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DI ROMA ANTICA
Volume VI
I TE STI: 1. LA P OE S IA
Direttore
PIERGIORGIO PARRONI
A cura di
ALESSANDRO FUSI, ANGELO LUCERI,
PIERGIORGIO PARRONI, GIORGIO PIRAS
S
SALERNO EDITRIC E
ROMA
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE *
* Le riviste sono indicate secondo il sistema abbreviativo utilizzato nell’Année Philologique, cui si
rimanda per lo scioglimento delle sigle.
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abbreviazioni bibliografiche
Filologia e forme Filologia e forme letterarie: studi offerti a F. Della Corte, i-v, Urbino,
letterarie Univ., 1987.
FPL Bl. Fragmenta poetarum Latinorum epicorum et lyricorum praeter Ennium et
Lucilium, post W. Morel novis curis adhibitis ed. C. Buechner, edit.
tertiam auctam cur. J. Blänsdorf, Leipzig, Teubner, 1995.
FPL Bü. Fragmenta poetarum Latinorum epicorum et lyricorum praeter Ennium et
Lucilium, post W. Morel novis curis adhibitis ed. C. Buechner,
Leipzig, Teubner, 1982.
GGM Geographi Graeci minores, e codicibus recogn. prolegomenis ann. in-
dicibus instr. [ . . . ] C. Mullerus, i-iii, Parisiis, Didot, 1855-1861 (rist.
Hildesheim, Olms, 1965).
GL Grammatici Latini, ex rec. H. Keilii, i-vii + Supplementum, Leipzig,
Teubner, 1855-1880.
HLL Handbuch der lateinischen Literatur der Antike, hrsg. R. Herzog-P.L.
Schmidt, i. Die archaische Literatur: Von den Anfängen bis Sullas Tod:
Die vorliterarische Periode und die Zeit von 240 bis 78 v. Chr., hrsg. W.
Suerbaum, München, Beck, 2002; iv. Die Literatur des Umbruchs: Von
der römischen zur christlichen Literatur (117-283 n. Chr.), hrsg. K. Sall-
mann, 1997; v. Restauration und Erneuerung: Die lateinische Literatur
von 284 bis 374 n. Chr., hrsg. R. Herzog, 1989.
Hofmann-Szantyr J.B. Hofmann-A. Szantyr, Lateinische Syntax und Stilistik, München,
Beck, 1965 (riv. 1972).
Iambic Ideas Iambic Ideas: Essays on a Poetic Tradition from Archaic Greece to the Late
Roman Empire, ed. A. Cavarzere-A. Aloni-A. Barchiesi, Lanham
(Md.), Rowman and Littlefield, 2001.
ILS Inscriptiones Latinae selectae, ed. H. Dessau, i-iii, Berlin, Weidmann,
1892-1916.
Incontri triestini Incontri triestini di filologia classica, a cura di L. Cristante et al., Trieste,
Univ., 2003- (in continuazione).
MGH, AA Monumenta Germaniae historica, Auctores antiquissimi, i-xv, Berlin,
Weidmann, 1877-1919.
Otto A. Otto, Die Sprichwörter und sprichwörtlichen Redensarten der Römer,
Leipzig, Teubner, 1890 (rist. Hildesheim, Olms, 1962).
PL Patrologiae cursus completus [ . . . ]. Series Latina [ . . . ], accurante J.P. Mi-
gne, i-ccxxi, Parisiis, Garnier et J.P. Migne, 1844-1865 (con varie ri-
stampe).
PLLS Papers of the Liverpool Latin Seminar, Liverpool, Cairns, 1977-1986;
poi Papers of the Leeds International Latin Seminar, Leeds, Cairns,
1990- (in continuazione).
PLM Baeh. Poetae Latini minores, rec. em. Ae. Baehrens, i-v, Leipzig, Teubner,
1879-1883.
PLM Voll. Poetae Latini minores, ed. F. Vollmer, i-v, Leipzig,Teubner, 1910-1923.
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abbreviazioni bibliografiche
Avvertenza sui testi. – I segni critici adottati nel testo latino e nella traduzione so-
no quelli consueti nella tradizione ecdotica: le parentesi uncinate (‹ ›) segnalano le in-
tegrazioni degli editori, le parentesi quadre ([ ]) porzioni di testo ritenute non genuine
e da espungere, le cruces († †) quelle non sanabili, tre asterischi (***) una lacuna ricono-
sciuta ma non colmata.
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V
L’ELEGIA
V
IL VIAGGIO E LA MEMORIA: IL DE REDITU SUO
DI RUTILIO NAMAZIANO
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v · il de reditu suo di rutilio namaziano
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v · l’elegia
DE REDITU SUO
i 399-414
De reditu suo. I tre brani proposti offrono un piccolo saggio della varietas di toni e contenuti che
caratterizza la narrazione rutiliana. Mentre il primo episodio (i 399-414) dà conto di una persona-
lità pensosa e meditativa (cosí l’autore, dinanzi alle rovine dell’antica Populonia, si abbandona a
una breve e autoconsolatoria riflessione sulla caducità delle vicende umane), gli altri due, conte-
nenti le celebri invettive contro i monaci dell’isola di Capraia (i 439-52) e di Gorgona (i 511-26), se-
gnano il poeta come uno spirito profondamente legato al conservatorismo religioso dell’aristo-
crazia pagana. In esse Rutilio, pur non osando attaccare direttamente l’ormai affermato cristiane-
simo, non esita a fare propri i motivi piú scontati della propaganda contro la diffusione di alcune
pratiche ascetiche della nuova religione, affilando i suoi versi con un’acredine che appare poco in-
tonata all’interno dell’elegiaco abbandono del suo poetico diario di viaggio. Il testo di riferimento
è quello curato da A. Fo (Torino, Einaudi, 1992).
i 399-414. Anche le città possono morire. Al sorgere del quinto giorno di viaggio, la flottiglia di pic-
cole imbarcazioni con cui Rutilio muove verso nord, costeggiando i lidi tirrenici, giunge a lambi-
re il golfo di Baratti, dominato dal borgo di Populonia. Della città etrusca, sede un tempo di ricchi
traffici, il poeta scorge le rovine della rocca che, nei secoli precedenti, gli antichi avevano edificato
a guisa di faro e di fortezza. Dalla desolante visione Rutilio trae una lezione di portata universale:
a nulla vale che gli uomini si turbino di fronte alla morte, dal momento che essa, in un processo di
inesorabile disgregazione, tocca in sorte persino alle città piú illustri e potenti.
399. Adversus surgit Boreas: noto anche come Aquilone o tramontana, il vento del nord nella mi-
tologia greca era personificato quale figlio di Astreo e di Eos e fratello di Noto, Apeliote e Zefiro.
Il levarsi del vento in senso ovviamente contrario alla navigazione da Roma verso la Gallia co-
stringe i rematori a uno sforzo supplementare. c 399-400. remis surgere certamus: la lexis guarda al mo-
dello di Virgilio, Aen., iii 560 e v 189: insurgite remis, e ancora di Aen., iii 207: Vela cadunt, remis insurgi-
mus. – cum tegit astra dies: indicazione temporale che, riferendosi all’alba (dies è, infatti, il ‘chiarore
del giorno’ giunto a coprire la lucentezza degli astri), segna il passaggio alla quinta giornata di viag-
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i 399-414
gio (siamo alla data del 2 novembre 417 o, se si accetta la cronologia piú alta, del 22 novembre 415).
c 401. Proxima . . . Populonia: antico insediamento etrusco, situato sulla punta settentrionale del pro-
montorio di Piombino, Populonia nacque per sfruttare le miniere di ferro dell’Elba. Fu centro fio-
rente di lavorazione metallurgica e di commerci anche in epoca romana, ma, rimasto in attività il
solo porto, decadde lentamente, pagando il fio del suo appoggio a Mario nella guerra civile contro
Silla (Strabone, per l’età augustea, ne testimonia un primo declino in v 2 6). La rocca sopravvisse
ancora ai saccheggi dei Goti di Totila (nel 546) e dei Longobardi (nel 570), ma non ai numerosi as-
salti dei pirati saraceni nel corso del IX sec. c 402. naturalem . . . sinum: si tratta del Golfo di Baratti,
sulla cui costa erano situati i quartieri industriali, presumibilmente ancora attivi al tempo di Ruti-
lio (la città vera e propria si trovava, infatti, sul lato settentrionale, il cosiddetto « Poggio di Castel-
lo »). Per l’immagine dell’approdo naturale offerto dalla baia cfr. Giovenale, 12 78-79: non sic veteres
mirabere portus / quos natura dedit. c 404. Pharos: l’isoletta di Faro, prospiciente Alessandria, diede il
nome non solo al monumentale faro ivi costruito dai Tolomei ma, per antonomasia, a tutte le al-
tre simili installazioni portuali. c 407. castellum: la rocca che Rutilio scorge, ormai in sordido abban-
dono, dominava il promontorio con il duplice scopo di difesa e di supporto alla navigazione (quel-
lo che oggi, invece, si offre alla vista, ancora ben conservato, è il mastio fatto erigere nel XV seco-
lo da Iacopo II Appiani). Di un castello diroccato il poeta aveva parlato a proposito di Castrum in i
227-28: Stringimus † . . . † et fluctu et tempore Castrum: / index semiruti porta vetusta loci (‘Rasentiamo Ca-
stro, [consunta] dal mare e dal tempo: un’antica porta rivela un luogo mezzo diroccato’). c 409. ae-
vi monumenta prioris: identica clausola è nel passo dei Punica in cui Annibale, giunto a Literno, si sof-
ferma ad ammirare un non meglio precisato tempio, cfr. Silio Italico, vi 654-56: varia splendentia cer-
nit / pictura belli patribus monumenta prioris / exhausti (‘vede dipinte in diverso colore splendenti im-
magini, ricordo della prima guerra a lungo combattuta dagli avi’). c 410. tempus edax: è il celebre
motivo del ‘tempo divoratore delle cose’, desunto da Ovidio, Met., xv 234-36: Tempus edax rerum, tu-
que, invidiosa vetustas, / omnia destruitis vitiataque dentibus aevi / paulatim lenta consumitis omnia morte (‘O
tempo, divoratore delle cose, e tu, vecchiaia invidiosa, tutto distruggete e a poco a poco con una
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v · l’elegia
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morte lenta tutto consumate dopo averlo corrotto con i denti dell’età’). Dove il Sulmonese allu-
deva alla vita umana e alla inevitabile corruzione della vecchiaia, dal cosiddetto « spettacolo delle
rovine » Lucano traeva per primo spunti di riflessione, nel presentare Cesare di fronte alla desola-
zione offerta dal sito in cui un tempo sorgeva la magnifica città di Troia in ix 961 sgg. Il culto delle
rovine, legato al topos del declino provocato dal tempo, che già nell’antichità invitava a meditare
sulla vanitas umana, conobbe una fortuna enorme: risorto a tratti nel Medioevo, si affermò defini-
tivamente nel Rinascimento, trovando il suo culmine, come noto, nel XVIII secolo. c 413-14. Non
indignemur . . . oppida posse mori: Rutilio passa dalla sua personale esperienza al piú solenne piano dei
destini umani, chiudendo con una riflessione che ha del consolatorio per sé e per il lettore. Nulla
toglie alla partecipata commozione del poeta il filtro letterario che anche qui sembra agire sul suo
immaginario: vi si riconosce, infatti, oltre a un motivo ampiamente presente nella tradizione re-
torica, l’eco di un passo della lettera inviata da Servio Sulpicio Rufo a Cicerone, per consolarlo del-
la perdita della cara Tulliola. In essa, nel rapportare alla vita umana il destino di alcune città greche,
ormai investite dalla decadenza, Servio propone all’amico una riflessione che anticipa quella ruti-
liana, cfr. Fam., iv 5 4: Hem! Nos homunculi indignamur, si quis nostrum interiit aut occisus est, quorum vita
brevior esse debet, cum uno loco tot oppidum cadavera proiecta iacent? (‘Ecco: noi, piccoli uomini, ci indi-
gniamo se qualcuno di noi, la cui vita è per forza di cose molto breve, perisce di morte naturale o
violenta, mentre in un solo luogo vediamo abbattuti i cadaveri di cosí tante città?’).
i 439-52. I monaci della Capraia, “nemici della luce”. Il passaggio di fronte all’isola di Capraia, dove era
fama sorgesse una piccola comunità monastica, offre a Rutilio l’occasione di dare luogo a un’astio-
sa polemica contro il dilagare di un certo ascetismo, incomprensibile per chi, preoccupato delle
sorti di Roma, riteneva la fuga dal mondo e la ricerca della santità nell’allontanamento dal vivere
civile una perdita di preziose energie nell’opposizione ai nemici dell’impero. Bersaglio dell’attac-
co sono, dunque, i monaci, e, in via indiretta, i cristiani: l’agire degli eremiti, che fuggono la luce
proprio come gli scarafaggi (il paragone è implicito nell’impiego del raro composto lucifugi, usato
da Virgilio per le blatte), appare agli occhi del pagano determinato, se non propriamente da mali-
zia, da un’insana stoltezza. Colpisce, nel finale, una preziosa allusione a Omero, per accostare alla
folle misantropia di Bellerofonte, maledetto dagli dei, l’ostilità degli asceti verso il genere umano.
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i 439-52
439. iam se Capraria tollit: l’isola di Capraia, nel Tirreno settentrionale, fa parte dell’arcipelago to-
scano, in una posizione di straordinaria importanza strategica per la navigazione, tra la Corsica,
l’Elba e il continente. c 440. squalet . . . insula: la natura selvaggia del luogo (squalet) aveva spinto al-
cuni eremiti a dare origine, a partire dal IV-V secolo, a una piccola comunità (il secessus nelle isole
era divenuto, del resto, usuale in Occidente a partire dal IV sec., laddove in Oriente era frequente
il ritiro nel deserto). Essa sopravvisse almeno fino al IX sec., quando l’isola fu abbandonata in se-
guito alle frequenti scorrerie dei Saraceni. – lucifugis . . . plena viris: all’aspetto inospitale dell’isola
corrisponde la sordidezza dei monaci, bollati con un epiteto che si rifà chiaramente all’attributo
con cui Virgilio designava gli scarafaggi in Georg., iv 243: lucifugis congesta cubilia blattis. In relazione
ai cristiani, l’aggettivo ha un significativo precedente nell’Octavius di Minucio Felice, dove il paga-
no Cecilio li chiama sprezzantemente latebrosa et lucifuga natio (8 4). c 441. Ipsi se monachos Graio cog-
nomine dicunt: l’etimologia della parola monachus (dal greco moönow, ‘solo’) offre a Rutilio l’occasione
per un attacco agli eremiti assai piú velenoso di quello che il contemporaneo Pallada rivolgeva ai
monaci di Alessandria, accusati di tradire nei fatti, nel loro moltiplicarsi, il principio dell’isola-
mento cui si ispiravano, all’origine del loro stesso nome, cfr. Anth. Pal., xi 384: Eiä monaxoiö, tiö tosoiö-
de; tosoiöde deö, pvüw paöli mozünoi; / v- plhuzÖw monaxvün cezsameönh monaöda (‘Se son “monaci”, perché
son cosí tanti? Se tanti, perché “soli”? Oh moltitudine di solitari, che hai ingannato la solitudine!’).
c 442. nullo vivere teste volunt: l’espressione allude velatamente ai misfatti che la propaganda pagana
attribuiva, fin dai tempi di Tertulliano, ai seguaci di Cristo. In sostanza, il poeta intende come un
rifiuto dell’obbedienza civile ovvero come un mezzo per sfuggire alle pene per i propri delitti
quel bisogno di solitudine che guida il cristiano a riflettere sul senso personalissimo della propria
esistenza. Rutilio era evidentemente condizionato dalla pessima fama di alcuni monaci, i cui ec-
cessi, specie in Oriente, talora avevano in effetti provocato disordini (persino il cristianissimo Teo-
dosio aveva interdetto loro, nel 390, il soggiorno in città, cfr. Cod. Theod., xvi 3 1). c 444-46. quisquam
sponte miser . . . posse pati?: con due pungenti interrogative il poeta sferza la continentia dei monaci, as-
similata a una paradossale forma di autolesionismo (in tal senso, egli confonde l’ascetismo con-
templativo con l’aädiaforiöa, l’ ‘indifferenza’, cioè, verso i beni materiali, propria invece dei Cinici).
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447. Sive suas repetunt factorum ergastula poenas: preferiamo intendere ergastula come accusativo dipen-
dente da repetunt, piuttosto che nominativo con il valore di ‘carcerati’; in sostanza, Rutilio intende
l’eremitaggio come una volontaria espiazione dei misfatti, non già come una forma di mistica
ascesi. c 448. nigro . . . felle: con un’altra non meno livida interpretazione, il poeta attribuisce il com-
portamento dei monaci alla follia, aderendo alla ben nota teoria ippocratica che voleva appunto la
melagxoliöa determinata da un versamento eccessivo di meölaina xolhö (atra bilis o ‘bile nera’). c 449-
50. Sic . . . Homerus . . . Bellerophonteis sollicitudinibus: a proposito di Bellerofonte, ricordato in Il., vi 200-
2, Omero non parla espressamente di pazzia per eccesso di bile (nimiae bilis morbum), per cui il rife-
rimento rutiliano è apparso agli interpreti poco perspicuo. Nella sua edizione commentata a Ru-
tilio, Fo osserva tuttavia che il rinvio potrebbe essere funzionale a congiungere il destino dei mo-
naci con quello di un personaggio comunque colpito da maledizione divina (cosí in Il., vi 200). Un
legame tra il furor dell’eroe greco e la presunta insania mentale degli anacoreti cristiani, sovente ac-
cusati di avere in odio il genere umano (si pensi a Tacito, Ann., xv 44 4), è invece esplicito in Auso-
nio, che, nel ricordare il lungo silenzio di Paolino di Nola, ne associa la scelta di vita alla misantro-
pia di Bellerofonte in Epist., 21, 70-72 Green: ceu dicitur olim / mentis inops coetus hominum et vestigia vi-
tans / avia perlustrasse vagus loca Bellerophontes (‘come si racconta che un tempo Bellerofonte, evitan-
do, fuori di sé, ogni consorzio e traccia di uomo, fosse andato percorrendo, errante, luoghi deser-
ti’), provocando cosí la decisa risposta dell’amico in Carm., 10 191-92: non anxia Bellerophontis / mens
est. . . mihi (‘non ho certo l’animo folle di Bellerofonte’). c 451. tela doloris: l’espressione allude al do-
lore dell’eroe per la morte dei figli Isandro e Laudamia. c 452. humanum displicuisse genus: il ricordo
omerico della vicenda bellerofontea è forse filtrato da Cicerone, Tusc., iii 63: ut ait Homerus de Bel-
lerophonte: « Qui miser in campis maerens errabat Aleis, / ipse suum cor edens, hominum vestigia vitans » (‘co-
me dice Omero di Bellerofonte: « Che infelice errava mesto nei campi Alei, mangiando lui stesso
il suo cuore, evitando tracce di uomini »’).
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i 511-26
i 511-26. I monaci della Gorgona, “peggiori dei veleni di Circe”. Dopo il transito accanto alla Capraia, un
placido vento spinge le navi di Rutilio verso la Gorgona, l’isola piú settentrionale dell’arcipelago
toscano. Lí, ricorda il poeta, si è da poco ritirato un nobile giovane di sua conoscenza, convinto di
potersi innalzare alla sublimità del cielo attraverso il piú sordido e umiliante isolamento. Incapace
di tenere fisso lo sguardo sugli scogli della Gorgona, quasi temendo di essere pietrificato come di
fronte alla mitica Gorgone (cui, evidentemente, ricollegava il nome dell’isola), Rutilio si rapporta,
ancora una volta, ai motivi della propaganda anti-cristiana (il tema della sporcizia dei monaci era,
per esempio, in Eunapio) e lancia contro gli anacoreti un altro strale. L’aristocratico pagano si ser-
ve, per questo, ancora di Omero: la “setta” dei monaci, egli afferma, è piú perniciosa di Circe, giac-
ché mentre con i suoi filtri quella era capace di trasformare i corpi, questi riescono a degradare
persino gli animi.
511. Lutea . . . iugales: la topica immagine dell’Aurora che spinge innanzi nel cielo i suoi cavalli (qui
detti letteralmente ‘sereni’), presente, p. es., in Virgilio, Aen., vii 25-26: et aethere ab alto / Aurora in ro-
seis fulgebat lutea bigis (‘e dall’alto del cielo splendeva l’aurora dorata sul roseo carro’), apre il settimo
giorno di navigazione in un’atmosfera di distesa tranquillità, ben presto però turbata dalla vista
dell’isola di Gorgona. c 512-14. antemnas . . . tremunt: con una certa perizia nell’uso di termini nauti-
ci, Rutilio descrive le manovre dei marinai, le cui fatiche, al sorgere di una favorevole brezza, sono
alleviate dal passaggio dai remi alle vele. Il termine antemnae (v. 512) designa le lunghe pertiche di
legno che attraversano, inclinate, l’albero della nave, recando allacciate le vele triangolari; gli aplus-
tria (v. 513) sono gli ornamenti lignei posti sopra la poppa (e che quindi vengono tout court a identi-
ficarla), mentre la rudens (v. 514) è la gomena, la cima, cioè, usata per tirare e tenere ferme vele e an-
tenne. c 515-16. Gorgon inter Pisanum Cyrnaicumque latus: l’isola di Gorgona, la piú piccola e setten-
trionale dell’arcipelago toscano, si trova tra la costa pisana e quella della Corsica. Per l’attributo
Cyrnaicus, derivato dal nome greco di Kzörnow, con cui la Corsica era conosciuta già in Erodoto, i
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v · l’elegia
165, cfr., con variatio nella formazione aggettivale, i 437: Cyrnaeas . . . in oras. c 517. Aversor scopulos: ac-
cettiamo la correzione di Fo, contro l’adversus scopulos dei mss., di norma emendato in adversus sco-
pulus (cosí anche il piú recente editore, Wolff). Rutilio distoglie improvvisamente lo sguardo dal-
l’isola, quasi ricordando che essa reca il nome della gorgone capace di pietrificare chiunque la fis-
sasse in volto. c 518. vivo funere: l’ossimorica espressione riguarda una sorta di “non vita” cui il mo-
naco, come un vero e proprio “sepolto vivo”, viene a condannarsi con insensato autolesionismo.
L’immagine conosce forse un precedente in Manilio, v 548, dove, a proposito di nozze forzate, si
parla di sine funere funus (‘funerale senza funerale’); qualcosa di simile è nella celebre sentenza se-
necana di Epist., 82 3: otium sine litteris mors est et hominis vivi sepultura (‘il riposo senza studio è morte,
e sepoltura da vivo’). – civis: il termine, volutamente generico, impedisce di identificare il perso-
naggio al quale Rutilio riferisce il noster del verso successivo, forse a indicarne l’appartenenza alla
sua stessa cerchia sociale, se non addirittura alla propria famiglia. c 520. nec censu inferior coniugiove
minor: il poeta sottolinea come nella sua scelta di segregazione il nobile giovane avesse abbando-
nato anche la moglie, rinunciando cosí ai benefici di un vantaggioso matrimonio con una sua pari
rango. c 521. impulsus furiis: ancora una volta la rinuncia alla vita mondana viene interpretata come
“follia” (cfr., nel passo relativo ai monaci dell’isola di Capraia, il v. 445, dove si parla di una perversi
rabies tam stulta cerebri). c 523. illuvie caelestia pasci: torna il tema della sporcizia (illuvies) degli eremiti,
già adombrato nell’immagine dei lucifugi monaci, nascosti nello squallore dell’isola di Capraia (cfr.
i 440: squalet lucifugis insula plena viris). Rutilio estremizza, non senza polemica, il rifiuto per la cura
del corpo, criticato da Eunapio di Sardi (Vitae Soph., 6 10), ma praticato con particolare ostentazio-
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v · il de reditu suo di rutilio namaziano
ne nel monachesimo orientale, dove l’igiene personale era vista con sospetto e in contrasto con il
rinnegamento di se stessi per il regno dei cieli (ne è un esempio, tra i tanti, la testimonianza di san-
t’Atanasio in Vita Antonii, 93, dove si ricorda che l’eremita, giunto in tarda età, non cambiava mai la
sua veste né mai lavava i suoi piedi con l’acqua). c 524. seque premit laesis saevior ipse deis: il costrutto è
brachilogico. Torna qui il motivo dell’autolesionismo e dei volontari ergastula degli asceti (per cui
vd. i 443-47), accostato a un sotteso richiamo all’ira degli dei, che i monaci paiono attirarsi con le
pratiche di astinenza e mortificazione, attraverso le quali, invece, essi erano convinti di potersi
meglio accostare a Dio. c 525-26. deterior Circaeis . . . animi: altro riferimento omerico, dopo quello,
non totalmente perspicuo, alla pazzia di Bellerofonte in i 449-52. Il noto episodio di Circe e dei
magici filtri (faörmaka lzgraö in Omero, Od., x 236) con cui ella riusciva a tramutare in porci i com-
pagni di Odisseo, senza però intaccarne l’animo (cfr. Od., x 135-405), diviene pretesto per un ulti-
mo attacco agli asceti, la cui nefandezza è tale da degradare chi vi si accosta non soltanto nell’a-
spetto fisico, ma anche nel cuore. L’acuta pointe, che allude cosí a una sorta di vero e proprio con-
dizionamento psicologico da parte di quelli che il poeta ritiene sprezzantemente una ‘setta’ (secta),
sembra riecheggiare il passo ovidiano di Met., xv 317-18, dove, in differente contesto, Pitagora af-
ferma: Quodque magis mirum est, sunt, qui non corpora tantum, / verum animos etiam valeant mutare liquo-
res (‘E, cosa ancora piú stupefacente, vi sono acque capaci di trasformare non soltanto il corpo, ma
anche lo spirito’). Si legge, in queste ultime parole, tutta la preoccupazione del pagano per le lu-
singhe di una vita oltremondana che, ai suoi occhi, allontanavano il nerbo delle forze romane dal-
le funzioni civili e dai principi costitutivi dell’antico mos maiorum.
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INDICE
Presentazione 9
Abbreviazioni bibliografiche 13
I. L’EPOS 17
Nota introduttiva 19
I. L’epica arcaica e gli Annales di Ennio 30
34-50 Sk. (= 35-51 V.2). Il sogno di Ilia 34
175-79 Sk. (= 187-91 V.2). Il taglio del bosco 36
II. Il classicismo di età augustea: l’Eneide di Virgilio 38
iv 553-629. La fuga da Cartagine e la maledizione di Didone 42
vi 679-751. L’incontro con Anchise: la purificazione delle anime 48
x 439-509. L’uccisione di Pallante 56
xii 843-86. Il lamento di Giuturna 64
III. Le Metamorfosi di Ovidio: l’epica in trasformazione 70
iii 339-512. Eco e Narciso. Narciso s’innamora di Narciso 74
iv 53-166. Il tragico amore di Piramo e Tisbe 88
IV. Il ritorno dell’epos storico: il Bellum civile di Lucano 98
i 98-182. Alle radici del conflitto: Pompeo e Cesare 100
ix 734-838. La marcia di Catone nel deserto: i serpenti di Libia 106
V. Sulle orme di Virgilio: l’epos tra mito e storia 118
1. Il mito argonautico: Valerio Flacco 118
vii 1-25. La prima notte insonne di Medea 120
vii 101-52. La seconda notte: gli incubi di Medea 122
2. La lotta fratricida tra Eteocle e Polinice: la Tebaide di Stazio 128
x 827-939. La morte di Capaneo 130
3. La seconda guerra punica: Silio Italico 142
ix 66-177. Un errore funesto: Satrico e Solimo 144
VI. L’epica tra storia e panegirico: Claudiano e il De bello Go-
thico 154
469-557. Il concilio dei Goti 156
931
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932
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933
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V. L’ELEGIA 507
Nota introduttiva 509
I. Il sogno idillico di Tibullo 518
ii 3. Maledetta campagna! 520
II. Dall’amore di Cinzia alla poesia etiologica: l’esperienza in-
quieta di Properzio 528
i 3. La visione celestiale di Cinzia addormentata 530
i 19. Un grande amore va oltre la morte 534
iv 4. Il tradimento per amore di Tarpea 536
III. Variazioni sul genere elegiaco: Ovidio 544
1. Gli Amores: il gioco galante dell’amore 544
ii 4. Mi piacciono tutte 546
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935
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936
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SCHEDE BIO-BIBLIOGRAFICHE
L’Autore dell’Aetna 773
Ausonio 774
Avieno 779
Calpurnio Siculo 781
Catullo 784
Claudiano 793
Columella 796
Ennio 799
Fedro 803
Germanico 805
Giovenale 807
Grattio 810
Lucano 811
Lucilio 815
Lucrezio 816
937
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Manilio 820
Marziale 823
Massimiano 826
Nemesiano 828
Orazio 829
Ovidio 842
Persio 852
Plauto 854
Properzio 862
Rutilio Namaziano 865
Seneca 868
Quinto Sereno 876
Silio Italico 877
Stazio 880
Terenziano Mauro 884
Terenzio 884
Tibullo 889
Valerio Flacco 892
Virgilio 895
INDICI
Indice dei nomi e delle cose notevoli 913
Indice delle illustrazioni 930
938