per quei


quali

medesimi
Per

atti,

dei

pazzamente

si

vuol dubitare?
in

essi,

essen-

zialmente conoscitivi, e non


portarsi al loro oggetto,

altro

posti che nel


realt.

tocchiamo l'esterna
questo
l'

Ma

se

non

ci

basta a saper
dice,

indistruttibile

coscienza che ce lo

invano
i

sorgeranno
della

mille

Kant, suderanno invano


dei secoli, per accertare
strutta,

tutti

filosofi

terra e
di-

una verit radicalmente


del

come
un

tutte le cliniche
infelice

mondo non
alcuna

risu-

sciteranno
s'

che abbiano ammazzato.


di

se

impunteranno a cercar
il

salvare
il

reliquia

dopo
bile,

naufragio

come
da
lui

Kant aveva promesso


e

di rifar la metafisica

negata

resa impossi-

senonch gi vecchio mor senza

tener la pa-

rola

dovranno pur ragionare

e pensare di

dar
co-

qualche giudizio conforme


noscitivo e verace
il

alle cose,

supponendo
ipotesi prime,

loro intelletto, n potranno fare


le loro

meno

di

negar col fatto

o
ci

di avvolgersi in

un circolo
questione
;

vizioso,
in

assumendo

che pongono
ripetendo
il

in

un

circolo senza uscita,

quale finiranno col capogiro e con andar

ruzzoloni sul pavimento.


kantisti
;
:

Compatiremo

questi poveri

ma diremo L'han

meritata e sta bene.

Non

58

ASSURDIT
senza
divenire

impunemente, n
struoso,
si

alcunch di

mo-

fa violenza

alla natura.

In altro
cosa, se

modo,
si

impossibile

giudicar

d'

alcuna
in

non

pu confrontare ad una norma

qualche senso pi nota e pi certa.

la

prima norma
:

dev'essere per s certissima e notissima


sto,

tutto

il

re-

che verr poi, rester piuttosto inferiore, come


che dipende e che per partecipazione ci

quello

che

il

primo per s e pienamente. Ora, a qual pi


conosciuta

alta e pi

misura potremo noi confron-

tare la nostra ragione, assolutamente considerata ne'

suoi

atti

fondamentali e

necessari

Ben sappiamo
lei

ch'essa pure ha una regola infinitamente a


riore
nella

supe-

prima increata verit


inaccessibile.

ma
ci

questa a noi

rimane ignota e
a che porre

Non

resta in natura
facolt,
il

in confronto la nostra

suprema

come

a legge migliore.

Che per
natura
ci

nel riflettere sopra

di essa e de' suoi atti, l'ottimo sar interrogarci se

procediamo secondo
questo pu
restar

la

della ragione

mede-

sima, o se dalla sua natura

allontaniamo, o se di
confronteil

dubbio.

Alla ragione

remo

le

apprensioni dei sensi, e ne apprezzeremo


atti

valore e la portata. Agli


dell' intelletto

supremi e immutabili
in

porremo ancora

paragone
:

gli

atti

secondi, e quelli ove non appare necessit

cos giu-

dicheremo della bont


ancora mostrano
alla
di

di cotali

atti,

secondo che
consentanei
la

essere pi o

meno
siccome

natura

della

religione.

Ma

natura

prima
pi

determinata in s stessa,

ed determinata

e immutabile la sua

prima tendenza, o l'operazione


l'

strettamente

propria, onde

altre

dipendono

DELLA NUOVA CRITICA


cos gli atti primi

59

debbono esssere

riconosciuti buoni
possibilit

e veri per s medesimi, senza


di correzione o di dubbio.
nell'essere

ammettere
la loro

bont consiste
essere,

appunto ci che debbon


;

n pospro-

sono di fatto esser altro


porzione col

ossia

nell' intrinseca

soggetto

da cui

procedono

e col terces-

mine a

cui vanno, e

non possono perderla senza

sar di essere ci che sono.


e necessari atti

Che per

se quei primi
fallace,

inchiudessero
essi

alcunch di

naturalmente per
in

c'ingannassimo, non
correggerli n

avremmo

alcuna guisa

come
in

l'errore.

Nel porli

come diminuirne dubbio, Kant fece come colui


vila scienza,

che seduto sul ramo d'un albero prese a segarlo


cino al tronco
;

dicendo poi di voler rifare

Kant
cato

fu simile a quel

conciarsi
il

meglio

il

medesimo che sperava di acsedile, dopo che si fosse spacintelletto


sia

cranio.
si

nega che
portarsi,

l'

per s medesimo

conoscitivo, e per rappresentativo dell'oggetto a cui

sembra
diede

e allora cattiva la natura che gli

quell' invincibile

tendenza (ma

ancora

come
la

fate a negarlo,

se

con ci stesso pensate di dire


si

cosa com'?); ovvero

ammette che
infallibile,

l'intelletto

conoscitivo, e allora, se negli atti che la sua natura

determina non certo e


che
lo fa fuorviare

la

natura stessa

cattiva e falsa nella sua intrin-

seca costituzione.

Ma

questa malizia della natura, non -^^

*"

riguardata in alcun mostro, sibbene nella sua prima

forma essenziale,

affatto impossibile.

'

Perocch x>gni
'-.t''
il

cosa buona nel tendere ad essere, com' buono

termine dell'appetito universale, com' buona

la

per-

6o

ASSURDIT
:

fezione che nell'essere attuata

sarebbe male^^e non

tenderebbe ad

esistere,

al

nulla e alla distruzione,


s

una natura che contraddicesse a


primi
atti

medesima,
intima

e coi

ripugnasse

alla

sua

pi

inclina-

zione. Tal sarebbe la natura intellettiva

immaginata

da Emmanuele Kant

tale ei la

suppose, istituendo

la critica della ragione,

non sapendo da principio


non

se nelle sue operazioni,

anche pi spontanee e ne-

cessarie alla natura, la ragione stessa conosca o

conosca ci che pur dice di conoscere, e se sia capace, o

non

sia, di

attingere la verit

conchiudendo

poi che non sa nulla, che gli atti suoi son tutta cosa
della facolt posta in noi, senza ricevere determina-

zioni dagli oggetti, n

hanno proporzione alcuna


portati.

col

termine

al

quale irresistibilmente sono

Non

troviam

parole che valgano ad

esprimere
che
1'

l'infinita

mostruosit di una natura


e la

finta cos

ircocervo

chimera non sono cose altrettanto sformate; ad


d'un
discorso, ove la

esporre con bastevole energia l'insensata contraddizione


tal

ragione

avvilita

stranamente rivolta a rinnegar s stessa.


suicidio
;

Un

vero

un'

immensa

ingiuria
della

alla

natura, una be-

stemmia contro l'Autore

medesima.

Sola r intuizione vale

il

sofisma che persuase un tanto errore

al

nuovo

critico fu questo:

Non possiamo
di che

conoscere con cerintuizione.

tezza, se

non quello
ci

abbiamo vera

Ma

non

data altra intuizione fuori della sensi-

DELLA NUOVA CRITICA


tiva,
rei,

6l

che

si

porta esclusivamente
altra cognizione

ai

fenomeni corpo-

dunque

che

sia certa, a noi

non

data.

Che

se

conseguentemente all'esperienza dei


di na-

sensi

siamo portati a concepire forme astratte


sostanza, poi anche a porre
alcuni
i

tura e di
cipi

prin-

che paiono universali e necessari, tra


di causalit
;

quali pri-

meggia quello

dobbiamo

dire che co-

testa un' inclinazione

soggettiva della nostra mente,

che da s procede

in tal

modo, portata
senza
la

dall'istinto,

come sogna

chi

dorme,

pretendere

che

sia

nelle cose ci

che essa pensa secondo

sua natura,

Rispondiamo che

in quel sillogismo,
alla

non

cos in

buona forma,

ma

quanto

sostanza ripetuto da
i

Kant

tino alla noia, e


:

posto tra

fondamenti del suo

sistema, tutto falso

falso che

ad aver certezza
;

sia necessaria l'intuizione

propriamente detta
conseguente che

falso

che fuor della percezione sensitiva non abbiamo noi

veruna intuizione; falso

il

ci

imai

possibile la certezza di qualsiasi verit superiore


sensi.

bituizioyie infatti

lo

stesso

che visione, e so-

gliamo indicare con

tale

voce

una conoscenza ch'

determinata dal medesimo oggetto per s stesso proposto alla facolt conoscitrice, siccome avviene che
le

cose

visibili

imprimano

le

proprie specie nell'ocla loro realt.

chio, stando dinanzi

ad esso con

Per

non sarebbe vera intuizione quella

che immediatain

mente

si
;

terminasse
e

all'

immagine formata
in alcuna guisa

uno

specchio

non sarebbe

intuizione,

se fosse proposta un'imitazione qualsiasi dell'oggetto,

che pur cos

si

manifestasse,

come quando

dicessi di

62

ASSURDIT
il

veder Cesare, perch ne vedo

ritratto.

Per analo-

gia con la visione, l'intelletto intuisce una cosa nel

pi stretto senso, quando l'entit dell'oggetto ponga

per s stessa in

atto la facolt intellettiva, nel qua)


;

modo

comprensori intuiscono Iddio

o, fuori di

quel

caso unico, se l'oggetto presente imprima la propria


specie nell'intelletto
sia conosciuto
;

o se almeno l'oggetto

medesimo
impressa

per

una specie comunque

nella mente, la quale specie

non essa
altra

sia conosciuta,

n prima e per s
nell'ordine

si

riferisca

come propria immagine


cosa,

intenzionale
la

ad

dalla

quale

debba dedursi
nosciuto.

ragion dell'oggetto che diciam co-

Ammettiamo che non sar in pieno senso intuizione, se mancano due primi modi non sar

intuizione

in

alcuna

guisa, se

un oggetto

cono-

sciuto soltanto per la sua convenienza o per qualun-

que rapporto con

altro oggetto, la cui

specie possa

anche condurre a rappresentarsi quel primo.

Or non

vero

che sia possibile

la certezza

di

quelle verit

soltanto che

possiamo

intuire.

Non

necessaria l'intuizione nel primo

modo, che importa

l'intuizione dell'oggetto per s stesso congiunto alla

mente
sori, e

che una

tal

condizione pu avverarsi solo per


all'intelletto dei

la divina

Essenza congiunta
le

compren-

per

intime disposizioni d'uno spirito libero

e puro, che vede s stesso nella sostanza e negli atti


suoi.

Nemmeno

necessaria la terza maniera, che la

cosa sia conosciuta per una specie che la rappresenti


qual' in s stessa, e
cosa.

non per
le

la

specie

d'un' altra

Perocch

in

quanto

due cose convengono


l'ai-

tra loro,

ben pu l'immagine dell'una valere per

DELLA NUOVA CRITICA


tra;

63

e in

quanto l'una importa una determinata prorapporto ad


altro

porzione o qualsiasi conoscer questo

oggetto,

il

diventa ragion sufficiente

di cono-

scere anche quella.

Concediamo che non sar cono-

scenza intera e perfetta

come
di ci

se fosse intuitiva;

ma

quanto a dar

certezza
la

che convien

pensare

per non distruggere


alla

prima cognizione, e quanto

ragione inchiusa in quel determinato rapporto,


nulla. Cos

non manca

abbiamo cognizione certissima

delle conclusioni

bene dedotte da principi evidenti e

per s intuiti
nifesta ci

cos l'azione d'un soggetto per s


la virt

mapro-

d a conoscere

dalla

quale

cede; cos siamo certi che un teorema provato per


figure geometriche a basi

commensurabili vale egualal-

mente se queste sieno incommensurabili, perch


trimenti anche nel
falso.

primo caso

il

teorema diverrebbe

Non

dunque vero universalmente che per

sola intuizione possa aversi cognizione e certezza.

Neppure
intuizione.

vero che, fuori della percezione dei sensi

terminata a fenomeni corporei, a noi sia negata ogni

Molto meglio che


specie
in

le

esterne qualit dei

corpi

non sieno presenti


eccitatrici

alle facolt sensitive, e sieno

per

esse
il

di

d'

immagini, onde
guisa ci che

viene
lo

senso a percepire

alcuna

immuta
;

e gli posto innanzi

come suo proprio


quanto raccolto
fantasia, trovasi
intellettiva,

oggetto

il

medesimo oggetto,

in

nei sensi interni e

.immaginato dalla

costituito dinnanzi alla nostra

facolt

questa attinge nella realt proposta quel che risponde


alla

sua virt. Sta dinanzi all'occhio una figura coe gli sta innanzi convenientemente, in quanto

lorata,

64

ASSURDIT
s
i

manda da
la retina

raggi luminosi che vanno a pingere


l'og-

secondo quella medesima figura. Cos


nella
fantasia,
di

getto

immaginato
e
la

cui principio
sufficiente-

l'anima intellettiva, a questa proposto

mente

non per

sola virt del fantasma sensibile,


spirituale

ma

per

sua congiunzione con la virt


si

dell'anima,

forma

nell'intelletto

una specie rapprela

sentativa di quel

medesimo oggetto, ove


che nata a percepire.

mente

percepir

quello

Sar una

prima cognizione lontana


ragioni
intelligibili

assai dall'adeguare tutte le

nella

cosa
n'

qual in s stessa

ma

tra queste ragioni

ve

alcuna che gi

si

con-

tiene nell'oggetto in quanto formalmente proposto,

e di cui attingere
gi capace.

la

mente, anche

imperfettissima,

Quest'

prima

di tutte le altre, la ragion

comunisla

sima
lit

di ente e di qualche cosa.

Poich non

qua-

n
il

la quaitit si

presentano astrattamente, sib-

bene

quale e

il

qua7ito ; n l'intelletto,

conoscendo
le

alcunch di reale, pu a
gioni formali
sussistenti
;

meno

di

concepire

ra-

come vere

e determinate nei singolari


distin-

quantunque non sappia ancora


ad alcunch
di

guere soggetto da forme e sostanza da accidenti,


pure
si

riferisce

esistente

in

uno o

in altro

individuo concreto.
necessit

Adunque
dapprima

cotesta ragion
si

di ente, che per

apprende a
|

modo

di ci

che sussiste e non suppone altro a che

inerisca,

oggetto d'

una prima intuizione della noi

stra mente,
la debita

quando

nei fantasmi le presentato con


il

proporzione

proprio oggetto.

Poi s'ag-|
le

giunger questa e quella determinazione, secondo

DELLA NUOVA CRITICA


diverse parvenze, e
il

65

complesso

di

varie

forme

in
;

un solo soggetto,

di

cui l'esperienza ci

d contezza
;

poi verr la distinzione

delle cose tra loro

poi la

relazione di una ad altra.


che,

Molte

di

quelle

nozioni
diffi-

appunto per esser prime, hanno speciale

colt a ricevere

maggior luce o ad essere

filosofica-

mente

definite o dichiarate,

senza scientifiche spie-

gazioni sono apprese da ogni

umano
alla

intelletto

per

suo spontaneo moto


getto

e ci perch

contengono
nostra
di

l'og-

sufficientemente
al

proposto

facolt

d' intendere,

quale essa ha

virt

portarsi col

suo atto, assai meglio che l'occhio


rata di cui riceve
i

alla figura coloin-

raggi.
:

questa verissima
della

tuizione

intellettiva

non gi

realt esistente

secondo tutte le ragioni intelligibili ch'essa inchiude,

ma

secondo quella ragion formale che risponde

alla

virt dell'

umano

intelletto nelle

condizioni che per

esso ora

si

avverano.
delle

questa intuizione

pi

semplici

ragioni

formali, in cui l'ente subito riceve qualche

determi-

nazione, segue l'intuizione dei supremi principi. L'in


telletto

ha propria virt
contenuto,

questa soggettiva

di conoscere ci

che nelle ragioni

riamente
tiva.

apprese necessaobbiet-

e questa realt

che

Che per

reale

necessit

ripugna ad ogni

ente ogni contraria ragione, e la ment=d

non pu a
che
ella

meno
ci
il

d'affisrmare cotal

ripugnanza rispetto a tutto


di sapere

apprende
il

non pu a meno
s,

no distrugge
cose.

non per solo bisogno che

abbia di pensare cos,


delle

ma

per indistruttibile verit


esperienza, la

Poi, aiutata

dalla

mente
5

66

ASSURDIT
soggetto
si

conoscer che in un medesimo

possono
di

adunare varie

parti,

e allora
tutto
l'

non potr a meno


su
ciascuna
di

vedere l'eccesso

del

quelle.

Vedr

la

somiglianza o

identit di pi cose simili

o identiche ad un termine comune.


alcune forme
in

Vedr mutarsi
suoi

un soggetto, e
tra
la le

intuir doverci es-

sere qualche connessione


accidenti, pei quali

sostanza ed

discerner

nature

specifiche,

come
e
gli

il

ferro o

il

pane, e gl'individui,
le

come babbo
di ci

mamma. Vedendo anche


sta intorno,

mutazioni di ci che

affermer la

dipendenza

che

nuovo

nell'essere

da qualche cagion precedente;


s

n alcun marmocchio

cretino
fra

da sperare che
i

la

bramata chicca
eh' ei stenda la

gli

venga da s

denti; converr

manina
filosofo,

e l'afferri e V imbocchi. Pol'

vero innocente

Manterr

ingenuo giudizio, finch


di

uno

scellerato

seguace
quella

Hume

o di Arillusione
gli

dig, g' insegni

esser

una stupida

del suo intelletto, o

un discreto kantista non

sug-

gerisca almeno di dubitare. Tutte queste sono chia-

rissime intuizioni, nelle quali l'oggetto, gi presente


nel concetto formato dell'ente, o di altre
plici ragioni,

meno sem-

determina

l'

intelletto a giudicare in tal

guisa. Chi lo negasse, nella stessa negazione suppor-

rebbe vero ci che abbiam


critica della ragione,

detto, e

non farebbe

la

ma

la distruggerebbe.

E
se

falso

dunque

il

dire che

non abbiamo

intuizioni

non

sensitive.

DELLA NUOVA CRITICA

67

Le cose
Eppure

in s conoscibili.

un principio fondamentale
dei

della filosofia
i

kantiana, che fuor


pensati da noi,

7iumeni, fenomeni ci sono come noi siamo inclinati a pensarli;

numeni
sono
in

ai

quali corrispondono le cose

secondo che
di per-

s stesse,

ma

senza
s lo

motivo alcuno
stesso

suaderci che

abbian in

modo

che noi
;

ad esse attribuiamo. Noi pensiamo natura e sostanza

ma
cetti

chi sa,
?

domandano, che cosa risponda a


si

tali

con-

Non

forse

sempre detto
;

le sole

esterne

parvenze essere da noi percepite


ci

ma

che

la

sostanza

del tutto

inaccessibile

Dunque non abbiamo


degli
enti
;

concetti ontologici o rappresentativi solo logici, pei giudizi


:

ma

ordinatori dei nostri pensieri. Similmente

dovrebbero

essi fondarsi nelle


ci

prime ap-

prensioni

ma

queste nulla

portano delle segrete


altro

cose, e per

non possono esser

che modificaInfatti,

zioni del nostro intelletto,

ad esso

limitate.

se

il

giudizio analitico, non fa altro col predicato


s'

che ripetere ci che


sintetico,
tiene,

inchiude

nel

soggetto

se

aggiunge
l'

al

soggetto ci che esso non con-

e per

intelletto vi

mette del suo.

Rimane

che solo l'esperienza sensitiva possa mostrarci qualche attributo da aggiungere ad un soggetto. Ond'

che nulla sappiamo del


nel fatto verse, e

principio
il

di

causalit,

che

scorgiamo soltanto
l'aggiunta
della

succedersi di cose di-

relazione
priori

o dipendenza
poi

tutta nostra

ed

arbitraria; a

non

si

ha

68
diritto di affermare

ASSURDIT

che quella dipendenza non con-

tenuta nel fatto sensibile sia reale.

Che diremo
curabile
al

a questo

Che

chi vuol guastarsi

il
_

naturai criterio in tal guisa, da lasciare

come

in-

suo destino

gli

ricorderemo che
si

fa vio-

lenza

al

buon senso,
s,

e che

avvedr dell'errore, se

vuole por mente a ci che or ora dichiarammo. Poi-

ch non da

salvo l'avere in s la virt d'inten-

dere, r intelletto concepisce le ragioni formali,

ma

in

quanto
gli
si

v'

determinato

alla realt

dell'oggetto che

presenta; e similmente, non per alcuna forma

ch'esso in s produca,

ma

per

la

veduta realt del-

l'oggetto nella necessit d'uscire nei primi giudizi.

Col riprodursi del fenomeno esterno


zione, esso
si

nell'

immagina:

fa

pure presente

all'

intelletto

pre-

sente in concreto,

come

qualit,
:

come

azione,

come
si

accidente d' un sussistente

questo
in quel

sussistente

fa

manifesto

come determinato

fenomeno. Per

r intelletto conosce un ente, conosce una cosa deter-

minata

cos.

ci

vero che

le

essenze delle naturali


in

sostanze non

si

mostrano
nelle

medesime
hanno

ma

assai ci sono palesi

propriet, a cui sono incui


strettis-

dissolubilmente connesse, e con

sima proporzione. Perocch


misura con
la

la perfezione dell'ente si

sua

attivit,

e l'essere

scompagnato
nulla.
il

dalla potenza

di agire

non varrebbe a
il

Ora
fenoi

nell'ordine corporeo

mente a noi noto


meni
pi o
sensibili
;

che l'azione
i

primo e

propria-

principio

dei

fra

quali ben

potremo discernere

meno

strettamente legati con una data specie

di sostanze.

Dunque

le

sostanze medesime, secondo

DELLA NUOVA CRITICA


r intrinseca proporzione che hanno con
lit

69
le

loro qua-

esternamente attive e coi

fenomeni

che produsensi,

cono e con r impressione che lasciano nei nostri


sono da noi con certezza conosciute.
che rettamente ordinando
i

Onde pur

viene

nostri pensieri,

ordiniamo

con ci stesso
sentati.

gli

oggetti che son da quelli rappre-

Importa che
che corre tra
i

sia chiarita a

dovere
i

la

distinzione

giudizi analitici ed
il

sintetici.

vero

sono

analitici

quelli nei quali

predicato inchiuso

nella ragion del soggetto, di guisa

che chi adeguasse

col pensiero la natura di questo,

dovrebbe senza pi
sintetici

vederci anche l'attributo.


giudizi, nei quali
il

Sono invece
l'esser

quei

predicato accidentale alla na-

tura del soggetto,

come

bianco per una rosa,

mentre non rispetto ad

giglio.

che

Cos

assoluta-

mente
guere

ma

riguardo a noi convien di nuovo distintali

giudizi analitici in quelli

sono

sol-

tanto in s stessi, e quelli che sono anche relativa-

mente
il

al

nostro

intelletto.

In s stesso analitico

giudizio che afferma l'esistenza di

Dio

ma non
in-

per noi, mentre invano dal solo concetto

vorremmo

dedurre efficacemente che Dio

Possiamo dire

vece anche per noi analitica l'affermazione della parola dell'

uomo

poich nella natura di animai ragioinchiusa


la

nevole

appare
ai

potest

di

ordinare un
il

segno

diversi concetti.

Ma

ebbe torto

Kant
tauto-

di sprezzare cotali giudizi


logie.

chiamandoli

inutili

Perch, sebbene

il

predicato sia implicito nel

soggetto, non v' per altro esplicito e formalmente


conosciuto, finch la mente, da principio imperfetta,

70

ASSURDIT
l'abbia

non
cos

quasi
alla

estratto

di

dov' era

nascosto

aggiunga
al

ragion di ente quella di opposi-

zione

non

ente, e poi quella di unit, e l'altra di


;

verit e di bont

e confronti

il

tutto alle parti per

vedere che quello

di pi, e cos nel resto.

Neghe-

remo dunque
dizi,

ai kantisti,

che sieno
si

sintetici

quei giu-

nei quali col predicato

spiega

qualche procui conoscenza

priet contenuta nel soggetto,

ma
nel

la

non era

esplicita

formale

concetto

che ne

avevamo. N pu
che dopo che
concetti
si

dirsi

tautologa l'affermazione, annecessaria.

mostrata
in noi

Perocch
le

rimangono
si

distinti
si

secondo

ragioni

formali, che

distinguono e

moltiplicano secondo
intellettiva.
la

la limitazione della nostra

facolt

Cos

per quanto

sappiamo essere identica


la

realt del

vero e del bene con

stessa

realt

dell'ente,

non

possiamo a meno

di

rappresentarci

queste

ragioni,

come formalmente diverse, con altrettanti propri concetti. Dunque proposizione per s nota anche riguardo a
tologia.
noi,

ed analitica l'affermazione che ogni

ente vero;

ma

lontana dall'essere

una vana tau-

Dopo
alla

aver male
il

ristretti

giudizi analitici e detto

che coi medesimi

predicato

non aggiunge
il

nulla

nozione del soggetto, peggio


diritto di
il

Kant
si

insegn
giu-

che non abbiam

reputar vero

alcun

dizio sintetico a priori,

quale cio non

limiti a

un

fatto esperimentale,

ma

enunci qualche propriet

dedotta ragionando dalla natura del soggetto.

Neg
che

che questo

sia legittimo,

pensando che

la

deduzione

soggettiva non oggettiva.

Ma

non

avvert

DELLA NUOVA CRITICA


soggettivo
il

7I

dedurre, mentre la
si

realt

tutta

in-

sieme

peraltro

arriva col raziocinio a vedere che


nell'altra.

una verit contenuta

Dunque

oggettival'

mente l'una
telletto

e l'altra vera,

com'

vero ci che

in-

intuisce in ci che

prima

gli presente.

Senza

di

che torniamo sempre all'errore fondamentale che

tutto r intendere

un sogno o una bugia.


analitico,

Per noi certo


senso di Kant,
causalit.
il

bench

sia sintetico nel


il

giudizio che afferma

principio di

Perocch manifesto che ogni cosa esistente


in s

deve avere o
essere.

o fuori di s la ragione del suo

Ma

ci che

non

era,

non ha

in s solo la ra-

gione di essere, che sarebbe stato anche prima. Dun-

que r ha realmente

fuori di s.

questo che
il

gli fu

ragione di essere sua cagione. Cos


ci

concetto di

che incomincia ad essere


:

ci

conduce

ad

asse-

gnargli una causa

ci

conduce

l'analisi

o un semplicerto
;

cissimo raziocinio.
in fine

Non

per questo

men

che
se

almeno

ci

chiara obbiettivamente,
la

come

fosse stata subito intuita,

necessit di dipendere

da

ci che era, per ogni cosa


ci
i

che novamente.

poich questo vero


di ente,

manifesto nella stessa ragion

che eccede

fenomeni e l'ordine corporeo,

cos senza

dubbio certissimo nella massima astra-

zione d'ogni ente e del

mondo

spirituale.

Sofismi kantiani.

Dunque s'ingann grandemente Emmanuele Kant,


quando
disse che delle verit

superiori al senso,

dei numeni,

non possiamo noi

avere contezza.

Ma

72

ASSURDIT

Ugualmente and ingannato nel credere che, stando


alla

sua dottrina,

si

potesse

avere

qualche
Nella

notizia

delle cose

sensibili
le

o dei
scienze

fenomeni.
fsiche,

comune
egli

ammirazione per
dissentir troppo

non

volle

aspramente dagli

altri dotti, e

mostr
fatto,

di tenerle per certe, e disse

che cotesto un
le

del quale potr

il

filosofo

assegnar

condizioni e

misurar

la portata,

mettere in dubbio.

ma

che
Il

lo scetticismo

non pu

vero che a misurarlo sesi

condo

la le

dottrina

kantiana

riduce a nulla, e po-

nendo
cipal

sue condizioni reso impossibile.

Infatti

per la

fisica
il

stessa conviene porre a prin-

fondamento

principio di causalit.

Se dubiche

tiamo di questo, non conosciamo alcun ordine nella


natura; non abbiamo alcun
diritto di affermare

per produrre un dato lavoro necessario


tanta energia;

spendere
tali

non sappiamo che ponendo

forze

in atto tale effetto otterremo.

qui l'errore del Kant,


principio,

che escluse

la certa notizia dell'accennato

ancor pi grave che


sionisti,
i

non

fosse quello

degli occa-

quali pure dal mitissimo S.

Tommaso
scienza

erano
della

detti stolti,

come

distruggitori d'ogni

natura. Gli

occasionisti dicevano che paiono le cose


;

naturali produrre altre cose

ma

che

in

verit

non

fanno nulla, dovendosi ogni produzione attribuire a

Dio Creatore
verano,
fuoco.

Egli,

Iddio,

stabil

di

dar l'essere a
s'av-

nuove forme, ogni volta che certe

condizioni

come
Erano
il

di bruciare
stolti,

un

legno,

se vicino al
il-

perch senza motivo faceano


alle
;

luso tutto

genere umano; e toglievano

crea-

ture l'attivit proporzionata al loro essere

pone-

DELLA NUOVA CRITICA

73

vano un' irragionevole condizione


virt creatrice.

all'

esercizio

della

Ma

la

loro stoltezza

non uguagliava
in

quella di Kant, che senz'altro


soluta causalit sui nuovi
fatti,

pone

dubbio
egli

l'as-

mentre

ignora

anche Iddio, n a Lui attribuisce


ai

quello che toglie

creati agenti.

Tutti

fisici

in tutto ci

che dicono

implicitamente suppongono la dipendenza d'ogni cam-

biamento

in

natura dallo stato precedente dalle cose

Kant che diceva


l'esperienza
ci

di consentire alla fisica la distrug-

geva tutta quanta.

Che

vale la sua ragione che


dei

attesta la sola successione

feno-

meni, non la relazione? Nulla; poich deesi dire che


l'esperienza sensitiva

come
;

tale
la

non

capace di apall'

prendere
che
in
n'

la

relazione
:

ma

dimostra

intelletto

capace

la

dimostra col solo presentar Venie,


che
sia

cui contenuta quella necessit

prodotto
;

ci
la

che comincia ad essere e per non esiste da s


dimostra ancora con
la

costanza della successione,


;

che non pu avvenire a caso


la

con

la

proporzione tra

causa e
;

l'effetto

con

la

somiglianza che non

fortuita

con

la

coscienza

che

abbiamo degli
della
realt
I

sforzi

da noi

stessi
il

esercitati.

Ma
esterni

Kant che pu
?

sapere

degli
sensi

fenomeni
in

Noi

li

percepiamo

coi sensi.

apprendono

quanto son mossi dai


e
il

loro

oggetti.
effetto.

Questo muovere cagione,

moto
del

un

Che ne sappiamo,
ben certo
?

se

il

principio di causalit

non
la

Poi,

nella

dottrina

maestro,

conoscenza esige una forma


proprio atto d la forma da

ed

una

materia
;

eh'
al

semplicemente eccitatrice del conoscente


s,

questi
la

secondo

sua co-

74
stituzone.

ASSURDIT

Ma

perch mai sar necessario ammettere

che reaH esterni fenomeni sieno eccitatori dei nostri


sensi
?

Non possono
stessi,

questi per avventura eccitar viir-

talmente se
ritazione?

senza aspettar di fuori veruna

Se da parte del
realt,
;

Kant
un

si

ammette quadi

lunque esterna
all'opinione
egli

sar
solido

grazioso acconciarsi

comune

motivo

ammetterla

non

ha.
tutta la

Tanto pi che
chi sa
restarvi,

forma posta dai sensi

mai che cosa

esista fuori di noi?


il

che pu

se lo spazio e

tive e illusorie,
il

tempo son forme soggetche poniamo noi stessi, come anche

Kant dichiara che facciamo noi le leggi della natura? Ond' che lo studio della fsica un cercar le norme del nostro immaginare e del perpetuo delirio

in

che

ci

avvolgiamo, sperando che


:

altri

uogli

mini immaginino similmente

noi

li

vediamo e
di

udiam ragionare; ma
getti a tanti errori.

questi pure sono fenomeni, sog-

Forse

io

sogno
potete

ricever

di

fuori quello che

da
il

me

stesso
vi

vado pensando.

Ma

quale realt, se
corpi, se

ciel

salvi,

attribuire ai
?

non

li

giudicate veramente estesi

quale
nella

estensione possibile, se lo spazio soltanto

nostra apprensione
di

Poi, che cosa risponde


il

all'

idea
delle

moto, se non poniamo reale


?

succedersi

parti

questa successione che

come
il

si

con-

cepisce, se

non corre numerabile e continuo


la

tempo?
serie
l'esiil

Nella stessa guisa che, tolta


impossibile concepire un vero
di naturali

real

successione,

moto

qualunque

fenomeni

cos ne
in

rimane impossibile

stenza:

che procedono

proporzione l'essere e

DELLA NUOVA CRITICA


conoscere, ovvero inutile che pi
verit.
si

75

cerchi alcuna

Inoltre,

come pu

salvarsi alla fisica la ragion di

scienza, se

non possiamo enunciare


le

alcuna proposi-

zione universale, n applicare agli individui non an-

cora soggetti all'esperienza


d'aver trovato in natura?

leggi

che

crediamo

Non pu
il

farlo legittima-

mente un

kantista, a cui proibisce

maestro di racdal
particolare,

cogliere per alcuna via l'universale

osservando che
nito nel finito.

il

pi non ist nel meno,


egli viene

l'

infil'

Con che
il

ad escludere
fisici,

in-

duzione, che

proprio argomento dei

nello

scoprir le azioni e le passioni dei corpi.

il

Kant
sulla

procede sicuro, pensando di dir cose nuove, e igno-

rando tutto ci che

gli antichi

avevano osservato

forza dell'argomento
viene.
la

induttivo e sulla
critico

radice onde

Ma

il

nuovo

non

capace d' intendere


si

ragione evidente, che ove la natura

muove per

necessit,

anche con un solo esempio


i

ci

mostra quello

che

in tutti

casi simili avverr.

tanto non giunge,

e contento di sapere che una botte di vino


in

non cape

un

bicchiere,

nega
il

il

processo induttivo,

come per
la

altri

motivi nega

deduttivo.

con ci

scienza

esperimentale diventata impossibile, non altrimenti

che

la

metafisica.
:

Spazio e tempo son nostri sogni


che nulla
si

non sappiamo
di noi. L* in-

estenda e nulla
:

si

muti fuori

duzione illegittima

non sappiamo che alcuna legge


Cos nessuno pi radicalla
fisica

debba avverarsi
getto, e l'una

in natura.

mente del Kant ha distrutto


e
l'altro

il

suo sogregione

ha

mandato

nella

76
delle chimere.

ASSURDIT
Gli faccian plauso gli adoratori della

scienza.

Povero Kant!
quelli

Come

furono

difettivi

sillogismi

che

gli
!

fecero rigettare la realt

dello spazio

e del

tempo

un oggetto materiale, o un cambiamento, bisogna riferire il primo a una posizione fuori di noi, il secondo ad una successione
percepire, disse egli,
:

dunque

lo spazio e

il

tempo sono

presupposti

ad
ac-

ogni esperienza, e non ne sono oggetto.


corse che
si

Non
il

si

riferisce

il

corpo ad un posto,
sia necessit

moto

ad un tempo, non

in

quanto

soggettiva

immaginare coteste

determinazioni,

sibbene perch
nell'oggetto,

esse sono sempre necessarie e vere

accompagnano indivisibilmente ogni estensione ed ogni moto. Il Kant argomenta come se dicesse Non
:

posso apprendere veruna forma di natura, senza


tribuirle

at-

qualche

modo

di essere

dunque l'apprenrealt. Pazzia.

sione dell'ente precede ogni

altra per necessit del

mio

intelletto e

non risponde ad una


in

La ragion

di ente

appresa dapertutto, perch real-

mente inchiusa

ogni forma.
il

Nella supposizione che esistano,

Kant prosegui
e

ragionando sulla

infinit dello

spazio

del
corsi
si

tempo,
secoli

come

se

prima della creazione fossero

senza principio e se fuori dell'universo

stendesse

spazio senza limiti. Questo grossolano fantasma del

volgo; non pensiero degno d'un

filosofo,

che non

con r immaginazione,
quello spazio e quel

con

la ragione,

dee vedere

tempo
i

essere

assurdi.
si

Che

lo

spazio reale in quanto

corpi sono e

estendono;

DELLA NUOVA CRITICA


il

77

tempo

esiste in

quanto

v'

qualche

cosa che

si

muove, o che almeno pu muoversi.


sono
finiti,

l'uno e l'altro
:

come

le

cose alle quali conseguono


in

hanno

poi unit nel

mondo,
alle

quanto misurato

lo spazio,

attendendo solo

dimensioni, senza badare alla di;

stinzione delle sostanze estese

il

tempo
e

misurato

da un supposto primo moto


al

continuo

uniforme,

quale coesistono

tutti

diversi movimenti.

Ma

non

V*

realt dello spazio fuori della reale estensione dei


:

corpi
si

non

reale

il

tempo fuor

dei veri moti che

vanno com^piendo

nelle singole parti dell'universo.


s

Se Kant
non

altro vuole, quella

forma

soggettiva,

dell' intelletto,

ma

della fantasia.

N un

alto ingegno, qual egli


i

pensava

di essere

e quale lo dicono

suoi fedeli ed altri ancora,


difficile nelle

do-

veva apprendere alcunch di


che
gli

antinomie

parean seguire
ai

alla posizione della realt cor-

rispondente

pensieri.
di
noi, per-

Non

ci

deve essere un mondo fuori


perch

ch conosciamo

soltanto le nostre impressioni.


sia,
il

Ep-

pure par che

ci

senso interno che ha

una sola dimensione non pu fingere questo universo


che ne mostra tre
!

Cos

egli
le

ma non

vero che

n sole n prime sian note

impressioni nostre, e

che da esse

arriviam

ragionando ad ammettere un
particolari

mondo, bench arriviamo a pi


sioni.

conclua lor

Ma

il

senso

l'

intelletto
:

intuiscono
si

modo

direttamente la realt

il

senso

porta a ci

78

ASSURDIT
lo

che realmente
di tutto

immuta

l'

intelletto intende

prima

un ente
gli

reale e vero in ci che gli sta in-

nanzi, e per
possibili,

ordine a quello

potr poi concepire

enti di ragione, le nature astratte.

L'argomento contrario poi una


tura,

ridicola

sconcia-

perch confrontare l'unica estensione successiva

tempo con le tre dimensioni della mole corporea come chiedere di che colore sia un grammo. verissimo che il senso interno non pu creare il mondo, ma non per e dee ricever le immagini dalle cose
del
:

quella sciocca ragione.


Il

materialismo, diceva Kant, non pu esser vero,


nostri atti

che
(fin

non
;

si

riducono a materia e a moto


porre reale lo spirito,
?

qui va benej

ma come

se eccede l'ordine dei fenomeni

si

Eh

rinunci per
intelletto
al

conseguenza a quell'assurdo principio che V

non apprenda
senso, e

in

alcun

modo

la realt

superiore

non

intuisca verit che

estendono a quaperch quest'

lunque ordine. Al maestro poi che non sa trovare,


che cosa
si

pensi
il

quando

si

dice
;

to,

io

non

che

soggetto

pensante

rispondiamo, che

cotesto 20 in quanto pensato, evidentemente og-

getto

del pensiero,

e cos

non ha ragione
s'

di sog-

getto pensante, bench con esso

indentifichi.

quan-

tunque

il

dir io sia atto della sola


si

anima

intellettiva,

nell'oggetto che importa,

estende a tutto l'umano

composto

poich sono

io

che vegetando vivo, e che


io

sento e mi muovo,

come sono

che penso.

Kant non sa rispondere, e annaspa sofismi, perch non sa ben dire se nell'universit degli enti comprende o non comL'universo

pot incominciare?

DELLA NUOVA CRITICA


prende Iddio.

79

certo che se per impossibile in qual-

che istante non fosse esistito affatto nulla, mai nulla


sarebbe venuto ad esistere.

Ma

Iddio necessario ed

eterno die principio all'universo creato, con la misura


di

tempo
e'

e di spazio che volle.


;

Prima

del

mondo

tempo ma prima del tempo e' era l'eterfuori del mondo corponit, realissima come Dio reo non e' spazio, ma nulla. Se tuttavia volete
non
era
;

chiamare spazio

la

pura possibilit

di estensione, dite
infinito

pur che

e' ,

e immaginatevi

un negro

Le
plici,

realt costitutive di
?

qualunque cosa sono sem-

o tutte composte

Evidentemente bisogna

giugnere a principi
dividendo
il

semplici,

ma non
si

ci

si

arriva

continuo, che sempre

pu geometricariduca a punti.
;

mente

dividersi,

senza che la linea


in

Su
la

di

che potremmo trattenerci

sottigliezze

ma

questione fu trattata da molti secoli, e Kant poteva


sofisti

studiarla nei vecchi

di

Grecia. Poteva inten-

dere anche da s che la semplicit dei principi dell'ente tutt'altra

da quella del punto, che ha posi-

zione

ma non

estensione.

Son semplici quei


la singolare

principi,
;

come
nulla

irreducibili per analisi ulteriore in altre entit

hanno che

fare

con

composizione

del continuo.

Non
lont di

vero che

la

causa libera distrugga

le

leggi

di natura.

La prima cagione, eh' la liberissima VoDio, costitu essa medesima la natura; noi
esercitiamo
le

liberamente

nostre forze
esse.
la

secondo

le

leggi poste, e
raltro
lui

non andando contro


edifica

Vero

pe-

che l'uomo
;

una
far
l

casa,

quale senza

non sarebbe

ma, e nel

'edificio e

dopo, tutto

8o

ASSURDIT
infine le piccole

procede naturalmente, n
stre

opere no-

turbano l'ordine mondiale.

Non
cose non

vero che ripugni

un Essere necessario come*


l'essere alle

principio del
si

mondo, che Iddio dando


mut,

ma

eternamente

Egli lo stesI

sissimo che sarebbe se nulla fosse fuori di Lui.


stri

no-

scolaretti

sanno sciogliere

le inestricabili antino-

mie kantiane!

E
Kant;

l'esistenza

di

Dio

si

pu provare?
prova

No, dice
al

perch

la

miglior

s'appoggerebbe

principio di causalit,

del quale noi siam certi sol-

tanto nell'ordine contingente e sensibile.


si

di

che

risponde che

la limitazione assurda,

perch quel

principio manifesto nella ragion di ente, che tra-

scende ogni ordine.

No, dice
che
ogjiz

il

Kant

nuovo

perch
pe'fetto.

si

supporrebbe

essere necessario

Di qui segue
rigettato

qualche essere perfetto e neco-

cessario. Si viene cos all'argomento ontologico,

munemente
mente.
fetto
il

e di pi, essendo

perfetti tutti

uguali, ne viene che ogni perfetto esiste necessaria-

tutto ci rispondiamo che dall'asserir per-

necessario non segue la sua reale esistenza.


il

Poi, che

dire tutti
il

uguali
si
s'

perfetti,

sofistico;

perch,

se

perfetto
;

prende assolutamente,
di
perfetti

unico
al
re,

come Dio

se

intende

relativi

loro ordine
e

finito,

quell'uguaglianza da nega-

No, dice Kant la non ne segue nulla. terza volta perch non s' intende che un Dio potente e buono permetta tanto male nell' universo, quanto
;

ne vediamo.
a chiarire
il

Kant non ha mente che basti mistero, accetti il lume che da' Sommi
se
il

Ma

DELLA NUOVA CRITICA


Dottori
gli

8l

pu venire
gli

dai grandi Agostino e

Tom-

maso, che
difetti

dichiarano
nelle

come

la

permissione dei

e del

male

creature convenga alla Sa-

pienza e alla Bont

infinita,

mentre necessaria

la

contrariet tra gli agenti corporei, e parimente la defettibilit

nel libero arbitrio

nostro,

per trarre dal

male permesso maggiori vantaggi, per ottener molti


beni che altrimenti non
vittoria senza
s'

ci

sarebbero,

come non

e'

la
si

pugna.

Vero

che tutto ci non


promesse,
le quali

intende se non

mira

alle eterne

cos dal presente disordine

sono confermate.
il

Da
e,
'

tutto questo

vediamo che per quanto

Kant
;

volesse parer singolare,

come Copernico
seguace di

inaspettato

dopo aver rinnegata


di

la metafisica degli Scolastici,

sdegnasse d'esser detto


ticismo,

Hume
di

nello scet-

Protagora

nell'

idealismo,
nel

Locke
sistema

nel
gli
filo-

sensismo,

raccoglieva

di fatto

suo

errori di tutti questi e


sofia.

rendeva impossibile ogni


al

Qual peggiore sensismo che attribuire


la facolt di
all'

solo

senso

percepire

ci

che veramente,
?

lasciando
'

intelletto quella di

sognare a sua posta

Ma
et

d'altra parte,
i

se quelle

prime determinazioni che

hanno
ziente,

corpi nello spazio e nel

tempo (proprio Vhic

nunc degli antichi) sono forme soggettive del senda


lui

proiettate fuor
nella
?

di s,

ma non
pel

vera-

mente percepite
oggetti del

realt,

che resta
l'

di tutti gli

senso

Nulla, e

idealismo,

quale

come
nulla

dice Protagora, l'essere sta nel parere, e tutto

vero ci che ciascuno apprende tanto pieno, che


si

pu aggiungere:

n Fichte, n

Hegel eb-

bero da fare altro che raccogliere l'eredit del mae6

82

ASSURDIT

stro (^),

bench come discepoli alquanto indipendenti.

cos niente

manca

al

totale,

al

pi radicale scetti-

cismo, dovendo dubitare di tutto, e di ci che sen-

tiamo e

di

ci che

intendiamo e di qualunque as-

sioma anche evidentissimo.

1
Q) Al Kant dispiacque d'esser detto idealista e confut
l'idealismo nella 2^ ed. della Critica della ragione. L'appa-

renza sensibile, egli disse, non ha- alcun valore oggettivo:

ma

fenomeni non

ci

appaiono se non

in

quanto son

legati

da leggi universali e necessarie: ora questo criterio mas-

simo d'oggettivit. Cos egli ma come lo sa? E se le leggi sono soltanto nel soggetto senziente, determinato a mutarsi Di con tal ordine, che resta fuor di lui che sia vero? nuovo argoment in questa guisa La serie delle nostre apprensioni nel tempo; tutto si va cambiando. Bisogna dunque che insieme con la perpetua mutazione di noi stessi ci sia qualche cosa di permanente, come termine di confronto per le nostre mutate disposizioni. Adunque la coscienza della mia esistenza insieme una imm,ediata coscienza ma che mai dell'esistenza d'altre cose fuori di me. Cos egli raziocinio? Vi si suppone che fuori pu trarsi da siffatto di noi meglio che in noi possiamo trovare qualche cosa di permanente, per poter conoscere in paragone ad essa racchiuse molte ipotesi iril nostro cambiamento. Qui son ragionevoli. Perch le cose esteriori saranno sottratte al tempo meglio di noi stessi ? Ma dato che questo sia, che vale l'esistenza di coteste stabili cose, se non le conosciamo quali sono in s medesime, sibbene per le apparenze che a noi ne vengono? E queste apparenze costituiscono appunto la nostra perpetua mutazione. O perch non p* tremo accorgerci del mutar che facciamo, sentendo la differenza da uno stato all'altro? Kant quel giorno ebbe l'estro ma davvero non ne trov di provare una buona tesi
;

il

bandolo.

DELLA NUOVA CRITICA

83

La ragione

pratica impotente,

A
ci

tanta rovina

tent

il

Kant

di porre

qualche

riparo con la sua dottrina morale. Infatti la coscienza


obbliga, per riguardo alla dignit dell'umana peril

sona, di operare secondo

dovere. Qui sta

il

mas-

simo bene, n

v'

cosa buona nell'universo che possa

mettersi in paragone con la

buona volont. Cerche-

remo dunque d'attribuire all'ordine morale la massima perfezione. Ora questa sembra esigere, che insieme
con
la

rettitudine della legge

si

ottenga

insiema la

felicit.

Qui
la

non l'abbiamo;
renda

dunque
Tal

oltre la vita.

Giova dunque ammettere un'anima immortale e un

Dio che

felice.

il

pi

decisivo

argomento del Kant


verit,

in

favore di quelle due grandi

che d'altra parte giudic inconoscibili.


si

Di che

alcuni cattolici gli

protestarono riconoscenti, e se

ne chiarirono
lui

ammiratori e seguaci,

dicendo che a

la religione

va debitrice d'una nuva apologetica


efficace

e d'una

dimostrazione

del

libero

arbitrio,

dell'anima immortale, di Dio. Quale illusione!

Che

dalla coscienza d'essere obbligati

ad una legge

inviolabile

l'uomo

sia

portato a sentir l'esistenza d'un

divino Legislatore, e insieme la necessit d'un fine,


a cui,

serbando quella

legge,

arriveremo;

che poi

questo fine non debba riporsi altrove che nell'oggetto

adequato dell'intendere e del volere,


nostre operazioni toccheranno
il

ove

le

ottime

loro ultimo

compiquale
ci

mento

e cos anche nell'ordine


la retta

morale,

al

sentiamo legati,

ragione ritrovi Iddio, Autore

84

ASSURDIT

e Fine della legge e della

tendenza

al

bene,

come

d'ogni realt e perfezione; verit nobilissima, ben-

ch non

offra la via pi certa

per provar rigorosa-

mente Iddio.
morale
dere
s

Ma

appunto

il

Kant concep
s

la

sua

in

guisa da renderla impotente

a conchiuSi ostin

a pensare qualsiasi vera divinit.

ad insegnare

che l'essenzial motivo d'operar retta-

mente e quello che


tanto migliore,

quanto pi resta solo e puro


il

dovere.
;

A
lo

questo dovere

in-

neggia come ad una divinit


un'astrazion
della

riguarda poi o come

mente, o come una convenienza

fondata nella dignit dell'umana persona.


di volo

Diciam
nel

(poich
i

l'argomento fu
quali se
la

discusso

omai da

molti

filosofi,

hanno senno s'accordano


cos

giudizio),
sia

come
e

base

assegnata alla morale

inferma

insuficiente.

Non
o

per

riguardo ad
dovere, o

un'idea

puramente

astratta,

chiamisi

chiamisi umanit, siam noi tenuti efficacemente a ser-

bare una legge severa e


sacrificio sino alla

dificile,

talora anche di gran

morte.

quella convenienza

non

potr intendersi altrimenti


di

che a mo' di un ordine,


:

uno splendore,

di

una bellezza morale

cose tutte
tale

pregevoli,

ma

d'un pregio misurato, n per

che

in ogni caso e a

qualunque costo possano obbligarci.


del dovere

Che

se

pensiamo all'ultimo fondamento

kantiano, posto nella persona

umana

in astratto esso
;

non ha vera esistenza


e per

in

concreto siamo noi stessi

non ad

altri

che a noi siam tenuti di operar

rettamente.

Ma

la

nostra persona non certo deter:

minata

alla rettitudine

e,

se

non abbiam superiore,


legge, n la legge

potremo dispensar noi

stessi

dalla

DELLA NUOVA CRITICA


avr forza pi
di quella

85
:

che noi vogliam darle

tutto

rimane

instabile e incerto.

Anzi, chi ben consideri, la nuova morale una

grande immoralit per

la

superbia di costituirci

norma
s

del bene, senza pi alta regola (^), legislatori indi-

pendenti da ogni altro, e fine ultimo a noi stessi

che riesce una vera idolatria dell'umanesimo, di che

abbiamo
Si

frutti nella

crescente empiet.
il

Kant maestro pi nobile, e guida a molti che omai sono il nauseati del fangoso materialismo, si vede come quei
vede poi nelle moderne scuole, ove
dotti

vadano brancolando,

se

avvenga loro

di

por

la

mano

su qualche cosa salda, che possa parere fon-

damento d'una
lo stringere

morale, e non la trovano, e vanno

tuttavia sognando, e

muovono

a riso o a piet, con


li

qualche ombra, che

illude

un momento
sfor-

e poi

li

lascia scherniti.

miseri ciechi non vedono


si

r immobile edifcio della nostra morale, a cui

zerebbero invano

sommi

geni d'aggiugnere un sol

punto
altro

di perfezione

o di sublimit;, e che pone ben


precetti,

motivo

a' .suoi

che non sia l'umanit

(^)

Ma non

forse vero che

dalla ragione

trarre la legge naturale?

E non

disse

dobbiamo bene Kant che pur


infine

chi volesse ricorrere a Dio,

dovrebbe
S,

regolarsi col

lume del suo

intelletto?

ma

in tal
ci fa

maniera, che la
promulgatrice

ragione finch procede rettamente,

conoscere che cosa


:

imponga
lata e

Iddio,

come Autore

della natura

della legge

imposta dal Creatore.

Dunque

norma rego-

forza

non suprema; e, quel che pi importa, trae tutta la d'obbligare unicamente dal divino Legislatore. Oltre
e'

a questo poi,

la rivelazione soprannaturale.

86

ASSURDIT

soggetta ad inganni e a peccati, ovvero dotte favole,

o inani astrazioni filosofiche; pone

la

parola

infalli-

bile e l'autorit infinita del Creatore onnipotente,

che

con
fine

la

legge dirige

la

creatura intelligente a S stesso


dal quale chi recede, ne-

supremo

e beatissimo,
si

cessariamente
ben altro
!

trova nel male estremo.

Oh

questo

Abbiam
Tornando ad
pratica

solo accennato alla nullit radicale della


il

morale kantiana, perch non era


esso,
e'

nostro argomento.

importa di dire
che
il

e basta

dirlo,

che chiarissimo

Kant
Infatti

della sua ragione

non pot

valersi per

conchiudere efficacemente
manifesto che

alcuna verit oltremondana.

facendosi la morale indipendente da Dio, riman tron-

cato alla radice l'argomento

che se ne poteva trarre


ossia

per conoscere Iddio legislatore,


e fine ultimo
della legge.

primo autore
la ten-

Ancora

manifesto che

escludendo dal miglior motivo di operar bene

denza ad un
e
felice,

fine ulteriore, in cui

l'uomo

sia perfetto

perde

efficacia
1'

ogni argomento che conduca

ad ammettere

immortalit dell'anima.
la

E
parar

non pu
le

ragione

pratica aver forza di

ri-

rovine ammucchiate dalla speculativa. Per-

ch di fatto

questa

avea reso

impossibile ogni

ri-

medio
verit.

al

male, avendo distrutto ogni fondamento di


diritto
di

Se non abbiam

asserir nulla che

non

sia

fenomeno, come possiamo accertarci d'esser

legati a

un dovere ^ che senza dubbio


?

s'

innalza sopra

l'ordine sensitivo

l'umanit com' in s stessa,

base e regola dell'obbligazione, perch dee sottrarsi


all'ordine dei

numeni

inconoscibili?

se l'ingenita

DELLA NUOVA CRITICA

87

ed invincibile inclinazione dell'animo a tener veri e


ontologici
diritto
i

principi che paiono necessari


;

non

ci

a tenerli per tali

perch attribuiremo mag-

gior verit alla

comune persuasione d'un obbligo che ci costringe all'onest? Non si capisce davvero come uno possa dire: Son veramente costretto ad asserire che ogni effetto domanda una causa proporzionata,

ma non ne
Son
stizia;

so nulla

non possa dire ugualmente

costretto a confessarmi obbligato di serbar giu-

ma non

ne so nulla, n forse oggettivamente

c' giustizia alcuna, n veruna legge reale.

Dunprin-

que pel Kant


arbitraria,
cipi

la stessa

morale tutta ipotetica,


:

tenuta

da chi vuole
tutta
si

e secondo

del suo bel sogno.

sistema

pu respingere come
e

un

Saranno dunque ugualmente ipotetiche


le

dubbiose
potr

conseguenze che se ne voglian trarre!


che
un'ipotesi la libert,
la

Non

essere

certo

non pi
altri
li-

ferma che

realt del

dovere a cui presupposta.


efficace

Che

in

maniera non meno

argomentano

molti dicendo:
bert resta
rale
rale.
;

La

libert

dubbiosa;
di

ma

senza

assurda

ogni idea
il

dovere e di moe'

dunque

dubbioso

dovere, e non
cessa
di
:

mo-

Non

e'

morale, perch

obbligarci

efficacemente un dovere che non certo

posso per-

suadermi che non

esiste,

non mi

lega.

Anzi non
maestro
:

male diranno

men

docili e pi

logici discepoli di

Kant che

la libert impossibile.

Insegna

il

che l'ordine dei fenomeni


voleva intatte
del
la

tutto
la

necessario
fisica,

egli

matematica e

sole

norme

mondo

corporeo.

Ma

dove esercitiamo, e dove

88

ASSURDIT
la libert,

mostriamo

se

non

nelle azioni che

hanno

termine nell'ordine dei fenomeni, o usando delle cose


materiali, o nelle sensibili relazioni

con

le

persone?
li-

Se qui non siam


ficaci.

liberi,

resta che

esercitiamo la

bert nei soli interni desideri,

sterili

in tutto e inef-

Ma

se anche

quelli

vanno

uniti

ad

affezioni

sensitive, legate alla materia, e

per necessarie, anche

di qui cacciata, e

dove
si

si

rifugia la

povera libert

kantiana

Rimane che

disperda nelle nubi, come

un fantasma ed una chimera.

curioso infatti di

vedere come
in

pi ardenti
si

ammiratori di

Emanuele Kant
afflitti.

questo punto

mostrino disgustati ed

Si lamentano che d'un


il

argomento
trattato
s

importante e

difficile

maestro abbia
il

poco, e dopo aver accennato

suo penparti,
la

siero

che nell'uomo

composto
i

di

due

parte materiale,

ove sono

fenomeni,

tutta sog-

getta a necessit, la parte superiore dei 7iumeni

pu

forse senza ripugnanza ritenersi libera di dar principio a

una nuova
s

serie di azioni,

non

crede ne-

cessario svolgere

nuova

dottrina, n

sciogliere le

evidentissime difficolt, n aggiungere alcuna dichiarazione. Di che gli ingenui


s'

si

meravigliano.

non

accorgono che
dire,

il

maestro tacque, quando non sa-

pea che
poteva,
satori.

n s'accinse a spiegare quel che non


del resto fanno tutti
i

come

prudenti

chio-

inutile

aggiungere
secondo

che tanto pi restano

in-

certe le conclusioni solo probabilmente e


cessit legate,
il

non

di ne-

Kant, con

l'

idea

del dodi forte

vere

anima e Dio.

sarebbe argomento

DELLA NUOVA CRITICA


confutazione quello

89

che poi

and

il

maestro ragioin

nando intorno
volle fondato

alla dignit
il

dell'umana persona,

che

dovere, e intorno
felice
il

a Dio che giova

ammettere,

per far
Oltre

chi

ha

serbato in questa
di chi

vita l'onest.

ridicolo

ragionamento

procede indovinando, senza aver mai sicuro principio,


e contraddicendo praticamente a ci che

speculando

ha

stabilito,

v'

un doppio peccato
che Dio solo
la

d' idolatria e di

bestemmia. L'idolatria consiste nel trasferire all'uomo


ci

che divino

cagione e fonte

della legge,

non pure dando


dovere

norma

precetti,

ma

ancora imponendola con


il

la

sua sovrana autorit;


insupe-

per Lui solo

ci

stringe con forza

rabile in qualsiasi pi

ardua occasione e a qualunque


defet-

costo.
tibile

E dunque

idolatria trasferir nell'uomo


:

quello che proprio della divinit

essere con

la

sua dignit personale ragione e fondamento del-

l'obbligazione morale.

poi nuova bestemmia quella

di porre Iddio quasi a servizio della creatura, attri-

buendogli di dare a questa


di

la felicit,

come premio
una onest,
attribuir

un dovere non serbato

per Lui
alla

di

che per riguardo a se stesso e

propria dignit

l'uomo volle mantenere.


tanto a se stesso
felicit,

Se Lucifero os
dovesse

che

Iddio

dargli

piena

perch volle operare come angelo

sublime,

merit
struoso.

davvero

di essere

cambiato

in

Satana mo-

Dunque non
Kant
la

vero che

nel

sistema

di

Emm.

ragion pratica ristori

l'edificio

abbattuto dalla

speculativa.
bitrice a lui

Non
di

vero che l'umana filosofia sia deai pii

verun lume aggiunto

grandi

90

ASSURDIT DELLA NUOVA CRITICA

problemi.

Non

vero

che dal kantismo


gli

si

possa

trarre alcun

bene, se non in quanto


quelli di Kant,

errori pi
in

marchiani,

come son

mettono

guar-

dia ogni mente non in tutto guasta, e sono occasione


di

meglio appurare

la verit.

La

religione poi deve

piangere sulle anime superbamente traviate, e deve


detestar la bestemmia di chi dell'uomo fece un

nume
il

e rileg

nell'ombre

del

dubbio e

dell'

ignoranza

vero Dio.

-r^^

CAPITOLO
La nuova

IV.

critica confrontata all'antica

Credette
ritto
gli

il

filosofo

novatore di potere a buon dialta

eccitare

grande strepito ed accusare ad

voce

antichi,

perch nel loro dogmatismo fossero pro-

ceduti alla cieca, senza rendersi ragione del lor pensiero,

bonariamente accettando da un moto


suggeriva,
alle

istintivo

della natura tutto ci ch'essa

accor-

gendosi delle molte


si
il

illusioni,

quali

poche verit
finalmente

frammischiavano d'ordine logico.

Da

tanto inganno
il

nuovo

e migliore

Copernico

liber

genere umano!

Ma

purtroppo all'indebita accusa


i

e all'orgoglio del maestro consentono


miratori.
tenti
il

seguaci

amat-

Che dico
ci
il

divenuto fra molti,

poco
il

raccoglitori dei sensi altrui,

comune

dire che

Kant

ha insegnato a

riflettere

su noi stessi, e
dottrine
;

a pesare

vero valore delle


cattolici,

nostre

anzi
di

non pochi

avvelenati da

qualche

dose

kantismo, danno ormai per cosa impossibile che debba

ancora tenersi in pregio o in conto di vera

la

dot-

92
trina
colo,

LA NUOVA CRITICA

medioevale

e,

per essere o parere del loro se-

ammettono

di

dover temperare con una

critica

pi accorta l'eccessiva fiducia degli antichi nei loro

ragionamenti.

Diciamo invece che prima e grande


di

ingiustizia

Emmanuele Kant
come

fu quella di riputarsi e dirsi au-

tore

non preceduto da alcun


molto

altro nel far la

critica

della ragione,
si

se nei secoli antecedenti

non non

ci
ci

fosse pensato

attentamente, e
lui.

altri

fosse riuscito molto meglio di

Al contrario,

la

vera critica della ragione fu condotta

da Aristotele
ingegno

e dagli Scolastici a tal perfezione, che nei tempi posteriori

pot forse avvenire a qualche

felice

d'apportar lieve giunta nell'una o nell'altra particolare questione,

ma
la

dovr ognuno riconoscere che nel


fu

suo complesso

grande opera

gi a meraviglia

compiuta. Or, prima di cercar

altro, necessario

im-

padronirsi dei tesori di verit gi raccolti, e disprezzarli


stoltezza di chi

mai non
il

li

conobbe e parla

di quel

che ignora e rinnega


Critica vale lo
dicio
:

buon senso.
che
discernimento o giunella sua na-

stesso

criticar la
atti

ragione giudicarla
suoi.

tura o negli
la

la

natura e

gli atti

qui sono

stessa cosa, in quanto la ragione facolt opera-

tiva,

che

tutta,

quanta

, si

manifesta nell'operazione.

Or
il

l'operazione pu considerarsi in ordine a due ter:

mini

al

soggetto onde procede e all'oggetto


si

verso

quale

porta.

Doppio per conseguenza


principio, o

lo studio

degli atti operativi, considerandoli o secondo l'entit

che hanno nel loro

secondo

il

modo

l'ordine nel portarsi fuori di s.

Riguardo

agli atti

CONFRONTATA ALL'aNTICA
dell'anima, fra
pi sublime,
psicologia.
il
i

93
il

quali l'intellezione occupa


de'

posto

primo

due studi gran parte della


l'

Nessuno che sappia

indice

dei

libri

di

Aristotele e delle questioni di

San Tommaso,

e abbia
fatti al-

avuto qualche sentore degl'

infiniti

commenti
alla

l'uno e all'altro, dir che dagli Scolastici

sia

stata

trascurata cotesta parte


e

nulla

manca

profonda

minuta
di

analisi ch'essi

istituirono

del

concetto di
vitali (^).

vita,

anima, di facolt e di operazioni

L'altro studio considera l'atto intellettivo (degli altri

or non c'importa, se non in quanto

si

ordinano a

quello), e s'adopera a cercarne la proporzione all'og-

getto, quindi gerlo,


il

il

modo

di portarsi

ad esso e di

attin-

progredire da cognizioni imperfette ad altre


il

migliori,

dargli in se stesso

una

forma spirituale

(^)

quei moderni
nella

delle

Cogliam l'occasione di avvertire come s'ingannino quali credono di aver guadagnato molto conoscenza dell'anima, disdicendo lantica distinzione potenze vitali e tutto riducendo a maggiore unit,
i

com'essi dicono che


s'

la

coscienza

gli

assicura.

poveretti
fosse
assai

immaginano che per gli scolastici ciascuna facolt uno spiritello sussistente e operante da s; paiono
lontani dal concepire

una qualit

distinta dal soggetto,

ma

non dotata

di sussistenza propria,

per operativa per

s sola, bens reale ed esistente ed operante in quanto

formale principio per cui costituita


rare la sostanza vivente, o, se
si

capace

di cos

ope-

tratta di facolt spirituali,

l'anima sola. Essa medesima, la sola anima, intende e ra-

giona e vuole

essa principio di senso esterno ed interno,

e d'ogni atto che nell'uomo.

Ma come

esser caldo non

la sostanza del ferro, n l'esser duro,


rato,

bench
il

cos

n l'essere coloforme vivente per varie potenze opera in diversi modi.


il

ferro stesso sia tutto questo per varie

94

LA NUOVA CRITICA
riflettere

o astratta, la facolt di
scernere ci che

sopra di

s,

per di-

veramente oggettivo da ci che


aggiungesse di soggettivo, l'ordine

per avventura

si

che

gli

atti
:

debbono seguire per giugnere certamente


le

alla verit

quali ricerche in parte ancora son psiall'ordine

cologiche e

spettano

reale

in

maggior

parte costituiscono l'analisi logica. Guai a chi osasse


dire che quest'analisi

non

fu svolta

accuratissimamente
quali selve o

dagli antichi

gli

chiederemmo da

da

che grotte sbucato.

Ma

il

far quest'analisi
;

preil

cisamente far la critica della ragione


valore obbiettivo e reale; assegnar

misurarne
le

condizioni

per essere

certi

del vero

discutere quel

problema
ci

che

il

solitario di

Knigsberg diceva d'avere escoqual

gitato e proposto pel primo, dandosi per


ristoratore della filosofia.

Sar
rare,
il

sciolto,

per

quanto

si

pu
se

fra noi
si

deside-

problema della conoscenza,


:

risponde alle

seguenti questioni
1.

In che consiste

il

conoscere?
essere oggetto del

2.

Pu l'umana conoscenza
?

nostro studio
3.

Qual l'oggetto dell'umana conoscenza

4.

Com' Deve

vero

che

il

nostro intelletto dipende

dal senso?
5.

esser

primo

lo studio dVenfe

o quello

della conoscenza ?
6.
la

V
?

qualche disposizione soggettiva, di che


l'oggetto, e che a questo

mente veste

non

si

deve

attribuire

CONFRONTATA ALL'ANTICA
7.

95
della

Qual'

la

perfezione

propria

cono-

scenza, e

come veniam meno da essa ? Vediamo che risposte a tali questioni abbia date
e che cosa abbia potuto dire

l'antica Scuola,

Emma-

nuele Kant.

Che cosa

conoscere

Non
l'entit

per

ora

argomento

della

nostra

ricerca

dell'atto conoscitivo,

determinata come dialla

cemmo

dal soggetto

onde procede; guardiamo


che sta nel

ragion formale di conoscenza,


riferirsi all'oggetto.

modo

di

un'operazione direttamente madi conoscere,

nifesta,

in

quanto ognun che conosce sa

e sovratutto chi intende sa d'intendere e

che

cosa

intende.

Ma

com'

facile

e intuitiva

cotesta

prima
con

nozione, cos
altri

difficile

una dichiarazione,

che

concetti pi noti e pi semplici spieghi che cosa

sia conoscenza.

Certo non

si
il

dee aspettare una progenere e


la differenza
;

pria definizione, assegnando

poich trattasi d'un nuovo

modo

d'attualit,

che doble

biamo esser contenti


logie con altre
relazioni,

di descrivere, di

ponendo

ana-

maniere
le

qualit o d'azioni o di
s

affermando

convenienze e limitandole,

che non producano errore o confusione. che


il

Or diciamo

conoscere un riprodurre

la

cosa conosciuta
;

nel conoscente,

formandone vitalmente un' immagine


e

ovvero diciamo che la conoscenza


zione vitale e intenzionale

una rappresentadell' oggetto. E una rapprenel

sentazione o un'

immagine che riproduce l'oggetto

96

LA NUOVA CRITICA
,

conoscente

poich

tutti

senza eccezione questo inten-

dono quando dicono


con
si

di conoscere;

intendono di pensar

la

mente o

di esprimere a parole la cosa, a cui


in

riferiscono,

com'essa disposta
l'uomo,
in

medesima.
lo

Dicono

di conoscer

quanto se

rap-

presentano composto d'un doppio principio spirituale


e corporeo,

come

di
in

fatto

l'uomo composto
le

di

conoscer

la pianta,

quanto

attribuiscono

uno
in

svolgimento organico che essa realmente

ha
si

se

medesima.
che
il

anche nel

solo

concepire,
nulla

pretende

solo pensiero, bench

affermi o neghi,

corrisponda a qualche oggetto, e a quella cosa pre-

cisamente che da

tal

pensiero

rappresentata

in

quanto
o
la

la

stessa

forma o

la stessa
,

ragione essenziale

qualit

medesima che

e che

pu

essere in

qualche cosa, nell'intelletto concepita o pensata.


Cotesta rappresentazione vitale
in
,

perch consiste o

un

atto operativo, o ancora in


(il

un termine
i

intrin-

seco di quell'atto

verbo mentale),

quali riman-

gono nel soggetto onde emanano, come perfezione in che abbiamo la pi vera e prodel medesimo
;

fonda concezion della


nale,

vita.
l'

Poi detta intenzio-

per significare che

immagine qui considerata

non importa alcuna somiglianza entitativa, s che il conoscente prenda un modo di essere materialmente
simile all'oggetto conosciuto; anzi fra l'intelligente e

r inteso corre

tal

maniera

di

convenienza,

che non

tocca la fisica realt, e consiste in una proporzione


fra
i

due termini, che


al
:

rimanendo
mostrano

in

tutto

diversi

quanto

modo

di essere,

la stessa

ragione
costitu-

essenziale

l'oggetto avverandola nella

sua

CONFRONTATA ALL ANTICA


zione com'ente di
in
tal

97

natura, l'intelletto rinnovandola

s col suo atto, che


si

un tendere all'oggetto,

cui

riferisce

come

a termine dell'operazione, e cos

diviene iitenzionabnente ci che la cosa entitativa-

mente.

se a qualcuno par difficile questo


alla

modo

di

dire, torni

coscienza che ha dell'interno operare,

e s'accorga che tutto vero quel che


serito,

abbiamo
del

as-

n altrimenti pu

rendersi

ragione

suo

conoscere, n meglio svolgere quanto del resto tutti

sanno, doversi intender l'oggetto,


in se stesso.

come l'oggetto
trae l'Angei

Da
lico

questo

concetto

fondamentale

due magnifiche considerazioni, che


veda quanto attentamente
il

discepoli

accolsero
affinch
si

bramosamente, e che giover accennare,


gli

antichi ab-

biano studiato
In

problema della conoscenza.


il

due maniere, osserva

santo

Dottore, una

cosa pu dirsi perfetta. Prima secondo l'attualit del

suo essere, determinata dalla sua ragione specifica.

Or
si

questa ragione, che nelle diverse- cose diversa,


limita cos da lasciar

mancare a ciascun soggetto


pi alte.

tanto dell'assoluta perfezione, quanto se ne accoglie


in tutte le altre nature, specialmente nelle

Ogni ente
a
tal

finito

adunque dee

dirsi imperfetto,

come

parte di quel tutto che l'universo.


restrizione qualche

Ma

per mettere
nelle cose
la

compenso, trovasi
quanto
in

un'altra maniera di perfezione, in


eh' costitutiva d'

forma

un soggetto pu

altro

modo

rinnovarsi in un altro, che in s la prende mediante


l'esercizio d'
la

una sua speciale

attivit,

senza offendere

propria natura n mutarla. Tal la perfezione del


7

98

LA NUOVA CRITICA
l'

conoscente, ond' che


nire ogni cosa,

anima

fu detta

poter divetutto.

come

quella che

pu conoscere
che
in

per

siffatta

guisa possibile

un soggetto
l'anima

s'accolga la perfezione di tutto


sar perfetta appieno,

l'universo:

quando

l'ordine universale sia

tutto in lei rappresentato.

Tuttavia

la perfezione

d'una cosa non pu

tro-

varsi in un'altra secondo l'essere determinato che nella prima. Affinch

ha
dai

dunque possa estendersi ad

altro

soggetto, bisogna

trovar

modo
Ora

d'averla
le

libera
le

principi che la restringono.


fezioni delle cose

forme o

per-

sono
si

ristrette

per via della materia.


alla

Dunque
questa.

la

materia

oppone

conoscenza e

biin

sogna elevarsi sopra quella o uscirne, per entrare

Con
gli

l'elevazione del senso sopra la materiale

concrezione

incominciamo ad

attingere

in

qualche

modo

oggetti esteriori, percependone alcune di-

sposizioni o qualit, ond' colpito e

immutato
si

l'or-

gano sensitivo
nuta.

questo a suo

modo

risente

della

ricevuta impressione, riferendosi al corpo ond' ve-

Ma

perch l'organo stesso

materiale,
l'

non

tocca con la sensazione in guisa alcuna


stituzione del suo oggetto, ossia
la

intima co-

non pu riceverne
si

forma costitutiva
le

soltanto ad essa

proporziona

con

varie passioni e secondo le misure individuali,


dall'altra, e serve a reg-

onde ben discerne una cosa


gere
la

vita animale.

Ma

l'oggetto

medesimo
diventa

nella

sua costituzione e nella sua entit


bile appieno,

conosci libero

e allora intelligibile

quando

dalla materia. Similmente, se attendiamo all'oggetto,

non sono

in atto intelligibili

corpi,

come sono

con-

CONFRONTATA ALL'aNTICA
creti

99

in se stessi

le

loro

forme, appena trovinsi


dell'anima.

astratte per

una
anche
;

virt spirituale
il

Quindi

viene
dalla

che

conoscente
se

debba esser libero


non po-

materia

poich

fosse materiale,

trebbe

ricevere

perfezione

alcuna, se

non determicon che non


tale, che, es-

nandone
l'avrebbe

e concretizzandone l'attualit,

come

conoscibile (ossia
d'

come

sendo naturai perfezione


in altre),

una cosa, trovasi anche


ferro riceve
ai

ma

piuttosto la riceverebbe qual forma che

determina
fuoco.

l'ente,

siccome

il

il

calore del

Errarono quegli

antich'ssimi
la

quali parve,
si

come ad Empedocle, che


per essere
conosciuto
nel

conoscenza

compisse

conoscente
dissero

una parte materiale del


conosciam
la
il

che

terra resto
;

per

una porzion

di terra eh' in noi, e cos


il

male pensando che

conosciuto abbia

l'

essere nel

conoscente alla stessa maniera che nella propria realt, n avvertendo che anzi la

maniera tutta diversa.


ricevuta nella materia

Dobbiam

dire che la

forma

ed ricevuta nell'intelletto;
agente, e concretamente, e
il

ma

il

modo
e

tutt'altro.
d'

Nella materia, eh' passiva, per esterna virt

un

mutando

determinando
senza

soggetto a

tal

natura; nell'intelletto, eh' operaattivit, e spiritualmente, e

tivo,

per sua propria

lederne la propria maniera di essere.

Onde abbiamo
il

che sono

in tutto e

direttamente opposti l'essere ma;

teriale e l'essere conoscitivo


d' immaterialit,

e che secondo
la

grado
dalla

ossia

secondo

lontananza
materia

potenzialit, eh'

massima

nella

prima,

nelle nature l'attuale

intelligibilit,

ed

la

potenza

lOO
conoscitiva.
q.
Cf.
I.

LA NUOVi^ CRITICA
de Veritate q. II art. II
;

S. th. p.

I,

XIV
Ecco

art.
i

due sublimi pensieri dell'Aquinate


s,
;

Il

co-

noscente trae a

o in s rinnova, la natura degli


e
:

oggetti conosciuti

l'ordine conoscitivo procede in

ragione inversa della materialit.


scente
le

Sono
il

nel conoe la per-

cose conosciute, secondo

grado

fezione con cui quello arriva a riprodurle in se stesso:

nobilitando

le

inferiori,
;

quanto

all'attualit di
s

questa

medesima riproduzione
quanto
al

diminuendo

le superiori,

concetto che resta

inferiore, limitato alla

spiritualit e alla virt dell'intelligente;

ma

correg-

gendo
se pur
scere.
letto

col giudizio riferito all'oggetto

la

differenza,

e cos attribuendo alle cose ci che loro

conviene

non

s'

inganna, con che vien


le

meno

dal cononell' intel-

Perci

cose materiali prendono


alto

un modo pi
;

che non hanno nella concrela

zione corporea
sia in se

meglio che
nella

volta

stellata

non
sa-

medesima,

mente che giunge a


In s
esiste
di

pere come quella sia costituita.


rialmente, inconscia, dotata

mateunit,

una

minima

quanto minima
per
la

l'attualit della posizione


le
:

relativa,

quale s'adunan

parti

nella

variet e nel-

l'armonia meravigliosa
e tutta accolta in

nell' intelletto

spiritualmente

un semplicissimo
ordine

atto

molto pi

perfetto nella sua entit, e di s consapevole e pieno


di letizia

nel

contemplar
gli spazi

1'

universale e nel

riunire

non solo
e
i

immensi,

ma
le

anche

se-

coli passati

futuri,
nell'

e nel pensar
le

origini e lo
il

svolgimento, e

assegnarne

vicende, e

ter-

CONFRONTATA ALL ANTICA


mine a cui tutto corre. Cos
e in s

lOI

l'intelligente

trae a s

meglio rinnova l'universo.


la radice di
s

Dov'
materia.

nobile facolt
dell' atto,

Nella

illi-

mitazione della

forma,

ossia

libero dalla

La materia
:

restringe,

come
il

legata alle misi

sure quantitative
coli

convien che

soggetto

svin-

da cotesta concrezione, per potersi attuare nelle


altrui
;

forme

nella

misura che sopra

di

essa

si

eleva cresce la facolt di estendersi alle cose da s


distinte.

Incomincia questa facolt nell'ordine sensiin

tivo

ove r organo,

quanto

materiale,
in

patisce
ani-

l'impressione dall'oggetto esterno

quanto
si

mato, reagisce pi altamente che non


lo

faccia per

scambio

di
si

energie corporee nel regno inferiore,


riferisce
al

mentre esso
mutazione,

principio

della

sua
di

ims.

come ad oggetto percepito


usciti

fuor

Ma

perch non siamo


fisicamente

con questo dal genere


alle

dei corpi

soggetti
libera

diverse

qualit,

quella percezione
materiali e per

non

ancora dalle condizioni


in al-

non giunge a rappresentarsi


la

cuna guisa r essenza o

natura dei corpi, o nep-

pur r intima costituzione delle qualit immediata-

mente

sentite.

Quando

invece

si

tocca

una entit
l'essenziale

sussistente senza materia, subito tolto

impedimento. L' infima forma che


siste,

in

tal

modo

sus-

anima umana

1'

infima

senza
si

dubbio,

perch nella sua imperfezione tanto


materia che nata a comunicarle
e a
la

avvicina alla

sua sussistenza

compir con essa una natura e un principio di

operazione.

Eppure

eccola,

appena elevata sopra


pure
le stesse

la

materia, intelligente.

Come

forme cor-

I02

LA NUOVA CRITICA
intelli-

poree, appena astratte dalla materia, eccole


gibili,

e costituire l'oggetto proprio dell'umana in-

telligenza.
spirituali,

Ma

se

vogliamo sorgere
le

alle

nature pi

mentre noi
trarle al
;

penseremo^ non potremo fare


nostro di conoscere e con

meno

di

modo

ci le

diminuiremo

senonch, questo pure sapendo,

giudicheremo esser quelle pi perfette che noi non


arriviamo ad intendere, e ne rimoveremo
i

difetti a

noi propri, e partendo dalle cose per s a noi


nifeste,

male
si

concepiremo

le

pi alte per analogia con

prime, pi a noi proporzionate.


lungi dalla potenza, cresce
airinfinito,
l'

quanto pi

va

intellettualit,

che giunge

dove

l'atto

purissimo in Dio.

Alla

questione

c/ie

cosa conoscere ?
di

come pu
?

rispondere

un seguace

Kant, o che pu dire


dire

Stando
detta

alla

sua scuola, dee

che

1'

operazione

conoscitiva
fuori
di

porta un' intima tendenza ad aps

prendere

una qualche

realt o disposi-

zione di cose conforme a quello che


getto rappresentata,

par

nel

sog-

ma
1'

che l'affermare cotesta conesistenza d'

formit, o anche solo

un oggetto che un giudizio


ci

risponda

all'

atto interiore,

sarebbe

te-

merario ed irragionevole.

Non

ripugna che
?

sia

veramente
che

ma come

possiam saperlo
?

Ci fideremo

del naturale istinto che vi c'inclina


basti
;

Non

motivo

perch riflettendo, dobbiam riconoscere


atti
si

che cotesti

formano

nella ragione,
ci

secondo

la

natura della medesima, e per non

danno

diritto

CONFRONTATA ALL'ANTICA
alcuno a oriudicare che analogamente
sia

IO3

disposta

nell'universo esteriore la natura delle cose e la reale


necessit degli enti.
e

Vero

che

il

Kant ammette,
fra

non

si

sa

il

perch,
l'oggetto

qualche

corrispondenza

l'intuizione

immediatamente
quindi

posto in-

nanzi.
lui,

Ma

r intuizione diretta non


:

ammessa per
il

se

non nell'ordine sensitivo


cosa
dei

poter sa-

pere

alcuna

fenomeni

che

ci

appaiono.

Fuori dei sensi non c' oggetto presente alle conoscitive

facolt

dell'uomo
atto

queste dunque procedono

da

s,

n
di

il

loro

ha

proporzione con ci che

sembra
Cos

dover affermare.
e

pensa

ragiona

il

kantista
ai

notiamo
quale vo-

che anche quella concessione


arbitraria, per

sensi gratuita ed
il

un capriccio del maestro,


metafisica.

leva salvo l'onore delle scienze fisiche e solo abborriva

r antica
il

concessione
la

arbitraria,

perch
e del

Kant non ammette


dicendo
la

realt

dello spazio
:

tempo,

che sono forme soggettive

adunque n
apprese

qualit n la quantit dei corpi sono

da

noi

come stanno

in

natura, n perch

veruna entitativa realt dia loro fondamento. Siamo


noi che dettiamo le leggi all'universo, e che facciam
la

natura

esplicitamente

il

maestro afierm, deterl'indole soggettiva delle

minando ogni cosa secondo


nostre apprensioni.

Senonch
Infatti
riferirsi
il

tutto

questo pi che assurdissimo.


di

primo concetto
all'oggetto, in s

cognizione

importa un

formandone un'immagine.
lungi
dal volgo con

N
l'

questa da dire una speculazione recondita delo

Aquinate,

un

trattenersi

104

LA NUOVA CRITICA
il

Kant disprezza senza averne bene inteso alcun vero insegnamento la comune sapienza del genere umano, alla quale chi rinuncia pazzo. Che stando pure nella minima conoscenza,
quella metafisica, che
:

qual' la sensitiva, nessun

pu dubitare che

esista

veramente l'oggetto

sentito,

e che abbia proporzione

con l'impressione prodotta nel senziente, e avveri


tali

disposizioni quali pel senso sano nelle date cir-

costanze rispondono.

Riguardo poi

all'

intelletto,

le

voci usate di concetto, percezione^ apprensio7ie, e del


latino intelligere o intus legere, e del volgare capire

(capere), o pensare [pendere^

quasi chi valutasse

il

peso), stanno a mostrare che l'oggetto inteso

ri-

cevuto dalla mente, contenuto in essa, da essa


in s prodotto,

veduto

nella sua

intima

costitu-

zione.

Tal

il

primitivo

pensiero, e tal la pro-

fonda

espressione,

che
in

in

ordine

alla

conoscenza

intellettiva
in tutti
i

troviamo
:

tutte le lingue incivilite e

tempi

la filosofia dell'Angelico

anche qui

non

fece che illustrare e condurre a perfezione l'in-

genuo sentimento dell'umana

famiglia.

E
note.

privilegio altrui porre

per base della scienza


e delle
verit pi

la distruzione del

senso
la

comune

Cos pel Kant

proporzione dell'atto conoegli pone,

scitivo all'oggetto

non che un sogno:

come

principio senza dimostrazione, che l'operazione detta


conoscitiva, perch relativa
sentato, o attinto certo

ad un oggetto, o rapprein

come termine

qualche sua

ragione

essenziale

o prima o seconda, non altro

che un' impressione del soggetto conoscente, senza


alcun rapporto

con checchessia

di distinto.

Ma, se

CONFRONTATA ALL' ANTICA


questo fosse,
il

105

come pot sorgere


d'

nelle menti cui

umane
primo

primo concetto
in

una chimera, a
pensa o

nessuno po?

trebbe assegnare una precedente ragione

Il

che

ciascun

ordine

si

si
;

nomina, deve
il

essere

alcunch di naturale e di vero


per qualche

falso

pu

insinuarsi soltanto

apparente
di fatto

relazione
staccarsi.
la
fal-

con quel

primo,
l'

onde

viene

di

nuovo,

unica
di
le

maniera

di

riconoscere

sit

quella

confrontar

ci

che poi

si

viene

pensando con
rite.

nozioni prime, dalla natura suggeci fosse,

Nelle quali primitive nozioni se falsit


impossibilissimo
il

sarebbe

saperlo

mai,

perch
s

manca una norma pi


cipio d'ogni operazione.

certa a cui
la

confrontarle,

perch sarebbe cattiva e falsa

natura, eh' prin-

Non
1'

veder questo chiarisd' intelligenza.

simamente, aver perduto ogni lume

Eppure secondo
di

kantisti

umanit delira nel parlar


la

conoscenza, mentre fallace


;

prima nota

di tal

concetto
sione
;

nel porre per

fondamento una
qualche
cosa-

totale illu-

neir immaginar

non analoga a

nessun'altra che esista, o sia prima a noi manifestata.

Sentiamo invece che se


la

il

pensar nostro fosse secondo


senz' ordine

sua natura in s

ristretto
l'

ad alcun

oggetto reale, non mai


sato n

accennato a

uman genere avrebbe penverit o ad errore nemmeno


;

avrebbe potuto disputar d'una cosa che non sarebbe


venuta
dicio
;

in

mente, come
il

non suggerita da alcun


a volerci

in-

Kant sarebbe sorto

disingan-

nare, n di fatto peserebbe sopra di lui la

vergogna
1'

d'aver tentato una seduzione universale. Egli da parte

sua non ha studiato la conoscenza,

1'

ha negata,

ha

I06

LA NUOVA CRITICA
1'

troncata alla radice,

ha

fatta impossibile,
all'atto

V ha resa

anche impensabile, togliendo


zione oggettiva, nella
senzial

quella propor-

quale

consiste la propria es;

ragione

dell'atto
il

medesimo
di

a s e ad

ogni altro ha tolto

potere

corregger l'errore,

ripudiando quella tendenza

alla verit, eh' tutta la

forza d' una facolt intellettiva, e per affermare e per

negare e per qualunque giudizio.

Pu r umana conoscenza
essere oggetto del nostro studio
?

S certamente, purch

non se ne

sia troncata la

radice

col

sistema

kantiano.

Ma

gli

antichi molto

diligentemente

cercarono se possa l'anima conoscer


propri e giudicarne
la

se stessa e ripiegarsi sugli atti


la

proporzione agli oggetti.

Per

riflessione sulle
esi-

operazioni conoscitive, l'anima consapevole di


stere
;

l'esperienza

ci

assicura

che

non ne sappiam
sum, non erra nel
atti,

nulla,
Il

prima d'avvertire che sentiamo e intendiamo.


:

famoso entimema

cogito ; ergo

dire che ci conosciamo pei nostri

non
;

ci

co-

nosciamo
resto che

antecedentemente
il

ai

medesimi

erra nel

suo autore

vi connetteva, e nel

supporre
nella

che

sia quello

un vero ragionamento, mentre

coscienza

dell'atto inchiusa e manifesta

quella di

essere attuato cos. Esporre le cagioni, per le quali

l'anima non conosce pi direttamente la propria essenza, diversamente

da

ci

che invece teniamo

ri-

guardo

agli spiriti separati,

sarebbe questione estranea

CONFRONTATA ALL'aNTICA
al
art.

IO7

nostro

proposito
;

(cf.

s.

Th. de
art.
:

Veritate
1).

q.

Vili

p.

q.

LXXXVII,
d' Aristotele
.

Ci

basti ri-

cordare

le

parole

Possiamo sentir di

sentire e hitendere d^ 7itendere

Ma

sentire che qual-

che cosa da noi e


sentire
1.
*

seitita

o intendere

eh e
'

iyitesa,

ed intendere che
e.

7ioi

siamo (Eth. ad Nicom.

IX

9).

Ci conosciamo

dunque

in

quanto prima

abbiamo coscienza dei

nostri atti conoscitivi.


di

Ma
.

qui

e'

importa

richiamare l'antica dottrina

intorno alla distanza che corre tra la riflessione perfetta e l'imperfetta,

quella dell'intelletto, questa del

senso.

Dovunque

cognizione, l'atto

medesimo
l'

conoscibile, e cade ancora sotto la coscienza

incli-

nazione conseguente

sentito

l'affetto

sensitivo,

appieno conosciuta

la

tendenza o l'elezion volitiva.


percezione
dif-

Ma
che ha
,

tra la coscienza intellettuale e la


il

senso dei propri moti corre una doppia

ferenza

una essenziale,
analizzar

l'altra

modo
il

di propriet

necessaria. Essenziale opposizione v' in questo, che

r intelletto pu

l'origine e

processo de'

suoi atti e attingerne la natura e saper

come

si

ri-

ferisca

all'oggetto e
il

come da
riceve
l'

esso dipenda; al con-

trario
;i

senso,

come

impressione dell'agente
dell'

esteriore,

senza nulla apprendere

intima costitu-

zione di cotesto agente, n poterne ravvisare la semplicit

o la composizione, cos viene a sentire la sua


il

sensazione stessa, senza discernere in alcuna guisa

processo con cui vi giunse, se non in quanto una sensazione complessa


distinte,

mostra di

risolversi in

pi altre
L'altra

ciascuna d'esse intera a suo modo.


il

opposizione proviene dall'essere

senso una facolt

I08

LA NUOVA CRITICA
l'

organica, e

intelletto libero invece

da ogni compofacolt or-

sizione di part quantitative.

Ora ad una

ganica non pu presentarsi alcun


sia distinto

oggetto, che non dall'organo in cui

secondo
per

la posizione

l'atto,

dovendo agir su
;

di esso e determinarlo cos

ad operare

il

senso

percepisce una cosa, in

quanto ne riceve qualche passione.


d'

Ma
di

non v' azione


s

una stessa parte materiale sovra

medesima

certo

non

v'

in

quella maniera che deve avverarsi


i

per

gli

oggetti propri,

quali di fuori influiscono sui


le loro

sensi e vi
sioni
;

producono con certa legge

impres-

come
in

l'energia elettro-magnetica

eccitata

con

certa misura nell'etere cosmico vien di fuori a ferire


la retina,
ottico.

che

si

svolge l'ultima parte

del nervo

Dunque n un organo
1'

determinato, che non

comprenda diverse
tali

parti, ciascuna sensitiva


sull'altra,

da

s,

che
;

una possa agire

pu

sentire se

stesso

una

facolt

sensitiva,

realmente una ed
atti.

indistinta,

pu avere coscienza
ammettere che

dei propri
la

Quindi

la necessit di

prima sensazione
cellule

degli oggetti esteriori compiasi nelle


riche;

perife-

che

il

primo dolore o

il

diletto

abbia sede
nella

nelle fibre nervose o nelle cellule sparse

per-

sona; e che poi nei centri o del midollo, o meglio


dell'encefalo,
il

soggetto abbia esperienza e delle sen-

sazioni dolorose o piacevoli e delle apprensioni esterne.

Ma

le

facolt sensitive interiori,

non
di s

riferite

ad altro

centro,

nemmeno hanno
sia
;

senso
del

medesime, n
organo, n
si

percepiscono

l'eccitamento

proprio

sentono dove
riscono agli

esse col loro atto

sempre

rife-

atti

inferiori,

o sentendo o

immaginando

CONFRONTATA ALL'ANTICA
o ricordando qualche percezione di ci che

I09
fuori,

o qualche mutata disposizione


L' intelletto invece,

delle

membra.
parti, e,

come semplice senza


perfetto, o

quando
disposto

sia

sufficientemente

pienamente
senza

all'operazione, per
riferirsi

se

stesso

attivo,

bisogno di
pressione,
costituito

ad un agente da cui riceva ime intelligente

insieme esce nel suo atto, ed con questo


a

un tempo

intelligibile.

Vogliam dire che non solo

in atto operante;

ma

tanto attuato nel suo ordine, che nulla gli

manca

per essere in atto inteso. D'altra parte presente a


se stesso per identit.

Dunque
stesso

nulla pi

si

richiede,
v'

affinch riconosca se

intelligente,

bi-

sogno
gli

d'altro

eccitante, n di

specie

impressa che

rappresenti
s,

come oggetto
ed ha su
di

se stesso.
s

senz'altro
perfetta,

conscio di

riflessione

come

si

dice

metaforicamente, tolta

l'immagine da

un corpo che sopra


del nostro sentire.

di s si ripiegasse.
intelletto noi
la

Anzi col medesimo


che mentre

pur siamo consci

Ne abbiam
sensi
ci

prova
il

in

questo,
este-

soli

rivelano
al

riore, esercitiamo

riguardo

mondo medesimo mondo


delle

este-

riore le facolt spirituali dell' intendere e del volere,

con

le

quali

ci

occupiamo pure

materiali di-

sposizioni che sono nella nostra persona.

manifesto

adunque che
alle

la

coscienza intellettuale in noi s'estende

percezioni ed alle passioni dei nostri sensi.


la

Di

che
di

cagione posta nel continuarsi


l'altro
:

dell'

un modo
gli

conoscenza con

per

via

di

fantasmi

oggetti sono presentati alla mente, e da quelli sono


astratte
le

specie,

secondo

le

quali

ci

formiamo

no
concetti

LA NUOVA CRITICA
universali.

Or

l'

intelletto

ha coscienza

di

cotesto suo procedere, su di s riflettendo.


gli

Ancorch

uomini volgarmente non usino


scuole, sono
della

le

voci correnti

nelle
gli
tutti

peraltro

naturalmente conosciuti
filosofia

elementi

verace
li

e implicitamente

sanno, se

non

corrompe un
le

falso

insegna-

mento, di ricever dai sensi

immagini

delle cose
in-

che arrivano ad intendere. Cos viene ad essere


tero
il

ritorno dell'anima sopra di s, in quanto sta


dell' inferiore

nell'ordine conoscitivo, che

vegetativo

non

questione.
il

il

ritorno perfetto, per la co-

noscenza che

soggetto intelligente ha di se stesso,


dall'altre cose distinta,

come

di

persona sussistente,
cose
il

e a cui le altre

in

vari

Lontanissimo
citamente
il

n'

senso,

modi sono ordinate. che non apprende espli-

soggetto
gli

senziente,

ma

percepisce
le

ma-

terialmente

oggetti

esteriori e sente

proprie
;
\

impressioni, senza
se

apprenderne

ordine o relazione
istinto,

non

in

quanto guidato da un
della

eh'

sa-

piente nell'Autore
c/ie

natura e non

nell'animale
;

sa nulla,

agisce in guisa da tendere alla propria

conservazione.

La
1'

sola

anima

intellettiva,

che for1'

malmente dice
Cos
gli

io

personale, in cui tutto

uomo

compreso, quella che se hi se rigira.


atti

conoscitivi
della

son manifesti a chi co-

nosce, e sono oggetto

medesima conoscenza
di

possiamo dunque fermarci a considerarli e studiarne


il

modo

e la natura.
atti

N dubiteremo
ci

quello che

nei

medesimi

immediatamento

dato di scor-

gere.

Sono questi presenti per la loro stessa realt, senza mezzo che possa sformarli; neppure son rap-

CONFRONTATA ALL ANTICA


presentati da una specie che
l'attuare la facolt intellettiva,

ITI

tenga

la loro

vece nel-

oggetti esterni
atti

ma

essi

come avviene per gli per s medesimi, come sono


Ora

formali del nostro intelletto, cos pure lo costi-

tuiscono attualmente intelligibile a se stesso.

assurdissimo

il

pur fingere, che un

atto,
la

il

quale

appreso
realt

in se stesso e in
l'

quanto

con

sua slessa

determina

intelletto a conoscere,

non

sia

ap-

preso con verit, e non sia conosciuto qual real-

mente,

ma
che

secondo un
la

modo
dei
fa
ci

che

di

fatto
atti

non ha.
dubbio

Quello

coscienza
essi

nostri
sentire,

invincibil-

mente rispetto ad
possibile
tire,

senza
ci

deve esser vero.

diciamo che
dell'

fa

se^i-

per esprimere l'evidenza

immediata
sensitiva
;

intui-

zione,

con analogia

alla

percezione

non

apprendendo noi

in cotesti atti la loro


le
il

ragione astratta,

come conosciamo
concreta, siccome

essenze universali,

ma

la realt

senso

si

riferisce a ci

che

gli

sta dinanzi, e dalla cui presenza, e dalla attuale

im-

pressione che
derlo.
la

ne riceve, determinato

ad apprenco-

Molto meglio sono presenti all'anima, e per

presenza sono appresi

come

esistenti,

gli

atti

noscitivi.

Dunque

1'

atto conoscitivo, e anche V appetitivo se


di

che a quello tien dietro, e principalmente

ordine spirituale, presente allo stesso intelletto, e

da esso conosciuto, e pu essere meditato.


gliam dire che
all'atto
1'

Vopar-

medesimo pu

in

modo

ticolare rivolgersi

attenzione e lo studio analizza-

tore

e allora

non

ci

contentiamo di quella coscienza,


dell' intendere,

che ognuno ha del sentire e

e delle

112

LA NUOVA CRITICA

passioni sensitive e delle tendenze volontarie e delle


libere elezioni,
nostri, pi

ma

ci
ci

tratteniamo a riflettere sugli

atti

che non

volgiamo all'oggetto dei medeci


Il

simi,

e ci

rendiamo conto, per quanto


di essere e
di procedere.
il

dato, del
di es-

loro

modo

modo
al

sere riguarda principalmente

soggetto,

quale ap-

partengono
virt e

le

operazioni

vitali,

come

effetto della

sua

come forma

inerente e ultima perfezione. Ul-

tima

la

diciamo, perch ogni


si

sostanza con

le

sue

disposizioni e qualit,

ordina finalmente alla operaIl

zione e in essa

si

compie.
virt
;

modo
n'

di procedere, di-

pende

certo

dalla

che

principio e dalla

natura dell'operante
conosciuto

ma

formalmente costituito e
a
tale

per

ordine
s,

all'oggetto,

cui

l'atto

si si

volge con tutto

e in

quanto

oggetto

porta piuttosto che ad altro, e cos l'attinge piuttosto che cos,

da ogni

altro

si

distingue e ha

il

proparti,

prio
la

nome

e la propria ragione.

Di queste due

prima d argomento

alla psicologia,

o alla scienza

dell'anima

umana

nelle sue facolt superiori, cercanil

done
virt

la

natura e

modo

di venire

all'

atto per la

formazione delle specie, per l'esercizio della propria


;

la

seconda

si

amplifica specialmente nella lo-

gica, che studia l'ordine degli atti della


le

ragione, e
agli og-

forme ch'essa aggiunge intenzionalmente

getti
riore.

prima appresi con


lo studio

atto rivolto alla realt este-

Or

accurato secondo

ambedue

coteste

ragioni, che gli scolastici svolsero con sottigliezza e

con ampiezza meravigliose, prevenuto


gare
coscienza, che senza ricerca,

dalla

vol-

ma

per naturale

CONFRONTATA ALL'ANTICA
istinto,

II3
le

subito riconosce,
il

e,

secondo

circostanze,

esprime a parole,
al

doppio rapporto
al

dell'

operazione

termine per essa toccato e


ci

soggetto operante.

Per

stesso

che

io

penso, so di pensare,

come

so di amare quando amo.

Non

necessaria pi at-

tenta riflessione, per esser certo che io penso e che


io

amo, n per sapere che penso ed amo


si

qualche

oggetto, e cui

porta

il

pensiero e l'amore.

su-

bito sar evidente, se ci

si

voglia riflettere, che l'uno

e l'altro rapporto cos intimo all'atto, da


tersi

non poesistere

concepire che
1'

1'

atto

medesimo possa
il

senza

uno dei due.


esistere,

Converrebbe
senza

far violenza alla

natura, per

immaginare che

pensiero in
essere

me

for-

mato potesse
Anzi

attualit

del-

l'anima mia, o senza che io per esso fossi pensante.


in verit,

questo pi reale e questo un


alle
il

dire meglio

adequato
:

cose:
;

io

so7io

pensante,
io

piuttosto

che

esiste

peiisiero

meglio
amore.

sono
la

amante, che non

esista

per

s
di

1'

Tutta

realt dell' operazione,

come

attualit inerente al

soggetto dal quale procede, consiste nel costituir for-

malmente

lo

stesso soggetto

nella

ragione propria
solo
di
tale

di operante in atto ultimo, e

non

che

possa operare, bench gi fornito di

virt

perfetta

e pronta all'esercizio; la qual disposizione, che


solo

non

potenziale, detta

atto primo.
1'

Non

si

pu

dunque percepire veramente


si

atto operativo,

come
;

un' entit per s esstente e per s conoscibile

ma

conosce

ci

che

ed veramente

il

soggetto

operante,

come ultimamente informato

dall'opera-

zione che esercita in atto e da s emette.


8

114

LA NUOVA CRITICA

Ma

non

in

meno intimo
che
il

all'operazione

il

rapporto
vero

air oggetto,

essa

si

termina.

Come

che penso
son
e
io

io

con

mio pensiero,
il

e nel

mio amore
impos-

amante, cos

pensiero di qualche cosa,

amando

a qualche cosa

mi porto.

affatto

sibile staccar

questa

relazione

dall' atto

operativo.

La quale per conseguenza non


mente
lo costituisce,
la

alcunch di ag-

giunto o sopravveniente a quell'atto,

ma
d

intrinseca,

e fa che sia quel

che
il

ne
e

determina

ragione

formale

e gli

nome

l'intelligibilit.

Onde

che avendo coscienza di opeconoscitive o

pare, e qui trattiamo di operazioni o

conseguenti alla cognizione, invincibilmente noi ap-

prendiamo l'operazione secondo


oggetto, e questo in quella
ci

la formalit del

suo

di
1'

nuovo presente,
atto

com' stato presente


portato ad esso, o
getto stato

nell' eccitar

che

si

come per l' atto medesimo costituito. So in questa maniera

l'ogd'in-

tendere una verit necessaria, o di veder la natura

che mi sta intorno


guir

so di formar l'idea che poi ese;

come
mi

artefice

so infine di essere
di

attratto

da
ul-

ci che

piace,

eleggere

per virt alcuna


1'

cosa a

me

aspra.

paia ad alcuno che con


;

timo esempio usciamo della conoscenza


lettualmente nell'anima
l'
1'

che

intelal-

appei

cO

conseguente

intelletto, e

1'

oggetto voluto, per la conoscenza, e

non per
l'atto, al

altro presente.
fra
i

Anzi, chi cerchi quale

due

rapporti

del-

soggetto e all'oggetto, pi intimo all'atto

medesimo, e quale pi necessariamente


vertito dalla coscienza,

pi

av-

trover che realmente im-

CONFRONTATA ALL'ANTICA
possibile

II5

separarli

impossibile,

ancorch non se

ne faccia
sotto

l'esplicita analisi,

non

avvertirli

ambedue

diversi
alla

aspetti

ciascuno

prevale

sull' altro,

quanto

misura dell'entit e
la parte

all'esistere
;

realmente
per ci
di

sembra prevalere
che tocca
la

soggettiva

ma
al

ragion formale dell'atto e


al

modo

procedere e

distinguersi da ogni altro, e insieme

quanto

all'

essere conosciuto
l'

dallo

stesso operante,
il

prevale d' assai


all'oggetto.

intrinseca proporzione e
jla

riferirsi

Da

questo l'operazione ha
;

sua specie,

ossia quella che

perisce

la

stessa

ragione di

conoscenza e di amore, se non conosco e non


oggetto alcuno
io
;

amo
posso

e nell'apprendere

un

tale atto

prescindere dal soggetto, a cui pure deve inerire


esistere

per

suo

modo,
d
la

non

posso prescindere

dal termine che gli


gli

propria nota essenziale e

d anche

l'astratta intelligibilit.

E
scienza

senza
del

dubbio nella

prima

spontanea co-

proprio atto pi vivamente appreso


si

l'oggetto a cui esso direttamente

porta, che

non

sia l'affezione soggettiva inchiusa nell'atto

medesimo.

quanto

pii

gli

atti

si

elevano

neh' ordine cono:

scitivo

o spirituale, tanto pi questo vero

meno

nel tatto,

ove pi facilmente badiamo all'impressione


;

organica, specialmente se rechi o dolore o diletto

meglio assai nell'udire o nel vedere; meglio ancora


neir intendere e nel volere.

So

di vedere

1'

oggetto

postomi innanzi, prima di attendere

questo
ci

che
che

vedo

io stesso

so di pensare e di
rifletta

amare
sull'

penso o amo, pi che non


operazioni

esser queste

emesse

da

me

e in

me

ricevute.

Posso

Il6

LA NUOVA CRITICA
del tutto alla

non attendere
attivit
;

mia affezione o

alla

mia

ma

ripugna affatto che nel sentir di vedere

non attenda all'oggetto veduto, o a quel che intendo


ed
ogni

amo,

nell'altre

operazioni

migliori.

Perch

in

modo

inconcepibile e

non serba

realt o ve-

rit alcuna quell'atto

che non inchiudesse nella proil

pria ragione la determinazione del suo oggetto e


portarsi ad esso e
il

terminarvisi

che dobbiamo

dire l'oggetto, secondo la ragion formale corrispon-

dente

alla

data

operazione,
e per nella

essere

inchiuso
di

suo

modo

nell'atto,

conoscenza

questo

essere necessariamente conosciuto.

Cos manifesta la
altri

falsit

di

quelle teorie che


il

fanno intorno
;

all'

opposizione fra
il

soggetto e

l'oggetto

immaginando che
triplice lavoro, nel

conoscente abbia un
l'atto sen-

doppio o
risponde

formar prima

sitivo o conoscitivo, nel saper poi

che a quest' atto


nel
di

qualche

esterna

realt,

comparare
fuori
;

la

propria affezione con ci che esiste


prio

proe

come

se avessi dinanzi
1'

me una

pittura,

pensassi a chi
glia

ha

fatta e poi

cercassi se rassomi-

davvero a qualche persona.

Ma

qui tutt' alla

tro
la

perch assolutamente sta da s

pittura
e le

con
acci-

sua disposizione di colori sulla

tela,

dentale la somiglianza con

qualsiasi

oggetto, o sia
;

venuta a caso, o

sia stata

intesa

dall' artefice

poi

non essa

conoscenza,

ma

soltanto

conosciuta,

non altrimenti che l'oggetto

a cui dicesi somigliante,

onde viene

il

poter

essere

confrontata e giudicata
diverso
nell'

simile o dissimile.

Tutto

operazione

vitale di chi conosce.

essenziale alla

conoscenza

CONFRONTATA ALL ANTICA


il

II 7

SUO rapporto

all'

oggetto,
il

di

guisa
della

che senza di

esso n pur

rimane

concetto

medesima

non
al

in

egual maniera essa e V oggetto son presenti


;

conoscente
in

e intanto quella a questo

pu essere

comparata,

quanto per
;

l'atto conoscitivo l'oggetto


istituire

stesso presente
si

n
la

si

pu

confronto, n

pu

giudicare

corrispondenza, se gi non
dell'

supposta r intrinseca proporzione


suo termine proprio.

operazione

al

E
guere

da tutto
il

ci

raccogliamo non doversi


atti
1'

distin-

presentarsi degli

nostri alla
al

nostra co-

scienza dall' aver presente

oggetto,

quale essi

tendono

con

tutta
;

la

loro intima ragione e con la

loro reale esistenza

n altrimenti aver noi presente


che conoscendo di concepire
di

un concetto

qualsiasi,

l'oggetto inteso,

come non sappiamo

essere cosapevoli di

amare senza amare quel che amiamo. E poicos


costituito,
di

ch

la

coscienza immediatamente determinata dalla


dell' atto

stessa realt

impossibile

che c'inganniamo, o nel saper


prendere
terminato
l'atto

operare, o nell'ap-

com', principalmente obiettivo, ossia


astratto
realt,

ad un oggetto
esistente

o concreto, solo

pensato

nella

ma

sempre, nella

ragion formale di termine a cui tende l'operazione,


distinto dal soggetto operante.

Ripugna che
;

nel sa-

per di conoscere noi c'inganniamo


fittizia l'intrinseca

ripugna che sia


alla verit

proporzione dell'intendere

obiettiva.

Il8

LA NUOVA CRITICA

Ma
magine
lui

il

Kant che ha
e
di

fatto?

Appunto
bugiarda

suo

que-

sto deHtto di rendere


spirituale

deforme ogni pi bella imfar

l'ineluttabile
infatti

testimonianza della coscienza.


limitata

Questa

fu

da

ad attestare senza inganno

l'attualit del

nostro operare,
la fece

come

di

una soggettiva disposizione;


la veracit obbiet-

ingannevole nell'attestarci

tiva dell' intellezione.

Eppure questo secondo, come


pi
attto

or or dicevamo, appartiene molto


del

formalmente
operativo:
;

primo

alla

ragione
si

di

tale

tale atto,

perch cos

riferisce all'

oggetto

nel

soggetto come ogni altro accidente.


sta metafsica
inaccessibile
ai

Ma

forse que-

kantisti.

Parlando

col loro gergo,

diremo

Siccome

l'azione interna, e

speciamente
sibili,

l'intellettiva,

sta fuori dei

fenomeni senil

entra nell'ordine dei numeni, dei quali

Kant
d'

protesta che non sappiamo nulla. Sar


ch'io

dunque molto
un
atto
d' inten-

apprenda a mo'

fenomeno
sono

l'esistenza
in

mio eccitamento
dere;

qualsiasi, se

ma

che questo intendere rappresenti


lo

davvero
;

alcunch di reale, no, non

posso sapere

e se

mi
la

par di saperlo, stranamente m'illudo. Cos nella sua


pi importante e nella pi
coscienza m' inganna.

ingenua attestazione

in pi alta materia,

meglio assai che


so
d'

io

non sapverit,

pia di vedere un colore,

intendere

la

quando affermo che se un ente non e da se, viene da un altro. Kant smentisce la voce dell' anima e

CONFRONTATA ALL ANTICA


dice
:

II9

Tu

sai

d'avere questa impressione, o qualche


;

inclinazione a giudicar cos, gli vero

tu sai d'in-

tendere una reale necessit, questo

falso.

me

Ma
tale

che

protesta l'anima mia

che

io

abbia in

giudicio e la tendenza ad affermarlo,

me

n'accorgo

pi tardi, e quasi non

ci

bado

prima ancora e pi
l'ef-

spontaneamente penso, senza poter mutare, che


fetto esige

una

cagione

proporzionata
stesso.

questo, rifletto poi su

me

perch

so
;

Non importa

questa necessit
cose
cos,
:

dell' intelletto,

indipendente dalle
fatto

l'intelletto

pensa
le

in tal

modo, perch esso


tal

non perch

cose abbiano in s
la certezza

modo.

in-

Certo

r hanno, perch
stessa

di

questo

chiusa nella

coscienza

del

mio intendere

perch altrimenti la verit non oggetto della conoscenza.

Che male

c'

fu

un sogno pensarlo,
ci sia
;

allora

un sogno che Kant

dimentichiamo
verit,

cotesto

insultatore

dell' intelletto,

della

del-

Tuniverso.

Ma

con che

diritto parl poi di dovere,

di

legge

morale, di

umana

dignit? Perch credette in tutto


fallace

questo alla coscienza,


mentali attestazioni
?

nelle

prime e fondanell'

Sia pure che

accettare

quelle seconde testimonianze

dobbiamo
qualche

consentirgli.
verit,

Non

basta

al

filosofo affermare

ma

necessario che in ci proceda con

buona ragione,
conseguenze

filosofo

e nel suo procedere dai


serbi le
in

principi

alle

norme
ai

della logica, che

appunto

quanto d ragione delle cose. Se per esser confondamenti del suo sistema, dovesse dire
di

sentaneo
il

contrario

qualche verit che poscia

afferma,

I20

LA NUOVA CRITICA
lui

questa affermazione per


alla
rito,

un non pensato ritorno


si

buona natura,
anzi torna a

ma non
condanna

gli

pu recare a mealla
il

della sua dottrina. Cos

avviene pel Kant, che invano ricorre

coscienza
valore per
i

per

la

morale, dopo averne distrutto

gli atti

semplicemente conoscitivi. Son questi


i

primi,
;

senza dei quali


essi
il

secondi restano irragionevoli

son

necessario fondamento di tutto ci che l'uomo

potr pensare in ordine alla pratica.

Conchiudiamo
la

che

gli

Scolastici

molto bene scrutando


ra\^'isato

natura

della riflessione,

hanno

con gran chiarezza


di

r unica

via

che

pu condurci a render ragione


la

tutto ci che spetta alla coscienza; che

Emmanuele
conoscenza,
pre-

Kant, vantandosi di studiar sopratutto

improvvidamente distrusse
sente,
di

il

solo
e
di

mezzo d'averla

poterla

analizzare

ragionare intorno

ad

essa.

Oggetto proprio dell'umana conoscenza,

Abbiam veramente un doppio ordine


conoscitive,
il

di facolt

sensitivo e

l'

intellettuale.

Quanto

al

primo

ci

basti dire che son percepite alcune dispo-

sizioni dei corpi in vari

modi

attive sui nostri nervi

poi alcune

impressioni ricevute nei nervi


degli

medesimi
la

e le sensazioni
filosofa

oggetti

esteriori.

Cos per

scolastica, espositrice fedele di


il

ci che ret-

tamente pensa tutto


invece sono certo
sioni
;

genere

umano.
sembra

Pei kantisti

sentite le nostre
realt che

soggettive
di

pas-

quanto

alle

percepire

CONFRONTATA ALL ANTICA


esternamente, chi sa
?

121

non
:

v' diritto di negarlo,

ma
ra-

nemmen
Il

di affermarlo

pu assumersi come un
fsiche.

gionevole postulato delle scienze


diritto, anzi la necessit di

affermarlo,

ci

viene

dalla natura, che

non pu essere fondamentalmente


la

e per

s cattiva,

quale

ci

sforza

ad apprendere

fuor di noi quel che sentiamo

a noi
altre

come oggetto esteriore stessi, e ad apprendere come conveniente con le cose fuor di noi percepite il nostro medesimo
mutato.

corpo, da quelle in varie guise

questo

facciamo per via di riflessione o di ragionamento, che


si

aggiunga

al

primo ed ingenuo

atto

della facolt

sensitiva; sibbene

modo

intrinseco e costitutivo del


,

medesimo

atto,

il

quale

perch apprensivo di un
esso,

oggetto, distinto dall'atto e opposto ad

come

termine a cui
nel suo
tal

la

percezione sensitiva con tutta s e


si riferisce.

primo essere

cos
la

vediamo che

conoscenza vale a dirigere tutta

vita dei bruti

animali; vale per l'uomo a fornirgli l'oggetto primo

che intende, e a metterlo


niverso
in

in

comunicazione con
determinare

l'u-

che vive,

vale

concreta-

mente
le

la realt

delle ragioni astratte,

onde constano
Spontanea e
;

idee universali

della nostra

mente.

necessaria cotesta

apprensione del senso

n pu

esser fallace, senza porre nella natura


gibile malizia.

una incorreg-

Sono

corpi

il

corpo esteso ed or;

ganico onde noi


noi
gli

stessi

constiamo

esistono fuor di

oggetti

diversamente

percepiti

da ciascun

senso.

Vero
o

che
1'

quando

verremo a giudicare o
cotesti oggetti,
;

l'essenza
ci

intim.a costituzione di

ricorderemo

che

il

senso non la conosce

e che

122

LA NUOVA CRITICA
l'

noi sentiamo secondo

impressione

ricevuta,

il

cui

modo non dipende


che
la

soltanto dalla causa efficiente,

ma

ancora dall'organo senziente ( uno od altro nervo)


patisce
;

che dobbiamo attendere a non de-

durre dalla sensazione pi di ci ch'essa dice, e non


attribuire facilmente all'oggetto

una semplicit che

necessaria

nell'operazione del senso.


i

La

sensazione
realt.

oggettiva, e

vari oggetti

hanno diversa

Per

sapere

come

sieno in

s stessi,

verremo con pru-

dente riflessione a pi lungo studio.

Ma
guere r

pi c'importa d'assegnare l'oggetto alla nointellettiva.

stra facolt

Piacque

al

Kant

di distinsi

intelletto

dalla ragione. L' intelletto

attua

nei concetti e nei giudizi suggeriti

dai fenomeni, e
le

adatta la forma de' suoi pensieri secondo


rie,

categoi

le quali

sono

condizioni
reali, in

per poter prendere

fenomeni

stessi

come

guisa almeno che non


i

vi sia contraddizione.

La ragione enuncia
che siamo
:

principi
averli

pi

alti

ed

astratti,

inclinati

ad

per oggettivi, ancor nei numeni


pensati da noi secondo l'indole

ma

in verit

sono

nostra, in guisa

da

renderci conto dei concetti prima formati. Cos pare


al

nuovo maestro. Noi, procedendo con

gli

antichi,

assegneremo
alla

prima un oggetto formalmente determinato


stra

no-

mente; quindi vedremo che non da ammetkantiana. Poich


il

tere la distinzione

Kant non
con
;

aslui

segna,

non pu assegnare verun oggetto, per


coi sensi e
la

non facciamo che sognare e


tasia e

la fan-

con r

intelletto e

con

ragione

un so-

gnare non preceduto da percezione reale: che cosa

CONFRONTATA ALL'aNTICA
ci

I23

rappresentiamo
sia

Non
cosa.

si
il

pu nemmeno
pensiero, o che
al

dire
ci

come

ci

venuto

in

mente

rappre-

sentiamo

qualche

Per noi

contrario la cola co-

noscenza intellettiva ha come oggetto formale

munissima ragion

di ente ; ond'

che ogni cosa, per

ci stesso che partecipa cotesta ragione, costituita

vera,

ossia

termine

dell'intelletto; e

qualunque
dell' ente,

ra-

gione appresa una determinazione

il

minimo che

di

una cosa s'intenda,

si

questo ap-

punto che qualche cosa, ossia un ente.

Ma

notisi

che l'oggetto, almen l'oggetto primario per s stesso


attinto, di

sua natura prima dell'operazione o della


si

facolt che a quello

porta, quasi

moto

al

suo

ter-

mine. Prima dunque per natura l'ente che


letto,

l'intel-

bench riguardo a Dio questa priorit


di ragione

resti

una pura distinzion


Per

nel nostro

modo

di

concepire: in Lui l'essere e l'intendere sono un solo


atto.
le

le

creature non cos, e la loro mente ha


gi in s stesso costituito,

essenze

come oggetto
le

e da esse misurata nella formazione de' suoi concetti.

Cos

reali

entit

sono oggetto delle facolt


si

spirituali,

sole capaci,

come sopra

disse,

di

diven che

tare intenzionalmente le diverse nature.

Vero

non ogni natura potr essere con


riprodotta in ogni mente
tativa
;

la

propria

forma
enti-

anzi

dovr correre

proporzione fra

l'attualit spirituale dell'intel-

ligente e di ci che per s stesso inteso.

Ma

an-

che

le

nature pi alte potranno

essere

toccate per

immagine
inferiori
;

aliena e secondo qualche analogia con le


e

sempre almeno potranno essere concel'astrattissima e semplicissima

pite

sotto

nozion di

124
ente,
alla

LA NUOVA CRITICA
quale
la

medesima sproporzione con


di

ci

che propriamente conosciamo e l'eccesso


zione
affermato
in confuso,

perfe-

s'aggiungeranno
cotal

quali

caratteri

distintivi

dal resto. In
si

modo anche
dirci

l'infimo intelletto a tutto

estende, e noi pensiamo


altri
tali

a Dio. Spencer e Negri e

verranno a

che Dio
S
;

ci

ignoto.
lo

Ma

cotesti saggi lo

nominano?
;

dunque

distinguono dalle altre cose

qualche

nozione ne hanno.

Adunque
porzionato
l'ente

l'oggetto

adequato

che comunemente
;

risponde ad ogni intelletto, l'ente


e

l'oggetto prointelletto

proprio

di

ciascun
stesso

dato
di

determinato
materia.
ai

allo

grado
il

astrazione

dalla

Per noi,
sensi,

atteso
le

vincolo

presente

dell'anima
inutile dire

sono

quiddit
diretta
in

corporee.

che non

abbiamo

intuizione di

coteste quiddit.
qualit ed azioni

Le conosciamo
ci

quanto dalle loro

sono manifestate.
fra
il

V poi senza
soggetto e
d'
le

dubbio entitativa proporzione


e l'esercizio palese della sua
la pianta e
il

vere qualit, fra la natura, eh' principio


virti
fa,
:

azione

per esempio fra

vegetar ch'essa

tra l'anima nostra

e le operazioni intellettive.
i

Ma

gli effetti

prodotti e

caratteri esterni ci son noti per l'esperienza sensi-

tiva,

che

si

continua in noi con

l'

intellezione.

Dun-

que abbiam quanto basta per concepire astrattamente


la sostanza

come

sostrato degli accidenti, e per dispecie,


ci

stinguere

le

diverse

come

caratterizzate da

tutto ci che di ciascuna

manifesto, e per mi-

surarne l'entitativa perfezione,

come

di cause intima-

CONFRONTATA ALL ANTICA


mente proporzionate
azioni.
alle loro

125

propriet e alle loro

Siccome poi l'oggetto formale della


ente,

spirituale co-

noscenza consiste in quella ragione comunissima di


che tutto abbraccia, ed
concetti
;

la stessa

che

si

dela

termina nei diversi

rimane accidentale
ed

differenza, che questi sieno subito formati per intui-

zione o elaborati per raziocinio


tale alla stessa
ci

pure accidendifferenza, che

ragion di ente

l'altra

rappresentiamo semplicemente una maniera di esla

sere, o

componiamo aggiungendo un predicalo

al

soggetto.

Ma

le

facolt in ciascun

ordine
dei

si

distin-

guono secondo
non secondo
comprese.
dine
le

le

ragioni formali

loro

oggetti,

differenze

che

sotto

quelle

restan

Dunque non possiam


facolt

distinguere nell'or-

intellettuale

diverse:

la facolt

di

concepire altra da quella di

ragionare, e a torto
l'

Emm. Kant
gione.

volle

distinguere

intelletto

dalla

ra-

L' intelletto

si

regola nel formare

suoi pensieri
chi

sulla natura e sulle cose che esistono

pu duquelli

bitarne se non delira?

Eppure
(2.

il

Kant

nella prefa-

zione

alla

Ragion pura

ediz.)

compativa

che nei secoli scorsi

pensaron

cos.

Ogni

tentativo

fatto di stender la nostra cognizione con qualche giudizio a priori


se
71071

fu

vano.

Proviamo una buona


7iostra

volta

ci riuscir

meglio ad ainmettere che gli ogconosceiiza.

getti devono regolarsi sulla


egli, e

Cos

promise

di fare la metafisica,

svolgendo quello
in
I

che

si

dovr tenere non delle cose

se stesse,

ma

seguendo l'ordine dei nostri pensieri.

quali

non sareb-

126

LA NUOVA CRITICA

bero pi conoscitivi di nulla; e molto pi veramente


s'assegnerebbe
bricitante,
il

proprio oggetto
filosofia

ai

sogni d' un febQuelli

che

alla futura

kantiana.

associano immagini tratte dalla realt;

questa nega
gli
si

ogni rapporto con ci

che

esiste,

e toglie

ele-

menti della finzione. Stranezza nuova, che


a fingere, senza

riesca

nemmeno

imitare alcunch di vero.

pu dar corso ad una moneta falsa, se non v' la legittima ? Come si pu dir storta una riga, se non e' l' idea della dritta ? Fa male al cervello
si
il

Come

volerci pensare

eppure

sta

tutta qui la filosofia

di

Emmanuele Kant.

Dipendenza dal senso:


analogia e agnosticismo.

Molti

intesero

stortamente

quell'antico
no7i fuerit
significhi,

efilato:

nihil est in intellectu

quod prius
quel

sensu

e senza ben sapere


gli

che

accusarono
che
l'

Scolastici di

sensismo, pretendendo

intel-

letto nostro riceva idee

dall'alto e direttamente
;

in-

tuisca le essenze spirituali

mentre

veri sensisti ne

abusarono, quasich quella sentenza facesse per loro,


e negasse la cognizione di tutto ci che
il

senso da
:

medesimo non attinge. La verit sta in mezzo non vero che siam limitati al solo oggetto dei sensi non vero che noi conosciamo alcuna cosa,
;

senza veruna dipendenza dal senso e senza nessuna


analogia con ci che sensibile.

La dipendenza
sensitive,

ci

attestata dal fatto, che se le facolt

da

CONFRONTATA ALL ANTICA


principio le esterne, poi
le

127

interne,

sono impedite,

non pensiamo
tasia per

nulla, e basta

poco legame della fan;

legarci

pure
tal

l'

intelletto

ci

confermata

dall'argomento, che

modo
al

di

operare conviene

ad uno spirito avvinto


altrimenti
cattiva,
l'

corpo nell'essere, e che


sarebbe per se stessa

unione col corpo

come nociva

all'ottima operazione dell'anima,

e per contro natura.

La

necessit dell'analogia prole

viene dal
gibili,

modo

nostro di acquistar
dalle

specie
e

intelli-

astraendole

cose

sentite,

da ci che

sempre un oggetto, non proprio e non per s presente,

deve essere conosciuto, se

in

qualche

modo

pu

essere,

per ordine a quello che prima e per se

stesso manifesto.

Adunque molto rettamente


rono che non arriviamo

gli

antichi

insegnale

noi a concepire

prime
che

ragioni intelligibili, nelle quali intuiremo gli assiomi,


se

non astraendole
alla

dalle

immagini

sensibili,

sensi esterni

comunicano

alla fantasia, e

che

in

questa
le

son presentate

virt

intellettuale.

Secondo

determinazioni via via pi


ci

precise

che l'esperienza

suggerisce, anche

l'

intelletto

va formando concetti
delle

pi

adequati

alle
le

specifiche
i

ragioni

cose;

comparando

nozioni e

giudizi e argomentando,

viene ad avere la conoscenza delle distinte quiddit

che s'avverano nella

natura

corporea.

Ma

nelle

stesse quiddit corporee s'apprendono molte ragioni,

come
tali

di ente, di sostanza, di vita e di varie qualit,

che a bene considerarle


natura materiale
:

non appaiono

ristrette

alla

sarebbe assurdo mettere


dell'ente
il

come

condizione

dell'attualit

principio con-

128
trarlo,
teria.

LA NUOVA CRITICA
eh'
la

potenza e
pi

la

limitazione

della

ma-

tanto

questo

diremo, quanto attende-

remo alla coscienza delle migliori nostre operazioni. Le quali per altro non ci si manifestano secondo il

modo
realt

della loro entit,


:

ma

solo nella loro tendenza


ci

all'oggetto

perci

neanch'esse
ci

fanno intuire

la

spirituale,

ma

danno

assai per intendere

che ad alcune d'esse ripugna


costringono
cos a salir

l'essere materiale, e ci

pi in alto.

Saliremo, ne-

gando

ci che proprio dell'ordine quantitativo, af-

fermando

un'attivit

pi

perfetta,

rappresentandoci
gli
atti inferiori.

questa per qualche somiglianza con

fu

vero adunque che tutto quanto


;

nell' intelletto

nei sensi

ma

primo, non nello stesso

modo

se-

condo, non perch tutto ci che intendiamo

sia stato

anche sentito per una immagine propria, bens o per


se stesso, o per qualche altra cosa, per ordine alla

quale

concepiamo
nello

cose

diverse e non sensibili.


e v'
tutta
la

Non
che

stesso
tra
il

modo,

lontananza
quale qui

corre

sentire e V intendere, la

non accade
che sono
sieno
in

di svolgere,

non perch

tutte le cose

qualche maniera intese, esse medesime

state

o sieno

sentite,
;

che a dir questo o sa-

remmo sensisti o quasi ma perch l'oggetto proprio dell' umano intelletto nelle nature materiali, che
prima con
le

loro

qualit

colpiscono

sensi,

e le

altre cose alle quali

sorgiamo non sono da noi coper ordine d'opposizione, o

nosciute altrimenti che

d'analogia con

le

precedenti,
a

Cotesto

chiarissimo

chiunque
la

rifletta

sulla
dice,

propria operazione, e a

tutti

coscienza

lo

CONFRONTATA ALL' ANTICA


e per

I29
Infatti

negarlo

conviene

disdir la natura.
tutti
i

manifesto che se in noi

sensi fossero assopiti,

vivremmo come

ceppi, e

non avremmo veruna

co-

noscenza, n di noi medesimi

saremmo
morbose

consci.

Questo

abbiamo per quotidiana esperienza dal sonno, questo


appare
in tutte le deficienze

di chi folleggia
il

e di chi cade in deliquio; questo appare in tutto

viver nostro, mentre

il

bambino

si

svolge, e

ognuno

da

seisato

apprende
le

ci che fa poscia d'7itelletto degno,

acquistando

idee, e poi nell' usare delle

idee gi
fan-

formate
tasmi,

le

accompagnamo sempre con analoghi


siamo contenti finch non

riusciamo

dichiarar le nozioni pi astratte e spirituali in ordine

a qualche

immagine
le

sensibile,
le

dalle

sentite

cose
le

prendiamo
altre

specie e

parole

per
dal

esprimere
fiato

non

sensibili,

come appunto
il il

e dal

vento nominiam lo spirito e l'anima, dal pesare una


cosa, pendere,

nominiamo
contenere

pensiero, dal legger entro

intelletto, dal

capire e

il

concepire mensi

talmente, e cos pel resto;

questo infine

propor-

ziona alla condizione dell'anima nostra, che spirituale e per


al

non

si

ferma

al

sentire

che legata
libera

corpo,

come sua forma


le

e per

non

come

l'angelo.

Altrimenti, e noi direttamente e

prima co-

nosceremmo
ligibili
;

ragioni immateriali, per s pi intel-

e r unirsi

con

la

materia sarebbe nocivo

al-

l'anima, ritornandola nella sua migliore


e per sarebbe innaturale.

operazione,

Con
il

ci

debitamente eleviamo
il

l'

intelletto

sopra

senso, mentre

senso percepisce soltanto qualche


s,

cosa posta fuori di

onde

gli

viene

l'

impressione,
9

T30

LA NUOVA CRITICA

sotto qualche

forma rispondente
invece

alla

sua passione,
costituzione

senza attingere in guisa alcuna


dell'oggetto
;

la reale

l'

intelletto
gii sia

in

qualunque cosa

per via dei sensi


la

presentata apprende subito

ragion di ente, che poi va determinando secondo


specifiche di ciascuna cosa.
gli
si

le ragioni

Ma

queste me-

desime ragioni essenziali non

presentano se

non
con

nella natura corporea, e qui pure in proporzione


le

accidentali qualit

che

influiscono

sui sensi.

Adunque 1' umana mente conosce le essenze corporee, come radice e cagione degli efletti sensibilmente prodotti
;

la qual

conoscenza

si

compie per

la coscienza

degli atti nostri, eccitati dagli oggetti esterni e pro-

porzionati alla nostra stessa natura, che tra le

mon-

dane suprema.
le

Ma

alcune di quelle nozioni, ossia

prime, accompagnate alla primissima che la nosi

zione di ente,

estendono fuori del

mondo

corporeo.

Perci intendiamo che fuor di esso


rarsi.

debbono avve-

Anzi vediamo che quaggi sono diminuite e

imperfette, n possono essere

prime e indipendenti.
che
il

Dunque

v'

un ordine pi
Anzi

alto,

genere cor-

poreo non

sia.

in noi stessi di cotesto ordine


:

ravvisiamo un principio

che

l'

intelletto,

conoscitore

della universale ragion di corpo,

non pu esser corpo:

se fosse, alla sua specie sarebbe determinato e sopra


di essa

non

si

eleverebbe
il

(I

p. q.

LXXV,

art.

II).

dunque tuale. Ma
alla

in noi

cominciamento dell'ordine
per s
resta

spiri-

solo

il

cominciamento, che l'essere unito

materia
senza

non

compete

all'

intelletto,

questo
pi

quella

migliore e pi

puro e

alto.

CONFRONTATA ALL ANTICA

I?I

Anzi, meditando quelle ragioni prime e universali,

mente a convincersi che non possono esistere finite e manchevoli, quali sono in qualunque soggetto che le partecipi, senza che prima esistano da
sorge
la

s e assolute nella purezza della loro attualit o della

loro ragion formale, che

non dice limitazione.

Cos
esiste,

saliamo a Dio, Cagion prima di tutto ci che


e

non ha

in

s necessaria

ragione di esistere, Atto


dell'

infinito e

purissimo nella semplicit

Essere as-

soluto.

Or come siam

giunti a tanta

altezza,

partendo

dalle qualit sensibili, e quale concetto

possiamo noi
cir-

formarci di cose tanto lontane da quelle che ne

condano

Innumerabili errori furono proposti dai di-

versi ingegni, o

negando

il

fatto

che veramente noi

sappiamo alcunch
o snaturandolo, con

di superiore ai
attribuirsi

fenomeni

sentiti,

idee

innate e cono-

scenze infuse e visioni


scienza e air indole

dell' infinito,

contrarie alla co-

umana

e alla condizione presente.


in tale

Non

qui
la

il

luogo
di

d' ingolfarci

trattazione.

Ma

maniera

giugnere fino a Dio quella ap-

punto che abbiamo accennata: da ogni minimo oggetto


si

astrae la riozione di ente, e questa


e,

non porta
contenuto,

confine;

non conoscendone
che prescinde dai
infinito
;

il

positivo

ma vedendo
noi lo
salit

limiti,

astrattivamente

concepiamo

poi pel principio di cau-

vediamo che deve

esistere illimitato e assoluto,

prima
noi.

di restringersi nelle

misure che ha intorno a

cos ci

Quanto poi alla proporzione del concetto che formiamo con la realt, sappiamo di rimanere

e nella perfezione e nel

modo

a distanza infinita.

132

LA NUOVA CRITICA

Dunque non ne sappiamo assolutamente


diranno
ci di
soluto.
S, gli

nulla,

agnostici.
riverenti

Spencer e

altri

credono con
l'

essere

come conviene verso


pure esista
o
al

As-

col negare che

pi con du-

bitarne, e con

ci

dispensarci e dall'occuparcene e

dal riverirlo

L'errore fu preveduto e confutato


coli
:

da molti
si

se-

dal giorno

almeno che l'Aquinate


dalle

domandava,
le

se

nomi che noi prendiamo

creature e traper-

sferiamo a Dio, per designarne e l'essere e


fezioni,

sono univoci o sono equivoci, e

in

qual ma-

niera.

Univoci vorrebbe dire che

la

stessa formai ra-

gione, di ente p. es. o d' intelletto, da noi conosciuta


nelle creature, fosse attribuita a Dio,

con quella mae


il

niera di corrispondenza

tra

l'oggetto
delle

pensiero
finite,

che corre quando noi parliamo


al

cose

pi ammettendo qualche accidentale diversit, per


di
i

un grado
voci cos

maggiore eccellenza.
Certo no.

Sono forse unile

nomi da noi adoprati per

creature e

per Iddio

Che

in

modo

essenzialmente

diverso la ragion di ente {cuius actus est esse) com-

pete a Colui che per sua natura, o di cui la natura l'essere assoluto, e compete alle cose, le quali

non inchiudono
le

l'esistenza nella loro ragion formale,

e che esistono in
altre perfezioni,

modo da

poter non esistere. Cos

sussistenti in Dio, partecipate

da

un soggetto,
concetto.

nelle creature.

Semplicemente diversa

la formalit rispondente allo stesso

nome

e allo stesso

CONFRONTATA ALL ANTICA

I33

Ma

diversa in tutto, senza convenire in nulla?


di
s

Sarebbe l'opinione

coloro che dissero

nomi pul'Assoluto

ramente equivoci,
cagione
gente n

che potessimo
e

dire

dell'intelletto

dell'amore,

ma

intelli-

amante
(se
i

appunto parve a Spencer che


che a
lui

come Dio
ha prodotti
gli spiriti

pur

e' ,

non era chiaro)


non
noi
e
vive,
gli

corpi e non corpo, cos ha prodotto


spirito,
i

non
cos

viventi e

intelligenti e

non intende, e
:

cos via.

potremmo
.

conchiudere

ha creato
ed

gli enti,

non

Qui
simil-

appare

il

gravissimo errore; poich, negando l'essere,


realt

neghiamo ogni
mente per
ci che
il

ogni

perfezione

gli altri attributi,

negheremmo

a Dio tutto

puro Atto e
bestemmia.

alla

Cagion prima e all'Or:

dinatore dell' universo appartiene


intollerabile

verremmo

in

una

Convien discernere
tate,

le

ragioni
di

formalmente limispecie,
limite,

come

tutte

le

proprie

qualsiasi

da
e

quelle che nella loro formalit

non dicon
all'Essere

sono per s

infinite e

libere

da ogni concrezione.
assoluto,

Queste
bench

non
in

possono

mancare

Lui prendano un
Cotesto

modo
noi
in

diverso da quello
le

che hanno in qualsiasi soggetto che


ci le finisca.
la

riceva, e

con
;

modo

pura ragione formale, che

negheremo di Dio s non inchiude quel

modo, attribuiremo a Dio.

Ora
finite,

il

concetto cos purificato e


in

il

nome che
alle
:

lo

esprime, considerato

rapporto a Dio e

cose
con-

in parte lo stesso,

in parte diverso

viene in quella formalit che


si

dice

pura perfezione,
Il

differenzia nel

modo

di verificarla.

qual

modo

134

LA NUOVA CRITICA
accidentale

non

ed estrinseco,
equivoco;

ma

intimo ed esil

senziale alla

prima formalit. Perci


in

nome non

univoco, n

tutto

dicesi

con propria

voce analogo.

analogo veramente,

in

quanto connota qualche


soggetto, riferendosi,

proporzione dell'uno

all'altro

come dicevamo,
quali
si

a Dio e alle creature. Poich


i

non

fu

trovato quel nome, considerando


applica, ciascuno

diversi inferiori ai
ri-

da s assolutamente, e

conoscendovi
formale,

alcunch

di

comune con vera


il

unit
gatto, nel

come quando vedo

cane e vedo

il

e intendo che ciascuno per s vive e sente.

Ma

caso nostro, abbiam conosciuto prima

le

creature, e
formali,

da esse abbiamo

astratto

certe

ragioni
in

abbiamo

inteso che

queste, bench

altro

modo,

dobbiamo attribuire a Dio. sere di Dio e la sapienza


Lui, sforzandoci
di

S che conosciamo l'ese le


altre

perfezioni di

applicargli

quelle

ragioni

me-

desime che

in

modo
:

concreto e impuro abbiam cole perfezioni

nosciute altrove

conosciamo

divine per

ordine alle create, onde siamo


peraltro in

partiti.

Riconosciamo
Perci

Dio
l'

l'eccesso

senza
e
la

misura, la purezza
causalit.
la

dell'attualit,

indipendenza

intendiamo

che se

potessimo seguir con

mente

l'ordine delle cose,

dovremmo prima

concepire quelle

perfezioni

come infinite e semplici e sussistenti in Dio, poi come partecipate nelle creature. S che l'orDio
le perfezioni

dine entitativo pone prima in


solute,

as-

e per dipendenza

da quelle alcunch
la

di simile

nelle creature.

Per reale

proporzione delle crea-

ture al Creatore nel ricevere e nel partecipar da Lui

CONFRONTATA ALL ANTICA


tutto ci

135
nella nostra

che hanno di bene;


la

logica

conoscenza

proporzione delle

perfezioni

increate

alle create, in

quanto noi da queste saliamo a quelle.

Ma

vero e certo che in


si

Dio una perfezione


bench
e cos

nella quale

aN'vera la formalit d' intelletto,


spiriti finiti;

non con quel modo che ha negli


la

ragion di amore, e cos


e tutte quelle,

quella di vita e di susquali


si

sistenza,

delle

pu

astrarre
la

un concetto che dica atto puro e non contenga


determinata maniera che ha
in

noi.
sia

Questo non

sapere

come

Dio

in

Se

stesso;
af-

ma

sapere qualche cosa che di Lui

dobbiamo

Non averne un concetto proprio e quidma averne uno, che senza bestemmia non ditativo si pu negare di Dio. Non la visione male assema n pure insulto dei senrita dagli ontologi
fermare.
;
;

l'

sisti

n r ignoranza degli agnostici.

* ^ ^

invece

agli
Il

agnostici

doveva

ascriversi

Emle

manuele Kant.
n mai

quale col chiamar numeni tutte

ragioni non per s fenomeniche, e col dirli inconoscibili,

relativi alla realt obbiettiva,

ma

pure

passioni

dell'anima,
l'

veniva

negare anche quelle

prime nozioni che


ragion di ente in

intelletto concepisce,

vedendo

la

tutto

ci

che

gli

si

presenta, e

formando

primi giudizi a quelle conseguenti. Tanto


l'

pi faceva

intelletto incapace delle pi

determinate

ragioni essenziali, e delle pi alte, spettanti allo spirito e

a Dio.

Era

di fatto

una universale negazione.

136

LA NUOVA CRITICA
al

Limitando
reale,

fenomeno

la

conoscenza
nel

del

mondo
le

era sensista.

Negando anche
al

mondo

mila

sure di spazio e di tempo, era scettico.

Negando

rispondenza dei numeni


stico.

nostro pensiero, era agno-

Era

di fatto ineluttabilmente tutto ci

che non
altri

voleva

essere.

somigliante la sorte

degli

che

lo

seguono anche

in parte, piccola forse


'

da prin-

cipio,

ma

grande

in fine.

L'oggetto precede l'intelletto.

Deve

esser

primo

lo

studio

dell'ente,
gli
:

o quello

della conoscenza?

Veramente
tal

Scolastici

non

posero esplicita una


risolsero,

questione
la natura,

praticamente la
di necessit ci
fa

come esigeva
gli

che
li

presenta

oggetti conoscibili e ce

conoscere,

prima

di poter riflettere sui


ci

medesimi

atti conoscitivi.

Gi notammo che non


da vedere
invece

dato d' intuire


la stessa

immedia-

tamente e come oggetto primo


stra,
s
:

anima no-

in essa quali atti


gli
atti

ne possano pro-

cedere
,

per
ha,

giungiamo a saper che


nostra.

e che

natura

Tanima
l'atto

E
le

poich alla

cognizione
innanzi,

dell'atto,

medesimo
manifesta
la

deve

andare
ci

abbiamo per primo oggetto


:

cose che

son proposte di fuori

necessit di

terminarsi prima con l'intelletto all'ente reale.


Passi, dir qualcuno, per la cognizion
tutti
;

non per quella del

filosofo

comune di ha ragione il Kant


dall'assicurarsi

di esigere che la

filosofia

incominci
atti

del valore conoscitivo

de' suoi

e delle

facolt,

CONFRONTATA ALL'aNTICA
ossia degli strumenti
cose.

I37

onde
di

si

vale per arrivare alle


il

Che mai potrebbe affermare un astronomo,


si

quale non
nite dal
tani,

curasse

sapere se

le

immagini

for-

suo telescopio vengono da veri


?

corpi lon-

o da strie segnate sulle lenti


la

Rispondiamo
di cui

che

cognizion

filosofica

non pu essenzialmente

differire dalla

comune
e,

del genere
se

umano,

non

che

la

perfezione,

non va per cattiva strada,


il

un ulteriore svolgimento. Se dunque naturalmente

primo oggetto a non pu pone e


il

cui

la

mente

si

termina

l'ente,

filosofo fare a

meno

di

supporre questa

cognizione in principio e fondarsi in essa.


in essa
si

la

sup-

fonda, anche
atti

quando
:

ritorna su di
li

s a considerare gli

propri

necessariamente
li

vede terminati a ci che prima


ritenendo sempre

determin, e da-

pertutto trova la prima nozione che sta sotto a tutte,


la

stessa

non distruggibile natura.


da
del valore

Ma

forse illegittima ogni affermazione che

principio sia posta, senza rendersi conto


delle nostre facolt per conoscere
?

Non

illegittima,

perch
tuzione

lo

stesso esser

primo o

la

pi intima costi:

dell'atto
si

intellettivo

conoscere

esso per

conseguenza

porta all'oggetto intuito, o evidenteinvincibile necessit, in


si

mente ragionato, per


quel che , e

quanto

ancorch

neghi a parole, non pu

cessare di essere quello


d'

che

per essenza, visione

una

verit.

La

riflessione

potr giovare a farci

pienamente
marci nella

consci

del

nostro operare, e a confer-

certezza, pel ravvisar che

faremo

l'

im-

mutabilit degli atti e delle asserzioni, che la natura

determina, e a quetarci in esse senza cercar pi oltre.

138

LA NUOVA CRITICA
se davvero ne
il

Ma

potessimo dubitare, gi non reil

sterebbe

modo
la

di cessare

dubbio, togliendo
la

fer-

mezza
gola,

alla

base di tutto e negando


quale

suprema

re-

secondo
s,

dovremmo
l'

giudicare.

Del

telescopio

conviene accertarsi che sia strumento

utile allo scopo,

perch

uso di quel tubo e di quei

vetri

ben distinto dalla loro sostanza, e perch


specie
l'

esso vantaggioso con una

d' illusione

che

bisogna

veder

quale

sia.

Ma

intelletto essenzial-

mente conoscitivo, e non abbiamo


cui metterlo in paragone.

altra

norma

Eppure, dicono,

sensi

e'

illudono

non solo

ri-

guardo

agli oggetti accidentali e


ai

comuni,
ci

ma
il

eziandio
esser
la

riguardo
la

propri

che

l'

occhio
qualit,

attesta

bianchezza una semplice


in

ma

fisico

scompone invece
musicale in
pii

molti

colori,

come un accordo

note.

Sembra almeno che dovrebbe


qualit quel colore che in

essere per se stesso una


altri

non

si

decompone

ma

l'analisi

trova che causa

della

nostra

sensazione

oggettivamente un comlontano dalla

plesso di forze e di movimenti, assai


semplicit d' una
facolt conoscitiva

forma.
e'

Dunque abbiamo che una inganna. Ora andando innanzi,


nelle apprensioni delle qualit

se cos
sensibili,

e'

inganniamo

come siam certi della sione? Dunque aveva ragione


le

quantit o dell'estenil

Kant
il

di porre fra

immagini soggettive
certi
i

lo spazio e
e'

tempo.

Anzi,

come siam
son
fallaci

che non

inganna

l'

intelletto,

mentre

sensi,

che hanno
?

in noi la

percezione pi

immediata e pi

intuitiva
il

Rispondiamo che

giudizio

della

semplicit o

CONFRONTATA ALL'aNTICA
della

I39

composizione, e di

tutta

la

real

costituzione

del sensibile,
al senso.
in
Il

non pu

in

alcuna

guisa

appartenere
e'

quale per conseguenza n pur

inganna

quello che non dice. Esso necessariamente ha per

unico

termine a cui
forse
risulta,

portarsi,

il

suo

immutativo, e

questo
vivo,

per potere influire sull'organo


;

da molti elementi
ninno avr

per ripugna che ciascun

di questi sia sentito. Posto


sensibile,

che

essi sieno principi del

in s solo intera la

ragion di og-

getto del senso, n l'azione sull'organo, necessaria per


esser sentito.

Dunque

il

senso dee percepire senza disi

stinzione tutto insieme ci che,

richiede per eccitarlo.


di qualit
;

Indi viene che apprende a plesso


delle

modo

il

com-

azioni

ond'

immutato

cio a

modo

d'una disposizione indistinta dell'oggetto appreso.


il

Ma

dire che qualit o alcunch di simile, spetta alintelletto


;

l'

pu avvenire che
la

se esso

procede senza
;

studio o con insufficiente riflessione, non s'apponga

debba poi cercar sottilmente


stesso agente, ove
il

costituzione di quello

senso era incapace di scernere

vari principi, e trovare ch'esso in realt comples-

sivo di molti elementi.

Non

e'

inganna

il

senso, che
cui esso

solo dice esservi esternamente


si

un oggetto a

riferisce col

suo atto, per via di luce o di calore


;

o d'altro, e questo verissimo

ma non
semplici

dice

che

cosa sia luce o calore, o se sieno

qualit,

come

risultino dalla

natura

corporea.

E
il

se

non

dice nulla,

non dice

falsit,

come

rispetto alla costi-

tuzione del suo oggetto non dice verit;


di chi glielo fa dire.

torto

Ma

dato pure che qui

il

senso

dia

occasione a

140
facile

LA NUOVA CRITICA
inganno, non segue che possa indurci in errore
alla quantit dei

riguardo

corpi.

Quella prima

illu-

sione, se tale
facile
il

dee

dirsi,

viene per colpa d' un troppo

giudicio
riferire

dell' intelletto,

che presume potergli


costituita
la

senso

come

sia

in s

causa

della impressione patita, e dovere esser semplice quello


di che

non

si

possono

discernere

gli

elementi.

Se
al

inganno
senso
parti,

v' ,

riguarda una reale costituzione, che


apparire.

non pu

Ma

nell'estensione
l'altra,

delle

essendo percepita nna parte e


si
;

ciascuna

per s sensibile,
l'oggetto sentito

tratta della stessa

esistenza del-

oltre a che, noi stessi

abbiamo

co-

scienza di sentire diversamente disposte, e per distinte

per posizione, varie parti

del

nostro

corpo.

Per conseguenza, appunto come, prescindendo dalla


semplicit di qualit formali, gli occhi e gli
altri sensi ci

fanno certissimi della realt obbiettiva dei loro oggetti


e dei loro propri immutativi; cos per gli stessi sensi.

Ancora meno
l'intelletto.
Il

lecito trarne ree conclusioni per

quale

semplicemente e pienamente
Il

conoscitivo, assai meglio del senso.

senso non

ci

dice nulla dell'essenza delle cose, non pure riguardo


alla sostanza,

ma nemmeno
come

riguardo

alle disposizioni

sentite

percepisce un oggetto onde gli vien l'impresdel


sia costituito,

sione,

ma

non dice

nulla, e

chi crede che glielo

dica
il

s'inganna.

Come
a suo

facolt

essenzialmente passiva,
l'effetto
efficiente

senso riceve
:

modo
ri-

dell'agente esteriore
si

or l'effetto d'una causa

modifica nel recipiente

come questo
per accidente,

chiede: sente poi in quanto mutato. Al contrario


l'intelletto

pu

dirsi

passivo

solo

in

CONFRONTATA ALL ANTICA


quanto prima d'intendere ha bisogno
specie, se gi
di
;

I4I

ricever la
e,

non

l'ha

da s o altronde

restando

nell'ordine intenzionale, rinnova la


l'oggetto.

forma propria del-

La rinnova

pi o

meno determinatamente,
;

dee contentarsi talora di note molto comuni


porta sempre assolutamente
stessa,
alla

ma

si

cosa

qual' in se

almeno come somigliante ad

altro

oggetto,

pel quale sia conosciuta, senza riferirsi a passione che


l'intelligente n'abbia ricevuta.

La vera conoscenza
abbiam preso

questa dell'intelletto,

perci

quasi

per sinonimi cognizione e intellezione.

Non neghiamo
ali

che

il

senso conosca; percepisce la realt che lo


distingue l'un dall'altro

tera; e meglio,
sibili.

diversi sen-

Ma

conoscenza diminuita, e solo per analoall'intellettiva.

gia

pu compararsi
Ci posto,

tutt'altra

cosa

dire

che

il

senso,

passivo e ignaro della reale costituzione de' suoi oggetti,

pu facilmente indurci
ci che esso ioji

in errore, facendoci cre-

der semplice

vede composto (tutto sta

qui); altro dire che l'intelletto riguardo al suo og-

getto formale non vede nulla che sia reale,


tro la naturale tendenza, alla v' correzione possibile,

e,

con-

quale

del

resto

non

rimane
senza
al

illuso.

Questo non
la

possiamo ammettere,

che

dubbio
;

natura,

tendendo ad essere, tende

bene

il

bene della na-

tura intellettiva tutto posto nella verit, ossia nel

conoscere ci che veramente

adunque
non
lo

l'intelletto

naturalmente conosce
si

il

vero, e se
dalla

conosce,

svia dalla propria

natura,

quale

non pu
genere

sviarsi nei

primi

atti,
si

in quelli

che son necessari;


insieme
il

che se in realt

sviasse,

tutto

142

LA NUOVA CRITICA
e

umano,

Kant con

esso, sarebbe

impotente

al

ri-

medio d'un male cos profondo. Non ebbe dunque diritto alcuno
Copernico
di rovesciare
le
il
il

il

nuovo

e falso
la

mondo,

ponendo che
dell'essere

natura riceva

leggi e

modo

dalla

nostra mente; che l'oggetto precede la conoscenza,


e questa da quello ha la misura.

Non
atti

vero che

il

primo conosciuto sieno per noi


ch conseguentemente ad
noi,
essi

gli

nostri, per-

abbiamo coscienza

di

e gli atti
gli

medesimi sono presupposti


attinge,
si

alla rifles-

sione che

presuppongono

l'oggetto

esterno

al

quale

portano.

Non

vero

che
le

per
no-

acquistar certezza
stre facolt,
scitive,

dobbiamo esaminar prima


si

perch esse sono essenzialmente

cono-

e conoscendo

proporzionano

al

loro

ogdir

getto; e senza suppor questo,

non ne possiamo
non pu avere

nulla, e l'intelletto particolarmente

in

noi altra

norma

o altro giudice^

Diverso

modo

nella realt e nella mente.

La

sesta

questione

allo studio della

dicemmo appartenere conoscenza, per mostrar come queche


antichi, e
s'

sta fu in ogni parte meditata dagli

in-

gann E. Kant credendo


nunciava cos
:

di parlarne pel

primo,

s'

an-

Evvi qualche disposizione


i?itellettuale, e

soggettiva,

che s^ avveri neir atto

non

si

debba

attri-

buire air oggetto, eppur volgarmente glisi attribuisca?

Questo anzi sembra


viene

il

principal
il

punto che conpoich,


te-

esaminare

contro

kantismo;

mendo r errore accennato

nella questione

medesima,

CONFRONTATA ALL ANTICA


credette
il

143

nuovo maestro
e tutta
tal

di

dover rinnovare tutta


assii

la filosofia

l'umana conoscenza. E, per

curarsi

da

rischio,

and
i

all'eccesso di dire che

principii pi manifesti,

concetti stimati pi

immeno-

diatamente rappresentativi di realt, sono impressioni


soggettive determinate in noi dalla natura
del

stro intelletto, senza proporzione all'ordine delle cose.

Onde segue che non dobbiamo


se

affermare nulla mai,

non che

tale la serie

spontanea dei nostri pensieri.


inciso

Prescindendo dall'ultimo
enunciata, le parole
la
ivi

della

questione

poste potrebbero significare

domanda,

se l'entit dell'operazione intellettiva sia

diversa dall'oggetto inteso.

Ma

in

tal

senso sarebbe
l'atto

sciocchissimo

il

dubbio

troppo manifesto che

conoscitivo nel suo essere tutt'altro dalla cosa percepita, per lo pi

materiale e grossa, mentre quello

spirituale,

e per

con immenso intervallo lontano

da

ci

che sussiste

corporeamente
ci

fuori
sia

di

noi.

impossibile che da questa parte

pericolo di

confusione tra l'entit dell'atto conoscitivo e l'entit


dell'oggetto.

La questione diventa
luogo

invece

ragionevole
se
si

ad
in

ampie

e sottili
col

ricerche,

confronta

l'oggetto
telletto,

medesimo

modo

ch'esso prende nell'in-

quanto termine immediato ed intrinseco


si fa

dell'operazione intellettuale, e in quanto

di

nuovo

presente alla riflessione, che torna sull'atto intellettivo.

Prima

si

pu confrontare

la

realt

dell'oggetto

all'oggetto stesso in quanto conosciuto, o in quanto


rappresentato nella mente.
tra noi

E avviene comunemente
inadeguata all'oggetto

che

la

conoscenza

resti

144

LA NUOVA CRITICA
nella sua quiddit, o

non attingendolo
le

non
tutte

in tutte
le

sue note essenziali, o non


le

secondo

sue

propriet e

qualit necessarie. Avviene ancora che

apprendiamo distintamente diverse


presentazione mentale
alcune
note,

ragioni

formali

contenute in una sola, e cos siano distinte nella rapindistinte nella

realt che tutte insieme le avvera.

I
gli stessi limiti

Cotesta limitazione e distinzione dei concetti, mentre l'oggetto, o

non ha precisamente
n

o forse non ne ha alcuno,


stinte,

consta di realt di-

come son
il

distinte le ragioni intese,

mette

dif-

ferenza, anzi qualche opposizione, tra l'atto conoscitivo e

suo oggetto, posto fuori del conoscente nel-

l'ordine delle cose.


la

con ci pu sembrare che vada'%


falsit.

conoscenza macchiata di
il

Ma

falsit ci sa-

rebbe, se

conoscere consistesse
si

principalmente in
fa l'oggetto

quel primo rappresentare che

per

la

semplice apprensione

ci

sarebbe, se non

conosces-

simo

in

alcuna guisa la proporzione di cotesta prima


all'oggetto
;

immagine
buissimo

ci

sarebbe finalmente, se

attri-

alla realt percepita fuori di noi quel

modo
per

ch' proprio dell'atto

interiore;

se

dicessimo,

esempio, che sono distinte in Dio l'essenza e l'operazione, perch noi distintamente le apprendiamo, che
la perfezione divina

misurata dal nostro pensiero,


all'analisi

che nulla sfugge nell'uomo


nostra
filosofia.

che che

ne
la

fa la

Al contrario sappiamo
ragion

sem;

plice apprensione per s nulla afferma e nulla

nega

che prende dall'oggetto


soggetto
la limitazione

la

formale,

ma

dal

ad esso

corrispondente, seil

condo

la

sua virt intellettuale e

modo

d'eserci-

CONFRONTATA ALL ANTICA


tarla
;

I45

e,

riflettendo su tutto

questo,

venam poi a
in-

giudicare della proporzione che corre fra l'atto


tellettivo e
il

suo termine, e a discernere che cosa

dobbiam

ritenere

come proprio modo

del

soggetto,

che cosa lecito attribuir veramente

alla realt.

Credono

moderni

neo-kantisti di portare

una
che,

nuova osservazione e un
l'ingenua fiducia dei

argomento
antichi,

invitto

contro

realisti

dicendo

come

dello stesso oggetto

danno immagini
sa e

diverse
cos
i

uno specchio convesso un piano un concavo,


diversi intelletti
;

non

si

non

si

pu

sapere
in essa

quale sia la verace rappresentazione, o

come

discernasi l'influenza soggettiva dalla realt


tiva.

obbiet-

Se

l'intelletto

operasse

come

lo

specchio, nel
cos

formare un'immagine qualsiasi, e rappresentar


materialmente l'oggetto, senza conoscere
guisa la proporzione del proprio atto
quell'osservazione sarebbe giusta e
rebbe.
il

in

alcuna

al

suo termine;
terallo

paragone
simile

Ma

pu

dirsi
il

in

qualche

guisa

specchio soltanto

primo e pi

imperfetto
le

operar

della mente, col formar ch'essa fa

prime specie
riferite

le

semplici apprensioni,

non

ancora

alle

cose,

n comparate ad

esse.

Quella similitudine dello


riflette,

specchio vale pel senso, che non

che

non

conosce

la

propria natura, n
;

la relazione

del pro-

prio atto al sensi-bile

salvo che natura

senza dub costi-

bio l'ha ben disposto allo scopo pel quale


tuito.

vero

Non modo

vale per l'intelletto che viene


di operare,

al

suo pi
si

cio a quello con

cui

ri-

ferisce all'oggetto,
si

ad

esso, implcitamente

almeno,
pel

confronta; che

viene

insomma

al

giudizio,
IO

146

LA NUOVA CRITICA
la

quale possiede

verit, se

non s'inganna
che
il

e afferma

o nega del soggetto appreso ci


contiene.

predicato
rap-

Or

tutti

sanno che

concetti

nostri
;

presentano parzialmente

la realt di

natura

che di-

stinguono spesso ragioni, identiche nell'ordine entitativo


:

che attingono con propriet soltanto


in cui

le

cose

del
ci

mondo corporeo
Con
ci

viviamo, e delle pi alte

formiamo soltanto qualche rappresentazione anarimane esclusa


la falsit,

logica.

che parca

suggerita dalla limitazione dei concetti, o dalla loro

sproporzione agli oggetti

e l'antica filosofa, che


le

attentamente analizz studi risolvette tutte


stioni

que-

relative a tale

argomento, tolse ogni ombra di


in-

dubbio ragionevole, e non lasci alcun problema


tentato alla curiosit dei futuri.

In altra guisa

temente dalla

pu considerarsi l'oggetto differenreale disposizione, che gli compete in


diventa
un'altra

natura, secondo che divien termine della riflessione


della mente, e con ci

volta e in
l'es-

nuova guisa oggetto del pensiero, non secondo


sere e
in
il

modo

dell'ordine

reale,

ma

precisamente
diretto

quanto gi accolto con un primo atto

nel conoscente.

Pi generalmente, dobbiam distinguere dall'ente


reale l'ente di ragione. Cos

chiamato quello

di

cui tutto l'essere l'essere termine del pensiero nella

mente. Ente di ragione non

il

pensiero stesso, ch'

un atto

reale

oggetto del pensiero

medesimo. Pu
esso non ha

aver fuori del pensante un fondamento, una cagione

che eccita

la

mente a pensar

cos

ma

verun atto

entitativo,

n realt veruna. Solo nella

CONFRONTATA ALL'aNTICA
mente, che
l'ente reale.
il

147

pensa a similitudine e a maniera delil

Perch l'ente reale

primo e
;

il

pro-

prio oggetto della conoscenza intellettiva

non senza
formarsi

ordine ad esso, o analogia con esso,

pu

mai nessun concetto.

Tra

cotesti enti di ragione

hanno singolare imseconde


intenzioni,
logica. Tutti

portanza quelle che sono

dette

e costituiscono l'oggetto della scienza

convengono

in

dire che la logica direttiva dell'atto

della ragione nel

tendere

alla

verit.

La ragione

umana, che non per immediata


discorrere

intuizione,

ma

per

via deduttiva o induttiva, giunge alla scienza, e nel

pu sbandarsi, ha bisogno
gli

d'esser diretta.
atti
:

D'altra parte essa che dirige


essa ancora

umani, ed

pu

riflettersi

sopra di s
i

onde viene
atti,

ch'essa
rigerli

pu

e deve considerare

propri

per di-

convenientemente nel

loro

processo.

cos

viene a costituire la logica.

Ma

l'operazione
al

neces-

sariamente riguardata
qui l'oggetto inteso.
si

in
Il

ordine

termine, che

primo oggetto

che a noi
sentite,

presenta posto fuori di noi nelle

cose

alle quali
la logica

pur

si

volge

l'intelletto.

manifesto che

non riguarda

per

s e direttamente cotespeciali
in
:

ste cose,

che sono oggetto d'altre scienze

appena
cor loro

le

guarder talora indirettamente,


di essere forse influiscono

quanto

modo

sul

modo
come

stesso di conoscere e sulle leggi del pensiero,

avvien che influiscano

la

necessit e la contingenza.

Ma

deve

il

logico per s considerar gli oggetti prenella


in

cisamente
nuti ne'

come sono costituiti suoi atti. Ora le cose,

mente o conte-

quanto sono co-

148

LA NUOVA CRITICA

nosciute o intese in atto, prendono un nuovo

modo

di essere che spetta aV ordine intenzionale: in que-

st'ordine

il

logico

si

trattiene.
il

L'intenzione formalmente
tellettivo

medesimo

atto inil

che tende all'oggetto


l'atto si

oggettivamente

termine a cui

porta, intendendolo o rappre-

sentandolo. Se dunque prendiamo

come prime

inten-

zioni quelle che corrispondono agli oggetti reali di

rettamente conosciuti, ossia quelle che di lor natura

non ne suppongono

altre precedenti,

poich da esse
quelle che suple

s'incomincia; bene diremo seconde

pongon
stesse.

le

prime, e sorgono per riflessione sopra


loro termine
in
gli

Hanno dunque per

oggetti
essi

prima pensati,
di essere,

ma

formalmente

quanto

son

gi pensati e acquistano nella mente un nuovo

modo
Cos

che non

hanno

nell'esterna

realt.

queste

seconde

intenzioni

formalmente

consistono
;

negli atti riflessivi che tornano sugli atti primi

og-

gettivamente son poste nel contenuto di quei primi


atti,

o nelle cose pensate, precisamente

come sono
Per
il

intese e col

modo

che prendono

nell'intelletto.

esempio

prima intenzione quella

che

riguarda

vivente e ne rappresenta l'entitativa

composizione

oggettivamente una realt a noi esterna;

formal-

mente

l'atto diretto

che ad essa

si

termina.

Ma

il

vivente,

come

accolto nell'intelletto,

non

ritiene pi

quella concrezione materiale con cui esiste nel

mondo;

n quell'ultima

determinazione

singolare,

senza la

quale non pu avere realt; n forse l'ultima specificazione, a cui

non penso e che mi

sconosciuta.

Non

solo nella

mente rappresentato

da

un atto

CONFRONTATA ALL ANTICA


spirituale
;

I49

ma

ancora rimane astratto senza l'ultime


;

note individuanti

forse
e io

anche

indeterminato

ri-

guardo

alla specie,

penso un vivente

in genere.
cos,

Or
nel

io

prendo a considerarlo propriamente


libero

come

mio pensiero

da quelle ultime determiqual

nazioni, ed rappresentato
specializzarsi o

natura

capace di

almeno d'individuarsi

in diversi

modi.

Ecco una seconda intenzion formale


che faccio sulle prime nozioni
nella nella
;

nella riflessione

int^^nzione

oggettiva

natura

di
la

vivente,

in

quanto gi astratta
riferire

mente, e

vedo

potersi

diverse

e a molti individui.

Tali seconde

intenzioni, e spe-

cialmente

le
all'

oggettive,

che

strettamente apparil

tengono

ordine della conoscenza, costituiscono

proprio soggetto della logica.

E
modi
niere

quelle intenzioni sorgono veramente in diversi


nel nostro
d'

intelletto,

secondo

le

diverse
:

ma-

operazione
raziocinio
la

che

gli

convengono

concetti,

giudizi,

Non mai
reale

questione di ci

che oggettivo e
e
si

ovvero soltanto
s

soggettivo

ideale,

fu

stu-

diata

fondo,

come quando
di

disput

degli

universali. e
al

Con una leggerezza


vera
i

incredibile di criterio,

con molta mancanza


pensiero [antico,

erudizione

riguardo

moderni

raccontano
le

qualche

cosa delle dispute medioevali, e


vane, e compatiscono chi vi
si

disprezzano

come

perdeva. Era invece


a cui possa

uno studio
elevarsi
1'

de' pi

vasti

profondi

umano ingegno,
ragione,

e se

Kant ebbe qualche


bisogna
della

punto
conto

di

dicendo
e
del

che

rendersi

del

modo

valore

nostra cono-

I50

LA NUOVA CRITICA
il

scenza,

pensiero di
e

lui

fu

in

quella disquisizione
essere
a tutti e

e prevenuto

superato.

Dovette

sempre chiarissimo che ogni realt in s medesima singolare e che l'ultima individuazione di ciascuna
cosa

ad ogni

altra

incomunicabile

e'

dunque fra singoli soggetti una differenza che non pu togliersi, un vano che non si pu colmare. Eppure convengono veramente nel mio concetto !uomo
tutti gli

uomini, e in quello

d'

animale
d'

tutti

sen-

zienti.

Come
per

posso

io

valermi
i

uno stesso coni

cetto

rappresentarmi

diversi animali o

vari

individui

umani

Par

eh' io

m' inganni, se con uno

stesso pensiero voglio rappresentarmi l'una e l'altra

persona, l'uno e l'altro vivente.


cetti

Diremo che
?

con-

universali

non hanno reale applicazione

Anzi
cia-

non a
scun

torto io dico di Pietro e di


altro,

Paolo e di

che

uomo

e del leone e del sorcio,

che sono animali. Anzi

di concetti universali perpetuaci

mente

ci

valiamo discorrendo delle cose che


nell'

stanno
:

intorno, e regolandoci

agire

intorno

ad esse

dunque quei
trimenti che

concetti rispondono ad

una natura che


esiste al-

veramente comune. Questa tuttavia non


nei
distinti

singolari.

Con che rimane


competono
altro

manifesto
diversi

che

alla

natura
;

intesa

due

modi

di

essere

uno com' materialmente


reali
1'
;

moltiplicata negli

oggetti

com'

for-

malmente una
problema
i

e conosciuta
gli

per

tale

nell' intelletto.

Dovettero adunque
il

antichi
e

scrutare a fondo
analizzare
sottil-

della

conoscenza,

mente

procedimenti

intellettuali,

dal primo acqui-

sto delle specie intelligibili fino alla perfetta forma-

CONFRONTATA ALL ANTICA


zione
l'

I5I

dei

pensieri.

Vero

che questa
in

analisi del-

intellezione

non

pu

andare
:

tutto

divisa
la

da

qualche studio della realt

cio in quanto

ma-

niera dell' essere influisce sul

suir ordine degli atti

modo di conoscere e intellettivi. Non era possibile


se,

ben ragionare dell'universalit, senza vedere,


volta che

ogni
il

un nome comune a molte


differenze

cose,

anche

concetto serbi unit, e se questa possa rimanere intera,

moltiplicandosi
il

le

dei

soggetti ai

quali

concetto applicato.

Pu

darsi al contrario
sia significato

un concetto, che senza vera unit un nome


di questi
solo,
e,

da

discendendo a molti soggetti, vada


?

in essi diversificandosi

Dall'avverarsi l'uno o l'altro


la

modi

di

comunanza viene

considerazione

dell'univocit d'un

nome
libri

e d'un concetto universale,


;

ovvero dell'equivocit e dell'analogia


fondo
pensiero
il

n senza pro

ai

logici

d' Aristotele

pre-

messo

trattato delle categorie, le

quali

son diviragioni,

sive dell'ente reale, e assegnano le


irreducibili

supreme

ad

altre pi semplici

non mutate nel

restringersi poi con altre determinazioni.

sono

pure enunciati

principi

che distinguono

dall' uni-

vocit l'analogia.

Abbiamo
che
riguarda

cos accennata
le

la

principal

questione
alla

intenzioni
intellettiva,

logiche

aggiunte
la

prima operazione
prensione o
il

che
fu

semplice apla

concetto.
filosofi

Non

meno profonda
al

critica dei vetusti

riguardo

giudicio o alla
se

seconda operazione della mente.

qui

pure

il

Kant
che
la

si

sforz d' intervenire e correggere,

dicendo
coi

prima

conoscenza

nei

giudizi,

quali

152

LA NUOVA CRITICA
a
e

veniamo
soltanto

formarci
la

concetti

delle cose,

mostr

confusione de' suoi pensieri e la voil

glia di far

da maestro. In che senso


conoscenza,
gli

giudizio sia
lo

primo

nella

lo

seppero

dissero

mirabilmente
la verit

antichi,

quando insegnarono come


nella

manchevole

sola

apprensione

che

nulla

afferma o nega,

ed perfetta

nell' intelletto

che compone e divide.

Ma

che

concetti

vadano

innanzi al giudizio in cui entrano, manifesto,


il

come

moto prima del termine, e gli elementi precedono come parti materiali il composto
principio del
e pi neir

umana

natura, ove

si

procede dalla poche


il

tenza

all'atto,

prima

l'atto imperfetto
ci

perfetto.

Che
i

poi giudicando

formiamo
quanto

in

qualche
a

modo
sapere

concetti, vero,

in

giungiamo

che un designato

oggetto
si

rappresentato

da

tal

nozione, e cos o cos

definisce.

Ora

il

concetto applicato cos, non la semplice


al

apprensione presupposta
dizio perfetto,

giudicio
:

anzi

un

giurarife-

come

s'io

dico

l'uomo animai
che
il

gionevole;

ovvero

penso anhnal ragio7ievole,


Avvertasi

rendolo

all'

uomo.

pu constare
concetto
:

di
al-

parti ed esser complesso anche

ma

lora diventa

giudizio,

quando esplicitamente o imla

plicitamente

importa
al

copula

ovvero non
s'

con

la

quale

semplice

apprendere

aggiunge

r assenso, che

gli

arabi interpreti d' Aristotele chia-

marono
que
la

credulit della

mente

ed operazione

es-

senzialmente distinta dal semplice concepire.

Adun-

prima operazione rappresenta un oggetto,


;

quasi materialmente

come un'immagine

intenzionale

CONFRONTATA ALL ANTICA


s,

153
:

ma non

riferita in atto
si

al

suo tipo
all'

nel giudi-

care nivece, e

riferisce
si

il

pensiero

oggetto di

cui rappresentativo, e

dice che la cosa importata

nel soggetto del giudicio o della s disposta,

proposizione in

com'
che

nell' intelletto

informata dal prela

dicato

con

riusciamo

ad avvertire
il

corri-

spondenza
tardi e

fra la

cognizione ed

conosciuto.

Venne
di ve-

male Emmanuele Kant a dar segno


confuso
ci

dere

in

che da tanti secoli era stato

chiaramente insegnato.

Avremo
studio
:

pure, riguardo

al

giudizio,

un duplice
o forter-

uno che

lo considera

assolutamente,

malmente

in se stesso nella

composizione
dall'

dei

mini e nelle propriet che risultano


di questi e dall'esser la

estensione
;

copula positiva o negativa


all'

r altro che lo rimira in ordine

oggettiva realt,
propriet
si

onde vien

talvolta qualche diversa

logica
cer-

nel giudizio

medesimo.
cui

Universalmente

pu

care la proporzione che corre tra

Vessere,
i

atto della

Vanima^ secondo
atto delVente,

convengono
divisi e poi
si

termini che
1'

mente prendeva prima


essere,

compose, e

essere

che nelle cose


la copula,

avvera.

Quel primo

che
i

e le particolari ragioni che

prendono
il

concetti in quanto son termini nei quali


si

giudizio

risolve,

sono

intenzioni

seconde, che

il

logico considera in ordine alla perfetta operazione


;

intellettiva

e gli Scolastici

non mancarono anche

in

questo di ben discernere la realt oggettiva dal

modo
Kant

che

gli

oggetti intesi possono prendere nella mente.


dottrina

Della

logica

sul

giudicio mostr
facile,

il

d'aver inteso qualche parte pi

ossia la no-

154

LA NUOVA CRITICA

zioni relative alla quantit e alia qualit delle enunciazioni,

ond' egli
;

trasse,

male

proposito,

le

sei

prime categorie

tocc

il

resto e lo guast,

quando
simile

volle raccogliere le altre categorie dal rapporto del

soggetto col predicato, o pens


alle proposizioni
Il

alcunch

di

modali.
dalla

passar nostro

potenza

all'

atto

per via

d'atti imperfetti

c'importa pure la necessit di ragiodalle

nare,

venendo
e'

verit

pi
il

note ad

altre

che
pi

prima

erano ignote. Qui


il

processo

diventa

lungo, e
s

confronto di molte cose pi

complicato,
:

che r analisi riesce


la

molteplice e acuta

non per
aristote-

questo vinse
il

penetrazione dello Stagirita. Credette

Kant

di poter

guardare
i

dall'alto l'opera
sillogistici, e

lica,

disprezzando

modi
della

condannando

quelli
inutile,

che non sono

prima

figura.

Ma

fu

zelo

dopo che

la verit era gi stata


i

detta inte-

ramente: vero che

modi
in

delle figure altre dalla

prima sono imperfetti,


rore

quanto mancano di chia;

rezza o procedono per via indiretta


il

ma

sarebbe

er-

negar che manchino

di forza

illativa,

e in-

compiuta sarebbe stata

la logica,

che non
le

gli

avesse

enumerati, e non ne avesse assegnate

leggi.

Nulla

manc, anche

in questa

parte, nella

considerazione

della formale struttura del sillogismo e dell'induzione

e degli argomenti che all'uno o all'altra

si

riducono,

e poi nell'attendere alle diverse applicazioni o a


teria necessaria di scienza certa,

ma-

o a quella ov' solo


arti

probabile la conclusione, o infine alle

sofistiche.

Certo Aristotele, che raccolse


cerche fisiche e metafisiche a

tutti
lui

tesori delle rili

anteriori, e

purg

CONFRONTATA ALL ANTICA


e
li

155

crebbe,
politica,

egli

che
stabil

s
i

rettamente
principi e

scrisse di etica

e di

diede

ordine

tutte le scienze,

parve compiacersi sovra ogni altra

cosa della sua logica,


intraprese, e sent
d'

come
aver

di

quella ch'egli

primo
I

condotto

a perfezione.

secoli posteriori adopraronsi a render pi facili gl'in-

segnamenti dati in uno

stile

molto conciso

ma

fu-

rono concordi, salvo qualche delirio passeggero, nella


riverenza
al

maestro, e nel riconoscere che alla sua

logica, vera critica della ragione,


togliere,

non v'era nulla da

pochissimo o nulla da aggiungere.

Al contrario volle provarvisi Emanuele Kant, e


per acconciare questa povera lucerna della ragione,

ove

gli

parve

di

veder

lo

stoppino

far

fungo,

la

spense: a riaccenderla non riusc.

Fu uno
al

spegnerla

veramente
conoscitiva

il

pervertirne la bont naturale e la virt

n pose alcun rimedio


i

mal

fatto col

proporre invece

suoi schematismi.
certe figure determinate nel
i

Chiam schematismi
e
giudizi che
la

soggetto, secondo le quali prendono forma


i

concetti

danno principio

al

nostro intendere.

Ei toglie

dipendenza della facolt da qualunque


il

oggetto

nel formare

pensiero, se

da un eccitante che
del nostro
fuori,

irrita
?)
:

non forse come o spinge al moto (anche


della realt

questo, chi sa perch

sapremo forse alcuna cosa


;

modo

di

concepire
nulla.

che sta

non sapremo

Primi

schemi della noci

stra

conoscenza furon detti quelli che

fanno veder

tutto nello spazio e nel tempo, e cos


fu confusa la

pessimamente

misura indissociabile dell'estensione e


corporeo, con una sog-

del

moto

ch' nell'universo

156

LA NUOVA CRITICA

gettiva necessit del conoscente.

Seconda
i

serie di

schemi quella che

ci

fa
:

distribuire

nostri giudizi

in certe classi o categorie

qui poi l'error kantiano

molteplice, e ci giova trattarne alquanto.

Con
struire

quella idea confusa che

il

giudizio la prima
fece
il

conoscenza della mente umana,

si

Kant

a co-

una divisione da
;

sostituire ai predicamenti di
il

Aristotele
fosse
il

e incominci

lavoro, senza sapere qua!

soggetto che dovea dividere. Doveva questa


riferirsi

divisione
tivi ?

alle cose,

ovvero

agli atti intellet-

Aristotele aveva certo pensato alle cose, e tratt

principalmente delle

supreme ragioni
sincero

essenziali ne'

suoi Metafisici ; solo fece poco pi che enumerarle nei


libri

logici.

Kant, da

idealista,

pi

doveva
Aristo-

attendere

ai nostri

pensieri.

Ma

pure
ai

in quest'ordine,

dovea pensare
tele

ai concetti,

ovvero
perch

giudizi

mirava

ai

concetti

fra questi

abbiamo
ri-

le nozioni

incomplesse, alle quali immediatamente


le

spondono
priamente

cose diverse
quella
;

perch nei concetti proche per costituire


le

universalit

classi richiesta

perch dai concetti, e specialmente

da

quelli che nel giudizio

tengono

il

posto del sog-

getto,

dipende
al

la

maniera del giudizio medesimo.

Kant modi

contrario,

sempre strano,
i

volle

dividere

di giudicare;

quali assai pi

ritengono deldel

l'essere

intenzionale, essendo la forma

giudizio

posta nella copula, che atto nella mente.

Ma

nel

complesso delle nozioni che qui


si

si

uniscono,

come
le di-

potr arrivare ad assegnar


?

per questa via

verse maniere degli enti

Senonch

l'

idealismo

di

ci

non

cura, e

come

CONFRONTATA ALL ANTICA


appunto
le
si

157

volle,

nella serie kantiana

sono distinte
innanzi, l'es-

maniere di giudicare, cos vengono


affermativo

sere

negativo

del
;

giudizio,

ovvero
del sog-

l'essere universale e particolare

la relazione

getto

al

predicato,

come
;

di

sostanza o di causa
di

con mutua dipendenza

il

modo
non
si

contingenza o di

possibilit o di necessit,

sa bene se ogget-

tiva di essere, o soggettiva di giudicare.


di

Da

ciascuno

questi

quattro

capi traggonsi tre maniere (Kant

voleva ordinare una condizione, un condizionato, un

misto d'ambedue), e sorge

cos la sinossi

kantiana

delle dodici categorie, che altre volte

esponemmo.

Ancora una volta insistentemente notiamo, come


quella parte di verit che poteva
gli

nascondersi sotto
agli

errori di
essi

Kant era notissima


nella
in se

antichi,

e fu

da

grandemente considerata.

vero che

gli

og-

getti

prendono

mente un
medesimi
;

altro

modo
in

di essere

che non hanno

prima
che
che

quanto son

rappresentati da un atto spirituale e operativo tutto

diverso
tura
letto
;

entitativamente

da ci
speciali

sussiste in nail

poi per quei

modi

nostro intel-

d spesso a ci che intende, o d'universalit o

d'analogie o di relazioni, che nella realt hanno qual-

che fondamento,

ma
;

sono enti

di

ragione.

Qui, e
s'in-

non

altrove, qui

si

pot dubitare un
e
s'

momento che

sinuasse

alcun errore

veramente

alcuni ingegni

meno

forti e

non

lucidi

impigliarono in
le

una rete

che non seppero districare. Se

cose tutte son sin-

158
golari,

LA NUOVA CRITICA

parve ad alcuni che ogni

comunit

dovesse

essere esclusa dalla natura,


letto,

anche com'
a

nell' intel-

e solo

per

equivocazione

molti
le

individui

s'attribuisse lo stesso predicato.

Poich

idee paiono

davvero

universali, altri

dissero

che debbono

pur

sussistere certe forme astratte, alle quali direttamente


si

riferiscano le
in

nostre

conoscenze. Tutti

si

fonda-

vano
il

un evidente e innegabile presupposto, che

pensiero dee corrispondere all'oggetto, n passava

lor per la

mente
la

di dubitarne

ma non

tutti

seppero
di-

dare poi

distinzione
dicitur

che l'Angelico

insegn

cendo

Cum

quod

intellectus est falsus.

qui

rem aliter qua^n sii, verum est si ly aliter referatur ad rem intelledam : tunc enim, intellectus est falsus quando iyitelligit rem esse aliter quam sit ;
intelligit

linde falsus esset intellectus, si sic abstraheret speciem

lapidis a materia,

nt

intelligeret

materia, ut Plato posuit.


propoiitur,
si ly aliter

Non

est

eam non esse in autem verum quod


7itelli-

accipiatur ex parte

gentis

est

enim absQue

fabitate
quam,
7ion

ut alius sit Tnodus

intelligentis in

intelligeiido

modus
autem,
q.

rei in es-

sendo ; quia iitellectwm est in intellectu immaterialiter

per

modum
Ossia:

intellectus,

materialiter
art.
I

per modum.
a
1^).

rei materialis (I

p.

LXXXV
vien

falso l'intelletto

diverso dalla cosa


riferita

che diciam

conosciuta, se la

diversit

all'oggetto, perch l'intelligente gli attribuisca quello

che

in esso

non

non
in

falso,

se la

diversit

ri-

mane

nel

modo

d'intendere, o nel

modo
di

che

la

forma
che
at-

prende precisamente

quanto

nell'intelletto, e

l'intelligente sa d'avere in s,

ma

non dovere

CONFRONTATA ALL ANTICA


tribuire all'oggetto.

I59

Per non intender questo, o per


i

non attendervi, errarono


altri

nominalisti

platonici ed

antichi,

male traendo ingiuste conclusioni da un


che
il

assunto vero,

conoscente
il

deve assimilarsi

al

conosciuto. Pessimamente
sunto, per

Kant neg cotesto


false;

asdi-

non

dedurne

conclusioni

ma

strusse con ci la
[

massima perfezione dell'uomo, che


posta nel rinnovare in noi
i

la conoscenza, tutta

le

cose esteriori. Ottimamente


l'Angelico,
,

migliori Scolastici, duce

distinsero

fra ci
il

che proprio
attribuisce

dell'in-

telligente e ci

che

medesimo

all'og-

getto, e videro

molto bene quali forme accidentali o


ovvero

intenzioni seconde potessero convenire alla natura in


,

quanto e

astratta,

le

si

aggmngessero

quanto soggiace
.

alla riflessione intellettiva.

Cos distinsero
gione, che pur
1

molto chiaramente l'ente

di ra-

t'

intelletto
;

tende a concepir nelle cose,


alla

dalla vera realt

riconobbero che molto spesso

distinzione dei concetti

non risponde alcuna

distin-

zione entitativa,
in ordine
allo
d'

come quando distintamente pensiamo


stesso

soggetto
l'

corporeit e vitalit
d'

e r essere

animale e
i

essere

uomo, o ancora
di

quando nominiano
pero che
all'

diversi

attributi

Dio

sep-

copula del giudizio

non corrisponde

sempre un atto
quale

di essere entitativo, e spesso quell'

s'avvera per un atto accidentale, altro dal primo pel


il

soggetto sussiste. Similmente nel ragionare,

ossia nel trarre

da verit gi note

altre

che ignorara-

vamo,

fu

sempre avvertito che l'ordine ontologico


al

ramente risponde

logico, in tal guisa che la rasia

gione del conoscere

pur

la

ragione

dell' essere.

l6o

LA NUOVA CRITICA
si

Talora dalla cagione

pu dedurre

l'effetto,

come
pi

chi conosce la perfezione del Creatore ne

trae cer;

tissimamente che bene disposto l'universo


spesso noi dagli
ci

ma

effetti

saliamo

alle cagioni, e quelli


alle verit
al

sono pi

noti, e

siam quasi ciechi

per

s manifestissime,
chi

come augel notturno

sole.

Cos

vede ordinato l'universo, ne deduce


;

la

necessit

d'un primo ordinatore

e sa e vede chiarissimamente

che

la

dipendenza reale inversa di quella che

nel suo conoscere;


s'

ma

appunto perch
di operazione

lo sa,

non

inganna. In ogni

modo
il

intellettiva,

fu accuratissima l'antica logica a


l'ente di ragione e

discemer dalla realt

processo intellettuale.

Verit e certezza.

Finalmente, abbiam posto come settima questione

da

risolvere,

affine

d'avere intera

la critica della co:

noscenza

intellettuale, ossia della

ragione

Qual

e la

perfezione propria

della

conosceyiza e

come veniam

meno da essa?
Noi rispondiamo
noscenza
certezza
;

subito,

con

la

persuazione di dir

cosa chiarissima, che propria perfezione della cola verit,

posseduta

con

chiarezza e con

che poi veniam meno

alla perfezione stessa,

se questa luce o questa fermezza difettosa, o peg-

gio assai, se invece del vero, riteniamo


fatto

il

falso.

Di

r intrinseca natura della cognizione posta nel ad un termine, come ad oggetto rappresenil

riferirsi

tato per via dell' atto conoscitivo. Tutto

bene del

CONFRONTATA ALL'ANTICA

i6i

conoscere sta nella conformit di cotal rappresentazione con la realt a cui


si riferisce:

e tutta la perfenell'

zione della conoscenza da cercare


niera di ottenere e di possedere
del conoscente con
l'

ottima ma-

cotesta

conformit

oggetto

conosciuto.
s'

difetti

saranno o

in

qualche difformit che

insinui,

se

pure
quel

la

rappresentazione ottenuta, nel non averla in


al

modo che

conoscente

conviene,

con piena
dichia-

coscienza e con certezza di possederla,

come
la

reremo.

Prima
nulla
scere,

di esporre

quanto perfettamente

sapienza

antica abbia

studiato la questione
all'

proposta, e cos
farsi

mancasse

esame che dovea

del cono-

non meno che .^^ essere, non diciam


problema,
E.

accenniamo

come
lui,

fosse incapace,
di proporre
il

di sciogliere,

ma

eziandio

Kant.

Tutto per

dopo r eccitamento,

partito forse

da qualche oggetto

esterno, era determinato dall' interna disposizion del

soggetto, senza proporzione con la realt delle cose.


In che
di

dunque potea
tal

riporsi la

bont o
pi

la

perfezione
;

un

conoscere

Non rimane
il

norma alcuna
di
l'

se pure altri

non dica che

buono

del pensare sta


;

nella coerenza degli stessi pensieri fra loro

che
an-

potranno contentarsi quegli


tico studio

stolti

che deridono

della logica

formale.

Ma

la

logica for-

male necessariamente studiata per

procedere con
;

certezza e rettitudine in tutte le scienze reali

pesridu-

simamente

neo-kantisti,

che

la

disprezzano,
tutto
all'
l'

cono ad una specie


in cui viviamo.

di logica

inutile

ordine

della conoscenza, n pi lo

riferiscono

universo

II

l62

LA NUOVA CRITICA

Lasciando cotesti sogni,


marsi
alle cose,

la

mente deve confordella

e in

questa

conformazione, di cui

r intelletto
conoscenza.
tuisce
la

sia

conscio, posta la perfezione

Or

questa medesima
e l'esserne

conformit costiil

verit,

conscii

modo che
maniera

air intelletto conviene di possederlo. In cotal

notissima la definizione; veritas est adaequatio intellectus et rei.

poich poniamo
relativa,

la verit la

in

una

adequazione, che
zione e
i

ne troveremo
ai

perfe-

difetti,

attendendo
e al

due termini che debV uno


all' al-

bono adeguarsi,
tro.

modo
l'

di riferirsi

Neil' aver poi piena

coscienza di codesta ade-

quazione raggiungeremo
conoscere
cordisi
il
:

ottimo

compimento
certezza.

del

la verit

posseduta con

Ri-

lettore che queste cose


d'

esponiamo, non gi
;

pensando

intraprendere un nuovo studio

ma

vo-

lendo far sentire e toccar con

mano quanto
e gli

strana-

mente

si

siano ingannati E.

Kant

ammiratori

suoi nel credere che egli abbia fatta la critica della

ragione, e che prima di lui non


Il

ci

si

fosse pensato.
fu

fatto

che prima

ci

si

pensato e lo studio
il

in

ogni

parte

perfetto;

che

Kant ha reso

ogni

cosa assurda e impossibile.

Guardando prima
che quanto esso pi
ch l'atto di

1'

oggetto, assolutamente vero


innalza nella perfezione enti-

s'

tativa, tanto migliore n'

ancora la conoscenza. Poinel

conoscere un riprodurre

cono-j

scente la forma di ci ch'ei conosce e fargli acquistare


in

nuova guisa
che

la perfezione del conosciuto.


ai

Di quenulla,

sto

importa

kantisti

Se son

logici,

poich non sanno di avere alcuna rappresentazione.

CONFRONTATA ALL'ANTICA

163

noi

ne importa, e diremo che


1'

la

mente

si

eleva

air oggetto, o essa nobilita

oggetto,

secondo

che

questo

superiore a

lei,

o le inferiore.

Quanto
comtermine

pi, o per

altezza di perfezione o per essere


si

prensivo di molte determinazioni,

eleva

il

formale

dell' intellezione,

tanto questa va pi lontana

dalla materia, e dalla potenzialit e dalla concrezione


della

medesima. Or questo

dire

che

l'

intelletto si

proporziona all'attualit dello


gliore quanto

spirito,

e tanto mici che

pu sorgere a rappresentarsi
intelligibile.

insieme pi spirituale e

Cos diventa

pi perfetta la nostra mente, conoscendo le ragioni


formali pi alte, e salendo
all'

ordine che eccede la

materia, e pi e pi giungendo a toccare in qualche

modo
verso.

r atto

purissimo, la prima Cagione

dell' uni-

vero che salendo sopra di noi, non

possiamo

formarci un concetto proprio delle essenze spirituali


e tanto

meno

di

Dio

infinito.

Ma

quella nozione che

pur ce ne possiamo

formare, dedotta per

analogia
della

dalle cose a noi manifeste, e

compensata

sua

limitazione con saperla


ficata dalle imperfezioni
riori,

inferiore alla realt, e puri-

e dai

modi

degli enti infeil

basta ad elevar l'intelletto, assai pi che se


si

medesimo
tati

trattenesse negli oggetti presenti, limi-

in se stessi e al

paragone imperfetti. Pi
1'

si

eleva

la

mente, considerando
lo

ordine spirituale, ancorch

non
dine

conosca di conoscenza immediata, n come


si

proprio oggetto, che non


materiale,

elevi

fermandosi
lo

nell' or-

quantunque se

rappresenti

con

maggior chiarezza e propriet.

senza

confronto

l64

LA NUOVA CRITICA
si

pi

nobilita e

si

compiace pensando a Dio, conosimilitudini e per


le

sciuto per rimotissime

eccesso e

per negazione, che descrivendo tutte


specie inanimi e
vitali,
;

variet delle

ond' costituito l'universo.


cos

Cos sentiva Aristotele

sentono
e
la luce

tanto
della

meglio
rivela-

coloro, ai quali la certezza

zione danno conforto,

per

sorgere a un' idea

meno

rozza delle infinite

perfezioni.

Poich V

intelletto di-

venta a suo

modo
la

l'oggetto inteso: da questo adun-

que

si

misura

prima

elevatezza e la
d' altra

perfezione

della mente, di cui virt o la capacit.

determinata

parte la

Poveri kantisti, che diranno a questo? Per

essi

oggetto vero

dell' intellezione

non

v' .

Se aspettano

che alcunch di reale


scenze
prio
ci

risponda

alle

minime cono-

dell'
sia,

ordine sensitivo o fenomenico (che pro-

non

lo
si

sanno)
viene

certo per essi ogni cosa

svanisce,

quando

all'

ordine intellettuale,

ai

concetti e pi
essenziali,

agli assiomi,

che

toccano

le

ragioni

anche pi comuni e perspicue.

se l'ente

oggetto dell'intellezione, e se la perfezione di questa cresce

come

quello,

non ne resta nulla


atti intellettivi

in quello

strano sistema che pone gli

gni indipendenti
il

dall' universit delle cose.


il

come soVien meno


l'og-

primo

criterio e

principal

fondamento per giu-

dicare della bont del conoscere: cio


getto, a cui per s tutta
si

manca

riferisce

ogni operazione,
esserne im-

e quella particolarmente che

dovrebbe

magine o rappresentazione.

Guardando

al

soggetto

conoscitivo,

dovrebbesi
l'at-

misurar da prima la forza della mente, secondo

CONFRONTATA ALL' ANTICA


tualit dell' essenza spirituale,
in

165
l'

che

intelletto

ha
poi

radice.

Ma

l'

essenza non a noi manifesta, se non

per mezzo della medesima

operazione

questa

non pu essere considerata, se non tenendo insieme


l'occhio all'oggetto, senza
il

quale

1'

operazione non
intendere,
il

ha senso e non
a formarsi

intelligibile.

Or per
che

soggetto ha bisogno, prima d' una specie che


il

l'ecciti

concetto
il

di

ci

intende

poi di
si

lume,

secondo
col

quale pi o
pensiero
all'

meno chiaramente
oggetto e giudica

riferisce

suo

la

verit.

Secondo

la

perfezione e

l' 1'

attualit

intellettuale

della specie che rappresenta

oggetto, o che
il

imme-

diatamente dispone
presentativo
l'

la

mente a formare
cosa
intesa.

verbo rap-

dell'

oggetto, pi o

meno propriamente

intelletto

diventa la

Non cerchiamo

ora in qual

modo

coteste

immagini possano formarsi,


azione d' una
dell'

a che
fluisca

si

richiede o la presenza dell' oggetto che in1'

suir intelligente, o
la

causa pi
la virt

alta
d'

che contenga e

ragione

oggetto e
Tutti
in

imprimerne

la specie

nell' intelletto.

sanno

che fu problema con gran cura studiato


parte.

ogni sua

Ma
ferirsi

quella rappresentazione, che consiste nel sem-

plice concetto, senza che la

mente

sia conscia di ril'intelletto


s

con essa ad alcuna cosa, costituisce


vero,

quasi materialmente

non basta a

far

eh' ei

possieda formalmente la verit.

A
l'

questa noi veniaal

mo

per mezzo del giudizio, ove aggiungiamo

sog-

getto la forma del predicato, e

uniamo per

la coall'

pula , che neir ordine di ragione corrisponde

l66
reale,

LA NUOVA CRITICA

o a quell' atto d essere per cui

la

cosa co-

stituita in s

medesima.

se questa corrispondenza
e

non manca,
verit.

abbiamo
di

cos

sappiamo

d'

avere la

Eppure
letto
il

nuovo, cotesta convenienza

dell' intel-

con

la cosa,

conoscendo

la

quale

conosciamo

vero,

pu essere veduta

sotto

una luce pi o meno


intrinseca

viva, e

pu essere a noi

presente o per

evidenza, o per motivo esterno che la persuada con

pi o

meno

di chiarezza e di

forza.

La
gli
l'

diversa luce

pu

fare che

V oggetto

sia riconosciuto

con maggiore

o minore comprensione delle note che o che


del
si

competono,

resti

pi lungi dall' esaurire


fare ancora che
1'

intelligibilit

medesimo. Pu
al

adesion

della

mente

giudizio formato abbia diversa

determina-

zione o fermezza.

Quando

la

mente

appieno de-

terminata a giudicar cos, diciamo che certa della


verit.

Questa certezza sar pienamente posseduta,


la riflessione sul

quando, per
citamente

nostro intendere, espli(assoluta, o alla

conosceremo

la necessit

mieno ipotetica,
zione
si

ma

ritenendo insieme che

condi-

avveri) della

affermazione a cui aderiamo.

Tuttavia questa riflessione non costituisce,

come parve
quale
:

ad
fu

alcuni, anzi piuttosto

suppone
dall'

la certezza, la

molto bene

definita

Aquinate dove

scrisse

Certitudo proprie dicitur fir-niitas adhaesionis virtutis

cognitivae in 'iuum

cognoscibile

(in III

Sent.
:

Dist.

XXVI
art. II

q.

II

art.

IV), o pi

brevemente

Determiq.
II.

natio intellectus
q. 3).

ad unum (ib. Dist. XXIII Ora cotesta fermezza o perfetta


si

deter-

minazione gi

trova

nell' atto

che afferma o nega

CONFRONTATA ALL'ANTICA
immutabilmente ci che
vi
fa
all'

I67
si

intelletto

manifesta

gi,

prima

della riflessione. Questa peraltro ci

consci d' esser certi, e per fa essere la certezza,


all'

come conviene

intelletto, in atto

conosciuta e cos

posseduta appieno.

Questo grande problema della certezza tormenta


gl'ingegni dei moderni
filosofi,

che guastati dal kangrosso-

tismo, o corrotti dal materialismo o da un

lano empirismo, non osano

pi

quetarsi

in

alcuna
di

affermazione universale, e

appena son
i

certi
:

ci

che colpisce
brasse

loro sensi o irrita

nervi

andar

oltre,

par loro un rischio mortale, assai pi che non semil

valicar

1'

oceano

ai

primi
tutto

compagni

di

Colombo. Lo scetticismo per


immediato oggetto
patiscono
tico, e

ci

che non
dispo-

di

esperienza, la
i

comune
;

sizione degli animi tra

moderni
puerile

sofi
il

come un sogno
illusi

dicono

quegli Scolastici,

comdogmatismo anche non avevano


i

quali

imparato da Emmanuele Kant a studiare


possa giungere
L' unico

la

cono-

scenza e a cercare per quali vie e dentro quali limiti


si

alla certezza!

modo

di

non
di

ismarrirsi in

un

labirinto

inestricabile quello

non

rinunciare
il

alle

prime

verit innegabili,

di

non togliere
possibile
lo

fondamento

pi necessario
s'

d'

ogni

raziocinio.

Sempre
non
v'

e detto che

contro
:

scettico

assoluto

dimostrazione efficace

con chi non

ammette

nulla,

non

v'

maniera

d'

incominciare
la natura,

un ragionamento.
incli:

Ma

bisogna seguire

che nella prima

nazione determinata dalla sua ragion formale


dire che inclinata cos per ci stesso che

vuol
tale

ha

l68

LA NUOVA CRITICA
.

essenza, ossia perch quella che


intellettuale,

Ora

la

natura

incominciando dal grado infimo che

nell'anima umana, dalla sua natura immutabilmente


portata ad aver per reali ed oggettivi quei principi,

senza
sibile.

non concepisce che alcun ente sia posDunque non si dee resistere a questa evidenza,
quali
si

n seriamente
s

pu mettere
d' altra

in

dubbio una verit


nessuno con
e solo

manifesta

parte riuscir
se per

buona logica a
in via d' ipotesi,

ristorarla,
si

un momento,

provi a riguardarla

come rovedimo-

sciata:
strare.

sempre dovr supporre

ci che tenta di

Dobbiamo
si

tenere la natura per buona e vera,


in alcuna guisa.

sotto pena di

non poterla emendare


la

N
dizio,

chieda

dimostrazione di qualunque giu-

come se non ci fosse altro modo d'acquistar certezza. Quando l' occhio vede, non si deduce da
segni estrinseci
il

colore

dell'

oggetto veduto

esso

per s manifesto. Meglio assai l'intelletto intuisce


la verit delle proposizioni

per s evidenti

e questo
facolt
in

il

modo

di

gran lunga migliore per


suo
termine
quale

la

conoscitiva, portarsi al
stesso, senza

se

bisogno di cercargli luce da una sorgli


spiriti

gente esteriore. Per


cotal maniera
si

migliori del
le

nostro,

estende a

tutte

verit

che lor
e natul'

corrispondono,
rale
:

come oggetto proporzionato


fin

hanno

essi
la

da principio perfetta
le

opera-

zione,

come

natura e

facolt,

non inchiudendo
invece

potenza che debba svolgersi, n dipendendo da azione


successiva di cause create e mobili. Per noi

quel nobilissimo

modo

dell' intuizione

limitato

a
i

pochi principi per s noti. Di

mano

in

mano che

CONFRONTATA ALL'ANTICA
concetti
in

I69
nella

noi

si

formano,

pel

presentarcisi

fantasia gli oggetti


l'intelletto

onde possiamo astrarre


manifestamente
L' intelletto fa

le specie,

viene spontaneo in quei giudizi, dei quali

la verit necessaria

contenuta nei

concetti

acquistati.

questo, intuendo

con visione diretta e immediata, con evidenza perfetta,

per necessit invincibile

l'

intelletto

che intus
il

legit e raccoglie le essenze;

l'intelletto

che

nome
Il

primo e pi proprio della spirituale conoscenza.

Kant ha sbagliato anche nel nome, quando invece chiam ragione la facolt, che mal distinse dall' intellettiva,
ficio

e alla quale
i

pessimamente poi
alti

attribu

1'

uf-

di stabilire

pi
il

principi.
d'
ci

Sembr supporre
o

che questi fossero

frutto

un discorso,
arrivasse.

che

ragionando

la

mente nostra

assurdo

parlar di ragionamento, senza

partire

da premesse
apdi

gi note, e senza avere in cima a tutto gli assiomi

non appoggiati ad
Rumeni, tutto
nescente.

altre verit.

Perdendo poi

l'

plicazione di que' principi in


egli fece

un mondo ignoto

scomparire come nebbia eva-

Seguendo
lenza,

la natura,
gli

alla

quale inutile far vio-

procedettero

Scolastici.

Ogni volta che

riflettendo sui propri atti

conobbero essere determi-

nata la mente ad affermare o a negare alcuna enunciazione, o per


raziocinio,
verit.

immediata evidenza o per


di

ineluttabile

nemmen sognarono
se passarono a sottile

porre in dubbio la
i

esame

procedimenti

della ragione, con g'

immensi
sottile

trattati delle questioni

logiche,

esame

profondo

che

mo-

derni in confronto sono

scherzi,

quando non sono

I70
assurdit,

LA NUOVA CRITICA

teoricamente
atti

si

fu

per
del

conoscere la
nostro

natura dei nostri


scere
;

e la natura

cono-

praticamente,

per potersi
si

accertare

che nei
l'

vari discorsi gli atti

succedessero secondo

incli-

nazione d'una retta natura, ossia come esige


gione.
la

la

ra-

quando

questi procedean

naturali,

chs

ragione non potesse procedere altrimenti, non era

pi lecita n possibile alcuna disputa sulla necessit

ontologica corrispondente alla logica: sentivano cha


dubitar di questo, a parole
si

pu e
ai

si

con
con

la sfrenata fantasia la

avvezza
il

sogni,

pu forse non si pu

mente; sapevano che


in

contrario delirio era

caduto

qualche cervello infermo, come in ProtaPirrone,

gora e

in

ma

appunto se ne curavano come

noi dei rinchiusi in un manicomio.

Quando
dall'

poi gli atti intellettivi


v'

non erano imposti


alla

evidenza, eppur
il

era motivo bastante a poter

ritenere

loro

assenso
la

per

conforme

realt,
il

sapevano stimarne
peso delle opinioni,

probabilit, e cos

valutare

alle quali

aderivano.

Sapevano
ricor-

tutto questo, e molte altre cose che

potremmo

dare.

Ora

ci

basta e
:

e'

importa

di far notare

questo

punto principalissimo
gli antichi istituirono, filosofo

La

critica della

ragione
critica
1'

che
il

la sola

verace

che

dee

fare,

quella

che cerca se

assenso
alla

dato

dall' intelletto

ad un giudizio conforme

necessaria inclinazione della natura ragionevole, o se

da questa s' allontani. Se cos appare la conformit, che la mente non possa dissentire, e ancorch l' uomo parli altrimenti, non riesca a pensar sinceramente
il

contrario

certissima la verit,

quanto certo

CONFRONTATA ALL ANTICA


che
la

I7I

la

propria vita

dell' intelletto

conoscere

che
;

natura
il

non pu essere intrinsecamente

cattiva

che

vivere non un danno; che infine, se l'errore

necessario, non resta


gerlo.

modo

di ravvisarlo e corregs,

Se siamo

costretti a dir di

inutile dispu-

tarne ancora. Cos stanno insieme,


sione,
la

come
l'

luce e

vi-

necessaria verit dei principi e


le

invincibile

tendenza ad ammetterli. Poi

conclusioni son certe,

quanto appar necessaria


cipi
;

la loro

connessione coi princi

e di

nuovo

inutile che

sforziamo di dubici

tarne,

mentre una logica


nelle

irresistibile

conduce a
queste
i

vederle implicite

prime
natura

verit.

Perci

prime verit furon dette semi delle scienze, e


parvero ingeniti con
la
;

semi
na-

che di fatto

la

tura dell' anima, appena formati nella

mente alcuni
ci

concetti di qualsiasi cosa a noi presentata,

porta

ad intendere
denti.

sommi

veri,

principi
l'

per s evi-

In

essi,

applicandoli poi con

esperienza, ab-

biamo
il

la fonte

d'ogni conoscenza ragionata, abbiamo


accertare
i

criterio per

la

verit;

questo

torna

quel che dicono spesso

moderni, criterio del vero

essere l'evidenza. Dicendo evidenza quella chiarezza

che

determina

la

visione

intellettuale,

vengono
la

riconoscere che quando l'intelletto necessariamente

determinato
Tuttavia

all'

assenso, pur
l'

necessaria
esattezza

verit.

piij

profonda era
il

del

parlare
:

antico, che

poneva

criterio del

vero negli assiomi


oggettiva,
le

perch proponevasi cos una

norma

alla

quale conveniva mettere in paragone


tenze, per riconoscerle giuste e certe.

diverse sen-

Senza dubbio era e dev' essere giustezza o verit

172

LA NUOVA CRITICA
la

Oggettiva e reale, per riconoscer

quale richiedes

nel soggetto la facolt d' intendere,

ma
il

che prima

reale e verissima nell' oggetto della conoscenza. Cos

per vedere
se stesso
1'

ci

voglion

gli

occhi

ma

sole

ha

in

energia eccitatrice degli occhi a sentir la


alla luce, sar
l'

sua luce. Qui, riguardo agli occhi ed


difficile

assegnare qual proporzione corra fra


l'

intima

costituzione della luce e


negli
occhi.

immagine che ne formiamo


intellettivo
tale,

Ma

nell'
l'

ordine

oggetto

della conoscenza

ente

come
l'

il

pensare conse

siste nel rappresentarsi

ente,

come

in

stesso

costituito.
le

Ond'

che

non sono realmente disposte


che giudichiamo, perch
l'in-

cose in quel

modo

telletto sia

da s portato a giudicar necessario quel


1'

modo

ma

intelletto cos giudica

necessariamente,

perch

tale la realt oggettiva dell' ente.

sarebbe

strano sogno di chi credesse che un certo complesso


di note assurdo, perch
la

mente

vi

mette convi trova

traddizione

bens da dire che la

mente

contraddizione, perch quelle note fra s ripugnano,

n realmente possono stare insieme


sura
dell'

la realt

mi-

intendere umano,

non

1'

intendere
principi

umano
og-

della realt.

cos la necessit

dei

gettiva ed entitativa, prima d' imporsi all'ordine dei


pensieri.

Anzi

il

il

no (nel

loro

incontrarsi
si

si

fonda ogni assurdit)

pi

assolutamente

oppone

gono

si

distruggono nella realt che nella mente.


1'

Non
il

solo perch

oggetto

precede

1'

operazione,
;

il

no appaion contrari perch sono

ma
la

an-

che perch nella cosa in nessun


insieme, mentre nella

modo possono

stare

mente

s'

adunano per

stessa

CONFRONTATA ALL ANTICA


loro opposizione, e
l'

173
d'

uno

la

ragione

intender
il

altro.

Che per
il

nella

mente necessario, non


nel

giu-

dizio che alle opposte note, pensate spesso insieme,

ripugni

congiungersi
il il
il

pensiero,

il

giudizio
e
cos

che ripugna
obbiettivo

lor congiungersi nella realt,

principio di contraddizione. Similmente

necessario

giudicare che

una nuova
sia

entit

di-

pende da un'
letto
fetto

altra,

non perch

legge

dell' intel1'

pensar cos, che anzi


senza pensare
alle

possibile

pensar

ef-

sue estrinseche cagioni,


sia

ma

perch ripugna che quello


la necessit

senza queste

prima

obbiettiva, e dalle cose deriva nell'or-

dine intellettuale.

Due
Per

questioncine.

la dichiarata certissima dottrina,

chiaramente

appare che cosa dobbiamo rispondere a chi domandi


se sia necessario o se sia lecito

accertar da princi-

pio l'obiettiva rispondenza della realt all'intelletto,


e a chi cerchi qual sia l'ultimo criterio della verit

e della certezza.

Alla prima questione da dire che altro una


rigorosa dimostrazione, altro una semplice riflessione,

con

la

quale

ci

rendiamo conto degli


all'

atti

nostri e

della loro proporzione

oggetto.

Una

propria di-

mostrazione

di

ci

che

riguarda la prima costitu-

zione del conoscere, e che in ogni atto conoscitivo


implicito fondamentale e di necessit presupposto,
riesce assolutamente inefficace

ed veramente im-

174
possibile.
Infatti

LA NUOVA CRITICA

qualunque

cosa

io

dica,

assumo
vero,

quel che dico, o affermando o


ossia per conforme
role,
all'

negando,

per

oggetto, significato dalle pa-

rappresentato dal pensiero.

Mi
e

dunque imdi

possibile

non supporre quello che


l'

tentassi

pro-

vare

tanto

obiettivit di

intima

primitiva ad

ogni

maniera

conoscenza,
il

che senza quella diil

venta una chimera

parlare e

pensare.

Con

ci

non si esclude che ritornando sopra noi stessi, e vedendo la proporzione della apprensione intellettiva
o del giudizio o del raziocinio
all'

oggetto,

acqui-

stiamo una migliore coscienza del nostro procedere,


e cos una pi ferma sicurezza delle nostre affermazioni,

almeno

dov' esse

non sono determinate e


di

fermissime per prima

necessit

natura.

Ma

in

queste ancora, se la fermezza non cresce, cresce in


noi
la

totale

possessione
s

della

verit,

perciocch

non soltanto conosciamo,


noscere.

ancora sappiamo di co-

Valgono

in

questa

guisa

le

osservazioni fatte

nella Scuola lovaniese, primo,

che non possibile

porre in dubbio

la realt

degli atti interni attestati

dalla coscienza, la quale

non pu negare
determina,
e

1'

attivit

che immediatamente

la

ripugna che
;

non intendiamo mentre intendiamo d'intendere


e
la

poi

che con ugual certezza apprendiamo come oggettive,

non come passioni soggettive,


connessione tra
le

le
il

nozioni ideali, e

medesime, e

non potersi

sal;

vare r una d' esse, se insieme non istanno


terzo che
il

le altre

principio di causalit

ci

sforza a ricole

noscere

gli

oggetti

esterni,

onde vengono

im-

CONFRONTATA ALL'ANTICA
pressioni dei sensi. Par tutto evidente:

175

eppure, che

direste a chi dubitasse che potesse sorgere riguardo


alla

terza osservazione

1'

impressione della luce negli

occhi,

come un dolor
la
?

di denti, senza azione esteriore?

Non potrebbe
e interna e necessario
;

cagione essere soltanto


al

fisiologica

Quanto

resto,

ogni detto manifesto


di

ma

nel dire,

supponiamo

dir qual-

che cosa rispondente


strazione inutile
il

alle parole,

e di verace

dimo-

trattare.

Nella stessa maniera da prendere la


di

dottrina
dei

san

Tommaso,

ove,
le

commentando

il

II

Mela

tafisici,

espone che

scienze particolari cercano di


;

questa o quella verit in cose determinate

ma

prima

filosofia

studia universalmente

1'

assoluta

ra-

gione di verit.
guisa che
il

Ottimamente

ma

in quella

stessa
ente,
sia

metafisico analizza la nozione di


il

e similmente
nelle cose,

concetto di vero.
sia nella
la
il

E
e

cerca

come

come

mente,

che
il

note alla
vero.
Poi,

prima aggiunga

seconda,

all'ente

seguendo appunto ad esser


o

ritorno dell'anima sulla propria


si

operazione, narra per qual via


certi.

venga a sapere e

N pur cadde
di

in

mente all'Aquinate
la

allo Stagirita

dubitare

se

conoscenza sia

oggettiva, se la verit consista nel solo ordine delle

nostre

impressioni,

se

il

sapere e l'esser

certi

sia

possibile.

L'altra questioncina riguarda quello che volgar-

mente

detto criterio di verit,

e suole

porsi

nel;

l'evidenza.

non diremo che

la risposta

sia falsa

176
si

LA NUOVA CRITICA

riduce a quello che abbiam dichiarato

tersi

dubitare della verit

non poaffermata, quando l'intel:

letto
la

non pu

ritrarsi
;

dall' aderirvi,

senza rinnegare

propria natura

e difatto determinato cos negli

cessariamente, quando la verit

per la propria

luce appieno manifesta. In simil guisa l'occhio sano

aperto
gli

alla

luce del giorno


circostanti
;

non

pu non ve-

dere

oggetti

e l'intelletto, o intui-

sca o

discorra,

assente
si

al

vero evidente. Tuttavia


criterio

meno propriamente
soggettivo,
e

d per

alcunch di
circo-

che

pu

dipendere da molte

stanze, e che nei diversi uomini

pu

essere

pu

parere

diverso.

Meglio,

con pi retto procedi-

mento, diremo criterio di verit quella norma oggettiva, semplice in se stessa, e assoluta e indipen-

dente, la quale
altra

non richiede
certa

di essere

comparata ad

regola

pi

immutabile, e alla quale

ogni altra sentenza essendo posta in confronto, appare come


sia e

vera e certa.
i

siomi per se manifesti, o


fulgenti
all' intelletto,

Or sommi

tali

sono

gli

as-

principi, per

e che invano altri

tenterebbe

di porre in dubbio, e che esercitamente


tati

sono accet-

anche da chi

li

nega.
tenere per certissimo, che gli

Dobbiamo dunque
veri,

assiomi, oggetto delle prime intuizioni, sono per s

come

necessario
ci

1'

assenso

della

mente

ai

medesimi, appena

sono

essi proposti.

Infatti

come

necessit dell'oggetto,

non come soggettiva passione,


;

sono presenti

al

pensiero

che se

la

natura

intellet-

tuale determinata all'assenso, servi determinata

ben riconosce

di es-

da

ci che

vede,

non

da alcuna

CONFRONTATA ALL ANTICA


propria disposizione.
rale

177

Onde
si

viene che questa natu-

necessit

consegue e non
questo
e con

precede

l'oggetto

n quella,
gola

ma

dee dire con


ci

propriet reil

dell' intendere,

stesso

sommo

criterio della verit.


rare,

Come
il

l'essere

prima dell'ope-

cos l'ente

precede

vero, e l'oggetto precede

l'intelletto

speculativo. Ivi per conseguenza, nell'og-

getto, la

norma prima

il

criterio infallibile.
di

Noi
co-

dunque, per acquistare


con

la

certezza

qualsiasi

noscenza, compareremo l'asserzione a cui siamo inclinati


i

principi per s necessari e manifesti


si

tutto ci che ad essi

riduce per inevitabile


ci

con-

nessione sar certamente vero, e tutto


essi
si

che

ad

oppone sar certamente


con
il

falso

in

propor-

zione

parere

una

sentenza

conforme a quei

principi sar probabile.

Che
ragione

se

di
il

quei medesimi principi cerchiamo la

fondamento,

diremo che logicamente,


intelletto,
si

ossia per ordine al nostro

fondano nei

concetti, o nelle semplici nozioni, le quali poi

vengono

ad essere legate nei primi


nozione
la

giudizi, e sovrattutto nella

di ente.

Quanto

all'ordine reale ed ontologico,

suprema causa

di ogni verit determinata l'Es-

sere assoluto Iddio.

cos in pieno senso e in ogni


1'

modo

r essere precede

intendere

non sarebbe
e

determinata alcuna verit, se non esistesse necessariamente Colui, nel quale


identificano, e
1'

intendere

1'

essere

si

che per sussiste come

infinita Verit.

alcuna verit contingente determinata, se non


l'entit

suppone che

medesima a

cui

si

riferisce

non

abbia reale esistenza, o non sia certa in alcuna delle


12

178
cause, dalle quali

LA NUOVA CRITICA

dipende

le

astrazioni

hanno
dal

eterna

verit,

se

non
v'

in

quanto

prescindono
al

tempo, ch noi
astratte,

insieme

qualche

intelletto
;

quale

sieno presenti. L'ente prima del vero

e solo per-

traggiamo

principi

necessari da nozioni
a credere che

possiamo noi essere


l'

inclinati

assolutamente
trario r Essere

idea sia

norma

dell' essere.

Al conogni pi

sovrano prima ragione

d'

astratta verit.

il

kantismo che ha

finito

con dire

che

il

pensiero

norma

creatrice dell'universo, dal

principio alla fine tutto saturo d'assurdit.

Scetticismo.

Da

tutto segue la radicale


Il

confutazione

d'

ogni

scetticismo.

pretesto che serv nei tempi pi an-

tichi a coloro

che dissero di doverci sempre tenere


errori e

nel dubbio, fu preso dalla frequenza degli

dal

dissenso
:

delle
7iter

opinioni

tra

filosofi,

onde

fu

detto

prius

horologia

quam

inte7'
si

philosophos

conveniet ; e fu detto
i

quando non

costruivano gi
capricciose
I

moderni

cronometri,

ma
a

clessidre

ruote

grossolane,

buone

girar lo spiedo.

fre-

quenti errori paiono dimostrare

che possiamo sem-

pre

ingannarci

dissensi

provano

che

non

v'<

nulla di provato a rigore.

Ma

convien tenere che, pe:

quanto
natura

1'

errore

si

moltiplichi,

non viene mai


che
la

dal).'

intellettuale,

presa in se stessa,
accidente

ma sempnr
suirin|
h;

da qualche esterno
elletto.

influisce

poich d'altra parte

coscienza che

CONFRONTATA ALL ANTICA


r anima spirituale de' suoi
atti,

179

e la riflessione che

pu

fare sopra di s,

bastano
coteste
sa di
al

sempre,

pur

che
;

si

voglia,

ravvisare
la

influenze esteriori

ne

abbiamo che

mente
della

non essere per


forse

s deassent,
rico=

terminata a un giudizio
e in proporzione

quale gi

manchevole
inganno.
trarre la
:

necessit

nosce
la

la possibilit

dell'

Non diciamo che


mente
riman
in

sola

possibilit

dovr

ogni
fatto

caso a sospender V assenso


assai
in
sf

questo

di

-sso e prudente
il

moralmente necessario,
porterebbe

guisa che

non

ammetterlo

grave

danno
mente
gli

e alla verit e alla stessa vita, che

comunemetafisica

dee

regolarsi,
sarei

senza
stolto,

pretendere

necessit.

Cos

se negassi fede a tutti

uomini, o se mai non mi formassi

un giudizio
trattando ora

sicuro di ci che

devo

fare,

pensando che mancano

ragioni
di

assolutamente

infallibili.

Ma

materia necessaria, diciamo poter noi esser consci

di tal processo,
si

che partendo da principi innegabili

continui con illazioni chiarissime e

venga

irresi-

stibile la conclusione.

allora

non

ci

deve impori

tare

che

l'errore

sia

frequentissimo

tra

mortali
casi,

fuori della

grande frequenza, restano quei


:

ove

errore non

sono anzi

pi
i

naturali

pi con-

formi alle leggi comuni, e


nell'anima,

pi fortemente radicati
poi,

appunto perch necessari. Quando


1'

contro natura,
possibile,

errore interviene, dev' essere insieme


i

riandando
:

pensieri,

assegnare

il

punto

ove da dire

qui
vi

il

passaggio non necessario, e

1 r

intelletto

non
la

da s determinato.

Del resto

frequente ragione dei molti dissensi

l8o

LA NUOVA CRITICA

appunto

nelle moltissime influenze, alle quali va mi-

seramente soggetta r umana mente, lontana assai dal


procedere
spirito.

puramente

come conviene

un libero

Le passioni

disordinate, le mire segrete, le

illusioni

fantastiche, la ritrosia dell' orgoglio a cor-

reggersi,

l'imprudente

fiducia

in

falsi

maestri, la

stima della corrente opinione, l'eccessiva importanza


data a leggeri
indici,

insinuano e mantengono nella

mente erronee sentenze.


se

Ma, com'

chiaro,
il

non

si

tocca con questo la natura

dell' intelletto,

quale,

procede

da

s e
;

da s non
si

disvia,

va sicurasegue
altra

mente

alla verit

se sbaglia,

che

inclinazione, legato o impedito ne' suoi movimenti,

ed tratto
sia

dove da

non andrebbe.
si

Or

questo,

frequentissimo

quanto
gli

voglia,

accidentale

air intelletto,

non

appartiene

per s medesimo.
fuori,

Per conseguenza l'errore vien sempre di

non
ci

mai dallo stesso

intelletto,

il

quale

poi

riflettendo

pu scorgere
vedere
se

quali motivi lo conducano, e con

procede tutto da
;

s o se invece sog-

getto ad esterna influenza

se assente per necessit,

ovvero

in

guisa che potrebbe dissentire,


il

almeno

sospendere

suo giudizio.
gli
scettici,

Errarono dunque

male confondendo
;

la diflcolt d'esser certi

con l'impossibilit

e la frefalsit;

quente accidentale illusione con una perpetua

e l'estrinseca efficacia di moventi non intellettuali con


l'intrinseca

impotenza

dell' intelletto

stesso a conoverit mani-

scere. Errarono, trasportando

pure
che

alle
s'

feste quella diversit d'opinioni

avvera per

le

conseguenze rimote, o credendo che

di fatto sia

pen-

CONFRONTATA ALL ANTICA


siero

lOI
le

della

mente

tutto

ci

che
in

con

labbra

si

esprime. Errarono,

mutando

malizia della
:

stessa
di-

natura

la

corruzione di molti individui

con che

strussero

ogni

cosa, e anche
;

la

facolt

di asserire

che

in

tutto c'inganniamo

poich, se questo giudi-

zio vero, falsifica ci che afferma.

Kant ebbe
scettici
la

la

buona volont

di

non dare

agli

sua

adesione, e particolarmente

contrad-

disse a

David Hume, negatore audace

del principio

di causalit.

Ma

questa lode
:

della

buona natura,
lui

che pure

in

Kant restava

veniva da ci che in
e falsato,
s

non era ancora tutto guasto

che

gli ri-

pugnava accomunarsi

coi negatori

dell'umana natura

e di tutto l'universo, gli scettici e gl'idealisti. Disgra-

ziatamente, alla buona natura

si

opponeva
:

il

cattivo

sistema eh'

ei

si

vantava d'aver creato


il

l'

idealismo
diritto

trascendente,

secondo

quale

non
;

si

ha

dj
ri-

trascendere dai propri atti alle cose

ma
dall'

convien

guardarli

come determinati

soltanto

intima na-

tura dell'uomo, senza necessaria proporzione a quel

che pare oggetto conosciuto.


la pi

Or questa appunto
sia

profonda e

la

pi maligna radice dell'univerfa

sale scetticismo.

Essa
che

che

inutile

presentare

evidenza di principi o connessione strettissima di raziocinio


:

diranno
senza

tutto

un processo interno
se alcuna

dell'anima,

poter

sapere

verit vi
al

corrisponda. Essa distrugge la naturale tendenza


vero, e fa
lascia
realt.

che non

sia

accidentale

l'errore;

sol ci

sognare con l'impotenza d'accertar mai veruna


Quello scetticismo che dice
:

non siamo

certi

mai, perch sempre possiamo errare, in confronto

l82

LA NUOVA CRITICA
in

molto leggero, e
la

qualche

modo sembra

salvare

ragion di

conoscenza, supponendo

l'intelletto
li

nato
rap-

a rappresentar gli oggetti, e tale che di fatto

presenterebbe, se troppo spesso non fosse turbato o


sviato.

Al

contrario

totale

profondo e radicale

scetticismo quello indotto da

Emanuele Kant, che


la

invano tenta di negarlo


un'attualit

il

porre

conoscenza

in

dello

spirito,
;

senza
dire

intrinseca

propor-

zione

agli

oggetti

il

che

l'intelletto,

pure
da

operando secondo
s
i

la

sua perfetta

natura, fonda

principi,

anche evidentissimi, senza


;

intuirli nel-

l'oggettiva realt
s

il

chiudere l'anima in s stessa,

che

la
atti

futura

metafsica

debba essere

la

scienza ch'esso
l'infasti-

degli

dell' intelletto,

non

dell'universo
ci
si

crede di rappresentarsi. Cos,


dita ripetizione,
il

perdoni
l'

sapere sognare,

affermazione

bugia, la natura cattiva, e la miglior vita a tutti

carissima, ossia la vita

intellettuale,
la

in realt

un

male detestabile come

frenesia.
gli

Non
o
il

poi

da dire che

antichi

ignorassero,

fondamento dei timori degli


radicato dell'idealismo,

scettici,

il

so-

spetto pi
si

che

il

conoscere

debba ridurre a passione del conoscente. Era co


il

nosciuto

dubbio universale
erano almeno

di

Pirrone, e

il

rias-

sunto che fece Sesto Empirico di tutto ci che spetta


allo scetticismo;
letti

da molti
che

tre

li-

bri di

Sant'Agostino Cantra Academicos , nei quali


la

principalmente confutata
zione e alla felicit
verit,

sentenza

alla perfe-

dell'uomo basti
il

la ricerca

della

poich riesce impossibile


pensiero
della

trovarla.

Nel sano
cotesti

e robusto

filosofa

cristiana,

CONFRONTATA ALL' ANTICA


sogni di menti inferme erano disprezzati,

183

come
il

evi-

dentemente contrari
cipio dell'idealismo

alla

buona natura.

Ma

prin-

ebbe l'onore d'una speciale menTeo-

zione e susseguente confutazione nella Som??ia


logica,
l

dove l'Angelico

si

domanda

se le specie

che

l'intelletto astrae

dai fantasmi sieno esse intese,

o se per esse altro s'intende.

Ed

egli

rispondeva che
esse,

non sono

intese

esse

medesime, sibbene per

come per
condotto

principio che informa e


le

compie

l'intelletto,

sono intese
a

cose presentate dai sensi. Di che era


e

ricordare
i

confutare

quella

sentenza

d'alcuni antichi,

quali dissero che le nostre facolt

conoscitive non hanno altro oggetto fuori delle loro


stesse impressioni
:

che

il

senso sente soltanto


il

la

sua

passione, e l'intelletto sol conosce o


la

proprio atto, o
si

specie che ve lo determina


se

che per non

ri-

feriscono,
realt.

non per

illusione,

ad alcuna esterna
grossolani
vecil

Ecco, era gi

noto a quei

chioni, pi antichi di S.

Tommaso
l'

e d'Aristotele,

soggettivismo
propri
atti

era nota
oggetti.

illiceit

di

trascendere dai

agli

Quidam

posierunt quod vinihil cognoscunt

res, qiiae siint in ?iobis cognoscitivae,

nisi proprias passiones ;

paia qnod sensus noi sentii msi passioneni sui organi. Et secu?idnm hoc intellescilicet spe-

ctus nihil intelligit nisi suavi passionem,

ciem intelligibilem in se receptam ;


species

et

secundu^n

hoc

huiusmodi

est

ipsum quod

intelligitur.

Non

pretendiamo che questa


minazioni
assai,
la

sia nelle pi

minute deter-

dottrina di

Kant

ma

certo le vicina
il

anzi nel punto fondamentale, che


distinto

portarsi a
il

un soggetto

un

trasceiidere illecito, e

co-

l84

LA NUOVA CRITICA
d' essere

noscente certo solo

modificato

esso

me-

desimo,

le

pienamente identica. Si rinunci dunque

alla novit della

grande scoperta.

come l'antica sapienza a tale stranezza non si quet. Sed haec opiiiio vianifeste apparet falsa ex duobus. Primo, perch non sapremmo nulla del mondo che ci sta intorno, e tutta la scienza si
vedasi

Ma

ridurrebbe alla questione dei nostri pensieri, peggio

che pei platonici non


idee.
I

si

riducesse a

disputar

delle

platonici

almeno pensavano che coteste idee

sussistessero in qualche parte dell'universo, e fossero

vere forme
dei concetti

ideali.

Qui invece

si

tratterebbe soltanto

nostri,

che sarebbero sogni,

contro

la

comune

invincibile persuasione.

Ora

il

mettersi fuori

del genere

umano,

tra

gli

antichi

sapienti

bastava

per giudicare che fosse una pazzia.


quia eadem sunt quae intelligimus
scientiae.

Primo quidem,
quibus sunt

et de

Si igitur ea quae intelligimus essent solum.

species

quae sunt in anima, sequretur quod scientiae


essent de rebus

omnes non

quae sunt extra animam,


quae
sunt in
scientiae

sed solum de speciebus

intelligibilibus

anima;
sunt de

sicut
ideis,

secunduin

platonico s

omnes

quas ponebant esse


cos,

intellectas in actu.

peggio

metafisica,

Kant di rifar la che avrebbe insegnato come noi andiamo


di

prometteva

il

pensando, cio sognando. L'altra ragione

si

quella

che gi

recammo contro
il
il

Protagora e che ugual-

mente vale contro


differenza tra

kantismo, che cesserebbe ogni


il

vero e

falso.

Di che omai stiamo


:

a disputare
io
?

Resta l'unica questione

Che cosa penso


Secundo, quia

Il

mio pensiero

tutta la verit.

CONFRONTATA ALL'aNTICA
sequeretur ej'vor aniiquoruni

185

dicentium

omne quod
cognoscit

videtur esse verum, et siniiliter qiiod contradictoriae


essent siviul
nisi

verae. Si en7n

potentia 7ion
solimi

propriam passionem, de ea
aliquid, secunduni

i7idicat.

Sic

autem videtur

quod potentia cogno-

Semper ergo iudicium poteiiiae cognoscitivae erit de co quod indicata scilicet de propria passione, secunduvi quod est, et ita omne iudicium erit verum. Et sic scquitur quod omnis opinio aequascitiva afficitur.
liter erit vera,
et universaliter omiis
II).

acceptio (1

p.

q.

LXXXV
Non
quale

art.

da dire

dunque che

la

luminosa idea per


fosse nota

la

Kant

si

commosse non

antica-

mente. Soltanto

la

riguardavano come una

follia

da

non
bile,

fermarcisi,

come una

distruzione di tutto lo sci-

uno
in
si

di quegli errori

che appena hanno fonda-

mento
resto

qualche ingannevole sofisma,

ma

che del

oppongono

all'

innato
alla

giudizio
natura.

di tutti gli

uomini, e fanno

violenza
facili

Perocch vi
importa

sono certo alcune


far avvertiti
gli

illusioni, delle quali

studiosi

del

vero

son quelle che


suggeri-

qualche segno o motivo non


sce spontaneamente,

dispregevole

come

altri

pu immaginare che
vi

l'anima intellettiva non sia veramente atto del corpo,

ma

modo
si

d'angelo motore. Invece


viene
soltanto

sono errori

nei quali
della

per cattiva disposizione


il

mente, e distruggendo
tutto
ci

comun

senso, e

ri-

nunciando a

che

appare evidentemente.

Tal'era la mania di Protagora, disprezzata da Aristotele


;

tal' la

strana idea, secondo la quale, invano


fuori

apprendiamo noi

di

noi

tutto

il

mondo

tale

l86

LA NUOVA CRITICA CONFRONTATA ALL ANTICA

l'assurdit kantiana, che alla schietta espressione di

Protagora aggiunge solo maniere avviluppate e oscure,


le

quali varranno

per molti a far

credere

sublime

ci

che

non intendono, e a render lunga, e per


Forse
il

dubbiosa, la confutazione.

in questa maniera,

certo non altrimenti, sublime

kantismo.

CAPITOLO
Immanenza

V.

Come

sorga dal Kantismo.

di

Due grandi idee possiamo raccogliere dalla scuola Emmanuele Kant, come basi dell'edifcio filosofico
bench non
:

ch'egli pens d'erigere,

sia riuscito

che

ad accumulare immense rovine


fusione,

son rovine e conBabilonia.

come

quello che pot restare di


si

Coteste idee

riducono

al

soggettivismo della conosul-

scenza e alla prevalente influenza della volont


l'intelletto.

La

cognizione, o meglio l'operazione delle

facolt sensitive e intellettuali, che pi

non sarebbero

conoscitive, limitata a fo-giarsi immagini, che

non

son

pi
di

tali.

pi dovrebbero
di verit
-

Kantisti

parlar

mai

conoscenza n

n d'immagini o di

rappresentazione
lare,

intelletti

ma come

possiam parge-

se

non valendoci
e tutti
i

delie parole correnti nel

nere

umano ?

sistemi distruggitori della na-

tura parlando distruggon se stessi.


facolt

Adunque

quelle

son ridotte a foggiarsi immagini, non model-

late in alcuna guisa sull'oggettiva realt,

ma

unica-

l88

IMMANENZA
sugli

mente

schemi
intima

forniti

dalla

natura dell'anima,

che per
presenti
difetto
nulla,

sua
di

natura,

senza

che nulla

le

si

fuori,

determinata a sognar
speculativa,

cos.

Al
al

della

ragione
il

omai

ridotta

tent

nuovo maestro

di supplire

con

la

ra-

gione pratica fondata nella volont, o ad essa

stretall'in-

tamente associata. La facolt volitiva impone


tellettiva

di

credere

alcuni

principi,

necessari

per

metter ordine e unit nel complesso delle esperienze


e della vita pratica:
la

volont conduce l'intelletto


probabili, per regolar poi
:

ad accettar come
la morale, la
il

ipotesi

libero arbitrio, l'anima immortale. Iddio

volont finalmente pu accettare,

come

ideale con-

fortatore, la fede religiosa, rivolta

a miti e a semla
si

bianze soprannaturali. Cos


e

il

Kant giudicava
cattolici gli

Bibbia
profes-

Ges Cristo

di
!

che alcuni

sano riconoscenti

Se que' due concetti del kantismo sono proposti


in tutta la loro forza,

rendendo ipotetica ogni


n un

asser-

zione e inefficace ogni

dimostrazione, impossibile
;

sottrarsi allo scetticismo pieno

uomo

ragio-

nevole, n tanto
inorridirne.
la

meno un
alcuni,

credente

pu

altro

che

Ma
il

che pur vogliono mantener


in

fede

buon senso dell'umanit, velando


le
:

parte quei principi e temperandone

conseguenze,

hanno pur voluto


d'essere kantisti,

in parte accettarli

negano invano
la

che mal celata

simpatia dei

loro sentimenti e l'affinit dei pensieri con quelli di

E. Kant.

Con

pi o

meno

di

consapevolezza della
al

loro adesione al kantismo,


della loro dottrina

hanno dato

complesso

un nome non prima usato, chia-

IMMANENZA

189

mandola
filosofo

teoria de\Vimmane7tza.

dicono che se
sua
critica,
gli

il

tedesco

ha esagerato

la

certo
anti-

alcunch di vero ha messo in vista, a che


chi
alle

non attesero
personali
realt.

cio qual sia la parte che spetta

disposizioni

dell'uomo

nel

giudicare

della

Ognuno

di

fatto
le

apprende e ragiona,
circostanze che influila

secondo l'indole propria e


scono su
di lui.

Dicono che questo esige


ragioni
antiche,

moderna
in

mentalit, formata in guisa da

non apprezzar pi
le

alcuna

guisa

le

quali presume-

vano

di

fondarsi sull'entit reale,

n s'accorgevano
intel-

delle modificazioni ch'essa


letto
tarsi
(^).

prende nel nostro

Dicono che l'apologetica, dovendo adatsi

ai

bisogni dei tempi, ossia degli uomini che

tratta di

persuadere e di condurre
si

alla verit, neces-

sariamente

volger

al

nuovo ordine

d'idee, le quali

insegnano a tener gran conto delle soggettive disposizioni,


l'

affine di

mostrar ragionevole, e conforme


in

al-

indole gi

formata

quanti

sono educati

dalle
si

moderne
filosofi
figli

scuole, la religione cristiana.

Altrimenti

formuler per avventura un sillogismo


del

mirabile pei

medio evo

non

si

conchiuder nulla pei

del secolo

XX.
il

Esaminiamo da prima
e la significazione

concetto deVzmmanenza

che

si

voluto
il

dare

questa
a

voce
(^)

poscia

vedremo come

nuovo

principio,

Non torneremo

pi su questo:

abbiamo dichiarato
in-

troppo a lungo quanto strana ignoranza quella di chi


parla cos, trascurando gl'infiniti studi degli Scolastici

torno all'ente di ragione, agli universali, alle relazioni tra


latto conoscitivo e l'oggetto.

Hanno

detto tutto

190
cui

IMMANENZA
con quella parola
la
si

allude,

sia

lo

stesso
i

che

induce
lici

mostruosit del

panteismo, e fra
la

catto-

sia giunto a
;

corrompere

nozione del sopran-

naturale

come

guasti pi direttamente e totalmente

l'ordine intellettivo e renda inefficace

o impossibile
si

ogni apologetica

quanto a torto con esso


sopra
le

tenda
la

a porre in primo luogo,


lont
;

l'intelletto,

vo-

e,

invano diminuendo
il

eresie

di
i

E.

Kant,

procurino

Blondel,

il

Laberthonnire e

loro vol-

garizzatori in Italia, di ristorare con la bont della


vita e del

cuore,

ossia

col

dogmatismo morale,

il

rovinato edificio della conoscenza.

Pensiero antico.

Immanenza
torta per

ecco un'altra parola malamente dedalla

opera dei sorgenti novatori

prima

ottima significazione. Esprimeva con molta propriet


nell'antica Scuola

un pensiero verissimo: quel proprio

carattere delle operazioni vitali, che

non

si

termi-

nano

di lor

natura ad un effetto

esteriore,

ma

re-

stano nello stesso soggetto da cui procedono,

come
la
:

suo atto e perfezione. Qualunque azione ed


zione deve supporre

opera-

neiragente

nell'operante

virt proporzionata a quell'atto che ne viene

emesso

non pu
sit

esserci in questo diversit

n opposizione n
la

fra l'una e l'altra

maniera

d'attualit,
in

neces-

d'una potenza perfetta,

quella
essere

misura eh'
soggetto
di

principio della sua azione,

pu
c'

questione o di dubbio.

Ma

profonda

dififerenza

IMMANENZA
nel

I9I

mutato un soggetto distinto da quello che agisce, come l'acqua scaldata dal fuoco, o invece tutta la mutazione rimane nell'operante, come avvien nel sendell'azione secondo che per essa, o
ziente,
il

modo

quale solo, e non altra

cosa

fuor
l'atto

d'esso,

rimane mutato ed pi perfetto, per


di sentire.

che ha
quella

L'azione intesa nel primo


si

modo

che prima
ci

presenta alla nostra percezione, e pi


la

ferisce,

perch

pi

comune

nella

natura
;

cor-

porea, e manifesta nei movimenti

pi noti

anzi
in

pur quella
quanto
allorch
ci

di

cui

abbiamo coscienza noi


di

stessi,

sembra

essere

pi

veramente

attivi,

moviamo qualche cosa


in

fuor di noi. Questa


i

l'azione posta da Aristotele fra


^fra
i

predicamenti, o
il

supremi generi,

che l'ente diviso. Cos


ci

pi volgare concetto d'azione

porta a formar l'imdall'agente


in

magine d'alcuna
testo

realt
;

che

procede

un diverso soggetto

e quasi per opposizione a co-

modo
si

pi ovvio concepiamo l'altro d'un'azione

che

termina nel

soggetto

medesimo onde proanche quella che resta

cede. Tuttavia dura anche qui l'idea del procedere;

che ogni creata operazione,


pi intima
al

suo principio,

come

l'intendere

il

volere, realt distinta del principio

operante e in
questa
pro-

esso ha la sua cagione

efficiente.

Per

cessione e distinzione, anzi perch l'attivo in quanto


tale
atto,

sempre

altro dal passivo

che riceve

il

nuovo

sembra che l'operazione abbia quasi tendenza

ad uscire dal suo principio operante, come quando mutato un paziente posto fuori dell'agente. Ora
in

questo caso l'azione detta traiseunte. Al

con-

192

IMMANENZA

trarlo

detta

immanente,

quando avviene che

il

giro dell'attivit e della mutazione sia chiuso


stesso soggetto dal quale l'atto
scegliere

nello

emana

si

poteva
il

voce pi propria a significare che


il

ter-

mine
parte

resta l dov'
di

principio

che sembra esserci

un principio
:

moto,

ma

l'azione

rimane

onde

immaiiet

UH

a quo procedit.

Per questo ancon


le

cora furono espressioni

equipollenti le due,

quali dichiararon gli antichi la nozione di vita. Dis-

sero vive quelle cose

le

quali

da

si

muovono, e
stessissima
si

ugualmente quelle che hanno operazioni immanenti.

La nozione

espressa in due
la

modi

la

ma

pi direttamente
del

prima locuzione

riferisce

al principio

moto, e dice che nel


:

medesimo
si

soggetto

il

quale mosso

bench n con ci
alto

neghi l'attuale dipendenza da pi


dia
al

motore che

muover se stesso, n si affermi che sotto il medesimo aspetto il vivente sia mosso e sia cagione a se medesimo del proprio moto. La
vivente di

seconda frase

operazioni immanenti

riguarda

pi direttamente
nel

il

termine dell'operazione, e dice che


il

medesimo soggetto

quale mosso, a differenza

di ci

che avviene tra agenti e pazienti nel

modo

comune

della natura inanime. Tal' l'antica, la vera,

l'ottimamente intesa e bene espressa im,m,anenza.

Perversione moderna.

La moderna
in

mal pensata e

mal

detta.

Essa
o
la

importa che dal soggetto debbasi trarre o

tutta,

maggior parte che non convenga ammettere,

IMMANENZA
getto, o la

209
il

capacit di

ricevere
;

nuovo

atto

e'

r attitudine ad esser mutato cos

e'

qualche riniota

o vicina

disposizione alla nuova

forma, alla nuova

qualit o alla natura stessa della sostanza,

secondo

una data specie corporea, particolarmente


dei viventi.

nel genere
al

Tutto

(juesto

pu

dirsi

immanente

soggetto, che in proporzione gi precontiene la for-

ma

o r atto,
dirsi

al

quale

dall'

agente sar condotto.


soggetto
;

Ma

non pu

immanente
e'

al

la stessa

ultima

forma che
a produrre

ancora non
il

non

la virt

bastevole

moto

l'

atto,

che deve venire da un

agente gi perfetto in
cili

quell'ordine di perfezione, a
in

spetta la

nuova forma

che

il

moto

si

termi-

ner.

Eppure

dal falso intelletto e dalla impropria espres-

sione, che qui

abbiamo riprovata, sono


per preparare

partiti coloro

che con veleno kantiano


la dottrina cattolica,
e,

sono giunti a corrompere


i

loro sistemi
filosofia, di-

teologici,

hanno osato schernire V antica

struggendo ogni certezza di ragione e di fede, ridu-

cendo a natura tutto V ordine della grazia, facendo

autonoma

la volont.

14

l|HPpPfm?Pnmtm:mmTn

CAPITOLO

VI.

Immanenza
riguardo all'ordine soprannaturale

Due maniere
Non negano poca
distinzione fra
sia
1'

di perfezione.

cosa, diceva Aristotele, e


la

non
real

errano leggermente, quelli che disconoscono


atto e la potenza,

sempre

tutto
si

getto o non

immaginando che ci che pu essere, e che un sogmuti veramente, acquistando una


in s solo
l'

nuova forma, ovvero gi inchiuda


virt d'acquistarla.
Il

intera

loro
il

errore

grande, che logicamente


la

di-

strugge

moto

dell'

universo e

natura

tutta,

conduce

al

panteismo, empio insieme ed assurdo. Di


i

cotesta malizia sono partecipi quei nuovi kantisti,


quali tentano d' adattar le cose al loro
cepire, e

modo
al

di conla

dopo aver detto immanente


all'

soggetto

determinazione de' suoi pensieri e dei principi, senza

mai
gion

sapere che corrispondano


nell'

oggettiva

realt,
la ra-

vogliono anche porre


sufficiente
d'

elemento potenziale

ogni atto a che quello verr.

IMMANENZA RIGUARDO ALL'ORDINE SOPRANNAT.


udir

211
altro

queste
tutti
?
i

parole, protesterebbero;

ma

che

dicono
luzione

maestri di pi o

meno temperata

evo-

Procedendo, bench inconsciamente, con lo stesso


ordine di raziocnio,
il

kantismo, sia pur diminuito,


la

ha condotto
tiva negli

gli

animi a negare

virt

dimostrainetti

antichi motivi di credibilit,


la

come
tutti

conchiudere
turale dell'

rivelazione e

l'

elevazione

soprannarinne-

uomo. Eppure non vogliono


stati

gar

la fede.

Dall' indole acquisita della mentalit

mo-

derna sono
la

condotti a cercare nell'


necessit di cotesto
essi

uomo

stesso

ragione o
:

la

ordine

sopran-

naturale

sembra ad

che non potendo noi esser


V unica via per connell'

certi della realt a noi esteriore,

chiudere

efficacemente sia schiusa

esigenza

in

noi posta di pi alta verit, che da noi

non

trovia-

mo
ci

e di una miglior beatitudine che la natura


ottenere.
all'

non

faccia

Ecco

il

metodo

dell'

immanenza
dimostrail

applicato

apologetica
:

cristiana o alla

zione evangelica
dell'

immanente nell'uomo

bisogno

elevazione a Dio, o la

tendenza a conoscere e

a godere in
possibile
:

modo

a noi quaggi non naturalmente


1'

dunque

necessaria

elevazione, qual

com-

pimento della natura. Considerando


ligione cattolica e
il

le parti della re-

loro mirabile complesso, vi troalle aspirazioni


la religione

viamo, la pi perfetta corrispondenza

ed

ai

bisogni dell' anima nostra

dunque

cattolica vera.
il

Anzi crederanno

di avere in questo
l'

pi efficace argomento per dimostrare

esistenza

di Dio.

Dio

certamente
:

il

supremo

oggetto
l'

dei

nostri desideri

senza di Lui non ha meta

anima

212
nostra, che

IMMANENZA
aspira
:

all'infinito,
.

non ha legge
diciam
di

la

no-

stra coscienza

dunque Egli

quest' ultima

dimostrazione

fuga
della

che senza dubbio cotesto un valido

indizio

Divinit, principio e fine dell' intelletto creato,


efficace
altri
st'

un
se

attraimento a cercarla e a trovarla

ma

non vedesse V assurdit


esistenza da

di porre esistente que-

anima, cos limitata nella


1'

sua

perfezione,
il

senza

ricevere

un Primo,
d'

quale sia da S,
finita

come
gare

atto

puro e cagione
che

ogni attualit

che

imitando
la

lo partecipi,

neppure avrebbe ragion


l'

di ne-

possibilit
le

anima

stessa

esercitasse a

suo

modo

proprie

facolt,

e intendendo,

bench

imperfettamente, beni superiori a quelli di che gode,

naturalmente

vi

aspirasse.

Con

ci

manteniamo

la

logica verit degli antichi argomenti che dimostrano

Iddio.
ci

Or

se altri

voglia dire immanente


la

all'

uomo

ricordiamo che fu male scelta


il

parola

la

tendenza a Dio,
affermare
Iddio,

bisogno di
riconoscendo
fisico

Dio, la necessit
l'

di

assurdit

di
e'

ogni
Id-

cosa in ogni ordine

e morale, se
:

non

dio, volentieri consentiremo

ma

vogliam mantenere
cose

per certo che


dall'

la

rigorosa dimostrazione deve partire


fatte
;

ordine entitativo e reale delle


i

non

bastano

sentimenti soggettivi e
altri

le

belle idee, dalle

quali invano

vorrebbe, senza obiettivo

fondaperfet-

mento, passare
tissimo.

alla reale esistenza dell'Ente

Quello che or

e'

importa

di escludere

l'

immafine

nenza

dell'

elevazione

soprannaturale

nella

natura,

come

se

l'uomo

naturalmente tendesse a quel

RIGUAPLiO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


superiore che Dio
noi stessi,
gli

213

assegn, e
in noi

come

se

guardando
il

dovessimo

riconoscere o

princi-

pio o l'esigenza
progenitori, poi

dei doni, dati

da prima

ai

nostri

perduti per la colpa, poi

restituiti

pei meriti del Redentore.


Il

soggetto capace

d'una

perfezione, che ancor


in

non possiede, dee riguardarsi come


siva rispetto alla

potenza pas-

nuova forma, per

cui otterr quella


;

perfezione

in potenza in

quanto pu riceverla

passivo, in quanto per acquistarla deve sottomettersi


alla virt

d'un agente capace di muoverlo

al

nuovo

atto.

Cos

ripugna

che

gi

si

dica

immanente a
s.

qualunque potenza recettiva o


ha,

l'atto

che ancora non

la virt

di

giungervi
si

tutto
trovi

da

Avviene

tuttavia che nel soggetto

qualche positiva
principio della
esserci qualche

disposizione, la quale

sia
si

come un
pu

forma perfetta a che

tende, e

parziale virt che concorra alla produzione del


atto.
Il
:

nuovo
in po-

soggetto allora non


in atto

semplicemente
al

tenza

primo, riguardo
la

secondo e ultimo

che verr. Diremo con


gli

immanente

l'atto
gli

tremo pur dire che


qualche esigenza

moderna espressione che primo, non il secondo po immanente un principio e


;

dell'ultima

perfezione che

ancora
ini-

non ha. In questo senso alcuni moderni dissero


maneite
a
noi
l'

ordine

soprannaturale.

questo

propriamente or c'importa d'escludere.


In due maniere

adunque pu avverarsi

la

pro-

porzione del soggetto alla forma che


e alla virt attiva

pu
che

ricevere,
la

da

cui
di

dipende

riceva.

V' una prima

maniera

forme

e di

perfezioni,

214
alle

IMMANENZA
quali
il

soggetto

si

riferisce,

come
dirsi
le

proprio

naturai complemento,

che debba

manchevole
ottiene.

e in istato di privazione, finch


la virt

non

E
per

effettiva
tali

che deve

influire sulla potenza,


al

condurla a
di natura
;

atti,

appartiene

ed essa agisce,

medesimo ordine movendo il soggetto see riesce

condo l'esigenza del medesimo,


secondo
la

ad attuarlo

disposizione o la proporzione che gi in

esso era supposta. Cosi le naturali energie determi-

nano

nella materia

le
;

diverse
cos

forme

corporee soarriva
all'uso

stanziali e accidentali

uomo

conveniente delle sue facolt, e a qualche scienza e


forse a serbare onest.

In

quest'ordine

finalmente,
rimota

quanto pi
dall'atto,
di

la

potenzialit

per

stessa

che peraltro

capace, o

quanto pi

quest'atto aggiunge di perfezione al soggetto, tanto

maggiore

efficacia,

o esercizio

di virt,
ci

si

richiede

da parte dell'agente. Altro calore


bollire un'egual
l'arte,

vuole per conper far

durre all'ebollizione acqua gi tepida, altro

mole

di

ghiaccio.

E meno
altro

opera

per adattare a forma di veste un

panno gi
che
fili

tessuto, che se

non avesse

alla

mano
e

da tessere ancora.
camente
fra loro

Ma

tutto

questo

rimane
passivi
si

nell'or-

dine della natura, e sono attivi

intrinse-

proporzionati, e gli atti


li

riducono
li

allo stesso

genere della potenza che

precede e

riceve.

Pu invece compararsi
fezione, la quale

il

soggetto a qualche perin


in

non assolutamente impossibile


ragione che non
gli si

esso

ma

di

tal

dee dire

alcun

modo

necessaria, n

pu

dirsi

che

la capacit

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


del soggetto
la

215

domandi

come

dovuta,
l'ottiene.

n
Siat-

ch'esso resti difettoso e privo, se

non

milmente, non v' naturale

agente ordinato

ad

tuare in siffatta guisa quel soggetto.

Ma

se consialla
eiis

deriamo qualsiasi
infinita

creatura

in

relazione
in

virt

di

Dio, com'essa
il

pu

omne

senza

restrizione alcuna, cos

soggetto creato

riferito

ad
nel
di-

essa diventa capace

di

ogni attualit, che ricevuta


la

non importi contraddizione,


nulla.

quale cadrebbe
e

Cos sarebbe contradditorio,


l'intelletto

per

non

rebbe nulla,
cit di

dato
al

alla

materia, la sempli-

natura attribuita
di

corpo.

notisi

che l'opein

razione

Dio

spesso

richiesta,

anzi

alcun

modo sempre
prima Causa
rituali
al
:

necessaria alle cose tutte.

Tutte han

bisogno della conversazione


solo Iddio

della

mozione della
le
;

pu creare

anime

spi-

termine dell'umana generazione

solo Iddio

pu

stabilirci

nell'ultima perfezione o felicit

a che

naturalmente aspiriamo.

Ma

tutto ci appartiene alla

continuazione di quel volere efficace

con che Iddio


l'or-

cre l'universo, e non solleva la creatura sopra

dine nel quale per se stessa posta, una volta che

Iddio l'ha voluta creare. Invece or consideriamo


divina onnipotenza
in

la

quanto

pu pu

produrre nella
al

creatura gi esistente alcun effetto superiore

primo
ci

ordine stabilito.

che

cosa
e

fare? Tutto
il

che non dica insieme s


aspetto.

no
a

sotto

medesimo

E
?

quale

disposizione

ci richiede nella

creatura

Nessuna.

Ma come
distanza,

Iddio

non suppone
nulla
cos

alcun soggetto per produr l'ente, anzi lo crea, traen-

dolo quasi da

infinita

ch'

il

2l6

IMMANENZA
vi

per indurre una forma in un dato soggetto, non

suppone alcun

reale

principio

del

nuovo

atto,

qualsiasi preparazione,
l'aver cotesto atto

ma

solo

necessario

che
la

non implichi
di
alla

ripugnanza

con

natura del recipiente.

La potenza
riori,

recettiva

atti

in tal guisa
infinita
1'

supe-

possibili

soltanto

virt

di Dio,

suole chiamarsi

obbedienziale. Ricorda

obbedienza
quelle che
col chia-

delle cose tutte al

cenno creatore,
che non sono

s
:

di

sono come

di quelle
:

Dio,
suni.

marle, le fa essere

Dixit

et

facta

Ovvero
et

Stellae vocatae sunt et dixerunt:

adsumus;

luxe-

runt Ei

cum

iucunditate, qui fecit llas (Baruc, III).

similmente pu chiamare qualunque soggetto, non


alla

preparato per alcuna positiva disposizione,


perfezione formale, che
fondergli,
lo

nuova
in-

stesso Iddio

voglia

con

un'azione,

che appunto

perch nel

soggetto non presuppone alcuna previa disposizione,

o alcun cominciamento del nuovo atto,


alla creazione.

si

assomiglia

Che per
dire
la

se riguardo alle

forme conal

naturali

possiam

coi

moderni

immanente

soggetto l'ordine e

tendenza ad ottenerle e forse


le

qualche primo
riguardo

atto

che

incomincia e

le esige,

all'altre,

elevate oltre la proporzione della

natura e possibili soltanto alla virt creatrice di Dio,

dobbiam negare che siano immanenti al soggetto, prima che vi siano gi prodotte o incominciate, o
che
il

soggetto

le

chieda con qualsiasi

positiva di-

sposizione o con un
fetto

moto

che

vi

tenda, o con diter-

che altrimenti rimanga. Coteste forme son

k
RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE
217

mine
finita

d sola

potenza obbedenziale

e tal potenza
in

non

importa altro che non ripugnanza,


virt del Creatore.

ordine alla in-

Capacit soprannaturale.

Or diciamo

esser

potenza puramente obbediencreatura


intellettiva
all'ele-

ziale quella di qualsiasi

vazione, fra noi con propriet chiamata soprannaturale.

Prendendo questa
la

voce

con

lo stretto

senso,

che

tradizione di molti

secoli

ha

reso fermo e

sacro nella teologia cristiana,


nifesta.

l'enunciazione
si

ma-

Poich soprannaturale
soltanto,

dice non

in

senso

relativo a tal natura


in

bens

assolutamente
o
possibile so-

comparazione a qualsiasi
Potrebbe
dirsi

creata

stanza.

soprannaturale

relativamente

all'uomo l'esser libero dalla necessit di morire, cio

da quel difetto che consegue

la

composizione
.

d'
;

un
sa-

corpo d opposti elementi, e perci corruttibile


rebbe
cosa
superiore

all'umana natura
le

l'intendere

per semplice intuizione tutte

verit contenute nei


si

principi della ragione o che a stento

trovano pro;

vando e riprovando
sensibile

fenomeni
il

corporei

sarebbe

pure cosa pi alta di noi

non avere mai tendenza


volont.
in parte,

non comandata

dalla

Ma
alla

questi

privilegi, gi concessi,

almeno

nostra

famiglia in

Adamo

innocente,

non

ci

eleverebbero

per nulla
la

al

disopra dell'angelica condizione. Invece


cristiana

teologa

dice

soprannaturale

ci

che
finita

j^^

egualmente eccede l'uomo e l'angelo ed ogni

2l8

IMMANENZA
le

sostanza. D'altra parte

sostanze possibili
fine,

vanno

crescendo come

numeri senza

elevandosi nella

perfezione intellettiva.

Adunque

quella perfezione che

tutte le eccede necessariamente d'un altro

ordine

da
alla

tutte le perfezioni naturali, n

ha con

esse co-

mune

misura o proporzione
effettiva,

di quantit.

Quanto poi
potr es-

cagione

nessuna virt
stessa

finita

sere produttiva per se

come strumento,

non diciam
che un

nulla,

forse

non ripugner

di

quella

attualit superiore
effetto

ad ogni creata natura

assurdo

essenzialmente pi alto dipenda,

come
Dunin in

da cagion principale, da

una

virt inferiore.
capace se

que se

la

creatura in alcun

modo
pu

di ele-

vazione soprannaturale,

non
che

pu essere
tutto

non

quanto

riferita

a Dio,

quello

che non cade contraddizione.


di

Questi

due

caratteri,

non aver

altra

proporzione
di

all'atto,

fuor
sola

della
ca-

semplice possibilit, e

riguardar

come

gione efficace

la virt

divina,

costituiscono la po-

tenza obbedienziale. Tale adunque quella

che

ri-

guarda l'elevazione soprannaturate.

E
la

tale

quella che

si

riferisce

alla

grazia, per
di

quale di fatto siamo noi


fratelli

costituiti

figli

Dio,
sta

coeredi e

di

Ges

Cristo.

Senza dubbio
cotesta

sopra ad ogni

creatura

possibile

adozione,
di-

che

ci

d una relazione con Dio intrinsecamente


dell'uomo e

versa da quella che abbiamo in quanto siamo creati,


e che pone una stessa misura
gelo.
dell'an-

ci

superiore a tutte le nature


i

possibili quella

grazia, che vale

meriti infiniti dell'Uomo-Dio, pel

quale

son

dati

massimi

e preziosi

doni,

onde

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


siam partecipi e consort
della

219

divina Natura. Nel

senso pi alto e pi stretto soprannaturale quella


grazia, che
ci

dispone a vedere Iddio come in Se

stesso: similes
sicuii est (I
Io.

Ei

erinuis,

quoiiavi

videbnus

Eum
e di-

Ili,

2); che a tal fine siamo intrin-

secamente e con piena

proporzione

condotti

sposti per la grazia, la quale di natura sua,

quando
gloria

sar consumata,

si

esplicher nel

lume

della

e nella visione beatifica della divina Essenza.

Da
fa

questa visione dobbiam prendere l'intima


ci

raci
il

gione della grazia, che ad essa

prepara e ora

membra vive di modo con che noi

Cristo.
ci

Che male intenderebbe


alla gloria

prepariamo
soltanto

celeste,

chi pensasse esserci

una
Iddio

specie
a
chi

di libera

convenzione, per

la

quale

ben vive con

quaggi abbia promesso di dare l'eterna beatitudine,


o che l'uomo consegua di fatto quel
cizio dell'onest
fine
l'eser-

secondo sua coscienza, senza


il

intrin-

seca o entitativa proporzione tra la via e


tra
i

termine,

meriti e la

mercede che avremo,

tutta

d'un

ordine divino. Al contrario sappiam certamente che


l'essenziale elevazione dell'anima giusta
gi
fatta

durante

la

vita presente, pei meriti

del
abiti

Redentore
e per gli

applicatici nei
atti

Sacramenti
che
la

per
le

gli

infusi

grazia e
entitativa

virt

conseguenti

hanno intrinseca
noscenza di Dio

ed
si

proporzione
e con
1'

con

la

gloria che in cielo


:

riveler

intuitiva coin

operiamo

fin

d'ora

un modo

divino, ch' principio del futuro operar beato.

Onde
:

che

la

grazia un cominciamento

della
l'ha per

gloria

la

fede aderisce alla

prima Verit e

oggetto e

220

IMMANENZA
la

per motivo, come

medesima Verit sar lume e sar termine del comprensore e la medesima carit, che per Sacramenti e per atti meritorii avremo con;

seguito

al

fine

della

mortale

carriera,

durer

in

eterno nell'anima glorificata, bench


di portarsi al suo oggetto,

mutando modo
fede sar mutata

come

la

in visione

non pi

libera e contrastata e defettibile,

ma

necessaria e sicura
excidit.

beatissima

caritas

?iU7i-

quam

Adunque,

com' soprannaturale
entit

la

visione di Dio, cos nell'intrinseca

sopran-

naturale la carit, cos la grazia e l'elevazione presente dell'anime nostre.


Notisi che

qui stanno

nascosti tesori

ineffabili

tutto r ordine della grazia mistero

essenzialmente
intelletto
:

superiore

al

nostro e
l'

anche
dei

all'

angelico
a

misteriosa

entit

doni

noi

concessi

per

Ges Cristo;
mente a Dio

mistero l'intima operazione della fede

e della carit, com'

mistero

il

congiungersi

della

nella visione beatifica.

Forse a questo
i

non attendono quei moderni apologeti,

quali pren-

dono

coteste cose secondo che cadono sotto la

co-

scienza, e

come sono

espresse

dalle

parole fra noi

correnti, e in quel

modo

che possiamo intendere e


presente, mentre
alla

desiderare nella condizione

proce-

diamo per
dano
con
sia

fede.

Senza pensare

vera e intrinseca
la riguar-

soprannaturalit della nostra religione, pi


in quel

che ha o che sembra avere


ragione, e

di

comune

la retta

vengono a persuadersi che


pi alta assai.
a lungo

quasi un bisogno della natura, bramosa della sua

perfezione.

La verit Dobbiamo meditare

come

la

visione

di

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE

22

Dio
sue

senza

misura

eccede ogni

possibile

intelletto

creato, e

non pu essere termine connaturale


n
la

delle

aspirazioni,

ragione
sia

giunge per s ad
possibile;

intendere che
sia,

assolutamente
fatto,

ma
in

che

lo

ha dal

affermato e certo per rivelazione.


la

Secondo natura
il

cognizione

si

compie

quanto

conosciuto nel conoscente, e questo per la pro-

immagine di quello. Ora manifesto che la cosa ricevuta in un soggetto naturalmente a questo si commisura pi ancora manifesto che l'immagine predetta non eccede la massima virt della sua causa efficiente. Quindi
pria attivit in s forma un'
;

che qualunque

intelletto

ha

il

suo

modo

di conoscere,

e giunge con la

sua

forza

rappresentativa
il

ad una

certa perfezione, e ad
d' intellettualit.

un oggetto che ha

suo grado

Veramente ogni
;

intelletto attinge la

stessa ragione di essere

ond' che in qualche ma-

niera indeterminata e confusa

pu conoscere qualunoggetto
quel

que

ente.

Ma
la

con propriet, e con rappresentazione


quiddit
dell'

che mostri
stessa,

qual

di

in

se

non pu sorgere
che
esso

oltre

grado

spiri-

tualit in

medesimo

costituito.

Perch
dalla

l'intelligente per la propria attivit, esercitata

sua facolt, radicata nella sua essenza, diviene intenzionalmente ci che conosce, e della propria ragion
formale del suo oggetto esso
s'

informa.

se cos,
e

come pu

divenire intellettualmente pi

alto

pi

spirituale e pi perfetto, che

non

sia nella
1'

sua virt

e nel suo essere

Come
l'

potrebbe

operazione d' un
perfetta
?

soggetto essere
alta

intrinsecamente

pi

pi
tale

che non

sia

essere di quel soggetto

Or

222

IMMANENZA
dirsi,

dovrebbe

se l'intelligente
il

riuscisse
d'

formare
natura

intenzionalmente

proprio

concetto

una

pi spirituale, e per meglio in atto, che esso

me-

desimo non
sensitiva,
l'

sia.

Perci

vediamo che
alle condizioni

la

percezione

com' legata

materiali della

organo, cos non pu elevarsi sopra


si

singolarit

di ciascun oggetto corporeo che le

presenta. Perci
sensi
nell' attin-

r intelletto
gere

umano, dipendente dai

la realt

delle cose, e legato nel suo vivere al

corpo, di cui r anima forma, pu conoscere le ragioni astratte delle nature circostanti,
a rappresentarsi una forma pura per

ma non
s

sorge

sussistente
astrarre,
alle

o una sostanza spirituale. Senonch pu


cos tocca le ragioni

comunissime anche
la

nature

incorporee

pu negare

composizione del primo

oggetto a se noto, e con ci levarsi in qualche


a pi
alte

modo

cognizioni.

Tuttavia,

solo
il

per

analogia

con quel primo oggetto intende


migliori
tazione.

resto, e delle cose

non ha propria n quidditativa rappresen-

Insomma

il

conoscente e

il

conosciuto diven-

tano neir atto conoscitivo una cosa.

Dunque
al

si

ridu-

cono

allo stesso
il

ordine di spiritualit

o d'attualit.

perch

conoscente determinato

grado della

sua attualit naturale, n pu ricevere pi di quello


a che dice proporzione la sua capacit, n pu pro-

durre pi che non porti

la

sua

attiva
la

virt

natu-

ralmente impossibile che intenda


delle nature a s superiori.

propria ragione

Ora

certissimo

ed evidente che

la

divina

Es-

senza eccede con infinito eccesso ogni possibile creato


intelletto.

Lo eccede per l'immensit

della perfezione,

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


alla

223
e
la

quale non pu

commisurarsi

la

capacit

virt attiva di nessuna

mente

finita.

Lo eccede
a

pel

modo
la

proprio d'aver l'essere e la perfezione, e per


Dio.

ragione di atto puro, che conviene


d'infinit,

Con

che tocchiamo due ragioni


di considerar
l'

o due maniere

infinito,

dipendenti dalla propria mala

niera dell'
alte
si

umana conoscenza,

quale

alle

cose pi

eleva per diverse vie,


proprio.
le

partendo

dall'oggetto

che

le

sono suo primo e proprio og-

getto
essa

ragioni formali determinanti la materia e in


alla

legate

quantit.
limite,

Ora
di

la

quantit
tale

per s

importa

misura e

guisa

che, senza

limite o misura,

rimane indeterminata e vaga e incaDalla quantit noi prendi

pace

di

esistere realmente.
la

diamo insieme
pi
di

prima nozione

minore o magalcunch
ci

giore, di piccolo o
i

grande

poi,

allontanando sempre
raffigurarci
i

termini suoi, veniamo a


;

grandissimo

e,

fingendo che

limiti

non

sieno

pi,

diciamo

infinito.

Analogamente a
la

cotal grandezza,
delle di7ion

concepiamo ancora
verse nature, onine

crescente perfezione

come quod niagnum

gi

notava

sant'Agostino,

dicitur,

mole esse viagnum. Anlimite


di

che qui possiam negare


ossia di perfezione
tit,
;

ogni

grandezza,
alla

e cos, per analogia

quan-

negando
poi,

limiti,

concepiam
che

l'

infinito.

Ma

osservando

questa
materia,

considerazione

parte dalla quantit e dalla


dice indeterminazione e
a considerare
si
1'

ove
;

1'

infinit

non pu avverarsi
che

veniamo
materia

atto o la forma,

nella

restringe,

dal

recipiente

diminuita,

mentre

essa

per s

nella

propria

ragione

parrebbe dover

224
esser libera
e avere

IMMANENZA una certa


universalit.

ci

risponde una
di perfezione, cetto,

infinit diversa

dalla

precedente, tutta
nel

e niente incerta o

vaga

suo cone

nel

distinguersi

da ogni

altra

ragione,
l'

nella sua formale determinazione.

Questa

infinit
si

della

forma o

dell' atto

per s sussistente.

E
le

av-

vera nelle nature spirituali


nella

pure e

libere,

quali

costituzione

della

loro

sostanza

non inchiuricevuta,

dono un principio
cos
ristretta,
la

materiale

ove

sia

ragion

formale
si

della

medesima
rimane

essenza: in quest'ordine, che

oppone

alla concre-

zione materiale e quantitativa, quella forma


infinita.

Non abbiamo
simi.

ancora per questo solo


spirituali

atti

puris-

Perocch quelle sostanze

inchiudono

potenzialit al loro operare, e questo a noi indici

ed entitativamente

si

connette con
:

la

potenzialit al-

l'ultimo atto di esistere


il

hanno
lo

l'essere, e

non sono

loro essere.

N pur sono
finito
tal

stesso intendere, che


si

all'essere

dell'atto

immateriale

proporziona;

ma

ciascuno spirito
intellettualit
di

natura, in

quanto dice
l'

una certa maniera, come


conoscere
le

anima
dalle

umana

nata a

ragioni

astratte

cose sentite.

quest'ultimo modo, del quale abbiamo

esperienza, noi possiamo determinare;


altri

vedremo
che

gli

quando saremo
si

tra gli Angeli.


1'

All' infinito

eleva

intelletto
Il

risponde

all'essere necessario e assoluto.

quale per conse-

guenza
spiriti

nella sua purissima spiritualit sta sopra agli


inferiori,

molto pi che questi non sieno puri


concrezioni
:

semplici in confronto delle corporee

RIGUARDO all' ORDINE SOPRANNATURALE


purezza, attualit, spiritualit assoluta,

225

com'

assoluta la semplicit di Colui che


Il

primo
il

modo

d' infinit, alla

preso

semplicemente
ci

dal negare

termine

grandezza,

dimostra che

non pu creato
bilit
;

intelletto esaurire la

divina intelligiinfi-

anzi ogni mente, anche beata, rimane a

nita

distanza

dal

conoscere

Iddio,

com' Egli

solo

conosce Se stesso, ed Egli ad ogni creatura, per


insuperabile necessit, incomprensibile.

Questa conpropria

siderazione da s non basta a convincerne che l'intelletto

creato

pur

possa

attingere

la

ragione della divina Essenza.


considerazione
dell'
il

Ma

ci

soccorre l'altra
1'

assoluta semplicit, con che

Es-

sere sussistente e

purissimo Atto

si si

eleva

sopra

ogni altra spiritualit. L' infinito qui


pili

presenta, non

come una

quantit senza termine o una


della

smisututto,

rata estensione

quale,
;

se

non prendo
si

posso prendere una parte

ma

presenta

con

un

modo

intrinsecamente nuovo e diverso da


dall'

tutto ci

che altrimenti conosco, e

oggetto proprio della


intelletto,

mia mente,
rituale
s,

da quello che qualsiasi


libero
allora

spi-

ma non rappresentarsi. E

da ogni composizione, pu

nemmeno

parzialmente
alla

si

pu apprendere quel semplice, che sfugge


priet di
lit
;

pro-

qualunque immagine, ove rimane potenziasi

non
si

pu attingere
s'

la

propria ragione di ci
purit
dell' atto
s,

che

distingue e
1'

innalza per la

e per

assolutezza dell' Essere, che da

non

ristretto ad alcuna

ragione formale.
sia,

impossibile

comprendere quanto

Non solo ma eziandio


15

226

IMMANENZA
sia,

concepire qual

e attingerlo nell'intrinseca ragione

della sua Essenza.

Come dunque

V intelletto
1'

umano non ha
i

vigore

per toccar col suo atto

essenza angelica, cui solo


difetti

conosce per analogia, negando

della natura

corporea, cos e molto pi resta lontano ogni finito


intelletto dal

conoscere Iddio, qual in

stesso.

poich
e

tale

sproporzione
per
1'

intrinseca

ad

ogni
Dio,

mente
la

pu

dirsi,
1'

infinita

distanza

da

senza misura,

elevazione a tanta altezza da intuire

prima

Verit,

assolutamente

soprannaturale.
virtii

Converr non solo che s'aggiunga una


air intelletto creato
;

nuova
princi-

ma

ancora che

cagion

pale
sia
d'

dell'

operazione emessa da chi vede Iddio, non

altra

che

la

stessa

virt

divina,

trattandosi

un

atto

connaturale
infatti

soltanto

Dio medesimo.
oggetto
del

Egli

solo

ha per proprio

suo
l'o-

intendere la sua Essenza.

Ora

manifesto

che

perare in guisa da essere soltanto


e

come strumento
elevazione
dalla

da

esigere

una

cos
la

intrinseca

prima Causa, eccede


tura
:

naturale tendenza della creadalla

che anzi

non sappiamo, prescindendo

fede, se cotesto

modo

d'

intendere sia possibile, ben-

ch

nemmeno possiamo
si

dir

che ripugni, non sapendo

a che
tura

estenda la potenza obbedienziale della crea-

come strumento di Dio. La conoscenza quidditativa

di

Dio

ci

apparir
in-

vieppi lontana da ogni proporzione col


telletto,

creato

se consideriamo la necessit di

porre

nella
sia

mente

che

conosce, una

prima immagine che

principio dell' intellezione, poi un' altra pi

perfetta

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


a che r intellezione
si

227

termina.

La prima

la specie
il

impressa, la seconda la specie espressa o


mentale. L' operazione, che
neir altra ha
il

verbo

dalla

prima procede e

suo compimento, non ha per s radi

gione

d'

immagine o
al

rappresentazione,

ma

solo di

tendenza

suo oggetto.

Ma

assolutamente neces1'

sario che a questa


si

formale

rappresentazione

atto

termini; se pur l'oggetto stesso non avesse ragione


atto cos

di

puro nell'ordine
anche essere
al

intellettivo,

che

il

suo

essere fosse
cos

inteso, e n<^n

potesse unirsi

intimamente

soggetto che lo conosce, da es-

sergli quasi

termine intrinseco della sua intellezione.


fra
le

Questo non s'avvera mai


quali
nelle

create sostanze, le
coni'
1'

perfezioni

semplici,
di

intendere,

hanno sempre mistura

potenza

e d'atto.

Ora

a
ri-

quello che potenza in un ordine di perfezione,

pugna avere

nell'ordine stesso ragion di atto. L'atto

dice perfezione e
dall'altro vien

compimento

la

potenza dell'uno e

meno.
render
l'

Di
in

pi, a

intelletto

capace

di

formare

r immagine o

il

verbo

mentale, conviene in
sia

esso presupporre

un principio, ove

inchiusa la
:

ragione formale dell'oggetto che

sar inteso

e se-

condo

la

perfezione di questa prima specie che eccita

rintellezione, l'altra che la termina, sar perfetta.

Ora quale immagine informer

l'

intelletto, s

che
;

esso sorga a conoscere per essa la divina Essenza

o alla quale terminandosi, possa dirsi che l'intelletto

ha propria conoscenza
basta
q.

di

Dio

Nessuna specie creata


(de Verit.
lon-

tanto.
art.
I),

Anzi, osserva l'Angelico

Vili

ogni forma creata rimane pi

228

IMMANENZA

tana dalla spiritualit dell'Essenza, che non sia lon-

tana dalla semplicit dello spirito l'immagine visiva

impressa nell'occhio

come dunque ripugna che

l'im-

pressione della retina sia principio pel

quale cono-

sciamo un angelo, cos ripugna che per qualsiasi


specie infusa nella mente conosciamo Iddio. Inoltre,

poich l'essenza di Dio l'essere di

Lui, cosa im-

possibile in ogni realt creata, ninna forma sar im-

magine propria
incircoscritta,
tre,

di

Dio. Ancora l'Essenza di Dio


di essere,

contenendo ogni ragion


per

menparti-

ogni forma creata determinata ad una


;

colar ragione

di

nuovo ripugna che questa


infinito (I p. q.

con propriet risponda all'Essere


art.
II).

XII

Adunque, se dovessimo contentarci di dir nella nostra mente rappresentato Iddio per qualsiasi specie
infusa o

forma

creata, la conoscenza sarebbe propor-

zionata alla convenienza di quella forma, in semplicit,

perfezione, attualit, con la divina Essenza.

Vuol
di

dire che sarebbe conoscenza rimotissima e massima-

mente impropria,
quello

per
la

un' analogia
realt
(1.

pi

lontana

che se per
la

accidentale
art.

dovessimo

conoscere

sostanza

cit.

IV).

Ogni

realt
:

creata cade nella composizione d'atto e di potenza

come questo
trettanto

necessario

nell'ordine entitativo, al-

vero

nell'intellettivo,

che in

quello

si si

fonda, e alla

virt

del

soggetto

onde

procede

commisura

non

v' atto

puro creato nell'intendere,

come non

v' nell'essere.

similmente non pu rap-

presentarsi con

immagine creata quella Sussistenza,


alcuna, na-

che essa medesima, senza distinzione

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


tura ed atto di essere, che con la stessa

229

semplicis-

sima entit l'essere primo e l'ultimo atto operativo,


e

parimente operazione insieme intellettiva e volitiva;

e in s

immutabile

e
le

liberamente innovatrice d'ogni


piace
;

cosa fuor di s

come

e in s eterna, e cagione
;

di qualsiasi esteriore successione

ed entit assoluta,
:

e sussistente

secondo distinte relazioni

comprendente

insomma ed eccedente con una ineffabile semplicit gl'infiniti modi di perfezione distinti in tutte le posE come ripugna che cotesti modi sibili creature. ove non sieno identificati in un' essenza creata

pu

sussistere

un puro
pel

atto,

e ogni perfezione
l'essere

sem-

plice limitata

soggetto, e

distinto

secondo
narsi

le
,

ragioni

formali in che viene a determi-

li

cos

ripugna

che

una specie

intelligibile

creata

rappresenti con propriet in quell' atto sututti

premo che identicamente


v'

gli

avvera.

Qui non
che la

semplice sproporzione
;

di

natura a ci

supera

qui opposizione, che porta ripugnanza.

Di che dobbiamo raccogliere che, se Iddio potr


esser conosciuto qual in
altrimenti, se

Se medesimo, non avverr


la stessa

non perch
atto suo

divina Essenza

si

faccia all'intelletto
si

immediata cagione ch'esso a Dio


;

termini con

l'

ossia

perch quella pu-

rissima Essenza funga da forma intelligibile, che per


s stessa determina la

mente

all'atto

d'intuire Iddio;

ed Ella pure

sia

presente
visione,

immediato della

come termine senza verbo prodotto che La


all'

intelletto

rappresenti. In verit l'Aquinate insiste sulla

prima

di

queste due parti, n ragiona esplicitamente della se-

conda.

Ma

manifesto che

gli

argomenti recati vai-

230

IMMANENZA
;

gono ugualmente per ambedue


la seconda,

anzi

tanto pi per
nell'
l'

quanto
e

il

verbo pi attuale

ordine

intellettivo

meglio

deve rappresentare

oggetto,

di cui tien le veci nell* intelligente.

Non diciamo che


proprio senso del-

r Essenza divina divenga forma


l'

in
la

intelletto beato,

ma

che con

sua efficienza ne

supplisce r ufficio.
ricevuta

Sarebbe propria forma, se fosse


potenza,
restasse

come

in

venisse con questa in


limitata

composizione, e ne
atti

a
;

guisa degli

non

sussistenti.

Or questo

assurdo

ma, bench
di-

rimanga verit misteriosa, assurdo che la virt vina sia principio immediato alla mente creata
portarsi con la sua
di

di

intellezione alla

stessa

Essenza

Dio

e che questa,

tivo,

sia

per se

come atto purissimo intelletmedesima termine immediato della


sia la luce.

visione,

meglio che per l'occhio non


l'ufficio

cos

adempie
s

di

forma,

come

specie im-

pressa,

come

espressa.

Visione di Dio soprannaturale.

Ora

impossibile
1'

che

cos

intima e sublime

unione con

Essenza divina nell'ordine dell'intelle-

zione alcuna mente creata abbia secondo la sua natura disposizione o proporzione alcuna, o altra ten-

denza o relazione, che

di sola

potenza obbedienziale.

Dovrebbe esser naturalmente proporzionata ad aver per sua forma o per suo atto Iddio. Ma sempre il soggetto riguardato come recettivo d' una perfezione, e questa medesima perfezione, sono in un medesimo

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


genere
:

23T

che

la

potenza

come
1'

tale

non

altro che

capacit della perfezione, e


stituisce insiem
si

atto che la
tutto,

compie
ai

co-

con essa quel

onde

principi

estende, quasi partecipata, la ragion generica.


sta

An:

che certissimo che Dio


n
d'
la divina

fuori

d'

ogni genere

Essenza ordinata ad essere perfezione


;

un soggetto distinto
Atto

una creatura pu
che
supplisca

dirsi

incompleta, perch non riceve un effetto formale dalla


virt dell'

purissimo,

alla

man-

canza d'una propria forma. Essentia divina^ dice l'Angelico,

dopo

d' aver dichiarato

come non per alcuna


si

specie infusa,
all'intelletto.

ma

solo perch

Dio stesso

congiunga

Egli pu essere in S conosciuto, Es7ion


est naturalis sic

sentia

divina

forma
ti?ide

intelligibilis

intellectus creati,

quod

patet, Actus

enim

et

po-

tentia

semper sunt unius generis ;

potentia in
est
7i

genere quantitatis non respicit actun qui

ge-

nere qualitatis. Unde forma naturalis intellectus creati

non potest

esse nisi sit illius generis in


;

quo

est

po-

tentia creati intellectus


est alterius generis,

unde forma
quae

sensibilis,

quae
sed
sui.

non potest esse forma


taritum,
est
sejisibilis est

ipsius,

forma

immaterialis

ge7ieris

Sicut autem

forma

infra genus inielle-

ctivae potentiae creatae, ita Essentia diviyia est

supra

ipsam

unde Esse7itia divina non


naturalis
potentia

est

forma ad quam
creati (de

se extendit

intellectus

Verit. q. Vili art.

III).
il

Ad
la

alcuno potrebbe venire in mente che

prin-

cipio invocato, doversi ridurre

ad uno stesso genere


patisce ecce-

potenza e
:

il

suo atto

connaturale,
le

zione

ecco

la

sostanza che riceve

forme acciden-

232
tali
si
;

IMMANENZA
ecco
la

materia che

per

l'

umana generazione
anima
spirituale.

dispone ad essere vivificata


la

dall'

Or

sostanza in altro genere da ogni accidente,

e la materia disparata dallo spirito.

Rispondiamo che
sua prima
secondari.
capacit.

la

sostanza

come

tale in po-

tenza all'atto di sussistere, e cos compiuta nella

Ulteriormente

capace

d' atti
s'

Or

questi diversi rispetti, che in essa

ag-

giungono, e son
all'

terminati

alle

forme accidentali e

essere secondo le medesime,

non sono quel primo


riguarda
il

e sostanziale,
sussistere
;

con

cui

il

soggetto

suo
altri

ma, almeno secondo ragione, sono

e distinti.
ai

E come

sono realmente
si

distinti
le

termini

quali quei rispetti

portano, cio

forme ac-

cidentali, cos la
essi

potenza della sostanza in ordine ad

diversa dalla

prima

si

riduce ad altro ge-

nere; ossia, la sostanza in quanto capace di quantit,

di qualit o d' altra


si

forma appartenente ad

altro

genere dal primo,


neri accidentali.

riduce anch' essa a questi gepoi


si

Quando
s

riferisce

ad un atto
inchiude

operativo, e

dovendo riguardarsi non soltanto qual


ancora come
attiva, gi
la

potenza recettiva,
in

gran parte

perfezione

dell'ultimo atto (che


capacit
;

gi perfezione

non

sola

perfettibile
si

il

poter agire,

il

poter intendere)
al

o quando

consi-

dera aggiunta
alla

soggetto una positiva disposizione

forma che
che
il

risulter

(come
sola

il

calore alla forza


;

elastica

liquido acquister, diventando vapore)

non

si

tratter
d'

pi

della

sostanza

riguardata
;

come capace
vrassi

una forma

d' aI.ro

genere

ma

do-

ammettere una

distinta realt accidentale,

ond'ha

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


il

233

soggetto d' ordinarsi a un nuovo atto a un nuovo


;

atto pi perfetto

e quella realt o quest' atto spet-

tano in ogni modo, anche riguardati nella loro entit

assoluta, ad

un genere
eppure

diverso dal primo

(').

L'altra eccezione, della materia che non in un

genere con

lo spirito,
si

due principi convenche


la

gono neir uomo,


teria

scioglie, osservando,

mari-

gi pronta

ricevere

la

struttura

umana

guarda r anima come sua forma, non riferendosi ad


una sostanza che opera intellettualmente,
principio di vita organica.

ma

ad un

Avviene

poi che questa

(^)

gliezza

Con questa osservazione rimane sciolta la sottidi Duns Scoto contro s. Tommaso, che dal dover
la

essere

potenza e
di

1'

atto nello stesso genere

deduceva

la

reale distinzione delle facolt operative dell" animo.

pa-

reva agli Scotisti

proporre un'invincibile istanza, quando

chiedevano se queste medesime facolt fossero ricevute in di che penun' altra potenza del loro ordine accidentale savano far venire l'Angelico ad una serie infinita. Ma non attendevano che la facolt operativa imperfetta ancora,
:

se

si

consideri divisa dall'operazione; tuttavia gi ne parla

tecipa
il

perfezione,
in

come

principio attivo, e gi costituisce

una attualit che s'aggiunge alla potenza recettiva, e per si distingue dalla sostanza. Aristotele e s. Tommaso usano della voce potenza, analogicamente ragionando or della passiva or della attiva. Ma l'uno e l'altro
soggetto

senso s'avvera nelle facolt operative.

In

quanto dicono

potenza attiva, esse medesime sono


getto sostanziale,

atti

ricevuti nel sog-

sono

sono le altre qualit, e per quanto dicono potenza passiva rispetto all'operazione che ancora non hanno, sono con questa in uno stesso genere; e vi sono, come veri
vi

come

distinte dalla sostanza. In

accidenti, pei

quali

la

sostanza costituita recettivo di-

sposto dell'ultima attualit, che l'operazione.

234
vita,

IMMANENZA
con quel

modo che aveva

nel orenerante e che

dovr esser

lo stesso

nel generato,

ha un
tal

tal

modo

di vegetare e di sentire, che solo

da

anima pro1'

cede: cos, indirettamente, la materia a ci disposta


richiede un'

anima

spirituale.

Viceversa

anima noo nell'or-

stra tanto s'abbassa tra gli atti spirituali,

dine intellettivo, che in potenza ad intendere,


i

come
ri-

corpi sono in potenza intelligibili, e le convien


le specie

cevere

per via dei sensi,


principio
di

che dev'essere
e

necessariamente

vita

sensitiva,

per

questa di vita vegetativa, e per questa di natura cor-

porea
delle

nel qual

modo pienamente
atti

rientra nell' ordine

forme che sono


sale
la

della materia,

Onde

ab-

biamo che

materia
i

con

le
s'

sue disposizioni,

discende lo spirito, finch

due

incontrano

come

principi del genere stesso e della stessa specie.

E
fetto,

rimane vero senza eccezione che

il

poter es-

sere perfetto in qualche

modo,

e
al

V essere cos per-

importano entit spettanti


vi
si

medesimo genere,

o che

riducono come principi costitutivi del

medesimo.
Ora, senza contrasto e in ogni modo,
Iddio,
sta
l'

Essere

sussistente.

fuori

d'ogni

genere.

Non

dunque connaturale a verun creato intelletto congiungersi a Lui, come a forma intellettuale. Eppure senza
tal

congiunzione assurda

la visione

beatifica.

Ne dobbiamo
zione,

concludere, o che questa congiun-

per

la

conoscenza intuitiva
;

di

Dio, del
di credere

tutto impossibile

o, se

abbiam ragione
1'

che

s'

avveri,
in

come

di fatto

abbiam

dalla fede, porla

remo

ordine

ad essa nella creatura

sola p-

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


tenza
obbedienziale,

235

che

non importa disposizione


Dio.

alcuna, e solo nega la ripugnanza, ed esclusivamente

riguarda

l'infinita

virt di

Insistiamo su questo:

ove

la

fede

non
la

ci

am-

maestrasse, non
di

avTemmo mai saputo che


a

visione

Dio fosse possibile

mente

creata.

Secondo que-

sta verit l'Angelico,

parlando dei bambini defunti

senza battesimo, e ponendoli per l'eternit nella pri-

vazione del

cielo,

ma
a

naturalmente

perfetti,

dice che

di tal privazione

non patiranno,
cui

come
fu

ignari della

sorte beatissima

l'umanit

ordinata: non
q.
\'

sapranno che
art.

si

possa vedere Iddio (de Malo

Ili

in

e.

et

ad 3.\

lo

saprebbero

migliori
si

filosofi

dell'umana famiglia? Forse


la

nemmen

por-

rebbe

questione.

Ma quando

la

questione fosse
ri-

posta, nessuno avrebbe

argomento bastevole per

sponder che

parrebbe di averne assai per dir

di

no; certo se ne avrebbe molti per dubitarne.

pu un' intelligenza finita concepir l' infinito ? un atto che sempre ha misto tanto di potenzialit,
quanto ne
a un
ritiene

Come Come

nelle

creature,

ci

rappresenter

l'atto purissimo?

Come potremmo

elevarci

operando

modo
1'

di

essere cos lontano dal nostro?

Come
l'

intendere
sibili

essere assoluto, che riassume tutte le posdell'

maniere e perfezioni

essere

Valida

ar-

gomentazione, che mostra impossibile l'attingere Iddio


qual' in

Se

stesso, senza

che
di
le

la

sua medesima Esintelligibile


s

senza
la

si

congiunga a guisa
creata, e tenga
l'

forma
veci,

con
che

mente

di specie

determina

intelletto,
l'

di

specie

che ne termina

intrinsecamente

operazione,

come verbo mentale.

236

IMMANENZA
chi dir che tal congiunzione possibile
?

Or

chi

mai l'avrebbe pensata? Come avvien


priamente
surdit.
detti,
il

nei misteri pro-

primo aspetto
la

piuttosto d' un' as-

Senza dubbio, anche

visione di Dio conla

cessa alla creatura

veramente un mistero,

cui

essenza intrinsecamente inaccessibile, della cui possibilit

non abbiamo a

priori

ragion sufficiente che

r affermi.

E come

negli altri misteri, qui pure le contrarie

ragioni son disciolte per analogie o verisimiglianze,

non per evidente prova che


chi dicesse

le

mostri
pi

false.

che

l'

infinito

Iddio

dista

da ogni

creata intelligenza, che non lo spirito finito dal senso;

ora del tutto assurdo


percepire lo spirito
bile
;

che

il

senso sia elevato a

dunque
Iddio:

ugualmente impossiil

che noi vediamo

risponderemmo che
entra

senso affatto disparato dallo spirito e che in nes-

suna guisa

la

realt
;

immateriale

nell'

ambito

di ci eh' sensibile

mentre

al

contrario V oggetto
l'

adequato
ch
la

di

qualunque
si

intelletto
limiti

ente

e ancor-

nostra mente

a poter conoscere con

propriet uiia determinata sfera di cose, pur ne trae


la

ragione di ente che

si

estende a tutto. Verissimo

e questo concetto dell' ente universale

buon

indizio

che non

ci

ripugna T elevazione a conoscere direttasussistente,


il

mente r Essere
strarci

ma non
fatto

basta a dimo-

che possibile, e
fede.

e la possibilit ci

sono noti solo per

Similmente che rispondere a chi dicesse che


impossibile

una formale congiunzione


la

della

divina
la

Essenza con

mente creata?

magnifica

dot-

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


trina dell'Angelico,
il

237

quale
e

osserva

come ripugna
un proprio
;

ad una forma gi

limitata

stretta in

soggetto r attuar di se stessa un altro soggetto

ma

non altrettanto ripugna ad una forma


se sussistente.

libera o per

Cos non pu

farsi

che una sostanza


invece pu

corporea, ancorch attiva e sottilissima, abbia ufficio


di

forma riguardo ad un

altro soggetto

l'anima spirituale, bench


nicar la sua natura e
il

esista in se stessa,
al

comu-

suo essere

corpo umano.
nell" inten-

Ora

la

divina Essenza e nel sussistere e

dere atto purissimo: ne segue che non Le ripugna


r estendersi a supplire fuor di S con
la causalit
la

sua efficienza

formale

in

qualche potenza distinta, pursia contraddittorio


tal

ch nella stessa potenza non

l'es-

sere elevata a partecipare quell'atto. In

maniera,

quanto

al sussistere,

abbiamo

1'

unione ipostatica, ove


d'

r umanit di Ges Cristo, invece


propria, che la farebbe
tecipa r esistenza divina,
essere

avere un' esistenza

persona umana, pardella

non com' assoluta

divina Essenza,

ma

com' propria della seconda persi s

sona; quanto all'intendere, l'Essenza infinita

con-

giunge

alle

menti dei comprensori, e


e

le

attua
la

che

vedono Iddio,

immediatamente termina

loro vi-

sione. Cos l'unione

dell'anima spirituale col corpo

a noi magnifica figura delle

due supreme
sono
1'

e miste-

riose manifestazioni di Dio, quali


statica e la visione beatifica.

unione ipo-

Eppure, chi pretender

che ne sveli
possibili
?

1'

arcano, o che positivamente le mostri

Una
al

verit che
ci

quanto

all'

essere n quanto

poter essere

manifesta pei principi della ra-

238

IMMANENZA
le

gone e per tutte

propriet delle creature; che


la

nota soltanto per fede, e che neppure dopo


lazione
si si

rive-

pu riconoscer

possibile

ma

che soltanto

pu e si dee credere, mostrando che le opposte ragioni non concludono di necessit, propriamente
misteriosa. Tutto questo
si

avvera nella proposizione

che

la nostra beatitudine sar posta nella diretta in-

tuizione di Dio.

Qui dunque abbiamo un verissimo


esserci per

mistero.

Non pu

conseguenza nella noentitativa disposi-

stra natura

una proporzione, o un'


o

zione che dica esigenza alcuna di quella elevazione,

o la postuli
nulla

vi

tenda
la

non chiede
la grazia,

modo. Come il creazione, cos la natura non


in

alcun

chiede
al

che assolutamente

la

eccede

mentre

contrario ogni cosa ha intima proporzione col suo

fine

o col proprio bene,

in

cui

sar perfetta. Cos

dobbiamo intendere
ove spiega che
eccellenti,
taci
le

la dottrina

accennata da S. Paolo,

opere

umane, per quanto sieno


la vita porta-

non hanno proporzione con


lui

da Ges Cristo, e che solo siam


che a
ci

salvi

per

la

fede,

unisce. Cos intendiamo quel passo

ov' detto che in Cristo


circoncisi

Ges non importa


vale la

l'

esser

o no,
:

ma

solo

nuova creazione,
la

nova creatura
grazia,
il

che veramente nuova creazione


la

cui

natura non ha proporzione,

come

niente non V ha a divenir qualche cosa.

La

grazia,

abbiam detto
si

poich

fin

d'ora siamo
:

elevati a quell' ordine che

manifester nella gloria

dall'ultimo termine, al quale siamo avviati, dobbiam

prendere
(jel

l'

intrinseca

ragione e

la

misura entitativa
nell'

principio che

omai ne abbiamo

anima san-

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


tifcaia.

239

Ond"

che V intima costituzione dei doni,


elevati,

pei quali

siamo

divina ed misteriosa, in

guisa da eccedere essenzialmente pel suo


trinseco,

modo
la

in-

non soltanto pel suo grado,


vi

propor-

zione della natura, e non dice attuazione d' una potenza

che

sia

disposta

la

domandi,
all'

ma

che

soltanto

n'

capace, riferendosi

infinita virt del

Creatore,
alla

come potenza

obbedienziale.

Che per

se
ri-

natura quei doni non fossero aggiunti, non


intera e perfetta nel suo ordine,

marrebbe

non inane

e manchevole,

qual

soggetto privato d'una perte-

zione che dovesse avere.

Se

la

natura postuli

il

soprannaturale.

Per
zia

la

dimostrata intrinseca eccellenza delia grala

sovra

natura,

della

visione di

lontana da ogni creata facolt,


tersi

Dio tanto manifesto non poche


fossero

dedurre dalla natura stessa


e
della

la verit della gra-

zia

promessa

visione,

quasi

queste perfezioni proporzionate all'umana sostanza,

o delle quali fosse immanente nel soggetto qualche

cominciamento.
sime.

qualche preparazione

alle

mede-

Rimane

tuttavia

un

altro

modo,

col quale pre-

tendono alcuni

di arrivare allo stesso scopo, ossia a


1"

dedurre dalia sola natura


turale.

esistenza del sopranna-

Ci voglion venire,
s

mostrando che questo


divina
;

necessario,

che

la

Sapienza
all'

non pot a
voglion model-

meno
strare

di

aggiungerlo

che

uomo creato immanente all' uomo la

necessit

240

IMMANENZA
la la

r elevazione ad un ordine pi alto che


s

natura da
religione

non possa avere, a quello che per

di Cristo realmente stabilito.

Assolutamente imdell'uomo

possibile
e

intendi,

alle sole

forze

cos

pure assolutamente necessario


i

all'

uomo

ecco
:

propriamente

caratteri del soprannaturale

scriveva recentemente un affezionato espositore delle

moderne toccanti il nostro argomento. E poco appresso: Che il soprannaturale sia umanamente
idee
inaccessibile, ci che insegna la fede, e ci che esige la ragione. Ci che reale,
la
la

prima impone come

seconda

lo

concepisce

come

necessario,

sebbene impraticabile da noi.


\<

L' una dichiara dato

gratuitamente ci che
lare invincibilmente.

1'

altra

non pu che postuvuoto

<<

Esse dunque coincidono in ci


il

che r una piena, dove l'altra offre

(').

Adunque
nello studiare
stra anima,
i

il

metodo
del

dell'

immanenza
le

consister

profondamente
bisogni
in

tendenze della no;

nostro cuore
i

nello

scrunostri
si

tare

ci

che
e

germe contengono
desideri
;

primi

pensieri

g' ingeniti
il

nel vedere

come

svolgono e qual

termine che sembra dover que-

tare la loro tendenza e coronare la loro evoluzione.


S,

la

magica evoluzione anche qui interverr; e

dopo aver cambiato un caos di nebulosa informe nell'universo mirabile; dopo aver forse tratto dalla
materia (chi sa?
si

spera ancora)

le

prime

cellule

Q) SUidi Religiosi
filosofia dell'azione,

di Firenze,

articolo del prof. E.

maggio-giugno 1905: La Buonaiuti; pag.

247 e 249

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


vitali,

24I

o
;

il

protoplasma

chi

sa

quali

primissimi

protisti

dopo aver certamente


e

(qui
le

non vogliono
infime
specie
nel vita
all'

pi dubitare) trasformate e svolte


nelle migliori,

avere

espanta

la

prima
fino
1'
;

regno immenso botanico e zoologico,

uomo,
ci

o almeno

fino

all'

umano organismo

evoluzione
alto,

mostrer pur
stula
il

la

natura che tende pi


al

che po-

soprannaturale, che aspira


infatti

divino.
la

Qual

tra

mortali,

che interroghi

voce del cuore, senza

sentirsi desideroso

d'una cor^
?

dizione migliore che non possa aversi quaggi

Tenrenda

diamo
felici
:

alla

verit,

tendiamo

al

bene,

che

ci

or

n'

abbiamo tanto

nella vita presente,

quanto

basta per avventura ad irritare vieppi la sete, non


gi ad appagarla.

chi

non riconosce
al

il

bisogno di
nella
ci

aiuto superno nelle oscurit della

mente,

detor-

bolezza della volont

E andando
;

fondo,

menta

il

bisogno

dell' infinito

e,

pi

determinatacercato
ri-

mente, questo

infinito

Dio.
;

Ora
e,

Iddio,
la

da molti, trovato da pochi

se

ragione

manesse senza lume pi


ai

alto,

alcuni ottimi

appena,

quali la moltitudine, distratta in varie parti,

non

crederebbe, giungerebbero di fatto ad assicurarsi che


v'

una prima cagione,


ci

in

cui

Se non

fosse la rivelazione,
gli

mano sta l'universo. dovremmo dire che


mani

invano Dio pose


tino e provino se

uomini

sulla terra, affinch ten-

mai

riesce loro di metter le


:

sopra alcunch d divino


attrecteyit

quaerere Detmi, si forte

Eum

aut

7ive?iia7it

come diceva l'Apostolo agli ci preme di sapere onde veniamo

XVII, 27), Areopagiti. Similmente


(Act. Ap.
e

dove andiamo,
i6

242

IMMANENZA
sia
il

o qual

nostro destino

di

che

la

povera nostra

ragione,

anche prescindendo dalle turbate passioni,


in

anche prendendola
titudine,

una pi ideale che storica

ret-

appena sa balbettar qualche cosa incerta e

insufficiente.
stici

E non
era

dissero forse anche gli Scolaci

che,

quando pure non


fine,

fossero
l'

misteri,

la

rivelazione

necessaria a rendere

uomo

sicuro

dell'onest e del

pel quale deve esser


il

creato?
Cos
i

Dunque

la

natura

esige

soprannaturale.

nuovi apologeti.
Certo, le pi nobili

tendenze della

natura,
dalla

di-

cono ancora, possono essere soffocate

corru-

zione dei vizi o dall' eccessivo ingolfarsi nel trattare


le

cose terrene

ma

se

1'

anima

si

mantenga
soltanto
fine
;

illibata

e rientri in se stessa,

sentir quelle tendenze

sempotr
allora

pre pi alte e pi divine.

E
la

allora

ragionare del suo principio e


sar

del

suo che

capace di conoscere

verit

unicamente
necessaria-

importa.

Ora con

ci

stesso

cercher

mente

ci che la sorpassa, e sentir di


la

non potersi
da s

posare se non in Dio, che

sollevi dov' essa

non pu giungere. Ecco una tendenza fortissima ed


intima alla
zione che
ci

quale

pienamente risponde
e
la

la

destina-

rivelata. Cos

non altrimenti avrenostra

mo
tilla

tutto quello che


di

chiede
la

anima,

scinalla

Dio.

Dunque
;

grazia

necessaria
si

mente

e al cuore

e quanto pi lo spirito
i

eleva,

vedendo a che tendano


pu essere che Dio
tilmente.
ci

suoi

modi,

divien

mani-

festa la verit dell'ordine soprannaturale.

Poich non

abbia spinti a bramarlo inu-

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE

243

Ma

non possiamo ammettere che, prescindendo


fede
a

dalla rivelazione, o dalla verit della


fatta certa,

altronde

lo studio della natura


la

basti

conchiu-

dere efficacemente

reale esistenza o la possibilit

dell'elevazione soprannaturale. Notisi che qui sopran-

naturale

s'

intende in istretto senso

non come
della

altri

poteron dire
tura o del

soprannaturale
dalla

l'

istituzione

nasadi-

mondo
natura,

parte di Dio, n

come
al

rebbe qualunque azione divina, che supplisse


fetto
d'

della

o
alta,

ci

aggiungesse doni
agli
la

proprii

una natura pi

facendoci simili
tutta

angeli

bens in guisa che

sia sorpassata

possibile
l'infinito

natura e

si

tocchi ad

alcun

atto

che,

per

vero direttamente attinto, sia connaturale soltanto a


Dio. Tal
,

come dimostrammo,
;

la

vera
d'

intuizione

della divina Essenza

ed similmente

ordine di-

vino ogni atto che sia principio di quella visione o

ad essa conduca. Ora diciamo assurdo che un

ter-

mine

alto,

a cui la natura non dice proporzione,

sia peraltro dalla

medesima
ci

richiesto,

che da essa

possiam ragionando divenire a quello.


Infatti
la

natura

sforza a conchiudere che

una

perfezione dovuta ad un soggetto, e che deve esser possibile


il

far

giungere questo soggetto a quella


cos

perfezione,

quando troviamo una potenza


atto,

ordi-

nata

al

suo

che

il

poter ricevere l'atto mededi

simo
che

sia
n'

tutta la ragion

esistere per

la

potenza

capace.

In altro

modo, quando non ricever

r atto rende inutile T esistenza del soggetto in cui

244

IMMANENZA
;

la potenzialit rispondente

ovvero
ci

il

soggetto senza
gli

queir atto

rimane privo

di

che

dovuto,

come
cacia.

naturai compimento, rimane difettoso e quasi


;

mostruoso

allora

la

deduzione
la la

accennata ha

effi-

Perch ripugna che


difettosa,

natura sia

intrinseca-

mente

riferendo

mancanza all'Autore
non per
suo
ter-

stesso dell' ordine universale. Al contrario

nulla irragionevole

che rimanga senza

il

mine una potenza puramente obbedienziale, secondo


la

quale

possibile

che

la

virt

divina aggiunga

altre

ed

altre perfezioni,

che non dicono contraddi-

zione con la natura del soggetto,

ma

che eccedono

ogni proporzione del medesimo. Anzi impossibile

che cotesta possibilit

sia esaurita,
fatto.

potendo sempre

Iddio far di pi che non ha

Adunque
natura,

l'aver

dimostrato
zialmente

che
ogni

l'ordine

della

grazia eccede essenbasta

proporzione della
la

conchiudere che

natura non

lo

esige

come suo

compimento,

che per non averlo non resta manil

chevole o deforme, n

desiderio

dell'

uomo

resta

inquieto n produce infelicit.

Ancora,
l'

abbiam
in

trovato

che

l'

elevazione

del-

uomo

proprio

senso

misteriosa,

come son
soprannatula

misteri le verit per s rivelate e note soltanto per


fede.
rale,

Dobbiam

dire che tutto

l'ordine

o l'elevazione della creatura a partecipare

divina natura,

massimamente oggetto
essa,

ragione
sa-

della rivelazione; senza di

nulla

avremmo
filosofa,
1'

puto della grazia, nulla dell'essere destinati

al cielo.
sit)-

tutta

opposta,

non solo

all'

antica
fu

bene

alla fede

propriamente detta,

eresia di Pe-

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


lagio,

245

come

poi

furono opposti

gli

errori
e

di

Baio.

Al

contrario, se con

qualche

efficacia

con

vera

probabilit potessimo dalla natura trarre

argomento
e

per
vita

conchiudere
eterna
(e

la

necessit

della

grazia
la

della

potremmo

farlo,

quando

natura
perfe-

non potesse restare senza questa aggiunta


zione, o rimanesse

di

monca

non buona);

l'esistenza

dell'ordine

soprannaturale

sarebbe

provata,

com'

provata

l'

esistenza di Dio.
si

Non

sarebbe per conse-

guenza un mistero, e
che

ridurrebbe a quelle verit

diconsi per accidente

oggetto

di

fede.

pii

ancora, la verit dell' elevazione sarebbe dimostrata


a priori,

non

a posteriori

sarebbe dedotta non da


dagli
effetti

segni conseguenti,
causa,
il

come deduciamo
:

la

da necessit antecedente

ne

troveremmo
e neldi
ef-

principio nell'esigenza della

umana natura
;

r innata tendenza dei nostri

atti

poi
.

la

bont

Dio
fetti

ci

assicurerebbe che la cosa

Solo dagli

e dai segni estrinseci, appoggiandosi alla storia

dell'

umanit e del cristianesimo, a posteriori adunfatto necessario,


gli

que e come per un


fensori della fede,
rit.

antichi di-

hanno preso

a dimostrarne la vefatica s'accor-

Chi vuol cambiare, dopo molta


d'

ger

avere stentato invano.

In terzo luogo, e con pi forza diciamo che,


i

quando
la

moderni apologeti avessero ragione, perirebbe

gratuit della nostra soprannaturale elevazione, e

non

sarebbe pi in senso pieno un dono, e sarebbe pi grazia.


fessore,
di cui

la

grazia non

Come mai

pot scrivere quel Prola fede

sopra riferivamo, che

dichiara

dato gratuitamente ci

che la ragione

non pub che

246

IMMANENZA

postulare invincibilmente?
insieme.

Le due

parti

non stanno
le quali

Perocch una delle principali note


l'

entrano a costituire
nella Chiesa
si
si

intera nozione di grazia, quale


gli erranti fu difesa,

form, e contro

quella d' esser data per

pura

liberalit a chi

non

vi

aveva nessun
titolo.

diritto,

n poteva pretenderla per

alcun

La
in

vita eterna,

consumata

in cielo, esla giu-

senzialmente costituita fra noi sulla terra per


stificazione,

senso

strettissimo
23).

grazia

gratia

Dei
quel
e
il

vita aeterna

(Rom. VI,
ci

Non

grazia in
la

modo
sole,
la

che Iddio

d liberamente

pioggia
della

sanit e F ingegno,

come Autore

natura e
fezione
;

conducendo
sibbene

questa alla propria sua per-

grazia in

quanto, supponendo
dell'

ogni perfettissima disposizione

uomo, non

v'

per questo alcuna ragione che domandi quel dono

troppo pi alto

anzi

Dio

lo

concede per liberissimo


la

suo consiglio, altro da quello con cui volle crear


natura.

E come
al

la

creazione non per niun conto

dovuta

nulla del soggetto che ancora

non

cos

la grazia

non

dovuta
:

alla natura, e sta

sopra come

una nuova creazione


Gal. VI,
15),

veramente nova creatura (ad


l'Apostolo.

come

scrisse

lo

stesso

Apostolo insegnava, come verit manifesta, che non


sarebbe grazia, se fosse dovuta
alle
:

opere

dell'

uomo
il

o a qualsiasi merito antecedente


iavi non

Si autem gratia,
6).

ex operibus (ad Rom. XI,


la

Ora

desola

bito crescerebbe, se, pur senz' opere buone,

la

natura gi esigesse

grazia e

meno

ci

sarebbe di

dono gratuito

in

darci

quello a

che gi nascendo
in

fossimo necessariamente ordinati, che

accordarci

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE


la

247

mercede conveniente
si

al

merito. Si ha meglio quello


es-

che

ha per necessaria costituzione del proprio


che
si

sere, di quello

ottiene per
d' esser

titoli

sopravvenienti,

e cos Paolo

si

vantava

nato cittadino romano


la

davanti

al

giudice che

aveva comprato

cittadi-

nanza a gran prezzo.


Attendasi ancora

che

il

dar

la

grazia

non

sa-

rebbe pi da attribuire

alla alla

larghezza e

all' effusis-

sima bont

di Dio,

ma

sua giustizia. Poich diDio,


il

stinguendo a

modo umano

gli attributi di

for-

nire alle creature ci che in esse postula la natura,

come
l'

il

creare l'anima nel gi preparato


alla

germe

del-

uomo, spetta
riguarda
la

Provvidenza di Dio Creatore, non


in

lo

come operante
di

un ordine superiore.
in

Or

giustizia

Dio sempre

questo consiste,
di

che ripugna a Lui non dar quello, senza

che

re-

sterebbe manchevole l'opera sua, o incompiuto l'or-

dine della sua Sapienza. S'ingannerebbe chi pensasse


giusto Iddio, perch' Egli adempia qualche obbligo che

Lo

stringa,

qualche
a

legge
diritto
si

che Gli
che

s'

imponga,

perch
verso

soddisfi
di

un

altri

possa avere
dipen-

Lui

con ci

porrebbe qualche
d'

denza nella prima Cagione e nella fonte


dine d'ogni
diritto.

ogni or-

Per non cadere


la

in tale assurdit,

da porre invece
solo
si

ragione della giustizia di Dio,


far
l'

in

ci che ripugna a Lui non

quello che

richiede, per condurre a termine

opera eh' Egli


la

stesso

ha incominciata

o
in

ripugna che

creatura

venga meno dall'ordine

cui era posta, perch le

manca

ci

che solo poteva ricevere della Causa prima.

Oportet videre in hoc veram

Dei

esse institiavi,

qiiod

248

IMMANENZA
tribuit

omiibus

propriam secundum u?iiuscuiusque


et

existeitium digjiitatem ,

miiuscuiusque naturam in
p.
q.

proprio salvai ordine

et virtute (I

XXI
in

art. I).

E
ad

a ciascuna cosa alcun bene dovuto,

quanto
(ib.

quella a questo ordinata dalla divina Sapienza


3"').

Et

licet

Deus hoc

7nodo debitum alieni

dei,

no7i

tavien

Ipse est debitor^

quia Ipse ad alia non


(ib.).

ordinatur, sed alia

ad Ipsum

La qual
nelle

dottrina

novamente
della natura

illustrata

dall'Angelico
;

questioni

della grazia e del merito

dove insegna che da parte


la

non
se

v'

preparazione che esiga


Ili),

gra-

zia (I* II* q.

CXII

art.

non
1'

v'

merito dalui sta-

vanti a
bilito
:

Dio

non per adempir


homiiis

ordine da
esse
7i07i

Meritum

apud Deimi

potest,

nisi secundzim praesuppositionem divinae ordinai ioriis ;

homo consequatur a Deo per suam operationem quasi mercedem, ad quod Deus ei virtutem operandi deputavit (ib. q. CXIV art. I). Che
ita scilicet ut id
^

se r Apostolo aspettava la mercede dal

giusto

giu-

dice Iddio, egli parlava supponendo gi posti in lui


i

primi

doni
v'

della

grazia

delle

opere

salutari

ma non
cede,

merito, non

v'

giustizia che dia

mer-

non v' neppure precedente disposizione che


in

importi esigenza alcuna,


tuzione
della
dell'

ordine alla prima


o
all'

isti-

ordine

soprannaturale,

infusione

prima grazia.
la

Perci con tanta insistenza

Chiesa condann

non

solo Pelagio, che negava la gratuit e la divina

eccellenza dei doni recatici pel Redentore,


i

ma

ancora

semipelagiani che, forse senza malizia, ammettevano

nella natura qualche principio di

buona volont

re-

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


lativa

24)

ad ottener

la

grazia di poter credere,

come
guisa

conviene. No, che gi perisce la gratuit, se la natura da s e con gli


atti

suoi

si

dispone
le

in

che

resti

privata e manchevole, ove non

sia

dato

r ulterior bene eh' essa veramente richiede. Apparterrebbe a Dio, che provvede secondo
della natura,
il
l'

istituzione

dare ormai questo bene; non sarebbe,

nel senso legittimo, vera elevazione, n propriamente

dono, n ancor
tolico.

meno sarebbe
ancora fu

grazia nel senso cat-

Per questo

respinta e

condannata

la

sentenza di Baio, che insegnava esserci restituiti per


la
ei

redenzione

beni perduti

col peccato

tali

beni,

diceva, dei quali meritamente era priva la stirpe


all'

colpevole, dovuti peraltro

uomo

innocente, e per

non essenzialmente superiori


dell'

alla perfetta natura,


la

angelo n

dell'

uomo. No, che invece

grazia

dono eccedente ogni proporzione


non
ci restitu

di qualsiasi creata

sostanza, n all'uomo innocente e perfetto, n all'an-

gelo era dovuta

Ges Cristo

col suo

Sangue

e co' suoi meriti alla perfezione della natura,


alta e in

ma

ad una condizione senza confronto pi


creature

vero senso divina. Perch con nessuna affatto delle


possibili

ha proporzione

l'

intuitiva
si

conoordina

scenza di Dio, alla quale intrinsecamente

ogni principio di vita soprannaturale.

Dunque non

si

dee dire che

la

grazia sia supe-

riore all'anima nostra,

o ad altro migliore spirito,

solo perch la creatura da s

non

ci

arriva,

e solo

Iddio pu
quietare
il

infonderla

che del resto necessaria per

natio desiderio di conoscenza e d' amore.

250

IMMANENZA
si

Non
tura,
in

pu ammettere che studiando


fu

la

nostra na-

troviamo

in essa la necessit dell' ordine divino,

che

posto

Adamo

innocente, e

al

quale siamo
fosse,
l'

ricondotti per
logetica
dell'

Ges

Cristo.

Se questo

apo-

immanenza sarebbe

giusta, e ben pol'

trebbe conchiudere dal bisogno della creatura


fallibile

in-

operazione del Creatore, che non manca mai


il

di

condurre a termine

disegno della sua Sapienza.

Non
l'

solo r elevazione gratuita


fosse

non immanente
di

al;

uomo, quasi ne

un connaturale compimento
quella,

ma

neppure v' alcuna esigenza


o

o alcun

principio che la prepari,

vera ragione che la di-

mostri possibile.

Dottrina dell'Angelico.

Eppure pu sembrare
neli'

il

contrario, se altri
l'

si fissi

argomento, con

il

quale
il

Angelico suol provare

la necessit di porre

fine dell'

uomo

nella visione
I*

di Dio.

Cos nella III* questione della


i

11^^,

dopo

avere percorso
riposo
ai

vari

oggetti che paion promettere


e aver di tutti negato che
articolo

nostri desideri,

possan bastare, nell'VIII


et perfecta

risponde: ultima
in visione

beatitudo

non potest
procede nel
i

esse nisi

divinae Essentiae.

similmente, anzi con pi forza


III

e pi minuta

analisi,

Co7itra
gentili

Gentes,

ove prende a convincere


universo,

filosofi

che non

nelle considerazioni metafisiche,


dell'

non

nella conoscenza
le

non

nella

congiunzione con
la

menti
;

angeliche,

pu consistere

nostra beatitudine

ma

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE

?5I

che soltanto nella visione della prima Causa poser


r
intelletto.
il

Gi nella prima parte della So7nma, pro-

posto

dubbio, se un intelletto creato possa vedere


il

Iddio per essenza,

Santo
senza
(q.

Dottore

avea risposto

che

s,

dicendo che

questo non giungerebbe


XII,
art.
I).

l'uomo ad essere beato


volte ritorna
stesso
alla

molte
lo

stessa
la

dottrina,

sempre con

argomento
il

persuade:

Conosciuto

l'effetto,
:

sorge spontaneo
e
l'intelletto
tal

desiderio di conoscerne la cagione

non

ben quieto, finch non

gli

sia

nota

cagione, la quale abbia in s la ragion del

suo essere, come nelle dimostrazioni non siamo paghi,


finch

non siam giunti a


stanti: cos

principi

per s
lo

manifesti,

o per s

procedono con

stesso ordine
finita

l'essere e la verit.

Or nessuna

sostanza

ha

in

s sola la ragion del suo essere, e tutte le cose gri-

dano che son


dell' intelletto

fatte

da Dio. Dunque

la natia

tendenza

va a Dio,
conosciuto.
se

n sar soddisfatta, finch

Dio non

sia

Ma

assolutamente

non

conosciuto Iddio,

non

immediatamente veduto
tendiamo naturaln sarem senessere

per Se stesso.

Dunque

a vederlo

mente,

in

quanto siamo

intellettivi,

za questo in pieno senso beati.

Or non pu

che

il

naturale desiderio sia vano, cio che indarno


ci

Iddio

abbia immesso un' aspirazione non possibile

ad adempire.
Cos sembra procedere S.
dir che sia spregevole
1'

Tommaso,

e
lui

nessuno
addotto,

argomento da

o che r argomento stesso non meriti grande considerazione per r autorit del Maestro che lo propone.
Perci conviene che diciamo che cosa sia beatitudine,

252

IMMANENZA

e a che

modo

di beatitudine lo spirito creato natu:

ralmente aspiri

poi

vedremo

se dall' Angelico ci sa-

remo

scostati.

La

beatitudine
p.
q,

il

bene perfetto della natura


infatti

intellettiva (1

XXXVI). Ognuno

reputa

beato l'uomo, a cui non resta pi nulla da desiderare


:

ora

il

desiderio tende a
e

quetarsi

totalmente

neir ultima perfezione,

goderne. Son cos due


il

parti dell'intera nozione di beatitudine: possedere

bene perfetto,
queste
gente.

poi compiacersene.

Per ambedue
al

note

la

beatitudine compete

solo

intelli-

Che r
la

intelletto solo attinge col

suo

atto,

che

eccede

limitazione d' una data natura, ogni possi;

bile perfezione e la perfezione assoluta

esso la pos-

siede, in

quanto

1'

oggetto cognito nel conoscente,

e a cotal possessione tende la volont,

bramosa del
conveniente
intelli-

bene, che
alla

si

dee raggiungere nel

modo
il

natura del soggetto. Di pi

soggetto

gente,
in

come

tale,

persona, che
le

ha ragion

di fine,

quanto a suo bene son volte


;

cose che la riguardi s,

dano
bene

ed essa, con aver coscienza


aspira, e sente di

e al proprio

non averlo ancora raggiunto,


il

o riconosce di averlo ottenuto, a che segue


piacersene o
il

com-

godimento. Nel

godere
;

la

prima e

pi nota propriet della beatitudine

che

noi, avvezzi

a partire del senso, percepiamo con pi vivezza quella

parte eh' pur dal senso percepita, ed

il

diletto

ma

la

possessione del bene,


1'

come

1'

ultima perfezione,

e per

essenza della beatitudine, era gi antecedencostituita.


le

temente

Anche

nature inferiori possono aver qualche

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


bene ad
esse

253

proporzionato;

ma

in

ogni

modo

al

ristretto alla loro specie,

e le cose

sono ordinate

bene universale,

s
;

che

la

loro perfezione pi co-

mune che
noscono
la

propria

n esse hanno coscienza, n coalla


;

proporzione del soggetto

buona con-

dizione in che trovasi per avventura


poterle dire
felici.

tutto

manca

Se qualche immagine
nostro,

di

felicit

appare nel senziente, viene pi


noi facciamo
realt.
I
il

dall' attribuirgli

che

modo

che non venga dalla


alla perfezione dell' ufarli

bruti son cose volte


la

niverso

sensazione volta a

operare in
;

modo

conveniente, n

pu essere fine a se stessa passeggera, come il moto e l'irritazione ond' accom;

pagnata
Neil'

imperfettissima nel percepir se


il

medesima.
che
disviarla

uomo

piacere sensibile cosa


l'

inferiore,

tende piuttosto ad abbassar


dal

anima e a
il

suo bene verace.

Dir beato

senso,

sarebbe

bestemmia.

Dunque
in

la

beatitudine propria dell' intelligente

quanto

tale.

se

importa

la

massima perfezione,
all'

dovr consistere
oggetto.
la

nell' atto

migliore rivolto

ottimo

Perci sublimemente Aristotele scrisse che


della verit pi
si

contemplazione

alta

costituisce

la

beatitudine, e che questa tanto


1.

estende quanto

quella (Eth. Nicom.


alta verit

e.

Vili)

siccome

la

pi

la

divina,

nella

quale contenuta la
infinita

ragione
infinita

d'

ogni altro vero,


la

ed essa

come
cos

pu essere

perfezione dell' intelletto,


1'

nella conoscenza di

Dio deve esser posta e


cotesta

ultima

perfezione e la

massima beatitudine.

Ma

in

che

modo

altissima Verit

potr

254

IMMANENZA
?

essere conosciuta da qualsiasi intelletto


lei

E come

in

qualunque intelligente sar beato? Lo stesso Arinel

stotele che

XII

dei Metafisici
l'

pone beato Iddio


VII), trat-

neir atto eterno di conoscere

universalit delle cose


(e.

ond' Egli principio, e per Se stesso

tando della beatitudine degli uomini, dice che potranno esser beati,
lo
sic

tamen ut Iwnines. Vero che


altra felicit dell'

Stagirita
di

non pensava ad

uomo,
;

fuor

quella che possibile nella vita presente


la

che

quantunque sentisse

spiritualit
e

dell'

anima
so-

nostra, a differenza dell'altre,

accennasse

alla

pravvivenza fuori del corpo, tuttavia non se ne oc-

cup pi

lungo,

n os
si

disputarne,
al

n pens a
esser
felici.

dire in qual maniera

possa

di

Ma, compita
non pu
la

in

questa parte
noi

la filosofia

per T aiuto
vera
felicit
:

della rivelazione,
trattarsi,

sappiamo che
in tanti
;

di

mentre stentiamo quaggi

dove
caso

contemplazione impedita
dolori

modi
in

dalle ne-

cessit della vita e dai

dove

ogni

scarsa

dove ha da esser troncata dalla morte.


da
l'

Prescindiamo
r anima, anzi
finale di

questi

impedimenti,

supponiamo
Di che

uomo
l'

intero,

condotto ad uno stato

naturai

perfezione, e

chiediamo

beatitudine capace

uomo, o come potr posse?

dere

r assoluta Verit
gli

Poi,

come

del
?

modo che
Che
il

realmente

concesso sar contento


in

ci

ri-

cordiamo

aversi
la

questa

contentezza

compledella

mento, anzi
felicit.

parte

comunemente pi nota
intelletto
ci
si

Poich
senza
fine,

il

vero e

l'

estendono ambedue
tra

manifesto che

sar proporzione

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


ciascuna determinata facolt intellettiva e
prio
il

255

suo pro-

modo

d' attingere

1'

oggetto

intelligibile.

quan-

tunque anche l'infimo


s s

intelletto

conosca

in

alcuna guisa
indefinito,

r ente comune che tutto abbraccia

come

r Ente supremo, che attualmente e assolutamente


;

infinito

pure certo che a ciascuna potenza


proprio atto, e che
la

ri-

sponde
secondo

il

mente

finita
l'

riceve

la

propria misura la verit che

eccede, e

abbiamo gi mostrato che non pu essere connaturale


a verun creato spirito aver concetto quidditativo dell'

Essenza di Dio

ottenerlo un prodigio ed

un

mistero.

Similmente diremo della beatitudine, che

si

estende

come la contemplazione e come la perfezione di questa. Adunque sar beatitudine assolutamente piena e
perfetta

dove
il

l'

intelligenza giunge a possedere


intelligibile
;

pie-

namente

supremo

sar deficiente, in
cotesta pienezza
di

proporzione del venir

meno da
la

possessione conoscitiva. Se la perfetta beatitudine, im-

porta che

la

Verit assoluta o

prima Cagion d'ogni


la

cosa sia conosciuta qual in se stessa,


beatitudine per s non conviene ad
S' avvera sistente e
altri
l'

perfetta

che a Dio.

appieno in Lui, com' Egli

Intendere sus-

puro

ma

ogni intelletto creato,

come

re-

stringe alla sua specie la ragion d' intelletto, cos anche

quella di beatitudine.

nella stessa guisa che gli


lui

connaturale

il

conoscere con propriet l'oggetto a


la

commisurato, e sorger pi alto e pensar

prima

Causa per via


zioni;

di similitudini

analogiche e di negail

anche ammetteremo che

far questo,

secondo

tutta la virt naturale,

sbandendo ogni errore ed ogni

256
difetto,

IMMANENZA
r ultima sua naturai perfezione, della quale
dirsi

dovr

contento, e a suo
sic

modo

stimarsi beato

Beati erunt,
angeli.

tamen ut homines,

o ancora

come

Notiamo peraltro che potrebbe


migliori e pi
alti

il

Creatore, senza

uscire dall' ordine naturale, largire alla creatura doni

lumi eh' essa da s non otterrebbe


le

come salgono
cos

indefinitamente

nature

angeliche,

son

possibili

nuove conoscenze comunicate a

qualsiasi intelletto, senza toccar per questo la soglia

del soprannaturale, e senza alcun principio della vi-

sione di Dio. Sarebbero

specie infuse e conoscenze

migliori di tutto ci che ora noi qui possiamo con-

cepire

sarebbero divine comunicazioni,


;

eccedenti

il

naturale desiderio
simili a quelli

sarebbero elevazioni esternamente

che ora ammiriamo nella vita mistica

di molti Santi.

chi

sa quali

meraviglie non pol'a-

trebbe operare Iddio per premiare la virt e far

nima

felice?

Ma

resteremmo nell'ordine degli


;

spiriti

naturalmente perfetti

non vedremmo Iddio.


conoscenza inferiore
alla
di-

Or qualunque
mente l'anima
lisse
si

sia la

vina visione, qual sarebbe l'oggetto di che propria-

direbbe beata? Sarebbe quello che


sa-

con propria immagine conoscesse, o Iddio, a cui


per analogia? Ecco, certo

che quel proprio


e

oggetto
il

misurerebbe

la

perfezione dell' intendere


in
tal

grado delia beatitudine:


il

senso

quivi

sta-

rebbe
sibile.

termine

dell'

operazione perfetta a noi pos-

Eppure semplicemente dovrebbe dirsi ancora che r intellezione non avrebbe il suo compimento e
il

suo termine migliore

in

quell'oggetto per s pre-

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


sente,

257

bens

l'

avrebbe

in

Dio, e di pensare

Dio

r anima sarebbe beata.

Vediam pure
al

nella vita terrena,

dove
all'

la

perfezione del nostro intendere certo risponde

oggetto proprio e
ci
il

lume

della

mente umana,
si

che qui non


si

fermiamo, e che pi assai


pensiero nel dedurre,

eleva e

compiace

com' capace,
al

le

pi alte ragioni, e sopratutto nel salire

Creatore

e nel formarsi un qualunque concetto delle sue perfezioni.


Il

rappresentarsi quella prima Essenza, che


di

sappiamo non essere un' astrazione, anzi che


natura realissimamente, pi che
tutte delle quali

sua

non sieno

le
il

cose con-

abbiamo esperienza

e coscienza;

cepirla

come un

abisso di perfezioni ineffabili, unifi-

cate neir assoluta semplicit del suo

primo Essere,

da comprendere e da sorpassare con


tutto ci che in

infinito eccesso

qualunque maniera possiam pensare


;

e dire di grandezza e di bellezza

il

sentire che

non

una cagione da noi lontana, anzi intima a tutto


il

ci che esiste, pi che


e respira,
7t

mare

1'

aria a ci che nuota

Ipso eiim vivimus et


e
lo

movemur

et

sumus ;

sublima

l'

intelletto

porta

all'

ultimo della sua

operazione, e lo fa godere assai pi che per conoscere con proprio concetto qualsiasi determinata natura.

Cos diceva Aristotele pi elevarsi e goder la


nella

mente

conoscenza imperfetta e probabile delle

altissime verit, che nella propria e certissima delle

cose inferiori. Tanto meglio questo sarebbe, quando


fossero tolti
i

veli

dell'

ignoranza e dei dubbi, onde


;

spesso qui oscurata la mente

e vi fossero gli aiuti

convenienti

all'

ultimo stato

dell'

uomo

perfetto, e la

mente

salisse

da ogni cosa a Dio, vedendolo daper17

258
tutto,

IMMANENZA
vitali, e

come si vede l' anima negli atti pre Lo sentisse larghissimo Donatore.
Sarebbe dunque
lo
?

sem-

spirito

finito

semplicemente

beato, o

non sarebbe

Significando con perfetta bea-

titudine la perfetta possessione del

primo Vero, come


pura del-

par corrispondere
Tintelletto,

alla

nozione

astratta e

che prescinde da

limiti, e
;

ha

l'ente infinito

per oggetto adequato, non sarebbe

ma dobbiam

dire

che

tal

beatitudine non proporzionata alla creatura,

e che stando alla naturale facolt,


possibile.

veramente non
di

Se invece

ci

contentiamo
il

dir beata la

persona che ha raggiunto


e
in

bene a s conveniente,
sufficienza,
s,

questo

riconosce la sua
alla grazia

anche

l'uomo non elevato

dovrebbe
il

dirsi beato.

Perch veramente possederebbe

bene perfetto nel

modo

a lui connaturale, e non aspirerebbe ad altro,


vi

o almeno non

aspirerebbe ^^on desiderio tale da


felicit.

diminuirgli la pace o la

Dobbiamo
l'elicito,

infatti

distinguere l'appetito innato e

l'efficace e l'inefficace.

Appetito innato, che


quello che conal

precede ogni operazione


siste nella stessa

volitiva,

proporzione della natura


atto, del

suo bene,

della potenza

all'

soggetto

alla

forma. Se codel termine


di

testa proporzione tale che,

mancando

a cui

si

riferisce,

il

soggetto

non abbia ragione

essere o non sia in

modo

conveniente, dee riputarsi


le cose,

assurdo che

la

natura faccia esistere

senza che
il

l'appetito o la tendenza innata possa raggiungere

suo oggetto.

Ma

se la proporzione

non

vicina

e stretta, anzi rimota e larga,

come

quella della poil

tenza obbedienziale ad un atto senza del quale

sog-

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALK

259

getto rimane intero nella sua naturai perfezione, non


v' alcun inconveniente a porre che quell'atto superiore

non

sia

raggiunto mai.

Similmente abbiamo

l'appetito elicito, che consiste in

una operazione emessa


il

dalla volont.

Questa

operazione ha per oggetto


:

bene conosciuto intellettualmente


a qualunque cosa sia appresa
letto.

perci pu portarsi
dall' intelal

come bene
risponde

Ma

se
s

il

bene

percepito

bisogno
il

del volente,

che non ottenuto

lasci difettoso

sog-

getto, l'appetito sar efficace.


s

lo

diremo

efficace,

in

quanto ha proporzione col suo termine,


il

in guisa

da poter muovere

soggetto a raggiungerlo real-

mente
lascia

ancora nel senso che, se non soddisfatto,


infelice chi

misero o

aspirava a quel bene. Invece


si

l'appetito inefficace,

se

porta a un bene inteso,


estraneo o

ma non
le
ali,

proporzionato, o
al

come

come

es-

senzialmente superiore
o intendere
se per
al

soggetto. Cos vorrei avere


degli angeli
:

modo

ma

sarei

stolto,

non giungervi mi
distinzioni,

affliggessi.

Secondo
riguardiamo
che cerca
quato,
la

cotali

che tendenza avr lo


di

spirito finito alla beatissima intuizione

Dio

Se

astrattamente la natura

dell' intelletto,

causa, e che ha l'ente per oggetto adedire


:

dobbiam
di

v'

un appetito innato, v'


se riguardiamo al

un principio

necessaria tendenza a quella piena

conoscenza e beatitudine.

Ma

grado

determinato di tale intelligenza, dobbiamo aggiungere


che, al pi

(ma naturalmente non

lo

sapremmo),

la

proporzione

in cui consiste quell'appetito di

potenza
la per-

obbedienziale, la quale, ancor

non attuata con


il

fezione a cui riferita, lascia intero

soggetto nella

26o

IMMANENZA
il

sua naturai perfezione. Di nuovo,


di tanto bene, o non
ci

desiderio elicito

sarebbe, mentre quel termine

superiore restasse del tutto ignoto, o certo non sa-

rebbe

efficace.

Poich secondo natura

la visione di
;

Dio

dovrebbe essere giudicata impossibile


sorgesse
il

e
si

quando pure
sapesse, che
la creatura

sospetto, o per altri segni

miracolosamente fosse possibile, dovrebbe


riguardarla

come
al

a s

non dovuta, e come oggetto


tolto dal naturale

non rispondente

alle

sue legittime aspirazioni.

Che per
sussiste e

primo argomento,

appetito di conoscere la ragione,

quella che per s


nelle dimostra-

non dipende da

altra,

come

zioni

si

vuol salire ad un principio per s manifesto,


quell' appetito
si

diciamo che

proporziona
;

alla de-

terminata natura di ciascun intelligente


assolutamente,
intelletto
;

che

preso

modo vago qualunque ma che reamente ogni intelletto domanda


riguarda in

quella conoscenza, alla quale esso

medesimo

com-j

Ora 1' intelletto che ha certa misura non tende, almeno efficacemente, all' apprensione diretta dell'Essere infinito, come non tende ad avere
mensurato.
per
propria
forma, o in guisa di forma,
Gli

l'Essenza

dunque ma convinzione che quella prima Causa


stessa di Dio.

basterebbe

la chiarissiesiste,

come
che
s

ragione esemplare

ed

effettiva di
;

tutto ci

che di-

rettamente
il

si

apprende

gli

basterebbe
o non
gli

sapere

di pi o

non

possibile,

dovuto,

che debba affliggersi di non averlo.

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE

261

Con

questo,

ci

opponiamo

noi all'Angelico?

Xon
In-

possibile, poich tutto ci che


preso dai certi e ripetuti
fatti

siam venuti dicendo


di
lui.

insegnamenti

dallo stesso
altro,

s.

Tommaso, meglio che da quai.


;

lunque

abbiamo appreso
Dio

l'eccellenza della
2.
l'

grazia superiore ad ogni natura


possibilit della visione di
;

la

naturale imin
di

3.

ignoranza

che
co-

da se
testa

la

creatura resterebbe dalla possibilit

visione,

o l'inefficace desiderio che

al

pi ne

potrebbe avere.
L'eccellenza della grazia divina, che eccede ogni
possibile natura, affermata

da

lui

ad

ogni

occas

sione che se ne presenta,

parlando
la

dell'

uomo,

parlando dell'angelo.

E come

natura angelica sale


crescente per1'

indefinitamente nella possibilit della


fezione, certo l'Aquinate intendeva che

altezza della

grazia non ha proporzione con alcuna creata natura.

Perci scrisse

Maius

est boiurtt ^ratiae

unius qiiam
art.

bonum naturae

totius universi (I*

IP^

q.

CXIII

IX,

ad 2). Quindi che nessuna disposizione dell'uomo


e nessun merito precedente

pu

esigerla quasi
(ib.

forma

rispondente
art.

o mercede

proporzionata

q.

CXII

III

q.

CXIV

art.

V)

e tutti

doni in proprio

senso soprannaturali spettano a quell'ordine divino,

che eccede ogni proporzione di qualsiasi creatura


q.

(ib.

CXI
:

art.

ad

II)

l'

intrinseca perfezione della

grazia dimostra che solo Iddio


ciente

pu esserne causa
sii effeciu.

effi-

Nulla res potest agere ultra suam speciem,

quia semper oportet quod cau^a potior

Do-

202

IMMANENZA

num autem gratiae excedit omnem faciiltatem naturae creatae, quum nihil aliud sii quam quaedam participatio divinae naturae.

Et

ideo impossibile est qiiod


eriitn

aliqua creatura gratiam causet. Sic

uecesse est
est

quod

solus

Deus

deificet,

sicit

impossibile
(ib.

quod

aliquid igniat, nisi solus ignis

q.

CXII
la

art. I).

per altrove scrisse che, quantunque


dirsi in istretto

grazia non

possa

senso per se creata, perch non


;

sussiste,

ma

fa

grato un soggetto
s'

tuttavia

l'

infusione

della

medesima

assomiglia alla creazione, per essere

come in potenza obbedienzale. Infusio gratiae accedit ad rationem creaiionis^ in quantum gratia non habet causam in subiecto, 7iec e_fficientem, nec talem materiam in qua sit hoc modo in
nel soggetto, soltanto

otentia

quod per agens naturale educi pos sit


Ili, art.

in

actum

Cde Pot. q.

Vili ad

S'^).

Quanto
dio,

alla

naturale impossibilit di vedere Id-

tutta

dell'

Angelico quella dottrina del non


in

darsi

immagine creata
1'

che

la

mente possa
in

attuarsi

per conoscere

Essenza divina qual


nella

se stessa.
art.
I)

per

dove cerca

Somma

(q.

XII,

se sia possibile vedere Iddio,

e risponde

affermati-

vamente, senza dubbio


e l'onnipotenza di Dio

egli parla di

una

possibilit che

riguarda l'elevazione soprannaturale della mente creata


;

senza di che contraddirebbe


articoli,

a se stesso nei seguenti

ove afferma e
tutto
il

di-

chiara la divina invisibilit.


ch'egli dice

Che per
e

resto

d'una necessit
adempita,
si
1'

d'una esigenza, che.


insod-

se

non

fosse

uomo rimarrebbe
in

disfatto e

manchevole,
ogni

fonda

quella elevazione

che

eccede

natura,

ma

nel

presente

ordine

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


di cose
spiriti.

263
i

universalmente

stabilita

per

tutti

creati

Questo pure dimostra l'Angelico d'avere avuto


nel suo pensiero, l

dove incomincia a

trattare della

speranza, in quell'aureo opuscolo, che intitol

Coin-

pendium
vita.
e. I

theologiae,

e tutto squisito succo di dot-

trina mirabile,

frutto

maturo degli

ultimi

anni

di

Dobbiamo
in

considerare, dice egli in sentenza al

della seconda parte, che

quantunque

il

desiderio

dell'uomo
in

alcuna conoscenza debba quietarsi,

come

suo termine, non pu tuttavia della sola fede con-

tentarsi. di

Anzi dalla fede sorge spontaneo


la verit creduta.

il

desiderio
la

vedere finalmente

Ora

stessa

fede c'insegna che Iddio ha cura delle cose umane,


sovrattutto per condurci
al

fine stabilito,

che soil

prannaturale. Sorge

dunque nell'animo

del credente

moto

della

speranza, onde

speriamo di conseguire
desideriamo in quanto

quei beni, che naturalmente

siamo dalla fede ammaestrati. Insurgit ex hoc in


ariimo credentis motus spei,
turaliter desiderai,

ut scilicet boria quae na-

ut edoctus

ex

fide

per Dei auxi;

lium co7isequatur. Cos san


periore, che per fede e

Tommaso

e manifesta-

mente qui suppone liberamente


e sopra di questo

stabilito l'ordine suci

non per ragione

al

noto

si

fonda, per accennare


altre

solito

ragionamento,
santo Dottore
liter,
;

che

leggiamo nelle

opere

del

e cos pure adopera la voce naturail

in

quanto

desiderio necessariamente con-

nesso con la fede soprannaturale.

Che

poi la divina visione a noi concessa sia del

tutto indebita, anzi

un mistero da credere, a ognuno

264

IMMANENZA
i

che conosca
nifesto,
sibile,

principi dell' Aquinate dev'essere


la

ma-

perch assolutamente egli


se la

dichiara impos-

medesima Essenza
quasi a

infinita

non

si

unisce
le

all'intelletto,

modo

di forma, o
1"

supplendo

parti d'

un atto formale. Ora

unione quasi di pola

tenza con atto, della nostra mente con


rit,

prima Ve-

non appare certo

possibile alla ragione, pi che

non appaia la comunicazione dell' Essere personale del Verbo all' Umanit di Cristo. E s. Tommaso congiunge
le

due misteriose
:

verit

che dopo aver parhoc,


egli

lato dell' Incarnazione

Datur per

scrive,
iyitel-

quoddam exemplum
lectus creatus

illius beatae

u7iionis,

qua

increato Spiritui

intelligendo

unietur.

Non enim
Deo

restai incredibile

quod

intellectus creaturae

uniri possiti eius Essentiam videndo, ex quo


est,

homini unitus
theol. e,

eius

Deus naturani assumendo (Comp.


dell' essere,
il

CCI).
all'

r unit

quale prima
il

appartiene
tratto,

anima umana,

al

quale

corpo

r esempio dato dall' Angelico dell' essere

uno
illu:

del Verbo, a cui tratta l'Umanit di Cristo (III p.


q.
II
art.

Vi ad

2""):

ma

lo stesso

esmpio vale a
la

strar r unione della divina

Essenza con chi

vede

unio aniinae ad corpus est quoddayn exeiiplum


beatae unionis,

illius

qua
I).

spiritus

unietur
tre

Deo (IV

Dist.

XLIX

q.

II

art.
si

In

questi

casi v'

un atto

sussistente che

estende ad una realt potenziale:

r anima forma propria del corpo, attuandolo nella


propria essenza e traendolo alla propria esistenza
divina Sussistenza
fa
;

la

essere

1'

Umanit
l'

di Cristo nel
intelletto del

Verbo

la

divina Essenza fa veggente

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


%

265
in

comprensore.

Ma

gli

ultimi

due sono ugualmente

pieno senso misteri.


Poi, l'essere destinati al fine soprannaturale, che

or di fatto
divina,
rasse.

ci

aspetta, tutta cosa di


la

pura

liberalit

non che
ipsa

natura

la

richiedesse o la deside-

Ad

prima

institutioie ,

natura

humana

est

ordinata in fijiem beatitudinis^ non quasi in fiem debititm honiini secunduni

naturam
q.

eius,

sed ex sola

di-

vina liberalitate (de Verit.

XIV

art.

ad

2").

che

la
:

vita eterna sta sopra

ad ogni nostra aspettaexcedeis proportionem


et de-

zione

Vita aeterna est

bonum

naturae creatae^ quin etiam excedit cognitionem

siderium eius (P 11^^

q.

CXIV

art. II)

le quali espres-

sioni attentamente meditate


la

dimostrano ad evidenza

mente

di

trina che,

Tommaso conforme in tutto alla dotnon come nostra, ma come ricevuta nella
s.

teologia cattolica

abbiamo esposta

(')

la dottrina

medesima
dell'

pienamente asserita

dall'

Aquinate dove

ragiona degli angeli, non altrimenti che dove parla

uomo.

Infatti dice

Naturalis ihclinatio voluntatis

Nessuno tenter di snervare la forza del nostro argomento, spingendo le parole dell'Angelico nel senso che la vita eterna superiore a ci che noi possiamo rappresentarci: 7ieque in cor hominis ascenditi come diceva 1" Apostolo. No, perch questa superiorit perdura, anche data
(^)

la fede

e gi posta l'elevazione per grazia. Invece


la

s.

Tom-

maso

dice nel passo recato

vita eterna pi alta

d'ogni

nostra conoscenza, per provare che dalla grazia

dobbiamo essere portati a saper che e' e a desiderarla. Adunque la naturai conoscenza non ci direbbe nemmeno che esiste o che possibile; dunque non vi tende lo spirito creato, se-

c^do

la

sua natura

intellettiva.

266
est

IMMANENZA

ad id quod

est conveniens

seciindum

7iafura)7i ;
l'

di qui trae che,

senza

1'

aiuto della grazia,

angelo
(I p.

non
q.
tito

inclinato a desiderare la visione di


art.
II).

Dio
1'

LXII

Or qual pu
di

essere cotesto appe-

innato

all'

intelletto,
?

che

nemmeno

angelo

conscio a s stesso

Pu

essere quella possibilit ehe

riguarda

come agente

l'onnipotenza divina; pu essere


indefinito al

una vaga tendenza

dell' intelletto

vero,
desi-

ma
la

inconscia ed inefficace; non


il

pu essere un

derio efficace che dimostri

bisogno dello spirito e

sua reale ordinazione a quel termine.

Ma

su questo

ci

sembra divenire ancor pi mas.

nifesta la

mente

di

Tommaso,

dov'egli

prende a
al

considerare quegli umani individui, che giungono

loro termine senza peccato personale, eppure restan


privi per la colpa d'origine della grazia e della vi-

sione di Dio

sono

bambini morti senza battesimo.


l'opinione
altrui,
ci
s.

Qualunque
insegna che

sia stata
il

Tommaso
toglie nulla

peccato d'origine non

della naturai perfezione,

ci

pone

in
ci

uno

stato

matro-

terialmente inferiore a quello in che


vati

saremmo

secondo

la

sola natura.

Diciamo materialmente,
privi d'un

perch form,almente

ora

siam

bene gi

concesso alla nostra famiglia, e nasciamo come principi spodestati in castigo

della ribellione,

mentre

se-

condo natura saremmo


forse altrimenti

nati semplice popolo.

Di pi
che

Satana vincitore acquist un potere su

di noi,

non avrebbe avuto.


la

Ma
ci

realmente in

noi stessi siamo quali la pura natura


stituiti.

avrebbe cooltremonche del

questo vale per

condizione
rei

dana

di quelli

che passano non

d'altro

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE

267

primo comune peccato. L'Angelico non ammette che


ci possa avverarsi per alcun adulto
s.
;

pei

bambini,
soffri-

Or

essi,

privi certo della visione di


?

Dio,

ranno

di

non vederlo

Per rispondere, convien prima determinare se sa-

pranno d'aver perduto un tanto bene,


reranno.
le
il

o se

l'igno-

Il

Santo Dottore commentando pi giovane


giudic che quelle anime
in

Se?ite7t2e,

conoscessero
resteranno per

loro stato e la privazione


;

cui

sempre
quelle

pi tardi, scrivendo

le

disputate de Malo, pose

anime ignoranti del bene che hanno perduto.


quei bambini,
o
piuttosto

Nell'una e nell'altra supposizione, reput forse egli infelici

quegli

uomini

gi
risu-

maturi, passati nell'infanzia da questa vita,


scitati

ma

alla fine

anch'essi

in

condizione d'et perfetta

e in istato incorruttibile, per l'universale redenzione


di Cristo
?

No

certamente

ma, acconciatosi
gli

nel

com-

mentar

le

Sentenze a quella che

pareva migliore

tra le correnti opinioni, e


scii

secondo essa ponendo con-

quegl'individui della perdita fatta, disse che non

ne soffriranno, sicut nullus sapiens


de hoc quod non potest
volare
sicut

hovio
avis,

affiigitur

vel quia
ideo

non

est rex,

cum

sibi

non
de

sii

debitum.

Et

pueri
:

nihil oninino

dolebunt de

carentia visionis divinae

immo magis
libus (II

gaudebu7it

hoc

quod participabunt

multum de divina Bonitate


Dist.

in perfectiojiibus naturaII
art.
II).

XXXIII

q.

Quando

poi,

scrivendo con maggiore indipendenza di maestro for-

mato, giudic che quei defunti neppur sapessero qua!

bene abbian perduto

rispose

che naturalmente sa
quale p-

l'uomo

di

esser nato per la felicit, la

268
Sta nel

IMMANENZA
conseguimento del

sommo

bene

ma

che

sol-

tanto per fede possiam sapere

come siam
cielo.

destinati

a conseguire Iddio nella visione del


fanciulli

Ora quei
n

non ebbero mai n mai avranno

la fede,

sapranno nulla dell'ordine soprannaturale. Perci saran privi della visione, senza dolersene
dei beni di natura
art. III).
;

godranno
q.

a loro concessi

(De Malo

S'avverta che qui tratta l'Angelico di

umane

persone giunte all'ultimo


rai

svolgimento di loro natufa

perfezione.
alla

Eppure

le

ignoranti

di

tutto ci

che spetta

grazia e al fine soprannaturale.


di

que per

lui

la necessit

questo fine

Dunnon pu dedesiderio da

dursi dai principii della natura.

anche supponental

done qualche
render
1'

notizia,

non ammette
per

uomo

infelice

non essere adempiuto.


siamo venuti svoldi

tutta la stessissima dottrina che


diritto

gendo. Nessuno poi avr


qualche illustrazione

meravigliarsi se

da questi chiarissimi insegnamenti vorremmo trarre


al

pensiero del Santo Dottore,

dove trattando
guisa

le stesse questioni,

sembrasse

in

alcuna

men

lucido e determinato.

Infatti

dopo

le

cose dette, necessario

il
1'

chiedersi

Di che naturale appetito parla dunque

Angelico,

quando afferma che


Iddio in se stesso,

l'

intelletto

aspira

a conoscere
se

e che
?

non pu esser beato,

non arriva a vederlo


disdica tutto

Certo non possiamo ammettere che


il

s.

Tommaso
la

resto che insegn della gratuit della

nostra elevazione alla grazia, e del mistero che

vita eterna, e della pace in che resteranno quelli che

senza colpa personale ne saranno privi.

Ma

conviene

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


attendere
corti' egli

269

parla nella presente questione, non


tutte le altre toccanti la fede, supil

altrimenti che in

ponendo
fatto
in

la

verit rivelata, o accettando senz' altro

della rivelazione col

fondamento
(I p. q.
I

eh' essa
art. II).

pone

ciascuna materia teologica

Non

prova mai l'Angelico,


che
si

ma suppone
nell'

di

dover credere
che
il

vi

sono

in

Dio processioni
che

reali,

Verbo

fatto carne,

Eucaristia

Ges Cristo

presente.

Assume queste

verit a guisa di principii,


;

come

il

metafisico fa con gli assiomi


tutto ci

quindi procede

ragionando, e deducendo
scienza teologica. Solo

che spetta

alla

pu

darsi che per la stessa


di

prima verit
la

trovi

qualche ragione

convenienza, e
la

proponga tanto pi certo per fede che


accettarla.
all'

conclul'e-

sione buona, ed necessario

Cos

levazione della creatura intelligente

ordine sopran-

naturale, che prende sua ragione dal fine posto nella

visione di Dio, una delle pietre fondamentali nelTedificio della religione o della teologia.

San Tommaso

procede, gi ponendosi in quest'ordine, che del resto

abbraccia ogni cosa, ed misura della disposizione


dell'

universo.
illustrare
1'

Mirando ad
san

ordine stabilito da Dio,


quello che
v'

Tommaso

osserv vivamente

era

nella natura dell' intelletto di


alla

conforme e

di disposto
l'intelletto,

sublime destinazione.
tale, e

verissimo che

come

prescindendo dalle limitazioni, nelle quali

piuttosto diminuito, aspira a conoscere la cagione


degli eftetti presenti, n
sia tale
si

ferma finch

la

causa non

che non cerchi


dirsi

ragion del suo essere fuori

di s,

n pu

contento appieno, finch non sa

270

IMMANENZA

che essenza o che

modo

di essere

ella

abbia in se

medesima

ossia, finch
si

non vede Iddio.


la

A
al
si

questo

oppone

maniera propria d'intenradicalmente contraria


;

dere in ciascun intelletto

finito,

modo

che

si

richiede per intuire la divina Essenza

oppone la naturale

impossibilit di sorgere colla


atto,

mente creata ad avere quasi proprio


forma congiunta, l'Essenza
di

come
ri-

Dio, fuori di che

pugna che Dio


esposto.

sia veduto.

S.

Tommaso
si

lo

sa e lo

insegna, e ne deduce tutte le cose, che sopra

abbiamo

Ma

pur vero che non

vede assurdo

per

la

purissima attualit del primo Intelletto l'esten-

dersi quasi

ad attuar di s un
1'

intelletto creato

pur vero che, quantunque


proprio oggetto a
lui

intelletto finito

abbia un

proporzionato, lo risolve nelle

note diverse, pur trascendendo con alcune ogni specie


e ogni
di

genere, e attingendo la comunissima ragion

ente, che

vede doversi

estendere
pi

all'

infinito

di

pi sale

per

analogia a cose

alte,

concependo

nature migliori e in qualche


sussistente.

modo

lo

stesso Essere

In tutto

questo pu scorgersi un segno

che ogni

intelletto,

per naturale facolt determinato


di conoscere,

ad un certo oggetto e ad un certo modo


tuttavia secondo la

potenza

obbedienziale

capace

d'essere portato pi alto, tanto da volgersi direttamente


a quel

medesimo Essere

assoluto,

per

s invisibile

ad ogni creatura.

San Tommaso che insegn questa dottrina, e senza dubbio sentiva come non sia dimostrazione evidente,

ma

insinuazione persuasiva del vero, sapeva certissidi

mamente

proporre una conclusione nota per fede, P

'

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE

27 1

non manifesta

alla

ragione.

In altro

modo
all'

suppo-

nendo
veder

la fede e

non con
sull'

la sola filosofa egli

ragionava.
di

Cos insisteva
la

appetito naturale

intelletto

causa,

senza curarsi di quello

che non con-

duceva

allo

scopo, cio della

limitazione propria a
sulla

ciascuna creatura.

Cos

s'

appoggiava

nozione
l'a-

di beatitudine perfetta,

che vuol contentata tutta


;

spirazione e vuole

il

bene assoluto

n facea d'uopo

parlare del doversi la creatura fermare a ci che na-

turalmente

le

possibile poich la fede

ne

accerta

che l'ulteriore impossibilit fu vinta. Egli stesso che,

come
erunt,

filosofo,

approv

il

detto di Aristotele

beati
:

sic ta??ien

ut homhies,

come teologo afferma


Ilae q.

Quod

ultima

et

perfecta beatitudo non potest esse nisi

in visione divinae Essentiae (la

HI

art.

Vili).
al

Cos finalmente trovava che quell' ultimo destino,

quale siamo ordinati, non l'ultimo naturai compi-

mento inchiuso
alto di s
(I p. q.

nella stessa

natura,

ma

alcuna cosa

a cui tutta la natura ordinata,


:

come

a termine pi

Non

est

aliquid nattirae, sed yiaturae finis

LXII

art.

I).

Con

ci

venne a dire che quel

fine

posto fuori della

natura e della proporzione

ch'essa dice da s al suo proprio atto, quasi potenza

che

lo

esige, e

che senza d'esso rimane imperfetta;


la

non pretese mai che

ragion necessaria o l'esigenza


stessa natura.

di quel fine sia inchiusa nella

Tuttavia
trebbe

su

quest'ultima

proposizione

altri

poraal-

muover dubbio, osservando che l'Angelico


Contra Geites, dove
arabi
si

giona del nostro ultimo fine pi ampiamente che


trove nel III libro
di convincere
i

propone
di Ari-

filosofi

commentatori

272
stotele,

IMMANENZA
che l'uomo non sar beato, se non vedendo

Iddio.

Ora con

essi

non era

da assumere

la verit
il

della fede,

ma

della ragione.
le

Vero

da proceder soltanto secondo


;

lume

ma

la

ragione intende spesso

altissime convenienze dell'ordine

realmente posto

da Dio.
losofi
fisso

E dobbiam

dire che su queste insistette l'A-

quinate quanto pot, allorch volle

persuadere
il

fi-

che bene, anzi ottimamente,


in Dio,

nostro fine
arabi

nel

vedere

Lui. Quegli

non
Dio,

ammettevano

altra

contemplazione da quella che lo


in

Stagirita aveva avuto

mente

anzi

non

in

ma
in

nell'universo creato, o in

un angelo motore, o
congiunto
all'uomo,
li

uno

spirito
il

particolarmente
la

ponevano
confuta,

termine e

felicit.

San Tommaso

mostrando che non basta,


la

e che senza giun-

gere a Dio

mente non

si

queta.

Dovrebbe essa
natu-

quetarsi, conoscendolo per astrazione o per analogia?

San Tommaso
quetarsi. Qui,

altrove mostr di

sapere che
s,

ralmente, e fuor d'ogni ipotesi aggiunta,

dovrebbe
nelve-

sapendo

il

fatto vero, sentendosi

l'ordine soprannaturale, volendo combattere


ritate

pr

catholicae fidei

adversus gentiles, va

pi in-

nanzi e dice di voler la visione.

Concediamo che un
il

logico rigorista potrebbe fraintendere


stro,

gran Mae-

e trarlo a iniqua sentenza, e pretendere di porlo

in contraddizione

con s medesimo.

Ma

non quemirando ad

sta la via per trovare la verit e per accertarsi del

pensiero di un Grande.

Pu

essere che,

uno scopo
la

fisso,

di

mostrar vera a quegli avversari

nostra fede, san


la

Tommaso
quale,

abbia qui usato qual-

che espressione,

mirando invece a confon-

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE

273

tare altri errori, avrebbe altrimenti temperata o taciuta.

Non avrebbe

egli

parlato in tutto nello stesso

modo,

se avesse preso a combattere contro Baio ('),


le

del quale del resto prevenne

storte

opinioni in

tante altre parti delle sue opere.

Valgono insomma
filosofi

anche pel ragionamento diretto contro quei


le

osserv'azioni fatte

prima per dichiarare come pronella

ceda san

Tommaso

Sovima
alla

Teologica

e le

osservazioni son certe, per chi abbia


la dottrina del

presente tutta
e'

Santo riguardo
;

grazia

alla su-

blimit della visione di Dio


la

per chi tenga presente

nota che gi faceva

il

Gaetano, commentando quel


esplici-

luogo della Somma, che anzi abbiamo trovata

tamente accennata' dall' Aquinate


sopra
riferito

medesimo

nel passo

del

Compendium

theologiae* per chi

non voglia
tribuirgli

infine fare l'ingiuria al

gran Dottore d'at-

una contraddizione.

Rimane che rispondiamo alle prime ragioni addotte secondo il metodo dell'immanenza, per dimoAbbiam bisostrar necessario il soprannaturale.

gno, dicevano, d'aiuto divino, che supplisca

al difetto

Cio se avesse preveduto che Baio sarebbe sorto a dire che i doni fatti all'uomo nella prima integ:rit eran
f^)

dovuti alla natura


sto,

differenziandosi da Pelagio solo in que-

v' peccato
alla

che secondo Pelagio non abbiamo perduto nulla e non originale secondo Baio, Cristo ci restituisce natura perfetta ma n per l'uno n per l'altro, v'
;

grazia propriamente soprannaturale.


18

274
della

IMMANENZA

mente

nel

conoscere

le

verit necessarie e alla


al

debolezza della volont nell'aderire


necessaria la grazia.

bene

dunque
a

Abbiam bisogno
dunque
c'

di felicit,

che

forte ci

spinge un invincibile desiderio, non


:

mai soddisfatto quaggi

un

fine

soprandi Dio,

naturale fuori di questa vita.

Abbiam bisogno

per cui fatta l'anima nostra, ad essa tanto pi lo


sente,

quanto

divien

migliore

dunque a Lui poche


si

tremo congiungerci nella

vita eterna.

Prima
cotesti

di spiegar la illusione, in

fondano
assai

paralogismi,

osserviamo

essere

cosa

strana che tutto l'ordine della natura essenzialmente


sia

manco

e indigente,

che ripugni

il

compirlo in

s stesso. Poi

sembra strano

l'aver coscienza d'aspi-

rare ad

HO aiuto e ad
ci

un

compimento, del quale,


coscienza.
gli

allorch
fatto

dato,

non abbiamo
d'aver

Che
i

non sappiamo noi

abiti
:

n
quel

moti

dell'anima intrinsecamente soprannaturali

modo

che

li

costituisce divini e gli eleva sopra la perfeci

zione delle nostre facolt,

pienamente occulto.
pi alta

Sentiamo forse noi


dell'operare angelico
del processo

d'avere
?

un'operazione

No,

che

solo

siamo conscii
;

umano che

resta negli atti infusi


vi

non

sappiam nulla dell'ascosa perfezione che


Spirito.

mette la

Ecco dunque
Confondono
aggiunga

la

prima

illusione degli

avversari.
si

la necessit

d'un aiuto

qualsiasi che
la

alla natia

debolezza,

con

necessit di

quell'aiuto soprannaturale, che di fatto l'ordine presente.

abbiamo nel-

Se Iddio non

ci

avesse elevati alia

grazia, in altra guisa avrebbe provveduto all'umana

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE


miseria,
s

276
a noi

che potessimo

conseguire
ci

il

fine

proporzionato. Egli sa per qual via


o confortando l'intelletto di

avrebbe

istruiti,

ciascuno a

meglio co-

noscere
e

il

proprio destino, o dando qualche maestro


gli
altri

movendo

ad imparar da

lui,

mandando

un'angelo, o anche parlando in qualche maniera Egli


stesso,

senza infondere
;

la

fede

soprannaturale che
la

or

si

esige

similmente avrebbe aiutata

volont,

per far l'uomo naturalmente onesto.

Qualche aiuto

senza dubbio richiesto


s

dall'inferma

anima nostra,

di leggeri

ingannata e vinta dal


esigenza
;

senso.

Ma
che

non
supeci

era termine di naturale


riore che
figli

quel

modo

Dio ha non
la

scelto
la

non

la

grazia

fa

di Dio,

vita a noi

comunicata da Ges
che
ci

Cristo,
al

non
tanto

fede

la

carit,

portano

cielo.

L'eccellenza

di questi doni

non

qui

main-

nifesta,

pi che non tolgono ogni

umana

fermit, n sono
li

oggetto sentito direttamente da chi

possiede

si

vedr appieno com'eran divini, quando

saranno esplicati nel lume della gloria.


tutto qui importa
di

noi sopra-

notare
aiuti

che potrebbe assolutapi validi, e

mente Iddio
passioni,

darci

sensibilmente
menti,

togliere ogni ignoranza dalle

ogni forza dalle


natura,
e
la

eppure

lasciarci
di

nella

semplice
ci

meno minima grazia. La


darci

molto

quello

che ora

d con
di

natura non sa nulla

questa,

l'esige,

vi

aspira.

Vale
di cui

medesima dichiarazione per la felicit, abbiam bisogno, e per la sete di Dio. Cerca
la felice

senza dubbio d'esser


scienza di
s,

ogni spirito, che ha conell'attingere

ed capace

di perfezione

276
il

IMMANENZA
Bene.

sommo

Ma

si

queterebbe nella
e
in

felicit

pro-

porzionata alle sue naturali facolt,


di conoscere Iddio,

quel

modo
la di-

che solo possibile senza un miriputare


s

sterioso prodigio.

E dobbiam

alta

vina visione a noi graziosamente promessa


quale,

della
intrin-

non

lo

dimentichiamo, sono principio

seco

doni presenti

che ninna possibile creatura


o
se

avrebbe osato

pensarci

mai

n'avesse

avuto

sentore, l'avrebbe riguardata

come

inaccessibile e su-

periore

al

desiderio, in quel

modo che

ora

noi

ri-

guardiamo l'unione
cora
s

ipostatica. Quella

visione an-

alta,

che, senza giungere ad essa,

avremmo
il-

noi potuto ricevere da Dio


lustrazioni, nelle quali la

nuove

inaspettate

mente avrebbe dovuto

ri-

putarsi contentissima e felicissima.


nite le

Come

sono

infi-

possibili

nature

angeliche,

sempre pi susia

blimi nell'intelletto, n alcuna ve n' alla quale

connaturale vedere Iddio


trebbe ricevere nuova
e

cos la nostra

mente potoccar

nuova

luce,

senza

mai

alla soglia di quello

che veramente sopranil

naturale.

Di qui

si

raccolga quanto sia inefficace

metodo

doiV imvtanenza.

Potremmo

sentire esaltazioni
;

magnifiche, senza aver doni soprannaturali

possiamo
sentirli.

aver doni

veramente soprannaturali e non


si

Un'altra illusione

fonda nel

fatto

stesso
alle

che
cose

siamo

elevati per la fede e per la grazia

divine, e parliamo e forse


alla presente realt,

sentiamo

conformemente
tutto quela

mal supponendo che

sto sia necessario alla stessa natura.

Data
dato

cono-

scenza che

la

Chiesa

ci
i

comunica,
nostri

l'impulso

dello Spirito che tocca

cuori,

tendiamo a

RIGUARDO all'ordine SOPRANNATURALE

277

Dio, secondo la maniera propria della religione cristiana.

quelli

ancora che non

vi

sono

pur giunti,

sentono

la virt di
;

quel Sole che illumina ogni


tutti

uomo
in-

vivente sulla terra


vitati.

in

qualche

modo sono
effetto

Non

s'ha

da confondere questo

della

misericordia divina con ci che la sola


rebbe.

natura vor-

Potremmo

tuttavia osservare che storicamente


al

non

si

apre all'umanit altra via per giugnere

suo

vero bene, fuor di quella che nella religione di Cristo ci


si

stende innanzi. Di qui argomentando, giualla

gneremo

voluta conclusione.

Ma

cos ci
la

varremo
ogni

insieme della necessit in che trovasi

natura imal-

perfetta e della storica realt, che esclude


tro

soccorso

ed ogni

speranza

diversa,

poich
vero

fu

stabilito l'ordine soprannaturale.

E
di

resta

che

converr osservare
antichi apologeti,

fatti,

come sempre

vollero gli

non pretendere

trovar tutta la

verit nelle sole tendenze della


stessa.

natura lasciata a se

Ben sappiamo che


sta

il

pensiero degli
e che
il

altri

si

pre-

ad eloquenti esposizioni,

Laberthonnire

pu

scrivere con istile vibrato, facendo sue le aspi:

razioni pi fervide dei Santi


Te, et

Fecisti nos

Domine aa
anima gi
si

inquietum
forti

est cor

nostrum donec quiescat in Te.


partono
dall'

Ma

queste

espressioni
;

illuminata e calda

sono slanci del cuore, che


fatto presente
;

volge

ad un termine gi certo e
la

non sono
ri-

penosa ricerca d*una

filosofia,

che da s sola

mane sempre manchevole

in

qualche parte.

Una

terza illusione proviene dalla mirabile convele

nienza dell'ordine da Dio stabilito con

pi nobili

278

IMMANENZA

1!
forse convenien-

aspirazioni dell' anima. Infatti,

non

tissimo che lo spirito possa giugnere a congiungersi


col

primo Principio ond'

partito

che
;

l'

intelletto

giunga a posarsi nella prima Cagione


sia beata nel
il

che

la

volont

primo Amore?
si

convenientissimo

che

circolo della creazione


fatta

chiuda,
di

riconducendo a

Dio r anima
comunichi

ad immagine
comprensori

Lui

che Dio

si

in quella

suprema maniera che


;

costituisce

la beatitudine dei

che nel

sommo Vero
Finalmente

risplenda ogni verit, e che sia amato ogni bene, in

quanto contenuto nella Bont


di Dio;
ni

infinita.

convenientissimo che sia cos consumata la gloria

mentre ogni

inferiore manifestazione dei divi-

attributi o nulla o tenebre verso quella pienissi

sima che
l'infinita

avvera per chi contempla in se medesima

Essenza.
dell'

Da

ogni parte mirabile la con-

venienza

ordine soprannaturale.

Tutto vero: che segue? Che Dio fece meraviglio-

samente bene ogni cosa,

e che elevandoci

ha operato
che
quale

con maggior magnificenza e perfezione

di quello
al

non potessimo noi


ci dirige,

aspettarci, e che

il

termine,

adempie sovrabbondantemente

la necessaria
1'

intenzione, che ha

Dio operando
la felicit.

fuori di s, e
:

aspi-

razione d' ogni creatura intellettuale


gloria, noi

Dio vuol

la

sua

vogliamo

Ma

prescindendo dal

fatto storico rivelato,

convenienze
cos

e la

non avremmo noi pensato quelle perfetta convenienza non prova che
n poteva essere altrimenti. Andi-

doveva

essere,

che l'Incarnazione del Verbo adempie magnifici


segni
dell'
:

non era perci necessaria. Anche


risponde

la

creazione

universo

mirabilmente

alla

Bont

di

RIGUARDO ALL ORDINE SOPRANNATURALE

279

Dio e

al

vantaggio

delle

cose

esistenti

non per

questo fu Iddio

meno

libero di creare o di lasciare

ogni cosa nel nulla. La convenienza vale assai bene


a dar ragione di quel che fu fatto
;

ma

a mostrare

che
cos

la

cosa dovette

farsi,

o a dar certezza che di fatto


allora

volle

Iddio, vale

soltanto

che V ipotesi

contraria porta assurdit o una positiva sconvenienza.

Poich dobbiamo escludere certamente dalle opere


divine ogni sproporzione ed ogni difetto, che
risali-

rebbe

al

loro Autore. Sarebbe strano, per esempio,

che r

uomo

aspirasse

conoscere
;

la

verit,
si

in

alcuna guisa mai potesse giungervi


obligato a serbare
1'

che
e,

conoscesse

onest naturale,

sentendosi im-

potente a mantenerla, mancasse d' ogni aiuto.

Duna

que

certo che Iddio in qualche

modo provvede
desiderio.
della

questa
basta:

necessit
la

quell' ingenito

Ma
na-

sola

ragione

il

sentimento
e

tura non valgono a dimostrar di pi

conchiu-

dere che

v'

un soccorso soprannaturale e che posin se stessa


la

siamo arrivare ad intuire


finita.

Verit in-

Sia
forza
il

dunque

libera l'eloquenza d'esporre con


il

gran

bisogno che ha

nostro cuore di Dio, e la

consolazione di sentirsi guidare a Lui dalla Fede, e


la

speranza

di

giugnere

Lui,

come portano
la

le

nostre promesse.

Ma

si

noti

sempre che

tendenza
s
il

determinata dei cristiani non viene dalla natura,


dalla grazia, e che la
fatto ci manifesto

possiamo affermare, perch


1'

per rivelazione, non perch


;

uo-

mo

da s

lo

sappia

onde segue che logicamente non

possiamo valercene contro un incredulo, o per con-

28o

IMMANENZA RIGUARDO ALL'oRDINE SOPRANN.

vincere un filosofo, fermo a quello soltanto che portan

da s
forme

la

natura e
l'

la

ragione.
tutto

Che per
alla

antica apologetica era in


l'

con-

logica ed aveva
dall'

efficacia

dimostrativa

che viene

assumere

principi concessi dall' av-

versario, conducendolo poi con rigore alle necessarie

conclusioni
e

la

nuova suppone, prima


e gi

di ragionare,

buona

la volont,

ammesso, bench
si

forse
:

men
:

chiaramente, quello che

vuol provare

convince

chi gi persuaso e sfonda

una porta gi spalancata


alla

non sa
gi

far di pi.

D' altra parte, volendo che

umana

natura sia

immanente
il

1'

ordine soprannaturale, o almeno che

l'uomo senta
d' essa resti

bisogno di cotesta elevazione e senza


e infelice, abbassa la grazia

manchevole

alla

sfera
il

dell'umanesimo,

e senza volerlo,

pro-

testando

contrario, cede a Pelagio o


il il

almeno a Baio.
stato

Dei quali
migliore
;

primo,

negando ogni caduta da

secondo, dicendo che abbiamo perduto

qualit dovute alla perfetta umanit, venivano ugual-

mente ambedue a confondere


e a sovvertire tutto
1'

la

grazia con la natura,

ordine della giustificazione.

CAPITOLO

VII.

Immanenza
nella cognizione intellettiva

L' intelletto diviene ogni cosa.


Per giudicar se una dottrina vera o
e complesse, ove
falsa,

non
di-

giova incominciare lo studio nelle applicazioni lontane


si

uniscono e

si

compongono
difficile

verse e contrarie ragioni, delle quali

e pe-

nosa r
dell'

analisi.

Per hanno torto

nuovi mantenitori
i

immanenza, quando vogliono confermare


da ci che
si

loro

asserti

richiede per condurre


cristiana.

l'

uomo

alla fede e alla

morale

son messe

in

moto

tutte le

Sappiamo che qui umane facolt, e non solo,

oltre r intelletto, la volont,

ma
i

e le personali incli-

nazioni e
tica e

le

esterne circostanze influiscono sulla pra-

ardua conclusione.

se

moderni stessero con-

tenti

ad affermare cotesta influenza, direbbero cosa

verissima,

ma

insieme notissima e pensata e detta in

ogni tempo.

Conviene

al

contrario considerar la dottrina nelle

sue prime e pi semplici applicazioni, o nella

pr-

282

IMMANENZA

pria ragion formale che appare in quelle schietta e


lucente.

Se qui

si

trova

falsa,

non accade procurar

di sostenerla dove, complicandosi,

pu sembrar dub-

biosa

se

si

trova vera, non sono da temere le par-

ticolari difficolt.

Ora

la

prima e pi propria applicazione


immanenza, e
conseguenze,
infatti
il

della

teorica dell'

punto ove pi son matrova nella cognizione


essere

nifeste la falsit della dottrina, l'impropriet della voce,


la reit delle
intellettiva.
si

Qui
il

volle

innovatore,

di-

struggendo

buon senso antico e ogni pregio conoscere, Emmanuele Kant; qui cercano molti
centi di dargli

del
re-

almeno

in parte ragione,

rinunciando
;

alla filosofia gi

formata nelle scuole cristiane


che or
si

qui

la fonte di tutto ci

vorrebbe mutare nel


nelle

modo

di difendere la religione,

aspirazioni

al

divino, nei rapporti tra V intelletto e la volont.

Esponiamo in breve
per ci che spetta
alla

la classica dottrina della

Scuola

rappresentazione

dell'

oggetto
di co-

nell'atto intellettivo, e al principio


tal

immediato

atto, principio
:

che deve presupporsi nella facolt


si

conoscitiva

apparir di nuovo quanto

dilunghino

dal vero quelli che vogliono trovar nel soggetto la

ragione dei concetti e dei giudizi.

Fino dai tempi

di

Aristotele

si

detto, e anche

prima

si

sapeva, eh' proprio dell'intelletto diventare


l'

ogni cosa. Consiste

intendere nel riprodurre in nuova


la

guisa l'essere dell'oggetto, prendendone


essenziale, o intera, o

ragione

almeno secondo qualche nota.


da una certa mistura
il

Come

il

marmo

in

s risulta

di carbonio di calcio e d' ossigeno, cos

chimico

lo

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


pensa nella sua mente
agli altri felini e se
;

283

come

il

leone

si
il

assomiglia
naturalista

ne differenzia, cos
;

lo classifica e lo specializza

come

1*

angelo sostanza
.

scevra di materia, cos noi diciamo che


sta la nobilt dell' intelligente,
nella propria natura, anzi

Qui

po-

che,

non alterandosi
estende cos

operando secondo sua nae


si

tura, riceve in s le altre nature,

fuor di s a tutto
salire
all'

1'

universo, e in qualche

modo pu

Ente
l'

infinito.

Onde ha
che
si

intelletto tale virt

Attendasi che la
Il

questione pu esser presa in due sensi.

primo

chieda onde viene


le

all'

intelletto la capacit d' a;

vere in s
si

diverse ragioni essenziali


la

nel secondo

chiede onde provenga

determinazione a rappre-

sentar tale natura, che ora in atto intesa piuttosto

che un'

altra.

La prima virt proviene dalla intrinche,

seca perfezione del soggetto spirituale,


pi
si

quanto

eleva sopra la concrezione

la

potenzialit

della materia, tanto meglio avvera la ragion di atto,

e resta libero dalle restrizioni, che nel principio potenziale e nelle misure quantitative

hanno
al

lor radice.

La seconda determinazione
porto
dell' intelligente

esige un pi preciso rap1'

con

oggetto

quale

si ter-

mina

la

sua operazione. Cos posta nei miei occhi

la facolt di

vedere e forse
;

l'

intelletto,
alle

come

pi attivo

del senso e

meno soggetto

esterne impressioni,

ha

in

stesso

un' attualit,

analoga a quella che

l'occhio avrebbe se fosse per s luminoso o indistin-

tamente sentisse luce.

Ma

per vedere un determinato

colore e un dato oggetto, al tutto necessario che


l'occhio ne riceva
l'

immagine corrispondente,

la

quale

284

IMMANENZA

sar cagione di veder rosso piuttosto che verde, un


fiore piuttosto

che un sasso.

Non meno

necessario

determinar
Perci
di

l'

intelletto a formarsi

un dato pensiero.
grande argomento
dell'

fu

sempre

ai

filosofi

ricerche e dispute la

maniera

essere e
le

del

prodursi nella nostra mente le immagini che

siano

determinative delle diverse idee,

come

le

impressioni
le

organiche sono delle varie sensazioni. Alcuni

po-

sero acquistate in una vita anteriore; alcuni le dissero ingenite nella

creazione
la

dell'

anima.

Altri giu-

dicarono di dover trovar


tarsi
i

ragione di rappresen-

diversi

oggetti nella stessa divina Essenza,

nota per s
altri

all'intelletto,

come
al

la

luce all'occhio;

finsero,
all'

per supplire

bisogno, un eccitamento

dato

intelletto
;

da un principio superiore, come


posero per s noto un ente univer-

da un angelo sale, che non


fine
dell'

altri

si

sa

come

distinguere da Dio. Altri in-

cercarono nelle cose sensibili e in una propria virt

anima nostra
:

la via di
si

giungere a formar quelle

specie

e questi

apposero, e ragionarono
la
;

come

chi
spi-

aveva bene penetrata


rituale
alla
tire

condizione

dell'

anima

unita al

corpo

parlarono ancora

conforme
di sen-

comune

esperienza.

Ma
onde

tutti

mostrarono
all'

evidente la necessit di
attualit,

fornire

intelligente

qualche reale

in lui sorgesse la deter-

minata condizion delle cose.


Solo E. Kant sembr non sentirne
noi formiamo
i

il

bisogno. Se

pensieri a

modo

nostro, senza rela-

zione con gli oggetti, non v' da cercare specie intelligibili

conformi
il

alle cose.
;

Questo avrebbe dovuto con-

chiudere

maestro

e sarebbe stata 77ima?ienie nell' a-

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA

285

nima nostra

la

disposizione a crearsi quegl' idoli vani,


realt,

che paiono rappresentar qualche


che ombre e sogni
:

ma non

sono

anzi

meno, perch neppur suppone vera

gono alcuna immagine prima


rivati,

onde sien dedi

come
all'

nei sogni avviene.

Ma

neppur

questo
prefa-

egli

si

content. Esplicitamente scrisse nella

zione

edizione seconda della sua

Ragione pura

(era al culmine della sua vita filosofica nel 1787), che

invano
poste;

si

tent di regolar la

mente

sulle realt pro-

invece

sar
si

meglio

ammettere che sieno


idee
gli
;

corrispondenti o

adattino alle

oggetti

ossia r esperienza, ci

che torna

lo stesso

giacch

nella lor qualit di cose rappresentate

non possono
.

gli oggetti esser conosciuti

che nell'esperienza
il

Pu

sperarsi per questo che

Kant ponga ogget:

tiva la

conoscenza?

No

certamente; perch soggiunge


di

con ci tosto

mi accorgo

molto pi

facile

riuscita; giacch l'esperienza


niera di

medesima

una ma-

cognizione che richiede intendimento, la

cui

norma debbo io presupporre in me stesso, pri^na gi che mi sieno mai stati presentati oggetti (quindi a priori), come quella che si esprime in concetti
dovranno con
tali

per anticipazione; ond' che


cetti regolarsi

con-

ed

ai

medesimi corrispondere quante


dalla esperienza .

sono

le

cose

ofiferte

vuol dire

che non apprendiam nelle cose se non quello che


vi

poniam

noi stessi

finalmente la

norma

del

mondo

che noi crediamo

di percepire fuori di noi,

siamo noi

medesimi

Qui da una parte


tra

v'

perfetto idealismo
intellettuale

dall' al-

l'immanenza nell'ordine

portata

286
al

IMMANENZA

sommo, mentre
le

tutta

vien da noi soli la

deter-

minazione a sentire e a pensare ogni cosa che sembra cadere sotto


nostre facolt conoscitive.
la

Imma-

nenza detta modernamente


e degli atti che ne procedono.

ragione posta nel

soggetto delle forme che paiono aggiungersi ad esso,

Non mai
la

fu
il

ammessa
kantismo

pi pienamente, di quello che

pone

nell'ordine intellettuale, dicendo che in noi soli la


totale determinazione dei concetti e dei principi, senza

dipendenza alcuna dalla realt


dine entitativo, che fuor
dell'

dell'

oggetto, o dall' orin

anima

quanto pensa.

Come r

intelletto

sia

determinato

ai vari oggetti.

si

persiste a dire che,

con tutto

il

nostro in-

tendere e con V invincibile tendenza a percepire fuori


di noi e nell'ente reale l'oggetto dei nostri pensieri,

non sappiam nulla del mondo che forse ci sta intorno e allora cotesta immanente necessit di pensar
;

cos

un idealismo

ridicolo,
la

che coincide con lo

scet-

ticismo.
gli

seguendo

buona natura, che


si

talora vince
v'

assurdi sistemi, un kantista

persuade che

hanno qualche proe allora il giudizi che ce ne formiamo porzione pretendere, secondo l' assurdit del sistema, che pure
fuori di noi, col quale
i
;

un mondo

in

noi stia la legione dei nostri atti intellettivi e che


in

dobbiamo trovare
o
la

noi stessi la regola

delle

cose
di

legge

della

natura,
;

torna ad una specie


intelligente

panteismo

intellettuale

ogni

dovrebbe

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


identificarsi

287

con

l'

essere universale.
i

Avvenne quindi
filosofi,

per susseguente necessit che


dalla scuola di
in

nuovi

sorti

Emm.

Kant, e posti da
il

lui sulla

via

che

di

necessit

proseguirono

loro

cammino,
pensiero
l'

finissero panteisti; anzi pi


si

interamente e logicamente
il

quetassero nel panteismo ideale, ove


l'

crea

universo,

come insegna
Le Roy.
si

il

Bergson, e

essere

non

altro che esser pensato,


di dire
il

come non

si

vergo-

gna

Ma

da princpio non
il

osava venire
il

alle
;

ultime
e sup-

conseguenze e

Kant non negava


la
si

mondo

ponendo, secondo

universale persuasione, che alle

idee rispondano le cose, non care una cagione al


essenziale,

bench

in

pu a meno di cerconvenire in una stessa ragione diverso modo, V oggetto inteso


altri
l'

il

concetto intellettivo che


qital

se ne

forma

vo-

gliam sapere per


la

maniera

intelligente

contenga

propria ragione

dell'

oggetto

conosciuto.

Se
dell'

lo

stesso soggetto che intende non cagione


getto, conviene o che
1'

og-

oggetto comunichi in alcuna


intelligente,
alle

guisa

la

propria forma

all'

o che da una

pi alta
la

comune cagione venga stessa forma. Ora in ordine

cose e alla mente

a questo, possiam di:

stinguere tre maniere d' intelletto


lico,
s

il

divino,

1'

ange-

r umano. Compete a ciascuno un proprio


riprodurre per la formai conoscenza
delle cose,
s

modo

di

le perfe-

zioni

di

precontenere

il

principio baste-

vole a determinare r intellettuale rappresentazione delle


nature, le quali o

come

esistenti o
all'

come

possibili in

qualunque guisa dicon ordine


Il

essere. nella

primo Essere sussistente comprende

sua

288

IMMANENZA
d' o-

semplicissima infinit anche quell' ultima attualit

perazione intellettiva e volitiva, che negli

spiriti

creati

procede e

si

distingue dal soggetto e dalla corrispon-

dente facolt. Che l'intelligenza divina perfettissima


operazione, la quale non procede da alcun principio,

ma

sussiste indistinta dall' Essere assoluto


,

e questo,

per essere quel che

avvera nella sua purissima iml'

materialit tutta la perfezione intellettuale, ossia


tuai cognizione di tutto

at-

ci

che

intelligibile.

Ma

come, per

la

nostra deficienza, sono formalmente dile


ci

stinte nei nostri concetti

due perfezioni
giova avvertire

dell' esl'

sere e dell' intendere, cos

intimo

nesso che.

l'

una

all'

altra

congiunge. L' Essere assoentitativa,

luto talmente esaurisce la perfezione

che

non pu darsi alcuna


cifica,

finita essenza,

n ragione spela

n differenza individua o singolare,


entitativa,

quale,

in

quanto dice realt


imitazione,

non

sia

partecipadi

zione o

bench deficientissima,

quel

primo Essere. Nella

stessa guisa che nell' ordine lo-

gico nessuna ragione pu essere intesa, nella quale

non

sia

contenuta

la

nozione di ente

similmente nel-

r ordine reale nulla n

pu

essere,

che non

sia

qualche lontana imitazione e partecipazione del primo


Essere sussistente.

Anzi
ente, in
infinito
;

in

tanto possibile la ragion

comune
1'

di

quanto prima
in tanto

esiste necessariamente
l'

Essere
nelle

potr darsi

essere

limitato
il

diverse essenze, in quanto prima attuale

puro

Essere irrecetto

in

tanto

Iddio,

l'

Essere assoluto,

non esisterebbe,

in

quanto tutto l'ordine dell'essere

losse chimerico e assurdo.

Che per

se

Dio

di fatto

NELLA COGNIZIONP: INTELLETTIVA

289

non

esistesse,

perirebbe,

non pure estrinsecamente

per difetto di cagion produttiva,

ma

intrinsecamente
;

per non aver fondamento,

la

ragion di ente

verrebbe
essenza

meno ogni
finita e di

possibilit

ed ogni

intelligibilit di

qualsiasi realt, nello stesso


dirsi

modo

che non

potrebbe pi
fosse vero
il

vera alcuna enunciazione, se non

principio di contraddizione, e non poil

trebbe formarsi verun concetto, se

concetto di ente,
1'

come

impossibile, svanisse.

Adunque
esemplare

Essere infinito

ed prima cagione
fuor d' esso, ed

effettiva di tutto ci

che esiste

sommo

di tutto ci

che

possibile, ed fondamento e ragione della stessa


possibilit di

qualsiasi ente finito.

Ma
tamente

r Essere medesimo

come

:".tto

puro,

infini-

lontano
:

dalla

concrezione materiale
nel

da
ter-

ogni potenzialit

onde segue che posto


spiritualit,
:

mine ultimo
tutto ci che

della purissima
si

alla

quale Iddio

r intellettualit

proporziona

quindi che

realmente pure intellettualmente.


s stesso

Dunque conosce
bilit di tutto ci
e,

come fontana suprema


di

pienissima d' ogni maniera

essere, e della possi-

che pu moltiplicarsi nelle nature,

per quanto a Lui piacer, dell'esistenza di quadi

lunque realt abbia mai da esistere fuori

Lui.
esseri,
ci

Tuttavia, in ordine alla distinzione degli


Iddio, riguardato soltanto

come Essenza, non

mo-

stra tutto quello che basta per intender le cose for-

malmente
mostra
il

costituite nelle proprie ragioni

ce lo di-

divino intelletto. Avvertasi che la differenza

fra l'una e l'altro sta tutta in noi,

che non arriviamo

a concepire un' Essenza, la quale nel suo primo sus19

290
sistere gi

IMMANENZA

comprenda
al

l'

ultima attualit intellettiva.

Ma

stando

modo

nostro di nominare le divine per-

fezioni,

secondo quelle ragioni formali, che necessariadistinte,

mente sono
dire che
nella
tutte,

appena
dell'

si

esca

dell' infinit e della


;

purissima attualit
l'

Essere sussistente
contiene

dobbiamo

Essenza

infinita
le

eminentemente
eccedendole
li-

sua unit tutte


e

essenze
in

finite,

non avendo nulla


;

s che risponda alla

mitazione di ciascuna

ond' che non possiamo noi

prenderla per s sola quale immediata ragione della


lor distinzione.
intelletto,

Quando

invece la consideriamo
1'

come

troviamo che

Essenza medesima cono-

sciuta

come
le

imitabile nei diversi

modi infinitamente
finite

moltiplicabili,

ed

ella

acquista ragion d' idea, conno-

tando
stessa.

proporzioni delle varie

nature a

lei

Cos formalmente contiene

le

proprie ragioni

di tutte le cose possibili, e intellettualmente costitui-

sce ciascuna nella propria maniera di perfezione che


le

conviene. Cos dunque abbiamo che

l'

Intelletto di-

vino immediata ragion formale della possibilit e


della
intelligibilit

delle
il

finite

e distinte nature

e,

dopo avere

attinto

suo primario oggetto, che

la

divina Essenza considerata qual' in s sola,

esso

medesimo
son
le

costituisce

il

suo oggetto secondario che

creature possibili, deficienti partecipazioni del


intelligibili,

primo, e sol per questo a Dio

perch

hanno
sibilit.

in

Lui medesimo

il

fondamento

di loro pos-

Di che raccogliamo che

il

supremo

intelletto

non

pu
il

dirsi

realmente misurato da alcun oggetto, poich


infinito

suo atto identico col primo

sussistere

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


tuttavia

29 1
alla di-

come

noi lo

concepiamo conseguente

vina Essenza, cos nelV ordhie dei Giostri concetti


dirsi

pu

regolato da Essa, e presuppone


1'

il

suo oggetto son certo da

primario. Al contrario tutte

altre cose

Dio pienissimamente
informino

intese,

quali sono in s stesse,

con ogni loro determinazione;


la

ma non

cos ch'esse

mente

divina, o abbiano ragione alcuna

di determinarla o di misurarla in quel

modo
1' il

che T og-

getto gi costituito in s stesso misura


si

atto che vi

termina

anzi

dobbiamo
misura e

dire
le
fa,

che

medesimo

primo

Intelletto le

costituisce nelle pro-

prie forme e distinzioni.

Lo

intendendo compiu-

tamente r
conosce

infinita

Essenza, in proporzione alla quale


nature che
d'
;

le singole

l'

imitano

con che viene

ad essere cagione

ogni intelligibilit e verit che

non

sia

la

prima

Dio non suppone,

ma

costituisce

r oggetto secondario della eterna intellezione. Quivi


in

ogni

modo

piena infinita

immanenza
;

della
1'

ra-

gione d'intendere ogni cosa possibile

tuttavia

imdel

manenza medesima ha sua ragione


divino Intelletto con
l'

nell' identit

infinita

Essenza.

Or potr mai

darsi

che una creata intelligenza

abbia nella propria natura ragion sufficiente di rappresentarsi con propriet le altre nature
?

Non

si

pu

ammettere. Perocch ogni


r essere
al

essenza

finita
nell'
l'

determina
ultima dif-

proprio modo, che almeno

ferenza diverso da quello di tutte

altre essenze.

Da prima

manifesto

che una sostanza inferiore non

contiene la propria ragione della superiore.

E
in

simil-

mente quanto
virt d'

al

conoscerla, non
l'

pu avere
pura e
la

s la

adeguarne

attualit pi

maggior

292

IMMANENZA

perfezione; che la virt intellettiva non supera l'attualit della sostanza,

principio primo d' ogni opera-

zione.

Ond' che
che

qualsiasi naturale intellezione im-

potente a formarsi un positivo concetto di pi alta


spiritualit,
l'

intelligente

non abbia
riferirsi,

in s stesso
fa

e se a pi alta natura

vuol

lo

soltanto
la

per via negativa, e analogando e riconoscendo


pria insufficienza.

pro-

Riguardo poi a

medesimo,

il

libero
1'

spirito

(vogliam dire non vincolato, com' qui


stra,

anima nonon
la

dai sensi) ha in s ragion sufficiente di cono:

scersi

non

gli

manca

la

facolt
il

intellettiva,

perfetta intelligibilit,

non

principio determinante :jl

a rappresentarsi intellettualmente la propria essenza,


la quale

per identit a s presente,

intellettiva

ed essa me-

desima

(non dobbiam credere che la

facolt operi

da

s,

come

se

da s

sussistesse),

finalmente v' da cercare una presenza analoga a quella


dell'

oggetto sensibile posto dinanzi


poich
la

all'

organo sen-

sitivo,

sensazione esige

l'
1"

impressione proatto d' intendere.

dotta nel senziente,

ma non

cos

Non

pertanto da dubitare che ogni spirito separato

intuisca la propria natura, e abbia la propria essenza

come primo oggetto


che compia
la

della sua intellezione.

Nemmeno
:

perci richiedesi un' immagine impressa

nell' intelletto,

sua virt in ordine a tale atto


dall'

basta

r intrinseca attuazione, che viene


stanza intellettiva e intelligibile.

essere tal so-

Ma

non per questo pu

l'

intelletto

formarsi

la

propria ragione delle inferiori nature. Dalla perfetta

cognizione di s medesimo pu un intelligente de-

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


durre
le

293

ragioni generiche nelle quali altre sostanze


;

converranno o potran convenire con esso


saprebbe esser possibili
altri

un angelo
1'
;

gradi intellettivi

uomo

dovrebbe sapere che

1'

animalit pu essere verificata

senza anima ragionevole. Male per crederemmo che

da se medesimo
o le

1'

angelo dedurrebbe

il

proprio

modo
l'

ultime determinazioni degli

altri spiriti,

ovvero
esdi-

uomo

quelle dei bruti. Solo Iddio, nel quale


e

sere assoluto
stinta,

non

ricevuto

in

un'essenza

eminentemente contiene qualunque partecipadell' essere,

zione

e
in

il

suo

Intelletto, identificato

con
e
la

r Essenza,

vede

questa la ragione propria


ente.

determinazione di ogni

Ma

l'

essere

ricevuto

nelle creature limitato alla formai

ragione di cia-

scuna essenza, che ha una terminazione diversa da


tutte r altre,
riori,

che per

nell' altre,

ancorch supe-

non

contenuta.

Vogliam
distinte,

dire

che

le

specie sono

determinate e

non per semplice limitazione, che soltanto


l'

escluda

ulterior

perfezione,

come sopra una


l'

lun-

ghezza,
oltre,

segnando un punto, tolgo

estendersi
l'

pi

unit

come escludendo da un resto nel numero inferiore


o
:

numero
anzi

ultima

ogni natura

ha
la

la

propria perfezione e bellezza, posta in quel

modo

che nel suo ordine

la fa intera e

compita. Cos
;

vegetazione inferiore alla vita sensitiva


la

ma

per

esempio,

dura

vitalit

che vediamo negli


fiori,

alberi, e la

grazia delle forme che troviam nei

non sono negli


mammiferi,

animali
di

gl'insetti

son certo inferiori


istinti

ai

ma

nuovo che mirabili

e
altri

che ingegnose opeviventi


dell'

razioni nelle api e in

tanti

infimo

294

IMMANENZA
!

genere

E
il

l'

uomo
i

migliore di
la

tutti

bruti,

ma

non ha
n forse
g' istinti

volo dell'uccello, n

forza

del leone,

tutti

sensi d' alcune specie animali, n certo


le bestie

onde
al
;

son guidate. Dei quali

istinti

senza dubbio miglior la ragione,

che ha virt di
ciascun caso con

provvedere
varii la via

fine

desiderabile

in

mezzi

ma non ha sempre
i

cos certa e pronta


la

per raggiungere lo scopo,

come

natura guida

meravigliosamente
miglior di noi
;

senzienti inferiori.
chi

l'

angelo

ma

sa

eh' ei

pure non ammiri

qualche nuovo effetto in noi risultante dalla congiunzione


dell' intelletto

con

le facolt sensitive ?
l'

Io credo

che anche per un angelo


bellezza,
eh' egli

arte

umana abbia una


al-

potr conoscere e produrre in

tro

modo,
a
la

ma non
noi,

senza riconoscervi alcunch


nostra
la

di

proprio
nostra

com'

fantasia,

come
nell' ira

passione
la

sensitiva nell'

amore

com' nostra
la carit

congiunzione fraterna, e
alla
vita.

il

provar
con-

rinunciando

Son cose
ha
il

belle,

seguenti alla nostra inferiorit. Perch ogni essenza

non

troncata,

ma

finita,

suo

sigillo nel;

r ultima differenza, non comune ad altre nature

bene per questo ha intenzione


bellezza.

di specie,

che ricorda
perfetta e

Dunque nemmeno
le

l'essenza pi

pi alta fra
dell' altre,

creature contiene la propria ragione

che pur semplicemente eccede.

per conancor-

seguente proporzione, nessun creato

intelletto,

ch conosca se stesso, ha da s di potersi rappresentare le varie essenze create,


le

secondo

le differenze

che

caratterizzano e

le

costituiscono,

ciascuna in se

stessa.

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA

295

Or chiediamo:
abbandonato a
il

se cos restasse l'intelletto,

quasi

medesimo, avrebbe forse ragione


i

Kant

di

dire

che

numeni sono

inconoscibili,

di

chiamar numeni

tutte le

forme, o reali o
esperienza
?

ginarie,

non presentate dalla


;

imma-

Non
im-

r avrebbe ancora

poich

l'

intelletto libero dagl'

pedimenti conoscerebbe almeno


nature pi o
le

la possibilit d' altre

meno

perfette, e le

apprenderebbe sotto
realmente avvenozioni di ente e di
;

ragioni generiche, le quali sono


varie nature,
altre,

rate nelle

per

le

causa e per
rit

necessarie e prime

vedrebbe

le

vesa

dei principi,

come

noi

li

vediamo, qualunque

r oggetto che prima arriviamo a conoscere e in qua-

lunque

modo

vi

arriviamo.

Non

sarebbe ancora diil

strutta ogni cognizione, e

con ci resterebbe falso


le

kantismo, che distrugge ogni scienza. Anzi


astratte e universali
bili,

ragioni

sarebbero ugualmente

intelligi-

e sarebbe nota la possibilit di moltiplicarle nei

soggetti.

Ma
da noi

di
le

fatto

non sono
le

miseramente conosciute

altre cose,

n tanto

meno possiamo
i

sup-

porre che sol cos

conoscano

migliori
a

intelletti

degli angeli. In qualche maniera arriviamo

determi-

nare

le

proprie ragioni delle nature da noi distinte,


ai

almeno per ordine

loro accidenti,
spiriti.

alcunch di
con-

meglio troveremo pei migliori


viene ammettere che

Adunque
arrivino
quali

g' intelletti

finiti

ad

avere in s
essi

tali

forme aggiunte,

le

sieno

ad

principio immediato di poter conoscere con pro-

priet le essenze diverse che sono nel

mondo. Bisospecie hitel-

gna che acquistino coteste forme, dette

296
liglili,

IMMANENZA
con qualche dipendenza, o dalle nature che
dalla loro stessa cagione
;

debbono conoscere, o
nita,

poifi-

ch gi dichiarammo non potere alcuna essenza


n intelletto alcuno
dell' altre

in essa radicato,
:

prendersi

per misura

cose create

questo conviene a
1'

Dio

solo

il

Kant, o delir quando

attribu alla

mente umana facendola conoscitiva, o


menti negandole ogni conoscenza.

delir altri-

Ora

in diverso

modo

l'

intelletto angelico e

il

no-

stro acquistano quelle specie.

Noi per cagion


;

dei sensi,
si

siamo soggetti

ali'

azione dei corpi


le

sensi

con-

tinuano in noi con

potenze

spirituali,

e queste, per
il

via dell' attiva virt, a cui

serve
in

come strumento
la

fantasma, vengono

ad essere

comunicazione col

mondo

esteriore.

Non

vero che
le

mente nostra

vada fingendo a sua posta

ragioni entitative,

come
:

neppure vero che negli oggetti presenti non possa


apprendere altro da quello che apprende
ond'
il

senso

che

gli

empirici

g' idealisti

hanno torto

ugualmente. Gli
getti

spiriti liberi

non possono essere sogil

ad azione esterna, n

loro intelletto
il

con-

dotto successivamente,
tente perfezione.
le specie

come

nostro,

alla

compe-

Ma

essi

pure han bisogno


i

di ricever

per

le quali

possano formare

concetti prodi

pri e delle nature

onde consta l'universo: senza


isolati,

che rimarrebbero
l'ordine mondiale.

n sarebbero a parte deldire

Dobbiamo

che cotali specie


si

sono ad

essi

congenite dalla creazione, e


s

derivano

dalla virt divina, sovrana autrice


lor natura,
s

delle cose nella

del loro essere intellettuale nelle menti

angeliche

e dall'

una e

dall' altra

parte risulta intero

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


r ordine
dell'

297

universo. Coleste specie intelligibili, pro-

venienti negli angeli dalla

prima Cagione, molto me-

glio fan conoscere le varie essenze, che se dalle

me-

desime potessero provenire, e ne rappresentano tutta


la

realt,

senza l'indeterminatezza ond'


gli

accompaloro

gnata r astrazione. Cos


tori dei corpi, e

angeli,

non essendo aual

avendo

1'

essere limitato

modo,

non possono

trarre dalla loro essenza le proprie ra;

gioni delle nature corporee

ma

n pur dipendono da
son misurati nella
l'u-

queste, n direttamente da
Icro conoscenza.

esse

Che per
all'

s.

Tommaso opponendo
dei
nostri

niversalit della rappresentazione intellettuale in quelle

menti superiori
disse
cose,

universalit
universale,
:

concetti,

che

in

noi

l'

come

astratto dalle

ad esse posteriore
invece
est

acceptum

re,

l'e

po-

sterus ;

quoddani
ipsa,
et

universale

quod
sales

est

prius

re

sicut

forma

ad rem domus in
ujiiver-

mente aedificatoris ;

per hunc moduin sunt

formae rerum in mente angelica exsisteites ; non ita quod sint operativae, sed quia sunt operatisicut aliquis speculative scientiam opera(in
II

vis similes,

iivam habet

S.

D.

Ili

q.

Ili

art.

II

ad

1"^.

L'intelletto

umano, mentre

legato quaggi, ri-

ceve

le

specie, determinate
:

per via dei sensi e dei


dalle cose
fu
;

fantasmi
e

perci in ogni
misurato.

modo dipende

da esse

Intorno a questo
;

accura-

tissimo lo studio antico

e la formazione delle

prime

immagini
teria

il

processo delle cognizioni furono madichiarazione.

d' esattissima

E
di

quantunque su
discusla

qualche ultima sottigliezza possa


sioni e fermarsi
in

altri eccitar

alcun'

ombra

dubbio,

co-

298

IMMANENZA
dottrina da tenere

mune

come

certissima.

Da una
eccitaallo

parte manifesto che non altrimenti giungiamo noi

a conoscere

la

natura, se

non per esteriore


il

mento
facolt,

dei sensi, e tal


dell'

solo
all'

modo conforme
delle
concetti,
alla

stato presente
all'

anima,
dei
del
1'

armonia

umane
co-

astrazione

nostri

scienza

che

abbiamo

nostro

operare, a tutto
ci

quello

insomma che

esperienza e la riflessione

dicono sulla facolt e sulla imperfezione dell'umano


intelletto.

E
il

manifesto

dall' altra

che

l'

impressione

organica e

senso non sono cagion sufficiente d'im:

magini

intellettive
la

perci

richiesta

nell'

anima

umana
agente.

virt

spirituale

ed attiva

dell' intelletto

Cos, oltre la diversit


tiva,

della perfezione

intelletnell' in-

abbiamo

tre diverse

maniere

di porre

telletto la

ragion sufficiente di rappresentare


nature.

le

de-

terminate diverse

La prima

e sublimissima

conviene a Dio,

la

cui Essenza

anche

purissimo
fonte ine

atto intellettivo di se stessa,


finita
d'

e insieme

ogni possibile partecipazione

dell' essere,

d a
pria

tutte le

forme
1'

finite,

intendendole, la loro pro-

misura e
agli

intelligibilit.
i

La seconda maniera
da

compete
forme

angeli,
di

quali
ci

Dio ricevono
essi

le

intelligibili

tutto
il

che ad

convien

di conoscere,

secondo

posto

che occupano nella

creazione e

l'ufficio

ad

essi

assegnato dalla Provvi-

denza

non son misure


artefici
;

delle cose, quasi ne fossero

cause ed

ma
in

neppur ne
qualche

dipendono o ne
le

son misurati, anzi

modo
La

misurano,

ri-

cevendo

le

specie dal Creatore.

terza maniera

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


la

299

nostra,

secondo

la

quale siam misurati dagli ogle

getti,

che imprimono

loro

immagini

nei sensi,

per via dei medesimi e per


l'

la virt

spirituale

delle

anima

giungono
e quindi
i

determinare
di

nell* intelletto

specie,

concetti
;

ci

che nella natura


le

corporea
astratte

intelligibile

onde

risultano

ragioni

ed universali.

L' essere precede

l'

intendere.

Notiamo
mantenere
attualit,

il

nesso e

l'

ordine che sempre


intendere.
in
il

si

dee

tra l'essere e

l'

Di queste due
l'essere,
vi
si
il

sempre dee porsi


soggetto sussiste
all' eyite.

primo luogo prima

siccome l'oggetto precede


porta, e
il

primo atto che


precede
:

di operare, e

vero

aggiunge

Iddio

qual prima
in

Cagione ogni ragione

di ente finito

che se

Lui

medesimo non
tra l'essere e
il

distinzione, n per real

precedenza
noi
ci

conoscere, tuttavia

come

rap-

presentiamo coteste due ragioni con diversi concetti,


cos

non possiam
se

fare a

meno

di

pensar prima

la

sussistenza divina in ordine alla divina intellezione.

Ma

compariamo quel primo

Intelletto all'oggetto

delle menti finite, o a ci che per esse vero, dob-

biam dire che


finita

l'

ontologica verit della Essenza inle

precede
principi,

tutte

logiche verit enunciate nei

nostri

questi
essi.

non r ha Iddio da
letto

da Dio hanno necessit, Vero che 1' umano intelNecessario, cos

procede con ordine inverso, e come dalle realt

contingenti

deduce che prima

il

300

IMMANENZA
i

intende

principi
la

comuni ed
reale

astratti,

prima
Gli

di sa-

per che esiste

infinita

\'^erit.
il

angeli

son determinati da s a formare

verbo della lor


altra lor
le

medesima essenza

e poi,

dipendendo ogni
le

cognizione da Dio, che crea


specie, serbano ancora
il

nature e infonde

debito ordine con la realt.


dal suo og-

Finalmente

l'

intelletto

umano dipende
qualit

getto, che secondo le proprie

imprime un
ossia
nel-

segno

di se stesso nelle
lo

umane
alla

facolt,

r uomo, e cos

conduce

conoscenza.
la

Certamente

assurdissima

sentenza

che E.
le

Kant
della

profer,

quando

disse che ?wi

facciam
gli

leggi

nahna^ o che dobbiam riguardar


formati dalle nostre idee,
l'ordine dei
di

oggetti

come

o che

la

vera me-

tafisica

nostri pensieri. nel

Dir questo, o

alcunch

simile,
realt,

senso

che
alle

non
agli

sappiamo
facolt

nulla della

inaccessibile

nostre

conoscitive,
scettici

un dar piena ragione

agnostici e
as-

e idealisti,

n dubbiezza o ignoranza pi

solute

mai poterono concepirsi. Dir questo nel senso


dedurre
la

che dalla nostra mente possiamo


disposizione delle cose,
tuita coincidenza,

reale
for-

sarebbe soltanto per

e questa

non darebbe motivo

di

saper nulla con certezza, e toglierebbe ogni scienza


verace
;

si

direbbe pretendendo che l'anima abbia


entitativa

in s tal perfezione
tersi

ed

operativa da pouniverso, e questa

prendere come

regola
di

dell'

sarebbe una strana forma


unit di natura tra
esplicito e
le

panteismo,
disparate.

che finge

cose

pi

Sarebbe
il

immediato un panteismo
finita

intellettuale,
in s sola di

fingere

che una mente

abbia

che

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIV^A


imporsi qual norma alle distinte nature
diverrebbe
la
il
;

3OI

questo poi
reale,

conseguentemente

panteismo

per
tra
la

necessaria proporzione

che deve

ammettersi

grado entitativo

in

che sussiste uno spirito e

virt di rappresentarsi intenzionalmente le altre es-

senze.
letto
;

In cotal virt

ponemmo
l'assurdo

1'

altezza

dell' intel-

ma

per evitare
le

che

ogni

essenza

contenga

proprie ragioni dell'altre, prima distindal


reale; poi a ciale

guemmo
scun
gibili,

l'essere intenzionale
intelletto

finito

aggiungemmo
1'

specie

intelli-

determinatrici dei vari concetti.

Cos respingiamo
in

inunanenza

intellettuale,

che

ogni
:

modo

assurda, qual' proposta


si

dal kantutto

tismo

o sia che la mente

formi

pensieri

da

s,

n attinga

le
;

vere nature,
ossia

con

che rinuncia

ad ogni conoscenza
riferirsi

che

pensieri

debbano
possiam

alle cose,

ed falsissimo
la

che
della

noi

prendere da

noi stessi

norma
a

natura.

Al

contrario, tanto per conformarsi al vero, quanto per

avere un principio
rappresentazione

che basti

dar

ragione

della

intenzionale,

dee
dall'
1'

porsi

una reale

dipendenza
cagion pi
dine
dell'

dell' intelletto

oggetto o da una

alta,

da cui proceda

uno e

1'

altro or-

essere e del conoscere.

E
i

radicale ed

immenso
dall'

l'

errore

dei

kantisti,

quali

pongono
la

finte

anima,

o quasi da essa

create le cose esterne, secondo la maniera dei concetti

che

mente tutto da

va formando. Invece
antica,

tutta

da ritenere

la dottrina

che

1'

anima,

con
ture,

la

rappresentazione intenzionale

delle varie na-

diventa in alcun

modo

tutte le cose.

Di que-

302
Sto

IMMANENZA
Siam
certi

per

1'

invincibile

determinazione

concepir

come un

ente reale o esistente o possibile,


in

ogni primo oggetto della conoscenza. Se

ci an-

dassimo ingannati, sarebbe


dell' intelletto
:

falsa

e cattiva la natura
la

dell' intelletto

che

massima per-

fezione,

tra

quante noi
al

conosciamo.
al
.

La
al

sua natura

tenderebbe

male e non
mentre pur

bene

non-essere e
e la distru-

non
dio

all'essere,

La rovina

zione sarebbe totale, e non resterebbe via di rime:

chi

emender

il

primo

e intrinseco difetto della


d"
?

natura, se la sola natura

radice

ogni virt, se

solo principio d' ogni operazione

Teniamo come
cono-

immobile

prima

verit,
1'

che

oggetto della

scenza intellettiva
I

ente.

concetti

adunque
oggetti

stan

nella

mente

in

luogo Per
in s
la

dei

medesimi
e

eh' essi
finito

rappresentano.

conseguenza,
solo,

come
nel

il

intelletto

non ha

non ha

soggetto
per

cui

appartiene,
la

sufficiente

determinazione

formarsi
;

propria

rappresentazione delle diverse nature avere in s medesimo


la

cos

non pu
verit.

prima norma della


posta
la

La
zio,

verit per noi,

formalmente

nel

giudi-

che afferma o nega e inchiude


all'

comparazione
il

del pensiero
zio col

oggetto.

noi
i

formiamo
concetti,
i

giudi-

comporre o dividere
che

affermando
stessi,

o negando, secondo

esigono

concetti
alle

convenienti o ripugnanti, e proporzionati


di
cui

cose,

tengono
la

il

luogo
delle

sono

rappresentativi.

Adunque

norma

affermazioni
degli

delle ne;

gazioni consiste nella realt


in questi le varie

oggetti

come

qualit

s'

adunano, o sono oppo-

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


ste,

303

COS

il

verace intelletto
s'

dee giudicare.
allora

Se cos
dalla

non
ch
esser

giudica,

inganna,
e
s'

vien

meno

ragion

d' intelletto

di

conoscitivo.
se

Eppure, pernato

diciamo

che
o

inganna,
a

non
la

ad
?

conforme,

presentar

cosa

qual'

Un

kantista

non pu parlare n

di

verit n d'er-

rore.

La
realt

necessit di regolare

giudizi

sull'

obiettiva

non

toglie che la

mente talora possa procegi formati

dere, traendo dai concetti


dizio,

qualche giu-

o deducendo un giudizio nuovo da un altro,

senza ricorrere novamente all'esperienza, che ponga


ancora, e ogni volta,
sott'

occhio la realt. Poich,


cose, ed essendo ne-

stando

concetti invece

delle

cessaria la proporzione
lettive

delle

rappresentazioni intel;

con r ente

intelligibile

come

concetti

si

oppongono o convengon tra loro, cos anche gli oggetti rappresentati. Ora avviene naturalmente che r intelletto umano, il quale da un atto imperfetto passa ad un migliore, vegga poi contenersi in un
concetto
gi

formato,

nella

ragion
e

formale

gi

appresa, ci che da prima non vide,


sione di giudizi diversi giunga ad un

per connesgiudizio, che

da principio non
eh' essa

gli

si

present.
fu

Nel primo appren1'

dere una sostanza,

non

necessaria

avvertenza
di

pu

esser semplice, al contrario


:

quello

che constatiamo nella natura corporea


avvertenza
siero,

ma

poi quella
al
ci

assai

di

leggeri

si

fa

presente

pen-

e cos senza
il

immediata esperienza
di
spirito.

formela

remo

concetto

Al quale del resto

coscienza dei nostri

atti

intellettivi

e volitivi ugual-

304

IMMANENZA
ci

mente
siero

condurr e

ci

dar certezza che quel penil

non
di

chimerico, che

suo oggetto
il

esiste.

Ma
tire

nuovo, nel primo formarci

concetto di

spirito immateriale,

non
lo

fu necessario

subito avverallo

che

esso per s non

dice

ordine
si

spazio.

Riflettendo poi che

spazio

fonda tutto nelle

dimensioni, delle quali principio la materia, e che


di questa
scevra
lo spirito
la

natura

spirituale,

ne

dedursenza

remo che
posizione,

pu
al
rilutti
ci

esistere
e

realmente

proporzione

alcuna

luogo
1'

senza

determinata

checch

incapace

fantasia.

l'immediata esperienza
il

ha condotti a
ad
:

Non questo, ma
da un

passaggio

da

un

concetto

un

altro,

primo giudizio ad un secondo


presente nella
angeli perfetti nell' operare,
qualsiasi pensiero.

tutto ci sarebbe stato

prima apprensione, se fossimo come


fin

dal

primo concepire
che
giu-

Qui sopratutto
dizi

ci

preme

di far sentire

formati

dall' intelletto

senza
dirli

guida immediata
o
sintetici

dell' esperienza,

o vogliam

analitici,
dall'

a priori, non sono

meno

regolati

ente reale e

non hanno meno

d' obiettiva

verit,

che

qualsiasi

apprensione suggerita dai sensi nell'atto di percepire

r oggetto materiale. Perch realmente nelle cose stesse


sono contenute
le

ragioni

formali, o necessarie per

qualunque soggetto sussistente, o diversamente tra


loro connesse nelle diverse nature,
s
l'

che

l'

ente non

possa avverarsi
star

senza

di

esse,

una non possa


alla

senza

l'

altra.

Cotesta necessit, prima reale

ed entitativa;
costituzione

poi,

per conseguenza
cose,

necessaria
nell'ordine

delle

sar

necessaria

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA


dei pensieri, perch loro oggetto
l'

305

ente.

Se per

esempio

l'intelletto

giunto a rappresentarsi la raall'

gion di sostanza, opposta

accidente che modifica

un soggetto, dovr vedere


propria.
plice,
i

eh' essa

ha

sussistenza

se vede che qualche sussistente


si

semquello

vedr che non pu perire, come

corrompono
;

composti per separazione dei lor principi


sar incorruttibile.

dunque

Dovr

dire semplice e sus:

sistente r

anima umana che intende e vuole

ne de-

durr che non cessa di vivere col separarsi dal corpo.


Tutto questo non ha sua ragione, o sua prima
radice,
nella nella

necessit
di

di

pensar cos

l'

ha invece

necessit
il

essere cos.
la

Come
;

l'

occhio vede
il
l'

bianco
la

giglio e rossa

rosa,

perch
cos

giglio

rosa

son
le

disposti

lor

modo

intelletto

percepisce

necessarie ragioni dell' ente, ove queste


la forza della

non superino

sua facolt, ed esso

in-

gannandosi non devii dalla propria natura. Che non


lo superino certo, ogni volta

che di

fatto esso

le

intende; che non s'inganni, potr saperlo, riflettendo


sul suo procedere, e

vedendo che
intese,

vi

determinato

dalla necessit delle ragioni

non portato da
l'

cagioni esterne ed accidentali. Altrimenti

intelletto

non
soli

pi nulla.
Infine,

anche quando

il

suo

atto

si

termina a
nell'

enti di ragione

o ad intenzioni logiche,

ente

reale

ha

la

prima

norma. Dev'esser

cos,
ivi

perch
necessi

quello che primo e per s in un ordine,

sariamente principio ed esemplare di ci che

aggiunge secondariamente e per ragione del primo. Secondamente termine dell' intelletto quello che fuori
20

306
d' esso

IMMANENZA

non ha
mo'
d'
d'

realt,

ma

concepito a
la

modo

di
;

ente.

una forma concepita

privazione

a mo'

una relazione reale

pensata quella d' un


dall' altro,

soggetto che in nessuna guisa dipende


cui vien riferito
;

sono pensate cos


vere
d'

le intenzioni

lo-

come comune agi'


giche,
d'

se fossero
inferiori,

relazioni d'

una natura
soggetto,

un

predicato
delle

al

un conseguente
i

alla

verit

premesse.

Ma

delirarono
nelle

quando negarono esserci cose alcun fondamento a concepir le nature


nominalisti,

universali, o

ad ordinar
falso

le

essenze per generi e per

specie.

Similmente

che non abbia somiglianza


materia
ordine,
si
il

con

la

forma che attua

la

predicato

attri-

buito al soggetto.

nell'

con cui di fatto


fonda
il

veniamo a conoscere
la

la

natura,

dedurre

conclusione
s

dai
le

giudizi

prima

acquisiti,

anche

quando per
verit del

premesse non sono causa della

conseguente.

Sempre

cos

l'

ente

di

ra-

gione

dipende dal

reale.
lo

l'

intelletto

che ha co-

scienza di s, lo sa,
la propria
se.

vede,

giudica rettamente e

operazione e
ci

la obiettiva verit delle co-

Questa, non

stanchiamo di ripeterlo, questa


sola
critica della ragione:
1'

la

vera ed

la

quella

critica

che riconosce come


e

atto intellettivo

dipenda
su-

dalla obiettiva realt,

come
il

ritenga in se stesso,

senza attribuirlo
biettivo.

all'

oggetto,

proprio
la

modo
la

Tale

la critica
;

che analizza

conoscenza,
facolt

non

la

distrugge

che pone nel soggetto


oggetto richiama
la

d' intendere,

ma
si

dall'
l'

determina-

zione a formarne

immagine

e a concepir tutto ci

che

all'

ente

riferisce.

ai

NELLA COGNIZIONE INTELLETTIVA

307
l'

Raccogliamo che

tutta falsa e perniciosa

im-

manenza

intellettiva,

audacemente proposta da E. Kant,


soggetto abbia
per

timidamente e invano temperata da molti moderni


ammiratori di
lui.

Intesa cos che

il

in s solo e nella sua sostanza ragion sufficiente

rappresentarsi con propriet l'altre nature, un


di

modo

porre

che ogni

cosa

in
ci

ogni

cosa,

ed un

principio di panteismo, che

riporta a Parmenide,
tal

molti secoli indietro. Presa in


getto intelligente stia chiuso in
di riferirsi co'

guisa che

il

sog-

s,

n abbia ragione

suoi atti alle realt esteriori,

ha tutta

la fatuit dello scetticismo, e ci


ra,

conduce a Protago-

indietro ancora di molti secoli. Diminuita,

come

alcuni vorrebbero, incoerente, o, se logica, porta

ugual danno.
tare,

Non ha

ragione alcuna di far accete


obbiettiva, quella parte di

come

necessaria

vero, che per motivi estrinseci pur vorrebbe ritenere,


il

pone un
ossia

principio,
la

onde per forza vien


o almeno
il

tutto

resto,

negazione,

dubbio,
nulla

universale, senza poterne uscire.


togliere

Non
quello

v'

da

da
:

aggiungere
che
il

che
al

l'antica
il

Scuola insegn
proprio

conoscente d
e
s
di

suo atto

modo

di

perfezione

essere;
al

ma

che

r
s

atto,

non tendendo prima a

suo principio,

all'oggetto proporzionato che gli sta innanzi, lo


rea-

apprende secondo qualche sua nota essenziale e


le,

formandone

in s

una vera, bench comunemente


All' intelletto

incompita, rappresentazione.
nente la tendenza al vero;

immaun

non

la disposizione a

sogno perpetuo.

</KX/NX>^X/^X'^X/^X/IvX>^X/^X'^X^^

CAPITOLO

Vili.

Alcune conseguenze

Dicono
tichi

temperati neo-kantisti non aver

gli
il

ansogil

badato sufficientemente a quel che pone


ne'

getto

suoi

giudizi;
;

che dobbiam discernere


la verit

fenomeno dal numeno


intera
alle

che

non pu essere
relativa

mai

nelle nostre menti,


dell'

ma sempre
dell'

circostanze

educazione

indole

della

cultura;

che per ogni affermazione mutabile col


studi
:

progredir degli

secondo

le

idee filosofiche

comunemente

ricevute

con questo va insieme che


efficacia assoluta,

nessuna dimostrazione pu avere

ma
che

gli
si

argomenti valgono per


lascia convincere, e che

l'

uno e per V

altro
ra-

moderni hanno

gione di non accettar nulla


di rifarsi sopra ogni cosa

dagli

antichi dottori e
al-

da capo. Esaminiamo

quanto queste conseguenze del kantismo diminuito.

Temperamenti
Se non
che
si si

inutili.

sta

fermi

ai

principi,

e un

minimo

accetti

del

moderno

idealismo, o soggettivisi

smo o agnosticismo che chiamar

voglia, la logica

ALCUNE CONSEGUENZE
irresistibile

309
le

condurr a
vicini

tutte

intere

conclusioni

kantiane.

Sono

ad accettarle quei molti che


fenomeni e numeni, accetnei

volentieri distinguono tra

tando

di

riconoscere

certezza

primi,

ponendo
sem-

dubbi almeno e conoscenza velata o semi-oscura nei


secondi.

E
la

vi

consentono

tutti

coloro

ai

quali

bra che

nostra filosofia sia buona, solo in quanto


stessa,
alle

procede coerente a se
che,
e
riesce

e serba le leggi logi-

conforme
in

esperienze,

ove sono

possibili,
la

ma non

quanto pretenda
cose
e
sia

di attingere
alla

essenziale realt delle


I

conforme

natura.

pi moderati dicono almeno che conviene

far le parti giuste fra quello


rit

che l'oggetto con ve-

mostra

in se stesso e quello
ci
l'

che per

la

soggeti

tiva disposizione

mettiam

noi.
d'

Ricordiamo

tre

specchi che danno

immagine

un oggetto mede-

simo

qualche cosa viene pur da questo,

ma
in

il

modo

dell'immagine nel concavo, nel piano enei convesso


riesce diverso
:

cos dicono

che avviene

ogni no-

stra conoscenza.

credono che almeno una parte

del giudizio sia determinata


soggetto,

da ci che hnmane al
sia.

senza poter assegnare qual parte

Comunque si temperi, quel principio che il fenomeno pu essere riguardato come obbiettivo, il numeno non pu, resta assurdo e distruttivo della scienza. Prima, perch nulla meno conoscitivo che non
sieno
i

sensi,

l'intelletto

anzi tanto pi,

quanto pi

alto, e

per s non passivo, e volto

come
ali*

a suo termine

all'ente qual in s stesso costituito, e cosciente del

proprio atto e della sua proporzione


se

oggetto.

Che

un feroce kantista neghi

tutto questo, direttamente

3 IO
si

ALCUNE CONSEGUENZE
alla

oppone
egli si

natura che

ci

determina a pensare cosi

ed
i

rende incapace
i

di cercare la verit.

Or come
i

sensi percepiscono

fenomeni,

cos

1'

intelletto

numeni o

le ragioni essenziali,

bench pi o meno

astratte dall'ultima designazione dell'individuo. Poi,

perch tutto quello che

si

offre alla

mente

in

qualunque

pi volgare fenomeno difatto un numeno, non solo


pel proprio significato
della
le

voce yovq,

ma

perch

dapertutto

si

trova sotto

esterne apparenze l'intima

essenza e la real costituzione, in s nascosta, fatta manifesta per la necessaria


effetti

proporzione che ha con

gli

che fuori ne appaiono.


la stessa,

la

ragione formale,
stessi

che rimane

ove tornino

gli

fenomeni
l'unitutti
i

come

effetti

come

segni, acquista nella

mente
con

versalit,

e vi sta

come

precisa e pura,

caratteri di ci che nello spirito e

non

nella materia.

Se vedo cadere i corpi, impossibile che io non pensi ad una causa comune di quel tendere alla posizione germi, penso ad una pi bassa se veggo svolgersi forza vitale e cos in ogni caso il fenomeno reale mi propone anche un oggetto, solo intelligibile e non
;

sensibile.

un vero oggetto, che per


la

invincibile deter-

minazione della natura,

quale deve essere buona e

non

cattiva, intendo nelle cose,

non

nell'

anima mia, a
e d'uni-

differenza di quei
versalit,

modi d'indeterminazione

che intendo esser nell'anima e non nelle cose.


il
i

vale poco o punto


col dire che

diminuire la mostruosit

dell' errore,

sommi

principi o gli as;

siomi debbon essere

veri e obiettivi

ma

che poi,

quando

ci

facciamo a ragionare

intorno alle nature

pi determinate, non possiamo fidarci del nostro intel-

ALCUNE CONSEGUENZE
Ietto,

3II

sul

quale tante diverse impressioni influiscono

diversamente. Perocch nel ragionare,


tuire le

come

nell'in-

prime

verit,

spesso possiam riconoscere di


in
la

procedere con vera necessit,

guisa che, se pen-

siamo a quel dato argomento,


sforza ad affermare
ci

natura dell'intelletto

ripugna a pensare altrimenti. Cos l'ord'ne universale


ci

un ordine

l'immaterialit del
;

pensiero

prova un'anima spirituale

le

dimostrazioni

matematiche
e fissarsi

mettono
la

in

evidenza

teoremi.

Potr

alcuno oscurarsi
al
i

mente, col non attendere a questo

contrario nei pregiudizi scettici e kantiani,

secondo
per
essi

quali tutto

pu

ridursi a

sogno personale,
in verit,
ci fa

non
sia
il

possibile a bandire.

Ma

qua-

lunque

processo che la riflessione

scorgere

necessario alla mente,


e legittimo,

dobbiamo

accettarlo per

buono

come

conoscitivo

dell'

ente

reale, sotto

pena

di far cattiva la natura dell'anima e di

non saper

pi nulla.
errore
;

Quando manchi

la

verit obbiettiva, v'

e l'errore s'insinua, perch la

mente procede,
deviando
o
ci

sotto qualche esterno accidentale impulso,


dalla propria natura.

l'attenta riflessione
ci

far

vedere cotale sviamento, o almeno


chio
il

metter sott'oc-

punto nel quale


l'intelletto,

il

processo non fu necessario,

dove cio

senza rinunciare alla sua prima

inclinazione, poteva fermarsi o pensare altrimenti. Cos


l'errore vien

sempre

di fuori,

non

dall'

intima dispo-

sizione della facolt intellettiva.

Invece dell'assoluta sproporzione all'oggetto,

altri

assegna come causa d'errore

la limitazione della virti.

Questa limitazione certamente principio del poter


errare,

o del potere venir meno dalla norma assoluta

312
della verit
;

ALCUNE CONSEGUENZE

ma
non

nei singoli casi essa


fa

toglie che si
si

veda
si

di pi,

positivamente che

traveda a

giudichi stortamente.

vale la comparazione degli


;

specchi variamente incurvati

poich nello spirito non

sono qualit che influiscano suU' immagine intenzionale,

ch'

immediato principio del

rappresentarsi

l'oggetto.
teriale e

Sono

quelle passioni spettanti all'essere


;

ma-

proprio della potenza passiva

sopra di che

s'innalza l'indipendenza dalla materia,


la condizione,

in

che posta
sia spirituale

perch una forma semplice

e intelligente.

La

similitudine dei tre specchi vale pel


l'intelletto.
Il

senso,

non vale per


lui

quale attinge l'og-

getto a

proposto, non perch patisca in se stesso


il

come

patisce

senso nell'organo,
s

ma

perch co-

stituito in

atto

perfetto

da poter rinnovare a suo

modo

le

forme

dell' altre cose,

come

fu detto

che

l'a-

nima diventa ogni natura. Diventa attivamente per sua virt, non per fisica o entitativa immutazione nel
proprio essere
;

diventa in guisa da riconoscere piese

namente

la

distinzione di

medesima da

ci

che

riceve nel suo concetto, e da sapere per qual via la

determinazione ad intendere

le

venuta, e da apprez-

zare la proporzione del proprio atto all'oggetto. Qual


fu quello stolto infatti, che disse spirituali le pietre^

perch

le

conobbe

con atto

spirituale,

o universa'^'

gl'individui che pure intese secondo le ragioni generi-

che o specifiche d'una natura comune a molti, o


pendente
la

di-

cagione

dall' effetto,

ogni volta che questo

fu a noi principio e ragione unica di conoscer quella ?

Cotali stranezze sarebbero logiche tra

kantisti,

bench

bonamente

si

credano costoro di

essersene accorti

ALCUNE CONSEGUENZE
pei primi, e
lastici,

313

non ismettano
si

di gridare contro gli

Sco-

che

son

lasciati

illudere

sono stranezze
e te-

ignote fra noi, discepoli della vecchia Scuola


naci dell' antico

buon senso.
fermo:

Dunque
che r

sia

nemmeno un punto
impressione

di quello
alle

intelletto

conosce di dover attribuire

cose

da ritenere invece

come
di

soggettiva.

Prender

gli errori
la

a met non fa che aggiungere in-

coerenza, con
chiusi, senza

vanit
le

andare avanti ad occhi


si

vedere

conseguenze che non

vo-

gliono.

Ma

il

danno
all'

uguale, perch la logica ineso-

rabile trascina

estremit, fuggita invano, e l'acqua

entra per una fessura, pi lenta,


di

ma

certa portatrice

rovina,

come

se la

nave fosse spaccata. Dite che

qualche parte di ci che sembra obiettivo invece


soggettiva?

Or

rispondete, quanto cotesto

Se am-

mettete anche un pochissimo, non v' ragione di ne-

gare

il

di pi,

non

c'

motivo
s'

di fermarsi

prima di
assoluto

conceder tutto, poich


principio che la
la

tolto vigore
fatta pel

all'
;

mente
;

vero

che per s
s,

natura buona

che se cattiva, errando per

non

v' altro con che portarle salute.

Ove

si

rinunci

a un sol punto naturalmente certo, impossibile esclu-

dere qualunque altro assurdo, e qui tosto viene


niversale negazio'ne d'ogni certezza.

l'u-

Parvus error in
delle

principio magncs est in fine, e ogni goccia di veleno

kantiano
gnizioni.

corrompe

tutta

la

mole

umane

co-

314

ALCUNE CONSEGUENZE

Verit relativa.

Quella stessa radice, che dal soggetto, se non in


tutto,

almeno

in

parte (impossibile a determinare),

determinata la conoscenza a ci che naturalmente


s

attribuisce
:

all'

oggetto, produce un altro frutto avvela verit dei nostri giudizi,

lenato

questo che

anche

ottimi e da tutti accolti

come

certissimi,

non da

reputarsi assoluta, realmente importando conformit


della

mente con
relativa,

le

cose

ma
tal

da prendere soltanto
disposizioni

come

per essere

cognizione la migliore

ora possibile
di lui e

al

conoscente,

secondo

le

secondo
le

le circostanze.
il

Onde pur
se,

viene che,

mutate

condizioni,

giudizio sar mutato, e sar

migliore o pi vicino alla realt,


rare, c' stato

come giova
in diritto di

spe-

movimento
si

in

meglio.

Cos

nuovi maestri
i

credono

com-

patire gli antichi,

quali nella loro bonariet consen;

tirono

in

quella definizione

Veritas est adaequatio


!

intellectus et rei

Poveri vecchi

s'immaginavano
realt

di

riuscire

ad adeguar col pensiero Di


fatto

l'entit delle cose.


si

Come

se sapessimo
!

tutto quello che nella

contiene

non sappiamo
la

il

tutto

di niente,

solo a stento ne scopriamo una piccola parte.

assai,

dicono

moderni, che
le

nostra scienza
alla

avvicini,

quanto pi

concesso,

natura

non istiamo

mai

fermi, e se nel

moto

ci

allontaniamo dal termine

a cui

dovremmo

tendere, ossia dalla reale costituzione,


;

andiamo

in errore

se ci avviciniamo a quel termine,

ALCUNE CONSEGUENZE
possediamo
la verit
il

3 15

vero nel

modo

a noi possibile.

Dunque

un avvicinarsi con
vecchi,
d'

la

mente

alla realt delle

cose.

E cos dicendo, credono d'essere


i

acuti, d'aver

confutato
al

aver portato

una nuova luce


in

mondo.
Senonch verba sapieyitium quasi davi
altum
i

defixi (Eccli. XII, 11), ha detto


fanciulli s'erigono sulla

il

Savio, e invano

punta dei piedi per giungere


nozione della
tutti

ad

afferrarli e a strapparli. Quell'antica

verit, espressione esatta


gli

d'un pensiero comune a

uomini, rester ferma per chiunque l'avr capita.


intese che quell' adequazione importasse
;

Nessuno mai

esaurimento del conoscibile

nessuno pens che dosi

vesse dirsi vero l'intelletto, solo quando

fosse rap-

presentato totalmente la cosa qual in se stessa, non

lasciandone alcuna parte inesplorata. In questo senso


chi

ha mai
i

la verit su

questa terra
all'

E nemeno

in

cielo

comprensori s'adeguano

Essenza divina, ne
Dio. Mai

arrivano a sapere tutto ci che nella creatura possibile,

per ordine

all'

infinita virt di

non
vede

s'
il

pensato a pretender questo.

Ma
?

l'occhio che

color di una mela, non ne ha forse sincera visione,


il

perch non ne percepisce

sapore

E
?

il

matematico
metafisico

che conosce molte propriet del triedro, non ne ha


vera certezza, perch non
le

sa tutte

il

che dice Iddio atto purissimo, ove ripugna qualsiasi


distinzione di realt assoluta ed ogni determinazione

aggiunta air Essere sussistente, non ne sa forse nulla,

o non dice
persone
?

il

vero,

perch

ignora

la

trinit

delle

S'attenda

adunque che

l'intelletto

riceve in

3l6

ALCUNE CONSEGUENZE

l'oggetto secondo

un'immagine che
nella realt

se ne forma,

non

tale che, esplicitamente

almeno, sempre dimostri tutto


;

quello che trovasi


(astrazione negativa,
il

ma

per astrazione

come
il

quella dell'occhio che vede

colore e non attinge

gusto) prende una ragione

intelligibile,

senza prenderne ulteriori determinazioni,

o senza toccare altre ragioni, che forse nello stesso

soggetto

s'

adunano con

quella.

formandosi tale

immagine incompiuta
in s tutto quello

della realt,

non giudica d'avere

che nella cosa,

ma

sa di avere
si

una ragione

formale che pur

nella cosa

avvera.

Cos posso accorgermi alla riproduzione vitale che un

soggetto vegeta, e dubitare se abbia pur


sitiva.

la

vita sen-

Non
s

v'

bisogno di insistere sopra una dot-

trina

manifesta.
dirsi relativa alla

Potr dunque una conoscenza


perfezione d' un
intelligente,

giudicando, o che sia

proporzionata alla facolt del medesimo, o che sia poco


svolta o manchevole in chi dovrebbe averla pi ampia,

o che

sia

dubbiosa ove dovrebbe esser certa.

Ma

la

verit di ciascun giudizio


carsi

deve assolutamente giudiAltrimenti


direte vera la

non

dalle disposizioni del soggetto, bens dalla

conformit con l'oggetto.

nozione astronomica
incorruttibili
i

d'

un medievale,
:

che

credeva
!

corpi celesti

pel suo

tempo era dotto


lago di Garda

Direte vero

il

giudizio d'un rustico che pensando

il

sole lontano, lo stimi vasto


si

come

il

vede che quel rustico ha ingegno,

ma non

basta.

La verit spetta, come comparando due termini,


l'altro. Dei due termini,

noto, ai giudizi,
si
il

nei quali

dice o

si

nega che l'uno


all'og-

primo corrisponde

ALCUNE CONSEGUENZE
getto preso materialmente e interamente qual in

3I7
s,

designandolo col nome, mostrandolo quasi a dito,


senza assegnarne ancora
tativa costituzione.
Il

ma

la

propria ragione o
il

l'enti-

secondo termine, o

predicato,

corrisponde ad una forma, che, pi o

meno compiuta-

mente, definisce l'essenza o qualunque


della cosa

modo
il

di essere

prima designata. Poniamo che

giudizio
tal
?

sia affermativo.

Esso dice che cotesta forma o


C' realmente
s'

modo

di essere in quella cosa.

Il

giudizio vero, e per esso la mente

adegua

alla

cosa, precisamente per ci che all'atto di essere logico, espresso nel giudizio, corrisponde l'atto di essere

reale nell'oggetto.

Ma
il

al

contrario,

non
;

v'

questa

corrispondenza
la
falsit

giudizio falso

n scusata
o dalle consar
colpa,

dalla pochezza

dell' intelletto
:

dizioni infelici di chi

conosce

non

ci

ma non
che
il

c' verit.

Questa dunque

c'

o non c' as1'

solutamente, non perch la conoscenza sia

ottima

conoscente nelle sue condizioni pu avere: nepla

pure perch

rappresentazione mentale esaurisca l'og;

getto, qual in s con tutte le sue determinazioni

ma

solo perch nelle cose di fatto quella determinazione

che nelle cose stesse conosciuta e n' affermata.

chi mai, se

non per

incredibile dimenticanza,

pot attribuire agli Scolastici di aver ignorato la limitazione, di cui

dicevamo

Chi

legge

una recente

esposizione della filosofia dell'immanenza,


di trovarci
il

pu credere

giudizio che quella classica filosofia,

per l'esigenza del

suo metodo, per

la vastit delle
1'

proprie

aspirazioni,

tendeva ad esaurire

ordine

completo del pensiero e della realt, a pronunciarsi

3l8

ALCUNE CONSEGUENZE

categoricamente sulla verit di ogni natura, a pre porre o sostituire la teoria alla pratica, e trovare in se stessa
<

una specie

di sufficienza

divina.

Il

suo

dissimulato assioma

la divinit della

ragione, la

ricchezza inesauribile della nostra conoscenza spe culativa, capace di consumare in noi stessi l'opera del divino
(^).

Per ribattere una

inaspettata

calunnia, basterebbe appellarci a qualunque


delle nostre scuole,

novizio

domandargli come

si

distinguono

V apprensione
con
la

e la comprensione. Posso io comprendert

mano una

noce, che nascondo nel pugno, non

posso ch^ prendere per un' estremit un tavolo. Cos

comprendo quella cosa che ho tutta intera secondo apprendo ogni sua conoscibilit nella mia mente quella che in qualche modo conosco, bench il mio
;

pensiero resti lungi dal saper tutto quello che se ne

pu sapere. E il novizio filosofo ci sapr dire che noi non comprendiamo nessuna cosa che la sostanza ci
;

per s nascosta,

ma
si

che

la

conosciamo indiretta;

mente, in quanto
il

manifesta per gli accidenti


i

che

nostro intelletto l'infimo fra tutti

possibili in-

telletti,

come
la

quello che non ha congenito verun atto,

nemmeno
sensibili,

conoscenza

di se stesso

ch'esso non

pu
d'i-

levarsi con propria rappresentazione pi su delle cose

ove peraltro tanto rimane di oscuro e


;

naccessibile che sopra di noi l'intelligibile

si

stende

indefinitamente, anche senza


atto infinito eh' Iddio
alte
;

mai giugnere

all'assoluto

che di tutte queste cose pi

non abbiamo

altri

concetti che per remota ana-

(^)

Studi Religiosi^ maggio-giugno 1905 p. 219.

ALCUNE CONSEGUENZE
logia
;

319

e quanto a

Dio

stesso,

il

meglio che ne sap-

piamo
del

dire questo, eh' Egli


;

non come noi possiamo


fra

concepirlo

che infine celebre


:

noi

la

sentenza
intelsi

grande Aristotele Alle cose per intrinseca


in

ligibilit

manifestissime

il

nostro intelletto

porta,

come V occhio

del pipistrello al

lume

del sole.

il

novizio filosofo avr confutato quella calunnia,

che pareva impossibile a scrivere.

Che

se

l'

avversario pretende essere stato un far

divina la ragione l'attribuirle potest di conoscere con


certezza immutabile gli oggetti commensurati alla sua
virt,
d'

o di sorgere dagli

effetti

manifesti

all' affermazione

una prima Causa, malamente

egli rivolge in accusa


:

quello che necessario diritto di natura

divina la

ragione, in quanto partecipa una scintilla della luce


di in

Dio, in quanto fatta ad immagine del Creatore,

quanto capace

di attingere dapertutto la

ragion

di ente, di astrarla dalle sue determinazioni, e di sa-

pere che, se non tutta chimerica, dee necessariamente


avverarsi in un primo Ente infinito.
la

anche divina

ragione, in quanto obbedienzialmente capace di


;

medesimo Ente assoluto e in ogni modo, signatum est super nos lumen vultus ini Domine. Cos la ragione divina e anche paessere elevata ad intuire quel
;

gani sentirono di dover dire l'anima nostra divinae

particulam Aurae.
atti

Or

tutto questo perirebbe, se gli

primi e naturalmente necessari della ragione non

fossero infallibili e assolutamente veri. Veri, cio con-

formi alla realt

dell'

ente obiettivo

infallibili, e

per
va-

non mutabili per veruna contingenza. Adunque


nit irragionevole
il

parlare di verit relativa.

320

ALCUNE CONSEGUENZE

Dogmi

mutabili.

Ma

non

quella vanit senza danno. Perch inin

sieme con quel reo soggettivismo kantiano


fonda, porta altrettanto di scetticismo.

che

si

quel che
errato

peggio, estendendo

il

falso concetto e

il

modo

di verit relativa, e per mutabile seondo le condizioni dell'uomo,

a tutto ci che per qualunque via


le ve-

giungiamo a sapere, vengonsi a ledere anche


rit

Se non osa toccarle precisamente in quanto sono in Dio o a noi vengon da Dio, almeno
rivelate.
le

guasta in quanto sono ricevute dalla Chiesa, ed


nell'

espresse

insegnamento

cristiano, e formulate nelle

definizioni
di parlare

dogmatiche. Gli autori di quel nuovo


s'

modo

appoggiano ancora
la religione

al fatto,

che
;

la nostra

mente non pu adeguarsi


che storicamente
alle voci

ai divini
s'

misteri
ai
;

osservano

adatt

concetti ed

che trov nelle umane scuole

ne deducono

che

le

asserzioni proposte alla nostra fede son quali


dell' influenza

sono, pel fatto contingente


lente fra noi
;

greca preva-

altre sarebbero, se

da principio fosse

prevaluta

la
;

filosofia

kantiana o quella di Spencer o

di Cartesio

e cos possiamo aspettare che mutandosi

lo stato degli animi

con

la

moderna

coltura anche le
il

espressioni usate negli antichi Concili, e

senso ad

esse attribuito, alle

nuove et e

alle nostre

menti s'a-

datteranno.
L' Essere superiore unito
all'

Umanit

di Cristo

non

sarebbe mai stato detto Verbo del Padre, cos dicono,

ALCUNE CONSEGUENZE
se la filosofia platonica fiorente ad Alessandria

32 1

non
si

avesse suggerito quella voce e quel pensiero.

Non

sarebbe distinta
Dio, se
i

1*

Essenza dal concetto

di

Persona

in

greci

non avessero parlato


opinione della
fij

di supposti e di

ragioni generiche e specifiche. Cos la transustanzia-

zione

si

fonda

sull'

sostanza

distinta

dagli accidenti.

la grazia

concepita a

modo

di

qualit, a cagione dei predicamenti aristotelici.

l'a-

nima
glior
fa

fii

detta forma del corpo, esprimendo nel mi-

modo che

potevasi nel medio evo


tutte coteste
la

1'

unione che

r uomo.

Ma

determinazioni passano

e cambiano

come

dottrina che

domina
la

nelle scuole.
?

Chi dei moderni capisce pi

quelle

viete nozioni

Verr giorno che un Concilio adatti


nuovi tempi, esponendola secondo
tate,
le

religione ai

idee ora accet-

come

il

Concilio di Trento per l'ultima volta


le

la espose

secondo

idee scolastiche. Cos molti dialtri


il

cono, e pi spudoratamente degli

Loisy.

Or
potest

tutto questo intollerabile.

Perch noi siamo

obbligati a credere per fede divina, cui subesse

non

falsum (come disse il Tridentino), le verit rivelate da Dio, proposte dalla Chiesa, come son con-

tenute nelle distinte asserzioni del

comune magistero
le

o della suprema autorit. Chi non afferma


zioni

proposi-

onde constano
le

canoni dei Concilii, non acceto alterandone


il

tando

parole
1'

ivi scritte,

significato,

cade sotto

anatema, Chi mai osa dire


ci

Secondo

il

presente grado di coltura,

conviene affermare un'Es-

senza unica in Dio, nella quale sussistono tre Persone;


forse avverr peraltro che la progredita filosofia muti
il

proprio senso di quei

termini

mostri

inesatta
21

322

ALCUNE CONSEGUENZE

l'espressione finora usata?


la presente asserzione

Se

fosse
falsa,

lecito

dir

cos,

sarebbe

e la verit do-

vrebbe aspettarsi,

ma sempre

invano, pe] tempo futuro.


fal-

cotesta assurda maniera d' interpretare ossia di


i

sificare

dogmi

della Chiesa, fu
di

appunto escogitata

Germania nel secolo XIX, dal Guenther e dal Froschammer particolarmente, quali Pio IX pi volte condann e pi solennemente fu
da alcuni dottori
i
;

il

loro errore proscritto dal Concilio

Vaticano
:

nel-

r ultimo canone della prima Costituzione

Sz

quis

dixerit fieri posse ut dogmatibus ab Ecclesia propositis

aliqiiando
sii
s.

secundum progressum
alius ab eo

scientiae sensus

tribuendus
Ecclesia,

quem

intellexit et intelligit

a.

Alcuni credono

d'

avere in

mano un esempio

evile

dente di verit dogmatica, ove necessario mutar


idee, o

almen

le espressioni, nella discesa di Cristo

all'inferno e nell'ascensione al cielo:

dicono che

le

nuove conoscenze astronomiche distruggono


antiche

afifatto le

immagini.
1'

Rispondiamo

che,

quanto

al

porre sotterra
sospese,

abitazione dei dannati e delle anime


ritrovato scientifico alcuno, con cui
la vetusta opinione.
si

non

v'

possa combattere

Non

si

giunti

ancora a cinque chilometri di profondit, e per andare


al

centro ne restano pi di seimila e trecento.

Poi, chi ci andasse vedrebbe forse o udirebbe

anime
per-

e diavoli

Se

il

descendit in inferiores pa?'tes terrae


i

di S. Paolo persuase

Padri,
ai

pu ugualmente
cieli,

suadere anche

noi.

Quanto

la

rappresenta-

zione che gli antichi poteron farsi di


fu

cieli sferici

non
Sco-

mai oggetto

di fede, e

bene erano conscii

gli

ALCUNE CONSEGUENZE
lastici

323

che trattavasi d'umana opinione. Prescindendo


cielo,
si

da ogni determinata immagine del

dice e

sempre

si

dir fra noi

come
si

fra gli antipodi,

che lo-

calmente sale chi dalla terra


alla gravit
;

parte in senso opposto

metaforicamente sale chi va a posto pi


il

nobile.

Ora

Signor Nostro
il

fu

veduto staccarsi dal


ito a

suolo e salire verso

firmamento;

luogo pi

nobile e glorioso che la terra non sia:


lito.

dunque saSe qualche vecchio pens per questo al primo


all'

mobile o
definizioni
di

ultima sfera, peggio per

lui

mai

nelle

dogmatiche, mai nella profession comune

fede, di sfere e di

empir non

si

parl.

Dunque
di

che volete mutare? Nulla.


fare

O
la

pensate voi

poter
?

un

atto di fede

secondo

cosmografia moderna

State certi che la Chiesa non la definir ne pi n

meno
cetti

dell'antica.
ai

Riguardo
o
i

divini misteri,
ci

si

avverta che

con-

nomi non
specie.

son

rivelati

infusi,

a guisa

Dobbiamo prenderli dall' umano linguaggio, umanamente determinarne la significazione.


di

nuove

Per fede

li

connettiamo
ci fu

in giudizi,

che altrimenti non

formeremmo. Non
e tre: bens

detto soprannaturalmente che

cosa importi sostanza o persona, che cosa sieno uno

Dio

ci

ha detto che

in

Lui,

uno

nella

sostanza,

dobbiamo affermar

tre persone.

Quelle stesse

nozioni erano naturali nei nostri


tivate e chiarite per

intelletti,

sono col-

uno studio sincero

di filosofia,

e le migliori

scuole d

Grecia fornirono certo una

dottrina razionale, di cui pot valersi la Chiesa per

esprimere esattamente

la

verit
si

consegnata
la

alla

sua

custodia. Per esprimere,

badi bene,

assoluta ve-

324
rit,

ALCUNE CONSEGUENZE

non per parlare secondo


le

la relativa coltura.

Fin-

ch

espressioni

esatte, la

non furono abbastanza chiare ed Chiesa non defin, non formul il dogma
secoli
:

che dovea restare pei

cos ella fu prudente,

cos lo Spirito la diresse.

Ma

quando
gli

fu necessario

dar r esatta definizione contro


dispose Iddo che
i

eretici debaccanti,

concetti e le voci fossero prepas

rate convenientemente,

sero in tutto vere

conformi
I
;

che

le

asserzioni

riuscis-

alla realt,

vuol dire

e per

sempre immutabili.
altre notizie

nuovi studi potranno

aggiungere

correggere o toccar quelle


(').

che furono definite non potranno mai

E
rati

che r antica

filosofia d'

Alessandria o d' Atene


atti

abbia potuto fornire elementi

ad essere incorpo-

nel linguaggio teologico cattolico,


si

come da una
tabernacolo,

miniera

traggono oro e

gemme
in

pel

segno di grande onore per quella filosofia, e ben

dimostra che, quantunque

molte parti incerta ed


s'

errante, in gran parte tuttavia


col

era apposta al vero,


di quella

lume

della

buona natura; era una parte

philosophia perennis^ che a gran torto

altri

dicono

caduca
{^)

era una testimonianza alla bont della natura


anzi verissimamente scriindefinite variazioni del-

veva

il

Dunque non aveva torto, Bossuet, opponendo alle


1'

l'idra eretica,

eternamente immutabile verit delle definizioni dogmatiche nella Chiesa cattolica. E se il Newman a questo avesse contraddetto, si sarebbe ingannato. Ma davvero non vi contraddisse, osservando che la verit del cattolicismo inesauribile per le nostre menti: osservazione del resto notissima e antichissima. Male s' immagin di vederci contrariet chi scrisse
1'

articolo //

dogma

nella storia

in Rivista delle scienze teologiche, nov.

1905.

ALCUNE CONSEGUENZE

325

che da Dio abbiam ricevuta, e che, con verissimo


sacrilegio,
fiarsi

umana

superbia,

mentre aspira a gon-

e ad elevarsi, avvilisce e distrugge.

Se

al

con-

trario le
al

moderne

filosofie

non hanno niente da dare

pensiero cristiano, se trovano invece di essere a

quello contrarie, e tendono a mutare quello che fu


stabilito,

segno eh' esse son false, e

non sono gi
naturale.

illustrazione e svolgimento,

ma

pervertimento e ro-

vina, della

retta ragione e del

lume

Noi

vorremmo
kantismo o

invitare qualsiasi
dell'

ammiratore o seguace del


le

immanentismo a suggerire
non riuscirebbe.
si

formole
le

che ormai dovrebbero parer migliori, per esporre


verit

dogmatiche

Certamente chi
persona
libri,

prov ad esprimere

misteri

della Trinit e dell' Incarnazione,

mutando
in

il

concetto
le

antico

di

in

quello

che

ora corre per

scuole e pei

cambi quei dogmi

assurde be-

stemmie. Era chiaro e profondo l'antico concetto di


persona, meglio che da qualsiasi altro svolto dall' Angelico Dottore,

ponendone

la

parte

comune con quadistinta, e la pro-

lunque supposto nella sussisteyiza

pria determinazione nell' essere hitellettivo. Quest' ul-

tima nota vale a discernere


pria ragione a
volte a bene
riori.

la

persona, che di pro-

modo
altrui,

di fine, dalle cose

semplicemente
infe^

come son
importa
:

tutte le nature
al

Ma

quello che

mistero,

sta

nella
ri-

prima parte della sussistenza


velata che
la

qui spetta la verit

divina Essenza sussiste in tre distinte


altra,

Persone

o T

che

in

Ges Cristo
1'

unica la

Persona divina,

alla

cepita nel seno di

Umanit conMaria Vergine. Triplice adunque


quale assunta

326

ALCUNE CONSEGUENZE

in Dio, per opposizione relativa, non per divisione


di entit assolute, la personalit distinta
;

unica la

sussistenza in Ges.

Or che diranno
derne scuole,

moderni

Per adattarsi
la

alle

mo-

dovranno porre
in

persona costituita

dalla coscienza. Coscienza che ?


di s.

atto conoscitivo

Saranno

Dio

tre coscienze
atti

come

tre per-

sone? Dunque Egli con tre


e
il

conosce Se stesso,

triteismo, o

un bruttissimo politeismo, manis stesso

festo.

Ges conoscer

con un atto solo

Eccoci in piena eresia monofsita, e sar tolta

la di-

stinzione perfetta delle due nature, con le loro pro-

priet ed operazioni.

Per sottrarsi a

tali

bestemmie
la
;

ed assurdit, diranno invece che unica


scenza nella Divinit, duplice in Ges Cristo

cono-

ma

che

Dio ha coscienza
in tal

di esser tre,

Ges

di esser uno, e

modo

ridurranno alla

coscienza la nozion di
il

persona? Or non s'accorgono che

saper di essere

suppone gi
con

l'essere costituito;

che per conseguenza

ridicolo voler dichiarare l'unicit della reale persona,


la coscienza

d'esser uno e non


sia

pi? Conviene

che antecedentemente

vera questa unicit, o sia

gi costituita la persona che sa di esser una.

Sono
o

dunque
cetti

questi nuovi maestri, formati ai nebulosi con-

delle

moderne
la

scuole, o

empi contro
fatto

la fede,

assurdi

contro

ragione, e di

corrompono

l'una e l'altra.

Potremmo sono dogmi


i

recare

altri

esempi, forse tanti quanti


i

della Chiesa cattolica, o quanti sono


la

canoni del Tridentino, a cui attribuiscono


di aver espresso

sventura

a dottrina della

fede col ling^ag-

ALCUNE CONSEGUENZE
gio dell'antica Scuola.
grazia, o
santificante
alle
i

327

Che diranno moderni della o movente ? Che diranno per


l'Eucaristia?

adattare

nuove
la

dottrine

Baster

evidentemente per
sia

soggettiva

immaneyiza^ che vi
di

unione di pensiero e di

spirito,
:

simboli e di
all'Ostia
fosse.
;

figure.

Hanno

detto
se

infatti

state dinanzi
vi

consecrata,

come

Ges

realmente
i

Ma

questo non dichiarare


garli

novamente

dogmi

ne-

con verissima e gi dannata


tali

eresia.

senza

arrivare a

eccessi,

malamente

imbevuta

di scet-

ticismo quell'ipotesi corrente che, studiando e impa-

rando,
stata.

s'abbia da mutare la dottrina

prima acquidi-

Questo avviene

tra quelli

de sono semper

scentes et
tes

nunquam ad
Ili,

scientiant veritatis pervenien-

(II

Tim.

7)

non avviene

nella Scuola della

sana teologia, n
vivo,
(l la

tanto

meno
e

nella

Chiesa di Dio
della verit

quale
Ili,

colonna

fermezza

Tim.

15).

Ogni dimostrazione

inefficace.

Nella stessa guisa che


accettare
al

il

kantismo porta a non


dicesi

altra verit
il

da quella che

relativa

soggetto,

quale non deve mai pretendere di sa-

pere

come

sia la

cosa in s stessa,

ma

sol

di

pen-

sarla nel miglior

modo

che a

lui

possibile,

ha pur
prova

suggerito r idea che non possa darsi

dimostrazione

per s valevole e necessaria

che anzi ogni

debba
zioni

considerarsi
di

soltanto in ordine alle

disposivolta,

qualcheduno, a cui

persuadere

sia

328

ALCUNE CONSEGUENZE
ai

adattandosi
mati.

giudizi ed

ai

concetti ch'egli

si

for-

Non pretenderemo
efficace.

di recar

mai un argomento
che
v'

assolutamente
cotesta

Infatti,

dicono, quale sarebbe

assoluta

efficacia?

Quella

convincesse

ogni

possibile

avversario.

Ora non
quanti
:

argomento
ha
i

che basti a convincere


suoi principi,

tutti
i

ciascuno
;

ciascuno

suoi

metodi

gli

argo-

menti di S. Tommaso, buoni nella scuola medievale,

hanno luce o forza


gli

pei nuovi maestri. V' forse ne-

uomini una ragione universale ? No,


la

ma

ciascuno

ha

sua;

dunque a ciascuno devono


essi.

adattarsi gli

argomenti. Cos

Che disputando con uno, debbansi assumere principi da lui conosciuti e amconfondon
le cose.

Ma

messi, s' saputo e s' detto sempre: senza questo,

n saremmo

intesi

n verremmo mai a conchiudere.


avvertito in ogni
il

Tuttavia fu anche

tempo che

sa-

rebbe in s fallace un argomento,

quale assumesse

una proposizione, creduta vera dall'avversario, realmente falsa o inesatta. Semplicemente sarebbe cotesta

una prova nulla e da respingere; avrebbe solo


in

per caso qualche valore ad hominem,


trebbe, posto l'errore
di esso e condurlo

quanto po-

dell'avversario,
la

aver forza su
conclusione per

ad ammettere
errore prima

non contraddire
pur ricusasse
a Mos.
Gli

all'

accolto. Cos tro-

vandosi con chi credesse Maometto


di accettare
il
i

profeta vero e
gli potrei

libri di

Mos,

dire che anche secondo

suo profeta deve credere


la verit
s
;

ho provato

Materialmente,

e valendomi del suo errore,

formalmente e asse-

gnando una causa che per

produca una buona

ALCUNE CONSEGUENZE
conoscenza o una legittima persuasione,
vero che se colui viene a sapere

329
no.
il

Tanto
altra
ri-

come
il

suo Mao-

metto
fonte,

sia

bugiardo, e non attinge


fede

vero

ad

disdir la

che

aveva

gi

concepita

guardo a Mos.
Molto bene avvertivano
falso
i

vecchi logici che da un


le

antecedente pu dedursi secondo

regole un

conseguente vero.
falso,

Infatti quell'antecedente,
:

ancorch
la

pu contenere qualche parte vera basta per falsit, che una proposizione non sia vera in tutta
sua estensione
;

la

posso dunque trarne con buona con-

seguenza quelle parti che forse son vere. Tuttavia

non assegno

cos

una

reale

cagione

della verit, e

nemmeno
per s

nell'ordine

conoscitivo
il

quell'
;

antecedente
soltanto

mi conduce a sapere
alla realt,

vero

ma
il

per

accidente

arrivo ad enunciare
in

un giudizio con-

forme

quanto accade che

mio

dire

convenga con
sostenuti
ai

ci che trovasi nelle cose.

Tali sono
honiiiiem,

e cos provano gli argomenti relativi e solo


si

ad

dall'

ignoranza e dall'errore di quelli

quali

rivolgono.
avversario, non

Anche disputando con un


che cercando luce per s
in guisa

meno
Vor-

stessi,

convien procedere
la verit.

da conoscere e da possedere
le

remo dunque appoggiar


gica quelle

conclusioni

premesse
lo-

assolutamente vere e dalle quali per necessit di

segnano legittime ed evidenti. Sarebbe


chi avesse

cosa affatto ridicola contentarsi di recare una prova,


la

quale

non potesse essere ricusata da


errati e assurdi,
la realt delle

certi

pregiu..iz
il

ma

falsa

per chi
ot-

conosce

vero e

cose.

Avremmo

1
330

ALCUNE CONSEGUENZE

tenuto un assenso inutile ed instabile, pel quale do-

vremmo

sentir disprezzo,

come per
i

un'illusione.

Diranno per avventura


nenza che argomenti cos

mantenitori

dell'imma-

fallaci
li

non piacciono nemalle

meno ad

essi

che peraltro

vogliono conformi

opinioni correnti nelle

scuole e a que' principi che


altri,

sono accettati
tesi

che giova partir da


?

non pi
intesi
farli

in-

n ammessi

Che giova
assolutamente
dere
;

Se

principi

non pi

sono
inten-

veri,

convien procurare di

e chi gli abbia

ben penetrati e chi abbia forza


il

di parola
chiarirli,

per

esprimere

suo pensiero,
chiuda
gli

finir

col
di-

almeno per chi non


;

occhi

spettoso alla luce

poich infine fortis


quattro

est veritas di-

ceva
quali

il

pi assennato fra quei


parla al III di Esdra.
il

giovani

dei

si

Parimente debole
bugia
della
;

l'inganno e ha corto

passo

la

ond' che se

non cedono

primi
i

assertori

medesima, dole

vranno cedere
portanti verit

successori.

dotte
altri

siano
n'esamini
Svanir
;

or
le

giova assai che

im-

non badiamo a
stabilite, s

curiosit anche

sodamente

che quanto pi

ragioni, tanto

pi debba ricono-

scerle invitte e sentire inutile la resistenza, e accettarle.


l'illusione,

il

solido fondamento re-

ster

tutto questo giova.

Ma

riguardo

alle opinioni

correnti,

se

hanno veramente

qualche

probabilit,

certo

potremo con

altrettanto probabile

argomenta-

zione connetterle alle antiche necessarie verit.

lo

faremo, o almeno vi a chi


vi
si

ci

proveremo, e farem

plauso
che

accinga e vi riesca.
in

Gran danno
qual

comunemente non sappiamo

modo

ragione-

ALCUNE CONSEGUENZE
vole o per

33 1

qual via

probabile,

coleste

nuove opile verit

nioni appaiono
cessarie

davvero

connesse con

ne-

ad ammettere, e conducono a soda dimopossibilit d'una

strazione.

La

dimostrazione

fondata uni-

camente su ci che
seguenza

certo, procedente

con

asser-

zioni conformi alla realt, e che nel dedurre la consia


irresistibile,

senza

alcun

dubbio da

ammettere.
sputare
;

Anzi non se ne
natura,

dovrebbe

nemmen
altre

di-

perch anche questa,


della

come

le

parti

fondamentali

debbonsi
altri

prendere

per

immediata evidenza; che se


via

ne dubiti, non ha

modo

d'accertarsi.

Se

infatti

non

sai

non
di

vedi che ragionare con verit e con forza sia possibile,

come

te lo

mostrer

Ragionando, mi varr

quello stesso mezzo, che tu dici insufficiente: non


guaribile la tua pazzia.

Ma
che
i

anche qui

la

verit

si

pu esporre
chiaro
il

in

modo

la

mente

se

ne formi pi

concetto, e

termini sieno precisi.


atti
pili

Adunque

certo

che noi pro-

cediamo da
gliori
,

semplici e imperfetti ad atti mici si

certo che

quando un oggetto

presenta,

incominciamo dall'apprenderne qualche nota comune,


senza vederci subito tutto quello che secondo
tia
la

na-

facolt

possiamo arrivare a conoscerne

cos

pure
ci

certo che

quando
la

ci

siam formato un concetto,

appare tosto

relazione che esso

pu avere
ragioni

di conintelli-

venienza o di discrepanza con altre


gibili
;

che finalmente a concepir nuove ragioni non


intese

prima

siamo condotti da nuove esperienze

in-

terne ed esterne, ossia dalle nostre operazioni, sulle

332

ALCUNE CONSEGUENZE
fatti

quali torna la coscienza, dai

sensibili

o dai

fe-

nomeni
che
la

mondo. Ci posto, avverr senza dubbio mente veda chiarissima la necessaria verit di
del

qualche
all'ente

assioma, suggerito

dalle

nozioni

spettanti

comune, ovvero

di

qualche principio mani;

festo nelle cose pii note di natura


senti

che poi

si

pre-

qualche oggetto,

al

quale quel principio certa-

mente debba essere applicato, o dal quale convenga


rimuovere un'altra nozione messa
forza irresistibile di
al

confronto. Dal

principio evidente e dalla manifesta applicazione, per

conseguenza,

segue

la conclu-

sione; e questa riesce dimostrata in


assentirvi

modo

che debba
di-

ognuno che intende, e si ha cos una mostrazione che pu dirsi oggettiva. Pu dirsi oggettiva, non perch l'espressione
molto propria; che
la

sia

dimostrazione, in quanto for-

malmente consiste
noscere
la verit

nel nesso logico,


il

ha relazione pi

stretta col soggetto,


;

quale per essa giunge a cooggettiva sar detta senza as-

ma

surdit, in

quanto procede con proposizioni realmente


agli

conformi
assentirvi

oggetti

dei

quali

si

tratta,

e dovr

ognuno

che

intende.

S badi

bene che
;

questa la nota caratteristica d'un valido argomento


chi lo capisce nei
e potr resistere,

termini e nel nesso, dee

cedere,
lo in-

duro nell'ignoranza, chi non


quali vinto chi

tende;

al

contrario di quegli argomenti sol relativi e


dai
es.,

ad
fra

lioninem,

ignora ed erra.
il

Eccoci

p.

a fronte d* un cartesiano,

quale

puro

spirito, identico

con
l'

l'

intelletto,

e pura

ma-

teria inerte,

identica con

estensione,

non ammette

poter intercedere alcuna realt.

Gli

mostriamo che

ALCUNE CONSEGUENZE
i

333

moti dell'uomo non possono


d'

tutti

spiegarsi con soli

nel-

vortici

atomi.

Ne dedurremo che dunque


;

uomo una
la

sostanza spirituale. Vero


cartesiano

ma

provato

male, solo pel

che sbaglia,

mentre

non

vede

necessit di atti semplici dipendenti nell' es

sere dalla materia, ed

costretto

o ad ammettere

uno

spirito

anche nei

bruti, o a torcersi

dolorosamente
diciamo

per dichiarar tutto

in essi

con materiale meccanismo.


Leibnitz, a

Ecco
sibile,

un seguace
,

di

cui
;

Se Dio non

nemmeno
;

possibile

ora

pos-

poich nel concetto di Dio nessuno pu tro-

var ripugnanza
;

dunque Dio

Verissimo eh' Egli


per chi non sa diil

ma

dimostrato male, e solo


il

stinguere tra

non veder ripugnanza e


trattasi

vedere
note,

che non

e' .

anche quando
accade

di
al

compor

la positiva realt delle quali


letto,

sfugge

nostro intelconcetti
di

come

certo

riguardo

ai

necessit e d' infinit nell' ente, ove per conseguenza

potrebbe nascondersi contraddizione a noi non palese.


Altrimenti col medesimo

processo

dovremmo

dire
la

dimostrato qualunque mistero, e in primo luogo


Trinit
:

chi
;

possibile
sarie,

pu convincerla d' assurdit ? dunque dunque vero poich, nelle cose neces;

sopratutto in Dio stesso, ci che non

im.

possibile, e ci

che possibile

necessariamente
col

Ecco

infine
:

un kantista a met,
Ci sentiamo
stretti

quale
;

ra-

gioniamo cos
il

dal dovere

ma

dovere da Dio (E. Kant peraltro diceva di no,


il

volendo che
della

dovere
;

fondasse solo nella dignit

nostra persona)

dunque

Dio
al

Buono per

sollevare la

mente ben disposta

pensiero di Dio,

334

ALCUNE CONSEGUEKZE
principio dell' ordine morale, e prova valevole

come
se
si

riduce alla quarta tra le vie

di

S.

Tommaso,
da una
prova

dicendo

che

ogni

finita

perfezione

deriva

prima

infinita.

Ma

presa nel senso

volgare

inefficace,

poich chi altronde non conoscesse Iddio,


il

negherebbe di sentire

dovere con quella forza che

viene appunto dal sapere che Iddio comanda, e l'am-

metterebbe soltanto come una convenienza, una perfezione desiderabile,


sociale,

una bellezza morale, un riguardo


gli
atei.

nel

modo

che di fatto pensano

un panteista direbbe che cotesto sentimento


vere una parte
dell'

del do-

intima

forza

evolutiva,

dalla

quale ogni natura portata o spinta a miglior perfezione: converrebbe provargli

per altra

via

l'esi-

stenza di Dio.

gli

argomenti qui accennati valgono

per chi non

li

capisce.
la

Al contrario, valgono per chi capisce


delle cose gli

verit

argomenti antichi

dell' Aquinate.

Chi
'

intende che cosa importi acquistare una nuova attualit e

come nessun soggetto possa


stesso,

essere di questo

adequata cagione a se
abbia e non

poich

ripugna
la

che
-

abbia allo stesso

tempo

medesima
mossa.

perfezione, senza dubbio anche


di

intende la necessit
altra

ammettere che ogni cosa mossa da

E
il

non possibile fermarsi, senza concedere che v' un primo Motore non pi mosso ed immobile; n
processo
all'

infinito

sottrarrebbe

la

mente

alla

necessit della conclusione.

chi

capisce che quel


si

primo Motore immobile, perch gi


termine
lit,

trova al

d'

ogni perfezione ed esclude ogni potenziasi

vede pure che veramente per quella via

ALCUNE CONSEGUENZE
giunti a Dio.

335

riderebbe di chi dicesse che no, e

che quel primo motore forse uno stantuffo, forse


la cascata del
bili

Niagara

per carit
?

son forse

immo-

quello stantuffo o quell' acque


s,

Dunque

quell' ar-

gomento vale per


affermando
la

ed oggettivo, ossia procede


delle cose,
e

verit

convince

chi

lo

intende; lascia non persuaso chi non ha mente per


capirlo
:

manco male
chi
le

Similmente,
contingenti
tutte

vede

l'

impossibilit

di

porre

cose che esistono, e conchiude

che

le

molte contingenze a noi

manifeste

debbono

essere precedute

da un primo Necessario, ben vede


in

che questo Necessario deve importare purissima attualit e


stinta.

un essere non ricevuto


ci capisce di aver

un' essenza

di-

Con
che

dimostrato Iddio, e

non potr a meno


posta,
forse

di ridere a udir l'eccezione pro-

quel

primo

atto,

esistente

per

necessit di

natura e perci determinatissimo, non

altro dalla materia,

potenza pura, e

somma
che

indeter-

minazione. Troppa confusione di


a errare

concetti

ci

vuole
infinita-

da un estremo
!

all'

altro

pi

mente lontano

Similmente ancora, quando l'ordine dell'universo


ci

avr condotti a sentir

con evidenza
ci

la

necessit

d'

un sovrano Ordinatore,

crederemo
il

in diritto di

compatire

Emmanuele Kant,

quale

con

gravit

viene a dirci che con ci non


sta a tanto per

si

arriva a Dio: ba-

avventura una minor causa che di-

sponga
di

le
si

cose mondiali.
tratta

Non
e

capisce che
i

l'

ordine

che

ben altro dal mettere


i

vari globi
terreni
in

celesti

a opportuna distanza,

corpi

336

ALCUNE CONSEGUENZE
;

buona disposizione

importa assai pi coordinar


s

le

intime propriet delle specie diverse,

che

si

tro-

vino nella debita proporzione per vivere e muoversi


in

comunanza
e

n questo pot
ogni natura.

far altri

che l'Autore
gli

dell' essere

d'

Cos

che

argoli

menti di S.
netra, e

Tommaso

sono

efficaci

per chi
veri,

pe-

meditando pi vede che son


opposte
e
difficolt.

sente

vane
nella

le

Abbiam

recato l'esempio

prima
;

nella

massima questione che possa

trattarsi

altrettanto

potremmo

fare riguardo alle alil

tre

che importano,
il

ma

speriamo che

detto basti

a chiarire

nostro pensiero.

Vogliamo

dunque argomenti

che,

quanto
nelle

pi
j

finamente sono analizzati o meglio

intesi

loro

premesse e nel nesso logico della conseguenza, tanto


pi convincano e sforzino
senso.
il

sincero intellerto
le

all'

as-

torto

altri

pens che
in

prove
in

valgano,

quasi diremmo,

solo

senso
l'

utilitario,

quanto
che
ragione

riescon di fatto a persuadere

uno

l'

altro, e

non

sia

da cercare
Nel caso

di pi,

perch esiste

la

individuale di ciascuno, non esiste la ragione


di tutti.
di

comune

voler trarre un' anima a Dio,

potr valermi a buon fine anche di un pregiudizio


di lei
;

r avvertir peraltro che

la verit

si

appoggia
con-

a migliori fondamenti, e lo far anche per timore che

s'avveda dell'inganno, e
pre pericoloso
dalle quali
il

rifiuti

insieme

la felice
tutti

clusione alla quale era giunta.


il

Ma

per

seme

dare importanza a storte opinioni,


si

vero

pu dedurre solo per


labili.

caso,

che

di lor natura

son

Che poi non

esista la ragione astratta e

comune,

ALCUNE CONSEGUENZE
detto male a proposito
;

337

ignoranza della dottrina

che riguarda
e con essa
l'

gli

universali. Verissimo

che

1'

umanit,

umana

ragione,

si

moltiplica nelle sin-

gole persone; rimane peraltro una nella sua natura


formale.
gli

questa formale unit importa che


si

in tutti

uomini

realizza

una

facolt

intellettiva,

la

quale

essenzialmente ha lo stesso
nella

grado

di

perfe-

zione, e conviene
cetti

prima formazione dei con-

e dei principi, e in ugual

modo

perfettibile

e discorsiva. Si aggiunger nei singoli una differente


perfezione accidentale;
'nfermit, v'

ma

prescindendo da strane
tutti

una prima determinazione a


alle pi

co-

mune, che basta


razioni.

spontanee e naturali opequesti


dire
atti

Che

se

in

alcuno

vengano

ad

essere

impediti,

convien

che

quell' individuo

resta difettoso e quasi mostruoso,

come

in difetto
del-

chi
l'

non vede o non ode. La qual privazione


da malattia
degli

uso intero della ragione pu provenire da mancanza


organi
sensitivi,
gli
atti

dei

quali sono in noi connessi con quelli delle pi nobili


facolt,

vogliam dire delle

spirituali

per s non

le-

gate ad organo; e pu provenire da pervertimento


dell' intelletto
i

che aderisce a giudizi mal preformati,


e

quali impediscono che la verit


esercitino sulla

qualsiasi

argo-

mento
In

mente uno

la loro virt persuasiva.

qualunque modo

consenta

quell' errore

fondamentale del kantismo, che

alle idee dell'

ordine

numenico o soprasensibile non risponda in tutto, o non risponda con certezza, 1' obiettiva realt, egli si
rende
incapace
di

qualsiasi

vera scienza, massima22

338

ALCUNE CONSEGUENZE
in

mente
la

ci che

importa

all'

uomo

di

sapere

ri-

guardo a Dio,

alla vita eterna,

ai

motivi di accettare

divina rivelazione.

Mentalit moderna.

Cos male disposti, vogliono dere ogni cosa


tare
i

moderni

ripren-

da capo.

Incominciano
soli

dall' esal-

trionfi

dello

studio posto nei


i

fenomeni.

Col metodo di guardar soltanto


delle

fatti,

senza fidarsi

ragioni
alteri

metafisiche

dei

principi

priori,

mostrano

totalmente rinnovata, o piuttosto in


scienza
fisica.

tutto costituita, la

tener conto di qualche riserva


in

Non volendo ora che avremmo a fare,

questo primo punto possiamo accordarci:

im-

possibile

non riconoscere l'immensa copia


squisita

di positive
ri-

conoscenze, accumulate da tre secoli, provando e

provando con cura


esaltano
i

fenomeni naturali.
storica;
al
il

Poi
quanto

risultati della critica

quale stuin

dio risponde in qualche


tutto ancor
s'

modo

kantismo,

appoggia ad un certo modo


con accettar soltanto
le

di mani-

festa esperienza,

testimonianze

che restano indubitate e chiare, nei


sciatici

documenti
a
noi,

la-

dalle

antiche et e giunti

fino

non
delle

supponendo che alcun


leggi comuni, e

fatto siasi avverato fuor delle


le

rigettando

dubbie

prove
i

popolari tradizioni. Ond' che non accettano

nuovi

maestri nelle origini del cristianesimo alcun avveni-

mento o alcun uso non provato storicamente,


orgogliosi
di

vanno

avere

sbandito

dall'

opinione

comune

ALCUNE CONSEGUENZE
innumerevoli leggende
parte di storia sui
d' Egitto, d'Assiria. d'
;

339

di

aver poi ricostruito molta


antichissimi di Grecia,

monumenti

Qui noi avremmo da proporre pi


di

una osservazione. Accenniam


quali
intelletto
il

volo che

la critica

lontana dall'avere escluso le


le
l'

umane

passioni,

per

s'

inclina
;

ad accettare quel che


che spesso
le

piace e rigettare
ture
si

contrario

conget;

scambiano
concede

con

argomenti
di
di

apodittici

che

molto
al

si

alla alla

fama
paura

qualche dotto, molto


quello che straorci

naturalismo e

dinario; con che, specialmente in

che tocca

la

religione e la storia della Chiesa, aperta la via ad

ogni errore. Del resto ognuno ammetter

che

l'

e-

poca nostra, anche


la
si

in

questa
le

parte del riconoscere


fatti,

vera storia e sceverar

leggende dai

molto

avvantaggia sull'et di mezzo.

Ma

per la vanit concepita nel correggere l'an-

tica semplicit

quanto

all'

accettazione

dei
1'

racconti

talora formati dalla fantasia popolare, per

orgoglio

cresciuto nel credere

d'

aver trovato

nuovi principi
si

con cui reggersi nelle conclusioni scientifiche,


i

sono
:

moderni

accinti

all'

opera

di

rinnovare ogni cosa

nuova
onde

filosofia,

nuova

teologia,

nuova esegesi
di

biblica, di

forse

verr nuova
di

maniera

culto,

ordi-

namento
bene che
rar

ecclesiastico,
all'

formole proposte

alla fede.
:

Quanto
la

esegesi biblica,

una parola sola

Va

moderna erudizione concorra a dichiapi ampiamente e pi esattamente il senso let;

terale della Scrittura

non va bene che con


ne

ci

si

pensi d' avere la pi importante conoscenza del sacro


testo,

si

curi

l'

infallibile ispirazione,

si

ricordi

340

ALCUNE CONSEGUENZE
i

che

Santi e la Chiesa hanno una migHor luce da


la

Dio per intendere ed esporre


bene che quasi
congetture
in
si

sua parola; non va

trastulli
s

V ingegno con ipotesi e


la

materia

santa, n che

natura

si

arroghi la principal parte in ci che essenzialmente


soprannaturale e divino.

Quanto
posta

alla

filosofia,

che cosa
a

si

pu

sperare,

quella
esser
i

novit,

che gi

lungo mostrammo

non

altro

che distruzione?

Non sono

forse

concordi

nuovi dotti a ridere della metafisica, salvo


essi

a stabilire

medesimi come assiomi

indiscutibili

alcuni effati conformi ai loro capricci?

Non

disprez-

zano forse
fa

l'intelletto? Infatti

come
?

stimarlo, se

non
alla

altro

che sognare,

senza

neppur attingere

realt gli elementi de' suoi sogni

Che pregio

dargli,

se

non sa discernere
n mai certo

il

vero dalle proprie impresnulla,

sioni,

di
il

n pure affermando
di tutti
qui,
i

quei principi che sono


giudizi?

fondamento

suoi

se altri

non vuol venire


vi

fin

mentre
l'

la logica del

sistema
il

condurrebbe, cresce

incoe-

renza e con essa

disordine dell' intelletto.


quelli

Che cosa faranno


a tutto ci che
i

che vogliono rinunciare


e
vi

maggiori nostri pensarono,


di

rinunciano pel solo motivo

non

doversi

vergo-

gnar come vecchi

in

faccia

alla

balda

giovent,

per non sentirsi dire che


pibili cristallizzazioni

le loro

idee sono inconce-

della psiche

umana? Che cosa


filo-

sostituiranno alla mal derisa e niente compresa


sofia scolastica
?

Se nella dottrina

dell'

immanenza

c'

qualche

idea non

assurda, e nell' esaltar che fanno


e'

influsso dell' azione sui pensieri

gran parte di

ALCUNE CONSEGUENZE
verit,

3d

tutto fu conosciuto e detto dagli antichi, con

pi esattezza, e assegnandone la cagione assai meglio,

che

nuovi

filosofi
si

non

sappian fare

il

resto che

aggiungono,

riduce all'assurdo idealismo kantiano,

ad agnosticismo e a scetticismo.

Ma
di

diciamo apertamente che non credevamo poscattolici,

sibile a scrittori

eruditi per altro e risoluti

rimaner

fedeli alla Chiesa,

esprimere

riguardo a

tutta la dottrina scolastica, ossia


;

riguardo a quella

che

si

form nella Scuola

cristiana per opera di ec-

celienti

dottori e di parecchi

Santi, tali

giudizi

da

consentire con Lutero e coi pi rabbiosi nemici della


verit cattolica.

Pio VI condannava

il

disprezzo della
;

Scolastica nei giansenisti del secolo

XVIII
tempo

Pio

IX

<

condannava
inopportuno
gresso

tra gli errori


ai

moderni quello che diceva


e al pro-

bisogni
il

del nostro

delle scienze

metodo
;

degli antichi Scola-

stici

nello svolgere la teologia

Leone XIII diceva,


che preparazione
di

or non sono ancora trent'anni, essere stata temeraria

cosa l'allontanarsi nella


alla teologia,

filosofia,

dagl' insegnamenti

quei
il

Maestri, e

particolarmente dell'Angelico Dottore;

Santo Pari-

dre Pio X, nel Breve, troppo poco


volse alla

curato, che

Accademia Romana
tutti
i

di S.
filosofi

Tommaso,
dal

di-

ceva di voler parlare a


inculcar

cristiani e di

novamente

la direzione

gi data

suo

Predecessore.
Papi,
tori
s

Or

ecco che nulla curando la voce dei


i

costante in un pensiero, osano

novelli scritsol

rigettare

un volume o deprezzare un autore,


la

perch

mantiene

tradizione

dell' antica

Scuola.

Nell'enciclica Aeterni Patris era ricordato

come un

342

ALCUNE CONSEGUENZE

grido di ribellione disperata quello di Lutero contro


la Scolastica e contro l'Aquinate:

ecco qualcheduno

non temer
denunciare

di scrivere

che

la

riforma ebbe diritto di

messo nel
losofia, e

come mostruoso T ibrido connubio ammedio evo del dogma cattolico con la fid' interdire alla

che non ebbe torto Lutero

ragione di violare in quel


del cristianesimo.

modo

principi ineffabili

E
ma

un parlare
di

cotesto, al quale

un

uditorio entusiasta

giovani
chi rifletta
l'

inesperti

applaudir
giudizio

firagorosamente

con sano

non potr a meno

di sentire
l'

immensa

ingiustizia

verso l'antica Scuola e

insensata approvazione del

giudizio eretico contro quello della Chiesa.

Dopo
strano
i

aver cos

rinunciato

alla Scolastica,

alla

metafisica, ai pi chiari principi della

ragione,

morifar

nuovi

maestri

di volersi

accingere a

da capo
fede,

la teologia,

e l'esposizione
nelle

dogmatica della
sancite dalla

anche considerata

formole

suprema autorit
cilii.

della Chiesa, dai Papi e dai

Con-

Gi dicemmo abbastanza che gravissimo errore


canoniche definizioni.

sia quello di voler toccare alle

Ci dicono di non capirle pi


pirle
!

Oh

studino per caintelletto,

si

aggiustino essi

il

capo o F

che

certo dev'essere molto guasto, se diventato estraneo

a quelle esattissime espressioni, che la Chiesa deter-

min

non pretendano che muti


confusione

la

Chiesa

il

suo dire,
idee,

per adattarsi alla

delle

nuove

con

manifesto regresso e con danno universale. Appunto

vogliono

il

regresso. Fra gli studi moderni quello


i

principale di risalire

secoli,

non semplicemente per

sapere

come

dogmi

fossero creduti ed espressi nei

ALCUNE CONSEGUENZE
primi tempi e
dichiarazioni
;

343
le

come

poi

si

sieno svolte

migliori
e

sibbene per ritener

come vero

certo

quello soltanto che esplicitamente da principio fu detto,

ripudiando

il

resto che poi sopravvenne. Cos presso


i

a poco dissero
la

riformisti luterani che al

IV secolo

Chiesa

si

ecliss e per essi tornava alla luce del


lo

mondo. Quasi

stesso osano dire


il

nuovi eruditi
della

dimenticando che

comune insegnamento
il

teo-

logia cattolica forma

sentimento della Chiesa stessa,

e in ci che determina per certo e dogmatico o con-

nesso di necessit con


getto ad errore.

le

verit di fede,

non

sog-

Ma

quale stranezza cotesta di vantare la per-

petua evoluzione
progredire del
rarsi

dogma, conforme al costante genere umano, e poi di volere libedel


in

da tutto ci che
la

tanti secoli s' fatto,

e di

rigettar con

critica

tutto ci

che

si

aggiunto

alle idee e alle parole dei

primi tempi, chiamandolo

superfetazione, cristallizzazione

dannosa, spoglia case la legge


il

duca

della fede cristiana

Ma
500
?

pro-

gresso, dall'anno di grazia

all'anno 1500,

come
vi

e perch non

si

progredito

che vantaggio

sar nel tornare indietro, alle prime incertezze, alle


espressioni ancora

men

decisive, che

convenne rennovatori, diil

dere

pili

precise, per troncar gli errori e ribatter gli


?

avversari

per qual destino sperano

ventati amanti della rozza antichit, di rifare

la-

voro pi felicemente che nel


fatto
?

medio evo

non

siasi

Vorrebbero soggettar cos


e questo col

la dottrina cattolica

e la stessa Chiesa alle fluttuazioni delle opinioni correnti,

pretesto di liberarla

da ci che

344

ALCUNE CONSEGUENZE
e caduco.

umano

Perch non intendere

al

contrario

che quanto

fu accettato e definito

non caduco e

non

puramente umano, poich

lo Spirito di verit
?

dispose che fosse espressione di fede divina

Or con

le

menti incerte e confuse, che pur vofin

gliono riprendere

dal principio ogni cosa, a qual

termine possiamo sperar di riuscire?


scussioni e dubbi,

sollevar di-

a portar tenebre e confusioni, ancerto e

che dove era tutto

chiaro

nel

resto

poi

peggio ancora.

S,

per chi attende

alla

nuova scuola,

e nella turba degli amanti di novit, siam riusciti a

questo. Vedete infatti che


sia

qualunque nuovo errore


i

proferito,

cominciano

giovani

con un

plauso
autorit

entusiasta, e solo

superiore alla

quando s'accorgono che un' quale non vogliono ribellarsi


si

par-

liamo dei novatori che tuttavia


minaccia di condannarli,
si

dicono

cattolici

ritirano in se stessi,

come

raccoglie le corna la lumaccia, e coprono col silenzio


la

vergogna
Il

d'essersi ingannati.
le per-

Loisy diceva stranezze blasfeme contro

fezioni dell'Umanit SS.

ma

del Signore

ma

credea

di schermirsi con quella stolta difesa, di voler giu-

dicare secondo la scienza, rispettando

1'

opposta

af-

fermazione
veretto
!

della fede.

gli

amici

a dire che, pocontraddirgli,


sia
si

nessuno avea pi diritto di

egli

poteva

essere condannato.
il

Come

penepossa

trato in

un cervello umano
sia falsa,

fantasma che

dire

e no alla stessa cosa per diverse ragioni, delle


noi,
fatti
all'

quali nessuna

antica,

non

lo

possiam concepire.

Viene un laico professore a domandare che cosa

ALCUNE CONSEGUENZE
sia

345

un dogma

e risponde non potere esser altro che

una norma
se

pratica,

onde siam
se fosse

diretti

ad agire come
:

queir asserzione

di fede avesse realt

a riverir
il

Ges Cristo come cramento come se


a fuggire
il

Iddio, a trattare
vi
ci
si

Sa-

il

Signore

trovasse presente,

peccato

come

se

portasse a un eterno
di-

dolore

e ne

dava per ragione che noi avvezzi a

sputare anche intorno agli assiomi non possiamo accettare quelle oscurissime affermazioni
usati a giudizio indipendente
;

che per noi

non pu essere motivo


le stesse

bastante l'autorit d'alcuno; che


credere, che

ragioni di

Dio

che parla, che

fa miracoli,
si

sono

misteriose al pari di quelle verit che

dovrebbero

credere, e cos versiamo intellettualmente in

un

cir-

colo vizioso. Noi, fermi


z'altro esecrato

ai

principi,

avremmo
si

sen-

un errore distruttivo

di tutta la re-

ligione divina, la quale

non

in dotte favole

fonda

ma
il

nella realissima verit; e

avremmo

risposto che
il

disputar degli assiomi, non per precisarne

senso,

ma

per accertarne

la verit,

una

follia

che, senza

pretendere d'aver dei misteri concetto proprio, basta

una remota analogia

che

il

rifiutare l'autorit divina


s

non
sana
alla

perfezione d' intelletto,


;

delirio di

mente

in-

che

le

prove

di

dover credere sono

accessibili

ben disposta

ragione, e se una

filosofia

non

capace

d' intenderle

con ci stesso condannata. Inaffannarsi


e dubitare, se

vece, ecco

molti
alla

cattolici

veramente

questione
col

Qu ^est-ce qu ^un dogme


dell' antica

s'ha da rispondere
risposta

Le Roy,

e cercar se la sua
tradizionale, e

non migliore

concedergli almeno qualche parte di ragione. Questo

S4<5

ALCUNE CONSEGUENZE
la

prova

mancanza dei

prncipi e

1'

oscurit

delle

modernamente son venuti. E molti ripetono che la nuova scienza ha ormai usate le menti a non considerar altro che fenomeni, e per a non pi distinguere la sostanza delle apparenze: che cosa ferro, se non un complesso di
idee, in che g' intelletti
i

tale struttura molecolare e

conduttivit

di calore e
tali

solubilit

che pianta, se non


?

la serie di

svol-

gimenti ed attivit

e cos del resto.

Dunque che
non
si-

pu mai voler

dire quel

mutarsi

del pane, e
?

delle specie, nel corpo di

Ges Cristo
del

che pu

gnificare quella barbara voce di transustanziazione

Cerchisi

una
ai

dichiarazione

mistero
si

che possa
lasci

proporsi

vivi del

nostro

secolo, e
l'

quel-

inutile

barbarie, insieme con


essi,

alchimia, ai morti

del

medio evo. Cos


Parlano

e credono di

parlar sen-

satamente.

pazzamente, e non sanno

che

l'immobile verit della fede deve bastare a dirigerli


nel formarsi
i

concetti, se altronde
;

non sono giunti


distinta

ad
(e

acquistarli

che

la

nozione

di sostanza

dalle apparenze, se gi

non

V hanno

per altra via

sono da compatire), viene necessariamente a de-

terminarsi nella considerazione dell' Eucaristia,


il

come

concetto di persona dovette essere studiato e com-

pito,

per dichiarare con esattezza

misteri della Tri-

nit e dell' Incarnazione.

quella nozione di sostanza

distinta dagli accidenti pur necessaria in altri ar-

gomenti

teologici

Che cosa
che

intenderete per virt

infuse, per grazia santificante,

per elevazione sopranalla

naturale, se
dell'

non sapete
possono

semplice
quelle

essenza

anima

sopravvenire

realissime

ALCUNE CONSEGUENZE
perfezioni
?

347

E
i

guasterete tutto questo per acconciarvi


di

air incapacit

quei

grossolani, che sanno

immanon
quale

ginar

come
?

pazzi,

intendere

spiritualmente
filosofo,
il

sanno

Del resto

anche ad ogni

al

ancora studiando

non

sia svanito

cervello, parr

un

delirio quello di

Locke, che appunto facea conla

sistere nelle sole

parvenze tutta
stessa

realt sostanziale.

Con che
drebbe
in

la

mia

umana
atti

sostanza, o la
si

mia

persona, indistinta dagli

che

succedono, an-

fumo.
nebbie nella mente, col veleno kantiano

Con
in
tutti
i

tali

pensieri,

con

la

fiducia

irragionevolmente

posta

nella

filosofia

dell' azione,

che

non sa bene

onde venga

e a qual

termine vada, proprio

come

quegli antichi, Parmenide e Melisso e Brisso e molti,


i

quali andavai, ne sapevan


1'

dove,

voglion

costoro
sapienza,

rinunciare a tutta

opera della

cristiana

opera

stabilita

con tanta luce di principi chiarissimi

e di logica rigorosa, condotta sempre col guardo in


alto e

con
per

puro amore del vero, continuata

da

molti Santi, benedetta dai Papi,


eretici,

bestemmiata dagli

rifar

tutto a nuovo, giovenilmente con-

fidando in pi

lieti

auspici e in forze

migliori e in

un termine pi glorioso. Cos appunto Emmanuele

Kant

distrusse l'antica e promise la sua

nuova mela vita.

tafisica,

che dovea riuscire un sogno di tutta


la

Chi mai os scrivere che


tuttavia

metafisica

nostra

dolorante dai

fieri

colpi
far

del pensiero kan-

tiano

Poteron
poterono,

quei colpi

paura

alle

teste di

vetro occhi

come

spari a polvere, offuscar gli

deboH, ossia

turbare

pervertire

le

menti

348
fiacche.

ALCUNE CONSEGUENZE

Ma

la metafisica d'Aristotele

e di S.
in

Tomalla

maso immobile
quegli
spari,

nelle

menti

sane, sta
e

cima

sua rupe, aspettando

che lo strepito
gi

il

fiimo di

come avvenne

tante

altre volte,

sieno dileguati.

CAPITOLO

IX.

Primato della volont

Articolo
Illusioni.

I.

Chiunque giudica serenamente


tuale di

l'

opera

intellet-

Emmanuele Kant* deve ormai


riusc

riconoscere
dell' uni-

che egli

a distruggere ogni

scienza

verso e di Dio. Distrusse radicalmente ogni scienza,

ponendo a

sola ragione dei principi,


e

che pur semdella

brano obbiettivi

necessari,

l'indole

nostra
cos.
ci

mente portata a pensare, o meglio a sognar


Distrusse l'universo, ponendo che non
la

natura

mostra
al

le

sue leggi,

ma

che

queste

son

proiettate

di fuori dal
le

nostro interno, e a nostre impressioni

riduconsi

disposizioni corporee, e son pure nostre

forme soggettive quelle due misure


spazio e

universalissime,

tempo,

senza

le

quali

chimerico

tutto

r ordine materiale. Distrusse nella nostra mente Iddio, col togliere ogni

modo
1'

di

provarne
il

1'

esistenza,

col dichiarare illecito

estendere

principio di

350

PRIMATO DELLA VOLONT

causalit a tutto insieme V ordine dei fenomeni, solo

ammettendo che di un fenomeno si possa cercar la cagione in un altro fenomeno. Cos logicamente tutto
annientato.
via,
I

neokantisti vorrebbero
:

fermarsi

per
trat-

senza giungere a tanta rovina

ma

che

li

tiene sulla costa del

monte,

che

non cadano

fondo? Paura dell'abisso e volont che ne rifugge,


s;

logica e ragione, no.

Anche
rifarsi

il

maestro ne
tutta

fu
l'

atterrito.

Ma

non

volle

da capo su

opera nefasta e prendere


di

una via migliore. Invece tent


fatto,

riparare

il

mal

ricostruendo per

mezzo

della

volont
disse:

quello

che intellettualmente avea distrutto.

L'uomo
SemSembra,
se

astretto al dovere, e lo sente nella coscienza.

bra che con

questo
nella

connettasi

la

libert.

quantunque

filosofia

kantiana sia
la

impossibile

averne^ certezza
esiste,

alcuna.
all'

Infatti

libert,

pure

appartiene
della

ordine

dei

numeni, ove nulla


i

sappiamo
realt.

corrispondenza tra
all'

pensieri e
la

la

Quanto

ordine

dei

fenomeni,

libert

certamente

n' esclusa.
i

attendasi che n' esclusa,

non solo perch


tellettivo; s

fenomeni per se

medesimi sono
dell'

incapaci di libert eh' perfezione

appetito in-

ancora perch
dalle

immutabilmente paiono
n
la

determinati

leggi

fisiche,

volont

pu

mutarne

il

corso.

se cos,
in
la

dove

resta la libert?
sia.

Ma
il

via,

poniamo che

qualche parte

Prosegue

Kant, dicendo che

cosa sar compita, ove ponil

gasi che al dovere serbato risponde


d'

conseguimento

un bene o

d'

una

felicit,

che certo

quaggi non
un' altra

abbiamo.

Dunque

probabile

che esista

PRIMATO DELLA VOLONT


vita, e

35 I

per che l'anima sia immortale.

Ma
si

per darci
ricorra

quella felicit,

sembra ragionevole che

Dio. Per conseguenza arriviamo ad avere ben dimostrata l'esistenza di Dio. Vi piace?

La meraviglia

che qualche cristianello anacquato,

qualche scrittorello cattolico, anzi pi d' uno che pareva arrogarsi tra noi
il

titolo di

dotto e di maestro,
filo-

abbia potuto far plauso a cotesta sconciatura di


sofia,

riconoscendo che bene

il

Kant dimostrava

la

libert,
l

l'anima, Iddio: quindi la realt dell'universo


cosa.
la

ed ogni

Dopo
processo,

rovina portata

nell'

ordine

intellettuale,

in verit ogni restaurazione impossibile.

Con

quel

qualunque

sia,

si

viene

innanzi,

facendo

mostra
gionare
1'

di ragionare.

Ma
se,

con qual ragione pu rail

un kantista,

ciel

vi salvi, in

dopo che
uno spazio
che
gli
1'

ha campata quella povera ragione


al

chimerico,

di l dell'aria e dell'etere, senza

possa sperare di toccar mai, neppure con


pi innegabili e pi smaglianti di luce,
realt dell' ente
isolati
?

assiomi

oggettiva
si

E. Kant

chi

lo

segue

sono

coi loro sogni, in guisa


al

da non poter mai pi


delle
;

per alcuna via ritornare


si

mondo
alla

cose.

Non
al-

fa

impunemente violenza

natura

quando

trattasi di giudicare del vero,


l'

chi

ha rinunciato
povero

intelletto,

invano tenta sforzi acrobatici per supplire

con

altre facolt.

Lo vedete
i

quel

Kant,
per
nel?

come un polipo che stende


aderire con le ventose a

lunghi

tentacoli,

qualche scoglio,

ma

r immenso vuoto non trova nulla a che appigliarsi

Fa

a voi

compassione?

A me

fa

ridere.

352

PRIMATO DELLA VOLONT

Ma
il

tratteniamoci un poco a

guardar da vicino
cinque
punti
la

uuovo processo,
primo punto

distinguendovi
si

cinque passi, coi quali


Il

vuole guadagnar

meta.

sta nell' idea del


;

dovere

il

secondo

in quella della libert

il

terzo nell' affermar conve;

niente a chi fa bene la futura felicit

il il

quarto nel
quinto nel-

dedurre da questo

1'

esistenza di

Dio

r invocare Iddio per coronare un dovere non serbato


per Lui.

L'idea del dovere nella


stellato

mia coscienza,
ecco
i

il

cielo

sovra

la

mia

testa,

due oggetti che


Kant. Del cielo

rapivano quasi in un' estasi


stellato

Emm.

non aveva

diritto di saper nulla,


;

perch lo
tuttavia,

spazio era per lui una chimera sognata

per orgoglio di scienza o per non


egli

essere

lapidato,

ne parlava come

gli

altri

mortali, anzi era stu-

dioso d'astronomia e bene se n'intendeva.


al

Ma

quanto

dovere, sbagliava furiosamente. Volle infatti esporla

ne
l'

nozione e stabilirne

la base,
si

prescindendo dal-

unico principio nel quale


ci

fonda.

Quel vincolo
la

morale che

astringe

all'

onest,

prende

forza

dalla dipendenza in che


cessit di operare in

siamo da Dio, e dalla ne-

un certo modo per conseguir


operare
a

quel fine a quale siamo ordinati. Questa profonda


pienissima necessit di star soggetti
nell'

quel Dio, eh' l'unica cagione della nostra esistenza


e di tutte le nostre facolt
e
dell' agire.

Questa

necessit verissima di tendere a quel bene, ove uni-

camente avremo pace, e fuor del quale saremo


che meglio sarebbe non essere.
altri

cos

Ma

se

da

questo

voglia prescindere, che gli rimane? Gli rimarr

PRIMATO DELLA VOLONT

353

qualche convenienza di morale bellezza, qualche vanj

taggio individuale o sociale, qualche proporzione tra l'operazione e l'oggetto:

ma

tutte queste

sono cose

lontane dal dovere assoluto, che dev'essere superiore


I

alla volont dell'uomo,

superiore a qualunque bene

da conseguire altrimenti o a qualunque dolore da


j

sopportare,
sforzo che
si

superiore

alla

difficolt
l'

di

qualunque

richieda per mantenere

intero

adempi-

mento.

Ad Em. Kant

parve bastante, anzi parve totale


la

e perfetta ragion del dovere,


l'onore della persona.

dignit

dell'

uomo,

Ma

ripugna che sia nell'uomo

stesso da s considerato
lui stesso
;

una necessit superiore a


finita sia

ripugna che la creatura

ragione

indefinita e insuperabile

d'una regola da serbare;


e fine ultimo, in

ripugna eh'

ella sia

norma suprema

quella guisa che dovrebbe essere per imporre la necessit che

dicemmo. Insomma non


n'

e'

stretto vinn'

colo

d'

obbligazione morale, senza Dio che


la
il

l'au-

tore, senza un fine che

ragione e

la

norma.

Ora

il

Kant
fine.

volle concepire

dovere senza
anzi
e

Dio e
tanto

senza

Egli ne prescinde;
il

dice

che

pi puro e perfetto

dovere,

tanto

meglio e

pi formalmente serbato,
di s ragione alcuna.
inteso nel senso che
il

quanto non cerca fuor


dipendenza

questo sarebbe vero, se fosse


la

dovere inchiude
:

da Dio
tal

e la tendenza a Lui
la

quanto pi basta un
falso nel pensiero di

motivo a regolar
la

mia volont, tanto pi onesta

e santa

mia azione.
di

Ma

Emm.
all'

Kant, che oppone quella purezza del dovere

intenzione

obbedire a Dio o di raggiungere


23

354
in

PRIMATO DELLA VOLONT

Dio

stesso alcun bene.


;

falso,

e toglie
1'

il

primo

fondamento della morale


volevasi rialzare
s'
:

distrugge

edificio

che qui

ingiurioso a Dio,

che pi

non

intende principio unico e fonte di rettitudine


;

mo-

rale

una specie
all'

d' idolatria

che con
di

folle

orgoglio

attribuisce

uomo

alcunch

divino e un' indi-

pendenza somigliante a quella

di Lucifero.

cotesta idea del dovere

sembr veramente ad
una nuova e migliore

alcuni felice cominciamento d'

dimostrazione di Dio.
manifesto che
la

pensarci un pochissimo,

conclusione non pu discendere da


l'

un principio che
Si capisce

esclude o
sia

almeno ne prescinde.
contrario
:

anche come

al

kantismo
il

r argomento di alcuni moderni

Sentiamo

dovere

ma
di

il

dovere da Dio; dunque sentiamo l'esistenza

Dio.

Emm. Kant
Lui

dee rispondere che

il

suo do-

vere tanto pi
Dio, e senza di

elevato

quanto pi prescinde da
intero.

resta

Come

ne

potr

dedurre Iddio

Invece di dar buona speranza a so-

lido e bello edificio,

non

si

fa altro

con questo che

cumular
Il

le

rovine.
la libert.

secondo punto riguarda


ripetiamo
alle

Gi dicemche base
un' ipotesi

mo

altra volta,

brevemente,

troppo inferma

pi necessarie verit

gratuita ed oscura. Se per

Emm. Kant
e
il

la coscienza

che abbiamo di esser

liberi

consenso del genere

umano

a un fatto di

cos
il

immediata esperienza, e
giudizio e
il
l'

la relazione

evidente tra

conseguente
elezione

appetito, nel quale

deve esser libera


sar

se

quello indifferente, non bastano a far certa la tesi


della libert
;

perch mai

questa provata

dal

PRIMATO DELLA VOLONT

355

sentimento del dovere, niente pi certo e chiaro di


ci

che or ora ricordavamo

poich

si

tratta di
fu ne-

verit spirituale, nell' ordine dei numeni,

ove

gata

la

relazione fra

pensieri e gli oggetti, e tanto

pi fu tolta ogni vera certezza, che

pu valere

l'

af-

fermazione ipotetica e oscura della libert? L'unica


ragione
possibile,

che muove
si

il

Kant ad
Se non

ammetterla come

che altrimenti cade V idea del dovere.


:

Ma

di

nuovo insistiamo

certissima la cori-

scienza d' esser liberi,


fletta
il

nemmeno

fermo per chi

sentimento del dovere, e questo potr ridursi


Cos
del
in
il

ad un'

istintiva aspirazione della natura.

dub-

bio che direttamente


arbitrio ci
il

riguarda

la

verit

libero

diritto di

porre ugualmente

dubbio

dovere

e per in tutto son tenebre.


nell'

Le

quali cre-

scono ancora, chi pensi che

ordine fenomenico,

comprese

le

azioni sensibili

umane, pel
noi

Kant

tutto

ha necessaria determinazione
misera libert praticamente

dalle leggi fsiche.

Che

gli resti,

non sapremdel

mo

dire

ce lo dicano gli ammiratori

pensiero

kantiano.

Terzo, perch mai, dopo tanta idolatria del dovere o


dell'

umana

tanto pi pura e

dopo avere insegnato che moralmente alta 1' osservanza del


dignit,
viensi

dovere, quanto pi prescinde da Dio e da ogni spe-

ranza

di

felicit,

ad affermare esser meglio


questo evidente

tuttavia che al debito

mantenuto corrisponda anche

un premio avvenire
contraddizione,

Se non

e'

in

nemmeno
d'

v' buona coerenza, e certo

l'asserzione gratuita, e con miglior logica sarebbe

negata.

Prima qualit

un sistema

che davvero

356
le parti sieno

PRIMATO DELLA VOLONT

ben poste insieme. Stando


l'

alla dottrina

assolutamente vera, che


cessit di conseguire

obbligazione importa nee che


dell'
il

un

fine,

fine

dell'uomo
Dio, la

la felicit nella, perfezione

aderire a

legge osservata dee senza dubbio portarci a quel


termine.

Pel Kant, che pone

tutt' alto

fondamento,
o
al

un
ne

tale esito asserito o senza ragione alcuna,


;

pi con levissima probabilit


il

1'

anima immortale,
I

riuscire per la moralit della vita a vero gaudio,


altro

sono nel suo sistema


graziosamente,
chi

che postulati, da concedere


Si

vuole.

contentino

di

queste
le

prove

dell'

immortalit

dell'

anima secondo
gli

mo-

derne scuole quelli che non capiscono


antichi.

argomenti l
otteniamo
J

Quarto, dato pure che con esser


d* esser felici,

retti

perch mai ad ottener questo effetto

c' bisogno di far intervenire Iddio? Chi pot veder

r universo e

il

modo

1'

ordine delle cose tutte, senza


il

trovarci prova valevole per affermare cessario e l'Autor del

primo Ne-

adesso dalla sola


felici

mondo, con che nuova logica possibilit che abbiamo a riuscir


?

deduce Iddio

Perch non ammettere invece


noi
del
il

che,
e
il

come possiamo esistere e vivere e operare, mondo tutto, senza intendere la necessit
cos senza di Lui

Creatore,

possiamo conseguire

termine a noi connaturale ? Perch non supporre che |


la felicit,

almeno

in

un' altra vita,

libera dai pre-

senti

contrasti,

risulti

spontaneamente dalla buona

coscienza e dall'ordine serbato della retta natura?


Mille volte questo pi
facile,
all'

che non

sia intendere
il

senza Dio

il

primo venire

esistenza e

costituirsi

PRIMATO DELLA VOLONT


della natura.

357

Dunque anche

in

questo passo

Emm.

Kant

incoerente e

davvero non va innanzi per via


solo

dritta e chiara.

Quinto, alla prima idolatria del porre nel

uomo
alla

la

ragion del dovere, risponde

l'

ultima ingiuria

Divinit, d' invocarla per dare

il

premio ad una
ordine

legge

non imposta da Dio e non mantenuta per


a
Lui.

riguardo

Sono

cos

distrutti

in

al

Creatore riguardo
la

gli attributi

che principalmente Gli spettano


il

alla
il

legge morale: che Egli n'


fine.

principio,
alla

norma,
il

N'

il

principio, con

imporre
la

creatura

vero bene da

conseguire e

via per

giungervi. N' la norma, in quanto l'Amore divino,

immobilmente aderendo
per ci che
la creatura,

alla

Bont
a

infinita,

l'esemil

pio sovrano d'ogni rettitudine nel volere.

N'

fine,

come

Dio sottomessa e
e aspira a conil

per riguardo a Dio, serba

la legge,

seguire in Dio stesso, conosciuto ed amato,

bene

sommo

e la perfezione
fa

la

felicit.

Al contrario
ragione

grande ingiuria
nosca nel solo

a Dio chi pretende eh' Egli ricola

uomo
1'

sola o la principal

della moralit che

uomo deve
lui
;

serbare, e la
chi

indipendente delle azioni di

norma vuole che dopo


anzi a
d'

questo allo stesso Dio convenga incaricarsi di pre-

miare una
darsi
fatica

virti,

la

quale a Dio non mirava


in

per avventura Egli stesso

mercede

una

non sostenuta per Lui. In


e

cotal

maniera ver-

rebbe Iddio ad avere fuori di S una norma con cui


reggersi

un

fine

da ottenere;
e

quasi

diverrebbe
nell'

servo della creatura,

sarebbe avvilito
nell'

ordine

morale, com' era disconosciuto

ordine entitativo

358

PRIMATO DELLA VOLONT

1
intendeva la

conformemente a questo
1'

Emm. Kant

religione, intedenva

opera di Ges Cristo.

Non
di

vo-

leva la religione,

perch
al

dovuta a Dio,

o perch
ado-

l'uomo soddisfacesse
rare
il

primo debito che ha

suo Creatore;

ma

l'ammetteva soltanto come


nulla di soprannaturale

un aiuto

pei fiacchi a mantenersi nella legge dettata

dalla ragione.

N ammetteva
;

riguardo a Ges Cristo

diceva peraltro che era bene

proporre

quell'esemplare di tanta virt, quasi una

regola fatta concreta.

dunque
per
la via

sostanzialmente sbagliata e inefficace,

cattiva ed assurda, la ristorazione kantiana, tentata


della volont.

dal maestro della

Anche qui l'immanenza fu nuova filosofia portata al sommo.


sia

Speriamo che a

tutti

manifesta per gli articoli

precedenti la totale immanenza


neir ordine intellettuale. L'
i

posta dal

kantismo

immanenza

consiste,

come
la
al

moderni
tutta,

la

intendono, nel trarre dal solo soggetto,


sia
lecito,

o in maggior parte che non

ragione di ci che dal soggetto procede, o

che

soggetto pu aggiugnersi. Ebbene, era piena immanenza, riguardo all'intelletto,


realt delle cose,
delle essenze
il

dire

che non dalla


dell'

non dalla costituzione

ente e

diverse,

ma

tutte

vengono
e
le

esclusiva-

mente
quali

dalla natura

dell'

anima,

forme da noi

attribuite agli oggetti, e le nozioni astratte, sotto le


ci

pare

di

raccogliere
ci

dati
di

esperimentali,

le verit

supreme che

sembra

dover affermare

come principi manifesti manenza totale rispetto


mavasi cognizione, e

e necessari!.

Con

ci

l'

im-

a quella che una volta chia-

che omai dovrebbe prendere

PRIMATO DELLA VOLONT


altro

359

nome,

se

pur non diciamo


tutto
l'

che questa

voce

medesima ha perduto
volont.

antico

significato.

Or

niente minore l'immanenza kantiana riguardo alla

Prima, perch
dall'intelletto,

1*

oggetto a questa facolt


conosce:

proposto

che sogna e non

radicalmente adunque tutto vien dal soggetto, nulla


dall' oggetto,

non
la

nelle

cose

la

bont

che

ci
si

sembra d'amare.

Poi, nell'ordine morale,

perch

pone neir uomo


nest,
tersi

cagione
lui

la

norma

il

fine

dell' o-

chiudendo
dall'ordine

in

solo ci che dovrebbe ripe-

delle

cose diversamente appetibili,

e sopratutto da Dio, a cui solo appartiene d'essere


quella prima causa quella

ultimo

in

che tutta

si
il

norma sovrana quel fine fonda la moralit. La logica


il

inesorabile conduce

kantista a divinizzar la crea-

tura e con ci a distruggere


logica, altri canta
il

vero Dio.
la strofetta:

Ma

senza

come un inno

Sovra

mio capo il cielo stellato, nella mia coscienza il dovere: oh Dio meraviglioso! e ringrazia Emm. Kant d'aver ragionato come un dottore della Chiesa.

Favoreggiatori imprudenti.
Quelli che non osando in tutto attenersi agli errori kantisti, in

maggiore o minor misura


intelletto.
d'

vi

parte-

cipano, nella stessa proporzione tendono ad esaltare


la

volont sopra

l'

questo fanno dapprialla

ma, perch cercan

opporre qualche rimedio


il

rovinata cognizione; poi, perch

principio dell'imla

manenza

li

porta a mettere in alto

facolt voli-

360
tiva,
dall'

PRIMATO DELLA VOLONT

ove

la

determinazione

dell' atto

meno dipende
fatto

oggetto e sembra essere pi in potere del sog-

getto che non sia la conoscenza. La quale di


tutti

sentono che dalle cose riceve


col pensiero,

la

misura, e tordi farsi

nano a questo
violenza,
in

appena cessino
si

quel

modo

che

fanno

a scuola,

quando vogliono parlar da


manuele Kant.
Noi,
tenze, in

filosofi,

per seguire

Em-

come

il

solito,

opporremo

alle

strane sen-

qualunque grado sien


s.

false,

la

sempre vk-

toriosa dottrina dell'Angelico


vittoriosa la diciamo,

Tommaso. Sempre
la

non perch ognuno abbia da


per sua
elevatezza

restarne persuaso

che anzi,

sopra

sensi e le illusioni,
;

sempre essa rester noperch


lor
le

bile retaggio di pochi

ma
il

altre

opinioni
poi
si

sorgono e cadono, fanno


dimenticate
;

tempo

sono
pre-

la

dottrina dell' Aquinate invece

senta ognora a chi ha senno bella d' immortale giovent,


e,

o combattuta o

accolta,

dura e vive nel

corso dei secoli.

I
kantisti,

Ma

prima dei

o dimezzati o

interi,

un

altro pi illustre avversario

aveva oscurato
dottrina
all'
;

in fu

questo

argomento
Scoto.
Il

l'

integrit della
si

egli

Duns

suo pensiero

volse

ingenita attivit,

della quale principio

la

potenza volitiva, e neg

che questa dipendesse

dall' intelletto.

Come

sponta-

neamente procedono
proprio

al

moto

le

forze naturali, e per

ci stesso che sono costituite nei loro soggetti,


il

hanno
;

modo

di agire e gli effetti


delle essenze,

proprii

cosi

nel

supremo ordine
la volont,

che quello degli

spiriti,

che sola motrice e pu riuscire

r.

PRIMATO DELLA VOLONT


efficace

36 I

anche fuor

di

s,

emette

la

sua

operazione
eh' essa

e tende

ad un oggetto
dall' intelletto
;

reale.

Non
stessa,

vero

dipenda

ma

per una

certa

simpatia

di facolt raccolte nel!'

anima

avviene che la
dall' intelletto.
1'

volont

si

porti

ad un bene pensato
si

Le due operazioni

accordano: non
i

una

all'altra

subordinata. In simil guisa tutti

moti dell'universo

sono coordinati da Dio ad un termine,


pre per questo
parte
si
1'

ma non semanzi ogni

uno dipende

dall' altro,

muove spontaneamente,
neir intelletto

il

nesso
allo

rimane
Scoto

soltanto

ordinatore.
spirito

Pare

che nel piccol


tivo sia

mondo d'uno

l'appetito volil'in-

motore anch'esso indipendente, o con


colleghi soltanto pel soggettarsi d'
stessa,

telletto si

ambe-

due

nell'anima

non

perch

la

conoscenza

direttamente influisca sulla volizione.

E
la

affinch questo appaia pi profondamente,

pone

libert,

cio

il

dominio

sul proprio atto,

cos ne-

cessaria e prima qualit del volere, che

mai da esso
si

non
r
e

si

scompagni, n perch
infinito,

1'

amore

volga

al

bene adeguato e

n (pi strana cosa) perch


necessario.

amore
il

stesso

debba

dirsi

L' ultimo fine

bene assoluto presente per visione, insomma Dio


in
cielo,

posseduto

per lo Scoto non determina con

necessit l'adesione e l'amore. Perch? Perch, dice,


la

visione

non muta

l'

intrinseca

disposizione

della
la

volont, potenza distinta

dall' intelletto

(M.

Ora

(^j Qui s, ma non ove trattisi della dottrina di s. Tommaso, avrebbero un po' di ragione quei moderni che accusano gli Scolastici d'aver troppo distinte le facolt, come

362

PRIMATO DELLA VOLONT


e'

volont, se non

la

visione,

liberamente

fu

ama

il

bene supremo

pu staccarsene. Dunque
l'

libera libero

anche

allora

che

intelletto

vede

cos

r Apostolo neir amare Iddio, anche quando


al le

fu rapito

terzo cielo. Cos insegna

Duns Scoto comentando


quell'altra
nei

Sentenze

(^).

Afferma

poi

singolare

sentenza,
sieisia (^),

che abbiam

riferita,

Reportata pari:

ove esplicitamente

egli scrive

Dico ergo

primo qiwd
Imitati, ut

libertas est aliqua conditio intrinseca vo-

comparatur ad actionem
non

(sive operatioyiem).

Quod

igitur

7^eptignat potentiae

vohuitatis,
libertati

ut

comparatur ad actum, non repugnabit

eius.

se ciascuna fosse un agente che stesse da s. Chi capisce

un poco la metafisica dell'Aquinate, e sa che non hanno proprio essere, ma pei medesimi
il

gli

accidenti

cos disposto

soggetto, vede pure che per le varie

facolt,

certo di-

stinte per le diverse formali ragioni e per le contrarie di-

sposizioni che possono avere, opera


stanza. Resta

sempre
gli

la

stessa

so-

dunque vera
d' altra
atti

e perfetta l'unit dell'operante,

quantunque sieno

ragione

atti

le

facolt.

sono ordinati in guisa che T uno solo vero che il soggetto opera, ma che il soggetto deve essere disposto da un primo atto per poter emettere il seguente. E allora vero che una facolt influisce sull' altra, e il modo dell' atto precedente determina quel che vien dopo. Cos impossibile volere il modo della conoscenza se il bene non conosciuto
poi questi
dall'altro,

Quando

dipenda

non

deve

influire sul

modo

di

volere; l'intelletto influisce sulla

volont,

perch
In

formalmente
q.

necessario che

chi

ama

conosca.
(^)
I

Sent. D.

1.

VI

Contra tertium articulmn.


libro.

Vedi pure

Dist.
I,

XLIX

del

IV

L.

Dist. X. q.

III.

PRIMATO DELLA VOLONT

363

Sed

necessitas

non repugnat voluntati comparatae ad

productioneni.

Ergo

7iec

libertati.

Cos

egli

ma

si

dimentica di provare quella sua prima asserzione,


quale da ogni altro buon
filosofo,

la

e particolarmente

da un seguace

dell'

Angelico, sarebbe

negata,

al-

meno
lont,

distinta cos:

La

libert intrinseca

alla

vo-

come

facolt elettiva dei mezzi, ossia in

quanto
gli

pu operare
vero;
la

circa

beni

non adeguati, o
necessari
alla
all'

circa

oggetti non appresi


libert

come

esser

felici,

intrinseca

facolt

volitiva,

come
la

radice dei primi atti pi naturali e in quanto


il

opera circa

fine,

falso.

intrinseca possiam dire

libert al volere qual propriet essenziale dell' apintellettivo,

petito

in

ordine

agli

oggetti

proposti

dall' intelletto

come non
1'

necessarii: vuol dire che la


all'

libert

non

qualche cosa di accidentale


intelletto.

appetito

che consegue

Ma

se da questo prescin-

diamo, non possiamo pi dir nulla. La volont nominata, senza pensare che inclinazione conseguente
all'

intendere,

non porta concetto alcuno,


si
;

non

si

sa di che cosa

parli,

n alcuno ha pi diritto

di

attribuirle libert

anzi di questa pure sarebbe tronse al contrario

cata la radice.

Che

dovessimo conpoi nel suo


:

cedere allo Scoto quella sua prima asserzione, essere


la libert

intrinseca al volere,

dovremmo

processo fermarlo a quell' altra proposizione


sitas
71071

Neces-

repug7iat voliaitati co77iparatae


di
s
:

7U7n,

diremmo

per voi,

ad pr due Ho sottile Duns Scoto,


della

ripugna, poich avete detto che ad ogni atto

volont essenziale

la

libert.
il

Ed

egli intese

che

passo era duro.

Per ag-

364

PRIMATO DELLA VOLONT


:

Sed qiwmodo hoc est possibile, quum liberum, ex hoc quod est liberum, vdeatur posse se determinare ad hoc producejidum. et ad suiim oppositum f Or si suppone che questa doppia determinazione non
giunge
sia possibile,

poich

si

tratta

di

operazione neces-

saria
saria,

si

pretende che anche un' operazione necesdirsi libera.

perch volontaria, deva


:

La

risposta

dello Scoto molto secca


bet

Respondeo quod quamli-

formam. consequitur suus modus agendi.

Ergo

voluntatem. sequitur libertas.

Ma

questo un affermar

senza prove l'assunto stranissimo e pi volte negato;

dunque non
libertas et

vale.

Similmente nel Quodlibeto

XVI

si

legge questa sentenza definitiva:

Cum
(^)

necessitate stai

non

est

quaerenda ratio

Ma

questo

un esigere troppa sommessione


pot lo

d' intelletto.

Come
ordine
se-

Scoto confondere in

tal

maniera

l'

della facolt

ad alcuni oggetti

ad alcuni

atti

condi, con r ordine immutabile della natura al

suo

oggetto primario
volitivo libero,

Come

pot scrivere che ogni atto

senza ben

determinare
?

che

cosa
neces-

intendesse per libert, e per necessit


sitate stat libertas, dice egli.
gli

Cum

uno scolaretto tomista


;

risponderebbe

Stat libertas a coactione, concedo

(^)

Per questo forse sembr ad alcuno che

lo

Scoto

fosse vindice della libert pi intero dell' Aquinate, facendo


s

l'atto volitivo

libero, che, anche quando procede per necessit di natura, debba ritenere quel modo di libert ad esso intimamente essenziale. Ma non bene altri vendica la libert con distruggerne la propria nozione: or si distrugge, se affermata l dove

intrinseco al volere l'esser

l'atto

non soggetto

al

dominio

della facolt volitiva.

PRIMATO DELLA VOLONT


libertas a iecessitate,

365

nego.

La qual negazione
assioma
;

ma-

nifesta

come

il

primissimo
gli

la

distinzione
si

data comunissima fra


dice che
libera
la

Scolastici.

Or quando

volont,

ognuno intende
necessit.

nel-

r ultima maniera, che nega non solo V esterna


zione,
s

coalo

ancora

1'

intrinseca

Se

poi

Scoto conclude che

la volizione libera

anche quando
dichiariamo di

non pu esser

altro

da quella che
dire,

non capire che cosa voglia

non ce ne curia che,

mo

pi.

Quello che
la riferita

e'

importa di notare

si

secondo

opinione scotista, la volont tutto

da

s,

non per determinazione alcuna che riceva o dall'oggetto o dall' intelletto, esercita la sua
attivit.

Con

che richiama
che,

il

pensiero a quella stranezza kantiana,


distrutto l'ordine intellettivo, la vo-

dopo aver

lont da s potr ristorare l'universo, e potr seguire


il

dovere e
dello

dirsi libera e
l'

il

resto.

Anche per
e la

l'antica

via

Scoto

azione soggettiva

volizione
sot-

prendono una singolare ed eccessiva importanza,


traendo
realt, e
il

soggetto alla legge esteriore dell'oggettiva

facendo in esso
l'

immanente

la

ragione del
france-

suo operare. Certo

illustre e religiosissimo

scano non volle mai favorire una opinione

men

con-

forme

al

sentire

cattolico.
agli

Con

le

sue

sottigliezze
di

diede tuttavia pretesto

avversari

riputarlo

in diversi punti (univocit dell'ente, indistinzione del

essere dall'essenza, primato della volont) favorevole


ai

loro sistemi o al loro scetticismo

perci,

senza

lasciar di riconoscerlo
in parte contraddirlo.

per

uomo

insigne,

dobbiamo

366

PRIMATO DELLA VOLONT

Assai pi

vicini
ai

ad Emanuele Kant sono

altri

nuovi maestri,
bilire le verit

quali

sembra che

l'unica via di sta-

fondamentali sia quella che parte dal


della
virt
;

sentito bisogno del cuore e dall'amore

onde poi procedendo

si

deduca
alle

la necessit di

porre

un termine
dell'animo,

rispondente

aspirazioni

e al

moto

come vedr ognuno che


desideri.

operi

onesta-

mente e perci drittamente


de ir azione, non
possibile

la filosofia

intendere

per chi vive

male,

parvente e lucida ad ogni

mente elevata e
tempi
sola

giusta, sola potente a

muovere
studio

g' intelletti dei

nostri e invitarli

allo

delle cose sacre,

vincitrice della difficolt che le

nuove dottrine hanno


giovani
avversarli

opposto
logetica.

alle

idee micdievali e ai vecchi metodi d'apoi

Cos gridano concordi

dell'antica Scuola, in larga schiera seguaci del Blondel,

del quale celebre


titolo

il

ponderoso volume che ha per

'

Action.

ripetono che ogni scienza


si

umana

manchevole (questo

saputo sempre), ed perci


:

sempre incerta (questo non segue) dicono che non pu


distinguere con esattezza
il

soggettivo dall'oggetivo e
l'altra

che di nessuna cosa sa tutto. Veramente l'una e


eccezione sono state discusse da secoli
:

della

prima

abbiam parlato troppo a


disprezzare,
tratto dal
tura.

lungo

la

seconda da
i

come

il

vieto sofisma

contro

miracoli,

non conoscer noi

tutte le forze della

na-

Sappiamo qualche

cosa, in tal

modo che quanto

pu rimanere da trovare pi

tardi s'aggiunger, senza

PRIMATO DELLA VOLONT


distruggere
il

367

Troveremo nuove propriet del triangolo, senza negar mai che la somma degli angoli valga due retti scopriremo nuove leggi della
gi saputo.
;

elettricit,

senza dubitare che qualche energia sia pur

richiesta per eccitarla.

Ma

disprezzando
sicuri

le

antiche

osservazioni,
dall'

giovani
la

procedono

a dedurre
e
l'

imperfezione

nullit della scienza


la

inutilit

dell'intelletto.

Accusano
preteso di

Scolastica del grave

er-

rore

d'aver

sciogliere
la

ogni

questione e

d'aver quasi voluto costringere


nella

divina rivelazione
;

cerchia della

filosofa

peripatetica

quindi

si

credono meglio
disprezzare
il

agguerriti a combattere e a che venne


evita

fermi a

razionalismo,

moderna-

mente

l'et

superba.

Ma
i

si

male un errore,

cadendo

nel contrario, e

recenti

hanno gran torto


alla

d'assomigliare la bestemmia
trina Scolastica, che fior

razionalistica

dot-

nella

Chiesa e ne fu be-

nedetta.

Dopo

questo, anch'essi

come Kant, vogliono


ragione
di

ri-

parare alla rovina, cercando nel soggetto, che libe-

ramente vuole ed opera,


del

la

affermare

il

trascendente (barbara lingua kantiana),

ossia la realt

mondo

esteriore,

e di
in

riconoscere

nell'esterna
il

realt,

con cui siamo

contatto,

anche

sopran-

naturale che eccede la natura,

ma

del quale

abbiam
ci

bisogno, avendone imnia?ie7ite in noi l'esigenza. L'intimo,

dicon

essi,

e l'azione
al
:

conforme
ci

al

dovere,

portano

sempre

di

da tutto

che abbiam
la

potuto conoscere

dunque

insuffciente

ricerca

del vero fuor di noi,


sistere nello

ma
il

tutta la filosofia

deve coni

scrutare

contenuto del pensiero e

368
postulati

PRIMATO DELLA VOLONT


dell'azione.

Vuol

dire,

se

ci

apponiamo,
per vedere

che

lo studio

dee volgersi a noi


il

stessi,

che cosa importi


ci

nostro pensiero e a qual termine

porti la nostra azione. Proprio cos la metafisica

del
la

Kant doveva
sua morale
si

fissar l'ordine

dei nostri

sogni, e

fondava

nella dignit

dell'umana

persona, chiedendo poi a

modo

di postulati

non ne-

cessari la libert, la vita fijtura, Iddio.

La nuva
Ai nuovi maestri
ficace.

apologetica.

l'antica apologetica
la realt

sembra

inef-

Prima,

perch

del

soprannaturale,

fosse

pur dimostrata, non basterebbe a imporci l'obdell'apologeta


si

bligo di aderirvi. Poi, vero ufficio


quello di far vedere che l'uomo

non pu a meno

d'aspirare a

una

vita superiore,

bench da s egli
si

non valga a raggiungerla. Inutilmente adunque


adopravano molti a dimostrare
soltanto per chi disposto
racolo,
rivelazione. Perch infine le prove di fatto

la storica verit della

valgono
il

ad accoglierle; e

mi-

per esempio,

che

mostra uno straordinario

intervento di Dio, suppone gi certa l'azione


del Creatore.

comune
di

Ora questa conoscenza naturale


delle

Dio,
si

che agli
facile,

antichi, ai tomisti particolarmente,


la sottigliezza

pareva

per

nuove

critiche di-

ventata

difficile

come

quella che parte da principii


udirli,

non pi ammessi. Senonch, ad


dell'azione

la

filosofia

compenser
antico.

assai bene la perduta efficacia

del

metodo

PRIMATO DELLA VOLONT

369
re-

Pu

forse,

dicono

nuovi maestri, pu alcuno

sistere all'evidenza del fatto che la vita

importa ne-

cessit di agire, e che a questo agire

da porre una
gli

regola e un fine? Si sforzano invano di negarlo


epicurei materialisti,
i

quali col solo discutere la quee'

stione gi dimostrano che essa

e che dal

genere
scel-

umano

sentita.

Col rispondere a lor modo,


la

gono un

fine cattivo,

sola

volutt, e conseguen-

temente una regola

falsa;

ma suppongono
Se invece

doverci
neces-

essere quel fine e questa regola.


sario aspirare

a un bene pi alto,

degno

della

umana

persona e rispondente
stendesi
all' infinito,

alla capacit

d'un cuore che

e ogni anima,
esaltata,

anche inconsciaci
s'

mente,

n'

commossa ed

impone

lo

studio del termine da conseguire e della via da battere.

tale studio si

volta la filosofia dell'azione

e appoggiata all'evidenza di quel bisogno del cuore,

ne accerta
cordasse

la

soddisfazione,

prevenendo

il

pericolo

denunciato dai tomisti, che, se un punto


allo

solo s'acdi-

scetticismo

kantiano,

rimarrebbe

strutta ogni scienza.

Ecco

l'ordine,
le

il

processo che tiene.

Il

soggetto,

col ricevere

impressioni

dal cosmo, vi

risponde

attivamente; cos diventa un compendio dell'universo;

e ne segue che

lo studio della coscienza e dell'azione


le

conseguente sar pure uno studio del mondo. Per


impressioni che
le
ci

vengon

di fuori noi

concepiamo

idee.
;

Ma

concepire un agire e un disporsi ad

agire

a che sopravviene la riflessione, e infine l'ope-

razione. Riflettendo,
sibili,

vediamo

le

diverse azioni pos-

e tra esse eleggiamo.

Ora operando veniamo


24

370

PRIMATO DELLA VOLONT


del soggetto con ci che lo cir-

a fare una sintesi

conda

cotesta operazione tuttavia inadeguata alle

aspirazioni infinite, e

potremmo

altro

ed altro da ci
la coscienza di

che facciamo. Eleggendo adunque quell'azione reale


ch'esercitiamo,

poniamo insieme con

un potere

indefinito

una determinazione dello stesso

potere e qui appare evidente la libert. Forse alcun-

ch di simile

si

conteneva nella dottrina scolastica,


il

quando voleva provare


mostrazione

libero arbitrio

ma

la di-

ora recata pi luminosa

e pi viva.
la ri-

Cos essi in buona fede, e notano che quando


flessione

ha destato

in noi

il

sentimento della libert,

Tuso ne diventa inevitabile (non volerne usare gi

un usarne), e qui
versi oggetti

l'

iniziativa della volont resta

li-

bera dalle pastoie del motivo trionfante. Che se diallettino


il

desiderio,

viene

innanzi

il

dovere, a cui la buona volont s'attiene, vincendo, se


fa

d'uopo,

le contrarie passioni

e superando
la

le

dif-

ficolt.

Cos

afforzata

e sicura

volont dirige e
sociale. L' in-

comanda
cazione,

l'azione,

prima individuale, poi


il

dividuo presto sente


e stimolato

bisogno di esterna
un' invincibile

comunisi

da

esigenza

espande
tutta

in tre sfere d'attivit:

la famiglia, la patria,

l'umana societ.
il

Non

basta.

L'uomo

sente an-

cora

bisogno d'una pi intima comunicazione con

l'universo, anzi

con

l'

infinito,

e la volont

si

trova

indotta a porre fuori dall'ordine reale un sistema di


verit metafisiche.

Qui

nascosta

una

virt

impedel.

netrabile al pensiero, accessibile al l'azione, in cui


si

movimento

disegna

la

forma del dovere

L'azione sembra esigere un termine

reale fuori del

PRIMATO DELLA VOLONT


reale,

371

un quid divino.
si

E
le

cos

ognuno o riconosce
il

Iddio vero, o almeno


cos ci porta a

foggia

suo idolo. L'azione

colmar

lacune del nostro essere e

r infinito delle nostre forze.

Se ad alcuno parr che


chiarezza sia manchevole,
dell'
si

in

tutto

questo dire

la

assicuri
al

che

maestri

immanenza non hanno intorno


s'

loro

sistema

idea pi netta. L'animo nostro

inclina al sospetto

che

mantenitori di quella filosofia procurino d'avil

volgere

lor pensiero

nella

moltiplicit di lontane
affine

e inaspettate considerazioni,
stessi e

di

persuadere se
si

altrui

che nel loro

sistema
ai

nascondono
;

meraviglie e

v'

un tesoro

profani invisibile

es-

sere necessario

uno studio
i

assai lungo, per afferrarne


l'

senza illusione
e la verit
al
;

principi

per misurarne

importanza
e im-

per convincersi
al

come

sieno da sostituire

pensiero e

metodo

antico,

omai caduto

potente.

L'oscurit vorrebbe far le veci della verit

profonda.

Pi nettamente

altri

dicono che

l'

intelletto

non

mai o quasi mai da se stesso determinato ad accogliere la verit proposta, e che

sempre necessario

l'impulso della volont. Forse la conoscenza pu bastare

ad aver

la

sua determinazione nelle verit spee nei risultati

rimentali, ora
calcolo.

dette scientifiche,
v'

del

Ma
i

anche qui, non

scienza che non supmetafisici,

ponga

supremi principi,

astratti e

non

372

PRIMATO DELLA VOLONT


per
verit

pi dimostrabili
altro

pi

alte.

allora,

che

pu

aversi se

non
?

fede,

con

la

quale

gli stessi

assiomi sieno accettati


dalla volont.
i

Ora

la

fede dipende sempre

Dunque

dalla volont

dipendono anche
poich ve-

primi giudizi

dell' intelletto,

e per essi tutti gli al-

tri.

Questi poi dipendono


di fatto
vie.

direttamente,

diamo
dall'

che

gli

uomini vanno ragionando per


determinato

opposte

Onde segue che ognuno


non
la

indole e dalle disposizioni soggettive, principalvolere,

mente del
scio,

dall'obbiettiva verit, la quale

determinerebbe

tutti

egualmente.

conscio o incon-

ognuno segue
gli

sua volont, e con ci abbiam


diversi
;

la

ragione delle sentenze e dei sistemi

ve-

diamo perch

argomenti che paiono

ad alcuni

efficacissimi per dimostrare Iddio,

non abbiano verun

potere di persuadere altrui quella medesima conclusione


,

e similmente per l'anima spirituale, pel libero

arbitrio e sopratutto

per

la credibilit

della

divina

rivelazione, o della religione cattolica.

Ne segue

che

tutta la verit delle scienze e dei motivi di credere

dipende dalla volont ben disposta.

viceversa

non ha vantaggio alcuno


non
in

la

conosi

scenza, sia naturale sia di fede, se

quanto
l'

ordina con

la

buona volont a

far

retta

azione.

Questo
sulla

chiaro, dicono g' immanentisti, riflettendo

pochezza e sull'incertezza d'ogni scienza umana.


la

A
Le

che cosa arriva

conoscenza

della

natura, che
la

pur sembrerebbe dover essere per noi


ipotesi e le opinioni teoriche

pi facile?
di

vanno mutandosi

giorno in giorno, con ci dimostrando

la loro vanit.
fatti

Ne rimane

la

semplice enumerazione dei

dspo-

PRIMATO DELLA VOLONT


sti

373

con un certo ordine

e sarebbe

ben poca cosa,

se nelle pratiche applicazioni quindi dedotte

non gio-

vasse alla vita. La matematica, per s pi astratta,

appagherebbe appena
entit,

in

un oggetto

di piccolissima
fi-

quali sono le relazioni dei numeri e delle

gure, una curiosit quasi inutile, se non fosse applicata alla


spetto
le
fisica,

ossia rivolta a coordinare, sotto l'a-

della
i

misura quantitativa e del moto locale,

forze e

fenomeni della natura corporea. Di qui

torniamo come prima all'azione. Che vale poi per se


stessa la filosofia
?

Che

vale la metafisica

Qui, pi

che altrove, tutto pende dalla rettitudine dell'anima


volta al bene e al vero
;

ne di quel pochissimo che


frutto,

possiam sapere v' altro


rettrice del vivere

che una norma di-

secondo onest.

Finafniente allo scopo medesimo, bench trasportato

ad un
ci

ordine pi

alto,

diretta la

fede.

Che

cosa

ha rivelato Iddio, se non quello che deve


?

condurci alla vita eterna


a contentare la nostra
ci

Non ebbe
di

certo riguardo
:

brama

sapere

anzi nulla

disse che

debba semplicemente considerarsi come


che
fu

verit speculativa. Perch, dice Scoto (in prol. Sent.


q.

IV), la

cognizione,

ci

comunicata della

Trinit, tutta volta a proporci l'oggetto dell'amore

soprannaturale
cela,

non

ci

fu

altro

motivo

di rivelar-

come non

c' dell'averla

altro vantaggio.

ba-

Orbene
sta

manifesto che per dirigere la nostra azione


di mostrarci la verit assoluta
:

non v' bisogno


il

proporcela sotto l'aspetto che a noi conviene


il

per fare buono e retto

volere.

Quali norme prati-

che prenderemo

dogmi

della religione:

veramente

374
inutili

PRIMATO DELLA VOLONT


per
l'intelletto

che non

ci

capisce nulla e non


alla realt
;

pu formarsene alcuna nozione rispondente

sommamente
nella vita con
il

adattati
tal

al

nostro bisogno di reggerci


il

legge da raggiungere

fine

per

quale Iddio

ci

ha

creati.

Ci sembra di aver cos presentato in compendio


le

idee che corrono nelle nuove scuole, ove

domina
l'a-

la filosofia dell'azione, ossia della volont,

perch

zione buona in quanto buona la volont. Breve-

mente, tutto

si

riduce a dire

che

l'

intelletto

da s

rimane impotente ad accettar veruna cosa che importi,

o a sapere

alcuna
;

cosa fuori

dell'esperienza

immediatamente

sensitiva

che invece sentiamo chia-

rissima e prepotente la necessit di dirigere ad uno

scopo non indegno


che
la retta

di

noi

l'amore e l'operazione

volont sola principio dei veri pensatali


;

menti e dell'attenersi a

sentenze che valgano a


fine tutta

ben dirigerci
la

nella vita

che quest'unico
s

ragione
ci
ci

del

sapere,

che n

ci

deve importare
assoluta,

possibile di

raggiungere

la verit

ma

basta la coscienza

d'operar bene, senza pre-

tendere di saper

di pi n di contentare un' inutile

brama

dell'orgogliosa intelligenza.
i

Probabilmente

filosofi,

dei quali cos riassumia-

mo

concetti,

tempererebbero qualche espressione, e


il

certo

vorrebbero esporre

loro

sistema

e le loro

ragioni con

maggiore ampiezza.
scritti;

Ma

le

espressioni

son tutte prese dai loro


varrebbe a dilucidar
rarlo.
l'

l'ampiezza poi non

argomento, sibbene ad oscumaestri


disprezzar
l'arida

Sogliono

nuovi

precisione antica; essi con molte parole sonore e va-

PRIMATO DELLA VOLONT


cue, con
il

375

immagini
s

scintillanti

ma

incerte,

involgono

pensiero,

da confondere ogni cosa. Spogliando


di ci

la

nuova

filosofa

che serve a coprirla e a far

sospettare profondit dove non che oscurit, essa


si
il

riduce a quello che abbiam detto.


giudizio che merita,
:

Ma

per darne

esporremo
i

la

contraria dotdella vofacolt

trina dell'Angelico

studieremo

rapporti

lont con l'intelletto, e


influisca
sull'altra;

come

l'una delle

due
in

troveremo che
in

anche

questa

parte,

non meno che

ordine alla critica dell'umana


i

conoscenza, quanto di vero possono dire


fu

moderni
dagli

meglio detto e giustamente determinato dagli an;

tichi

quanto

si

vuole

aggiungere
falso,

di

nuovo,

antichi

non

fu detto,

perch

perch ne ver-

rebbe r impossibilit

di accertare

qualunque verit
vanto di

naturale e divina. Questa tesi non fatta per acquistarci la

benevolenza degli
;

avversari, o

il

modernit

ma
di

nella ricerca del vero,

eccitamento

buon

desiderio,
della
l'

ci

dopo il primo proponiamo di


lasciando
l'

procedere col raziocinio


partigiani della
dell'intelletto.

mente,

ai

volont

affidare

ad essa

ufficio

Articolo
Rapporti veri tra

II.

l'intelletto e la volont.

Possono sperar davvero


loro idee

nuovi maestri
?

che

le

abbiano a prevalere

Quando

il

panno
le

sdruscito e incomincia

a ragnare, poco

valgono

rattoppature

verr vicino ad esse

uno sdruscio pi

376
largo.

PRIMATO DELLA VOLONT

cos indarno,
la

dopo aver guastato


la

l'intelletto,
;

tentano con

volont di riparare
si

rovina

la vio-

lenza che perci


irrimediabile.

faranno, metter in vista lo strappo


i

Dopo

giri viziosi

e le inutili fatiche,
d'

convien tornare

agli

antichi

risultati

un ingenuo
sugli

studio della natura e d'una sincera riflessione


atti

dell'anima.

Con

ci riconosceremo che l'intelletto

fondamento e radice della volont, che per deve

assolutamente

precederla

di sua

natura.
l'

Vedremo
pi

che pel proprio

modo
il

di operare,

intelletto

nobile e assolutamente primeggia sulla volont, in or-

dine a costituire
fezione
e
nella

soggetto
;

nella sua formale per-

beatitudine

che

peraltro,

sotto

diverso

aspetto, la volont

rivendica a s
al

qualche
infi-

primato, nel terminarsi col suo amore


nito,

Bene

senza diminuirlo, per riceverlo nella propria ca;

pacit,

come fa l'intelletto guardata come motrice, da

ch'essa vince ancora,

ri-

cui dipende in gran parte

l'esercizio delle altre

facolt e dell' intelletto

medepure

simo

e per questo e per altre ragioni influisce

sulla specificazione di

molti

atti,

bench non pos-

siamo

far dipendenti

dal volere le prime e pi ne-

cessarie e pi perfette operazioni intellettuali.

Saliamo

ai

principi.
altri veri,

Conviene partir da

essi

per

dar luce agli

e far cos particolarmente


i

necessario nel confutare


di tutta la

moderni

errori,

distruttivi

buona
di

dottrina, e

non opposti soltanto a

questa o a quella particolar conclusione.

Che omai

non disputiamo
agli atti della

qualche ultima sottigliezza intorno

mente; bens dei primi procedimenti,


si

con che

l'

intelletto e la volont

portano

ai

loro

PRIMATO DELLA VOLONT


Oggetti. Bisogna

377

dunque
il

salire ai principi,

ove

l'e-

videnza risplende e
ragione
guenze.
essenziale,

riluttare

assurdo e appar la
dalle

primo fondamento

conse-

Quale pi eccellente?

Ebbe ragione
Purgatorio, ove
sta (e.

l'Alighieri

di farsi dire

da Virgilio,

dalla ragione personificata, l nel quarto girone del


la

notte gli avea costretti a far soil

XVII)
N

e,

per confortarsi della dimora,

Mae-

stro avea preso a dichiarare amore, quella sentenza:

Creator n creatura mai,


ei,

Cominci

figliuol, fu

sanz'amore,
1

O
Qui
siasi
si

naturale o d'animo: e tu
la

sai.

chiama amore
alla

prima inclinazione
al

di qual-

natura

sua

perfezione o

suo
se

bene.

La

comunanza
qualche,

del

nome non pu
amplissima,
:

tenersi,

non per
Ciascuna

sia

pure

analogia.

cosa a suo
principio

modo
reale

o con l'entitativa proporzione d'un


altro

ad

principio, o con

la stessa

imperfezione che
la

domanda

d'essere
di

compita, o con

forza attiva che cagione

moto, o col moto

medesimo che tende al suo termine, o con l'acquistare una forma non ancora ottenuta, o col persistere in essa e difenderla,
azioni,

resistendo
si

alle

contrarie

come ogni oggetto


tende
al

queta
:

nel

suo essere

intero, e alla distruzione resiste

ciascuna cosa a suo

modo

proprio

bene.

Similmente,

quando

nel senso impressa organicamente ed percepita

378

PRIMATO DELLA VOLONT


alla disposizione del sen-

una forma, che corrisponde


ziente

come buona ad

esso, viene

naturalmente ad

eccitarsi nello stesso

soggetto, e nel
all'

medesimo

or-

dine sensitivo, un' inclinazione


alla

oggetto

sentito e

medesima sensazione, che d


fu

piacere, o
dell'

appaga
al

l'istinto.

Cotesta prima inclinazione


detta

appetito
e

suo bene

amore.

perch

sentita,

per

volgarmente

notissima,

naturalmente

avvenne
tutto

che

fosse estesa poi la voce

medesima a

ci che
in-

nei diversi

modi

di essere

pu avere con quella

clinazione o con quel sentimento qualche somiglianza

o analogia.
natura
alla

analoga

all'

amore
all'

la

tendenza
nell'

della

sua

perfezione o
;

essere
la

ottimo

modo

ond' capace

pure analoga

proporzione

della realt potenziale al suo atto, e l'impulso della

forza all'azione e

il

portarsi di ci che

si

muove

al

suo termine.
l'amore nel

Dice infine analogia col fermarsi delsuo oggetto


la

quiete

d'ogni

naturai

movimento

nel termine raggiunto.

Ma
venendo

se le naturali tendenze qui accennate


l'

hanno

qualche analogica proporzione con

amor

sensitivo,

meno da

esso e diminuendone
s'

la

propria

ragione, v' un

altro atto che


n'

innalza d' assai so-

pra queir amore, e


la

avvera molto pi perfettamente

ragion

formale.

Meglio che

non

sia

nel

senso

qualche impressione della qualit


telletto la
la

sentita,

nell' in-

cosa pensata, e

l'

intelligente acquista

con
se-

sua operazione una special maniera di essere,


la

condo

ragione

essenziale di quella

cosa.
l'

Tanto

migliore

che nel

senso qui

1'

essere e
il

operare,

quanto abbiamo pi vero e proprio

concetto della

PRIMATO DELLA VOLONT


conoscenza, e davvero
la
nell' intelletto
;

379

rappresentata
s'

reale costituzione dell' oggetto

e qui

aggiunge
stessa

la coscienza

che

l'

intelligente

ha del suo atto e dei

suoi rapporti con la realt oggettiva.

Ora

la

analogia di questo nuovo


nale,
tive,
s

modo
s

di essere
le

intenziosensi-

con Tesser
farci

reale,

con

immagini

dee

quasi prevedere a priori quel che di


attesta,
all'

fatto l'esperienza ci

ed comunissima

noti-

zia

dover

seguire

intendere una proporzionata


all'

inclinazione del soggetto conoscente

oggetto co-

nosciuto, in quanto questo diventa nell' ordine intellettivo quasi

una nuova forma o una nuova natura


e in

dell' intelligente,

quanto esso proposto come

bene e qual

perfettivo del

medesimo soggetto che


spirituale in

intende. Codesta inclinazione

propriisil

simo modo avvera

la

ragion di amore e ne porta


dell'

nome

lo porta

meglio assai

appetito sensitivo,
dal

peraltro pi conosciuto e forse nominato prima

volgo.

Come
oggetto

poi ogni cosa


;

si

muove
il

al

termine ch'essa

medesima conseguir
dell'

cos

primo e pi proprio

in
il

amore, anche

intellettivo,

bene di

colui che intende ed

ama.

Ma

perch

molte guise

pu avvenire che un diverso soggetto debba essere


riguardato

come appartenente
sia

a chi

pensa,

e nels

r apprensione divenga quasi uno col pensante,


il

che

bene del primo

pur bene dell'altro; ne segue


bene
l'

che
dell'

l'amore

si

porti al
io

amante, e eh'

ami
l'

come a bene amico come se fosse un


altrui,

altro
la

me. Anzi, perch

intelletto

pu

considerare
alla

convenienza di qualunque perfezione

potenza

380

PRIMATO DELLA VOLONT


n'

che

capace, e pu compiacersi

come

in
l'

oggetto
universo

eh' bello a contemplare,

con che tutto


soggetto

diventa proprio bene di ogni

intellettivo;
esi-

l'amore
ste,
e,

in

vero

modo

si

porta a tutto ci che

volendo, a tutto ci eh' possibile o

intelli-

gibile.

Osserviamo ancora che


diversa abitudine

1'

amore

un atto primo,
essere

dal quale altri seguono, nuovi e diversi, secondo la


all'oggetto, che

pu

desi-

derato e fuggito, e odiato e temuto, e dar cagione a gaudio o a tristezza.

ogni

spirito pi

sublime
si

gode
posa,

nella

perfezione e nella

beatitudine in che
gli

o brama quella che per a\^^entura

manchi,
;

e vi aspira

con

l'

impeto
si

dell' alta

natura in che vive

e ogni infima natura


lit

svolge dalla rozza potenzia:

verso r atto, eh' suo termine proprio

n Crea-

tor n creatura
d'

mai

fu

senza

amore, o naturale o

animo.
L'

amore

il

primo

atto operativo d'

una

facolt

speciale che chiamasi volont.


appetito 7itellettivo,

La quale pu
si

definirsi
incli-

come

quella che

attua

nandosi

al

bene conosciuto intellettualmente, ed emetle

tendo poi tutte


fettive,

altre operazioni

diversamente

af-

che a quella prima inclinazione conseguono.


manifesto che facolt
e

Ma

sopratutto

essenzial-

mente fondata
radice, cos

nell' intelletto,

come
all'

in esso

ha sua da
vo-

da esso dipende

nell'entit e nella per-

fezione e nel

modo

tendere

oggetto,

s
il

escludere ogni opinione la quale


lere

presentasse

come indipendente

dalla

conoscenza,

come

precedente ad essa, o pari cos da andare

insieme,

PRIMATO DELLA VOLONT

38I

senza diretto e necessario influsso di quella su questa.

Come

ogni natura principio di moto proporintrinseca


al

zionato,

ossia ragione

soggetto di

agire e di patire
e di svolgersi a
tiva

come realmente fa, e di muoversi suo modo; cos l'inclinazione voliconoscenza


intellettuale,

consegue

alla

e tutta
intelletto

ne dipende nella sua intima costituzione. L'


e similmente la volont

spirituale, n per se stesso atto d'alcun organo;


:

quantunque
s'

nella vita pre-

sente all'una e

all'

altra facolt

accompagnino mo-

vimenti organici dei centri nerv^ei sensitivi.


telletto

L' in-

importa un

modo
1'

di essere

formalmente opedel
;

rativo e intenzionale, al contrario


naturale, che precede

primo essere

operazione

e la volont del

pari importa una tendenza di attualit operativa, che

per s consiste

nell'

ordine intenzionale.

Alla coastratta

noscenza
di

intellettiva presente la

ragione
in

bene universale, e pu determinarsi


;

qualunque
al

oggetto conoscibile

la

volont pure

si

estende e

bene assoluto e a qualunque cosa

in s amabile.

intollerabile

adunque
le

la

sentenza attribuita allo


facolt per

Scoto, che dice operar


simpatia,

due

una certa
alle

come

radicate nella
si

stessa

anima, e

quali lo stesso oggetto


inutile

fa

presente. Cotesta una


l'

macchinetta da che rifugge


della

ordine

per s
possibile
la

costitutivo

natura. Anzi in
in

tanto

r inclinazione volitiva,
intellettuale,
l'elasticit,

quanto supposta
della

forma

come

lo scattar

molla

suppone

e questa disposizione molecolare, e que-

sta tal natura di elementi

o di misto. Similmente

il

correre della fiera

alla

preda

suppone

che quella

382

PRIMATO DELLA VOLONT

abbia veduta o fiutata questa.

manifesto che, non


se

essendo proposto

1'

oggetto

alla volont,

non per
forma-

r atto conoscitivo, dalla

cognizione

per s dipende

l'attuarsi del volere, e questa

dipendenza

lissimamente necessaria

7iil

volitum quii praecogniaccidentalmente, e


;

tum. Per lo Scoto sarebbe vero

ne sarebbe

tolta la

formale necessit
fosse,

n apparirebbe
sorgesse,
all'

in alcuna guisa

che cosa

onde

la

facolt volitiva
litivo

n potremmo dire che

atto

vo:

dee presupporsi

la proposizione dell'

oggetto
il

or quale facolt non creatrice pu operare, se


prio oggetto non le proposto
?

pro-

Adunque
cede e non

l'

intelletto, la

come causa

e radice,
:

pre-

segue
il

facolt di volere
;

io

voglio,

perch conosco

mio bene

come opero
e

mio modo
ordine
realt.

perch sono cos costituito


di

non

questo

pensieri

soltanto,

ma

di natura e di
dell'

Di

qui dedurremo altre dipendenze

appetito dalla
delle

conoscenza,

determinando

la

connessione
la

due

diverse operazioni.
diretta

Ora teniam ferma


d'

radicale e
e che

dipendenza del volere


il

dall' intendere,

falso

procedere

ambedue immediato

paral-

lelo dall' essenza dell'

anima.

Osserviamo
versit nel

in

secondo luogo un' importante didi

modo
Il

procedere

delle

due potenze

diversit che corrisponde alle


e del bene.

due ragioni del vero

vero prima nella conoscenza, e da


;

essa
il

si

deriva alle cose dette vere per ordine a quella


realt, e a

bene per se stesso nella


1'

questa mira
in

la

facolt che
la

ama. In tanto ogni cosa vera,

quanto

sua forma pu essere intenzionalmente riprodotta

PRIMATO DELLA VOLONT


neir intelletto
;

383

in

tanto buona, in quanto

pu

essi

sere effettivamente perfettiva del soggetto che vi

ordina o vi aspira. Quindi che


in s la

1'

intelletto

prende

ragione formale dell'essenza intesa; la vo-

lont tende
esistenza, n
ficace,
al

come

a suo termine

all'

atto

della reale

pu esser contenta di un amore inefquale non risponda verun mutamento o


nell'

nessuna attuai perfezione


la perfezione

ordine

delle

cose.

che buona, e che perci

deside-

rata

od amata, vuol essere


che per
:

di fatto posseduta, in quel

modo
l'

ciascun caso richiede la natura del-

oggetto

son

possedute

le

ricchezze

col

poterne

disporre, gli onori con essere lodati, o con occupare

un posto eminente,
cos via.

la sanit

con essere ben disposti

nel corpo, la scienza con averne fornita la mente, e

queste
si

reali

disposizioni tende
il

l'

amore
ira

il

desiderio, vi

posa

gaudio,

sorge
;

l'

vendicarli, e questi sono atti della volont

mentre

r intelletto pu conoscere quei beni, e pur prescin-

dere dalla reale


fette col

congiunzione di cotali

forme perraccogliamo
che chi
in-

soggetto intelligente.
opposizione tra
1'

Di che

la diretta

le

due

facolt,

tende trae a s

oggetto, e serbandone la propria

essenza gli d un nuovo

modo

di

essere,
la

il

menel

desimo

intelligente,

senza perdere
la

propria natura,

per suo atto acquista

nuova, riproducendola
all'

suo verbo

al

contrario chi vuole tende


nella

oggetto
e

qual posto
aspira

sua

realt e nel suo


esso, e cerca

essere,

all'unione

con

fuori di s la

sua perfezione.

Onde trarremo due conseguenze.


guardando
le

La prima

che, assolutamente

due

384

PRIMATO DELLA VOLONT

facolt spirituali nel proprio

modo

che ha ciascuna
senza dubbio

di operare e di portarsi all'oggetto,

pi alto e pi nobile
bile l'attrarre a s
s.

il

processo intellettivo. Pi noportarsi ad altro fuori di


il

che

Pi importa d'attualit

riprodurre in s l'esterna
attuarsi nella
l'

natura, che tendere

come potenza ad

perfezione di ci che fuori esiste. Meglio avvera

im-

mobilit dell'atto puro l'avere in s la perfezione della

non mutabile ragione


ottenere un essere

essenziale, che

il

muoversi ad

non

necessario.

ragione dunque
formali
e as-

conchiude l'Angelico che, stando


solute ragioni,
della volont.
l'

alle

intelletto

semplicemente pi alto

La seconda conseguenza
ogni
tuire

si

che

l'

intelletto in
al

modo

la

vince sulla volont

quanto
il

costi-

formalmente e per se stesso

soggetto

nella

sua perfezione. Questo dapprima

s'avvera

nell'asse-

gnare
Infatti

il

grado entitativo della sostanza


intelletto radice

intelligente.

della

volont,
al

non

vice-

versa, e per s dice proporzione


stente,

soggetto sussi-

del quale pure dimostra l'attualit o la perfe-

zione. Poich r intelletto dice con quanta elevazione


d'attualit sopra la materia o la potenza
si
il

soggetto

pone

nella scala degli esseri

esso formalmente mi-

sura cotesta elevazione, alla

quale

immediatamente
alle altre na-

risponde l'estendersi intenzionalmente


ture e
le loro
il

poter riprodurle in

proprie ragioni. L'


la

medesimo secondo intelletto infine sta come


se

la

natura che determina


la
al

sostanza nel suo grado;

mentre
denza e

volont corrisponde alla susseguente ten-

moto, che non costituisce

ma suppone

la

PRIMATO DELLA VOLONT


facolt attiva e
la

385

perfezione del soggetto.

Non

di-

remo dunque che l'anima umana occupa il suo posto nell'universo, perch ama a suo modo, ma assegnando
il

suo

modo
poi,

d' intendere

e similmente per ogni spi-

rito.

Ma
prime
molto
voglio,

proporzionatamente,

l'intelletto

ha

le

parti in ordine a costituir

col

suo atto T
e

in-

telligente
la

nella

perfezione
Infatti

desiderata,

vince

di
io

volont.
nella
il

non

nella
io

misura eh'

ma

misura che intendo,


e

son perfetto,
voluto.
in via
;

e possiedo

bene

ottengo

il

termine

In
in

quanto voglio, tendo e mi muovo e sono

quanto intendo, possiedo e gi tengo quel che voleva

come

intellettivo

voleva

infatti

un oggetto

intellet-

tuale, e lo

possiedo intendendo. Poteva essere inten-

sissimo r amore, e

poteva

stancarsi

nel

desiderio

ma

il

desiderio

si

queta, perch la mente possiede,


si

e per questo la
dirsi

brama

muta
la

in

gaudio.

N pu
;

che

il

gaudio costituisca
il

possessione

peroc-

ch suppone
intellettivo,

conseguimento gi perfetto nell'atto


l'avaro

come gode denaro, come gode chi


zione che ha nelle sue
nel termine, perch
il

perch

possiede

il

sano della

buona disposi-

membra. Sar perfetto e sar mio intelletto avr raggiunto


1'
;

amore non basta a quetarmi. E sar nel termine della mia perfezione, perch nella visione lo posseder, come da possedere un Bene sommamente intellettuale il
Iddio, vedendolo qual in se stesso
:

goderne sar conseguente.

perch beato dee

dirsi

chi

possiede
cos

il

bene

perfetto,

ed conscio

di

trovarsi

nel

termine
25

386

PRIMATO DELLA VOLONT


;

delle sue aspirazioni ingenite e convenienti

dovremo
lo

pur conchiudere che per V atto della visione


porter seco ogni bene,
la letizia,
;

spirito costituito nella sua beatitudine. Certo lo stato


felice

sopra tutto

inchiu-

der

che

tutti

apprendono come spettante


si

alla felicit

ma

V essenziale costituzione
il

ha per

quello che pone

soggetto in possessione del suo


all'

bene, in quella guisa che spetta

uomo

la volont,

ma

uomo

costituito nella sua natura, perch

ha

la ragione.

Anche

il

dir

con

lo

Scoto che
e nel

la beati-

tudine meglio

riposta

nell'amore

gaudio,
conce-

appartiene a quella sua

comune
;

dottrina

di

dere
fra
i

il

primato

alla

volont

a che assentono molti


dell' intellettua-

recenti, irragionevoli avversari

lismo tomista.

Noteremo che

in queste materie,

ov'

facile as-

ognuno che ha ingegno pu non basta questo o sostenere V opinione prescelta


sottigliarsi sillogizzando,
:

per mettere in dubbio la verit, o per dar credito


a qualsiasi sentenza. Troppo pi conforme a natura
e
all'

ordine delle operazioni


l'

il

procedere dell'Aquialtrui.

nate che non sia

ingegnoso

sofisticare

In-

vano dunque

altri

dissero che volgarmente chiamia:

mo

beato chi gode


si

non avvertirono che

il

parlar

comune
non
la

fonda
il

nell'

espressione del senso,

ove
consog-

vero che solo

diletto percepito
dell'

ed desiderato,
natura
;

proporzione

oggetto

alla
l'

al

trario dell' intelletto, che conosce

ordine

del

getto alla sua perfezione e al suo

vero

bene, e sa

che

il

goderne soltanto una propriet conseguente


s intesa e voluta

all'essenziale possessione, per

da

PRIMATO DELLA VOLONT


chi direttamente procede.
al

387
rispetto

Che per anche


il

senso, chi intende, ordina

diletto
;

all'

atto o nesente,
si
il

cessario o conveniente alla vita


trattiene nel piacere.
fine

chi

solo

Invano pur dissero che


:

proprio oggetto della volont

ad essa dunque
Perocch

tocca di raggiungerlo, com' essa vi tende.

dimenticarono che
capace, non per

la

volont

si

muove

al

bene del

soggetto, bene da conseguire per la facolt che n'


1'

atto volitivo che

da s non dice
vuole guarire
;

conseguimento n possessione.
r infermo,
ricco

Cos

ma non la r avaro, ma non

volont guarisce

vuole

esser

ricco perch vuol essere.

E
;

similmente vogliamo noi possedere

infinito

Bene

ma

lo

possederemo com' nato ad essere posseduto,


;

intellettualmente

che

lo stesso

vero

infinito

sommo

bene dello

spirito.

Invano finalmente han detto, omettendo


tigliezze ('),

altre sotlo spirito

che r atto

intellettivo,

con cui

(^) Una sottigliezza, strana assai, dello Scoto, per provare che libero l'amore dell'infinito Bene svelatamente

conosciuto,

si

che

l'

atto della volont


:

non

si

muta per

alcunch
seca
al

di intrinseco
all'

ora
:

la visione intellettiva estrin-

volere e

amore

senza

la visione, resta

dunque 1' amore che era libero pur libero con la medesima. Rispon-

diamo che troppo intrinseco

l' ordine della volizione alla conoscenza e troppo intima la dipendenza di quella da questa e nell' essere e nel modo con ci svanisce il brutto paralogismo. Ma dopo cotale errore, come pot lo Scoto insegnare che, posta la visione, l'amore diventa gaudio ed essenziale beatitudine? Ancora sarebbe da dire che l'atto volitivo non mutasi per alcunch d' esterno alla volont e per, data pur la visione, l'amore non beato pi che non fosse, quando semplicemente era desiderio del fine.
:

388
si

PRIMATO DELLA VOLONT


al

dispone

volitivo,

ordinato

questo

come
al

mezzo

a fine, e per

come alcunch d'imperfetto


si

suo compimento.

Ma

risponde non esser vero che


sia,

sempre quello
re,

eh' ultimo,

per s considerato e

non insieme con


fezione del

ci che vien prima,


si

sempre miglio-

e sia fine a cui quello

ordinava, e atto e per-

Pu invece seguirne come atto che ne dipende, e come effetto, non superiore il primo pu stare al secondo come alla sua cagione forma esemplare e come principio eccedente. Cos
precedente.
:

nessuno
neir

dir
la

che

il

riso,

al

quale

presupposta
ragione

uomo

ragione,

sia

migliore

della

stessa,

e che ogni

minimo

corollario valga pi della

dottrina onde dedotto, e la volont del


peri la volont del fine.

mezzo

su-

Tanto pi questo
atti

da ampotenza

mettere, ove sia questione di

spettanti a facolt
sia quasi
il

diverse

non

vero che
al

il

primo

incompita rispetto

secondo.

Cos

conoscere

presupposto

al

volere e n' principio e n' cagione;

non

in s perfezionato e

compiuto per

1'

operazione

volitiva che finalmente viene.

Per essa sar ultima-

mente compiuto

il

soggetto, migliore certo nell'amare


:

che se non amasse n godesse

ma

e questo

gaudio

compimento dell' intendere, n aggiunge al soggetto perfezione maggiore di quella che prima gli abbia

portato la conoscenza.

N
tore
di
:

r esposta dottrina perde certezza,


stesso

per quel-

r osservazione gi fatta dallo

Angelico
alla

Dot-

che r amor di Dio dee preferirsi


la

conoscenza

Dio; perch

conoscenza, ricevendo in s l'ogdi restringere


l'

getto,

non pu a meno

infinita per-

PRIMATO DELLA VOLONT


fezione
:

389

l'

amore, slanciandosi
Il

all'

oggetto in se stesso,

medesimo Aquinate pure osserva che l'addotta ragione non cambia la prima e fondamentale proporzione delle due facolt. Dobbiamo aglo lascia qual .

giungere che resta intera


stituire
il

la

differenza quanto al co-

soggetto nella sua perfezione e in posses;

sione dell' oggetto

che
di

1'

amore ha maggior valore


il

morale e ha forza
fine,

meritare

conseguimento del
il

ma

che
il

1'

intelletto

consegue
;

fine

e qui

ne

incomincia

possedimento
l'

che senza dubbio nella

vita presente vai pi

amore, col quale pienamente


di

aderiamo a Dio e otteniamo

raggiungerlo,

che

non valga
del pregio

qualsiasi scienza,

ma
in s

che

tale

inversione

non vale chiaramente per non former


si

la vita eterna,

ove

l'intelletto

l'immagine

di Dio,
;

ma immediatamente
condo essa

terminer alla divina Essenza


alla
si

che l'amore stesso, conseguente


limitato,
e

conoscenza, se-

non

misura nella sua


nd'
attirato,
s

entitativa perfezione dall' oggetto

dalla forza con cui vi tende.

Rimane che
perfetto
del
1'

assoluta-

mente,
e

e in

ordine a costituire
in

operante,

quanto a metterlo
la

possessione

suo bene,

r intelletto supera

volont.

^ * ^

Eppure sembra contraria a noi


l'Alighieri,

la

sentenza del-

che pone nel libero arbitrio, dote della

volont,

il

massimo dono

di

che Iddio abbia favo-

390
rito le

PRIMATO DELLA VOLONT


sue creature. Sono spesso citate
quelle

due

terzine

(V

del Paradiso):

Lo maggior don che Dio


Fesse creando, ed
alla

per sua larghezza

sua Bontate

Pi conformato, e quel eh' Ei pi apprezza,

Fu

della volont la libertate,


le

Di che

creature intelligenti,

E
Pu
stro,

tutte e sole, furo e son dotate.

darsi che

il

Poeta, non ligio ad alcun mae-

prendesse

cotesta

opinione

dallo

Scoto,

suo

contemporaneo; pu darsi che


di libert, cos pensasse
ferita,

tratto dal

vago amore
che senza

da

s.

Assolutamente pro;

r asserzione dantesca certo falsa


la

dubbio
in

massima perfezione
si

della creatura, e quella

che essa pi
s'

conforma

alla

Bont increata, anzi


dei
lo
celesti

veracemente
r amore
tavia,

india,

nello stato

prensori, ove la visione fa beato


dolcissima

spirito e

comdove

ma

invincibile
all'

necessit. Tut-

per non

dar torto
le

altissimo

cantore, posalla vita

siamo intendere

sue parole relativamente

mortale e sotto un aspetto particolare. In questa vita

importa unicamente tendere


creati
:

al

fine pel

quale siamo

or vi

si

tende col retto uso della libert, che


le contrarie
il

merita la vera beatitudine, disprezzando


parvenze.
alla

l'

aspetto particolare,

secondo

quale

libera
si

volont

dobbiamo concedere

le

prime

parti,

quello della virt motrice, o dell' influsso


1'

efficace sovra

altre potenze.
esseri, tanto

Quanto
soggetto e

ci

eleviamo nella scala degli


il

troviamo che

moto ha principio pi intrinseco al pi da esso medesimo determinato. Le

PRIMATO DELLA VOLONT


infime cose sono soltanto mosse, o

391

muovono

trasmet-

tendo un moto ricevuto di

fuori,

e tutta di fuori e

accidentale la determinazione

del

movimento. Le

piante, ove incomincia la vita, in alcuna guisa

muo-

von se

stesse;

ma

tutta

dalla

natura

che ricevono

dal generante, o accidentalmente dagli agenti esterni,


la loro determinazione a muoversi.
in
I

bruti

sono

alcun

modo
in

di libero

movimento, a
li

cui n la forza
essi
ter-

fisica

esterna

la

natura

determina; anzi
vita sensitiva,
;

conoscono,

quanto vivono
ci

di

il

mine del loro moto e


potere
l'

vanno

ma non
la

in

loro

apprensione del termine, n

conseguente
cir-

tendenza, e per dalla natura del senso e dalle

costanze oggettive son determinati a quel che fanno.

Sorge
gelo.
di s,

in fine

V intelletto, e questo legato, e in molte


nell'

guise dipendente

uomo
il

franco e sciolto nell'anriflettendo sopra

Ma
ha
il

via,

qualunque

intelletto,

in

suo potere

giudizio, col quale e codi

nosce
fine,

termine, e apprende la ragione formale

e giudica la proporzione dei vari mezzi a rag:

giungerlo
libert
il

che ad esso consegue

la libert, e nella

potere di muoversi e di determinare a s


si

medesimo
con
la

lo

scopo

la

via

per

andarvi.

Cos

ogni creatura intelligente partecipa di quella signoria quale


il
il

Creatore assegna ad ogni cosa

il

suo

termine e d
fisso.

moto

all'

universo verso
nell'intelletto;

il

fine prela

La

radice sta

tutta

formai

ragione di movente efficace spetta alla volont.

Di che dobbiamo assegnare


fu detto del

l'

intima causa in ci che

tendere l'appetito alla realt delle cose,


il

ov'

posto

bene, a diflferenza

del

vero che for-

392

PRIMATO DELLA VOLONT

nell' intelletto.

malmente
sponde
tunque
pur

termine reale necessario


in tutto alla
il

Ora per conseguire un il moto reale: perci ri-

natura dell'appetito, che, quan-

suo atto sia per s nell'ordine intenzionale,


in

sia principio

alcuna guisa
il

effettivo
si

di

quel

movimento
al

col quale

soggetto realmente

muove
ri-

bene desiderato. La conoscenza invece per s


nella sfera intenzionale.

mane
tasi

Che

se,

quando
lo

trat-

dell'

impero,

s.

Tommaso formalmente
ordina

pone
;

neir intelletto

che

una

facolt al suo atto


la

quanto
lont.

all'efficacia della

mozione,

ripete dalla vo-

Bench
dalla

sia quell'ordine

pensato enunciato in-

timato

mente

(come

la

mente ha
alla

la

parola

enunciativa e deprecativa), tocca

volont otte-

nere che l'ordine stesso venga ad


eseguito.

essere realmente
intelletto

Dobbiamo
di

attribuire

all'

una spe-

ciale influenza

causa

finale,

in

quanto propone

l'oggetto desiderato. Anzi questo quel motore che

pu
ne
in

dirsi

immobile, in quanto non sottomesso a

reazione alcuna e sta fuori del genere del


risulta.

moto che

Cos

il

senso primo motore nell'animale,


;

quanto eccita l'appetito

molto meglio motore


alla volont.

intelletto,

mostrando
reale,

il

bene

Ma

cersi

cando
porta

la causalit
al

effettiva,
la

che

immediatamente

termine

troviamo nell'appetito o

sensitivo o intellettuale.

Particolarmente da avvertire che


lont,

la

nostra vo-

come

appetito universale del bene appreso, e

principalmente e per s del bene spettante allo stesso

soggetto che pensa e vuole, tende per sua natura a


tutto ci che secondo le diverse facolt,

non soltanto

PRIMATO DELLA VOLONT

393

secondo

la

parte spirituale,

all'

uomo pu
:

convenire.

Ciascuna facolt, o ciascun principio d'operazione, ha


la

propria tendenza

al

suo oggetto

vogliam dire che


si

ciascuna

per

Tentitativa
atto,

proporzione

riferisce al

termine del suo


quasi

ed

naturalmente ordinata e
quella

portata a raggiungere

perfezione

che

otterr nell'esercizio della propria attivit e nel rag-

giungere

il

termine

verso

il

quale dee muoversiparticolare,


al

Ora

in

tal

maniera l'appetito tutto

riguarda come suo bene quel solo oggetto


la facolt proporzionata.

quale

Alquanto pi

di

ampiezza
;

possiam
senso

riconoscere

nell'appetito
si

sensitivo

che

al
le

interno

comune, ove

raccolgono tutte

esteriori sensazioni, risponde


titiva,

una sola facolt appeinclinazione


a
tutto
ci

della

quale atto

l'

che pu piacere secondo qualunque

modo
la

di sentire.

Ma

non ha

limiti nel

suo oggetto
restringe
l'

volont, nella

stessa guisa che

non

si

intendere.

E come
di tutto
al

anche intellettualmente abbiamo coscienza


ci che appartiene

secondo l'ordine sensibile


si

no-

stro soggetto

e perch quello a che

sente incli-

nata qualsiasi nostra

facolt

per ci stesso natu;

ralmente appreso come bene del soggetto

ne segue

che almeno con un primo moto

vi

tende l'appetito

universale del bene, ossia la volont. Vero che poi,

pensando non essere quel bene particolare proprio bene, n certamente necessario bene dell' uomo, la
volont,
eh'
il

appetito

razionale,
l'

potr

ritrarsene.

Tuttavia

primo moto o

inclinazione

spontanea
oggetto

della volont

come natura va

a qualunque

394
si

PRIMATO DELLA VOLONT


qualsiasi
facolt

presenti per appetibile, secondo

dell' intero

soggetto.
si

Con

ci

unisca
il

la

precedente considerazione,

che, essendo posto

bene nel reale conseguimento

dell'oggetto

amato, l'appetito

non

si

ferma

come

l'intelletto nell'apprensione e nell'ordine intenzionale,

anzi tende di

sua

natura a moto

reale

e a conselo

guire
stesso

di

fatto

quel
il

che

ama

n'avremo che

amore o

desiderio della volont deve essere

di sua ragione eccitatore delle altre facolt agli atti

propri, coi quali ciascuna consegue la sua perfezione

La qual cosa sopratutto di esperienza manifestissima nel moto delle nostre membra; che secondo il volere andiamo o
e concorre a quella
del

soggetto.

stiamo, e lavoriamo e prendiamo cibo o riposo, ed

emettiamo

la

voce o

la parola.

qui tanta la forza


ci

della volont, che

mentre fame e sete

spingono
:

agli atti corrispondenti, volendo,

possiam ritrarcene
temperi per

come

pure, essendo

sazio

l'appetito, volendo, vi ci
si

portiamo ancora.

Come

questo

altri

modi d'operazione, poi diremo, trattando della mutua dipendenza fra intelletto e volont. Ora notiamo, per
la

comune dottrina, La prima che

tre cose.
le facolt
atti

non

spettanti all'ordine

conoscitivo, e de'

cui

non abbiano immediata


sotto alcun dominio delintellezione.

coscienza,

nemmeno cadono
consegue
alla

l'appetito che
il

Nulla pu

volere, per s e direttamente, sulle operazioni ve;

getative, e per sulla sanit e sulla vita del corpo

checch possa mediatamente, col por

le

cause nocive

o vantaggiose all'organismo, come chi prende medi-

PRIMATO DELLA VOLONT


cina o
si

395

uccide, e checch possa ancora, eccitando


fantasie, di
il

l'uomo a vivide non

che resta modificato

il

sistema nervoso e

correre del sangue.

Secondo,
gli

influisce la volont

dove Tatto operativo gi


o chiuder
occhi

determinato dalla natura della facolt che opera. Li-

beramente potr

io tenere aperti

ma non

ricever la luce che vi penetra e


l'

non vedere

quello di che
possibile.

immagine
Terzo

dipinta sulla retina,

non

assoluto

pieno

il

potere

della volont su quelle potenze che

non hanno prodi operare,

pria inclinazione all'uno o all'altro

modo

come per membra. Se

indifferente la

facolt

motrice delle

altre

potenze sono da s inclinate, benatto,

ch non insuperabilmente, ad un

quanto

in-

genita e valida cotesta inclinazione, altrettanto sar

diminuita

V influenza o

la

virt

determinante della

volont; sar tolta del tutto, se quell'inclinazione

immutabile e

l'atto

necessario alla natura.

Chiaro

l'esempio nel

moto

delle
di

passioni o delle interne


esse

sensitive tendenze.
il

Sovra

pu senza dubbio
vile

risoluto proposito dello spirito che ragiona e vuole;

ogni

uomo

onesto che non

si

mancipio

alle

sue voglie ha forza di non

seguirle,

e riesce a di-

minuirne
contrario

la foga.
i

Questo

vero,

checch dicano in
di

seguaci della

moderna scuola parlando


invincibili,

delinquenti nati e di
loro anche

inibizioni

poste da

prima che l'uomo venga


ci

in

vera pazzia.

Nondimeno

noto per dura esperienza, che spesso


della
inferior parte

feroce la lotta o la ribellione

contro la migliore eh' in noi. Perci disse Aristotele

che r impero razionale sul moto delle

membra

396

PRIMATO DELLA VOLONT

esterne dispotico, quasi di padrone su schiavi, privi


di atto
sulle

proprio e incapaci

di

resistenza

l'

impero

interne

tendenze politico, quasi

di

principe

su liberi cittadini.

Influsso vicendevole.

Importa a noi sovTatutto


in qual

di studiar le

mutue

re-

lazioni tra r intelletto e la volont, per determinare

modo

con qual misura

la

volont influisce

sull'assenso intellettivo.

Ci giova distinguere la specificazione e l'esercizio


dell'atto:
in diversa guisa l'uno e l'altro

dipendono
la

dalla

natura

della

facolt,

dall'

impulso che

vo-

lont

pu dare. L'esercizio consiste


operativa,
s

nell'attuarsi della

potenza

che

di

fatto

essa

emetta

la

propria operazione. La specificazione riguarda


in

l'atto,

quanto riesce
la

cos

o cos determinato, non

altro.

Quando

facolt del tutto determinata


risulta

ad un atto
ci

solo, la specie

dalla
;

natura, per
e viene

stesso
facolt

che attuata

ad

esercitarsi
;

dalla

come da
sotto

principio eficiente
aspetto, cio

quantunque venga pure

altro
tal

formalmente, dall'oggetto,
unicamente.

a cui

potenza volta

Se una meda essa,

desima facolt
e a suo

capace di atti diversi, verr

modo

dall'oggetto,

una determinazione gecasi

nerica, lasciando che nei varii

dal

termine pi

preciso di ciascun atto venga a questo l'ultima specificazione.

Uno
le

il

genere degli

atti intellettivi

molte sono

specie di concetti e di

giudizi,

d'in-

PRIMATO DELLA VOLONT


tuizione e di
d'altri

397
di
atti

raziocinio, d'opinione

scienza, e
volitivi
;

ancora.

Uno

il

genere degli

ma
le

altre

sono

le inclinazioni

prime e necessarie,
distinguere.

altre

seconde e

libere,

e l'amore e l'odio, e molte

maRi-

niere

di volizione,

che potremmo
s'

guardo poi
che

alla volont,

intende in particolar

modo

l'atto si specifica

pel

determinarsi

dell'elezione

ad una delle parti


der una, ricusando

eleggibili.
le

Ora

nel poterne pren-

altre, consiste

quella che chia-

masi libert di specificazione.


Suole
cizio,

da

questa

distinguersi

la

libert d' eserla

la

quale molti ripongono nel potere


il

volont

emettere

suo atto libero o non emetterne assolueleggere


o non
eleggere.

tamente

alcuno,

Questo
sia

non ammettiamo. Perch non crediamo che mai

posto
e
il

nell'assoluta facolt d'un soggetto l'attuarsi


attuarsi,

non
tarsi

essere in atto

operativo o non essere.

N crediamo
:

che

la

libert si eserciti

senza eserci-

or

questo

farebbe,

se la

volont

totalmente

perfetta in ordine a

una operazione che da essa pu


in

immediatamente procedere, avesse


non operare
simo che
cun
atto,
in

suo potere di

alcuna guisa

oppure

questo medeal-

non operare eleggesse, senza porre


dirsi

che possa
in

elezione.
essere,

Crediamo invece
e cos
l'

che l'essere

atto o

non

avere in

un dato istante
diatamente

l'attualit di

emettere l'operazione o

non averla, non possa mai essere del tutto e immein

facolt del soggetto,


le

ma debba
il

dipen-

dere da quelle cagioni per

quali

soggetto mein

desimo posto
tenza,

in atto piuttosto

che trovarsi

po-

secondo quel principio: omiie quod movetur ab

398
alio movetur.

PRIMATO DELLA VOLONT

Questa necessit metafsica riguarda


operatrice,

la

volont

come

non

altra facolt

o entit creata.

meno di qualunque Che per anche il vo-

lere in

atto dipende

da un principio esterno, causa


:

efficiente del

suo moto, almeno dalla Causa prima


costituito
in

quando prima per essa


non

atto ope-

rante, ripugna che

sia in atto operante.

Pu

elegri-

gere liberamente,

ma

ripugna che non elegga, e

pugna che senza alcun atto eserciti la libert (^). Adunque non da intender cos la libert d'esercizio

che

sia in

potere

del soggetto

porre

un atto

(^)

Ci opporr forse alcuno Qv' detto che


?
il

l'art.

Ili della q.

VI

nella

ja iiae^

volontario

pu

darsi senza alcun

atto di volont

Attenda l'oppositore che in quel luogo

l'Angelico parla della responsabilit che pu incombere ad

alcuno che
pensa.
sare e

Ma

dovrebbe agire e non agisce, pensare e non quanto a risolvere il dubbio se questo non pen al tutto

non agire possa importar colpa e avverarsi


(art.

senza atto alcuno interiore, lo fa pi tardi nella q.

LXX

ove cerca

V) se

il

peccato

d'omissione possa

darsi

senza alcun atto di volont. E dice che l'omissione formalmente considerata posta nella negazione dell'atto
sicut cunt aliquis

hora qua tenetur

ire

ad ecclestam
:

nihil co.

gitat de

eundo vel non eundo ad ecclesiam

la dottrina del

luogo prima citato. Ma prosegue, cercando se cotesta formale omissione pu essere peccato vero senza alcun atto interno dell'anima, e risponde che conviene attendere alla causa dell'omissione; se cotesta causa non fosse soggetta alla volont, l'omissione sarebbe involontaria; ma se al
contrario posta in potere della volont, l'omissione peccato, e allora v'

sempre un positivo
si

atto con cui

si

vuole;

si

vuole l'omissione stessa, o


altri

vuole alcun' altra cosa,

onde

viene a mancare

al

suo dovere.

PRIMATO DELLA VOLONT


di

399

volont o non porne alcuno, essere attivo o non

essere.

da esporre invece
solo

in tal guisa,

che

l'eserla
le

cizio d'elezione riguardi

un dato oggetto, e possa


determinazione

volont
piace,

non

ammetterlo o ricusarlo come


sospendere
la

ma

ancora

in-

torno ad esso, scegliendo


l'istante,

come miglior bene


il

in quel-

o proseguire

il

consiglio e maturar meglio pensiero,

la deliberazione,

o divertire

senza

pi

occuparsi di quella cosa.


lativa,

La

libert d'esercizio rel'

non

assoluta

non riguarda

operare o

il

non operare,
poste. Anzi,
di

ma

solo

il

determinarsi in ordine ad un

oggetto singolare, o

alla scelta fra pi

cose ora pro-

ponendo
il

fra

queste cose la sospensione


il

quella scelta, e

continuato consiglio e
libert
d' esercizio,
si

distorne
solo di

l'attenzione,

non v'

ma

specificazione, e quella a questa

riduce, non,

come

ad

altri

piacque, questa a quella.

Stabilite queste nozioni,

diciamo

in

che maniera

debba ammettersi
letto e la volont.

il

vicendevole

influsso tra l'intel-

Codesto influsso vicendevole deve


l'or-

senza dubbio avverarsi, e soggettivamente per


dine manifesto tra
1'

una e
la

l'

altra operazione, e og-

gettivamente, perch

trascendenza del vero e del

bene, ossia l'assoluta universalit di coteste due ragioni, delle quali

formalmente imbevuta ogni


pur voluto e

ra-

gione ed ogni
getto

cosa, importa di necessit


il

che l'ogsia inteso.


il

inteso sia
il

voluto

Cos

vero gran bene

dell'intelletto, e

bene n

potrebbe pur essere voluto, se non fosse prima


vero inteso.
Il

un

bene deve essere prima

inteso, e a quella no-

400

PRIMATO DELLA VOLONT

comune nil volitum quin praecognitum enunciata come assioma non come
tissima sentenza di senso
postulato, per carit
!

dalla metafisica antica, nesdi chiarirsi

suna

filosofia

pu contraddire sotto pena

assurdissima.

manifesto che, non essendo proposto

l'oggetto alla volont se non per l'atto conoscitivo,

da questo per
pende anche
si

s dipende l'esercizio di quella, e di-

la specificazione, in

quel

modo che
se

l'atto

specifica

secondo l'oggetto.
che

Che

non diremo

esser l'atto intellettivo cagione motrice


alla volont, e
s

^ esercizio
;

richiederebbe causalit effettiva

quanto
s

alla specificazione,

ove

la causalit
s.

formale,

lo

diremo causa vera e per

Perocch l'og-

getto, dice l'Angelico,

muove ed

cagione, in quanto

determina
questo

l'atto
si

per

modo

di principio formale.

Da

infatti

specifica

l'azione in natura,

come
princi-

dal calore l'azione di scaldare.

Ora

il

primo

pio

formale

l'

ente o

il

vero

universale,

termine
intelletto

dell'intelletto.

Adunque per questa


le

via

l'

muove
getto

la

volont in quanto
q.

presenta

il

suo

og-

(P IP

IX

art. I).

manifesto in fine che

una

tal

condizione e una tale causa, onde pende l'atto


necessit

volitivo, per assoluta

vanno innanzi, e

di

lor natura precedono.

Ma come ?
sia a se

dir alcuno

non

causa la volont d

specificazione a s stessa?

Fu negato sopra che


operare

essa

medesima cagione
d'

dell'esercizio o dell'as;

soluto trovarsi in atto

se le togliessimo

pure

il

determinarsi quanto alla

specificazione, ces-

serebbe ogni facolt di muoversi e con questo ogni


libert.

PRIMATO DELLA VOLONT

40 1
ordine di cau-

Convien rispondere che

in diverso

salit influiscono l'intelletto e la

volont sulla libera

elezione di questa e sulla sua specificazione. L'intelletto


influisce

come causa
da cui

finale e formale,

propo;

nendo
bene

l'oggetto,

l'atto

che

vi

tende s'informa

la volont

come causa
fine

eflciente,

perch volendo

il

un

determinato,

ha

virt

di

muo-

ver se stessa ad eleggere un mezzo che a quel fine

conduce. In quanto io voglio esser


di

felice,

ho forza
che vedo
si

muovermi a voler

lo studio e le scienze
felicit,

concorrere alla mia


senti

quantunque mi
il

pre-

pure come parte del benessere


esser

dolce far

7iiente.

In quanto voglio

sano, ho

forza di voler

la

medicina, senza lasciarmi atterrire dall'amarezza.

E
ch di

pur qui tuttavia

l'intelletto

ha parte nello spetale

cificar l'elezione.

formalmente

elezione, perdall' inl'intel-

tale

oggetto

e questo presentato
pii

telletto,

n altrimenti volibile. Di

deve

letto presentarlo
l'atto

come conducente
si

al fine; anzi, nell'

che

la

volont vi

porta, dee

intelletto ul-

timamente presentarlo

nella pratica esecuzione delle

date circostanze e delle soggettive inclinazioni,


preferibile agli altri mezzi

come
lo

proposti.

Se

cos
l'

non

presentasse la cognizione,
intellettuale volerlo
cos.
si

non

potrebbe

appetito

Vero

che la volont realla

sta libera,
scelta;

ed essa

muove

efficacemente
l'intelletto
e,

sua

Infatti

pu volere che

proceda ad
che

altra considerazione

dell'oggetto,

se lo vuole, l'e-

lezione sospesa, e in questo senso


specificazione

pu

dirsi

la

connettesi

con

la libert

d' esercizio.

Ma

insieme chiaro che conforme con l'ultimo giu26

402

PRIMATO DELLA VOLONT


il

dizio pratico l'atto elettivo,

quale per da quello

formalmente riceve

la specificazione.

L'atto della volont dipende


letto,

adunque

dall'intel-

in

primo luogo, come da sua radice


che
il

e prin-

cipio,
la

in quella guisa

moto naturale suppone


necessaria,
all'

natura. Secondo,

come da condizione
proceda

affinch la facolt volitiva

operazione e

attualmente sia posta in esercizio: a che bisogner


d'altra

mozione nell'ordine

delle cause efficientemente

motrici.

Terzo, in quanto la specificazione dell'atto


dal

sempre dall'oggetto, come quella del moto

termine, quella dell'azione naturale dalla forma: or


l'oggetto in tanto volibile in quanto presentato
nell'intellezione.

Quarto, rispetto

alla necessit e alla

contingenza, se l'intelletto

presenta un

bene come
con

necessario e assoluto, ripugna che la tendenza volitiva

non sorga necessariamente; se

lo presenta

giudizio indifferente,
sario,

come

appetibile

ma non

neces-

come buono ma non

sotto ogni aspetto, anche


in

l'amore sar cos

che potrebbe non essere,

che

consiste la libert. Quinto, perch l'elezione che ad

un bene

fra

proposti s'appiglia rifiutando gli

altri,

necessariamente esige

che quel bene

sia presentato
:

come
dizio

eleggibile a preferenza degli altri


pratico, che
altro

cos

il

giu-

riesce

ultimo,

perch
esso

invece di
la

aspettare

giudizio,

secondo

volont

elegge, formalmente specifica la presente elezione.

PRIMATO DELLA VOLONT

403

Ed
Qui

ora dell'influsso, che

la

volont esercita sul-

l'intelletto.

la

materia sarebbe

determinata e

facile,

se

dovessimo dire soltanto quello che segue per


natura delle due facolt spirituali
definita e complessa, se ci
;

se dalla
in-

diventa invece
il

assumiamo

compito

di

espor tutto quello che avviene accidentalmente, sopratutto a cagione del non essere
il

nostro intelletto

immisto e puro nella sua


nella operazione,
alle facolt

spiritualit e
al

per libero

ma

per trovarsi

contrario unito

sensitive.

da queste
secondo
il

aiutato s

come

da necessari

strumenti
;

retto

ordine del

composto umano

ma

in vari

modi deviando, spesso

n' ancora ritardato e impedito.

Or

dietro al senso,

pi dell'intelletto, va purtroppo la volont, allettata

da ci che
feriore e

in

qualunque guisa piace

alla

natura in-

da

falsi

beni, che la ragione

riprova.

Ma
pu
Al-

che
e

La ragione

stessa finisce con lasciarsi sedurre,

non
:

totale la corruzione

dell'uomo,

finche

dire

Video meliora proboque, deteriora seqiwr.

lora l'uomo marcio del tutto,


la

quando n pur vede


a soffocare

norma

della rettitudine e giudica esser bene quello


il

ch' male, bench difficilmente arrivi

grido della coscienza. Troppo lunga riuscirebbe


nalisi

l'a-

che

dovremmo

istituire

per rintracciare tutte


si

le

vie

dell'errore, le quali
infinite;

non

possono

esaminare,
punti

come

procureremo
ordine
al

di toccarne alcuni
Il

principali,

in

nostro intento.

quale di

404

PRIMATO DELLA VOLONT

mettere in chiara luce l'influenza della volont sugli


atti

intellettivi e di

dire che cosa possa e che cosa


l'

non possa da

s solo

intelletto. intelletto,

Anche
riguardo

in ordine

all'

come

gi

facemmo
l'eser-

alla volont,

dobbiamo distinguere
attivit

cizio dell'atto e la sua specificazione: l'esercizio, che

importa
l'esser la

la

presente

della

potenza,

qui

mente occupata a pensare alcun vero o a

rappresentarsi alcun oggetto, piuttosto che rimanersi

inoperosa; la specificazione, che pel caso nostro dee


considerarsi non tanto nel pensare a questo o a quello,

quanto nel distinguere l'assenso e


proposta enunciazione.

il

niego ad

una

L' esercizio assoluto dell' intelletto


tere della volont.

non
il

in po-

Come pu

essere, se

pensiero

presupposto al volere, e

nessun

la

oggetto

predal-

sente all'appetito, se non gli


l'attual

posto innanzi
volont,

cognizione?

Nemmeno

come

gi

dimostrammo, padrona del proprio assoluto


cizio,

eser-

ossia dell'essere in atto

piuttosto che solo in

potenza ad emettere un'operazione qualsiasi. Tanto

meno pu
che
al

avere in sua bala

l'operare

intellettivo,

volitivo,

come fondamento
non
questo

e causa, presupin

posto. Tutti sentiamo che

nostra

mano

il

non pensare a nulla

almen penseremo che


vuol

non
si

si

vuol pensare. Dicesi poi volgarmente che non

pensa a nulla, quando


in alcuna cosa,
i

non
si

si

fermare

la

mente

ma

lascian

correre le im-

magini e

pensieri alla ventura,

seguendo qualunque

spontaneo fantasma, o suggerito dagli oggetti circo-

PRIMATO DELLA VOLONT


Stanti

405

o eccitato dentro di noi per impreveduta as-

sociazione.

nuovo

in nostro potere,

salvo

le

eccezioni

che

di
ai

converr aggiungere,

l'esercizio

relativo

singoli oggetti.

Liberamente, ossia dipendentemente

dalla volont, che sola

libera

per

se

stessa,

ci

tratteniamo a pensare dell'una o dell'altra cosa, ap-

punto come dall'una o

dall'altra parte
ci

volgiamo
e'

gli

occhi, per veder quello che

piace o di che

im-

porta.

Pensiamo a
ci

vari

argomenti

di studio, alla for-

tuna che

aspetta, alle azioni poste

da

porre,

alla regola del nostro vivere, alle

persone care o ne-

miche, all'anima, a Dio


a talento.

per via ordinaria scegliamo

Accade

tuttavia che l'attenzione sia chia-

mata
ci

e legata ad

un certo oggetto, dal


:

quale non
alletti

possiamo staccare
incuta

se

alcuna cosa

ci

con

singolare bellezza e splendore, se ecciti


siderio o
terrore,

se
:

un vivo deper qualunque modo


la libert

tragga a s l'anima intera

o diminuita

d'esercizio riguardo a quella cosa, o

anche

tolta.
fa-

Sta

il

principio universale, che l'atto

d'una

colt determinato nella


(sia

che

la

medesima dalla sua natura determinazione accompagni sempre la nanecessariamente a


il

tura per se stessa, sia che segua

date circostanze) non cade volont;

sotto

dominio

della

ma

sorge spontaneo e indeclinabile antecealla

dentemente all'impero o
atto invece,

mozione

volitiva.

Se un
in-

appartenendo all'ordine conoscitivo o


escludiamo
la vita

tenzionale (cos nell'uomo


tiva),

nutri-

dalla natura, o assolutamente presa o posta in

certe condizioni,

non

determinato, cade

sotto

la

4o6

PRIMATO DELLA VOLO^fX


eh'
il

mozione dell'universale appetito


versale

volere: uniall'

appunto,

perch

conseguente

intendere

cuius est fieri omnia. Ciascuna facolt nella propria


costituzione inchiude la sua naturale tendenza all'og-

getto che le corrisponde.

La volont, che appetito intellettivo, ama e vuole il moto conveniente di ciascuna facolt che nell'uomo, come l' intelletto ne
conosce ogni maniera di bene. Cos dove resta qualche
indeterminazione delle singolari potenze operative,
cui atto
il
\

dipenda dalla cognizione, pu

la

volont

in-

tervenire.

Ogni

volta

adunque che
alla

il

pensare ad un certo
necessit
di

oggetto non imposto

mente da

natura o da speciali circostanze, e pur quell'oggetto


in qualche maniera richiamato alla mente,

almeno

per associazione con


dell' intelletto

altri

oggetti presenti, l'esercizio

intorno all'oggetto
In quanto cotal

medesimo dipende
proposto

dalla volont.

esercizio

come alcunch
dell' appetito,

di bene, riveste la

forma dell'oggetto
dell'

pu essere termine

elezione

dell'atto volitivo.

Con

ci stesso
l'

che

la

volont d

fatto vi tende e lo elegge,

intelletto

vi tratto e

se ne occupa, finch qualsiasi ragione o

interna

od

esterna o per s volga ad altro la mente o in altra

guisa

alletti

la

volont, che ormai prescelga di

mudi

tare l'oggetto al pensiero.

Similmente l'occuparsi
al

alcuna cosa,

come

lo studio

fanciullo

svogliato,

pu assumere ragion
chio
si

di male, e la

volont ne rifugge

e ne distoglie l'attenzione dell' intelletto,


svia

come
poi

l'oc-

da ci che

lo disgusta.

Cos liberamente

diretto l'esercizio della mente.

Vedremo

che

PRIMATO DELLA VOLONT

407

r influenza della volont

sul volgere

il

pensamento a
poter

questa o a quella cosa viene anche a

molto

sulla specificazione dell'assenso o del dissenso ai vari


giudizi.

intorno a questo importa a noi

di

ragionare

e di sapere quanto

possa

la

volont

sul!' intelletto.

per muoverlo ad accettar come vera o a


falsa

rifiutar

come
la

una proposizione, a conoscere o disconoscere


Vale ancora
lo

verit.

stesso

principio

che

sopra
pro-

enunciammo. Quando per conseguenza


posta lega r intelletto coi vincoli
simo, o lo porta o lo
costringe

la verit

propri del medeall'assenso

per

la

sola natura della facolt conoscitiva,

come

l'occhio

sano e aperto determinato di giorno a sentir luce,

non

resta

campo

alla

mozione

volitiva.

Prima
gi

che
al-

questa mozione, per s accidentale ed estrinseca


l'atto

intellettivo,
l'

eserciti la

sua

efficacia,

dob-

biam dire

intelletto per s

ed intrinsecamente porinvece una


si

tato al suo atto naturale.

Quando
di

tal

de-

terminazione della natura intellettiva non

avvera,

n l'oggetto ha sufficiente luce


o,

verit

necessaria,

in

s avendola,

non

proposto alla

mente quanto
;

basta per essere convenientemente appreso

se d'altra

parte non manchi ogni ragione per accogliere un de-

terminato giudizio, e appaia sufficientemente un motivo di dirlo vero; l'intelletto rimarr per s sospeso

e indifferente.

Ma

se allora nell'adesione al giudizio


in

non necessario, eppure

qualche

modo

accettabile.

408
sia

PRIMATO DELLA VOLONT


proposta qualche ragion
di

bene

(la

quale per

molti capi pu trovarsi nel quetar la mente, nel continuare una serie di pensieri belli, nel dar conto di

fenomeni peraltro oscuri e


niere),

in

altre

somiglianti maquell'as-

ecco sorge la volont

desiderar

senso, e col suo stesso desiderio e col seguente im-

pero muove

determina
le

l'

intelletto.

Nello

stesso

modo determina
agli
atti

altre facolt dell'ordine sensitivo

possibili

non necessari
trascina

moto d' ira o d' altra mi tocca, ma non mi


i

mio potere un passione, per un oggetto che


:

in

come

voglio, reggo

movimenti

delle

mie membra

all'esercizio dell'arte

e della vita quotidiana. Questa dottrina che nella sua

ragion formale e nella sua universalit manifesta,

riguardo
facili

all'

intelletto

ha

le

prime applicazioni assai

e chiare; nell'altre poi va divenendo difficile e

complessa.

Se non siam prevenuti da


tismo o d'altra
reit,

storti

giudizi di kan-

son

facili

quelle che riguardano

r indipendenza della mente negli assioni e nei


principi,
l'ente,

sommi
predi-

conseguenti

alla

comunissima

nozione delil

e in tutte quelle enunciazioni, ove

cato appare a tutti contenuto nella ragion del soggetto,

appena

termini sieno intesi,

in

tutte

conclusioni d'un evidente ineluttabile raziocinio.

Eppure anche
nosa,
primi,
altri

qui,

dove pare
per

la verit s
i

lumi-

indussero tenebre. Dissero che


altri

principi

non dimostrabili

antecedenti,

non

possono essere ammessi, se non come creduti, a che


si

richiede la volont che vi consenta.


v'

Dissero che
sia

non

assoluto ragionamento pel

quale

con-

PRIMATO DELLA VOLONT


vinto Ogni intelletto, e tocca
alla

409

volont

ben

di-

sposta inclinar la mente a seguire le vie che condu-

cono a meta migliore, a verit pi


dine morale.

influenti sull'or-

Ma, quanto
principi dipenda
lettiva;

al

primo, ripugna
altra facolt

che l'assenso che non

ai

da

sia l'intel-

ripugna che venga determinato dall'appetito


alla cognizione.

conseguente

la

Infatti se

l'

intelletto

aspettasse qualche mozione da un principio non per


s conoscitivo, converrebbe dire che

non

v'

deter-

minato per se stesso e per


scenza.

natura

della

conola

Dunque

l'

intelletto

non avrebbe per

sua

sola natura alcun atto necessario.


possibile per qualsiasi facolt
;

Ora questo imche sempre il continriceve

gente e l'accidentale dee supporre quello che per


s determinato, e

da che
della

il

resto

il

moto,
ne-

come

l'atto libero

volont

dipende

dalla

cessaria inclinazione al fine o al

bene

assoluto.

In

ogni ordine

il

primo motore, stando

alla considera-

zione di quell'ordine, dev'essere immobile e aver necessit.

Di pi, se guardiamo l'oggetto della cola

noscenza, troviamo la ragion di ente,

quale anche

astrattissima e comunissima, ha le sue necessarie passioni,

senza

le

quali diventa assurda;


nei

altre

poi

ne

importa, determinandosi

gjneri

nei

concetti

meno
nesse

trascendenti.
al

Or

coteste

passioni,

sono con-

soggetto nell'ordine entitativo e reale; e chi


agnostico e scettico,
lui.
s

di questo dubita in tutto

che diventa impossbile parlar con


stesso

modo

che

l'

intelletto

Dunque nello apprende l'ente e sommi


i

generi, deve con essi unire quelle passioni, che ne-

4 IO

PRIMATO DELLA VOLONT


gli

cessariamente
all'ente si

sono aggiunte
il

deve ammettere che


il

oppone

non-ente, che

nuovo essere
trova unit, ve-

esige una cagione, che dapertutto


rit,

si

bont, che potenza ed atto sono principi d'ogni


il
1'

genere, che altro


via.

sussistere altro
intelletto
1'

l'

inerire, e cos

tutto questo

determinato
intelletto, e

da

s,

sotto pena di

non essere pi
altro

per non

pu dipendere da
pel quale
1'

movente fuor

di quel

Primo

intelletto,

propria natura e

come ogni cosa finita, ha la l'esistenza. Ripugna particolar-

mente che

agli atti primi sia

mosso

dalla volont.
atti

Converrebbe per questo che gi quegli


proposti all'appetito sotto ragion

fossero

di bene.

Ora non

sono proposti altrimenti che per conoscenza.


che sieno appresi
in guisa di

N
;

basta

mere

astrazioni

ma
nelri-

per essere oggetto di volont, debbono essere intesi

come

attuali perfezioni

da conseguir realmente
intellettiva.

l'esercizio della

operazione

Dunque
apprenda

chiedesi invincibilmente che gi la


s gli atti primi, coi
quali

mente abbia da
le

non
si

solo

prime intenzioni dell'ente


scenza diretta;
e
li

e vi

porti con la conosugli atti propri

ma

eziandio

rifletta

giudichi buoni e desiderabili, di che finalmente

risulter che la volont possa amarli e imperarli


efficacia.

con

La qual cosa per

gli

atti

primi assurda

in ogni

modo

e per

diciamo

impossibile

che

la

volont sia causa motrice ed efficiente di quelle cognizioni le quali son prime
fra le cognizioni stesse

e necessariamente precedono ogni

atto della

stessa

volont.

Il

vero insomma

vien

prima

del

bene,

PRIMATO DELLA VOLONT

4II
al

analogamente procedono
e
al

le

due potenze che


principi
:

vero

bene

si

terminano.
ai

Finalmente l'assenso
bero

primi non
necessario

li-

ma

necessario.

Or chiediamo

come

vero o

come buono? Certo

necessario, perch co-

nosciuto per vero, e solo conseguentemente a questo

pu
il

dirsi

necessariamente voluto
il

come un
si

bene.

Che

vero e
:

bene trovansi dapertutto e


la

compene-

trano

ma
come
ai

volont vuole un atto

dell' intelletto, in

quanto Tatto gi conosciuto per vero, e perci proposto


desiderabile.
principi

Dunque
in

primi assensi
gli
altri

in-

tellettivi
si

sommi,
alcuni,

che

giudizi

fondano, sono indipendenti dalla volont.

torto

dunque

ripetendo

una

frase del

Newman, vanno dicendo che anche


primi.

all'

inizio
i

d'ogni

scienza sta la fede, ossia l'atto di credere

principi

par che stimino pi

la necessit delle

con-

clusioni dimostrale, ossia

dedotte
veri,

dai

principi,

che

l'intuitiva necessit di quei


la forza o
si

nei quali
!

consiste

la

base d'ogni ragionamento

Se credere
guisa del
cosi

pigli in largo

ed improprio senso per qualunque

assenso intellettivo,
ver primo che

come Dante
crede
(egli

disse

V uorn
i

aggiunge che

vedremo
gli

in cielo

misteri),

possiamo ammettere che


sia intesa
al

assiomi sono creduti.

Se questa voce
affatto

in

proprio senso per un atto non necessario

solo

intelletto

preso

da

s,

neghiamo
;

che possa

applicarsi alle verit

evidenti
;

possa partir

la

ragione

neghiamo che di l neghiamo che la volont


di
quell' inevitabile as-

influisca sulla

specificazione

senso.

412

PRIMATO DELLA VOLONT

Dobbiamo similmente mantenere V indipendenza


dalla volont per le conclusioni necessariamente fluenti

da premesse necessarie.
dinanzi
stibile
al

Anche

qui, posto

che

stia

J
i

pensiero

il

processo d' un lucido e

irresi-

ragionamento, impossibile

non affermar

le

conseguenze gi inchiuse e conosciute nelle antecedenti affermazioni.


s

j
'

la

natura intellettuale basta a


le

medesima, come per s


alla

ripugna dir di
s

si

e di
^

no

cosa stessa.

Or
il

direbbe

e no insieme, se
!

negasse d'accettare

conseguente implicitamente gi
la

posto nell'antecedente. Rimane che


sca sull'attendere a
del raziocinio
:

volont

influil

tali

oggetti e a continuare
il

filo
'

posso volere non vedere

sole e na-

scondermi

al buio.

Ma

sulla specificazione di tali atti,

determinati e certi pel solo intelletto, la volont non

|
j 1

pu

nulla.

Invano poi ripetono alcuni che non


alle stesse ragioni.

tutti

egualmente cedono

Prescindendo

dai casi dubbi o da probabili diverse opinioni, dob-

\
'

biam tenere che quanti negano


negano con
accozzata
in
le

le

ragioni evidenti,
si

labbra pi che col pensiero, e


fissarsi

sono

stranamente avvezzati a
guisa

in

qualche chimera
alla

da nascondere
all'

fantasia la

propria incoerenza, o
dit.

intelletto la propria assurla

teniam fermo che

natura, determinata
a'

nell'essere

come
la

nella

tendenza

suoi

primi

atti,

previene con

sua intrinseca inclinazione ogni imle

pulso che altronde


lettivo

possa venire. L'assenso


proviene
dall' intelletto,

intel-

esclusivamente
l'

ogni
sua

volta che

oggetto

pienamente

risponde
la

alla

prima tendenza; qui non entra

volont,

se

non

PRIMATO DELLA VOLONT

4I3
eh'

conseguentemente

conpiacendosi

nell'atto,

un

bene e una perfezione del soggetto.

Nel pratico esercizio della

vita,

molti giudizi non

assolutamente necessari, sono dalle circostanze, dagl'indizi

accumulati, dal dire altrui, dalla abituale incli-

nazione, dal presente bisogno di venire all'operazione,


suggeriti e determinati
cos

che riesce
e

moralmente
la

impossibile

il

giudicare

altrimenti,
tali

volont o
o non
in

non

entra

affatto a

comandar

atti,

guisa che se ne abbia coscienza. Tuttavia riflettendo


poi sull'andamento dei pensieri e risalendo alle prime
ragioni
dei
in

giudizi

fatti,

si

trover che

il

processo

non era

tutto necessario e cos

determinato dal-

l'oggettiva evidenza e dalla natura dell'intelletto, che


il

dubbio almeno della


fosse possibile
:

realt
si

contraria al giudizio

non

certo e

vedr che assolutamente


l'

non ripugna l'inganno,

intelletto,

senza
il

rinun-

ciare alla propria natura, poteva pensare

contrario,

Ma
al

il

dubbio, specialmente pratico, di ci che spetta

senso comune, riuscirebbe imprudente e sciocco;


il

renderebbe impossibile

vivere ordinario;

si

richieas-

derebbe per aderirvi una violenza praticamente


surda, o uno sforzo di volont simile a pazzia.

Non

facciam

l'analisi

di ci

che pu avvenire; qui c'im-

porta di assegnar l'influenza volitiva sui giudizi piuttosto speculativi e scientifici, o formati con riflessione

e con istudio. Dei quali diciamo che


farsi

quando

col

ri-

a vedere

come
si

sieno evidenti o

come scendano
s

dai principi

non

pu a meno

di dir

in tutto

il

processo, sotto pena di rinnegar la ragione, la verit


certissima, e nell'assenso la volont

non ha parte.

414

PRIMATO DELLA VOLONT

Invece ha gran parte la volont in tutte quelle


affermazioni che per la sola speculazione intellettiva

non appaiono necessarie, e tanto maggiore

resta

il

campo
sit

all'impulso volitivo quanto pi la necessit

si

allontana.

Qui non parliamo


il

della entitativa

neces-

pu essere contingente, come r incontrar per via una persona amica. Parnell'oggetto,

quale

liamo della necessit di assentire, o ad un teorema


astratto o
in guisa

ad un

fatto

mutabile,

che

ci

si

presenta

da non poterne dubitare.

accade troppo
ci

spesso che anche la verit necessaria in se stessa


sia

proposta con

si

poca luce da non poterne

noi

avere che un'incerta opinione.

L'opinione
dell'intelletto a
bilit

consiste in

un

determinato

assenso
la

un dato giudizio, sentendo


o che forse vero
conoscitiva
il

possi-

d' ingannarsi, la

contrario.

Allora

potenza

non da sola deterle

minata a pensar che motivo

cos.

Vede o

par

di

vedere qual-

bastevole ad affermare

quello

che

af-

ferma. Senza di che mancherebbe, anche nell'apparenza, ogni oggetto della facolt fatta pel vero, e
il

giudizio

sarebbe

impossibile,

come
se

il

veder

senza

luce e l'udir senza

suono. Ma,

essendoci o apall'

parendo quel motivo, non venisse


zione

intelletto

mo-

alcuna

esterna,

esso

per

rimarrebbe so-

speso, solo riconoscendo la possibilit e la probabilit

di cotale affermazione.

Poniamo che alcuno


spiegazione
ai

ve-

desse la

semplicit

della

fenomeni

PRIMATO DELLA VOLONT


diurni ed annui del cielo,
terra piuttosto che
neti sugli epicicli, e

415
il

ammettendo
altro
:

girar della

g' intrecciatissimi

moti dei pia-

non avesse

argomento per
soltanto

aderire

alla

teoria di Copernico

per via
la

intellettuale,

dovrebbe conchiudere che

spiegazione

copernicana probabile, e non procederebbe a giudicarla vera o conforme


alla

realt.

Senonch av-

viene che l'aderire con

giudizio

pi positivo e de-

terminato ad una sentenza piaccia per qualsiasi ra-

gione e

alletti

la
il

volont. Avverr che io apprenda

come un bene
quella sentenza

quetarmi dai dubbi e adagiarmi in

pu parermi un bene
altre

l'

accogliere
gi accetd' idee
il

una conclusione che s'accorda con


tate
;

un bene

il

formarmi un sistema ampio

delle quali l'armonia

sembra
ad
bene

bella;
coi

un bene

con-

formarmi

nei pensieri
;

altri
il

quali vivo o che

ho

in

alto pregio

un

prendere
azioni.

senza

pi

esitare
sti

una forma pratica delle mie

Son quela

vari

esempi delle ragioni che allettano

volont

e le fanno

amare

e desiderare

un assenso

intellettivo

non necessario.
rando
della
le

nell'argomento toccato, anche igno-

pi certe prove del giro diurno ed


chi
si

annuo
bellezza

terra,

fermi a contemplar

la

della semplicit nei fatti naturali,


ci solo
gli

pu muoversi per
;

ad

affermare
gli
altri

il

moto

terrestre

bench, se
il

mancano

motivi,

debba ritenere
opinioni.

so-

petto che la cosa passi altrimenti.

Questo avviene

in

tutte

le

Ma
la

qui
scala

ampio

il

campo

assai e divien

lunghissima

delle gradazioni, dai motivi


tivi

appena

sufficienti ai
la

gravissimi

che

confinano con

certezza.

moOra

4l6
la

PRIMATO DELLA VOLONT

volont influisce sulla mente e per fissar l'atten-

zione alle ragioni che piacciono, e per dar loro peso,

o toglierne di quel che hanno, e per brama


gere ad

di giun-

una

conclusione

gradita, e per

paura

di

sentirsi costringere a ci
p.
es.,
il

che non piace.

Non

piace,
il

dover correggere e confessare un errore,


il

dover mutare sentenza,

riconoscere

una obbliga-

zione, e l'acconciarsi ai propri danni. V'entrano pure


la

differenza

d'indole e la manchevole o la matura


Altri

esperienza.

sono

fidenti d'

animo e accolgono
inclinati
le

con

facilit

ogni sentenza che sia proposta con qualaltri


i

che specie di verit;


al

diffidano e sono

dubbio. Sogliono

giovani accettar con ardore

opinioni insegnate da chi apre novamente alla scienza


il

loro ingegno

pi

spesso

vecchi

sospendono

il

giudizio, esperti delle ingannevoli apparenze e delle

diverse ed opposte
correre.

consideraziorii, che e

possono ocdi-

da queste,

da

infinite

circostanze,

pendono

la variet, la

mobilit e l'arditezza e talora

la stranezza delle

opinioni.

Le

quali di lor

natura
loro ra-

possono esser
gionevolezza

false e spesso

sono;

ma

la

dee piuttosto
le la

misurarsi

con

la

buona
in-

apparenza dei motivi che


vece improbabili, quando
priccio per lievi indizii
si
;

persuadono.
volont
le

Sono

accetta a ca-

sono da disprezzare, quando


dimostrate

oppongono

verit

moralmente

certe.

PRIMATO DELLA VOLONT

417

La
Tra
i

volont nella fede.

motivi che, senza sforzar l'intelletto, posla

sono indurre

volont a comandare l'assenso, meattenzione


quello che posto
nel-

rita particolare

l'antorit

d'alcuno
ci

che parla. Poniamo

che
;

la

cosa
sia

affermata non

sia nota

per se medesima

ci

proposta da
sia

altri

che

la

sa e l'afferma; chi

parla,

prudente e
la

sia verace.

Dall'autorit

di lui,

mi-

surata con

scienza e con la veracit, siam portati

ad accoglier
rire
alla

per vero

ci eh' ei dice

questo ade-

sua

parola credere, e ha proprio

nome
di cre-

di fede.

Osserviamo due cose


seco
stessa,

Primo,

il

motivo

dere, nel senso stretto di cotal voce, tutto estrnall'

oggetto.

Non mi appare

la

verit

in

se
in-

o non
:

perch'io la vedo, vi do l'assenso

tellettivo

son

mosso invece
vero
:

dalla sola

autorit di

chi

mi

attesta quel

la

qual
1'

ragione tutta

posta in colui che parla e lascia


in piena oscurit.

oggetto attestato

Secondo,

la fede

veramente fede

nel senso pi proprio e pieno,

quando

comandata

da una volont ben disposta verso


crede, o in guisa che

colui al quale si

codesto atto riesca

come un

ossequio o una sommissione della mente all'autorit


della sua parola.
Infatti

pu avvenire che
in

il

dire

altrui

sia

preso

come un segno

qualche

modo

connesso
questo

con

la

verit della cosa, senza rendere con

all'atte-

27

41

PRIMATO DELLA VOLONT


onore alcuno. Se v' chi
affermi

I
una cosa,
;

stante

qualche ragione del


le circostanze altro

suo parlare dev' esserci


la

e,

se

non portano,
da
lui

ragion pi ovvia

come
io

la pi

naturale della sua affermazione, non


conosciuta.

altro che

la verit

Ove dunque

mi fermi a considerare che


la

quell' affermazione

un segno probabile che


faccio

cosa sia com' detta, non

un

atto

di

fede,

ma

indipendentemente da
la loro

ogni buona volont giudico delle cose secondo


naturai connessione.

E pu

darsi che l'affermazione

altrui sia certo indizio di verit,

senza alcun merito

di chi parla

sia costretto

quando colui da particolari circostanze ad affermare ci che gli torna in puro


certissimo della
cosa,
e,

danno
lendo,

e in disonore. Accetto per vera la sua parola

come un segno

anche vostesso per

troppa violenza dovrei fare a

me

pensare altrimenti. Similmente, non un atto di fede


l'assentire alla molteplice

concorde testimonianza di

molti, e anch'essi di tal condizione, forse l'uno dall'altro

diversa, che
la

ne

risulti

assolutamente impos-

sibile

falsit

del loro dire.


citt

Ripugna
;

affatto
il

che

tutti parlino

d'una
effetto

che non esiste

parlar co-

mune

un

ed un segno
:

necessariamente

connesso con

la realt

sono costretto ad ammetter


1'

questo, per non accettar

assurdo di quel

segno e

di quell'effetto senza cagione.

Potr

in

largo senso
al

chiamarsi
altrui
;

fede

questa

che

s'appoggia
sola

parlare

ma

finch

stiamo

alla

nota

d'un

se-

gno

estrinseco della verit, posto nella parola di chi

l'afferma,

non
la

intera e perfetta la nozione

di fede.

Questa

certezza

che

si

crea

pei

fatti,

del

PRIMATO DELLA VOLONT


resto noti per sola attestazione di chi
ud,
li

419
vide, o gli
atte-

da

tutti

cultori

della storia.
;

Dobbiamo

nerci alle narrazioni altrui

ma
i

esercitiamo forse in
;

questo

la fede

?
i

Propriamente parlando, no
vari

che anzi
il

confrontiamo

segni e

documenti, e

dire

dei diversi autori, e l'interesse che ciascuno aveva a

presentar

la

cosa in

un modo o

nell'altro,
la

per de-

durne con
poi

la

massima probabilit

conclusione, che
scieyiza storica.

daremo come appartenente


si

alla

Molto diversa da questo accettare un racconto,


che
tende a verificare esternamente con ogni possussidio, l'accettazione della parola di alcuno,
di colui

sibile

come

che personalmente

si

stima veritiero,

e quasi incapace, o anche incapace affatto, di

mendi chi

zogna e d'inganno. Questo assenso proprio


ha fede
piegarsi
in chi parla.
all'autorit,

consiste in quel volontario


si

che proprio di chi

fida

riverisce o in qualsiasi

modo

ossequioso. Cos

un

discepolo che del


tiene le sentenze

maestro ha concepito

alta stima,

da

lui

proposte, pi per avventura


figlio sta a

che
che

il

maestro non meriti. Cos un

quello
ri-

il

padre

gli dice,

senza esaminar se sia vero,

mettendosi per

affetto e riverenza al
lui

padre

suo, e

accetta le asserzioni di

come norma
il

del proprio

agire in negozi importanti della vita. Cos universal-

mente,

supponendo certo
posta
in lei,

fatto

che alcuno abbia


persona, o
l'affe-

arlato, la stima

acquistata
e

dalla
il

ione
r

anche

desiderio

d'onorarla
pro-

qualche interesse,

muove
le si

altri a crederle, in

porzione dell'autorit che

vuole attribuire, forse

maggior del merito,

fino

ad escludere ogni dubbio

42

PRIMATO DELLA VOLONT


diffidenza. Allora

e ogni
intera.

soltanto fede

piena ed

questa

vera fede, che

ha per oggetto
mentre nella

formale, o per propria ragione dell'assenso prestato,


l'autorit

la

parola
di

dell'attestante

notizia storica,

che prima dicevamo, era ragion


la

formale dell'assenso

prova avuta per ogni circoil

stanza interna ed esterna che

dire altrui

era

se-

gno

della realt obiettiva.

Trattandosi di fede prestata ad un uomo, manifesto

che l'assenso certo, come sol pu essere,


tale

moralmente, ed
derare

da non temere l'inganno, per


trattiene la

buona volont che non


le probabilit

mente
la

a consi-

contrarie;

n mai

certezza

pu

aversi cos assoluta

da negare

affatto la possi-

bilit dell'errore.

Ma

se l'autorit, dalla quale siam


la

mossi a credere, divina,


diventano
possibile
:

scienza e la veracit

infinite, e

l'inganno metafisicamente imalla

resta

campo

volont

Dobbiamo
torit

qui

considerare due parti: la

divina

autorit in se stessa, e l'applicazione di cotesta au-

ad una determinata dottrina,

p.

es. alla

reli-

gione cattolica.

Nessun

intelletto,

sia
il

infimo

come

l'umano, sia oscurato dall'odio


cos alieno dalla verit, che

come

diabolico,
tutto ripu-

non veda
di Dio.

al

gnante e assurdo

l'

inganno

Perci,

quando
parlato,

fosse ineluttabilmente manifesto che

Dio ha

e a riconoscere cotal fatto in nessuna guisa la mente

potesse sottrarsi, sarebbe insieme forzata ad ammettere che


vincibile
il

detto di Dio vero.


sillogismo
:

semplicissimo e in-*

il

Quello che Iddio dice necesIddio


dice,

sariamente vero.

Ma

poniamo,

che

PRIMATO DELLA VOLONT

421

Ges Cristo
sione in un
tasi

fu

verginalmente concepito (questo esemaffinch

pio scegliamo,

non

si

complichi
:

la

discustrat-

mistero

propriamente detto
difficile

qui

di

un miracolo meno
quanto

a intendere
:

che
dun-

l'ordinario corso della natura nel dar la vita)

que

certa,

certo

il

fatto

storicamente

provato o altrimenti noto

della

rivelazione, la con-

cezione verginale di Ges. L'intelletto che abbia conosciuto ed

ammesso

il

fatto

che ha parlato Iddio,

non pu
tr

resistere alla evidentissima conclusione. Po-

da

ribelle volont

essere

inclinato a

non

pen-

sarci,

a seguire

un contrario fantasma, a richiamare


conobbe e seppe della
af-

in

dubbio quello che prima

rivelazione.

Ma

logicamente, e nella supposizione

fermativa delle due premesse, non pu rifiutarsi ad

ammettere
stesso

ci che contengono, e distruggerebbe se

tentando di dir di no.

Qui dunque non ha


propria natura

parte l'impero volitivo.


Infatti,

quando una
della

facolt dalla

determinata al suo atto,


alla

non

in questo soggetta

mozione
che
si

volont,

questa un

appetito

elicito,

stende a tutto ci che bene del sog-

getto, e cos nata

ad

influire
il

sopra qualunque
dall'

moto
e

del medesimo,

purch

moto dipenda
questo

ordine

conoscitivo.

Ma

prima

di

appetito

elicito

quasi universale (com' universale


tellettiva),

l'apprensione in-

v' l'appetito ossia la tendenza naturale e

propria
verso
il

di

ciascuna

facolt,

ch'

nata a muoversi

suo oggetto sufficientemente proposto. Per-

ci su questo

moto

cos

spontaneo e necessario non


;

ha forza, almeno

direttamente, la volont

ed essa

422

PRIMATO DELLA VOLONT


efficacia

ha

motrice quando l'operazione di qualsiasi

I
j

facolt per s

rimane sospesa con qualche indeterEntra


la volont,

minazione.
litivo.

Cos per

questa supplisce, volendo, l'impero voj

l'intelletto.

quando
(').

j
\

e quanto

V intelletto

non da

se

determinato

Ora

l'intelletto

va da s necessariamente ad ammet-

tere la concezione verginale di G.

C,

se costretto
j

ad ammettere che
Invano

l'ha

affermato Iddio.

Dunque
da

la

volont non c'entra, o troppo tardi arriva.


altri

oppone che

l'

intelletto

s de-

terminato o dalla intuizione dei principi o dalla connessione coi medesimi.

Perch rispondiamo
scientifico,

pr.'.Tio,

che cos portato all'assenso


l'intrinseca

che attinge

ragione

del

giudizio

affermato; non a

(^)

Cosi
la

ci

pare evidente
la

la

dottrina dell'Angelico, che

non pu
fede.
di

stessa verit
ci

essere

oggetto di scienza e di

Non

manifesta

ripugnanza che alcuno abbia

qualche verit una scienza soltanto abituale, in quanto

ha imparato una dimostrazione della stessa verit, eppure in altri momenti, nei quali la dimostrazione non
gli in atto

presente

credere quella verit

come lucidissima e innegabile, possa medesima a Dio che l'ha detta, con
di quella

adesione anche migliore


tifico.

che ha per

l'abito scien-

Ma

ci

chiarissimo che

perfetta e piena da

quel vero

le

atto di fede.

quando la scienza sia cos mente all'assenso, appena far su questo un si presenti, non possiamo Perch la fede deve essere comandata dalla
sforzar la
sia

volont; ora gi l'intelletto previene per intrinseca necessit

l'impero volitivo. Se dunque

tolta

l'oscurit del-

l'oggetto, e questo
alla

risplenda di propria luce alla

mente,

fede non rimane spazio. Tuttavia quante sono le con-

clusioni

sapute in

quel

modo

perfetto e attuale

che

di-

ciamo

PRIMATO DELLA VOLONT


qualsiasi
tivi

423
a

asserzione
:

storica,

che

si

appoggia

mo-

estrinseci
l'

or per essi pur certo dell'esistenza,


dell'

ancorch

essenza

oggetto non

sia

manifesta.

Rispondiamo secondo, che qui pure


rit del detto

v'

necessaria
la ve-

connessione con evidenti principi. Si connette

da Dio con

la

divina verit

infinita;

mente ripugna che

sia falso quello

che dice Iddo

suppongo
la

di

non poter negare che Dio ha affermato


;

concezione verginale di Ges

se questa oggetti-

vamente non
gnanza
falsit della

fosse vera, ne seguirebbe quella

ripula

infinita.

Dunque, quanto so che ripugna


quanto so che

parola di Dio,
la

di fatto

Iddio ha dato

sua parola, altrettanto so che Cri-

sto fu verginalmente concepito.

Invano
bile,

altri

oppose che

lo so cos,

come

credi-

il

concluderlo per assolutamente vero sofi.

sma

d! accidente
si

Perch se dite credibile qualunque


altrui,

asserzione

possa accogliere pel detto


alle

senza

aggiunger

nulla

nozioni
vi

fin

qui

considerate,

siamo d'accordo,
questo

ma non

ha parte
che
l'

la volont.
si

Se

dite credibile quello

che volontariamente
ci
si

accetta,
fi-

non entra

in tutto

discorso

nora, e non vale a infermare

invincibile dichiara-

zione del non poter l'intelletto, che non rinneghi se


stesso,

negar che
vero.

sia

dice
3

il

vero quel che detto da chi


v' sofisma alcuno
:

non

che mal

conclude a qualche cosa incertamente aggiunta ad


;

una prima conclusione


:on
e si

bene

si

conclude a ci che
si

la

prima conclusione necessariamente

connette,
la

vede connesso. Ora necessaria e manifesta

424

PRIMATO DELLA VOLONT

Connessione della verit obiettiva e reale con la verit

conosciuta della affermazione di Dio.

Che
rebbe

se la volont

dovesse averci parte, opere-

modo, tendendo ad accettare quella conclusione, come ad un bene. Qui il bene


certo

suo

sarebbe posto nella verit, che non


senza
falsit

si

pu

rigettare

ed assurdit.
^

Ma

questo

bene pre-

sente prima all'intelletto

per mezzo del quale pro-

posto alla volont.

Dunque sorge necessariamente


innato intellettivo,

verso di esso l'appetito

che non

aspetta la mozione dell'altro appetito elicito, questa


volta dipendente dal primo. Inutilmente
si

ammette-

rebbe un impero della volont che non potesse resistere al vero


;

questo vero, appreso per necessario,

attrae di necessit l'assenso intellettivo. Arbitrario e


insufficiente sarebbe

un impero
inferiore

della libera volont

non basterebbe a un assenso che dichiarammo


negabile, e sarebbe
alla

inin-

tendenza gi

nata nel solo intelletto.

Neghiamo
quelle

tuttavia

che
alla

l'

assenso

ineluttabile a
sia

due

premesse e

conclusione
in

vera-

mente un
poggiata
si

atto di

fede: se

non

quanto fede con

poca propriet
consideri e

sia detta

qualunque affermazione apanche quando questa

all'altrui attestazione,
si

pesi nella sua verit, secondo tutte

le estrinseche
storici.

convenienze,

come dicevamo
c'

farsi dagli
al-

Riguardo a Dio non

luogo a cercare

tre

prove fuori della sua parola.

Ma

posso accettar
la con-

questa parola, quanto precisamente importa


vinzione

da

me

acquistata,
io

che di fatto
intendo

la
ci

rivela-

zione c':

quanto

da

me

che

furono

PRIMATO DELLA VOLONT

425

vere profezie, veri miracoli, e che questi provano la


religione
cattolica;

quanto insomma
:

ho studiato e
cela

capisco, tanto consento a dire


dere, e

sono costretto a

non posso negare che veramente


i

Chiesa

da

Dio,

suoi
i

sentono cos

dogmi sono da Dio rivelati. Asdemoni dell'inferno, ai quali tra l'alche


gli

tre cose manifesto

uomini

non avrebbero
i

mai con l'ingegno loro potuto da s trovare


stri

nosi

misteri.
al

Non

questa fede in proprio senso;

appoggia
nere
il

creato intelletto e alla sua virt di scerfalso.

vero dal

chi assente cos,


al

pu

esser

certo,
alla

ma

proporzionatamente
degli

suo naturai lume e


fu indotto, e alla

forza

argomenti onde
ingannato.

certezza di non essersi

Che

se

una con-

siderazione finora non a lui presentata, se un nuovo


studio critico, se una* inaspettata difficolt gli proposta, potr dubitare del fatto,

prima riputato

certo,

che Iddio abbia parlato, e sospendere l'assenso. Egli

non crede, ne credeva. Aveva una convinzione


rica

sto-

scientifica,

a questa

si

fermava,
i

come ad

un'analoga persuasione stanno fermi

demoni.
proposta
evi-

Di

fatto,

la

divina

rivelazione

non

comunemente
denza, che
il

agli uomini,

con

tale sfolgorante

nostro intelletto sia del tutto costretto


cattiva volont
:

a conoscerla, e la
la

non

possa indur

mente a negarla
non
che
in

si

suol

richiedere volont

non
il

ribelle e

restia,

per

accettare con
Volentieri

certezza

fatto

Dio
i

ha

parlato.

ammettiamo
sovrabbon-

che

realt

motivi

di credere

sono
tali

danti e oggettivamente certissimi, e

da convin-

cere appieno ogni intelletto, a cui pienamente sieno

426

PRIMATO DELLA VOLONT


:

presenti

convincono

g' intelletti

diabolici,

quali

vorrebbero non vederli, che per daemones credunt


et contremiscunt.

Ma

a pochissimi

intelletti

umani
essi la

con tanta luce sono presenti.


alcuni,

Ed

ancorch sieno ad

troppo facilmente l'uomo distoglie da


si

sua attenzione, e

oscura
il

il

giudizio per non conra-

siderar tutto insieme

complesso delle diverse


si fissa

gioni, e pi ancora, volendo,

nelle obbiezioni

che mai non mancano, e vengono o dalla malizia o


dall'ignoranza, e spesso son prese dalle tante miserie

che l'elemento umano

mescola

al

divino

anche

nella nostra religione.

Storicamente certo che


fedeli
lit

la
il

massima parte

dei

s^appoggia nel formare


testimonianza
d'altri,

giudizio di credibiri-

alla

o stimati dotti, o

veriti
gli

per autorit: in fide maiorum.

Ma

anche per
si

studiosi di religione,

comunemente

assai che

persuadano della morale necessit


sentono che
il

di credere,

perch

dubbio non sarebbe impossibile, bens


Il

imprudente e temerario.
vuole

che basta

per

indurre

vera obbligazione. Di qui poi non male inferir chi


la metafisica

impossibilit

che Dio permetta


s

l'errore

vestito

di

tanta

apparenza di vero,

da

ingannare chi pi sinceramente cerca Dio stesso.


di

Ma

nuovo chi non vuole non bada a questi ragionagiudizio di credibilit previo alla fede

menti, e finalmente certo, o per tutti o quasi, che


il
:

Dio

si
li-

rivelato,

dobbiamo credergli, rimane

in potere del
si

bero arbitrio, e ad ogni buona volont

presentano

manifeste ragioni per accoglierlo, e ogni cattiva volont pu trovare motivi apparenti per respingerlo.

PRIMATO DELLA VOLONT

427

Ci guardi Iddio dal ritenere che, stando alla per-

suasione qui

descritta dei

motivi di credere,
il

ossia

del fatto della rivelazione,

cristiano ne abbia sol-

tanto una

conoscenza probabile.

No, essa veraa dir di


s,

mente

certa, e

determina

l'

intelletto

ad affermare che senza dubbio ha parlato Iddio, e


che siamo obbligati a piegarci, e che a disdir
senso
l'as-

saremmo temerari e faremmo peccato. Ma son due modi di certezza. L'uno tale che sforza affatto la
il

mente, e
Cos

in

ogni maniera rende impossibile


stringono
i

dissentire.
i

ci

principi

evidenti,

cos
stri

teoremi ineluttabili, cos la coscienza dei noe


la

atti

manifesta

esperienza.

Tale

sarebbe

quella piena evidenza della rivelazione, di che prima

dicevamo.
e
i

L'ebbero,

pare a noi,
forse

la

Vergine SSma,
e

santi

Apostoli

pochi

altri,

non

tutti

quelli per

avventura che ora dicono d'averla. L'hanno,

mentre

la

buona volont

li

porta a considerar

sol-

tanto le ragioni di credere, certo per s sufficientis-

sime a convincere

testimonia

tua

credibilia

facta

sunt nimis. Pi non l'avrebbero, se la loro volont


si

pervertisse, e

li

portasse

ad oscurar
sofismi.

quelle

ra-

gioni e a fissarsi in contrari

L'altro

modo

quello che esclude ogni dubbio prudente, e che se

vogliamo, sforza
considera
le
il

l'

intelletto,
;

mentre esso rettamente


che infine non rende
il

vere ragioni
vacillare,
il

ma

impossibile

dubitare,

negare,

fer;

mandosi

in

opposte apparenze.
assenso
soltanto

Non

un'opinione
sia

non un

probabile,

pure

in

sommo

grado; assenso certo, anche

di

sua na-

tura immobile, in quanto

non

si

pu smuovere, senza

428

PRIMATO DELLA VOLONT

deviare dalla retta via e dall'innata tendenza che ha

l'anima alla verit.

Basta

dunque ampiamente

e a

quetar

l'intelletto:

e a prepararlo per quello che or

ora diremo.

Una
al fatto

certezza morale molto minore di quella, che,


i

chi pensi

motivi di credere, suole avere

riguardo

della

rivelazione, sufficiente a reggere le


vita e

azioni prudenti della

ad indurre vera obbli-

gazione.
stino,
stri

Ne

svolge un principale esempio sant'Agoil

esponendo
s

dovere che abbiamo verso


l'

no-

genitori,

che

ammettere soltanto

il

dubbio

Eppure per esser certi che da loro siam nati, dobbiam fidarci. Il bambino neppur ci pensa, e non ne capace; andando
sarebbe villania di
figlio snaturato.

innanzi, chi

rifletta

vedr

che certezza

in

largo basta

senso morale, e non di sua natura

infallibile;

tuttavia per isbandire praticamente ogni dubbio.

Molto pi

sbandito

da ognuno che nel


dire che

modo
cattoil

conveniente e salutare aderisce alla religione


lica!

Sarebbe errore condannato


si

il

giu-

dizio presupposto alla fede

appoggia soltanto ad
fosse reso

un cumulo

di

probabilit,

onde

somma-

mente probabile,
tavia ne pur
e'

ma non

assolutamente certo. Tuttale

bisogno di

certezza, che per

contraria volont non possa indebolirsi o venir meno.

Basta che

il

dubbio

sia temerario,

non possa

ac-

cettarsi senza sentire,


alla verit e di

almeno da
al

principio, di resistere

mancare

proprio dovere.
il

Cos sufficientemente disposto a credere


ciullo e
il

fan-

rozzo, che

si

fida

di chi

l'ammaestra, e
unito
alla

confusamente

apprende che

colui

parla

PRIMATO DELLA VOLONT


Chiesa,

429
incli-

divinamente

istituita,

n altrimenti
delle

nato a rendersi miglior conto


dere.

ragioni di cre-

Cos disposto chi ha conoscenza


fatti

acquistata

con sincero studio dei


della
rivelazione.

storici

soprannaturali e
altres

vi

disposto

chi

della

medesima

rivelazione

avesse
in

ineluttabile

evidenza,

non possibile a chiamare

dubbio.
gli
altri,

Ma
per
le

questo

terzo

ancora, e tanto pi
il
il

cose dette hanno soltanto

giudizio di dover

credere a Dio

che ha

parlato
al

qual

giudizio

si

appoggia e

si

proporziona

naturai
dalla

lume

dell'u-

mana

conoscenza, bench aiutato

grazia, che
in-

sana dalle infermit della natura corrotta o male


clinata.

posta quella disposizione, l'anima pu desi

terminarsi all'atto di vera fede. Vi

determina, vo-

lendo adempire
debito

l'

obbligo conosciuto di aderire nel


divina Verit,

modo

alla

che
di

parlando

si

manifestata.

Ora

il

debito

modo

aderire alla Ve-

rit infinita si

quello di

accettare ci
lei,
l'

ch'essa ha

detto

come

detto semplicemente da

senza appog-

giarci a noi stessi,

misurando

assenso

con

la

forza degli argomenti da noi trovati e intesi, n con


la stimata
al

umana

certezza dei racconti storici riguardo

fatto

della

rivelazione.

Suppongo questa
attesta,

rivela-

zione esistente; con la volont mi slancio alla divina


parola, e credo quel eh' essa
rit

come una
sia

ve-

pi certa ed immobile di ogni altra naturalmente

certissima dottrina.

Non m' importa che


si

oscura

n pur bado se alcun dei motivi, pei quali mi sono


indotto a credere,
oscuri nella

mia mente; salvo

che per avventura m'accorga non essermi detto dalla

430

PRIMATO DELLA VOLONT


eh* io reputava

Chiesa quello

esser

detto.

Questo

per una particolare applicazione, ch'io male faceva.

Ma

per

la

fede

cattolica in genere, e per

gli

arti-

coli contenuti senza

dubbio

in essa, certo

che non
:

avr mai buona ragione di sospender l'assenso

credo

come conviene
temente da

credere a Dio sopra

ogni lume di

creato intelletto, sopra


essa.

ogni evidenza e indipendenpii

Questa non
;

conclusione de-

dotta dalle premesse

n ha per oggetto formale


la

per proprio motivo

conoscenza acquistata della

divina rivelazione storicamente avvenuta e dimostrata di


;

sibbene la stessa Verit

infinita, alla

quale io so

dovermi immediatamente appoggiare, come a pail

rola che afferma


atto,

proposto mistero.

questo
la

a che l'intelletto venga da s, poich

sola

facolt conoscitiva per s starebbe nella conclusione

proporzionata
rivelazione.

alla scienza acquistata del fatto della

pure

la

volont

ci

viene

pel

solo
:

amor
ci

naturale dalla propria perfezione intellettuale

viene

per

buona

disposizione

verso

la

Verit
e
il

divina, e vi portata dalla

grazia, che

eleva

suo atto e quello

dell'intelletto ubbidiente,

ad avere
vero
vien

un modo strettamente soprannaturale.


Cos manifesto che per
tutti

sempre

il

atto di fede dipende dalla volont ed libero

dalla grazia ed soprannaturale. Equivocamente,


in senso univoco, fede quella dei

non
sen-

demoni che
;

tono vera

la

parola di Dio e ne tremano

o quella

d'un massone

che

trafigge l'Ostia

consecrata

con
filori-

rabbia infernale; o quella ancora


sofo,
il

d'un

onesto

quale, poniamo, fosse stato presente alla

PRIMATO DELLA VOLONT

43I

surrezione di Lazzaro, e ne avesse dedotto che dav-

vero Ges parlava e operava

come Messo

di

Dio.

La fede

elicita dall'intelletto,

ma

dev'essere mossa

o imperata dalla volont, bene disposta, se non verso

Dio quale assoluto Bene come porta

la

carit,

al-

meno

verso Lui quale infinita Verit,

come pure

av-

viene nella fede informe.

La volont
Abbiamo
suppongon
falso),

negli errori.

detto

dell'influenza

ch'esercita la vogli
atti,

lont sull'intelletto per

determinare

che

si

veri (bench l'opinione possa cadere nel

ma non

necessari,

stando

alla sola virt

co-

noscitiva.

Ora conviene che alcuna cosa diciamo


negli errori, troppo
assai,

della parte che tocca al volere

frequenti fra noi.

La materia
in

vasta

ma

po-

che cose diremo con molta brevit.

Ogni errore dipende


lont,
in

qualche

modo
che
l'

dalla vointel-

questo senso almeno che non mai

lettualmente necessario.

Un
s

assenso

intelletto

veda aver reale necessit,


rifiutarvisi

che

la

mente non possa


deve
esser

senza

negar se

stessa,

conla fa-

forme
e

al

vero,

sotto

pena

di

ammettere che

colt conoscitiva cattiva essenzialmente, e al vero


al

falso

indifferente

con

che verremmo a diimpossibile

struggere ogni

scienza, a rendere
il

ogni

certezza e a stabilire
l'assoluto scetticismo.
stretto
all'

pi radicale fondamento del-

Se

l'intelletto

non

da s covolitiva

assenso, vi viene o per

mozione

432
diretta

PRIMATO DELLA VOLONT

ed

esplicita,

o per abito contratto o per inresistere,

clinazione a

cui

potrebbe

riflettendo

la

quale riflessione dipende dal libero arbitrio. Ci sono


tuttavia

molti

errori

moralmente

necessari,

tanto

dall'uso e dalle condizioni presenti sono suggeriti e

persuasi.

Che

nelle materie contingenti sarebbe stol-

tezza cercar la

necessit, e ogni

ragione

ci

stringe

a procedere in ciascuna cosa

come domanda

natura.

quanto ad
si

escluder

la

colpa e la
gli errori,

responsablit,

ben

pu dire che spesso


spesso

proposti sotto

aspetto di verit, sono involontari.

Ma

ancora e

in

materie

contingenti

pratiche della vita, e in altre necessarie, oggetto di


scienza, le false opinioni

dipendono da imprudenza,

o da mancanza della dovuta considerazione.


sare
i

pe-

motivi pei

quali

e'

induciamo a un determileggeri as;

nato giudizio, spesso


sai
;

vedremmo che son


facile

che l'opinione
si

accettata per vani pregiudizi


illusione;

che

fonda

in

qualche

che

si

ape ad

poggia a congetture ingegnose forse


indizi che

ma

fallaci,

hanno importanza solo perch


fra
i

qualche-

duno acclamato
c'entra
la

dotti

ha voluto dargliela,
ai

E
nel

voglia

di

aderire
di

pi

fortunati

mondo,
nere

e la

vergogna
il

parere

retrivi

o di rima-

isolati, e

desiderio dei favori o dei plausi, e

altre simili piccolezze di

mente e

di cuore.

C'entra

dopo avere abbracciato un sistema la voglia di sostenerlo, e dopo avere incominciato a scorgere un
errore la vergogna di confessarlo.
sissimi
letto;
afletti,

C'entrano

diverl'

pei quali la volont

domina
anche

intel-

affetti

spesso

sregolati,

talora

buoni,

PRIMATO DELLA VOLONT


qualche volta
esercita col
divoti.

433
il

Principalmente
le

dominio

si

non voler udire


fissa

ragioni contrarie alla

sentenza ammessa, col


bole,

cercare in esse la parte de-

mentre
in

si

l'

immaginazione
;

in

quello che
il

par giusto
sibile si

proprio favore
in

poi ad arbitrio
il

pos;

muta
si

probabile,

probabile
in

in

certo

mentre
posto.

giudica

per

gli

avversari

senso

op-

Con che
che

molti

giungono a negar
son

le

verit,

che

pei sani intelletti


l'intelletto

manifeste, a sostenere

errori

non pu concepire.

Ad ognuno
alla

che

usi della ragione e

non

faccia violenza

propria

natura, deve risplendere di luce piena la superiorit

dell'anima

umana sopra

la

materia, la necessit d'un

autore e d'un reggitore del mondo. Cotali verit de-

vono almeno parere


proposte e dichiarate.
telletto
sibile,

evidenti,

dopo che sono Perch ammettiamo che


ali

state
l'in-

nostro abbia paura di slanciarsi fuor del sene

tema

di

non aver

per reggersi in quella via

l'aere alto e sottile.

Ma

quando

da tenere

sia

gi segnata e da

altri

percorsa, la coscienza desta

e sente quelle prime verit necessarie, la

mente vede
Basta scor-

che a voler resistere snatura se


gere da un lato
teria e la
dall' altro
la

stessa.

grossolana concrezione della ma:

sua determinazione quantitativa


lato sull' astrazione e sulla

riflettere

elevatezza dei

nostri pensieri e del libero proposito, per esser convinti

che

non soggetta

alla

composizione e

alla

dissoluzione materiale l'anima nostra che intende ed

ama. Basta conoscere anche

in

poca parte

1"

ordine
se in

mondano,

e vedere che

la

natura opera

come

28

434
lei

PRIMATO DELLA VOLONT


fosse

una mirabile sapienza, mentre pure

cer-

tissimo che la sapienza

non

v' ,

per

conchiudere

che questa adunque fuori


tente dominatrice.

della

natura e n' pola

Ovvero basta riconoscere


mutate,

con-

tingenza e la novit delle cose


salire

per

dover

ad una prima ragion necessaria


qualche

dell'essere,

ad

una causa motrice, non mossa e prima.


avviene che uomini
colti e in

Come per modo (oh non


ignorino,
s

appieno!)

desiderosi

del vero,

non

solo

ma
centi

anche
?

neghino

ragioni

chiare, verit

lu-

V
buona),

senza dubbio una

cattiva

disposizione del-

l'intelletto.

disposizione non naturale (la natura

ma

indotta da sbagliata educazione e da asl'

surdi sistemi, ai quali


la riflessione
la volont,

affetto

si

lega e impedisce
la falsit.

che varrebbe a scoprirne

Cos

che sedotta dalle passioni e dall'orgoglio,


la

fu

primo movente a fuorviar


causa

ragione dei maestri,


nei discepoli.

diventa

dell'ostinazione
il

Negli
infelici.

esempi accennati, ecco

processo di molti

Invece di attendere a questo che nella materia e in


tutte le attivit

dipendenti

rimane

la

prima condi-

zione materiale della singolarit, della passivit, della

misura dimensiva, da che appare libero


altri
si

l'

intelletto,

ferma a dire che l'intima essenza della ma-

teria ci ignota e

non sappiamo
esser

a che possa giun-

gere;

oppure
con

dice non

chiara la distinzione

dei nostri atti migliori dai fantasmi e dagli appetiti

organici

la

volont

qui

s'

impunta, e non

e'

via da addurlo a confessare l'anima spirituale. Invece


di attendere a quello

che per s

si

avvera nell'ordine

PRIMATO DELLA VOLONT


delle cose

435
i

mondane,
;

altri
si

si

perde a guardare

di-

sordini accidentali

eccita nel

sentimento che un
tanti

Dio buono non


cosi

dovrebbe

permettere
l'

mali, e
Inreali

nega

l'infinito

Bene, nega

Essere

infinito.

vece di badare all'interna necessit di tener per


i

principi entitativi, ossia quelli


altri

che seguono
al

la

ra-

gion di ente,

rinnega se stesso

punto

di pro-

testare che la conoscenza


subiettivo, n
esterni.

un fenomeno puramente
gli

ha proporzione alcuna con

oggetti

Qualunque evidentissimo
inevitabilmente
nella
realt,

raziocinio sa prola ri;

posto ad alcuno corrotto dal veleno kantiano,


sposta
sar
chi
si
:

Cos

pare a noi
?

che

cosa sia

pu saperlo
fermo
;

Certo

non

pu saperlo

colui che

tien

in quel radicale

errore, distruttivo deirintelletto

potrebbe saper qual-

che cosa, appena con miglior volont rinunciasse a


farsi

cos barbara violenza.

Ma
vien

che dire di

tali

mostruosi errori,
intellettiva,

nei

quali

meno ogni ragione


Diciamo che
si

appunto perch

oggetto dell'intelligenza l'ente, e quivi


possibilit?
cetti,

manca

la

difatto quegli assurdi con-

coi quali altri

sforza di
si

rappresentarsi chi-

mere, o quei giudizi coi quali


nifeste,

negano verit masolo sul labbro, e


in

non sono

nella mente,

ma

non

possiamo
escono

ammettere che pensi


dalle labbra
:

quel

modo
;

chi pur discorre, proferendo voci incoerenti. Perch


le

voci

le
gli

une dopo
atti

le altre

dant

s7ie

mente sonum

ma

intellettivi

son

semplici e debbono

avere

un oggetto
spirito

intelligibile.

Ora una materia che pensa, uno


rompe, un contingente

che

si

cor-

senza causa, un

moto senza

436

PRIMATO DELLA VOLONT


senza
intelletto

motore, un ordine

ordinatore, son

peggio
di ente,

che

ircocervi e chimere,
la

hanno

ragion

ma

distruggono

ripugna

dunque che

sieno nell'intelletto,

come

nella realt.
si

E non

sono posssibili quei giudizi, nei quali

tenta di negare al soggetto un predicato gi conte-

nuto nella ragione di quello.

Ma

questa contenenza

pu essere oscura e pu esser chiara. Se oscura, concetti restano confusi. l'intelletto non la vede, e Nella confusione le note non sono analizzate, ond'
i

che non ne

appare

la

ripugnanza;
i

pu

la

mente
se-

procedere nel congiungere


nella realt convengano,

termini,

opinando che

senza

rappresentarseli

condo quello che inchiudono


volont potrebbe muovere
scurit e l'incertezza;
di errore.

di contraddittorio.

La
l'o-

l'intelletto a

osservare

non
la

per altro cagion diretta

Se invece

relazione

dei

termini ad

ognuno che pensa, e che nel comun modo gli intende, manifesta, come avviene negli ultimi esempi
da noi
recati,
il

giudizio interno che afferma colali


affatto.

assurdit ripugna

Ma

una volont, se non


reo

attualmente, certo abitualmente e per


tiva,
stinti

uso catcoi
disfor-

induce

la

mente a seguire

fantasmi

concetti, senza

comporli veramente, e a

zarsi di pensare intellettualmente ci

che

in

qualche
l'

modo

sta nella fantasia.

Che

nella

fantasia

assur-

dit delle note intellettive

non appare. Posso


in guisa
alla

io,

non

dico intendere,

s si

immaginare, una miriade

di

atomi

che

si

urtano e

muovono
?

da ottenere un
cagione di quel

effetto ordinato,

senza

pensare
S,

moto

e di quell'ordine

posso. Intenderlo certo

PRIMATO DELLA VOLONT


no, che mette insieme
chi
il

437
stessa,

il

no d'una cosa

dice

moto

nega

la

ragion del moto, chi pone

unit di ordine meraviglioso, e nega ogni principio

d'ordine e d'unit

in

tanta
la

moltitudine
causa.
la

chi

pone

un nuovo essere

nega

Or vado

innnanzi

secondo quel fantasma; con

volont

mi distolgo
il

dal guardarci addentro, perch


cipio di causalit, che

non mi piace

prin-

mi condurrebbe a Dio,

e pro-

nunzio come chi sogna e non conscio di


coerenti parole,

s, le in-

che un ente

nuovo non esige una


il

causa, che all'ente non ripugna


simili

non
si

ente,

e altre

non pensabili assurdit. Se

trattasse di ri-

pugnanza posta

negli stessi fantasmi,

come

chi volesse

immaginare un corpo
impossibile.
zione, le

cubico e sferico insieme,


l'illusione

un

animale tutto cervo e tutto capro,

sarebbe

Quando
si

si

riesce a quetare l'immaginale

parole

formano,

asserzioni

si
il

espri-

mono, senza un pensiero corrispondente, e


intelletto

povero

va

alla cieca asservito ai snsi

e trascinato

dalla pazza di casa, che

la

fantasia.

Questo av-

viene nei famosi maestri delle nuove

filosofie.

Se a tanto
lont

delirio

purtroppo
s'

gli
l'

uomini arrivano,
efficacia

molto pi facilmente
o dell'affetto o

intender

della vo-

dell'educazione

sui

sistemi e

sulle ipotesi
rici,

e sulle dottrine correnti, sui giudizi stodifficili,

sulle

interpretazioni

sulle

opinioni non

manifestamente assurde. Un'infelice potenza ha l'uomo


di
gli

scambiare

fantasmi con

le

idee, di fissarsi
al resto.

dove

piace, di chiuder la

mente
d

E
:

nell'igno-

ranza del vero, pu sognare a sua posta


vanto, del quale non
si

quindi

il

altro

pi bugiardo, del

438

PRIMATO DELLA VOLONT

libero pensiero. nel

Questa libert
la

si

fonda unicamente
e la perfe-

non conoscere
dell' intelletto

verit

delle cose,

zione

consiste, tutto al contrario, nella

piena

determinazione.
cos
la

Che Tesser

reale determi;

nato, e
libero.

mente
la

conoscitrice

l'

ignorante

Pu dunque

volont

sulla

specificazione del-

l'assenso o del dissenso intellettivo, ove questo dalla

evidente verit oggettiva non imposto

essa

muove
fer-

r intelletto ad accogliere
lora lo spinge
alle

le

opinioni probabili e taragionevoli, col


j
;

altre

men
i

marlo a considerar soltanto


con questo viene spesso
contro giudizi peraltro
disce la

motivi di queste;

ma

agli errori,

anche ad errori
volta impeevidenti, le-

certi,

e qualche
principi

mente
in

dall'affermare

gandola

alcun

modo

a chimeriche fantasie e ad

inconcepibili proposizioni.

Articolo
Filosofia

III.

dell'Azione.

L' ultima forma nella quale


dei kantisti, che

si

terminano
rovinare

gli sforzi

non

vogliono

dopo aver
filo-

posto rovinosi principi, quella che fu chiamata


sofia dell'azione.

L'ha inaugurata l'Olle Laprune, l'ha


al

voluta imporre

mondo

il

Blondel, l'ha caldamente

raccomandata, finendo col


Laberthonnire.

farsi

mettere

all'

Indice,

il

Deriva
la

anch'essa

da

Emm.

Kant,

volendo ristorare con

ragione

pratica ci che la

PRIMATO DELLA VOLONT


Speculativa ha distrutto.
di quel sistema
la

439

un modo

d' imnanentisnio :

che tende a trarre dal soggetto umano


che
nell'

determinazione di tutto ci
:

uomo pu

trovarsi

la

scienza che pare riferirsi alle cose ed


la
i

un sogno soggettivo,
fine

legge

che per fonte e per

ha X uomo
in

stesso,

doni soprannaturali, che, se

non hanno

noi sufficiente cagione, rispondono alIl

meno ad

un' innata imperiosa esigenza.


dell'

nuovo mela sor-

todo vuol trovare nella rettitudine


gente della verit
la
;

uomo

nell'
;

inclinazione a bene

operare

norma

della dottrina

nella perfezione a cui natufilosofia.

ralmente aspiriamo l'unico argomento della

Si

che nelle cose che importa sapere, e fuori delle esperienze

puramente

sensibili,

1'

uomo

s'

inganna perch

cattivo,

l'uomo s'appone

al

vero perch buono:

da questa bont dee partire e a questa dee terminarsi tutta la scienza che

eccede l'ordine corporeo.

Perci detta filosofia dell'azione.


Trattasi
telletto,

adunque
eziandio

di sostituire l volont
il

all'

in-

non solo dando a quella

primato di

ec-

cellenza,

ma

l'

ufficio

di scoprire la verit.

Se
la
la

il

povero

intelletto

a qualche

cosa

varr, sar

soltanto

come strumento mosso

dal volere;
il

n pi

mente sar luce del cuore,


mente.
(

ma

cuore illuminer

Dobbiam
la

raccogliere le ragioni
al

messe

in

campo
lire

ragione condannata

lavoro di demo-

se

stessa:

uso

Kant), per

sostenere lo strano

cambiamento. Con questo acquisteremo un concetto


abbastanza chiaro del pensiero comune
sofi,

ai

nuovi
si

filo-

diversi tra loro

come

quelli

che non

curano

di stabilire

un principio chiaro ed una

tesi

ben

for-

440

PRIMATO DELLA VOLONT

mulata.

Ma

guai a pretender

questo
fino

Sarebbe una
ai

indiscrezione, e

un indietreggiar
i

tempi dei

vecchi Scolastici,

quali nel loro ozio

pensavano a

incominciare con precise definizioni e a procedere con ordine sicuro.

Non faremo

questo torto alla luce dei

nuovi tempi.

La causa

suole trattarsi cos. Portansi prima gli


l'

argomenti coi quali

intelletto

dee rimaner convinto

della necessit d'abdicare l'uficio finora attribuitogli


di procedere per se stesso alla ricerca del vero
:

po-

veretto, n' radicalmente

incapace

Si procede poi
di

a mostrare che l'azione nuova e miglior fonte


verit;

poich essa sola

muove

l'anima alla ricerca

del vero e la dirige


alla fine;

nella

ricerca e la

scorge sino

essa toglie ogni scetticismo, adduce ogni

certezza.

Sofismi per

l'

insufficienza dell' intelletto.

Quanto
tiano,

alla

prima parte,
in guisa

le

ragioni addotte non

possono esser

altre

da quelle del soggettivismo kan-

temperate

da non mostrare
tali

il

fondo

dell'abisso

ove menano,

ma

che bastino per nesperanza d'accertarsi

gare

all'intelletto la forza e la

mai

della verit.

Sono

quelle ragioni

medesime

della

incertezza sulla obiettivit nei principi astratti, della


impossibilit di trovare

un ragionamento onde
all'

tutti

sieno convinti, della verit relativa

indole e alla

coltura degli uomini nei vari tempi, secondo le prevalenti opinioni


;

le

quali furono

lungamente

trattate

PRIMATO DELLA VOLONT


e discusse
vista
il

441

in

questo

libro,

scritto

per

mettere in
inutile
ci

pericolo del veleno kaitiano.


ci

dun-

que che ora


essa

rifacciamo a trattarne, e

basti ri-

petere che qualunque


leno,

goccia
ossia

si

prenda

di quel ve-

mortak;
idee

qualunque

parte

altri

ammetta

delle

kantiste,

irresistibilmente

ne

trascinato al fondo dello scetticismo.

Ma
con
la

troppo

ingenua

ci

sembrata

la

sicurezza,

quale un recente patrocinatore (^) della nuova

scuola assumeva
filosofa
le

come cosa
la

indubitata

che l'antica

tutta fosse
fra

volta a cercare e a determinare

relazioni
ci,

conoscenza e

gli
l'

oggetti

reali.

Posto

francamente affermava

impossibilit di
l'

sciogliere

un

tal

problema, e ne conchiudeva

inca-

pacit dell' intelletto, la necessit della filosofia dell'azione.


gli

Davvero
si

ingenuo colui nel supporre che

Scolastici

ponessero quel problema nel


i

modo

assurdo che intendono

kantisti, e credessero d'aver

con ci compita

la

filosofia.

Era certo argomento,


s

non

della filosofia tutta quanta,

della sola logica,

l'ente di ragione, o quel

modo
le

di essere

che

la

na-

tura conosciuta prende


di universalit

nell' intelletto,

e la relazione

che

la

mente

attribuisce, e la co-

munanza univoca o analogica che alla nozione pu convenire, e l'ordine dei generi e delle
la

astratta

specie

cose tutte che, senza cominciar dall'assurdo di negar

conoscenza, valgono a determinare


il

che relazione
di

corra fra

modo

di

pensare e

il

modo

essere.

(*)

De

Sailly, in Annales de philosophie chrtienne,

octobre 1906.

442

PRIMATO DELLA VOLONT


il

Cos

problema

ragionevole ed solubile, e
i

in-

vano bestemmiano quel che ignorano


questione degli
universali.

derisori della
fra
in
i

Ma

nessuno

nostri

incominci mai dalla stoltezza di mettere


il

dubbio

valor della ragione e

l'

intrinseca relazione del pen-

siero all'oggetto,

o dei principi primi alla reale co-

stituzione dell'ente, costringendosi con questo a

una

perpetua invincibile ignoranza. L' intelletto resta ca-

pace

dell' ufficio

che natura

gli

assegn
facolt
!

che se di
riuscirebbe

fatto vi

rinunciasse, nessun'altra

a supplirvi.

Cosa
sarebbe

ridicola del resto

Col solo dire


in-

che

si

tratta di verit

da conoscere, gi diciamo
assurdit

telletto,

vanissima

cambiargli

nome.
Particolarmente pretendono che abbiano perduto

ogni valore per condurre

gli

uomini

alla fede le an-

tiche prove della rivelazione e solo valga a persuaderli


il

sentito bisogno del soprannaturale.


i

Come
di

far

accettare
giudicati

miracoli
d

ai

dotti

presenti,

che

fatti

un

sorprendenti hanno trovato la-cagion

naturale, e ogni giorno scuoprono nell'universo

nuove

meraviglie, e

si

son persuasi che

le

leggi del

mondo

sono

contingenti,

non

necessarie?
le

Semplici furono
lor troil-

quei nostri

maggiori, che con

prove da

vate pensavano di dover convincere chicchessia;


lusi

ancora

pi

nel

pensare che sulla punta d' un

sillogismo potesse stare un atto di fede.

Cos
errori,

essi, e

abbiamo qui un compendio


non possiamo
cattolici,

di molti
rifarci

su ciascun dei quali

discorrere

come pur converrebbe. Osserviamo

tuttavia

che se costoro voglion esser

non possono

PRIMATO DELLA VOLONT


resistere al
qiis

443
:

Concilio Vaticano,

il

quale sentenzi

Si

dixerit miracula nulla fieri posse, aut miracula

certo cognosci

nunquam

posse,

nec

iis

divinant reli-

gionis christianae
sii (*).

orig7iem

rite

probari; anathema
ai filosofi
:

per opporsi

direttamente

del-

l'azione,

aveva detto immediatamente prima

Si quis

dixerit revelationem divinavi externis signis (^) cre-

dibilem fieri non posse, ideoque sola interna cuiusque


experientia,

aut ijispiratione privata, homines ad


debere
;

fi-

dem moveri
capiscono
?

a.

s.

Y.

nostri

eruditi

non

lo

Certissimamente ne segue che hanno


:

essi

malato

il

cervello

guariscano dai pregiudizi e dal;

l'ostinazione a tenerli

poi

capiranno.
la

Ma

basta

il

buon senso, quel buon senso che


per veder com'era
effetti

scienza uccise
ci

fatto,

ad intendere che, se
il

sono

straordinari, contro

noto corso della natura, canone quel professore

(^)

Non

sa piegarsi a questo

che scrive dei miracoli negli Annales de phil. chri. (octobre '06), quamtunque dica di volerlo rispettare. Che giova, se mantiene che nessuno pu accertarsi mai d'un miracolo, o sapere che Dio v'interviene per confermare e dimostrar sua la religione? Nello stesso periodico scriveva qualche tempo fa un sacerdote appellando a sant'Agostino, secondo il quale non meno ammirabile Iddio nel pascere l'umana famiglia con le annue messi moltiplicate d pochi grani che sia stato nello sfamar cinquemila uomini e le donne e fanciulli con cinque pani e due pesci. Dunque... non si pu conchiuder nulla. Ma che spirito mfelice spinge costoro a cumular tenebre, ove il senso cristiano vede tanta
i

luce? Se fossero increduli,

non potrebbero combatterci pi

acremente.
(^)

proprio quel barbaramente detto estrinsecismo


a'

che

al

Brunetire e

suoi facili ammiratori

non

piace.

444
essi

PRIMATO DELLA VOLONT


manifestano
l'

intervento di Colui che solo Sil'

gnore della natura. Anche


fu un'opera divina
v'
;

istituzione della natura

ma

nell'ordinario

andamento non
cono-

segno che Dio voglia

mostrarsi e farsi
effetto

scere,

come quando produce un


mentre
il

nuovo, non

contenuto nelle cause gi poste.


riluce,

questo ancor pi

segno straordinario

s'aggiunge ad
e le
si

una religione che s'afferma divina,


qual sigillo di Dio.

appone
anime
giu-

Questo sentono

tutte le

non

corrotte.

Che

se

una nuova scienza contraria a


per
storta educazione e

tal

stissimo sentimento, quella scienza bugiarda.


gli scienziati
la

se
er-

per

gli

rori di

che senza colpa sono imbevuti, non sentono

la forza delle nostre ragioni,

cercheremo
cuore

di

con-

durli alla luce per qualsiasi via, recando pure argo-

menti

men

validi,

appellando

al

e,

chi

sa

talvolta alla fantasia

(con gente sensitiva forse vale

pi
l'

dell' intelletto)

ma non cederemo un
e

punto delle
ci

immobile

verit,

non ammetteremo che


veramente portentosi

reali

e certe prove nei

fatti

man-

chino, e che r intelletto capace di conoscere le cose,


quali sono obiettivamente, o

non debba riconoscere

quei segni divini o non sia costretto a dichiararsene


convinto. Questo
ci

preme sovranamente: che poi


ci

moderni maestri non arrivino a intenderlo,


pel loro danno.

duole

Ridicoli sono

pretesti addotti per toglier vigore

all'argomento dei miracoli. Chi mai pu prender sul


serio la contingenza delle leggi di natura
lecito sospettarne,
?

Se

fosse

dovremmo

rinunciare a ogni scienza

PRIMATO DELLA VOLONT


fisica,

445

tutta fondata nel principio che le stesse cagioni


gli

producono

stessi effetti

dovremmo

dire che le

sostanze non sono dalla lor costituzione determinate

a un proprio

modo
:

di agire e di patire

dovremmo
libert

ammettere negli
di

enti irragionevoli

una certa

movimento stranezze davvero inconcepibili. Di nuovo la scienza qui uccide il buon senso. Pensate voi che un filo di rame non condurr con egual misura sempre il calore e l'elettricit ? Che il peso d'un corpo varier, non variata la massa e 1' altre circostanze?

Par che ragionino per fare oscuro. Che se


fenomeni sotto l'azione del Crea-

poi un apologeta invocher in altro senso la mutabilit

dei naturali

tore,

forse costoro appelleranno alla necessit matetutti


i

matica in

movimenti

corporei, e fuggiranno
gli

per altra via dalla verit che

insegue.

Similmente per

le

profezie,

troppo

si

deferisce

da molti
e,

alle

intemperanze della
il

critica razionalistica,

trascurando

gravissimo argomento dell'antichisreligiosa,


si

sima tradizione
cavilli

d peso a congetture a
Perch

a lievi difficolt, per far pi recenti gli scritti

profetici

o torcerli dal vero senso.


al

non

atil

tendono invece

fatto

immenso che realmente


secoli
il

popolo giudeo aspettava da parecchi


e in virt di quei
libri

Messia
av-

misurava
gli

il

tempo

dell'

venimento, e seppe che


piuti

anni prefissi
?

eran com-

quando erano veramente

Ci

si

attenda, e

ognuno
si

vedr che questo segno

indubbiamente divino

certo avverato, e sar scorto a giudicare con miglior


criterio

anche delle pi minute determinazioni.


si

Non

chiudano

gli

occhi infine alla sterminata

446

PRIMATO DELLA VOLONT


i

diversit che separa


bolici
finto.

segni divini dai

prestigi dia-

dello spiritismo vero e dalle

ciarlatanerie del

Ognuno

intender che

il

diavolo fa con brutte

smorfie la scimmia di Dio e che certi uomini furbi

possono contraffare
le vie
si

il

diavolo

ma

vedr pure che

del Signore risplendono d'una superba luce e

esaltano sopra le nostre vie, pi di quello

che

cieli

sopra

la

terra stanno sublimi.

Nessuno peraltro ha pensato mai, come alcuno temette, che la punta acuta d'un sillogismo dovesse
incappellarsi d'un atto di fede.

Per ogni novizio di


1'

teologia
cristiana

asserzione

notissima che

atto

di fede

deve esser comandato da buona volont che


la grazia.

asseconda

Cotesto atto un ossequio della


alla infinita autorit

mente volontariamente sommessa


di

Dio che

parla.

E uno
la

slancio dell'anima alla

prima

Verit,

non avendo

altro oggetto formale o altra ra-

gion di credere che


la
ai

medesima Verit divina; n


si

fermezza dell'adesione s'appoggia o

proporziona

motivi, prima considerati per sapere che convien

credere.

Fu dunque una vergognosa


che
1'

confusione di
ci

idee quel rimprovero


rivolse,

altri

con
fede

sicura ironia

dicendo

che

atto

di

non

ist

sulla

punta

d'

un sillogismo.
,

Ma

ben pu essere, anzi naturalmente


il

conclu-

sione d'un ragionamento

giudizio di credibilit che


si

va innanzi
naturale
ci
il

alla fede

o, se

ancor

teme

di far
il

troppo
quale
nel-

giudizio ultimo pratico, secondo

determiniamo a credere, ragionata dev'essere


noi enini crederei

l'adulto che giugne alla fede, la persuasione di dover

credere

homo

nisi sciret esse ere-

PRIMATO DELLA VOLONT

447

dendum, diceva l'Angelico. E, stando all'esempio da


lui

ricordato,
si

un giudeo non disonesto e non rabbioso,


alla

che

trovasse

tomba
sapere

di

Lazaro,
il

quando
Padre

il

Maestro confess
udiva,

di

che sempre

lo

ma

che voleva dar segno

manifesto

d' esser
il

udito allora, affich gli uomini sapessero che

Pa-

dre lo aveva mandato, e pose


col

il

sigillo

al

suo dire

comandare
sorgesse,

al

morto

di sorgere e fece

con ci

che

non

poteva a meno quel

giudeo, se
di

non era cretino o dalla rabbia accecato,


dere
:

conchiu-

Questi, le cui parole

sono confermate da un
certissimamente
il

segno
in

evidentemente
di

divino, parla

nome

Dio.

un simile discorso proponeva

Signore Ges, quando diceva: Affinch sappiate che


il

Figliuol dell'uomo ha potest di rimettere


tu paralitico, levati.

pec-

cati,

altra volta

Se

alle

mie
Chi

parole non credete, credete all'opere mie, opere che

nessun altro

fece.

V era

implicito
se,

il

raziocinio

come testimonio delle verit affermate. Ma Ges confermando le sue parole, opera divinamente. Dunque Iddio che dice quel ch'egli dice. Dunque dobbiamo
opera divinamente ha Dio con
e lo ha

credergli.

Comunemente
maggior

gli

uomini vengono a questo con


che

semplicit, per educazione, per consenso al

comune

pensiero, per
religiosa

interno

affetto

li

piega,
segreti
alla

per qualche

commozione, per

altri

lavori della grazia.

Ma

un adulto non ancora giunto


afferma, insiem col

fede dee pur trovar la via di giungervi ragionevol-

mente

e la Chiesa

gli
il

dovere

della ricerca,

anche

diritto di

sospendere l'assenso,

448
finch

PRIMATO DELLA VOLONT

non

gli

appaia bastevolmente provata

la

ve-

rit della

religione, e cos chiaro l'obbligo d' accetil

tarla

che

rifiutarvisi

sarebbe temerit.
la

quantunque
sia
le-

a chi gi

possiede
gli

verit

salutare

non

cito dubitarne,

concesso tuttavia di

procedere

nello studio dei motivi di credere


s
s

come
la

chi dubitasse,

per conoscere in che per accertar


la via

si

fondi

nostra religione,
altrui.

da indicare

Cos prosi

cede un
a credere

uomo
;

in
il

quanto ragionevole e

dispone

cos

giudizio di credibilit risulta spesso


e

da un ragionamento,
volesse fare ironia

pu

star davvero, per

quanto
punta
parte
ret-

chi invent la frase, sulla


la

d'un sillogismo.
della volont
;

Sia pur molta nei singoli

sia

pur necessaria, per procedere


ricerca

tamente nella
grazia divina
gli
;

stessa

del vero

salutare,

la

debbasi pur confessare che raramente


ai

uomini

cedono

puri

ragionamenti; ugual-

mente necessario
rit

asserire che obbiettivamente la vealle

determinata e chiara, n mancano


le

opere

di

Dio

manifeste prove, n queste sono occulte a

chi vuol vedere, n chi ben le


sistere.

conosce vi pu

re-

Sofismi toccanti la volont.

I
i

Sono dunque infondate


strar la via e

e false le accuse
la

mosse

contro r intelletto per negargli


nel dirigere

parte sua nel

mone-

la volont.

N pu
il

garsi che se

anche

in

ordine a

conoscere

vero

resta qualche ufficio al

buon

volere, quest' ufficio

PRIMATO DELLA VOLONT


accidentale e per se secondario
;

449

che anzi ordinariala

mente

la

volont pi influisce per condur

mente

all'errore

che non faccia spingendola


manifesta ragione
nella

al

vero. Di che
dell'intel-

abbiamo
letto
:

natura

essa da s portata al vero,

come

a proprio

obbietto, n

ha bisogno per andarvi d'altro impulso.


falso,

Insieme per s rifugge dal

e solo per esterna


alla

mozione, o per alcunch d'estraneo


zion, avviene che vi aderisca e
s'

sua inclina-

inganni.
l'

Per

di-

cemmo
mente

che

alle

verit
;

evidenti

intelletto

non
la

condotto dalla volont

che questa influisce dove


nelle

non per s
cade
l'

determinata, e
e

opinioni
di

volontarie

inganno,

per violenza

reo
di

proposito r

uomo

arriva a fingere in alcun

modo

vedere cose impossibili


in

e di negare gli assiomi. dalla


cattiva

molti

senza
;

dubbio

abitudine

guasta la mente
viene,

ma

il

principio

della
in

corruzione
altri

nell'

individuo stesso, o certo

che

lo sedussero,

da perversa volont. Sappiamo ancora


originale oscurata
s

che pel

peccato

la

mente,

ma

pi corrotto l'appetito.

Eppure
telletto,

filosofi

dell'azione,

meglio che
infatti

dall'in-

sperano dalla volont. Dicono


(e

che

al

dubbio sollevato dal kantismo


sito

con fermo
che

propo-

chiudono

gli

occhi a vedere tutta la fatuit di


si

quel dubbio) non

rimedia altrimenti

con

la

nuova

filosofia,

e che questa vi riesce. Perch l'uomo


di

sente la necessit

tendere

un
vi

fine

che lo ac-

queti, e di tracciarsi

una via che

conduca.
la

Con
della

questo abbiamo assai per ammettere


cose e
i

realt delle

principi fondamentali

della

verit

29

450
giustzia.

PRIMATO DELLA VOLONT

Anzi chi scruti a fondo

il

proprio cuore,

vedr che invincibilmente aspira ad alcun bene pi


alto di tutto ci che la vita terrena

pu
la

offrirgli,

e
dei

quanto

pi

con

l'agir retto e

con

nobilt

sentimenti

uno

assorge, tanto pi riconosce di esiil

gere
pio,

il

soprannaturale e

divino.

Ecco

il

princi-

non pi soggetto a dubbi,


Ecco, diciam noi,

della filosofia!

come

chi vuole

pu
via
;

illudersi.

Che

molti e

pi

procedano col sentimento, senza


tal

pi sottile esame di ragioni, e che

general-

mente
altri
si

sia

buona, l'ammettiam volontieri


a filosofare,

ma quando
e
le

accinga

converr
i

pure che diprincipi

scorra

con

r intelletto, ordinando
s

conseguenze,

che

il

tutto

stia

su

salda

base

regga

alla lotta delle obbiezioni.

Va bene
una
e

che un

uomo
da
fi-

sia onesto,

seguendo

senz'altro

prima

inclina-

zione della

buona natura

aiutata

promossa

sana educazione e da esercizio di virt.

Ma E
rette,

chi

losofa vorr di tutto questo rendersi conto.

allora

vedr

in

primo luogo che

le azioni

son

perch
so-

conformi

ad una norma eternamente

fissa

nel

vrano
ciata

intelletto

ordinatore, poi conosciuta ed enun-

dall' intelletto

umano

vedr che Dio stesso

norma suprema dell' universo come Sapienza, come Volont che nelle creature realmente e
;

non
asso-

lutamente precede
il

la

conoscenza e

viene

appresso

volere.

Vedr

in

secondo luogo che, quando non


il

fosse riguardato

come una pazzia

dubbio kantiano
il

intorno

alla

realt

oggettiva e numenica,

fonda-

mento d'ogni moralit verrebbe meno, come tutto il resto. Che legge e moralit posso io logicamente am-

PRIMATO DELLA VOLONT


mettere, se
slatore, di

45

non so

di essere soggetto
fine,

ad un Legidi

dover tendere ad un
atti

essere re-

sponsabile dei miei

e di

avere

regolarli se-

condo
reali

le

relazioni che

nelle cose

mi son manifeste,
kantismo
cotesta

ben supponendo che queste medesime relazioni siano


e

non sognate
anche

Evidentemente, se
porre
in

il

mi d qualche
verit,

diritto di

dubbio

dubiter

del

dovere, della moralit,


quel
qualsiasi

d'ogni legge, e giudicher un'utopia


istinto

che mi suggerisce l'onest. Se


fido,

dell'intelletto

non

mi

nulla

so

della bont dell'agire e di

tutto ci che

pu conseguirne.

Che
un

dire poi dell'aspirazione a


Il

Dio
di

e al sopran-

naturale?

bisogno che abbiamo


;

Dio,

certo

aiuto per cercarlo e trovarlo

ma

se ne deside-

riamo conoscenza rispondente ad uomo ragionevole,

dobbiamo argomentare
dere con
efficacia.

in

buona forma per conchiugiungeremo,


bene
Il

vi

usando
sopran-

dell'intelletto,

come pi

volte

esponemmo.
alle
ci

naturale

non
:

termine proporzionato

tendenze

dell'anima

sol

ne parliamo, perch

nota l'eleva-

zione della creatura a un ordine pi alto.

inutil-

mente

il

Laberthonnire ne discorre come d'un

in-

genito sentimento, almeno dopo la prima ordinazione

che Dio fece dell'uman genere


vago, se pur
e' ,

al cielo
;

cotesto senso
la

insufficiente

n pur con
di

fede

ne abbiamo
elevati,

diretta
lo

coscienza

sappiamo

essere

non

sentiamo.
lo sentissimo,

E
altra

quando pur
i

che argomento po-

trebbero trarne
via che

nuovi

filosofi,

non
lui

fatti

certi
la

per
?

Dio

esiste e

da

viene

natura

452

PRIMATO DELLA VOLONT


e
li

Nessuno,

sfidiamo a proporlo. Noi

s,

potremmo
mostra

ragionare dicendo: L'antica e sana


Iddio

filosofia ci

sapientissimo in tutte l'opere sue.

Dunque Ei

non ha posto

invano nella natura una inutile e pe-

nosa tendenza che non abbia scopo.


tendiamo, prendiam
l'

Or naturalmente
un
in-

ipotesi

degli avversari, a
vi
vi

bene a noi superiore. Dunque non


darno; e Dio, se per noi non
ist,

tendiamo
ci

conduce.

Questa conchiusione efficacemente dedotta;


appare quanta parte della
razione
Il

ma
vuol

qui
ri-

filosofia,

che

altri

pudiare, sia necessario supporre, e


sia

come

quella del-

per s insufficiente.

fatto tuttavia,

dicono

gli

avversari,
la verit;
ai

che chi

nell'agire retto trova Iddio e

che

chi

cattivo lo disconosce

che invano
S.

moderni sono
e
degli

proposti

tutti

gli

argomenti di

Tomaso
dalla

antichi Padri, e

vengono inveee a Cristo molte anime


;

oneste, che

non ragionano

dunque

volont

buona o
con
le

cattiva dipende ogni cosa.


il

Rispondiamo
in quel

che questo
voci:

vecchio sofisma dai logici designato

non causa pr causa. Cadesi qui


nell'effetto la volont

sofisma,
parte;

non perch
perch
si

non abbia
diretta e

ma

pretende di mostrarla come ca-

gione o totale o principale, e certo come

immediata e per
e

s,

mentre

influisce indirettamente

come

accidentale, o dirigendo e
il

movendo
.

1*

intel-

letto.

modo

fii

da noi dichiarato
ci

liberamente

pensiamo a quello che


dal contrario,
posti

piace, distogliam la
ai

mente

diam molto o poco peso secondo il desiderio, seguiamo


asservendo ad esse
il

motivi pro-

talora le fan-

tasie pi strane,

povero

intel-

PRIMATO DELLA VOLONT


letto,

453
cattiva
ci

che per s
;

rilutta.

S,

la

volont

porta a questo

e
;

non
gli

e'

bisogno che

sa malizia

attuale e riflessa

basta che sia


storti

contratta
e
i

per

uso,

a che

aggiungono

abiti
i

giudizi falsi

gi
alle

indotti nella mente.

Perci
di

nemici non badano

prove dell'esistenza
anzi
si

Dio

e dell'obbligo di cre-

dere;

sono

resi incapaci

d'intendere

le anti-

che ragioni, obiettivamente vere e per s

efficaci.

Ma

ne segue forse che

il

conoscere
la

la verit

per

s dipende dal volere?

No, che
il

dipendenza solo
e
il

accidentale, in quanto

reo proposito oppone


;

buono non pone impedimento mediata, in quanto la buona volont spinge l'intelletto a cercare il vero,
la cattiva
il

ne

lo ritrae,

Ma

l'

intelletto, esso

che cerca

vero, esso lo trova e lo possiede. Cos posso chiule

dere o aprire
luce;
scuri,

finestre,

con
le

che

avr

tenebre

o
gli

ma
essi

gli

occhi,
il

non

mani che rimuovon

vedono

sole.

Concediamo adunque che


alla fede

chi

ha buona volont, trova Iddio, giunge


questo perch
i

ma

la

mente

allora

non impedita
proposti, e la
la

dal riconoscere

validi motivi

lei

divina grazia soccorre all'anima retta e


al

conduce

termine conveniente.

Il

qual fatto morale fu no-

tissimo in ogni tempo, n pensiam noi di pur dovere

alcuna gratitudine
vertito.

ai

filosofi dell'azione

per averlo avnoi,

Protestiamo

di averlo

sempre saputo anche


ci

prima che dai nuovi maestri

venisse nessun avviso.

AS4-

PRIMATO DELLA VOLONT

Il

pensiero secondo l'azione.

Eppure pretendono di recar luce nuova, perch sinora non s' badato all' influenza grandissima che ha la vita bene condotta sopra pensieri, o alla
i

stretta connessione tra le

azioni
;

che

precedono
opere

la

dottrina e la dottrina stessa

tra la dottrina e le azioni

che seguono
nelle opere

le

idee son preparate

dalle

si

continuano.

Nuova
cose, e

sar la pretensione di dire con ci nuove


la

nuova

meraviglia dei giovani inesperti,

ai

quali par che sia novit nel

mondo

quella a che essi

attendono

la

prima volta: nuovo finalmente Teccesso


morale spontanea
retto pensare d'un
rela-

di giudicare che, per quella

zione fra
sia

il

retto agire e

il

uomo,
la-

da negar

valore o che

alla

verit
sia

obbiettiva e forza
il

all'intelletto,

insomma

da distruggere

voro sodissimo dei


fica

secoli scorsi nella dottrina filoso-

e teologica, per ricominciar

da capo, senza base


certo

e senza principi.
zioni di

Non andremo

a chieder
di

le-

temperanza ad un epicureo,

umilt ad

uno

stoico.

Ma

non bisogna esagerare:


dir

non trovate
?

forse in Orazio precetti mirabili di virt

Non

cre-

dete voi che s'accordino

il

bene col viver male?


tra la virt e la

Del resto quella dipendenza morale


studi chi vuole,
la

dottrina un bello e grave problema psicologico: la

ma non

pretenda che

sia l'unica

prima questione.

Non

si

quetano, e osservano

che

il

sapere

per

PRIMATO DELLA VOLONT

455

s non giova: nil scire prodest ; al contrario l'unico

bene che all'uomo importa

quello

di

vivere

onespe-

stamente. Vana dunque diremo una

scienza

vera

cialmente quella povera scienza di che siam capaci,


s

corta e dubbiosa,
far

se

non mira
dell' azione

non giunge
la
filo-

buono l'operare dell'uomo. Perci


dee chiamarsi filosofia
y

sofia

come

quella

che parte dal desiderio del bene e a


si

farci agir

bene

termina.

Chi s'aspettava tanta ascetica

fra gli

adoratori dell'idolo chiamato Scienza? Chi pensava

che cos diminuirebbero

l'

intelletto

umano
della
?

quelli

che

sempre

si

mostran teneri nei


le

diritti

ragione,
tant'
:

quando affermiamo
con quelle nenie
logicamente
al

verit religiose

Ma

mente corta e dubbiosa si arriva dubbio universale e a scalzare fondi


i
:

damenti della fede


grido

questo piace
si

al

mondo,

dal
di

mondano

molti

lascian

trarre,

inconsci

quel che fanno. Confessiamo di errare troppo

facil-

mente per colpa nostra; non diciamo per s impotente la ragione che Dio ci ha dato, tentando di
darne
la

colpa a Dio stesso.

Or per
di

rispondere

all'argomento

proposto,

di-

ciamo, essersi saputo sempre che

importa all'uomo

ben vivere. Dunque

alla vita

buona

si

deve suim-

bordinare ogni cosa, e lo studio e


porter pi d'ogni altra cognizione

la scienza; e

quella che

legge e

modo

agli atti

umani,

verissimo.

pon Dun-

que nessuna scienza speculativa per s vera, o nessuna ricerca non immediatamente volta alla prao quando si tratta di ordinare scientica lecita,

tificamente le

umane conoscenze, non

necessario

456

PRIMATO DELLA VOLONT


si

porre in primo luogo e lumeggiar quanto


far certe le dottrine reali e assolute,
si

pu e

fonda ogni legge,

nelle quali poi

falsissimo.

Se voglio come

ho bisogno di tre veche un Dio mi comanda, che son rit fondamentali responsabile de' miei atti, che ho un fine oltremonfilosofo conoscere la morale,
:

dano da conseguire. Un ingenuo popolano, non corrotto da alcun veleno di kantismo, sente tutto questo.
Ottimamente,
sar

ma non mi
io

dite

che

filosofo.
le

Tale

quando ne sapr dare e mostrare


Questo
voglio

necessarie

ragioni.

per

me.

Potete proibir-

Ora vi sfido a far certi quei fondamenti per altre vie da quelle dell'antica Scuola e dell'angelico S. Tomaso. Dovete dimostrarmi Iddio, senza supmelo
?

porre la

stretta

obbligazione

morale
libert,

che

da

Lui
la

viene; dovete assicurarmi la

conoscendo
dell' intelletto

natura dell'appetito
dell'anima spirituale
talit
;

intellettivo,

dovete convincermi dell'immore


della

che mi aspetta

Provvidenza

che mi

conduce a beatitudine, se non

me

ne rendo indegno.
nel

Ammettiamo che

lo

scopo

sar

riconoscer

la

legge e nel bene operare; ma, per procedere secondo


ragione, quanta dottrina speculativa deve andare in-

nanzi! Perci nella filosofia logicamente

disposta

si

procede dai principi comuni dell'ente

allo studio del

mondo
fine

e dell'uomo, alla dimostrazione di Dio, e in-

alla

morale.

Fu

ridicolo

Emanuele
volle

Kant,

che,

distrutta la ragione speculativa,

ricostruire la
si

ragione pratica
quella?

ma
i

come,

se

questa

fonda

su
di

altrettanto sono
filosofi

ridicoli,

pretendendo

rifar la scienza,

dell'azione.

PRIMATO DELLA VOLONT

457

Diremo dunque che invano il Blondel si affaticato a scrivere un grande volume L ^Action, quasi
credendo d'avere scoperto una pellegrina
verit,

deducendone perverse conseguenze. Non


mai che
il

fu ignorato

vivere onesto e la purezza e la giustizia


le

e la moderazione di tutte

passioni

bene disponle

gono l'uomo ad intendere e ad accettare spirituali e la legge di Dio e gli arcani


son
rivelati,

dottrine se

celesti,

in

quella misura che all'umano ingegno

concessa.

Sappiamo ancora per lunga esperienza


resiste alle

che l'uomo sensuale che quasi sempre


alla
l'

verit superiori, e

apostasia

dalla fede tien

dietro

corruzione dei

costumi.

Tutto
il

questo notispropose, e

simo.
alla

Ma

la

conclusione che

Blondel

quale una turba di giovani ammiratori applaud,


gli

dicendo che dunque non valgono


tellettuali

argomenti
altri
si

in-

e obiettivi, che

inutilmente

sforza
il

di

provar ragionando, e cercando l'umana


e

storia,

fatto della rivelazione,

che tutta

la

dimostrazione
dell'anima
della

cristiana dee

consstere

nell'inclinazione

virtuosa alla nostra fede, o nella

convenienza

nostra fede ad ogni anima


clusione,

virtuosa, cotesta

con-

diciamo, perversa,

la
:

infetta

di

veleno

kar/*ano, distrugge la fede e

religione.
infatti

Anzi pregna
la verit consista

di
nell'

kantismo

suppone che
dall'uomo, e

essere accettata
verit,

che questi possieda


le

la

giudicandola

secondo

proprie disposizioni, e abbia diritto di pensare che


gli

quanto

conveniente

come suo

bene, per ci stesso

sia vero.

Or questo
sa e

soggettivismo,

secondo

il

quale

nulla

si

non

si

dice nulla dell'oggetto reale.

Non

458

PRIMATO DELLA VOLONT


si

senza una segreta malizia

confonde

il

vero col bene.


:

Sappiamo che realmente convengono ambedue accompagnano r ente, e non realmente bene ci che non vero, e ogni vero importa qualche bene. Ma il sofisma, commesso a danno della religione e delle
anime, sta nel supporre che tutta
turale
la verit

sopranna-

consista

nell'essere appresa

come buona da
sia eccellente la

chi bene disposto.

Ora per quanto

mia disposizione, posso io fabbricarmi un bel sogno, vagheggiarlo come una ideale felicit, trattenermi in
esso
e

non cercar

altro.

Cos lo Schleiermacher

si

sdilinquiva nel sentimento religioso; cos trasse dietro se molte


alti

anime scioccamente
e
il

dolci, inebbriate in
la

pensieri di spiritualit
e

d'amore (salvo che


secondo vieppi
si

prima andava svanendo,


citava nel senso)
;

ec-

cos pretesero

maestro e discepoli

che

la

religione cosa di sentimento,


il

non

altro.

Allo
la

stesso termine viene

Blondel,

bench presenti

sua dottrina con miglior arte e con pi forte


letto
;

intel-

ma
le

crescendo

con ci

l'

illusione.
le

Se son ne-

gate

prove estrinseche, ossia

prove storiche e

obiettive del cristianesimo,

onde abbiamo che certo


si

Iddio con meraviglie a Lui solo possibili


nifestato,

ma-

e ha posto

il

suo

sigillo

alla religione di
;

Cristo,

viva e vera soltanto nella Chiesa Cattolica


i

rimane che

nobili spiriti
si

si

compiacciano nella elevasi

tezza di ci che fra noi


il

dice e

opera, riguardando
l'u-

cristianesimo
:

come
al

il

pi alto sogno a che giunse

manesimo
in noi,

e questo nulla.

cos tutti gl'increduli


;

possono aderire

nostro simbolo

e la fede distrutta
stata, e

come

in quelli

non

mai

stoltamente

PRIMATO DELLA VOLONT


i

459
gli

nostri

si

persuaderanno d'avere tratto a s


ci

av-

versari,

mentre noi

saremmo con
nemici,

brutta apostasia

accompagnati

agli increduli.
i

Alla Action del Blondel

possono applaudire
del loro esercito.

come

al

verace trionfo

Via dunque ogni confusione, e diciamo


operare e
la vita

Il

retto

onesta dispongono bene l'uomo ad


;

accogliere la verit
ligione sia vera
e

ma

ne questo prova che

la re-

divina, n

molto meno,

la verit

consiste nell'essere accolta dalle

anime ben disposte.

Pragmatismo.
Venne dopo
rizzatore delle

il

Blondel,

quasi

discepolo
il

volga-

astruse

idee del
il

maestro,

Laber-

thonnire,

annunciando
i

dogmatismo morale. Volle


ci

dire che tutti

dogmi unicamente

son

rivelati

come
nostra

regole dell'operazione, e in quanto sono nella

conoscenza,

unicamente come norme del

vi-

vere hanno verit.


gli

questo proposito
le

ei

rinnov

argomenti

noti,

che

cose divine non possono


ci

da noi essere apprese,


al
fine,

che
a

che solo
nostre

giova giungere

la

verit relativa,

da tener soltanto
pensare che la

nel

modo

noi conveniente,

senza

realt corrisponda alle

asserzioni.

Anche

lo

Scoto insegn che

il

dogma

della Trinit, del quale

non sembra che


una verit

altro sia pi speculativo, per noi

pratica.

Distingueremo per rispondere e


l'argomento proposto, un doppio

mostrar vano
:

senso possibile

46o

PRIMATO DELLA VOLONT


ci

dogmi
non

sono

rivelati

come norme

d'azione

dogmi
ri-

hanno
la

altra

verit che

pratica, e basta agire

secondo
ferirci

norma quindi

dedotta, ne fa d'uopo

ad una

verit obiettiva.
la rivelazione,

Questa maniera ultima d'intendere

ampiamente svolta
per titolo
Qu^est'Ce

nel

famoso

articolo,

che

aveva
beni-

qu^un

dogme, e troppo

gnamente discussa o accettata da


detestabile.

alcuni cattolici,

Non

vero

che basti riverir Ges come


si
:

se fosse Dio, se

prima non

crede fermissimamente

Lui essere veramente Dio


esse

Credo

loto

corde

lesum

Filium Dei.

Non

vero

che basti ricevere con

riverenza l'eucaristia,

come

se

Ges

ci

fosse; realis-

simamente
ste

c',

come

l'anima mia davvero in que-

membra che
(^)

avviva.

cos pel

resto

(').

Per-

Fuvvi chi disse: Quando noi fossimo

in tutto puri,

non avremmo bisogno di credere la verginit della Madre quando fossimo in tutto uniti a Dio, non sarebbe di Dio necessario credere la divinit di Ges Cristo. Se avesse detto invece; In uno stato d'integrit perfetta la verginit non sarebbe stata da preferire come ora in uno stato
;

di perfetta

unione dell'uomo con Dio la meditazione dell'Uomo-Dio non sarebbe necessaria avrebbe espresso con
;

verit quello che poteva esserci di

buono
fioi

in

fondo

al

suo
cre\\

pensiero.

Ma

dicendo

non avremmo

bisogno di

dere, tradusse la dottrina in linguaggio kantista, insinu

pessimo errore che rit obiettiva, pose


che
quel
la teologia

trattasi di pensieri
il

nostri e

non

di ve-

principio d'

cos distrusse la fede.

Quando

un dubbio universale, e moderni avranno ottenuto


filosofia,

e la Chiesa, invece di star coi vecchi Scoil

lastici,

adattino
di

lor dire alla

nuova

verremo a

modo

pensare e

di parlare.

Vuol dire che non

sapremo pi

nulla e la fede sar svanita. Fortunatamente,

PRIMATO DELLA VOLONT

46I
nell'asso-

che

il

fondamento della religione posto


Perch
la

luta realt di quel che crediamo.

parola di

Dio o dice
le dice.

le

cose

come

sono, o le fa essere
la

come

Perch accettiamo

rivelazione con

un giu-

dizio che afferma; e se all'aflermazione

non risponal

desse la real convenienza del predicato


nel credere a

soggetto,

Dio c'inganneremmo o
gli

la divina
ci

parola
tra-

sarebbe mendace. Perch

Apostoli
gli

hanno
loro,

smesso quello
palparono
Io.
I,

che videro con


le

occhi

che

con

loro

mani

del

Verbo

di vita (I*

l),

non seguiam dotte


annunziato
in

favole, professando la

religione di Cristo. Perch finalmente l'oggetto della

fede

ci

guisa che credendo

ci

sog-

gettiamo

alla

infinita
la

Verit

con

la

mente, su

che

deve

stabilirsi

speranza e vi tien dietro

la carit

operosa; cos ogni nostra facolt tende a Dio. Antica


l'avvertenza che
alle
i

concetti nostri

sono inadeguati

cose

divine, e

non con propria immagine


le

ma
non

per remota analogia


toglie che

rappresentano,

Questo
dai

nell'oggetto le realt

significate

due

termini

dell'affermazione

sieno

identificate

in una,

come

termini stessi s'adunano nel giudizio formato


est,

per fede. All'


ciazione,

atto dell' anima, copula


Xest,

dell'enunrealt

risponde

atto

dell'ente,

nella

dell'oggetto.

La prima maniera

d' intendere,

che

dogmi sono

ordinati a reggere le nostre operazioni, ha gran parte

prima che questo sia vero, sar finito il mondo, perch Ges Cristo ha promesso di essere con noi usque ad consumnuUionem saeculi.

462
di verit.

PRIMATO DELLA VOLONT


Infatti certo

che

la

rivelazione fu fatta
figli

per elevarci all'essere soprannaturale dei


e ottenere che efficacemente tendiamo
al

di

Dio

al fine

ultimo,

quale Iddio

ci

ha

destinati.

Ora
la

nel tendere al

fine

non pu negarsi che tocchi

principal parte
;

alla volont.

Con

la

volont

con essa meritiamo, con essa


tenze
ai

amiamo il vero bene moviamo le altre posieno


retti

loro atti in guisa

che

e santi

con

la

volont

liberamente

accettiamo
ci

la
ci

mozione
conduce

dello Spirito e la grazia, che


al

eleva e

cielo.

sta scritto che la carit vince le altre virt

ed maggiore della fede; pur manifesto che pi


del puro errore
intellettivo
si

oppone

al

consegui-

mento
via,

del fine la colpa


;

volontaria:

questa diretil

tamente contraria
va
alla

quello,
(^).

ignorando

termine e la

ventura
si

Per ci stesso adunque che


al

tutto

quaggi
la

ordina

fine

ultimo da conseguir
vi

meritando,

rivelazione
a
far

altres
la

tende, e

mira

principalmente

santa

volont, ispirandole

amor
(^)

di Dio.

in

questo senso

pu intendersi

il

Anche questo notammo


delle

nell'articolo

ove cercavasi
il

a quale

due potenze

spirituali

tocchi

primato.

Come

motrice, e
;

come

principe nell'ordine morale, la vo-

lont superiore

ma

considerando

la

ragion formale del-

l'operazione, e la perfezione entitativa e la spiritualit del

soggetto, e

il

possedere
la

l'oggetto o

l'anima

(vi

tendiamo volendo e amando,

tendendo), manifesta

a che tende giungiamo insuperiorit dell'intelletto. Per s


il

fine
vi

dunque e formalmente

migliore l'intelletto: per ragioni


si-

accidentali sta sopra la volont. Cosi procede dritto e

curo l'Angelico, bene lontano dai molti andirivieni e dalle


incertezze scotiste.

PRIMATO DELLA VOLONT


detto dello Scoto che anche
spetta alla pratica
:

463
della Trinit

il

dogma

ci

giova certo ad ammirare Iddio

misterioso, a soggettargli la
noi,

mente come
la

il

resto di

a conoscere

pi

distintamente

persona del

Salvatore, a godere nella magnifica armonia di tutta


la

dottrina

rivelata

per

conseguenza a serbar

la

legge interamente con piena soggezione dell'animo.

Questo
gliarsi

in

chiaro, che

non faceva d'uopo


per iscorgerlo.

assotti-

minute

inquisizioni

Ma

pur chiaro che ci non basta a dir pratica una verit,

e molto pi propriamente quella

voce

riser-

vata alle immediate regole dell'azione. Senza di che

diremo pratico ogni concetto che propone alcunch ad amare, e sar pur
nezza che
vole.
tale la visione di

Dio

stra-

nessun

sillogismo

pu
ai

rendere

accette-

Diremo

invece,
la
ci

rispondendo
verit,

dubbi

scotisti

determinando
tener per fede.

che

la

rivelazione

per s

immediatamente
che

mette innanzi quel che dobbiamo


fede

La

adunque

un primo obbligo
ed
so-

ci

imposto, ed parte della giustificazione,


insufficiente,

un principio, bench
speculative, e

della

vita

prannaturale.
verit

Ora per fede afifermiamo innanzi


solo

tutto

pi

tardi,

dipendentele

mente da quelle
dell'operare. Cos

verit,

conosciamo anche

norme
ri-

adoreremo praticamente
e

tre divine

persone, e adoreremo Ges Cristo, e riverenti lo

ceveremo
in

nell'eucaristia,
di

celebreremo

divote feste

onore

Maria, dopo aver saputo e creduto,


affatto
di agire

come
in

realissime e

obbiettive, le

grandi

verit,
il

quel

modo

presupposte.

Adunque

dog-

464

PRIMATO DELLA VOLONT


in

matismo morale,
ordinata

qnanto dice che ogni conoscenza


santificarci

quaggi a

con

l'amore

del

vero bene, dice vero,


notissima
;

ma

dice

cosa in ogni secolo


i

in

quanto afferma che


nell'oggetto

dogmi non
s

espri-

mono

verit assolute

della fede, o che

soltanto son relativi al nostro

modo,

che debban

mutarsi secondo

la

nostra

coltura, o che esclusiva-

mente contengono una norma pratica, dicendo fate come se questo fosse vero (con che la religione sarebbe fondata in dotte favole, e favolosa riuscirebbe
la nostra speranza),
il

dogmatismo morale, che porta

in

religione lo scetticismo di

Emm. Kant
nuovo

inutilmente
errore, de-

mascherato, e distrugge

la fede,

gno

di

disprezzo e d'anatema.
gi

Abbiamo

ammesso
il

s'

saputo
e

sempre che
il

pi del sapere importa

buon volere

ben

fare;
la ve-

che un'anima retta cerca sinceramente e trova


rit in cui

la vita
si

che una mente cattiva o non


;

viene alla luce o

va ottenebrando

che vero scopo

della conoscenza la regola del vivere e la giustizia

che dobbiam seguire e tenere.

Ma

questo principal*

mente s'avvera
la

nella terrestre condizione, perch tutta


ol.

ragione del nostro essere quaggi sta nel fine

tremondano che dobbiam raggiungere

in un'altra vita.
gli

a conseguire
nostri,
in

quel

fine
essi

noi

ci

moviamo con
intrinseca

atti

quanto

hanno

propor-

zione con la vita celeste, e in quanto efficacemente


noi vogliamo
il

vero bene che

ci

promesso, rinunquello.

ciando

ai

mondani allettamenti contrari a


proporzione, per
la

Ora

r intrinseca
carit

quale
della

la

fede e la

sono

un cominciamento

visione e del

PRIMATO DELLA VOLONT

465

gaudio che

ci

faran beati in paradiso, proviene escluci

sivamente dalla grazia che


ordine soprannaturale
;

eleva e

ci

pone

in

un

ma

l'altra
i

parte dell'attenerci
falsi

noi all'amore dei beni eterni tra

beni presenti,

esige

il

retto uso della nostra libert, ed in nostra


la

mano, bench non senza

necessaria

mozione

di
ci

Dio per

la

sua grazia. Per questo libero operare


la

massimamente nota

ragion di merito, e a questo

importa principalmente che noi attendiamo.


ci siam fedeli, essendo certissimo che

se in

Dio non manca


la

da parte sua, raggiungiamo


stenza
;

il

fine della nostra esi-

se in ci

manchiamo, ancorch avessimo


il

scienza

degli

angeli,

vivere

senza

pr,

anzi

dannoso.
Sia ordinata
sta.

dunque
1'

la

scienza

all'

azione

bene
fon-

Ma

badisi che
la

azione stessa non ha pi

damento, se
s vera.

scienza che dee reggerla

non

per

Perch se questa conoscenza del

fine e della

legge, esaminata con logica severa,


biosa,

apparisse dub-

senza peccato

potremmo

trascurarla, e fede e
d'

vita cristiana per s

non avrebbero forza

imporsi
ragioalla re-

a chi ragiona.

Sappiamo che non per arido


gli

namento sogliono
ligione e a Dio.

uomini essere condotti


;

Non importa

necessario

ugual-

mente che
pace di
sia

la

verit sia certa per chi

ha mente cal'

giudicarla e obiettivamente
le

obbligazione

ben provata a chi ne cerca


Poteva Iddio proporre

fonti.

la verit della rivelazione,

senza prove esterne, con

le

quali

ci

fosse

dato

di-

mostrar che realmente necessario


suadere un onesto

credere, e per-

cercatore del vero che deve ac30

466

PRIMATO DELLA VOLONT

Gettar la nostra fede, sotto

pena

di

mancare ad una
gli fosse

manifesta obbligazione? Si poteva, se cos


piaciuto, riservando tutto
all'

opera interna e sopran-

naturale della sua grazia. Poteva disporre, volendo,

comune quel modo che tenne Ges nel chiamare il pubblicano Matteo. Supponiamo pure che questi fino a quel giorno non sapesse nulla del
che fosse
divin Maestro, n avesse veduto
i

suoi prodigi,

n
sua

conoscesse alcun segno del suo


autorit.
il

potere e della

quelle parole
le

Sequere me, Matteo lasci


fu

suo

banco e

sue

ricchezze,

discepolo

del

Diremo che oper irragionevolmente ? Anzi oper, seguendo un lume pi alto della ragione un lume che divinamente rifulse all' anima
Redentore.
;

di

lui,

facendogli conoscere quello che a

lui

conve-

niva per adempiere la Volont di Dio. In altro modo,

con r accompagnamento

di esterni prodigi, la stessa

luce colp Saulo sulla via di

Damasco.

fu

mossa

secondo questa
e di subito

luce, la volont dell'


giusti.

uno e

dell' altro,

ambedue furon
la

Ma

queste furono meraviglie.

Non

tale la legge
tutti

comune, che
conformi

Provvidenza
s

stabil.

neces-

saria la grazia;

per distoglier l'uomo dagli errori

alle passioni e all' orgoglio, s

per dirigerlo
s

nella via della rettitudine e della verit,

ancora e

pi per elevarne
far s

gli

atti

all'ordine soprannaturale e
la vita

che

abbiano proporzione con

eterna.

Ma

ordinariamente necessario che cotesto interno

lavoro sia accompagnato dall'uso dei mezzi esteriori

ed umani, pei

quali,

in

ordine alla fede,

la verit

proposta e persuasa. Questo

modo

risponde all'umana

PRIMATO DELLA VOLONT

467

natura e alla nostra condizione sociale. Quella chiede


di

giungere
;

alle verit spirituali

condotta

all'

esterna

esperienza
in ogni

questa importa che

ci

aiutiamo a vicenda,
del

cosa, e anche nella


la

ricerca

vero.

Ora,
in-

se

il

conseguire

fede dipendesse

soltanto

da

terni

moti e da buona volont, Dio non prowede-

rebbe a noi nel


la

modo

a noi proporzionato
tal

di fatto

grazia

si

adatta alla natura, e


della Chiesa.

e tal fu sem-

pre

la dottrina
il

L' opinione

contraria
alla cieca
;

insinua

pensiero

che

si

crede

un po'
la

che
il

ci

si

va col cuore pi che con


che molto

mente
darla

che

fedele

non pu rendere piena ragione a s stesso


;

del suo credere

meno pu

altrui,

n pu proporre alcuna prova convincente della necessit di credere, e dell' esclusiva verit della
reli-

gione cattolica.
e pericolose.

queste insinuazioni son tutte false

CONCLUSIONE

Conchiudiamo. Tutto quello che affermano o che

suppongono senza errare


sempre noto
losofi dell' azione si

nuovi

maestri,

tutto fu
fi-

agli antichi e se agli

argomenti dei

pu dar valore, convien proporli come uno scolastico del medio evo avrebbe fatto.

Non pu
detto

esser vana la tendenza della natura, avrebbe

un

discepolo

di S.

Tommaso; ma avrebbe
la

aggiunto due cose.

Primo, che

ragione di quelil

r effato sta nella sapienza del Creatore,


pot darci
l'

quale non
;

impulso verso una meta assurda

non

varrebbe quel detto per un ateo panteista. Secondo

che questa tendenza va certo ad un termine con cui


il

soggetto ha proporzione; ond' che per muoverci


della gloria,

al fine
zia.

prima Iddio

ci

eleva con la gra-

Ci d poi

la grazia,

per suo decreto, anche dopo

averci creati, al tutto libero e gratuito.

quelci

r antico avrebbe detto che


stoglie
aiuta,
in molti

la cattiva

volont
la

dici

modi
l'

dal

vero

che

buona

applicando

intelletto a sincera e

premurosa

PRIMATO DELLA VOLONT


ricerca della

469

norma
:

del nostro vivere e del fine pel

quale viviamo

ma
se

questo medesimo impulso sarebbe


l'

vano e penoso,

oggettiva
all'

verit

mancasse

di

luce per noi visibile, o se


la

intelletto venisse

meno
ot-

facolt di accertarsi di quel vero.


difetto,
in
il

Anzi con l'uno

o con r altro
timo,
tezza.
ci

volere, anche

buono ed
di

lascerebbe

disperata o ignoranza o incer-

Queir antico finalmente, quel discepolo

San

Tommaso, direbbe che senza dubbio


sima e precipua
al
fine,

importantis-

la

parte della volont nel dirigerci

che noi dobbiamo conseguire meritandolo, e

nel disporci

ad esso con

le virt

che

in noi

vengono
:

e crescono, mentre corrispondiamo alla grazia

ma,

come r avaro vuol le ricchezze sederle, come r ammalato vuol


con
la

si

riposa nel pos-

guarire e vi giunge

buona disposizione

dell'

organismo,

come

lo
;

studioso vuole la scienza e


cos

la

consegue imparando
con
l'

anche noi tendiamo a Dio

amore
la

e col

desiderio,

ma

il

termine della tendenza sar

beata

possessione del
diata
intuizione.

sommo bene
che
1'

intellettuale per

imme-

Onde

infine risulta

ammessa maggiore imdell' es-

portanza della

pratica in
1'

confronto alla conoscenza

non riguarda
tre

ordine assoluto e universale

sere, s lo stato

passaggero

in

che
la

ci

troviamo, men-

siamo

viatori e

cerchiamo
la

permanente abitaraggio

zione.

Troppo scarsa
ci

goccia di scienza verace


il

che qui

concessa;

troppo tenue
;

che

a noi arriva dagli eterni splendori

appena tanto
;

da reggerci sicuramente verso


vranamente importa
di

la

meta

e per

so-

muoverci per dritta via col

470
retto operare
:

PRIMATO DELLA VOLONT

ma

necessario fondamento di tutto

la obiettiva assoluta verit.

Perch
base r

si

oppone a questo,
che Dio

e perch scalza alla

edificio,

stabili sui certissimi


il

avveni-

menti ond' ebbe origine

cristianesimo, e sulla realt


misteri,
s

immancabile

s
;

dei presenti

delle

future

manifestazioni

perch nulla afferma e lascia sognare

a capriccio, curando solo per una certa estetica intellettuale,


v'

che

pensieri sieno
?),

coerenti (che
le

ragione

di volerlo

senza pretendere che


mai,

cose siano
si

state,

sieno o abbiano da esser


la

come

pen^

sano,
d'

dottrina

kantiana
d'

veleno

distruggitore

ogni vita spirituale e

ogni verit.

Come da
esame

principio dichiarammo,

non

fu

nostro

intento nella presente operetta, quello d' istituire


critico delle idee
il

un

che personalmente ebbe o


stendere

propose

filosofo di

Koenigsberg, n di

un'ordinata confutazione del suo sistema o delle sue


particolari sentenze.
gli

nostro giudizio, troppo onore

fanno

molti che s'affaticano


se,

per

conoscere

la

sua mente: che pr,


si

sa

dopo tanto studio, soltanto che cosa abbia sognato un maestro d'errori ?
in

Nessuno pu chiamare

dubbio

il

fatto evidente
il

che
i

da

lui

si

sono derivati e hanno preso


si

nome

di-

versi pensieri, che ora

oppongono volgarmente
e,

alla

verit dell'antica perenne filosofia,

che pi, della

fede cristiana.

Da lui

l'agnosticismo, anche temperato

e timido; da lui l'impossibilit delle prime intellettuali

convinzioni e della sicura intuizione


;

da

lui l'a-

pologetica soltanto interna

da

lui

l'

immanenza

il

pragmatismo e

la filosofia

dell'azione, e la falsa in-

PRIMATO DELLA VOLONT


terpretazione dei

47!

parere dottrine

Le quali possono indipendenti, ma vengono insieme dalla


cristiani.
;

dogmi

comune

radice del soggettivismo critico

possono
quel vesistemi e

parere innocenti opinioni,

ma sono

infette di

leno kantiano, che pervade le menti

corrompe ogni cosa.


Tutti
i

discepoli delle

moderne
i

scuole,

ove ha
a

il

primo posto Emmanuele Kant,


ancora credenti e non vollero

quali vollero

dirsi

rinunciare
i

quella
alla

che ora sembra

filosofia,
il

misero
col
s,

loro ingegni
lo scetticismo

prova

di

comporre
il

7io

con con
forti

la persuasione,
il

sogno

con

la

realt,

il

nulla

divin Tutto. Perci dissimularono le troppo


;

negazioni kantiane
stituisce a

ne ritennero che

il

soggetto co-

suo

modo

l'oggetto, che se ne

convince
i

per
cipi,

le

proprie disposizioni, che forma da s


alle

prinriten-

dubbiamente applicati poi


da non essere
Questa
il

cose

ne

nero insomma quanto poterono, involgendo e oscurando,


della
s

costretti a chiarirsi

nemici
esser

religione.

ridussero

poi a non

pi di quello che

temperato kantismo potesse con-

cedere: un sentimento, una idea sublime, una bella


regola della vita.

E
i

si

valsero della critica, per coantichi,

prir di nebbia tutti

fatti

e misero

innanzi

intrinseca

inconoscibilit

dei misteri, o la

divina

invisibilit,

per confonderla con un totale agnostici-

smo. Poterono con questo sorprendere molte fantasie


d'

anime nervose, e alcuni ingegni non avvezzi

al sei

vero ragionamento; non poterono sorprendere

di-

scepoli dell' antica scuola cristiana, educati alle sottili


distinzioni e alla logica rigorosa, n

molto meno

la

472

PRIMATO DELLA VOLONT


il

Chiesa di Dio, attenta a conservare


divina verit.

deposito della

Poich

di

fatto
;

distruggevan coloro
e a
p-,

tutta la religione e tutta la fede

.rtare tanto rea


di

conseguenza assai qualunque principio

sogget-

tivismo, qualunque dubbio intorno alla realt obiettiva dei nostri giudizi o dei primi concetti, qualun-

que insinuazione che noi diamo


pensato, senza

la

forma

all'

oggetto

discernere con certezza ci

che apeh' essa

partiene alla cosa nella sua realt dal

modo
stia

prende

nell' intelletto

pensante.
fsso,

Non
il

v'

pi via per
saldo
;

tornare a un

punto

ove

piede
i

non
cose

v'
;

pi criterio
v'

per

distinguere

sogni

dalle

non

pi rimedio contro la morte

portata

da quel veleno.
Importa a noi
unica salvatrice
filosofi cristiani,

importa

alla

Chiesa,

dell'

umanit
che

e sola glorificatrice di
il

Dio, disperdere quelle nubi, e far risplendere


della

sole

dottrina

infallibile,

in

poca

parte pur Dio, in

nota alla ragione, scintilla inestinguibile di


pi alta maniera
ci

viene per rivelazione ed accolta


l'

per fede. Alla

quale terr dietro

amore,
1'

l'

amore amore
Bene,

del vero Bene, che in fine far beata bito la perfeziona e la sublima.

anima, e su-

Ma
l'

questo
infinito

deve appunto
e nella fede
strizione
si

conoscere con verit

fonda

ad ogni modo,

e senza redell'

riman vera

la

nobilissima sentenza

an-

gelico

s.

Tommaso

Finis universi est veritas.


il

Poich ripugna che

primo principio

di tutte le

cose tenda ad alcun fine da s distinto.


fosse,

Se questo
in

converrebbe dire che quel principio non ha


la

s solo

pienezza

totale

della

perfezione

e della

PRIMATO DELLA VOLONT


bont, n pi sarebbe in ogni

473
atto purissimo,

modo

n cagione

al tutto
lui.

indipendente da tutto ci che pu

essere fuor di

Al principio dunque dee rispons

dere

il

fine della creazione,

che questa non ad

al-

tro possa tendere

come
il

a fine che a partecipare del

suo principio. Ora


di s

principio
s

primo non agisce fuor


per ordine
d' intelletto.

per impeto di natura,


di

Senza
finito

che

la

creazione sarebbe alcunch d' inde-

e d' informe,

confusione
artefice,

caotica.

Come

intel-

letto

adunque o come
pure
:

Iddio l'autore del-

l'universo, e l'ordina
intellettuale

e lo

muove.
bene

Onde
al

viene che

l'ultimo
il

termine

quale ogni
la

cosa diretta

e siccome

dell' intelletto

verit, alla verit

come

a fine l'universo ordinato.

Finis ultimus uiiuscuiusque rei est qui iiitenditur a

primo auctore
et

vel motore ipsius.


est intellectus
.

motor universi

Primus autem auctor Oportet ergo ultimum


:

finem universi esse bonum


veritas (C. G.
1.

7itellectus

hic

autem
la

est

e.
:

I).

che s'accorda
desiderat

sentenza
nisi ve-

del grande Agostino

Quid
si

anima

ritatem? Ora l'anima

estende a tutto, e sorge alla


fine

prima cagione, e con ci ad aver per proprio


il

fine

supremo

dell'universo.
est veritas.

Finis uiiversi

Perch ogni inferior


ed esse hanno

natura disposta pel bene delle creature intelligenti,


sole capaci dell'assoluto bene
fine nel
;

il

lor

possedere per visione Iddio, e cos raggiunla desi-

gere r infinita Verit. Fin d'ora l'amiamo e

deriamo

C71

tutto

il

cuore,

ossia

con tutta
;

l'innata
il

virt del volere che

aspira a felicit

ma

volere

non

basta, e tende all'effettiva possessione, che

avremo

474

PRIMATO DELLA VOLONT


l'

per per

intelletto.

Fin d'ora partecipiamo di questa luce


te;

la fede,

che a noi splende come lucerna in


il

nebroso spazio. Sarebbe poco, se fosse


assai per reggerci nel

termine

cammino.
risponde
al

la fede princi-

pio che di sua natura precede l'amore, avverandosi qui pure che
fede, eh'
l'

inizio

fine

ultimo
la

dalla

atto

intellettivo,

incomincia

vita sol'

prannaturale, che nella visione, ove splende

infinito

Vero,

si

terminer.

Finis universi est veriias. Perch certissimo che


ragion suprema
a questa anche
della
il

creazione la gloria divina:


fine pei

conseguimento dell'ultimo

singoli spiriti subordinato.

Or

la

gloria di

Dio

massima
ranno

verit.

Infatti

posta nella

manifestazione

dei divini attributi, che nelle opere del Creatore sarilucenti,

e da tutte le create menti in diversi

modi saranno ammirati. Dapertutto sar evidente la dapertutto risplenpartecipazione del primo Essere
;

deranno
sentir

la

potenza, la sapienza

e la bont del Si-

gnore; e in cielo e negli abissi

per opposte vie


solo,

si

ugualmente che ogni bene Dio


possiede,
e tutto

e
l'

ha

tutto

chi Lui

manca a

chi

ha

perduto. Questa suprema verit pei secoli eterni

Finis universi est veritas.

INDICE
CAPITOLO
L'agnosticismo di
I

Emmanuele Kant

radice dei moderni errori

Confusione d'idee pel kantismo

pag.

Come

sia indebolita l'apologetica

13

Eccellenza della Scolastica

20

CAPITOLO
Gli antichi parvero

II

Crtica kantiana della ragione.


illusi
.

>

26
29

Materia e forma per ogni conoscenza

Forme

sensitive e categorie intellettuali

...

33

Ragione pratica

48

CAPITOLO
Questione impossibile
Sola l'intuizione vale?

III

Assurdit della nuova

crtica.

>

54

60
67
71

Le cose

in s conoscibili

Sofismi kantiani

La ragione

pratica impotente

>

83

476

INDICE

CAPITOLO
La nuova
Problema antico
critica

IV

confrontata all'antica.
pag.

di studio.
.

91

Che cosa conoscere ? L'umana conoscenza oggetto

95 106 120
126

Oggetto proprio dell'umana conoscenza Dipendenza dal senso: analogia L'oggetto precede l'intelletto Diverso modo nella realt e nella mente.
Verit e certezza

...
.

136
142

>

160
173

Due

questioncine

Scetticismo

178

CAPITOLO V
Immanenza.

Come

sorga dal kantismo

>
> > >

187

Pensiero antico
Perversione moderna

190
192

Panteismo ed evoluzione Le forme immanenti del soggetto

196

204

CAPITOLO
Immanenza riguardo Due maniere
di perfezione

VI

all'ordine soprannaturale.

> >

210
217

Capacit soprannaturale
Visione di Dio soprannaturale

>

230
239

Se

la

natura postuli

il

soprannaturale

....

>

Dottrina dell'Angelico

>

250

INDICE

477

CAPITOLO
Immanenza

VII

nella cognizione intellettiva.

L' intelletto diviene ogni cosa

pag.
ai vari

281

Come

r intelletto sia determinato

oggetti

>

286

L'essere precede l'intendere

299

CAPITOLO

Vili.

Alcune conseguenze.
Temperamenti
Verit relativa
inutili

>
>

308

Dogmi

mutabili
inefficace

314 320
327

Ogni dimostrazione

CAPITOLO IX
Primato della volont.

Art.

I.

Illusioni

>

349

Favori imprudenti

La nuova apologia Rapporti Art. il


volont

359 368
375 377 398

veri

tra

V intelletto e

la

Quale pi eccellente?
Influsso vicendevole

La volont nella fede La volont negli errori Art. III. La filosofia dell'azione
Sofismi per
l'

> >
.

417
431

438

insufficienza dell" intelletto

>

Sofismi toccanti la volont


Il

440 448
454
459 468

pensiero secondo l'azione


.

Pragmatismo
Conclusione

>

/jj

JUL231986

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