Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
16 Ma gli undici discepoli si recarono in Galilea sul monte dove Gesù ave
va ordinato loro (di andare). 1 7 E quando lo videro gli resero omaggio, ma
alcuni dubitavano. I 8 E Gesù si avvicinò loro, parlò loro e disse: «Mi è
stato dato ogni potere, in cielo e in terra.' 19 Andate, dunque,"' e rendete
tutti i popoli discepoli battezzandoli 3 nel nome del Padre e del Figlio e del
lo Spirito santo 20 e insegnando loro a osservare ciò che vi ho comandato.
Ed ecco: io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo. 4
r L'articolo 'tij<; (B, D e al.) è stato probabilmente inserito in un secondo tempo in confor
mità all'uso linguistico solito di Matteo (9x É1tÌ 'ti).:; yij<;. In antitesi a oùpavO.:; c'è tuttavia
sempre l'articolo. La sola eccezione è la terza petizione del Padrenostro, Mt. 6,ro).
L Rappresentanti del testo occ. (D, it) leggono 'YUv invece del molto meglio attestato oÙ'Y.
3 A fronte del meglio attestato �7t't l�ont<;, B e D hanno la lezione �1t'tla11ne.:;, probabil
mente per distinguere l'atto battesimale unico dall'« insegnamento » costante e continuo.
4 9, f'3, 'lJl, it, sy, e al. aggiungono a chiusa del libro CÌI'-lJ"• come fanno del resto anche con
tutti gli altri scritti del Nuovo Testamento.
488 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
r . Struttura. AI pari di molti apoftegmi matteani, anche questo breve rac
terza parte è una promessa (v. 2ob).3 La coesione del detto consegue dall'ac
cumulazione retoricamente efficace di espressioni composte con l'attributo
1tric; (1triall Éeouatll, 7taV'tll 'tà e-/ìvl), 7taV'tll Oall ÉVE'tELÀa(l.lJV, 7taallç 'tàc; lJ(I.Épllc; ) .
Si ha così l'impressione di una dichiarazione di principio del Risorto valida
in generale. Il v. 2ob occupa una posizione particolare: il tempo della nar
razione viene esplicitamente interrotto e Gesù guarda ora al presente e al
futuro di questa epoca sino alla sua fine, cioè fino alla parusia.
La pericope conclusiva del vangelo rappresenta il momento culminante
della storia matteana di pasqua, preannunciato già due volte dalle parole
dell'angelo e di Gesù alle donne (vv. 7 e I O ) . Il soggetto (ol &vòexll (1-ll-lìlJ-rlll)
ricorda immediatamente ai lettori lo sviluppo della storia della passione:
Giuda, il traditore, non c'è più; i lettori conoscono la storia della sua morte
(27,3 - IO).
Ma non basta: Mt. 28,I 6-2o ricorda loro numerosi altri testi di tutto il
vangelo: «sul monte>> (con articolo determinativo) salta subito agli occhi già
soltanto perché ai vv. 7 e I O non si è parlato di monti.4 I lettori andranno
quindi a scavare fra i ricordi in cerca di un monte menzionato nel vangelo
e penseranno forse all'ultima tentazione di Gesù (4,8), alla prima predica-
nana 1:!Ì e-8v1J (92x nei LXX ) ; al v. 20: 1tana Oc-a (intÀÀO(J.!Xt) (36x ca. nei LXX) e infi
ne la locuzione (J.t1:!Ì (aou, �wv ecc.) tlvat.
2. Sono lessico matteano (cf. vol. 1, introduzione, 4.2): al v. 16: ò&, (J.a-81J1:ai, ltOpE:Uo(J.at,
faÀtÀata, opo�, O 'llJaO�; al V. 17: !òrov, 7tpoaxuvtro, Òt, Òta..a't;w (cf. 1 4 , 3 I ); al V. I8: 7tpoa
EÀ-8rov, ò 'I lJao�, ÀaÀÉw, ÀÉyrov, 1tci<;; al v. 19: 7tope:u-8tnt� + imperativo, o�v, Jl.IX-81J1:EUw,
nana 1:!Ì t-8V1J; al V. 2 0 : ÒtÒaaXW (]X iJ patticipio), 1:1JptW, lta�, 1tana Oaa, ÈntÀÀO(J.!Xt,
!òou, iyw, (J.t1:a + genitivo, 'Ìj(J.tpa, ��. auntÀtta 1:oii a!wvoç. �vòExa è richiesto dal conte·
sto (v. 1 6). L'adozione di locuzioni bibliche (v. nota precedente) è conforme allo stile di
Matteo e così anche il lungo detto di Gesù in discorso diretto. I numerosi riecheggia
menti di testi precedenti del vangelo (cf. sopra, 1.2) possono essere, anche se non neces
sariamente, opera redazionale.
49 0 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
Talvolta si pensa che quest'ultima apparizione di Gesù agli undici discepoli
sia in tutto creazione di Matteo; 1 altri, convinti che si tratti di una storia
prematteana di apparizione, si spingono fino a ricostruirne il testo. 1 Soprat
tutto riguardo al detto trimembre di Gesù ( vv . 1 8 b-2o) le opinioni sono di
vise. Anche il fronte di coloro che non ritengono i tre versetti opera integral
mente redazionale di Matteo è diviso tra chi sostiene l'unità di « un detto di
rivelazione trimembre . . . che aveva come suo contesto la tradizione liturgi
ca della comunità» ' e altri - la maggioranza - convinti invece che Matteo
abbia riunito nel detto trimembre del mandato tre singoli detti indipenden
ti di Gesù.4
La statistica lessicale non consente conclusioni certe. Per quanto attiene
alla lingua, non sono matteani il v. I8b (detto di accreditamento che ricor
da Dan. 7, 14), e il v. 19b (mandato al battesimo «trinitario» ). Quest'ulti
ma considerazione non suscita alcuna meraviglia perché in un modo o nel
l'altro il versetto dovrebbe provenire dalla liturgia della comunità matteana.
Che sia così lo mostra Did. 7,1 .3 : nella comunità della Didachè di orienta
mento matteano in Siria il battesimo veniva amministrato nel nome del Pa
dre, del Figlio e dello Spirito santo. Poiché la formula «trinitaria » è docu
mentata in Siria anche da altri testi contemporanei (lgn. Magn. 1 3 ,2; Od.
Sal. 23,22), si può dire con una buona dose di sicurezza che la formula do
vrebbe essere circolata diffusamente in Siria, paese di provenienza anche di
Matteo, già prima del 1 00. La tesi un tempo preferita che il testo originario
di Mt. 28,1 8-20 non parlasse del battesimo,5 non ha oggi a ragione quasi
più sostenitori.
r Considerano il testo opera integralmente redazionale ad es. Kilpatrick, Origins, 48 s.;
Langea (cf. spec. 488-49 1 : Mt. 2.8,1 6-2.0 è una «riedizione di Mt. I I ,2.7· ·· in considera
zione delle dolorose esperienze con Israele del gruppo che sta dietro a Q" [488]); Kings
burya, 573-597; Gundry, 593-5 97; Scheuermann, Gemeinde, 2.43 · La critica migliore a
questa posizione è mossa da Meier, Questionsa, 407-4 1 6.
2. Hubbarda, 1 3 1 e Schaberga, 3 2. 1 ricostruiscono il testo della storia prematteana.
m/4 90, 1 6 s.); Epistula Petri ad Philippum (NHC vm/2 1 3 3 , 1 3 ss.; 1 3 4,9 s.); I Apoc.
Iac. (NHC v/3 30, 1 8 ss.).
z.ll v. 18b potrebbe essere tradizionale, ma senz'altro vuoi essere anche reminiscenza di
Mt. 6,10; 1 1,27 e dei passi con È�oualtX: 7,29; 9,6; 10,1; 21,23-27. Il v. 19a è integralmen
te redazionale. Il v. 19b è stato sicuramente formulato da Matteo sulla base di una for
mula battesimale in uso nella sua comunità. Il v. 2oa è di formulazione matteana in lin
guaggio biblico. Il v. 2ob è riformulazione matteana di 1 8,20.
3 Ci si riferisce a racconti stringati, apoftegmatici, diversi dalle novelle. Cf. C.H. Dodd,
Die Erscheinungen des auferstandenen Christus, in P. Hoffmann (ed.), Zur neutestament
lichen Oberlieferung von der Auferstehung ]esu (WdF 5 22), 1988, 299·
4 9 2 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
breve discorso ai discepoli riuniti. I passi più affini sono Gv. 20, 1 9-23 e la
storia contenuta in Mc. I 6, 1 4 - 1 8 , che tuttavia potrebbe aver subito l'influ
enza di Matteo. Il commento ritornerà su questi due testi per mettere in lu
ce il profilo particolare della storia matteana.
B.J. Hubbard in particolare si è distinto per il tentativo di uscire dal con
testo della letteratura protocristiana per la determinazione del genere. A
suo dire Mt. 28,1 6-20 è un esempio del genere frequente nella Bibbia del
l'«affidamento di un mandato» (commissionings). In questa categoria egli
include una serie di testi molto diversi - fra cui storie di vocazione (ad es.
Gen. 1 1 ,28-1 2,4a; Es. 3 , 1 -4,1 6; Ger. I , I - I o); nomine di un successore (ad
es. Gios. I , I - I 1; I Cron. 22, 1 - 1 6 ) e altri affidamenti di mandati (ad es. Gen.
4 1 , 3 7-4 5; 2 Cron. 3 6,22 s.) -, anche in assenza di caratteristiche formali
comuni che siano effettivamente presenti in tutti gli esempi testuali addotti.
Non penso che l' «affidamento di un mandato» sia un pattern tanto ben strut
turato da poter essere servito da guida a un narratore come Matteo.
b) Il genere del detto del Signore ai vv. I8b-2o. A iniziare da H.J. Holtz
mann - che parlò di «ordinamento comunitario giudeocristiano» - i tenta
tivi di classificare i vv. 1 8b-2o in un determinato genere letterario sono legio
ne. Pressoché tutte le ipotesi naufragano nell'assenza di paralleli al «gene
re» pensato oppure nella scarsa chiarezza delle caratteristiche distintive del
lo stesso. 1 Un certo consenso hanno riscosso i tentativi di interpretare il det
to sull'analogia del rituale tripartito di intronizzazione nel Vicino Oriente e
nella Bibbia secondo lo schema di innalzamento, presentazione e intronizza
zione o acclamazione.2. Ma al v. 1 8b l'intronizzazione è già presupposta, il
mandato missionario non è una presentazione e un'acclamazione manca del
tutto. Frankemolle vorrebbe interpretare i vv. 1 8b-2o alla luce dell'editto
di Ciro di 2 Cron. 3 6,23 , che egli attribuisce al genere del « formulario del-
I Holtzmann, 299· Bultmann, Tradition, 3 10 parla di «sorta di leggenda cultuale»; Tril
ling, Israel, 48 di «modello del discorso di Dio veterotestamentario», senza però indica
re alcun parallelo. Per Schaberg•, 95-102. 1 1 r-141 . 321-3 26 (e similmente Mather• e Bu
chanan, 11, 1029) il testo è un «midrash» di Dan. 7,1 3 s., idea a mio parere utile per il v.
r8b ma non per le altre parti del testo. J. Munck, Discours d'adieu dans le Nouveau Tes
tament et dans la littérature biblique, in Aux sources de la tradition Chrétienne (Fs M.
Goguel), Neuchatel ecc. 1950, 165 classifica il testo nel genere del «discorso di commia
to» - ma qui Gesù non si «accomiata » affatto! C.J. Reedy, Rhetorical Concerns and Ar
gumentative Techniques in Matthean Pronouncement Stories: SBL.SP 22 ( 1983) 219-222
pensa che il testo sia per la forma una cria classica - ma la situazione dell'apparizione
pasquale è troppo specifica per rientrarvi. Boring, Sayings, 205 rimanda ad Apoc. 1,17-
:z.o e parla di detto profetico. In conclusione: le incertezze e le imprecisioni sono grandi.
2. Miche)•, :z.:z. s.; J. Jeremias, ]esu Verheissung {Ur die Volker, Stuttgart 1956, 3 2 s.; Loh
meyer, 424 s.; Rengstorf•, 23 8-244, spec. 240; un po' diversamente Bomkamm•, 174-
177; Hahn, Mission, 5 2-57; Hahna, 3 1 . Per Bornkamm• ( 1 84 s.), Hahn• (36) e Zumstein•
(29) in un'ottica di storia della teologia il nostro testo si troverebbe sul crinale in cui la
fede ellenistica nel kyrios si salda con il risalto in ambiente palestinese dell'importanza del
Gesù terreno. A detta di questi autori i parenti giudeocristiani ellenistici più prossimi sa
rebbero Fil. :z.,6-r r e I Tim. 3,16.
MT. 28, 1 6-20 49 3
l'alleanza » . ' M a l e differenze tra Mt. 28, 1 8b-2o e 2 Cron. 3 6,23 sono tanto
considerevoli " che un rapporto letterario fra i due testi mi pare inverisimi
le. Detto in breve: sebbene Mt. 28, 1 8b-2o sia radicato in molti modi in tra
dizioni bibliche, propenderei per parlare qui di « unicum » matteano, per
quanto attiene alla forma, e per rinunciare alla determinazione del genere.
19: 7tav'tcx 'tà é-8vlJ). Mt. 24,30 e 26,64 mostrano che Matteo conosceva que
sto passo (presumibilmente dalla tradizione cristiana). Si può quindi dare
per certo un contatto,4 tanto più che al pari di altri autori neotestamentari
Matteo conosce l'idea di figlio dell'uomo innalzato.5 Ma per il contenuto
il rapporto con Dan. 7, 1 3 s. è complicato. A differenza di 24,30 e 26,64 in
28, 1 8 b le parole di Dan. 7,14 non si riferiscono alla parusia, bensì vi si
parla del dominio presente di Gesù sul mondo prima della sua parusia (no
minata implicitamente al v. 2ob). Nella citazione mista di 26,64 la parusia
era descritta non con le parole di Dan. 7, 1 3 s., bensì con quelle di Sal.
1 Frankemolle, Jahwebund, 5 1-53. Per il rapporto con il genere del «formulario dell'al
leanza» ricostruito da K. Baltzer, Das Bundesformular (WMANT 4), 11964, cf. Franke
molle, 53-61. L'autore (42) intitola la sua interpretazione di Mt. 28,16-20 «Il rinnova
mento del patto ad opera di Gesù» .
:t Le affinità sono massime con riguardo alla sentenza d i accreditamento (cf. v . 1 8b con
2 Cron. 3 6,23a), mentre sono minime per l'invio in missione e la promessa della presen
za divina, e inoltre in 2 Cron. 3 6,23 i tre momenti sono in ordine inverso. Il testo affine
di Gen. 45,9-1 1 (cf. Malina0, 92) concorda con Mt. 28,18b-2o quantomeno per la suc
cessione degli elementi fondamentali (ma niente affatto né nel tenore del testo né nel
l'enunciato fondamentale).
3 Per i criteri seguiti cf. R. Hays, Echoes of Scripture in the Letters of Pau/, New Haven
- London 1989, 29-3 2. Per poter supporre che un autore alluda intenzionalmente a un da
to passo biblico, sono per me soprattutto importanti: 1. la coincidenza letterale di alme
no due parole; 2. la possibilità di individuazione univoca del passo in questione (locu
zioni bibliche spesso ricorrenti non sono sufficienti); 3· una convergenza anche minima
nel nocciolo significativo.
4 Soprattutto Michela, 22 ha insistito su questo punto; a suo dire «Dan. 7,1 3-14 è stato
adempiuto dalla pasqua». Meier, Law, 3 5 s. e Vision, 210-219 attenua (e rende oscura)
la posizione di Miche! e parla di «parusia prolettica».
5 Mt. 1 3,37-40; 26,64; cf. vol. n, pp. 621-623. Cf. Atti 7,55 s.; Apoc. 1,1 2-20; l'imma
gine giovannea del figlio dell'uomo e Schaberg0, 263-3 17.
494 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
n o, I . 1 Ad Anton Vogtle, che vi dà grande risalto e contesta qualsiasi rap
porto tra 28, 1 8 b e Dan. 7, 1 3 s., .. si deve quindi dare ragione, in quanto il
passo di Daniele che solitamente viene associato alla parusia del figlio del
l'uomo Gesù non costituisce la cornice entro la quale interpretare Mt. 28,
1 8b; ne resta soltanto l'eco. Così fa pensare anche il fatto che nel nostro te
sto l'espressione « figlio dell'uomo » non c'è.
3 . 2. Già si è accennato al tentativo problematico di mettere in rapporto
tutto il testo con l'editto di Ciro in 2 Cron. 3 6,23 e con il mandato affine
di Giuseppe in Gen. 45·9- I I . A prescindere dal fatto che i contatti letterali
sono minimi, un'associazione di tal genere non conduce a chiare indicazio
ni di lettura. Malina e Frankemolle che indipendentemente l'uno dall'altro
hanno attirato l'attenzione su questi due passi, li interpretano in modo mol
to diverso. Per Malina Mt. 28, 1 8 b-2o è una «comunicazione ufficiale »,3
per Frankemolle una promessa della fedeltà di Dio al patto.4
3 - 3 - Più importante è il tentativo di interpretare Mt. 28,1 6-20 alla luce
delle tradizioni di Mosè, che sulla scia di France e Hubbard s è stato ripre
so soprattutto da Allison.6 Questi si richiama al nesso èv't'ÉÀÀo(Lat (v. 2oa)
e promessa di «essere-con-te» (v. 2ob) che s'incontra in alcuni testi biblici
riguardanti Mosè 7 e pensa che alla luce della sua concezione di Gesù come
nuovo Mosè l'evangelista abbia messo in risalto qualcosa di nuovo in una
storia tradizionale di apparizione già esistente. 8 La tesi mi pare ardua. Nei
LXX l'espressione 7tCXv't'a oaa ÈVE't'ELÀa't'o/èvE't'EtÀa(LTjV ricorre alla lettera 19
volte e nella preponderante maggioranza dei casi si parla di Dio, non di
Mosè. Scegliere tra molti passi biblici alcuni pochi, e perlopiù neppure cor
rispondenti alla lettera, e poi servirsene per una «cristologia di Gesù come
nuovo Mosè » è arbitrario. Se dai paralleli biblici è possibile ricavare una
chiara direzione di lettura, sarebbe piuttosto questa: qui Gesù parla nel ruo
lo di Dio il quale nella Bibbia ha «comandato . . . tutto » al popolo, a Mosè
o a chi altri e promette di essere «con loro » .
3 ·4· Indica nella stessa direzione i l motivo dell'Emmanuele a l v. 20b (lòoù
èyw !J.E-8' u(Lwv EÌ!J.t). Anche qui si avverte l'eco di una tradizione biblica mol
to diffusa. 9 I paralleli più vicini alla formulazione del v. 2ob sono le pro
messe profetiche della presenza di Dio tra il popolo in Agg. 1 , 1 3 ; 2,4; Ger.
49,1 1 LXX. È quindi questione della presenza di Dio; l'allusione a Dio è
r Cf. sopra, p. 214. :z. Vogtle4, spec. 25 3-25 5.
8 Senza contare il v. 2oa.b, per Allison sono «mosaici• il monte e nope:U19ivn;c;. A diffe
renza di Hubbard4, sulla cui ricostruzione si basano, Davies-Allison, m, 678, considera
no il v. 18b prematteano e postulano l'esistenza di una storia di apparizione prematteana
ispirata a Dan. 7,1 3 s., che Matteo avrebbe poi rielaborato adeguandola alla sua cristolo-
gia mosaica. 9 Cf. vol. 1, pp. 171 n. 1 .
MT. 2 8 , 1 6-20 49 5
messa ulteriormente in risalto dall' èyw enfatico. Un rapporto con le tradizio
ni di Mosè non è proponibile già per il semplice fatto che in esse si parla del
la presenza di Dio con Mosè o con Giosuè, ma non della presenza costante
di Mosè fra il popolo.
3 · 5 · Mt. 28,1 6-20 è forse dettato dalla tradizione biblica del pellegrinag
gio dei popoli a Sion? Questa tesi è stata sostenuta soprattutto da Donald
son I sulla base, ad esempio, di Sal. 2,6-8; fs. 2,2-4; 25 ,6; 56,7. Anche Stuhl
macher si muove in una direzione analoga e rimanda anche, ad esempio, a
Zacc. 2,10-1 6; 14,16-19 e in generale alle tradizioni della festa delle capan
ne.1 Quasi tutto, a mio parere, depone a sfavore di una tesi del genere. I con
tatti letterali con questi passi biblici non sono molti.3 Lo scenario biblico è
esattamente l'opposto di quello di Mt. 28,1 6-20: mentre nei passi citati so
no i popoli che si raccolgono sul Monte Sion (movimento centripeto), in
Matteo i discepoli vengono mandati via (1topeu-8év'tec;) dal monte (movimen
to centrifugo) per recarsi a tutti i popoli e renderli discepoli. Ma, soprattut
to, Gesù ha abbandonato il tempio già in 24,1 s. e l'angelo e Gesù stesso han
no impartito ai discepoli l'ordine di lasciare Gerusalemme, la città della
morte di Gesù, e di recarsi in Galilea (28,7. 10). Per i lettori l'associazione
del monte della Galilea al Monte Sion non era quindi ovvia. 4
Volendo tirar le somme, il linguaggio biblico della pericope lascia tut
to sommato capire che Matteo vede la proclamazione di Gesù sul mon
te nella tradizione della condotta del Dio d'Israele nei confronti del suo
popolo. Nei singoli casi è difficile evincere dalle formulazioni di stampo
biblico chiare indicazioni circa l'orientamento da adottare nella lettura.
I punti 3 · 3 e 3 ·4 fanno probabilmente capire che il Gesù risorto e secon
do 26,64 seduto ora alla destra di Dio, assume il ruolo di Dio stesso, quin
di un ruolo di gran lunga superiore a quello di nuovo Mosè. Poiché lo
sfondo biblico del testo rimane dunque relativamente generico, si deve
supporre che i lettori costruiranno il senso del testo ricavandolo prima
riamente dalla loro lettura del vangelo di Matteo.
4· Provenienza. Dopo tutto ciò che si è fin qui detto, è possibile giungere
a un giudizio breve e chiaro che vorrei formulare parafrasando Ernst Loh
meyer: s Mt. 28, 1 8 b-2o non è un «logion del Signore» , ma - così penso di
stinguendomi da Lohmeyer - un « logion nel Signore>> composto da Matteo.
I Donaldson, Mountain, 18J-187. 197-202.
1 Stuhlmacher", 1 17. Egli ( 1 1 5 ) vorrebbe interpretare il viaggio dei discepoli in Galilea
come «la restaurazione simbolica d'Israele (del grande Israele) dopo la catastrofe del
giudizio che si è abbattuta sul pastore e il suo gregge» (Mt. 26,3 1 s.).
3 Gli unici termini comuni che appaiono più volte sono opoc:; ed É�VlJ in Is. 2,2; in 25,6
anche 7tavta. 't'lÌ É�vlJ.
4 Non è casuale che Iust. Apol. I,J9,I-J, che per l'invio degli apostoli si rifà a Is. 2,2, uri·
lizzi il modello lucano che fa panire gli apostoli da Gerusalemme. 5 Lohmeyer", 3 3 ·
49 6 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
I diversi e a mio parere falliti tentativi di definire il genere del detto con
clusivo di Gesù (vv. r 8b-2o) • rispecchiano il problema fondamentale
del testo. È qui questione - come in un << inno d'intronizzazione» - anzi
tutto dell'esaltazione di Gesù e del suo dominio universale, quindi di
cristologia ? Oppure si tratta - come in una <<regola della comunità » - an
zitutto della forma della chiesa dopo Gesù, quindi di ecclesiologia ? Op
pure ancora - come in un «mandato» - più specificamente del mandato
della chiesa ? E se sì, in che cosa questo consiste? Forse nella missione uni
versale - la <<Great Commission », quella che nell'esegesi biblica di lin
gua tedesca dal XIX secolo è perlopiù chiamata «mandato missionario»
- o più in generale nell'ottemperanza della chiesa ai comandamenti di
Gesù? In queste quaranta parole della conclusione del vangelo sembra
no concentrarsi tutti i principi teologici del vangelo di Matteo, come mo
stra lo sterminato profluvio della letteratura secondaria al nostro testo."
r6. Come le donne hanno detto loro di fare, gli undici discepoli si por
tano in Galilea, e si viene informati che conformemente alla disposizio
ne di Gesù essi si recano <<sul monte » .3 << Galilea » e << il monte» suscitano
nei lettori una quantità di associazioni. Essi non avranno certo pensato
alla Galilea che ai loro giorni era il cuore del territorio giudaico,4 ma al
la Galilea della quale avevano letto nel vangelo: la Galilea in quanto ter-
I Per la Galilea come terra di rifugio cf. Bloem', 3 7 s. e Tisera, Universalism, 2.93. 3 19·
2.Cf. vol. I, pp. 2.09-2.12.. 2.66-2.68. In questo contesto è importante anche l'attributo Na
�wpaio<; (2.,2.3 ) per la sua possibile associazione alla denominazione di «nazorei» usata
per i cristiani di Siria (cf. vol. I, pp. 2.1o-2.12.).
3 Sono per principio «tagliati fuori» il Monte degli Ulivi, che si trova in Giudea (2.1,1;
2.4,3; 2.6,30), e anche il Golgota, che in realtà non è mai chiamato lipoc; nel vangelo. Non
risultano invece ulteriori indicazioni per l'individuazione del monte della preghiera
(14,2.3 ) e del monte della moltiplicazione dei pani ( 1 5,2.9).
4 Per il monte del discorso della montagna e il Sinai cf. vol. I, pp. 302. s. e 610 s.
4 9 8 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
Gesù si era avvicinato a loro nella sua gloria celeste ( 1 7,7) e aveva libe
rato dall'angoscia i tre discepoli che avevano reagito alla rivelazione del
glorificato con qualcosa di più del semplice dubbio ( 1 7,6). Fra queste tre
possibili associazioni non è più possibile distinguere. Il solo indizio è
che 2 8 , 1 6-20 si distingue per il particolare accumulo di reminiscenze del
prologo e della prima parte del vangelo.
sù appare come spirito invisibile, come angelo della luce. Pensano a un'apparizione dal
cielo Schweizer, 346 e Schaberga, 3 24. 1 Cf. anche 2,1 1 ; 4,9; 1 8,26.
3 Così ad es. in Teofilatto,484; altri autori antichi sono ricordati in Maldonado, 672.
4 Così già Orig. In Mt. fr. 570 ( GCS 1 2, 234); oggi parlano ancora di piuccheperfetto ad
es. Lagrange, 543, e Léon-Dufoura, 197.
5 Così ad es. Schniewind, 279; Gnilka, n, 506; Wilkins, Concept, 144 s.
MT. 28 , 1 6-20 499
Restano da considerare altre due possibili interpretazioni: 4 · Secondo una
ol ÒÉ riprende il soggetto precedente; il v. 1 7b indica dunque un'azione di
versa del medesimo soggetto. Secondo questa interpretazione tutti e undici
i discepoli hanno quindi reso omaggio a Gesù e hanno insieme dubitato.
Un'ambivalenza del genere in Matteo è senz'altro possibile, come già ha mo
strato la reazione delle donne all'apparizione dell'angelo (v. 8): «con timore
e grande gioia » . I
5 · L'altra possibilità è che ot ÒÉ delimiti il soggetto nominato in preceden
za: tutti gli undici resero omaggio a Gesù, «ma alcuni dubitarono » . ""
I Oggi questa spiegazione ha molti sostenitori, ad es. Grundmann, 576; Sand, 595; Hag
ner, 11, 884; Hahna, 34; Reeves', 2.2- 2. 5 ; Giblina, 7I s.; Oberlinner0, 3 80 s.; Stuhlmacher0,
1 1 9.
:t Anche questa traduzione è adottata di frequente. La migliore argomentazione in suo fa-
vore è quella di van der Horst0 (con paralleli antichi). 3 Contro Oberlinner0, 3 8 1 .
4 Per l'interpretazione a: Kiihner-Blass-Gerth, n/I, 6 5 7. Per l'interpretazione b : Kiihner
Biass-Genh, n/I, 5 84 s.
5 La ripresa del medesimo soggetto con oi Òt è un uso relativamente raro, limitato al greco
della prima lingua epica ( Omero) e di Erodoto (Kiihner-Blass-Genh, n/I, 5 84; cf. 657).
6 In Matteo b òt / oi ÒÉ. assoluto, ossia non precisato da alcun soggetto nominato nel se
guito, ricorre circa 62x in 5 7x ca. dei quali dopo discorso diretto (ad es. nella locuzione
b ÒÈ <Ì1toxpt&ìc; tlm:v). BDR, S 2.5 1 e n. 1 è affatto impreciso.
5 00 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
I dizionari danno «dubitare, esitare>> , 1 Vari commentatori moderni propen
dono per l'accezione «esitare» , perché «dubitare>> parrebbe troppo dettato
da soggettivismo moderno e darebbe l'idea di discepoli sfiorati da incredu
lità." Ciò è senz'altro ben detto, ma d'altra parte «esitare >> pare una resa
troppo sciapa, come mostra proprio I 4,29-3 I : Pietro non ha «esitato » a sal
tare in acqua, ma ha guardato al vento e non a Gesù, mostrandosi così «di
lemmatico>> . Dizionari antichi indicano come sinonimi di Òtcr'ta�w: òtxovoÉw
(essere preso in un dilemma ), cbtopÉw (essere indeciso), à.!J.iptl3ciÀÀw (essere
incerto, oscillare),3 à.!J.iptCT�lJ'tÉw (essere in disaccordo), ivòota�w (essere in
imbarazzo), à.(J.ipt"(voÉw (essere in dubbio).4 Qui propenderei per rendere con
«dubitare >> per il significato etimologico del verbo (dal lat. dubius che con
tiene la radice •du- di duo) che lo accomuna alla « dilemmaticità » e al tro
varsi nel dilemma del «dubbioso» .
L'ambivalenza dei discepoli a l v. I ? rientra nella concezione matteana
della <<poca fede>> , In Matteo la fede dei discepoli non è una certezza che
non conosce dilemmi ma vive tra fiducia e scoraggiamento, tra certezza
e dubbio. L'uomo dalla <<poca fede >> prega di continuo il suo Signore.5
La poca fede non viene vinta da Gesù una volta per tutte, ad esempio
con un miracolo, ma torna sempre ad affiorare. Qui Matteo rinuncia per
sino a far superare da Gesù il dubbio ingenerato nei suoi discepoli dalla
poca fede, ad esempio con un gesto di benedizione o con l'invito a toc
carlo, come avviene in molti racconti di apparizione. 6 Gesù passa sopra
alla dilemmaticità dei suoi discepoli e si rivolge loro con la sua parola.
quello terreno). Per Kiinzel, Studien, 108 l'espressione 1tiicrcx E�oucrtcx riunisce «come pun
to nevralgico� i diversi aspetti dell'autorità di cui racconta il vangelo di Matteo.
:z. Bartha, 1 2, sottolinea a ragione «che con queste parole si afferma un'esclusività: di fat
to non c'è alcun altro potere oltre a quello di cui dispone Gesù • . Oltre al potere di Gesù
non ci sono altre sfere particolari (ad es. lo stato o il diritto naturale) che non sarebbero
incluse nella signoria di Cristo.
3 J. Moltmann, Kirche in der Kraft des Geistes, Miinchen 1975, 1 1 9: « (il potere di Ge
sù) infrange i confini di un mondo ripartito. Il suo potere abbraccia tanto la realtà religio
sa quanto la politica, tanto la sfera privata quanto la sociale » .
4 Cyr. Al. In Mt. fr. 3 2 1 (Reuss, 269).
5 Teofilatto, 484; analogamente ad es. Beda In Mt. 130 e Anselmo di Laon, 1498.
6 Bengel, 1 70: il potere è •causa » della missione. Lagrange, 544 spiegandooòv: « La mis
sione degli apostoli deriva dal potere di Cristo » .
MT. 28,1 6-20
Con queste parole si dice insieme qualcosa di molto importante riguar
do al «potere» che è stato dato a Cristo: ne sono strumento i discepoli
o, per essere più precisi, la loro proclamazione. È quindi un potere che
non è analogo a quello dei «principi delle nazioni» e dei loro «grandi»,
ma è conforme al figlio dell'uomo che «è venuto . . . per servire » (20,25-
28 ). Non si tratta dunque di un potere come quello che «gli uomini han
no, esercitano e del quale abusano» , ma di un «potere . . . che non oppri
me, bensì libera e che perciò è anche esposto al sospetto d'impotenza » /
Ciò si rivelerà importante per la concezione della missione che risulta
dalla prospettiva di Mt. 28, 1 8b-2o.2
Il participio 1tope:u-8Éne:c; introduce il mandato. Questo participio ap
pare spesso in Matteo in funzione fraseologica, ma nella maggior parte
dei passi - incluso il nostro - non perde il significato proprio bensì de
nota l'atto concreto di recarsi in un altro luogo.3 Perciò risulta naturale
anche l'associazione con l'imperativo del discorso d'invio dei discepoli:
<<Non prendete la via che porta ai gentili . . . ma recatevi (1tope:UE:a-8e:) piut
tosto alle pecore perdute della casa d'Israele» ( 10,5 s.). Gli undici disce
poli dovranno dunque partire dalla Galilea e «rendere discepoli » tutte
le nazioni. (Joa-81Jnuaa-te: è l'imperativo reggente che viene spiegato con i
participi che seguono ai vv. 1 9 b e 2oa.
Storia degli effetti: i vv. 19 s. Nella tradizione occidentale dell'esegesi di
lingua latina la si pensava diversamente. Dai tempi di Gerolamo l'impera
tivo (La'I9Yjnuaa-te: e i participi seguenti [3a7t-tt'çov-.e:c; e ÒtÒ!iaxov-.e:c; costituiva
no una sorta di pedagogia cristiana a tre stadi: al primo posto stava l'inse
gnamento delle verità elementari della fede cristiana; al secondo il battesi
mo e al terzo l'insegnamento dei comandamenti della vita cristiana ai neo
fiti.4 Quest'ordo che uguaglia sia la particolarità dell'ecclesiologia mattea
na del discepolato s sia il predominio in essa della prassi (v. 2oa) fu reso
possibile dalla Vulgata che traduce (La'I9Yj'tEooa'tE con docete e poi fa seguire
un altro docentes al v. 20.
nea è anche Moltmann, op. cit. (sopra, p. 502 n. 3 ), 1 22. 1 Cf. sotto, pp. 5 20 s.
3 Con l'imperativo in 2,8; 1 1 ,4; 1 7,27; 28,7; con altre forme verbali in 1 8, 1 2; 2 1 ,6; 22,
1 5 ; 26,14; 27,66; uso puramente fraseologico soltanto in 9, 1 3 .
4 Hier.In Mt. 282; più tardi, ad es., Glossa Ordinaria, 1 78 (congruus ordo); Ludolfo di
Sassonia, 80,2 ( 2 3 8 ) ( «catechismus debet Baptismum praecedere,. ); Giansenio, 3 1 1 ; di
versamente Calvino, lnst. 4,16,27 (prima il battesimo [dei bambini], poi l'istruzione);
Wolzogen, 450. 5 Cf. vol. 11, pp. 204-210.
5 04 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
le origini, in senso attivo: 1 « rendete discepoli» corrisponde al termine
ecclesiologico fondamentale !ll1-8Yj-r�<;, che riguarda ogni tempo. :z. « Disce
poli » non sono soltanto i dodici discepoli del Gesù terreno di un tempo,
ma vi sono discepoli di Gesù ovunque il suo potere operi efficacemente
tra gli uomini (v. 1 8 b; cf. 9,8; 1 0, 1 ) e i suoi comandamenti vengano os
servati (v. 2oa ) . Perciò anche il mandato d'invio del Risorto riguarda
l'oggi: esso non è diretto solo agli undici apostoli all'inizio della storia
della chiesa, bensì gli apostoli sono figure d'identificazione per tutti i di
scepoli di Gesù in ogni tempo, per i quali vale in egual misura il manda
to del Risorto.
Storia degli effetti: il v. 19a. È soltanto dal XVI secolo che Mt. 2 8 , 19a
è assurto talvolta a testo decisivo per la missione della chiesa, ed è solo
con i primi del XIX secolo che il versetto - soprattutto nel protestantesi
mo - ha iniziato la sua marcia trionfale di « mandato missionario >> .
Per la chiesa antica questo mandato di Gesù agli undici riguardava gli apo
stoli di allora, dunque soltanto il tempo degli inizi della chiesa (lust. Apol.
1,3 1 ,7; Aristid. Apol. 2.,8).3 Si accompagna a questa convinzione la leggen
da che gli apostoli si sarebbero ripartiti il mondo così da portare l'evange
lo in ogni angolo della terra. 4 E corrispondemente nella chiesa antica in
sostanza non ci si è mai richiamati a Mt. 28,19a per il proprio mandato
missionario universale. La proclamazione missionaria della chiesa, che nel
n e III secolo era in larga misura una predicazione di casa in casa « sul po
sto>>, non poteva essere riportata facilmente a Mt. 2.8,1 9a. Quindi non ci
fu mai la consapevolezza che quest'ultimo mandato di Gesù non riguardas
se soltanto gli apostoli dell'età delle origini. Tutt'al più il testo poté essere
connesso con la successione apostolica, ma ciò non accadde prima del me
dioevo, quando ciò avvenne in particolare con la promessa del v. 2.ob che
venne riferita quasi sempre alla chiesa intera per successiones. 5
Poiché a iniziare dall'alto medioevo si fece opera «missionaria » soprat
tutto ampliando i territori cristiani, si può dire che neppure allora Mt. 2.8,
19a fosse un testo fondamentale della missione cristiana. Ciò vale, per quan
to so, anche per i grandi missionari del XVI secolo che per incarico della chie
sa e della corona spagnola o portoghese partivano per incorporare nel mon-
r Cf. Atti I4,21; lgn. Rom. 3,I; lgn. Eph. I o, r ; Asc. Is. 3 , I 8 (dipendente da Mt. :z.8, I9a);
lust. Dia/. 5 2., 1 . In Mt. I 3,52. e forse 2.7,5 7 (cf. sopra, p. 42.9 n. I ) il verbo è usato come
deponente con significato passivo. :z. Cf. Luz, ]unger, I 59· I 66 e vol. 1, pp. 2.73-2.75·
il testo di Mt. :z.8, 1 9 non sembra avere avuto alcuna funzione capitale.
2. È ad esempio caratteristica l'interpretazione di Musculus, 6 1 7 s. per il quale il manda
to missionario sarebbe espressione della « universalis . . . gratia Christi » , e che ricorda co
me ai suoi tempi molti popoli, ad es. i persiani, i siri, dell'Asia, della Mesopotamia, del
l'India e dell'Mrica non erano o non erano più cristiani. L'unica conseguenza che Mu
sculus trae da queste considerazioni è tuttavia il monito ai suoi lettori a guardarsi dal
l'apostasia dalla fede.
3 Cf. G. Rosenkranz, Die christliche Mission. Geschichte und Theologie, Miinchen 1 977,
1 5 3 s.
4 Così ad es. J. Gerhard: « L'apostolato è stato una condizione eccezionale di alcuni, di
pendeva dalle circostanze dell'epoca e nella chiesa finì con la loro morte» (Loci n, 6 ci
tato secondo Rauppa, 68). In termini analoghi si esprime un parere ufficiale della Facol
tà teologica di Wittenberg del 1 6 5 2: « Ma questo (se. il mandato missionario di Mc. r 6,
1 5 ), al pari degli altri doni miracolosi non fu che privilegium personale, in modo che i
Successores non ereditano . . . Perciò né i papisti né i luterani devono esibire alcun partico
lare mandato divino di predicare in tutto il mondo» (Rauppa, 70).
s W. Schaufele, Das missionarische Bewusstsein und Wirken der Tiiufer (BGLRK :z. r ),
1 966, 97 s.
5 06 IL MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
sente e al loro proprio mandato.1 Tra le poche «eccezioni » nella corrente
principale del protestantesimo nel XVI e XVI I secolo sono da ricordare Pa
racelso, 2 il calvinista olandese Adrian Saravia 3 e il luterano austriaco Justi
nian von Welz.4 I pietisti tedeschi ripresero questa tradizione esegetica 5
senza che Mt. 28,1 8-20 avesse avuto alcun ruolo centrale per i missionari
pietisti di Halle o di Herrnhut del XVII I secolo. Mt. 28,19 divenne la ma
gna charta del movimento missionario soltanto per merito del battista ingle
se William Carey e del suo scritto An Enquiry into the Obligations of Chris
tians to Use Means for the Conversion of Heathens ( <<Saggio sui doveri dei
cristiani di usare mezzi per la conversione dei gentili » ) del 1 792. Per Carey
Mt. 28,19a è il testo centrale del mandato missionario. Il mandato di Gesù
vale universalmente e per ogni epoca, proprio come il mandato di battez
zare del v. 19b e la promessa del v. 2ob.6 Per Carey Mt. 28, 19a assurse a
«il mandato missionario » che condusse alla costituzione delle società mis
sionarie ecclesiastiche ed evangelicali del XIX e xx secolo, figlie dei movi
menti di risveglio. Merita ricordare come esempio il calvinista olandese Ab
raham Kuyper per il quale, come per altri, Mt. 28,19a era un mandato as
soluto: egli concepiva la missione come esito non dell'amore di Dio ma
della sovranità di Dio, e la missione era corrispondentemente da conside
rarsi «atto di ubbidienza al mandato di Dio » , « non un invito ma una carica,
un ordine» .?
Sul finire del XIX secolo Mt. 28,19 è per Gustav Warneck, il padre della
moderna missionologia protestante, «l'atto d'istituzione della missione»;
per lui !J.CX'l�hrt·EuEtv come compito missionario equivale a « rendere i non cri
stiani cristiani » . 8 Poiché il cristianesimo è una religione universale e «tutte
le idee originarie del vangelo mirano alla salvezza universale generale, per
questo la storia del vangelo si conclude con un mandato missionario e per
x «La nostra fede e azione o battesimo non ha altro fondamento che il mandato di Cri
sto in Mt. 28 e Mc. 1 6 » (Hans Schlaffer in Schaufele, op. cit., 77). Altra documentazione
circa il significato capitale di Mt. 28, 1 9 s. per il presente nel movimento anabattista cf.
Schaufele, 76-78. 9 1 . 98. 2. Cf. Rauppa, 3 8-42.
3 Cf. Bosch, Transforming", 247. Nella sua opera De Diversis Ministrorum Evangelii Gra
dibus . . , Frankfurt 1 5 9 1 , 6 5 Saravia era il primo a far osservare che dalla validità uni
.
tation oecuménique (CThAP hors série 4), 1 948, 208 s.; cf. anche Ohma, 442-444. 45 0.
5 Katechismus der Katholischen Kirche, Miinchen ecc. 1 9 9 3 , nrr. 849-8 5 1 .
6 Testo i n H . Kriiger (ed. ), Okumenische Bewegung 1973 - 1 9 74 ( Ù R.B 29), 1975, 1 25 .
7 Cf. a d es. l'interpretazione di P. Beyerhaus, Allen Volkern zum Zeugnis, Wuppertal
1972, 7- 2 1 : fondamento della missione è l'assunzione del potere da parte del Risorto.
I9a. I discepoli sono inviati a 7ta:V"t'cx 'ttX e.Svl). Si vuol forse dire «tutti i
popoli » oppure «tutti i gentili», ossia tutti i popoli a esclusione di Israe
le? Col v. 19a il mandato di Gesù di ro,s s., che inviava i discepoli sol
tanto alle pecore perdute della casa d'Israele, viene esteso oppure sosti
tuito con il «mandato missionario» del v. 19a? La questione è fondamen
tale per la concezione della teologia matteana, perché inerisce a presso
ché ogni suo ambito. Riguardo alla missione a Israele, il fattore centra-
si tratterebbe anzitutto del «progresso di istituzioni missionarie (ecclesiastiche) » , bensì
della «Conversione di singoli e collettività sia cristiane sia non cristiane a Cristo e della
loro . . . disponibilità ad accettare Cristo come guru, Signore e Salvatore» ( 2 5 7 ) .
I W. Ustorf, Missionswissenschaft, i n D. Ritschl - W. Ustorf (edd.), Okumenische Theo
r Cf. vol. 1, pp. 1 0 5 - 1 09; vol. n, p. 1 5 3 ; vol. m, pp. 307-309. 461 -464 .
2.
Esempi: Aristid. Apol. 2,8; Kerygma Petri in Clem. Al. Strom. 6,6,48,2 (BKV n/1 9,
270); Didasc. 1 5 (Achelis-Flemming, 77); Const. Apost. 5,7 (ANF 7, 442); Asc. fs. 3 , 1 7 s.;
Epist. Apost. 30 (Schneemelcher, s1, 22); Tommaso, Lectura, nr. 2463; Eutimio Zigabe
no, 7 6 1 ; Calvino, n, 442; Maldonado, 674.
3 Chrys. In Mt. 90,2 (PG 5 8, 789); sulla medesima linea Eutimio Zigabeno, 764.
4 Ad es. Didasc. 2 1 (Achelis-Flemming, 108) (nel senso della 7tapal;;�Àwcnc; paolina; i gen
tili devono digiunare per Israele).
s (Ps.-)Cypr. Adv. lud. 44 s. (venite extemae gentes ... , Israel enim non obaudivit); Afraa
te, Horn. 23 (tr. G. Bert, Leipzig 1 888, 399) (la minaccia di Mt. 2 1 ,4 3 vale per i giudei,
Mt. 28,2ob per i cristiani).
6 Ad es. Trilling, Israel, 26-28; Vogtlea, 259; Hahn, Mission, 109- 1 1 1 (la missione ai giu
dei e quella ai gentili formano due cerchi concentrici); Frankemolle, Jahwebund, 1 2 1 s.;
Meier, Nationsa; Gnilka, n, 508 s.; Wong, lnterkukturelle Theologie, 98-107; Tisera,
Universalism, 3 04-3 06; Davies-Allison, m , 684; Kvalbeina, 54-58; Hagner, n, 887; Stuhl
machera, 1 1 9 s. e molti altri.
5 I O IL MANDATO MISSIONARIO D E L SIGNORE DEL MONDO
una nutrita minoranza in senso restrittivo, <<tutte le nazioni gentili » . I Per
quanto mi riguarda, commentando I 0, 5 s. ho mostrato una certa simpatia
per le posizioni di minoranza,� senza tuttavia arrivare a schierarmi per una
tesi precisa.3 Ma giunto all'esegesi di 24,9 . I 4 e 25,3 I -46, ho iniziato a di
stribuire diversamente i pesi,4 e per questa ragione vorrei esporre la mia po
sizione con la maggior precisione possibile.
La difficoltà di riuscire a individuare nel vangelo di Matteo un indiriz
zo interpretativo univoco è analoga alla situazione semantica che s'in
contra nei LXX: €.Sv"rj non è un omonimo che significa o «popoli » o «gen
tili » , bensì nel greco giudaico del tempo abbraccia entrambi i significa
ti. Dai diversi contesti non si deve dedurre l'alternativa della traduzione
dell'espressione 1tciv-ra -rà É-8v"rj, bensì l'obiettivo cui essa mira e la sua
portata. Ciò vale per i LXX e per la letteratura protogiudaica nella qua
le l'espressione ricorre (Filone, Flavio Giuseppe, Testamenti dei XII Pa
triarchi) e parimenti anche per il vangelo di Matteo. L'alternativa di
«gentili » e «popoli » si pone soltanto quando si tratti di pervenire a una
traduzione nella lingua di popolazioni cristiane europee che distinguono
linguisticamente fra queste due accezioni.
Ci si deve quindi chiedere come il contesto immediato determini il sen
so e quale indicazione di lettura i lettori stessi diano in base a quello che
hanno letto nel vangelo di Matteo fino a questo punto. Merita ricapi
tolare qui in breve quelli che possono essere stati i loro possibili ricordi
di lettura: s
a) In due casi ( I o, 5; 20, I 9 ) É8vTJ denota chiaramente ed esclusivamente i
gentili; in alcuni altri passi (4,I 5; 6,3 2; I o, I 8; certo anche 20, 2 5 ) questo
significato è probabile. È invece difficile risolversi in un senso o nell'altro
nel caso della citazione di compimento di I 2, I 8 . 2 I . Nelle due occorrenze di
!.Svoç al singolare ( 2 I ,4 3 ; 24,7 ) la resa «popolo» quindi s'impone, perché
in tedesco e in altre lingue moderne il singolare «gentile» è predicato di un
individuo.
b) L'espressione 1tav1:a -rt% !.Sv"rj in 24,9 . I 4 e 25,3 2 è probabilmente da tra
dursi in senso universale, « tutti quanti i popoli » . In nessuno di questi passi
Israele è esplicitamente incluso o escluso.
I Ad es. Meyer, 489; B. Weiss, 508; Lohmeyer", 3 6; Walker, Heilsgeschichte, I I I s.; Lan
ge", spec. 300-3os; Friedrich", I 79 s.; Schnackenburg, u, 290 ( •con priorità per le na
zioni gentili»); Hare-Harrington", 3 63-3 66; Scheuermann, Gemeinde, 24 5-247.
2. Cf. vol. u, p. 12.7 (a I0,5 s.) e pp. 5 4 I s. (a I 5,24); Luz, Antiiudo.ismus, 3 I 5 s. 3 2 5; Luz,
Jesusgeschichte, I 56 s.
3Cf. vol. u, p. 12.6 (a I0,5 s.) e pp. I 5 5- I 5 7 (a I0,23 ); Luz, ]esusgeschichte, 27.
4Cf. vol. m, p. 523 (a 24,9 ), pp. 5 2 5 s. (a 24, I 4 ) e pp. 650-653 (a 25,3 2): in tutti e tre
questi passi ltavta 'tiÌ É-8vl) è da intendersi nel senso universale di « tutti quanti i popoli».
5 Riprendo senza ulteriore indicazione i risultati dell'esegesi ai singoli passi.
MT. 2 8, 1 6-20
c) Nel prologo del vangelo ci sono segnali chiari della futura missione ai
gentili. 1 Alcuni di questi segnali contengono un'antitesi esplicita ai capi o
a tutto il popolo d'Israele.2.
d) Ma ci sono anche detti di Gesù ( 5 ,14; 1 3 , 3 8 ) che considerano una mis
sione universale dei discepoli in tutto il mondo (xoa(Joo<;).
e) Mt. 10,5 s. vieta esplicitamente la missione ai gentili e ai samaritani.
Sebbene anche il discorso ai discepoli sia al pari di tutti gli altri discorsi del
vangelo di Matteo fondamentalmente « un discorso dal proscenio» , nel sen
so di valido per gli astanti, ciò non può valere per 10,5 s.
f) Al contrario, la predizione di 10,23 è molto più facilmente compren
sibile se la missione a Israele proseguirà fino alla parusia.
g) Mt. 21 s.: nella grande resa dei conti tra Gesù e Israele a Gerusalemme
21,4 3 fa pensare a un' <<idea di successione» : la �aatì..d a viene tolta ai capi
d'Israele e data a un altro é-8voc; che ne produrrà i frutti. Questo «popolo »
non viene identificato esplicitamente né con la chiesa né con i gentili, sebbe
ne l'idea di questi ultimi non sia troppo lontana. La sensazione si trova an
cor più rafforzata in 22, 1 - 1 0: qui la missione ai gentili subentra alla missio
ne a Israele dopo la distruzione di Gerusalemme ( 22,7).
h) Mt. 2 3 : alla fine del grande discorso delle invettive Gesù estende a tut
to Israele, a «questa generazione >> e a « Gerusalemme>> (23,34-39), la predi
zione del giudizio pronunciato su scribi e farisei. Gerusalemme non lo ve
drà più sino alla parusia ( 23 , 3 9 ) e subito dopo il discorso Gesù abbandona
il tempio insieme ai discepoli ( 24,1 s.).
i) Nello stesso senso va la condotta di «tutto il popolo >> che in 27,24 s. ap
prova la crocifissione di Gesù e si assume le conseguenze della punizione di
Dio: certo Matteo pensa nuovamente alla distruzione di Gerusalemme.
j) La penultima pericope del vangelo si chiude (28,1 5 ) con uno sguardo
al presente dell'autore: «tra i giudei» il rifiuto dell'annuncio della risurrezio
ne continua «fino a oggi » . I lettori del vangelo interpreteranno (e devono
anche farlo) 28, 1 6-20 con la sua rinnovata apertura sul presente e con la
missione dei discepoli a 7tav'ta 'tà É-8vTj come «contrappunto >> di 28, I I - 1 5 .
Ma che cosa comporta sapere tutto ciò? I dati non sono chiari.
1 . Nel contesto immediato dei vv. 1 8-20 al dominio universale su cielo e
terra del Risorto (v. 1 8b) corrisponde una dimensione universalistica del
mandato missionario (v. 1 9a). Questa dimensione si rispecchia meglio nel
la resa «tutti quanti i popoli » . Essa corrisponde anche a 24,9 . 1 4 e 25,3 2
r Cf. vol. 1, pp. 105-109 e a Mt. 1 , 1 pp. 1 3 1 - 1 3 3 ; per le donne nella genealogia di Mt.
1,2-1 6 cf. pp. 1 5 2-1 54; per la fuga in Egitto da Betlemme, la città di David (Mt. 2, 13-
15) cf. pp. 2o6-2o8; per altri «segnali» cf. l a nota seguente.
z. Mt. 2, 1 - 1 2 (i magi gentili contrapposti a Erode, il re dei giudei e a « tutta Gerusalem
me• in 2,3); 3 ,9 (i figli che Dio può far sorgere per Abramo « da queste pietre » contrap
posti ai farisei e sadducei); 4,1 2 . 1 5 {la Galilea [dei gentili] contrapposta a Erode Antipa
che ha imprigionato il Battista); 8 , 1 o- 1 2 (i • molti» contrapposti a Israele e ai figli della
[baiÀ&ta).
5 ! 2 I L MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
(b; cf. d). Non contraddice ciò l'assenza al v. I 5 dell'articolo determinativo
nella formulazione non esclusiva 1tcxpà 'louòcxtol<;, perché il v. r 5 non esclu
de che alcuni giudei appartengano alla chiesa (j). 1
2. Tra il v. r9a e il precedente mandato missionario di Gesù in r o,5 s.
(e) c'è un'antitesi che l'evangelista fa osservare per mezzo di echi testuali: il
v. r9a non è una semplice estensione di ro,5 s., perché là il mandato mis
sionario dei discepoli era limitato esclusivamente a Israele. Questo contra
sto non giustifica tuttavia una traduzione di 1tav-tcx 'tà é-8vYJ con «tutti i gen
tili >> . Anche quando il Risorto abolisce la posizione particolare del suo po
polo Israele nella storia della salvezza e ora equipara quello che fino ad al
lora era il popolo prescelto a uno degli altri é-8vYJ, questa è una novità scon
volgente.2
3· Quanto agli altri segnali, il prologo (c) e soprattutto i testi dei capp. 21-
23 (g e h; cf. anche i) lasciano intendere abbastanza chiaramente che per
l'evangelista la missione a Israele è stata sostituita dalla missione ai gentili.
4· Fra questi passi e quelli indicati al punto d c'è una certa tensione, e
ancor più essi stanno in tensione con ro,23. Ma non è una tensione assolu
ta: 10,23 si aspetta sicuramente una missione a Israele fino alla parusia,
ma gli inviati di Gesù non vi incontreranno altro che persecuzione e rifiuto.
Si cercherà qui di comporre un quadro generale dall'insieme non omo
geneo dei vari dati. Al riguardo vorrei distinguere il significato fonda
mentale del mandato missionario dalla sua applicazione da parte della
comunità matteana. Il mandato missionario del Signore del cielo e della
terra, ossia di tutto il mondo, è a mio parere inteso in senso fondamen
talmente universalistico e vale per tutti quanti i popoli. È vero che il
mandato non esclude esplicitamente un'ulteriore missione a Israele, ma
chiaramente Matteo non nutre più grandi speranze di un suo successo:
lo mostrano 22,8- ro; 23,3 9-24,2 e 28, r 5 . Per l'evangelista e le sue co
munità la spaccatura d'Israele fra una maggioranza ostile a Gesù e una
minoranza di seguaci di Gesù è definitiva. Al più tardi dai giorni della
guerra giudaica, Matteo e le sue comunità non vivono più in terra d'Israe
le ma nella Siria di popolazione gentile. Lì, in quel paese e in quella si
tuazione, il loro specifìco compito è, sotto il segno del mandato missio
nario universale del Risorto, la proclamazione dei comandamenti di Cri
sto ai gentili.3
1 Cf. sopra, pp. 4 8 2-484.
2 Il mandato missionario non recita infatti «oltre che a Israele recatevi anche agli altri po
poli » . Ciò è sottolineato anche da molti sostenitori dell' «opinione di maggioranza » , ad
es. Vogtlea, 266 ( • la limitazione dell'attività missionaria a Israele è oltrepassata e con
trastata » ); Hagner, u, 887 ( « è sconvolgente trovare ora Israele subordinato e assimilato
alle nazioni in generale» ) ,
3 Rifiuto l e ipotesi d i S . Browna e D . Sima. Per i l primo ( 3 0 s . ) compito della comunità di
Matteo resta ancora, come per il passato, la missione a Israele ai sensi di 10,5 s.; per Mat-
MT. 2 8 , 1 6-20 513
Diversamente da come mi sono pronunciato nella prima edizione del vol. 1,1
oggi non potrei più mettere in risalto come questo compito significasse per la
comunità di Matteo un nuovo orientamento. Mt. 24,9-14 fa capire chiara
mente che anche nel suo seno la missione ai gentili era già avviata. Forse era
controversa, e allora Matteo rinforza una parte della sua comunità. Forse
la comunità era incerta, allora il Risorto legittima la decisione che essa ave
va già preso. Tutto ciò non lo sappiamo. - Né si sa se il suo abbandono della
missione a Israele riguardasse in primo luogo la missione in terra d'Israele
oppure se includesse anche la missione al giudaismo della diaspora nell' «esi
lio» di Siria. Nel primo caso l'abbandono della missione a Israele sarebbe
coinciso con l'abbandono della terra d'Israele.
Com'è noto ci sono nel vangelo singole affermazioni che non si lasciano
inquadrare senza tensioni in questo quadro d'insieme. Sono da annoverare
fra queste ad esempio i detti di minaccia di 8 , 1 0- 1 2 e 23 ,29 che danno l'im
pressione di non lasciare speranze per la collettività d'Israele. Per questi pas
si come anche per 2,3 e 27,24 s. è da ricordare che nella tradizione biblica
una collettività non equivale alla somma dei singoli individui che vi appar
tengono. Ma è da considerare anche 1 0,23 dove si parla unicamente della
missione nelle città d'Israele.
I I passi rabbinici con l•sem esaurientemente discussi per ultimo da L. Hartman, «lnto
the Name of]esus»: NTS 20 ( 1 973/74) 43 2-440 non sono affatto idonei, a mio parere, a
spiegare l'espressione, perché la locuzione rabbinica significa genericamente «per», « in
rapporto a » , «allo scopo di » e non contiene alcun concreto rapporto con un nome.
� Più vicini al nostro testo delle formule bancarie ellenistiche, spesso citate dai tempi di
W. Heitmiiller, lm Namen ]esu, Gottingen 1903, 102-105. 109 (E!ç 1:Ò OVO(L<X << sul conto
di » ) sono forse i giuramenti dç TÒ OVO(L<X; cf. M'Neile, 4 3 6.
3 Cf. I Cor. 1 , 1 3 ; 10,2; Gal. 3,27; Atti 8,16; 19,5. In Matteo il parallelo più vicino è
1 8,20, dove tuttavia non si parla di battesimo. Analoga è la spiegazione avanzata da
Cothenet, Bapteme0, 9 1 s.
4 Giac. 2,7; Herm. Sim. 8,6,4 (il nome di Cristo). Did. 7, 1 . 3 presuppone che i tre nomi
venissero pronunciati sul battezzando.
5 Apologie der CA, 9 (BSLK4 ), 247; Lutero, Grosser Katechismus (BSLK4), 5 5 8. 69 1; Ca
téchisme de I'Eglise de Genève 1542 (BSKORK, 4 1 ); Confession of Faith 1560 (Scozia),
21 (BSKORK, 106); Heidelberger Katechismus, domanda 7 1 (BSKORK, 1 6 5 ), ecc.
6 Il Catechismo di Heidelberg pone la domanda (nr. 68): « Quanti sacramenti ha istituito
Cristo nel Nuovo Testamento? » , La risposta è lapidaria: « Due >> (BSKORK, 165). Cf. Me
lantone, Apologie der CA, 1 3 (BSLK4), 292.
5 1 6 I L MANDATO MISSIONARIO DEL SIGNORE DEL MONDO
2oa. La seconda spiegazione dell'imperativo del v. 19a con «insegnate
loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (v. 2oa ) conduce diret
tamente al cuore della concezione matteana della chiesa. Questa spiega
zione ha tre aspetti: a) cristologico, b) ecdesiologico e c) etico.
a) Agli undici discepoli non si ingiunge di predicare il «vangelo» e nep
pure «il pentimento per la remissione dei peccati » ( Le. 24 , 4 7). Essi non
devono essere «testimoni della risurrezione» (Atti 1 ,22) e neppure pro
clamare, come Paolo, la sovranità del kyrios su tutto il mondo. Essi de
vono piuttosto «insegnare ciò che vi ho comandato » . La <<dottrina» che
sono stati incaricati d'insegnare altro non è quindi che l'insegnamento di
Gesù. Nella predicazione dei discepoli si tratta dunque di portare avan
ti la causa di Gesù . I Oppure, per usare un'altra formulazione matteana:
per Matteo l'evangelo è l' EùayyÉÀtov 'tijc; �aatÀEtac;, ossia nient'altro che
la predicazione di Gesù. 2 In Matteo non c'è un paradito che sostituisca
Gesù e che «guiderà » i discepoli «in tutta la verità » ( Gv. I 6, I J ) . Matteo
vincola la predicazione della chiesa per sempre e soltanto alla predicazio
ne di Gesù. Gesù non è stato soltanto allora, ma è sempre l' «unico mae
stro >> della sua chiesa (23,8). La sua predicazione rende univoca la predi
cazione della chiesa.
b) L' «insegnamento>> non è menzionato prima del battesimo, come ci
si sarebbe dovuti aspettare se si trattasse unicamente della catechesi bat
tesimale della chiesa.3 Invece l' «insegnamento» dei comandamenti di Ge
sù è fondamentale per la concezione matteana della chiesa. Per Matteo
- buon giudeo - la chiesa è la «scuola >> di Gesù. Per Matteo la chiesa è la
comunità dei discepoli che anche dopo il battesimo continuano a fre
quentare costantemente la «scuola » di Gesù e nella sequela di Gesù os
servano i suoi comandamenti. Per questo nel vangelo di Matteo i cinque
discorsi di Gesù hanno un'importanza tanto grande. Essi contengono
l' EùayyÉÀtav 'tijç �aatÀdac; di Gesù valido per il presente.
c) Il contenuto dell' «insegnamento» è definito «osservanza dei coman
damenti >> . Si tratta quindi di un ammaestramento orientato alla prassi.
Già l'insegnamento di Gesù sul monte (Mt. 5-7) ci era apparso integral
mente orientato in senso etico. Nel discorso ai discepoli (Mt. 10) si era
parlato del compito e dello stile di vita dei discepoli, nel discorso alla co-
del Gesù terreno» ( 1 87) che coincide col Gesù risorto. Frankemolle, n , 5 5 1 , e Sand,
602, ricordano l'interpretazione della risurrezione sostenuta da W. Marxsen: « La causa
di Gesù va avanti » , e a ragione, a condizione tuttavia di non dimenticare che nel vange·
lo matteano Gesù è sin dall'inizio I'« Emmanuele» , dunque la presenza di Dio. In Matteo
non c'è altra «causa » di Gesù che non sia il Dio vivente e presente.
2 Cf. vol. 1, excursus alle pp. 2 8 1 -284. 3 Come già in Did. 7, 1 . Cf. sopra, p. 503 .
MT. 2 8 , 1 6-20 5 17
munità del loro comportamento reciproco. I Per Matteo la chiesa è la fa
miglia di Gesù che compie la volontà del Padre e sta sotto la benedizio
ne di Gesù ( 1 2,4 6- 50; cf. 7,2 1 -27). Il v. 2oa è formulato sì in linguaggio
biblico, ma qui, diversamente dalla Bibbia, non si tratta primariamente
di osservanza della torà bensì di tutto ciò che Gesù ha comandato ai
discepoli - e in questo tutto è inclusa anche la torà (cf. 5 , 1 7- 1 9 ) . 1tav-ra
ricorda che la volontà di Dio non consiste soltanto, come in Giovanni,
di un unico comandamento, il nuovo comandamento dell'amore, bensì
in molti comandamenti che hanno tuttavia il loro culmine nel comanda
mento dell'amore.2 L'obiettivo della predicazione missionaria dei disce
poli non è quindi la conversione ma la prassi dei nuovi discepoli guada
gnati a Gesù. Per questa ragione anche l' << ammaestramento» dei discepo
li è accompagnato dalle loro buone opere affinché «la vostra luce risplen
da davanti agli uomini, così che essi vedano le vostre buone opere» e
quindi «glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» ( 5 , 1 6).
Al v. 2oa è al tempo stesso connessa un'affermazione implicita ma im
portantissima circa il significato del libro di Matteo. Questo libro con
tiene i comandamenti di Gesù che sono da predicare a tutti i popoli co
me «evangelo del regno» . Con la sua concezione della predicazione mis
sionaria l'evangelista rende il proprio libro indispensabile. Si potrebbe
parlare di «autocanonizzazione» in nuce.3 La conclusione del vangelo
di Matteo rientra fra i numerosi testi neotestamentari che annunciano la
nascita del canone cristiano.
1 Per i l retroterra biblico cf. H.D. Preuss, «••• ich will mit dir sein!» : ZAW S o ( r968)
I 3 9-I73· 2. Kiinzel, Studien, ro7.
3 Per alcuni, ad es. Bornkamm0, I79- r 8 3 ; Friedrich0, I 77, dietro Mt. 28,r 8-2o si può ve·
dere un'avversione polemica per carismatici e profeti ellenistici (cf. 7, I 5-23 ). Certamen·
te la proclamazione conclusiva di Gesù fornisce un criterio anche per come comportarsi
con gente di questo tipo. Ma la proclamazione stessa è troppo importante per potersi
perdere in polemiche dirette.
MT. 28,1 6-20 5 19
o nell'esaudimento di preghiere (6,7- 1 5 ). Essa è connessa soprattutto all'ub
bidienza, all'osservanza di tutti i comandamenti di Gesù (v. 19b).
Nell' « invio in missione >> giovanneo, a questo punto i discepoli ricevono
il dono dello Spirito (Cv. 20, 22 ) . Giovanni può quindi dire anche del Para
dito che egli (J.E.S' ù(J.wv elç -ròv alwva � ( Cv. 14,16). Anche il racconto luca
no dell'apparizione agli undici annuncia alla fine la venuta dello Spirito (Le.
24,49; cf. Atti 1 ,4 s. 8 ) e il libro degli Atti racconta poi diffusamente come
lo Spirito santo, che qui prende il posto di Gesù, guidi la chiesa verso nuo
vi lidi. Rispetto a tutto ciò, sorprende come Matteo taccia affatto dello Spi
rito. Questo silenzio si spiega quando si pensi a quei profeti che parlano
nel nome di Gesù ma trascurano di compiere la volontà del Padre e fanno
raffreddare l'amore ( 24, r r s.). Matteo parla della presenza perdurante di
Gesù invece di parlare dello Spirito. Lo Spirito è polifonico e parecchi si
sono richiamati a lui; Gesù invece parla una lingua chiara : insegna ai disce
poli i suoi comandamenti così che essi si rendano riconoscibili nel mondo
per la loro prassi.
Il vangelo di Matteo si chiude con questa promessa. Adesso l 'evange
lista non ha affatto bisogno di far sparire il Risorto che è apparso ai di
scepoli , poiché egli rimane qui, nella sua parola, nei suoi comandamenti
e nell'esperienza della presenza di Dio con coloro che ascoltano e fanno
questa parola. E così sarà «sino alla fine del mondo>>, ossia fino alla ve
nuta del figlio dell ' uo mo , fino a quella parusia che l'evangelista ricorda
con la sua ultima parola.'
sione. La concezione cristiana della missione sarebbe insieme sorretta e gravata dal suo
cristocentrismo, mentre la buddista mirerebbe soprattutto al benessere dell'uomo. Nel
l'ottica dell'amore, che è l'essenza dei comandamenti di Cristo, un simile contrasto non
dovrebbe essere insuperabile. Ma al tempo stesso questo criterio rivela chiaramente che
nella sua storia e attualmente la missione cristiana è stata spesso ben !ungi dal sottomet
tersi a questo criterio matteano.