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DI ROMA ANTICA
Volume VI
I TE STI: 1. LA P OE S IA
Direttore
PIERGIORGIO PARRONI
A cura di
ALESSANDRO FUSI, ANGELO LUCERI,
PIERGIORGIO PARRONI, GIORGIO PIRAS
S
SALERNO EDITRIC E
ROMA
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE *
* Le riviste sono indicate secondo il sistema abbreviativo utilizzato nell’Année Philologique, cui si
rimanda per lo scioglimento delle sigle.
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abbreviazioni bibliografiche
Filologia e forme Filologia e forme letterarie: studi offerti a F. Della Corte, i-v, Urbino,
letterarie Univ., 1987.
FPL Bl. Fragmenta poetarum Latinorum epicorum et lyricorum praeter Ennium et
Lucilium, post W. Morel novis curis adhibitis ed. C. Buechner, edit.
tertiam auctam cur. J. Blänsdorf, Leipzig, Teubner, 1995.
FPL Bü. Fragmenta poetarum Latinorum epicorum et lyricorum praeter Ennium et
Lucilium, post W. Morel novis curis adhibitis ed. C. Buechner,
Leipzig, Teubner, 1982.
GGM Geographi Graeci minores, e codicibus recogn. prolegomenis ann. in-
dicibus instr. [ . . . ] C. Mullerus, i-iii, Parisiis, Didot, 1855-1861 (rist.
Hildesheim, Olms, 1965).
GL Grammatici Latini, ex rec. H. Keilii, i-vii + Supplementum, Leipzig,
Teubner, 1855-1880.
HLL Handbuch der lateinischen Literatur der Antike, hrsg. R. Herzog-P.L.
Schmidt, i. Die archaische Literatur: Von den Anfängen bis Sullas Tod:
Die vorliterarische Periode und die Zeit von 240 bis 78 v. Chr., hrsg. W.
Suerbaum, München, Beck, 2002; iv. Die Literatur des Umbruchs: Von
der römischen zur christlichen Literatur (117-283 n. Chr.), hrsg. K. Sall-
mann, 1997; v. Restauration und Erneuerung: Die lateinische Literatur
von 284 bis 374 n. Chr., hrsg. R. Herzog, 1989.
Hofmann-Szantyr J.B. Hofmann-A. Szantyr, Lateinische Syntax und Stilistik, München,
Beck, 1965 (riv. 1972).
Iambic Ideas Iambic Ideas: Essays on a Poetic Tradition from Archaic Greece to the Late
Roman Empire, ed. A. Cavarzere-A. Aloni-A. Barchiesi, Lanham
(Md.), Rowman and Littlefield, 2001.
ILS Inscriptiones Latinae selectae, ed. H. Dessau, i-iii, Berlin, Weidmann,
1892-1916.
Incontri triestini Incontri triestini di filologia classica, a cura di L. Cristante et al., Trieste,
Univ., 2003- (in continuazione).
MGH, AA Monumenta Germaniae historica, Auctores antiquissimi, i-xv, Berlin,
Weidmann, 1877-1919.
Otto A. Otto, Die Sprichwörter und sprichwörtlichen Redensarten der Römer,
Leipzig, Teubner, 1890 (rist. Hildesheim, Olms, 1962).
PL Patrologiae cursus completus [ . . . ]. Series Latina [ . . . ], accurante J.P. Mi-
gne, i-ccxxi, Parisiis, Garnier et J.P. Migne, 1844-1865 (con varie ri-
stampe).
PLLS Papers of the Liverpool Latin Seminar, Liverpool, Cairns, 1977-1986;
poi Papers of the Leeds International Latin Seminar, Leeds, Cairns,
1990- (in continuazione).
PLM Baeh. Poetae Latini minores, rec. em. Ae. Baehrens, i-v, Leipzig, Teubner,
1879-1883.
PLM Voll. Poetae Latini minores, ed. F. Vollmer, i-v, Leipzig,Teubner, 1910-1923.
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abbreviazioni bibliografiche
Avvertenza sui testi. – I segni critici adottati nel testo latino e nella traduzione so-
no quelli consueti nella tradizione ecdotica: le parentesi uncinate (‹ ›) segnalano le in-
tegrazioni degli editori, le parentesi quadre ([ ]) porzioni di testo ritenute non genuine
e da espungere, le cruces († †) quelle non sanabili, tre asterischi (***) una lacuna ricono-
sciuta ma non colmata.
15
IV
LA LIRICA
III
LA LIRICA D’OCCASIONE: LE SI LVAE DI STAZIO
Con il titolo di Silvae, derivato dal greco z?lh (‘legname’ ovvero ‘materiale grez-
zo’ in senso letterario, in riferimento, cioè, a un’opera che si dissimula composta
senza particolare rifinitura, come ricorda Quintiliano, Inst. or., x 3 17), già i con-
temporanei di Publio Papinio Stazio conoscevano la raccolta poetica da lui scritta
in un arco cronologico assai ampio e pubblicata, a partire dal 92 d.C., in cinque libri,
ciascuno dei quali introdotto da una lettera dedicatoria in prosa (l’ultimo libro, con
prefazione ad Abascanto, fu però edito postumo).
Le 32 composizioni della silloge, ricordate cosí dall’autore (cfr. iii praef. 7 e iv
praef. 25) e con il nome generico di opuscula, carmina o libelli, intendono simulare l’e-
stemporaneità di una poesia scaturita, come si evince dalla programmatica praefatio
al l. i, da subitus calor (‘improvvisa ispirazione’) e festinandi voluptas (‘desiderio di af-
frettarsi’): si tratta, ovviamente, di una mera finzione poetica, poiché, a dispetto
delle parole di Stazio, che ricorda di aver dedicato non piú di due giorni alla stesu-
ra di ogni componimento, i carmi delle Silvae rivelano una cura assai attenta per la
forma nella presentazione di vicende, spesso, invero, assai modeste, ma sempre tra-
sfigurate e nobilitate in un universo mitico, che è espressione di doctrina ed erudi-
zione. Legandosi essenzialmente all’occasione e ai gusti di un certo tipo di com-
mittenza (destinatari dei carmi, oltre all’imperatore Domiziano, sono cortigiani e
patroni di prestigio, tra i quali spiccano Lucio Arrunzio Stella, Atedio Meliore,
Manlio Vopisco, Pollio Felice e Mecio Celere), i singoli componimenti offrono un
quadro piuttosto interessante delle abitudini della classe colta dell’epoca, di cui Sta-
zio, non senza sfuggire talvolta all’adulazione, asseconda interessi e inclinazioni (in
tale ottica i carmi costituiscono, peraltro, la principale fonte per ricostruire i dati
biografici dell’autore e della sua fitta rete di relazioni).
La poesia delle Silvae, aperta a un’ampia varietà di contenuti, pur con il suo ca-
rattere di collezione di pièces d’occasion, in ambito latino ha il merito di svincolare per
la prima volta la lirica dalla prevalenza del tema amoroso e, pur informandosi es-
senzialmente a toni encomiastici, di lasciare spazio alle soluzioni di genere piú di-
sparate nel rispetto della tradizione e in una sostanziale predilezione per l’esame-
tro: solo in quattro occasioni, infatti, Stazio impiega l’endecasillabo falecio (i 6, ii 7,
iv 3 e 9), e, in due casi, ora la strofe alcaica (iv 5), ora la strofe saffica (iv 7). Nei diversi
libri i componimenti appaiono inseriti in una struttura che obbedisce a raffinati ef-
fetti di corrispondenze e di variazioni, che donano comunque alla raccolta un ca-
rattere di sostanziale organicità: nelle Silvae trovano dunque posto carmi ecfrastici
(tra gli esempi, la descrizione della villa tiburtina di Manlio Vopisco in i 3, o dell’al-
bero che adornava il giardino di Atedio Meliore in ii 3), epicedi e consolationes (co-
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iii · la lirica d’occasione: le silvae di stazio
499
iv · la lirica
SI LVAE
ii 4
Silvae. Spesso criticata dai moderni per i toni cortigiani e libreschi, la poesia delle Silvae, cui pu-
re va il merito di aver affrancato la lirica dalla monotonia dell’argomento amoroso, rivela rara-
mente momenti di sincera partecipazione. Nel brano che segue, scritto per la morte del pappa-
gallo di Atedio Meliore, suo patrono, Stazio si rifà chiaramente al filone degli epicedi per animali,
che traeva origine nell’epigrammatica greca di III sec. a.C. o di autori piú tardi come Antipatro di
Sidone e Meleagro di Gadara, e che, in latino, trovava un’eco nel celebre c. 3 di Catullo per il pas-
ser di Lesbia e nell’elegia ii 6 degli Amores di Ovidio. Sopperendo con grazia alla vacuità del tema,
il poeta napoletano non si limita però a una mera parodia dei topoi della consolatio, com’era nell’e-
xemplum ovidiano in compianto del pappagallino di Corinna, ma offre all’amico, pur in un raffi-
nato esercizio di stile, una accorata testimonianza di affetto. Il testo adottato, con qualche diver-
genza di cui si dà conto in nota, è quello di E. Courtney (Oxford, Univ. Press, 1990).
ii 4. Il pappagallo di Atedio Meliore. La morte improvvisa del pappagallino che con i suoi borbottii
rallegrava la casa di Meliore è degna di essere celebrata in versi, perché il padrone, vinto dall’affli-
zione, trovi motivo di consolazione nella consapevolezza che il piccolo animale, con la sua gaia
bellezza, è accolto con massimo onore nell’Ade. Nella sua brevità, il carme, che lo stesso Stazio de-
finisce composto ‘a guisa di epigramma’ (cfr. Silv., ii praef. 15-16: quasi epigrammatis loco), può essere
suddiviso in tre parti, sulla scorta della studiata struttura dell’elegia ii 6 degli Amores di Ovidio: i vv.
1-15 espongono la lamentatio per la perdita del volatile; i vv. 16-23 l’esortazione al lutto; i vv. 24-37,
infine, il canto che il poeta intende insegnare agli uccelli perché lo intonino sul rogo funebre del
loro congiunto (quest’ultima sezione comprende, a sua volta, ai vv. 24-32 la laudatio del defunto at-
traverso il confronto, a lui favorevole, con altri uccelli di rinomata bellezza, ai vv. 33-36 la descriptio
funeris, ai vv. 36-37, infine, il vero e proprio motivo della consolatio). Non mancano nel compianto
dotti riferimenti mitologici che esaltano in toni iperbolici l’umile vicenda dell’animaletto, senza
però che la sproporzione sconfini nel parodico.
1. Psittace: la lamentatio si apre con una solenne apostrofe al pappagallo defunto, volta ad accen-
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iii · la lirica d’occasione: le silvae di stazio
LE SELVE
ii 4
tuare il pathos rispetto all’incipit di Ovidio, Am., ii 6 1-2: Psittacus, Eois imitatrix ales ab Indis, / occidit (‘Il
pappagallo, l’uccello imitatore proveniente dalle orientali Indie, è morto’). Nel I sec. d.C., a Roma,
non era inusuale che gli animali ricevessero funerali, come ricorda, in maniera alquanto sarcastica,
Marziale, vii 87 8: luscinio tumulum si Telesilla dedit (‘se Telesilla ha dato una tomba a un usignolo’). –
dux volucrum. . . voluptas: il pappagallo era invocato come avium gloria da Ovidio, Am., ii 6 20. Al v. 26
della stessa elegia, l’uccello, che qui è detto facundus, era definito garrulus. Il dominus è ovviamente
Meliore, destinatario del carme (vd. v. 32). c 2. humanae sollers imitator . . . linguae: la straordinaria ca-
pacità del pappagallo di ripetere le parole umane era già messa in luce da Ovidio, che in Am., ii 6
37, definisce l’animale loquax humanae vocis imago. Annota successivamente Plinio il Vecchio, Nat.
hist., x 117: psittaci quidem etiam sermocinantes (‘i pappagalli poi sono capaci persino di parlare’). c 3. quis
tua tam. . . fato?: il poeta trasforma in una patetica interrogativa la constatazione di Ovidio, che attri-
buiva all’invidia (presumibilmente deorum) la morte del pappagallino di Corinna, cfr. Am., ii 6 25:
Raptus es invidia: non tu fera bella movebas, ‘Sei stato rapito dall’invidia del destino: tu non suscitavi
guerre crudeli’. In relazione a uccelli, il sostantivo murmura si riferisce al tubare delle colombe an-
cora in Ovidio, Ars am., ii 465-66: columbae, / quarum blanditias verbaque murmur habet (‘le colombe, il
cui tubare contiene parole suadenti’). c 4-5. dapes moriturus inisti nobiscum: in termini simili il poeta
si rivolgeva a Domiziano in Silv., i 6 48: nobiscum socias dapes inisti. c 6. errantemque toris: lo zampetta-
re del pappagallo dall’uno all’altro triclinio ricorda il saltellare del passero di Lesbia in Catullo, 3 9:
circumsiliens modo huc modo illuc. c 8. reddideras: piuccheperfetto con il valore di perfetto, al posto del
metricamente inutilizzabile reddidisti. c 8-9. At nunc aeterna silentia Lethes . . . habes: il Lete è il celebre
fiume dell’Ade, cfr., p. es., Virgilio, Aen., vi 749. Che a tal luogo fossero destinati anche gli animali
era convinzione già dell’epigrammatica alessandrina, ma cfr. Catullo, 3 11: qui nunc it per iter tenebri-
cosum. Ovidio poneva il pappagallo di Corinna ‘ai piedi del colle Elisio’ (cfr. Am., ii 6 49: colle sub
Elysio). c 9-10. Cedat Phaethontia vulgi fabula . . . cygni: l’aggettivo Phaethontius, attestato per la prima
volta in Stazio e poi in Silio Italico, ricorda il celebre mito di Cycnus, trasformato in cigno dagli dei,
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iv · la lirica
che vollero congiungerlo per sempre all’amico Fetonte, da loro precipitato nel Po (per la vicenda
cfr. Ovidio, Met., ii 367-80, e Virgilio, Aen., x 189-93). Il dotto riferimento ha lo scopo di accostare le
parole ripetute dal pappagallo la sera prima di morire al canto che i cigni sarebbero soliti intonare
prima di spirare, secondo un topos letterario di grande fortuna nell’antichità, ma smentito, p. es.,
già da Plinio il Vecchio, Nat. hist., x 63: Olorum morte narratur flebilis cantus, falso, ut arbitror, aliquot ex-
perimentis (‘Per la morte dei cigni si parla di un flebile canto, ma falsamente, a mio parere, come
provato da parecchie prove’). c 11-12. At tibi quanta . . . ordo: la poesia staziana si arricchisce spesso di
preziose ekphraseis, descrizioni di luoghi o di oggetti, sui quali il poeta si sofferma con tecnica che
oggi definiremmo fotografica. Qui egli inquadra dall’alto verso il basso la gabbia del pappagallo,
costruita con materiali di pregio come il guscio di tartaruga per il coperchio superiore, e un ordito
di argento e avorio per le piccole sbarre. c 13-14. argutumque . . . fores: con un singolare tratto patetico,
quella che, dato il suo lusso, appare agli occhi del poeta una ‘augusta dimora’ (v. 15: augusti . . . tecti,
laddove Courtney accetta l’angusti dei recentiores) sembra quasi piangere la scomparsa del pappagal-
lo, lasciando che il solitario cigolio dello sportellino sostituisca il rumore provocato fino al giorno
prima dal becco dell’animale. Notevole, in enjambement, l’ossimorico nesso beatus carcer (14-15), re-
so con l’idiomatico ‘prigione dorata’. c 16. Huc doctae stipentur aves: Stazio rivolge a tutti gli uccelli
che hanno ricevuto il dono della parola l’esortazione a compiangere il defunto pappagallo. Il mo-
tivo è ricavato da Ovidio, Am., ii 6 3: ite, piae volucres, et plangite pectora pinnis (‘venite, pietosi uccelli,
e battetevi il petto con le ali’), a sua volta probabilmente ispirato dall’incipit del c. 3 di Catullo: Lu-
gete, o Veneres Cupidinesque (‘Piangete, Veneri e Amori’). c 17. Phoebeius ales: nella mitologia greca il
corvo era associato a Febo già in Esiodo, fr. 60 Merkelbach-West. La iunctura compare in Ovidio,
Met., ii 544-45: ales . . . Phoebeius, ma cfr. anche Manilio, i 417: Phoebo sacer ales; Silio Italico, v 78-79:
Phoebea . . . ales, e Prudenzio, C. Symm., ii 567: corvus Apollineus (nel piú tardo Sidonio Apollinare,
Carm., vii 354, il Phoebeius ales è, invece, la fenice). Racconta Ovidio (Met., ii 531 sgg.) che l’uccello
fu tramutato da bianco in nero proprio dal dio, irritato dai suoi racconti sull’adulterio di Coroni-
de; per altre versioni cfr. anche Igino, Astr., ii 402, e Fab., 202, e ancora Servio, Ad Aen., vii 761. Per
la sua loquacità il corvo è nominato insieme al pappagallo ancora da Apuleio, Flor., 12 8: et corvus et
psittacus nihil aliud quam quod didicerunt pronuntiant (‘sia il corvo sia il pappagallo non pronunciano
null’altro che ciò che hanno appreso’). c 18-19. auditasque memor penitus demittere voces sturnus: contro
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iii · la lirica d’occasione: le silvae di stazio
il dimittere del codice Matritensis 3678, Klotz accoglie il demittere proposto dal Poliziano, che allude
alla capacità dello storno di ‘imprimere nella memoria’ le parole ascoltate. Entrambe le lezioni so-
no, in effetti, plausibili: se si accetta dimittere, nel senso di ‘ripetere’, penitus sarà da intendersi in
unione a memor (con il valore di ‘abile, capace’). Pur restituendo un’espressione pleonastica, demit-
tere ha però dalla sua il parallelo strutturale con Livio, xxxiv 50 2: ut eas voces . . . in pectora animosque
demitterent (‘affinché imprimessero nel petto e nell’animo quelle parole’). c 19. Aonio versae certami-
ne picae: allusione al celebre mito delle vanitose nove figlie di Pierio, re di Macedonia, che avevano
osato sfidare in una gara di canto le Muse, abitatrici dell’Elicona (di qui l’aggettivo Aonius, riferito
alla Beozia, sede del monte). Sconfitte, le Pieridi pagarono il fio della loro superbia con la meta-
morfosi in querule gazze. L’episodio, ben noto all’antichità, era narrato con dovizia di particolari
da Ovidio, Met., v 294 sgg. c 20. perdix: secondo il racconto ovidiano di Met., viii 236 sgg., Atena ave-
va trasformato in uccello, salvandolo da morte sicura, il giovane Pernice, che lo zio Dedalo, famo-
so costruttore del labirinto di Creta, aveva gettato giú da un dirupo, nel timore di vedersi superato
in ingegno (per questo, memore della caduta, la pernice vola, ma senza mai innalzarsi troppo). Il
verso allude al caratteristico chioccio (kakkabiöyein in greco), che l’uccello sembra scandire senza
soluzione di continuità. c 21. Bistonio . . . cubili: Bistonius è aggettivo prezioso che si riferisce alla Tra-
cia, un tempo appunto abitata dai Bistoni, cfr. Lucrezio, v 31 (una variante dell’attributo è in Sene-
ca, Ag., 673: Bistonis ales). Il poeta allude qui alla celebre saga di Iti, per cui cfr. principalmente Ovi-
dio, Met., vi 412 sgg.: Tereo, re della Tracia, invaghitosi della cognata Filomela, le usò violenza e,
per impedirle di informare la sorella Procne, le fece tagliare la lingua; avvisata dell’accaduto da Fi-
lomela con un messaggio ricamato su una tela, Procne si vendicò del marito, imbandendogli le
carni del figlioletto Iti. Gli dei si impietosirono delle due sorelle, trasformandole in rondine (Proc-
ne) e usignolo (Filomela), per sottrarle all’ira di Tereo, a sua volta poi tramutato in upupa. Nel ri-
cordare il canto dell’usignolo, notoriamente querulo (queritur), qui Stazio pare riferirsi a Procne,
secondo una versione meno comune del mito: la donna, infatti, è detta orba perché ‘privata’ dello
sposo Tereo (cfr. Silv., iii 3 175-76: saevi. . . marita / Tereos) e soprattutto del figlioletto Iti. Nell’elegia
ovidiana (Am., ii 6 7-10) l’usignolo, invitato a unire i suoi lamenti a quelli degli altri uccelli, è inve-
ce rappresentato ancora da Filomela.
503
iv · la lirica
25. plagae viridis regnator Eoae: il pappagallo dal piumaggio verde, proveniente dalle regioni dell’In-
dia, sembra essere stato l’unica specie nota all’antichità; ne fanno esplicita menzione, in poesia,
Ovidio, Her., 15 38: a viridi . . . ave, e ancora Claudiano, Eutr., ii 331: coloratis viridis defertur ab Indis. c 26.
gemmata volucris Iunonia cauda: ‘l’uccello sacro a Giunone’ è il pavone già nell’episodio ovidiano, cfr.
Am., ii 6 55: ales Iunonia. Il mito racconta che la dea avesse posto sulla coda del pavone i cento occhi
del pastore Argo, in segno di riconoscenza per la veglia da quello compiuta su Io, la fanciulla con-
cupita da Giove, cfr. Ovidio, Met., i 722-23: Excipit hos (scil. oculos) volucrisque suae Saturnia pennis /
conlocat et gemmis caudam stellantibus implet (‘La Saturnia prende gli occhi e li pone sulle piume del-
l’uccello a lei sacro e ne riempie la coda di gemme scintillanti’). c 27. gelidi non Phasidis ales: il fagia-
no comune, cosí come spiega anche il suo nome scientifico (Phasianus Colchicus), sarebbe origina-
rio delle sponde sud-orientali del Mar Nero, e precisamente della Colchide, dove scorre il fiume
Fasi (l’odierno Rion, in Georgia), nominato da Stazio, Theb., xii 181-82: nivosi / Phasidis, come sede
delle Amazzoni. Ricordato in termini analoghi anche da Petronio, 93 2: Ales Phasiacis petita Colchis,
a Roma l’uccello era apprezzato, piú che per la bellezza, per la prelibatezza delle sue carni, cosí da
essere considerato, insieme a pavone e faraona (vd. sotto), una delle piú lussuose raffinatezze ga-
stronomiche. c 28. nec quas . . . Numidae rapuere: con la menzione degli uccellatori africani (la Numi-
dia era propriamente l’ampia regione situata nella parte occidentale del Nord Africa), Stazio in-
tende riferirsi alla gallina faraona, originaria appunto di quelle zone; cfr., p. es., Columella, viii 2 2:
Africana est, quam plerique Numidicam dicunt, meleagridi similis (‘La gallina africana, che i piú chiamano
numidica, è simile alla meleagride’). c 29-30. ille salutator regum nomenque locutus Caesareum: piú di
una testimonianza ricorda l’abitudine, assai diffusa nella Roma imperiale, di insegnare a pappagal-
li e altri uccelli “parlanti” il saluto al Cesare, cfr., p. es., Plinio il Vecchio, Nat. hist., x 117: Imperatores
salutat et quae accipit verba pronuntiat (scil. psittacus) (‘[Il pappagallo] saluta gli imperatori e ripete le
parole che ascolta’). c 31. conviva levis: che il pappagallo prendesse parte ai banchetti è detto ai vv. 4-
7. Stazio sottolinea la compartecipazione dell’animale ai sentimenti del suo padrone, ricordando
come l’uccello fosse capace di atteggiarsi ad amico lamentoso nel momento in cui Meliore era tri-
504
iii · la lirica d’occasione: le silvae di stazio
ste, o di apparire come lieto commensale quando questi era allegro. c 32. quo . . . recluso: recludo assu-
me qui il valore di ‘lasciare libero’. In epoca piú tarda nel verbo si affermerà il senso opposto di
‘chiudere, serrare’, attestato proprio a partire da Stazio, Silv., iii 4 98: speculum reclusit imagine rapta,
‘richiuse lo specchio catturata l’immagine’ (ma alcuni editori accolgono seclusit di Gronovius). –
Melior dilecte: di Atedio Meliore non conosciamo nulla, al di fuori di ciò che ci viene detto da Mar-
ziale (ii 69; iv 54; vi 28 e 29; viii 38), e appunto da Stazio, che gli dedica l’intero libro ii della sua rac-
colta lirica. In suo onore il poeta napoletano scrisse, oltre a questa, le Silvae ii 1 e 3, composte, ri-
spettivamente, in occasione della morte del puer delicatus Glaucia e, per il compleanno dell’amico,
in lode del suo rigoglioso giardino sul Celio. Ritiratosi dall’attività pubblica, pur non coltivando in
prima persona l’arte delle Muse, Meliore ebbe notevole interesse per le questioni letterarie, dive-
nendo munifico protettore di poeti. c 34. Assyrio cineres adolentur amomo: la menzione delle profu-
mate erbe che accompagnano sul rogo il pappagallo prepara la similitudine finale, in cui l’anima-
le è accostato alla mitica fenice. L’aggettivo Assyrius, relativo al cardamomo, spezia originaria delle
regioni medio-orientali, è usato frequentemente in poesia, cfr., p. es., Virgilio, Buc., 4 25. Stazio lo
impiega anche in Silv., ii 6 88: Assyrio . . . gramine, iii 3 212: Assyrios . . . liquores, e Theb., vi 209: Assyriis . . .
sucis. c 35. Arabum respirant gramine: si tratta probabilmente della mirra, cfr. Properzio, ii 29a 17: Ara-
bum de gramine odores. Respiro ha il significato di ‘emanare un odore’, attestato soltanto qui con l’a-
blativo. c 36. Sicaniisque crocis: il poeta nomina una varietà di zafferano proveniente dalla Sicilia an-
che in Silv., v 3 41-42: nam Sicanii non mitius halat / aura croci (‘infatti, non meno dolce spira l’odore
dello zafferano di Sicilia’). Tutto il passo presenta notevoli consonanze con Silv., ii 1 159-62, dove
sono ricordate le numerose essenze sparse sul letto funebre di Glaucia. c 37. phoenix: la pira fune-
raria del pappagallo di Meliore non sarà meno sontuosa di quella su cui, sfinita dalla vecchiaia, sa-
le abitualmente la fenice, prima di risorgere dalle sue stesse ceneri. Nell’auspicio di una futura ri-
nascita l’immagine del mitico uccello si inserisce nella topica consolatoria dell’epicedio ed è pro-
babilmente suggerita dal ricordo ovidiano del pappagallino di Corinna che, giunto all’Elisio, affa-
scina, tra gli altri volatili, anche la vivax phoenix, unica semper avis (Am., ii 6 54).
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INDICE
Presentazione 9
Abbreviazioni bibliografiche 13
I. L’EPOS 17
Nota introduttiva 19
I. L’epica arcaica e gli Annales di Ennio 30
34-50 Sk. (= 35-51 V.2). Il sogno di Ilia 34
175-79 Sk. (= 187-91 V.2). Il taglio del bosco 36
II. Il classicismo di età augustea: l’Eneide di Virgilio 38
iv 553-629. La fuga da Cartagine e la maledizione di Didone 42
vi 679-751. L’incontro con Anchise: la purificazione delle anime 48
x 439-509. L’uccisione di Pallante 56
xii 843-86. Il lamento di Giuturna 64
III. Le Metamorfosi di Ovidio: l’epica in trasformazione 70
iii 339-512. Eco e Narciso. Narciso s’innamora di Narciso 74
iv 53-166. Il tragico amore di Piramo e Tisbe 88
IV. Il ritorno dell’epos storico: il Bellum civile di Lucano 98
i 98-182. Alle radici del conflitto: Pompeo e Cesare 100
ix 734-838. La marcia di Catone nel deserto: i serpenti di Libia 106
V. Sulle orme di Virgilio: l’epos tra mito e storia 118
1. Il mito argonautico: Valerio Flacco 118
vii 1-25. La prima notte insonne di Medea 120
vii 101-52. La seconda notte: gli incubi di Medea 122
2. La lotta fratricida tra Eteocle e Polinice: la Tebaide di Stazio 128
x 827-939. La morte di Capaneo 130
3. La seconda guerra punica: Silio Italico 142
ix 66-177. Un errore funesto: Satrico e Solimo 144
VI. L’epica tra storia e panegirico: Claudiano e il De bello Go-
thico 154
469-557. Il concilio dei Goti 156
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V. L’ELEGIA 507
Nota introduttiva 509
I. Il sogno idillico di Tibullo 518
ii 3. Maledetta campagna! 520
II. Dall’amore di Cinzia alla poesia etiologica: l’esperienza in-
quieta di Properzio 528
i 3. La visione celestiale di Cinzia addormentata 530
i 19. Un grande amore va oltre la morte 534
iv 4. Il tradimento per amore di Tarpea 536
III. Variazioni sul genere elegiaco: Ovidio 544
1. Gli Amores: il gioco galante dell’amore 544
ii 4. Mi piacciono tutte 546
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936
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SCHEDE BIO-BIBLIOGRAFICHE
L’Autore dell’Aetna 773
Ausonio 774
Avieno 779
Calpurnio Siculo 781
Catullo 784
Claudiano 793
Columella 796
Ennio 799
Fedro 803
Germanico 805
Giovenale 807
Grattio 810
Lucano 811
Lucilio 815
Lucrezio 816
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Manilio 820
Marziale 823
Massimiano 826
Nemesiano 828
Orazio 829
Ovidio 842
Persio 852
Plauto 854
Properzio 862
Rutilio Namaziano 865
Seneca 868
Quinto Sereno 876
Silio Italico 877
Stazio 880
Terenziano Mauro 884
Terenzio 884
Tibullo 889
Valerio Flacco 892
Virgilio 895
INDICI
Indice dei nomi e delle cose notevoli 913
Indice delle illustrazioni 930
938